Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di
 Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 2 - settembre 2013
Sommario
n. 2 – chiuso in redazione il 5 settembre 2013
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Agenti immobiliari
AGENTI IMMOBILIARI, DAL VECCHIO RUOLO AI NUOVI REGISTRI
Il 30 settembre 2013 costituisce una data importante per gli agenti immobiliari.
Vi è, infatti, l’obbligo di aggiornare la posizione nel Registro delle imprese o nel REA,
presso la Camera di commercio. Il discorso, però, non riguarda le imprese (individuali e
società) che hanno comunicato l’inizio di attività di agente di affari in mediazione con
data pari o successiva al 12 maggio 2012 (allegando la SCIA per dichiarare il possesso
dei requisiti), né tutti coloro che pur essendo in possesso dei requisiti (per esempio,
superamento dell’esame) non risultano iscritti nel soppresso Ruolo mediatori (tali
soggetti quando decideranno di iniziare presenteranno una SCIA e potranno
intraprendere da subito l’attività).
Giuseppe Bordolli, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, 31 agosto 2013, n. 935
Formulari
CONTRATTO DI LOCAZIONE AD USO ABITATIVO
CONTRATTO DI LOCAZIONE A USO ABITATIVO AGEVOLATO
Di seguito due modelli in tema di contratti di locazione.
Il mattone tuttora rappresenta una forma di investimento conveniente: l'immobile
messo a reddito, con un contratto di locazione di otto anni verso un canone di mercato,
ha certamente un maggiore rendimento rispetto ai titoli di Stato.
Augusto Cirla, Formulario delle locazioni, Il Sole 24 ORE, luglio 2013
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Immobili e ipoteche
UN RIFIUTO INGIUSTIFICATO DI PRESTARE IL CONSENSO SEMBRA VIOLARE LE REGOLE DEI
RAPPORTI OBBLIGATORI
Chi sta per acquistare un immobile ipotecato potrebbe non fidarsi della futura estinzione
e chiedere che la formalità sia cancellata subito ovvero che venga sottoscritto un atto
formale di assenso
Nicola Graziano, Il Sole 24 ORE - Guida al Diritto, 3 agosto 2013, n. 32
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Locazioni
L'OFFERTA DI
RICONSEGNA DEL BENE AL PROPRIETARIO PUÒ ESSERE EFFETTUATA ANCHE IN
MODO INFORMALE
La corresponsione dell’indennità di avviamento non incide sull’adozione del
provvedimento di rilascio, ma sulla sua esecuzione, sicché costituisce una condizione di
procedibilità del processo esecutivo
Eugenio Sacchettini, Il Sole 24 ORE - Guida al Diritto, 10 agosto 2013, n. 33
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L’ESPERTO RISPONDE
ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
 IMU - Esentati i nuovi fabbricati da vendere
Sabato 31 agosto 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Dl n. 102, che contiene, fra
l’altro, disposizioni urgenti in materia di Imu e di sostegno alle politiche abitative. Il testo
definitivo del provvedimento non ha dato corpo ad alcune novità, alcune della quali molto
gradite, che erano state preannunciate nei giorni immediatamente precedenti la pubblicazione
del decreto e che riguardavano in particolare:
– la reintroduzione dell’imponibilità parziale, ai fini Irpef, dei redditi derivanti da unità
immobiliari non locate, diverse dall’abitazione principale;
– la deducibilità dell’Imu ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del reddito
derivante dall’esercizio di arti e professioni nella misura del 50 per cento.
Il decreto si occupa principalmente dell’imposta comunale sugli immobili in relazione alla quale
vengono adottate le misure più urgenti stante l’approssimarsi del termini di sospensione per il
versamento della prima rata di acconto Imu prevista dall’articolo 1, comma 1, del Dl 54/2013.
Sul punto è utile, infatti, ricordare che il citato decreto aveva disposto la sospensione del
versamento della rata di giugno, al fine di concedere all’esecutivo un lasso di tempo per la
riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare. Se entro la data del
31 agosto 2013 il Governo non fosse stato in grado di adottare le riforme necessarie, il
versamento della prima rata Imu 2013 avrebbe dovuto essere effettuato entro il prossimo 16
settembre 2013. Si tratta dunque di un primo provvedimento che sarà seguito da ulteriori
disposizioni normative che dovranno disciplinare in primo luogo il versamento della rata di
dicembre e, soprattutto, disporre l’abrogazione definitiva dell’Imu che dovrebbe essere
sostituita da una nuova imposta denominata “service tax”. Vediamo nel dettaglio le principali
misure adottate in tema Imu.
Abolizione della prima rata Imu 2013. L’articolo 1 del decreto prevede l’abolizione della prima
rata dell’Imu 2013 per gli immobili per i quali era stata prevista la sospensione dall’articolo 1,
comma 1, del Dl 54/2013. Si tratta, nello specifico, dei seguenti beni:
– abitazione principale e relative pertinenze, esclusi i fabbricati classificati nelle categorie
catastali A/1, A/8 e A/9. Ricordiamo in sintesi che per abitazione principale si intende l’unica
unità immobiliare nella quale il contribuente risiede anagraficamente e dimora abitualmente.
Insieme all’abitazione principale l’esenzione si estende alle pertinenze nei limiti però di
un’unica unità immobiliare per ciascuna delle categorie C/2 (cantine e soffitte), C/6 (box auto)
e C/7 (tettoie). Se l’immobile è stato dato in uso gratuito a un parente non si può però
considerare abitazione principale e quindi l’Imu resta dovuta;
– unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad
abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, nonché alloggi regolarmente
assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale
pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli Iacp;
– i terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’articolo 13, commi 4, 5 e 8, del Dl 201/2011. Con
riferimento ai terreni agricoli è bene ricordare che rileva la sola classificazione catastale di
modo che, anche per il terreno incolto, se classificato agricolo, scatta comunque l’esimente.
Come detto resta, ora, l'incognita della seconda rata per la quale si aspetta di trovare le
coperture.
Sulle seconde case l’Imu, invece, va pagata. Si ricorda che per seconde case si intendono tutti
gli immobili che non sono abitazioni principali. L’Imu resta quindi dovuta sugli immobili a
disposizione del proprietario (ad esempio la casa al mare o in montagna), su quelli concessi un
comodato a parenti (ad esempio data in uso gratuito al figlio) e anche sugli immobili locati a
terzi.
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Quello che potrà variare, in relazione alle caratteristiche dell’uso dell’immobile, sarà la misura
dell’imposta dovuta (aliquota base del 7,6 per mille ma riducibile o aumentabile a discrezione
dei Comuni).
Altre disposizioni in materia Imu
L’articolo 2 del decreto dispone, una serie di ulteriori misure in tema di imposta municipale
propria. Viene previsto in primo luogo che non sarà dovuta, per l’anno 2013, la seconda rata
dell’Imu relativa ai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto
che permanga tale destinazione e a condizione che, in ogni caso, non siano locati (articolo 2,
comma 1, del Dl 102/2013). L’esenzione troverà applicazione per tutto il periodo in cui gli
immobili mantengono i citati requisiti (destinazione alla vendita e mancata locazione) anche a
decorrere dal 1° gennaio 2014. Sul punto è utile ricordare che la disposizione originaria
(articolo 13, comma 9-bis, del Dl 201/2011) prevedeva che per tali immobili i Comuni
potessero ridurre l’aliquota di base fino allo 0,38% fintanto che gli stessi conservavano quella
destinazione e non erano locati (e, comunque, per un periodo non superiore a tre anni
dall’ultimazione dei lavori). Si tratta, dunque, di una previsione normativa particolarmente
favorevole per le imprese di costruzioni e che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe
contribuire a dare uno slancio al settore dell’edilizia.
In tema di esenzione dall’imposta municipale propria viene, inoltre, prevista l’equiparazione
delle unità appartenenti alle cooperative edilizie proprietà indivisa, adibite ad abitazione
principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, all’abitazione principale. Tale
equiparazione varrà, a partire dal 1° gennaio 2014, anche per i fabbricati di civile abitazione
destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del ministro delle Infrastrutture, di
concerto con il ministro della Solidarietà sociale, il ministro delle Politiche per la famiglia e il
ministro per le Politiche giovanili e le attività sportive 22 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale 24 giugno 2008 n. 146.
Sono, inoltre, previste agevolazioni per il personale in servizio permanente appartenente alle
Forze armate e alle Forze di polizia nonché per il personale del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco che potrà beneficiare del trattamento agevolato previsto per l’abitazione principale in
riferimento all’unico immobile posseduto, se non concesso in locazione, a prescindere dal
requisito della dimora abituale e della residenza anagrafica. Con una modifica apportata
all’articolo 7 del Dlgs 504/1992 viene infine previsto, a partire dal 1° gennaio 2014, che
l’esenzione dall'Imu degli immobili di proprietà di società ed enti che non hanno per oggetto
esclusivo l’esercizio di attività commerciali si applichino anche nel caso in cui gli stessi vengano
adibiti all’attività di ricerca scientifica.
Le ulteriori disposizioni del comparto immobiliare. L’intervento opera principalmente sui
seguenti argomenti:
– cedolare secca sul punto l’articolo 4 del Dl 102/2013, prevede che per i canoni concordati
l’aliquota dal 19% scenda al 15%, con effetto a partire dal 1° gennaio 2013. La modifica è
volta a incentivare le locazioni a canone convenzionato a discapito di quelle a canone libero
(per le quali l’aliquota è il 21 per cento);
– incentivi al sistema creditizio vengono previsti una serie di meccanismi che permettano la
ripresa del credito per l’acquisto della prima casa e supportino i soggetti che hanno già
contratto un mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale. Al riguardo si segnalano in
particolare le misure volte al rifinanziato del fondo per la sospensione di 18 mesi delle rate del
muto gestito dalla Consap del fondo di garanzia per i mutui a favore dei giovani. Quest’ultimo
permette agli under 35 (giovani coppie o nuclei familiari monogenitoriali con figli minori) con
un Isee inferiore a 35mila euro di chiedere un mutuo di 200.000 euro prestando la garanzia
per il 50% della quota capitale.
Tares.
Con riferimento alla Tares l’articolo 5 del Dl 102/2013, prevede che il Comune, per l’anno 2013
possa, con regolamento da adottarsi entro il 30 novembre 2013, applicare la componente del
tributo comunale sui rifiuti e sui servizi di cui all’articolo 14 del Dl 6 dicembre 2011 n. 201
(convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214) diretta alla copertura dei
costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti tenendo conto dei seguenti criteri e nel rispetto
del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva n. 2008/98/Ce relativa ai
rifiuti ovvero:
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– commisurazione della tariffa sulla base delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti
prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché
al costo del servizio sui rifiuti;
– determinazione delle tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea moltiplicando il
costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo,
per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti;
– commisurazione della tariffa tenendo conto, altresì, dei criteri determinati con il regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999 n. 158;
– introduzione di ulteriori riduzioni ed esenzioni, diverse da quelle previste dai commi da 15 a
18 dell’articolo 14 del Dl 201/2011.
Coperture
Per quanto riguarda le coperture finanziarie, l’articolo 15 del Dl 102/2013, sancisce una
clausola di salvaguardia in base alla quale nel caso in cui le coperture previste in relazione al
maggior gettito Iva che dovrebbe scaturire dai pagamenti dei debiti alle imprese dalla Pa e
dalla sanatoria sul contenzioso sulle slot machine - non dovessero essere sufficienti, il Governo
è autorizzato ad aumentare l'importo degli acconti Ires e Irap e delle accise per complessivi
1,5 miliardi di euro.
In merito alle misure adottate al fine di reperire risorse finanziarie necessarie si segnala che
l’articolo 12 del Dl 102/2013 dispone, con norma già valida per il 2013 (e dunque in deroga
allo Statuto dei diritti del contribuente), il dimezzamento dell’ammontare massimo dei premi
detraibili per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente.
Questi ultimi passano da 1.291,14 a 630 euro per il 2013 e, a decorrere dal periodo d’imposta
in corso al 31 dicembre 2014, scendono ulteriormente a 230 euro.
(Mario Cerofolini, www.guidanormativa.ilsole24ore.com , 5 settembre n.163)

Cedolare secca al 15% per i contratti con affitto concordato
All'interno del "pacchetto casa" contenuto nel decreto legge varato mercoledì dal Governo e in
via di pubblicazione, vengono alleggerite le tasse sugli affitti concordati: l'aliquota della
cedolare secca passerà per questa fattispecie dal 19% al 15%, con l'attesa di un effetto
virtuoso sui proprietari che intendono accettare canoni più bassi a fronte di minori imposte.
Una disposizione che renderebbe di nuovo conveniente per i proprietari ricorrere a questo
canale rispetto al canone libero.
La differenza minima del trattamento riservato ai canoni agevolati rispetto a quelli liberi,
insieme all'Imu (che rispetto all'Ici ha di fatto perso le aliquote ridotte per chi affitta) aveva
infatti segnato, in questi anni, il tramonto del canale concordato. Adesso, però, le cose
potrebbero cambiare.
La cedolare secca sostituisce l'Irpef e le addizionali comunali e regionali, oltre alle imposte di
registro e di bollo sul contratto di locazione, sulla sua risoluzione e sulle sue proroghe. Un
regime che riguarda i redditi derivanti dalle case affittate a uso abitativo e che si fonda su un
doppio binario di aliquote: per gli affitti a canone libero al 21% e per quelli concordati al 19%,
ora portata dal Dl al 15 per cento. Una misura che potrebbe anche contribuire ad aumentare il
gettito. La cedolare secca è stata introdotta infatti proprio per far emergere il nero nel mercato
degli affitti,compensando in questo modo le minori entrate Irpef.
(http://www.casa24.ilsole24ore.com 30 agosto 2013)

Affitti, la cedolare «light» ha già effetto sugli acconti del 2013
Le novità sulla cedolare secca ridotta dal 19 al 15%, sui canoni derivanti da contratti
concordati, hanno effetto già dal 2013.
I contribuenti possono perciò beneficiare della riduzione anche in sede di acconto per il 2013,
sia per i versamenti in corso, in caso di rateazione del primo acconto per il 2013, sia per
l'acconto di novembre, in scadenza il 2 dicembre prossimo in quanto il 30 novembre è sabato e
il 1° dicembre è domenica.
Nel momento in cui si eseguono calcoli che riducono l'acconto, si deve stare attenti perché un
insufficiente versamento potrebbe comportare la sanzione del 30 per cento. Per determinare
l'acconto per il 2013, sono previsti due metodi di calcolo: lo «storico» sui dati dell'anno
precedente, del 730/2013 o dell'Unico 2013, e il «previsionale» sul minore imponibile o sulla
minore imposta dell'anno in cui si versa l'acconto. Può essere questo il caso dei contribuenti
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che possono fruire della riduzione della tassa piatta dal 19 al 15 per cento. In sede di saldo per
il 2013, in scadenza nel 2014, potranno poi eseguire i relativi conguagli. È l'articolo 4 del
decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, a disporre la riduzione dell'aliquota dal 19 al 15% con
effetto dal 2013 della cedolare secca per i contratti a canone concordato. È infatti stabilito che
«all'articolo 3, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le
parole "è ridotta al 19 per cento" sono sostituite dalle seguenti: "è ridotta al 15 per cento». Il
successivo comma 2 dispone che la riduzione della cedolare secca ha effetto a decorrere dal
periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, in pratica, per l'intero anno 2013, considerato
che, per le persone fisiche, il periodo d'imposta coincide con l'anno solare.
L'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, dispone che, a decorrere
dal 2011, il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo
e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, può essere assoggettato, in base
alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva
dell'Irpef e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di
locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione
e sulle proroghe del contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la
cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 21 per cento. La cedolare secca può
essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di
registrazione. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3 e 8
della legge 431/1998, cosiddetti contratti concordati, relativi ad abitazioni ubicate nei Comuni
con carenze di disponibilità abitative o negli altri Comuni ad alta tensione abitativa individuati
dal Cipe, l'aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 19
per cento, misura che, come si è detto, è ulteriormente ridotta al 15 per cento, con benefici
per l'intero anno 2013.
L'esempio
01. IL CASO
Un contribuente ha versato per il 2012 un importo complessivo di 5.700 euro, pari al 19% del
canone annuo concordato di 30mila euro. In sede di acconto per il 2013 ha determinato
l'importo del 95% della tassa piatta per il 2012, di 5.700 euro, pari a 5.415 euro. Sulla base
dei redditi del 2012, la prima rata è di 2.166 euro (40% di 5.415 euro) che ha iniziato a
pagare dal mese di giugno, mentre la seconda rata, in scadenza il 2 dicembre 2013, è pari a
3.249 euro (60% di 5.415 euro)
02. I CONTI
Nel caso sopra esemplificato, considerata la riduzione della tassa piatta per il 2013, dal 19 al
15%, il debito complessivo per il 2013 sarà pari a 4.500 euro (30.000 euro per 15%), in luogo
di 5.700 euro. L'acconto complessivo dovuto per il 2013 è quindi pari a 4.275,00 euro (95% di
4.500 euro)
03. LA RIDUZIONE
Il contribuente, se ha già completato il pagamento della prima rata, può ridurre il secondo
acconto per il 2013, in scadenza il 2 dicembre 2013. In questo caso, avendo già pagato la
prima rata di acconto per l'importo di 2.166 euro, potrà versare 2.109 euro
(http://www.casa24.ilsole24ore.com 6 settembre 2013)

Impignorabile l'abitazione principale
Conferma del blocco ai pignoramenti dell'abitazione principale non di lusso e introduzione del
divieto di fermo amministrativo dei veicoli strumentali all'attività d'impresa o professionale.
Previsione di un decreto delle Finanze contenente l'elencazione dei beni definiti essenziali per i
quali opererà il divieto di espropriazione. Obbligo di redazione entro nove mesi infine di una
relazione governativa sugli effetti delle novità apportate in materia di riscossione. Con la
conversione in legge del Dl 69/2013 (cosiddetto "decreto del Fare") si consolida il quadro delle
modifiche introdotte dall'articolo 52 del medesimo decreto in tema di riscossione tramite ruolo,
arricchendosi di alcune significative novità. Vale la pena riepilogare, seppure sinteticamente, il
contenuto della novella, segnalando le innovazioni inserite con la legge di conversione.
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Le rateazioni.
La modifica apportata all'articolo 19 del Dpr 602/1973 ha elevato da 72 a 120 rate il periodo
massimo della rateazione delle somme a ruolo, a condizione che il debitore provi la situazione
di incolpevole difficoltà finanziaria, dovuta alla cattiva congiuntura economica. L'efficacia
concreta di questa novità è tuttavia differita alla data di emanazione di un apposito decreto
delle Finanze, previsto entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del Dl 69/2013. Come anticipato nella nota di Equitalia del 1° luglio 2013, peraltro, una volta
sbloccata la possibilità della maggiore rateazione questa potrà trovare applicazione anche con
riferimento alle dilazioni già accordate. È invece già operativa la modifica relativa alla causa di
decadenza delle rateazioni, che è oggi rappresentata dal mancato pagamento di complessive
otto rate, invece che di due consecutive. Su quest'ultimo punto, Equitalia dovrà chiarire in via
definitiva se la nuova e apparentemente più ampia franchigia dettata dalla legge possa
rimettere in termini e far rivivere così anche le rateazioni che in base alla formulazione
previgente sarebbero già decadute. Si tratterebbe in sostanza di dare alla novella una efficacia
concretamente retroattiva.
I pignoramenti mobiliari.
Le modifiche introdotte già con il decreto legge sono numerose e significative. In primo luogo,
si ricorda l'allungamento della durata di efficacia del pignoramento, che è stata portata da 120
a 200 giorni, in modo da incrementare le probabilità che il debitore trovi un compratore del
bene pignorato, evitando così la vendita al pubblico incanto. È stata inoltre recepita all'interno
della speciale procedura esecutiva "esattoriale" la previsione di cui all'articolo 515 del Cpc, a
mente della quale i beni indispensabili all'esercizio dell'attività commerciale o professionale
possono essere pignorati nei limiti del quinto del loro valore. Tanto, inoltre, solo in via
residuale, qualora gli altri beni rinvenuti dall'ufficiale di riscossione siano incapienti rispetto
all'importo del debito a ruolo. Rispetto alla previsione processual-civilistica, la novella del Dl
69/2013 prevede espressamente che non trovino applicazione i limiti di carattere oggettivo
(prevalenza del lavoro rispetto al capitale) e soggettivo (debitore non costituito in forma
societaria) sanciti nel sopra citato articolo 515, di tal che le garanzie innanzi evidenziate sono
dotate di una sfera operativa incondizionatamente generalizzata. Va ancora ricordato che, nei
casi in cui il pignoramento dei beni indispensabili è ammesso, il debitore è sempre designato
custode dei beni stessi e il primo incanto non può essere fissato prima di 300 giorni dalla data
del pignoramento. Le novità introdotte in sede di conversione riguardano il fermo
amministrativo dei veicoli e operano in due direzioni, procedurale e sostanziale. Sotto il profilo
procedurale, la modifica apportata all'articolo 86 del Dpr 602/1973 recepisce a livello
normativo le prassi applicative adottate dall'agente della riscossione. Si prevede pertanto che,
ai fini dell'apposizione del fermo amministrativo, debba essere notificata una comunicazione
preventiva, contenente la richiesta di pagamento delle somme dovute entro 30 giorni (la prassi
precedente prevedeva 20 giorni). In difetto del pagamento, il fermo viene iscritto senza
ulteriore preavviso. Dal lato sostanziale, si dispone inoltre che il fermo non possa essere
apposto sui beni strumentali all'attività commerciale o professionale. Il punto critico centrale di
tale innovazione è rappresentato dalla definizione di bene strumentale. Considerata la diversa
locuzione utilizzata dal Legislatore, dovrebbe trattarsi di beni diversi da quelli indispensabili
all'esercizio del "mestiere" del debitore. Se è vero infatti che i beni indispensabili, di regola,
sono anche strumentali, non è vero il contrario, poiché non tutti i beni strumentali sono per ciò
stesso indispensabili. Ne deriva ulteriormente che per i beni indispensabili il divieto del fermo
amministrativo è certamente assicurato. Non è chiaro invece quando un bene può essere
considerato strumentale, sebbene non indispensabile. Le prassi di Equitalia dovranno elaborare
al riguardo criteri empirici connotati da elementi di natura essenzialmente sostanziale più che
formale. Così, per fare un esempio, non sembra decisiva la circostanza che il bene risulti o
meno annotato nella contabilità del debitore. Un'altra modifica introdotta in sede di
conversione riguarda in generale l'individuazione dei beni pignorabili. La previsione è stata
inserita nel corpo dell'articolo 76 del Dpr 602/1973, che riguarda specificamente i pignoramenti
immobiliari, ma si tratta di una collocazione chiaramente errata, poiché la stessa riguarda in
principal modo le espropriazioni mobiliari. Si dispone pertanto che con un emanando decreto
delle Finanze, adottato d'intesa con l'Agenzia delle entrate e con l'Istat, sarà pubblicato un
paniere di beni definiti "essenziali", in relazione ai quali l'espropriazione sarà preclusa.
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Considerata la indeterminatezza della previsione legislativa, si ritiene che il paniere dei beni
essenziali non sarà riferito alle sole attività commerciali ma alla totalità dei debitori. Non è
peraltro stabilito alcun termine per l'adozione del suddetto decreto.
I pignoramenti immobiliari.
La legge di conversione non ha apportato modifiche degne di segnalazione in materia di
espropriazioni immobiliari. Si ricorda, pertanto, che la casa di abitazione principale non di lusso
non è mai espropriabile in presenza di tre condizioni che devono sussistere congiuntamente: a)
il debitore vi deve risiedere anagraficamente; b) l'immobile deve avere destinazione catastale
abitativa; c) deve trattarsi dell'unico immobile posseduto dal debitore. In proposito, vale la
pena evidenziare i chiarimenti di prassi offerti dalla nota di Equitalia del primo luglio scorso.
Secondo tale documento, la presenza di pertinenze dell'abitazione principale non rileva in alcun
modo ai fini dell'operatività del divieto di pignoramento. Equitalia ha inoltre invitato le società
del gruppo a sospendere tutte le operazioni derivanti da pignoramenti già effettuati alla data di
entrata in vigore del Dl 69/2013, per i quali non si sia ancora provveduto alla vendita
all'incanto, in attesa di ulteriori chiarimenti, auspicando una applicazione sostanzialmente
retroattiva della novella. Il limite per procedere all'esproprio immobiliare, riferito all'importo del
debito iscritto a ruolo, è stato inoltre elevato da 20.000 euro a 120.000 euro.
La citata nota interpretativa conferma, infine, che nulla è cambiato per quanto riguarda
l'iscrizione di ipoteca, che può essere apposta anche sull'abitazione principale, alla sola
condizione che il debito affidato all'agente della riscossione superi 20.000 euro.
La relazione governativa.
Si dispone, da ultimo, che il Governo presenti una relazione sugli effetti delle modifiche
apportate in materia di riscossione, entro nove mesi dalla entrata in vigore della legge di
conversione. La relazione, che ha lo scopo di verificare eventuali eccessivi rallentamenti negli
incassi erariali derivanti dalle novità in esame, dovrà in particolare monitorare le conseguenze
della elevazione a 120.000 euro della franchigia dettata ai fini dell'espropriazione immobiliare,
dell'incremento a 120 rate della durata massima della procedura di rateazione nonché della
individuazione in otto rate non pagate della causa di decadenza dalla rateazione.
(Luigi Lovecchio http://www.guidanormativa.ilsole24ore.com , 6 settembre 2013, n. 164)

Stop sulla prima casa e sugli immobili invenduti
L'Imu finisce in soffitta. Ma per cancellarla definitivamente occorrerà attendere il
completamento di un'operazione in tre tappe. Che scatta subito per le abitazioni principali, per
i terreni agricoli e le case rurali con l'immediato azzeramento della rata di giugno, fin qui
congelata, per la quale sono già disponibili i 2,4 miliardi di risorse necessarie. E che prevede la
cancellazione anche del versamento di dicembre, ma per il momento solo sulla carta seppure
con un impegno politico su cui è d'accordo tutta la "strana maggioranza" che dovrà tradursi
nell'individuazione di altri 2,4 miliardi con un prossimo decreto da collegare a metà ottobre alla
legge di stabilità.
La terza fase prenderà poi il via il 1° gennaio 2014 con la definitiva eliminazione dell'Imu. E
con il decollo della nuova service tax comunale, ancora in cerca di una denominazione precisa
dopo che il nome iniziale (Taser) è durato lo spazio di una giornata a causa della coincidenza
con quello di una pistola anti-molestatori. Una tassa unica che si muoverà su un doppio binario
(gestione dei rifiuti urbani e copertura dei servizi indivisibili) con un meccanismo da definire
sempre con la prossima legge di stabilità. E con una certezza: a manovrarla saranno
esclusivamente i sindaci nel rispetto del principio federalista "vedo, pago, voto".
L'abolizione della rata di dicembre è invece già nero su bianco per gli immobili invenduti e
sfitti, che saranno totalmente esentati dal prelievo dal 2014. Per il mercato degli affitti, invece,
scatterà la riduzione della cedolare secca sugli immobili concessi in locazione a canone
concordato: la tassa piatta scenderà dal 19 al 15 per cento. Torna poi l'Irpef sulle case sfitte a
disposizione (seconde, terze case e via dicendo) ma solo nella misura del 50% anche ai fini
delle addizionali.
Questa misura garantirà le risorse necessarie per far scattare da subito la deducibilità Imu per
le imprese e i professionisti, ma solo al 50% e limitatamente ai fini Ires e Irpef (quindi, Irap
esclusa). In sostanza resta fuori dalla deducibilità l'Imu pagata sui beni immobili posseduti a
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titolo personale a cui è riservato lo stesso regime di indeducibilità previsto per tutti
contribuenti. La disciplina Imu, infatti, non prevede espressamente alcuna norma di deduzione.
A sancire questa operazione in più fasi è l'intesa raggiunta tra il Governo (Palazzo Chigi e
ministero dell'Economia in testa) e la maggioranza che è scaturita, dopo una lunga e convulsa
trattativa fino all'ultimo secondo, nel decreto varato dal Consiglio dei ministri in cui sono stati
inglobati altri tre capitoli: il piano casa per giovani coppie, lavoratori atipici e studenti, messo a
punto dal ministro Maurizio Lupi (Pdl); il rifinanziamento della Cig per 4-500 milioni nel 2013 e
il salvataggio di altri 6.500 esodati (per un costo di 150 milioni annui per il prossimo
quinquennio) fortemente voluti dal Pd. Che è riuscito a spuntarla sulla service tax, mentre il
Pdl ha imposto la cancellazione dell'Imu per quest'anno, terreni agricoli compresi.
Nel complesso il decreto vale circa 3 miliardi, che vengono coperti senza ricorrere a nuove
tasse, rinunciando quindi anche all'ipotesi di aumentare le accise sui carburanti o sugli alcolici.
E, assicurano il premier Enrico Letta e il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni,
mantenendo fermo l'obiettivo concordato con Bruxelles di non oltrepassare quota 2,9% nel
rapporto deficit-Pil. La dote è stata assicurata facendo leva su tre dispositivi: un extragettito
Iva per circa 1 miliardo derivante dallo sblocco anticipato di una nuova tranche di pagamenti
ritardati delle imprese per 10 miliardi: la sanatoria contabile delle maxi-multe delle new slot
per 6-700 milioni di euro; un mix di tagli alla spesa di tipo semi-lineare, raccordati all'avvio
della prossima spending review, e l'utilizzo di "fondi dormienti" relativi a stanziamenti per vari
interventi, in primis di tipo infrastrutturale, non ancora utilizzati.
La partita più complessa è stata quella del superamento dell'Imu. In attesa di definire come
sarà cancellato il saldo di dicembre il Governo ha abolito il pagamento della rata di settembre
(ex giugno) anche per i terreni agricoli. Questi ultimi a causa della coperta troppo corta delle
coperture erano stati inizialmente esclusi. Dopo un intenso pressing del Pdl, cui si è aggiunto
quello dei grillini, la cancellazione della prima rata dell'Imu riguarderà anche gli agricoltori.
Dell'esenzione, in ogni caso, non beneficeranno i proprietari di immobili di lusso (ville e
castelli) adibiti ad abitazioni principali come peraltro previsto dal decreto di maggio che aveva
sospeso la prima rata Imu.
Il Governo ha previsto inoltre interventi mirati per gli alloggi popolari e quelli di proprietà, ma
come unico immobile, del personale delle Forze armate e delle forze dell'ordine ad
ordinamento militare. In questi casi i contribuenti usufruiranno delle agevolazioni sulle
abitazioni principali (200 euro di detrazione e 50 euro di sconto per ogni figlio residente).
Le novità per i comuni, comunque, non si esauriscono con l'Imu e la futura service tax. Come
anticipato martedì dall'Esecutivo all'Anci, viene prorogato al 30 novembre il termine di
approvazione dei bilanci annuali di previsione degli enti locali. Il che consentirà ai sindaci di
rivedere entro la stessa scadenza i regolamenti 2013 sulla Tares.
(Marco Rogari, Marco Mobili, Il Sole 24 ORE, 29 agosto 2013)

Non si paga l'Imu sul lastrico solare
Non è dovuta l'Imu su lastrici solari e nemmeno sui fabbricati collabenti. Lo precisa il
dipartimento del ministero dell'Economia con risoluzione n. 8/DF del 22 luglio 2013. La
questione esaminata riguarda la copertura di un fabbricato destinata alla costruzione di un
impianto fotovoltaico; si trattava di stabilire se la superficie del tetto durante la fase di
costruzione dell'impianto stesso possa essere considerata una area edificabile e in quanto tale
soggetta all'imposta municipale (articolo 13 Dl 201/2011).
Il caso è frequente in quanto molti imprenditori realizzano impianti fotovoltaici acquisendo in
diritto di superficie il lastrico solare di vari edifici; per poter stipulare l'atto notarile occorre
l'accatastamento della superficie, che pertanto viene iscritta in catasto come lastrico solare
senza attribuzione di rendita (articolo 3, comma 2, del Dm 28/98).
Poteva sorgere il dubbio che tale superficie potesse essere considerata una area edificabile
soggetta a Imu. Il ministero delle Finanze lo esclude, ricordando che la base imponibile Imu,
assunta secono le regole Ici (articolo 5 del Dlgs 504/1992) non prescinde dalla individuazione
dell'immobile secondo le regole catastali e cioè mediante le particelle in mappa e il subalterno
per le unità immobiliari. La risoluzione ricorda che un'area si considera edificabile soltanto nella
ipotesi in cui sulla stessa non sia individuata alcuna unità immobiliare.
Il lastrico solare rientra nelle cosiddette "categorie fittizie" e cioè in quelle tipologie di immobili
iscritte in catasto senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri
specifici o destinazione d'uso; tali fabbricati sono le aree urbane(F1), unità collabenti (inidonee
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a utilizzazioni produttive di reddito a causa del degrado) (F2), fabbricati in corso di costruzione
(F3), fabbricati in corso di definizione (F4); lastrici solari (F5). Queste categorie di immobili
sono censite dal sistema catastale ma senza attribuzione di rendita.
La risoluzione afferma peraltro il principio, facendo riferimento al lastrico solare, che essendo
esso associato a un edificio che ospita una o più unità immobiliari, occorre considerare le
potenzialità edificatorie già espresse e cioè l'uso attuale del bene e non già l'uso possibile e
legalmente ammissibile. In senso palesemente contrario si era espressa l'agenzia delle Entrate
con la risoluzione n. 395/2008 in cui affermava che un fabbricato destinato alla demolizione
doveva essere considerato una area edificabile.
Quindi il lastrico solare è fiscalmente neutro per tutta la durata della costruzione dell'impianto
fotovoltaico dopodiché scatta l'accatastamento dell'impianto medesimo (categoria D1, o D10
se rurale).
Determinante la conclusione della risoluzione nella quale viene ribadito che il principio vale per
tutti gli immobili citati nell'articolo 3, comma 2, del Dm 28/98, quindi anche relativamente ai
fabbricati collabenti. Nelle nostre campagne queste situazioni sono frequenti e quando la
costruzione rurale fatiscente viene iscritta in catasto come collabente alcuni Comuni
pretendono l'Imu come area edificabile. Ma così non può essere in quanto se il fabbricato
collabente è irrilevante per le ragioni espresse nella risoluzione 8/DF, nelle zone rurali non
esistono aree edificabile e il terreno sottostante assolve l'imposta municipale con tariffa di
reddito dominicale. Analoga situazione si verifica per un fabbricato rurale in corso di
costruzione.
(Gian Paolo Tosoni, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 24 luglio 2013)

L'Imu fa seguito all'accatastamento
Gli impianti fotovoltaici sono considerati, in linea di principio, come unità immobiliari
accatastabili nella categoria D/1 o, in caso di connessione a un'attività agricola, D/10. In
questo senso è la costante prassi dell'agenzia del Territorio, già nella risoluzione 3/T/2008. La
stessa prassi, tuttavia, distingue le ipotesi in cui l'obbligo di accatastamento non sussiste, con
riferimento in particolare alle installazioni domestiche.
Sotto il profilo dell'applicazione dell'Imu, le regole catastali sono di diretta rilevanza.
Nonostante l'articolo 13, Dl 201/2011, faccia riferimento generico agli immobili soggetti a
imposta, è innegabile che le regole di determinazione della base imponibile prendano
necessariamente le mosse dalla rendita catastale. Ne deriva, in buona sostanza, che sono
soggetti a Imu solo (e tutti) i fabbricati ai quali può essere attribuita una rendita catastale.
Nella risoluzione 22/T/2012 sono state fornite ulteriori istruzioni agli uffici provinciali del
Territorio. La risoluzione tratta separatamente gli impianti fotovoltaici rispetto alle porzioni di
immobili sui quali insistono. Con riferimento agli impianti, laddove le installazioni sono
architettonicamente integrate o parzialmente integrate nei fabbricati, e per quelle realizzate su
aree di pertinenza degli stessi, il Territorio esclude l'obbligo di accatastamento, trattandosi di
impianti di pertinenza degli immobili. Nell'ipotesi in cui l'installazione del l'impianto dovesse
comportare un incremento di redditività dell'immobile cui accede, pari almeno al 15%, occorre
presentare una denuncia di variazione della rendita attribuita al fabbricato, unitariamente
considerato. Le porzioni di area che ospitano gli impianti fotovoltaici (ad esempio, lastrichi
solari, cortili o giardini), sono invece qualificate come mere pertinenze del fabbricato, quindi
non autonomamente accatastabili, in presenza di uno almeno dei seguenti requisiti: ela
potenza dell'impianto non supera 3 kW; rla potenza nominale complessiva non supera tre volte
il numero delle unità servite dall'impianto; tper le installazioni ubicate al suolo non sono
superati i limiti volumetrici precisati nella risoluzione citata. In presenza di questi requisiti, in
sostanza, si presume che l'impianto sia prevalentemente destinato alla produzione di energia
per consumi domestici.
Da ultimo, si segnala la risoluzione delle Finanze 8/DF/2013, relativa al trattamento Imu del
lastrico solare durante i lavori di realizzazione di un impianto fotovoltaico. Il dubbio risolto
nasceva dalla circostanza che, in base all'articolo 5, comma 6, del Dlgs 504/1992, l'area
concretamente interessata da lavori di edificazione si considera edificabile anche in deroga alle
regole ordinarie. Le Finanze, confermando l'orientamento della Cassazione, concludono per la
natura non edificabile del lastrico solare. Questo perché il lastrico è parte integrante del
l'edificio esistente, e in quanto tale, già rappresentato nella rendita attribuita all'edificio.
(Luigi Lovecchio, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 5 agosto 2013)
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 Catasto
 Accelera il Catasto fondato sul mercato
Il nuovo Catasto sta diventando
una priorità, visto che l'autonomia
fiscale degli enti locali e in
particolare
l'Imu
dipendono
strettamente dai valori attribuiti
agli immobili. Il comitato ristretto
presieduto da Daniele Capezzone,
che sta elaborando il nuovo testo
base della delega fiscale, ha
completato l'esame della parte
dedicata al Catasto. Apportando
alcune importanti modifiche al
testo da cui era partita, cioè
quello passato alla commissione
Finanze del Senato sul finire della
scorsa legislatura.
In sostanza resta l'impianto di
fondo, cioè la nascita di due
diversi
dati,
un
valore
patrimoniale
e
una
rendita
catastale, determinabili attraverso
un algoritmo basato su funzioni
statistiche, ma spunta di nuovo il
"federalismo
catastale"
tramontato tre anni fa.
Nella "vecchia" delega tutto il
lavoro avrebbe dovuto essere
scaricato sull'ex agenzia del
Territorio
ma
c'erano
delle
perplessità come sarebbe stato
possibile
effettuare
una
ricognizione su 60 milioni di unità
immobiliari,
anche
potendo
utilizzare professionisti esterni ma
con un budget molto risicato di
circa 500mila euro. Del resto si
tratta
un'opera
impegnativa:
cancellare i "vani", la categorie e
le classi (ridotte a poche unità) e
sostituire il sistema con i metri
quadrati. Si tratterà, anzitutto di «definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di
riferimento» (volendo ci sono già le microzone, che erano state individuate proprio a questo
scopo). Poi si procederà a individuare due valori, approssimati alle medie dell'ultimo triennio:
quello patrimoniale e la rendita.
L'aiuto dovrebbe venire dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli aspetti presenti
nell'algoritmo che verrà utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» degli immobili di
categoria A, B e C che gli uffici del Territorio si trovano nell'impossibilità di verificare. Come
l'affaccio, allo stato di manutenzione, all'esposizione, che in un progetto edilizio sono
facilmente riscontrabili ma in una mappa catastale no.
Forse anche per questo nel nuovo testo base elaborato dal comitato ristretto si è deciso di
ridare corpo alle funzioni catastali dei Comuni, un progetto complesso partito con il Dpcm del
14 giugno 2007, che dava concretezza al progetto del passaggio ai Comuni delle funzioni
catastali (legge 296/2006). Nel marzo 2008 già 5.068 Comuni avevano scelto, con delibera,
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quali e quante funzioni assumere e 2.374 erano stati già considerati "pronti" mentre altri 481
avevano deciso di affidarsi completamente all'ex agenzia del Territorio, che gestisce
centralmente il Catasto. Le delibere di altri 2.213 Comuni erano invece state respinte al
mittente per irregolarità. Proprio quando già si stavano già individuando i dipendenti del
Territorio da trasferire ai Comuni, un ricorso al Tar Lazio di Confedilizia aveva bloccato il 3
giugno 2008 il Dpcm. La decisione era stata cassata dal Consiglio di stato e rinviata al Tar
Lazio, che alla fine aveva emesso una sentenza (4312/2010) che comunque confermava
l'annullamento dell'articolo 3, comma 4 del Dpcm del 14 giugno 2007, per cui il governo
avrebbe dovuto emanare un nuovo Dpcm per meglio precisare le specifiche attività di esercizio
delle funzioni dei comuni: «soprattutto per impedire forme di accertamento catastale del tutto
arbitrarie».
Ora, comunque, nella delega fiscale l'intenzione è di tornare in qualche modo sulla questione,
(si veda «Il Sole 24 Ore» del 19 luglio), ridando corpo all'ipotesi del decentramento per
facilitare la fornitura dei dati necessari per la revisione delle rendite e valorizzando le
esperienze positive sin qui realizzate, soprattutto in Comuni come Torino e Genova. Qui, tra
l'altro, i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ritrutturati
(che avrebbero dovuto passare di categoria e quindi aumentare la base imponibile) avevano
già dato ottimi frutti.
(Saverio Fossati, Il Sole 24 ORE, 21 luglio)

In arrivo metri quadrati e valori di mercato
È la riforma del catasto la grande incognita dell'estate. Anche perché tutte (o quali) le imposte
sulla casa, circa 40 miliardi, sono basati su valori definiti dal catasto. Uno spostamento anche
minimo provoca aumenti di miliardi, e proprio per questo negli scorsi giorni è stato sottolineato
molte volte che la riforma allo studio prevede l'invarianza di gettito. Nella delega fiscale,
all'esame del comitato ristretto guidato da Daniele Capezzone, il catasto occupa un posto
importante e non mancano i ritocchi al testo lasciato in sospeso dalla scorsa legislatura. Ma i
cardini sono sempre quelli: suddivisione del territorio in «microzone», asciugatura radicale del
sistema di vani, classi e categorie, ormai vecchio di 74 anni, e individuazione di immobili-tipo,
ai quali applicare un algoritmo con variabili per personalizzare il valore patrimoniale. I tempi
saranno lunghi, anche perché, pur procedendo con immobili campione, si tratta pur sempre di
effettuare una ricognizione su 60 milioni di unità immobiliari.
Il valore patrimoniale
È la vera novità della riforma. Sarà determinato partendo dai valori di mercato al metro
quadrato per la tipologia immobiliare relativa rilevati, con ogni probabilità, dall'Omi
(Osservatorio immobiliare dell'agenzia del Territorio). A questo primo dato di fatto si applicano
una serie di coefficienti in successione: le scale, l'anno di costruzione, il piano, l'esposizione, il
riscontro d'aria, l'affaccio, l'ascensore o meno, il riscaldamento centrale o autonomo
(quest'ultimo abbassa il valore), lo stato di manutenzione. Tutti questi coefficienti danno vita a
un algoritmo (spiegato più avanti) che cambia anche in modo sostanziale il valore al metro
quadrato di partenza. A questo punto il valore così «rettificato» viene moltiplicato per il
numero dei metri quadrati rilevati secondo la metodologia catastale e il risultato è, appunto il
«valore patrimoniale».
La rendita catastale
La nuova rendita partirà dai valori locativi annui espressi al metro quadrato (anch'essi reperibili
come dati Omi), cui si applicherà una riduzione derivante dalle spese: manutenzione
straordinaria, amministrazione, assicurazioni, adeguamenti tecnici di legge, eccetera. Queste si
aggirano, mediamente, sul 47-52 per cento. A questo punto il valore annuo al metro quadro
verrà moltiplicato per la superficie e il risultato sarà la nuova «rendita catastale».
L'algoritmo
L'ex agenzia del Territorio non ha mai ufficializzato i dati delle sperimentazioni effettuate in
circa 22 città. La legge delega prevede l'adozione di metodologie probabilistiche al posto del
vecchio sistema di valutazione classico, di tipo deterministico tradizionale. Questi nuovi
procedimenti (sistemi estimativi di massa) con metodologie statistiche matematiche sono, in
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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generale, applicabili alla stima di un grande numero di immobili, con un buon livello di
precisione, in un forma dinamica e automatizzata.
La metodologia è abbastanza complessa, e, a quanto risulta, quella che verrà utilizata una
volta che verrà dato il via libera alla riforma, sarà di fatto quella già elaborata in occasione dei
precedenti tentativi di riforma (1999 e 2006). Le variabili che incidono sul valore sono
molteplici ma forse un esempio concreto aiuta a capire.
Supponiamo di applicare l'algoritmo a un appartamento che presenta caratteristiche tecniche
cui corrispondono specifici valori numerici per le relative variabili (desunti dalla tabella già
usata per le sperimentazioni).
X1 = tipologia edilizia: piccolo condominio, valore parametrico 1;
X2 = stato di manutenzione: normale valore parametrico 0,9;
X3 = livello di piano: piano attico valore parametrico 1,1;
X4 = posizione relativa rispetto al centro: centralissimo valore parametrico 1,1;
X5 = numero di anni dalla data di costruzione o di ristrutturazione generale dell'unità
immobiliare (vetustà) anni 10 : valore parametrico 0,83;
X6 = livello di qualità delle finiture: tipo civile valore parametrico 1.
Il risultato è l'algoritmo:
Y =3.790 x 1 0,745 x 0,9 0,725 x 1,1 0,906 x 1,1 1,143 x 0,83 0,981
x 1 0,953 = 3.563,35 €/al metro quadrato.
Poiché si tratta di immobile di qualità il valore unitario si attesta verso il valore più elevato di
microzona (€/metro quadrato 3.965). In caso di appartamento di 100 m2 il valore patrimoniale
sarà: 100 x 3.563,35 = € 356.335. Cioè mediamente il doppio del valore ai fini Imu. Non ci
resta che sperare nella riduzione delle aliquote e nel dogma dell'invarianza di gettito.
(Saverio Fossati, Antonio Jovine, Il Sole 24 ORE, 27 luglio 2013)
 Immobili
 Rogiti a rischio con la nuova Ape
La previsione della nullità del contratto per mancanza dell'Ape - l'attestazione di prestazione
energetica – ha effetti sulle compravendite immobiliari: dal 4 agosto scorso i contratti fanno i
conti con una disciplina piena di incertezza.
La legge 90/2013, di conversione in legge del Dl 63/2013, ha introdotto, in sostituzione del
"vecchio" Ace (Attestato di certificazione energetica) il nuovo Ape (Attestato di prestazione
energetica), rendendone obbligatoria l'allegazione a compravendite e nuove locazioni. All'inizio
non c'erano stati particolari problemi applicativi ma la legge di conversione ha
inaspettatamente inasprito l'obbligo, dettando la sanzione della nullità per i contratti la cui
stipula non sia ossequiosa dell'obbligo di allegazione dell'attestato.
Nullità significa trasferimento immobiliare non effettuato, soldi dell'acquirente buttati al vento,
sanzioni disciplinari gravissime per il notaio rogante: ad esempio, se il venditore poi fallisce,
l'immobile è del fallimento e l'acquirente ha diritto bensì a un rimborso, ma in moneta
fallimentare e quindi con la relativa falcidia; se il venditore, dopo la "vendita", subisce
ipoteche, pignoramenti, sequestri o altri simili eventi pregiudizievoli, le conseguenze sono tutte
dell'acquirente; se la banca prende in garanzia un bene che rinviene da una compravendita
nulla, l'ipoteca è scritta sulla sabbia. E via con ulteriori problemi.
La nullità, essendo sanzione gravissima (e probabilmente sproporzionata), genera inevitabile
paralisi, sia perché senza l'attestato non si può procedere sia perché, probabilmente, non è
difficile che si vada a concludere nel senso che l'attestato non regolarmente confezionato (e il
problema non è da poco, in questo momento di scarsa dimestichezza con le nuove regole) sia
equiparabile a un certificato inesistente, con la conseguente applicabilità, anche in questo caso,
della sanzione della nullità.
La questione, inoltre, è ancor più complicata dal fatto che, nella materia in questione, la
legislazione statale vige fin tanto che la Regione non provveda con propria legislazione, la
quale, per prevalere su quella statale, non può essere una normativa "qualsiasi", ma deve
essere una normativa "specificamente" emanata in attuazione della direttiva 2010/31/UE (in
quanto la legislazione regionale che sia stata emanata in attuazione di precedenti direttive o
che sia stata emanata non in attuazione della Direttiva 31 del 2010 non ha il rango gerarchico
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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sufficiente a vincere lo spettro applicativo della legge statale). Con la conseguenza che oggi ci
si trova alle prese con il seguente panorama:
per gli immobili siti nelle "Regioni non legiferanti", si deve allegare ai contratti il nuovo Ape
(con la predetta difficoltà derivante dalla poca o nulla confidenza che si ha con questa nuova
modulistica e dalla normativa che la disciplina e dal fatto che non ancora sono diffusi i software
che si occupano di produrla); a meno che si disponga di un Ace rilasciato anteriormente al 6
giugno 2013 e che sia ancora in corso di validità;
per gli immobili siti nelle "Regioni legiferanti", che però non abbiano adeguato la loro
legislazione alla direttiva 31/2010 (come pare essere la Lombardia), ci si deve comportare con
le stesse modalità sopra descritte al punto a), ma con l'ulteriore difficoltà pratica che tutto il
sistema della certificazione energetica è stato da anni incardinato sull'Ace "regionale" e che
quindi non pare esserci nessuno pronto, al momento, a rilasciare Ape secondo il dl 63/2013,
come convertito in legge;
per gli immobili siti nelle "Regioni legiferanti" che abbiano adeguato la loro normativa alla
direttiva 31/2010 (dovrebbe essere questo il caso dell'Emilia Romagna) non ci sono invece
problemi particolari: l'Ace o Ape si produce (e si allega) come finora si è fatto e le "sole" novità
sono la nullità per il caso di mancata allegazione e il fatto che la norma statale che impone
l'allegazione travolge, nei casi in cui l'allegazione è disposta, tutte le eventuali normative locali
di esonero dall'allegazione in casi particolari.
Gli scenari
01 | SENZA LEGGE
Dal 4 agosto 2013 nelle Regioni che non hanno legiferato si allega il nuovo Ape a pena di
nullità; si possono usare gli Ace rilasciati prima del 6 giugno se ancora validi
02 | LEGGE NON ADEGUATA
Se la Regione ha legiferato ma non si è adeguata alla direttiva 2010/31/UE, dal 4 agosto si
allega il nuovo Ape a pena di nullità; si possono usare gli Ace rilasciati prima di questa data, se
validi
03 | LEGGE ADEGUATA
In queste Regioni dal 4 agosto va allegato a pena di nullità l'Ace o l'Ape. Saltate le norme
regionali che esonerano dall'allegazione in casi diversi da quelli della legge statale
(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 7 agosto 2013)

Atti nulli senza Ape. Ma per i progettisti valgono ancora le vecchie regole
Contratto di vendita, locazione o trasferimento di immobile nullo se agli atti non è allegato
l’Ape, il nuovo attestato di prestazione energetica obbligatorio dal 6 giugno. A cinque anni dalla
legge 133/2008, che aveva cancellato la nullità delle transazioni effettuate senza produrre la
targa verde dei consumi, l’obbligo di allegazione ritorna per effetto della conversione in legge
del decreto 63/2013. Diventa strategico, dunque, il ruolo dei progettisti incaricati di redigere il
documento, che dovranno anche fare i conti con sanzioni più dure in casi di inadempienza (e
con istruzioni per la compilazione non ancora aggiornate). Il nuovo Ape – Attestato di
prestazione energetica degli edifici –, è un «patentino» verde che sostituisce il vecchio Ace,
attestato di certificazione energetica e che deve essere rilasciata in caso di nuova costruzione,
ristrutturazione, compravendita o affitto di un immobile. Serve a certificare le prestazioni di un
fabbricato sotto l’aspetto dell’efficienza e dell’abbattimento dei consumi. Nonostante da un paio
di mesi il nome sia già formalmente cambiato (così come sono cambiate le regole che dettano
il rilascio), al momento sotto l’aspetto strettamente tecnico il documento viene però ancora
compilato come se fosse un vecchio Ace. In attesa dei decreti attuativi, che dovrebbero
arrivare dal ministero dello Sviluppo economico entro fine anno.
A definire la gestione del transitorio sono stati gli stessi uffici ministeriali, con una circolare
emanata lo scorso 26 giugno. Al momento sono ancora valide le disposizioni che discendono
dal Dpr 59 del 2 aprile 2009 (attuativo del 192/2005) e che, nella pratica, si traducono nelle
norme Uni/Ts 11300 (peraltro nella revisione 2013 aprono già ai nuovi parametri, anche se
mancano gli applicativi rilasciati dalle software house) e nella raccomandazione Cti 14/2013. In
più, nella conversione in legge del Dl 63, è stata aggiunta anche la norma Uni En 15193 sui
requisiti energetici per l’illuminazione. Ciò vale con l’esclusione delle Regioni che hanno varato
propri sistemi locali per il rilascio dell’Ace: qui infatti a prevalere è la disciplina locale. Sono
comunque molte le autonomie che si stanno attrezzando per uniformarsi alla norma nazionale.
È anche aperto un tavolo di confronto Stato-Regioni.
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Il nuovo Dl 63/2013 appesantisce, infine, rispetto all’Ace, il meccanismo delle sanzioni per chi
non rispetta le regole. Innanzitutto con la nullità degli atti in caso di mancata allegazione
dell’attestato. Ma non solo. Il nuovo testo, che sarà incorporato nel Dlgs 192/2005, delega il
compito dei controlli sulla veridicità dei documenti a Regioni e Comuni, che a seconda dei casi)
dovranno comunicare eventuali “sforamenti” agli ordini e collegi di riferimento o alla Camera di
commercio in caso di imprese. Le multe scattano, ad esempio, da un minimo di 700 a un
massimo di 4.200 euro per un professionista che rilascerà una relazione tecnica o un Ape non
conforme o fra mille e 6mila euro per il direttore dei lavori che non presenta al Comune l’Ape
insieme alla dichiarazione di fine cantiere.
(Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Edilizia e Territorio, Tabloid, 5-31 agosto 2013, n. 31-32)

Tra cinque anni edifici a energia «quasi zero»
Con la conversione in legge del Dl 63/2013 in arrivo novità anche per la certificazione
energetica degli edifici – in particolare per quelli vincolati – per le modalità di rilascio dell’Ape,
il nuovo Attestato di prestazione energetica, e per l’installazione di impianti termici. L’obbligo
dell’Ape (vedi articolo nella pagina accanto), insieme con i requisiti minimi di prestazione
energetica del patrimonio, i criteri per il calcolo dell’efficienza, le sanzioni più pesanti per
cittadini e professionisti inadempienti e l’obbligo di edifici a «energia quasi zero» sono tra le
novità già introdotte dal testo originario del Dl 63 in recepimento della direttiva 2010/31/Ue.
Un recepimento tardivo – il termine per l’inclusione nella normativa nazionale era fissato al 9
luglio 2012 – nato in risposta alla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea,
che lo scorso 24 gennaio, con un parere motivato, aveva chiesto all’Italia (ma anche a
Bulgaria, Grecia e Portogallo) chiarimenti sulla mancata attuazione della direttiva.
Il decreto legge convertito stabilisce che tutti i nuovi edifici dovranno essere a «a energia quasi
zero», vale a dire costruzioni ad altissima prestazione energetica: l’obbligo scatterà il 31
dicembre 2018 per le strutture della Pubblica amministrazione (compresi gli edifici scolastici) e
dal 1˚ gennaio 2021 sarà esteso anche ai privati. Tra le novità introdotte in corso di
conversione c’è l’anticipazione al 30 giugno 2014 (invece del 31 dicembre 2014) del termine
entro il quale il Governo dovrà definire il Piano d’azione destinato ad aumentare il numero di
edifici a energia quasi zero, una strategia che potrà includere obiettivi differenziati a seconda
della tipologia edilizia. Un’ulteriore modifica della Camera subordina la validità dell’Ape (10
anni) al rispetto delle prescrizioni di controllo dell’efficienza di tutti i sistemi tecnici dell’edificio
e non più solo degli impianti termici; mentre un’altra prevede che il rilascio di un unico
attestato per più unità immobiliari che fanno parte dello stesso edificio può avvenire solo se le
diverse unità hanno «medesima destinazione d’uso» e «la medesima situazione al contorno, il
medesimo orientamento e la medesima geometria». Tra le altre modifiche c’è anche la
previsione di «controlli periodici e diffusi» da parte delle «autorità competenti»su Ape,
relazione tecnica, asseverazione di conformità e attestato di qualificazione energetica e il
differimento dal 31 ottobre al 31 dicembre 2013 del termine entro il quale le regioni attivano
un programma di formazione per installatori di impianti. Nel corso dell’esame in Parlamento
sono state ampliate, poi, le deroghe all’obbligo di collegare gli impianti termici di nuova
installazione a camini, canne fumarie e sistemi di evacuazione dei fumi sopra il tetto, in
particolare su edifici oggetto di tutela e in caso di impossibilità tecnica attestata dal
progettista. Non ultima, infine, una correzione riguardante gli edifici vincolati, già esclusi dalle
norme sul rendimento energetico degli edifici (Dlgs 192/2005) «solo nel caso in cui il rispetto
della prescrizione implichi un’alterazione sostanziale del loro carattere e aspetto con particolare
riferimento ai profili storici e artistici». La modifica varata da Montecitorio precisa che sarà
compito delle amministrazioni titolari delle autorizzazioni relative al vincolo a chiarire se «il
rispetto della prescrizione imposta implichi un’alterazione sostanziale del carattere o aspetto»
dell’edificio «con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici»
(Alessia Tripodi, Il Sole 24 ORE – Edilizia e Territorio, Tabloid, 5-31 agosto 2013, n. 31-32)

Semplificazione a metà sugli immobili vincolati
Iter semplificato – ma solo in parte – per gli immobili vincolati. Il decreto del fare (Dl 69/2013,
convertito in legge dal Parlamento) da un lato alleggerisce la procedura per il rilascio del
permesso di costruire per gli immobili sottoposti a vincoli, mentre dall'altro continua a
richiederlo – o in alternativa la Dia – quando si realizzano su edifici vincolati interventi di
demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma.
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
16
Il vincolo di sagoma
Di fatto, la deregulation sul rispetto della sagoma introdotta all'articolo 10, comma 1, lettera c)
del Dpr 380/2001 (si veda l'articolo in basso) non si applica agli immobili assoggettati a vincoli
previsti dal Dlgs 42/2004. Nel caso di questi immobili gli interventi di demolizione e
ricostruzione per essere considerati di ristrutturazione edilizia devono conservare volumetria e
sagoma preesistenti (negli immobili non vincolati è sufficiente il rispetto solo del primo
vincolo). In altri termini, quando il nuovo edificio riproduce la stessa forma di quello demolito,
l'intervento può essere essere eseguito con la Scia, se la forma cambia è indispensabile
chiedere il rilascio del permesso di costruire o la Dia. Peraltro, è bene ricordare che il quadro
delle norme nazionali – così come modificato dal decreto "del fare" – va sempre coordinato con
le norme regionali (si veda la scheda a destra).
L'iter più leggero
Relativamente alle procedure, le nuove norme intervengono sui commi 8, 9 e 10 dell'articolo
20 del Dpr 380/2001. Il comma 10 viene abrogato: disciplinava il rilascio del permesso di
costruire relativo agli immobili sottoposti a vincoli la cui tutela è attribuita ad amministrazioni
diverse da quella comunale. La norma abrogata prevedeva che per acquisire i pareri di quelle
amministrazioni, il responsabile comunale del provvedimento dovesse convocare una
conferenza di servizi. L'attivazione di questa fase procedurale non era richiesta quando i pareri
erano di pertinenza del Comune oppure quando l'amministrazione comunale era stata delegata
a rilasciarli dalle amministrazioni titolari della relativa competenza. Con le nuove norme l'ufficio
comunale convoca la conferenza dei servizi se lo ritiene opportuno, ma non è più obbligato a
farlo.
Rilevanti sono anche le modifiche introdotte al comma 9 dell'articolo 20. Nella versione
precedente, questa norma prevedeva che nel caso di parere negativo delle amministrazioni
competenti a esprimersi sui vincoli ricadenti sull'immobile, «decorso il termine per l'adozione
del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il
silenzio-rifiuto». Se gli altri enti erano contrari, pertanto, l'amministrazione comunale non era
tenuta ad assumere alcun provvedimento in risposta all'istanza presentata da un'impresa o un
cittadino.
Con le nuove regole, invece, la procedura di rilascio o di diniego del permesso di costruire deve
concludersi con un atto dell'amministrazione comunale, che deve essere notificato
all'interessato e nel quale devono essere indicati il termine e l'autorità a cui è possibile
ricorrere nel caso di non accoglimento della richiesta.
Pur senza ammettere una valutazione meno rigorosa dei vincoli paesaggistici e storico-artistici,
l'eliminazione del silenzio-rifiuto introduce una maggiore tutela nei rapporti con la pubblica
amministrazione dei soggetti titolari di diritti su quegli immobili: non possono accampare alcun
diritto in più a vedere accolte le proprie proposte, ma hanno il diritto di conoscere le ragioni
per le quali i progetti avanzati non possono essere realizzati.
Il rendimento energetico
Novità anche in fatto di applicazione del Dlgs 192/2005, relativamente alle regole sul
rendimento energetico degli edifici vincolati. In sede di conversione del Dl 63/2013, si è infatti
intervenuti sulla norma che escludeva dal l'applicazione del Dlgs 192/2005 gli edifici vincolati
«solo nel caso in cui il rispetto della prescrizione implichi un'alterazione sostanziale del loro
carattere e aspetto con particolare riferimento ai profili storici e artistici». Ora si precisa che
sono le amministrazioni titolari delle autorizzazioni relative al vincolo a dover chiarire se «il
rispetto della prescrizione imposta implichi un'alterazione sostanziale del carattere o aspetto»
dell'edificio.
Viene quindi reintrodotto il vincolo paesaggistico tra quelli che possono far venir meno
l'applicazione del Dlgs 192, ferma restando la valutazione affidata all'autorità preposta al
vincolo. La sola violazione di uno dei vincoli, inoltre, dovrebbe essere sufficiente a disapplicare
il decreto.
(Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 agosto 2013)
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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Legge e prassi

(G.U. 31 agosto 2013, n. 204)
 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
AGENZIA DELLE ENTRATE
PROVVEDIMENTO 29 luglio2013
Approvazione del modello di opzione per l'imponibilità Iva dei contratti di locazione e delle
relative specifiche tecniche per la trasmissione telematica

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è stato pubblicato il provvedimento del direttore
dell’Agenzia delle Entrate n. 92492 del 29 luglio 2013 “Opzione per l’imponibilità Iva dei
contratti di locazione”, che contiene il modello per comunicare l’opzione per applicare l’Iva sui
canoni di contratti di locazione. Il modulo, dando seguito alle modifiche normative apportate
dal “decreto liberalizzazioni” (Dl 1/2012) e dal “decreto sviluppo” (Dl 83/2012), consente di
scegliere l’imponibilità Iva rispetto all’ordinario regime di esenzione, per i contratti di locazione
degli alloggi sociali e quelli dei fabbricati a uso abitativo effettuati dalle imprese costruttrici o di
ripristino, già in corso alle date di entrata in vigore dei due provvedimenti,. Con lo stesso
modulo, inoltre, può essere esercitata l’opzione nel caso di subentro di altro locatore prima
della scadenza del contratto.
LEGGE 3 AGOSTO 2013, N. 90 (DL ECOBONUS)
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, recante
disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle
procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia
di coesione sociale.
(G.U. 3 agosto 2013, n. 181)
 Contenuto: il decreto introduce talune modifiche al D.lgs. n. 192/2005 recante Attuazione
della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia, tra cui: a)
l’inserimento tra le finalità del D.lgs. anche, espressamente, quelle di determinare i criteri
generali per la certificazione della prestazione energetica degli edifici e per il trasferimento
delle relative informazioni in sede di compravendita e locazione (nuova lett. B-bis, c. 2, art. 1),
di effettuare le ispezioni periodiche degli impianti per la climatizzazione invernale ed estiva al
fine di ridurre il consumo energetico e le emissioni di biossido di carbonio (lett. B-ter cit.) e
quelle di coniugare le opportunità offerte dagli obiettivi di efficienza energetica con lo sviluppo
di materiali, di tecniche di costruzione, di apparecchiature e di tecnologie sostenibili nel settore
delle costruzioni e con l'occupazione (nuova lett. E, c. citato), di assicurare l'attuazione e la
vigilanza sulle norme in materia di prestazione energetica degli edifici, anche attraverso la
raccolta e l'elaborazione di informazioni e dati (nuova lett. H-bis, c. cit.) e di promuovere l'uso
razionale dell'energia anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione degli utenti finali
(n. lett. H-ter, c. cit.); b) le nuove definizioni di "prestazione energetica di un edificio"
(quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere
necessaria per soddisfare, con un uso standard dell'immobile, i vari bisogni energetici
dell'edificio, la climatizzazione invernale e estiva, la preparazione dell'acqua calda per usi
igienici sanitari, la ventilazione e, per il settore terziario, l'illuminazione, gli impianti ascensori e
scale mobili. Tale quantità viene espressa da uno o più descrittori che tengono conto del livello
di isolamento dell'edificio e delle caratteristiche tecniche e di installazione degli impianti tecnici.
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
18
La prestazione energetica può essere espressa in energia primaria non rinnovabile, rinnovabile,
o totale come somma delle precedenti – art. 2, c. 1, lett. C, D.lgs. n. 192/2005 cit.) e di
“impianto termico" (impianto tecnologico destinato ai servizi di climatizzazione invernale o
estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal
vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e
utilizzazione del calore nonché gli organi di regolarizzazione e controllo. Sono compresi negli
impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento. Non sono considerati impianti termici
apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante;
tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle
potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare e'
maggiore o uguale a 5 kW. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati
esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari
ad uso residenziale ed assimilate – nuova lett. L-tricies, art. 2, cit.); c) l’inserimento di un
nuovo comma (3-bis) all’art. 3, del D.lgs. n. 192/2005, concernente la possibile esclusione
degli edifici di cui al comma 3, lettera a) D.lgs. medesimo (edifici di nuova costruzione e
impianti in essi installati, nuovi impianti installati in edifici esistenti, opere di ristrutturazione
degli edifici e degli impianti esistenti) ”solo nel caso in cui, previo giudizio dell'autorità'
competente al rilascio dell'autorizzazione ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, il rispetto delle prescrizioni implichi un'alterazione sostanziale del loro
carattere o aspetto, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici”; d)la
modifica dell’art. 6, del D.lgs. citato tale che “l'attestato di prestazione energetica deve essere
allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi
contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti” (nuovo art. 6, c. 3-bis, D.lgs. cit.);
e) l’inserimento di una nuova clausola di “cedevolezza” secondo la quale le nuove disposizioni
si applicano alle regioni e alle province autonome che non abbiano ancora provveduto al
recepimento della direttiva 2010/31/UE fino alla data di entrata in vigore della normativa di
attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma, emanabile, comunque, nel “…
rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dei principi fondamentali desumibili dal
….” Medesimo D.lgs. n. 192/2005 (nuovo art. 17, D.lgs. cit.); f) l’introduzione di una nuova
disciplina tecnica concernente i requisiti degli impianti termici, tale che, a far data dal 31
agosto 2013, “… gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono
essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della
combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione
tecnica vigente” (c.9, art. 5, D.P.R. n. 412/1993, mod. da art. 17-bis, D.L. in oggetto), con
possibili deroghe tassativamente previste (c. 9-bis, art. cit.)
LEGGE 9 AGOSTO 2013, N. 98 (DL DEL FARE)
Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69, recante
disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
(G.U.20 agosto 2013, n.194)
La legge, in vigore dal 21.8.2013, converte con modificazioni il D.L. 69/2013, che contiene
disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. Alcune delle modifiche fiscali più significative
introdotte in sede di conversione riguardano la Nuova Legge Sabatini.
(art. 2): i finanziamenti ed i contributi a tasso agevolato sono estesi alle micro imprese e,
compatibilmente con la normativa Ue in materia, alle piccole e medie imprese agricole e della
pesca. Inoltre, è disposto che gli investimenti agevolabili sono anche quelli in hardware,
software e tecnologie digitali. pagamento dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale
(art. 3-bis): le risorse per il pagamento di tali debiti ripartite e non richieste dalle Regioni entro
il 31.5.2013 possono essere assegnate alle Regioni che ne hanno fatto richiesta entro il
30.6.2013. esercenti impianti di distribuzione di carburante – deduzione forfetaria per accise
(art. 4): al fine di tenere in considerazione l’incidenza delle accise sul reddito d’impresa degli
esercenti impianti di distribuzione di carburante, è riconosciuta una deduzione forfetaria nelle
seguenti misure: 1,1% del volume d’affari fino a e1.032.000,
0,6% del volume d’affari oltre e 1.032.000 e fino a e 2.064.000, 0,4% del volume d’affari oltre
e 2.064.000.
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
19
LEGGE 9 AGOSTO 2013, N. 99
Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 28 giugno 2013, n. 76, recante
primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della
coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure
finanziarie urgenti.
(G.U. 22 agosto 2013, n. 196)
La legge, in vigore dal 23.8.2013, converte con modificazioni il D.L. 76/2013, che contiene
una serie di misure per il sostegno dell’occupazione, in materia di iva e altre misure finanziarie
urgenti. Alcune delle modifiche più rilevanti introdotte in sede di conversione sono illustrate di
seguito.
Assunzioni a tempo indeterminato di giovani (art. 1): ai fini dell’assunzione agevolata di
giovani tra i 18 e i 29 anni è venuto meno il requisito alternativo di vivere soli con una o più
persone a carico. Inoltre è previsto che tali assunzioni comportino un incremento
occupazionale netto e siano effettuate non oltre il 30.6.2015.
Lavoro a progetto (art. 7): se il contratto ha ad oggetto un’attività di ricerca scientifica e
questa viene ampliata per temi connessi. Un apposito D.M. fisserà le modalità attuative della
disposizione. Inoltre, un successivo D.P.R. ridefinirà le informazioni da indicare nei registri Iva,
al fine di allinearne il contenuto alle segnalazioni telematiche e abrogherà in tutto o in parte gli
obblighi di invio di dati e di dichiarazione contenenti informazioni già comprese nelle
segnalazioni telematiche Un apposito provvedimento stabilirà le modalità attuative della
disposizione.
DECRETO LEGGE 31 AGOSTO 2013, N. 102
Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di Sostegno alle politiche
abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti
pensionistici.
(G.U. 31 agosto 2013, n. 204 - Supplemento Ordinario n. 66)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
CIRCOLARE 7 AGOSTO 2013
Chiarimenti in merito all'applicazione delle disposizioni di cui al decreto legge 4 giugno 2013,
n.63 come convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, in materia di
attestazione della prestazione energetica degli edifici
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO MINISTERIALE 7 AGOSTO 2013
Applicazione della formula per il calcolo dell'efficienza energetica degli impianti
incenerimento in relazione alla condizioni climatiche.
(G.U. 19 agosto 2013, n. 193)
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
20
di
Giurisprudenza
 Locazione
 CORTE DI GIUSTIZIA
DELL’UNIONE EUROPEA, Sezione 10, Sentenza 13 giugno
2013, n. 345/12
EDILIZIA - CERTIFICAZIONE ENERGETICA - direttiva 2002/91/ce - Italia - violazioni.
In tema di certificazione energetica degli edifici, la deroga contenuta nella legislazione italiana,
all'obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico, in caso di locazione di
un immobile ancora privo dello stesso al momento della firma del contratto, non rispetta la
direttiva 2002/91/CE (art. 7, paragrafo 1), che non prevede una deroga simile. Inoltre, il
sistema di autodichiarazione da parte del proprietario per gli edifici aventi un rendimento
energetico assai basso, è in contrasto con la direttiva (art. 7, paragrafi 1 e 2 e art. 10) che non
prevede tale deroga. Infine, è pacifico che, alla scadenza del termine impartito nel parere
motivato complementare, l'Italia non aveva adottato i provvedimenti necessari.
(Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2013)

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione 3, sentenza 24 luglio 2013, n. 17949
LOCAZIONE - Immobili urbani - Immobili ad uso abitativo - Contratti stipulati
avvalendosi della disciplina dei cd. “patti in deroga” - Legge n. 431/1998 Rinnovazione tacita - Configurabilità - Esclusione - Fondamento
Il contratto di locazione stipulato nel rispetto delle condizioni fissate nell’art. 11 del decretolegge 11 luglio 1992, n. 333, in deroga alla legge 27 luglio 1978, n. 392, non si inquadra in
quei contratti che si rinnovano tacitamente, a cui fa riferimento l’art. 2, comma 6, della legge 9
dicembre 1998, n. 431, in quanto non si è in presenza di rinnovazione tacita, che presuppone
che le parti possano esercitare la facoltà di recesso alla scadenza. Tale situazione non è
configurabile allo spirare del primo quadriennio allorché il contratto appartiene alla categoria
dei c.d. “patti in deroga”, nei quali non può esserci alcuna rinuncia del locatore alla
prosecuzione se non per ipotesi tassativamente previste dall’art. 3 della legge citata, per cui
solo alla scadenza del secondo quadriennio non subisce limitazione alcuna il potere di recesso
del locatore o si può, in caso opposto, ritenere operante il cd. “rinnovo tacito”, con ingresso in
tale ipotesi, del rapporto nella disciplina di cui alla legge n. 431/1998.
(Federico Ciaccafava, http://www.sistema24immobili.ilsole24ore.com)

Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 24 luglio 2013, n. 17949
LOCAZIONE - Immobili urbani - Immobili ad uso abitativo - Contratti stipulati
avvalendosi della disciplina dei cd. “patti in deroga” - Legge n. 431/1998 Rinnovazione tacita - Configurabilità - Esclusione - Fondamento
Il contratto di locazione stipulato nel rispetto delle condizioni fissate nell’art. 11 del decretolegge 11 luglio 1992, n. 333, in deroga alla legge 27 luglio 1978, n. 392, non si inquadra in
quei contratti che si rinnovano tacitamente, a cui fa riferimento l’art. 2, comma 6, della legge 9
dicembre 1998, n. 431, in quanto non si è in presenza di rinnovazione tacita, che presuppone
che le parti possano esercitare la facoltà di recesso alla scadenza. Tale situazione non è
configurabile allo spirare del primo quadriennio allorché il contratto appartiene alla categoria
dei c.d. “patti in deroga”, nei quali non può esserci alcuna rinuncia del locatore alla
prosecuzione se non per ipotesi tassativamente previste dall’art. 3 della legge citata, per cui
solo alla scadenza del secondo quadriennio non subisce limitazione alcuna il potere di recesso
del locatore o si può, in caso opposto, ritenere operante il cd. “rinnovo tacito”, con ingresso in
tale ipotesi, del rapporto nella disciplina di cui alla legge n. 431/1998.
(Federico Ciaccafava, http://www.sistema24immobili.ilsole24ore.com)
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
21
 Edilizia
 CONSIGLIO DI STATO, Sezione 4, Sentenza 17 luglio 2013, n. 3883
ABUSI EDILIZI - SANATORIA DI OPERE ABUSIVE REALIZZATE SU AREE
CARATTERIZZATE DA DETERMINATE TIPOLOGIE DI VINCOLI - Esclusione - Art. 32,
comma 27, lett. d), del D.L. n. 269 del 2003 - Particolare rilevanza dei vincoli imposti
sulla base di Leggi Statali e Regionali - Esclusione subordinata a due condizioni Vincolo istituito prima dell'esecuzione delle opere abusive - Opere realizzate in
assenza o in difformità del titolo abilitativo - Non conformità alle norme urbanistiche
ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
L'art. 32, comma 27, lett. d), della D.L. n. 269 del 2003 esclude dalla sanatoria le opere
abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli ed, in particolare,
quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della
falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette
nazionali, regionali e provinciali. Siffatta esclusione è subordinata a due condizioni costituite
dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell'esecuzione delle opere abusive e che le
opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme
urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
(Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24)

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione 3 penale, Sentenza 8 luglio 2013, n. 28955
EDILIZIA - ABUSI EDILIZI - Manufatto abusivo - Esecuzione dell'ordine di
demolizione - Condono edilizio - Presentazione di domanda - Presupposti
In sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la
sentenza di condanna ai sensi dell'art. 7 L. n. 47 del 1985, il giudice, al fine di pronunciarsi
sulla sospensione dell'esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di condono edilizio,
deve accertare l'esistenza delle seguenti condizioni: 1) la riferibilità della domanda di condono
edilizio all'immobile di cui in sentenza; 2) la proposizione dell'istanza da parte di soggetto
legittimato; 3) la procedibilità e proponibilità della domanda, con riferimento alla
documentazione richiesta; 4) l'insussistenza di cause di non condonabilità assoluta dell'opera;
5) l'eventuale avvenuta emissione di una concessione in sanatoria tacita per congruità
dell'obiezione ed assenza di cause ostative; 6) la attuale pendenza dell'istanza di condono; 7)
la non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante con l'ordine di
demolizione" (Cass. pen. sez.4 n. 15210 del 5.3.3008)
EDILIZIA - ABUSI EDILIZI - Ordine di demolizione o di riduzione in pristino - Rilascio
del permesso in sanatoria - Effetti - Giudice dell'esecuzione - Poteri
L'ordine di demolizione o di riduzione in pristino debba intendersi emesso allo stato degli atti,
tanto che anche il giudice dell'esecuzione deve verificare il permanere della compatibilità degli
ordini in questione con atti amministrativi. E' altrettanto indubitabile, però, che neppure il
rilascio del permesso in sanatoria determini automaticamente la revoca dell'ordine di
demolizione o di riduzione in pristino, dovendo il giudice, comunque, accertare la legittimità
sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge ed eventualmente
disapplicarlo ove siano insussistenti i presupposti per la sua emanazione. A maggior ragione, in
caso di mera presentazione di un'istanza di condono o, comunque, di una richiesta di
sanatoria, il G.E. deve accertare che, secondo una ragionevole previsione, l'istanza possa
essere accolta in tempi brevi.
(Massime a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

CONSIGLIO DI STATO, Sezione 4, Sentenza 1 luglio 2013, n. 3543
ABUSI EDILIZI - ACCERTAMENTO DI CONFORMITÀ - Opere edilizie solo formalmente
abusive - Sanatoria - Presupposto fattuale - Opere differenti da quelle indicate
nell'originario permesso di costruire - Sostanziale conformità alla disciplina
urbanistica ed edilizia.
L'istituto dell'accertamento di conformità è diretto a sanare, con provvedimento
essenzialmente doveroso e vincolato, le opere edilizie solo formalmente abusive, in quanto
eseguite senza concessione o autorizzazione, ma conformi nella sostanza alla disciplina
urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro
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realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria. L'ovvio presupposto
fattuale ai fini dell'operatività dell'istituto dell'accertamento di conformità, è, dunque, che le
opere realizzate differiscano da quelle indicate nell'originario permesso di costruire, pur
essendo sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia, in riferimento ai due
momenti. Irrilevante è, pertanto, la circostanza che l'intervento edilizio sia stato modificato
rispetto al progetto originariamente assentito, dal momento che la norma prende in
considerazione solo la conformità sostanziale del manufatto realizzato in concreto, per il quale
si chiede la sanatoria, alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della
realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria.

NOTA
Impugnazione del permesso più facile per il confinante
Nella valutazione della legittimità del permesso a costruire, devono venire in considerazione le
proprietà contermini. Solo il diretto confinante della proprietà interessata dall'intervento
edilizio può contestare il rilascio del permesso a costruire. Non anche il "confinante del
confinante". Con questo principio, il Consiglio di Stato - quarta sezione, sentenza 3543/2013 ha affrontato la delicata questione della cosiddetta vicinitas. A questo proposito, va detto che
anche recentemente – Consiglio di Stato, quarta sezione, sentenza n. 2974/2013 – l'eventuale
contestazione della concessione edilizia o permesso a costruire può essere fatta valere da chi
ha una stabile situazione di collegamento con il terreno oggetto dell'intervento. Il che supera
ogni esigenza di indagine diretta a stabilire se i lavori oggetto del permesso comportino un
effettivo pregiudizio alla proprietà vicina.
Il Consiglio di Stato ha ora affermato che il "confinante del confinante" in quanto tale non è di
per sé soggetto titolare di una posizione sufficiente a giustificare l'impugnazione. Se così fosse,
il proprietario confinante con edificio a sua volta confinante con quello oggetto di un intervento
edilizio, si verrebbe a trovare nella posizione di "sostituto" processuale. Ma ciò comporterebbe
la violazione dell'articolo 181 del Codice di procedura civile, secondo il quale nessuno può far
valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui se non nei casi espressamente previsti dalla
legge. I principi in materia di legittimazione all'impugnazione di permesso di costruire (sul
punto Consiglio di Stato, quinta sezione, n. 2757/2013; sesta sezione, n. 3750/2012), portano
ad affermare che è necessaria e sufficiente, come posizione legittimante, la vicinitas. Anche se
la cosiddetta vicinitas, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (quinta sezione, sent.
n. 2234/2012), deve essere intesa in senso ampio. Ciò che rileva è, infatti, non solo e non
tanto la vicinanza geografica del ricorrente, ma più specificamente la possibilità di risentire
degli effetti sfavorevoli di un certa situazione. Deve ritenersi, dunque, sufficiente una plausibile
prospettazione da parte dell'interessato non potendosi esigere una prova effettiva di un danno
attuale. Tali principi sono poi trasferibili anche nei rapporti di vicinanza tra gli stessi enti
territoriali. Se un Comune è confinante a quello direttamente interessato dalle possibili
ripercussioni derivanti dalla realizzazione di un impianto quella situazione rientra nel concetto
di vicinitas.
In conclusione, si può dire che, alla luce della giurisprudenza, le conseguenze della vicinitas,
quale rapporto di vicinanza territoriale, possono essere queste:
- condizione di legittimità per il rilascio del permesso a costruire;
- idoneità a dare legittimazione alle richieste, mediante ricorso, di tutela giurisdizionale, per
esempio al Tar;
- il rapporto di vicinanza di "secondo grado" ("vicino del vicino") non legittima in quanto tale il
ricorso, contro il rilasciato permesso a costruire, ma impone l'esigenza di spiegare quali siano
le specifiche situazioni compromesse dalla realizzanda iniziativa non direttamente confinante.
(Francesco Longo, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 25 luglio 2013)
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Agenti immobiliari
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Agenti immobiliari, dal vecchio Ruolo ai nuovi registri
Giuseppe Bordolli, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 31 agosto 2013, n. 935
Il 30 settembre 2013 costituisce una data importante per gli agenti immobiliari. Vi è, infatti,
l’obbligo di aggiornare la posizione nel Registro delle imprese o nel REA, presso la Camera di
commercio. Il discorso, però, non riguarda le imprese (individuali e società) che hanno
comunicato l’inizio di attività di agente di affari in mediazione con data pari o successiva al 12
maggio 2012 (allegando la SCIA per dichiarare il possesso dei requisiti), né tutti coloro che pur
essendo in possesso dei requisiti (per esempio, superamento dell’esame) non risultano iscritti
nel soppresso Ruolo mediatori (tali soggetti quando decideranno di iniziare presenteranno una
SCIA e potranno intraprendere da subito l’attività).
I soggetti interessati
L’obbligo di aggiornamento riguarda le imprese e le persone fisiche iscritte nel soppresso Ruolo
di agenti di affari in mediazione che non svolgono l’attività di agente di affari in mediazione (in
proprio o per altra impresa) o altra attività in forma imprenditoriale. Quanto sopra deriva dal
recepimento del nostro Paese della dir. n. 2006/123/CE ( direttiva Bolkestein), emanata dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea in data 12 dicembre 2006 con cui
facilitare la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi nell’UE, rafforzare i diritti
dei destinatari dei servizi in quanto utenti di tali servizi, promuovere la qualità dei servizi e
stabilire una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri.
In particolare, l’Italia ha recepito la direttiva nell’ordinamento nazionale con D.Lgs. 59 del 26
marzo 2009 (in G.U. 94 del 23 aprile 2010) il cui art. 73, comma 1, ha disposto la
soppressione del ruolo di cui all’art. 2 della legge 39 del 3 febbraio 1989, concernente proprio
la disciplina della professione di mediatore, assegnando alla dichiarazione di inizio attività (ex
art. 19 della legge 241/1990) il compito di fungere da nuova modalità di accesso.
Successivamente la disciplina procedimentale per l’esercizio dell’attività in questione è stata
modificata dalla legge 49 del 30 luglio 2010 n. 122, comma 4-bis, che ha riformulato l'art. 19
della legge 241/1990 e ha introdotto, per coloro che sono in possesso dei requisiti necessari e
vogliono esercitare l’attività di mediazione, l’obbligo di presentare la segnalazione certificata di
inizio attività (SCIA), corredata delle attestazioni e autocertificazioni attestanti il possesso dei
requisiti prescritti dalla legge per l’esercizio della specifica attività di impresa.
In ogni caso si era stabilito che la specifica regolamentazione in merito alla modalità di
passaggio nel Registro delle imprese o nel REA delle posizioni già iscritte nei ruoli camerali
(nonché le modalità di iscrizione di chi intraprende ex novo l’attività di mediatore) venisse
disciplinata da un decreto ministeriale che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe dovuto
emanare entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore del
D.Lgs. 59/2010 (avvenuta l’8 maggio 2010). Tuttavia le nuove regole in merito
all’aggiornamento necessario della posizione per i mediatori già operanti, sono arrivate oltre il
termine previsto, per effetto del D.M. sviluppo economico del 26 ottobre 2011, relativo alle
“Modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti esercitanti l’attività di
mediatori disciplinata dalla legge 39 del 3 febbraio 1989, in attuazione degli artt. 3 e 80 del
D.Lgs. 59 del 26 marzo 2010”. Detta normativa ha previsto come termine finale per gli
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adempimenti di seguito esposti il 12 maggio 2013 ma, in considerazione dell’esiguo numero di
agenti immobiliari che si sono attivati per rispettare la legge e della complessità della
procedura telematica da utilizzare (non sempre funzionante), si è resa necessaria una proroga
del termine.
Del resto lo stesso sistema camerale ha cominciato a pressare sull’Esecutivo per avere una
proroga decisamente necessaria per traghettare gli agenti immobiliari dal vecchio Ruolo ai
nuovi registri, REA e Registro imprese.
Così il Ministero dello sviluppo economico, su richiesta della Consulta nazionale interassociativa
dell’intermediazione immobiliare (Fiaip, Fimaa, Anama), ha concesso un differimento alla
scadenza originariamente prevista dall’art. 11 del D.M. 26 ottobre 2011 (12 maggio 2013),
prorogando così il termine ultimo per effettuare il passaggio dall’ex ruolo al Registro imprese e
al REA al 30 settembre 2013.
In particolare, con D.M. 24 aprile 2013 si è stabilito che i termini di cui ai commi 1 e 2 dell’art.
11 del D.M. sviluppo economico 26 ottobre 2011, sono definitivamente fissati al 30 settembre
2013.
Gli adempimenti per aggiornare la posizione
Nel termine del 30 settembre 2013 le imprese di mediazione attive, cioè i titolari (se impresa
individuale) o gli amministratori (se società), che devono essere i medesimi risultanti sia nel
Registro delle imprese e sia nel soppresso Ruolo, compilano e inoltrano telematicamente
l’apposito modulo (Modello Mediatori - All. A - sezione “Aggiornamento posizione RI/REA”).
L’impresa inoltra per via telematica la richiesta di aggiornamento della propria posizione con
indicazione dei nominativi di tutti i legali rappresentanti e soggetti che svolgono l’attività
mediatizia per conto dell’impresa, comprensiva anche dell’indicazione dei nominativi dei
preposti in caso di attività esercitata in più sedi o unità locali sia in provincia che fuori
provincia.
La comunicazione deve essere inviata con modalità telematica e può essere firmata
digitalmente dal soggetto obbligato, dal procuratore speciale munito di apposita procura o dal
commercialista/esperto contabile appositamente incaricato al deposito dall’obbligato (ma a
causa delle difficoltà determinate dalla procedura telematica alcune Camere di commercio
hanno precisato che non è obbligatorio munirsi del dispositivo di firma digitale). L’impresa
plurilocalizzata è, altresì, tenuta a presentare la sezione “Aggiornamento posizione RI/REA”
presso ogni posizione ( numero REA) fuori della provincia della sede ove esercita l’attività con
l’indicazione del soggetto preposto a tale localizzazione (e tale preposto deve essere stato
nominato in via esclusiva solo per una sola unità locale non potendo rivestire tale qualifica per
altre localizzazioni della medesima impresa o per altre imprese).
Ciò premesso è importante sottolineare che anche le persone fisiche inattive (che non svolgono
l’attività presso alcuna impresa), già iscritte però nel soppresso Ruolo degli agenti di affari in
mediazione alla data del 12 maggio 2012, devono aggiornare la posizione, compilando, entro il
termine ultimo del 30 settembre 2013, la sezione “Iscrizione apposita sezione (Transitorio)” del
modello “Mediatori” che deve essere presentato per via telematica al Registro delle imprese
competente in base alla residenza del richiedente (in questo caso, invece, questa denuncia
deve essere obbligatoriamente firmata digitalmente dalla “persona fisica” che chiede
l’iscrizione nella sezione del REA e inviata con modalità telematica).
Quindi l’apposita sezione del REA ( transitorio) è una sorta di parcheggio a pagamento per
coloro i quali hanno la necessità di conservare il requisito professionale (mentre il mediatore
che ha sostenuto l’esame non ha alcuna necessità di iscriversi in tale sezione).
Le conseguenze “amministrative” del mancato aggiornamento
È importante sottolineare che se il predetto mediatore-persona fisica non esercita l’attività e
non presenta la richiesta di iscrizione nell’apposita Sezione (transitorio) entro il 30 settembre
2013 decade dalla facoltà di potersi iscrivere nell’apposita sezione del REA; tuttavia, la propria
iscrizione personale nel soppresso Ruolo costituisce requisito professionale abilitante per l’avvio
dell’attività d’impresa fino al 12 maggio 2016 (termine massimo di quattro anni successivi
all’entrata in vigore del D.M. 26 ottobre 2011). Per quanto riguarda le imprese bisogna
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considerare che le stesse potrebbero aver perso i requisiti necessari per procedere
all’aggiornamento della posizione.
Ciò si può verificare in primo luogo se i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità non sono i
medesimi risultanti sia nel Registro delle imprese e sia nel soppresso Ruolo: in tal caso
l’impresa dovrà presentare il modello “Mediatori” - sezione “Modifiche” e sezione intercalare
“Requisiti” con indicazione dei requisiti di idoneità di tutti i soggetti obbligati (sia per quelli già
iscritti al soppresso Ruolo sia per quelli non iscritti).
Allo stesso modo l’impresa plurilocalizzata, che non abbia già iscritto per ogni localizzazione in
cui svolge l’attività di mediatore un preposto o dipendente in possesso dei requisiti, deve
presentare al Registro imprese competente in cui risulti aperta detta localizzazione, il modello
“Mediatori” - compilato nella sezione “Modifiche” - e il modello intercalare “Requisiti” per ogni
soggetto che opera nell’unità locale (procuratore, preposto, dipendente che - si ribadisce - non
può rivestire tale qualifica per altre localizzazioni della medesima impresa o per altre imprese).
In entrambi casi il titolare di impresa individuale e il legale rappresentante che compilano la
sezione “SCIA” o la sezione “Modifiche” del modello “Mediatori” devono compilare anche il
modello “Antimafia Ausiliari/L” dichiarando che nei propri confronti non sono stati emessi i
provvedimenti di cui all’art. 67 del Codice antimafia; contestualmente indicano anche i
nominativi dei soggetti che, in base alla forma giuridica dell’impresa/ ente, devono essere in
possesso dei prescritti requisiti antimafia (la dichiarazione deve essere sottoscritta dal soggetto
dichiarante con dispositivo di firma digitale o con carta nazionale dei servizi; se sottoscritta con
firma autografa deve sempre essere allegato il documento di identità in corso di validità del
sottoscrittore).
Si deve considerare, infatti, che il 13 febbraio 2013 è entrato pienamente in vigore il “ Codice
delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia”, di cui al D.Lgs. 159/2011, così come integrato e modificato dal
correttivo di cui al D.Lgs. 218/2012.
E una delle principali novità del Codice antimafia consiste nell’ampliamento dei soggetti e
operatori economici da sottoporre alla verifica antimafia (titolare di imprese individuali, legale
rappresentante di società di capitali di ogni tipo ecc.). Del resto l’impresa deve essere coperta
da idonea garanzia assicurativa della responsabilità civile per l’esercizio dell’attività di
mediazione (altrimenti non si può procedere all’aggiornamento della posizione).
In ogni caso, il Registro delle imprese avvierà d’ufficio le procedure di inibizione alla
continuazione dell’attività mediatizia nei confronti di quelle imprese che non avranno
presentato per qualunque ragione (inerzia o mancanza temporanea dei requisiti) la domanda di
aggiornamento dei propri dati entro il termine ultimo del 30 settembre 2013.
Mancato aggiornamento, diritto alla provvigione
L’art. 73, comma 6, del D.Lgs. 59 del 26 marzo 2010 statuisce che «Ad ogni effetto di legge, i
richiami al ruolo contenuti nella legge 39 del 3 febbraio 1989, si intendono riferiti alle iscrizioni
previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie
economiche e amministrative (REA)».
Di conseguenza, in assenza di abrogazione dell’art. 6 della legge 39/1989, ma in presenza
della sola soppressione del ruolo e delle nuove norme del D.M. 26 ottobre 2011, la norma di
cui all’art. 6 va letta nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa
di cui al D.Lgs. 59/2010, hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che sono iscritti nei
registri o nei repertori tenuti dalla Camera di commercio.
Questo significa che il mediatore che dalle verifiche dovesse risultare abusivo perché privo dei
requisiti di legge o dell’aggiornamento dei propri dati (e quindi con l’inibizione alla
continuazione dell’attività mediante apposito provvedimento del Conservatore del registro delle
imprese) non potrà richiedere alcun compenso e sarà tenuto alla restituzione alle parti
contraenti delle provvigioni percepite (e il rapporto di mediazione risulterà invalido).
In ogni caso l’attività di mediazione abusiva, cioè esercitata in assenza delle iscrizioni previste
è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma compresa tra € 7.500
ed € 15.000.
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Inoltre bisogna considerare le conseguenze penali previste dall’art. 8, comma 2, della legge
39/1989 secondo cui nei confronti di coloro che siano incorsi per tre volte nella sanzione di cui
sopra (cioè per tre volte siano risultati non iscritti nei registri sopra detti, anche se vi è stato
pagamento con effetto liberatorio della sanzione pecuniaria) si applicano le pene previste
dall’art. 348 del cod. pen. per l’esercizio abusivo della professione (chiunque abusivamente
esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito
con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da € 103 a € 516).
Infine, si devono considerare le sanzioni penali previste dal comma 6, dell’art. 19 della legge
241/1990 secondo cui, «ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle
dichiarazioni o attestazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta
falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui non dispone è punito con la
reclusione da uno a tre anni».
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Anti
Formulari
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Contratto di locazione a uso abitativo
Il/La sig./soc. <...> (per le persone fisiche, riportare: nome e cognome; luogo e data di
nascita; domicilio e codice fiscale. Per le persone giuridiche, indicare: ragione sociale, sede,
codice fiscale, partita IVA, numero d'iscrizione al Tribunale; nonché nome, cognome, luogo e
data di nascita del legale rappresentante), di seguito denominato “locatore”
concede in locazione
al/alla sig. <...> (per le persone fisiche, riportare: nome e cognome; luogo e data di nascita;
domicilio e codice fiscale. Per le persone giuridiche, indicare: ragione sociale, sede, codice
fiscale, partita IVA, numero d'iscrizione al Tribunale; nonché nome, cognome, luogo e data di
nascita del legale rappresentante), di seguito denominato “conduttore”, identificato mediante
<...> (documento di riconoscimento: tipo ed estremi. I dati relativi devono essere riportati
nella denuncia da presentare all'autorità di P.S., da parte del locatore, ai sensi dell’art. 12, D.L.
21 marzo 1978, n. 59 convertito dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nel caso in cui il
conduttore sia cittadino extracomunitario, deve essere data comunicazione all'autorità di P.S.,
ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 286/1998) che accetta, per sé e suoi aventi causa, l'unità
immobiliare posta in <...>, via <...>, n. <...>, piano <...>, scala <...>, int. <...>, composta
di n. <...> vani, oltre cucina e servizi, e dotata altresì dei seguenti elementi accessori (indicare
quali: solaio, cantina, autorimessa singola, posto macchina in comune o meno, ecc.) <...> non
ammobiliata/ammobiliata come da elenco a parte sottoscritto dalle parti.
TABELLE MILLESIMALI: proprietà <...>, riscaldamento <...>, acqua <...>, altre <...>
ESTREMI CATASTALI: <...>
CERTIFICAZIONE IMPIANTI: <...>
CERTIFICAZIONE ENERGETICA <...>
La locazione è regolata dalle seguenti pattuizioni.
Art. 1 – Durata
Il contratto è stipulato per la durata di anni quattro, dal <...> al <...> e s’intenderà rinnovato
per altri quattro anni nell’ipotesi in cui il locatore non comunichi al conduttore disdetta del
contratto motivata ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge n. 431/1998, da recapitarsi a
mezzo lettera raccomandata a.r., contenente la specificazione del motivo invocato, almeno sei
mesi prima della scadenza. Al termine dell’eventuale periodo di rinnovo ciascuna delle parti
avrà diritto di attivare la procedura per il rinnovo del contratto a nuove condizioni e/o per la
rinuncia al rinnovo del contratto stesso, comunicando all’altra parte la propria intenzione con
lettera raccomandata a.r. da inviare almeno sei mesi prima della scadenza. La parte
interpellata dovrà rispondere mediante lettera raccomandata a.r. entro sessanta giorni dalla
ricezione di quest’ultima raccomandata. In mancanza di risposta o di accordo il contratto
s’intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In caso di mancata ottemperanza
anche a uno solo dei passaggi della procedura suesposta, il presente contratto s’intenderà
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rinnovato tacitamente per la medesima durata e alle medesime condizioni.
Art. 2 – Canone
Il canone annuo di locazione, avendo le parti tenute presenti le condizioni oggettive
dell’immobile anche sopra descritte e ben note e la sua ubicazione, è convenuto in euro <...>,
oltre rimborso oneri accessori che si conviene in euro <...> salvo conguaglio, che il conduttore
si obbliga a corrispondere nel domicilio del locatore [ovvero: a mezzo di bonifico bancario;
ovvero: <...>] in n. <...> rate eguali anticipate di euro <...> ciascuna, alle seguenti date:
<...>.
Il canone viene aggiornato ogni anno, automaticamente e senza bisogno di richiesta del
locatore, nella misura del <...>% della variazione ISTAT verificatasi nell’anno precedente.
Art. 3 – Deposito cauzionale
A garanzia delle obbligazioni assunte col presente contratto, il conduttore versa/non versa al
locatore (che con la firma del contratto ne rilascia, in caso, quietanza) una somma di euro
<...> pari a tre mensilità del canone, non imputabile in conto canoni. Il deposito cauzionale
così costituito viene reso al termine della locazione, maggiorato degli interessi legali maturati,
previa verifica sia dello stato dell'unità immobiliare sia dell'osservanza di ogni obbligazione
contrattuale.
<...> (indicare eventuali altre forme di garanzia)
Art. 4 – Oneri accessori
Gli oneri accessori indicati all’art. 2, sono determinati in base ai millesimi attribuiti ai locali
oggetto della locazione, come sopra specificati.
Il pagamento degli oneri anzidetti deve avvenire mediante il versamento in acconto
contestualmente al pagamento dei trimestri locatizi, per un importo pari a un terzo degli oneri
accessori indicati nel conto consuntivo relativo all’anno precedente, e un saldo finale, da
versarsi in sede di consuntivo entro due mesi dalla richiesta. Il pagamento degli oneri anzidetti
deve avvenire in sede di consuntivo entro sessanta giorni dalla richiesta. Prima di effettuare il
pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l'indicazione specifica delle spese anzidette e dei
criteri di ripartizione. Ha inoltre diritto di prendere visione presso il locatore (o il suo
amministratore o l'amministratore condominiale, ove esistente) dei documenti giustificativi
delle spese effettuate.
Art. 5 – Spese di bollo e di registrazione
Le spese di bollo per il presente contratto e per le ricevute conseguenti sono a carico del
conduttore.
Il locatore provvede alla registrazione del contratto, dandone notizia al conduttore. Questi
corrisponde la quota di sua spettanza, pari alla metà.
Art. 6 – Pagamento, risoluzione e prelazione
Il pagamento del canone o di quant'altro dovuto anche per oneri accessori non può venire
sospeso o ritardato da pretese o eccezioni del conduttore, quale ne sia il titolo. Il mancato
puntuale pagamento, per qualsiasi causa, anche di una sola rata del canone (nonché di
quant'altro dovuto, ove di importo pari almeno a una mensilità del canone), costituisce in mora
il conduttore, fatto salvo quanto previsto dall'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
La vendita dell'unità immobiliare locata, in relazione alla quale viene/non viene concessa la
prelazione al conduttore, non costituisce motivo di risoluzione del contratto.
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Art. 7 – Uso
L'immobile deve essere destinato esclusivamente a civile abitazione del conduttore e delle
seguenti persone attualmente con lui conviventi <...>
Salvo espresso patto scritto contrario, è fatto divieto di sublocazione, sia totale sia parziale.
Per la successione nel contratto si applica l'art. 6 della legge n. 392/1978, nel testo vigente a
seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 404/1988.
Art. 8 – Recesso del conduttore
È facoltà del conduttore recedere dal contratto per gravi motivi, previo avviso da recapitarsi
tramite lettera raccomandata almeno sei mesi prima.
Art. 9 – Consegna
Il conduttore dichiara di aver visitato l'unità immobiliare locatagli, di averla trovata adatta
all'uso convenuto e di prenderla pertanto in consegna a ogni effetto col ritiro delle chiavi,
costituendosi da quel momento custode della stessa. Il conduttore si impegna a riconsegnare
l'unità immobiliare nello stato in cui l'ha ricevuta, salvo il deperimento d'uso, pena il
risarcimento del danno. Si impegna altresì a rispettare le norme del regolamento dello stabile
(ove esistente), accusando in tal caso ricevuta dello stesso con la firma del presente contratto,
così come si impegna a osservare le deliberazioni dell'assemblea dei condomini. È in ogni caso
vietato al conduttore compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli
altri abitanti dello stabile.
Le parti danno atto, in relazione allo stato dell'unità immobiliare, ai sensi dell'art. 1590 cod.
civ., di quanto segue: <...> (descrivere lo stato manutentivo dell’unità immobiliare locata).
Art. 10 – Modifiche e danni
Il conduttore non può apportare alcuna modifica, innovazione, miglioria o addizione ai locali
locati e alla loro destinazione, o agli impianti esistenti, senza il preventivo consenso scritto del
locatore.
Quanto alle eventuali migliorie e addizioni che venissero comunque eseguite anche con la
tolleranza della parte locatrice, questa avrà facoltà di ritenerle senza obbligo di corrispondere
indennizzo o compenso alcuno, rinunciandovi espressamente il conduttore sin d’ora. In caso
contrario, la parte conduttrice avrà l’obbligo, a semplice richiesta del locatore, anche nel corso
della locazione, della rimessione in pristino a proprie spese.
Il conduttore esonera espressamente il locatore da ogni responsabilità per danni diretti o
indiretti che possano derivargli da fatti dei dipendenti del locatore medesimo nonché per
interruzioni incolpevoli dei servizi.
Art. 11 – Assemblee
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'unità immobiliare locatagli, nelle
deliberazioni dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei
servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Ha inoltre diritto di intervenire, senza
voto, sulle deliberazioni relative alla modificazione degli altri servizi comuni.
Quanto stabilito in materia di riscaldamento e di condizionamento d'aria si applica anche ove si
tratti di edificio non in condominio. In tale caso (e con l'osservanza, in quanto applicabili, delle
disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini) i conduttori si riuniscono in apposita
assemblea, convocata dalla proprietà o da almeno tre conduttori.
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Art. 12 – Impianti
Il conduttore, in caso d'installazione sullo stabile di antenna televisiva centralizzata, si obbliga
a servirsi unicamente dell'impianto relativo, restando sin d'ora il locatore autorizzato a far
rimuovere e a demolire ogni antenna individuale a spese del conduttore, il quale nulla può
pretendere a qualsiasi titolo, fatte salve le eccezioni di legge.
Per quanto attiene all'impianto termico autonomo, ove presente, vale la normativa del D.P.R.
n. 412/1993, con particolare riferimento a quanto stabilito dall'art. 11, comma 2, del citato
decreto.
Art. 13 – Accesso
Il conduttore deve consentire l'accesso all'unità immobiliare al locatore, al suo amministratore
nonché ai loro incaricati ove gli stessi ne abbiano motivata ragione.
Nel caso in cui il locatore intenda vendere l'unità immobiliare locata, il conduttore deve
consentirne la visita una volta la settimana, per almeno due ore, con esclusione dei giorni
festivi oppure con le seguenti modalità: <...>
Art. 14 – Varie
A tutti gli effetti del presente contratto, compresa la notifica degli atti esecutivi, e ai fini della
competenza a giudicare, il conduttore elegge domicilio nei locali a lui locati e, ove egli più non
li occupi o comunque detenga, presso l'ufficio di Segreteria del Comune ove è situato
l'immobile locato.
Qualunque modifica al presente contratto non può aver luogo, e non può essere provata, se
non con atto scritto.
Il locatore e il conduttore si autorizzano reciprocamente a comunicare a terzi i propri dati
personali in relazione ad adempimenti connessi col rapporto di locazione (legge n. 675/1996).
Per quanto non previsto dal presente contratto le parti rinviano a quanto in materia disposto
dal codice civile, dalle leggi n. 392/1978 e n. 431/1998 o comunque dalle norme vigenti e dagli
usi locali nonché alla normativa ministeriale emanata in applicazione della legge n. 431/1998 e
all'Accordo territoriale.
Altre clausole: <...>
Letto, approvato e sottoscritto
Luogo e data, <...>
Il locatore, <...>
Il conduttore, <...>
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 1342, secondo comma, cod. civ., le parti specificamente
approvano i patti di cui agli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del presente
contratto.
Il locatore, <...>
Il conduttore, <...>
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Anti
Formulari

Contratto di locazione a uso abitativo agevolato
Il/La sig./soc. <...> (per le persone fisiche, riportare: nome e cognome; luogo e data di
nascita; domicilio e codice fiscale. Per le persone giuridiche, indicare: ragione sociale, sede,
codice fiscale, partita IVA, numero d'iscrizione al Tribunale; nonché nome, cognome, luogo e
data di nascita del legale rappresentante), di seguito denominato “locatore”
concede in locazione
al/alla sig. <...> (per le persone fisiche, riportare: nome e cognome; luogo e data di nascita;
domicilio e codice fiscale. Per le persone giuridiche, indicare: ragione sociale, sede, codice
fiscale, partita IVA, numero d'iscrizione al Tribunale; nonché nome, cognome, luogo e data di
nascita del legale rappresentante), di seguito denominato “conduttore”, identificato mediante
<...> (documento di riconoscimento: tipo ed estremi. I dati relativi devono essere riportati
nella denuncia da presentare all'autorità di P.S., da parte del locatore, ai sensi dell’art. 12, D.L.
21 marzo 1978, n. 59 convertito dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nel caso in cui il
conduttore sia cittadino extracomunitario, deve essere data comunicazione all'autorità di P.S.,
ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 286/1998) che accetta, per sé e suoi aventi causa, l'unità
immobiliare posta in <...>, via <...>, n. <...>, piano <...>, scala <...>, int. <...>, composta
di n. <...> vani, oltre cucina e servizi, e dotata altresì dei seguenti elementi accessori (indicare
quali: solaio, cantina, autorimessa singola, posto macchina in comune o meno, ecc.) <...> non
ammobiliata/ammobiliata come da elenco a parte sottoscritto dalle parti.
TABELLE MILLESIMALI: proprietà <...>, riscaldamento <...>, acqua <...>, altre <...>
ESTREMI CATASTALI: <...>
CERTIFICAZIONE IMPIANTI: <...>
CERTIFICAZIONE ENERGETICA <...>
La locazione è regolata dalle seguenti pattuizioni.
Art. 1 – Durata
Il contratto è stipulato per la durata di <...> (non meno di tre) anni, dal <...> al <...>, e alla
prima scadenza, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, e senza che sia
necessaria disdetta per finita locazione, il contratto è prorogato di diritto di due anni, fatta
salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o
effettuare sullo stesso le opere di cui all'art. 3 della legge n. 431/1998, ovvero vendere
l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al citato art. 3. Alla scadenza del periodo di
proroga biennale ciascuna parte ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove
condizioni ovvero per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione
con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In
mancanza della comunicazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle stesse condizioni. Nel
caso in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio alla prima scadenza e non
lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato tale disponibilità, agli usi
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per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto
di locazione alle stesse condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, a un
risarcimento pari a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione corrisposto.
Art. 2 – Canone
Il canone annuo di locazione, secondo quanto stabilito dall'Accordo locale definito tra <...>
(organizzazioni della proprietà edilizia e organizzazioni dei conduttori maggiormente
rappresentative) e depositato il <...>, presso il Comune di <...>, è convenuto in euro <...>,
che il conduttore si obbliga a corrispondere nel domicilio del locatore [ovvero: a mezzo di
bonifico bancario; ovvero: <...>] in n. <...> rate eguali anticipate di euro <...> ciascuna, alle
seguenti date: <...>
[nel caso in cui l'Accordo territoriale di cui al presente punto lo preveda: Il canone viene
aggiornato ogni anno nella misura contrattata del <...>, che comunque non può superare il
75% della variazione ISTAT].
Art. 3 – Deposito cauzionale
A garanzia delle obbligazioni assunte col presente contratto, il conduttore versa al locatore,
che con la firma del contratto ne rilascia quietanza, una somma di euro <...> pari a tre
mensilità del canone, non imputabile in conto canoni e produttiva (salvo che la durata non sia
superiore ad anni quattro, fermo il rinnovo biennale) di interessi legali, riconosciuti al
conduttore al termine di ogni anno di locazione. Il deposito cauzionale così costituito viene reso
al termine della locazione, previa verifica sia dello stato dell'unità immobiliare sia
dell'osservanza di ogni obbligazione contrattuale.
Art. 4 – Oneri accessori
Per gli oneri accessori le parti fanno applicazione della tabella oneri accessori, allegato G al
decreto emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge n. 431/1998, che si
allega al presente contratto sub A.
Il pagamento degli oneri anzidetti deve avvenire in acconto contestualmente alle rate di
canone e in sede di consuntivo entro sessanta giorni dalla richiesta. Prima di effettuare il
pagamento, il conduttore ha diritto di ottenere l'indicazione specifica delle spese anzidette e
dei criteri di ripartizione. Ha inoltre diritto di prendere visione presso il locatore (o il suo
amministratore o l'amministratore condominiale, ove esistente) dei documenti giustificativi
delle spese effettuate. Insieme con il pagamento della prima rata del canone annuale, il
conduttore versa una quota di acconto non superiore a quella di sua spettanza risultante dal
consuntivo dell'anno precedente.
Art. 5 – Spese di bollo e di registrazione
Le spese di bollo per il presente contratto e per le ricevute conseguenti sono a carico del
conduttore.
Il locatore provvede alla registrazione del contratto, dandone notizia al conduttore. Questi
corrisponde la quota di sua spettanza, pari alla metà.
Art. 6 – Pagamento, risoluzione e prelazione
Il pagamento del canone o di quant'altro dovuto anche per oneri accessori non può venire
sospeso o ritardato da pretese o eccezioni del conduttore, quale ne sia il titolo. Il mancato
puntuale pagamento, per qualsiasi causa, anche di una sola rata del canone o di quant'altro
dovuto di importo pari almeno a una mensilità del canone, costituisce in mora il conduttore,
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fatto salvo quanto previsto dall'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
La vendita dell'unità immobiliare locata, in relazione alla quale viene/non viene concessa la
prelazione al conduttore, non costituisce motivo di risoluzione del contratto.
Art. 7 – Uso
L'immobile deve essere destinato esclusivamente a civile abitazione del conduttore e delle
seguenti persone attualmente con lui conviventi <...>
Salvo espresso patto scritto contrario, è fatto divieto di sublocazione, sia totale sia parziale.
Per la successione nel contratto si applica l'art. 6 della legge n. 392/1978, nel testo vigente a
seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 404/1988.
Art. 8 – Recesso del conduttore
E' facoltà del conduttore recedere dal contratto per gravi motivi, previo avviso da recapitarsi
tramite lettera raccomandata almeno sei mesi prima.
Art. 9 – Consegna
Il conduttore dichiara di aver visitato l'unità immobiliare locatagli, di averla trovata adatta
all'uso convenuto e, pertanto, di prenderla in consegna a ogni effetto col ritiro delle chiavi,
costituendosi da quel momento custode della stessa. Il conduttore si impegna a riconsegnare
l'unità immobiliare nello stato in cui l'ha ricevuta, salvo il deperimento d'uso, pena il
risarcimento del danno; si impegna, altresì, a rispettare le norme del regolamento dello stabile
ove esistente, accusando in tal caso ricevuta dello stesso con la firma del presente contratto,
così come si impegna a osservare le deliberazioni dell'assemblea dei condomini. È in ogni caso
vietato al conduttore compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli
altri abitanti dello stabile.
Le parti danno atto, in relazione allo stato dell'unità immobiliare, ai sensi dell'art. 1590 cod.
civ., di quanto segue: <...> (specificare lo stato manutentivo del bene locato).
Art. 10 – Modifiche e danni
Il conduttore non può apportare alcuna modifica, innovazione, miglioria o addizione ai locali di
cui al contratto e alla loro destinazione, o agli impianti esistenti, senza il preventivo consenso
scritto del locatore.
Quanto alle eventuali migliorie e addizioni che venissero comunque eseguite anche con la
tolleranza della parte locatrice, questa avrà facoltà di ritenerle senza obbligo di corrispondere
indennizzo o compenso alcuno, rinunciandovi espressamente il conduttore sin d’ora. In caso
contrario, la parte conduttrice avrà l’obbligo, a semplice richiesta del locatore, anche nel corso
della locazione, della rimessione in pristino a proprie spese.
Il conduttore esonera espressamente il locatore da ogni responsabilità per danni diretti o
indiretti che possano derivargli da fatti dei dipendenti del locatore medesimo nonché per
interruzioni incolpevoli dei servizi.
Art. 11 – Assemblee
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'unità immobiliare locatagli, nelle
deliberazioni dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei
servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Ha inoltre diritto di intervenire, senza
voto, sulle deliberazioni relative alla modificazione degli altri servizi comuni.
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(Quanto stabilito in materia di riscaldamento e di condizionamento d'aria si applica anche ove
si tratti di edificio non in condominio. In tale caso, con l'osservanza, in quanto applicabili, delle
disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini, i conduttori si riuniscono in apposita
assemblea, convocata dalla proprietà o da almeno tre di loro).
Art. 12 – Impianti
Il conduttore, in caso d'installazione sullo stabile di antenna televisiva centralizzata, si obbliga
a servirsi unicamente dell'impianto relativo, restando sin d'ora il locatore in caso di
inosservanza autorizzato a far rimuovere e demolire ogni antenna individuale a spese del
conduttore, il quale nulla può pretendere a qualsiasi titolo, fatte salve le eccezioni di legge.
Per quanto attiene all'impianto termico autonomo, ove presente, vale la normativa del D.P.R.
n. 412/1993, con particolare riferimento a quanto stabilito dall'art. 11, comma 2, del citato
decreto.
Art. 13 – Accesso
Il conduttore deve consentire l'accesso all'unità immobiliare al locatore, al suo amministratore
nonché ai loro incaricati ove gli stessi ne abbiano motivata ragione.
Nel caso in cui il locatore intenda vendere l'unità immobiliare locata, il conduttore deve
consentirne la visita una volta la settimana, per almeno due ore, con esclusione dei giorni
festivi oppure con le seguenti modalità: <...>.
Art. 14 – Varie
A tutti gli effetti del presente contratto, compresa la notifica degli atti esecutivi, e ai fini della
competenza a giudicare, il conduttore elegge domicilio nei locali a lui locati e, ove egli più non
li occupi o comunque detenga, presso l'ufficio di Segreteria del Comune ove è situato
l'immobile locato.
Qualunque modifica al presente contratto non può aver luogo, e non può essere provata, se
non con atto scritto.
Il locatore e il conduttore si autorizzano reciprocamente a comunicare a terzi i propri dati
personali in relazione ad adempimenti connessi col rapporto di locazione (legge n. 675/1996).
Per quanto non previsto dal presente contratto le parti rinviano a quanto in materia disposto
dal codice civile, dalle leggi n. 392/1978 e n. 431/1998 o comunque dalle norme vigenti e dagli
usi locali nonché alla normativa ministeriale emanata in applicazione della legge n. 431/1998 e
all'Accordo territoriale.
Altre clausole: <...>
Letto, approvato e sottoscritto
Luogo e data, <...>
Il locatore, <...>
Il conduttore, <...>
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 1342, secondo comma, cod. civ., le parti specificamente
approvano i patti di cui agli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del presente
contratto.
Il locatore, <...>
Il conduttore, <...>
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Immobili e ipoteche

Un rifiuto ingiustificato di prestare il consenso sembra violare le regole
dei rapporti obbligatori
Chi sta per acquistare un immobile ipotecato potrebbe non fidarsi della futura estinzione e
chiedere che la formalità sia cancellata subito ovvero che venga sottoscritto un atto formale di
assenso
Nicola Graziano, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 3 agosto 2013, n. 32
La sentenza 15435/2013 affronta la problematica del risarcimento dei danni conseguenti
all'omessa cancellazione delle ipoteche e del relativo onere della prova del pregiudizio alla
libera commerciabilità del bene ipotecato giungendo, come si vedrà, ad alcune perentorie e
condivisibili conclusioni sia sulla natura e sul contenuto dell'obbligo gravante sul creditore che,
una volta soddisfatto, deve consentire la liberazione dei beni gravati dalla garanzia ipotecaria
sia sulla natura giuridica della responsabilità del creditore che omette o ritarda di prestare il
proprio consenso alla cancellazione sia, e infine, sulla necessità della concreta dimostrazione
da parte del debitore del pregiudizio sofferto alla libera circolabilità e commerciabilità del bene
(ancora) gravato da iscrizione ipotecaria.
La decisione degli Ermellini, altresì, costituisce occasione per una riflessione più generale circa i
rapporti tra creditore ipotecario e debitore ipotecario in ordine al permanere dell'iscrizione
ipotecaria sia nel caso di avvenuta estinzione dell'ipoteca sia nel caso di estinzione del debito
ipotecario contestualmente alla vendita avente a oggetto lo stesso immobile gravato da ipoteca
(anche, quindi, con riferimento ai riflessi di tale situazione giuridica nei confronti dei terzi che
in qualsiasi modo vengono a contatto con il bene)
Ma occorre procedere con ordine.
Il caso
Tizio cita in giudizio la società Alfa per ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti
per la mancata cancellazione delle ipoteche per il periodo successivo all'estinzione del suo
debito.
Rigettata la domanda in primo grado e confermata la decisione del tribunale in grado di
appello, Tizio ricorre in Cassazione lamentando, per quel che qui interessa, che la mancata
cancellazione dell'ipoteca cui il creditore era obbligato ex articolo 2882 del Cc produce di per
sé, giusta il disposto dell'articolo 2043 del Cc, un danno al debitore, che è da considerarsi in re
ipsa, senza cioè che il debitore sia onerato della prova in concreto di aver deciso di alienare il
bene e di essere stato impossibilitato a farlo in presenza del vincolo ipotecario, dovendosi
ritenere, quanto all'ammontare del danno, che lo stesso possa essere quantificato anche in via
equitativa.
Sennonché da una attenta lettura della sentenza in esame emergono ulteriori profili di
complessità della fattispecie in quanto la parte debitrice, pur consapevole della non completa
estinzione del debito posto a suo carico, lamentava di aver subito danni per il comportamento
colposo della società creditrice che ha determinato il fallimento delle trattative per l'acquisto di
un immobile di sua proprietà in considerazione del fatto che la stessa società Alfa, quasi
integralmente soddisfatta del credito, si era rifiutata di collaborare per la cancellazione
dell'ipoteca, nonostante che parte del ricavato della vendita sarebbe servito a sanare
definitivamente la sua esposizione debitoria, azzerando così il saldo residuo in favore della
società.
Le due ipotesi vanno evidentemente analizzate in modo separato, ma, ancor prima, giova
premettere una ricostruzione di carattere generale sull'istituto della estinzione delle ipoteche,
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con particolare riferimento alla ipotesi della cancellazione dell'iscrizione ipotecaria e alla sua
funzione.
L'estinzione delle ipoteche
Secondo quanto prescritto nel codice civile l'ipoteca si estingue per effetto di una delle cause
indicate, in maniera non tassativa, dagli articoli 2878 e seguenti del Cc e precisamente: per
effetto della cancellazione consentita dalle parti interessate (Cc, articolo 2882) oppure ordinata
con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità
competenti (Cc, articolo 2884) ovvero con la mancata rinnovazione dell'iscrizione entro il
termine indicato dall'articolo 2847 del Cc, con l'estinguersi dell'obbligazione, con il perimento
del bene ipotecato, salvo quanto è stabilito dall'articolo 2742 del Cc, con la rinuncia del
creditore, con lo spirare del termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col verificarsi della
condizione risolutiva, con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto
espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche.
Per quel che qui interessa e quindi tralasciando l'analisi della sopra descritte ipotesi, è
opportuno distinguere tra cause di estinzione che estinguono anche il titolo e che non danno
diritto a una nuova iscrizione e cause che operano soltanto sull'ipoteca. Nel primo caso si
estingue la stessa obbligazione (assistita dalla accessoria garanzia reale ipotecaria che, per
così dire, si estingue in via indiretta e riflessa) mentre, nel secondo caso, l'ipoteca si estingue
direttamente (esempio la mancata rinnovazione dell'ipoteca entro il termine di venti anni che è
assimilabile quoad effectum alla cancellazione dell'ipoteca).
Ipotesi di estinzione in via indiretta o riflessa è disciplinata dall'articolo 2878, comma 1, n. 3,
del Cc laddove è previsto che l'ipoteca si estingue con l'estinzione dell'obbligazione garantita (il
medesimo risultato è prodotto dalla datio in solutum che comporta l'estinzione dell'ipoteca nel
momento in cui si estingue l'obbligazione e cioè quando la diversa prestazione è eseguita e
ancora dalla remissione del debito che in quanto rinunzia al credito si differenzia dalla rinuncia
all'ipoteca che non comporta una rinuncia al credito).
In tal caso, però, bisogna distinguere tra due diversi profili e precisamente: quello riguardante
il creditore per cui l'estinzione dell'obbligazione estingue anche la garanzia ipotecaria che
l'assiste in considerazione della sua accessorietà e quello riguardo ai terzi in relazione ai quali,
visto il carattere di diritto reale dell'ipoteca e il valore costitutivo della relativa iscrizione, è
sempre necessaria anche la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria, con la conseguenza che,
come di seguito si dirà, la permanenza dell'iscrizione, nonostante l'estinzione dell'obbligazione
garantita, può avvenire con pregiudizio per il proprietario dell'immobile costituendo intralcio
alla libera circolazione del bene, potendo i terzi essere ingannati dalla esistenza della sola
formalità pur essendo stato estinto il debito.
Giova, inoltre, ricordare che la legge 40/2007 ha previsto una disciplina derogatoria delle
disposizioni codicistiche quanto alla estinzione delle ipoteche a garanzia di mutui concessi dalle
banche e società finanziarie in quanto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2878, comma
1, n. 3, del Cc, l'estinzione dell'obbligazione non è sufficiente ai fini del venir meno dell'ipoteca
ma è altresì necessario il decorso del termine di trenta giorni senza che si verifichi il fatto
impeditivo dell'estinzione stessa consistente nella dichiarazione di permanenza dell'ipoteca da
parte del creditore (si individua una fattispecie complessa costituita dall'estinzione della
obbligazione e dal decorso del termine di trenta giorni dalla stessa senza che vi sia stata
comunicazione al conservatore da parte del creditore della permanenza dell'ipoteca).
Il meccanismo individuato dal legislatore consiste nella previsione di un obbligo a carico del
creditore di una comunicazione al competente conservatore dell'estinzione dell'obbligazione
senza necessità di richiesta da parte del debitore, con la conseguenza che lo stesso procede,
decorso il termine previsto dalla legge, alla cancellazione dell'iscrizione ipotecaria d'ufficio.
In tal caso la comunicazione non è un atto negoziale ma una dichiarazione di scienza alla quale
la legge ricollega l'effetto giuridico finale dell'obbligo posto a carico del Conservatore di
provvedere alla cancellazione d'ufficio dell'iscrizione ipotecaria decorso il termine di legge.
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La cancellazione dell'iscrizione ipotecaria
Come ricordato, l'articolo 2878, comma 1, n. 1, del Cc prevede che l'ipoteca si estingue con la
cancellazione per cui da tale norma si ricava che la cancellazione, accanto alla sua funzione di
pubblicità notizia in presenza di una causa di estinzione dell'ipoteca, assolve anche la funzione
di causa autonoma di estinzione dell'ipoteca.
Se ne ricava che nel caso in cui la cancellazione svolge la funzione di pubblicità notizia essa
assume un ruolo, per così dire, marginale perché diretta a eliminare un vincolo solo
formalmente esistente, quasi a rendere nota l'esistenza di una causa di estinzione (in via
diretta e riflessa) dell'ipoteca (l'esigenza deriva dalla considerazione che la cancellazione è un
atto pubblicitario con funzione estintiva degli effetti prodotti da un altro atto pubblicitario che,
appunto, è l'iscrizione dell'ipoteca che ha carattere costitutivo e rende opponibile il vincolo
reale iscritto). Viceversa, nell'ipotesi in cui la cancellazione svolge la funzione di causa
autonoma di estinzione dell'ipoteca ciò significa che il diritto reale costituito a garanzia di un
credito si estingue indipendentemente dal debito garantito.
Sennonché appare evidente che la cancellazione non è necessaria per l'efficacia immediata
dell'estinzione ma, come sopra ricordato, se, da una parte, le cause di estinzione dell'ipoteca
producono effetto tra le parti nel momento in cui le stesse si verificano, dall'altra parte, la
permanenza della iscrizione non ancora cancellata, pur in presenza di una ipoteca estinta, può
determinare un pregiudizio alla circolazione del bene gravato da una formalità pregiudizievole
che determina incertezza nei terzi ai quali si intende eventualmente alienare il bene.
Ecco quindi che la permanenza dell'iscrizione ipotecaria in presenza di una causa estintiva
dell'ipoteca può rivelarsi dannosa sorgendo la necessità della cancellazione dell'iscrizione
ipotecaria che si esegue mediante una annotazione sulla base di un atto di assenso da parte
del creditore (cancellazione volontaria) o di un provvedimento giudiziale (cancellazione
giudiziale).
Giova precisare che il consenso prestato dal creditore, a differenza della comunicazione di cui
alla legge 40/2007, è un atto unilaterale non recettizio avente un contenuto autorizzatorio e va
prestato, ai sensi dell'articolo 2882, comma 2, del Cc, secondo le forme degli articoli 2821,
2835 e 2837 del codice civile.
In altre parole, prestando il proprio consenso il creditore autorizza la cancellazione dai pubblici
registri immobiliari del diritto iscritto a suo favore ma tale atto non presenta una causa neutra
in quanto, di volta in volta, se ne individua una diversa funzione.
Esso può, infatti, essere considerato un atto dovuto ogniqualvolta l'ipoteca risulti già essere
stata estinta, essendo il creditore obbligato a prestare il consenso in base a quanto disposto
dall'articolo 1200 del codice civile.
In tale caso, infatti, una volta adempiuto il debito, e quindi estintasi l'ipoteca in quanto
accessoria al credito (come prescritto dall'articolo 2878, comma 1, n. 3, il debitore ha diritto a
riavere i propri beni liberi dalle garanzie reali date per il credito e da ogni altro vincolo che
comunque ne limiti la disponibilità.
Altra funzione riconducibile al consenso alla cancellazione dell'ipoteca è quella della rinuncia
alla iscrizione dell'ipoteca che, a sua volta, può essere rinuncia anche al diritto reale di
garanzia o al solo specifico diritto reale iscritto con possibilità di nuova iscrizione ipotecaria
(evidentemente, però, con nuovo grado ipotecario).
La natura e il contenuto dell'obbligo gravante sul creditore soddisfatto
Orbene tornando alla ipotesi in cui il creditore soddisfatto risulta obbligato a prestare il
consenso alla liberazione del bene ipotecato, ci si deve chiedere quale natura riveste tale
obbligo e in quale comportamento del creditore si deve sostanziare perché possa dirsi lo stesso
esattamente adempiuto.
Sul punto i giudici di legittimità con la sentenza in esame prendono una posizione che,
nonostante qualche raro precedente giurisprudenziale difforme, ha il merito di sgomberare il
campo da interpretazioni diverse e, a giudizio di chi scrive, non condivisibili.
Gli Ermellini, infatti, sostengono in modo chiaro e netto che l'obbligazione del creditore di
prestare il proprio consenso (nelle forme prescritte dalla legge) alla cancellazione dell'ipoteca,
una volta che il debito si è estinto, riveste natura contrattuale.
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E aggiungono che una volta prestato il consenso il creditore ipotecario deve attivarsi nei modi
più adeguati alle circostanze affinché il consenso così prestato pervenga al debitore (così anche
Cassazione 10893/99).
In altre parole, il consenso di per sé solo considerato non è sufficiente a far ritenere adempiuto
l'obbligo del creditore perché l'obbligo si sostanzia in una serie di prestazioni che ne
configurano un contenuto complesso.
È necessario, cioè, che il creditore provveda altresì a far giungere a conoscenza del debitore il
consenso spontaneamente prestato perché solo in tal modo il debitore è in grado di rivolgersi
al conservatore dei registri immobiliari (oggi direttore dell'Ufficio del territorio del ministero
delle Finanze) per ottenere la cancellazione.
La lettura data dalla Cassazione è del tutto coerente con l'affermata natura contrattuale
dell'obbligo di prestare il consenso in quanto il notiziare il debitore della prestazione del
consenso alla cancellazione dell'ipoteca assume i contorni di un comportamento in buona fede
che le parti devono tenere nello svolgimento di un rapporto obbligatorio (doveri di protezione).
Aggiunge la Cassazione che, però, il creditore non è obbligato a chiedere di sua iniziativa la
cancellazione, gravando su chiunque vi abbia interesse l'onere di chiedere la cancellazione e,
quindi, in primo luogo sul proprietario dell'immobile soggetto a vincolo.
Può dirsi, quindi, definitivamente abbandonata la tesi di coloro i quali hanno sostenuto che il
contenuto dell'obbligo del creditore soddisfatto si deve sostanziare anche nel presentare la
nota al conservatore così materialmente provvedendo esso stesso alla cancellazione
dell'iscrizione ipotecaria in quanto la teoria prova troppo così come neppure è da preferire la
tesi opposta in base alla quale, prestato il consenso, il creditore sarebbe liberato perché, come
già detto, il debitore o chiunque via abbia interesse deve essere messo in condizione di poter
ottenere la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria e quindi deve avere nella propria disponibilità
l'atto con cui è stato prestato il consenso, con la conseguenza che solo così può dirsi
esattamente adempiuto da parte del creditore ipotecario il suo obbligo di prestare il consenso.
Natura contrattuale della responsabilità per omesso o ritardato consenso
Ma quali conseguenze si ricavano dal comportamento del creditore soddisfatto che rifiuta,
omette o ritarda di prestare il proprio consenso?
Non vi è dubbio che la conseguenza di tale comportamento genera la condanna del creditore al
risarcimento del danno eventualmente patito dal debitore per la mancata prestazione del
consenso ma, ci si chiede, il creditore è responsabile ex articolo 2043 del Cc (responsabilità
extracontrattuale) o incorre in una responsabilità contrattuale?
I giudici di legittimità, a fronte di una posizione assunta da Tizio, che riecheggia pure varie
pronunce giurisprudenziali che hanno parlato di responsabilità ex articolo 2043 del Cc, secondo
cui la mancata cancellazione dell'ipoteca cui il creditore era obbligato ex articolo 2882 del Cc
produce per sé, ex articolo 2043 del Cc, un danno al debitore in re ipsa, senza che il debitore
sia onerato della prova in concreto di aver deciso di alienare il bene e di essere stato
nell'impossibilità di farlo per la presenza del vincolo, quindi di aver sofferto pregiudizio alla
libera circolabilità e commerciabilità del bene così comportandosi, quanto all'ammontare del
danno stesso, la possibile quantificazione dello stesso in via equitativa ex articolo 1226 del Cc,
rispondono, sia pure in modo non eccessivamente chiaro, che, stante la natura contrattuale
dell'obbligazione del creditore di prestare il consenso alla cancellazione dell'ipoteca, il debitore
doveva dare prova di aver subito il danno, anche perché (tale essendo il punto di non
chiarezza nella motivazione) il creditore non è obbligato a chiedere di sua iniziativa la
cancellazione.
Si può certamente ricavare dalla motivazione della sentenza la convinzione secondo cui la
responsabilità del creditore soddisfatto non va qualificata in termini extracontrattuali, non
violando egli con il suo comportamento inadempiente un obbligo generale di neminem laedere,
in quanto l'obbligo posto a suo carico e il comportamento preteso dal debitore per l'esatto
adempimento delle prestazioni su di esso gravanti fanno certamente propendere a una
qualificazione in termini contrattuali della responsabilità in cui incorre il creditore, trattandosi di
individuare una comportamento inadempiente di una obbligazione preesistente.
Da questo punto di vista può certamente essere utile il richiamo all'articolo 1200 del Cc ovvero
come da alcuno osservato (Busani) si può ritenere l'esistenza di un patto implicito nella
convenzione tra debitore e creditore, finalizzata all'istituzione della garanzia ipotecaria a tutela
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dell'adempimento di un dato rapporto obbligatorio tra essi instaurato, che questi debba alfine
consentire, in ossequio ai principi generali di correttezza e buona fede, la cancellazione del
gravame iscritto sui beni dal primo offerti in cauzione, dovendosi ritenere che al contratto
partecipano fonti diverse di regolamentazione del patto inter partes.
L'accertamento del danno
Quanto ai criteri per l'accertamento del danno la sentenza in commento tace.
Per completezza giova ricordare che la giurisprudenza più volte si è pronunciata sul tema del
tipo di pregiudizio che il proprietario del bene ipotecato può subire dalla mancata cancellazione
dell'ipoteca e sui criteri di quantificazione del danno.
Sotto il primo profilo è stato sostenuto che sono risarcibili i danni conseguenza originanti dalla
permanenza dell'iscrizione ipotecaria sull'immobile pur dopo l'estinzione dell'ipoteca per cui in
tal senso, i danni risarcibili si possono verificare tanto se si perde una o più occasioni di
commerciare il bene, quanto se il bene si riesca a commerciare, subendo tuttavia una qualche
diminuzione delle utilitas che si sarebbero conseguite se il bene fosse stato libero, o un
qualsivoglia altro pregiudizio.
Il pregiudizio deriva cioè dal fatto che i terzi basandosi sull'apparenza ritengono di non dar
peso all'estinzione dell'ipoteca se non cancellata l'iscrizione per cui finché dura tale iscrizione
sussiste una situazione che può creare difficoltà alla commerciabilità del bene, sia
scongiurando eventuali proposte di acquisto di terzi, sia imponendo un onere di dimostrazione
al terzo che voglia acquistare il bene o un diritto su di esso che l'ipoteca non ha più effettività.
La giurisprudenza (Cassazione 9039/94) ha però chiarito che il principio secondo cui alla
mancata cancellazione dell'ipoteca consegue il diritto del debitore al risarcimento del danno - il
quale è in re ipsa e trova la sua causa diretta e immediata nella situazione illegittima posta in
essere dal creditore - si riferisce esclusivamente all'an debeatur, che presuppone soltanto
l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, in base a una valutazione anche di
probabilità o di verosimiglianza, mentre la prova di un concreto pregiudizio economico è
riservata alla fase successiva di determinazione e liquidazione, che non preclude al giudice di
negare la sussistenza stessa del danno ogni qual volta non venga raggiunta una prova seria e
rigorosa sia in relazione a trattative di vendita non concluse proprio a cagione dell'esistenza
dell'iscrizione ipotecaria, sia ai fini dell'effettivo pregiudizio derivatone, se solo si considera,
aggiungono i giudici, che una seria volontà di acquisto consente di superare, approntando
opportune garanzie, anche l'esistenza di un'iscrizione ipotecaria e che comunque non sempre
la mancata vendita di un immobile comporta di per sé un pregiudizio se si tiene conto delle
notorie plusvalenze immobiliari nel tempo.
L'ipotesi della estinzione del debito ipotecario con contestuale vendita del bene
ipotecato
Dalla lettura della motivazione della sentenza emerge, inoltre, una fattispecie di notevole
interesse giuridico.
In effetti la parte debitrice, pur consapevole della non completa estinzione del debito posto a
suo carico, lamenta di aver subito danni per il comportamento colposo della società creditrice
che ha determinato il fallimento delle trattative per l'acquisto di un immobile di sua proprietà in
considerazione del fatto che la stessa società Alfa, quasi integralmente soddisfatta del credito,
si era rifiutata di collaborare per la cancellazione dell'ipoteca, nonostante che parte del ricavato
della vendita sarebbe servito a sanare definitivamente la sua esposizione debitoria, azzerando
così il saldo residuo in favore della società.
Gli Ermellini liquidano la questione in pochissime battute argomentando nel senso che non vi è
stato alcun fatto colposo del creditore, allorché ha ritenuto di non collaborare con la debitrice,
rifiutandosi legittimamente di non prestare il consenso alla cancellazione dell'iscrizione
ipotecaria non essendo estinto il debito nella sua totalità, perché non è configurabile,
nell'ipotesi di specie, un controdiritto del debitore stesso.
La Cassazione precisa che l'obbligo del creditore nasce solo a seguito dell'estinzione dell'intero
debito, anche se il creditore può rinunciare all'integrale adempimento, in base a una scelta di
opportunità e in tal modo derogando alla disciplina codicistica, non avendo la normativa in
parte qua natura di norma imperativa.
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Chi scrive si permette di dissentire.
Se per tutte le cose dette in base al disposto dell'articolo 2878, comma 1, n. 3, del Cc l'ipoteca
si estingue con l'estinzione dell'obbligazione, quando invece l'estinzione del debito avviene
contestualmente alla vendita dell'immobile ipotecato (ovvero alla stipula di un nuovo mutuo
garantito da tale immobile), l'acquirente (che destina parte del prezzo pagato all'estinzione
dell'originario debito garantito da ipoteca sul bene acquistato secondo uno schema proprio
della delegazione di pagamento) e/o la banca che concede il nuovo mutuo possono non
ritenersi sufficientemente tutelati dalla permanenza dell'iscrizione ipotecaria e quindi chiedere
un formale atto di assenso alla cancellazione di ipoteca da sottoscrivere davanti al notaio
contestualmente all'estinzione del debito.
Ecco che chi sta acquistando un immobile gravato da ipoteca (lo stesso vale per la banca che
concede il mutuo all'acquirente) potrebbe non fidarsi della futura ed eventuale cancellazione e
pretendere di chiedere che l'ipoteca venga cancellata ovvero che venga sottoscritto
contestualmente un atto formale di assenso alla cancellazione di ipoteca.
Il rifiuto ingiustificato del creditore ipotecario di prestare il consenso alla cancellazione di
ipoteca contestualmente alla compravendita del bene ipotecato in favore del terzo se, da una
parte, non può essere considerato in violazione di un obbligo derivante solo dalla completa
estinzione del debito garantito, dall'altra parte però, nell'ottica del comportamento di buona
fede che deve regolare tutte le fasi dello svolgimento di un rapporto obbligatorio, può essere
fonte di responsabilità (contrattuale) per violazione del dovere di collaborazione e di solidarietà
che incombe tra le parti di un rapporto obbligatorio, e sempre che, nel caso di una operazione
come sopra descritta definibile in modo atecnico trilatera, il debitore dia piena prova del fatto
che, in presenza di avanzate e serie trattative, il rifiuto del creditore ipotecario sia stato
determinante a far venire meno la chance di vendere a un terzo il bene ipotecato e
contestualmente di estinguere il precedente debito garantito, appunto, da ipoteca, ciò anche in
considerazione della derogabile disciplina prevista dal codice perché, come asserito dagli
Ermellini, non costituente normativa avente natura di norma imperativa.
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Locazioni

L'offerta di riconsegna del bene al proprietario essere effettuata anche
in modo informale
La corresponsione dell’indennità di avviamento non incide sull’adozione del provvedimento di
rilascio, ma sulla sua esecuzione, sicché costituisce una condizione di procedibilità del processo
esecutivo
Eugenio Sacchettini, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 10 agosto 2013, n. 33
È un tira e molla, da un lato il conduttore che non se ne vuole andare finché non ha avuto
l'indennità di avviamento, dall'altra il proprietario che pretende intanto di riavere l'immobile,
magari perché adduce che nella specie l'indennità non sia dovuta o ne discute l'ammontare.
Il problema di cui specificamente si occupa ora la sentenza 15876/2013 attiene agli obblighi
del conduttore che, in considerazione del mancato pagamento dell'indennità di avviamento da
parte del locatore, trattenga il fondo già locatogli nonostante la cessazione del rapporto
locatizio e nonostante che non lo usi più: deve continuare a pagare per l'occupazione? E se sì,
in quale misura?
Assunta violazione della normativa antincendi e carenza del quesito di diritto
Sarebbe stato assai interessante che la sentenza 15876/2013 avesse affrontato anche la prima
obiezione avanzata da parte locatrice relativa all'assunto inadempimento del conduttore per
omessa cessazione dell'attività a seguito d'inosservanza della normativa antincendi,
inadempimento che se giudicato rilevante avrebbe nullificato il suo diritto all'indennità di
avviamento, come si vedrà di seguito; ma la sentenza ha soltanto sfiorato il problema,
ritenendo di non potervi entrare per carenza nella proposizione del quesito di diritto,
trattandosi di ricorso presentato nell'interregno dall'entrata in vigore dell'articolo 366-bis (2
marzo 2006) alla sua caducazione (4 luglio 2009) a opera dell'articolo 47 della legge 18 giugno
2009 n. 69 («Guida al Diritto», dossier mensile 5/2009).
La mannaia continua dunque ancora a colpire (si veda da ultimo su «Guida al Diritto» n.
24/2013, pag. 50). Stavolta l'inammissibilità della doglianza è stata disposta, sotto il profilo
della necessaria congruenza alla violazione dedotta, non potendo il quesito essere astratto e
avulso dalla fattispecie concreta, dovendo invece imprescindibilmente attenere al decisum e
riferirsi specificamente alla ratio decidendi della decisione gravata contrapponendosi
direttamente alla regola di diritto - che si ritiene erroneamente applicata - e indicando sia pure
sinteticamente il principio di diritto che dovrebbe essere applicato nella fattispecie. Comunque,
aggiunge la sentenza, dai fatti emersi in causa risulterebbe esclusa l'esistenza di un effettivo
pericolo di incendio, profilo, quest'ultimo, effettivamente ricollegabile all'interesse del
proprietario locatore. Con la conseguenza che tutt'al più avrebbero potuto essere ravvisati
profili di inadempienza del conduttore non suscettibili di valutazione ai sensi dell'articolo 1455
del Cc, alla stregua delle risoluzioni stesse assunte nella specie dalle autorità competenti.
Le norme a confronto
Nella locazione per usi diversi dall'abitazione (in generale denominati commerciali) alla
cessazione del rapporto locatizio è dovuta dal locatore la cosiddetta indennità di avviamento di
cui all'articolo 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392, comunemente denominata legge dell'equo
canone. Si osserverà che l'obbligo del locatore di corrispondere tale indennità non ricorre in
particolare nel caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, ed è appunto questa
l'ipotesi che più frequentemente si presenta, come proprio nel caso esaminato ora dalla
sentenza 15876/2013, allorché la discussione circa la debenza dell'indennità in questione,
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sfociata in linea giudiziaria, genera un'empasse nella corresponsione della stessa, con
conseguente mancata liberazione dei locali affittati, disponendo il comma 3 del suindicato
articolo 34 che l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata
dall'avvenuta corresponsione dell'indennità; da qui, non potendo il locatore esperire il rilascio
forzoso, il conduttore normalmente ben si guarda dal riconsegnare l'immobile, nonostante che
il provvedimento di convalida dello sfratto ottenuto dal locatore glielo imponga.
Può aggiungersi che non è soltanto la discussione sull'inadempimento del conduttore a
generare controversie circa la spettanza dell'indennità di avviamento, perché non di rado le
contestazioni sorgono pure ove essa venga negata in considerazione del tipo di rapporto già
instaurato, in situazioni a cavallo o affini, quali la locazione di magazzini o depositi adiacenti o
comunque connessi all'esercizio aperto al pubblico. Ma contestazioni possono insorgere anche
in ordine all'entità della corresponsione, e in proposito il comma 4 dell'articolo 34 (aggiunto
dall'articolo 9 del Dl 30 dicembre 1988 n. 551, convertito dalla legge 21 febbraio 1989 n. 61)
nell'indicare che nel giudizio relativo alla spettanza e alla determinazione dell'indennità per la
perdita dell'avviamento, le parti abbiano l'onere di quantificare specificatamente l'entità della
somma reclamata od offerta, dispone che la corresponsione dell'importo indicato dal
conduttore o, in difetto, offerto dal locatore o comunque risultante dalla sentenza di primo
grado consenta, salvo conguaglio all'esito del giudizio, l'esecuzione del provvedimento di
rilascio dell'immobile. Ma le cause, si sa, hanno la loro durata, seppur con questi correttivi. Da
qui, non potendo il locatore esperire il rilascio forzoso, il conduttore non di rado omette di
riconsegnare il fondo, nonostante la pronunciata convalida dello sfratto, e ciò perché il
mancato utilizzo dell'immobile costituisce sovente argomento convincente per far venire il
locatore a più miti consigli.
Ma quali conseguenze comporta la mancata consegna? L'articolo 1591 del Cc, trattando in via
generale dei danni per ritardata restituzione, dispone che il conduttore in mora a restituire la
cosa sia tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo
di risarcire il maggior danno. Indiscutibile che il conduttore, nonostante la incoercibilità del
provvedimento di rilascio, sia in mora nel suo dovere di riconsegna, ma altrettanto indiscutibile
sembra che, in situazioni siffatte, sia pure in mora a propria volta il locatore, nel suo obbligo di
corresponsione dell'indennità di avviamento, obbligazione quest'ultima di tipo pecuniario: e
allora per lui andrebbe applicato l'articolo 1224 del Cc a norma del quale nelle obbligazioni che
hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali,
anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto
alcun danno, disponendo il comma 2 che al creditore il quale dimostri di aver subito un danno
maggiore spetti l'ulteriore risarcimento.
Le reciproche inadempienze
La normativa quindi viene a configurare un rapporto di interdipendenza tra diritto alla
restituzione e obbligazione di pagamento dell'indennità. Nelle obbligazioni condizionate se il
debitore di una prestazione la deve a condizione che l'altra esegua in suo favore una
prestazione cui ha diritto, il debitore della prima può condizionare la propria offerta
all'esecuzione di quella del proprio debitore. Altrimenti, in mancanza di reciproche offerte di
quanto rispettivamente dovuto, non si verifica la mora né per l'una né per l'altra parte del
rapporto. Avevano già osservato le sezioni Unite con sentenza 14 aprile-15 novembre 2000 n.
1177 (su «Guida al Diritto» n. 47/2000, pag. 56) - allora a proposito dell'indennità di
avviamento dovuta ex articolo 67 della legge n. 392 del 1978 per le locazioni commerciali in
regime transitorio - che se la richiesta del locatore di riavere indietro l'immobile, non
accompagnata dall'offerta dell'indennità, non vale a porre in mora la controparte,
specularmente, l'offerta di restituzione del bene locato, a condizione che venga corrisposta
l'indennità di avviamento, non esonera il conduttore dal pagamento del canone. E d'altronde si
è già visto che il comma 4 dell'articolo 34 della legge n. 392 del 1978 tende a far trovare un
punto d'incontro fra i contendenti in rapporto alla soluzione più rapida delle rispettive pretese.
Il problema però rimane allorché ambedue le parti del rapporto rimangan ferme nelle rispettive
pretese, non eseguendo quanto di loro rispettiva competenza e quindi ci si trovi di fronte a una
duplice inadempienza, quella del locatore nella corresponsione dell'indennità e quella del
conduttore nella restituzione dell'immobile.
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Obbligo di restituzione dei locali affittati
E la sentenza 15876/2013 si adegua, come peraltro le successive decisioni in argomento,
all'autorevole precedente delle sezioni Unite del 2000 (sentenza n. 1177), pronunciato in
ordine alla correlativa ipotesi prevista dall'articolo 67 della legge n. 392: anche nell'ipotesi
allora trattata il conduttore aveva rifiutato di restituire l'immobile in carenza della
corresponsione dell'indennità di avviamento, ma le sezioni Unite, a seguito di un minuzioso
esame di opposti precedenti in argomento, erano giunte a pronunciare il principio di diritto
secondo cui nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, disciplinate dagli
articoli 27 e 34 della legge n. 392 del 1978, scaduto il contratto, il conduttore, che rifiuti la
restituzione dell'immobile in attesa di ricevere dal locatore il pagamento dell'indennità per
l'avviamento a lui dovuta, è obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto, ma solo di
questo.
Escluso il diritto di ritenzione
Viene pure escluso dalla sentenza 15876/2013 che spetti al conduttore alcun diritto di
ritenzione, inteso come mezzo di autotutela posto a garanzia del creditore possessore, a cui
venga eccezionalmente consentito di impedire il provvedimento di rilascio del bene; ed
effettivamente nel citato articolo 34 della legge n. 392 la corresponsione dell'indennità di
avviamento non condiziona l'adozione del provvedimento di rilascio, ma la sua esecuzione,
sicché costituisce una condizione di procedibilità del processo esecutivo. Ma, aggiunge la
sentenza, il conduttore può costituire in mora il locatore in rapporto al suo obbligo di
corrispondere l'indennità di avviamento.
L'offerta di restituzione
E come determinare la mora credendi? Mediante previa offerta di restituzione del bene secondo
quanto prescritto dall'articolo 1216 del Cc risponde la sentenza 15876/2013: in base al comma
1 di tale norma (rubricata «Intimazione di ricevere la consegna di un immobile») se deve
essere consegnato un immobile, l'offerta consiste nell'intimazione al creditore di prenderne
possesso, precisandosi che tale intimazione dev'essere fatta nella forma prescritta dal comma
2 dell'articolo 1209 del Cc, disposizione questa che prevede l'offerta di cose mobili da
consegnare in luogo diverso, nel qual caso essa consiste nell'intimazione al creditore di
riceverle, fatta mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione. E già
la stessa terza sezione con sentenza 26 aprile 2002 n. 6090 che aveva individuato in essa
l'unica via per il conduttore - cioè con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (si veda per
la tariffazione la nota ministero della Giustizia 18 luglio 2012) non essendo a tale fine
viceversa idonea l'intimazione a riceverlo inviata al locatore a mezzo lettera raccomandata tuttavia, conformemente adesso alla sentenza 15876/2013, ammetteva che l'intimazione così
effettuata potesse valere peraltro quale offerta non formale ai sensi dell'articolo 1220 del Cc e,
se illegittimamente rifiutata dal locatore, escludesse la mora del conduttore nell'adempimento
dell'obbligo di restituzione, e conseguentemente escludesse pure per il conduttore, l'obbligo di
pagare al locatore il corrispettivo convenuto previsto dall'articolo 1591 del Cc riferendosi detta
norma espressamente al conduttore in mora.
Al difuori dunque di un'offerta, almeno informale, di restituzione dell'immobile, l'ex inquilino
deve continuare a pagare finché detiene l'immobile, non essendo neppure applicabile la
previsione di cui all'articolo 1460 del Cc (il principio cioè secondo cui inadimplenti non est
adimplendum) in quanto la relativa eccezione giustifica soltanto il proprio inadempimento, ma
non costituisce un rimedio contro l'inadempimento altrui.
Un rapporto ex lege
La decisione si colloca sulla scia della sentenza n. 7179 pronunciata il 25 marzo 2010 ancora
dalla terza sezione. E essa rileva che dal momento della cessazione del rapporto di locazione
sino a quello del pagamento dell'indennità si viene a instaurare tra le parti un rapporto ex
lege geneticamente collegato al precedente, fondato per una parte sulla protrazione della
detenzione del bene e per l'altra sul pagamento di un corrispettivo coincidente con quello del
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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rapporto contrattuale. Viene pure esclusa la facoltà, per il conduttore, di rendere gratuita la
detenzione in ragione del mancato utilizzo del bene, mancando nella specie il sinallagma
giustificativo del compenso: si tratta invece di una unilaterale decisione del conduttore, e può
osservarsi che non è questo l'unico caso in cui il canone va comunque pagato a vuoto, anche
cioè quando l'immobile non è utilizzato: si è vista assai recentemente la sentenza 24 maggio
2013 n. 12977 (su «Guida al Diritto» n. 26/2013, pag. 34) ancora della terza sezione, che ha
ritenuto tale obbligo di continuare a corrispondere il canone sussistere in capo al locatario
nell'ipotesi di rifiuto a ricevere l'immobile danneggiato da parte del locatore.
Incombe quindi al conduttore in attesa di ricevere l'indennità di avviamento, ove rifiuti la
restituzione dell'immobile, pur non essendo in mora, di rimanere comunque obbligato a
versare al locatore una somma pari al corrispettivo che avrebbe dovuto pagare in costanza del
contratto. Corrispettivo corrispondente al canone convenuto, ma solo di questo, non essendo
applicabile il sopracitato articolo 1591 del Cc in assenza di mora.
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Casi pratici
 Economia e fiscalità
 IL 4% PER LA VILLA CHE SARÀ VENDUTA DAL COMMITTENTE
D. Sulla base di un contratto d'appalto stipulato tra una società immobiliare e una impresa di
costruzioni, dovrà essere realizzata un villa quadrifamiliare a uso residenziale "chiavi in mano",
con caratteristiche non di lusso (come definito dal Dm 2 agosto 1969), senza locali commerciali
e uffici. Quale aliquota Iva deve applicare la società appaltatrice per la fatturazione dei lavori,
tenendo conto del Dm 2 agosto 1969, del fatto che il fabbricato verrà venduto da parte del
committente e del fatto che nel progetto non è prevista la presenza di locali a uso
commerciale? La legge " Tupini" è applicabile anche senza locali a uso commerciale?
----R. Se la società immobiliare svolge l'attività di costruzione per la successiva vendita, è
possibile chiedere l'aliquota ridotta del 4 per cento, così come previsto dalla voce 39 della
tabella A, parte III, allegata al Dpr 633 del 26 ottobre 1972. Diversamente, si applica l'aliquota
del 10 per cento. Quanto al secondo quesito, si rileva che i cosiddetti fabbricati " Tupini", di cui
all'articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, possono anche essere composti soltanto da
unità abitative.
(Giampaolo Giuliani, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde , 5 agosto 2013

IL RIFACIMENTO DEL BAGNO «AUTORIZZA» GLI ARREDI
D. Le detrazioni per l'acquisto di mobili per l'arredo sono possibili solo in caso di
ristrutturazione della casa con la Dia (dichiarazione di inizio attività)? Se rifaccio il bagno, ci
sono possibilità di detrazioni fiscali?
----R. La risposta è affermativa. L’articolo 16, comma 2, Dl 63/2013, prevede che ai contribuenti
che fruiscono della detrazione per le ristrutturazioni delle abitazioni (detrazione del 50% sino a
96.000 euro), è altresì riconosciuta una detrazione dall'imposta lorda, fino a concorrenza del
suo ammontare, nella misura del 50 per cento delle ulteriori spese documentate per l'acquisto
di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione è calcolata
su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro (detrazione massima pari a 5.000
euro, da recuperare in 10 rate di 500 ciascuna, in sede di dichiarazione dei redditi).
L’agevolazione spetta in favore dei contribuenti persone fisiche che, dal 6 giugno 2013,
effettuano pagamenti per lavori di recupero edilizio su singole unità immobiliari residenziali,
per i quali è stata richiesta la detrazione del 50%. La detrazione per i mobili è collegata
principalmente agli interventi effettuati esclusivamente su unità immobiliari residenziali, relativi
a: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia.
Pertanto, il rifacimento del bagno sicuramente consente l’applicazione della detrazione per
l’acquisto dei mobili. Sotto il profilo urbanistico, la detrazione per i mobili non è collegata alla
presenza di lavori edili abilitati da Dia (dichiarazione di inizio attività), ma è necessario il
rispetto delle norme urbanistiche previste dal regolamento edilizio comunale (anche una Scia,
cioè una segnalazione certificata di inizio attività, consente l’applicazione della detrazione per i
mobili).
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde , 5 agosto 2013)

Agevolazioni sulla casa - DOPPIA OPZIONE PER SCALARE I CONDIZIONATORI
D. Con le nuove regole, i condizionatori a pompa di calore ad alta efficienza sono ancora
detraibili? Se lo sono, possono fruire, in alternativa alla detrazione per ristruttrazioni edilizie
del 50%, di quella per risparmio energetico (con idonea documentazione) al 65%?
----R. L’articolo 14 del Dl 63/2013 prevede la proroga della detrazione Irpef/Ires per la
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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riqualificazione energetica degli edifici esistenti (55%), che si applica nella misura del 65% per
le spese sostenute dal 1° luglio al 31 dicembre 2013, con inclusione degli interventi di
sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore, tenuto conto delle modifiche
apportate in sede di conversione in legge del Dl 63/2013. In alternativa, le spese per i
condizionatori con pompa di calore fruiscono della detrazione del 50% prevista, fino al 31
dicembre 2013, dall’articolo 16, Dl 63/2013. Sia se si opti per la detrazione del 65% che per la
detrazione del 50%, non è necessario, per l'applicazione dei benefici fiscali, che l'installazione
del condizionatore con pompa di calore comporti l'esecuzione di opere murarie che non sono
indispensabili.

LE NUOVE PERSIANE TRAINANO L'AGEVOLAZIONE SUGLI ARREDI
D. Sono un privato e ho acquistato una casa indipendente, di nuova costruzione, nell'anno
2011; nello stesso anno ho sfruttato l'agevolazione fiscale del 36% in 10 anni relativamente ai
costi di costruzione del box. Nel 2012 ho installato un impianto di antifurto sfruttando
l'agevolazione fiscale 50% detraibile in 10 anni. Quest'anno sto installando le persiane su una
facciata della casa, in un punto in cui non erano previste dal capitolato. Posso, nel corso del
2013, acquistare dei mobili (cameretta) e sfruttare il relativo bonus? Ovviamente, il
pagamento avverrebbe a mezzo bonifico per ristrutturazioni e rimarrei all'interno dei massimali
previsti di 96.000 euro più 10mila per i mobili.
----R. La risposta è affermativa, a condizione che vengano eseguiti pagamenti per le persiane a
partire dal 6 giugno 2013 e sino al 31 dicembre 2013. L’articolo 16, comma 2, Dl 63/2013,
prevede che ai contribuenti che fruiscono della detrazione per le ristrutturazioni delle abitazioni
(detrazione del 50% sino a 96.000 euro), è altresì riconosciuta una detrazione dall'imposta
lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 50 per cento delle ulteriori
spese documentate, per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di
ristrutturazione. La detrazione, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari
importo, è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro, che si va ad
aggiungere al limite dei 96.000 previsto per le ristrutturazioni edilizie. L’agevolazione spetta in
favore dei contribuenti persone fisiche che, dal 6 giugno 2013 sostengono spese per interventi
di recupero edilizio su singole unità immobiliari residenziali (anche per installazione o
sostituzione persiane), per i quali è stata richiesta la detrazione del 50% (articolo 16 bis Tuir
917/86 e articolo 11, Dl 83/2012, convertito in legge 134/2012; articolo 16, Dl 63/2013; guida
al 36%-50% su www.agenziaentrate.it). In tal caso, le spese per l’acquisto dei mobili diretti ad
arredare tale abitazione fruiscono della detrazione.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde, 5 agosto 2013)
 Locazioni
 IL VERSAMENTO DI 67 EURO SEGUE LO SFRATTO
D. Sono parte locatrice di un contratto ad uso commerciale. Il giudice ha convalidato lo sfratto
per morosità del conduttore e sono in attesa del rilascio dell’immobile. Vorrei sapere se è vero
che devo effettuare il versamento di 67 euro per la chiusura del contratto entro 30 giorni dalla
data della sentenza di sfratto e non dalla data di rilascio dell’immobile, perché è con la
sentenza di sfratto che cessano gli effetti giuridici del contratto.
----R. Effettivamente, il versamento di 67 euro quale adempimento fiscale relativo alla cessazione
del contratto deve essere effettuato entro 30 giorni dalla pronuncia giudiziale, che sancisce la
cessazione del contratto di locazione. Gli eventuali importi che dovessero essere recuperati
successivamente alla pronuncia di risoluzione giudiziale del contratto costituiscono solo il
risarcimento dei danni per l'occupazione senza titolo dell'immobile da parte del conduttore
moroso.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde , 26 agosto 2013)
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47

SE UN COMPROPRIETARIO DEVE ABITARE L'IMMOBILE
D. Mia madre possiede un appartamento in comproprietà con suo fratello. Da due anni
l’immobile è locato con un contratto 4+4. Ora, mia madre si trova nella necessità di occuparlo.
È possibile, indipendentemente dalla volontà del fratello, rescindere il contratto di affitto tra
due anni, oppure è necessario attendere la naturale scadenza tra 6 anni?
----R. L'intenzione di uno dei comproprietari locatori, di adibire l'immobile concesso in locazione a
terzi, a propria abitazione, costituisce uno dei motivi in forza dei quali l'articolo 3 della legge
431 del 1998 consente la cessazione del rapporto alla prima scadenza di quattro anni. La
comproprietaria-locatrice può quindi comunicare al conduttore il diniego di rinnovazione del
rapporto specificando la propria intenzione, come previsto dalla norma citata. In caso di
disaccordo con l'altro comproprietario circa il diniego di rinnovazione del contratto, si dovrà far
ricorso al giudice, ai sensi dell'articolo 1105 del Codice civile: il giudice darà i provvedimenti
del caso. Si nota, peraltro, che l'eventuale opposizione di uno dei due comproprietari alla
richiesta di restituzione dell'immobile alla prima scadenza contrattuale di quattro anni non
risulta giustificata in caso di offerta, da parte dell'altro comproprietario che intende utilizzare
direttamente l'immobile, di corrispondere 50% del canone pagato dall'attuale conduttore.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde , 26 agosto 2013)
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È LECITO L'ACCORDO SUL DEPOSITO CAUZIONALE
D. In un contratto di locazione commerciale, le parti convengono la cessazione anticipata del
contratto. Il locatore riceve da parte del conduttore l'assenso a trattenere la caparra a suo
tempo versata a titolo di saldo e a stralcio per il pagamento dei canoni. Questo comportamento
è corretto?
----R. Il quesito prospetta un'ipotesi di risoluzione consensuale anticipata del rapporto di
locazione: in tal caso si devono regolare tra le parti tutte le reciproche pendenze, compresa
quella della cauzione, dovendosi intendere il termine "caparra" utilizzato dal lettore come
"deposito cauzionale", vale a dire l'importo versato dal conduttore al momento della stipula del
contratto a garanzia della buona riconsegna dei locali al termine del rapporto. Nel quesito si
parla di un consenso del conduttore per l'utilizzo della "caparra" quale pagamento a saldo e
stralcio degli arretrati. In tal modo, si dà luogo ad una compensazione tra reciproci debiti e
crediti: da un lato il conduttore dovrebbe saldare gli arretrati di canoni e spese; dall'altro il
locatore dovrebbe restituire il deposito cauzionale una volta verificato lo stato dei locali. Questi
due adempimenti possono essere realizzati contestualmente con compensazione dei reciproci
rapporti di dare e avere, dandosi vita ad un comportamento sostanzialmente corretto in quanto
soddisfa le pretese di entrambi.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde, 26 agosto 2013)
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INVERSIONE CONTABILE NEL CAMPO DELL'EDILIZIA
D. Occasionalmente, quando gli immobili sono sfitti, e prima di cercare nuovi inquilini, una
società di pura gestione immobiliare per conto di terzi proprietari si occupa di far eseguire
opere di ripristino. In questi casi procede a contattare società o artigiani, che svolgono lavori in
ambito edilizio, e affida loro le opere. Questi fatturano alla società di gestione che, poi,
riaddebita il tutto ai suoi clienti (sia privati che società). Si chiede se, nell'ambito del rapporto
tra la società di gestione immobiliare e i diversi esecutori dei lavori, sia applicabile il
meccanismo del reverse charge.
----R. La risposta è affermativa. Nel caso esposto dal lettore, ricorrono le condizioni oggettive e
soggettive per l'applicazione del "reverse charge" (circolare 37/E del 29 dicembre 2006). In
particolare, per quanto riguarda l'aspetto soggettivo, il regime speciale trova applicazione se
un soggetto svolge "nella sostanza" un'attività rientrante nel settore edile, anche se il suo
codice attività non è tra quelli della sezione F della tabella Ateco, fermo restando l'obbligo di
comunicare l'attività secondaria svolta (risoluzione 172/E del 13 luglio 2007). Secondo un
consolidato orientamento della Corte di cassazione, non può considerarsi come "occasionale"
un'attività che si protrae nel tempo per una durata apprezzabile, anche se finalizzata al
compimento di un'unica operazione (risoluzione dell'agenzia delle Entrate 111/E/2008).
(Giorgio Confente, Il Sole 24 ORE - L'Esperto Risponde, 15 luglio 2013)
FIAIP News24, Numero 2 - Settembre 2013
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