leggi - Camera del Lavoro Metropolitana di Milano

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17-04-2009
Spetta anche al figlio naturale del lavoratore
deceduto il diritto alla rendita ai superstiti
Corte Costituzionale, sentenza 27 marzo 2009 n. 86
a cura di LAURA CHIAPPANI
La Corte Costituzionale, con sentenza 27 marzo 2009 n. 86, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 85
del DPR 1124/1965, nella parte in cui esclude dalla rendita INAIL il figlio naturale rimasto orfano del genitore
caduto sul lavoro. La disposizione, secondo quanto sancito dalla sentenza, è in contrasto con gli articoli 3 e 30 della
Costituzione in quanto postula una discriminazione tra figli naturali e figli legittimi.
Con sentenza n. 86/2009 la Corte Costituzionale ha stabilito che ai figli naturali orfani di un solo genitore
spetta la rendita ai superstiti Inail nella misura del 40% della retribuzione del lavoratore deceduto per
infortunio sul lavoro o per malattia professionale (finora la percentuale riconosciuta era del 20%).
La Corte è stata chiamata a giudicare sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di
Milano che, in sede civile, doveva decidere su una controversia tra l’Inail ed una signora il cui convivente era
morto in un incidente sul lavoro.
Il Tribunale, nel porre la questione di legittimità costituzionale dell’art. 85 T.U. 1124/1965 (articolo
istitutivo della rendita ai superstiti ), aveva evidenziato diversi aspetti di legittimità. Tra questi i più
significativi spiccavano:
- la mancanza di garanzia di tutela alla famiglia di fatto in quanto non è prevista la rendita al superstite del
convivente more uxorio (art. 3 Cost.)
- la violazione della pari dignità di tutti i cittadini senza distinzioni di condizioni personali e sociali
- la violazione dell’art. 31 della Costituzione che obbliga lo Stato ad impegnarsi per promuovere ed
agevolare il nucleo familiare qualunque sia la sua forma (principio del favor familiaris )
- l’implicita mancata applicazione della Convenzione dei diritti dell’ infanzia, siglata a New York nel 1989 e
ratificata dall’ Italia nel 1991, ispirata dallo stesso favor sopra richiamato, che impone agli Stati di
adottare provvedimenti adeguati per aiutare i genitori ad attuare il diritto di ogni fanciullo a un livello di
vita sufficiente a consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale e sociale.
- la non considerazione del danno prodotto dal decesso di un genitore in una situazione di famiglia di
fatto consolidata, con la conseguenza che anche in questo caso viene erogato al figlio superstite solo il
20 % della retribuzione; in tal modo viene sottratta al figlio anche quella quota della rendita riservata al
coniuge che è naturalmente destinata a soddisfare le esigenze del nucleo familiare e non soltanto quelle
del sostentamento del coniuge stesso.
La prima questione che la Corte affronta è quella relativa alla mancata equiparazione del convivente al
coniuge del lavoratore agli effetti della corresponsione della rendita Inail.
Tale questione è stata dichiarata infondata dall’Alta Corte poiché, come argomenta la Corte “vi sono ragioni
costituzionali che giustificano un differente trattamento per le famiglie di fatto e le famiglie fondate sul matrimonio,
atteso che il rapporto coniugale trova tutela diretta nell’ art. 29 della Costituzione. Ecco perché, in materia
pensionistica, i giudici costituzionali ribadiscono un principio già sancito nel 2000 secondo cui la mancata inclusione
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del convivente more uxorio tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità trova una sua non
irragionevole giustificazione nella circostanza che il suddetto trattamento si collega geneticamente ad un preesistente
rapporto giuridico che, nel caso considerato, manca”.
La seconda questione affrontata dalla Corte è quella relativa all’art. 85 della norma, nella parte in cui si
esclude il diritto dell’ orfano di un solo genitore naturale alla misura del 40% previsto invece per il figlio
orfano di entrambi i genitori.
In questo caso la Corte ha riconosciuto una “chiara discriminazione tra figli naturali e figli legittimi” che
contrasta con gli artt. 3 e 30 della Costituzione, ed ha pertanto dichiarato illegittima la norma in esame.
Grazie a questa importante pronuncia, che ha sanato gli evidenti aspetti di incostituzionalità della legge, da
ora in avanti la rendita per i figli naturali di chi muore o si ammala per lavoro sarà pari al 40% della
retribuzione percepita in vita dal genitore.
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