Come ti gonfio il mondo.

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Come ti gonfio il mondo.
Come ti gonfio il mondo.
Linda Petracca incontra
Franco Farinelli
“Quello che la scuola vi ha raccontato
sulla geografia non è vero.”
Insegnante di Geografia umana, direttore del
dipartimento di Scienze della Comunicazione
e presidente del corso di laurea in geografia
e processi territoriali dell’ateneo di Bologna,
Franco Farinelli è autore di molte pubblicazioni, fra le quali varrebbe la pena di leggere
almeno: Geografia. Un’introduzione ai
modelli del mondo (Einaudi, Torino 2003)
e L’invenzione della Terra (Sellerio, Palermo 2007).
Bisogna ammettere che le affermazioni del
professore, che tende a riconoscere nella
carta geografica una vera e propria agenzia
di pensiero, sono innovative e un po’ destabilizzanti se si pensa al modo in cui siamo
abituati a ragionare la geografia.
Come non cogliere al volo l’occasione di un
colloquio informale con questo illustre professore?
Buongiorno professore, la domanda le
sembrerà impertinente, ma è una curiosità che noi studenti vorremmo toglierci. Che voto aveva in geografia alle superiori?
Mmmh… non ricordo, sinceramente. Andavo
bene ma non ero brillantissimo.
Sicuramente sa che Einstein è stato rimandato in matematica e Pavarotti in
musica. Lei ricorda spesso di essere stato rimandato in disegno. Questo cosa
significa? Che anche lei è un genio; che
la scuola fa pena… o entrambe le cose?
Ahaha… Beh, in effetti penso che la scuola
sia mortificante. O meglio, che a volte sappia mortificare le capacità degli studenti.
Lei sa di comparire su Wikipedia come
saggista e filosofo italiano?
Si sente più rappresentante del sapere
scientifico o del sapere umanistico?
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No, non sapevo di comparire come saggista
e filosofo. Davvero è così? Ma chi scrive certe cose? Si può risalire a chi è stato? Comunque, ecco tra sapere scientifico e sapere
umanistico? Ma non c’è differenza! Anzi: il
bello del pensiero che pratico è il suo continuo andirivieni fra i vari ambiti della conoscenza.
Non credo affatto che ci sia una opposizione
fra pensiero scientifico e filosofico. È solo per
comodità che talvolta li differenziamo. Lucrezio, ad esempio, era allo stesso tempo uno
scienziato ed un poeta.
Professor
Farinelli, lei ripete spesso
che, mentre la tradizione scolastica ha
sempre presentato la mappa come copia
della terra, nell’età moderna è la terra
ad essere copia della rappresentazione
cartografica. In questo discorso che
ruolo gioca la globalizzazione?
La globalizzazione è il frutto di un lungo processo che ha trasformato il mondo in una
mappa ben riuscita. E poiché la Terra è diventata una grande mappa, la mappa non
basta più. Ma se la mappa non basta più a
rappresentare l’orizzonte del nostro futuro,
come facciamo a conoscerlo, a ri-conoscerlo?
Dobbiamo ricorrere alla sfera, al globo. E
quindi si torna all’arcaico. Perché è arcaico
non solo quello che ci lasciamo alle spalle,
ma anche ciò che ci sta davanti, nel futuro.
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Perché noi pensiamo in termini di progresso,
e pensiamo che una cosa che abbiamo attraversato ce la lasciamo alle spalle. E più andiamo avanti, più noi lasciamo alle spalle
qualcosa che è già accaduto. Ma questo, ripeto, avviene solo se il mondo è una mappa,
una tavola. Se invece il mondo è una sfera e
il soggetto si muove – come in realtà si
muove – fatalmente ciò che abbiamo davanti, prima o poi, ce lo troviamo alle spalle. E
viceversa.
Che il mondo fosse una sfera, lo sapevamo
fin dall’inizio. Ora, ci tocca solo riapprenderlo.
E mentre dice questa frase simula l’esistenza
di un globo che, fra le sue dita, compie un
giro completo su se stesso e fino a tornare al
punto di partenza.
In che modo rientrano le nuove tecnologie come “Google Earth” e il navigatore
satellitare nel suo discorso? Se rientrano..
Anche Google Earth è frutto di un mito tipico
della cultura occidentale: l’illusione. Ciò che
vediamo, infatti, attraverso Google Earth
non è la realtà, ma un’illusione, un effetto
ottico, un trucco.
Google Earth è un trucco!
Google Earth non è una foto. Le immagini
che noi vediamo sono talmente suggestive,
da aver assunto la forma di una foto. Ma in
realtà sono la ricomposizione di migliaia e
migliaia mappe elettroniche.
E allora bisogna stare attenti, perché quelle
mappe hanno assunto un aspetto familiare,
ma familiari non sono affatto. Occorre, ad
esempio, chiedersi: dove siamo noi quando
guardiamo quelle mappe? Qual è il nostro
punto di vista?
immagini a cuor leggero. E credo che uno
dei grandi problemi sia proprio questo: il divario fra la natura delle immagini che creano
il mondo e la consapevolezza di chi le guarda, della loro natura e della loro logica. Ed è
un divario che cresce immensamente. E temo che non ci sia nulla di buono, in questo
divario.
Ci sa dare un buon motivo per cui i ragazzi dovrebbero studiare con più dedizione geografia?
Una risata sinceramente divertita precede la
risposta. Oddio, cosa gli ho chiesto!? È professore, dirà che dobbiamo studiare per farci
una cultura, per sapere com’è fatto il mondo, che non ci sono altri motivi che questi!
E invece:
No! Assolutamente no! Perché i ragazzi dovrebbero studiare? Io, francamente, non lo
so il perché.
Per quelli della mia generazione, della mia
cultura, della mia educazione lo studio aveva
un senso, un significato in qualche modo
preciso. Ma ora…
Io penso che oggi, le persone che studiano –
come quelli della mia generazione hanno appreso a studiare – siano pochissime.
Il termine “studiare” è scomparso persino
dall’Università. Quando uno studente protesta per un voto basso, si limita spesso a dire: “Prof., ma io l’ho letto…”. Una frase che
esprime l’impossibilità da parte del docente
di controbattere qualsiasi cosa.
E allora: che fine ha fatto il punto di vista?
C’è un punto di vista? Ci sarà ancora un
punto di vista? Chi lo stabilisce? Lo stabiliamo noi? E attraverso quale grado di consapevolezza?
Tra l’altro, questa difficoltà ad intenderci sul
concetto di studio, sta provocando la scomparsa dell’esame orale. Che significato ha
questa scomparsa dell’oralità?
Intanto credo che ciò sia un grave impoverimento comunicativo. Quando si affronta un
esame orale, il problema non è mostrare di
sapere. Ma mostrare di mostrare di sapere.
E dunque si assume un atteggiamento retorico ben preciso, si realizza un esercizio retorico complesso e nobilissimo che sfrutta vari
canali comunicativi che vanno dalla scelta
dell’abbigliamento, al tono di voce, alla gestualità, al linguaggio naturale…
Sarebbe veramente tragico assumere quelle
Con l’esame scritto, tutto questo si perde. Ed
È impossibile dirlo!
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è un bell’impoverimento …
Dunque, tornando al quesito iniziale, io non
saprei trovare alcuna buona motivazione per
spingere qualcuno a studiare: se uno non
avverte da solo l’esigenza di studiare, qualsiasi intervento esterno è del tutto inutile.
E poi: studiare geografia? Assolutamente no!
Perché i poverini che hanno dovuto studiare
geografia, hanno della geografia stessa
un’idea disastrosa.
Si può arrivare alla geografia solo quando
una persona si pone veramente di fronte allo
stato del mondo, e vuole capire, studiare
criticamente questo stato. E allora la geografia – che non so nemmeno io cosa sia veramente – è l’unico sapere del mondo stesso.
Quindi, io non spingerei nessuno a studiare
geografia. Anzi: non spingerei proprio nessuno a studiare. Perché talvolta, nei momenti
di sconforto, mi pare di poter dire che ormai
lo studio appartiene solo ad una ristrettissima cerchia di persone che si tramandano fra
loro un pensiero ermetico, esoterico, fatalmente destinato a sparire.
finisce qui, alle 14.55 perché alle 15.00
comincia la sua conferenza. Il ciclo di appuntamenti col professor Farinelli che è rivolto agli insegnanti del comune di Modena e
rientra nel progetto “la mappa, la terra, la
copia”, è pensato per venire incontro alla
crisi della geografia e limitare il divario crescente tra la cultura dei giovani e la realtà in
cui vivono.
Ma una domanda ancora mi frulla nella testa. Perché i miei genitori e nonni conoscono
così bene la cartina geografica e io invece
no?
È perché sono figlia dell’era di google earth?
E questo è positivo o negativo?
Spero di reperire presto un mappamondo
gonfiabile. Forse potrà fornirmi qualche risposta.
Perché non ditemi che oggi si studia. Non si
studia più. Si fa un’altra cosa. Che magari
funziona di più. Perché consente di avere –
dal punto di vista intellettuale – una semilavorazione che va molto bene alle imprese.
Un’ultima curiosità: quante mappe ci
sono in casa sua?
Qui il pensatore cita un rarissimo atlante etnografico
russo (“Il più fantastico atlante etnografico che abbia
mai visto”), i tre volumi di
un prezioso atlante storico
della
Regione
Bavarese
(“Che è quanto di meglio
esista fra gli atlanti storici
europei) e poi…
E poi c’è un mappamondo gonfiabile che, quando
ho bisogno di capire come
funziona la Terra, gonfio,
peraltro con gran fatica.
Tutto qua.
La nostra conversazione
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