Riassunti e guida alle escursioni - utmea
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Riassunti e guida alle escursioni - utmea
Università di Messina Dipartimento di Scienze della Terra Messina 5-8 Maggio 2003 "Il contributo dello studio delle antiche linee di riva alla comprensione della dinamica recente. Escursioni nello Stretto di Messina" Riassunti e guida alle escursioni a cura F.Antonioli & C.Monaco Università di Messina Dipartimento di Scienze della Terra Messina 5-8 Maggio 2003 "Il contributo dello studio delle antiche linee di riva alla comprensione della dinamica recente. Escursioni nello Stretto di Messina" Riassunti e guida alle escursioni a cura F. Antonioli & C. Monaco Con il patrocinio dell’AIQUA, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina, del Dipartimento di Scienze Geologiche delle Università di Catania, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Napoli, dell’ENEA e della Brunel University di Londra. Comitato organizzatore: Laura Bonfiglio Fabrizio Antonioli Comitato Scientifico: Fabrizio Antonioli – ENEA, Roma Laura Bonfiglio - Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Messina Luigi Carobene - Dipartimento per lo studio del Territorio e delle sue Risorse, Università di Genova Luigi Ferranti - Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Napoli I. Sebastiano Di Geronimo - Dipartimento di Scienze Geologiche, Università di Catania Steve Kershaw - Neotectonic Group, Brunel University, Londra, UK Carmelo Monaco - Dipartimento di Scienze Geologiche, Università di Catania Pirazzoli Paolo Antonio – CNRS, Parigi, Francia L'organizzazione del Congresso è stata possibile grazie ai contributi economici del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina, del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Catania e dell’ENEA (UTS PROT), unitamente al lavoro di: F. Antonioli, L. Bonfiglio, F. Geremia, S. Lanza e C. Monaco. INDICE Programma . . . . . . . . . . pag. 5 RELAZIONI INTRODUTTIVE Ferranti L. & Oldow J.S. - Latest Miocene to Quaternary horizontal and vertical displacement rates during simultaneous contraction and extension in the Southern Apennines orogen, Italy. . . . . . . . Tortorici L., Bianca M. & Monaco C. – Active tectonics and uplift in the Calabrian Arc and eastern Sicily. . . . . . . . Barrier P. & Di Geronimo I. - I movimenti verticali plio-pleistocenici dello Stretto di Messina. . . . . . . . . . Bonfiglio L. - I depositi Tirreniani a Strombus bubonius e l’evoluzione tardo Pleistocenica delle due sponde dello Stretto di Messina. . . . . Kershaw S. & Antonioli F. -Holocene coastal geomorphology and deposits of eastern Sicily and southern Calabria: evidence of uplift. . . . . Neri G. – Crustal structure and recent earthquake activity in northeastern Sicily and surrounding areas. . . . . . . . . pag. 7 pag. 9 pag. 9 pag. 10 pag. 11 pag. 13 VARIAZIONI DEL LIVELLO DEL MARE Martini I. P., W. Ying, Z. Dakui, Z. Yongzhan & T. Wenwu – Barriere costiere sabbiose e coralline sviluppatesi durante le fluttuazioni del livello marino quaternarie nel sud dell'isola di Hainan, Cina. . . . . Antonioli F., Carulli G.B. & Marocco R. - The enigma of submerged marine notches in northern Adriatic Sea. . . . . . . . Iannone A., Mastronuzzi G. & Sansò P. - The Campomarino beach sequence: a new evidence of a Holocene sea-level high stand in a stable coastal area (southern Apulia).. . . . . . . . . . . Antonioli F., Kershaw S., Renda P., Rust D., Belluomini G., Cerasoli M., Radtke U. & Silenzi S. - Altitude of the last interglacial highstand in Sicily (Italy) and its implications for tectonic. . . . . . . Monaco C., Antonioli F., De Guidi G., Lambeck K., Tortorici L. & Verrubbi V. - Sea-level change and tectonic uplift during the Holocene in the Catania Plain (eastern Sicily). . . . . . . . pag. 14 pag. 17 pag. 19 pag. 23 pag. 26 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA QUATERNARIA Bonfiglio L., Formica S., Geremia F., Lanza S., Mangano G. & Randazzo G. – Evoluzione morfotettonica tardoquaternaria di Capo Tindari (Sicilia nordorientale). . . . . . . . . . Torrisi S., Catalano S., De Guidi G., Monaco C. & Tortorici L. - Geometria delle sequenze marine terrazzate medio-suprapleistoceniche lungo il bordo settentrionale dell’avanfossa Gela-Catania (Sicilia Orientale). . . Lucchi F., Tranne C.A., Calanchi N., Pirazzoli P., Romagnoli C. & Rossi P.L. – Late-Quaternary and recent sea-level changes and vertical displacements in the Aeolian Arc (Southern Tyrrhenian Sea). . . . . Bianca M. & Caputo R. - Studio integrato di terrazzi marini e fluviali ed analisi morfotettonica: l’esempio della bassa Val d’Agri. . . . . 3 . pag. 29 . pag. 30 . pag. 33 . pag. 36 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA OLOCENICA Selleri G., Mastronuzzi G. & Sansò P. - Morphological evidences of recent tectonic activity along the eastern coast of Salento peninsula (southern Italy). . Antonioli F., Lambeck K., Kershaw S., Rust D., Sylos Labini S., Segre A.G., Verrubbi V., Belluomini G., Dai Prà G., Ferranti L., Improta S. & Vesica P. – Evidence for non-uniform uplift rates in southern Italy (Calabria and eastern Sicily: Taormina, St. Alessio, Ganzirri, Scilla, Ioppolo, Capo Rizzuto) on glacialcycle timescales. . . . . . . . . . Orrù P.E., Antonioli F., Verrubbi V., Lecca C., Pintus C. & Porcu A. – Evoluzione olocenica della piana costiera di Cagliari: dati preliminari. . . pag. 38 pag. 41 pag. 44 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA SUBATTUALE E SUOI EFFETTI Esposito A., Antonioli F., Anzidei M., Baldi P., Benini A., Capra A., Costantino N., Del Grande C., Gabbianelli G., Gianfrotta P., Nobili A., Surace F. & Tertulliani A. – Evidenza di tettonica recente a Briatico (Calabria) da uno studio multidisciplinare. . . . . . . . De Guidi G., Catalano S., Monaco C. & Tortorici L. - Morphological evidence of Holocene coseismic deformation in the Taormina region (NE Sicily). . . Anzidei M., Baldi P., Casula G., Cenni N., Galvani A., Loddo F., Pesci A. & Serpelloni E. – Cinematica del Mediterraneo centrale da reti GPS permanenti e non permanenti. . . . . . . . . . Clemente P. - Movimenti tettonici nella zona dello Stretto: effetti sul Ponte. . pag. 45 pag. 48 pag. 50 pag. 52 POSTER Colizza E., Cuppari A., Fanucci F. & Morelli D. - Morfologia ed evoluzione dei canyons di Bovalino e Siderno (margine ionico) in rapporto alla tettonica dell'Arco Calabro. . . . . . . . . . De Pippo T., Donadio C., Miele P. & Valente A. -Forme di paleo-stazionamento del livello del mare ed evoluzione tardo-quaternaria del tratto di costa tra Marina di Minturno e Punta Cetarola (Lazio, Italia). . . . . . . Silenzi S., Molinaro A. & Zarattini A. -Rilevamento geomorfologico subacqueo dell’Isola di Palmarola (Lazio): evidenze di movimenti neotettonici differenziali. . Dumas B., Gueremy P. & Raffy J. - Determinazione del tasso di sollevamento dall'analisi geomorfologica in Calabria meridionale. . . . . pag. 54 pag. 56 pag. 59 pag. 62 Guida alle escursioni . . . . . . . . pag. 63 Escursione a Taormina . . . . . . . . pag. 64 Escursione a Milazzo . . . . . . . . pag. 66 Escursione a Scilla . . . . . . . . pag. 71 Escursione a Campo Piale . . . . . . . . pag. 74 Elenco dei Partecipanti . . . . . . . . pag. 79 4 "Il contributo dello studio delle antiche linee di riva alla comprensione della dinamica recente. Escursioni nello Stretto di Messina" Messina 5-8 Maggio 2003 Programma 17.20-17.45 Discussione delle Relazioni introduttive LUNEDÌ 05.05.2003 12.00-12.30 Incontro dei partecipanti nell’Aula Magna della Biblioteca centralizzata della Facoltà di Scienze MM. FF. NN – 3° piano. 17.45-19.00 VARIAZIONI DEL LIVELLO DEL MARE Chairman Italo Di Geronimo 12.30-12.45 Indirizzo di saluto da parte del Prof. Giacomo Maisano, Preside della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. 17.45-18.10 Martini I. P., Ying W., Dakui Z., Yongzhan Z. & Wenwu T. - Barriere costiere sabbiose e coralline sviluppatesi durante le fluttuazioni del livello marino quaternarie nel sud dell'isola di Hainan, Cina. 12.45-13.00 Problematiche scientifiche e note organizzative - L. Bonfiglio & F. Antonioli 13.00-14.30 Pranzo presso la mensa della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. 18.10-18.35 Antonioli F., Carulli G.B. & Marocco R. - The enigma of some submerged marine notches in northern Adriatic Sea. 14.30-17.30 RELAZIONI INTRODUTTIVE Chairman Giuseppe Dai Prà 18.35-19.00 Iannone A., Mastronuzzi G. & Sansò P. - The Campomarino beach sequence: a new evidence of a Holocene sea-level high stand in a stable coastal area (southern Apulia).. 14.30-14.55 Ferranti L. & Oldow J.S. - Latest Miocene to Quaternary horizontal and vertical displacement rates during simultaneous contraction and extension in the Southern Apennines orogen, Italy. 19.00 Rientro agli alberghi in autobus MARTEDÌ 06.05.03 14.55-15.20 Tortorici L., Bianca M. & Monaco C. – Active tectonics and uplift in the Calabrian Arc and eastern Sicily. 9.00-9.50 VARIAZIONI DEL LIVELLO DEL MARE Chairman Bernard Dumas 15.20-15.45 Barrier P. & Di Geronimo I. - I movimenti verticali plio-pleistocenici dello Stretto di Messina. 9.00-9.25 Antonioli F., Kershaw S., Renda P., Rust D., Belluomini G., Cerasoli M., Radtke U. & Silenzi S. - Altitude of the last interglacial highstand in Sicily (Italy) and its implications for tectonic. 15.45-16.10 Bonfiglio L. - I depositi Tirreniani a Strombus bubonius e l’evoluzione tardo pleistocenica delle due sponde dello Stretto di Messina. 9.25-9.50 Monaco C., Antonioli F., De Guidi G., Lambeck K., Tortorici L. & Verrubbi V. - Sealevel change and tectonic uplift during the Holocene in the Catania Plain (eastern Sicily). 16.10-16.30 Pausa caffè 16.30-16.55 Kershaw S. & Antonioli F. Holocene coastal geomorphology and deposits of eastern Sicily and southern Calabria: evidence of uplift. 9.50-11.45 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA QUATERNARIA Chairman Steve Kershaw 9.50-10.15 Bonfiglio L., Formica S., Geremia F., Lanza S., Mangano G. & Randazzo G. Evoluzione morfotettonica tardoquaternaria di Capo Tindari (Sicilia nord-orientale). 16.55-17.20 Neri G. - Crustal structure and recent earthquake activity in northeastern Sicily and surrounding areas. 5 14.55-15.20 De Guidi G., Catalano S., Monaco C. & Tortorici L. - Morphological evidence of Holocene coseismic deformation in the Taormina region (NE Sicily). 10.15 – 10.30 pausa caffè 10.30-10.55 Torrisi S., Catalano S., De Guidi G., Monaco C. & Tortorici L. - Geometria delle sequenze marine terrazzate mediosuprapleistoceniche lungo il bordo settentrionale dell’avanfossa Gela-Catania (Sicilia Orientale). 15.20-15.45 Anzidei M., Baldi P., Casula G., Cenni N., Galvani A., Loddo F., Pesci A. & Serpelloni E. – Cinematica del Mediterraneo centrale da reti GPS permanenti e non permanenti. 10.55-11.20 Lucchi F., Tranne C.A., Calanchi N., Pirazzoli P., Romagnoli C. & Rossi P.L. – Late Quaternary and recent sea-level changes and vertical displacements in the Aeolian Arc (Southern Tyrrhenian Sea). 15.45-16.10 Clemente P. - Movimenti tettonici nella zona dello Stretto: effetti sul Ponte. 16.10-16.30 Pausa caffè 11.20-11.45 Bianca M. & Caputo R. Studio integrato di terrazzi marini e fluviali ed analisi morfotettonica: l’esempio della bassa Val d’Agri. 16.30-17.15 Presentazione delle Escursioni 17.15-18.00 Discussione 11.45-13.00 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA OLOCENICA Chairman G.B. Carulli 18.00-18.30 Sessione Poster Colizza E., Cuppari A., Fanucci F. & Morelli D. – Morfologia ed evoluzione dei canyons di Bovalino e Siderno (margine ionico) in rapporto alla tettonica dell'Arco Calabro. De Pippo T., Donadio C., Miele P. & Valente A. -Forme di paleo-stazionamento del livello del mare ed evoluzione tardoquaternaria del tratto di costa tra Marina di Minturno e Punta Cetarola (Lazio). Silenzi S., Molinaro A. & Zarattini A. Rilevamento geomorfologico subacqueo dell’Isola di Palmarola (Lazio): evidenze di movimenti neotettonici differenziali. Dumas B., Gueremy P. & Raffy J.Determinazione del tasso di sollevamento dall'analisi geomorfologica in Calabria meridionale. 11.45-12.10 Selleri G., Mastronuzzi G. & Sansò P. - Morphological evidences of recent tectonic activity along the eastern coast of Salento peninsula (southern Italy). 12.10-12.35 Antonioli F., Lambeck K., Kershaw S., Rust D., Sylos Labini S., Segre A.G., Verrubbi V., Belluomini G., Dai Prà G., Ferranti L., Improta S. & Vesica P. - Evidence for nonuniform uplift rates in southern Italy (Calabria and eastern Sicily: Taormina, St. Alessio, Ganzirri, Scilla, Ioppolo, Capo Rizzuto) on glacial-cycle timescales. 12.35-13.00 Orrù P.E., Antonioli F., Verrubbi V., Lecca C., Pintus C. & Porcu A. – Evoluzione olocenica della piana costiera di Cagliari: dati preliminari. 20.00 – Cena sociale MERCOLEDÌ 07.05.03 13.00-14.30 Pranzo presso la mensa della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. 08.00 Partenza in autobus per Taormina, escursione in barca, pranzo a Letoianni. 14.30 Partenza in autobus per Milazzo, escursione a Capo Milazzo. 14.30-16.10 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA SUBATTUALE E SUOI EFFETTI Chairman Luigi Tortorici 20.00 Rientro agli alberghi in autobus 14.30-14.55 – Esposito A., Antonioli F., Anzidei M., Baldi P., Benini A., Capra A., Costantino N., Del Grande C., Gabbianelli G., Gianfrotta P., Nobili A., Surace F. & Tertulliani A. – Evidenza di tettonica recente a Briatico (Calabria) da uno studio multidisciplinare. GIOVEDÌ 08.05.03 08.00 partenza in autobus per Scilla, escursione a piedi e in barca, pranzo a Scilla. 14.30 probabile breve escursione a Campo Piale. 16.00 Partenza in autobus per gli aeroporti 6 The distribution of focal mechanisms of moderate to large sized earthquakes (Gasparini et al., 1985; Amato and Montone, 1997) indicates spatially segregated modes of deformation. Whereas NE-SW extension occurs in the mountain belt, compressional focal mechanisms are concentrated in the easterly offshore of Apulia. A laterally inhomogeneous displacement field is also recorded by GPS velocities (Anzidei et al., 2001; Oldow et al., 2002), which indicate simultaneous contraction and extension in the eastern and western part of Southern Italy, respectively The availability of tight age controls on structures development, abundant well information, and several markers of vertical displacement, makes the Southern Apennines suitable for estimates of long-term deformation rates. In this study, we combine and jointly evaluate the pattern of vertical and horizontal displacement of regional markers over a significant geologic time interval. The pattern of regional 4-D displacement in the Southern Apennines is complex and reflects different tectonic processes. Uplift rates in adjacent domains differ depending whether extension or contraction was active. The inner zone records sustained uplift from the latest Miocene to Late Pleistocene and is marked by coeval extensional faulting. Uplift probably reflects isostatic response to crustal delamination that apparently contributed to the onset of regional extension (Channell and Mareschal, 1989; Doglioni, 1991). Through time, the eastern margin of the hinterland migrated northeasterly and kept pace with thrust front migration. In contrast, Latest Miocene to Early Pleistocene transport of the thrust front was not accompanied by uplift, which only began after the horizontal expression of regional shortening slowed. Quaternary uplift of the frontal-foreland region may reflect distributed shortening and is consistent with contractional earthquakes and GPS velocities (Oldow et al., 2002) Latest Miocene to recent horizontal and vertical displacements within the Southern Apennines orogen were essentially constant for periods of 106 years, and rate changes were relatively abrupt; occurring over time intervals of 105 years or less. Rates integrated over million year intervals appear to reflect a characteristic time scale for steady-state deformation in southern Italy. In contrast, the significance of rates estimated over shorter time intervals (e. g. 130 ka or less) is less clear, and reflects contribution from nontectonic sources (e. g. gladio-hydroeustasy) or might illustrate a significant reorganization of the regional deformation pattern of the frontal thrust belt and foreland. What remains unresolved, however, is whether the short-duration displacements reflect new conditions of steady-state deformation or transient conditions associated with the change from one deformation state to another. References Amato, A. and Montone, P. ,1997. Present-day stress field and active tectonics in southern peninsular Italy. Geophysical Journal International 130, 519-534. LATEST MIOCENE TO QUATERNARY HORIZONTAL AND VERTICAL DISPLACEMENT RATES DURING SIMULTANEOUS CONTRACTION AND EXTENSION IN THE SOUTHERN APENNINES OROGEN, ITALY Luigi Ferranti1 & John S. Oldow2 1 Dip. di Scienze della Terra, Universita’ di Napoli Federico II, Largo S. Marcellino 10, 80138 Napoli, Italy - [email protected]. 2 Department of Geological Sc., University of Idaho, Moscow, Idaho, 83844, US The relation between vertical and horizontal displacement rates integrated over the long-term evolution of a whole orogenic belt is poorly established in the current literature. Rates of deformation in the short- (geodetical-geophysical) and in the long(geological) term are often compared in studies dealing from single faults up to plate boundaries, however the interplay between vertical and horizontal components, their spatial variability, and their temporal behavior on a >1 m.y. scale have not been fully addressed. Estimate of such relations has a strong impact on models of orogenic balance since for most orogens the appropriate temporal scale to resolve between steadystate from episodic motion is unknown. Within simple contractional systems with constant boundary conditions and a consistent imbrication history, coupling between horizontal and vertical changes in displacement rates is expected. This relation may be more complex where different tectonic processes overlap temporally and over laterally adjacent structural domains as in the case of the Southern Apennines of Italy. Neogene imbrication in the Southern Apennines evolved in concert with the protracted collision of Europe and Africa, and deformation of the Adriatic block (Channel et al., 1979 Dewey et al., 1989). Miocene to Early Quaternary easterly emplacement of the Southern Apennines onto the Apulia foreland was conveyed by roll-back and sinking of the subducting Adriatic slab (Malinverno and Ryan, 1986; Royden et al., 1987; Doglioni, 1991). Foreland migration of shortening in the Apennines was accompanied by stretching in the hinterland to the west, and contractional structures of the inner and coastal regions were overprinted by latest Pliocene-Quaternary highangle normal faults (D’Argenio et al., 1975; Ferranti et al., 1996; Ferranti and Oldow, 1999) developed in response to easterly migration of Tyrrhenian sea rifting and crustal delamination (Channel and Mareschal, 1989; Doglioni, 1991). Contractional and extensional tectonics accompanied to differential patterns of uplift and subsidence in conterminous sectors. Generally, the detailed pattern of uplift is mostly unknown and accurate estimates are only available for the last 130 ka (Bordoni and Valensise, 1998), or locally since the Middle Pleistocene (Amato, 2000). 7 Patacca, E., and Scandone, P., 1989, Post Tortonian mountain building in the Apennines. The role of the passive sinking of a relict lithospheric slab, in . Boriani, A., et al., The Lithosphere in Italy. Advances in Earth Science Research; Atti Accad. Naz. Lincei Cl. Sci. Fis. Mat. Nat. Rend., 80, 157176, Pieri, P., and 7 others., 1997, Tettonica quaternaria nell’area Bradanico-Ionica: Il Quaternario, v. 10, p. 535-542. Royden, L., Patacca, E. and Scandone, P., 1987, Segmentation and configuration of subducted lithosphere in Italy: An important control on thrustbelt and foredeep-basin evolution: Geology, v. 15, 714-717. Amato, A., 2000, Estimating Pleistocene tectonic uplift rates in the South-Eastern Apennines (Italy) from erosional landsurfaces and marine terraces, in Slaymaker O., ed., Geomorphology, human activity and global environmental change: John Wiley & Sons, Ltd., p. 67-87. Anzidei, M., Baldi, P., Casula, G., Galvani, A., Mantovani, E., Pesci, A., Riguzzi, F., Serpelloni, E., 2001, Insights on present-day crustal motion in the Central Mediterranean area from GPS surveys: Geophysical Journal International, v. 146,p. 98-110. Bordoni, P. and Valensise, G., 1998, Deformation of the 125 ka marine terraces in Italy: tectonic implications, in I. Stewart and C. Vita-Finzi, eds., Coastal Tectonics, Geological Society of London Special Publication 146, p. 71-110. Channell, J.E.T., and Mareschal, J.C., 1989, Delamination and asymmetric lithospheric thickening in the development of the Tyrrhenian Rift: Geological Society of London Special Publication 45, p. 285-302. Channell, J.E.T., D’Argenio, B., and Horvath, F., 1979, Adria, the African Promontory, in Mesozoic Mediterranean paleogeography: Earth Science Reviews, v. 15, p. 213-292. D’Argenio, B., Pescatore, T., and Scandone, P., 1975, Structural pattern of the Campania-Lucania Apennines: Quaderni de ‘La ricerca scientifica,’ CNR, v. 90, p. 312-327. Dewey, J.F., Helman, M.L., Turco, E., Hutton, D.H.W., and Knott, S.D., 1989, Kinematics of the Western Mediterranean, in Coward, M.P., Dietrich, D., and Park, R.G., eds., Alpine Tectonics: Geological Society of America Special Publication 45, p. 265-284. Doglioni, C., 1991, A proposal of kinematic modelling for W-dipping subductions. Possible applications to the Tyrrhenian-Apennines system: Terra Nova, v. 3, p. 423-434. Ferranti, L., Oldow, J.S., and Sacchi, M., 1995, PreQuaternary extension in the Southern Apennine belt, Italy: Arcuation and orogen-parallel collapse: Tectonophysics, v. 260, p. 325-347. Ferranti, L. and Oldow, J.S., 1999, History and tectonic implications of low-angle detachment faults and orogen-parallel extension, Picentini Mountains, Southern Apennines fold and thrust belt, Italy. Tectonics, v. 18, p. 498-526. Gasparini, G., Iannaccone, G. and Scarpa, R., 1985, Fault-plane solutions and seismicity of the Italian peninsula: Tectonophysics, v. 117, p. 59-78. Malinverno, A. and Ryan, W.B.F., 1986, Extension in the Tyrrhenian Sea and shortening in the Apennines as a result of arc migration driven by sinking of the lithosphere: Tectonics, v. 5, p. 227-245. Oldow J.S., Ferranti L., Lewis D.S., Campbell J.K., D’Argenio B., Catalano R., Pappone G., Carmignani L., Conti, P., and Aiken, C.L.V., 2002, Active fragmentation of Adria based on Global Positioning System velocities and regional seismicity: Geology, v. 30, p. 779-782. Down: Long-Term deformation frame. Map of the Southern Apennines showing tectonic belts, distribution of piggy-back basins in the frontal belt (OB=Ofanto basin), vertical markers of displacement used in calculation of uplift rates, and location of the thrust front. Wells used in calculation of horizontal displacement: Ac=Acerno; Co=Contursi; Cc=Ciccone; Ma=Maschito; Rn=Rendina. Up Short-Term deformation frame. Map of the Southern Apennines showing the array of mostly active Quaternary normal faults, epicentral distribution of recent earthquakes (M>3), and fault-plane solutions for moderate to large (M>4) earthquakes. Seismicity data from USGS, Harvard CMT, Mednet, and Gasparini et al (1985). Black dots are location of PGA sites (Peri-Tyrrhenian GPS array) including IGS site Matera, used as proxy of recent horizontal displacement rates. 8 ACTIVE TECTONICS AND UPLIFT IN THE CALABRIAN ARC AND EASTERN SICILY I MOVIMENTI VERTICALI PLIO-PLEISTOCENICI DELLO STRETTO DI MESSINA Luigi Tortorici 1, Marcello Bianca2 & Carmelo Monaco1 Pascal Barrier1 & Italo Di Geronimo2 1 IGAL/IPSL, 13, bl. De l’Hautil 95092 CergyPontoise Cedex France, p.barrier @igal.fr 2 Dipartimento di Scienze Geologiche, Sez. di Oceanologia e Paleoecologia, Corso Italia, 55 Catania 95129, Italy, [email protected] 1 Dip. di Scienze Geologiche, Università di Catania, Corso Italia 55, 29129 Catania, Italy - [email protected] 2 D.S.G.G., Università della Basilicata, Campus Macchia Romana, 85100, Potenza, Italia Lo Stretto di Messina, durante il Pliocene e il Pleistocene, è stato interessato da importanti movimenti verticali, contemporanei a processi di sedimentazione in ambiente marino. Per esempio, depositi litorali del Pleistocene medio-inferiore affioranti a più di 1100 metri sull’Aspromonte, sono coevi delle marne batiali che si rinvengono ad altezze di circa 400 metri sul versante calabro dello Stretto; depositi di spiaggia tirreniani a Strombus bubonius raggiungono altezze di 130 m e sedimenti di spiaggia post-tirreniani sono presenti a 70 metri. Per quantificare al meglio entità e tassi di sollevamento sono state seguite in parallelo due linee di ricerca: - studio stratigrafico delle successioni del Pliocene e del Pleistocene, con metodo biostratigrafico (brachiopodi, molluschi, foraminiferi, coccoliti), paleomagnetico e radiometrico (K/A, C 14, U/Th), che ha permeso di datare meglio i livelli sollevati; - studio dettagliato della sedimentazione e delle paleobiocenosi che ha portato a una ricostruzione più accurata e dettagliata delle paleoprofondità di deposito. Ne risulta la messa in evidenza di movimenti verticali a larga scala, con più di 1100 m durante gli ultimi 400.000 anni per le zone dell’ Area dello Stretto di Messina le piu sollevate. Inoltre, mentre la velocità media di sollevamento è di circa 2mm l’anno, vengono evidenziate variazioni nel tempo e nello spazio comprese tra 1,5 e 3, 6 mm l’anno. The Calabrian Arc is one of the areas of the central Mediterranean where the effects of intense Quaternary tectonics are well preserved. The most impressive tectonic feature in this region is represented by a prominent normal fault belt that runs more or less continuously along the inner side of the Calabrian Arc and extend, through the Strait of Messina, along the Ionian coast of eastern Sicily as far as the Hyblean Plateau. The distinct normal fault segments, which during Late Pliocene-Early Pleistocene times have controlled the evolution of major marine sedimentary basins, have lengths ranging from 10 km to 45 km. They exhibit huge fault escarpments showing a youthful morphology which defines the fronts of the main mountain ranges of the region (Catena Costiera, Aspromonte, Serre, Peloritani and Hyblean Plateau). Morphological features of fault escarpments and the age of the faulted rocks suggest slip rates of 0.5-1.0 mm/yr for the last 700 Kyr (Middle PleistoceneHolocene), reaching values of about 2.0 mm/yr in the areas characterized by active volcanism. In the coastal areas, active normal faulting caused the formation of spectacular flights of marine terraces which are the result of the interaction between regional and tectonic uplift and Quaternary cyclic sea-level changes. From a seismological point of view, the Calabrian Arc and eastern Sicily represent a very active area characterized by crustal earthquakes, the largest of which reached in the last nine centuries an intensity of X-XI (6<M≤7.4). The occurrence of intermediate and deep focus earthquakes located along the inner side of the arc, beneath the southern Tyrrhenian Sea, is associated to the existence of a slab of Ionian lithosphere. The distribution of crustal seismicity shows that most of the events which have occurred in the area are located in the hangingwalls of the main Quaternary normal faults thus suggesting a relationship between seismic activity and extensional structures. Geological observations, together with seismo- logical data, indicate that normal faulting in the Calabrian arc and eastern Sicily results from the development of a main rift zone, related to an overall ESE-WNW extension, which also controls the evolutionary history of the magmatism in the region. 9 tirreniana, ma che non mettono in discussione la uguale entità del tasso di sollevamento tardo pleistocenico in tutta la Sicilia nord-orientale. Data la diversa tipologia delle evidenze relative al ciclo tirreniano sulle due sponde dello Stretto di Messina risulta difficile un calcolo dettagliato dei tassi di sollevamento nelle due aree, e una precisa correlazione, anche in presenza di corrette datazioni numeriche. Datazioni di esemplari di Glycymeris Glycymeris provenienti dallo stesso orizzonte dei depositi marini della collina di S. Francesco di Archi (Reggio Calabria), ubicati alla quota di 90 metri, hanno dato risultati molto differenti (27 ka, con il metodo del radiocarbonio e 125 ka con il metodo della epimerizzazione dell’isoleucina) e costituiscono prova della limitata affidabilità dei dati geocronometrici, se non confermati da dati paleontologici e/o stratigrafici. I DEPOSITI TIRRENIANI A STROMBUS BUBONIUS E L’EVOLUZIONE TARDOPLEISTOCENICA DELLE DUE SPONDE DELLO STRETTO DI MESSINA Laura Bonfiglio Dipartimento di Scienze della Terra – Università degli Studi di Messina, Via Sperone, 31 98166 S. Agata di Messina, [email protected] Nelle aree a intensa attività tettonica i depositi terrazzati di ambiente infralitorale, se correttamente datati, costituiscono il migliore strumento per la valutazione dei tassi di sollevamento i quali possono essere ricavati solo utilizzando la massima quota attuale dei depositi marini del corpo sedimentario, solitamente localizzati sul margine interno del terrazzo. I depositi litorali a Strombus bubonius, datati a 125 ka (stadio 5e della curva degli isotopi stabili dell’ossigeno) costituiscono il principale elemento di riferimento per la valutazione dei tassi dei sollevamenti tardopleistocenici nell’area del Mediterraneo occidentale. I depositi tirreniani a Strombus bubonius della sponda calabrese dello Stretto di Messina, i più elevati di quota di tutto il Mediterraneo occidentale, sono noti fin dall’inizio del secolo scorso, mentre risale solo al 1983 la prima segnalazione di sabbie a Strombus bubonius al Capo Peloro, finora unica per la Sicilia nord orientale. I depositi a Strombus bubonius costituiscono la porzione di ambiente marino del corpo sedimentario di due terrazzi estesi rispettivamente tra le quote di 135 e 80 metri nella Sicilia nord orientale e tra le quote di 150 e 60 metri sulla sponda calabrese dello Stretto. In Sicilia, nelle aree ove è presente un substrato di calcari mesozoici, al di sotto dell’unica superficie di terrazzo sono state messe in luce due successive piattaforme di abrasione, delle quali solo la più recente, che ha margine interno alla quota di 105 metri, si può attribuire al ciclo Tirreniano. Il corpo sedimentario, formato da depositi continentali di pianura costiera, solo a Milazzo a al Capo Peloro conserva depositi marini sottostanti a quelli continentali. In Calabria la litologia del substrato, prevalentemente detritico, impedisce di metter in luce i dettagli relativi alla piattaforma di abrasione mentre i depositi marini a Strombus bubonius del corpo sedimentario, singolarmente spessi, raggiungono la quota massima di 135 metri nei classici depositi di Bovetto e di Ravagnese, ove sono ricoperti da depositi continentali di spessore variabile. In Sicilia una più recente e finora non datata piattaforma di abrasione, al cui margine interno sono associati fori di Litodomi, si estende alla quota di 30 m, solo su substrato carbonatico e/o metamorfico. Lungo le aree costiere siciliane (Capo Tindari, Penisola di Milazzo, Capo Peloro, area del porto di Messina) sono presenti le evidenze di localizzati episodi di abbassamento delle aree marginali, che hanno anche parzialmente interessato gli stessi depositi tirreniani, e dunque di età post- 10 Capo St. Alessio, where deeply cut notches in a large limestone block include an undated uplifted notch at +2 m; this has been interpreted as equivalent to the +5 m notch elsewhere, displaced down to +2 m on the downthrown side of a local coast-intersecting fault (Rust and Kershaw 2000). The limestone headland at Capo Milazzo preserves three undated notches with a roof at +2 m, above which the bedrock is dominated by subaerial erosion. Slower uplift of this area than of Taormina, during the late Pleistocene, is indicated by the notch pattern and also the lower altitude of Eutyrrhenian terrace than at Taormina (+115 m, Antonioli et al. This volume). In the Ganzirri area (between Messina and Capo Peloro), ceramics fragments of Piano Conte style Lipari island, characteristic of the Neolithical period 4,600 ± 400 yr BP - were found into the littoral dune at 3,0 m above present sea-level. Archaeological and stratigraphic data have led to point out the period of the emergence of the littoral dune and the setting up of Ganzirri lagoon and have permitted to calculate a tectonic uplift rate of the Capo Peloro Peninsula ranging between 0.8 mm a-1 and 0.4 mm a -1 during the last 5 kyr (Antonioli et al. submitted). HOLOCENE COASTAL GEOMORPHOLOGY AND DEPOSITS OF EASTERN SICILY AND SOUTHERN CALABRIA: EVIDENCE OF UPLIFT Steve Kershaw1 & Fabrizio Antonioli2 1 Dept. of Geography and Earth Sciences., Brunel University, Uxbridge, Middlesex, UB8 3PH UK [email protected] 2 ENEA, Via Anguillarese 301, 00060 S. Maria di Galeria, Rome, Italy Eastern Sicily coastline can be divided into the following parts, from N to S: 1) NE Sicily of the AppenineMaghrebian Chain; 2) Monte Etna volcanic region; 3) Catania Plain of the collision zone between Europe and Africa; 4) Hyblean Plateau of the African Plate foreland. Evidence and interpretations of coastal movement in these 4 parts are summarized here, with indication of controls. Note that notches occur in limestones, while encrusting reef rims are found on the limestones and volcanics that comprise the coastal rocks of eastern Sicily. 2) Monte Etna coastline volcanics do not preserve tidal notches, but Lithophaga shells collected from a reef at Aci Trezza show Holocene uplift at rates possibly as high as 3.0 mm/y (Firth et al. 1996). Lack of sea-level sensitive species in the Aci Trezza reef suggests that it grew in deeper water. The reef is strongly and irregularly eroded, and suggestions that it contains uplifted notches (Kershaw 2000) are unlikely to be correct. 1) NE Sicily shows well-developed Holocene erosional coastal forms, with tidal notches cut into well-cemented limestones, and some locations show uplifted organic remains that are sea-level sensitive (e.g. Dendropoma and coralline algae such as Lithophyllum byssoides, Molinier & Picard,1953; Antonioli et al., 1999; Kershaw 2000). At Taormina and St. Alessio the limestone coast lacks the present-day tidal notch; this important morphological information allows us to be sure that uplifting is presently active. A prominent notch with well-defined roof lies at c.+5 m above bmsl in the Taormina area, above which no evidence of Holocene marine influence is seen, and therefore marks the maximum height of relative sea level during Holocene sea-level rise. This deeply cut notch is dated at 4880±60 14 C years (5067 cal BP) at Capo St. Alessio (Stewart et al. 1997), and approximates to the mid-Holocene deceleration of sea-level rise. Overall, Holocene coastal uplift rates (c. 1.4 mm/y) exceeded sea-level rise. The floor of +5m notch is eroded, and lower notches are poorly displayed (Rust and Kershaw 2000); only at c.+2 m is an obvious notch present. A comprehensive survey of underwater geomorphology in Mazzaro Bay, Taormina (Antonioli et al., 2003) shows no submerged tidal notches; instead abrasion notches and subaerial karst are displayed; thus the history of relative sea-level change shows a sustained rise during deglaciation, with a deceleration in mid-Holocene, followed by coastal uplift that is more rapid than sea-level rise. However coastal uplift was slow enough for erosion to remove notch floors. Among local variations, the most prominent is at 3) The Catania Plain has revealed evidence of Holocene uplift (Monaco et al., this Volume), and may be slowly uplifing. Problematically, the coastline does not have rocky outcrops, so that notch formation cannot be observed; therefore the behaviour of this area remains open to interpretation. 4) The Hyblean Plateau has no clear evidence of Holocene uplift (MIS 5.5 terrace at +15 m suggests very slow uplift rate, but this interpretation contrasts that of Bianca et al., (1999), who put the MIS 5.5 at +85m); the presence of a well carved present day marine notch on the Augusta coast should exclude uplift. Active notches are cut into bedded limestone at Monte Tauro, where structural weaknesses are suspected to cause other notches at higher levels. Nearby at Capo St. Croce, an exposed fault plane that dips into the sea has an active notch at modern sea level, but an uplifted notch is sloping, indicating structural control, and therefore poor evidence of uplifted marine erosion in the Holocene. Relationships between the 4 areas and models of crustal behaviour indicate that east Sicily is tectonically complex. The quasi-stability of the Hyblean foreland and 11 now for all the sites in eastern Sicily and Calabria the possibility to compare the predicted curves for each site with the uplifted data and calculate more precise uplift data (see this Volume). the Catania Plain foredeep are probably due to the locked subduction zone beneath Sicily, but uplift in Etna and NE regions are less easy to explain. It is unlikely that crustmantle elastic-viscoelastic models can provide a reason for the differences in movement rates, and those differences are more reasonably explained by the complex tectonics relating to the Calabrian arc, although the exact mechanisms remain unclear. References Alessio M., Allegri L., Antonioli F., Belluomini G., Improta S., Manfra L., Preite M., 1998 La curva di risalita del Mare Tirreno negli ultimi 43 ka ricavata da datazioni su speleotemi sommersi e dati archeologici. Memorie Descrittive del Servizio Geologico Nazionale, 52, 261-276. Antonioli F., Chemello R. Improta S, & Riggio S. 1999. The Dendropoma (Mollusca Gastropoda, Vermetidae) intertidal reef formations and their paleoclimatological use. Marine Geology 161, 155-170. Antonioli, F., Kershaw, S., Rust, D. and Verrubbi, V., 2003. Holocene sea-level change in Sicily and its implications for tectonic models: new data from the Taormina area, northeast Sicily. Marine Geology, 196, 53-71. Antonioli, F., Kershaw, S., Renda, P., Rust, D., Belluomini, G., Cerasoli, A., Radtke, U. & Silenzi, S. (2002) Altitude of the last interglacial highstand in Sicily (Italy) and its implications for tectonic. This Volume. Antonioli F., Segre A.G., Sylos Labini S. (submitted) New data on late Holocene uplift rate in Calabria and Messina strait area, Italy. Quaternary Science Revue. Bianca M., Monaco C., Tortorici L., Cernobori L.,1999. Quaternary normal faulting in southeastern Sicily (Italy):a seismic source for the 1693 large earthquake. Geophysical Journal International 139, 370 -394. Fairbanks R.G., 1989. 17000-year glacio-eustatic sea level record: ifluence of glacial melting rates on the Younger Dryas event and deep-ocean circulation. Nature 342, 637-642. Firth, C., Stewart, I., McGuire, W., Kershaw, S. and Vita-Finzi, C. 1996. Coastal elevation changes in eastern Sicily: implications for volcano instability at Mount Etna. pp 153-167 in: McGuire, W., Jones, A. and Neuberg, J. (eds.). Volcano instability on the Earth and Other Planets. Geological Society of London, Special Publication No. 110. Kershaw, S. 2000. Quaternary reefs of northeastern Sicily: structure and growth controls in an unstable tectonic setting. Journal of Coastal Research, 16(4), 1037-1062. Lambeck K., Antonioli F., Purcell A., Silenzi S. (submitted) Sea level change along the Italian coast for the past 10,000 yrs. Quaternary Science Revue. Molinier, R., Picard, J., 1953. Notes biologiques a propos d’un voyage d’etude sur les cotes de Sicile. Ann. Inst. Oceanogr. 28, 4, 163–188. Morhange C., Laborel J., Hesnard, A., 2001. Changes of relative sea level during the past 5000 years in the The southern Calabria coastline is characterized by high water energy of waves hitting steep cliffs that descend direcly into the sea. The morphological record is not preserved because the lithologies are not limestones, for these reasons uplifted Holocene deposits have not been discovered up to 2001. New findings in 3 sites between Scilla and Cannitello show an uplifted fossil beach between 2 and 4 m above present sea-level. Radiocarbon dating of marine shells collected at 3-3.4 m has given ages ranging between 2,700 and 3,900 ± 150 yr cal B.P. The new 14C dates and amended sea-level curves are used to show that in the coast between Villa S.Giovanni and Scilla the tectonic uplift over the past 2,7-3,9 kyr has been proceeding at an average rate of 1.5-1.8 mm a-1 (Antonioli et al., submitted). Also at Ioppolo (Antonioli et al., this volume) was found a fossil beach between 1.5 and 2.5 m showing 14C ages compraised between 5.4 and 5.7 kyrs cal BP. In eastern Calabria, Pirazzoli et al., 1997, found at Capo Rizzuto an Holocene deposit at 0.9 m, 2.9 kyrs cal BP. All these data, the greater part of which was published at different times (between 1996 and the Present), were used to calculate the corresponding uplift rates, using different sea level curves (Fairbanks et al.1989, Morhange et al 2001, Alessio et al, 1996) containing different isostatic values. Sea level change along the Italian coast is the sum of eustatic, glacio-hydro-isostatic, and tectonic factors. The first is time-dependent while the latter two also vary with location. Of the latter, the glacio-hydro-isostatic part exhibits a well-defined pattern and is readily predictable whereas the tectonic component exhibits a less regular pattern that is of generally shorter wavelength and less predictable. Together these components result in a complex spatial and temporal pattern of relative sea level change around the central Mediterranean coast-line, observations of which provide information on earthrheology, on rates of vertical tectonic movements, and on the global ice-ocean balance during glacial cycles. A recent work (Lambeck et al., submitted) has predicted the sea level curve for different sites in Italy, with new models for the eustatic and glacio-hydro-isostatic contributions to Holocene sea level change where the latter have been calibrated against data from 23 tectonically stable sites in Italy. In particular we have 12 ancient Harbour of Marseilles, southern France. Palaeogeogr. Palaeoclimatol. Palaeoecol.166, 319-329. C. Monaco, F. Antonioli., G. De Guidi, K. Lambeck, L. Tortorici and V. Verrubbi Tectonic uplift and sea-level change during the Holocene in the Catania Plain (eastern Sicily), This Volume. Rust, D. and Kershaw, S. 2000. Holocene tectonic uplift patterns in northeastern Sicily: evidence from marine notches in coastal outcrops. Marine Geology, 167, 105126 Stewart, I., Cundy, A., Kershaw, S. and Firth, C. 1997. Holocene coastal uplift in the Taormina area, norteastern Sicily: implications for the southern prolongation of the Calabrian seismogenic belt. Journal of Geodynamics, 24, 37-50. CRUSTAL STRUCTURE AND RECENT EARTHQUAKE ACTIVITY IN NORTHEASTERN SICILY AND SURROUNDING AREAS Giancarlo Neri Dipartimento di Scienze della Terra, Messina University - [email protected] Northeastern Sicily is well known to be a major seismogenic area in the Mediterranean, having been struck in the past by up to magnitude 7-7.5 earthquakes. It is located in a region where the most recent tectonic investigators suggested passive subduction of a Ionian lithospheric slab which actively subducted beneath the Tyrrhenian before Middle-Upper Miocene and changed to a gravity-induced roll-back mechanism in more recent times. Roll-back is believed to have played a remarkable role with regard to the southern Tyrrhenian opening and southeastward kinematics of the southern Tyrrhenian lithosphere. Recent improvement of seismometric monitoring in the study region has allowed the collaborating seismological teams of Messina University Earth Science Department, Cosenza University Physics Department and Catania National Institute of Geophysics and Volcanology to perform a quite accurate investigation of the local crustal structure by application of SIMULPS tomographic inversion codes. P and S wave arrival times from more than 2000 seismic events also including artificial sources have been used for computation of the 3D velocity distribution in the upper 40 Km beneath the area including Sicily, Calabria, the southeastern Tyrrhenian sea and the western Ionian sea near the Sicily and Calabria shorelines. The pretty good inversion resolution level has allowed the collaborating team to evidence the different crustal domains and the main structural features in the study region. Based on this tomography, the shallow earthquakes occurring between 1978 and 2001 in the study area have been analyzed for accurate hypocenter locations and estimates of seismogenic fault and stress parameters. A series of simulation tests have been performed to evaluate the significance of the earthquake space distribution obtained and whether it was influenced by network geometry problems related to the sea and the lack of ocean bottom seismometers. The results reveal two main seismic strain domains, an extensional one on the eastern side of the study area (Messina Straits and Calabria) and a mostly compressional domain to the West. The seismological findings are compared with the geostructural and tectonic information reported in the literature for the study region. 4.8 m uplifted marine notches at Taormina (late Holocene) 13 BARRIERE COSTIERE SABBIOSE E CORALLINE SVILUPPATESI DURANTE LE FLUTTUAZIONI DEL LIVELLO MARINO QUATERNARIE NEL SUD DELL'ISOLA DI HAINAN, CINA I. Peter Martini 1,Wang Ying2, Zhu Dakui2, Zhang Yongzhan2 & Tang Wenwu2 1 2 Department of Land Resource Science, University of Guelph, Guelph, ON, Canada - [email protected]; The Key Laboratory of Coast and Island Development, Nanjing University, Nanjing, China - [email protected] Hainan Island is composed of Paleozoic--Mesozoic geological "terranes", some of Gondwana origin. It has a highly indented coastline with promontories and embayments localized and dissected by variously oriented normal faults. To the north, basaltic eruptions have occurred during the Cenozoic until mid-Pleistocene, and some large deltas have also developed. During the Pleistocene glacial times, much of the surrounding shallow South China Sea was exposed, and was re-inundated upon deglaciation. Relative sea level variations due to eustatic and differential isostatic movements are recorded in southern Hainan Island by a series of sandy coastal barriers and fringing reefs. Available C14 dates indicate that since middle Holocene there has been a relative sea level drop of about 2m. L’Isola di Hainan e' un'isola tropicale della Cina meridionale ed è interessata sia dai monsoni che dai tifoni. E' situata a 18 km dal continente, nella parte settentrionale dello zoccolo relativamente stabile del Mar della Cina meridionale (Fig. 1A). Geologicamente è formata da terreni Paleozoici, intrusioni Mesozoiche granitiche e vulcaniti basiche Cenozoiche (Fig. 1B). A Figura 1. Carte dell'area di studio: A. Asia del sud con indicate le maggiori faglie trascorrenti; B. Geologia dell’Isola di Hainan e della costa meridionale della Cina (modificate da una mappa internet del National Geographic, e da Chinese Academy of Geological Sciences, 1980). Sforzi distensivi e trastensivi legati all'orogenesi Himalaiana ed alla subduzione delle Filippine hanno influenzato la struttura e geomorfologia dell'isola (Zeng and Zeng, 1989). Faglie dirette orientate NE-SW, E-W e NW-SE hanno definito sia la forma generale dell'isola, sia quella delle singole coste. I movimenti eustatici ed isostatici, avvenuti in maniera differenziata, sono documentati in particolare nel sud dell'isola, nel distretto di Sanya, dalla presenza di terrazzi marini che oggi si trovano a varie altezze ( 80, 40 e 20 m slm), da sequenze di barre costiere (barriere e baymouth bars), e da barriere coralline sopraelevate (Fig. 2). Le eta' di questi depositi costieri sono state ottenute con il C14 (qui riportate non corrette come a = anni BP), e la loro struttura interna è stata studiata con il Ground-Pentrating Radar (GPR). I cordoni costieri della zona di Sanya sono formati prevalentemente da sabbie silicoclastiche e, subordinatamente, da materiale corallino. Una sequenza di 5 cordoni silicoclastici sopraelevati (baymounth bars e barriers) ed un terrazzo marino più interno e più alto, e' ben sviluppata in una valle stretta nella zona 14 Figura 2. Carta geomorfologica-sedimentologica del distretto di Sanya (Sanya City) nel sud di Hainan (S= citta' di Sanya; R=piattaforme cralline (modificato da Wang et al., 2001; Martini et al. 2003a, b). di Haipo (Fig. 2). I cordoni hanno una tessitura grossolana ed una alterazione (weathering) più intensa verso terra. Presentano un'altezza superiore di circa 15-20 m di quella delle zone lagunari limitrofe, ora secche, e le loro dimensioni variano da alcuni chilometri in lunghezza ed un centianio di metri in larghezza per i bayouth bars dentro la valle, a decine di chilometri in lunghezza e centinaia di metri in larghezza per le barriere composite piu' recenti. La struttura interna dei cordoni litorali elevati vista in escavazioni e con il GPR, varia da massiccia nei piu' antichi e piu' alterati, a ben strutturata con strati orizzontali ed inclinati, generalmente verso il mare, nei piu' recenti (Fig. 3). La falda acquifera è ubicata a circa 8 m di profondita' nei condoni interni piu' larghi. Carote prelevate nella barriera piu' recente (Haipo-Sanya) mostrano una sequenza stratigrafica trasgressiva con un’unita' basale prevalentemente argilloso-siltosa e fossilifera di circa 6-8 m di spessore, ed una unita' superiore con sabbie medio-grossolane e sabbie siltose che passano verso l’alto a sabbie mediogrossolane ben classate di circa 8 m in spessore. Le varie unita' contengono rari frammenti di gusci di molluschi. Le datazioni fatte nei gusci provenienti da varie parti della barriera hanno dato età di circa 8.305±80a nei campioni piu' profondi, 7.420±425a per quelli a profondità intermediate 3395±235a per quelli vicini alla superfice. Le età ottenute da un cordone litorale presente ad est della citta' di Sanya (Dadongai bay) variano da 4640±165a per un campione preso al contatto basale (ora esposto a 2 m slm) tra la sabbia costiera e l'argilla lagunare, a 3110±725a da un campione superficiale del cordone sabbioso litorale, ora a 5 m slm. Il profilo GPR del cordone litorale di Haipo-Sanya a Haipo mostra varie unita' superimposte con strati inclinati verso il mare (Fig. 3). Questo indica che i cordoni sono associati a maggiori trasgressioni ma si sono ingranditi per progradazione costiera durante i periodi di stazionamento in alto del livello del mare (highstand). Le età ottenute da campioni presi al contatto, ora sopraelevato, fra sabbie costiere ed argille lagunari suggeriscono che il livello relativo del mare e' cambito di circa 2 metri dall’Olocene medio ad oggi. E’ difficile datare condoni costieri silicoclastici, mentre e' facile la datazione dei depositi corallini e delle spiagge cementate (beachrocks) della zona di Sanya bay (penisola Luhuitou, e isola nel mezzo della baia: Fig. 2). A Luhuitou, l’età piu' antica è stata determinata in un corallo globiforme ancora in posizione di vita ed e' di 7680±145a. Tale corallo si trova alla base della piattaforma corallina, che oggi è esposta a circa 1 m slm. Un’altra testa di corallo in posizione di vita, campionata alla superficie della stessa piattaforma (ora esposta a 5 m slm), ha dato una età di 5160±139a. In un'altra localita' nella parte orientale della penisola, una testa di corallo, che ora si trova a 2 m slm, e' stata datata a 6820±154a. Beachrocks che ora si trovano al livello superiore della battigia sono state datate fra 4890±120a e 4750±115a. Un tombolo, 15 A B Figura 3. Cordone piu' recente a Haipo: A. Profilo topografico con la posizione del profilo GPR 2; B. Parte del profilo GPR 2 ottenuto con un strumento EKKO IV, con 1000V trasmittente e 100MHz antenne (WT=superfice della falda aquifera; N=Nord; Profondita' ~ 0.099 TWT (tempo di andata e ritorno dell'onda eletromagnetica) (modificato da Martini et al., 2003a,b). costituito da materiale corallino, che unisce il promontorio con la parte principale dell'isola formando la penisola di Luhuitou, ha una superfice piatta (in parte modificata da attivita' antropiche) ed una elevazione compresa tra i 3 e i 5 m slm. Nell'isolotto nella baia, teste di corallo che ora si trovano a circa 2 m slm, hanno dato un’età di 4290±160a. Queste teste si elevano su di una piattafoma corallina che oggi si trova al livello del mare ed e' stata datata a 5425±130a. Tutto questo indica che, durante la trasgressione Olocenica, condizioni favorevoli allo sviluppo di piattaforme coralline si ottennero circa 8000a e che le scogliere coralline della zona crebbero vigorosamente fino al highstand post-glaciale riferito a circa 5-6000a. Successivamente a circa 4500a, 3400a and 2500a vi furono periodi di crescite locali accelerate di coralli (Wang et al. 2001). Le età e le elevazioni delle teste di coralli confermano i dati dei cordoni silicoclastici e indicano che dall’Olocene medio ad oggi il livello relativo del mare nella zona di Sanya è cambiato di circa 2 m. Questo in gran parte è imputabile all’eustatismo ma anche a movimenti isostatici che sono avvenuti in maniera differenziata un po' ovunque nell'isola. REFERENZE Chinese Academy of Geological Sciences, 1980. Geological map of Asia (1:5,000,000). Map Publishing House, Beijing. Martini, I.P, Zhu Dakui, Gao Xuetian, Yin Yong, 2003a. Coastal landscape and landuse - Hainan Island, China (in press) (include CDrom con figure originali in colore) (ISBN: 0.88955-541-9). Martini, I.P, Zhu Dakui, Gao Xuetian, Yin Yong, 2003b. Coastal landscape and landuse - Hainan Island, China (http://www.uoguelph.ca/geology/hainan: website da istaurare nell'estate del 2003). Wang Ying, I. P. Martini, Zhu Dakui, Zhang Yongzhan and Tang Wenwu, 2001. Coastal plain evolution in southern Hainan Island, China. Chinese Science Bulletin, 46 Supp: 91--96. Zhao Xitao, 1979. Dating of coral reef and coastline migration in Luhuitou in Hainan Island. Science Bulletin, 24(21): 995998 (in Cinese). Zeng Zaoxuan and Zeng Xianzong, 1989. Physical Geography of Hainan Island. Beijing: Science Press (in Cinese). 16 THE ENIGMA OF SUBMERGED MARINE NOTCHES IN NORTHERN ADRIATIC SEA F. Antonioli 1, G.B. Carulli 2 & R. Marocco 2 1 2 ENEA, Rome, Italy Dept.of Geological Sciences, University of Trieste - [email protected] Sea level change along the Italian coast is the sum of eustatic, glacio-hydro-isostatic, and tectonic factors (Lambeck et al., submitted 2003). Marine notches are frequently found in limestones lithologies. A marine notch is normally carved in 2-5 centuries and this range depends upon the lithology. The use of notches as sea level marker in a low-tide seas as Mediterranean, is crucial to study the sea level change. In many Italian tectonically active coastal zone uplifting (eastern Sicily) or subsiding (north Adriatic sea) the Present day marine notches are lacking because the tectonic ratea are faster than the possibility of carving. A continuous submerged marine notch was discovered on the limestone cliff between Sistiana and Duino (Gulf of Trieste, north Adriatic sea) at the tidally corrected altitude of -1.9/1.7 m; a similar notch, at about -0.6, was measured by Fouache et al., (2000) along Croatian coast, but while at Trieste the Present day marine notch is lacking, along Croatian coast this notch is well carved. This should result from complex equilibrium between eustatic sea level, hydro-glacio isostasy and tectonic that must be different between Gulf of Trieste and Croatian coast. The deeper submerged marine notch on limestones of Trieste is suitable with a Plio-quaternary tilting of the Carso plateau, gently dipping to NW, as illustrated by other observations from Carulli et al., (1980). This fact may be related also to the increasing weight of the external fronts of the South-alpine chain and to the External Dinarides one. Both, characterized by strong seismic activity and consequent neotectonics effects, are rising and advancing not far from Trieste. The next points allow us to confirm a continue NW versus tectonic tilting:1) the altitude of the submerged marine notch, –1.9 m at Trieste, and between –0.5 e –0.8 m in Istria (Croatian coast); 2) the absence (due to a presumable higher subsidence) of the present day marine notch at Trieste, well carved indeed in Istria; 3) the different altitude of MIS 5.5 highstand founded by Amorosi et al. (1999), at -120 m in the delta Po river (about -1mm\yr), and at -79 m, by Kent et al., 2002, (about -0.7 mm\yr), together with the absence of outcrop in Istria and Trieste area of MIS 5.5 deposits show a clear gradient E-W versus; 4) the altitude of the Holocene lagoonal deposits of Grado (Marocco’s papers) when compared with the predicted sea level change curve of Lambeck et al. (submitted 2003), indicate a subsidence ratea of about–0.3 mm\yr that fit well with the MIS 5.5 data; 5) the data published by Albrecth and Mosetti (1987) that founded a karstic cave (see map) at –100 m together with a submerged well carved marine terraces series on the Gulf of Trieste, where the last one, at an altitude of -35 m should presumable be the MIS 5.5. Remain unclear why in a tectonically subsiding area as the northen Adriatic, a late Holocene marine notch was carved. Marine notches infact only in a stillstand (land and sea) area are expected, or in a coastal area where tectonic show the same uplift ratea of sea level (as in Taormina for example, Antonioli et al., 2003). The Lambeck’s model infact exclude positive isostatic movements for all italian coast. A solution for this “enigma” should be a late Holocene cosismic event or unexpected isostatic movements. References Albrecht P., & Mosetti F. 1987. Karst evolution and sea level. 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In this paper new evidences of Holocene sea level position occurring at Scorcialupi locality, near the village of Campomarino (Taranto), along the Ionian coast of southern Apulia are (Fig. 1) are reported and discussed. The Apulia region represents the emerged part of the foreland domain of both Apenninic and Dinaric orogens; it is slightly deformed and it is affected by Apenninic and anti-Apenninic trending faults that determine different geodinamic units characterised by different uplift. Uplift of the Apulia region began during the Middle Pleistocene, when the thick continental lithosphere - the Apulian swell - reached the subduction hinge and offered resistance to flexure, thus causing the buckling of the foreland (Doglioni et al., 1994). Uplift rates along the southern Italian coast have been calculated by using OIS 5e shoreline and related deposits, in some places defined by the characteristic phauna with Strombus bubonius Lamarck, and assuming the eustatic sea level during OIS 5e to be about 6 m above the present position (Cosentino and Gliozzi, 1988; Dai Pra and Hearty, 1992; Westway, 1993; Bordoni and Valensise, 1998). Uplift rates decrease from north-west to south-east along the Ionian coast of Apulia; rates range, in fact, from 0.31 m/ka at the north-west of Taranto (Ponte del Re locality) to 0.03 m/ka at Gallipoli. At Torre Castelluccia, close to Campomarino area, an uplift of about 0.18 m/ka has been estimated. Some morphological elements are very important for the reconstruction of past sea-level stand. In the Mediterranean basin, sea levels indicators are derived from lithological, archaeological and biological sources. In particular, notches and beachrock indicate the intertidal zone (i.e.: Paskoff and Sanlaville, 1983; Dalongeville, 1987; Pirazzoli, 1996). Beachrock can not easily dated due to the lack of material suitable for radiometric analyses; the problem is more important along the beaches supplied by carbonatic bioclastic sands where is very difficult to separe carbonatic cement. To the North of Campomarino harbour, at Scorcialupi locality (WGS84 coordinate: 40.29696N; 17.54082E), the association of beach/dune sediments and beachrock allows to overcome this problem. In this locality, infact, beachrock crop out along a strip stretching up to 63 +/- 10 cm above the limit of living brown algae (Fig. 2). Along the coast between Taranto ( to the NW of Campomarino) and Gallipoli (to the SE of Campomarino) the tide is characterised by maximum range of 40 cm; beachrock is present 23 +/- 10cm above high tide sea-level. The beachrock is formed of medium-sized sand particles well cemented and moderately-sorted; they are a packstone composed essentially by fragments of molluscs, red algae, echinoids, briozoan, benthic foraminifers, intraclasts; detrital grains are also present. Isopachous carbonatic cement forms fringes of uniform crystals grew radially to grain surfaces, while interparticle voids are filled of micrite rarely peloidal, in which are dispersed small silty-sized skeletal fragments. These diagenetic features indicate early cementation of beachrock in intertidal environment under marine-phreatic condition; on the other hand the silty matrix indicate an emergence and a second phase of diagenesis in vadose environment. The beachrock grade upward into emerged beach sediments, marked by discontinuous level of small pebbels, first and then into an aeolianite with remains of pulmonate gastropods (Helix sp.). This aeolianite it is about parallel to the present coastline or form small dune fields at major inlets; it is the oldest Holocene dune belt that marks the most of southern Apulia coastal area. It has been referred to the late post glacial maximum transgression occurred about 6500/7000 years BP (Mastronuzzi & Sansò, 2002a). 14C AMS analysis performed on a Helix sp. shell (Campo 1 sample) collected at the dune layers just above Campomarino beach deposits yielded the conventional age of 6600 years BP (7546 +/- 21 cal years BP) (Tab. 1). Discussion The Campomarino beach sequence suggests with a good definition the position reached by the post glacial maximum transgression along the southern Apulia coast. Post glacial trend in "eustatic" sea level can be generally represented by a rapid rising in the early Holocene decelerating sharply around 6500 yr BP, after which only slow sea level rise occurred. Although many "far-field" sites distant to the former ice sheets record a Mid Holocene highstand, Miyauchi et al. (1994) report no evidences of a Holocene high stand around the Italian peninsula. More recently some Authors indicate Holocene high stands due to local uplift in Sicily (Rust and Kershaw, 2000; Kershaw, 2000), in Ionian Calabria (Pirazzoli et al., 1997) and in northern Apulia (Mastronuzzi and Sansò, 2002b). Along the Ionian coast of Apulia, Dai Pra and Hearty (1989) identify a relative sea level highstand around 7000-5000 yr BP (conventional 14C ages) at about 2.5 m below present, followed by a low stand around 4000 yr BP and then by a sea level rise up to the present. Finally, 19 along the Adriatic coast of Apulia Dini et al. (2000) suggest a relative high sea level stand around 6000 yr BP (conventional 14C ages) at about 1 m above p.s.l., followed by a low stand at about -2 m during historical time. The beachrock of Campomarino marks the maximum position reached locally by the Holocene transgression at the end of the rapid postglacial eustatic sea level rise. Along the Ionian coast, the Campomarino beachrock is at least up to 63 +/10 cm above present limit of living algae corresponding to the biological sea level (Laborel and Laborel- Deguen, 1994). Mean tidal range here is about 40 cm; it allows us to calculate a high sea-level stand not less than 25 +/- 10 cm above present sea level whereas the first occurrence of Helix sp. in the following beach/dune deposit fixes it at about 7.5 ka cal BP. The Holocene sea level position suggested by Campomarino beach sequence during the Holocene is in contrast both with the sea level curves recostructed along the Thyrrhenian coasts and with the available glacioeustatic models. Few Holocene sea-level curves for the Mediterranean Sea are disposable. Alessio et al. (1994) reconstruct a sea level curve for the last 22000 yrs on the stable coasts of the Tyrrhenian Sea; they suggest that following the rapid rise in sea-level during the early Holocene, sea level stabilised at about 3.5-3.0 m below the present position between 6500 and 2500 yr BP. A similar but smoother Holocene sea level curve has been proposed by De Muro and Orrù (1998) based on an analysis of beachrock data from the northeastern coast of Sardinia. Laborel et al. (1994) reconstruct the sea-level curve for the last 4500 yr along the Mediterranean rocky coasts of France and Corsica. Sea level has risen continuously since the time of the last glacial maximum with no relative Holocene highstands. Lastly, Morhange et al. (2001) report a 1.5 m steady rise in relative sea level from 5000 to 1500 yr BP from their analysis of the ancient harbour of Marseilles. This was followed by a near stable level close to present until the start of the last century. According to the glacioeustatic models proposed by Lambeck and Johnston (1995) and Peltier (Pirazzoli, 1998), sea level along the Apulian coast was at about -6 m around 6000 yr BP and at -1.5 around 2000 yr BP. In particular, at Bari sea level rose rapidly until -0.5 at 5000 yr BP (calibrated age) before slowing to increase gradually to its present position. Conclusion The morphological, petrographic and radiometric data collated in Campomarino suggest the occurrence of a relative high sea-level stand during the mid-Holocene. Infact, the beachrock indicate that after the last glacial low stand, sealevel rose quickly until about 7000 years BP reaching the maximum position at about 0,5 m above the present one; this high stand promoted a first, important phase of beach-dune belt formation. A sea-level drop testified by presence of silt matrix followed. The field data collated in Campomarino point out a peculiar sea level curve during the Holocene for the southern Apulia coast very different from that one reconstructed from Tyrrhenian coasts. Since this area is considered to be affected by a very small uplift (0.18 m/ka) on the base of altimetrical position of Thyrrenian shoreline, the reconstructed Holocene sea level change should be most due to glacioeustasy. The discrepancy from the result of glacioeustatic models could be due to the complex structure of Adria plate. Acknowledgements This research has been supported by MURST 60% Project 2001 ”Variazioni parossistiche del livello del mare e morfogenesi dunare: ciclicità storica della pericolosità lungo la fascia costiera“ (Resp. Dott. Giuseppe Mastronuzzi). It is an Italian contribution to IGCP 437 “Coastal Environmental Change During Sea-Level Highstands“ (Project Leader Prof. C. Murray-Wallace). 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Reference A Dini et al, 2000 - - - -6,53 -0,89 5796±70 6595 ± 71 Cotecchia et al., 1969 A Present paper -7,4 - 6934 ± 70 B Dini et al, 2000 -7,48 -1,41 6084±52 AMS 6185±90 7187 ± 23 A Dini et al, 2000 -7,68 - 6386 ± 70 7294 ± 41 A Dini et al., 2000 -6.8 - B Present paper - - 6600 +/- 7546 ± 21 40 AMS 6780 ± 125 7651 ± 92 - Cotecchia et al., 1969 Tab. 1 - 14C age (±1σ) of Campomarino dune belt (bold character) compared with the age of samples of mid-Holocene dune belt occuring along the southern Apulia coast. A - Laboratorio di Geochimica Isotopica, Università degli Studi, Trieste (Italia); B - Geochron Laboratoires Krueger Enterprises Inc. (Cambridge, Massachusets, U.S.A.). 21 Fig. 1 – Geographical position and scheme of Campomarino beach sequence: a – beachrock; b – beach sediments with pebbles; c – dune belt sediments with Helix sp.; d – present dune deposits; LTSL – low tide sea-level; HTSL – high tide sea-level. Fig. 2 – A view of Campomarino beachrock (foreground) and beach sequence (background). 22 ALTITUDE OF THE LAST INTERGLACIAL HIGHSTAND IN SICILY (ITALY) AND ITS IMPLICATIONS FOR TECTONIC F. Antonioli1, S. Kershaw2, P. Renda3, D. Rust2, G. Belluomini 4, M. Cerasoli 4, U. Radtke6 & S. Silenzi5 1 ENEA, Via Anguillarese 301, 00060 S. Maria di Galeria, Rome, Italy - [email protected] 2 Dep. of Geography and Earth Sc., Brunel University, Uxbridge, Middlesex, UB8 3PH UK 3 Dept. of Geologia e Geodesia, corso Tukory 131, 90134, Palermo, Italy 4 CNR, Laboratorio di radiodatazioni e Geochimica, Montelibretti, 00100 Roma, Italy 5 ICRAM, Central Institute for Marine Research, Via Casalotti, 300 – 00166 Rome, Italy 6 Geographical Department, University of Cologne, D-52913 Cologne (Köln), Germany Sicily sits astride the African-European plate boundary and much of the eastern coastline is defined by a major fault system juxtaposing continental and oceanic-affinity crust. This complex tectonic setting, the subject of recent platetectonic modelling studies, also involves Mount Etna, Europe’s most active volcano. Several coastal sites, particularly on the eastern (high uplift) and northwestern (quasi still-stand) coastlines, display well-preserved sequences of marine terraces. These most notably include those assigned to the MIS 5.5 (Tyrrhenian) primarily on the basis of the distinctive Strombus bubonius warm water fossil mollusc and now at elevations up to about 150 m. New published data by several authors (Stewart et al., 1997, Kershaw 2000, Rust & Kershaw 2000, Antonioli et al., submitted, Antonioli et al., 2002) has extended the tectonic record into the Holocene by using uplifted and laterally extensive marine notches (with radiocarbon-dated biological sea level markers formed at sea level) allowing comparison of uplift rates. MIS 5.5 is found in eastern Sicily always above 100 m, and as high as 150 m at Catania (Monaco et al., 2000). In western Sicily this level is well-studied and forms terraces and notches at the eustatic altitude of 7-8 m (Antonioli et al., in print 2002). Bordoni & Valensise published in 1998 a compilation of all Italian shorelines related to the MIS 5.5 highstand, reporting 15 sites in Sicily. In the present work we report an exaustive revision of all published papers on highstand altitudes in Sicily (about 35 sites, with new findings also in Egadi, Ustica, Lipari and Lampedusa Islands: Antonioli et al 2001; Lucchi et al., 2002; Buccheri et al 1999; De Vita et al., 1998), together with new data for 2 sites: Taormina and Cefalù. The first 4 authors of this paper have together re-examined the coastline of all Sicily, to re-evaluate Tyrrhenian deposits and features, based on field observations, but also discovered and studied two new "key-sites" at Cefalù and Taormina. It was also possible to establish that the southern coastline of Sicily, covering a distance of about 400 km, seems not to contain MIS 5.5 outcrops. We discovered at the Cefalù site a fossil beach (about 9 m above sea level) that amino acid racemization (AAR) analysis allow us to attribute to MIS 5.3, allowing us to correlate MIS 5.5 to a 29 m-high tidal notch. Due to the geographic position of Cefalù this finding is important; Cefalù lies in a strategic position between the uplifted coastline of northeastern Sicily, and the stillstand coastline of western Sicily. In eastern Sicily, correlations of MIS 5.5 highstands are based on Strombus bubonius discovered at 86 m (Bonfiglio and Violanti 1986), correlated with the inner margin terrace at 110m and compared to the uplift rates of older MIS (Di Stefano and Branca 2002). In the Taormina area we discoverd a fossiliferous marine conglomerate deposit on a terrace with an inner margin at 120 m, in an area where undated terrace morphology and altitude data have been published (Monaco et al 2001). Based on ESR methodology applied to fossils sampled at an altitude of 105 m in Taormina, we attribute this terrace to MIS 5, probably 5.5. This age allows us to constrain the date of one point in a very long coastline that is otherwise undated. Conclusions 1) We spent 7 days together in Sicily, personally monitoring more than 60 sections. We think that a personal control rather than only bibliographic study is the greater guarantee of a good and homogenous synthesis. 2) We discovered and dated two new important sections: Taormina terrace (ESR age) and Cefalù deposits (aminoacid age), and a very continuous measure (about 85 km of coastline) of Tyrrhenian inner margin between Castellammare del Golfo and Trapani. 3) The Tyrrhenian data of Sicily leads to division into 4 sectors, characterized by different heights of the MIS 5.5. The sectors are: SE sector (Hyblean, part of African foreland): moderate uplift rate; approximately +15m; E sector: rapidly uplifting; variable MIS 5.5 height between 160 and 80 m; NW sector: stable, between 5 and 10 m; S sector: probably subsiding; 4) Comparison between MIS 5.5 and the late Holocene uplift (in uplifting zone of sector 2) indicates an acceleration of uplift rate. References Antonioli, F., Renda, P., & Silenzi, S. 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No MIS 5.5 deposits 24 The Cefalù new outcrops, Glicymeris shell at an altitude of 11 m on sea level with a chronlogical attribution of MIS 5.3 (aminoacid analysis). The fossiliferous terrace of Taormina (90-115m), the ERS analysis on Patella allow us to give the attriubution at MIS 5.5. 25 SEA-LEVEL CHANGE AND TECTONIC UPLIFT DURING THE HOLOCENE IN THE CATANIA PLAIN (EASTERN SICILY) C. Monaco1, F. Antonioli 2, G. De Guidi 1, K. Lambeck 3, L. Tortorici 1 & V. Verrubbi2 1 Dipartimento di Scienze Geologiche, Università di Catania, Corso Italia 55, 29129 Catania, Italy, [email protected] 2 ENEA, via Anguillarese 301, 00060 S. Maria di Galeria, Roma, Italy [email protected] 3 Research School of Earth Sciences, Australian National University, Canberra, ACT 0200, Australia, [email protected] The Catania Plain (eastern Sicily) is a Holocene fluvial coastal plain facing the Ionian Sea and fed by the Simeto and San Leonardo rivers (Fig. 1). These rivers have filled a Plio-Pleistocene basin area located between the front of the Maghrebian Chain and the flexured Hyblean Foreland, named the Gela-Catania Foredeep. In the surrounding of the Catania Plain, the foredeep sediments are represented by Lower-Middle Pleistocene marly clays (Di Stefano and Branca, 2002), unconformably overlain by Middle-Late Pleistocene terraced sands and conglomerates (Monaco et al., 2002). Petroleum bore-holes show that in the basin depocenter the marly clays reach thickness of 1000 m pinching out to the north, where they are involved in the frontal thrust of the chain, and to the south, where they on-lap the downfaulted Hyblean Plateau. Fig. 1- Geological map of the Catania Plain. 26 Lying at places below the present sea-level, the coastal sector of the Catania Plain is believed to be one of the areas in Italy subject to marine invasion in the next future because of the global warming and consequent sea-level rising. In order to evaluate this hazard, an important target is to determine if the coastal area has been affected during the late Holocene by vertical motion, either tectonic uplift or subsidence, which compared to the sea-level curve for the same period may give information on the future scenarios. On behalf of the ENEA, a stratigraphical and sedimentological study, accompanied by 14C AMS dating, has been carried out by means of three bore-holes in the most depressed coastal sector of the Catania Plain, the Pantano di Lentini. The Pantano di Lentini is located on a Lower Pleistocene graben at the northern boundary of the Hyblean Plateau, open towards the Ionian Sea and separated from the Catania Plain by the Primosole Horst (Fig. 1). This area is an ex-lagoon fed by the San Leonardo River and reclaimed during the fifties, bounded seaward by a sand dune barrier. At present, this area lies below the sea-level (down to 2.5 m) and it is drained by a system of channels connected to a water-scooping machine. The bore-holes showed that clear lagoon deposits, constituted by dark organic silts, are present only in the upper 2-3 m. Moreover, 14C AMS dating on pulmonate gastropod indicated an age not older than 2500 cal yr for these deposits (Tab. 1). The remaining sediments, down to the Lower-Middle Pleistocene marly clayey substratum, are represented by infralitoral beach deposits belonging to the “Biocoenosis of the well calibrated thin sands” (SFBC of Pérès and Picard, 1964), containing rare lagoon levels. The 14C AMS dating on shell fragments collected at various depths suggested an Holocene age, between 6.4 up to 9.3 cal Kyr (Tab. 1). They lie directly on the Lower-Middle Pleistocene marly clayey substratum which was reached at depths variable between -20 and -39 m, suggesting the presence of a Wurmian paleo-valley incised in the marly clays. 14 Polmonate Depth below sea-level (m) -1,7 C Age (BP) 2735±35 Calendar Age (cal BP) 2480±70 1 bivalve fragm. -7,2 6343±41 6700±82 pantano 5 3 Glycymeris sp. -11,9 6150±50 6400±100 pantano 2 2 Cerithium sp. -21,2 8050±50 8800±100 pantano 3 3 Cerastoderma sp. -24,8 9110±50 8887±100 pantano 6 2 Bivalve fragm. -26,6 8747±46 9300±92 Sample Name pantano 1 Bore-hole Analysed Fraction 2 pantano 4 14 Tab. 1 - C AMS dating results of shell fragments collected in the bore-holes drilled in the Pantano di Lentini. All samples were 13C corrected and calibrated using Stuiver et al., 1998. A reservoir age of 400 years was added taking into consideration the paper by Siani et al. (2000) that reported values for southern Italy. Geomorhological features, together with sedimentological and stratigraphical data, suggest that during the Versilian transgression the Pantano di Lentini area should have constituted a large but shallow marine bay, bounded by the Hyblean Plateau to the south and by the Primosole Horst to the north (Fig. 1). This configuration favoured the formation of a lagoon up to about 2500 yr ago, when the alluvial coastal sediments of the Simeto River formed a continuous sand dune barrier which isolated the bay from the open sea. Since the 1950, the building of several dams along the Simeto River caused the withdrawing of the sand barrier (Amore et al., 1983), whereas the reclamation of the lagoon probably caused the subsidence of the area. Taking into account that the relative sea-level change along the coasts and adjacent seas represents the combined result of eustasy, glacio-hydro-isostasy and vertical tectonic motion, the relative sea level change due to eustasy and the concomitant isostasy has been predicted for the eastern Sicily region using calibrated model parameters (Lambeck et al., submitted). In this model the tectonic contribution can be evaluated by comparing the elevation of ancient dated coastline with the modelled curve (Fig. 2). Taking into account that the infralitoral and lagoon sediments filling the Pantano di Lentini were deposited during the post-Wurmian sea-level rise and that the gastropod and bivalve fragments sampled in the bore-holes are, with good approximation, sea-level indicators, we are able to estimate the short-term vertical motion undergone by the area during the Holocene with a sensible error variable between 1 and 10 m due to the depth range in which the molluscs association lived. Comparing the sampling depth below the present sea level of the dated shells to the sea-level rising curve for the central-eastern Sicily coast, the Catania Plain coastal area resulted involved during the Holocene in tectonic uplifting whose rate can be evaluated in 0.4-1.0 mm/a (Fig. 2). These values are prleiminary and indicative as they do not take into account the possibility of subsidence for the mud and marsh contained in the core. However they are comparable to the long-term uplift rate of 0.65 mm/a estimated southwards in 27 the coastal areas of the Hyblean Plateau (Bianca et al., 1999), but it is lower than that measured northward in the Mt. Etna and Taormina coastal sectors (1,4 mm/a; Monaco et al., 2002). The uplift processes caused the terracing of the Middle-Late Pleistocene deposits and can be explained as the effect of the NNW-SSE trending active normal fault system located in the Ionian offshore and related to the regional WNW-ESE oriented extensional active regime (Hirn et al., 1997; Monaco et al., 1997; Bianca et al., 1999, Catalano and De Guidi, 2003). 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 5 0 -5 -10 RSL, m -15 -20 -25 -30 -35 -40 Catania Catania data -45 -50 Fig. 2 – Comparison between the sea-level rising curve for the central-eastern Sicily coast and the depth below the present sealevel of the dated shells sampled in the Pantano di Lentini bore-holes. Age (ky cal BP) References Bianca M., Monaco C., Tortorici L. & Cernobori L. (1999) – Quaternary normal faulting in southeastern Sicily (Italy): a seismic source for the 1693 large earthquake. Geophys. J. Int., 139, 370-394. Amore C., Giuffrida E. & Zanini A. 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Radiocarbon 40, 3, 1041-1083. 28 EVOLUZIONE MORFOTETTONICA TARDOQUATERNARIA DI CAPO TINDARI (SICILIA NORD-ORIENTALE) L. Bonfiglio, S. Formica, F. Geremia, S. Lanza, G. Mangano & G. Randazzo Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Messina, Via Sperone, 31 – 98166 S ’Agata di Messina [email protected] Il promontorio di Capo Tindari, sul versante settentrionale della Catena dei Peloritani, è costituito da metamorfiti di medio-alto grado con prevalenti bancate di marmi, intensamente tettonizzati e delimitati verso mare da scarpate di faglia, sulle quali sono presenti le evidenze morfologiche e paleontologiche di due linee di costa tardoquaternarie. Tra le quote di 75 e di 90 metri s.l.m. la falesia presenta una fascia densamente forata da Litodomi che delimita un profondo incavo sul quale poggiano i resti di un deposito ossifero a mammiferi endemici (Dama carburangelensis, Cervus elaphus siciliae, Hippopotamus pentlandi, Ursus cf. arctos). Alla stessa quota della base della fascia di fori di Litodomi, lembi discontinui di un conglomerato sterile segnano l’esistenza di un deposito litorale. Tra 6 e 4 metri s.l.m. è visibile un solco di battente sul quale poggiano, in modo diffuso, placche di ghiaie litorali e ciottoli carbonatici con fori di Litodomi. Le evidenze osservate a Capo Tindari trovano riscontro nella letteratura relativa alla evoluzione tardoquaternaria della Sicilia nord-orientale, ove depositi, talvolta concentrati, di mammiferi pleistocenici costituiscono parte di un corpo sedimentario, di ambiente continentale, presente su di un ampio terrazzo di abrasione esteso tra 80 e 105 metri s.l.m., attribuito al Tirreniano, ed esteso quasi ininterrottamente da Taormina a Capo Peloro, ad Acquedolci. Il deposito ossifero e la fascia di fori di Litodomi rappresentano, rispettivamente le evidenze del corpo sedimentario e del margine interno del terrazzo Tirreniano, abbassato di circa 30 metri (da 105 a 75 m s.l.m.) da una tettonica distensiva imputabile ad una fase post-Tirreniana; a fasi tettoniche successive devono essere attribuite le scarpate di faglia che troncano verso mare lo stesso terrazzo. Il tetto del solco di battente individuato a Capo Tindari (6 m s.l.m.) è ubicato alla stessa quota di quelli riscontrati a Taormina e a Capo S. Alessio, quest’ultimo datato a 5.000 anni. Da questi dati emerge che Capo Tindari, dopo una o più fasi distensive post-Tirreniane, che ne hanno abbassato il margine settentrionale, è stato sollevato insieme con il resto della Sicilia nord-orientale e con lo stesso tasso di sollevamento. 29 GEOMETRIA DELLE SEQUENZE MARINE TERRAZZATE MEDIOSUPRAPLEISTOCENICHE LUNGO IL BORDO SETTENTRIONALE DELL’AVANFOSSA GELA-CATANIA (SICILIA ORIENTALE) S. Torrisi, S. Catalano, G. De Guidi, C. Monaco & L. Tortorici Dipartimento di Scienze Geologiche – Università di Catania - [email protected] La regione di Catania è stato caratterizzata da un’intensa dinamica quaternaria cui sono connessi l’attività vulcanica nell’area etnea ed i processi di sollevamento attivo dell’intera regione (Monaco et al., 2002). Questa dinamica ha prodotto il terrazzamento di depositi conglomeratici fluvio-costieri medio-suprapleistocenici (Chester & Duncan, 1979; Monaco, 1997) e dei coevi orizzonti vulcanici, lungo tutto il bordo settentrionale dell’avanfossa Gela-Catania, antistante la Piana di Catania. Orizzonti terrazzati sono stati riconosciuti anche nel versante ionico nell’area urbana di Catania (Monaco et al., 2001), dove sono rappresentati da cunei sabbioso-limoso-conglomeratici di origine marina ricoperti da sottili livelli di depositi conglomeratici di natura alluvionale, discordanti su livelli argillosi mediopleistocenici (Wezel, 1967; Di Stefano & Branca, 2002). Nel quadro stratigrafico complessivo dell’avanfossa, rimangono da definire l’estensione verso l’entroterra dei cunei clastici marini riconosciuti lungo il versante costiero ed i loro rapporti sia con le sottostanti successioni argillose di avanfossa che con i depositi fluvio-costieri terrazzati riconosciuti e datati lungo il bordo della Piana di Catania. In questo lavoro si presentano i risultati di un rilievo geologico di dettaglio, alla scala 1:10.000, delle successioni quaternarie dell’Avanfossa Gela-Catania, affioranti a nord della Piana di Catania, dalla valle del Fiume Simeto fino all’area urbana. Il rilievo è stato mirato al riconoscimento dei caratteri stratigrafici e delle geometrie delle successioni sabbiose di tetto, per le quali viene proposto uno schema lito- e cronostratigrafico aggiornato. STRATIGRAFIA DEI DEPOSITI DI AVANFOSSA I depositi dell’Avanfossa Gela-Catania, in Sicilia orientale, riempiono una depressione strutturale allungata in direzione NE-SW, confinata tra il margine flessurato dell’Avampaese Ibleo ed i sistemi frontali dell’Orogene Appenninico-Maghrebide. I depositi di avanfossa ricoprono in discordanza le serie carbonatiche iblee flessurate ed ospitano, all’interno di orizzonti infrapleistocenici, il fronte alloctono più avanzato (Falda di Gela; Ogniben, 1960) dell’Orogene Appenninico-Maghrebide (Torelli et al., 1998). La successione affiorante in superficie è costituita da orizzonti infra-mediopleistocenici che suturano l’elemento frontale della catena. L’intera sequenza di avanfossa affiorante è bordata in direzione della catena da sistemi di sovrascorrimenti tardivi, che si sono sviluppati nelle porzioni più interne della Falda di Gela (Bianchi et al., 1987; Grasso et al., 1995). Nell’area di Catania, la sequenza di avanfossa è estesamente affiorante nella dorsale delle Terreforti, che separa la Piana di Catania dal versante meridionale dell’Etna (Fig. 1). In quest’area la sequenza è composta da una monotona successione di argille marnose azzurre (Wezel, 1967) recentemente datate dal Pleistocene inferiore al Pleistocene medio (1200-600 ka; Di Stefano & Branca, 2002). Un’età più recente del tetto delle omologhe argille affioranti lungo la costa ionica è desumibile dalla presenza di intercalazioni di lave sottomarine attribuite ad una età compresa tra 580 e 460 ka (Gillot et al., 1994). Nelle aree a nord della Piana di Catania, al tetto delle argille si rinvengono lembi concordanti di calcareniti sabbiose ricoperte, in discordanza, da orizzonti di lave subaeree di età compresa tra 320 e 250 ka (Gillot et al., 1994). Tali rapporti geometrici permettono di confinare le calcareniti ad un’età compresa tra 600 e 320 ka (Fig. 2). La sequenza di avanfossa si completa, verso l’alto, con una potente successione prevalentemente sabbiosa affiorante nei settori 30 orientali della dorsale delle Terreforti. Questo intervallo, ritenuto in passato in continuità sulla sottostante sequenza argillosa (Wezel, 1967; Romano et al., 1979), mostra caratteri di un deposito sin-tettonico (Labaume et al., 1990). Gli Autori hanno attribuito le sabbie ad una età mediopleistocenica, confinata al tetto dalle prime emissioni delle lave etnee subaeree. GEOMETRIA DEI DEPOSITI SABBIOSI DI CHIUSURA DELL’AVANFOSSA La sequenza sabbioso-limosa-conglomeratica di chiusura dell’avanfossa drappeggia una vasta culminazione anticlinalica, da cui ha origine la dorsale delle Terreforti. I depositi sabbiosi sono prevalentemente conservati sul fianco meridionale e alla terminazione orientale della piega. All’interno della successione sabbiosa sono state riconosciute differenti discontinuità stratigrafiche che permettono di individuare sette distinte sequenze, delimitate alla base e al tetto da superfici di erosione. Ciascuna sequenza è caratterizzata da un appoggio discordante sul substrato, da un passaggio verticale tra depositi marini sabbioso-limosi e fluvio-costieri conglomeratici ed è delimitata, verso mare, dall’appoggio discordante dei depositi della sequenza successiva. La geometria a cuneo delle singole sequenze è determinata dalla progressiva chiusura verso monte dei depositi marini sabbiosi, connessa al loro chiaro appoggio on-lap sul substrato. Nei settori occidentali della dorsale delle Terreforti (Fig. 3), infatti, i depositi discordanti sulle argille marnose sono rappresentati dai soli termini alluvionali corrispondenti ai terrazzi fluviali riconosciuti dagli Autori precedenti in sinistra orografica del fiume Simeto (Chester & Duncan, 1979; Monaco, 1997). La sequenza più antica (S1) è stata riconosciuta nelle aree di cresta dell’Anticlinale delle Terreforti, dove poggia in discordanza angolare sulle argille e calcareniti mediopleistoceniche. Il cuneo sabbioso è delimitato da un bordo interno posto alla base di una paleofalesia costituita dalle lave sub-alcaline di base (>240 ka) ubicata, nel settore occidentale della dorsale delle Terreforti, ad una quota di 280 m s.l.m. Al tetto delle sabbie poggiano, in paraconcordanza, depositi conglomeratici fluviali che si correlano lateralmente al terrazzo di primo ordine ampiamente riconosciuto in sinistra orografica del Fiume Simeto (T1). La seconda sequenza deposizionale riconosciuta (S2) poggia in discordanza angolare sia sui livelli argilloso-calcarenitici mediopleistocenici che sui depositi della sequenza S1. La sequenza S2 è costituita alla base da un sottile orizzonte argilloso-marnoso basale evolvente verso l’alto ad una sequenza sabbiosa, spessa fino a quasi 40 metri. La sequenza S2 si sviluppa prevalentemente alla terminazione orientale e lungo il fianco meridionale dell’Anticlinale delle Terreforti, dove è intrusa dalle lave che formano il neck di Motta S. Anastasia, recentemente datate a circa 200 ka (Del Negro et al., 1998). Lembi limitati di sabbie ascrivibili a questa sequenza, sono stati riconosciuti anche nell’area urbana di Catania dove affiorano alla base delle lave dei “Centri Alcalini Antichi” (<180 ka) (Gillot et al., 1994), raggiungendo la quota massima di 190 m s.l.m.. Il bordo interno delle sabbie è stato riconosciuto nei settori occidentali della dorsale delle Terreforti, a quote variabili, da un’elevazione di circa 180 m s.l.m., nelle aree di culminazione strutturale, fino ad un minimo di 160 m a.s.l., registrato nelle aree di depressione. Al tetto delle sabbie, poggiano in paraconcordanza depositi alluvionali conglomeratici che si collegano verso ovest ai depositi del terrazzo fluviale di secondo ordine (T2), posto in sinistra orografica del Fiume Simeto. Alla terminazione sud-orientale della ”Anticlinale delle Terreforti, i depositi deformati della sequenza deposizionale S2 sono ricoperti in discordanza angolare, con netta geometria di tipo on-lap, dall’apice di chiusura di un potente cuneo cuneo sabbioso affiorante nella periferia meridionale di Catania. Verso mare, i depositi sabbiosi di questo cuneo discordante, che mostrano una giacitura sub-orizzontale, poggiano direttamente sul substrato argilloso mediopleistocenico, come nel caso dell’area urbana di Catania, dove il bordo interno del cuneo sabbioso è conservato alla base di una paleofalesia costituita dalle lave dei “Centri Alcalini antichi (Monaco et al., 2000). Verso la Piana di Catania, il bordo interno dell’intero cuneo sabbioso è stato rinvenuto a quote progressivamente decrescenti, da una quota massima di 170 m fino ad una quota minima di 125 m s.l.m. Al tetto di questo cuneo sono stati riconosciuti diversi ordini di depositi alluvionali terrazzati, in giacitura paraconcordante sulle sabbie, che rappresentano la prosecuzione verso mare dei terrazzi fluviali di terzo (T3), quarto (T4) e quinto ordine (T5), riconosciuti in sinistra orografica del Fiume Simeto. I diversi ordini di terrazzi fluviali sospesi sulle sabbie sono localizzati nell’area di emergenza di discontinuità stratigrafiche che, riconosciute all’interno del cuneo sabbioso sottostante, permettono di suddividerlo in tre distinte sequenze parzialmente sovrapposte (S3, S4, e S5), ognuna delle quali caratterizzata da un’evoluzione, verso l’alto, da ambiente marino a transizionale. I depositi sabbiosi marini più recenti, riconosciuti nell’area, costituiscono due ulteriori cunei clastici (S6 e S7), affioranti a basse quote in prossimità della costa. I due cunei clastici, entrambi poggianti con un netto contatto discordante sulle argille mediopleistoceniche, sono in gran parte ricoperti da colate laviche recenti. La sequenza S6 affiora estesamente sia nell’area urbana che alla periferia meridionale di Catania, ed è esposto ad una quota massima di circa 45 m s.l.m. Verso ovest, in direzione della Piana di Catania, il bordo interno dei depositi marini del S6 tende a 31 risalire fina ad una quota di 60 m s.l.m., per poi ridiscendere ad un minimo, in prossimità della Piana, di 35 m s.l.m. La sequenza S7, attraversata da numerose perforazioni, è in gran parte sepolta sotto le lave degli ultimi 15 ka, affiorando in limitati lembi al centro della città (Monaco et al., 2000). Entrambe le sequenze sabbiose sono ricoperte da sottili lembi di coltri alluvionali conglomeratiche, direttamente collegabili verso l’entroterra con i terrazzi fluviali T6 e T7, riconosciuti in sinistra orografica del Fiume Simeto. SIGNIFICATO ED ETÀ DEI DEPOSITI DI CHIUSRA DELL’AVANFOSSA Nell’area di Catania i depositi sabbiosi di chiusura dell’avanfossa costituiscono 7 distinti cunei clastici caratterizzati, al loro interno, da sequenze marine regressive, con una evoluzione verso termini continentali. I 7 cunei clastici, parzialmente sovrapposti l’uno sull’altro, ricoprono differenti superfici di erosione terrazzate, modellate sulla successione inframediopleistocenica argillosa di avanfossa. I caratteri stratigrafici, geometrici e giaciturali consentono di interpretare i cunei clastici analizzati come altrettante sequenze deposizionali terrazzate, direttamente collegabili con gli eventi eustatici tardo-quaternari che hanno accompagnato la progressiva emersione dell’area di avanfossa. Le relazioni geometriche delle sequenze deposizionali con livelli vulcanici etnei e depositi alluvionali (Fig. 1) terrazzati, già precedentemente datati (Monaco, 1997; Monaco et al., 2000; 2002), consentono di vincolare la loro età nell’intervallo compreso tra lo stadio 7 e lo stadio 3 della curva OIT (Tab. 1). Il riconoscimento delle sequenze terrazzate medio-suprapleistoceniche lungo il bordo settentrionale dell’Avanfossa Gela-Catania ha permesso di identificare la prosecuzione laterale dei cunei clastici sabbiosi di età compresa tra 240 a 49 ka già ampiamente riconosciuti nell’area urbana di Catania (Monaco et al., 2000). Complessivamente, il nuovo quadro stratigrafico riconosciuto nell’area rappresenta un importante strumento per la definizione dell’età delle deformazioni e dei sollevamenti dell’area con la possibilità di scandire gli eventi con la risoluzione temporale degli stadi isotopici tardo-quaternari. L’applicazione del nuovo schema stratigrafico potrebbe risultare particolarmente utile in un’area ad intensa attività sismica e vulcanica come strumento per la quantificazione dei tassi di deformazione lungo le strutture e per l’individuazione di eventuali variazioni del loro comportamento a lungo e medio termine. BIBLIOGRAFIA Bianchi F., Carbone S., Grasso M., Invernizzi G., Lentini F., Longaretti G., Merlini S. & Mostardini F. (1987) – Sicilia orientale: profilo geologico Nebrodi-Iblei. Mem. Soc. Geol. It., 38, 429-458. Chester D.K. & Duncan A.M. (1979) – Interrelationship between volcanic and alluvial sequences in the evolution of the Simeto River Valley, Mt. Etna, Sicily. Catena, 6, 293-315. Di Stefano A. & Branca S. (2002) – Long-term uplift rate of the volcano basemennt (southern Italy) based on biochronological data from Pleistocene sediments. Terra Nova, 14, No. 1, 61-68. Grasso M., Miuccio G., Maniscalco R., Garofalo P. La Manna F. & Stamilla R. 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Rossi 1 1 Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università di Bologna, Piazza Porta S.Donato 1, 40126 Bologna, Italia. 2 CNRS, Laboratoire de Geographie Physique, 1 Place Aristide Briand, 92190 Meudon-Bellevue, France. Corresponding author. Tel: 0039-512094909; Fax: 0039-512094904. E-Mail: [email protected] The Aeolian Islands (Fig. 1) represent the emerged tips of the broad, mainly submerged Aeolian Volcanic District (AVD), extending for about 200 km along the northwestern side of the Calabro-Peloritan block (Southern Tyrrhenian Sea). The distribution of volcanoes is strongly controlled by regional fault systems oriented E-W, NW-SE and NE-SW. The magmatism of the AVD has a subduction-related orogenic signature, ranging from arc-tholeite through calcalkaline to shoshonite, and shows an anomalous spatial and temporal overlapping along the whole volcanic arc (Beccaluva et al., 1985). Volcanic activity took place entirely during the Quaternary, from 1.3 Ma (Beccaluva et al., 1985) to present times. The Aeolian Islands consist mainly of volcanic products, ranging in age from about 400 ka to the Present, and subordinately of Late- Fig. 1. Bathymetric sketch map of the Quaternary marine deposits, recent coastal and continental sediments. Aeolian arc (Southern Tyrrhenian Sea). The occurrence of raised marine terraces at the Aeolian Islands has long been known. Field evidence of former shorelines have been here reconsidered using new stratigraphical, geomorphological and chronological constraints in order to evaluate the vertical displacements of volcanic edifices. Ancient shoreline indicators (marine forms, deposits and fossils) have been recognized on the emerged slopes of the islands of Lipari, Salina, Filicudi, Panarea and Alicudi. They mainly consist of remnants of terraced surfaces outcropping at different elevations. The most visible features are marine platforms, capped by littoral conglomerates. Particular attention has been devoted to the identification and measurement of the absolute elevation of inner terrace margins, which should correspond to the shoreline at the time of a sea-level peak; marine notches have also been used for this purpose. At places, submerged-beach sands and gravels occur. Several isolated calcareous bioconstructions (made of serpulids, calcareous algae, molluscs and Cladocora caespitosa corals) have been recognized along the west coast of Lipari and, at places, at Panarea and Filicudi. The indicators of former shorelines have been mapped on shore-parallel vertical profiles and, according to crosscutting relationships and to main morphological features (such as inner margins and marine notches), they have been attributed to different orders of ancient shorelines (Tab. 1). Reconstructed stratigraphical relationships between marine deposits related to the ancient shorelines and volcanic products provide chronological constraints for the definition of the time interval of formation for each shoreline. Assuming that they correspond to the age of eustatic highstands (i.e. to interglacial peaks) in the defined intervals of formation, the ancient shorelines are dated through correlation with the Late-Quaternary global eustatic curve (Chappell and Shackleton, 1986). Shorelines of Tyrrhenian age, attributed to the oxygen isotopic substages 5a, 5c and 5e, have been identified on the islands of Lipari, Panarea, Salina and Filicudi, and ancient shorelines of post-Tyrrhenian age, corresponding to the oxygen isotopic stage 3, occur only at Panarea (Tab. 1). Both at Filicudi and Salina, marine deposits of preTyrrhenian age have been recognized, although not precisely dated. Marine deposits occurring at Alicudi can be attributed, at present, only to a generic late-Tyrrhenian age. Fossil shorelines within the study area record the interaction between Late-Quaternary sea-level fluctuations, which are characterized by a fast and Tab. 1. Chronological attribution of the different oscillatory trend, and slower and generally constant orders of ancient shorelines in the Aeolian arc. crustal movements (Lajoie, 1986). Vertical movements 33 are estimated by examining the difference between present and past elevations of the raised shorelines, the latter derived from the eustatic curve of Chappell & Shackleton (1986). Average uplift rates are provided according to the assumption of constant uplift between the time of formation of each shoreline and present times. For the island of Lipari, uplift rates separately estimated for the three orders of raised shorelines agree well with an average rate of 0.34 mm/a in the last 125 ka (Calanchi et al., 2002), suggesting a uniform and constant uplift trend (Fig. 2). This average uplift rate is fully concordant with rates similarly estimated for the islands of Filicudi and Salina (0.31 and 0.36 mm/a, respectively; Fig. 2) in the same period (Lucchi, 2000). The island of Panarea moves away from this common trend beacuse it is characterized by variable uplift rates, ranging between 0.88 mm/a and 0.67 mm/a, with the latter value being constant in the last 80 ka (Fig. 3). Fig. 2. Numeric and graphic evaluation of uplift rates during the last 125 ka at Lipari (on the left), Salina, and Filicudi islands. Crustal vertical movements of the volcanic edifices of Lipari, Salina, Filicudi and Panarea are interpreted as the result of interaction between punctuated eruptive, volcano- and neotectonic processes (transitory and active at local scale) and long-term sustained tectonic processes (slower, usually of lower magnitude and active at regional scale). In this view, the continuous and constant, long-term uplift trend occurring in the whole central-western Aeolian Arc during the Late-Quaternary should be explained by assuming a prevailing regional tectonic component. Regional crustal uplift at rates <1.21 mm/a (Bordoni and Valensise, 1998) is known to affect the whole inner sector of the Calabrian Arc since the Mid-Pleistocene. Here, crustal deformations are connected with the subduction of the Ionian plate (Fig. 4), the main geodynamic process which Fig. 3. Numeric and graphic evaluation of uplift controls the geological evolution of the Southern Tyrrhenian Sea (Amato and Montone, 1997; Gvirtzman and Nur, 1999). rates during the last 125 ka at Panarea. These results indicate that vertical movements due to volcanic and volcano-tectonic processes have been not so intense enough to condition the vertical mobility of the whole volcanic edifices. Volcano- and neo-tectonic processes are brought up to explain the local occurrence of historical submergence trends (5-10 mm/a in the last centuries) put in evidence in some places along the eastern coast of the island of Lipari (Calanchi et al., 2002b) and in the sector of minor islets at Panarea (Lucchi et al., 1999). On the other side, at Panarea (located in the eastern Aeolian arc), where vertical movements are continuous but not constant in time, eruptive and volcanoFig.4. Simplified litospheric cross section of the tectonic processes seem to play a significant role in controlling Southern Tyrrhenian Sea (Gvirtzman and Nur, the long-term coastal tectonics. In particular, the main uplift 1999, modified). pulse occurring between 100 and 124 ka at the maximum 34 estimated rate of about 1.58 mm/a (Fig. 5) might be related to eruptive and/or volcano-tectonic processes connected to phases of higher eruption rate of the volcanic edifice (Lucchi et al., 2003). These processes are likely to interplay with regional tectonic components, whose occurrence is put in evidence by the continuous and constant uplift trend at rate of 0.67 mm/a observed in the last 80 ka (Fig. 5). This long-term component of uplift derived for the island of Panarea is higher than that Fig. 5 . Cumulative uplift curve and uplift rates for the estimated for the central-western sector of the island of Panarea in the last 125 ka. A comparison with the Aeolian arc (mean rate of 0.34 mm/a for the islands evolution of volcanic activity is suggested. of Lipari, Salina and Filicudi), probably reflecting different tectonic dynamics for the eastern sector of the Aeolian arc in the last 125 ka. A different tectonic setting between the western-central and the eastern sectors of the Aeolian arc, as well as their structural and magmatic differences (Calanchi et al., 2002a, and references therein), can be related to the different location with respect to the Tindari-Letoianni-Malta Escarpment fault system (Falsaperla et al., 1999). According to some recent views, in fact, the subduction of the Ionian plate, which causes the uplifting in the whole inner sector of the Calabrian Arc, should be actively occurring only beneath the eastern Aeolian arc, that is to the east of the Tindari-Letoianni-Malta Escarpment fault system (Calanchi et al., 2002a, and references therein). References Amato, A., Montone, P., 1997. Present-day stress field and active tectonics in southern peninsular Italy. Geophys. J. Int. 130, 519-534. Beccaluva, L., Gabbianelli, G., Lucchini, F., Rossi, P.L., Savelli, C., 1985. Petrology and K/Ar ages of volcanics dredged from the Eolian seamounts: implications fro geodynamic evolution of the southern Tyrrhenian sea. Earth Planet. Sci. Letters 74, 187-208. Bordoni, P., Valensise, G., 1998. Deformation of the 125 Ka marine terrace in Italy: tectonic implications. In: Stewart, I.S., Vita-Finzi, C. (Eds), Coastal Tectonics, Geological Society, London, Special Publications 146, pp. 71-110. Calanchi, N., Peccerillo, A., Tranne, C.A., Lucchini, F., Rossi, P.L., Kempton, P., Barbieri, M., Wu, T.W., 2002a. Petrology and geochemistry of volcanic rocks from the island of Panarea: implications for mantle evolution beneath the Aeolian island arc (southern Tyrrhenian sea). Journ. of Volcanol. and Geotherm. Res. 115, 367-395. Calanchi, N., Lucchi, F., Pirazzoli, P., Romagnoli, C., Tranne, C.A., Radtke, U., Reyss, J.L., Rossi, P.L., 2002b. Late-Quaternary and recent relative sea-level changes and vertical displacements at Lipari (Aeolian Islands). Journ. of Quat. Sciences 17 (5-6), 459-467. Chappell, J., Shackleton, N.J., 1986. Oxygen isotopes and sea level. Nature 324, 137-140. Falsaperla, S., Lanzafame, G., Longo, V., Spampinato, S., 1999. Regional stress field in the area of Stromboli (Italy): insights into structural data and crustal tectonic earthquakes. Journ. of Volcanol. and Geotherm. Res. 88, 147166. Gvirtzman, Z., Nur, A., 1999. Plate detachment, asthenosphere upwelling, and topography across subduction zones. Geology 27 (6), 563-566. Lajoie, K.R., 1986. Active tectonics. In: Studies in Geophysics, National Academy Press, 95-124. Lucchi, F., 2000. Evoluzione dell’attività vulcanica e mobilità verticale delle Isole Eolie nel tardo Quaternario. Unpublished PhD Thesis, Università di Bologna, Italy. 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L.A.C., Firenze. 35 STUDIO INTEGRATO DI TERRAZZI MARINI E FLUVIALI ED ANALISI MORFOTETTONICA: L’ESEMPIO DELLA BASSA VAL D’AGRI Marcello Bianca & Riccardo Caputo D.S.G.G., Università della Basilicata, Campus Macchia Romana, 85100, Potenza, Italia - [email protected] Nel corso degli ultimi vent’anni, il notevole sviluppo delle conoscenze dei meccanismi morfogenici costieri ha consentito un utilizzo sempre più diffuso e scientificamente affidabile dei terrazzi marini e fluviali come validi strumenti per definire, sia qualitativamente che quantitativamente, i movimenti verticali che hanno interessato quei tratti di costa localizzati in aree tettonicamente attive durante il Quaternario. In questo lavoro vengono definiti alcuni criteri metodologici applicabili allo studio morfotettonico dei terrazzi marini e fluviali presenti in quei settori costieri sollevati in corrispondenza dei quali sfociano a mare uno o più fiumi alluvionali. Nella maggior parte dei casi, l’andamento dell’ultimo tratto di un corso d’acqua che sfocia a mare è pressappoco perpendicolare, o comunque ad alto angolo, rispetto alla linea di riva attuale. Di conseguenza, anche i terrazzi fluviali eventualmente presenti lungo i fianchi vallivi dell’ultimo tratto del corso d’acqua mostrano uno sviluppo più o meno ortogonale rispetto ai terrazzi marini, che mostrano generalmente una distribuzione parallela alla costa attuale. Le superfici terrazzate pleistoceniche e oloceniche, di origine sia marina che fluviale, e in particolare i loro bordi interni, rappresentano degli ottimi indicatori di deformazione tettonica, in quanto è nota, almeno con una buona approssimazione, la loro geometria originaria. Inoltre, nel caso in cui siano disponibili i dati cronologici assoluti di uno o più elementi di una successione terrazzata, è possibile quantificare i tassi di sollevamento tettonico a partire dall’età del terrazzo più antico della serie. In un’area costiera, una successione di superfici marine terrazzate rappresenta il risultato morfologico dell’interazione tra il sollevamento tettonico dell’area costiera e le oscillazioni quaternarie del livello marino descritte dalla curva glacio-eustatica globale di riferimento. Secondo questo modello morfogenico, il bordo interno di un terrazzo rappresenta la traccia morfologica del massimo livello relativo raggiunto dal mare durante uno dei principali picchi eustatici interglaciali. In questo lavoro, noi suggeriamo un criterio di analisi statistica basato sulla corrispondenza tra la distribuzione verticale reale di una serie di bordi interni e la distribuzione teorica di tali bordi, ricavata dalla deformazione della curva eustatica mediante un tasso di sollevamento tettonico ipotizzato costante. L'approccio statistico consiste nell'applicare il test del χ2 a diversi valori del tasso di sollevamento. Il valore minimo del χ2 indica pertanto la migliore corrispondenza tra la distribuzione teorica e quella osservata dei bordi interni e, di conseguenza, consente di ipotizzare l’età più probabile di ogni singolo terrazzo marino. In base alla cronologia così ottenuta, è possibile elaborare un diagramma in cui il tasso di sollevamento viene stimato per intervalli di tempo compresi tra la formazione di due terrazzi consecutivi, evidenziando le sue eventuali variazioni rispetto all’ipotesi iniziale di movimento a velocità costante. Viene inoltre proposto un metodo di analisi morfotettonica che integra il classico studio dei terrazzi marini con quello dei terrazzi fluviali presenti lungo il tratto finale di un corso d’acqua che sfocia a mare. La peculiarità di un tale approccio è rappresentata dalla possibilità di stimare sia la direzione che l’entità degli eventuali sollevamenti differenziali di origine tettonica lungo due direttrici perpendicolari tra loro (asse del fiume e linea costiera). La risultante vettoriale di queste due componenti fornisce una stima attendibile del reale basculamento della regione investigata, contemporaneo o successivo alla formazione delle superfici terrazzate. Le metodologie di indagine morfotettonica proposte in questo lavoro sono state applicate al tratto finale della Val d’Agri (Fig.1), che si sviluppa sui depositi clastici plio-pleistocenici dell’Avanfossa Bradanica, al fronte dell’Appennino Lucano. Il rilevamento delle superfici terrazzate fluviali e marine, eseguito mediante l’analisi aerofotogrammetrica in stereoscopia, alla scala 1:33.000, e verificato con dettagliate indagini di terreno, ha consentito di individuare sei ordini di terrazzi marini e tre ordini di terrazzi fluviali, prevalentemente deposizionali, impostati sulle argille marnose grigio-azzurre, il cui tetto stratigrafico è attribuito al Pleistocene inferiore. I cinque terrazzi marini più bassi sono delimitati verso monte dai loro rispettivi bordi interni, mentre il terrazzo più alto è rappresentato da una superficie isolata, interrotta a monte da un versante calanchivo. I tre ordini di terrazzi fluviali mostrano una chiara continuità fisica con i tre terrazzi marini più recenti. Infatti, ogni coppia di terrazzo fluviale e terrazzo marino correlati è delimitata verso monte dallo stesso bordo interno che, in prossimità della costa, curva ad angolo retto, passando da un’orientazione perpendicolare alla costa ad un’orientazione parallela ad essa. Questo tipo di correlazione morfologica è sufficiente per confermare che i tratti di scarpata paralleli alla linea di costa attuale sono sicuramente interpretabili come bordi interni di terrazzi marini, escludendo la possibilità che si tratti di eventuali scarpate di faglie dirette che dislocano verticalmente un singolo terrazzo marino. 36 Le quote osservate dei sei bordi interni dei terrazzi marini (per il terrazzo più antico, la quota del bordo interno è stata ricostruita) hanno mostrato la migliore correlazione (χ2 = 9,88) con la distribuzione teorica ricavata deformando la curva eustatica con un tasso di sollevamento costante di 1,5 mm/a. Di conseguenza, i terrazzi marini sono correlabili con i picchi eustatici compresi tra gli stadi 3 e 7 della curva eustatica e, quindi, la successione di terrazzi marini si sarebbe formata nell’intervallo compreso tra 40 ka e 240 ka. Infine, l’analisi comparata delle proiezioni longitudinali dei bordi interni dei terrazzi marini e fluviali evidenzia un evidente basculamento tettonico lungo la direttrice NNE-SSO (i bordi interni marini sono inclinati verso NNE), che risulta nettamente predominante rispetto al basculamento lungo la direttrice ONO-ESE registrato dai bordi interni fluviali. Bibliografia Amato A., Belluomini G., Cinque A., Manolio M. & Ravera F., 1997 – Terrazzi marini e sollevamenti tettonici quaternari lungo il margine ionico dell’Appennino lucano. Il Quaternario, 10 (2), 329-336. Bosi C., Carobene L. & Sposato A., 1996 - Il ruolo dell’eustatismo nella evoluzione geologica nell’area mediterranea. Mem. Soc. Geol. It., 51, 363-382. Burbank D.W. & Anderson R.S., 2001 – Tectonic Geomorphology. Blackwell Science, 274 pp. Carbone S., Catalano S., Lazzari S., Lentini F. & Monaco C., 1991 – Presentazione della carta geologica del bacino del fiume Agri (Basilicata). Mem. Soc. Geol. It., 47, 129-143. Chappell J. & Shackleton N.J., 1986 - Oxygen isotopes and sea level. Nature, 324, 137-140. Lajoie K. R., 1986 – Coastal Tectonics. Studies in Geophysics, 95-124, National Academy Press, Washington. Schumm S.A., Dumont J.F. & Holbrook J..M., 2000 - Active tectonics and alluvial rivers. Cambridge University Press, 276 pagg. 37 MORPHOLOGICAL EVIDENCES OF RECENT TECTONIC ACTIVITY ALONG THE EASTERN COAST OF SALENTO PENINSULA (SOUTHERN ITALY) G. Selleri1, G. Mastronuzzi1 & P. Sansò2 1 Dipartimento di Geologia e Geofisica, Università di Bari (Italy), [email protected]; [email protected], 2 Osservatorio di Chimica, Fisica e Geologia ambientali, Dip.to di Scienza dei Materiali, Università di Lecce, [email protected] Introduction The Salento peninsula is the southeasternmost emerged part of a Mesozoic carbonate platform sequence, more than 6000 m thick, covered by several thin sedimentary units of Tertiary and Quaternary age. The landscape is made of a number of plain surfaces placed at different altitude and generally separated by low scarps. The coastal area, in particular, is marked by a stair-case of marine terraces, produced by the superimposition of glacioeustatic sea level changes to the general uplift of the region which started since the Middle Pleistocene. However, along the eastern coast of Salento peninsula, to the north of Otranto village, the sequence of marine terraces and the recent landscape evolution has been strongly affected by a tectonic alignment showing a very recent activity. Geological and morphological setting Calcareous - clayey sands, calcareous sandstones and marly calcarenites referred to Middle Pliocene - Lower Pleistocene crop out along the coastal area stretching to the north of Otranto. They are transgressive on calcareous breccias and calcareous marls of Lower Pliocene age which can be recognized in the area of Otranto village where Miocene limestones and calcarenites can be also detected. The Mesozoic basement crops out extensively to the south of Otranto whereas northward it deepens in NE direction because of faulting. In the Alimini lakes area it is placed about 210 m below sea sea level; the Plio-Pleistocene units show in this area a large thickness, of about 100 m. The coastal landscape of Alimini area is marked out by at least six orders of marine terraces placed between 103 m and a few meters above mean sea level and separated by degradated low relict marine cliffs. Some abrasion platforms have been recognized also below sea level (Mastronuzzi et al., 1994). The highest terrace is cut through the Mesozoic limestones and in some places it coincides with a Tertiary etchplain. The lowest terrace is placed at about 3 m above m.s.l. and is costituted of wave-cut platforms up to 40 m wide bordered landward by low cliffs showing notches and small caves at the foot. These platforms are cut on marly calcarenites and weak marls and in some places are bordered by cliffs shaped in Middle-Upper Pleistocene sands and clays. A number of radiocarbon age determinations carried out on continental and marine deposits occurring in patches on the platform surface yielded ages younger than 2000 years BP (table 1). The erodibility of bedrock and the radiocarbon ages would suggest a Holocene age for wave-cut platform development. The other terraces are 2-3 kilometers wide and separated by degradated, low marine cliffs. The shaping of marine cliffs has been accompished by the development of numerous, short river cuts which rarely affect more than one order of marine terraces. The drainage network is poor developed with the exception of a drainage basin recognizable at the southernmost part of the area which is well organized and linked to a submerged shoreline. A system of NNW-SSE elongated depressions running near the coastline breaks the stair-case of marine terraces. The depressions occurring to the northern sector of the area show a peculiar rhomboid shape and are bordered by straight, high scarps; two of these depressions are occupied by the Alimini lakes. In the southern part of the area, depressions are elliptic in shape and bordered by scarps which are cut by short river valleys. The morphological evidences of recent tectonic activity The effect of recent tectonic activity in the coastal landscape of eastern Salento are mainly represented by the break of marine cliffs continuity and by the tilting of marine terraces top surfaces. The depressions and scarps system breaks the continuity of a relict marine cliff with foot at 30 m of altitude placed to the south of Alimini piccolo Lake. Another marine cliff and some river cuts linked to it are broken off by depressions near the SS16 road; in particular, river cuts show an evident bend at their final tract. A scarp breaks a marine cliff whose foot is at 70 m of altitude in the area between Otranto and Casamassella. The scarp is marked by a NNW-SSE orientation in its northern part and by a N-S direction in its southern one and it is in continuity with the system of depressions. Finally, relict marine cliffs placed to the west of the system of depressions show different altitude of those ones occurring to the east. Tilted abrasion surfaces and marine cliffs occurred in the area stretching between the Alimini lakes depressions and the present coastline. The widest marine terraces have been recognized at Frassanito locality, tilted toward SE between 27 and 8 m of altitude, in the area between Alimini grande Lake and the S.Cataldo-Otranto road, tilted northeastward between 17 and 7 m of altitude, in the strip between Alimini piccolo Lake and the coastline, where two tilted abrasion surfaces separated by a low cliff have been recognized. In particular, the lowest of these two surfaces is tilted towards NE and strecthes between 25 and 10 m of altitude. 38 Discussion The stair-case of marine terraces which marks the coastal area of Salento is due to the superimposition of glacioeustatic sea level changes to the gradual uplift of this region occurred since the Middle Pleistocene. The general uplift of Apulia shows rates ranging from 0.56 and 0.75 m/ka (Ciaranfi et al., 1994). However, different uplift rates have been estimated in several localities and generally interpretated as due to the recent re-activation of older faults. The morphological analysis of eastern Salento coastal area points out two distinct phases in the landscape evolution. During the first phase the area has been affected by a general, uniform uplift as testified by the highest relict shorelines which are remarkably parallel each other. During the second phase the recent activation of a NNW-SSE tectonic alignment has affected the position of lower relic shorelines, which are irregular and no more parallel. Tectonic activity has been responsible also for the tilting of marine terraces close to the tectonic alignment, and for the recent uplift of Holocene wave-cut platform occurring between Torre dell'Orso and Torre S.Stefano. However, the most striking effect of recent tectonic on the coastal landscape of eastern Salento is the development of the NNW-SSE trending system of depressions and scarps which breaks the marine terraces sequence. The geometrical patterns realized by scarps, depressions and drainage network would suggest the prevalence of lateral movements along the tectonic structure responsible for their development. Conclusion The morphological analysis of the eastern Salento coastal landscape points out the occurrence of a complex tectonic alignment NNW-SSE trending which has been active until very recent time. It affected the development of lowest marine terraces, related shorelines and drainage network, was responsible for the development of scarps and depressions, two of them occupied by Alimini lakes, and produced the uplift of Holocene wave-cut platforms of Torre dell'Orso. Recent tectonity activity of faults occurring along the coast of Salento has been reported by some Authors (Martinis, 1964; Palmentola & Vignola, 1980). More recently, Marlini et al. (2000) point out offshore Capo S.Maria di Leuca a remarkable sea floor deformation due to normal active faulting. N° Sample 1 Orso 1 2 TS 2 3 TSS 7 Locality Torre Santo Stefano Otranto Torre Sant’andrea Torre Santo Stefano Material Travertino Altitude δ13CPDB (m) (‰) 3.0 - δ18° (‰) Uncalibrated Age (years BP) Calibrated Age (cal years BP) Lab. Reference - 1358 ± 80 1280 ± 55 A Dini et al., 2000 1343 ± 75 B Present paper 1484 ± 90 A Dini et al., 2000 Marine shells 2.8 -0.4 - 1920 ± 50 AMS Vermetids boulder 2.5 - - 2060 ± 50 Table 1 - Radiocarbon age determinations performed on continental and marine deposits occurring on the Torre dell'Orso wave-cut paltforms. A - Laboratorio di Geochimica Isotopica, Università degli Studi, Trieste (Italia); B Geochron Laboratoires Krueger Enterprises Inc. (Cambridge, Massachusets, U.S.A.). References Auroux C., Mascle J., Campredon R., Mascle G. & Rossi S. (1985) – Cadre gèodynamique et évolution récent de la dorsale apulienne et des ses bordures. Giorn. di Geol., 47, 101-127. Ciaranfi n., Pieri P., Ricchetti G. (1994) – Linee di costa e terrazzi marini Pleistocenici nelle Murge e nel salento; implicazioni neotettoniche ed eustatiche. Geologia delle aree di avampaese, 77a riunuine estiva della Soc. Geologica Italiana, 170-171. Dini M., Mastronuzzi G. & Sansò P. (2000) - Morphogenetic effects of relative Holocene sea level changes, Apulia, Italy. Slaymaker O. (ed.). Geomorphology and Global Environmental Change. John Wiley &Sons:Chichester, U.K.. Guerricchio A & Zezza F. (1982) – Esempio di mapping da foto aeree e da immagini da satellite in zone carsiche: la Penisola salentina. Geol. Appl. e Idrog., 17(2), 507-526. Martinis B. (1962) – Lineamenti strutturali della parte meridionale della Penisola salentina. Geol. 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Rom., 29, 95-111. 39 Scarpata di faglia Depressione Ripa di abrasione Ripa di abrasione basculata Superficie di abrasione basculata 0 1 km 2 km Fig. 1 - Morphological sketch of the eastern Salento coastal area. Legend - scarpata di faglia: fault scarp; depressione: depression; ripa di abrasione: marine cliff; ripa di abrasione basculata: tilted marine cliff; superficie di abrasione basculata: tilted abrasion platform. 40 EVIDENCE FOR NON-UNIFORM UPLIFT RATES IN SOUTHERN ITALY (CALABRIA AND EASTERN SICILY: TAORMINA, ST. ALESSIO, GANZIRRI, SCILLA, IOPPOLO, CAPO RIZZUTO) ON GLACIAL-CYCLE TIMESCALES 1 Antonioli F., 2Lambeck K., 3Kershaw S., 3Rust D., 1Sylos Labini S., 4Segre A.G., 1Verrubbi V., 5Belluomini G., 1Dai Prà G., 6Ferranti L., 7Improta S., 5Vesica P. 1 ENEA, Via Anguillarese 301, 00060 S. Maria di Galeria, Rome, Italy 2 Australian National University, Canberra , Australia 3 Dep. of Geography and Earth Sc., Brunel University, Uxbridge, Middlesex, UB8 3PH, UK 4 Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Italy 5 CNR, ITABC - CNR, Via Salaria, Km 29,30, 00016 Monterotondo, Roma, Italy 6 Earth Science Dept. Napoli University, Italy 7 Physics Dept. Roma 1 University, Italy Many studies of sea level change, with accurate positional measurements and precise datings have been published for Italy in the past decade. The use of markers whose formation positions are closely linked to mean sea level allows precise estimates to be made of local sea-level change. If the data is from tectonically active zones then these observations must be corrected for tectonic vertical movements. Examples include the records from Huon Penisula, Barbados or Tahiti. Often the corrections are based on a long term rates estimated from Quaternary data and in the best cases the last integlacial (124 ka BP) shoreline is used as reference level. Uncertainties in these tectonic corrections may in some instances exceed the accuracy of the age-height measurements of the more recent shorelines. In the Mediterranean tectonically active coastlines occur in many locations, including Crete (Pirazzoli et al., 1994), southwest coast of Greece (Dia et al.,1997, Kershaw & Guo, 2002) and southern Italy (Miyauchi et al.,1994). Other coastal areas such as south eastern Spain (Zazo et al., 1999), Sardinia (Antonioli et al., 1999) and southern Latium (Hearty & Dai Prà, 1986) appear to be stable on the glacial timescales. We have obtained new Holocenic uplift rate for eastern Sicily and southern Calabria using Holocene and earlier interglacial observational data from Sicily (Taormina and St. Alessio Cape: Stewart et al., 1997; Antonioli et al., 2003) and Calabria (Scilla: Antonioli et al., submitted 2002 and unpublished data; Ioppolo: unpublished data; Capo Rizzuto: Pirazzoli et al., 1997) together with new models for the eustatic and glacio-hydro-isostatic contributions to Holocene sea level change where the latter have been calibrated against data from 30 sites in Italy (Lambeck et al., submitted). For both regions of eastern Sicily and southern Calabria the Holocene uplift rates are greater than the long term average rates based on the position of the last (MIS 5.5) and earlier interglacial shorelines. All surveyed sites have been studied also underwater. Sketches of sea-floor features were made together with seafloor profiles, with the aim of providing an outline of the depth and morphology of the seafloor, because the uplifted marine fossils that we have discovered are not intertidal organisms. So, the maximum depth of the sea bottom immediately below the marine fossils allows us to assume that such fossils, when alive, had a maximum depth limit. References Antonioli F., Silenzi S., Vittori E. & Villani F. (1999) Sea level changes and tectonic stability: precise measurements in 3 coastlines of Italy considered stable during last 125 ky. Physics and Chemistry of the Earth (A) 24, 337-342. Antonioli F., Segre A.G., Sylos Labini S. (submitted 2002) New data on late Holocene uplift rate in Calabria and Messina strait area, Italy. Quaternary Science Revue. Antonioli F., Kershaw, S., Rust, D. & Verrubbi V. (2003) Holocene sea-level change in Sicily, and its implications for tectonic models: new data from the Taormina area, NE Sicily. 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Uplift ratea for late Holocene Study area 8 7 6 5 4 3 2 Capo St Alessio 1 0 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 5 5 0 0 -5 -5 -10 -10 -15 -15 RSL, m 9 RSL, m 11 10 -20 -20 Briatico Scilla data -25 -25 -30 -30 Taormina data Capo Rizzuto data Milazzo data St. Alessio data Versilia data -35 -35 Versilia Ioppolo data -40 -40 Age (ky cal BP) Age (ky cal BP) Predicted sea level curves for the tectonically active site of southern Italy, from Lambeck model (Lambeck et al., submitted 2003). Predicted sea level curve for the tectonically stable site of Versilia plain, central Italy, from Lambeck et al., submitted 2003. 42 Scilla Ioppolo 43 EVOLUZIONE OLOCENICA DELLA PIANA COSTIERA DI CAGLIARI: DATI PRELIMINARI P.E. Orrù* , F. Antonioli**, V. Verrubbi**, C. Lecca*, C. Pintus*** & A. Porcu* * Dipartimento Scienze della Terra – Università di Cagliari ** ENEA – Dipartimento Ambiente – Casaccia - Roma *** AGIP KCO Group Nell’ambito dell’Accordo di Programma con il Ministero dell’Ambiente ENEA “Studio per il rischio di allagamento da parte del mare in alcune zone depresse, particolarmente predisposte al fenomeno” sono state attivate indagini geologiche e geomorfologiche sulla piana di Cagliari, al fine di elaborare strumenti cartografici e G.I.S. utili alla identificazione e alla gestione delle aree a rischio sommersione ed alla sintesi di ipotesi di scenario futuro. L’area di indagine ha compreso in particolare il settore occidentale della piana costiera di Cagliari, ove si sviluppa il sistema lagunare di Santa Gilla; i rilevamenti hanno compreso sia l’area costiera che la piattaforma continentale antistante. Le indagini stratigrafiche si sono concentrate lungo la traversa che taglia la bocca di laguna di Santa Gilla al fine di identificarne le modalità di riempimento e di riconoscere evidenze di processi di subsidenza. Attraverso lo studio di 3 sondaggi a carotaggio continuo sono state rilevate le facies stratigrafico-sedimentologiche della colmata olocenica della laguna di Santa Gilla. In particolare sono stati riconosciuti: - in corrispondenza della bocca lagunare attuale, un paleo-alveo sepolto relativo alla ultima fase fredda, cui corrisponde il momento di massimo regressivo del livello marino (Pleni-Wurm); - le geometrie delle diverse facies stratigrafiche associate all’ultima risalita del livello marino e i relativi paleoambienti deposizionali (trargressione versiliana); - l’inquadramento geo-cronologico della base della serie, attraverso datazioni radioisotopiche, che consentono di collocare l’inizio dei processi di interramento della laguna a partire da momenti immediatamente successivi allo Yunger Dryas (circa 8,5 ka. B.P.); - l’esistenza di importanti processi di subsidenza che interessano i terreni di colmata olocenica della laguna quantificabili nell’ordine di alcuni metri. - Lo studio delle tanatocenosi, costituite prevalentemente da gasteropodi e lamellibranchi ha messo in evidenza l’evoluzione paleo-geografica della piana ed i passaggi tra ambiente marino, litorale e lagunare. A seguito delle analisi sedimentologiche e paleo-ecologiche dei carotaggi sono stai individuati 10 campioni significativi sui quali sono in corso datazioni tuttora in corso. Fig.1 – Legenda: 1) areanarie e marne (Miocene); 2) complesso deltizio a limi, argille e sabbie in lenti (Pleistocene medio; 3) ghiaie alluvionali (Pleistocene medio); 4a/4b) sabbile, arenarie conglomeratiche a Strombus b. (Pleistocene sup.- Stadio 5); 5b) ghiaie alluvionali (Pleistocen e sup. – Stadio 2) ; 6a,b,c,d,) colmata a sabbie, limi e torbe (Pleistocene sup.- Olocene). 44 EVIDENZA DI TETTONICA RECENTE A BRIATICO (CALABRIA) DA UNO STUDIO MULTIDISCIPLINARE. A. Esposito1, F. Antonioli2, M. Anzidei1, P. Baldi3, A. Benini4, A. Capra5, N. Costantino5, C. Del Grande6, G. Gabbianelli6, P. Gianfrotta4, A. Nobili7, L. Surace7 & A. Tertulliani1 1 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma - [email protected]; 2 ENEA, Roma; 3 Università di Bologna, Dipartimento di Fisica; 4 Università della Tuscia, Dipartimento di Lettere Antiche; 5 Università di Taranto, Dipartimento di Ingegneria; 6 Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Ambientali, Ravenna; 7 Istituto Idrografico della Marina, Genova. Parole Chiave: Calabria tirrenica, archeologia, geomorfologia e geologia subacquea, livello del mare, neotettonica, isostasia, sismicità Uno studio multidisciplinare svolto nell’ambito del progetto CNR-Agenzia 2000, nell’area compresa tra Vibo Valentia Marina e Capo Vaticano ha permesso di interpretare le complesse relazioni tra geomorfologia, sismicità, variazioni del livello del mare e tassi di sollevamento degli ultimi 2000 anni sulla base di indicatori archeologici di epoca romana Il lavoro è consistito in un accurato studio delle fonti storiche archeologiche e sismiche, nella realizzazione di un rilievo topografico, di una rete geodetica locale GPS, di un rilievo batimetrico e di uno studio geologico-geomorfologico di dettaglio anche di alcuni settori sommersi. Questa zona della Calabria è nota per essere interessata da elevata sismicità storica e strumentale. In particolare l'evento sismico dell'8 settembre 1905 (Ms=7,0) e lo tsunami che ne seguì provocò la distruzione dei centri abitati costieri tra Capo Vaticano e Capo Suvero (Piatanesi A. e Tinti S., 2002). Il sito archeologico individuato, per la comprensione delle relazioni tra tettonica, eustatismo e glacio-isostasia, è ubicato in corrispondenza dello Scoglio Galera (ad est di Briatico) distante circa 100 m dalla costa. Sullo scoglio Galera sono conservati diversi resti antropici: un piccolo bacino di attracco, una peschiera, resti di strutture murarie ed una serie di fori per l’alloggiamento di pali lignei. La datazione assoluta (14C AMS) di un frammento di legno, effettuata nel corso di questo studio, ha permesso di attribuire l’insediamento a circa 1806 ± 50 anni fà (data calibrata secondo il progr. Calib 4, Stuiver et al 1998). Il rilievo geologico e geomorfologico effettuato sullo Scoglio Galera, anche nel settore sommerso, ha evidenziato la presenza di piccoli lembi di terrazzi marini, a circa 80 cm s.l.m., solchi di battente e piattaforme di abrasione. Lungo il tratto di costa antistante l'isola, il rilievo geomorfologico ha confermato i dati dettagliatamente studiati da Miyauchi et al., (1993) che riconoscono a diverse quote dodici ordini di terrazzi di età compresa tra il Pleistocene inferiore e il Pleistocene superiore. Rilevi batimetrici, effettuati a Nord dello Scoglio Galera mostrano alcune scarpate orientate E-W, poste ad una profondità di -10 m e -40 m rispettivamente e a 800 e 1500 m dalla costa. Gli studi archeologici, geomorfologici e topografici effettuati sullo Scoglio Galera indicano che l’altezza relativa del livello del mare non è variata negli ultimi 2000 anni. Ciò significa che per questo intervallo di tempo il tasso di sollevamento tettonico avrebbe uguagliato il tasso di abbassamento isostatico e glacio-isostatico. Il tasso di sollevamento, calcolato a partire dal deposito marino riferibile allo stadio isotopico 5.5 (124 ± 4 Ka) posto a circa 65 m s.l.m. (Miyauchi et al., 1994), è di 0.47 mm yr -1. Il tasso di abbassamento isostatico, calcolato da Lambeck et al., (submitted 2003) per questa zona, attraverso un modello previsionale delle variazioni isostatiche della crosta in risposta ai movimenti reologici del mantello a partire dall’ultima glaciazione, è di 0.78 ±0.20 mm yr -1 per gli ultimi 2000 anni. L'esistenza di un solco di battente (solco mareale attuale) all'esterno ed all’interno delle vasche della peschiera indica che il tasso di sollevamento dovrebbe presentare valori uguali a quello di abbassamento relativo del mare 0.78 mm. Questo valore è maggiore rispetto a 0,47 mm/a calcolato da Miyauchi et al. (1994). Questo dato può essere interpretato secondo diverse ipotesi: (i) come normale variazione statistica del dato intorno al valore medio (0.47 mm/anno), (ii) come accelerazione del processo di sollevamento rispetto al Tirreniano dato già rilevato sulle coste orientali della Sicilia, e presso Scilla e Ioppolo in Calabria, (Antonioli et al., questo volume) (iii) essere correlato a deformazioni cosismiche prodotte da strutture simogenetiche attive che potrebbero essere responsabili della dislocazione della piattaforma marina olocenica. BIBLIOGRAFIA Argnani A. (2000) - The Southern Tyrrhenian subduction system: recent evolution and neotectonic implications. Annali di Geofisica 43, 585-607. Bordoni P. e Valensise G. (1998) - Deformation of the 125Ka marine terrace in Italy: tectonic implications. In Stewart I.S. . & Vita-Finzi C. (eds) Coastal Tectonics. Geological Society of London, Spec. Publ., 146, 71-110. 45 Chiocci F. L. e Orlando L. 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An anomaly is represented by the Ionian coast of NE Sicily that, located at the footwall of the offshore Taormina Fault (Fig. 1), is affected by very low to absent seismicity. A detailed levelling survey of both Late Quaternary marine terraces and dated Holocene marine notches has been carried out along the coast of Taormina and Capo S. Alessio (Fig. 1), at the southern termination of the Taormina Fault, where a converging set of strandlines marks the tip of this offshore structure. The main results of the analysis can be synthesised as follows: • the altimetric distribution of the Late Quaternary marine terraces at the footwall of the fault indicates an increase of the upliftrate, from the regional signal (0.8 mm/yr) to 1.4 mm/yr, at about 125 ky; • the averaged uplift-rate, provided by marine terraces and measured adopting the resolution of the OIT stages, is almost uniform in the time; • distinct Holocene marine marks, such as three main notch levels separated by lithophaga bands are vertically distributed in the analysed sector of the coast; • the notch levels, dated at 5 ka and post-3.2 ka (Stewart et al., 1997), are severely tilted towards the onshore and show a clear divergence from the southern tip of the Taormina Fault towards the north. Fig. 1- Location map of raised notch levelling in the Taormina area. Taking in account the slow rate of sea-level raising, characterising the Central Mediterranean during the last 5 kyr (0.5-1.0 mm/yr), the vertical distribution of the Holocene strandlines can be interpreted as the result of short-period variations in the rate of tectonic uplifting, such as seismic events. So, the notches and their related bio-morphological bands developed at low-rate of uplifting and have been displaced by three major seismic events in the past 5 kyr (Fig. 2): 48 • the oldest event occurred at about 5 ka B.P. and produced 0.8-1.0 m of vertical coseismic displacement of the highest paleoshoreline; • a major event occurred at about 3.2 ka B.P. and produced 2.1 m of vertical coseismic displacement of the coast; • during the past 3.2 ka, a minor seismic event could have caused the 0.5-0.8 m vertical displacement of the lowest emerged paleoshoreline. Tentatively, this seismic event could be referred to the 31 of August 853 A.D. earthquake, reported by Boschi et al. (1995) in the northeastern part of Sicily (area of Messina). Taking into account the Holocene co-seismic displacements of the Taormina coastal area, earthquakes with M~6.5 and M~7 can be inferred for the minor and major events, respectively (Wells and Coppersmith, 1994); these are compatible with the 40 km length of the Taormina Fault (Catalano and De Guidi, 2003). The above data also suggest that this structure actually represents the prolongation in northeastern Sicily of the high-level seismicity belt of the Siculo-Calabrian rift zone (Monaco and Tortorici, 2000), producing repeated co-seismic displacements with a recurrence of more than 1.5 ka. These conclusions are therefore framed within a regional seismotectonic scenario which includes several several earthquake cycles separated by temporary seismic gaps. Accordingly, our results on the Taormina Fault strongly suggest a revaluation of the seismogenic potential of northeastern Sicily. Fig. 2 - Schematic profile of the Taormina coastal region showing the morphological evidences, co-seismic and post-seismic displacements and the age constraints (Stewart et al. 1997) of three paleoseismic events in the past 5 kyr. REFERENCES Boschi, E., Ferrari, G., Gasperini, P., Guidoboni, E., Smriglio G., Valensise, G., 1995a. Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.c. al 1980. Istituto Nazionale di Geofisica, S.G.A., Roma. Catalano, S., De Guidi, G., 2003. Late Quaternary uplift of northeastern Sicily: relation with the active normal faulting deformation. J. of Geodynamic, in press. Monaco, C., Tortorici, L., 2000. Active faulting in the Calabrian Arc and eastern Sicily. J. Geodynamics 29, 407-424. Stewart, I., Cundy, A., Kershaw, S., Firth, C., 1997. Holocene coastal uplift in prolongation of the Calabrian seismogenetic belt. J. Geodynamics, 24, 37-50. Wells, D.L., Coppersmith, K.J., 1994. New empirical relationships among magnitude, rupture length, rupture width, rupture area, and surface displacement. Bull. Seism. Soc. Am. 84, 974-1002. 49 CINEMATICA DEL MEDITERRANEO CENTRALE DA RETI GPS PERMANENTI E NON PERMANENTI M. Anzidei1, P. Baldi2, G. Casula1, N. Cenni2, A. Galvani1, F. Loddo1, A. Pesci1 & E. Serpelloni1 1 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma - [email protected] 2 Università di Bologna, Dipartimento di Fisica, Bologna L'area del Mediterraneo è la zona di collisione tra le placche continentali africana ed europea, come evidenziato dall'attività sisimica che si distribuisce dalla giunzione tripla delle Azzore fino all'Anatolia (Pondrelli et al., 1995). La distribuzione della sismicità strumentale mostra l'elevato livello di frammentazione crostale di questa regione, mentre i meccanismi focali ne indicano la forte variabilità spaziale del campo di stress (Frepoli and Amato, 2000; Pondrelli et al., 2002). L'andamento della deformazione è caratterizzato da una complessa distribuzione spazio-temporale di eventi compressivi ed estensionali e le fascie orogeniche Paleoceniche e Neogeniche mostrano grandi deformazioni e migrazione laterale di diversa centinaia di km (Mantovani et al.,1996; McClusky et al., 2000). La complessa evoluzione di quest'area ha prodotto l'attuale assetto tettonico che comprende diversi blocchi crostali che si muovono in maniera indipendente o parzialmente dipendente. In questo lavoro presentiamo nuovi vincoli per la definizione dell'andamento cinematico di quest'area, mediante misure geodetiche spaziali GPS ottenute durante l'ultimo decennio su reti locali e regionali. A causa del basso tasso di deformazione del Mediterraneo centrale e della regione europea, la stima dell'andamento della deformazione può essere raggiunta mendiante l'utilizzo di stazioni GPS permanenti che permettono di ridurre i tempi di osservazione. Purtroppo il numero di queste stazioni attualmente attive è ancora troppo limitato per descrivere in maniera esaustiva l'andamento della deformazione in un area ad elevato tasso di frammentazione. Per questo, un significativo miglioramento della risoluzione sul campo di deformazione può essere ottenuto dalla integrazione di reti permanenti e non permanenti, combinando i risultati in un solo sistema di riferimento. Con questo scopo sono stati analizzati dati GPS acquisiti su reti regionali e locali non permanenti, misurate in Italia e nel Mediterraneo centrale a partire dal 1991 (Anzidei et al., 2001; Serpelloni et al., 2001), insieme a dati provenienti da stazioni permanenti afferenti a differenti reti internazionali, acquisiti dal 1998 al 2002. Sono stati utlizzati dati di oltre 80 stazioni non permanenti occupate in differenti campagne di misura unitamente a 26 stazioni afferenti alla rete dell'Agenzia Spaziale Italiana (Vespe et al., 1999). Sono state incluse nel calcolo anche dieci stazioni dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell'Università di Bologna, distribuite nell'Appennino settentrionale e nell'area napoletana. Rispetto a precedenti risultati (Anzidei et al., 1995, 2001; Oldow et al., 2002), questo lavoro fornisce una migliorata risoluzione spaziale ed una più dettagliata immagine del campo di velocità per una vasta area che caratterizza il limite Africa/Eurasia, a partire dall'Africa meridionale fino all'Europa stabile e con densità sufficiente per fornire una informazione significativa sulla cinematica dei blocchi crostali e sui loro limiti attivi. Parole chiave: GPS, Cinematica, Mediterraneo, Africa/Europa Bibliografia Anzidei, M., P. Baldi, G. Casula, G. Galvani, E. Mantovani, A. Pesci, F. Riguzzi, and E. Serpelloni, Insights into present-day crustal motion in the central Mediterranean area from GPS survey, Geophys. J. Int., 146, 98-110, 2001. Frepoli, A., and A. 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Geod., 30, 327-336, 1999. 50 Fig. 2 Campo di velocità riferito all'Europa stabile 51 MOVIMENTI TETTONICI NELLA ZONA DELLO STRETTO: EFFETTI SUL PONTE Paolo Clemente ENEA – Centro Ricerche Casaccia - [email protected] Recenti studi hanno evidenziato l’esistenza di spostamenti relativi non trascurabili tra le coste della Sicilia e della Calabria, in corrispondenza delle zone dove dovrebbero essere fondati i piloni del Ponte sullo Stretto (Antonioli F., Sylos Labini S., Ferranti L., “Il Ponte sullo Stretto: problematiche geologiche”, Energia, Ambiente e Innovazione, ENEA, No.1, 2002). In attesa di ulteriori misure, che confermino o smentiscano questi dati, si è cercato di valutare quali sarebbero gli effetti di queste distorsioni sul ponte. Va innanzi tutto osservato che, per le strutture di grande luce, il problema degli spostamenti relativi permanenti tra le opere di fondazione è sempre da temere, specialmente in caso di sisma. Nel gennaio 1995 l’Akashi Kaikyo Bridge, il ponte sospeso la cui campata principale è la più lunga al mondo, fu soggetto al sisma che devastò Kobe, con epicentro in prossimità dal ponte stesso. Al momento erano stati eretti i due piloni ed erano state messe in opera le funi principali, soggette perciò al solo peso proprio; le strutture già costruite superarono egregiamente gli effetti del sisma, che causò anche uno spostamento permanente di allontanamento tra i due piloni di circa 1 m. Il progetto dell’impalcato fu adeguato alla nuova geometria, la costruzione continuò e nella primavera del 1998 il ponte fu aperto al traffico (esclusivamente stradale), presentando una luce centrale maggiore di quella prevista inizialmente in sede di progetto: 1991 m anziché 1990. Nel caso delle coste siciliana e calabra gli spostamenti relativi avvengono lentamente e sono, quindi, controllabili. D’altra parte, però, va tenuto presente che le distorsioni previste verrebbero ad agire sulla struttura già interamente realizzata: sarebbero interessati, quindi, piloni e cavi principali, questa volta soggetti al carico di esercizio, e anche la travata (impalcato). Inoltre, non va sottovalutata la maggiore sensibilità alle distorsioni del percorso ferroviario. Figura 1 – Il Ponte sullo Stretto Il progetto di massima del ponte sospeso per l’attraversamento dello Stretto di Messina (fig. 1) prevede la realizzazione dei piloni sulla terraferma, con una campata centrale di 3300 m e due campate laterali di 180 m, mentre gli ancoraggi sono previsti dal lato Sicilia a 960 m e dal lato Calabria a 810 m dai rispettivi piloni (Stretto di Messina S.p.A., Ponte sullo Stretto di Messina. Progetto definitivo. Relazione di sintesi generale, Società Stretto di Messina S.p.A., 1997). L’impalcato, costituito da tre cassoni longitudinali in acciaio, separati da grigliati e collegati tramite cassoni trasversali, è largo 60 m. L’impalcato è sospeso, attraverso quattro fasci di pendini (funi verticali) posti ad interasse di 30 m, a due coppie di cavi, ciascuno di 1.24 m di diametro. Il rapporto freccia/luce (freccia f = ordinata massima della fune, ved. figura 2) è pari a 1/11, pertanto lo sviluppo complessivo di ciascuna fune tra gli ancoraggi è di 5300 m. Ciascuna torre è formata da due pilastri in acciaio collegati da quattro traversi, raggiunge i 376 m s.l.m. e pesa 541 MN. Nel tratto di impalcato in corrispondenza dei piloni soltanto il cassone ferroviario è lasciato continuo mentre i cassoni stradali sono giuntati, determinando la presenza di cerniere (elastiche) tra la campata principale e quelle di riva. Il vincolo che collega l’impalcato ai piloni, inoltre, ne impedisce gli spostamenti trasversali ma non quelli verticali e longitudinali. Anche in prossimità delle zone terminali sono previste campate speciali per controllare le deformazioni dell’impalcato nel passaggio dal tratto sospeso a quello appoggiato sulle pile. I giunti di dilatazione consentono un’escursione di ±3.40 m, che consente di fronteggiare gli effetti di temperatura, carichi mobili, frenatura e vento. 52 La struttura è stata progettata per resistere senza danni ad un sisma di intensità 7.2 della scala Richter. La vita convenzionale è di 200 anni. Operando sul modello in figura 2, che rispecchia le caratteristiche del Ponte sullo Stretto, si è valutato separatamene l’effetto di una distorsione longitudinale, di una distorsione trasversale e di una distorsione verticale tra le torri. Va osservato che il comportamento statico dei ponti sospesi di grande luce si approssima a quello di una fune semplice, diventando trascurabile, al crescere della luce, il contributo irrigidente dell’impalcato (Clemente P., Nicolosi G., Raithel A., “Preliminary design of very long-span suspension bridges”, Int. J. Engineering Structures, Elsevier Science Ltd, Vol. 22, No. 12, 1699-1706, 2000). α Figura 2 – Modello di calcolo Una distorsione longitudinale comporta una variazione della luce L e, di conseguenza, una variazione della freccia f. Nell’ipotesi di allontanamento tra le due sponde, ossia di aumento della luce e riduzione della freccia, il tiro H (componente orizzontale dello sforzo nella fune) aumenta. Un’indagine numerica, effettuata assumendo come caratteristiche geometriche e di carico quelle del Ponte sullo Stretto, ha consentito di valutare pari allo 0.7% l’incremento di tiro per effetto di un allontanamento di 1 m. Una distorsione trasversale non comporta apprezzabile variazione della luce, e quindi della freccia, ma la fune, a seguito di essa, si sviluppa su tre piani, relativi rispettivamente alla campata principale e alle due campate di riva. Ne deriva uno sforzo orizzontale sui piloni in una direzione prossima alla trasversale. Prendendo sempre in esame un ponte delle dimensioni di quello sullo stretto, si è calcolato che uno spostamento relativo di 1 m causerebbe un valore di tale sforzo pari allo 0.03% del tiro iniziale. Infine, per effetto di uno spostamento relativo di 1 m in direzione verticale tra le due torri il tiro aumenterebbe dello 0.15%. In definitiva il “tiro alla fune” tra Scilla e Cariddi, stando ai primi risultati delle misure effettuate, non rappresenta un pericolo. Ciò nonostante, tenendo conto dell’importanza e dell’unicità del ponte, si ritiene necessario il monitoraggio delle coste interessate, al fine di verificare con maggiore approssimazione l’entità degli spostamenti relativi tra le due sponde e di seguirne l’andamento nel tempo. Per quel che riguarda la struttura, infine, vanno valutati gli effetti sui dettagli costruttivi, quali giunti e vincoli interni ed esterni, sui quali non sono da escludere interventi di manutenzione correttivi durante la vita del ponte. 53 MORFOLOGIA ED EVOLUZIONE DEI CANYONS DI BOVALINO E SIDERNO (MARGINE IONICO) IN RAPPORTO ALLA TETTONICA DELL'ARCO CALABRO Morphology and evolution of the Siderno and Bovalino canyons (Ionian Margin): relation with tectonics of the Calabrian Arc E. Colizza, A. Cuppari, F. Fanucci & D. Morelli Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine - Università degli Studi di Trieste - [email protected] Abst ract: New seismic data (Chirp) and samples collected in the marine area between Bovalino and Siderno allow to infer the main morphological and sedimentary dynamic processes active in the Southern Calabrian Ionian Margin. In this area the interaction among the “fiumare”, the coastal dynamics and the activity of the canyons is particularly evident and controlled by the tectonic activity. Within a recent regional uplift of the “Calabrian Arc” differential vertical movements occur along the Bovalino and Siderno canyons. Vengono presentati i principali risultati di una ricerca finalizzata alla ricostruzione delle principali caratteristiche morfologiche sedimentologiche ed evolutive di un settore del margine Ionico della Calabria meridionale. Più precisamente all’interno di questo settore è stata individuata un’area campione, compresa tra Bovalino e Siderno, che meglio evidenzia l’interazione tra le fiumare, la dinamica costiera e i canyons, condizionata dalla particolare vivacità tettonica del margine. Nuovi dati sismici (Chirp), batimetrici e sedimentologici ottenuti da due diverse campagne in mare hanno consentito di definire con maggior dettaglio la morfologia e la dinamica sedimentaria dell’area di piattaforma e scarpata interessati dall’attività di due dei principali canyons di Bovalino e Siderno (Fig.1). I caratteri dei sedimenti e la loro particolare distribuzione dimostrano come il materiale più grossolano trasportato dalle fiumare, durante gli eventi alluvionali violenti (frequenza biennale), sia versato, come plumecorrenti di torbida, direttamente all’interno delle testate dei canyons (poste mediamente a 80-150 metri dalla linea di riva) privando i sedimenti più costieri di queste componenti. Il particolare arretramento delle testate indicherebbe, come altro plausibile mezzo di trasporto del materiale grossolano nei canyons, le rip currents ad alta energia associate alle mareggiate più violente. Tali fenomeni spiegano come la dinamica sedimentaria lungo i litorali sia caratterizzata da un netto deficit della porzione più grossolana che, invece di essere ridistribuita lungo costa, viene direttamente convogliata nell’area di scarpata e bacino. Prelievi di sedimento eseguiti lungo lo sviluppo dei canyons confermano il diretto asporto e definitiva sottrazione del materiale grossolano dal litorale, il carattere episodico di tale processo e la successiva rimobilizzazione dei sedimenti per l’azione di cor ren ti d i torb ida e feno me n i grav itativ i. I dati sismici registrati e le successive indagini batimetriche mostrano come l’origine ed evoluzione dei canyons sia connessa con il particolare assetto strutturale e cinematica recente dell’Arco Calabro. Nell’ambito di un sollevamento generalizzato dello stesso (Pleistocene-Olocene 0,8 mm/anno), sono rilevabili movimenti verticali differenziali che si verificano tra il settore di margine compreso tra i due canyons (profondità dello shelf-break 70 m) e quelli a nord e a sud dello stesso (100 m). Movimenti verticali relativi sono confermati dal restringimento e maggiore acclività della piattaforma e presenza di maggiori articolazioni della scarpata (terrazzamenti) dell’area compresa tra i due canyons. La stessa area si configura come un’unità strutturale unitaria a cinematica indipendente (profondità dello shelf-break) e polifasica (terrazzamenti della scarpata) all’interno del margine, delimitata da linee (NW-SE) di svincolo tettonico che coincidono con i canyons di Bovalino e Siderno. A seguito di questi studi preliminari è possibile affermare che la presenza di importanti linee di svincolo tettonico, all’interno del margine, hanno svolto un ruolo fondamentale nell’origine ed evoluzione dei canyons di Bovalino e Siderno e nella loro conseguente interazione con la dinamica sedimentaria costiera. 54 Bibliografia A.A. V.V. Atlante delle Spiagge C.N.R. - Fogli 255, 263, 264, 1996. BRAMBATI A. L'erosione dei litorali adriatici: problemi e prospettive. (Conv. Interreg. A.I.D.D.A. "Per un Adriatico rinnovato", 18-25, Pescara 1989. BRAMBATI A. L'erosione dei litorali: cause antropiche o naturali? (1989).Terra, Riv. Sc. Amb. e Terr., anno II, n. 1, 26-29, Quarto Inferiore (BO), 1989. Cuppari A. Contributo alla conoscenza dei canyons sottomarini del Mediterraneo occidentale: loro genesi, evoluzione e ruolo nella dinamica ambientale. Tesi di dottorato in Scienze Ambientali (ambiente fisico marino e costiero). XV ciclo. Inedita. IETTO F. Evoluzione delle Spiagge Tirreniche Nord Calabresi negli ultimi 50 anni. Il Quaternario Italian journal Quaternary Sciences 14 (2) 105-116, 2001. Canu M., Trincardi F. Controllo eustatico e tettonico sui sistemi deposizionali nel bacino di Paola (PlioQuaternario), margine tirreno orientale. Giornale di Geologia, 51, 2, 41-61, 1989. 55 FORME DI PALEO-STAZIONAMENTO DEL LIVELLO DEL MARE ED EVOLUZIONE TARDOQUATERNARIA DEL TRATTO DI COSTA TRA MARINA DI MINTURNO E PUNTA CETAROLA (LAZIO, ITALIA) 1 T. De Pippo1, C. Donadio1, P. Miele1 & A. Valente2 Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Napoli Federico II - [email protected] 2 Dipartimento di Geologia e Studi Ambientali, Università del Sannio Lungo il tratto costiero del Lazio meridionale compreso tra Marina di Minturno e Punta Cetarola, a NW di Gaeta, è stata individuata una fitta successione di morfologie attribuibili a paleostazionamenti del livello marino, alcune delle quali già note da tempo. Tali forme, datate sia con metodi radiometrici da precedenti Autori sia mediante metodologie di correlazione morfostratigrafica, sono rappresentate prevalentemente da solchi di battente e da terrazzi d'abrasione marina. L'obiettivo della ricerca è stato quello di ricostruire in dettaglio la successione dei processi legati alla neotettonica recente, riconosciuta in questo paesaggio costiero, ed attuatisi attraverso una serie di fasi alternate di sollevamento ed abbassamento che hanno interessato alcuni blocchi di costa strutturalmente delimitati. Già nella metà del secolo scorso, lungo le falesie della costa pontina erano stati individuati indizi di paleostazionamenti del livello marino a quote diverse rispetto all' attuale (Blanc, 1942; Blanc & Segre, 1947; Issel, 1883; Segre, 1949). Successivamente, soprattutto a partire dagli anni ’80, gli stessi siti furono rivisitati e le medesime morfologie furono reinterpretate, secondo un approccio più decisamente geomorfologico, attraverso moderni metodi d’analisi. Pertanto le forme neo- ed eutirreniane sono state datate, piuttosto che con criteri prettamente paleontologici, con tecniche di datazione radiometrica e mediante la racemizzazione degli amminoacidi applicata su depositi a Glycymeris ed Ostrea. Nuovi e più approfonditi studi, condotti in modo sistematico, svolti presso i siti de l'Arenauta, di Sant’Agostino, di M. Orlando a Gaeta e di M. d’Argento a Marina di Minturno, hanno permesso d’individuare dislocazioni tettoniche tra morfologie omologhe attribuite all’Eutirreniano “…dell'ordine di qualche metro…” tra Marina di Minturno ed il promontorio del Circeo (Carrara et al., 1995 citando Ozer et al., 1987) oppure di riconoscere “…un leggero comportamento differenziale tettonico tra la zona di Sperlonga ed il promontorio di Gaeta…” sulla base di differenze di quota riscontrate tra i paleosolchi di battente (Antonioli, 1995) Tra l’altro, anche la notevole ampiezza di un famoso solco eutirreniano presente a Marina di Minturno (alto circa 4.5 m) sarebbe stata messa in relazione con un sollevamento della costa coevo alla sua formazione (Ozer et al., 1987; Dai Pra, 1995). Sembrerebbe, dunque, che alcuni Autori concordino nell’ ipotizzare una blanda attività tettonica lungo questo tratto costiero, a comportamento anche leggermente differenziale tra settori contigui, che si sarebbe conclusa non più tardi del Tirreniano. In un più recente lavoro di sintesi è stato quantificato in -0.01 ÷ +0.03 mm/anno il tasso medio di sollevamento / abbassamento per i settori di costa compresi tra Sperlonga e Marina di Minturno (Bordoni & Valensise, 1998). L’area indagata, si colloca in un contesto geologico piuttosto articolato. La potente successione carbonatica mesozoica dei M. Aurunci occidentali, con termini compresi tra il Trias superiore ed il Cretacico superiore, dislocata dalla tettonica compressiva connessa alle fasi del sovrascorrimento verso NW di questo settore della catena dei M. Volsci, è suddivisibile lungo la fascia costiera in due settori distinti, uno orientale, l’altro occidentale. Il primo di questi settori è stato interessato da evidenti segni di una fase tettonica plio-quaternaria a carattere distensivo (Ambrosetti et al., 1987; Naso & Tallini, 1993), responsabile della strutturazione della depressione tettonica della Piana di Formia. Quest’ultima, a sua volta, risulta caratterizzata da riattivazioni del vecchio fronte di sovrascorrimento in senso distensivo e rigetti dell’ordine dei 1000 - 3000 m (Naso & Tallini, 1993), in cui i termini carbonatici ribassati sarebbero stati ricoperti da una successione argillosa e ruditica mio-pliocenica e dalle coltri colluviali quaternarie. Il settore occidentale, non ribassato, è caratterizzato da diffusi affioramenti carbonatici ricoperti da sottili lembi di coltri quaternarie (brecce di versante, colluvioni, depositi sabbiosi ascrivibili all’unità litologica definita come duna rossa antica Auctt.). L’assetto geomorfologico del territorio risulta verosimilmente controllato dagli elementi geologico-strutturali. In particolare il settore orientale mostra una fisiografia caratterizzata da netti limiti di contatto tra i ripidi versanti strutturali di natura carbonatica che delimitano a N e a W i dolci pendii della piana ribassata, in gran parte ricoperta da tre sistemi sovrapposti e coalescenti di conoidi colluviali. La stretta fascia costiera, delimitata ad E dal promontorio di M. d’Argento a Marina di Minturno, mostra un’ampia concavità verso S, interrotta nella parte mediana dal promontorio del M. di Scauri. Fig. 1 - Ubicazione del settore costiero del Lazio meridionale oggetto della ricerca. 56 La parte occidentale, invece, è caratterizzata da promontori bassi, con la sommità spesso spianata, i cui blandi versanti, per lo più di linea di faglia, si allineano secondo lo stile tettonico locale a direttrici principali appenninica ed antiappenninica. La fascia costiera è contraddistinta dal promontorio di M. Orlando (Gaeta), collegato alla costa da un tombolo densamente antropizzato, e dal tratto di costa compreso tra Gaeta e P. Cetarola articolato in un fitto sistema di pocket beaches. Durante recenti indagini geomorfologiche (Miele, 2003; De Pippo et al., 2003), finalizzate ad approfondire le conoscenze su alcuni aspetti del paesaggio costiero emerso e sommerso, sono state individuate numerose forme riconducibili a paleostazionamenti del livello marino, fino ad oggi, in buona parte, non segnalate. Nell’area indagata sono stati riconosciuti terrazzi d’abrasione marina e solchi di battente a quote comprese tra +173 e +0.25 m, distribuiti lungo l’intera costa ed attribuiti ad un intervallo cronologico compreso tra gli stadi isotopici dell’ossigeno 11 e 3. In particolare, sono state individuate forme poste a quote comprese tra quelle eutirreniane e neotirreniane, attribuite al substadio 5c e morfologie comprese tra l’attuale livello medio marino e quelle del substadio 5a, interpretate come appartementi ad alcune fasi dello stadio 3. Le forme poste a +173, +54 e +30/+20 m sono invece state correlate rispettivamente con gli stadi 11, 9 e 7. Infine, le morfologie presenti in ambiente sottomarino, tra -47 e -0.60 m, individuate sia mediante rilievi ecografici che osservazioni subacquee dirette, corrispondono a quelle già accuratamente descritte da altri Autori (Antonioli, 1991 e 1995) e ben si accordano con i dati delle curve eustatiche relativi agli ultimi 10 ka. Le forme prese in esame sono state datate mediante metodi di correlazione morfostratigrafica con forme già note ed in precedenza datate da altri Autori, tra le quali quelle eutirreniane e neotirreniane de l’Arenauta, di Gaeta - M.Orlando e di M. d’Argento a Marina di Minturno. È stata effettuata pertanto la misurazione dei dislivelli tra esse riscontrati, ovvero la determinazione della differenza di quota tra i punti indicanti paleostazionamenti del livello marino, per tratti di costa discreti nei quali le morfologie poste in successione altimetrica non risultassero dislocate. Si è in seguito calcolato il dislivello eustatico sotteso tra gli stadi relativi a tali forme, in modo da poter confrontare i dislivelli eustatici con quelli altimetrici delle forme ad essi associate. In questo modo è stato possibile quantificare dettagliatamente il tasso di sollevamento o di abbassamento di un settore di costa, tra due stadi successivi e quindi per l’intero l'intervallo compreso tra gli stadi 11 e 3. In letteratura è stato proposto un modello di evoluzione neotettonica di questo tratto costiero basato essenzialmente su considerazioni relative alle sole entità delle dislocazioni tra morfologie omologhe, che prevede la cessazione di blandi movimenti relativi tra settori di costa contigui in tempi non più recenti del Neotirreniano. Nel nostro caso, invece, il calcolo dei tassi della componente verticale di spostamento di alcuni settori di costa, strutturalmente delimitati, fa ipotizzare l’esistenza di un’attività tettonica protrattasi oltre il Neotirreniano ed almeno fino al termine dello stadio 3, ma probabilmente fino a tempi ancora più recenti, e con tassi maggiori di quelli proposti fino al 1998 (+0.01 / +0.03 ÷ -0.01 mm/anno). Lo schema presentato (fig. 2) illustra il modello evolutivo di questo tratto di costa, ben più complesso di quanto precedentemente ipotizzato, definito con il termine di “modello ad ascensore”. In particolare è stata rilevata l’esistenza di una fase di sollevamento della costa con tassi differenti per i vari settori fino alla fine del substadio 5e. Fig. 2 Schema dei tassi di sollevamento/abbassamento (mm/anno) calcolati per i vari settori e per l’intero tratto costiero esaminato. 57 Tra i substadi 5e e 5c si rilevano ancora tassi diversi tra settori contigui, ma di segno opposto. Successivamente l’intero settore di costa si comporta in maniera pressocché solidale, pur continuando a subire movimenti, alternativamente, positivi e negativi. L’ultima fase di sollevamento dovrebbe essere cessata in tempi non più recenti di circa 10 ka b.p. dato che le forme sommerse riconosciute sono ubicate a profondità ben correlabili con la curva eustatica relativa a questo intervallo di tempo. Sono stati inoltre registrati, per il solo settore di Sant’Agostino, in quanto mancano dati relativi a settori ubicati a SE di quest’ultimo, tassi di sollevamento piuttosto elevati anche tra gli stadi isotopici 11 e 7. BIBLIOGRAFIA Alessio M., Allegri L., Antonioli F., Belluomini G., Improta S., Mandra L., & Preite M., 1994. La curva di risalita del mare Tirreno negli ultimi 43ka ricavata da datazioni su speleotemi sommersi e dati archeologici. Mem. Descr. Del Serv. Geol. Naz., 52, 235 - 256 Ambrosetti P., Bosi C., Carraro F., Ciaranfi N., Panizza M., Papani G., Mezzani L. & Zanferrari A., 1987. Neotectonic map of Italy. P.F. Geodinamica. Antonioli F., 1991. Geomorfologia subacquea costiera del litorale compreso tra Punta Stendardo e Torre S.Agostino (Gaeta). Il Quaternario, 4 (2), 257 – 274. Antonioli F., 1995. Ricostruzione di variazioni climatiche quaternarie attraverso indagini subacquee. In: Lazio Meridionale Sintesi delle ricerche geologiche multidisciplinari. ENEA Dip. 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Oxigen isotope and paleomagnetic stratigraphy of equatorial Pacific core V28 238: oxigen isotope temperatures and ice volumes on a 105 year and 106 year scale” Quat Res., 3, 39 - 55. 58 RILEVAMENTO GEOMORFOLOGICO SUBACQUEO DELL’ISOLA DI PALMAROLA (LAZIO): EVIDENZE DI MOVIMENTI NEOTETTONICI DIFFERENZIALI S. Silenzi1, A. Molinaro2 & A. Zarattini3 1 ICRAM - Central Institute for Marine Research, Via Casalotti 300 - 00166 Roma, Italy - [email protected] 2 Tethys – Indagini geologiche ed ambientali, Via P. della Valle, 13 – 00193 Roma, Italy 3 Sovrintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, Via Pompeo Magno, 2 - 00192 Roma, Italy Abstract A geomorphological and structural underwater survey of the Island of Palmarola (Southern Latium) has been performed, aimed at obtaining geographic background information on the availability of obsidian deposits by the man since the Neolithic Age. The survey was focused on both erosional forms (such as notches, abrasion platforms, evorsion pools, marine caves, canyon) and depositional forms (beach deposits). By comparing the glacio-hydro-isostatic model, elaborated for this area by Lambeck et al. (submitted), with AMS dating of beach deposits, we can assume that the southern portion of the Island is tectonically stable starting from 3.5 ky cal BP. From a structural point of view, the main directions detected by underwater survey are N30, N60 e N100-110, in good agreement with the tectonic assessment of the emerged area. Introduzione Le isole dell’arcipelago Pontino, di cui fa parte Palmarola, sono principalmente costituite da vulcaniti acide di ambiente subacqueo. Il substrato pre-vulcanico su cui si è impostato tale vulcanesimo è caratterizzato da una struttura a sovrascorrimenti di Unità Meso-Cenozoiche, con uno schema similare a quello Appenninico (De Rita et al., 1986). La struttura è, infatti, del tutto analoga a quanto rilevabile lungo la prospiciente costa laziale nel settore compreso fra Anzio ed il promontorio del Circeo, ed è interpretabile come un frammento del bacino interno Umbro-Toscano sovrascorso alla piattaforma Laziale-Campana (Parotto, 1980). L’attività vulcanica che ha portato alla formazione di Palmarola si è sviluppata in ambiente sommerso successivamente al Pliocene superiore (De Rita et al., 1986; Zitellini et al., 1984), ed è perdurata sino a 1.1 Ma fa (Barberi et al., 1967); tale attività è connessa alla tettonica distensiva che, già dal Miocene, ha interessato l’evoluzione del bacino tirrenico. Le diverse facies litologiche riconoscibili a Palmarola appartengono ad un’unica fase vulcanica di ambiente sottomarino a carattere acido, riolitico-riodacitico (Carmassi et al., 1985). Queste rappresentano il diverso grado di frammentazione subito dal fuso a contatto con l’acqua marina. Ad una prima facies microbrecciata, primo prodotto di raffreddamento al momento della fuoriuscita del magma, seguono facies sempre meno brecciate sino ad una tipicamente ossidianacea. La cospicua presenza di quest’ultima ha fatto dell’isola di Palmarola, sin dalla preistoria, un prezioso giacimento di ossidiana, diffusa già dall’uomo neolitico in diverse regioni italiane e del Mediterraneo. Principali risultati Nel tentativo di definire i possibili scenari geografici in cui l’uomo, sia nel neolitico che in tempi più recenti, veniva ad interagire con l’isola, sono stati compiuti dei rilevamenti subacquei di carattere geomorfologico e, dove possibile, strutturale. I 25 transetti realizzati (Fig. 1a) hanno investigato circa 6960 metri di fondale lineare con scala di dettaglio (scala 1:200; errore altimetrico ±0.1 metri, errore direzionale ±2.5°), rinvenendo forme di erosione (solchi erosivi, piattaforme di abrasione, marmitte di evorsione, grotte, canyon) e di deposito (depositi conglomeratici cementati di spiaggia e litorali), spesso correlabili a paleolivelli marini; sono stati inoltre riconosciuti diversi lineamenti morfologici attribuibili a superfici di discontinuità fragile. Fra le forme di erosione di maggiore interesse riscontrate lungo i fondali dell’isola vi sono numerosi solchi, rinvenuti a diverse profondità. Il frequente alluvionamento degli stessi con ciottoli eterometrici e sabbie grossolane, permette di relazionarne la genesi formazionale all’azione meccanico-erosiva esercitata dal sedimento sciolto sul substrato roccioso. L’energia del moto ondoso è infatti sufficiente a innescare il movimento traslazionale di ciottoli e sabbia che possono portare alla strutturazione di un solco, soprattutto in litologie caratterizzate da numerose discontinuità quali appunto le vulcaniti affioranti, intensamente fratturate. Tale morfostrutturazione può verosimilmente avere luogo anche non in corrispondenza del livello del mare, ma spingersi sia sino alla profondità di alcuni metri, sia al limite massimo dei frangenti (Parroni e Silenzi, 1997; Silenzi et al., submitted). I solchi in formazione, a parità di ambientazione fisiografica, sono significativamente estesi nelle facies brecciate delle unità vulcaniche affioranti, mentre nelle facies ossidianacee sono poco estesi ed attualmente inattivi. Fra le forme di deposito, i conglomerati di spiaggia affiorano in molteplici porzioni dell’isola. La loro genesi, è attribuibile alla cementazione ed al successivo disfacimento di depositi di spiaggia emersa e sommersa, avvenuti anche in più fasi successive (conglomerati poligenici) in ambienti costieri ad alta energia del tutto analoghi all’attuale. Anche i depositi attuali, soprattutto nella porzione sommersa, sembrano avere un’origine poligenica, provenendo perciò oltre che dal disfacimento delle falesie anche dalla riesumazione dei paleodepositi cementati. I conglomerati fossiliferi rinvenuti nella parte emersa di Punta Viaggio da Carrara e Dai Pra (1992) sembrano avere la medesima storia evolutiva dei depositi conglomeratici rinvenuti nei fondali, cui vengono stratigraficamente relazionati. 59 Di particolare interesse per la comprensione dell’evoluzione geomorfologica dell’isola si è dimostrata la comparazione fra le forme emerse di punta Viaggio e quelle sommerse della parte centro meridionale e meridionale dell’isola, oltre all’inquadramento della Secca degli Zirri, attualmente sommersa e che in passato può aver costituito un punto di approdo per gli uomini neolitici. Le facies vulcaniche affioranti nella porzione emersa e la morfologia terrazzata di P. Viaggio proseguono con andamento similare sotto il livello del mare. La falesia emersa, infatti, si spinge con andamento subverticale sott’acqua sino alla profondità di –1.5 metri, dove incontra una piccola piattaforma di abrasione. Il fondale, roccioso e in grande parte privo di sedimenti, degrada in una serie di superfici terrazzate delimitate da rialzi morfologici di forma prismatica e bordati, verso il largo, da pareti subverticali ad andamento rettilineo. Queste ultime sono tutte orientate nella stessa direzione, pari a N100. Grossi blocchi isolati caratterizzano la superficie del penultimo terrazzo, mentre l’ultima superficie subpianeggiante appare interessata, per tutta la sua estensione, da grandi marmitte di eversione. La successione di elementi morfologici termina in un fondale sabbioso, debolmente degradante verso il largo, a –9 m. L’assetto morfologico di P. Viaggio non ha riscontro in nessun altro settore emerso dell’Isola, mentre sembra ripetersi (in particolar modo il solco a + 6 m) in tratti sommersi, ed in particolare presso Punta Grottelle (600 metri a sud di P. Viaggio), dove tali forme, che affiorano a –4.5 m, sono impostate nelle stesse litologie. In prossimità di Punta Vardella (estrema porzione meridionale dell’isola) affiorano, ad una quota compresa fra –2.0 e – 3.5 m ed in corrispondenza di un solco, conglomerati di spiaggia (Fig. 1a); la datazione radiometrica (AMS) del cemento, campionato a –2.5 metri, mostra un’età calibrata di 3497±50 ky BP (Fig. 1b; calibrazione secondo la polinominale di Bard, 1998). Inserendo il dato all’interno del modello glacio-idro-isostatico elaborato per questa area del Tirreno da Lambeck et al. (submitted), è possibile osservare come i depositi di Punta Vardella non mostrino evidenze di neotettonica attiva in tempi recenti, a differenza del settore di Punta Viaggio in cui i depositi di spiaggia, datati da Carrara e Dai Pra (1992), mettono in risalto una forte componente tettonica verticale: i conglomerati fossiliferi (con molluschi marini) rinvenuti da Carrara e Dai Pra fra +13 e +14 m sono datati 4630±140 yr BP e 5520±200 yr BP. Risulta pertanto ipotizzabile che gli alti tassi di sollevamento che interessano l'Isola di Palmarola (a seconda degli Autori compresi fra 2,5 e 3 mm/anno; Carrara e Dai Pra,1992; Chiocci e Orlando, 1996) non siano riferibili a tutta l’isola o, alternativamente, che gli intensi movimenti verticali abbiano interessato l’Isola sino a 3.5 ky BP. Relativamente alle evidenze di tettonica fragile osservate sott’acqua, le principali direzioni osservate sono orientate N30, N60 e N100-110. Tali elementi sono riferiti a superfici di discontinuità su cui ha agito l'erosione di tipo selettivo operata dal mare (canyon, falesie sommerse attuali, ecc), permettendone una facile riscontrabilità sul terreno. La loro genesi strutturale, sulla base della concordanza delle giaciture con quanto noto in letteratura (direzioni E-W, NE-SW (antiappenniniche) e NW-SE (appenniniche); De Rita et al., 1986), permette di associare tali elementi alle fasi tettonovulcaniche che si sono succedute nell'area a partire dalla messa in posto delle vulcaniti in oggetto (Tardo Pliocene e Pleistocene, Marani e Zitellini, 1986). La secca degli Zirri, in particolare, costituisce un alto morfologico impostato su vulcaniti derivanti dalla messa in posto di intrusioni laviche. Appare infatti netto, lungo i transetti subacquei, il passaggio di facies fra le ialoclastiti brecciate affioranti sulla porzione emersa dell'Isola di Palmarola e nel settore sommerso a nord della secca, con le vulcaniti ossidianacee che la costituiscono. Litologie simili a quelle costituenti la secca affiorano nell’area presso i Faraglioni di Mezzogiorno, alti morfologici situati ad Ovest della secca stessa. Dal punto di vista morfologico la Secca degli Zirri si presenta come un rilievo allungato in direzione NW-SE che, solcato da fratture e sgrottamenti marini di dimensioni variabili, affiora fra le batimetriche di –0.7 m e -14 m. Le falesie sommerse che ne costituiscono i limiti geografici si presentano subverticali e rettilinee, suggerendo un controllo strutturale nella loro giacitura. Nell'area sono infatti presenti numerosi canyon e fratture allungate lungo direzioni preferenziali e definite. E’ così possibile osservare, plottando tali direttrici, come la secca sia circondata da sistemi di presunte faglie e fratture orientate lungo le direzioni N30, N60 e N110, corrispondenti alle direzioni delle pareti. Tali elementi strutturali mostrano una notevole continuità areale, raccordandosi con lunghezze variabili lungo i transetti disegnati. Bibliografia Antonioli F. & Silenzi S., 1998 - Rassegna dello stato dell'arte sulle ricerche delle variazioni del livello del mare relative all'ultimo semiciclo climatico e sul concetto di stabilità tettonica. Il Quaternario, 11, 5-18. Barberi F., Borsi S., Ferrara G., Innocenti F., 1967 – Contributo alla conoscenza vulcanologica e magmatologica delle isole dell'arcipelago Pontino. Mem. Soc. Geol. It., 17, 581-606. Bard E., 1998 - Geochemical and geophysical implications of the radiocarbon calibration. Geochimica Cosmochimica Acta 62, 2025-2038. Carmassi M., De Rita D., Di Filippo M., Funiciello R., Sheridan M.F., 1985 – Geology and volcanic evolution of the island of Ponza. Geologica Romana, 22, 211-232. Carrara C. & Dai Pra G., 1992 – Depositi olocenici di spiaggia sollevati (Isola di Palmarola, Italia centrale). Il Quaternario, 5, 99-104. Chiocci F.L. e Orlando L., 1996 – Lowstand terraces on Tyrrhenian Sea steep continental slopes. Mar. Geol., 134, 127143. 60 De Rita D., Funiciello R., Pantosti D., Salvini F., Sposato A., Velonà M., 1986 – Geological and structural characteristics of the Pontine Islands (Italy) and implications with evolution of the Tyrrhenian margin. Mem. Soc. Geol. It., 36, 55-65. Lambeck K, Antonioli F., Purcel T., Silenzi S., submitted to QSR - Sea level change along the Italian coast for the past 10,000 yrs. Parroni F. & Silenzi S., 1997 – Paleoeustatismo e geomorfologia nel settore emerso e sommerso di Marina di Novaglie (LE). Boll. Soc. Geol. It., 116, 421-433. Parotto M., 1980 – Appennino centrale. Simp. Pubbl. XXVI Congresso Geol. Int. Di Parigi, 33-37. Silenzi S., Nisi M.F., Devoti S., De Donatis M., submitted to Medcoast - Submerged notch in limestones, calcarenites and volcanic lithologies: implications for Late Quaternary paleoeustatic studies and tectonical reconstructions. Zitellini N., Marani M., Borsetti M., 1984 – Post-orogene tectonic of Palmarola and Ventotene basins (Pontine archipelago). Mem. Soc. Geol. It., 27, 121-131. Age, ky cal BP 5 4 3 2 1 0 2 0 -4 RSL, m -2 -6 RSL curve Palmarola data -8 -10 a Figura 1. a) Stralcio dell’isola di Palmarola con riportate le direzioni dei transetti subacquei rilevati; b) comparazione fra il modello glacio-idro-isostatico della risalita del livello del mare olocenico (Lambeck et al., submitted) calibrato per l’arcipelago Pontino e la datazione effettuata sui conglomerati di spiaggia rinvenuti a –2.5 m presso Punta Vardella. A partire da circa 3.5 ky cal BP il settore meridionale dell’isola appare tettonicamente stabile. 61 DETERMINAZIONE DEL TASSO DI SOLLEVAMENTO DALL'ANALISI GEOMORFOLOGICA IN CALABRIA MERIDIONALE 1 B. Dumas1, P. Gueremy2 & J. Raffy3 Université de Paris-Val de Marne, 61 avenue du Général de Gaulle, F 94010 Créteil Cedex. E-mail :[email protected] 2 Université de Reims-Champagne-Ardenne, 57 rue Pierre Taittinger, 51100 Reims 3 Université Panthéon-Sorbonne, 191 rue Saint-Jacques, 75005 Paris ; E-mail : [email protected] La Calabria meridionale è stata interessata da un sollevamento nel quadro della tettonica globale dell'arco calabrese di fronte al suo avampaese ionico; questo sollevamento è stato accompagnato da faglie. Per certi autori (Montenat et al., 1991), queste faglie si sono verificate durante una fase di distensione che finisce verso 700 ka circa, mentre il sollevamento perdura, senza faglie. Altri autori (Valensise e Pantosti, 1992; Westaway, 1993; Miyauchi et al., 1994; Catalano et al., 2003) hanno dedotto un'attività più recente deglie faglie, dalle variazioni di altitudine delle antiche linee di riva.Non c'è dubbio che certe faglie hanno interessato alcuni depositi marini recenti del Pleistocene. Per esempio, nella parte alta della cava di Lazzaro, nella contrada Valiardi, una faglia, con un rigetto di circa otto metri, interessa terreni assegnati al sotto-stadio 5.5 della cronologia isotopica dell'ossigeno. Altre faglie, di rigetto metrico, interessano depositi dello stadio 7, ad 1,4 km all'ENE di Rosali, e si trovano vicino ad una faglia, di oltre 100 m di rigetto, che è cancellata dagli stessi depositi. Purtroppo, la scarsità degli affioramenti decisivi ci porta a interessarci maggiormente all'esame della topografia per determinare l'attività delle faglie. Un'analisi geomorfologica dettagliata delle terrazze marine sollevate lungo la facciata calabrese dello Stretto di Messina (Balescu et al., 1997; Dumas et al., 1987, 1988, 1993, 1999, 2000, 2002; Dumas et al., 2003) mostra che la loro successione comprende cinque grandi terrazze di periodicità orbitale tra 176 e 58 ka, che sono costituite a loro volta da più terrazze, piccole, di periodicità "suborbitale". Certe terrazze, appartenendo a due o tre cicli orbitali, possono dunque succedersi dalla cima ai piedi di una scarpata di linea di faglia, come quella di Reggio Calabria, vicino alla Madonna della Neve. Le osservazioni sul terreno permettono di dimostrare che nessuna faglia perturba la successione di queste terrazze, che non sono mai divise in più parti. Inversamente, certe linee di faglia, come quella di Zuccalà vicino Altibano, passano al di sotto di una terrazza marina di ciclo orbitale, senza provocarne nessuna deformazione. Tutto sommato, la variazione del tasso di sollevamento, dedotta dalla variazione d'altitudine della linea di riva della terrazza del ciclo orbitale iniziando a 128 ka, non supera 0,15 m/ka, lungo il littorale che si estende su circa 32 kilometri, tra Villa San Giovanni e Capo dell'Armi. Un'estimazione dello stesso tasso di sollevamento, nel tempo, può essera tentata, conoscendo l'altitudine delle linee di riva successive, così come l'età e la posizione del livello del mare corrispondente. Per quest'ultimo, diversi valori sono stati presentati (Chappell e Shackleton, 1986; Shackleton, 2000; Lambeck e Chappell, 2001; Lea et al., 2002; Lambeck et al., 2002). Secondo i risultati ottenuti sulla posizione dei livelli alti del mare durante lo stadio 5 nella Barbada (Gallup et al., 1994; Edwards et al., 1997; Gallup et al., 2002), ed i nostri dati sull'altitudine delle linee di riva assegnate a questo stadio in Calabria, il tasso di sollevamento, con una variazione di solo 0,05m/ka, è cambiato poco durante questo intervallo di tempo. La finalità principale delle ricerche sulle terrazze marine sollevate è determinare le variazioni del livello del mare; ma queste ricerche comportano anche risultati sul sollevamento, che contribuisce, col glacio-eustatismo, a stabilire l'altitudine delle antiche linee di riva. Dagli affioramenti interessati dalle faglie si possono accertare dei movimenti recenti, mentre l'analisi geomorfologica conferma una certa diversità del tasso di sollevamento, ma in una proporzione piuttosto ridotta, nello spazio (0,15 m/ka, per una distanza di 32 km), come nel tempo (0,05 m/ka, fra 128 e 105 ka). Bibliografia Balescu S.., Dumas B., Gueremy P., Lamothe M., Lhenaff R., Raffy J. (1997) - Thermoluminescence dating tests of Pleistocene sediments from uplifted marine shorelines along the southwest coastline of the Calabrian Peninsula (Southern Italy). Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 130, 25-41, e erratum, Ibidem, 136, 375-376. Catalano S., De Guidi G., Monaco C., Tortorici G., Tortorici L. (2003) - Long-term behaviour of the late Quaternary normal faults in the Straits of Messina area (Calabrian arc): structural and morphological constraints. Quaternary International, 101-102, 81-91. Dumas B., Gueremy P., Hearty P.J., Lhenaff R., Raffy J. (1988) - Morphometric analysis and amino acid geochronology of uplifted shorelines in a tectonic region near Reggio Calabria, South Italy. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 68, 273-289. Dumas, B., Gueremy, P., Lhenaff, R. & Raffy, J. (1993) - Rapid uplift, stepped marine terraces and raised shorelines on the calabrian coast of Messina Strait, Italy. Earth Surface Processes and Landforms, 18, 241-256. Dumas B., Gueremy P., Lhenaff R., Raffy J. (2000) - Périodicités de temps long et de temps court, depuis 400 000 ans, dans l'étagement des terrasses marines en Calabre méridionale (Italie). Géomorphologie : relief, processus, environnement, 1, 25-44. Dumas B., Gueremy P., Raffy, J. (2002) - Variations rapides du niveau de la mer depuis le stade 5e en Calabre méridionale (Italie) et dans la Péninsule de Huon (Nouvelle Guinée). Quaternaire, 13, 1-13. Miyauchi Y., Dai Pra G. & Sylos Labini S. (1994) - Geochronology of pleistocene marine terraces and regional tectonics in the Tyrrhenian coast of South Calabria, Italy. Il Quaternario, 7 (1), 17-34. Montenat C., Barrier P., Ott d'Estevou (1991) - Some aspects of the recent tectonics in the Strait of Messina, Italy. Tect., 194, 203-215. Valensise G. & Pantosti D. (1992) - A 125 Kyr-long geological record of seismic source repeatability: the Messine Straits (Southern Italy) and the 1908 earthquake (Ms 7). Terra Nova, 4, 472-483. Westaway R. (1993) - Quaternary uplift of Southern Italy. Journal of Geophysical Research, 98 (B12), 21,741-21,772. 62 GUIDA ALLE ESCURSIONI Stretto di Messina 4 Campo Piale Le aree costiere oggetto delle escursioni ricadono nel settore meridionale dell’Arco Calabro a cavallo dello Stretto di Messina (vedi figura). L’Arco Calabro è costituito da una serie di falde di basamento e ofiolitiche, considerate come i resti di una catena eo-alpina strutturatasi durante il Neogene nell’orogene appenninico-maghrebide, ricoperte in discordanza da successioni mio-plioceniche e quaternarie. Insieme a tutta la Sicilia orientale, esso è caratterizzato da un’intensa deformazione tardoquaternaria e da alta sismicità crostale, derivati dalla combinazione di sollevamenti regionali e dalla attivazione di sistemi di faglie normali che definiscono una zona di rift legata ad una estensione regionale orientata WNW-ESE. Gli effetti di questi due processi sono ben esposti nelle aree a cavallo dello Stretto di Messina, caratterizzate dalla presenza di spettacolari gradinate di terrazzi marini che sono il risultato dell’interazione tra il sollevamento regionale e tettonico e le variazioni cicliche del livello del mare durante il Quaternario. In queste aree è stato possibile osservare, quotare e datare (presenza di Strombus b., datazioni Th/U, TL e aminostratigrafie) i margini interni di lembi di terrazzi marini relativi all'ultima trasgressione marina (MIS 5.5) e, sulla base della quota eustatica 7 m ± 3 osservata per il Mediterraneo (che è maggiore di qualche metro degli altri oceani) e l'età (124±3 ka), calcolare i tassi di sollevamento tettonico "long term", risultati tra 0.8 e 1.2 mm\anno-1. In particolare, a Taormina e Milazzo recentemente sono stati rinvenuti depositi e forme la cui datazione ha mostrato una età tardo-olocenica. Paragonando la loro quota e la loro età con le curve di risalita del livello del mare appositamente prodotte per i siti indagati da Lambeck et al. (submitted), è stato possibile calcolare gli attuali tassi di sollevamento, in accelerazione rispetto a quelli più antichi. In queste aree, infatti, sono stati misurati tassi di sollevamento tra 1,4 e 2,2 mm\a. I solchi di battente ed i depositi olocenici che visiteremo a Taormina, Scilla e Milazzo costituiscono le prime prove tangibili di tutti i modelli cosismici fino ad oggi prodotti per questa area, una delle più attive del Mediterraneo. 63 ESCURSIONE A TAORMINA A cura di F. Antonioli, S. Catalano, G. De Guidi e C. Monaco L'escursione prevede un "giro" panoramico in barca nella zona costiera di Taormina, in particolare tra il promontorio di Isola Bella ed il promontorio a nord di Mazzarò. Questo tratto di costa è costituito da calcari e dolomie recifali di età liassica, poggianti su metamorfici erciniche, affioranti più a nord, e passanti verso l’alto al resto della successione mesozoico-terziaria di Taormina, affiorante più a sud. Grazie alla litologia carbonatica, lungo questo tratto di costa si sono ben conservati sia solchi di battente olocenici che terrazzi marini pleistocenici. In particolare, uno di questi terrazzi ha conservato alcuni depositi la cui datazione con metodologia ESR ha permesso di attribuirlo cronologicamente allo stadio 5.5. Nel corso dell'escursione saranno mostrati in particolare i solchi di battente e alcuni depositi fossiliferi olocenici. Come già spiegato a pag. 11 di questo volume, l'assenza al livello attuale del mare di un "tidal notch" (sono presenti alcune alghe coralline ma non la forma del solco) indica un forte tasso di sollevamento attuale. Il "tidal notch" presente invece a circa 4,8 m, datato da Stewart et al. (1997) a circa 5 ka, dovrebbe essersi formato in un momento in cui la velocità di risalita del mare ha coinciso con quella tettonica (circa 2,2 mm\a), relativa ad un sollevamento di natura regionale. Sono presenti anche tracce di altri solchi meno evidenti, compresi tra quello di 4,8 m e l'attuale livello del mare, la cui interpretazione è dibattuta. La distribuzione verticale di questi elementi morfologici, se interpretati come resti di solchi di battente olocenici (Fig. 1), suggerirebbe variazioni di corto periodo nel tasso di sollevamento tettonico, legate ad eventi sismici (v. Fig. 2 a pag. 49 di questo volume), sovrapposte ad un regime di sollevamento di lungo termine costante, valutato in circa 0,8 mm/a. Questa interpretazione è supportata dalla deformazione dei solchi di 64 battente che mostrano un leggero tilting da NE verso SW, evidenziato da una livellazione effettuata da Taormina a Sant’Alessio (vedi pagg. 48-49 di questo volume). Nell’insieme, i caratteri morfologici costieri sono compatibili con la presenza di una faglia attiva nell’immediato offshore (Faglia di Taormina). Nel corso di esplorazioni subacquee, sono stati rilevati alcuni solchi tra 0 e -15 metri, interpretati come solchi di abrasione (strofinio della sabbia del fondo con la base della falesia) piuttosto che di stazionamento. Le datazioni (AMS 14 C) effettuate su fossili di diversi habitat ecologici hanno permesso di ricostruire i tassi di uplift attivi tra circa 6 ka cal BP ed il presente. Due affioramenti di vermetidi fossili (organismo intertidale) hanno consentito di eliminare l'errore relativo alla profondità alla quale vivevano gli organismi utilizzati, permettendo anche di "testare" la metodologia utilizzata quando non erano disponibili fossili intertidali. Tale metodologia è consistita nell'effettuare transetti subacquei per misurare la massima profondità del fondo marino, così da limitare l'habitat ecologico (e l'errore) dei fossili non intertidali datati (Fig. 2). I calcoli del tasso di sollevamento vengono effettuati sulla base del livello del mare al quale si trovava il fossile datato. E' quindi basilare avere una curva di risalita olocenica per la zona in esame. Qualsiasi curva venga utilizzata è comunque chiaro che il sollevamento attuale è più rapido di quello relativo all'ultima trasgressione marina. Fig. 1 – Solchi di battente incisi sulla falesia di Spisone (Taormina). Da notare i raffinati mezzi navali per la misurazione dei solchi. Fig. 2 - Transetti subacquei (vedi siti 2 e 3 foto aerea) e un solco di abrasione sommerso. 65 ESCURSIONE A MILAZZO A cura di G. Gringeri, L. Bonfiglio, I. Di Geronimo, G. Mangano e F. Antonioli La penisola di Milazzo, ubicata a circa trenta chilometri a Ovest di Capo Peloro, ha forma allungata da Sud verso Nord ed è separata dalle colline che delimitano sul versante tirrenico i Monti Peloritani da una bassa pianura, profonda circa sei chilometri. Nella sua porzione sommitale, tra le quote di 50 e di 85 metri s.l.m, si estende un ampio terrazzo delimitata da ripide falesie, da cui emergono alcuni rilievi, il maggiore dei quali è costituito dal Monte Trinità, che raggiunge la quota di 134 m. s. l. m. Durante l’escursione verranno illustrati i depositi olocenici ubicati lungo i margini della penisola, a quote comprese tra 0,55 e 3,50 metri s.l.m. Geologia La geologia della penisola di Milazzo è stata oggetto di numerosi studi che hanno riguardato il substrato prequaternario e i depositi litorali tardo-quaternari estesi sul terrazzo, per i quali è stato istituito nel 1918 il piano Milazziano. Dalla letteratura precedente (Philippi, 1836-1844; Power, 1839; De Stefano, 1901; Gignoux, 1913; Deperet, 1918; Tongiorgi & Trevisan, 1953; Ottmann & Picard, 1954; Lipparini et al. (Malatesta),1955; Mars, 1956; Ruggieri & Greco, 1965; D’Amico et al., 1972, Barrier, 1984, Gaetani & Saccà, 1984; Hearthy et al.., 1986 a; 1986 b; Violanti,1988; Fois, 1990) risulta la seguente successione: a) Substrato metamorfico profondamente eroso e comprendente nella porzione più superficiale ampie depressioni colmate successivamente da depositi sedimentari. b) Depositi terrigeni grossolani e calcari di età Tortoniano superiore-Messiniano, affioranti prevalentemente all’estremità settentrionale della penisola e attribuiti al Miocene. c) Marne bianche e gialle o calcari marnosi, contenenti coralli (Isidella) e Cirripedi di ambiente batiale, che costituiscono il riempimento di tasche e depressioni e fossilizzazno un’articolata paleotopografia. d) Marne e argille marnose del Pleistocene inferiore che a luoghi inglobano grossi blocchi di calcare miocenico, talvolta ricoperti da epibionti. e) Sabbie e conglomerati del Pleistocene superiore, contenenti molluschi di ambiente litorale sparsi sulla piattaforma di abrasione, particolarmente alla Tonnara, a Cala Sant’Antonio, a Punta Cirucco. Sono questi i depositi per i quali Deperet (1918) istituì il piano Milazziano e dei quali è stata riconosciuta definitivamente l’appartenenza al Tirreniano (Hearty et al., 1986) f) Tufo cineritico bruno. g) Ottman & Picard (1954) e Malatesta ( in Lipparini et al., 1955), segnalano depositi litorali estesi tra le quote di 0 e 3 metri s.l.m. I depositi olocenici Nelle schede allegate sono illustrati gli affioramenti, recentemente localizzati a Capo Milazzo, di depositi litorali ghiaiosi e sabbiosi olocenici e vengono elencati i taxa di invertebrati presenti. I solchi di battente sono scarsamente rappresentati, sicuramente a causa della litologia del substrato, prevalentemente metamorfico. Infatti le scarse tracce di solchi rinvenute (Punta Rugno e nella zona di Capo Milazzo propriamente detta), anche dagli autori precedenti, si riferiscono alle località dove affiorano sedimenti carbonatici. Solo a Punta Rugno è presente un solco di battente su substrato metamorfico. Tutti i taxa di invertebrati appartengono a forme di substrato roccioso, di ambiente mesolitorale e/o infralitorale superiore con forme di epibionti vagili (Trunculariopsis trunculus, Nucella lapillus) sessili (Spondilus gaederopus), bissate, (Arca noae), interstiziali (Barbatia barbata). Tutti i frammenti rinvenuti denunciano una forte elaborazione da moto ondoso, dunque un ambiente di elevata energia. La specie mesolitorale più significativa, rinvenuta però non in posto, è Patella ferruginea, specie che richiede o tollera una temporanea emersione ma non sopporta un’immersione permanente ed ha il suo habitat tra i livelli medi di alta e bassa marea. Su Haliotis tubercolata lamellosa, ritrovata nel sito di Punta Rugno, sono stati osservati numerosi tubi di Janua pagenstecheri (Quatrefages), uno spirorbide molto abbondante in fondali infralitorali superficiali che incrosta sia substrati duri che le alghe (Biocenosi AP/HP). E’ presente anche un solo tubo di Semivermilia cribrata (O.G.Costa), un serpulide poco comune, tipico dei substrati duri circalitorali (Biocenosi del coralligeno). Nei depositi di Punta Rugno, sono stati raccolti anche dei briozoi, un articolo di Margaretta cereoides (Ellis e Solaudu) e una colonia di Pentapora ottomuelleriana (Moll). La prima è una specie articolata, robusta, tipica della Biocenosi HP, mentre la seconda è una specie incrostante (membraniporiforme), tipica di acque superficiali, normalmente associata sia alle Posidonie che alle alghe. Nel nostro caso incrosta direttamente il substrato. A punta Brognolari, sull’unico mollusco fossile (Cerithium vulgatum), sono stati osservati numerosissimi tubi di Janua pagenstecheri e di Filigrana sp., forma molto comune in ambiente infralitorale. 66 I caratteri ecologici e tafonomici e la struttura dei depositi, indicano che le ghiaie e sabbie studiate si sono deposte in ambiente infralitorale superiore, ma non forniscono indicazioni precise circa l’esatta posizione della linea di costa ora sollevata. Tuttavia la presenza di una forma mesolitorale (Vermiliopsis infundibulum) in posto sui ciottoli delle ghiaie, estese fino alla quota massima di m 3.50, può farci ragionevolmente riconoscere una linea di costa probabilmente intorno a questa quota, della quale non si sono però osservate evidenze morfologiche. Datazione 14C e tasso di sollevamento E' stata effettuata una datazione con il metodo 14C su un esemplare di Patella di circa 6 grammi di peso, proveniente da Punta Rugno e prelevata ad una quota di metri 2.00 s.l.m.. Data la dimensione è stata necessaria una analisi AMS. La datazione ottenuta è stata: 5665±36 anni BP che calibrata secondo Bard (1998) risulta: 5999±80 anni cal BP; il campione è stato corretto per il valore del 13C. E' stato usato un valore di reservoir di 400 anni utilizzando i dati di Siani et al. (2000) che riporta valori per la Sicilia. Per effettuare il calcolo del tasso di sollevamento il dato è stato paragonato con la curva di risalita appositamente calcolata da Lambeck et al. (submitted 2003). Il campione, raccolto a a +2 metri, secondo il modello di Lambeck si sarebbe dovuto trovare a -8,07 metri (vedi figura) quindi risulta un sollevamento di 10,07 metri in circa 6000 anni, pari ad un uplift medio di circa 1.66 mm/anno-1. L’età ottenuta da questo campione fornisce, per i depositi olocenici di Milazzo, un tasso di sollevamento leggermente inferiore a quanto conosciuto nella letteratura per l’area di Taormina e di Capo S. Alessio (Rust e Kershaw 2000, Antonioli et al. questo volume). Riteniamo tuttavia che questo unico dato sia insufficiente a definire il tasso di sollevamento della penisola di Milazzo e che vada confermato con altre datazioni, che saranno rese possibili dalla relativa abbondanza di resti fossili di molluschi nei depositi individuati. Bibliografia Barrier P. (1986) Evolution paléogéographique du détroit de Messine au Pliocène et au Pléistocène. Giornale di Geologia,s.3..48,.7-24.. Bonfiglio L. (1981) Terrazzi marini e depositi continentali quaternari di Taormina (Sicilia).Quaternaria, v. 23, pp.81-98. Bonfiglio L. (1991) Correlazione tra depositi a mammiferi, depositi marini, linee di costa e terrazzi medio e tardo pleistocenici nella Sicilia orientale”. Il Quaternario, v. 4, pp. 205-214. Bonfiglio L. & Violanti D. (1984) - Prima segnalazione di Tirreniano ed evoluzione pleistocenica del Capo Peloro (Sicilia NordOrientale). Geogr. Fis. Dinam. Quater.,6 (1983), pp.3 – 15. Bonifay E.,Mars P. (1959) Le Tyrrhénien dans le cadre de la chronologie quaternaire méditerranénne. Bull. Soc. Géol. France,v.I., 62-78. Bard, E., 1998. Geochemical and geophysical implications of the radiocarbon calibration.Geochimica Cosmochimica Acta 62, 20252038. D’Amico C., Gurrieri S. & Maccarrone E. (1972) Le metamorfiti di Milazzo (Messina) Periodico di Mineralogia, v. 41, n. 1, pp. 35-151. Depéret Ch. (1918) Essai de coordination chronologique des temps quaternaries.C.R.Acad.Sc.,v.166, n°12,pp. 480-486. De Stefano G. (1901) -I fossili e la geologia di Capo Milazzo in Sicilia. Atti Acc. Gioenia di Sc. Nat., serie 4,v. 14, pp.1-23. Firth C.,Stewart I.,McGuire W. J., Kershaw S. e Vita – Finzi C., (1996) - Costal elevation changes in eastern Sicily: implication for volcano instabily at mount Etna”. Geological Society Special Publication n° 110, pp 153 – 167. Fois E. (1990) - La successione neogenica di Capo Milazzo (Sicilia Nord-Orientale. Rivista Italiana Paleontologica Stratigrafica, 95, 397 – 440. Gignoux M. (1913) Les formations marines pliocènes et quaternaires de l’Italie du sud et de la Sicilie. Ann.Univ. Lyon, N.S.,n. 1,fasc.36,393 pp. Hearty P.J. (1986) – “An inventory of last interglacial (sensu latu) age deposits from the Mediterranean Basin: a study of isoleucine epimerization and U-series dating”. Zeitschrift fur Geomorphologie, Supplement band, 62, pp. 51-69. Hearty P.J., Bonfiglio L.,Violanti D., Sazo B.J. (1986) - Age of late Quaternary marine deposits of Southern Italy determined by aminostratigraphy, faunal correlation and uranium-series dating”. Riv. it. di Paleont. e Strat.,92, pp.149-164. Lambeck K., Antonioli F., Purcell A., Silenzi S. (submitted, 2003) Sea level change along the Italian coast for the past 10,000 yrs. Quaternary Science Revue. Malatesta A.,(1955) Pliocene e Quaternario del Capo Milazzo in Sicilia”. In Lipparini T., Malatesta A., Nicosia M.L. e Valdinucci A. Boll. Serv. Geol.d’Italia, v. LXXVII –4°-5°fasc., .1-26 Mars P. (1956) - Faunes malacogiques du Pliocène et du Quaternarie de Milazzo (Sicilie). Bull. Mus.Hist. Nat. De Marseille,.16,32-35, Marseille. Ottman F. & Picard J. (1954) - Contribution à l’étude du Quaternarie des regions de Palerme et de Milazzo (Sicile). Bull.Soc. Geol. France,6 sér.,vol. 4,, 395-407. Power J. (1839) - Cenno sulle conchiglie fossili di Milazzo In “Itinerario della Sicilia”, pp.133-139, Messina. Philippi R.A. (1836-1844) - Enumeratio molluscorum Siciliane, 2 Voll., 1-268. Ruggieri G. & Greco A. (1965) - Studi geologici e paleontologici su Capo Milazzo con particolare riguardo al Milazziano. Geol. Rom.,IV, 41-88. Rust D. & Kershaw S. (2000) - Holocene tectonic uplift patterns in northeastern Sicily: evidence from marine notches in coastal outcrops. Marine Geology 167 , 105 – 126 Tongiorgi E.& Trevisan L.(1953) - Excursion en Sicile. Livret Guide,IV congrès international INQUA,36 pp., fig.nel testo,Pisa. Violanti D. (1988) - I foraminiferi plio-pleistocenici di Capo Milazzo. Boll. Mus. Reg. Sc. Nat. Torino, 2, 359 -392. 67 La Penisola di Milazzo, carta delle località. La Penisola di Milazzo vista da Nord verso Sud. N 68 La Croce di Mare 1 Contenuto faunistico: Dettaglio del livello da cui proviene la fauna elencata. Quota massima: 2,55m s.l.m. Quota minima: 2,40 m s.l.m. Punta Rugno 2 Quota massima: 2,02 m s.l.m. - Alvania sp. (4 esemplari) - Gibbula rarilineata - Barbatia barbata - Arca noae (4 esemplari) - Patella (cf. coerulea) - Patella coerulea (7 esemplari) - Trunculariopsis trunculus - Patella ferruginea - Isis sp. - Jujubinus sp. (3 esemplari) - Columbella rustica (5 esemplari) - Spondilus gaederopus - Monodonta sp. - Columbella sp. - Bittium reticulatum (2 esemplari) - Rissoa auriscalpium - Murex sp. - Chele di crostaceo (in connessione anatomica) - Vari frammenti di gasteropodi e di bivalvi non identificabili a livello specifico e un ciottolo piatto ricoperto di numerosi policheti serpuloidei. Quota minima: 1,47 m s.l.m. Contenuto faunistico: - Echinus sp - Erosaria spurca (2 esemplari) - Arca noae - Briozoi su gasteropodi e frammenti di molluschi - Frammenti di molluschi tra cui qualche rissoide non identificabile a livello specifico - Frammenti di crostacei (chele) non identificabili a livello specifico Punta Rugno 4 Solco di battente. Quota misurata al centro del solco: m 1,55 s.l.m. 69 Quota massima: 2,10 m s.l.m. Quota minima: 0,60 m s.l.m. Contenuto faunistico: - Muricridae sp. - Columbella rustica (2 esemplari) Tra P. Cirucco e P. Brognolari sono stati raccolti altri esemplari di molluschi tra cui Monodonta articolata, Leptotira sanguinea, Petaloconcus subcancellatus, Trunculariopsis trunculus, Spondilus gaederopus eroso da clionidi, - Cerithium vulgatum bioeroso con spirorbiti soprastanti. 8 7 6 5 4 3 2 1 0 5 0 RSL, m -5 -10 Milazzo -15 Milazzo data -20 Age (ky BP) La curva di risalita del mare predetta da Lambeck et al. (submitted); il pallino rappresenta il campione datato ed il margine di errore. 70 ESCURSIONE A SCILLA A cura di F. Antonioli e S. Sylos Labini La zona costiera tra Scilla e Cannitello è costituita da paragneiss e graniti. Su questi litotipi sono rimasti scolpiti, nel corso del Pleistocene, numerosi ordini di terrazzi marini (Fig. 1). La costa rocciosa risulta poco conservativa, per l'alta energia dei versanti. Presumibilmente per questi motivi i depositi Olocenici sono stati rinvenuti con grande difficoltà solo recentemente, in aree particolarmente conservative. L'escursione è prevista nei siti 1 e 2 della Fig. 2. Nel sito 1 una frana con massi di enormi dimensioni ha "costruito" una sorta di grotta che ha contribuito alla conservazione della spiaggia fossilifera (Figg. 3, 4, 5). Si tratta di un deposito spesso 2-5 cm molto cementato con gusci (Cyprea, Arca, Spondylus,Glycimeris, Hesaplex, ecc) di dimensioni centimetriche, spesso interi unitamente a clasti ben cementati ma poco arrotondati, a testimonianza di un ambiente di sedimentazione marino nel quale crollavano continuamente dall'alto elementi a spigoli vivi. Le dimensioni dei gusci e la loro conservazione indicano che l'energia del deposito era abbastanza bassa, le mareggiate infatti arrivano smorzate per la presenza di numerosi massi di grande dimensione posati sul fondo sotto il livello del mare (vedi Figg. 3 e 4). Le datazioni effettuate sulla fauna fossile del sito 1 hanno reso età comprese tra 2,6 e 3,9 ka cal BP su campioni prelevati tra 3 e 3,5 metri s.lm. Un deposito continentale (flowstone) ricopre la spiaggia fossilifera; la data di questo deposito risulta infatti 1,9 ka cal BP e conferma pienamente le altre datazioni. Allo scopo di attribuire un range di errore alla profondità di provenienza dei fossili utilizzati per calcolare il tasso di sollevamento, sono stati eseguiti transetti subacquei che hanno potuto stabilire una profondità massima di 3,4 metri nei pressi dell'affioramento. E' inoltre interessante notare come il materiale carbonatico, indispensabile per la formazione del flowstone, provenga da intrusioni di marne fossilifere bianche ben cementate di origine marina. Tali depositi occupano fessure e vuoti della roccia metamorfica e sulla base delle analisi dei foraminiferi, risultano deposti, in ambiente relativamente profondo, ma contengono talvolta grandi gusci di Ostree. Il sito 2, raggiungibile solo in barca è conformato su una superficie strutturale ad altezze comprese tra 2 e 3 metri. Sono chiaramente visibili lembi di spiagge fossilifere e marmitte di abrasione marina (Figg. 7 e 8). La presenza di massi di grandi dimensioni 5-20 m3, completamente ricoperti di organismi marini (serpulidi, vermetidi e coralli; fig. 6) rinvenuti alle quote di 2-3 metri, unitamente alle datazioni 14 C degli organismi incrostati, induce a pensare ad eventi di tipo "tsunami", anche sulla base della massa e del peso di quelli di dimensione più grande (2,7 g/cm2 - con quasi 50 tonnellate di peso). Su questo deposito è stato campionato alla quota di 1,5 m e datato 2,4 ka cal BP un campione di Spondylus. Sulla base delle quote e delle datazioni 14 C, e della curva di risalita del mare predetta per Scilla da Lambeck et al. (submitted), è stato possibile calcolare tassi medi di uplift, che risultano compresi tra 2,3 e 2 mm\a. Il range è calcolato sulla massima quota (2,2 metri il sito 1 e 1,5 m il sito 2) del fondo marino dei siti indagati. Anche in questo caso tali tassi, quando paragonati a quelli relativi alla quota del terrazzo del MIS 5.5 (125 ma, 1 mm\a) mostrano una evidente accelerazione. 71 Fig. 1. Schema geomorfologico dell'area dello Stretto, in azzurro i terrazzi attribuiti al MIS 5.5, più in alto quelli del Pleistocene medio fino al violetto, terrazzo attribuito (sulla base dei foraminiferi) al Siciliano (circa 950 ka BP) alla quota di 600 m. Le stelline gialle caratterizzano i siti della escursione (tutte le figure sono riprese da Antonioli, Sylos Labini & Segre, submitted QSR). Fig. 2. Immagine aerea con l'ubicazione di 3 siti dove sono state rinvenute spiaggie fossilifere oloceniche sollevate ed un lembo di terrazzo fossilifero del MIS 5.5 il cui margine interno si trova a 125 m di quota. Fig. 3. Sezione schematica del sito 1. 72 Figg. 4 e 5. Sito 1: si vedono i grandi massi sul fondale, particolare di uno fossile ( Arca Noe) ricoperto dal flowstone. Figg. 6 e 7. Sito 2: un masso ricoperto di coralli, presumibilmente trasportato da uno tsunami. Alcune marmitte di erosione marina sollevate. Fig. 8. Sezione schematica del sito 2. 73 ESCURSIONE A CAMPO PIALE (VILLA S. GIOVANNI) A cura di B. Dumas, P. Gueremy, J. Raffy Le variazioni del livello del mare durante il Quaternario possono essere determinate dal sollevamento delle terrazze marine. La Calabria presenta, a prima vista, alcune grandi terrazze marine, che si sono sollevate a circa 1,3 m/ka (Dumas et al., 2000, 2002). In realtà, ognuna di queste terrazze si compone di terrazze più piccole, come lo si può accertare dai depositi distinti che le costituiscono. Grandi e piccole terrazze marine, secondo i depositi di spiaggia corrispondenti Per esempio, nella contrada Commenda, ad Est di Villa San Giovanni (fig. 1), si estende un terrazzo di 1100 m di larghezza. Questo terrazzo è situata fra 140 e 200 m circa s.l.m., tra una scarpata (paleo-falesia) di circa 60 m, dalla contrada Raffaele sul suo bordo interno, e quella, di circa 20 m, sovrastante un’altro terrazzo di grande dimensione (300 m), dov’è stato edificato il forte di Piale. Il terrazzo di Commenda è composta, infatti, di una quindicina di terrazze più strette, separate da paleo-falesie di un'altezza fra 3 e 5 m; questo fenomeno può essere dimostrato attraverso lo studio dei depositi che affiorano su ambedue i lati della vallata del Torrente Campanella, che scorre perpendicolarmente alle linee di riva. Nella cava che è stata aperta sulla sponda destra del T. Campanella, si osservano quattro depositi diversi di età pleistocenica (fig. 2). I tre primi affiorano nella parete orientale della cava, dove si succedono, dal basso verso l’alto, un deposito clinostratificato (A), di tipo deltizio, conosciuto nella letteratura precedente con il nome di «conglomerato di Messina », e due depositi di spiaggia, (B) e (C), costituiti di ghiaie e di sabbie. Nella parte occidentale della stessa cava, un deposito di spiaggia (D) è incastrato nei depositi (A) e (B), successivamente, mentre il deposito (C) rimane appollaiato nella parte più alta della scavo ; questa disposizione del deposito (D), di fronte agli altri affioramenti, è palesemente l’indizio di una antica linea di riva. Con questa disposizione, il deposito (B) non può appartenere allo stesso corpo sedimentario dell’insieme (C), che si è formato prima. Alla linea di riva del deposito (D), corrisponde un piccolo terrazzo marino, di soltanto 90 metri di larghezza. Misura dell’altitudine delle antiche linee di riva e determinazione del rialzamento del livello del mare 1) Conviene misurare il più precisamente possibile l’altitudine della linea di riva, sia per confrontare la sua altezza lungo la stessa linea da un punto all’altro, sia perché questo valore costituisce uno dei parametri di calcolo del tasso di sollevamento e del paleo-livello del mare al momento della sua formazione. Il punto di misura corrisponde alla quota più alta raggiunta dal deposito di spiaggia sul bordo interno del terrazzo. Questo punto si trova sull’estremo termine dell’antica swash zone. Qui, la ricerca del punto preciso di misura è resa difficile dalle terrazze antropiche, muri di pietre o colmate di terra, che perturbano il rilievo e la disposizione originale dei depositi, sia parallelamente alle linee di riva, che sul pendio della valle (fig. 2). La misura ottenuta per questa linea di riva è di 149,4 m. Le misure sono ottenute con un teodolito, partendo dal livello del mare, e con sette altimetri di marca Eschenbach; nella zona di Ravagnese e di Lazzaro, delle misure sono state effettuate per fotogrammetria, secondo dati GPS (ringraziamo l’Ingegnere Filippo Campolo, della ditta GPS service di Lazzaro, per la Sua gentile assistenza). 2) Da questa misura si può dedurre la posizione dell’antico livello del mare al momento della fine della sedimentazione. Secondo alcune misure effettuate sulle attuali spiagge della facciata calabrese dello Stretto di Messina, una costa quasi senza marea e alquanto riparata delle onde di tempesta, il limite estremo della swash zone si trova tra 2,80 e 1,70 m di altezza sopra il livello medio del mare. Questi valori massimo e minimo possono essere anche validi per il passato. 3) Inoltre la base visibile dei depositi di spiaggia permette di determinare l’altezza del livello del mare all’inizio dello stesso deposito. Questo livello corrisponde alla quota la più bassa che si può osservare secondo gli affioramenti disponibili sui versanti delle vallate perpendicolari alle linee di riva, come quella del T. Campanella. Così si trova definita una "altezza caratteristica" ("Épaisseur caractéristique" Hc) o "spessore caratteristico" del deposito di spiaggia (fig. 3). Questo valore corrisponde all’intervallo verticale fra la quota più alta raggiunta dal deposito sul bordo interno del terrazzo, e quella più bassa osservata sul bordo esterno. Il risultato rappresenta generalmente un valore minimale, perché dipende dalle condizioni d’osservazione e dal retrocedimento dell’orlo esterno del terrazzo sotto l’effetto dell’erosione operata dai corsi d’acqua o dal mare. Sul versante di un vallone della sponda destra del T. Campanella, dove la copertura vegetale impedisce d’osservare la base della formazione, il deposito (D) presenta uno "spessore caratteristico" minimale di 8,1 m. Sul versante sinistro della valle del T. Campanella, un contatto tra i termini (A) e (D) è visibile : lo "spessore caratteristico" è di 10,2 m (fig. 3). 4) Sul litorale attuale, l’accumulo delle ghiaie e sabbie di spiaggia dipende dall’ampiezza della marea e dall’energia delle onde di tempesta. All’altezza di circa 2 o 3 metri dell’orlo interno della spiaggia, si deve aggiungere la profondità della piattaforma di abrasione generata alla base delle onde di tempesta, che si può stimare a circa 1 o 2 m. 74 La somma di questi due valori costituisce una "altezza critica" ("hauteur critique" hc) o "spessore critico", di 5 metri al massimo, che non può essere oltrepassato senza un rilevamento del livello del mare. Quando i depositi di spiaggia superano i 5 m di spessore critico, questi sono legati sicuramente ad una trasgressione marina. Questa conclusione porta a ricusare l’ipotesi secondo la quale un terrazzo di questo tipo potrebbe essere stata generata da un sollevamento cosismico, senza nessuna trasgressione glacio-eustatica. 5) Per valutare l’ampiezza di questo rilevamento del mare (x), occore sottrarre, dallo "spessore caratteristico" (a), lo "spessore critico" (c), mentre è da aggiungere l’ampiezza (bx) del sollevamento durante la durata della trasgressione. La formula utilizzata si scrive cosi : x = a+bx-c (1) Determinazione dell’ampiezza dell’abbassamento del livello del mare fra due trasgressioni; contributo del sollevamento regionale e delle regressioni globale sull’altitudine delle linee di riva L’altitudine della linea di riva corrispondente al deposito (C) è stata misurata con lo stesso metodo usato prima per il termine (D). La misura ottenuta è di 156,6 m (fig. 2). Tra le due linee di riva, il terrazzo marino presenta una larghezza di soltanto 37 metri. Questo terrazzo è dimezzata da due terrazze antropiche, sia di sterro che di colmata. Il segnale geomorfologico se ne trova alquanto perturbato; ma due terrazze artificiali s’appoggiano pure sulle due falesie naturali, corrispondenti ai depositi (C) e (D). Per stimare l’ampiezza della discesa del livello del mare, si procede secondo l’equazione seguente: y = a+d-by-c (2) dove (y) rappresenta il calo del livello del mare, (d) il dislivello tra le due linee di riva successive, (by) l’ampiezza del sollevamento prodottosi contemporaneamente alla discesa del livello del mare, (c) lo "spessore critico". L’abbassamento del livello del mare è stato accompagnato dallo scavo di una paleovallata del T. Campanella, come si può osservare sul lato sinistro di questa valle, dove la falesia della linea di riva corrispondente al termine (D) corre quasi parallelamente alla vallata, su una distanza di circa 100 metri, soprastante un terrazzo di solo 5 metri di larghezza (fig. 1). Il termine (B) può appartenere alla linea di costa precedente che si trova a 161,8 m s.l.m. a Nord del T. Campanella; questo deposito potrebbe anche far parte della formazione ancora più antica, che poggia sul conglomerato di Messina come lo si vede alla cima di un altra cava più a monte; questa formazione più antica raggiunge uno "spessore caratteristico" di 17,4 m, e finisce direttamente sullo zoccolo granitico, all’altitudine di 171,9 m. L’età di tutti questi depositi non può essere direttamente determinata dagli affioramenti esistenti, dove non sono state trovate conchiglie e dove le sabbie sembrano troppo alterate per convenire ad una analisi per termoluminescenza. Occore riferirsi alla cronologia stabilita al Sud di Reggio Calabria, dove i dati sono spartiti fra tre delle ultime quattro grandi terrazze, corrispondenti rispettivamente ai tre cicli orbitali, iniziando a 128, 105 e 84 ka (Dumas et al., 2002). La stessa successione di quattro grandi terrazze si ritrova nella regione di Villa San Giovanni, l’ultima essendo attributa ad un ciclo orbitale più recente, secondo la datazione TL di 64±8 ka ottenuta al Sud-Est di questa località (Balescu et al., 1997). Per gli autori di questa nota, il terrazzo, la cui linea di riva si tiene a 171,9 m s.l.m. e di cui lo "spessore caratteristico" è di almeno 17,4 m, appartiene al sotto-stadio 5.5 (5e) della cronologia isotopica dell’ossigeno, situato all’inizio dell’ultimo periodo interglaciale. In quanto alla linea di riva che si trova ai piedi della scarpata di Raffaele e che è stata misurata a 201,9 m d’altitudine, potrebbe corrispondere al sotto-stadio, notato 6.5, del penultimo periodo glaciale. Questo episodio presenta un’ampiezza inaspettata sulle curve isotopiche ricostruite 18O dell’acqua di mare (Shackleton, 2000 ; Lea et al., 2002), che sono l’espressione dei cambiamenti del volume dei ghiacciai, e conseguentemente del livello del mare; il picco glacio-eustatico corrispondente appartiene al ciclo orbitale incominciando a 176 ka, con un paleolivello marino di soltanto -20 o -28 m circa. Questo livello è perfettamente compatibile con l’altitudine raggiunta dalla linea di riva di 201,9 m, con il tasso di sollevamento di 1,3 m/ka. Mentre il deposito associato alla linea di riva 201,9 m si restringe ad uno "spessore caratteristico" di circa 10-12 m, quello culminando a 171,9 m raggiunge il valore più forte di 17,4 m. Tutto questo porta ad imputare questa linea di riva all’inizio del ciclo orbitale più spiccato di 128 ka. Il terrazzo di questo ciclo comprende 11 terrazze più piccole (fig. 1), di cui 8 hanno certamente un’origine glacioeustatica, visto lo "spessore caratteristico" dei loro depositi. Entro questo ciclo orbitale, la periodicità media degli eventi trasgressivi, "suborbitali", è di 2,8 ka: questa frequenza potrebbe essere più forte, se tutte le terrazze fossero da includere in questo conto. 75 Questa periodicità permette di valutare la durata dei movimenti del livello del mare. Poichè non si può procedere ad una valutazione di questa durata, come nella Penisola di Huon (Chappell, 2002), secondo il tasso di crescita dei coralli, nè secondo un tasso di sedimentazione dei depositi di spiaggia che sembra troppo incerto, un altro metodo è stato proposto (Dumas et al., 2003), assumendo una durata della trasgressione uguale a un terzo del ciclo eustatico completo. Questo metodo è stato usato per il calcolo di (bx) e (by) nelle equazioni (1) e (2). Con la seconda formula, si può valutare il contributo rispettivo del sollevamento regionale (by) e di una regressione di valore globale (y), durante l’abbassamento apparente del livello del mare (a+d). Il risultato costituisce un altro modo, piuttosto che considerare la sola trasgressione, per dimostrare l’origine glacio-eustatica del deposito. Inoltre, si può anche stimare il contributo rispettivo di questo sollevamento regionale (b) durante la totalità del ciclo eustatico (2,8 ka) e dei movimenti globali del livello del mare nello stesso tempo, per render conto del dislivello tra due linee di riva. Questo dislivello (d) dipende, infatti, della somma algebrica dell’ampiezza di questo sollevamento (b) e della differenza fra l’ampiezza della regressione (y) e quella della trasgressione seguente (x); l’equazione corrispondente può scriversi così: d = b+e (e) essendo (y-x), cioè la differenza d’altezza tra due livelli alti successivi del mare. In conclusione, lo studio delle antiche linee di riva, a condizione di tener conto dei depositi corrispondenti, consente di comprendere meglio come la dinamica del sollevamento regionale permette (o no) di determinare la dinamica globale delle variazioni glacio-eustatiche del livello del mare. Fig. 1 - Grandi e piccole terrazze marine nella zona di Villa San Giovanni. 1 : linea di riva, con i punti di misura dell’altitudine ; 2 : paleofalesia ; 3: versante di valle; 4: traccia dei profili (fig. 2 e fig. 3); * secondo Lea et al., 2002; ** secondo Gallup et al., 2002. 76 Fig. 2 - Depositi pleistocenici e linee di riva nella parete della cava di sponda destra della vallata del Torrente Campanella (disegno secondo fotografia, dello stato della cava in marzo 2002). 1: conglomerato di Messina di tipo deltizio; 2: ghiaie e sabbie di spiaggia; 3: forme e depositi antropici. Fig. 3 - Due piccole terrazze glacioeustatiche, con l’indicazione dello "spessore caratteristico" dei loro depositi. 1: conglomerato di Messina di tipo deltizio; 2: ghiaie e sabbie di spiaggia; 3: "spessore caratteristico" dei depositi (D) e (C); 4: "spessore critico" massimale di 5 m. Bibliografia Balescu S., Dumas B., Gueremy P., Lamothe M., Lhenaff R., Raffy J. (1997) - Thermoluminescence dating tests of Pleistocene sediment from uplifted marine shorelines along the southwest coastline of the Calabrian Peninsula (Southern Italy). Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 130, 25-41, et erratum, Ibidem, 136, 375376. Chappell J. (2002) - Sea level changes forced ice break outs in the Last Glacial cycle: new results from coral terraces. Quaternary Science Reviews, 21, 1229-1240. Dumas B., Gueremy P., Lhenaff R., Raffy J. (2000) - Périodicités de temps long et de temps court, depuis 400 000 ans, dans l’étagement des terrasses marines en Calabre méridionale (Italie). Géomorphologie : relief, processus, environnement, 25-44. Dumas B., Gueremy P., Lhenaff R., Raffy, J. (2002) - Variations rapides du niveau de la mer depuis le stade 5e en Calabre méridionale (Italie) et dans la Péninsule de Huon (Nouvelle Guinée). Quaternaire, 13, 1-13. Dumas B., Gueremy P., Lhenaff R., Raffy J. - Millennial-scale sea-level oscillations as shown by the «characteristic height» of marine deposits during stage 5 in Calabria, Italy. Article soumis à Quaternary International. Lea D.W., Marin P.A., Pak D.K, Spero H.J. (2002) - Reconstucting a 350 ky history of sea-level using planctonic Mg/Ca and oxygen isotope records of Cocos Ridge core. Quaternary Science Reviews, 21, 283-293. Shackleton, N.J., 2000 - The 100,000- year ice-age cycle identified and found to lag temperature, carbon dioxyde and orbital eccentricity. Science, 289, 1897-1902. 77 ELENCO DEI PARTECIPANTI Cognome e Nome Abate Rosario Agate Mauro Antonioli Fabrizio Anzidei Marco Arnone Massimo Azzaro Raffaele Avigliano Roberto Bagnaia Roberto Barrier Pascal Bianca Marcello Bonfiglio Laura Caputo Riccardo Carrara Claudio Carulli Giovanni Battista Catalano Stefano Clemente Paolo Colizza Ester Coppa Maria Grazia Cuppari Angela Dai Pra Giuseppe De Guidi Giorgio Devoti Saverio Di Geronimo Italo S. Dumas Bernard Esposito Alessandra Ferranti Luigi Filocamo Francesca Firpo Marco Furlani Stefano Galadini Francesco Galli Paolo Geremia Francesco Gervasi Anna Gringeri Gennaro Kershaw Steve Lanza Stefania Lucchi Francesco Mangano Gabriella Marra Antonella Cinzia Martini I. Peter Mastronuzzi Giuseppe Monaco Carmelo Neri Giancarlo Nisi Marco Raffy Joannine Orecchio Barbara Orrù Paolo E. Randazzo Giovanni Rasà Riccardo Rindone Antonino Romano Paola Sansò Paolo Silenzi Sergio Sposato Andrea Sylos Labini Stefano Tortorici Luigi Tranne Claudio Antonio Triscari Maurizio Verrubbi Vladimiro Indirizzo e-mail [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected], [email protected] [email protected]). [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] orecchio@ labcart.unime.it [email protected] [email protected] riccardo@ labcart.unime.it [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] 79 …… Siculae te admoverit orae ventus et angusti rarescent claustra Pelori, laeva tibi tellus et longo laeva petantur aequora circuitu, dextrum fugae litus et undas. Haec loca vi quondam et vasta convulsa ruina Tantum aevi longinqua valet mutare vetustas Dissiluisse ferunt, cum protinus utraque tellus Una foret ; venit medio vi pontus et undis Hesperium Siculo latus absiscidit, arvaque et urbes Litore diductas angusto interluit aestu. Virgilio, Aeneide, III 410-419 The continental bridge that connected Calabria and Sicily up to 13.5 ka BP (in red the land cover 22 Ka BP) The Scilla and Cariddi Myth, reported by Homer and Virgil in Odyssey and Aeneid does not seem to be so different from the geological and hydrological situation of the Present day Strait. Scilla, transformed by Circe in a horrible monster with six heads, used to stay in a cave up on a hill barking and snatching the sailors. Cariddi, transformed by Poseidone in a whirlpool, could drink the sea-water and spit it three times per day, south of Capo Peloro. Tsunami and whirling currents at scheduled times were well known to Virgil already 2000 years ago. But we feel astonished when we read the III 410-419 verse of the Aeneid where is described the exceptional historical memory, when Sicily was connected to Calabria until 13.5 kyr cal BP Also a recent article on Atlanthide myth (Collina Girard, 2001) points out the existence of some archipelagos in front of Gibralter that were emerged up to 11 kyr and were reported by Plato to our present days. This situation was similar to the Northern part of Messina Strait, that is marked by the presence of several topographic peaks, useful points for crossing the channel. Then the postglacial sea level rise determined the separation of Sicily and Calabria. From Antonioli F., Sylos Labini S., Segre A.G., submitted. In copertina : lo Scoglio Galera con l'impianto di allevamento del pesce studiato da Esposito et al., questo volume, foto di Marco Anzidei, INGV