Un amore da millemila

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Un amore da millemila
Un amore da millemila
Mi sveglio in preda al panico, corro in bagno, fisso la mia immagine allo specchio:
sono grondante di sudore freddo, le pupille quasi invisibili, non distinguo bene
nemmeno la mia sagoma.
“Torna a letto, è presto, sono solo le tre del mattino.”
Ho avuto un incubo..c’era lui, in piedi davanti al mio letto. Mi urlava parole piene di
perfidia, di crudeltà, parole che mi ferivano. Mi odiava, diceva, non mi voleva più.
Ero una puttana, diceva. Non dovevo rimanere incinta, come era potuto succedere?
Aveva preso tutte le precauzioni, lui, sì. Dovevo essere andata con qualcun altro, non
mi bastava lui forse?
Io non proferivo parola. Impotente, lo guardavo e non lo riconoscevo. Cos’era
diventato il mio uomo? Chi era lui?
Quel po’ d’amore che ci legava svaniva, si pugnalava da solo.
Non dovrei più pensarci, è tutto passato. Devo riprendere sonno..
Il suono della radiosveglia mi tartassa le orecchie, i miei timpani protestano. Mi alzo
dal letto in tutta fretta, è tardissimo. Il ginecologo mi aspetta, non posso far tardi.
Devo avere la conferma.
Mi preparo in quattro e quattr’otto, dopo meno di quindici minuti sono in strada,
vado a piedi, passo svelto, lo studio è qui vicino.
Solite cose, modi e frasi affettati, finché non mi dà la conferma.
Ho un bimbo in grembo…da circa tre settimane, sostiene.
Ringrazio, pago, e stordita mi avvio alla porta.
Avevo considerato l’idea di aspettarti, ma non credevo che sarebbe successo. Sei
ancora un’idea lontana nella mia mente, eppure no, sei vicinissimo. Sei dentro me.
Lui sarà contento. Ha avuto la conferma della sua convinzione..in parte.
Tu sei anche suo. Suo e mio.
Ma non glielo dirò. Lui mi fa star male, farebbe star male anche te.
Oggi vado da mamma, le avevo promesso che sarei passata per un caffè.
Casa di mamma è sempre uguale: ogni soprammobile nello stesso posto da quando
me ne sono andata, lo stesso deodorante per ambienti di sempre, gli stessi fiori di
sempre nello stesso vaso di sempre sullo stesso pianoforte di sempre. È tutto come
sempre, tutto normale.
Anche lei è la stessa mamma di sempre, apprensiva e ipercritica, ma tanto dolce.
Mi chiede come va, come mi trovo a casa mia? Bene, è accogliente, sto finendo di
arredarla. Verrà ad aiutarmi, se voglio, dice.
Grazie mamma.
Mi dà un cucchiaino, mi chiede quanto zucchero nel caffè, e cosa mi sia successo, mi
vede strana.
«Nulla mamma, perché mi vedi strana?»
Sono fredda, sembro apatica, ho lo sguardo assente, dice.
Alzo le spalle, finisco il caffè, ciaocivediamoprestovieniquandovuoi,
graziealloratifacciosaperestammibene, avvio la macchina e penso…
Tu ci sei? Tu ci sarai? Dovrò portarti a spasso nel pancione che mi farai crescere, per
nove mesi? Dovrò passare ore in ospedale, in travaglio, aspettando di darti la spinta di
cui hai bisogno per vivere? Dovrò cambiarti i pannolini, allattarti, farti il bagnetto,
cantarti la ninna nanna per farti addormentare, insegnarti a camminare, a dire
“mamma”, “nonna”, “nonno”, a colorare e scrivere e giocare e vivere e amare?
Dovrò fare tutto questo?
Dovrò essere la tua mamma? Dovrò, dovrò, dovrò…
D’improvviso non vedo più nulla, non ricordo più nulla, proprio quando avrei dovuto
rispondermi.
Cosa, chi..?É sangue questo?
Mi sveglio in ospedale, tutto bianco intorno a me. Non riesco a muovere un muscolo,
sento dolore ovunque. Ho il collare, non posso muovere neanche la testa, dicono i
medici.
Ho lividi verdi e violacei su entrambe le braccia, il busto costellato di ematomi
verdognoli, anche qualche costola rotta. Devo restare immobile, come paralizzata, per
almeno una settimana. È mamma a darmi questa notizia, l’unica che può vedermi.
Isolata dal mondo, niente visite, niente telefonate, niente messaggi.
Ho preso in pieno un albero andando fuori strada, e poi sono svenuta.
Quel buio sugli occhi..ecco cos’era. Torna tutto.
«Ci sono rischi, molto gravi, sia per lei che per il bambino. È consigliabile un aborto,
per salvare almeno la sua vita.» Così m’informa, il medico, della possibilità di lasciarti
morire, per far vivere me.
Non sento ciò di cui mi rimprovera mamma, ora non conta, non ha importanza.
Sono preoccupata per te, e per me. Ma sai che ti dico?
Tu nascerai. Tu sei mio, e nascerai. A costo della mia vita.
C’è un motivo se sei dentro di me: devi uscire, vedere la luce del sole, sorridere e
amare.
Proprio come ho fatto io.
La vita sceglie se stessa, la vita sceglie di vivere. Tu sei la vita, tu vivrai.
Una settimana a letto passa come fossero diec’anni, ma finalmente posso tornare a
casa mia.
Possiamo, scusa. Non ancora realizzo che siamo un NOI.
Dormiamo insieme, facciamo colazione insieme, ascoltiamo musica insieme. Io
ascolto te e tu ascolti me.
Ma tu mi ascolti? Mi senti davvero quando ti racconto le favole? E quando nonna ti
racconta di quando son nata io? E quando metto su il cd di Ludovico Einaudi? Tu mi
ascolti?
Anche se non fosse così, per me sarebbe lo stesso. Senti il mio calore lì dentro, il mio
battito. Questo mi basta.
Non è cambiato nulla da quando ho saputo che c’eri. Voglio dire, le mie abitudini
sono le stesse..solo che ora a fare le cose siamo in due.
Come fanno a dire che la gravidanza, la maternità, sono prigionie?
Com’è possibile pensare che sia meglio star sole?
Io non riesco, non riesco davvero a capirlo. Tu mi porti gioia nel fare le cose.
Son felice anche di fare i piatti, o passare l’aspirapolvere – cose che non mi piacciono
affatto – perché so che le faccio con te.
Non potrebbe essere meglio di così.
No, forse lo sarà quando nascerai, e ti vedrò sorridere e ti sentirò ridere e poi
balbettare e poi dire “mamma”.
Finalmente oggi saprò se sei un maschietto o una femminuccia, se sei mio figlio o mia
figlia! Sono letteralmente euforica, come non lo sono mai stata!
Nonna mi dice di calmarmi, non c’è bisogno di tanta esaltazione.. ma tu sei un
miracolo! Come faccio a non esaltarmi?!
Hai sentito? Sì, ho detto “nonna”. La tua nonna. Non lo è ancora, ma lo sarà tra meno
di cinque mesi. E io sarò la tua mamma!
Di nuovo il freddo gel sul pancione: eccoti sullo schermo!
Cosa fai, ti nascondi? Il dottore non riesce a vederti. Su, girati un secondo, e fa vedere
alla tua mamma se sei un bel bambino o una bella bambina!
Che bravo, mi hai dato retta. Eh già, bravo.
Sei un piccolo uomo, bimbo mio!
Aspetta un attimo..il dottore ha detto che c’è qualcosa di strano, hai qualcosa di
strano?
Mentre torniamo a casa la nonna, che guida, mi ripete che andrà tutto bene.
Perché dice così? Perché mai qualcosa dovrebbe andare storto? Tu sei il mio miracolo,
non puoi andare storto. I miracoli non vanno storti.
Piccolo mio, cos’ hai? Chi è che vuol portarti via da me? Chi è che osa portar via il mio
cuore?
Andrà tutto bene. C’è la tua mamma qui.
Nonostante tutti mi riempiano di discorsi sul fatto che potrei perderti, che potresti
non essere “normale”, la tua mamma è qui. E non ti lascerà.
Alterno momenti di tranquillità ad altri di agonia, e lo so che sto male, e lo so che mi
fai male, ma le cose belle dopotutto non richiedono qualche sacrificio?
Spero tanto tu ti ricorderai di me quando verrai al mondo.
I dottori dicono che potrei non esserci. Mi chiamano folle.
Potrei vivere ancora una settantina d’anni se non ti portassi nel mio pancione, e
invece mi sto uccidendo per te.
Come la chiameresti una persona che si sacrifica per qualcosa che non ancora vede la
luce del sole? Pazza, suicida.
Quel che non sanno è che tu la vedi la luce del sole: la vedi coi mie occhi.
Tu esisti, e vali più di me, piccolo.
Forse dovrei cominciare a pensare al tuo nome. Mancano poche settimane oramai, è
ora.
Tuo padre diceva sempre che avrebbe voluto chiamarti Thomas, un giorno. Quel
nome lo affascinava, tanto che lo ripeteva spesso davanti allo specchio, fingendo di
tenerti in braccio.
Thomas, Thomas, Thomas.
Papà.
Anche tuo nonno si chiamava Thomas.
E’ tanto che non lo vedo…più o meno una ventina d’anni. M’ha lasciata con la tua
nonna, lui non voleva più stare con noi. Ma l’ho perdonato.
Ho deciso. Ti chiamerò Thomas. Perché piaceva a tuo padre, perché tuo nonno si
chiamava così, perché spero che tu resterai..anche se sarò io ad andar via.
Dovrai perdonarmi.
Sono in ospedale, il letto è freddo, le pareti bianche, spoglie, sterili.
A giudicare dai dolori stai per nascere..
Sento mamma urlare, supplica di farmi un cesareo, morirò.
Non si può, signora, deve farcela, altrimenti lo perderà, rispondono.
E’ l’ultima spinta, quella buona.. Benvenuto, Thomas.
Io me ne vado, perdon…..
Ciao, mamma.
Scusami, tanto, per essere venuto solo ora che sono grande a trovarti.
E’ strano parlare ad una pietra, sapendo che lì sotto c’è un’eroina.
E’ strano parlarti e non sentirti rispondere.
Ho sempre immaginato come potesse essere la tua voce, come potessero essere i tuoi capelli, i tuoi
occhi, la tua mano sul mio viso.
Nonna mi ha mostrato tutte le foto che aveva di te.
Eri bellissima. Sei bellissima.
Ha provato a portarmi da te tante volte, ma io non volevo. Sarei venuto a parlarti solo quando avrei
trovato le cose più belle e vere da dirti.
Oggi, a ventisei anni, le ho trovate, e sono qui.
La tua foto davanti agli occhi mi fa piangere..è come se fossi in perfetta sintonia con te mentre
soffrivi, mentre agonizzavi nel tentativo di darmi alla luce.
Mamma, devo ringraziarti millemila volte per quello che hai fatto.
Hai sfidato il mondo, hai sfidato la natura che non mi ha voluto dare un corpo normale come tutti..e
hai vinto!
Te ne sei andata da ciò che amavi, hai lasciato amici e parenti, per me. Hai lasciato la vita. PER ME.
Non credo nemmeno che sia giusto chiamarti semplicemente mamma.
Tu non sei solo la mia mamma.
Tu sei l’Amore.
Sei quello che non ti hanno dato quando quasi tutti sono andati via.
Io però non me ne andrò, mamma.
Io resterò!
Proprio come resterai tu nella mia memoria e nel mio cuore.
Proprio come resteremo nelle pagine di quel romanzo che ho appena finito e domani pubblicherò.
Resteremo, insieme, nell’inchiostro stampato che parlerà di noi.
Resterai, proprio come fanno gli eroi, perché è questo che sei.
Donna, eroe della vita.
Nonna sta piangendo, meglio tornare a casa.
Tornerò domani mamma, da solo, e ti racconterò com’è bella la vita che mi hai dato.
Un bacio. Ti amo, il tuo piccolo.
Tutte le donne sono eroine, e lo sono quando danno alla luce un bambino e quando,
per qualsiasi ragione, si rifiutano.
Sono eroine quando donano la vita e quando conservano la propria.