riflessione sul male banale

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riflessione sul male banale
RIFLESSIONE SUL MALE BANALE
"Mentre sto scrivendo, esseri umani altamente civilizzati
volano sopra di me, cercando di
uccidermi. Essi non provano nessuna ostilità particolare
nei miei confronti, come non
la provo io nei loro, compiono soltanto il loro
dovere, come si suol dire. Non
ho alcun dubbio che la maggior parte di loro siano
persone gentili, rispettose della legge,
che mai si sognerebbero, nella loro vita privata
di compiere un omicidio.
D' altra parte, se uno di loro riesce a farmi saltare
in area con una bomba ben diretta, non
soffrirà mai di insonnia
per questo . "
INDICE
Introduzione
BANALITA' DEL MALE
1.1. Il bene e il male
1.2. Emersione del bene e del male in società moderna
INTERPRETAZIONI
2.1. Banalità del male in Hannah Arendt.
2.2. Studi di psicologia sociale successivi: Zimbardo e Milgram .
Il male: obbedienza, autorità o condizionamento?
LE PROSPETTIVE EDUCATIVE
3.1. Educazione alla pro-socialità
Conclusioni
Bibliografia
INTRODUZIONE
In questi anni di studi mi sono posta sempre una domanda: coloro che hanno trucidato milioni
di persone solo per la loro appartenenza ad un' etnia, devono essere considerati folli?
Questo lavoro di ricerca prende le mosse dall' analisi dei concetti di bene e di male e delle
principali concezioni teoriche di riferimento sino ai giorni nostri.
Nella seconda parte l' attenzione si focalizza sui mutamenti sociali che caratterizzano la nostra
società, prendendo in esame il concetto di " modernità liquida " enunciato da Bauman, per
verificare se è il tipo di società ad aver favorito la diffusione di comportamenti malvagi,
violenti senza " movente " .
Si tratta della così detta banalità del male enunciata dalla Arendt.
Questa teoria ci permette di comprendere le componenti e gli elementi che hanno spinto
Eichmann e tutti gli altri capi dell' SS a comportarsi come degli agghiacciati assassini, pur
avendo alle spalle una morale ben definita.
Infatti la Arendt ha affermato che possiamo considerarli dei " buoni padri di famiglia " , cioè
riescono ad essere e ad impartire ai propri figli una morale del giusto ma nello stesso tempo,
nel momento in cui indossano una divisa, si trasformano in atroci assassini solo perchè
obbediscono agli ordini di un capo.
La Arendt ha osservato degli elementi importati: la giustificazione collettiva, la forza che ha il
contesto sugli individui e il potere dell' autorità .
In seguito questi elementi sono stati ripresi singolarmente da diversi autori. Per quanto
concerne la giustificazione collettiva, questa viene ripresa da Bandura, il quale afferma che
questa componente si innesca nel momento in cui in ogni individuo nasce il disimpegno
morale ;
mentre Zimbardo porra la sua attenzione sul contesto sociale, il quale tende a influenzare le
azioni e la morale degli individui nel momento in cui si sviluppano delle componenti come: la
deindividualizzazione, la deumanizzazione, ecc... . E infine ho preso in considerazione la
teoria sull' obbedienza all'autorità di Milgram.
Egli quindi giunse espressamente alla stesse conclusioni della Arendt, Zimbardo invece
implicitamente: i soggetti che avevano più facilmente abdicato alla propria coscienza
mostravano una scarsa capacità di pensiero.
L' ultima parte è più squisitamente propositiva: prende in esame la teoria pedagogica dell'
educazione alla prosocialità .
BANALITA' DEL MALE
1.1. Il bene e il male
Il problema del bene e del male attanaglia da secoli l' uomo e continua ad essere un centrale
argomento di riflessione ancor oggi.
Etimologicamente " male " deriva dal latino male, avv. deriv. dell' agg. Malus "cattivo". Infatti
si denota con questo termine l' oggetto di avversione, del biasimo e della disapprovazione dell'
uomo contrapponendolo all' oggetto dell' attrazione, della lode e
dell' approvazione, cioè al bene.Infatti etimologicamente " bene" deriva dal latino bene, deriv.
di bonus "buono". In particolar modo sono due gli aspetti fondamentali del bene: si ha
innanzitutto il bene metafisico, ed esso si identifica assolutamente nell' essere ma si ha anche
il bene morale1 il quale si riferisce, invece, alla volontà.Inevitabilmente il problema del bene e
del male è stato trattato da diversi filosofi a partir dall' antica grecia, e tra i più illustri
possiamo
ricordare Aristotele che nel suo libro " L' etica Nicomachea " affronta il
problema del bene e del male affermando che noi siamo padroni delle
nostre azioni e per natura noi non siamo nè buoni nè cattivi.
Anche nel
caso in cui si giunga alla formazione di esseri morali cioè soggetti dotati
di " abiti etici " non per questo si è
pervenuti al bene.
Per Aristotele inoltre il bene è attività. Questo concetto viene espresso in
questo modo:
" se fare il bene sia in noi, starà in noi anche il non fare il male; ovvero se in noi sta il non fare il
bene, starà in noi anche fare il male. Se dunque, da noi dipende ugualmente fare il bene e il male , o
non farlo, da noi dipende l' essere probi o perversi. Il dire poi << nessuno è volontariamente
malvagio, nè involontariamente beato >> , in parte si avvicina al vero, in parte al falso. Nessuno è
beato involontariamente,ma la malvagità è volontaria ". 2
Alla fine della sua opera inoltre egli considererà l' etica come una condizione di benessere a
cui tendono tutti gli uomini ma in realtà non tutti la raggiungono: quindi l' uomo aspira per
tutta la vita al raggiungimento della piena e pura felicità la quale si incarna nella conoscenza:
" La natura dell' uomo non concede di speculare se non curando anche il corpo e provvedendosi di
beni esteriori in misura sufficiente. L' uomo veramente felice non sarà nè ricco, nè povero, perchè a
1
Morale:deriva da mos-mores= abito.Consiste nella ripetività dell' atto del singolo soggetto e cioè come
egli fa propri i valori della comunità di appartenza .
Mentre l' etica deriva da ethos= dimora, abitazione ,cioè sono quei principi che una comunità ritiene
universali ma non assoluti .
2
Aristotele. L' etica nicomachea. LaTerza, Bari 1913, p 85
far bene basta poco. E se, come pare giusto credere, gli dei si prendono alcuna cura delle umane
cose, essi ameranno gli uomini virtuosi e principalmente sapienti" .3
Successivamente con l' avvento del cristianesimo si afferma una nuova visione del bene e del
male. Infatti il cristianesimo incarna il sommo bene in Dio e il male più estremo nel demonio,
quindi essenzialmente come due elementi che non appartengono all' uomo.
Il più importante autore che incarna queste idee è Sant' Agostino che nel
suo libro " Natura del bene " afferma essenzialmente che il Bene Supremo
è origine di ogni bene che va dal più piccolo al più grande . Inoltre egli si
sofferma sul peccato (male) e asserisce che essenzialmente il male non
dipende dalle cose ma , invece, dall' uso scorretto che di esse viene fatto
dall' uomo e quindi, la scelta del male non sta nelle cose ma dipende solo
dalla volontà.
" Il Bene Supremo, al di sopra del quale non c' è niente è Dio; e per
questo è un bene immutabile, perciò veramente eterno e veramente
immortale".
"...Peccando, alcuni nuocciono ingiustamente a una natura, la loro
volontà malvagia viene loro imputata. In effetti, il potere di nuocere che viene loro concesso, non
viene se non da Dio, il quale, a loro insaputa, sa bene ciò che devono soffrire coloro ai quali viene
permesso di nuocere a quelli ai quali nuocciono." 4
Sant' Agostino inoltre afferma che " non esiste una natura cattiva in quanto tale" e quindi il
male per questo autore consiste nella rinuncia ad una natura migliore:
" Che il peccato o l' iniquità non sia il desiderio di nature cattive, ma la rinuncia a nature migliori.
Perciò, anche tutti gli alberi che Dio ha piantato nel paradiso, erano buoni. Infatti, l' uomo non ha
desiderato una natura cattiva, quando toccò l' albero proibito. Ma, rinunciando a ciò che era
migliore, il male che ha fatto lo ha commesso lui stesso." 5
Una corrente importate è l' illuminismo, un movimento culturale che si sviluppò in Europa a
partire dal Settecento e che intendeva ripartire dalla ragione dell' uomo, in quanto per molti
secoli era stata sostituita esclusivamente dal volere divino, quindi si cercò di riportare nel
mezzo della conoscenza, l' uomo. Uno dei maggiori esponenti, di questo movimento, è stato
Immanuel Kant che nel suo libro " Sul male radicale nella natura umana "
parte affermando che la storia dell' uomo è stata fatta cominciare, in qualsiasi
cultura, dal bene. Inevitabilmente si è affermata l' età dell' oro, la vita in
paradiso, ma questa felicità tende a svanire con la comparsa del male,
facendo cadere così l' uomo nel peccato.
Inoltre Kant afferma che un uomo non può essere definito naturalmente
cattivo perchè commette " azioni contrarie alla legge " :
" ... cioè sia possibile, almeno, una posizione intermedia, ovvero che la specie
3
Aristotele. L' etica nicomachea. LaTerza, Bari 1913, p 146
Sant' Agostino. Natura del bene. Bompiani. Milano 2001, pp 113-129
5
Sant' Agostino. Natura del bene. Bompiani. Milano 2001, p 173
4
umana non sia nè buona , nè cattiva, o, in ogni caso, sia buona e cattiva. Ma non si chiama cattivo
un uomo semplicemente perchè commette azioni cattive (contrarie alla legge) , bensì dal carattere di
tali azioni si può desumere l' esistenza in lui di massime cattive.... ma le massime non si possono
osservare nemmeno in se stessi, e di conseguenza non è mai possibile fondare con sicurezza
sull' esperienza il giudizio che l' autore di tali azioni è un uomo cattivo " . 6
In aggiunta, però Kant, afferma che l' uomo non contravviene alla legge morale " per puro
spirito di rivolta cioè rifiutandosi di obbedire ma essa piuttosto si impone all' uomo irresistibilmente
in virtù della sua predisposizione morale; e se nessun altro movente agisse in senso contrario, l'
uomo l' assumerebbe nella sua massima suprema come motivazione sufficiente a determinare l'
arbitrio, cioè egli sarebbe moralmente buono. Se però li accogliesse nella sua massima come
sufficienti di per se soli alla determinazione dell' arbitrio, senza curarsi della legge morale sarebbe
allora moralmente cattivo. " 7
In definitiva il male radicale per Kant deriva dalla libertà di scelta dell'uomo e non nella
natura di esso.
Un altro autore che sperimenta e cerca di comprendere il bene e il male è
Arthur Schopenhauer. La sua filosofia nasce dal bisogno di chiarezza del
suo proprio sentimento di soddisfazione esistenziale e del continuo rifiuto
totale della vita. Questi concetti vengono espressi con chiarezza nel
famosissimo libro " Il mondo come volontà e rappresentazione " , dove si
afferma, già nelle primissime pagine che " il mondo è una mia
rappresentazione " e ciò sottintende che l' uomo non conosce realmente la
realtà che osserva ma il mondo esiste solo in rapporto al soggetto che lo
percepisce, quindi non si tratta di fenomeni ma solo di un sogno e illusione, cioè il " il velo di
Maya " che il filosofo descrive in questo modo:
" E' Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa
loro vedere un mondo del quale non può dirsi nè che esista, nè che non esista; perchè ella
rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia che il pellegrino da lontano
scambia per acqua. Ma cio che tutti costoro pensavano, e di cui parlano non è altro se non quel che
noi ora, appunto, consideriamo: il mondo come rappresentazione, sottomesso al principio di
ragione." 8
Questo velo per Schopenhauer, inoltre, può essere stracciato dall' uomo scoprendo così la
volontà di vivere che è una forza cieca e inconsapevole, quindi dolore e piacere sono "
affezioni dirette della volontà nella sua manifestazione fenomenica, che è il corpo ". Infatti
volere per egli significa desiderare, cioè assenza di qualcosa che si vorrebbe avere e questa
continua mancanza di possedere qualcosa finisce per provocare nell' uomo continuo dolore,
quindi ogni vita è dolore ma in particolar modo :
" Volere e aspirare è tutta l' essenza loro. Ma la base di ogni volere è
6
I. Kant . Sul male radicale della natura umana. A.Mondadori 1995, pp 24-25
I. Kant. Sul male radicale della natura umana. A.Mondadori 1995, p 46
8
A. Schopenhouer. Il mondo come volontà e rappresentazione. La Terza, Bari, 1914- 1916, p 8
7
bisogno, mancanza, ossia dolore a cui l' uomo è vincolato dall' origine .La sua vita oscilla quindi
come un pendolo, di quà e di là, tra il dolore e la noia, che sono in realtà i suoi veri elementi
costitutivi ". 9
Ciò significa che l' uomo desidera qualcosa ma una volta conquistato quel qualcosa si insidia
la noia, che consiste in un fugace appagamento, ( il quale però è provvisorio ). Infatti una
volta conseguito il piacere, l' inquietudine per una nuova mancanza si insidia nell' animo
umano. In definitiva, quindi il principio e l' essenza del mondo è il male.
E in fine possiamo ricordare un altro illustre filosofo, Nietzsche che nei suoi libri " Al di là del
bene e del male " e " Genealogia della morale " affronta con precisione il
problema del bene e del male. Egli parte da una critica nei confronti delle
varie filosofie e dottrine morali affermando che in realtà nessuno si è mai
posto la domanda da dove derivano le nostre idee e pregiudizi morali:
" il pensare deve essere riconosciuto quale ingrediente della volontà: in ogni atto
di volontà esiste un pensiero che comanda. Quella che viene chiamata libertà del
volere è essenzialmente la passione della superiorità rispetto a colui che deve
obbedire: " Io sono libero, egli deve obbedire ". Noi siamo al tempo stesso chi
comanda e chi ubbidisce e come parte ubbidiente conosciamo le sensazioni del costringere, dell'
opprimere. " 10
Nietzsche cerca di comprendere questi elementi seguendo un metodo genealogico, cerca di
spigare il bene e il male attraverso un discorso sui concetti morali. Egli, in questo libro quindi,
arriva alla conclusione che la costruzione di una morale serve a un gruppo di uomini per
soggiogare gli altri. Con questo concetto si può spiegare anche l' origine della morale cristiana
la quale incarna su di sè i concetti di obbedienza, umiltà ecc... . Questa morale, secondo
Nietzsche, nasce dal bisogno e dall' istinto di vendetta degli uomini inferiori, i quali per
invidia nei confronti dei degli spiriti liberi ribaltano i valori di questi ultimi e creando così
valori che obbediscono al principio di passività; questa qui descritta è denominata morale
degli schiavi ed è per certi versi una morale del risentimento prodotta da uomini sottomessi, in
passato, ad una morale dei signori. Questa morale al contrario, esaltava gli ideali di forza, del
coraggio ma questa è stata cancellata dai valori della religione. Infatti sono stati per primi gli
ebrei a rovesciare
l' idea di uomo buono= nobile e forte con quella ebraico-cristiana
uomo di buono= umile, povero e infelice.Quindi in conclusione:
" Veder soffrire fa bene. La curva della tolleranza umana al dolore
sembra scendere in realtà straordinariamente . Ciò che propriamente fa rivoltare contro la sofferenza
non è la sofferenza in sè, bensì l' assurdità del soffrire: ma un tale assurdo soffrire non ci fu in
generale nè per il cristiano nè per l' uomo semplice di più antiche età. Affinché il dolore occulto
privo di testimoni potesse essere tolto dal mondo si fu allora costretti a inventare dei ed esseri
intermedi. Grazie a tali invenzioni la vita si servi dello stratagemma di giustificare il suo male." 11
9
A. Schopenhouer. Il mondo come volontà e rappresentazione. La Terza, Bari, 1914- 1916, pp 183-184
A. Schopenhouer. Il mondo come volontà e rappresentazione. La Terza, Bari, 1914- 1916, pp 183-184
11
F. Nietzsche. Al di là del bene e del male.Geneologia della morale. Adelphi, Milano 1968, p 266-267
10
1.2.Emersione del bene e del male in società moderna
Quindi precedentemente abbiamo parlato ed enunciato alcune idee e teorie riguardanti il bene
e il male, ma questi due concetti vanno anche contestualizzati nel mondo odierno.
Quindi per comprendere meglio ciò che sta accadendo nella nostra epoca
e società possiamo citare un autore o meglio un sociologo polacco di
origine ebraica, che ha compreso appieno la società contemporanea,
questo è Zygmunt Bauman che ha intitolato uno dei suoi famosissimi
libri " Modernità liquida " .
Prima di comprendere cosa intendeva Bauman con il termine modernità
liquida bisogna prendere anche in esame un altro concetto, quello di
modernità solida e pensante.
In questo tipo di modernità (pesante) tutto era ben definito ed era l' epoca del reciproco
coinvolgimento, dove troviamo fabbriche gigantesche e dove ogni lavoratore svolge un ruolo
ben definito; inoltre tutto ciò che veniva prodotto rimaneva nel tempo sia presente che futuro.
Al contrario oggi ci troviamo nella modernità liquida che è l' epoca del disimpegno, della
costruzione di piccole fabbriche che hanno una breve durata come la nascita dei loro prodotti.
Bisogna infatti porre un' importate distinzione tra durevole ed effimero.
Gli oggetti durevoli vengono creati per essere resistenti e durare così nel tempo, questo è ciò
che accadeva nella modernità solida, invece gli oggetti effimeri sono quegli oggetti di pronto
consumo i quali svaniscono ogni qual volta vengono consumati, quindi il mondo della
globalizzazione crea poi altri appetibili oggetti che finiranno anch' essi in un breve periodo di
tempo nel dimenticatoio, e così via.
" Il tempo delle fabbriche gigantesche e dei corpi obesi è finito: una volta erano testimonianza del
potere dei loro proprietari; oggi sono
presagio di sconfitta nella prossima tornata di accelerazione e dunque indicano impotenza. Corpi
magri e facilità di movimento, vestiti leggeri e scarpe da ginnastica, telefonini cellulari, beni portatili
o usa-e-getta , sono i principali simboli culturali dell' era dell' istantaneità. Peso e dimensione
subiscono la stessa sorte della durabilità." 12
Importante è anche comprendere come si sono trasformati i rapporti umani nel mondo fluido.
Nel mondo contemporaneo sono nate idee comuni a tutte le popolazioni e cioè che gli esseri
umani vivono in una continua insicurezza, incertezza e vulnerabilità. Nella società
contemporanea, dove tutti gli elementi sopra enunciati vengono ormai citati dai mass-media in
modo ridondante si genera la famosissima teoria della profezia che si auto-avvera 13. In
questo scenario, di conseguenza, anche i rapporti vengono percepiti alla stregua dei beni di
12
Z. Bauman. Modernità liquida. GLF Edizioni LaTerza, Roma-Bari 2011, p 146
In sociologia una profezia che si autoadempie, o che si autoavvera o che si autodetermina è una
previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. Predizione ed evento sono in un rapporto circolare, secondo il
quale la predizione genera l' evento e l' evento verifica la predizione.
13
consumo: consumati sin quando ci soddisfano.
"...legami ed unioni tendo ad essere considerate e trattate come cose da essere consumate, non
prodotte; sono soggetti agli stessi criteri di valutazione di tutti gli altri oggetti di consumo. Diventa
invece questione di ottenere soddisfazione da un prodotto di pronto consumo; se il piacere che se ne
trae non è quello promesso e atteso allora si può chiedere il divorzio citando i diritti del
consumatore. Non c' è alcun motivo di restare fedeli a un prodotto inferiore." 14
Nella modernità liquida cambia anche il concetto di comunità. Per comunità si intende quel
complesso di relazioni che si generano tra individui che condividono la stessa lingua, la stessa
religione, le stesse idee e regole ( scritte e non scritte), inoltre all' interno della comunità viene
garantita una sorta di sicurezza collettiva la quale, oggi, " va rapidamente abbassandosi " .
A questo punto ciò che viene pesantemente ricalcato, nelle diverse
comunità è la differenza tra il concetto di " noi " e " loro " :
" Non che ' noi ' siamo identici in tutto e per tutto , esistono anche delle differenze, che vengono
tuttavia minimizzate e neutralizzate dalle similitudini.[..] Allo stesso modo " loro " non differiscono
da noi in tutto e per tutto, ma si differenziano per un aspetto che è più importate." 15
Nella società della globalizzazione ciò che in un prossimo futuro potrebbe scomparire sono gli
stati o comunque i singoli stati lasciando così posto solo agli oggetti di consumo che uniscono
tutti gli esseri umani in un unica società, cioè la società globalizzata. Quindi si corre il rischio
di andare ad occupare " gli spazi vuoti " e quindi tornare a delle manifestazioni esplosive della
società, le quali " necessitano di violenza per nascere e di violenza per restare in vita " .
Bauman quindi a questo punto riprende la teoria del capo espiatorio 16
di R.Girard, il quale ha creato questa teoria per spiegare l' evoluzione e il ruolo della violenza
in tutte le società. Secondo Bauman quindi è proprio l' assassino che da vita alla comunità
generando così solidarietà e senso di appartenenza e quest' ultimo elemento quindi tende ad
essere confermata anno dopo anno dai riti sacrificali. Un altro elemento che ci fa comprendere
la ferocia delle azioni di genocidio, delle società esplosive, è il loro " collegamento territoriale
" che è legato fortemente al concetto di spazio.
" Le assediate popolazioni sedentarie si rifiutano di accettare regole e posta in palio del nuovo gioco
di potere nomade un atteggiamento che l' intraprendente èlite nomade globale, trova
straordinariamente difficile da comprendere e non può che percepire come un segno di ritardo e
arretratezza. Adesso è l' èlite nomade che dirige l' orchestra e detta i criteri con cui vengono
classificate e giudicate le ossessioni territoriali." 17
14
15
Z. Bauman. Modernità liquida. GLF Edizioni LaTerza, Roma-Bari 2011, p 190
Z. Bauman. Modernità liquida. GLF Edizioni LaTerza, Roma-Bari 2011, p 206
16
Girard offre un ampio quadro per comprendere l'odierna crisi. Egli sostiene che le società arcaiche occidentali e precristiane
hanno fondato le radici del proprio ordine sociale nel sacrificio. Infatti l'invidia, l'odio e la violenza che si generano nelle relazioni
sociali possono essere placati dalla comunità attraverso la partecipazione alle pratiche sacrificali. Quindi la violenza nelle società
arcaiche era arginata attraversoil ricorso alla figura del capo espiatorio, e cioè le varie rivalità interne venivano polarizzate contro
una sola vittima sacrificale. Tuttavia nelle società moderne, secondo Girard, la rivelazione cristiana avrebbe reso inefficaci questi
riti sacrificali, perchè si sono insidiati nella comunità l'idea sempre più incalzante di non provare dolore verso il prossimo, ecco
perchè alla figura del capo espiatorio, oggi, si accompagna un altro sentimento, cioè la preoccupazione per le vittime.
17
Z. Bauman. Modernità liquida. GLF Edizioni LaTerza, Roma-Bari 2011, p 234
Tutto ciò genera quindi, l' idea di creare comunità chiuse e sicure che allontanino il diverso,
cioè colui che non possiede i criteri di appartenenza dettati dall' èlite nomade. Quindi si cerca
di ghettizzare gli stranieri e pagare, inoltre, qualcuno che ci protegga con delle armi e
chiedere, anche, l' installazione di telecamere a circuito chiuso per sopprimere le nostre paure
nei confronti del diverso.
Infine Bauman enuncia un altro meraviglioso concetto che ci fa comprendere meglio la nosta
società. Egli infatti parla di " comunità guardaroba " usando la metafora del teatro. Quando si
entra in un teatro ci si siede in posti che precedentemente vengono imposti e tutti sono lì per
un motivo: guardare uno spettacolo, osservare gli attori, ridere e commuoversi tutti insieme
all' unisono. Ma una volta calato il sipario si esce dal teatro riprendendo i cappotti appesi, all'
inizio dell' opera, all' attaccapanni e ci si riversa nelle strade della città riprendendo in mano
nuovamente le proprie vite, che per un instate erano state dimenticate; tutto ciò genera una
continua solitudine.
" Le comunità guardaroba hanno bisogno di uno spettacolo che rivesti interessi simili sopiti in
individui per altri versi diversi tra loro e quindi aggreghi tutti questi individui per un lasso di tempo
durante il quale altri interessi vengono temporaneamente accantonati, sopiti o messi a tacere ". 18
E quindi in questa società complessa l' elemento che continua a diventare sempre più presente
è la comunicazione o meglio " l' estasi della comunicazione " , cioè attraverso la continua
informazione l' uomo può trovarsi in un solo minuto in diverse parti del mondo, questo però
invece di far avvicinare gli uomini gli uni agli altri sviluppa un distacco e una chiusura.
Qui l' uomo postmoderno diviene un " camaleonte dell' etica " cioè
" hanno abbandonato le grandi passioni, i grandi ideali, perchè creano grandi difficoltà e pathos.
Nel tripudio del qui ed ora, la vita perde i freni e i rimpianti del passato, ma anche gli slanci del
futuro e l' esistenza celebra l' apoteosi del situazionismo e dell' immediato. Nell' istante anche i
sentimenti, come la moda, nascono e rapidamente tramontano." 19
Se prendiamo in esame la teoria di Bauman della modernità liquida sopra enunciata e inoltre
prendiamo in esame anche l' idea di Bocchiaro secondo cui " la psiche ci rende indifferenti ".
Piero Bocchiaro, riprende e descrive i maggiori esperimenti in psicologia sociale sul male
nella società (esperimento di Zimbardo e Milgram), ma anche approfondisce ( alla luce delle
teorie della psicologia sociale ), alcune notizie di cronaca contemporanea. Secondo Bocchairo
" non importa conoscere chi agisce ma in quale contesto l' azione ha luogo" . 20
Inoltre non si può conoscere la propria condotta immaginando un determinato contesto o una
determinata azione, questo perchè la sola immaginazione ci impedisce di conoscere il
contesto, e tutto ciò che potrebbe essere nascosto dalla nostra mente come il nostro stato
emotivo, la nostra morale, ecc... .
Attraverso questi esperimenti e osservazioni contemporanee è quasi, forse, ormai svanita la
netta dicotomia tra bene e male: tutti gli esseri umani, anche coloro che sono considerate "
18
Z. Bauman. Modernità liquida. GLF Edizioni LaTerza, Roma-Bari 2011, p 236
F. Bellino. Etica della solidarietà e società complessa. Levante, Bari 1947, p 16
20
P. Bocchiaro. Psicologia del male. GLF Edizioni Laterza, Bari 2011, p 5
19
brave persone ", in determinate situazioni possono commettere azioni riprovevoli. Si delinea
la categoria del così detto male banale, enunciato, dalla H.Arendt secondo cui il male può
essere compiuto da chiunque agisca in maniera meccanica senza pensare alle azioni e
soprattutto alle conseguenze delle proprie azioni, tutto ciò si amplifica se il soggetto si trova
in un gruppo.
Infatti Bocchiaro descrive un avvenimento accaduto ad una donna di nome Anna: gli
automobilisti non assistono allo stupro - consumatosi in un giardinetto - ma ad una scena in
cui una donna, trascinata da un uomo, gesticola e urla. Non è chiaro cosa stia succedendo.
Qualcuno allora rallenta cercando di capire meglio; il poco tempo a disposizione spinge ad
affidarsi principalmente ai comportamenti dei passanti, nessuno sta intervenendo e il
messaggio implicito è che non c' è niente di cui preoccuparsi. Siamo difronte ad un esempio di
ignoranza collettiva che conduce inesorabilmente al mancato aiuto: si è formata nella mente di
ciascuno l' idea che agire sarebbe inopportuno.
Secondo Bocchiaro potrebbe esistere un modo per ogni individuo di staccarsi dalla folla e
cominciare a pensare sulle azioni che si possono commettere e questo può essere fatto "
assumendo la prospettiva dell' altro " e da qui quindi sarà possibile cogliere e anticipare i
rischi e le conseguenze delle condotte.
Prendiamo in esame un altro caso avvenuto e descritto da Bocchiaro: un giovane musicista
viene colpito da due killer nei pressi della stazione di Montesanto. Insieme alla moglie si
rifugia all' interno della stazione e quest' ultima chiede aiuto ai passanti ma le persone non si
fermano a soccorrere l' uomo, ignorandolo.
Questa situazione può essere compresa prendendo in considerazione la paura di essere
rintracciati dagli aggressori se si parla alla polizia e subire le stesse ripercussioni.
Un altro emblematico caso è stata la scoperta il 28 aprile del 2004 quando le televisioni di
tutto il mondo hanno mandato in diretta le immagini di ciò che accadeva nel carcere iracheno
di Abu Ghraid.
A seguito di ciò i media di tutto il mondo hanno diffuso le foto raccapriccianti, scattate dagli
stessi torturatori come goliardico trofeo della loro missione. Le foto mostrano: detenuti
iracheni incappucciati con fili elettrici collegati alle parti più sensibili del loro corpo; cataste
di corpi nudi in cima ai quali stanno dei soldati dall’ espressione orgogliosa e soddisfatta;
uomini terrorizzati, privi di vestiti e di qualunque altro riparo, minacciati da cani aizzati dalle
guardie; detenuti costretti a inscenare rapporti omosessuali per il compiacimento dei loro
carnefici; un uomo trascinato al guinzaglio come un cane; una salma straziata dalle torture
vicino alla quale posa una soldatessa sorridente che mostra il pollice alzato in segno di
ammiccante approvazione; e così molte altre macabre rappresentazioni di quanto avveniva tra
le mura della prigione irachena ad opera dell' esercito statunitense. Le immagini colpirono per
la loro crudezza, per quella curiosa vocazione dei torturatori non solo alla crudeltà, ma alla
sua spavalda ostentazione.
Fecero sorgere inquietanti interrogativi tanto politici quanto esistenziali, ma in primo luogo
l’opinione pubblica e le autorità chiesero di scoprire di chi fosse la colpa, chi avesse la
responsabilità di quegli abusi. Le prime dichiarazioni, rilasciate dalle alte cariche dell’esercito
e della difesa americana prima ancora di un qualsiasi accertamento, sostennero unanimemente
che fosse opera di un manipolo di canaglie, pochi individui deviati in un’organizzazione sana
e irreprensibile.
Lo stesso paradigma delle poche ‘mele marce’ fu ribadito nel processo e nel verdetto: a essere
imputati per quanto accaduto saranno solo sette individui, accusati di essere gli attori materiali
degli abusi, mentre il sistema e l’apparato dirigenziale ne usciranno probi e immuni.
Tutto ciò può essere spiegato prendendo in esame l' idea che tutti i soldati americani erano
entrati appieno nel ruolo di meri esecutori di ordini, ma la loro condotta è stata inoltre anche
condizionata dalla situazione disumana e di stress dei soldati.
In aggiunta al sovraffollamento e al degrado, vi era una totale mancanza persino, delle
forniture minime: ad esempio non vi erano gli abiti per i detenuti, tant’è che molti venivano
lasciati deambulare nudi e, per accanimento della sorte o della negligenza, al posto della
biancheria necessaria, era stata spedita una partita di mutandine femminili rosa.
La nudità e la promiscuità avevano certamente contribuito a creare un sorta di clima
pornografico. Anche i soldati americani erano giovani di ambo i sessi: una coppia aveva
rapporti durante i turni di notte davanti aicarcerati e alcuni prigionieri erano stati violentati
pubblicamente da altri prigionieri, dalle guardie.
Ma il dato più rilevante era che la gran parte dei detenuti era lì senza
un vero motivo, non aveva colpe e non aveva informazioni che gli inquirenti avrebbero potuto
ricavarne, né nel rispetto della dignità né con le più nefande sevizie.
" Assistere a orrori di questo tipo ha certamente contribuito a creare una norma sociale di
accettabilità dell' abuso e della tortura: se persino un omicidio passa innoservato, diventa
automaticamente lecito picchiare o
umiliare un detenuto per una sua insubordinazione. Nessuno è facilmente identificabile, nessuno
21
paga per quello che fa ."
21
P. Bocchiaro. Psicologia del male . GLF Edizioni Laterza, Bari 2011, p 100
È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga
né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo,
precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, come ho
scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento
che s'interessa al male viene frustrato perché non c'è nulla. Questa è la banalità.
H. ARENDT
INTERPRETAZIONI
2.1. Banalità del male in Hannah Arendt.
Quindi per meglio comprendere l' idea di bene e di male o meglio, se possa esistere ancora
l' idea che questi due elementi siano separati o siano presenti entrambi nell' uomo, prenderemo
e analizzeremo tutti i meccanismi o gli elementi che possono influenzare un' azione malvagia,
enunciati e osservati dalla Arendt.
Hannah Arendt è nata nel 1906 da una famiglia ebrea. Tra le sue opere
più importanti troviamo " Le origini del totalitarismo ", dove sviluppa un'
attenta analisi del fenomeno del totalitarismo nel novecento. Bisogna
inoltre affermare che questo libro appare dopo la seconda guerra mondiale
e quindi esso si propone di analizzare le cause e il funzionamento dei
regimi totalitari all'interno dei quali gli uomini sono esclusi da ogni
decisione sia politica che morale.
In questo libro, quindi, Hannah Arendt elabora essenzialmente un ideal tipo di regime
totalitario che prende come punti riferimento il nazismo e il socialismo, come le più reali
forme realizzate di regimi totalitari.
Gli elementi più importati, per comprendere la nascita dei regimi, sono: il terrore e
l'ideologia. Il terrore è esercitato sia dagli ordini di controllo, che pervadono i cittadini sin
nella propria intimità, ma anche attraverso la costruzione di campi di concentramento dove
porre i prigionieri che dai regimi vengono identificati come " nemici " :
" l' inferno nel senso più letterale della parola era costituito da quei tipi di campi perfezionati dai
nazisti, in cui l' intera vita era sistematicamente organizzata per infliggere il massimo tormento
22
possibile. Le masse umane segregate in esse sono trattate come se non esistessero... ."
" Il totalitarismo è un fenomeno essenzialmente diverso da altre forme conosciute di pressione
politica . Dovunque è arrivato al potere , esso ha creato istituzioni assolutamente nuove e distrutto
23
tutte le tradizioni sociali, giuridiche e politiche del paese " .
Comunque prima ancora della morte il totalitarismo, si insidia nelle coscienze eliminando
tutta la tradizione precedende attraverso l' instaurazione di una nuova ideologia. Essa tende ad
insidiarsi prima con forme lievi, come piccoli cambiamenti letterari, per poi arrivare al punto
più estremo che è quello della completa condizione di isolamento degli uomini pur trovandosi
in una società di massa.
Un altro libro che ci aiuta a comprendere meglio sia il totalitarismo
che i suoi effetti sugli esseri umini è " La Banalità del male. Eichmann a Gerusalemme".
Nel 1961 a Gerusalemme Hannah Arendt segui il processo Eichmann.
Esso è un uomo di mezza età, di statura media, magro e doveva rispondere a quindici
imputazioni contro il popolo ebraico, crimini contro l' umanità, ma nel momento in cui si
elencavano tutti i crimini commessi da Eichmann, egli rispondeva : " non colpevole nel senso
dell' atto d' accusa ", in quanto secondo lui l' accusa di omicidio era infondata :
" Con la liquidazione degli ebrei io non ho mai avuto a che fare; io non ho mai ucciso nè un ebreo nè
un non ebreo, insomma non ho mai ucciso un essere umano; nè ho mai dato ordine di uccidere un
24
ebreo o un non ebreo; proprio non l' ho mai fatto" .
In realtà Eichmann aveva ragione in quanto lui con le sue mani non
aveva mai ucciso nessuno; questo può essere spiegato grazie all' eccessiva gerarchizzazione
delle stato del Raich la quale non permetteva di comprendere e soprattutto di capire che le
decisioni prese da un singolo potevano influire su tantissime persone.
Prima di cogliere cosa intendeva la Arendt con il termine banalità del male, prenderemo in
esame la vita di Eichmann per meglio comprendere le sue scelte. Nato il 19 marzo 1906 a
Solingen, fu uno studente poco brillante. Il padre lo convinse a lavorare come minatore nella
sua miniera. In seguito nel 1932 si iscrisse al partito nazionalsocialista, entrando così nelle SS.
22
H. Arendt. Le origini del totlitarismo. Einaudi. Torino 2004, p 610
H. Arendt. Le origini del totlitarismo. Einaudi. Torino 2004, p 630
24
H. Arendt. La Banalità del male.Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, p 30
23
Successivamente fu nominato direttore dell' ufficio B-4 (competente gli affari riguardanti la
deportazione ed esportazione degli ebrei). Durante il processo emerse che in realtà non si
iscrisse al partito per convinzione " ma fu piuttosto inchiottito dal partito senza accorgesene e
senza aver avuto il tempo di decidere " . 25
Il suo ruolo è stato veramente importate nello sviluppo dell' organizzazione del trasporto degli
ebrei nei vari campi di concentramento per tutto il periodo del regine nazista. Egli era un
uomo ossessionato dal compiacimento altrui, cioè secondo la sua idea tanto più obbediva agli
ordini dettati dai superiori tanto più veniva riconosciuto come una persona importate.
" Eppure il caso di Eichmann è diverso da quello del criminale comune, questo può sentirsi ben
protetto, al riparo dalla realtà di un mondo retto, soltanto finchè non esce dagli stretti confini della
sua banda. Ma ad Eichmann bastava ricordare il passato per sentirsi sicuro di non star mentendo e
di non ingannare se stesso, un tempo, in perfetta armonia. E quella società tedesca di ottanta milioni
di persone si era protetta dalla realtà e dai fatti esattamente con gli stessi mezzi e con gli stessi
trucchi, con le stesse menzogne e con la stessa stupidità che ora si erano radicate nella mentalità di
Eichmann." 26
Bisogna affermare che durante il processo Eichmann fu sottoposto a delle perizie
psichiatriche, le quali affermavano tutte che non era soggetto ad alcuna patologia mentale o
disturbo, anzi era considerato NORMALE:
" Più normale di quello che sono io (psichiatra) dopo che l' ho visitato. Tutta la sua psicologia, tutto
il suo atteggiamento verso la moglie e i figli, verso la madre, il padre, i fratelli, le sorelle era non
27
solo normale ma anche ideale".
Al processo inoltre ci si è domandati se Eichmann avesse o meno una coscienza. La risposta è
stata affermativa: egli aveva una coscienza ma questa fu inglobata e incatenata all' ideologia
nazista, quindi tutto ciò che aveva fatto non andava contro la legge ma in realtà egli aveva
seguito alla lettera le norme, quindi era e poteva essere considerato un uomo ideale e
soprattutto ligio alla legge.
" Eichmann inoltre descrive Hitler: avrà anche sbagliato su tutta la
linea; ma una cosa è certa: fu un uomo capace di farsi strada e di salire dal grado di caporale dell'
esercito tedesco al rango di Fuher di una nazione di quasi ottanta milioni di persone. Il suo successo
bastò da solo a dimostrarmi che dovevo sottomettergli . E ineffetti la sua coscienza si tranquillizzo al
vedere lo zelo con cui la buona società reagiva dapperttutto allo stesso modo. Egli non ebbe bisogno
di chiedere gli occhi per non ascoltare la voce della coscienza , non perchè non avesse una
coscienza, ma perchè alla sua coscienza parlava una voce rispettabile. E uno dei principali
argomenti di Eichmann, al processo, fu appunto che nessuna voce si era levata dall' esterno a
28
svegliare la sua coscienza."
E' vero anche che se inzialmente Eichmann aveva qualche dubbio su una così drastica
25
H. Arendt. La Banakità del male.Eichmann a Geusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, p 41
H. Arendt. La Banalità del male.Eichmann a Geusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, pp 59-60
27
H. Arendt. La Banalità del male.Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, p 34
28
H. Arendt. La banalità del male.Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, pp 133-134
26
soluzione, ma nel gennaio del 1942 fu invitato, insieme a tutti i più illustri comandati e capi
dell' SS a una conferenza, denominata dei segreti di stato o nota anche come conferenza di
Wennesee. Lo scopo di questa conferenza era quello di ordinare tutti i settori che si
occupavano delle sterminio verso un unica direzione, la soluzione finale.
E' proprio qui che Eichmann si sente per la prima volta deresponsabilizzato di tutte le sue
azioni:
" Benchè egli avesse fatto del suo meglio per contribuire alla soluzione finale, fino ad allora aveva
sempre nutrito qualche dubbio su una soluzione così grave e cosi violenta. Ora questi dubbi furono
fugati, qui, a questa conferenza, avevano parlato i personaggi più illustri, i capi del Terzo Reich. Ora
egli vide con i propri occhi e udì con le proprie orecchie che non soltanto Hitler ma anche i più
qualificati esponenti dei buoni vecchi servizi civili si disputavano l' onore di dirigere questa crudele
29
operazione. In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato mi sentii libero da ogni colpa ".
Quindi Eichmann affermò inoltre che : " sè riuscì a tacere la propria
coscienza fu soprattutto per la semplicissima ragione che egli non vedeva nessuno
proprio nessuno che fosse contrario alla soluzione finale ".
Egli quando parla di " nessuno " si riferisce ai più importati capi del regime, i quali non
contraddicevano mai le leggi emanate dal capo supremo, cioè quelle emanate dal Reich,
perchè erano ormai stati risucchiati dall' ideologia ma soprattutto si era ormai insidiato in loro
ilprocesso di deresponsabilizzazione collettiva .
Dopo la fine della guerra Eichmann si rifugiò con la sua famiglia a Buenos Aires e l' 11
maggio del 1960 egli fu rapito da tre uomini (della commissione ebraica), i quali gli
comunicarono che da lì a poco sarebbe stato trasportato nel nuovo Stato d' Isdraele per essere
processato; inoltre Eichmann non oppose nessuna resistenza quando venne catturato e in
seguito portato a Gerusalemme, in quanto era stanco di vivere nell' anonimato e soprattutto
perchè aveva seguito altri processi fatti agli altri capi nazisti ed era rimasto sconvolto dal fatto
che molti, soprattutto i giovani della nuova germania, si sentissero colpevoli di ciò che
avevano fatto i loro nonni o genitori sessant' anni prima. Qunidi egli era anche felice di poter
raccontare la sua versione dei fatti e di poter smentire tutte le accuse, infondate, che aveva
sentito per tantissimi anni.
" Circa un anno e mezzo fa (1959 ) sentii dire da un conoscente appena
tornato da un viaggio in Germania che alcuni settori della gioventù tedesca erano tormentati da un
senso di colpa... e per me il fatto che ci fosse questo complesso di colpa fu una cosa molto importate.
Divenne un punto essenziale della mia vita interiore, attorno al quale si cristallizzarono molti
pensieri. Ecco perchè non fuggii... quando mi accorsi che gli investigatori stavano stringendo una
rete attorno a me. Dopo quelle conversazioni sul senso di colpa della gioventù tedesca sentii che non
avevo il diritto non sparire. Ed ecco perchè all' inizio di questo interrogatorio ho affermato che
volevo fare qualcosa per liberare i giovani tedeschi dal peso della colpa, poichè in fondo questi
giovani non sono responsabili di ciò che accaduto e di ciò che i loro padri hanno fatto durante la
29
H. Arendt. La banalità del male.Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, p 122
guerra ".
30
In fine il 31 maggio del 1962 poco prima di mezza notte Eichmann fu impiccato e il suo corpo
fu cremato e quando la polizia lo portò alla gogna egli era padrone di sè : era come se in
quegli ultimi minuti egli ricapitolasse la lezione che quel suo viaggio nella malvagità umana
ciaveva insegnato – la lezione della spaventosa, indicibile, e
inimaginabile BANALITA' DEL MALE.
Quindi Hannah Arendt arrivò essenzialmente ad una conclusione che di persone come
Eichman sia durante il nazismo sia ancor oggi sono tante .
Infatti per questa autrice questi uomini non sono nè perversi nè malvagi ma bensì erano
terribilmente normali.
Quindi quando si parla di questo processo e di tutto ciò che emerso
importati sono le questioni morali, che ormai sono state messe in discussione.
Quindi ci si è chiesto, e ci si continua a chiedere, se esiste e se si possa creare una norma
giuridica che riesca a giudicare questo tipo di crimine.
Infatti, è ormai importate capire che possiamo trovare un Eichmann in ognuno di noi, questo
perchè in relazione alle situazioni tutti possiamo compiere del male a persone che prima
salutavamo e con cui abbiamo trascorso dei momenti, e questo può avvenire nel momento in
cui ci dimentichiamo o mettiamo in disparte la nostra coscienza la quale si pone al servizio di
un' ideologia pedante che crea in ogni essere umano una deresponsabilizzazione collettiva
delle proprie azioni.Inoltre per farci comprendere meglio cosa intende la scrittice per
banalità del male crea una metafora: esistono tre colori fondamentali il bianco, il nero e il
grigio. Sotto il bianco possono essere poste pochissime persone che compiono il bene puro 31;
sotto il nero troviamo coloro che compiono il male in modo sadico e crudele .
Ma se in queste due categorie possiamo porre pochissime persone tutto il resto della
popolazione deve essere posta sotto la stella del grigio, perchè chiunque può commettere il
male banale e il bene ingenuo. Cioè quel male e quel bene senza consapevolezza intellettuale
e morale.
Un elemento importate, che ci fa comprendere come sia possibile che
ottanta milioni di persone si siano comportate come gelidi assassini, è
la nascita di giustificazioni a livello collettivo però nate da un elemento
individuale, cioè il disimpegno morale, concetto coniato da Bandura,
uno psicologo canadese che ha trascorso la maggior parte della sua
carriera presso la Stanford University .
Secondo Bandura gli individui imparano dalla società le norme di
comportamento morale, attraverso una serie di esperienze nelle quali
alcuni atti sviluppano rinforzi positivi o e altri sviluppano rinforzi negativi. Esistono dei
processi di rinforzo e modellamento che si sviluppano nell' uomo. Questi processi permettono
30
31
H. Arendt. La banalità del male.Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli. Milano 1997, pp 249-250
Un esempio : madre Teresa di Calcutta
agli individui di comportarsi in relazione alle conseguenze previste e di stimolare o meno la
propria autostima determinano ed eliminando le auto-sanzioni, nel momento in cui si
compiono azioni che sono contrarie alla propria morale. Quindi maggiore è il disimpegno
morale minore sarà la formazione del senso di colpa individuale.Bandura, quindi, individua
otto meccanismi di disimpegno morale :
1. Giustificazione morale. Questo elemento consiste in una
rielaborazione ideologica-morale quando si commettono azioni riprovevoli o contrarie alla
propria morale. Questo meccanismo può essere usato sia dal singolo che da un gruppo che
commettono atti riprovevoli o negativi.
2. Etichettamento eufemistico. Consiste nella formazione di un linguaggio diverso da quello
comune, cioè con la formazione di parole rasserenanti che occultano il vero significato delle
azioni più crudeli. 32
3. Confronto vantaggioso. I soggetti pensando e osservando le azioni che hanno compiuto e
le sminuscono confrontandole con azioni molto più riprovevoli.
4 .Spostamento della responsabilità. Questo processo è evidente
quando ci si trova in una struttura gerarchica. C' è chi emana degli ordini e chi li esegue,
questi ultimi possono compiere azioni disumane senza interpellare in alcun modo la propria
morale solo perchè si obbedisce adun ordine ( meri esecutori degli ordini).
5. Diffusione della responsabilità. Si ricorre a questa strategia ogni qual volta ci si trova all
'interno di un gruppo, cioè si sente meno il bisogno di intervenire in un' azione, che
consideriamo non morale, per la presenza di altri possibili soggetti.
6.Distorsione delle conseguenze. L' individuo minimizza e ignora le conseguenze e quindi, le
sue azioni si differenziano in relazione ai danni che possono essere visibili o non visibili al
soggetto .33
7. Deumanizzazione. Quando si compiono azioni riprovevoli un elemento importate è
considerare gli uomini a cui si fa del male, degli esseri inferiori o addirittura considerarli degli
animali. In questo modo si elimina l' empatia e il senso di colpa.
8. Attribuzione di colpa. Chi compie azioni malvagie rilegge il proprio comportamento e
azione come qualcosa di obbligato dal comportamento altrui. Quindi in un certo senso si
invertono i ruoli dei protagonisti.
Questi meccanismi, ovviamente non avvengono nè in quest' ordine e né in in maniera così
schematica ma sicuramente quando si commette
un' azione malvagia o contraria alla nostra morale questi meccanismi
32
Un esempio : chi tortura o uccide sa di poter ridurre il proprio disagio ricorrendo a espressioni
fantasiose quali " interrogare in profondità " oppure " usare metodi assertivi " ecc... .
33
Esempii di danni provocati non visibili :chi sgancia bombe a distanza e quindi non sente la sofferenza
degli uomini,donne e bambini che vengono colipi.Un esempio eclatate puo essere la descrizione della
caduta della bomba atomica su Hiroshima dove i piloti sapevano che stavavo uccidendo migliaia di
persone ma comunque non hanno sentito le grida degli uomini .Quindi la propria morele non è stata
scalfita, in quanto stavavo eseguendo solo degli ordini (spostamento della responsabilità).
entrano in gioco in ogni individuo Bandura adotta una prospettiva secondo la quale l’azione
morale può essere compresa attraverso una prospettiva integrata in cui la persona, il suo
comportamento e l’ambiente sono tre fattori reciprocamente dipendenti.
Infine quindi, la costruzione delle strutture cognitive di autoregolazione della condotta sono
fortemente influenzat dall’ interazione di questi fattori. Il costrutto di disimpegno morale
rappresenta l’ insieme dei dispositivi cognitivi interni all’ individuo, socialmente appresi e
costruiti, che liberano l’ individuo dai sentimenti di auto-condanna, lesivi per l'autostima, nel
momento in cui viene meno il rispetto delle norme.
2.2. Studi di psicologia sociale : Zimbardo e Milgram.
Il male :obbedienza, autorità o condizionamento?
Per comprendere meglio il concetto della banalità del male enunciato dalla Harendt, dagli anni
cinquanta in poi sono stati effettuati degli esperimenti di psicologia sociale sulla relazione
coscienza personale- obbedienza all' autorità e quindi cosa spinge gli individui
a commettere atti crudeli non obbedendo alla propria morale.
Uno dei primi scienziati che si occupò di questo argomento, sottoponendo una
serie di soggetti a degli esperimenti è stato Philp Zimbardo, un professore di
psicologia sociale alla Stanford University di Palo Alto che nel suo libro
" L' effetto Lucifero. Cattivi si diventa? " ci spiega scientificamente ciò che la
Arendt ha osservato al processo Eichmann.Egli parte dal determinare l' idea di male. Infatti
per Zimbardo il male è determinato dalla volontà di danneggiare e deumanizzare un altro
innocente attraverso la propria posizione di potere, la quale spinge altri soggetti a compiere
azioni disumane e che vannno contro la propria morale.
Inoltre i soggetti che detengono il potere insidiano nelle coscinze l' idea del "nemico " :
" L' immagine di un nemico temuto che minaccia il benessere
individuale di una persona e la sicurezza nazionale della società spinge
madri e padri a mandare i loro figli in guerra e autorizza i governi a
cambiare l' ordine della proprietà per trasformare i vomeri degli aratri in
spade di distruzione."34
La prima fase della formazione del concetto di nemico si esplica nel momento in cui l' altro
viene percepito come soggetto demoniaco, deumanizzato e privo di valore, infatti il nemico
comincia ad essere associato ad un animale per poi essere concepito nella mente dei soggetti
come una persona che non è più persona, cioè non viene considerato umano e di conseguenza
può essere sottoposto a qualsiasi tortura.Quindi per osservare tutti questi fenomeni in modo
scientifico, Zimbardo creò un esperimento, denominato Esperimento Carcerario di Stanford.
Venne pubblicato un avviso pubblico in cui si chiedeva di partecipare ad un esperimento per
quindici dollari al giorno per due settimane. A questo annuncio risposero tantissimi studenti, i
34
P. Zimbardo. L' effetto lucifero. Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 13
quali furono sottoposti a dei questionari, per valutare la loro propensione al male, al sadismo o
per escludere anche problemi medici e mentali. I ricercatori quindi si preoccuparono di
scegliere giovani maschi studenti universitari che sembravano normali e di buona salute (sia
mentale che fisica) .Essenzialmente la ricerca di Zimbardo ha un fondamento teorico cioè:
" la nostra ricerca tenterà di distinguere ciò che la gente porta in una situazione di detenzione da ciò
che la situazione tira fuori dalla gente coinvolta. Grazie alla preselezione i soggetti sono
generalmente rappresentativi di giovani borghesi istruiti. Sono un gruppo omogeneo di studenti
abbastanza simili fra loro per vari aspetti. Attribuendoli a caso due ruoli diversi." 35
L' esperimento carcerario di Stanford consiste nell' osservare un gruppo di persone ritenute
conformi alle leggi imposte sia dall' alto e sia a livello personale, e comprendere quindi quali
meccanismi vengono messi in atto in questa situazione.
L' esperimento cominciò la domenica del 14 agosto del 1971 con un vero arresto da parte
della polizia di Palo Alto alle 9.55.
Precedentemente a caso furono sorteggiati i ruoli di guardie e di detenuti36, quindi al momento
dell' arresto i detenuti sapevano che ormai l' esperimento era cominciato.
Nel momento dell' arresto venivano invitati, attraverso il procedimento vero e proprio della
polizia, a non reagire difronte all' agente, veniva esplicitato il reato commesso e in seguito
venivano arrestati con tanto di mette e cappuccio per non far comprendere dovo venivano
portati.Il finto carcere fu all' allestito nel seminterrato della Stanford University e sia i detenuti
che le guardie avevano un abbigliamento specifico: i detenuti indossavano sandali di gomma
dove venne agganciata una catena e inoltre non dovevano essere chiamati per nome e non
dovevano ricordalo, quindi questo fu sostituito da un numero di matricola. Questa procedura
per Zimbardo servia a favorire l' anonimato ed eliminare tutti i segni di individualità distintivi
dell' individuo.
Le guardie, invece, indossavano le tipiche uniformi dell' epoca: stivali in pelle, divisa delle
guardie dei carceri americani con annessi dei gadget cioè manganello, manette e soprattutto
occhiali da sole a specchio che consentono di nascondere lo sguardo e quindi di non far
apparire le emozioni. Anche le celle dovevano rafforzare l' anonimato e infatti erano prive di
qualsiasi oggetto personale.
Inoltre alle guardie erano state affidate delle regole che dovevano essere lette ai detenuti e
questi ultimi dovevano rispettarle per la sicurezza del finto carcere; quindi già a partire dal
primo giorno furono lette queste regole, le quali erano ben 17: " i detenuti devono rimanere in
silenzio durante i periodi di riposo, dopo che siano state spente le luci, durante i pasti e
ogniqualvolta si trovino fuori dal cortile del carcere " ; oppure " i detenuti devono rivolgersi
l'uno all' altro solo con il numero di matricola " ; o ancora " i detenuti devono rivolgersi alle
guardie chiamandole signor agente penitenziario. " ecc.. .Infatti l' esperimento già nelle prime
35
P. Zimbardo. L' effetto lucifero. Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 47
Le guardie: turno di giorno 10.00- 18.00 =Arnett,Markus, John Landry; turno di notte 18.00-02.00=Hellmann, Burdan, Landry
Geoff; turno di mattina 02.00-10.00=Vandy,Ceros, Varnish.I detenuti: cella1= 3401 Glenn, 5704 Paul, 7258 Hubbie; cella 2=819
Stewart, 1037 Rich, 8612 Doug;cella3= 2093 Tom, 4325 Jim, 5486 Jerry.
36
ore cominciò a prendere una brutta piega, in quanto le conte venivano utilizzate in maniera
impropria , infatti venivano accostate ad esse varie tipologie di coercizione tra cui: flessioni,
ripetizioni all' infinito del numero di matricola per far comprendere come dovesse funzionare
un vero carcere.
" Inizialmente lo scopo delle conte come tutti i penitenziari è un' esigenza amministrativa, per
accertarsi che tutti i detenuti siano presenti e giustificati, che nessuno sia evaso. In questo caso, lo
scopo secondario è far si che i detenuti familiarizzino con la loro nuova identità numerica. Vogliamo
che incomincino a concepire se stessi, e gli altri, come detenuti identificati da numeri. L' effetto
affascinante come la natura delle conte si trasformi a poco a poco da routinaria memorizzazione e
recitazione di identità a momento sociale in cui le guardie possono esibire la loro totale autorità sui
37
detenuti."
Durante tutto l' esperimento il turno più insidioso fu il turno di notte, partendo dal primo
giorno, le guardie cercarono di rafforzare il loro potere per soggiogare i detenuti.
In particolar modo due guardie cominciarono a contendersi la sovranità del più potente, e da
questo scontro nacquero leggi e regole ancor più assurde e severe.
" Poichè è impossibile eseguire dei saltelli a gambe divaricate senza che la catena alla caviglia
faccia rumore, gli ordini stanno diventando arbitrari, ma le guardie incominciano a trarre piacere
38
nell' impartire ordini e costringere i detenuti a seguirli ".
I detenuti cominciavano ad essere frustati, straordinariamente già il lunedì mattina.
Quindi proprio quella mattina i detenuti cominciarono a pensare ad una rivolta, la quale si
esplicò nel turno di giorno. Infatti i detenuti della cella uno si barricarono e si rifiutavano di
uscire dalla propria cella e quindi la guardia Arnett assunse immediatamente il controllo,
mentre chi in quel momento assunse il controllo della rivolta fu Paul-5704, il quale convinse i
detenuti della cella a combattere, in quanto furono violate le regole originarie del contratto.
Ma le guardie per mantenere il controllo o per lo meno per non perdere potere, si diressero
nella cella due e fecero uscire i detenuti insieme ai loro materassi; quindi invece di scagliarsi
contro i rivoltosi usarono la tattica del ricatto: cioè comunicarono che se i detenuti delle cella
uno non si calmavano tutti gli altri detenuti avrebbero dormito per terra senza coperte. Ma alla
fine la guardia Landry prese un grande estintore e lo puntò contro la cella uno e solo in questo
modo le guardie riuscirono a sedare la rivolta.Comunque già alla fine del secondo giorno si
cominciarono a vedere i primi segni della caduta morale-psico-fisica dei detenuti e in
particolar modo del detenuto 8612- Doug in quanto crollò per un grave stress emotivo, perchè
cercava di ricordare a se stesso, che quello era solo un esperimento ma allo stesso tempo si
convinse che i ricercatori e lo staff non volevano lasciarlo libero. In seguito si comprese che le
forze situazionali della simulazione lo avevano schiacciato in così poco tempo anche se
inzialmente dai test non era emerso nulla che potesse far intendere un crollo emotivo in poche
ore dall' inizio dell' esperimento. In seguito le guardie divennero sempre più dure nei
37
38
P. Zimbardo. L' effetto lucifero. Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 65
P. Zimbardo. L' effetto lucifero. Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 71
confronti dei detenuti e questi ultimi sempre più stanchi, in quanto mangiavano poco e
dormivano poco, inoltre furono sottoposti a continue incursioni notturne per le conte e la loro
memorizzazione, tutto ciò comunque divenne un problema quando il martedì, proprio come
nelle vere carceri i detenuti avevano il diritto di visita da perte dei loro parenti.
Si è notato che già il giovedì i detenuti furono perfettamente soggiogati al potere delle
guardie, anche se erano consapevoli che potevano lasciare l' esperimento in qualsiasi
momento ma in relatà a nessun detenuto venne in mente questa soluzione, ormai erano entrati
nel sistema carcerario vero e proprio cioè erano convinti di aver commesso quei reati e
soprattutto che ciò che facevano le guardie nei loro confronti fosse giusto .
Quindi tutte queste vessazioni e controllo di potere continuarono siano al venerdì quando
insieme a tutto lo staff, Zimbardo prese la decisione di interrompere l' esperimento, alla fine
della prima settimana, in quanto si era notato che esisteva nei detenuti un' incapacità di
pretendere in considerazione i diritti legali e questa situazione portò i detenuti ad avere una
distorsione delle realtà.
Zimbardo quindi grazie a questo esperimento constatò essenzialmente che le situazioni
contano, in quanto possono modificare la natura umana la quale può subire cambiamenti e
trasformazioni significative, e in questi contesti le brave persone possono essere portate a
commettere atti malvagi quando si trovano nel " crogiolo delle situazioni sociali " , quindi il
potere situazionale è molto più efficace quando le persone si trovano in situazioni che non
conoscono e dove si sentono spaesate.
Zimbardo, come Bandura, individua alcuni elementi che caratterizzano le situazioni e la
trasformazione di persone apparentemente normali in veri e propri esecutori del male. Questi
elementi sono considerati separatamente ma nelle diverse situazioni avvengono in modo
casuale, ma comunque devo esserci per formare uomini demoniaci.
La prima caratteristica è l' anonimato e la deindividualizzazione . 39
L' anonimato genera un senso di non appartenenza che può determinare in diverse situazioni l'
accostamento al male e sembra spogliare i soggetti di una propria identità, quindi l' anonimato
produce una trasformazione del funzionamento cognitivo.
Un altro elemento è la dissonanza cognitiva che razionalizza il male che essenzialmente è
uno stato di tensione che può motivare in modo incisivo il comportamento pubblico.
" Essendosi impegnate in un' azione dissonante rispetto alle loro convinzioni personali, le guardie
hanno sperimentato una grossa pressione a conferirle un significato. Esseri umani ragionevoli
possono essere convinti con l' inganno a interpretare irrazionali in molti contesti di dissonanza
40
mascherata."
Quest' ultimo elemento viene influenzato anche dal potere dell' approvazione sociale, cioè
quando il nostro comportamento viene inevitabilmente influenzato da altri soggetti. In altre
parole tutti noi siamo facilmente portati a compiere azioni che vanno contro la nostra morale
quando ci troviamo in un gruppo perchè si crede che solo compiendo determinate azioni
(anche riprovevoli) possiamo essere accettati dal gruppo. La forma di influenza sociale più
estrema può essere individuata nel reclutamento, indottrinamento, e coinvolgimento che i culti
metto in atto sui proprio membri. Essi vogliono che ci si apatia dalla famiglia e agli amici,
dalla scuola e al lavoro, dagli hobbies e agli interessi privati per diventare un vero credente
che vuole sacrificarsi in tutto e per tutto per il bene del nuovo gruppo. Ad un livello estremo i
culti forniscono una “ ambiente totale ” entro il quale i membri vivono, interagiscono, e
lavorano, e dove il culto diventa il nuovo sostituto alla famiglia e alla rete di amicizie.
Indipendentemente dal motivo iniziale che ha portato ad aderire al gruppo, che potrebbe
essere lodevole come combattere la fame nel mondo, o la povertà, in realtà la maggior parte
dei membri diventano dei lavoratori a cui viene assegnato un lavoro umile per portare soldi al
culto o per diventare essi stessi dei reclutatori di nuovi membri. Tagliando tutti i contatti con
la vita precedente ci si stacca da qualsiasi legame che riporti a “ casa ” il soggetto.
Un altro meccanismo importate è la deumanizzazione che consiste nel categorizzare un
individuo al di fuori della sfera umana fino ad assimilarlo ad un animale o addirittura ad un
oggetto, quindi tutte le caratteristiche che gli altri esseri umani hanno in comune con noi
vengono sminuite, determinando, così, nei soggetti l' isolamento
dell' emozione e infatti queste reazioni sono oggettive, analitiche e prive di empatia 41. Questo
elemento inoltre trasforma " la natura apollinea in natura dionisiaca" dell' uomo :
" La transazione dalla mentalità apollinea a quella dionisiaca può essere rapida e inattesa, e indurre
brave persone a compiere cattive azioni, in quanto vivono in un presente prolungato senza
preoccuparsi delle conseguenze future delle loro azioni. Nei processi di deindividualizzazione
vengono meno le abituali restrizioni della crudeltà. E' come se nel cervello si producesse un corto
39
Questo può succedere ad esempio quando nessuno ci conosce o quandio siamo parete di una folla.
P. Zimbardo. L' effetto lucifero.Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, pp 332-333
41
Essa facilita azioni vessatorie soprattutto nelle persone organizzate.
40
circuito."
42
Secondo Zinmbardo tutto ciò viene generato e amplificat " dall' effetto carnevale" esso
comporta l' abbandono temporaneo dei vincoli morali individuali per accostarsi invece a quelli
della collettività, dove le preoccupazioni e i limiti sono dimenticati transitoriamente, mentre
quando ci si allontana dalla folla si ritorna alla vecchia moralità.43
Inoltre tutte queste azioni, cioè tutte quelle azioni in cui si esplica il male, oltre che da tutti i
meccanismi sopra elencanti sono influenzati dal così detto male dell' inerzia cioè il male che
viene compiuto dagli osservatori. In quanto più numerose sono le persone che assistono ad
una emergenza meno saranno quelle che interverranno.
" Fare parte di un gruppo che osserva passivamente significa che ogni
individuo presume che altri potrebbero prestare o presteranno aiuto, per cui vi è meno pressione ad
agire di quando una persona è sola o con un altro singolo spettatore. La semplice presenza di altre
44
persone produce una diffusione del senso di responsabilità."
Quindi tutte queste caratteristiche se le ritroviamo in determinate situazioni e soprattutto se le
persone si lasciano influenzare da questi elementi perdendo la loro attività di pensare, ecco
che si generano i peggiori atti malvagi che gli esseri umani possono compiere nei confronti di
altri esseri umani, e la storia purtroppo è piena di questi eventi, oltre che di esperimenti.
Zimbardo a questo punto offre delle caratteristiche che possono far allontanare soggetti
normali dal compiere azioni malvagie e quindi che permetterebbero la vicinanza al male.
Quindi egli individua dieci punti che possiamo osservare e ricordare per non accostarci al
male :
" il programma in dieci punti per resistere all' impatto di influenze sociali indesiderabili e
promuovere al tempo stesso la resilienza personale e la virtù cieca. Si basa su idee che possono
essere applicate a varie strategie di influenza e illustra modalità semplici ed efficaci per
45
affrontarle ".
Questi punti sono " ammettere di aver sbagliato " in quanto scusarsi riduce la necessita di
giustificarsi e quindi razionalizzare i nostri errori; oppure " rispetto l' autorità giusta ma mi
ribello contro l' autorità ingiusta " , quindi i bambini dovranno essere educati a saper
distinguere queste due forme di controllo e questo può essere fatto attraverso la stimolazione
della loro attività di pensare. 46
Un altro autore che ha sviluppato un importante esperimento condotto nel
1961, è Milgram. Lo scopo di tale esperimento fu quello di osservare il
42
P. Zimbardo. L' effetto lucifero.Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 442
43
Quest'effetto si esplica nell'indossare una maschera o dipingersi la faccia, come i guerrieri delle tribù indigene cosi da permettere
una maggior omogeneità nei nel gruppo .
44
P. Zimbardo. L 'effetto lucifero.Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012, p 455
45
P. Zimbardo. L' effetto lucifero. Cattivi si diventa?. R. Cortina, Milano 2012 p 615
46
I dieci punti sono: " Ho sbagliato "; "Sto attento "; " sono responsabile "; " affermerò la mia identità " : "rispetterò l' autorità ma
mi ribellerò contro l'autorità ingiusta"; " sarò più attento al framing " ; "equilibreò la mia prospettiva temporale " ; " non sacrificherò
le libertà personali o civili all'illusione della sicurezza " ; " posso contrastare i sistemi ingiusti " .
comportamento dei soggetti a cui
un' autorità dava degli ordini, e questi ultimi
dovevano infliggere dolore ad altri soggetti. Milgram quindi voleva osservare il grado di
obbedienza all' autorità, infatti il suo libro è intitolato " Obbedienza all'autorità: uno sguardo
sperimentale " .
Lo studio di Milgram cominciò contemporaneamente al processo Eichmann in quanto egli si
chiedeva e si pose una domanda: é possibile che Eichmann e altri milioni di soggetti stessero
solo compiendo quelle azioni perchè dovevano eseguire degli ordini? Quindi pensò di
osservare scientificamente questo elemento.
Questo studio è stato condotto su giovani studenti universitari maschi i quali hanno risposto
ad un annuncio; il campione era composto da maschi tra i 20 e i 50 anni di varia estrazione
sociale e fu loro comunicato che la loro partecipazione avrebbe determinato una ricompensa e
che partecipavano ad uno studio sugli effetti dell' apprendimento, quindi non fu detto loro la
vera ipotesi della ricerca.
Ai soggetti reclutati per l' esperimento venne immediatamente detto loro come si sarebbe
svolto l' esperimento: nella prima fase della ricerca lo sperimentatore assieme ad un
collaboratore complice doveva assegnare (con un sorteggio truccato ) il ruolo di insegnante il
quale comunicava all' allievo una serie di coppie di parole da memorizzare. 47
I due soggetti venivano poi portati in stanze predisposte all' esperimento dove
l' insegnante veniva posto difronte ad un quadro di controllo di corrente elettrica composto da
trenta interruttori a leva posti in fila dalla scossa con minore intensità di 15 V a quella con
l' intensità maggiore di 450 V.48
I compiti quindi dell' insegnate erano : a. leggere all' allievo coppie di
parole; b. ripetere la seconda parola di ogni coppia accompagnata da
quattro associazioni alternative; c. decidere se la risposta detta
dall' allievo era corretta; d. in caso fosse sbagliata infliggere una
punizione e scegliere anche la scossa da somministrare all' allievo.
Quest’ ultimo veniva legato ad una specie di sedia elettrica, dove gli
era applicato un elettrodo al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza
accanto. Doveva rispondere alle domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida, al
progredire dell' intensità delle scosse (che in realtà non percepiva), fino a che, raggiunti i 330
V, non emetteva più alcun lamento, simulando di essere svenuto per le scosse precedenti.
Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo pressante
l'insegnante: " l' esperimento richiede che lei continui", " è assolutamente indispensabile che
lei continui ", " non ha altra scelta, deve proseguire ". Il grado di obbedienza fu misurato in
base al numero dell' ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest' ultimo
47
Il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnate mentre i collaboratori della ricerca sempre come allievi
Sotto ogni gruppo di 4 interruttori apparivano le seguenti scritte: (1–4) scossa leggera, (5–8) scossa media, (9–12) scossa forte,
(13–16) scossa molto forte, (17–20) scossa intensa, (21–24) scossa molto intensa, (25–28) attenzione: scossa molto pericolosa, (29–
30) XXX. Inoltre all' insegnante era fatto provare la terza leva quella da 45 V in modo che si rendesse conto che le scosse erano
reali.
48
interrompesse autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso di
continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore. Soltanto al termine dell' esperimento i
soggetti vennero informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa.
Il soggetto aveva pensato che non si sarebbe preso nessuna responsabilità ma nel momento in
cui lo scienziato gli aveva riferito che si sarebbe preso la responsabilità di tutto ciò che
sarebbe accaduto, allora l' insegnante continuò ad infliggere le scosse ogni qual volta l' allievo
sbagliava.
Contrariamente alle aspettative, nonostante i soggetti dell' esperimento mostrassero sintomi di
tensione e protestassero verbalmente, una percentuale considerevole di questi, obbedì
pedissequamente allo sperimentatore. Questo stupefacente grado di obbedienza, che ha
indotto i partecipanti a violare i propri principi morali, è stato spiegato in rapporto ad alcuni
elementi: quali l'obbedienza indotta da una figura autoritaria considerata legittima, la cui
autorità induce uno stato eteronomico, caratterizzato dal fatto che il soggetto non si considera
più libero di intraprendere condotte autonome, ma strumento per eseguire ordini. I soggetti
dell' esperimento non si sono perciò sentiti moralmente responsabili delle loro azioni, ma
esecutori dei voleri di un potere esterno. Alla creazione del suddetto stato eteronomico
concorrono tre fattori: percezione di legittimità dell'autorità (nel caso in questione lo
sperimentatore incarnava l' autorevolezza della scienza), adesione al sistema di autorità
(l' educazione all' obbedienza fa parte dei processi di socializzazione), le pressioni sociali
(disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure
rompere l' accordo fatto con lui) .
Il grado di obbedienza all' autorità variava però sensibilmente in relazione a due fattori: la
distanza tra insegnante e allievo e la distanza tra soggetto sperimentale e sperimentatore.
Furono infatti testati quattro livelli di distanza tra insegnante e allievo: nel prim l' insegnante
non poteva osservare né ascoltare i lamenti della vittima; nel secondo poteva ascoltare ma non
osservare la vittima; nel terzo poteva ascoltare e osservare la vittima; nel quarto, per infliggere
la punizione, doveva afferrare il braccio della vittima e spingerlo su una piastra.
Quindi Milgram grazie a questo esperimento ci fa comprendere che qualunque soggetto posto
in una situazione in cui c' è un' autorità, che impartisce ordine, si comporterà come una
persona priva di volere, cioè non ascolterà più la sua coscienza ma obbedirà esclusivamente
agli ordini. Ecco che Milcram è riuscito attraverso l'esperimento a rispondere alla sua iniziale
domanda 63: quindi la risposta è si, Eichmann e tutti gli altri tedeschi avevano obbedito agli
ordini imposti da un' autorità non permettendo di prendere decisioni in base ai propri valori e
norme morali. Continuando su questa scia per comprendere meglio quindi tutto ciò si può
affermare che un elemento che accomuna tutti questi soggetti è la mancanza di pensare e di
volere.
Questi due concetti vengono chiariti dall' ultimo libro scritto da Hannah Arendt, " La vita
della mente " .
L'attività di pensare – il dialogo silenzioso che si intrattiene con sé stessi – serve ad aprire gli
occhi della mente; quindi il pensare mira alla contemplazione che è una passività, non una
attività. È il luogo in cui l' attività della mente perviene alla quiete. Il primo capitolo di questo
libro si concentra maggiormente sull' apparire. Quindi per l' autrice apparire significa sempre
considerare gli altri e questo parere varia secondo il punto di vista e la prospettiva degli
spettatori. In altre parole, ogni cosa che appare, in virtù del suo apparire, acquisisce una sorta
di travestimento che può in verità dissimularla o deformarla.
Le attività spirituali in virtù delle quali si distinguiamo dalle altre specie animali hanno però
tutte in comune un ritrarsi dal mondo quale appare e un ripiegamento verso l’io. Ciò non
comporterebbe nessun grave problema se noi fossimo semplici spettatori. Il fatto, però, è che
noi siamo del mondo e non semplicemente in esso: anche noi siamo
apparenze, proprio in virtù del nostro arrivare e partire, apparire e scomparire; e sebbene
provenienti da nessun luogo giungiamo equipaggiati per far fronte a qualunque cosa ci appaia,
e prendere parte al teatro del mondo.
" Essere vivi significa essere posseduti da un impulso all' auto esibizione che corrisponde in ognuno
al dato di fatto del proprio apparire. Gli esseri viventi fanno la loro apparizione come attori su una
49
scena allestita per loro".
Il quesito «Che cosa ci fa pensare?» non va in cerca cause né di scopi.
Prendendo per scontato il bisogno umano di pensare, esso muove dall’ assunto che l’ attività
di pensiero fa parte di quelle energie che, hanno il loro fine in se stesse e non lasciano
esteriormente nessun prodotto finale tangibile nel mondo in cui abitiamo.
Secondo questa autrice il cervello non è soggetto a mutamento ma comunque la mente dell'
uomo con i suoi interessi e le sue facoltà determina tantissimi cambiamenti.
" Se nell' anima dell' uomo la ragione diviene un principio che governa e comanda, è solo a causa
dei desideri , che sono ciechi e irragionevoli e per tanto e per tutto, si suppone, obbediscono
ciecamente, all' armonia indisturbata dei due-in-uno:" 50
Quindi molto importate è la scelta che, secondo Hannah Arendt si insidia tra la ragione e il
desiderio, quindi la sua funzione è quella di mediare queste due caratteristiche.
Questa facoltà è necessaria all' uomo ogni qual volta egli deve agire per uno scopo e nella
misura in cui si devono scegliere quali mezzi adottare.
La volontà inoltre non deve essere accostata al liberum arbitrium, in quanto quest' ultimo non
è " nè spontaneo nè autonomo."
" Nell' eventualità che i desideri non si sottomettono ai comandi della
ragione i malvagi o fuggono la vita o la fanno finita con se stessi,
incapaci di sopportare la loro stessa compagnia, o cercano la compagnia di altri con cui passare i
51
propri giorni, ma essi , si ricordano dei molti eventi che li rendono inquieti. "
Quindi per volontà si intende la scelta consapevole optata da qualsiasi soggetto in una
49
H. Arendt. La vita della mente. Il Mulino. Bologna 2011, p 101
H. Arendt. La vita della mente. Il Mulino, Bologna 2011, p 373
51
H. Arendt. La vita della mente. Il Mulino, Bologna 2011, p 373-374
50
determinata situazione.
Questo libro nasce dalla convinzione e dalla osservazione che a Gerusalemme ella notò la
superficialità con cui il protagonista raccontava i sui orrori senza mostrare alcun cenno di
pentimento e che questa capacità era dettata dalla mancanza di pensiero :
" L' assenza di pensiero cui mi ero trovata di fronte non scaturiva nè dall' oblio di maniere
presumibilmente buone e di abitudini precedenti nè da stupidità nel senso dell' incapacità di
comprendere. E non si trattava di stupidità nemmeno nel senso di alienazione morale, poichè
emergeva altrettanto manifesta in casi che non avevano nulla a che vedere con le cosiddette decisioni
etiche ocon problemi di coscienza."
Quindi essenzialmente ciò che può farci impedire di compire un' azione immorale o che
comunque va contro la nostra morale non è la formazione di un pensiero maturo ma invece la
nostra capacità di attivare il pensiero ogni giorno e quindi di attivarlo quotidianamente.
Porci sempre l' interrogativo chi siamo e soprattutto interrogarsi sulle conseguenze delle
nostre azioni sugli altri ci potrebbe far non accostare a comportamenti contrari alla nostra
morale.
LE PROSPETTIVE EDUCATIVE
3.1. Educazione alla pro-socialità
Nei capitoli precedenti abbiamo parlato di tutti i meccanismi che possono modificare il
comportamento umano.
Cioè tutti quei meccanismi come la deindividualizzazione, anonimato, obbedienza all'autorità,
l'effetto carnevale ecc... , che non permettono di ascoltare quei valori o idee che pongono
l'altro come simile a me. Ecco allora per far sviluppare delle idee o valori che considerino
l' altro come simile a me, invece che diverso da me, possiamo prendere in considerazione una
corrente pedagogica, denominata: EDUCAZIONE ALLA PRO-SOCIALITA'.
Gli studi sul comportamento prosociale si sviluppano negli USA intorno agli anni ‘60.
Per definizione la Prosocialità è l’ insieme di quei comportamenti che, senza la ricerca di
ricompense esterne, estrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi, secondo i
criteri di questi, o mete sociali obiettivamente positive e che aumentano la probabilità di
generare una reciprocità positiva di qualità e solidale nelle relazioni interpersonali o sociali
conseguenti, salvaguardando l' identità, la creatività e l’ iniziativa degli individui o gruppi
implicati. Quindi si definisce l' azione prosociale come : ogni e qualsiasi azione messa in atto
a proprie spese da un individuo o da un gruppo, tesa a realizzare o a migliorare il benessere di
un’ altra persona o di un gruppo di persone o a ridurne lo stato di sofferenza, ovvero a
migliorare le relazioni.
Essere " prosociale " significa possedere una serie di abilità sociali e personali complesse,
quali la comunicazione, l’ autocontrollo, l’ empatia, la buona stima di sé,l’ affermatività, il
problem solving ecc.., che permettono alla persona di " vivere bene con sé e con gli altri" .
Abilità estremamente funzionali al vivere sociale, armonizzatrici dei rapporti umani, al di là
delle appartenenze etniche o religiose. Inoltre la via della prosocialità permette di promuovere
l’ acquisizione di competenze sociali quali la comprensione degli altri, l’ assistenza, la
promozione e lo sviluppo altrui, la valorizzazione della diversità, la solidarietà, la
consapevolezza politica; competenze necessarie per entrare a far parte di una realtà
multiculturale come la nostra società. Bisogna comunque prendere atto che una persona può
essere stata socializzata all'acquisizione di tutte le componenti sociali ma può anche non
saperle mettere in atto se si trova in contesti che non conosce e che quindi non gli permettono
di far comprendere ciò che è giusto e cosa è sbagliato.
Quindi le componenti, da cui un' azione prosociale trae origine, sono :
– percepire e interpretare correttamente i bisogni degli altri;
– sentirsi competente della particolare situazione;
–riconoscere che il costo o il rischio richiesto per prestare aiuto non sia troppo elevato rispetto
alle proprie possibilità e situazioni. 52
Una componente molto importante che deve essere sviluppata per far crescere nei soggetti la
prosocialità: è l' empatia.
Quindi la capacità di comprensione empatica è in stretto rapporto con la personalità e la
crescita evolutiva. Inoltre molto importate e prendere in considerazione la capacità di ascolto e
accogliere, anche, autenticamente l' esperienza dell' altro.
Molti autori inoltre sono concordi che esistano particolari condizioni in grado di sollecitare o
inibire il comportamento prosociale e questi possono essere determinati da: variabili personali
come il sesso, l' età e lo stato socio- economico, umore ecc... ; ma anche da valori situazionali
come la disponibilità di tempo, l' ambiguità della situazione. la presenza di un pubblico o
meno e , infine, la vicinanza sociale.
" E' stato osservato che il senso di dover aiutare chi è in difficoltà, è tanto più forte quanto più è
stretto il rapporto sociale con le persone. In altre parole, sia il dovere di aiutare che l' aspettativa di
ricevere aiuto sono maggiori nelle relazioni famigliari e di amicizia, rispetto a situazioni in cui si
trova a contatto con semplici conoscenti e estranei, possono ovviamente determinare cambiamenti di
condotta nei soggetti. " 53
Mentre per superare l' individualismo occorre che si sviluppi una nuova forma etica che
prende in esame la solidarietà. Essa si fonda sul riconoscimento e presuppone anche la scelta
52
De Beni Michele. Prosocialità ed altruismo: Guida all' educazione socio-affettiva. Erickson,
Trento1998, p 19
53
De Beni Michele. Prosocialità ed altruismo:Guida all' educazione socio-affettiva. Erickson, Trento 1998,p.46
etica del bene comune.
" La solidarietà per aver valore etico, non può ridursi a un semplice fatto, la solidarietà nasce dalla
54
consapevolezza degli obblighi morali scaturenti. "
Per comprendere meglio la prosocialità occorre anche prendere in considerazione lo sviluppo
cognitivo e morale. Il ruolo riservato allo sviluppo della cognizione morale è stato ben
evidenziato da Piaget e da Kohlberg.
Piaget utilizzò il metodo clinico consistente nel porre ai bambini domande relative a questioni
morali, riferendosi a fatti comuni come raccontare bugie, sottoporre a castighi, usare criteri
per la distribuzione di cose, o usando storie inventate in cui valutare il comportamento dei
personaggi. Piaget distinse due forme di moralità:il realismo morale: prevalente fino agli 8
anni, esso si collega ad una prospettiva egocentrica del mondo e al predominare di un modo di
pensare realistico del periodo preoperatorio; può essere detta anche morale eteronoma, la cui
validità dei principi, rigidi e immutabili, è determinata dall’autorità di chi li ha emanati e dalla
capacità dell’autorità stessa di farli rispettare con adeguate sanzioni in caso di trasgressioni.
Le intenzioni e il contesto hanno scarso rilievo rispetto alle conseguenze, quindi il bene e
male coincidano; poi si approda, verso gli undici anni ad una morale autonoma dove il
soggetto riesce ad esprimere un giudizio morale su una situazione realmente accaduta senza
in alcun modo essere condizionato dalle scelte e decisioni degli altri.
Gli studi di Piaget sono stati ripresi e sviluppati da Kohlberg. Secondo
questo autore lo sviluppo morale attraversa sei stadi ordinati su tre livelli: livello
preconvenzionale, livello convenzionale e livello postconvenzionale ciascuno dei quali
rispecchia una rappresentazione adeguata al principio di giustizia.
" Secondo la teoria di Kohlberg, lo sviluppo morale segue parallelamente quello cognitivo , ritenuto
condizione indispensabile per l' acquisizione di norme interiorizzate. E' evidente che l' assunzione di
criteri di giudizio più flessibili e coerenti con il contesto non può avvenire senza la maturazione dei
concetti di tempo e di causa- effetto. E' soprattutto attraverso queste progressive conquiste da parte
del bambino che il realismo morale cede il passo , a un etica della reciprocità, più rispettosa e
consapevole dell 'interdipendenza dai punti di vista diversi dal proprio." 55
Quindi a questo punto è importante anche prendere in considerazione il processo di
identificazione con l' altro e quindi di conseguenza è importate far crescere le abilità di
percezione interpersonale. Infatti già dall' età scolare i bambini mostrano una certa maturità
nello sviluppare una propensione agli altri.
" La comprensione dei sentimenti può essere anche favorita dall' imitazione reciproca. Soprattutto
56
nei momenti di gioco i bambini provano piacere a ripetere le stesse azioni degli altri."
Questo quindi determina che stare con gli altri, sin da piccoli, è utile a
far comprendere al bambino il valore dell' altro e che quindi l' altro ha le nostre stesse
54
F. Bellino. Etica della solidarietà e società complessa. Levante, Bari 1947, pp 19-20
De Beni Michele. Prosocialità ed altruismo: Guida all' educazione socio-affettiva. Erickson.,Trento1998, p 57
56
De Beni Michele. Prosocialtà ed altruismo. Guida all'educazione socio-affettiva. Erickson. Trento 1998,p 66
55
caratteristiche, le quali non devono essere mai sminuite.
E' anche importate sviluppare una cultura del positivo per indirizzare cotruttivamente il
nostro comportamento. Occorre, quindi, tener presente alcuni elementi : efficacia,
costruttività, rispetto (la mancanza di rispetto è il crimine più grave, migliorando se stessi, si
contribuisce anche al miglioramento degli altri).
Come è stato già più volte sottolineato, uno dei principali fattori di sviluppo della prosocialità
è la presenza di modelli, con i quali il bambino possa gradualmente identificarsi: questi
modelli sono i genitori, gli insegnanti e tutte quelle figure significative che si accostano a
qualsiasi soggetto.
Tra i primi dobbiamo ricordare i genitori che hanno un' influenza sui ragazzi sin dai primi anni
di vita. Infatti si potrebbe pensare che i comportamenti pro-sociali vengano appresi proprio
nella famiglia.
Quindi appare indispensabile, in un ottica di promozione del successo
formativo, il lavoro con le famiglie, per sostenerle rispetto alle difficoltà che incontrano nella
relazione dei figli. Questa collaborazione può generare nel ragazzo un senso di
appartenenza ad un contesto sociale e potrebbe quindi non far allontanare il ragazzo quando è
in preda a situazioni che non gli consentono di considerare la propria morale e i propri valori.
Un' altra relazione significativa, che può far sviluppare comportamenti
pro-sociali, è quella tra insegnate o educatore e alunno.
Dobbiamo comunque affermare che il nostro sistema scolastico ha privilegiato il pensiero
logico-razionale a scapito di quello affettivo, causando una specie di analfabetismo
emozionale.
Infatti nella relazione alunno- insegnate (educatore), soprattutto l' alunno ha bisogno di
ricevere messaggi di ascolto e di stima e quindi se gli adulti mostrano con una certa regolarità
atteggiamenti di affetto, espressione di fiducia, di accoglienza le risposte che i giovani
metteranno in atto risulteranno altrettanto positive.
Gli studi sul comportamento prosociale sono nati comunque con l' intento di migliorare le
dinamiche sociali e di porsi come alternativa all' aggressività, allo sviluppo del benessere e
della convivenza sociale.
" E' necessario rendersi conto che oggi, più che mai, è necessaria
l' acquisizione di una mentalità critica verso l' informazione.
Molti programmi televisivi suggeriscono che il comportamento
aggressivo è normale. Purtroppo è una sistematica deformazione della
realtà a scapito di una versione più positiva, troppo spesso ignorata e sottovalutata delle sue forme e
57
potenzialità educative."
57
De Beni Michele. Prosocialità ed altruismo: Guida all' educazione socio-affettiva. Erickson,Trento 1998,p 118
" Le vittime di Eichmann erano persone come noi .Ma lo erano
anche molti dei loro assassini .Entrambe queste idee grondano paura . Ma mentre la prima è un
richiamo all'azione, la seconda ci blocca e ci rende inabili, sussurrandoci
nell' orecchio che resistere al male è impresa vana.Forse è questo il motivo per cui ci opponiamo così
trenuamente a quel secondo pensiero. Una sola paura è realmente e disperatamente insopportabile :
la paura dell'invincibilità del male."
Z. BAUMAN
CONCLUSIONI
Il presente lavoro di ricerca trova il suo fondamento teorico nella definizione di bene e di
male.
Lo scopo ultimo è stato, tuttavia, quello di indagare i moventi dell' azione umana, in
riferimento particolare dell' azione malvagia. L' agire criminoso " occasionale " sorretto da un'
assenza di pensiero, più che da un pensiero criminale indusse la Arendt a ipotizzare una
diversa forma di male, " il male banale " per spiegare i crimini nazisti.
Importate quindi è il pensiero della Arendt, che riflettendo sulla prospettiva della banalità del
male non l' ha considera come patologia del mondo ma essa nasce esclusivamente dalla
perdita della capacità di pensare da parte dei soggetti. Quindi se
l' uomo sarà in grado di
riprendere con decisione il proprio pensiero tutto ciò lo porterà a optare per il bene.
Zimbardo, invece ha posato il suo " sguardo critico " sull' idea di male, infatti dopo
l'
esperimento Carcerario di Stanford ha analizzato i meccanismi di deindividualizzazione, di
deumanizzazione considerando tra le cause principali il contesto, che determina la
trasformazione di soggetti ritenuti normali, in crudeli persecutori o perpetratori del male.
Un altro importate autore, Milgram, attraverso le sue ricerche, ha osservato e si è concentrato
sulla totale e sconsiderata obbedienza all' autorità che è determinata dall' iperadattamento, a
cui l' essere umano tende pur di deresponsabilizzarsi quando compie un atto contrario alla
propria morale, diventando così un " inanimato burattino " che si piega sotto le regole del
gruppo attraverso il meccanismo del disimpegno morale ( concetto espresso da Bandura) .
La chiave di volta, quindi di tutti questi elementi è pur sempre la
conoscenza e quindi il pensare. Quindi in queste circostanze possiamo affermare che grazie
alla perdita di valori o meglio a volori che cominciano ad essere percepiti come
globali, il concetto di banalità del male si accosta ad azioni come morire
senza motivo e con estrema facilità.
Tutti questi esempi mi hanno fatto comprendere come il male banale sia largamente diffuso
nella nostra società, cioè quel male che non consente di far pensare soggetti, i quali si trovano
impelagati in situazioni complesse perchè troppo impegnati ad obbedire agli ordini, quindi
spesso sono soggiogati dal potere diventando così meri esecutori di
ordini.
La domanda, quindi, è: cosa può fare la pedagogia ?
Per contrastare tutto ciò si possono sviluppare dei pecorsi educativi che optino per la
prosocialità cioè quella pratica educativa che consente ai soggetti di comprendere a pieno le
proprie caratteristiche .
Un importate elemento per la prosocialità è lo sviluppo dell' empatia per contrastare le varie
problematiche.
Quindi il ruolo degli educatori sarà quello di far sviluppare nei giovani
soggetti un senso di appartenenza, un " tendere la mano al prossimo ".
Le abilità prosociali, pur essendo parte del curricolo implicito di ciascuno, non fanno parte
della dotazione genetica di una persona, ma sono il risultato di una serie complessa e
articolata di apprendimenti, che investono la totalità dell’ individuo e si strutturano a partire
dalla prima infanzia nel rapporto con le agenzie educative. La scuola e le varie agenzie
formative , benché investano la funzione istituzionale di offrire
proposte educativo-didattiche intenzionalmente ed esplicitamente organizzate per trasmettere
valori, atteggiamenti e condotte prosociali non dovrebbero essere sole a operare in tal senso.
In conclusione affinchè si contribuisca alla formazione di soggetti pensanti che non spengano
o metttano a tacere la propria coscienza ogni qual volta si trovino in un gruppo o debbano
obbedire un' autorità, dovrebbero contribuire, con la loro influenza sociale, anche altre
istituzioni primarie della società, come la famiglia, la comunità e i mezzi di comunicazione,
gli educatori, ecc... .
L'uomo diventa uomo con e per l' altro: il segreto è guardare insieme nella stessa direzione, al
bene.
BIBLIOGRAFIA
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