Scheda da Film discussi insieme 2007

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Scheda da Film discussi insieme 2007
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The Queen
regia: Stephen Frears (Gran Bretagna 2006)
sceneggiatura: Peter Morgan
fotografia: Alfonso Beato
montaggio: Lucia Zucchetti
musica: Alexandre Desplat
interpreti: Helen Mirren (Elisabetta II),
Michael Sheen (Tony Blair), James Cromwell (Principe Filippo),
Sylvia Syms (Regina Madre)
produzione: Pathè Pictures International, Scoot Rudin,
distribuzione: BIM
durata: 1h 40’
Stephen Frears
Leicester (Gran Bretagna) - 20.06.1941
2006 The Queen
2002 Piccoli affari sporchi
2000 Liam
2000 Alta fedeltà
1998 The Hi-Lo Country
1996 Due sulla strada
1995 Mary Reilly
1992 Eroe per caso
1990 Rischiose abitudini
1988 Le relazioni pericolose
1987 Sammy e Rosie vanno a letto
1987 Pick Up - l'importanza di essere Joe
1986 Walter and June
1985 My Beautiful Laundrette
1984 Vendetta
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THE QUEEN
1979 Bloody Kids
1971 Gumshoe
1968 The burning
LA STORIA
Sono i primi giorni di maggio del 1997. Tony Blair, appena
eletto al ruolo di Primo Ministro si reca dalla Regina per ricevere l’incarico. Con lui la moglie, avvocato. La curiosità di
Elisabetta su quell’uomo che è stato preceduto da una campagna elettorale centrata soprattutto sul bisogno di modernizzare le vecchie istituzioni si esprime con dubbi e perplessità. Intanto come da protocollo, i Blair si preparano
all’incontro con la Regina d’Inghilterra. A dar loro le istruzioni necessarie per quella visita tanto importante è il cerimoniere di corte. Quindici minuti dopo, il tempo per dire sì in
ginocchio alla Regina, marito e moglie discendono lo scalone
reale. Siamo ormai in piena estate. In tv passano tra cronaca e
mondanità le immagini di Diana in giro per il mondo e a
fianco di personaggi famosi. Tra le ultime quelle che la fotografano, in atteggiamento che spinge ben oltre la semplice
amicizia, al fianco di Dodi Al-Fayed. Così fino alla notte del
30 agosto quando irrompe nella residenza estiva di Elisabetta
a Balmoral la telefonata dell’incidente d’auto a Parigi. In
pochi minuti residenza reale e casa di Tony Blair sono avvisati
dell’accaduto: Elisabetta, il marito, la regina madre in vestaglia davanti al televisore commentano i primi flash d’agenzia
trasmessi alla stampa e affrontano le cose da farsi. Elisabetta
esclude una cerimonia ufficiale. Diana da un anno non fa più
parte della famiglia, dunque esequie private. Tony Blair invece capisce immediatamente che quella terribile tragedia si
ripercuoterà inevitabilmente sulla corte d’Inghilterra e prepara una prima dichiarazione che restituisce a Diana la popolarità e l’affetto con cui gli inglesi l’hanno sempre circondata. Il
principe Carlo, sapendo della poco simpatia che sua madre
nutriva negli ultimi anni per la sua ormai ex moglie, timidamente avanza il suo programma. Il principe Filippo, come da
indicazioni reali, pensa ad allontanare i nipoti per cercare di
distrarli. Il giorno dopo, ascoltate le dichiarazioni alla televisione del signor Spencer, fratello di Diana, Blair prende sempre più convinto posizione. Dichiara in tv la stima che il
popolo inglese nutriva per Diana, che definisce “principessa
del popolo”. Ormai gli avvenimenti sovrappongono dichiarazioni pubbliche a decisioni private. Carlo riporta a casa
Diana con l’aereo reale concessogli dalla madre e la necessità
di mettere a punto la cerimonia appare subito in tutta la sua
difficoltà. L’obiezione numero uno è che non ci sono precedenti. Si potrebbe fare riferimento al funerale giù studiato per
la morte della regina madre, ma vanno considerate le notevoli
differenze: niente rappresentanze militari, ma piuttosto la
partecipazioni delle associazioni benefiche di cui Diana era
presidente e se mai attori, cantanti e stilisti. A rendersi conto
della popolarità che continua ad avere la casa reale e di come
gli inglesi la ritengano insostituibile è Tony Blair. “Sarebbe
inimmaginabile che questo paese diventi una repubblica”,
dice Blair alla moglie. “perché?”. “Perché non ci starebbe nessuno, nessuno lo vuole”. Il mercoledì i giornali popolari escono con titoli che non lasciano dubbi su quello che il popolo
pensa della Regina e di quello che è stato fino allora il suo
comportamento ufficiale: disapprovazione completa. Blair si
preoccupa e chiama la regina. Superando l’iniziale diffidenza
passa ai consigli: bandiera a mezz’asta su Buckingham Palace
e immediato ritorno a Londra. Ma i consigli non sembrano
ottenere successo. A quel punto interviene Robin Janvrin,
l’uomo più vicino a Elisabetta, colui che subito dopo suo
figlio, il principe Carlo, si prende a cuore le risposte da dare
alla gente che aspetta. La Regina continua a prendere tempo
uscendo al volante del sua Range Rover nella campagna che
circonda il castello e guardandosi intorno in cerca di un cervo
imperiale che è stato da poco avvistato. Giovedì i giornali
alzano il tono. Tony Blair chiama la Regina e le comunica
l’ondata di rimprovero che si è alzata dal paese. “Settanta su
cento sono ormai contrari alla Monarchia”. Non è più tempo
di aspettare, dopo un breve consulto con sua madre, che continua a disapprovare ogni cedimento, Elisabetta parte per
Londra e prima di entrare a Buckingham Palace sosta davanti
alla cancellata dove si sono ammassati migliaia di mazzi di
fiori. I giornali registrano immediatamente il suo ritorno a
Londra e Tony Blair tira un sospiro di sollievo, confortato
anche dall’aver saputo del discorso annunciato di Elisabetta
in tv. In diretta, su tutti i canali l’omaggio della Regina alla
Principessa Diana ha una premessa: “Quello che vi dico da
Regina e da nonna ve lo dico con il cuore” e poi “condivido
la risolutezza con cui avete deciso di onorare il ricordo di
Diana e spero che domani noi tutti potremo unirci nel dividere il nostro dolore per la sua perdita e tanta gratitudine per
la sua vita troppo breve”. Per qualche ora il silenzio a cui
seguono le ore della cronaca fino alla messa e al discorso in
chiesa del fratello. Due mesi dopo, Tony Blair incontra la
Regina e si tratta ormai di un colloquio su altri argomenti. Il
Primo Ministro non rinuncia però a complimentarsi ancora
una volta per l’esempio che ha saputo dare in quella tragica
settimana di fine agosto. Ma nella testa di Elisabetta c’è ormai
il dubbio che l’amore che un tempo la univa al suo popolo si
sia incrinato. (LUISA ALBERINI)
LA CRITICA
La tentazione era troppo forte. Raccontare cosa accadde nella
Corte inglese all’indomani dell’incidente automobilistico che
uccise Lady Diana, ancora più pericolosa da morta che da
viva. Mostrare insomma i retroscena, veri e presunti, di una
settimana di passione capace di scuotere le fondamenta della
monarchia britannica. A raccogliere la sfida è Stephen Frears,
già autore di The Deal, film tv sull’ascesa di Tony Blair. In
The Queen tutto comincia proprio con il trionfo elettorale
laburista il 2 maggio 1997 e con l’investitura del primo ministro, dopo quasi vent’anni di governo Tory. «Chiamatemi
Tony», dice il neoeletto premier in vena di modernizzazione,
ma al cospetto della regina il polveroso protocollo è obbligaTHE QUEEN
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torio. Fin qui si ride, e tanto. Poi arriva la peggiore delle notizie. Diana, la “principessa del popolo”, come la definirà Blair,
è morta. Elisabetta II, incapace di comprendere la portata e
la “volgarità” di quel lutto collettivo e mediatico, si ritira
nella magione scozzese di Balmoral con marito, figlio e nipoti. Niente lacrime in famiglia per la regina, se non quelle versate per un magnifico cervo braccato e ucciso. A salvare la
Corona sarà proprio l’astuto primo ministro, veloce nel fiutare l’umore del popolo indignato per il silenzio dei reali e leale
verso la sua regina. Edipo ci cova. Sceneggiato come un perfetto congegno a orologeria da Peter Morgan che ha potuto
contare su parecchie “gole profonde”, il film scava nelle
motivazioni dei personaggi fotografando persino l’umanità
che si nasconde sotto i foulard dell’algida Elisabetta II ed
Helen Mirren, sovrana dell’ultima Mostra di Venezia, ci regala una performance da standing ovation.
(ALESSANDRA DE LUCA, Ciak, ottobre 2006)
Dio salvi Stephen Frears. Solo un inglese come lui, rotto a
tutti i generi (cinema e tv, in patria e a Hollywood, ad alto e
a basso costo) poteva riuscire un’operazione spregiudicata
come quella di The Queen. Che nei trailer sembra un docudrama pettegolo sui reali inglesi, mentre in realtà, come
ogni film sofisticato e popolare insieme, è molto di più.
È un film in costume girato al presente (paradosso solo
apparente). È un saggio corrosivo sui meccanismi della politica-spettacolo, colti dalla prospettiva rivelatrice della casa
regnante inglese durante la settimana di fuoco che seguì la
scomparsa di Lady Diana, imbarazzante in vita ma ancora
più pericolosa da morta. È un accurato ritratto “dall’interno”, affettuoso e sfacciato al contempo, di un’istituzione cui
in Gran Bretagna nessuno sembra voler rinunciare. Ed è la
ricostruzione in larga parte congetturale, ma documentata e
convincente, dell’insidiosa crisi politica innescata dalla
morte di Lady D.
Perché, come tutti ricordano, la fine precoce e crudele di un
personaggio così popolare scatenò uno sconcertante lutto di
massa, cinicamente alimentato dai media (che avevano molto
da farsi perdonare). Mentre la regina, che certo non vedeva
di buon occhio l’ex-nuora, ci mise un pezzo a capire che
doveva venire incontro ai sudditi, piegarsi a quella "barbarie"
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THE QUEEN
(mediatica o meno che fosse) e abbandonare lo splendido
isolamento di Balmoral, il castello scozzese dove si era ritirata
con i famigliari per difendersi dai media. Anzi, fu salvata dal
neoprimo ministro Tony Blair che in quell’occasione giocò
con molta abilità e qualche voltafaccia la sua prima importante partita politica, convincendo pian piano la regina a
esternare il suo dolore e ricucire il rapporto con quel popolo
che si vantava di conoscere e amare più di chiunque altro.
Detta così la faccenda può sembrare fredda, astratta. Ma
alternando dramma e commedia, finzione e materiali
d’archivio (tutto ciò che riguarda Lady D), Frears, lo sceneggiatore Peter Morgan e il magnifico cast rendono tutto vivo,
quotidiano, intimo anzi domestico, e sempre molto credibile; che ci si trovi nei palazzi della famiglia reale o che invece
si faccia capolino a casa Blair. Il risultato, ironicamente,
rischia di cambiare per sempre l’immagine contemporanea
del potere: una regina in vestaglia e un principe consorte in
pantofole (viventi, ripetiamolo), non si erano ancora mai
visti. Che poi la radiosa e perfetta Helen Mirren sia molto
più bella, più delicata, più “nobile” dell’originale, fa parte di
quella cosmesi discreta che probabilmente ha reso possibile
questo film. Da vedere assolutamente sottotitolato per non
perdere il gioco di accenti che dà ai dialoghi un colore e una
profondità semplicemente impossibili nel doppiaggio.
(FABIO FERZETTI, Il Messaggero, 29 settembre 2006)
Gli avvocati che, secondo voci poi smentite, la Casa Reale di
Londra minacciava di spedire a visionare The Queen, se
erano davvero al Lido, erano ben mimetizzati. A Venezia gli
unici inglesi riconoscibili sono gli inviati dei tabloid, molto
incuriositi da un film che in Gran Bretagna sarà ovviamente
un caso politico. The Queen racconta la drammatica settimana successiva alla morte di Lady Diana, e lo scontro istituzionale tra Buckingham Palace e Downing Street. II tutto
mettendo in scena i personaggi reali in un ardito gioco di
«sosia», di attori che si sforzano di assomigliare agli originali.
Un’operazione rischiosissima: il pericolo della parodia, o
delle caratterizzazioni alla Noschese, era altissimo. Beh, non
ci crederete: il film è bello, anzi, più che bello. È un capolavoro di equilibrismo politico, di ironia e di analisi antropologica su un’istituzione, la monarchia britannica, che noi co-
nosciamo solo nei suoi aspetti rituali e/o scandalistici, ma
per la quale il popolo d’Inghilterra, di Scozia e di Galles
prova rispetto ed affetto. Peter Morgan ha scritto un copione serrato e divertente, Stephen Frears l’ha diretto con mano
abilissima, una mirabile squadra di attori l’ha ottima mente
interpretato. E se è giustissimo elogiare Michael Sheen
(Blair), James Cromwell (il principe Filippo, marito di Elisabetta), Sylvia Syms (la leggendaria Regina Madre), Alex
Jennings (il principe Carlo), Helen McCroiy (Cherie Blair)
e Roger Allam (il capo del cerimoniale, Sir Robin Janvrin), è
ancora più giusto affermare che The Queen non esisterebbe
senza il talento e, sì, la bellezza di un’attrice come Helen
Mirren che ritrae la regina rispettandone ogni tic, ogni solennità, ogni asprezza, ma facendo anche trasparire l’umanità nascosta dietro la corazza istituzionale.
Ieri, alla conferenza stampa, Helen Mirren ha avuto una
«standing ovation» di svariati minuti. Non accade spesso.
Siamo a livello non tanto di Coppa Volpi, quanto di Oscar,
forse di Nobel. Helen Mirren era una splendida attrice già
negli anni ’60, ha avuto candidature all’Oscar, premi a
Cannes, premi Tony, premi Emmy. È anche una Dame, il
corrispondente femminile del titolo di Sir. Conosce bene la
regina: «E, certo, ero un po’ spaventata nell’interpretarla. Ho
lavorato come la ritrattista che sognavo di essere da ragazza:
ho studiato il soggetto dall’esterno poi sono andata in
profondità». Rispetto alla laconicità di Frears e dei produttori, è anche l’unica a dire la sua su possibili ritorsioni regali:
«C’è libertà di parola in Inghilterra, no? I Windsor sono sempre stati liberali, e si sono ribellati solo quando su di loro
sono state scritte bugie, o insulti. Cosa che noi non facciamo.
Il nostro film è uno sguardo umano su una famiglia speciale».
Vero, ma è anche molto di più. The Queen è una lucida analisi sul potere. Raccontando i 7 giorni tra la morte di Diana a
Parigi e i suoi funerali a Londra, il film mostra come due istituzioni – la monarchia e il governo – vengano totalmente
spiazzate dall’impatto emotivo e mediatico provocato dalla
tragedia. II «modernizzatore» Blair capisce che l’onda va
cavalcata, mentre la regina rimane inizialmente a Balmoral,
nella residenza estiva in Scozia, perché i funerali «sono un
affare privato della famiglia Spencer». Dopo lunghe (e a tratti
esilaranti) schermaglie, i reali scendono a Londra ed Elisabet-
ta comprende, di fronte alla folla e ai mazzi di fiori che assediano Buckingham Palace, che nel mondo è successo qualcosa a cui non è preparata. Ma sarà la sua umanità a vincere,
rispetto alle astuzie politiche di Blair: il senso finale del film
sembra essere che i primi ministri passano e la monarchia
resta, ma anche che dopo Lady D nulla sarà più come prima
e che tutto un apparato di potere ha dovuto rivedere le proprie strategie. The Queen è il grande film sull’Inghilterra
postmoderna. La regina dovrebbe esserne orgogliosa.
(ALBERTO CRESPI, L’Unità, 3 settembre 2006)
L’ottantenne Regina Elisabetta, pur dalla sua aristocratica
lontananza, potrebbe sentirsi lusingata, il principe Carlo,
sbiadito ormai dalle cronache in quanto felicemente accasato, potrebbe raccattare un po’ di nostalgica simpatia, il sempre meno amato primo ministro Tony Blair potrebbe ricevere un giovamento elettorale nel ricordo di quanto neppure
dieci anni fa fosse giovane e vincente e amato: forse solo il
principe Filippo, lui così elegante e snob, si scoccerà nel
vedersi impersonato dall’allampanato attore che fu il rustico
allevatore di Babe il maialino. Per ora, nel terreno neutro,
internazionale e repubblicano della Mostra del cinema e alla
sua prima mondiale, The Queen, il film di Stephen Frears,
nella sua perfetta concisione, nel fascino di una rievocazione
e di una verosomiglianza ammirevoli, è piaciuto moltissimo e
ha suscitato interminabili ovazioni. Ritorna con documenti
d’epoca a quella prima settimana del settembre 1997 in cui il
mondo si fermò per piangere l’inaccettabile morte di Diana,
la bellissima principessa mediatica, quei sette giorni di lutto
oceanico, dal tragico incidente parigino al suo solenne funerale; racconta con una sceneggiatura avvincente di un primo
ministro giovane e bello eletto con una valanga di voti, il
primo laburista dopo 18 anni di governi conservatori, che,
costretto dalla moglie a lavare i piatti e a discutere di politica
in cucina, capì subito che anche il popolo inglese aveva ceduto all’esibizionismo dei sentimenti e bisognava dargli corda.
Ed esplora soprattutto l’inferno di una famiglia, quella reale,
oppressa da 400 anni di formalismi, di protocolli, di doveri
dinastici, che cercò dapprima di difendersi da quel cordoglio
alieno, da quello strazio impudico, rinchiudendosi nel
castello di Balmoral in Scozia. Poi Blair appoggiato da Carlo
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e dai più svelti tra i dignitari di corte, riuscirono a convincere la regina a vincere la polverosa etichetta, l’orgoglio verso il
suo ruolo, i suoi stessi rancori verso Diana, per ascoltare
l’autentico dolore dei suoi sudditi: sull’asta vuota in cima a
Buckingham Palace fu issato a mezz’asta lo stendardo dei
Windsor, la regina in lutto e perle tornò con tutta la famiglia, accostandosi dopo decenni al suo popolo, fu organizzato il più solenne dei funerali di Stato, usando il protocollo
già organizzato per l’eventuale decesso della regina madre,
per la cosa seccatissima. Blair, piangendo in pubblico la
scomparsa della “Principessa del popolo” raggiunge il massimo della sua popolarità, la Regina, in tre minuti in televisione (“Vi parlo come regina e come nonna, e col cuore”) salvò
la monarchia.
Un’attrice meravigliosa, Helen Mirren (ha appena vinto un
Emmy per la sua interpretazione televisiva di Elisabetta I) è
una Elisabetta II magnifica per dignità, lieve arroganza,
intuito, autorità, sperdimento davanti all’infrangersi di ogni
tradizione e sicurezza. La somiglianza, impressionante, non è
data tanto dalla grigia e dura pettinatura, dai grandi occhiali,
da quel camminare sgraziato, dalle mani appoggiate al grembo che paiono immobili e invece continuano a tormentare
gli anelli: è la voce senza emozioni, è il labbro superiore che
appena si alza, è lo sguardo fermo, distante. Il geniale sceneggiatore Peter Morgan assicura di aver intervistato decine di
persone per mettere insieme dialoghi ed eventi possibili sia in
Downing Street che nelle residenze dei Windsor. La Regina
in vestaglia rosa e boule dell’acqua calda la notte in cui viene
svegliata con la notizia dell’incidente, il tè con la cinica vecchia regina madre che sconsiglia ogni cedimento, i goffi
inchini di Cherie Blair, l’infelice sottomissione alla madre del
principe Carlo, Blair (Michael Sheen), che, laburista, ama la
Regina perché ha l’età di sua madre, la Regina in impermeabile e foulard intorno al viso che guida la jeep nelle sue riserve di caccia e per un guasto deve fermarsi: sola nell’immensità brulla del paesaggio scozzese, le appare il cervo imperiale
che i cacciatori stanno braccando, resta incantata dalla sua
maestosa grazia, lo sprona a fuggire. Inutilmente, il giorno
dopo andrà a vederne il corpo appeso e decapitato, la sua
immensa corona di corna deposta. Se, come dice il film, non
sentendosi più in sintonia col suo popolo, Elisabetta pensò di
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THE QUEEN
abdicare, non lo sappiamo. Comunque sono passati quasi
dieci anni, la regina è più regina che mai e l’erede al trono, a
58 anni, aspetta ancora.
(NATALIA ASPESI, La Repubblica, 3 settembre 2006)
I COMMENTI DEL PUBBLIOCO
DA PREMIO
David Rogers - Avendo vissuto quella settimana a Londra,
trovo una ripresa accuratissima e alcune spiegazioni abbastanza credibili per le perplessità di quei giorni. Però rimane la tristezza di due cose aspettate, ma mai capitate: Diana come
Regina e Tony Blair come Primo Ministro di gran successo.
OTTIMO
Ennio Sangalli - Gran bel film. Ben Fatto, ben recitato e
avvincente anche se la storia raccontata era già conosciuta
negli aspetti “esterni”.
Michele Zaurino - The Queen è un film intelligente, forse
troppo intelligente per poterne cogliere tutte le implicazioni
e sottolineature. Ci sono diversi piani di lettura indipendenti dalla vicenda vera e propria che consiste nella cronistoria
dei sette giorni successivi alla tragica morte della Principessa
Diana Spencer. Con un serrato alternarsi di scene girate con
fotografia iperreale e le immagini di repertorio di Diana
caratterizzate dalla tecnologia digitale del mezzo televisivo,
assistiamo ad un’analisi lucida anche se talvolta ironica dei
ruoli istituzionali e dei reali rapporti di forza nel sistema di
governo britannico. Tutto questo viene sconvolto dall’avvento di una nuova forma di potere mediatico innescato dalla
tragedia e che ha in Diana, con tutto il suo glamour, l’icona
ideale. Anche la scelta di attori somiglianti ma non troppo
ai veri protagonisti è talvolta spiazzante e ci obbliga a riflettere sulle contrapposizioni vero-falso, reale-virtuale, giustoingiusto. Helen Mirren, nella parte di Elisabetta II è straordinaria riuscendo nell’impresa di rendere simpatica e umana
la Regina nonostante la durezza di carattere e la rigidità di
un protocollo imposto da centinaia di anni di tradizione.
Anche se in misura minore rispetto al precedente “Le relazioni pericolose”, questo film conferma il talento registico di
Stephen Frears.
BUONO
Alessandra Casnaghi - Un film equilibrato e non fazioso,
con un perfetto humor inglese e parecchio sarcasmo. Non
un capolavoro, ma una pellicola comunque gradevolissima e
ben costruita.
Paola Niola - Il film mi è piaciuto perché pur affrontando
un tema inflazionato dai media, ha saputo resistere al taglio
della telenovela, proponendo invece la pratica della ritualità
“liturgica” come segno d’appartenenza ad una autentica
civiltà e ai suoi valori. Ottima la sceneggiatura, un po’ ingessata la recitazione.
DISCRETO
Silvano Bandera - Ma, in fin dei conti, il regista cosa ci fa
conoscere che già non sapevamo? Mi sembra un film osannato oltre misura a tutti i livelli.
Caterina Parmigiani - Film confezionato in modo splendido: ottimi gli attori, sceneggiatura accattivante, fotografia
accurata, montaggio efficace; tuttavia talora annoia perché
non aggiunge nulla a quanto già si sapeva o si immaginava
dalle cronache.
Ugo Pedaci - Mi riesce difficile dare un senso a questo film.
Ci viene riproposto il particolare momento venutosi a creare
nel mondo, ed in particolare nella monarchia inglese, dopo
la morte della ex principessa Diana. Il regista contrappone le
due ragioni: da una parte, con immagini tutte rigorosamente
vere (solo documentari) la isteria collettiva che aveva caratte-
rizzato l’opinione pubblica del mondo occidentale e dall’altra, con immagini rigorosamente false (attori e fiction) la
posizione, invero molto tirata per i capelli, della famiglia
reale britannica e dei suoi diretti collaboratori. Alcuni particolari sono addirittura da burletta: la regina che corre a
vedere il cervo ammazzato da un “ospite pagante”; quasi tutti
gli atteggiamenti di Filippo che lo rendono più simile ad un
cretino che ad un principe-consorte. Ne ho riportato
l’impressione che l’argomento, tutto sommato, sia stato trattato con leggerezza e tanto per “fare spettacolo”. Si può pensare di sollecitare un giudizio sulla monarchia inglese con
queste argomentazioni? Non credo e non basta la “sparata”
del sedicente Blair al collaboratore. Infine, era in grado il
regista di conoscere il pensiero reale di quel momento?
MEDIOCRE
Luisa Alberini - Il primo impatto è con la presunta verosimiglianza di chi è chiamato a interpretare personaggi che non
corrono certo il rischio di essere sconosciuti: regina, marito,
figlio e madre, e più che mai primo ministro. E il confronto
è impietoso. Si può allora prendere in considerazione il fatto
che non si tratta di cronaca, che l’evento è troppo recente per
poter ancora essere raccontato. E che la presenza “in casa”, in
vestaglia, in cucina, in uno spazio riservato, spiega fin troppo
bene che l’oggetto di attenzione è il loro comportamento privato, non solo da immaginare, ma da riscrivere. Tenendo
però saldi quei dati su cui è stato possibile mettere le mani e
che vanno presi per autentici. In altre parole: tutto quello che
avreste voluto sapere sui fatti di quella terribile settimana e
che nessuno vi ha ancora raccontato. Ma è possibile, a chi
guarda, fare continuamente questa conversione, distinguere
tra finzione e realtà, quando i due piani sono così lontani da
escludere ogni possibilità di equivoco? O il rischio è quello di
una più facile e diversa lettura: il fogliettone su un fatto che
ha coinvolto televisioni e giornali, il più raccontato della cronaca mondana degli ultimi anni. E se questa fosse più di una
ipotesi anche la pur celebrata interpretazione dell’attrice protagonista rischierebbe di passare in secondo luogo.
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