Il bambino e il suo ambiente

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Il bambino e il suo ambiente
Il bambino e il suo ambiente: presentazione
Lilia Gagnarli, Bachisio Carau
Perché un numero sulle interazioni tra il neonato e il suo ambiente? In che modo la psicoanalisi
affronta ed influenza questo tema? Quale psicoanalisi? Quali sono i riferimenti teorici che
vengono utilizzati nella pratica clinica e nell'organizzazione dei servizi per la prima infanzia?
Questi ed altri interrogativi pensiamo siano ineludibili al lettore che rifletta su una problematica
così vasta e complessa. Potremo dire, anzi, che più che risposte conclusive o esaustive
l'articolazione dei temi proposti, che circoscrivono alcuni ambiti di ricerca con momenti teorici e
sviluppi operativi, non può che sollecitare ulteriori domande e, speriamo, la curiosità della
ricerca.
La domanda è in che modo la ripetizione di schemi di relazione madre-bambino vada a formare o
a strutturare modelli operativi interni e inoltre quali sono gli affetti, le rappresentazioni e le
fantasie che eventualmente si veicolano attraverso questa interazione. Se la base del benessere
psichico è avere una percezione di sé come valore, come degno di essere amato e apprezzato
quale significato hanno nella percezione di Sé le esperienze precoci.
Il concetto winnicottiano di madre-ambiente capace di empatia e di vedere le cose come le vede
il figlio così da confermarlo nel suo sentimento di "essere", quando tutto va bene; assume
connotazioni diverse nello sviluppo patologico, come osserviamo nella clinica, e ci porta a fare
ipotesi diverse sulla natura dell'interazione primaria e soprattutto sulla risposta dell'ambiente
primario.
Osservazione clinica e osservazione dello sviluppo dunque, ma quale interazione tra loro? D.
Winnicott (1971) affermava con forza che abbiamo bisogno, nella clinica, di una teoria solida
dello sviluppo, J.D. Lichtenberg, (1983) si soffermava sulla "sfida" della ricerca sul neonato alla
teoria psicoanalitica.
Gli articoli di questo numero di Interazioni affrontano il tema della nascita e sviluppo del Sé e
della trasmissione transgenerazionale attraverso il vertice dell'Infant Research, dell'Infant
Observation e della Developmental Psycology, movimenti che hanno profondamente influenzato
il conoscere psicoanalitico negli ultimi decenni.
L'influenza dell'Infant Observation sulla psicoanalisi ha suscitato ampi dibattiti ormai datati,
potremo dire, che tuttavia si ripropongono, come quello fra Stern e Palacio Espasa (che
riportiamo) con la stessa forza di una ricerca agli inizi.
Nel Journal of the American Psychoanalytic Association del 1996 P.H. Wolff, psichiatra
dell'Harvard Medicai School e del Children's Hospital di Boston nonché psicoanalista dell'Istituto
di Boston afferma con decisione in un articolo cui hanno fatto seguito interventi di molti studiosi,
che le ricerche ed i risultati derivanti dagli studi effettuati attraverso l'Infant Observation sono
del tutto irrilevanti per la psicoanalisi, posizione provocatoria che pare mettere in guardia,
soprattutto, dalla facilità con cui vengono a volte interpretati risultati derivanti da ricerche
effettuate in campi diversi.
Egli dà una definizione di psicoanalisi piuttosto ristretta ritenendo che "le teorie psicoanalitiche
dovrebbero occuparsi dei fenomeni compresi all'interno dei concetti di idee inconsce,
motivazioni nascoste e rimosse, e che esse dovrebbero specificare un metodo o metodi per
esplorare i significati polisemici delle fantasie irrazionali, dei sogni e delle azioni che si presume
siano motivate da idee inconsce". Afferma, inoltre, che gli scopi di una cura attraverso le parole
sono "capire" l'attuale psicologico nei termini del passato personale rimosso confrontando i
pazienti con i loro desideri inconsci, piuttosto che "spiegare" il presente psicologico in termini di
eventi reali del passato e trovare analogie tra il rapporto madre-bambino e il rapporto pazienteanalista.
È una posizione che nell'attuale panorama degli indirizzi riguardanti il modello psicoanalitico
(vedi il numero precedente di Interazioni) si situa tra i sostenitori del modello uni-personale per
non rompere i corretti parametri del setting. Le critiche che l'autore apporta agli studi eseguiti da
psicoanalisti utilizzando l'Infant Observation all'interno dell'Infant research riguardano
essenzialmente tre punti:
1. sono usati aspetti induttivi, una strategia attraverso la quale gli psicoanalisti utilizzano
quei dati di evidenza che si attagliano alle teorie ipotizzate, non prendendo in
Interazioni, 1, 11, 1998, pp. 7-10
considerazione le evidenze negative (per esempio rispetto alla valutazione delle continuità
o discontinuità dello sviluppo psicologico);
2. le affermazioni riguardanti gli stati mentali soggettivi del bambino sono effettuate attraverso
analogie effettuate dalla posizione di persone adulte (si riferisce soprattutto alle ricerche di
Stern ed Emde);
3. le teorie moderne continuano ad utilizzare un ragionamento circolare che era già evidente
nell'opera di Freud a partire dalla proposta del bambino perverso-polimorfo.
Tra gli autori che hanno partecipato al dibattito, Fonagy assume una posizione totalmente critica
rispetto alle posizioni di Wolff contestandogli punto per punto, “i problemi epistemologici,
osserva, sorgono inevitabilmente quando una linea di pensiero scientifici si sovrappone ad
un'altra, e l'Infant Research non fa eccezione. Non esiste una semplice risposta alla domanda se
si può considerare che l'infant Research abbia una influenza diretta sulla teoria psicoanalitica? La
posizione di ciascuno dipenderà dal modello psicopatologico prescelto. I teorici che ritengono che
la psicopatologia adulta (o infantile) può essere meglio compresa senza ipotesi evolutive (per
esempio gli psichiatri di formazione biologica il cui fuoco sono unicamente i fattori genetici)
troveranno poco di illuminante nell'Infant Research. Chi di noi pensa che le esperienze
psicosociali primarie abbiano un importante ruolo causale saranno sempre molto interessati nel
conoscere il più possibile sull'infanzia quanto le scienze evolutive permettono".
Dal suo punto di vista la comprensione del comportamento infantile può delimitare speculazioni
psicoanalitiche riguardo all'esperienza infantile specificando le competenze possedute dal
bambino nei vari stadi dello sviluppo ritenendo così come improbabili ipotesi genetico-evolutive
che presumono capacità al di fuori del periodo di sviluppo ipotizzato. È un aspetto questo ripreso
anche da Shapiro che pur criticando Wolff in quanto egli stesso cade negli errori di induzioni
enumeratine e di ragionamento circolare, ritiene che il lavoro quotidiano dell'analista non
comporti una inevitabile riedizione delle sequenze evolutive derivanti dalle osservazioni degli
stadi precoci della vita, però ritiene che gli studi dell'Infant Research potrebbero dare molte
indicazioni per capire quali siano le determinanti del funzionamento inconscio e l'importanza non
solo delle esperienze del periodo preverbale ma anche di stadi più evoluti dello sviluppo.
Una psicoanalisi senza una prospettiva evolutiva arricchente, ed una continua possibilità di
influenzare il nostro lavoro, sarebbe una psicoanalisi veramente poco interessante.
Il dibattito fra Stern e Palacio Espasa con cui si apre questo numero testimonia della complessità
delle posizioni rispetto alla trasmissione intergenerazionale, complessità ben illustrata
nell'introduzione di Muratori; se per Stern ciò che conta sono le interazioni reali primarie ed i
suoi studi sul periodo preverbale dello sviluppo si focalizzano sulle rappresentazioni implicite ed
esplicite e di come queste concorrono alla formazione dell'inconscio ( un inconscio ben diverso
da quello freudiano), per Palacio Espasa sono fondamentali gli affetti e i conflitti; egli condivide
che il bambino non prende l'immagine della madre bensì le sue modalità interattive, però "ciò
che aggiunge la teoria psicoanalitica è il giudizio morale cioè la qualificazione dell'esperienza che
assicura la sopravvivenza o la minaccia, ed è questa la Fonte del conflitto".
L'articolo della Vallino sviluppa il pensiero sull'uso e il significato dell'Infant Observation,
contestando le posizioni di Wolff e sottolineando il contributo che la psicoanalisi italiana ha
offerto sviluppando l'idea che la funzione psicoanalitica della mente intesa in senso
tridimensionale è una capacità di entrare in relazione con l'altro e nello stesso tempo riflettere su
di sé ed è proprio attraverso questa capacità che è possibile conoscere il bambino reale, capacità
e contesto emotivo distanti dalle situazioni sperimentali.
Nunziante Cesaro ci accompagna invece in una lettura del rapporto tra mondo interno e mondo
esterno nello sviluppo precoce del lattante ed alle connessioni tra ciò che è osservabile e ciò che
è deducibile affrontati da una posizione winnicottiana della indifferenziazione primaria madrebambino alla nascita e nelle prime settimane di vita.
L'articolo di Martinetti dopo una breve panoramica delle posizioni teoriche illustra tre quadri
clinici riferiti ai disturbi dell'autoregolazione, alla depressione post-partum e alla sindrome da
infantilismo primario evidenziando "il complesso e mutuo scambio interattivo che si sviluppa fra
madre e bambino e la differenziata capacità del bambino di stabilire modalità di relazione
diversificate fin dal primo anno di vita".
Gli articoli riguardanti le applicazioni della psicoanalisi nei servizi, lungi dall'essere esaustivi
delle esperienze oggi in atto, vogliono costituire un piccolo esempio di come l'ottica
Interazioni, 1, 11, 1998, pp. 7-10
psicoanalitica può qualificare interventi nei nidi, nelle scuole materne o nei servizi territoriali in
genere.
I due contributi inseriti nel settore ricerche e confronti affrontano il tema della famiglia normale.
Il primo focalizza il passaggio dalla diade alla triade effettuato in situazione sperimentale e
discusso da professionisti di orientamenti diversi per studiare le convergenze o meno di
osservazione e riflessione.
Il secondo si propone l'acquisizione di dati che permettano di definire la cosiddetta famiglia
normale; individua linee guida relative alla capacità del bambino di sviluppo o regressione in
rapporto al funzionamento delle famiglie ed evidenzia analogie o differenze tra le dinamiche della
Baby-observation familiare e le sedute di terapia familiare. Lo strumento adottato è stato quello
dell'osservazione video-registrata di famiglie nel loro contesto di vita quotidiano.
Il caso clinico illustra il contributo della teoria dell'attaccamento allo studio dei disturbi del
sonno.
Bibliografia
Journal of the American Psychoanalytic Association, v. 44, n. 2, 1996
Winnicott D.W. (1971), trad. it. Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974.
Lichtenberg J.D. (1983), trad. it. La psicoanalisi e l'osservazione del bambino, Astrolabio, Roma, 1988.
Interazioni, 1, 11, 1998, pp. 7-10