Stralcio volume

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Stralcio volume
CAPITOLO PRIMO
IL PROBLEMA
SOMMARIO: 1. La descrizione del fenomeno e la sua funzione economica. –
2. Origine ed evoluzione dei prestiti sindacati. – 3. Assenza di disciplina e
posizione del problema. – 4. Impostazione dell’indagine.
1. La descrizione del fenomeno e la sua funzione economica. – L’esperienza bancaria italiana conosce da lungo tempo, sulla scorta di quella europea ed internazionale, la stipula di una particolare ed articolata forma di
prestiti, denominati anche sindacati (syndicated loans) o consortili (Konsortialkredite), ma per lo più noti con il termine di “finanziamenti in
pool” 1; in tali contratti, l’erogazione del credito si caratterizza per il fatto
di essere accordata da due o più banche 2, come ampiamente riconosciuto
nella letteratura straniera 3.
1
Il termine “pool” è di origine americana e si è diffuso «in loan contracts with New
York law as the proper law of contract»: P. GABRIEL, 78 ss.
2
La definizione, corrente in dottrina, è volutamente generica al fine di ricomprendere
l’intera tipologia nella sua complessità: L.A. BIANCHI, 233; F. CAPRIGLIONE, I consorzi
bancari, 46; R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169; L. RADICATI DI BROZOLO, 196; N.
SALANITRO, Le banche, 127 s.; in ambito economico, P. BIFFIS, 103; B. GADANECZ, Il
mercato dei prestiti sindacati, 84; G. OSSOLA, 125 s.; G. ZANOTTI, 258 s. Già più ristretta è la nozione che (inevitabilmente) dovrebbe adottarsi, qualora si ritenesse essenziale
all’operazione la presenza della capofila, come da più parti sostenuto (e v. infra al § 5,
Capitolo Secondo).
La scelta di prediligere un approccio cauto, e per certi versi sommario, trova peraltro
un significativo riscontro nel pensiero di S. HURN, IX, che ritiene appropriata,
nell’introduzione allo studio del tema, la citazione di Lewis Carroll, in virtù della quale
“words mean what I want them to mean”.
3
Nel sistema tedesco, F. DE MEO, 12 s.; M. GEHRLEIN, 1314; W. HADDING u. F.
2
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Si tratta di fenomeno che può ricorrere, anzitutto, quando la rilevante
entità della somma richiesta impedisce ad un solo finanziatore di concederla 4. In altre circostanze, accade più semplicemente che i vari intermediari preferiscono assumere insieme l’incarico di effettuare l’operazione,
HÄUSER, Rd. 1-3; H. HEROLD, 190; J. HOFFMANN, Konsortialkredit, Rd. 1; ID., Mezzanine, Rd. 64; M. MARTINEK u. J. OECHSLER, Rd. 3; O. ROSSBACH, Rd. 11.181, 1408; K.A.
SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 1; H. SCHOLZE, I, 100 ss.; P. ULMER, Rd. 58; J. WENZEL, 49 ss., il quale sottolinea che si tratta di «wirtschaftlicher Sachverhalt», piuttosto che
di «Rechtsbegriff»; per diritto svizzero, D. BIERI, 69; J. DOHM, 9; R. FRANCIONI, 1.
In Spagna, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado, 10 s. e 13 s.; A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 20; ID., Contratos
bancarios, 498; L.J CORTÉS, 699; M.T. DE GISPERT PASTOR, 46 s., che reputa equivalenti
i termini di credito sindicado e consorciado; D. MORÁN BOVIO, 415, il quale si limita a
sottolineare come nulla vieti che il finanziamento sia concesso da imprese non bancarie;
nell’ordinamento portoghese, L. VASCONCELOS ABREU, 521 s.
Per la dottrina francese, E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 25; EAD., La syndication indirecte, 293; Y. ZEIN, Les pools bancaires, n. 3, 4; C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La
syndication: un mécanisme essentiel, 822 s. e 826; J. TERRAY, Syndication directe. Formation du contrat, 60; A.M. TOLEDO-WOLFSOHN, 320.
Nell’esperienza angloamericana, Y. ALTUNBAS, B. GADANECZ a. A. KARA, 6; L.C.
BUCHHEIT, Syndicated loans, 7, secondo cui «syndicated loans are like shared taxicabs»;
P. GABRIEL, 2; L.B. GUTCHO, 131.
4
In presenza di limiti legali, la banca può essere impedita, in punto di diritto, ad effettuare un prestito big-ticket, a prescindere quindi da un giudizio di convenienza. Ed allora, proprio attraverso gli accordi in pool, possono essere superati i limiti posti ai grandi
fidi [e v. L. FALCIONI, 232; G. FAUCEGLIA, I contratti di finanziamento, 243; G. MEO,
Garanzie bancarie, 253; L. RADICATI DI BROZOLO, 196; nella letteratura economica, C.
MCGINN, 156; P. MOTTURA (a cura di), 179; per diritto tedesco, dove è definito come
«ein Großkredit ein Kredit, der insgesamt 10% des haftenden Eigenkapitals eines Kreditinstituts beträgt oder übersteigt», sulla scorta del § 13 KWG, M. GEHRLEIN, 1314; W.
HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 4; J. HOFFMANN, Mezzanine, Rd. 64; M.H. PICHERER, 25; O.
ROSSBACH, Rd. 11.182, 1408; K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 1; H. SCHOLZE, I,
101; C. SCHÜCKING, Unterscheidung nach der Gesellschaftszweck, Rd. 72; P. ULMER,
Rd. 58; nella dottrina spagnola, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado, 22; A. AURIOLES MARTÍN, Contratos bancarios, 498 s.; M.T.
DE GISPERT PASTOR, 5 ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 79; in Portogallo, L. VASCONCELOS
ABREU, 525].
Come noto, l’evoluzione della disciplina in materia prende oggi in considerazione la
più ampia ipotesi della concentrazione dei rischi, piuttosto che degli affidamenti, ricomprendendo quindi tutte le forme con cui le banche assicurano sostegno finanziario alla
clientela: la disciplina prudenziale, in attuazione della direttiva 92/121/CEE, prevede due
limiti, uno globale ed uno individuale (sul punto, U. MORERA, Il fido bancario, 37 ss.,
spec. 40 ss.; per le regole precedenti, C.M. PRATIS, La disciplina giuridica, 111 ss.; A.
PRINCIPE, 49 ss.); entrambi hanno come base di riferimento il patrimonio di vigilanza (su
cui v. D. LA LICATA, 106 ss.; rispetto alle banche di credito cooperativo, E. CUSA, 1 ss.).
IL PROBLEMA
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al fine di frazionare il rischio e, più in generale, di dividere i costi 5. Fra le
varie banche che vi prendono parte, ne è individuata, di solito, una che si
occupa di formare il sindacato (c.d. organizzatrice) e gestire i rapporti
con l’impresa che ha richiesto il fido (c.d. capofila) 6.
È bene precisare, sin da subito, che il richiedente potrebbe domandare
tanti finanziamenti differenti quanti gliene occorrono per raggiungere l’importo globale necessario 7; ma tale soluzione, naturalmente distinta dal
5
Così, D. BUONOMO, 144; F. CHIOMENTI, 251, nt. 45; B. GADANECZ, Il mercato dei
prestiti sindacati, 81; G. MEO, Garanzie bancarie, 253; N. SALANITRO, Le banche, 127
s.; G. SCORZA, Finanziamenti, 163, secondo cui risponde ad un canone di corretta gestione delle banche la distribuzione quanto più ampia ed articolata possibile dei fidi e
degli impieghi fra cofinanziatori appartenenti a diversi settori economici; in Germania,
fra molti, J. ADOLPHSEN, Rd. 2; A. FRÜH u. C. MÜLLER-ARENDS, Rd. 3/333; J. HOFFMANN, Mezzanine, Rd. 64; M.H. PICHERER, 25; O. ROSSBACH, Rd. 11.182, 1408; H.
SCHOLZE, I, 100; P. ULMER, Rd. 58; nell’ordinamento francese, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La syndication: un mécanisme essentiel, 823; per diritto spagnolo, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 37; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 754.
Anche in linea più generale, il modulo organizzativo dei consorzi bancari è stato ritenuto idoneo ad una migliore distribuzione del rischio (così, F. CAPRIGLIONE, I consorzi
bancari, 46, che segnala anche i vantaggi derivanti dall’aumento della stessa capacità di
intervento del sistema e dalla più ampia possibilità di partecipazione dell’ordinamento bancario in tutte le sue componenti alle operazioni di maggior rilievo ed impegno; e v., anche, S. ALAGNA, Contratti bancari, 6, il quale sottolinea l’esistenza della necessità della
ricerca di continui mezzi e strumenti per diversificare gli impieghi; M. BROGI, 27, 74 s. e
89, guardando specialmente all’esperienza britannica; U. MORERA, Il fido bancario, 36).
6
I ruoli che le banche possono dividersi tra loro sono molto vari e consentono di ottenere un guadagno maggiore, in aggiunta a quello scaturente dall’erogazione del prestito. Per le più usuali indicazioni emergenti dalla prassi, al riguardo, v. quanto si dirà infra
ai §§ 2 e 3, Capitolo Secondo; nonché al § 10, Capitolo Terzo.
È il caso di aggiungere, però, che dal punto di vista dei contraenti non sempre tutti i
finanziatori sono imprese bancarie. Così, ad esempio, in tema di project financing si è
segnalato che la provvista bancaria convive spesso con quella messa a disposizione da
agenzie statali ed organizzazioni finanziarie internazionali (per tale rilievo, D. SCANO,
97, testo e nt. 100; analogamente, P. DE SURY, 81 s.; C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La
syndication: l’analyse, 947 s.).
7
Rispetto ai soggetti richiedenti il fido, la prassi attesta che si tratta sempre di un’impresa o di un gruppo d’imprese: lo afferma, ad esempio, L.A. BIANCHI, 235; e, in via implicita, S. ALAGNA, Contratti bancari, 185; F. CAPRIGLIONE, I consorzi bancari, 46; per
diritto spagnolo, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito
sindicado. Consideraciones, 133.
Tale constatazione vale ad escludere, peraltro, che possa porsi, nel caso di specie,
un problema di applicazione della normativa di tutela del consumatore che, come noto,
spesso è destinata ad integrarsi con quella creditizia: fra molti, E. CAPOBIANCO, 208
4
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ricorso al prestito sindacato, pur rappresentando un’alternativa possibile,
non è di certo congeniale, in quanto postula un dispendio elevato in termini di spesa e di tempi 8.
Ecco perché è più conveniente rivolgersi ad una singola banca, sfruttandone i collegamenti 9 ed affidandole il compito di reperire, attraverso
la collaborazione e la partecipazione di altre, l’intera somma 10. Questa procedura risulta più agile e, perciò, consente un risparmio al cliente, giacché può essere compiuta in periodi – relativamente – rapidi 11; permettendo, al contempo, agli intermediari di essere meglio – e più facilmente – informati sulla situazione del debitore, con conseguente riduzione del costo
dell’erogazione 12. Senza contare che, talvolta, le banche possono essere
ss.; S. FORTUNATO, I contratti bancari, 24 ss.; F. MAIMERI, 170 ss.; U. MORERA, Sulla
nozione, 592.
Bisogna tenere presente, però, come alcune interpretazioni evolutive del concetto di
consumatore, facendo leva sul carattere di debolezza contrattuale che contraddistingue tale
soggetto, siano riusciti a ricondurvi anche gli imprenditori: R. TETI, Evoluzione della disciplina legislativa, 115 ss.; da una prospettiva parzialmente diversa, A.A. DOLMETTA, Trasparenza, 61, secondo cui è irrilevante, nella sostanza, distinguere tra consumatori e non.
8
Lo rilevano, F. MERONE, 5; G. ZANOTTI, 260; analogamente, in tema di sindacati di
collocamento, V. VULPETTI, 694, testo e nt. 18; per diritto lusitano, L. VASCONCELOS
ABREU, 525.
9
Così, A. FRÜH u. C. MÜLLER-ARENDS, Rd. 3/333; ROSSBACH, Rd. 11.182, 1408, secondo cui «ist es für ihn effizienter».
10
In definitiva, attraverso l’integrazione tra le banche si ottiene lo stesso risultato che
si raggiunge con una pluralità di crediti bilaterali indipendenti (eine Vielzahl voneinander
unabhängiger bilateraler Kredite): Y. JETTER, Rd. 9 ss.; nella sua scia, O. ROSSBACH,
Rd. 11.183, 1409.
11
Si afferma che l’intero processo ha, in genere, una durata compresa tra le sei e le
otto settimane: così, G. ZANOTTI, 271; analogamente, per l’indicazione di un tempo di
circa due mesi, P. MOTTURA (a cura di), 189; cfr., altresì, L. FALCIONI, 232; nel diritto
spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 95 s.; F. RUBIO, 82 s.; A. SERRANO ACITORES, 331 s., il
quale fa riferimento ad un arco temporale di tre mesi; per l’analitica indicazione del syndication timetable, in Inghilterra, S. HURN, 64 ss., che riferisce di un arco temporale
maggiore; assai più lungo sembrerebbe essere, invece, il periodo richiesto per la formazione dei consorzi di collocamento, parlandosi di una durata dai due ai diciotto mesi (e v.
M. EROLI, 22).
12
Di quest’avviso, F. MERONE, 6; G. ZANOTTI, 260 ss., che rileva come il compito di
individuare le banche disponibili non ricada, in tal modo, sul cliente; l’A. analizza anche
la relazione tra finanziamento sindacato ed obbligazionario, evidenziando le ragioni di
preferenza per il primo strumento; per un’analoga riflessione sui vantaggi rispetto ad altre forme di reperimento di capitale di debito, D. SCANO, 97 s.; G. GIANNELLI e A.
DELL’OSSO, 7, che sottolineano l’aspetto della condivisione delle informazioni rilevanti.
IL PROBLEMA
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invogliate dal fatto che si tratta di settori in cui solitamente non operano
(o nei quali non hanno particolare esperienza), facendo affidamento sulla
competenza delle altre 13. Anzi, proprio in tale prospettiva, l’interesse dei
cofinanziatori a prendere parte ad un prestito sindacato può altresì risiedere nell’intento di diversificare il portafoglio di crediti ed ottimizzare il
rapporto tra finanziamenti e capitale proprio 14.
Per converso, soprattutto nell’ottica delle banche che si occupano dell’organizzazione e della gestione del sindacato, può essere l’occasione
per accrescere la loro reputazione sul mercato ed essere quindi più concorrenziali rispetto ad altre 15. Il debitore stesso può avere interesse ad
aumentare la propria credibilità, in vista di eventuali e successive sovvenzioni 16.
L’impiego dei finanziamenti in pool è molto vario e va dalle operazioni di conduit 17, di merger and acquisitions e di leveraged buyout 18 e,
13
In questa direzione, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 754.
Così, B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti sindacati, 86; F. MERONE, 5 s.; per diritto tedesco, Y. JETTER, Rd. 9 s.; O. ROSSBACH, Rd. 11.182, 1408; K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 1; per l’ordinamento elvetico, J. DOHM, 9; nell’esperienza
anglo-americana, Y. ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A. KARA, 101 ss.; L.B. GUTCHO, 131.
15
Per tale considerazione, O. ROSSBACH, Rd. 11.182, 1408 s., secondo cui il ruolo di
capofila (Konsortialführer) offre «die Chance zu Reputationssteigerungen – und damit
Wettbewerbsvorteilen – am Markt»; cfr., altresì, W. HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 25.
16
Per valutazioni analoghe, M.H. PICHERER, 41 s.
17
Lo rileva, G. PRESTI, L’operazione, 220 e 222: in estrema sintesi, tali operazioni
intendono evitare – in caso di prestiti infragruppo – la ritenuta sul pagamento di interessi
e consistono in un deposito, da parte della società madre e presso una filiale estera di una
banca italiana, dell’ammontare necessario alla propria controllata che, a sua volta, chiede
il prestito alla medesima filiale estera, assoggettata al vantaggioso regime fiscale di cui
all’art. 26, comma 2°, D.P.R. n. 600/73; cfr., altresì, B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti sindacati, 87, secondo cui la banca conduit ha diritto ad un’apposita commissione, ad
inizio rapporto, giacché per il suo tramite passano «i pagamenti allo scopo di evitare il
versamento della ritenuta fiscale.
Per i mutuatari che consentono la negoziazione dei loro prestiti sul mercato secondario è importante che venga evitato il pagamento della ritenuta fiscale nel paese in cui
l’acquirente del prestito ha il proprio domicilio fiscale»; A. NASSETTI, Le operazioni di
conduit, 416 (tale contributo è pubblicato – a firma diversa, a quanto consta – anche in
lingua straniera: F. CAPUTO NASSETTI, Foreign lending, 356 ss.); G. NOVARA, 2365 ss.
18
Tra molti, C. BONORA, 351 ss.; B. BRUNO, 57; S. KLEIMEIER e W.L. MEGGINSON, 10;
A. SERRANO ACITORES, 308 ss.; per alcuni casi concreti, N.A. BRUNO, 819; A. CRESPI, 661.
È interessante anche il dato statistico (sebbene non attuale) secondo cui, nel terzo
14
6
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
più in generale, di riorganizzazione aziendale; a quelle immobiliari 19 e
della finanza di progetto 20. Sono spesso anche utilizzati per la ristrutturazione o per il consolidamento dei crediti 21; nonché per il superamento di
trimestre del 2003, sui mercati finanziari internazionali si è registrata la cifra record di 26
miliardi di dollari di prestiti sindacati sottoscritti per finanziare operazioni di leveraged
buyout (è quanto riportato da B.H. COHEN e P.D. WOOLDRIDGE, 7). Considerando complessivamente fusioni, acquisizioni e buyout si è passati, rispetto al 1993, dal 7% al 13%
del volume complessivo dei prestiti sindacati (e v. B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti
sindacati, 84).
19
Cfr. M. DORANTH, 19 s.
20
Specialmente, D. SCANO, 96 ss., ritenendo meno rigido il ricorso al sostegno bancario, anche se concesso da più soggetti, rispetto ad ipotesi alternative di finanziamento;
A. VERONELLI, 117, la quale evidenzia soprattutto l’ottica di ripartire il rischio dell’operazione; nonché, E. ANDREOLI, 215 ss., spec. 219, nt. 10; P. CARRIÈRE, Project Financing. Profili, 55 s.; F. DABIZZI, 740; M. MISCALI, 746; G.B. NUZZI, 689; e, implicitamente, M. SORGE, 97 ss., il quale pensa che la project company sia tipicamente finanziata da
un sindacato di banche e che i prestatori non considerino più rischioso il finanziamento
di progetti a lunga scadenza rispetto a quelli di durata meno estesa.
Per la differenza con gli altri prestiti sindacati, S. KLEIMEIER e W.L. MEGGINSON, 4
ss., spec. 10 ss., secondo cui, in caso di project financing, si ha, fra l’altro, una maggiore
scadenza media, un uso più frequente di garanzie rilasciate da terzi ed i debitori appartengono per lo più a paesi rischiosi e, comunque, differenti dagli U.S.A.; per diritto spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 92 s., che si interroga sulla possibilità di intravedere nella
finanza di progetto «una modalidad cualificada de eurocrédito»; in Germania, S. BRANDT
u. J. SONNENHOL, 2329; C.T. EBENROTH, 735 s.; N. HORN, 226 ss.; C. SCHÜCKING, Das
Internationale Privatrecht, 281.
Il progetto può anche consistere nella realizzazione di un film, ipotesi da non confondere con quella riguardante la coproduzione cinematografica, comunque riconducibile
al fenomeno della cooperazione fra imprese, ora disciplinata dal d.lgs. n. 28/2004 ed in
precedenza dalla l. n. 1213/1965: per qualche cenno a tale fattispecie contrattuale, A.
ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 172 ss.; P. BAFILE, 498 ss., per il quale non si tratta
di società occulta o di fatto, né di associazione in partecipazione, bensì di società interna;
V. SPARANO, 6 ss., secondo cui si instaura un vero e proprio rapporto societario tra i partecipanti; e v., anche, A. GIANNINI, 438 s.
21
In merito, P. GUERRA, 812; M. SANTARONI, 102; M.C. TATARANO, 36 s., che considera classica l’ipotesi dell’erogazione di nuova finanza da parte di un pool di banche,
per ristrutturare la pregressa esposizione debitoria; C. VALENTE, 461 s. e 466; nell’esperienza francese, P.J. MONNORY, 570 ss.; per alcuni esempi reali, Trib. Roma, 10 gennaio 2001; Trib. Milano, 23 giugno 1997, rispetto al rilancio di una società quotata da
parte di un pool di banche ed al problema relativo alla sussistenza o meno della sollecitazione del pubblico risparmio; e v., altresì, la situazione finanziaria del Gruppo Mondadori, consultabile sul relativo sito internet, dalla quale emerge la rinegoziazione a fine 2015
di linee di credito per complessivi 515 milioni di euro con un pool formato da sei primarie banche, passando da un meccanismo di più rimborsi ravvicinati ad una scadenza a
cinque anni (dicembre 2020); in ambito tributario, cfr. Comm. Trib. I grado Bolzano, 17
IL PROBLEMA
7
situazioni di crisi, sia all’interno di procedure concorsuali che non, a carattere giudiziale o meno 22.
La ricostruzione della disciplina dei prestiti in compartecipazione può
diventare ancora più complicata – ed arricchirsi di altri profili – a seconda delle finalità avute di mira dall’impresa finanziata, assumendo contorni peculiari. Si pensi, ad esempio, al project financing, in relazione al
quale è noto il ruolo centrale svolto dalle banche nell’offerta delle risorse
finanziarie necessarie 23. In tale ipotesi, non solo il rilievo del progetto va
ben oltre un normale mutuo di scopo, ma accade, altresì, che si proceda
spesso alla costituzione di un trust 24, istituto che già di per sé solleva non
pochi problemi di “adattamento” all’interno del nostro sistema. Ciò che
interessa in questa sede, tuttavia, è risolvere, a monte, i problemi derivanti dalla presenza di una pluralità di banche in veste di concedenti, al di là
delle possibili ed ulteriori criticità generate dall’inserimento del finanziamento in pool in operazioni più o meno complesse 25.
novembre 2011, n. 93, che si occupa di un’erogazione in pool di otto milioni e quattrocentomila euro concesso ad un gruppo societario, per la durata di quindici anni, al fine di
«riqualificare» la pregressa esposizione debitoria.
22
Emblematica è la vicenda del banco ambrosiano, e non solo, su cui si tornerà infra
al § 15, Capitolo Terzo.
23
Tra molti, C. BRESCIA MORRA, Finanziamento, 12 s.; L. SALVATORE, 139.
24
L’idea di fondo è che, in tal modo, tramite la separazione patrimoniale precipua del
trust, si produce l’immediato isolamento del flusso di cassa generato dall’iniziativa intrapresa e ciò sarebbe, per certi aspetti, anche più vantaggioso rispetto alla costituzione di
una società di progetto (e v. F. DABIZZI, 737 ss., spec. 745 s.; V. LOPILATO, 101 ss.; G.B.
NUZZI, 693 e 712 s.; in Francia, M. ELLAND-GOLDSMITH, 135 s.; C. JAUFFRET SPINOSI et
C. KELLY, 554 ss.).
Ulteriore vantaggio si ravvisa, poi, nella circostanza che il trustee può assolvere anche al ruolo di capofila, garantendo così l’unitarietà della gestione dell’operazione, con
un risparmio di costi. Al riguardo, E. ANDREOLI, 219, nt. 10; F. DABIZZI, 740 e 742, esaltando il carattere flessibile e versatile del trust; L. SALVATORE, 139; nella dottrina spagnola, M.E. MORÁN GARCÍA, 120 s.
25
Per un approccio analogo, R. SLATER, 174.
Conviene precisare che, nel corso del presente lavoro, le svariate denominazioni di
crediti consorziati, consorzi bancari di finanziamento et similia (ad esempio, prestiti
collettivi, in pool e in compartecipazione) saranno utilizzate in modo equivalente senza alcuna pretesa definitoria ed in senso atecnico (come rileva, in un contesto affine,
anche R. LENER, Consorzi internazionali, 185), in omaggio ad una diffusa tendenza
all’impiego di tali formulazioni nella prassi e negli studi, specialmente stranieri, esistenti sul tema.
8
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
2. Origine ed evoluzione dei prestiti sindacati. – È consueta l’affermazione secondo la quale i prestiti sindacati nascono e si sviluppano inizialmente nei paesi anglosassoni, per poi trovare in seguito diffusione anche
nei sistemi di civil law 26.
Nel contesto europeo, l’origine dei syndicated loans è comunemente
fissata intorno agli inizi degli anni sessanta in Inghilterra e si ricollega alla presenza sul mercato di numerose banche incapaci di sottoscrivere e finanziare direttamente un prestito ingente, ma dotate di un’estesa rete di
relazioni, sfruttando la quale era possibile giocare un ruolo importante nella formazione di un gruppo di intermediari in grado di effettuare congiuntamente un certo finanziamento 27. In ambito extracomunitario, invece, il
fenomeno sorge ancor prima e precisamente verso gli anni cinquanta negli Stati Uniti 28, grazie all’abilità delle banche statunitensi di accordarsi
tra loro per concedere somme rilevanti non soggette alle classiche garanzie reali 29.
26
In linea generale, è stata rilevata negli ultimi anni la diffusione, anche nel nostro sistema, di tecniche innovative di finanziamento, che spesso riproducono modelli contrattuali anglosassoni, anche in conseguenza dello sviluppo della c.d. banca universale: di
quest’avviso, P. SCHLESINGER, I prestiti bancari, 287; C. BRESCIA MORRA, Finanziamento, 12; e v., anche, V. ALLEGRI, Credito di scopo, 94 ss.; per diritto spagnolo, A.J.
AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 21 s., che parla di una sorta di «americanización del Derecho Mercantil»; M.E. MORÁN GARCÍA, 70; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 761.
27
È questa, in estrema sintesi, la ricostruzione di G. ZANOTTI, 259; cfr., altresì, Y.
ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A. KARA, 15 ss.; C. DUFLOUX et L. MARGULICI, Le
phénomène des euro-crédits, 149 ss.; S. HURN, 10 ss.; K.W. PREISIG, 28 ss.; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 754.
Già negli anni settanta, nell’ordinamento interno, si segnala l’apertura dell’IMI al
mercato internazionale (sul punto, F.P. BAROCCHIERE, 179 ss.); e, nello specifico, il conseguimento di un eurocredito per un ammontare pari a 250 milioni di dollari, concesso da
parte di un sindacato composto da ventinove entità finanziarie di primaria importanza (ne
dà conto, M.E. MORÁN GARCÍA, 31).
28
Così, L. FALCIONI, 231, testo e nt. 2; M. PANETTA, 310 s.; per diritto spagnolo, A.J.
AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 52 ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 21 ss.
29
Peraltro, la presenza di una serie di pattuizioni (default clauses) con cui le banche
sono legittimate a revocare la concessione del prestito ed a richiedere l’integrale pagamento degli interessi maturati e del capitale è di solito giustificata proprio con la circostanza per la quale nei cofinanziamenti non è richiesto il rilascio di garanzie reali: L.
FALCIONI, 232; G. OSSOLA, 129 s., secondo cui sono al più richieste coperture fideiussorie o lettere di patronage; M. PANETTA, 314; R. RUOZI (a cura di), 209; per un caso di
prestito in pool di 11 miliardi di lire con garanzia del patronnant, Trib. Milano, 22 giugno 1995.
IL PROBLEMA
9
In entrambi i casi, non si tratta di erogazioni che hanno ad oggetto
valuta interna, bensì americana, giacché si è soliti intravedere un’intima
connessione tra la nascita dei prestiti sindacati come struttura giuridica
e quella del c.d. euromercato, ossia della tendenza degli operatori ad effettuare una serie di operazioni aventi ad oggetto divisa straniera e, nello specifico, il dollaro 30. Questo meccanismo è dovuto alla massiccia
presenza di capitali statunitensi in ambito europeo 31; affluenza la cui
In effetti, questa caratteristica appartiene senza dubbio alla genesi anglo-americana
dei prestiti sindacati: specialmente, R. SLATER, 189 s. La prassi interna, e non solo, però,
smentisce quest’affermazione, attestando l’esistenza di finanziamenti consortili assistiti
da ipoteca, come accaduto, ad esempio, nella fattispecie riportata da Trib. Roma, 10 gennaio 2001; per diritto francese, C. JAUFFRET SPINOSI et C. KELLY, 544 ss., secondo cui le
garanzie classiche possono trovare spazio in ragione dello scopo del prestito: ad esempio,
un acquisto di un complesso immobiliare è solitamente garantito da ipoteca sullo stesso;
conforme, in Spagna, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 770 s.
In alcuni casi, non potrebbe essere diversamente, dato che è la legge stessa a pretenderlo, come accade nel credito fondiario (art. 38 Tub), la cui concessione da parte di più
intermediari trova riscontro nella realtà degli affari. Nonostante la presenza di garanzie
reali, la pratica dimostra spesso che non si rinuncia, altresì, alla previsione dei cc.dd. covenants (sui quali si tornerà infra ai §§ 6 ss., Capitolo Terzo, ma sempre e solo in via incidentale). Non deve certo sorprendere che le banche tendano, se possibile, a rafforzare
ulteriormente la propria posizione, trattandosi di clausole compatibili fra loro, per quanto
possano considerarsi, in talune ipotesi ed in qualche misura, alternative. E v., infatti,
A.D. SCANO, 100 ss. e 111, a parere del quale si tratta di strumenti che possono assolvere
lato sensu ad una funzione di garanzia, ma se ne differenziano vistosamente.
30
Al riguardo, M. HAMBERSIN, 5 ss. e 18 ss.
31
A livello comunitario, è stata proprio la diffusione dei prestiti in moneta diversa,
oppure in valuta straniera (rispetto all’impresa richiedente e/o alla banca), a determinare
una forte espansione dei finanziamenti in pool, denominati eurocrediti ed erogati di consueto per un importo ingente: nel diritto francese, J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 157; J.L.
HERRENSCHMIDT, 20 ss. e 26, secondo cui gli euro-crediti sono il risultato della trasformazione di risorse a «court terme du marché des euro-devises»; C. PUHR, 107 s.; in
Germania, D. EINSELE, 98; nella letteratura spagnola, M.E. MORÁN GARCÍA, 11, per il
quale la «referencia a las euromonedas o eurodivisas supone que el crédito vendrá denominado en una moneda distinta de la que tiene curso legal en el país donde está juridicamente localizado el centro financiero donde se perfecciona la transacción»; nonché,
nell’ambito di un’analisi sulla natura giuridica delle c.d. valute ospiti, J. DACH, 38 ss.; G.
PERTICONE, 343 ss.; per una spiegazione economica dei finanziamenti in eurolire, G. OSSOLA, 157 ss.; e v., anche, F. CARNELUTTI, Apertura, 320 ss., spec. 326 ss., che esamina
il caso di un conto in valuta estera (rubli) interamente perduta, ritenendo applicabili i
principi in tema di obbligo di restituzione da parte del mutuatario.
Rispetto alla connessa (ma diversa) ipotesi di concessione di finanziamenti sindacati
in più divise, P. DE SURY, 115 ss.; in seguito, anche con specifico riferimento al contesto
10
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
origine è stata spiegata con una molteplicità di eventi storici 32.
Su questo punto è bene effettuare qualche precisazione. A ben vedere,
la ricostruzione storica – comunemente effettuata – nega, in sostanza, l’esistenza dei finanziamenti in pool al di fuori del c.d. euromercato 33. Sotto
italiano, B. BRUNO, 47 ss. e 111 ss.; M. PANETTA, 307; nella letteratura spagnola, M.E.
MORÁN GARCÍA, 81 s. Di frequente, il contratto di prestito contiene la clausola multicurrency che consente al prenditore di modificare la valuta durante il prestito, sia rispetto
all’erogazione che al rimborso del finanziamento: R. CLARIZIA, Finanziamento in pool,
170; M. PANETTA, 307; G. ZANOTTI, 276; cfr., altresì, D. CREMASCO, 162, per la quale,
nell’ambito del c.d. stand-by, il carattere multi-valutario permette di ridurre il rischio di
cambio che le imprese beneficiarie potrebbero subire qualora il loro intero indebitamento
fosse espresso in un’unica divisa; F. DEZZANI, P. PISONI e L. PUDDU, 6337 ss.; nel sistema elvetico, J. DOHM, 9; in Spagna, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 767.
32
Dei quali non è possibile dare compiuta menzione in questa sede, né sarebbe opportuno farlo. È sufficiente ricordare gli episodi più significativi in proposito. Primo tra
questi è rappresentato dalla circostanza che, nel secondo dopoguerra, gli Stati Uniti si
sono fatti carico dell’esigenza di finanziare la ricostruzione europea, specialmente nel
settore occidentale: immancabile, al riguardo, il richiamo al c.d. piano Marshall, attraverso il quale si è prodotta una significativa diffusione di depositi in dollari all’interno dei
paesi comunitari. Di qui, l’origine del c.d. eurodollaro, espressione volta a richiamare l’esistenza di valuta americana, in quantità rilevante, presso depositari non appartenenti agli
U.S.A.: nel diritto iberico, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 56 ss.; M.E.
MORÁN GARCÍA, 22 ss., secondo cui è irrilevante la nazionalità del depositante, potendo
essere o meno statunitense, come pure quella del depositario «que puede perfectamente
ser una sucursal en el extranjero de un banco norteamericano o de cualquier otro país»,
mentre ciò che importa «es que el depósito esté localizado fuera del sistema financiero
doméstico estadounidense»; nell’ordinamento lusitano, L. VASCONCELOS ABREU, 520 s.;
nell’esperienza germanica, W. HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 53 ss.; C.L. HINSCH, 3 ss.; A.
KÖNIG, 18 ss.
Altra causa è stata rinvenuta nell’inasprimento della guerra fredda e nel conseguente
trasferimento da parte dell’unione sovietica dei depositi in dollari presso banche europee,
per il timore di subire altrimenti il blocco dei fondi corrispondenti. Ed ancora, si è affermato che pure la crisi della sterlina dovuta alla nazionalizzazione del canale di Suez ha
favorito una sorta di fuga della moneta inglese verso il dollaro. In ultimo, a cominciare
dagli anni settanta, l’aumento sensibile del costo del petrolio, dovuto alla decisione di
congelarne la produzione da parte dei paesi esportatori, ha comportato un incremento del
guadagno dei produttori e, quindi, ha causato il deposito di somme ingenti in divisa americana presso banche europee, dando luogo ad una significativa circolazione di dollari nel
mercato comunitario (da cui anche la nascita dell’espressione “petroldollari”: A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 62 ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 30; per diritto portoghese, L. VASCONCELOS ABREU, 521; nel sistema transalpino, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, Le phénomène des euro-crédits, 150 s.; J. TERRAY, Syndication directe. Formation du contrat, 60 s.).
33
Si veda, ad esempio, la posizione di F. CESARINI, Le aziende di credito, 98, per il
quale i prestiti in pool costituiscono una tecnica mutuata dal mercato delle euroemissio-
IL PROBLEMA
11
questo profilo, il discorso è da rivedere e da leggere in chiave di sviluppo
dei prestiti sindacati 34, piuttosto che di genesi, là dove si rinvengono riferimenti in letteratura, anche relativi al primo novecento, a tale forma di affidamenti bancari 35; sicché, è ovvio che la loro nascita ha origini antiche
e sono semmai seguenti i diversi momenti di espansione e diffusione dei
ni; nel sistema spagnolo, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 51, secondo cui i
finanziamenti consortili non nascono nel mercato spagnolo, ma in quello internazionale
degli eurocrediti; A. SERRANO ACITORES, 302 ss.; analogamente, in Portogallo, L. VASCONCELOS ABREU, 519 ss.; e v., anche, in Germania, M. ADEN, 309 ss.; K.J. HOPT u. P.
MÜLBERT, Rd. 838 ss.; per diritto francese, G. HENRARD, 1145 ss., che si interroga sull’esatto ruolo da attribuire alle banche nelle operazioni su eurocrediti, in critica alla teoria che ne ravvisa una mera attività di intermediazione «entre des emprunteurs et des
prêteurs à court terme»; nel diritto britannico, P. GABRIEL, 1 s.
Inoltre, lo sviluppo di operazioni su eurocrediti è analizzato anche alla luce della libera convertibilità delle monete europee (su cui, P. GRAMATICA, 298 ss.), facendo solitamente riferimento al bisogno dei vari paesi di finanziare il corrispondente deficit della
bilancia dei pagamenti. In Germania, M. ADEN, 309 ss.; H.W. GOLTZ, 21 ss.; A. KÖNIG,
20 s.; E. STORK, 140 ss.; nell’ordinamento britannico, Y. ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A.
KARA, 15 ss. e 21 ss.; S. HURN, 11; per diritto spagnolo, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 59; M.E. MORÁN GARCÍA, 24 ss., spec. 30; nel sistema svizzero, J.
DOHM, 9.
34
Si esprimono in termini di «développement extraordinaire», ovvero «spectaculaire», rispettivamente nella dottrina svizzera e francese, J. DOHM, 9 s.; C. DUFLOUX et L.
MARGULICI, La syndication: un mécanisme essentiel, 823, per i quali «l’approche consortiale en matière d’opérations bancaires n’est évidemment pas une invention de
l’euro-marché».
È appena ovvio notare, poi, come gli eurocrediti non sono necessariamente accordati
da più banche, né i finanziamenti in pool devono, per forza di cose, essere concessi
nell’euromercato: di quest’avviso, nel diritto svizzero, J. DOHM, 10; già, in Francia, C.
DUFLOUX et L. MARGULICI, Le phénomène des euro-crédits, 150.
35
Specialmente, V. ANGELONI, 48 s., secondo cui gli accordi di collocamento seguono un’evoluzione già vista «per i grandi prestiti agli stati, i quali venivano assunti non
più da una sola banca (la quale poi cercava di garantirsi entro un certo limite dai rischi di
un’operazione mal riuscita, assicurandosi un dato numero di partecipanti), ma da un consorzio di banche, che si formava appunto per l’assunzione del prestito»; nonché, E. GALANTI, 31 s., che riferisce di un prestito in pool sottoscritto dal governo italiano di 644
milioni di lire per procurarsi la valuta metallica necessaria a dare esecuzione all’abolizione del corso forzoso stabilita dalla l. 7 aprile 1881, n. 133; un cenno ai sindacati bancari in genere anche in T. ASCARELLI, Società, associazione, consorzi, 430, nt. 4; V. SALANDRA, Il diritto delle unioni di imprese, 10 e 113.
Basti pensare che in Germania si è ipotizzato un iniziale sviluppo (Entwicklung) dei
Konsortialkredite assai risalente nel tempo (e v. W. HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 5), registrando, poi, una prassi diffusa già ad inizio novecento (cfr. H. HEROLD, 191; B.
STEINRÜCKE u. H. SCHOLZE, 60).
12
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
finanziamenti in pool, specialmente in chiave sovranazionale, con conseguente incidenza sul rinnovato interesse da parte delle banche per la predisposizione di crediti sindacati domestici, anche definiti “di piazza” 36.
36
Si parla, in tal caso, di «syndication de place»: in Francia e Belgio, rispettivamente, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La syndication: un mécanisme essentiel, 822; M.
HAMBERSIN, 30; per l’ordinamento elvetico, J. DOHM, 10; nel regime portoghese, L. VASCONCELOS ABREU, 523.
D’altro canto, lo sviluppo dei finanziamenti in pool sotto forma di eurocrediti ha dovuto subire, verosimilmente, un brusco arresto, per via dell’introduzione della moneta
unica europea: per un’analisi economico-giuridica delle possibili ripercussioni di tale
innovazione sui crediti sindacati, M.E. MORÁN GARCÍA, 45 ss.; e v., anche, M.R. TAPIA
SÁNCHEZ, 767, a parere della quale «con el establecimiento de la moneda única en la
denominada “eurozona” se ha reducido la efectividad e importancia de las opciones
multidivisa, quedando éstas básicamente reducidas a la del euro o el dólar». Resta ferma la possibilità di effettuare operazioni del genere attraverso il coinvolgimento di valute
extracomunitarie, ovvero di quelle comunitarie che non hanno aderito all’euro. Ciò ha
determinato, per converso, che le banche europee hanno rafforzato le loro attività di organizzazione di prestiti, potendo incrementare i finanziamenti «a favore di mutuatari
dell’area di nazionalità diversa dalla loro» (in proposito, B. GADANECZ, Il mercato dei
prestiti sindacati, 94 s.).
Nel nostro sistema, in particolare, già a partire dagli anni ottanta si è osservato che,
tra i settori tipici del merchant banking italiano, uno dei più sviluppati era costituito
dall’organizzazione di crediti in pool (per tale notazione, A. ANTONUCCI, 41; conforme, nella sostanza, F. CAPRIGLIONE, I consorzi bancari, 46; ma non mancano, anche di
recente, affermazioni tese a disconoscere la diffusione del fenomeno: D. SCANO, 102,
secondo cui non si tratta di «una pratica finanziaria di particolare sviluppo a livello
interno»).
Inoltre, possono risultare decisivi i fattori di convenienza appartenenti alla morfologia dei prestiti sindacati, ossia la ripartizione dei rischi ed il risparmio di spesa, ma non
solo. La diffusione dei finanziamenti consortili “domestici” può spiegarsi pure con i minori costi da sopportare per l’assunzione di informazioni sul beneficiario (secondo un
fenomeno analogo a quello del c.d. fido multiplo, comportante una sorta di “deresponsabilizzazione” delle banche propense a moltiplicare il credito concesso sulla base del giudizio di affidabilità effettuato dalle altre: P. SCHLESINGER, Imprese, 246).
È quanto emerso da apposite indagini statistiche, all’esito delle quali si è ritenuto che
la partecipazione delle banche locali – finanche nel ruolo di capofila, secondo alcuni (lo
afferma, G. FORESTIERI, 280 s.) – ai prestiti consorziati abbia l’effetto di ridurre le
asimmetrie informative: cfr., anche per ulteriori riferimenti, B. GADANECZ, Sviluppi, 30
s., a parere del quale la riduzione del costo del finanziamento è ancora più evidente se le
banche di proprietà locale svolgono, in qualità di capofila, un ruolo di «certificazione»;
l’A. reputa irrilevante, per contro, la circostanza che gli intermediari abbiano la stessa
residenza del debitore, probabilmente «perché gli istituti di proprietà locale dispongono
di maggiori conoscenze privilegiate sul prenditore rispetto alle filiali locali di banche
estere»; e v., anche, P. DE SURY, 78, nt. 17, per il quale è tipico il caso della multinazionale che, dovendo stabilire una presenza in un determinato paese, richieda alla (banca)
IL PROBLEMA
13
In ragione dell’affinamento della tecnica consortile, si è poi assistito ad
un’ampia diffusione di finanziamenti a carattere puramente nazionale per
cifre non ingenti 37. E tale incremento può accentuarsi nei momenti in cui
le banche hanno scarsa liquidità, giacché è possibile prendere parte a più
prestiti, attraverso la costituzione dei consorzi, senza dover rinunciare in
toto alla partecipazione in alcune operazioni, come accadrebbe invece in
assenza della formazione del sindacato. È verosimile immaginare che l’importo ridotto sia strettamente connesso con la diffusione di prestiti interni, nella misura in cui per somme modeste non vale la pena di coinvolgere banche straniere, sia nella prospettiva del cliente che nell’ottica dei cofinanziatori.
In altre parole, deve respingersi l’idea che la nascita dei crediti sindacati, sul piano della struttura giuridica, sia da collocarsi al tempo della
formazione del sopradescritto euromercato, confinando così la diffusione
dei finanziamenti in pool interni ad un’epoca cronologicamente successiva. I riferimenti esistenti in letteratura dimostrano che si tratta di fenomeno ben noto già da prima e, di sicuro, conosciuto all’inizio del ventesimo
lead manager di invitare un certo numero di intermediari locali nel prestito; A. VERONELLI, 120, secondo cui le banche partecipanti costituiscono spesso le rappresentanze
domestiche di istituzioni finanziarie estere e sono in cerca di opportunità di investimento
in un nuovo mercato ove la società madre ha contatti limitati.
Da altro punto di vista, si è anche ritenuto che la comune base informativa fornita
dalla Centrale dei Rischi abbia fatto gradualmente emergere tra le banche interessate al
sostegno di una medesima impresa quello spirito di collaborazione necessario per addivenire ad un finanziamento in compartecipazione (valutazione appartenente a F. CESARINI, Le aziende di credito, 184).
37
Analogo fenomeno si registra in Inghilterra: S. HURN, 10, per il quale i prestiti sindacati domestici costituiscono «an important part of the UK domestic banking markets
and to a greater or lesser degree exist in various other domestic markets around the
world».
Riguardo all’importo, si è affermato non esserci regole precise, potendosi trattare di
«two million dollars, two billion dollars or any figure in between» (già, R. SLATER, 173).
È verosimile, perciò, considerare non ingenti crediti anche dell’ordine di decine di milioni di euro. Tale dato sembra essere confermato dal fatto che, negli anni ottanta, una partecipazione rilevante all’interno di un prestito sindacato era considerata quella che si aggirava sui 25-30 milioni di dollari (per questa indicazione, P. DE SURY, 76; in seguito, per
diritto spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 10, il quale riferisce di cifre che normalmente si
aggirano tra duecento e cinquecento milioni di dollari, ma spesso anche superiori al miliardo; poi, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 754 s., che riporta numerosi esempi spagnoli per importi superiori ai mille milioni di euro; e v., anche, nella letteratura svizzera, J. DOHM, 9,
che segnala la variabilità della somma, talvolta molto elevata).
14
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
secolo. Simile notazione non deve sorprendere nella misura in cui i prestiti in compartecipazione rispondono ad una tecnica di ripartizione del rischio e di gestione razionale dell’impresa: è nella logica di qualsiasi imprenditore l’idea di non perdere un certo affare, a causa dell’incapacità (o
della sconvenienza) di soddisfare l’intera prestazione richiesta dal cliente:
meglio allora cercare un concorrente cui affidare quella parte che non si
riesce ad assorbire in proprio 38.
38
Sotto tale profilo, vi è un’evidente affinità con il fenomeno degli accordi temporanei di imprese (espressione ormai divenuta comune e, perciò, se ne fa uso nel significato
che le è tradizionalmente ascritto, a prescindere dalle critiche sollevate al riguardo: A.
ASTOLFI, Il contratto internazionale, 818, testo e nt. 20), noti anche come joint ventures,
utilizzati per il compimento di opere complesse che i singoli membri avrebbero difficoltà
(se non radicale impossibilità) a realizzare in via isolata, salvo raggrupparsi con altri in
funzione del risultato da perseguire (e v. A. ASTOLFI, Il contratto internazionale, 838; F.
BENATTI, Associazioni temporanee di imprese, 74; D. BONVICINI, Associazioni temporanee di imprese, 1; ID., Le “joint ventures„, 143; S.M. CARBONE e A. D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 2 ss.; G. COTTINO e M. SARALE, 379; M. GALLETTI, 73; G. SICCHIERO, L’engineering. La joint venture, 41), anche nella prospettiva di addivenire ad una
ripartizione dei rischi tra i vari partecipanti (aspetto evidenziato da A. CRIVELLARO, 269
ss., spec. 280 ss.; U. DRAETTA, 9).
A tale contiguità deve aggiungersi il mantenimento da parte delle singole imprese –
alla stregua delle banche nei prestiti sindacati – della propria indipendenza ed autonomia:
con particolare vigore, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 214 ss., spec. 244, per il
quale «le diverse posizioni soggettive dei partecipanti all’esecuzione dell’obbligo permangono autonome e differenziate, subendo certo un coordinamento in funzione dell’oggetto della prestazione ma senza concentrarsi»; D. BONVICINI, Associazioni temporanee
di imprese, 1; ID., Le “joint ventures”, 142 s.; S.M. CARBONE e A. D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 7, secondo cui la varietà delle prestazioni ed il supporto individuale di
ogni impresa costituiscono elementi essenziali dell’operazione; M. GALLETTI, 75 s. e 149
ss., che parla di «elemento tipologico, costituente il nucleo centrale e caratterizzante la fattispecie»; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 11; cfr., altresì, M. MAZZONE, 555, il
quale ricorda l’autonomia economica, giuridica ed operativa di ogni impresa partecipante;
in giurisprudenza, Cass., 20 marzo 2009, n. 6791; Cass., 11 maggio 1998, n. 4728.
Ulteriore caratteristica idonea ad assecondare una sicura vicinanza tra joint venture e
prestiti consortili è l’indole transitoria dell’operazione, su cui v. D. BONVICINI, Le “joint
ventures”, 523 ss., ad avviso del quale l’unicità dell’affare non vale a distinguere la figura in questione dalle società occasionali e costituisce un «semplice criterio interpretativo»; F. BORTOLOTTI e R.M. MORRESI, 553 ss.; U. DRAETTA, 74; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 5 ss.; M. GALLETTI, 76; da ultimo, M. TUPPONI, 19 s.
Altro fattore di vicinanza risiede nella prevalente diffusione delle unioni sporadiche
di imprese nel campo dei rapporti di collaborazione internazionale (e v. A. ASTOLFI, Il
contratto internazionale, 812 ss.; D. BONVICINI, Le “joint ventures”, 38 ss. e 81 ss.; A.
BORGIOLI, Forme consortili, 26; F. BORTOLOTTI e R.M. MORRESI, 538; S.M. CARBONE e
A. D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 30; U. DRAETTA, 73 ss.; M. MAZZONE, 551 s.;
IL PROBLEMA
15
Al di là di queste notazioni storico-economiche, in chiave giuridica,
interessa rilevare che, nel passaggio dai paesi di common law a quelli dell’Europa continentale, i prestiti sindacati finiscono inevitabilmente con il
perdere talune delle proprie caratteristiche originarie, in virtù di una naturale opera di adattamento dovuta al differente quadro normativo in cui sono destinati ad operare 39. Non sempre, tuttavia, quest’opera di adeguamento è compiuta, a priori, al momento della conclusione dell’accordo e
della stipula del contratto di finanziamento. In siffatte circostanze, perciò,
può accadere che molte clausole sorte nei sistemi di common law siano pedissequamente riprodotte, senza alcuna variazione, in un contratto di prestito sindacato riferibile ad un sistema giuridico differente, potendo sorgere per l’effetto problemi di compatibilità con il diverso contesto legislativo in cui tali pattuizioni sono riproposte 40.
La stessa prassi contrattuale mostra di conoscere la questione, data
l’elaborazione di un’apposita convenzione volta a risolvere problemi del
genere: si tratta della c.d. clausola di invalidità parziale, con cui si stabilisce che i vizi concernenti singole previsioni non si riflettono mai sulle altre, né possono inficiare l’intero contratto. Si argina, in questo modo, il timore che patti leciti in un certo ordinamento giuridico, ma non in altri,
possano mettere a rischio la validità dell’intera operazione. Questo tipo di
pattuizione intende escludere qualsiasi incidenza delle clausole illecite
sulle altre, facendo salvo il restante regolamento di interessi 41. Ciò potrebbe sottintendere, in qualche modo, la volontà delle parti di concludere
ugualmente il contratto, anche senza la parte affetta da nullità (ex art.
1419, comma 1°, c.c.).
Da questo punto di vista, uno studio sull’argomento de quo deve sicuG. SICCHIERO, L’engineering. La joint venture, 41 s.), ugualmente a quanto accaduto per
i finanziamenti collettivi, almeno nel loro momento di maggiore sviluppo.
Non sembra, comunque, che questi elementi in comune possano portare ad un qualche esito significativo sotto il profilo delle regole applicabili (come si vedrà infra al § 12,
Capitolo Terzo).
39
Una sostanziale uniformità è stata, tuttavia, riscontrata in relazione ai sindacati di
collocamento (per tale conclusione, all’esito di una comparazione tra il sistema italiano
con quello statunitense e britannico, F. DI PASQUALI, 98 ss.).
40
Per uno spunto, M. ELLAND-GOLDSMITH, 152 s.
41
Nel diritto francese, J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 178 ss., secondo cui la c.d. clausola di severability è valida, fermo restando che non può giungere a rompere l’equilibrio
contrattuale fra banche e richiedente.
16
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ramente tener conto della letteratura anglo-americana, ma di certo non
può prescindere soprattutto dal raffronto comparatistico con i principali
sistemi europei affini a quello italiano, quali principalmente Francia, Germania e Spagna, ma non solo. Del resto, in questi ordinamenti si assiste
ad un attento e sempre crescente interesse allo studio dei crediti sindacati,
diversamente da quanto accade da noi, dove l’attenzione al tema è pressoché inesistente e quei pochi interventi in proposito non hanno mancato
di rilevarlo 42. Maggiore considerazione al fenomeno è stata prestata dagli
economisti, preso atto della formazione di un vero e proprio mercato dei
prestiti sindacati 43, a livello sovranazionale, ma non solo 44.
Basti guardare alla seguente indicazione statistica, ormai non tanto recente ma ancora indicativa: nel 2003 i prestiti in pool hanno raggiunto
l’ammontare complessivo di 45,3 milioni di dollari e si è calcolato che il
mercato dei finanziamenti consortili si è duplicato dal 1995 al 2003 45.
D’altra parte, si è rilevato che la diffusione dei prestiti sindacati è giunta
sino a rappresentare non meno di un terzo del finanziamento internazionale totale, comprese le emissioni di titoli obbligazionari, azionari e di
commercial paper 46. Ciò ha consentito di parlare di una «edad dorada»
42
Come affermato da L.A. BIANCHI, 233, il quale rileva, invece, l’esistenza di una
copiosa bibliografia nei paesi anglosassoni, grazie ad una sofisticata prassi contrattuale e
bancaria.
43
In merito, S. HURN, 176 ss.
44
Più in generale, si è assistito ad un forte sviluppo del mercato di prodotti finanziari
in euro-valute e, nello specifico, dei prestiti sindacati (specialmente, P. DE SURY, 1 ss. e
63 ss.; poi, L. PICARDI, 119 s.; nella dottrina giuridica straniera, M.E. MORÁN GARCÍA,
37 ss. e 288 ss.).
45
Il dato, basato sulla nazionalità del prenditore, è riportato da G. ZANOTTI, 259; per
ulteriori e successivi dati statistici, B. GADANECZ, Sviluppi, 29, secondo cui l’attività nel
mercato internazionale dei prestiti sindacati era su valori stabili nel 2005, rilevando nell’ultimo trimestre di quell’anno la sottoscrizione di nuovi prestiti per un ammontare
complessivo di 583 miliardi di dollari; e v., anche, per l’arco temporale compreso tra il
1992 ed il 2001, B. BRUNO, 62.
Altri interessanti dati si ricavano dalla consultazione on line dei bilanci di alcune imprese bancarie. Ad esempio, dalla relazione sulla gestione del 2009 di Unicredit Corporate Banking emerge «una crescita dei finanziamenti erogati in pool con altre banche,
che arrivano a quota 17.761 milioni», evidenziando così «un progresso di 1.787 milioni
con un’incidenza sul totale degli impieghi al 19% (dal 15% di fine 2008)».
46
È quanto attesta l’indagine riportata da B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti sindacati, 81 ss. e 95, anche per un’attenta ed interessante analisi dell’evoluzione di questo mezzo di finanziamento, riservato inizialmente – attorno agli anni settanta – a sog-
IL PROBLEMA
17
della financiación sindicada, andata consolidandosi nel periodo dal 2004
al 2007, per poi registrare un’inevitabile flessione, in seguito alla crisi
economica relativa all’arco temporale dal 2007 al 2013 47.
Da altra prospettiva, bisogna evidenziare l’assenza di qualsivoglia riferimento ai crediti sindacati nella normativa del codice civile. Al di là
della patologica insufficienza di tale regolamentazione rispetto ai contratti bancari in genere 48, è quasi scontato notare come non vi sia alcuna
traccia dei finanziamenti in pool, in quanto il loro sviluppo – e, quindi, il
perfezionamento sotto il profilo della tecnica di redazione contrattuale – è
successivo alla codificazione del 1942 49.
getti sovrani e, perciò, destinato a costituire la maggior parte del debito dei paesi in via
di sviluppo; ma, in seguito, divenuto uno dei principali strumenti di sostegno delle imprese, in ragione della sua convenienza; cfr., altresì, Y. ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A.
KARA, 6.
Per avere un’idea della mole di tali prestiti, è bene riportare il seguente dato raccolto
sul mercato nazionale e internazionale dal 1° gennaio 1980 al 23 marzo 1999: si registrano più di 90.000 finanziamenti sindacati per un valore di oltre 13 milioni di miliardi di
dollari (per questa informazione, relativa al database Loanware, S. KLEIMEIER e W.L.
MEGGINSON, 3 s.). Ed ancora, nel 2004, il finanziamento di maggiori dimensioni riscontrato sul mercato dei prestiti sindacati internazionali corrispondeva a 30 miliardi di euro,
erogato a favore di France Télécom (è quanto riportato da J. WORMSTRUP, 29), oggi
Orange SA. Nel contesto italiano, spicca il recente (maggio 2012) rifinanziamento della
Telecom per 4 miliardi di euro, avvenuto, stando alle fonti della stampa specialistica, per
il tramite di un pool formato da 27 banche, di cui 7 italiane.
47
Per quest’analisi e per altre considerazioni, B. MARTÍN BAUMEISTER, El Contrato,
45 ss.
48
Con efficacia, G.F. CAMPOBASSO, Servizi bancari, 564 e 567, il quale ne riporta
l’origine alle resistenze del ceto bancario; P. FERRO-LUZZI, Lezioni, 71 ss. e 83 ss., che
prospetta tanto l’ipotesi di pressioni avverso possibili innovazioni legislative nel contesto
dei rapporti bancari, quanto quella di un saggio atteggiamento di attesa del legislatore,
conscio della rapida evoluzione dei fenomeni finanziari.
È noto, in proposito, che la risposta codicistica all’istanza di tutela dell’utente bancario può rinvenirsi, fra l’altro, nell’art. 1341, comma 2°, c.c., ma tale soluzione è stata
reputata fortemente inadeguata: G.F. CAMPOBASSO, Servizi bancari, 565 e 569, secondo cui si tratta di una tutela solo formale che si riduce nel vuoto rito della doppia firma
da parte del cliente di tutte le clausole sospette, anche se non rientranti nell’elenco legislativo; A.M. CARRIERO, 178; A. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio, 27 ss.; più di
recente, G. PALMIERI, Le grandi riforme, 269 s.; diversamente, a quanto consta, R.
CLARIZIA, Il cliente della banca, 136.
49
Nemmeno deve sorprendere la presenza, al contrario, della disciplina, sia pure timida, dell’analogo fenomeno in campo assicurativo: questo si spiega non solo con la diversa, e più remota, origine della coassicurazione (per tutti, M. RICOLFI, La coassicura-
18
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
3. Assenza di disciplina e posizione del problema. – Più in generale,
nel nostro ordinamento non vi sono previsioni normative specifiche rispetto ai finanziamenti in pool 50. Questo non implica tout court che i prestiti sindacati debbano essere annoverati tra i negozi innominati 51, ferma
restando la loro tipicità sociale 52, poiché l’analisi potrebbe pure dimostrare che tali contratti, a dispetto del nomen impiegato dalle parti, siano in
realtà riconducibili entro modelli negoziali disciplinati 53. Di certo, deve
evitarsi ogni genere di forzatura del dato normativo per giungere ad una
sussunzione in seno a schemi delineati dal legislatore, come spesso accade
in giurisprudenza, sulla spinta della preoccupazione di individuare una disciplina sicura ed applicabile alle singole fattispecie concrete, atteggiamento
più volte stigmatizzato in dottrina 54.
zione, 5 ss.); ma, altresì, con il rilievo che il legislatore ha volutamente dettato una disciplina parziale e lacunosa in ambito creditizio, a differenza della tecnica adoperata per
regolare la materia assicurativa. Tale scelta di politica legislativa è acutamente evidenziata da G.F. CAMPOBASSO, Servizi bancari, 564 s., che sottolinea l’esistenza, nel sistema
del codice del 1942, delle disposizioni generali relative ai contratti di assicurazione, a
dispetto di quelli bancari.
50
Qualche spunto in N. SALANITRO, Le banche, 128, che rileva l’assenza di una normativa di applicazione generale alle c.d. intese bancarie ed anche la mancata predisposizione da parte delle banche di una regolamentazione pattizia o di condizioni generali di
contratto; e, con vis critica, un cenno anche in S. ALAGNA, I finanziamenti, 91.
51
Cfr. L. FALCIONI, 235, che segnala come i prestiti sindacati siano difficilmente collocabili entro gli schemi contrattuali tipici del nostro ordinamento; analogamente, per diritto spagnolo, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 21 e 141; M.T. DE GISPERT PASTOR, 9.
52
Come rileva, L. VASCONCELOS ABREU, 524.
53
Deve, peraltro, precisarsi che il richiamo ad un certo contratto nominato (nel nostro
caso, ad esempio, al consorzio), quando non è del tutto improprio, non preclude alle parti
di determinarne liberamente il contenuto, potendo ciò anche implicare una fuoriuscita
dall’ambito del tipo, qualora qualche suo elemento essenziale risulti escluso o sostanzialmente alterato: R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, 40; cfr., altresì, M. COSTANZA, Il contratto atipico, 177; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, 81; A. PIRAINO LETO, 70 ss.; per una valutazione in parte differente, G. SCALFI, 148, a giudizio del quale
l’esperienza particolare dei contraenti può essere un elemento di conferma per ravvisare
un intento comune conforme alla qualificazione data dalle parti.
54
Specialmente, R. SACCO, Autonomia contrattuale e tipi, 788 ss., il quale fa riferimento ad un primo espediente di tipizzazione delle clausole e, poi, a quella dell’intero
contratto, da cui l’A. ricava «un peculiare valore del principio dell’atipicità dei contratti
italiani», da intendersi come «competenza della giurisprudenza a riconoscere tipi nuovi
creati dalla pratica degli affari»; in seguito, M. COSTANZA, Il contratto atipico, 185 ss. e
280; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, 56 ss.; U. MAJELLO, I problemi di legittimità, 490.
IL PROBLEMA
19
In ossequio a tale prospettiva, giova ora solo ribadire la mancanza di
una disciplina ad hoc dei prestiti in pool 55, con la conseguente necessità
di individuare lo statuto normativo riferibile all’operazione e specialmente la posizione delle banche 56. Di seguito, poi, possono trovare più agevole soluzione anche talune questioni particolarmente delicate e specifiche, fra cui spicca la tematica della circolazione dei crediti sindacati. Ed
invero, è chiaro che per poter esaminare aspetti del genere appare necessario, a monte, ricostruire il modo in cui si impegnano i vari finanziatori,
ossia il tipo di obbligazione assunta. Bisogna, cioè, verificare se le banche siano obbligate solidalmente alla concessione del finanziamento 57,
ovvero in maniera differente.
È evidente che si tratta di problematica alquanto ardua, perché la disciplina muta in maniera sensibile in seno alle varie specie di obbligazioni soggettivamente complesse, le cui categorie sono già di per sé
controverse. A ciò deve aggiungersi, altresì, che la stessa esistenza di
un’obbligazione di questo tipo non è incontestata, dovendosi pur sempre esaminare se gli effetti negoziali non possano imputarsi al sindacato
inteso quale entità a sé stante, destinato ad assumere l’obbligazione in
quanto collettività organizzata 58, anziché come parte soggettivamente
55
Nella letteratura tedesca, E. EBERDING, 1004; per l’esperienza francese, M. EL115 s.; in quella spagnola, M.E. MORÁN GARCÍA, 127 ss.
56
È quanto riconosciuto anche per i consorzi di collocamento, ancorché il legislatore
ne dia per scontata l’esistenza, dettandone talora anche limitati aspetti di disciplina: R.
LENER, Consorzi internazionali, 176.
57
Si veda quanto si dirà infra nel Capitolo Terzo, Sezione Seconda.
58
Si utilizza, qui, la terminologia di obbligazione collettiva e soggettivamente complessa accolta da una parte della dottrina (e v. F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 18 s., 21 ss. e 85, a parere del quale le obbligazioni collettive mal si
prestano ad una precisa tipizzazione, per via dell’influenza dell’organizzazione propria
della collettività creditrice o debitrice; ID., Obbligazioni soggettivamente complesse, 330;
Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 299 ss.; G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 1 ss.; cfr.,
altresì, St. D’ANDREA, 315 ss.), sebbene non si tratti di una classificazione condivisa,
essendo presente, in letteratura, il riferimento all’obbligazione collettiva per intendere, in
genere, quelle plurisoggettive (così, L. BARASSI, I, 181 e 185 ss.; V. VITALE, 23 s.; nello
specifico, M.T. DE GISPERT PASTOR, 46 s., che parla di «obligación colectiva con unidad
de prestación»). Così come spesso si fa riferimento alla soggettività complessa del credito per indicare l’ipotesi in cui la solutio deve avvenire in favore dei vari creditori congiuntamente (e v. G. BRANCA, 151, spec. 158 ss.; M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale,
677; C.M. BIANCA, Dell’inadempimento, 73 ss.; E. GRASSO, 81; in tema di joint venture,
M. GALLETTI, 80).
LAND-GOLDSMITH,
20
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
complessa 59, se non quale titolare solitario allorché si tratti di un gruppo personificato 60.
In proposito, non sono infrequenti le ricostruzioni propense ad individuare nell’unione fra i cofinanziatori un nuovo soggetto cui ascrivere –
esclusivamente – la titolarità (e conseguente responsabilità) dei rapporti
inerenti all’operazione 61, come accaduto in alcuni noti casi giurisprudenziali appartenenti all’esperienza americana, là dove si è negato alla singola banca il potere di agire in giudizio a tutela del proprio credito, ossia
della rispettiva quota di finanziamento, ritenendo necessaria, per contro,
la c.d. collective action 62.
Più in generale, è ovvio che, qualora si intravedesse nel sindacato una
società o un consorzio (specialmente se con attività esterna, per quanto
59
Giustamente, in chiave generale, M. DE CRISTOFARO, 298 s.
Si avrebbe, cioè, un’obbligazione soggettivamente semplice: Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 299 s.; M. FRAGALI, Osservazioni sulle situazioni soggettivamente collettive, 372; nonché, C. MIRAGLIA, 147 s.
61
Si veda, per il momento, G. MEO, Garanzie bancarie, 270, che riferisce
dell’ipotesi in cui i prestiti consorziati sono caratterizzati dalla costituzione di un ente
giuridico autonomo. L’A. immagina, in via analoga, che la posizione di garante possa
essere assunta direttamente dal consorzio di banche, quale contraente dell’ordinante, obbligato al pagamento della garanzia e titolare del diritto al regresso (254 s.); ma sembra,
poi, considerare difficilmente attuabile tale configurazione per le garanzie in pool (271),
a differenza dei prestiti sindacati.
62
Cfr. Credit Francais International, S.A., v. Sociedad Financiera de Comercio, C.A.
(S.C.N.Y. 1985): qui, la Suprema Corte ha stabilito che «when parties have agreed to operate through an agent or as a collective entity, whether it be a corporation, a partnership, a syndicate or a consortium, a unitary body is created, and only unitary action can
be permitted»; non distante, Beal Savings Bank v. Viola Sommer, et al. (N.Y. 2007), secondo cui «based on the explicit language of the agreements and the provisions read as
a whole» può affermarsi «that the parties intended for collective action in the event that
the obligations of the Borrower could be accelerated»; poi, In re Delta Air Lines, Inc.
(Bankr. S.D.N.Y. 2007); In re Chrysler LLc (2d Cir. 2009).
In termini differenti, riconoscendo il potere di ciascuna banca di agire individualmente, ovvero quello dell’agent per conto di tutti gli enti partecipanti, CIBC Bank and Trust
Company (Cayman) Ltd. v. Banco Central do Brasil (S.D.N.Y. 1995); A.I. Credit Corp.
v. Government of Jamaica (S.D.N.Y. 1987); Allied Bank International v. Banco Crédito
Agrícola de Cartago (2d Cir. 1985).
È bene chiarire che, come si nota anche dalla lettura di queste pronunce, il problema
si intreccia non solo con quello dell’inquadramento dell’accordo interno tra gli intermediari, ma anche con la questione concernente la corretta individuazione dei poteri della
banca agente in esecuzione di quanto deciso dalla maggioranza degli enti partecipanti (v.
l’indagine svolta infra, rispettivamente nei Capitoli Secondo e Terzo, Sezione Prima).
60
IL PROBLEMA
21
attiene alla disciplina della responsabilità per le obbligazioni), ne conseguirebbe l’applicazione della disciplina tipicamente dettata per tali istituti 63. Di più, se si accedesse all’idea che, in realtà, il fenomeno è riducibile
ad un’associazione in partecipazione, o ad altro contratto analogo, l’unico
soggetto obbligato nei riguardi del cliente sarebbe l’associante (e, quindi,
soltanto una tra le varie banche, ossia quella cui si riconosce tale veste).
E, pertanto, dovrebbe parlarsi di obbligazione semplice, piuttosto che
collettiva o plurisoggettiva. Il che sarebbe foriero di esiti certamente rilevanti.
Senza contare che, da altro punto di vista, ulteriori ripercussioni di
non poco conto finirebbero per riguardare la posizione della capofila, il
cui statuto normativo di riferimento cambia radicalmente se inserito nel
contesto dell’associazione in partecipazione, ovvero in quello di una fattispecie consortile o societaria, con conseguente incidenza, fra l’altro,
sulla ricostruzione dei suoi doveri e della connessa responsabilità per violazione degli stessi 64.
Da quanto detto, affiora con forza la necessità di individuare i termini
dell’operazione e di effettuare una ricostruzione funzionale alla selezione
delle regole applicabili 65, in chiave privatistica e giuscommercialistica 66,
anche tenendo conto dei profili organizzativi all’evidenza emergenti 67,
prescindendo, invece, da quelli pubblicistici 68.
Il percorso appena tracciato impone di svolgere un’indagine preliminare, consistente nell’individuazione dei caratteri (socialmente) tipici del
63
Lo rileva, P. LOCATELLI, 433; qualche spunto anche in J.B. BLAISE et P. FOUCHARD,
160.
64
Come si evidenzierà infra nel Capitolo Terzo, Sezione Prima.
Necessità già espressa, in sostanza, da: L.A. BIANCHI, 233 s.; A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 143; e v., anche, G. FAUCEGLIA, I contratti di finanziamento, 244; nonché, rispetto ai sindacati di collocamento, D. BUONOMO, 145 e 179, nt. 15, che esprime
l’opportunità di rifarsi ai termini ed alle condizioni dell’accordo, in concreto, per ricavare la figura giuridica alla quale le parti hanno inteso ricorrere; nell’ordinamento spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 127 ss.
66
Per un’opportuna riflessione sul metodo da seguire nello studio del diritto bancario, P. PISCITELLO, Il diritto, 628 ss., che segnala l’importanza dell’applicazione dei canoni metodologici validi in generale per le indagini civilcommercialistiche.
67
Su cui pongono subito l’accento, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 4 ss.
68
Fra cui spiccano gli aspetti relativi alla vigilanza bancaria, che esulano, pertanto,
dal contesto del presente lavoro.
65
22
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
fenomeno, in assenza della quale non sarebbe possibile addivenire ad una
corretta identificazione della disciplina 69.
In quest’ottica, l’analisi empirica deve tener conto della prassi bancaria e dei modelli usualmente utilizzati 70, secondo quanto emerge dall’esperienza pratica che attesta, al riguardo, un certo livello di standardizzazione 71, sorta per lo più spontaneamente; e, comunque, non riconducibile al potere attribuito dal legislatore alla Consob ed alla Banca d’Italia
di predeterminare il contenuto di certi contratti, individuati attraverso una
particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi
(art. 117, comma 8°, Tub) 72. Potere, quest’ultimo, la cui espressione tro69
Condivisibile è il rilievo di M.T. DE GISPERT PASTOR, 27 ss.
L’esigenza è poi correttamente sentita, in tema di consorzi di collocamento, da R.
LENER, Consorzi internazionali, 176 s., secondo cui il costante riconoscimento dell’esistenza e della funzione dei consorzi di collocamento, in assenza però di norme che li definiscano e li descrivano, per poi compiutamente regolarli, stimola ad analizzare, quanto
meno empiricamente, la loro struttura.
70
Ivi compresi quelli adottati dall’attività notarile, essendo piuttosto frequente il ricorso all’atto pubblico per la stipula dei finanziamenti in pool, evenienza appartenente
pure ad altri sistemi: in Spagna, per una disamina di tutta una serie di corrispondenti motivazioni e vantaggi, principalmente la forza probatoria e quella esecutiva, A.J. AURIOLES
MARTÍN, Créditos sindicados, 225 ss.; M.T. DE GISPERT PASTOR, 135 ss.; M.R. TAPIA
SÁNCHEZ, 761 s., che segnala pure la possibilità di stipula come documento elettronico
pubblico.
71
Come rilevano, nella dottrina tedesca, S. BRANDT u. J. SONNENHOL, 2329; W.
HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 1-3, secondo cui si avvalgono di «standardisierte Vertragstexte» specialmente le piccole e medie imprese; nonché, guardando per lo più
all’esperienza internazionale degli eurocrediti, M. ADEN, 310 ss.; C.L. HINSCH, 191 ss.;
nella medesima direzione, nel sistema lusitano, L. VASCONCELOS ABREU, 524; in Svizzera, J. DOHM, 16; nel regime transalpino, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, Le phénomène des
euro-crédits, 150 s.; J.L. HERRENSCHMIDT, 33; nella nostra letteratura, G. GIANNELLI e A.
DELL’OSSO, 7 e 21 ss.; in tema di sindacati di collocamento, v. M. EROLI, 9.
Bisogna, tuttavia, precisare che non si tratta di uniformità assoluta, bensì differenziata (o relativa se si vuole), a seconda della complessità e della struttura del prestito. È evidente, cioè, che i modelli cambiano se, per esempio, è presente o meno la capofila, una
garanzia ipotecaria e così via (per l’esistenza di una variegata tipologia di standards contrattuali, E. ROPPO, 45 ss., spec. 49 ss., il quale rileva come, contrariamente ad una diffusa convinzione, anche nei rapporti tra imprenditori possono contrapporsi contraenti forti
e deboli); ma v., diversamente, F. MERONE, 5 s. e 11, secondo cui nei prestiti sindacati
«non c’è nulla di standardizzato»; e, nel diritto spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 64.
72
Il mancato utilizzo di tale facoltà esclude, in radice, che vi sia una compressione
dell’autonomia privata in materia di finanziamenti in pool: è discussa, peraltro, la portata
dell’art. 117, comma 8°, Tub e si tende a negare che la norma si ponga in contrasto con il
IL PROBLEMA
23
va naturale riconoscimento proprio con riguardo ai tipi sociali 73, ma che
non è stato esercitato nel caso di specie 74.
principio sancito dall’art. 1322, comma 2°, c.c. (così, U. MAJELLO, Problematiche, 319 s.),
esprimendo piuttosto un favor per l’uniformità dei linguaggi informativi, senza precludere la libertà di stipulare contratti atipici (con efficacia, parlando di un fenomeno di connotazione, G. DE NOVA, Trasparenza e connotazione, 937 ss.; analogamente, E. CAPOBIANCO, 226 s.; A. MIRONE, Standardizzazione dei contratti bancari, 47 ss.; ID., Le “fonti private”, 280 ss., che rileva come il potere in questione sia stato utilizzato, non a caso,
rispetto ad obbligazioni bancarie, buoni fruttiferi e certificati di investimento; U. MORERA, I profili, 346 s.; C. SILVETTI, 369 s.; Gio. TUCCI, 330 s.).
Sono piuttosto frequenti, tuttavia, interpretazioni più forti: tra gli altri, V. BUONOCORE, Riflessioni, 182 s.; S. FORTUNATO, I contratti bancari, 17; U.M. GIORDANO, 1254,
per il quale si tratta di una tipizzazione amministrativa, diversa ed ulteriore rispetto a
quella legale e sociale; G. GITTI, Autorità indipendenti, 261 ss.; R. LENER, Forma contrattuale, 201, il quale parla di una forma-contenuto, volta a rendere tipici i contratti che
vi sono soggetti; G. MINERVINI, Dal decreto, 830; A. NIGRO, La nuova normativa, 579 s.
e 583, che taccia la norma di incostituzionalità.
73
Per tutti, G. DE NOVA, Trasparenza e connotazione, 939 s.
74
Si tratta, piuttosto, di una circostanza presumibilmente favorita, oltre che dalla naturale propensione delle banche verso la standardizzazione (tra gli altri, F. ALCARO, 116
ss.; C.M. PRATIS, Banca, 239; S. FORTUNATO, I contratti bancari, 16 ss.; A. MAISANO,
Trasparenza e riequilibrio, 140 ss.; amplius, nell’ottica della tutela della concorrenza, A.
MIRONE, Standardizzazione dei contratti bancari, 117 ss., spec. 164 ss.), anche dall’attività della Loan Market Association (per questa considerazione, Y. ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A. KARA, 12; Y. JETTER, Rd. 19; K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 1; cfr.,
altresì, B. MARTÍN BAUMEISTER, La transmisión, 1 s.).
In effetti, siffatta associazione, nata a Londra nel dicembre del 1996, è stata costituita
da alcuni operatori finanziari con il dichiarato intento di favorire la negoziazione di prestiti già originati, ostacolata fino ad allora dalla scarsa liquidità e, per l’appunto, dall’assenza di pratiche uniformi. In proposito, B. BRUNO, 61 ss., per la quale l’associazione ha
di fatto fornito una risposta alla comunità bancaria, interessata alle opportunità offerte da
un mercato secondario sufficientemente liquido ed efficiente. In seguito, nel 1998, è stata
fondata a Hong Kong la Asia Pacific Loan Market Association, sulla scia del modello
statunitense e di quello europeo; e v., anche, E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 49 s.; EAD.,
La syndication indirecte, 293 s. Non è casuale la scelta di Hong Kong, in quanto «prime
syndication centre in East Asia»: S. HURN, 28 e 63 s. Analogamente, negli Stati Uniti già
sorgeva a New York, nel 1995, la Loan Syndication and Trading Association (e v. B.
BRUNO, 56 ss.; E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 49 s.; EAD., La syndication indirecte,
293 s.; K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 1).
Ebbene, il mercato europeo dei prestiti sindacati si è sviluppato specialmente grazie
all’attività della LMA e proprio per questo non si può prescindere dai contributi offerti da
tale organismo, cui appartengono anche diversi componenti italiani (e, precisamente, allo
stato, Banca Imi, Mediobanca, Monte dei Paschi di Siena e UBI Banca). Vale a dire che
bisogna prendere in considerazione anche le indicazioni ed i modelli elaborati da questa
istituzione, dei cui formulari hanno tenuto conto, del resto, diversi studi stranieri sul tema. Ne fanno uso e spesso ne riportano il contenuto, tra gli altri, per diritto tedesco, S.
24
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Data la complessità del tema, è ora opportuno fissare il modus procedendi della successiva indagine.
4. Impostazione dell’indagine. – Sono due i profili, intrecciati fra loro,
verso i quali deve orientarsi la riflessione: il tipo di obbligazione esistente
tra le varie banche e lo statuto normativo cui è sottoposta la capofila, in
modo da poter determinare e ricostruire, in entrambi i casi, la disciplina
di riferimento. Su tali aspetti bisogna verificare l’incidenza dell’inquadramento dei finanziamenti in pool, nella misura in cui ciò potrebbe essere
in grado di comportare la configurazione di una certa specie di obbligazione (soggettivamente semplice, complessa o collettiva); nonché di imporre l’applicazione alla capofila di talune disposizioni, anziché di altre,
dal punto di vista del ruolo gestorio.
In quest’ottica, appare anzitutto necessario individuare la struttura dei
prestiti sindacati e la tipologia della realtà, isolando le ipotesi rilevanti
dalle altre, vuoi perché inconsistenti (sebbene consuete tra alcuni interpreti), vuoi perché inidonee a determinare differenze sul piano delle regole
applicabili. Solo dopo questo passaggio “morfologico”, sarà possibile
evidenziare i limiti con cui è stato sinora affrontato il tema nei pochi contributi esistenti in materia all’interno della nostra letteratura 75. Acquisita
questa consapevolezza, potrà procedersi con l’analisi dell’operazione creditizia in sé e della rispettiva regolamentazione, legale e convenzionale, a
partire dal necessario chiarimento circa l’esistenza di un unico finanziamento, ovvero di una pluralità di erogazioni, in corrispondenza del numeBRANDT u. J. SONNENHOL, 2330; O. ROSSBACH, Rd. 11.209 ss., 1415 ss.; J. WENZEL, 56
ss. e 475 ss.; in Francia, E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 47 ss., 359 s. e 364 ss. Il che
non è dissimile da quanto accaduto per i consorzi di collocamento, rispetto all’elaborazione effettuata dall’International Capital Market Association (ICMA), associazione
che oggi ricomprende anche l’International Primary Market Association (IPMA): R. LENER, Consorzi internazionali, 179.
Può risultare tuttora utile, poi, la lettura del Loan Agreement: Empresa Nacional de
Electricidad S.A., in J.B. BLAISE, P. FOUCHARD et P. KAHN, 683 ss.; e v., anche, per diritto tedesco, i modelli riportati da: S. BRANDT u. J. SONNENHOL, 2355 ss.; F. DE MEO u. T.
HOFFMANN, Konsortialkreditvertrag, 396 ss.; IID., Konsortialvertrag, 415 ss.; A. FRÜH u.
C. MÜLLER-ARENDS, Rd. 3/343; nonché, nella dottrina svizzera, da R. FRANCIONI, 170
ss.; e, in Portogallo, da L. VASCONCELOS ABREU, 545 ss.
75
Si rinvia a quanto si osserverà infra nei §§ da 1 a 6, Capitolo Secondo.
IL PROBLEMA
25
ro degli intermediari partecipanti. Questo tipo di valutazione dovrebbe
servire a respingere che la ricostruzione della posizione dei cofinanziatori
possa trovare risposta nel prestito in senso stretto.
In seguito, dovrà verificarsi se la relazione intercorrente tra le banche
sindacate sia dotata o meno di una sua autonomia negoziale e, in caso affermativo, diventerebbe indispensabile conoscerne le regole di riferimento. Ciò non significa affatto escludere che la designazione della capofila
integri gli estremi di un ulteriore rapporto contrattuale. Il punto è che un
esame del genere si colloca logicamente dopo l’individuazione dell’intesa
intercorrente tra le varie banche 76, essendo questa capace di incidere, a
valle, sull’individuazione del ruolo svolto dalla lead manager 77.
All’esito di siffatta indagine, una volta conosciute le regole di base applicabili alle banche, sarà consentito analizzarle più nel dettaglio, distinguendo la posizione della capofila da quella degli altri partecipanti 78, attraverso lo sviluppo delle conclusioni (necessariamente intermedie) raggiunte.
76
Cui è dedicato il Capitolo seguente, ad iniziare dal § 7.
Si veda quanto si dirà infra nel Capitolo Terzo, Sezione Prima.
78
È quanto si ricostruirà, rispettivamente, nelle due Sezioni del Capitolo Terzo.
77
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
147
In effetti, il contrasto tra il carattere occasionale del rapporto e la fattispecie consortile potrebbe essere superabile, ma non senza zone d’ombra 463. Di certo, il periodo decennale (art. 2604 c.c.) è derogabile e questo significa che può essere anche inferiore ai dieci anni, indicati in via
suppletiva. Altrettanto vero è che il sindacato possiede la stessa durata
del finanziamento e ciò non esclude, quindi, l’operatività del consorzio
per un tempo significativo 464. Può trattarsi, infatti, sovente di termini
pluriennali, sino a poter raggiungere anche tempi maggiori del decennio 465. Potrebbe, però, anche accadere il contrario e cioè che il prestito
sia di breve durata ed a struttura semplice, ad esempio con erogazione e
restituzione in un’unica soluzione 466.
Affiora, in quest’ottica, la connessione con l’altro motivo d’incertezza
summenzionato, ossia quello riguardante l’esistenza, nel caso di specie,
della disciplina o dello svolgimento di determinate fasi delle rispettive
imprese. Al riguardo, deve osservarsi come la soluzione positiva potrebbe essere agevolata dalla dilatazione dello schema consortile apportata
dalla riforma del 1976 467. Da tale prospettiva, appare evidente che una
visione ampia della nozione de qua – capace di ricomprendere qualsiasi
In effetti, si ritiene che l’art. 2605 c.c. – con cui i consorziati sono obbligati a consentire i controlli e le ispezioni da parte degli organi consortili, in vista dell’adempimento
delle rispettive obbligazioni – rappresenti una norma compatibile con la finalità di cooperazione interaziendale, sebbene tipicamente dettata per i patti limitativi della concorrenza (e v. G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 363).
463
Anche di recente, v. M. GRANIERI, 938, secondo cui lo strumento del consorzio
può costituire «un’occasione (temporanea) di cooperazione».
464
Del resto, anche i contratti di credito possono rientrare tra quelli di durata, specialmente se si muove dal presupposto che non è necessario un adempimento durevole,
quanto piuttosto «una utilità durevole proporzionale alla durata del rapporto» (per tale
affermazione e per la relativa elaborazione, A. LUMINOSO, Il rapporto, 509 ss. e 523 ss.).
465
Si pensi ad un prestito a lungo termine ed al relativo piano di ammortamento.
466
Sotto altro profilo, è bene precisare che la presenza di una simile caratteristica,
ossia del carattere sporadico del finanziamento in pool, è comunque idonea a consentire il rispetto dei principi – operativi, tecnici e giuridici – che presiedono all’esercizio
dell’attività creditizia e, in specie, di quelli che regolano l’erogazione dei prestiti (lo
afferma, F. CAPRIGLIONE, I consorzi bancari, 46, nt. 24, che aggiunge, altresì, «l’espressa previsione dell’obbligo per ciascuna banca erogante di effettuare le scritture
contabili di propria pertinenza e, conseguentemente, di eseguire le relative segnalazioni dovute alla Centrale dei rischi»).
467
Profilo già evidenziato supra al § 12 del presente Capitolo.
148
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
attività svolta nell’interesse dei consorziati 468, come emerge da alcune esemplificazioni contenute nella legislazione speciale 469 – sarebbe forse in
grado di far rientrare nell’oggetto di un consorzio anche la concessione e
l’amministrazione di un prestito.
Nondimeno, una concezione più rigorosa del concetto di “fase”, parimenti sostenuta 470, porterebbe ad escludere che questa possa consistere
nella mera erogazione e gestione di un finanziamento comune, trattandosi
di un singolo atto posto in essere dall’impresa bancaria; là dove, verosimilmente, il legislatore ha in mente una collaborazione più intensa tra i
vari imprenditori rispetto a frazioni autonome delle rispettive attività 471.
In definitiva, la configurazione degli estremi della fattispecie consortile (a rilievo interno) appare molto incerta. Ciò non significa, tuttavia, escludere anche l’eventuale applicazione in via analogica della relativa disciplina alla convenzione interbancaria 472, a patto di riconoscerne il ca468
Per quest’orientamento, P. SPADA, Funzione e organizzazione, 249 ss.; A. PIRAS,
L’esperienza, 240; e v., anche, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 91 s.; L. DE
ANGELIS, Sulla possibilità, 1381; F. GALGANO, Le «fasi dell’impresa», 1 ss.; R. SANTAGATA, 335; M. SARALE, 441; V. RICCIUTO, Struttura e funzione, 262 ss.; in giurisprudenza, Cass., 18 marzo 1995, n. 3163; Cass., 9 luglio 1993, n. 7567; Cass., 14 aprile 1988, n.
2961, secondo cui l’attività consortile può consistere non solo nella stipulazione di
un’assicurazione contro i rischi della merce trasportata dai singoli consorziati, ma anche
nella gestione del contratto stesso in occasione di un sinistro.
469
In proposito, L. DE ANGELIS, Sulla possibilità, 1382 s.; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 116; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 4 e 17 s.; A.
PIRAS, L’esperienza, 240 s.; P. SPADA, Funzione e organizzazione, 250.
470
In questa direzione si collocano coloro i quali svalutano l’innovazione legislativa
del riferimento alle fasi delle rispettive attività, pensando che, sotto questo profilo, nulla
sia cambiato, volendosi soltanto ribadire la necessaria autonomia delle imprese e sottolineare, così, la differenza con le forme di integrazione concernenti l’intero ciclo produttivo, tali da comportare, perciò, la perdita dell’individualità economica dei consorziati: R.
FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 106 e 108; ID., La nuova disciplina,
296 s.; G. MARASÀ, Prime valutazioni, 536 s.; L.F. PAOLUCCI, I consorzi, 455.
471
A quanto consta, G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 332 s., per la quale si tratta di
una qualsiasi delle parti in cui il processo produttivo può essere idealmente diviso.
472
Nell’ambito della coassicurazione, qualche spunto in tale verso in An. DONATI,
Trattato, n. 216, 475, che postula, per certi accordi, l’applicabilità analogica delle norme
dettate per i consorzi, quando sussiste un coordinamento dell’attività, pur in assenza di
un’organizzazione comune. È bene chiarire che i dubbi riportati nel testo non riguardano
solo siffatto elemento (cui è riservato il paragrafo precedente), ma anche gli altri previsti
dalla nozione contenuta nell’art. 2602 c.c.
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
149
rattere associativo, alla stregua del consorzio 473. Questo itinerario costituisce una logica conseguenza della difficoltà di riportare l’intesa de qua
nell’alveo dei contratti nominati, restando quindi confinata nell’area dell’atipicità. Una soluzione del genere si giustifica, come è ovvio, se sussistono i presupposti per l’analogia, in punto di fattispecie e di ratio delle disposizioni oggetto di estensione. E, sul piano del risultato applicativo, sarebbe senza dubbio più appagante rispetto all’impiego (in via diretta) delle
sole prescrizioni riferibili ai contratti plurilaterali con comunione di scopo 474, per quanto tali disposizioni non siano del tutto prive di utilità 475.
473
Avente pur sempre tale natura, anche se a rilievo interno, come generalmente riconosciuto in letteratura: P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, 377 s., nt. 26, che reputa
sufficiente il carattere meramente interno dell’organizzazione instaurata tra le parti; R.
FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 83; L.F. PAOLUCCI, Consorzi, 448; G. PERONE, 8 e 207; V. RICCIUTO, Struttura e funzione, 168 ss. e 259 ss.; già, M. GHIRON, 98 s.
Tale conclusione è stata più volte sostenuta nell’ambito degli studi sul contratto plurilaterale: A. BELVEDERE, 676 s.; F. MESSINEO, La struttura della società, 80, che parla
di piena identità di interessi nei consorzi e nei sindacati azionari; V. SALANDRA, Il contratto plurilaterale, 837; B. INZITARI, Riflessioni sul contratto plurilaterale, 520.
Se si è ben inteso, non è diversa (in quanto prettamente riferita ai contratti plurilaterali a rilevanza esterna) l’impostazione di P. SPADA, La tipicità delle società, 126, 140 ss. e
190 s., secondo cui lo svolgimento dell’attività comune costituisce l’essenza dei fenomeni associativi (a rilievo reale) e non può consistere nella semplice organizzazione.
474
Ed infatti, nell’analogo contesto dei raggruppamenti temporanei di imprese, la
conclusione propensa ad individuare un contratto associativo atipico è stata messa in discussione osservando che non offrirebbe, di per sé, spunti decisivi rispetto alla ricostruzione delle regole applicabili: in luogo di altri, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture,
342, secondo cui una simile qualificazione assume una modesta incidenza sul piano giuridico; F. BENATTI, Associazioni temporanee di imprese, 92.
Per questo motivo, ad esempio, si è ritenuto che la responsabilità degli appaltatori associati negli appalti privati debba essere regolata, in mancanza di apposita disciplina legislativa, unicamente dalle previsioni che gli stessi coventures hanno tra loro concordato:
per tutti, G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 97.
Altra e differente critica è stata mossa da D. BONVICINI, Le “joint ventures„, 153 s.,
per il quale vi sarebbe il rischio di sfociare nella società di fatto. In contrario, deve dirsi
che una data ricostruzione, se imposta dal corpus normativo e da una sua corretta esegesi, non può certo essere scartata per il pericolo di confusione con istituti affini; né appare
chiaro perché questo inconveniente vi sarebbe solo qualora l’indagine sulle unioni momentanee d’imprese portasse alla conclusione dell’esistenza di un contratto associativo
atipico, ma non in altri casi.
475
Il pensiero corre alle poche norme tipicamente dettate per la categoria, ossia agli
artt. 1420, 1446, 1459 e 1466 c.c. (e v. A. BELVEDERE, 660 ss.; F. MESSINEO, La struttura della società, 85 ss.), sebbene la loro portata sia stata spesso fortemente ridimensionata (con decisione, B. INZITARI, Riflessioni sul contratto plurilaterale, 519 s.; poi, Gia.
150
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Un simile percorso ricostruttivo obbliga, però, a risolvere in senso positivo il dubbio circa la liceità di contratti associativi innominati all’interno del nostro ordinamento 476. Questo tipo d’indagine riveste carattere
preliminare poiché, se risolta in via affermativa, può consentire, per l’effetto, di chiarire se, ed in quali termini, la convenzione interbancaria è definibile come un contratto (atipico) appartenente a tale categoria, cui applicare per analogia le norme sui consorzi interni. Altrimenti, questa seconda riflessione non avrebbe alcun senso.
15. Segue. Contratti associativi atipici e convenzione interbancaria. –
Il problema dell’ammissibilità di contratti associativi atipici costituisce
disputa alquanto complessa 477, giacché finisce per ricollegarsi a questioni
di vertice, quali la tipicità delle società ed il significato del principio posto nell’art. 2249 c.c.
Una tematica del genere non può certo essere affrontata in questa sede
e, perciò, se ne farà cenno al solo scopo di chiarirne l’incidenza ai fini
che qui interessano. In proposito, occorre verificare se esiste o meno una
compressione dell’autonomia privata nell’ambito dei contratti associativi
e, in caso affermativo, indagare fino a che punto la stessa sia idonea a
VILLA, Inadempimento e contratto plurilaterale, 52 ss.); oltre che, come naturale, alle
stesse disposizioni dettate per il contratto in generale nei limiti in cui siano riferibili anche ai negozi plurilaterali (in tema di consorzi, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 83 ss.).
476
Alla cui indagine è dedicato il paragrafo successivo.
477
In termini negativi, presupponendo che i fenomeni nominati riescano ad esaurire
ed a soddisfare tutti gli schemi associativi possibili, B. INZITARI, Riflessioni sul contratto
plurilaterale, 520 s., secondo cui l’autonomia privata «risulta inevitabilmente compressa» al riguardo; G. SANTINI, Associazione, 715, per il quale la disciplina dell’associazione non riconosciuta è così elastica da «render legittimo il dubbio se realmente esistano in
questo campo contratti innominati, i quali non possano essere ridotti in un tipo di associazione legislativamente determinato».
Per una diversa impostazione, D. RUBINO, Le associazioni non riconosciute, 35 s., a
parere del quale il legislatore disciplina le principali figure associative, tralasciandone
altre, «tutte atipiche»; F. GALGANO, Delle associazioni non riconosciute, 30 ss.; ID., Le
associazioni, 51 s., per il quale nulla si oppone, in linea di principio, alla validità di una
causa associativa atipica; nonché, G. MARASÀ, “Le società” senza scopo di lucro, 186
ss. e 333 s.
La dottrina civilistica, talvolta, si limita solo a sollevare il problema: G. MIRABELLI,
Delle obbligazioni, 20; cfr., altresì, S. MAIORCA, 17.
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
151
precludere la stipula di negozi con comunione di scopo differenti dalle
ipotesi tipicamente disciplinate dalla legge 478.
Di regola, la libertà di stipulare contratti atipici non è in discussione
nel momento in cui ricorre la meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti ex art. 1322, comma 2°, c.c. Il discorso muta quando il legislatore, sulla scorta di esigenze all’evidenza ritenute prevalenti, ritiene di dover limitare in un certo ambito l’autonomia privata.
Sembra rientrare, a prima vista, in questa seconda ipotesi la regola del
numerus clausus delle società. Come risaputo, la facoltà di scelta dei modelli societari entro schemi normativamente predefiniti ex art. 2249 c.c. ha suscitato l’attenzione degli interpreti tanto in rapporto con la regola per la quale le parti possono determinare liberamente il contenuto del loro accordo nei
limiti imposti dalla legge (art. 1322, comma 1°, c.c.) 479; quanto, altresì, con
quella che consente ai contraenti di stipulare contratti non appartenenti ai
tipi aventi una disciplina particolare, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico (art. 1322, comma 2°, c.c.) 480.
Secondo il modo tradizionale di intendere la tipicità societaria, si ravvisa, nel quadro legislativo appena delineato, una limitazione per quanto
riguarda la conclusione di negozi associativi innominati e, quindi, una vistosa deroga ai principi di diritto comune, postulando principalmente uno
dei classici divieti in materia, ossia quello di stipulare società atipiche 481.
478
Per esigenze di chiarezza, è bene precisare che il riferimento ai contratti plurilaterali
è qui inteso (come, del resto, già accaduto in fine del paragrafo precedente) come equivalente di contratto associativo (o con comunione di scopo), a prescindere dalla presenza di
due o più parti, senza alcun intento di presa di posizione sulla distinzione tra le due tipologie. È risaputo, infatti, che si tende a discernere il contratto plurilaterale da quello con comunione con scopo, poiché tale comunanza può mancare nonostante la presenza di più parti (cfr. G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 20 s. e 59, che fa l’esempio della divisione; amplius, L. FARENGA, 109 ss., per l’individuazione di una serie di ipotesi di contratti plurilaterali di scambio); anche se non mancano eccezioni, nel senso di identificare tout court il
contratto plurilaterale con quello associativo (e v. G. FERRI sr., Le società, n. 31, 118 ss.).
479
In luogo di altri, Ar. DALMARTELLO, Società tipiche, 219 ss., che reputa intatta tale facoltà in relazione alla stipula di società tipiche con clausole atipiche.
480
Per una recente applicazione del controllo di meritevolezza, in relazione alla funzione amministrativa della s.p.a., P.M. SANFILIPPO, 561 ss., spec. 565 ss., secondo cui si
tratta di una tecnica valida anche per selezionare i limiti dell’autonomia statutaria.
481
Con forza, A. GRAZIANI, Diritto delle società, n. 8, 13 s., per il quale l’art. 2249
c.c. postula un principio di tassatività dei tipi societari e «si pone certamente in rapporto
di eccezione a regola di fronte alla disposizione generale dell’art. 1322 c. II c.c.»; Ar.
152
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
A questa concezione, tuttavia, se ne è contrapposta un’altra, in virtù
della quale l’ordinamento non intende porre un freno alla predisposizione
di nuovi tipi societari, ma piuttosto mira a prestabilire dei regimi residuali
ed inderogabili dell’iniziativa societaria, in quanto la società in nome collettivo e quella semplice non costituirebbero dei modelli a sé stanti, bensì
mere discipline suppletive dell’attività commerciale e non 482.
DALMARTELLO, Società tipiche, 221 s., che rirmarca la sensibile deroga alla norma generale dell’autonomia contrattuale e, in particolare, all’art. 1322, comma 2°, c.c.; P. GRECO,
Le società, n. 33, 58 s., che parla di numero chiuso; G. ROMANO-PAVONI, La «tipicità»
delle società, 370 ss.; R. BOLAFFI, 71 ss., secondo cui il riconoscimento dei contratti atipici non può che avvenire al di fuori di quelli nominati, dovendo altrimenti utilizzarsi
questi ultimi ove le parti intendano perseguire una causa tipica, come quella societaria;
poi, P. ABBADESSA, Le disposizioni, 38 s.; U. MORELLO, 58 s., per il quale l’inammissibilità di nuove strutture associative, diverse da quelle regolate dal codice e da leggi speciali, è affermato con forza per ragioni di ordine pubblico.
482
Il chiaro riferimento è a P. SPADA, La tipicità delle società, 93 ss. e 435 ss., il quale si basa su di una radicale rivisitazione degli elementi tipologici delle società, appunto
per giungere alla conclusione dell’assenza di elementi distintivi nella società semplice ed
in quella in nome collettivo, figure prive di una precisa identità sul piano negoziale e riconducibili al terreno dei «fatti giuridici», anziché a quello contrattuale; di recente, ancora, ID., Commento all’art. 2249, 101, secondo cui nella «letteratura informativa contemporanea resta corrente l’attribuzione all’art. 2249 c.c. del significato precettivo tradizionale. E questo legittima oggi l’utilità conoscitiva di una rivisitazione dell’art. 2249 c.c.».
Per alcune specifiche critiche, P. ABBADESSA, Le disposizioni, 39 s., nt. 105, che ricollega la scelta dei tipi elementari ad opera dei contraenti ad un comportamento socialmente significativo, anziché ad una loro dichiarazione; G. FERRI sr., Le società, n. 17, 70
ss., per il quale pure la società semplice costituisce un tipo dotato di sue proprie caratteristiche; e, specialmente, F. DI SABATO, n. 16, 56 ss., secondo cui l’attività in comune, anche in caso di s.n.c., è sempre ricollegabile ad una scelta delle parti, scelta che viena apprezzata dall’ordinamento «come espressione di autonomia negoziale, a nulla rilevando
che la disciplina di quest’attività sia dettata inderogabilmente dal legislatore».
In argomento, altresì, A. MORELLO, 3 ss., secondo cui sarebbero ammissibili le società atipiche e l’autonomia privata risulterebbe addirittura potenziata dall’art. 2249 c.c.
(81), qualificando singolarmente come atipiche tutte le società che contengono clausole
contrarie a norme imperative e negando che la sanzione possa essere, al riguardo, la nullità della singola previsione o dell’intera società; per una limitata apertura nel vigore del
codice di commercio, rispetto all’art. 77 cod. comm., LA LUMIA, 220 ss., per il quale non
si possono costituire società atipiche dotate di personalità giuridica; mentre, fatta eccezione per tale limite, contratti innominati di società sarebbero da reputarsi leciti, salva la
nullità (soltanto) della singola clausola contraria a norma coattiva o all’ordine pubblico,
ferma restando la validità del negozio nel suo complesso (226 s.).
Da ricordare, ancora, l’isolata e peculiare posizione di Ferrara jr., che reputa ammissibili le società atipiche quale conseguenza della liceità di quelle occulte, non riassumibili in alcuno dei tipi di società, né in seno all’associazione in partecipazione (la tesi si trova esposta in F. FERRARA jr. e CORSI, n. 7.16, 201 ss.).
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
153
Questo dibattito finisce inevitabilmente per incidere sul problema della stipula di contratti associativi atipici, per l’ovvio rilievo che la società
costituisce il prototipo della categoria 483; e, per l’effetto, rappresenta il
principale referente normativo per la ricostruzione della relativa disciplina 484. Come noto, la regolamentazione dettata per i contratti con comunione di scopo è estremamente scarna e consta di quattro norme di carattere generale, ispirate dal principio di conservazione del contratto 485, al di
fuori delle quali si pone un delicato problema di integrazione normativa,
al fine di colmare il vuoto legislativo.
A tale scopo, sembra inevitabile doversi rifare tanto alle regole di diritto societario, quanto alla disciplina generale dei contratti, l’applicazione della quale sarebbe, invero, preclusa qualora si negasse natura contrattuale agli accordi associativi. Siffatta evenienza è stata, tuttavia, smentita
dallo stesso legislatore del 1942, perché le teorie “acontrattuali” sono respinte in modo espresso con l’unificazione dei codici. È quanto accaduto
specialmente per la tesi dell’atto collettivo, elaborata con riferimento alla
costituzione delle società, per via del testuale riferimento al contratto
contenuto nella nozione legislativa posta nell’art. 2247 c.c., ma non solo 486. Anche le norme tipicamente dettate per i negozi plurilaterali (artt.
483
Ex multis, V. SALANDRA, Il contratto plurilaterale, 837; P. ABBADESSA, Le disposizioni, 5 ss.; Gia. VILLA, Pluralità, 201.
484
Tra molti, Gia. VILLA, Pluralità, 201, per il quale la stessa genesi delle norme dettate per i contratti plurilaterali rivela come i redattori del codice non avessero di mira la
soluzione di conflitti giuridici concreti, ma operassero identificando modello societario e
rapporto plurilaterale, nell’ottica di una presa di posizione sulla sua natura contrattuale.
485
Specialmente, T. ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, 290 s.; B. INZITARI, Riflessioni sul contratto plurilaterale, 519 s.; G. MARASÀ, Le società, 9 s., che parla di regole
ispirate dall’unico obiettivo di assicurare la sopravvivenza del rapporto al ricorrere di
alcuni eventi; Gia. VILLA, Pluralità, 200 ss., per il quale si tratta di un risultato cui può
pervenirsi con la semplice applicazione del principio di conservazione, anche in assenza
di specifiche disposizioni; nonché, M. TUOZZO, Riflessioni, 138 s.
486
Come ovvio, all’epoca in cui si è posto il problema, la società non poteva mai essere fondata con atto unilaterale, con la conseguenza che la disputa verteva, in linea assoluta, sulla natura meramente negoziale, ovvero contrattuale della costituzione di società.
Celebre è la tesi di F. MESSINEO, La struttura della società, 65 ss., spec. 73 ss., ad avviso
del quale società e negozio plurilaterale costuiscono esemplari di atto collettivo (e non
complesso come lo stesso Autore aveva in un primo momento ritenuto), di natura negoziale, ma non contrattuale, in quanto si hanno più volontà «disposte parallelamente»,
senza che si abbia fusione tra loro, poiché ciascuna conserva la propria autonomia.
154
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
1420, 1446, 1459 e 1466 c.c.) operano un chiaro riferimento ad un’intesa
avente tutti i connotati dell’art. 1321 c.c.; prescrizione che, del resto, contempla pure l’accordo di più di due parti 487.
Simile approdo conduce, senza dubbio, a valutare l’eventuale applicazione delle regole generali sul contratto, contenute nel titolo II del libro
IV del codice civile, anche ai rapporti associativi 488; specialmente allorché si tratti di disposizioni relative alla fase genetica dell’accordo 489. E,
tra queste, rientra l’art. 1322 c.c., idoneo a consentire la stipula di contratti non appartenenti ai tipi aventi una disciplina particolare, purché diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico. Se così fosse, il problema sarebbe presto risolto in senso positivo, ma non è
tanto semplice.
Ed invero, il ricorso alle norme di diritto comune sembra essere naturalmente posposto rispetto alla ricerca di altre, e più specifiche, prescrizioni in grado di completare la disciplina dei rapporti associativi. Questa
riflessione s’impone perché le previsioni dettate per il contratto in generale presuppongono – ed hanno presente – il modello dei negozi corrispettivi, come dimostra il fatto che, tra queste, il legislatore ha sentito il
bisogno di predisporne anche quattro appositamente dedicate ai contratti
con comunione di scopo, in luogo di quelli di scambio.
Invero, tale posizione è rimasta isolata, giacché la dottrina assolutamente prevalente ha da subito rilevato che il legislatore del 1942 risolve la questione tramite il riconoscimento espresso della natura contrattuale all’atto plurilaterale ed alla società (e v. T.
ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, 262 ss.; R. BOLAFFI, 83 ss.; L. FARENGA, 53 ss.;
G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 21; V. SALANDRA, Il contratto plurilaterale, 837,
nt. 3), ritenendo la contrattualità un dato da cui prendere le mosse e non risultato cui
pervenire (così, P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, 78 ss.; per un’adesione, P. ABBADESSA, Le disposizioni, 8). Ciò non impedisce, comunque, di svalutare il ruolo prettamente negoziale del fenomeno societario (e, in particolare, azionario), specie nella
sua fase attuativa (su tutti, C. ANGELICI, 193 ss. e 263 ss.; e, per una recente marginalizzazione del contratto a mero presupposto patrimoniale del regolamento societario
organizzativo, di carattere non negoziale, E. GINEVRA, 300 ss.; ma, diversamente, F.
DENOZZA, 480 ss., spec. 486 ss.).
487
In luogo di altri, P. ABBADESSA, Le disposizioni, 8; poi, A. BERTOLOTTI, 104.
488
Come naturale, la rilevanza applicativa della disputa risiede proprio nella riferibilità o meno delle norme sui contratti anche agli accordi plurilaterali: G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 20.
489
Rispetto alle quali se ne riscontra la tendenziale compatibilità: A. BERTOLOTTI,
109 ss.
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
155
Ciò significa che occorre guardare alle regole di diritto societario, con
l’inevitabile problema dell’applicazione dell’art. 2249 c.c, in luogo del
principio codificato nell’art. 1322, comma 2°, c.c., muovendo appunto
dal duplice rilievo che le società rappresentano il prototipo dei contratti
con comunione di scopo e che la disciplina (generale) del contratto è per
lo più modellata sui negozi corrispettivi 490.
L’estensione della portata del divieto di stipulare società atipiche – se
inteso nel modo tradizionale – non appare, tuttavia, in grado di condurre
ad una netta preclusione della facoltà di stipula di contratti associativi innominati 491. A tale questione è plausibile che si debba dare una risposta
differenziata, a seconda del contratto associativo preso in considerazione,
argomentando dalla ratio dell’art. 2249 c.c. Attraverso questa disposizione, l’ordinamento giuridico intende tutelare i terzi rispetto a quei negozi
che esplicano la propria rilevanza anche all’esterno, oltre le parti contraenti, prestabilendo per questo motivo delle forme organizzative utilizzabili a tal fine 492.
In altre parole, la tipicità societaria esprime la sua ragione giustificatrice nell’esigenza, in particolare, di tutela dei soggetti destinati ad entrare in contatto con l’impresa e, pertanto, per costoro deve essere possibile conoscere preventivamente la struttura essenziale dell’organismo
prescelto e la relativa disciplina di protezione 493.
490
E, perciò, la sua applicazione a quelli associativi è naturalmente problematica: rispetto ai consorzi, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 83 ss.
491
Ciò varrebbe a fortiori se si seguisse la differente tesi di Spada, in quanto non sarebbe nemmeno ravvisabile una limitazione dei privati nell’art. 2249 c.c. (e v. quanto
detto supra nel testo e nella nt. 482, all’interno di questo paragrafo).
492
Basti il riferimento a: A. GRAZIANI, Diritto delle società, n. 8, 14, a parere del
quale «dal negozio di società consegue la creazione di una organizzazione, destinata a
svolgere nei confronti di terzi attività economica: a garanzia di costoro, l’autonomia privata è ristretta alla scelta fra i tipi di società previsti dalla legge»; poi, F. DI SABATO, n.
16, 55, che parla di rilievo reale, e non meramente obbligatorio, del fenomeno societario.
Si veda, altresì, P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, 373 ss., il quale ammette la
facoltà di alterare le strutture previste, ma intravede una limitazione ed una rigidità nel
momento in cui si tratta di fenomeni ad efficacia reale, ossia destinati ad incidere nella
sfera dei terzi.
493
Espressioni di G.C.M. RIVOLTA, Diritto, 117 ss., secondo cui ciò presuppone
che vi sia un nucleo di norme inderogabili per ogni ente societario, per lo più quelle relative all’imputazione degli atti ed alla responsabilità per le obbligazioni; in precedenza, Ar. DALMARTELLO, Società tipiche, 226 s., che sottolinea come il contratto di so-
156
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Ebbene, nel caso di specie, non si rinviene una situazione del genere,
in virtù del rilievo meramente interno della convenzione interbancaria 494. In primis, non viene in evidenza alcun problema di tutela dei terzi e, in particolare, dei creditori, come accadrebbe, di contro, dinanzi ad
un contratto associativo a valore extraindividuale. In secondo luogo,
giova osservare che, una volta esclusa la riconducibilità della convenzione interbancaria alla società ed ai consorzi, nemmeno può postularsene l’inquadramento in seno alle associazioni in senso stretto 495, proprio perché queste ultime, a tacer d’altro, hanno comunque carattere
esterno 496.
Dinanzi ad intese associative di natura prettamente interna 497, dunque,
nulla osta ad una piena applicazione dell’art. 1322, comma 2°, c.c., come
molto spesso avviene implicitamente rispetto a contratti ritenuti associativi, ma non ricondotti in nessuno di quelli già disciplinati 498. Sovente, in
cietà abbia effetti «direttamente interessanti e rilevanti per i terzi»; P. ABBADESSA, Le
disposizioni, 39.
494
Aspetto di cui si è diffusamente rilevata la presenza in questo Capitolo, a partire
dal § 6; di recente, per la corretta presupposizione dell’assenza di un rilievo reale
nell’intesa intercorrente tra i cofinanziatori, P. CUOMO, 157, nt. 106.
495
Come vorrebbe una buona parte della dottrina, a giudizio della quale la disciplina
delle associazioni dovrebbe applicarsi in tutti i casi in cui non ricorra un’altra figura tipica: in luogo di altri, A. AURICCHIO, 874, che quindi nega la possibilità di una sicura definizione in positivo delle associazioni in senso stretto; all’opposto, F. GALGANO, Le associazioni, 52.
496
Per il riconoscimento di tale rilevanza nelle associazioni in senso stretto, F. GALGANO, Delle associazioni non riconosciute, 21; in seguito, M. TUOZZO, Il contratto, 229,
secondo cui nelle associazioni, a prescindere dal riconoscimento, vi sono sempre i caratteri tipici dei contratti associativi a rilievo reale, ossia la rilevanza esterna e l’autonomia
patrimoniale.
497
Sull’ammissibilità delle quali non vi è motivo di dubitare: T. ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, 287; P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, 377 s., nt. 26, secondo
cui l’organizzazione tipica di tali fenomeni «può ben assumere rilevanza in via primaria
tra le parti anziché nei confronti dei terzi»; L. FARENGA, 92 ss., per il quale l’attività interna segue regole ben precise fissate nel contratto ed è in sintesi «attività di organizzazione»; G. MARASÀ, Le società, 20 ss.
498
Argomentazione utilizzata finanche per risolvere il problema della società occulta
o interna: per tale posizione, G. ROMANO-PAVONI, La «tipicità» delle società, 367 ss. e
378 ss., secondo cui non si tratta di vera e propria società, né di associazione in partecipazione, bensì di contratto associativo atipico a carettere interno e, perciò, valido, non
essendoci contrasto con l’art. 2249 c.c.
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
157
effetti, si suole riportare, in seno alla categoria dei rapporti di organizzazione, negozi emergenti nella prassi e non appartenenti ad alcuno dei tipi
conosciuti dal legislatore. È quanto accaduto, fra l’altro, per altre tipologie di convenzioni interbancarie 499, così come in relazione ai patti parasociali 500; ovvero rispetto alle joint ventures 501.
499
E v. T.M. UBERTAZZI, 358 ss., che adotta tale qualificazione per le intese interne
tra le banche rispetto agli accordi di moratoria, replicando anche ad alcune possibili
obiezioni (363 ss.), ma non ritenendo essere un problema la natura atipica del contratto
posto in essere dai cofinanziatori.
500
Già ben prima del loro riconoscimento legislativo, gli accordi parasociali sono stati ricondotti in seno ai contratti associativi, specialmente con riferimento ai sindacati di
voto (e v. G. COTTINO, Le convenzioni di voto, 195 ss.; D. RUBINO, Le associazioni non
riconosciute, 35 s., nt. 1; L.C. UBERTAZZI, 214 ss.; G.A. RESCIO, 585 ss.; M. DA GRAÇA
TRIGO, 182; ancor prima, T. ASCARELLI, La liceità dei sindacati azionari, 258 s.; A. PEDROL, 48 ss.; V. SALANDRA, Il contratto plurilaterale, 837), dovendosi giustamente distinguere caso per caso anche sotto il profilo della struttura (in luogo di altri, F. DI SABATO, n. 27, 90 s.; L. FARENGA, 121 ss.).
501
In linea generale, si è prospettata per lo più una situazione di atipicità per i raggruppamenti transitori tra imprenditori, riportati per l’effetto in seno ai contratti associativi innominati: così, A. DE MARTINI, Associazioni temporanee, 6 s. e 9, secondo cui si
tratta di una soluzione di «ripiego», in virtù dell’impossibilità di ricorrere a strumenti
tipici; F. GALGANO, Tipicità ed atipicità, 16 ss., per il quale ricorre un contratto plurilaterale il cui referente esiguo è dato dall’art. 1322, comma 2°, c.c.; M. GALLETTI, 81 ss.; G.
GHIDINI, Atipicità, 1280 ss.; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 94 ss.; A. PIRAINO LETO, 237 s.; A. PIRAS, Nuove forme, 84 s.; P. ZANELLI, 953; ugualmente, M. FERRARO, 50 ss., spec. 65 ss.
Nel senso del contratto associativo atipico si esprimono varie pronunce giurisprudenziali: Cass., 24 febbraio 1975, n. 681; Trib. Venezia, 26 ottobre 2001; Trib. Genova, 24
maggio 1989; implicitamente, Cass., 16 febbraio 1963, n. 342, che sposa in pieno la decisione della Corte di Appello, ritenendo lecito ed innominato il contratto, ma in contrasto con l’ordinamento se stipulato tra una società di capitali ed una persona fisica o una
società personale, non potendosi configurare in tal caso un rapporto societario di fatto; e,
sia pure non senza ambiguità, Trib. Roma, 14 gennaio 1998, secondo cui l’associazione
temporanea di imprese costituisce «una figura atipica, certamente riconducibile però in
un rapporto, seppur sui generis, di mandato tra le partecipanti e la impresa designata come capogruppo».
Diversamente, in coerenza con le rispettive ricostruzioni, C.M. BIANCA, La gestione
in comune, 654, ad avviso del quale «l’atipicità del rapporto non comporta, tuttavia,
un’alterazione dello schema societario»; D. CORAPI, Le associazioni temporanee di imprese, 99, che aderisce in un primo momento alla tesi del contratto innominato, tesi abbandonata, poi, in virtù dell’ampliamento della nozione di consorzio per via delle leggi
30 aprile 1976, n. 374 e 10 maggio 1976, n. 377; ID., Joint-venture, 74, per il quale la
denominazione invalsa nella prassi non è in grado di delineare un preciso istituto giuridico, ma l’esame del fenomeno dal punto di vista economico-funzionale ne consente la
158
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Appreso che non vi è alcun ostacolo ad ammettere figure associative
atipiche a carettere interno, occorre dapprima riscontrare se nella convenzione interbancaria sussiste un interesse meritevole di tutela ex art. 1322,
comma 2°, c.c.; per poi verificare anche l’inesistenza di possibili impedimenti alla sua configurazione come contratto con comunione di scopo
privo di rilievo esterno.
Senza dubbio, quanto al primo profilo, l’interesse organizzativo sotteso alla convenzione interbancaria risulta essere degno di protezione secondo l’ordinamento giuridico, trattandosi di un elemento causale sotteso anche a negozi tipicamente disciplinati, quali i consorzi con attività interna.
Ed anzi, risponde appunto a tale finalità la ratio delle norme – organizzative – da estendere in via analogica all’assetto convenzionale predisposto
dalle banche, bisognoso in più punti di un’integrazione eteronoma 502, esriassunzione in seno ad un nucleo comune; nonché, in passato, Trib. Bologna, 3 maggio
1972. Più di recente si è, invece, diffuso l’orientamento (talvolta influenzato anche dall’ormai abrogato art. 37, comma 17°, c.c.p., ora art. 48, comma 16°, d.lgs. n. 50/2016,
così come in precedenza dall’art. 22, comma 3°, l. n. 584/1977) secondo cui il mandato
collettivo conferito alla capogruppo esaurisce i rapporti negoziali esistenti tra le imprese
riunite: App. Torino, 9 luglio 2008; Trib. Catanzaro, 27 marzo 2012; Trib. Teramo, 18
gennaio 2010; Trib. Reggio Calabria, 3 giugno 2004; Trib. Napoli, 8 marzo 2000.
Occorre, peraltro, rilevare che l’eterogeneità del fenomeno ha fatto anche pensare ad
una sostanziale inutilità, e per certi versi ad una fisiologica approssimazione, dei tentativi di
inquadramento delle joint ventures: di quest’avviso, D. BONVICINI, Le “joint ventures”, 32,
a parere del quale «le ragioni che sottostanno alla costituzione delle varie forme di joint
ventures sono assai divergenti e difficilmente riconducibili ad una tipicizzazione rigorosa»;
ID., Associazioni temporanee di imprese, 7, secondo cui si può passare dalla mera contitolarità del rapporto obbligatorio alla creazione di un organismo associativo, societario, consortile o atipico; F. BORTOLOTTI e R.M. MORRESI, 537; G. CAPO, 144 s.; S.M. CARBONE e A.
D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 12 ss.; IID., De-qualificazione e fonti normative, 39;
G. COTTINO e M. SARALE, 371 s.; R. DABORMIDA, 1686; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 8 ss.; M. GALLETTI, 145; C. VACCÀ, 56, che riferisce di una figura destinata ad
assumere «camaleontiche tipologie»; per l’evanescenza delle tradizionali classificazioni
operate in materia, A. ASTOLFI, Evoluzione e qualificazione, 8 ss.
Sottolinea l’utilizzo di espressioni diverse, senza che si faccia riferimento ad un preciso
modello negoziale, M. MIOLA, L’organizzazione di impresa, 187 s.; cfr., altresì, G. CAPO,
143 s.
In quest’ottica, si è giunti a sottolineare come, in definitiva, l’unica fonte sicura di disciplina sia quella convenzionale: specialmente, G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 71 ss.; cfr., altresì, S.M. CARBONE e A. D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 37 ss.;
U. DRAETTA, 81, per il quale la disciplina di tali rapporti va ricostruita esclusivamente
sulla base dei patti di volta in volta stipulati tra le imprese cooperanti.
502
Sembra sussistere, cioè, l’eadem ratio e, da altro angolo visuale, pare certo che
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
159
sendosi ravvisata l’esistenza nei crediti in pool, anche decentrati, del mero coordinamento interno tra i partecipanti 503.
Chiarito il passaggio relativo alla meritevolezza dell’istanza ricorrente
nel sindacato bancario, giova ora replicare ad alcune obiezioni mosse
verso la riconduzione dell’intesa tra i cofinanziatori in seno ai contratti
associativi atipici. Di sicuro, non sembra contrastare con quanto prospettato la mancanza di un patrimonio comune 504, poiché è discusso se ciò
sia o meno necessario per ravvisare l’esistenza di una società 505, ma è indubbio che non sia indispensabile rispetto ai contratti di organizzazione
in genere 506, specie se a rilievo interno.
Da altro angolo visuale, si è affermato che la sussistenza di un siffatto
rapporto (associativo) tra le banche sindacate non potrebbe certo desumersi dalla semplice circostanza dell’intervenuta designazione della capofila da parte dei componenti 507; né tantomeno dalla mera presenza di
non si tratta di disposizioni eccezionali, in virtù del loro elevato tasso di disponibilità (caratteristica rilevata, fra gli altri, da G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 58; M.
MIOLA, Consorzi e società consortili, 204), senza che ciò voglia dire, naturalmente, postulare un rapporto di equivalenza tra il binomio regola/eccezione e quello derogabilità/inderogabilità.
503
Come affermato supra al § 13 di questo Capitolo.
504
Assenza rilevata da M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 758.
505
In senso affermativo, a quanto sembra, A. GRAZIANI, Diritto delle società, n. 14,
38; P. GRECO, Le società, nn. 17 e 20, 38 s. e 43 s.; Cass., 13 ottobre 1959, n. 2791;
Cass., 22 dicembre 1955, n. 3915.
All’opposto, negano che l’esistenza di un fondo comune sia requisito della società, R.
BOLAFFI, 111 s., per il quale si tratta di un presupposto indispensabile solo nelle società di
capitali, per via della regola sul capitale minimo; G. FERRI sr., Le società, n. 4, 17, per il
quale, a differenza del conferimento, può mancare «inizialmente un fondo comune, ed
essere la costituzione di questo l’effetto dell’esercizio in comune dell’attività economica»; D. PREITE, 435.
506
Con lucidità, G.E. COLOMBO, Associazione in partecipazione, 331 s.; P. FERROLUZZI, I contratti associativi, 295 ss.; in direzione contraria, tuttavia, V. SALANDRA, Il
contratto plurilaterale, 841 s.
507
Constatazione critica effettuata da G. SCORZA, Finanziamenti, 164, per il quale la
designazione della banca leader non implica l’esistenza di un rapporto associativo fra i
vari finanziatori, né comporta, di per sé, l’instaurazione di un’organizzazione di gruppo.
L’A. cita, in senso conforme, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 61 ss., il quale sembra limitarsi, invero, ad affermare la mancata essenzialità del requisito del fondo comune nella
contitolarità dei rapporti obbligatori, nel qual caso sarebbero di conseguenza inapplicabili le regole legislativamente previste per i gruppi organizzati (caratterizzati, appunto, dalla presenza di tale elemento).
160
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
una parte complessa, figura che solleverebbe problemi normativi in realtà
solo apparenti 508. In conseguenza di tali riflessioni, si è giunti a sostenere
che ai prestiti in pool sarebbe sottesa un’unica causa e, quindi, un solo
accordo, ossia quello di finanziamento in senso stretto 509.
Fermo restando quanto già detto sull’individuazione e sulla selezione
dei vari rapporti negoziali esistenti nel caso di specie 510, tali rilievi non
sono affatto dirimenti, essendo appena ovvio che la natura plurisoggettiva
di un contraente non ha nulla a che vedere, di per sé, con il contratto associativo 511. Ma non bisogna, per contro, cadere nell’errore di considera508
Parte da questa premessa, nella ricostruzione della disciplina applicabile, St.
D’ANDREA, 27 ss. e 139 ss.
Per una diversa impostazione, volta a ridurre il possibile ruolo di ricostruzione sistematica dell’art. 1726 c.c., G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 105 ss., secondo cui la regola
ivi contenuta consentirebbe solo di impedire iniziative non concordate quando rappresentano esercizio di poteri assolutamente discrezionali, oppure legittimare la reazione individuale di fronte a fatti che alterano la funzionalità del rapporto. L’A. non disconosce comunque come la norma in questione costituisca l’unica disposizione in cui trova esplicita
disciplina, sotto un «punto di vista (almeno relativamente) generale, il comportamento
dei singoli componenti la parte complessa di fronte ad un avvenimento che, verificatosi
in un rapporto tra parti soggettivamente semplici, legittimerebbe senz’altro il suo scioglimento per iniziativa di uno dei contraenti»; non distante, G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 180, a giudizio del quale l’art. 1726 c.c. rappresenta riprova del fatto che l’intero contratto può essere impugnato o revocato solo da tutti i partecipanti alla parte complessa, fermo restando il potere di esercitare tali prerogative pro quota.
Ma v. Gia. VILLA, Pluralità, 209 s., per il quale la norma de qua, in uno con la disciplina della revoca per giusta causa dell’amministratore di società personale, conferma
l’idoneità dell’iniziativa del singolo a travolgere il rapporto per l’intero e non limitatamente alla singola quota.
509
Sembra incamminarsi su questa strada, M.E. MORÁN GARCÍA, 142 ss., a giudizio
del quale la «consideración del eurocrédito como operación financiera monocausal implica su calificación como contrato único».
510
Si rinvia supra al § 8 di questo Capitolo.
511
Chiaramente, T. ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, 270, testo e nt. 22; F.D.
BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 336; conformi, A. AMATUCCI, Società e comunione, 135 ss.; G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 111, secondo cui è innegabile la diversità di struttura tra il contratto plurilaterale e quello bilaterale con parti complesse; M. DE CRISTOFARO, 302.
In qualche caso, però, questo genere di riflessione non ha impedito di ricavare indicazioni utili, in punto di ricostruzione della disciplina, dagli artt. 1420, 1446, 1459 e
1466 c.c., nel senso che al giudice dovrebbe riconoscersi il potere di valutare, caso per
caso, se la partecipazione del singolo impugnante possa ritenersi o meno essenziale (e v.
G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 185 ss., per il quale tali norme esprimono una clausola generale, unitamente a quanto sancito nell’art. 1419 c.c.).
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
161
re incompatibile la presenza di una pluralità di soggetti che concludono
insieme un negozio di scambio (nel caso de quo, il prestito concesso da
più banche) con la stipula di un ulteriore contratto – con comunione di
scopo – proprio tra quegli individui 512, dipendendo ciò, in linea generale,
dal singolo caso concreto 513. Il che può accadere in quanto la complessità
soggettiva di una parte è appunto in grado di determinare l’esigenza di
coordinamento e di gestione del rapporto 514, come puntualmente avviene
per i prestiti sindacati, rispetto all’assunzione di una serie di iniziative 515.
In verità, è innegabile notare come le banche abbiano il medesimo interesse al buon fine del prestito concesso in compartecipazione, trovandosi in una situazione protesa al perseguimento di uno scopo comune 516;
512
Così, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 133.
In tale direzione, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 343 ss., secondo cui è
«sull’atteggiarsi della singola fattispecie che deve soffermarsi l’attenzione dell’interprete
per inferire la configurabilità o meno di un vincolo plurilaterale tra i componenti la parte
plurisoggettiva».
514
E v. G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 66; G. PIAZZA, 176, per il quale l’interesse
unitario di gruppo può scaturire anche da fenomeni occasionali ed assumere autonoma
rilevanza a livello di una singola regolamentazione contrattuale; cfr., altresì, C. MIRAGLIA, 119 s., per la quale l’organizzazione si identifica con la disciplina della contitolarità e si rivela, in quest’accezione, concetto essenziale a qualsiasi forma di comunione.
515
Sintomatico è il caso delle imprese del “gruppo Bertolami” le quali, lamentandosi
del ritardo nell’erogazione del prestito sindacato (da concedere in virtù della legge della
Regione Calabria del 10 marzo 1988, n. 6, relativa ai mutui agrari), adducono che ciò non
poteva essere giustificato «alla luce delle questioni insorte nella ripartizione delle percentuali di partecipazione al pool, ai difetti di coordinamento fra le banche del pool stesso,
alle negligenze delle singole banche partecipanti, giacché sarebbe stato onere delle banche
partecipanti al pool o della capofila Ca.ri.cal. approntare strumenti di coordinamento idonei al miglior svolgimento del servizio pubblico cui erano state delegate» (tale passaggio
si legge in Cass., 16 aprile 2008, n. 10065, secondo cui non sussiste responsabilità, a qualsiasi titolo, delle banche nel caso di specie, sul presupposto che i mutui agevolati non fanno venire meno l’autonomia negoziale del banchiere nella concessione del credito).
516
Che la formazione del pool evochi comunanza di interessi è fuor di dubbio (per tale rilievo, nel sistema spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 125; nel diritto francese, M. BELLIS, Le partage des risques, 163; in Germania, H. HEROLD, 195), come affermato anche
con riguardo ai sindacati finanziari di imprese (in tal senso, P. LOCATELLI, 430).
Peraltro, non sembra che la presenza di tale elemento possa essere sconfessata quando
la capofila si limita alla sola gestione del prestito, senza prendervi parte anche in qualità di
finanziatrice. Il dubbio che, in un caso del genere, la manager possa prediligere, in qualche
misura, gli interessi del suo cliente, a discapito di quelli delle banche partecipanti, trova
smentita nella perdita di reputazione che altrimenti ne deriverebbe (così, P. DE SURY, 71 s.).
513
162
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ma, poiché l’erogazione del credito non esaurisce certo gli effetti del negozio, è necessario disciplinare taluni profili per assicurare la riuscita dell’operazione. In tale prospettiva, appare rilevante la previsione di un momento deliberativo comune, quale indice dell’esistenza di un contratto di
natura organizzativa 517. Diversamente, si è obiettato che l’introduzione di
meccanismi del genere riposa sul principio sancito nell’art. 1349 c.c. e,
perciò, le decisioni della maggioranza saranno vincolanti per la minoranza dissenziente alla stregua della regola secondo cui le determinazioni di
un arbitratore sono impegnative per le parti che gli hanno affidato l’incarico di definire la prestazione dedotta in contratto 518.
È agevole, però, replicare che qui non si tratta di determinare l’oggetto
del contratto, ma di comporre le divergenze esistenti tra le varie banche,
sia pure nell’ottica del buon esito dell’affare intrapreso insieme 519. Come
tutti i negozi, anche quelli associativi devono effettuare una sintesi delle
517
Deve rinviarsi a quanto osservato supra ai §§ 5 e 13 del presente Capitolo e, più in
dettaglio, alle osservazioni che si svolgeranno infra ai §§ 2-3, Capitolo Terzo.
518
Così, G. SCORZA, Finanziamenti, 169 e 240, a parere del quale il potere di alcune
banche di concedere o negare l’assenso per determinate iniziative non può porsi sullo
stesso piano del diritto a concorrere alla formazione di una volontà comune; cfr., altresì,
nel regime transalpino, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 220, secondo cui i
partecipanti accettano la clausola di maggioranza inserita ab origine nel contratto e, pertanto, sono vincolati al rispetto della stessa.
519
In effetti, anche in mancanza di un rapporto di corrispettività tra le singole prestazioni dei vari contraenti, sembra possibile ravvisare un conflitto d’interessi nei contratti
con comunione di scopo: P. ABBADESSA, Le disposizioni, 7; A. BRUNETTI, n. 31, 98 ss.,
che ritiene sussistere una «giustapposizione» nei contratti di organizzazione; G. FERRI
sr., Le società, n. 31, 121; A. GRAZIANI, Diritto delle società, n. 13, 35 s., ad avviso del
quale il sinallagma può ravvisarsi tra la prestazione di ciascun contraente e la realizzazione dello scopo comune; G. SENA, 734 ss., che riconosce l’esistenza di un conflitto di
interessi immanente fra i soci, i quali attraverso il sacrificio dei loro interessi individuali
riescono a soddisfarne uno uguale e comune a tutti (742).
Come è facile inuire, questa visione appartiene, a maggior ragione, a coloro che ravvisano un rapporto a prestazioni corrispettive anche nei contratti plurilaterali (e v. R. BOLAFFI, 96 s., secondo cui l’unica particolarità è che non tutte le prestazioni sono ugualmente essenziali al sinallagma); ovvero nelle società rispetto alla relazione intercorrente
fra conferimento e rapporto sociale (tesi di E. SIMONETTO, Società, 537 ss., che prende le
mosse, fra l’altro, dal possibile squilibrio di valore degli apporti dei soci).
Non mancano, tuttavia, posizioni opposte: ad esempio, S. MAIORCA, 7 ss., spec. 9 ss.,
per il quale manca del tutto la sintesi fra posizioni contrapposte nei contratti associativi,
trattandosi di negozi «ad assetto d’interessi mediato da (o finalizzato ad) un programma»; A. PINO, 163, secondo cui l’iniziale antagonismo tra le parti è già composto.
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
163
varie posizioni delle parti, antitetiche fra loro: si pensi alla fissazione delle
quote di partecipazione 520; alla ripartizione delle varie commissioni e dei
singoli ruoli in seno al sindacato; alle decisioni da attribuire al potere gestorio della capofila (se nominata) ed a quelle da riservare alla collettività
dei cofinanziatori, dovendo poi stabilire, tra queste, quali rimettere all’unanimità dei partecipanti e quali alla maggioranza, anche diversificandone il tipo e la base di calcolo a seconda della materia di cui si tratta 521.
Si può ritenere, cioè, che tale tipologia negoziale serva a coordinare i
rispettivi comportamenti con riguardo alla concessione ed alla gestione
del prestito, schema in cui si inserisce (di solito) l’incarico conferito alla
banca agente per l’espletamento di compiti prevalentemente operativi, nell’interesse dei membri del pool 522.
Questa ricostruzione ha trovato, del resto, riscontro in una parte consistente della letteratura straniera 523, specialmente spagnola, proprio
negando spazio a tutte le figure (associative) tipicamente disciplinate, ivi
compresa l’ibrida ipotesi della cuenta en participación 524. La tesi qui
520
Bisogna precisare che tale aspetto attiene pur sempre alla convenzione interbancaria e ciò è quanto mai evidente quando il finanziamento è stipulato in epoca successiva
all’accordo tra le banche: la predeterminazione delle quote di ciascun cofinanziatore ha,
infatti, anche riflessi proprio sul piano organizzativo, per via della naturale commisurazione del peso delle varie banche, rispetto alle decisioni da assumere una volta erogato il
credito, alla quota di partecipazione al prestito: si rinvia a quanto si dirà infra al § 3, Capitolo Terzo.
521
Ciò ricorre anche a prescindere dalla designazione della banca agente, nel senso
che, pure se manca la lead manager, è sempre presente un momento deliberativo comune nella convenzione interbancaria. Si v. quanto osservato supra ai §§ 5 e 13 del
presente Capitolo, nonché quanto si vedrà infra nella Sezione Prima del Capitolo seguente, specialmente al § 3.
522
È quanto sostiene L.A. BIANCHI, 239, che riconosce l’esistenza di un contratto associativo atipico; in tema di garanzie bancarie in pool, E. BETTO e G.R. CLERICI, 238.
523
Per diritto francese, E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 267 e 274, che sembra propendere per la tesi del negozio (implicitamente associativo) sui generis; conforme, J.T.
BROWN, 177, secondo cui «en l’absence de toute forme sociétaire, le contrat de syndicat bancaire pour le montage d’un euro-crédit s’analyserait comme un contrat de
coopération sui generis»; in Svizzera, J. DOHM, 14 ss., che parla di una «coopération
interbancaire sui generis».
524
Così, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 133 s., per il quale «se trata,
sin embargo, de un contrato asociativo atípico»; M.T. DE GISPERT PASTOR, 49 ss., spec.
65 ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 116, secondo cui i prestiti sindacati «no responde a ninguna de las categorías asociativas análogas legalmente definidas como la sociedad, el
164
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
prospettata si mostra, peraltro, in linea con l’elaborazione svolta in tema
di unioni provvisorie tra imprese, pervenuta spesso ad individuare la
presenza di un contratto associativo innominato, privo di qualsiasi rilievo reale meta-individuale 525; nonché conforme a quanto talvolta sostenuto per gli stessi sindacati di collocamento 526, ovvero per quelli finanziari 527.
Alla luce di tale conclusione, nessun dubbio può più porsi, quindi, alla
tendenziale integrazione analogica delle regole concernenti i consorzi con
attività interna (artt. 2602-2611 c.c.) ai finanziamenti in pool (rectius: alla
convenzione interbancaria) 528, con maggiore rilevanza applicativa per
quelli accentrati, vista la presenza della capofila.
16. Segue. Integrazione con la disciplina dei consorzi interni e sussistenza di un’obbligazione soggettivamente complessa. Risultati intermedi
e prospettive di indagine. – In definitiva, la convenzione interbancaria
consorcio, la asociación o el contrato de cuentas en participación»; nello stesso senso,
C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado, 32 ss.;
M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 757; da ultimo, B. MARTÍN BAUMEISTER, Taxonomía del contrato de financiación sindicada, 4, per il quale «el sindicato de bancos constituye un negocio jurídico de cooperación atípico».
525
Espressioni e valutazioni di A. BORGIOLI, Forme consortili, 27, che sottolinea come i rapporti con l’ente committente siano affidati esclusivamente ad uno strumento di
natura obbligatoria, ossia al mandato.
526
In effetti, anche chi ha negato la configurazione di un rapporto societario o associativo tipico (nella specie del consorzio) non ha disconosciuto l’esistenza di forme, sia
pure embrionali, di collaborazione: ad esempio, M. EROLI, 39.
527
Per questa posizione, L. BUTTARO, Sindacati azionari, 426.
528
Simile esito non si pone in contrasto con la critica rivolta alla tesi secondo cui il
prestito in pool sarebbe un contratto normativo (e v. supra al § 6 del presente Capitolo),
anzitutto perché è controversa l’attribuzione di tale qualità al consorzio (in senso negativo, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 75, testo e nt. 4; L.F. PAOLUCCI,
Consorzi, 448 s., per il quale si tratta di disputa irrilevante e superata; Cass., 14 dicembre
1973, n. 3399; App. Firenze, 13 giugno 1977; per la soluzione affermativa, Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 296 ss.; per riferimenti, M. SARALE, 419, testo
e nt. 35); in secondo luogo, in quanto resta ferma l’inidoneità di una soluzione del genere
– in quanto mera classificazione trasversale – a chiarire, di per sé, la posizione delle banche; e, infine, poiché manca l’intento di regolare una pluralità di rapporti, là dove l’intesa
tra le banche è strumentale al compimento ed alla gestione di una sola operazione di finanziamento (si rinvia, nuovamente, a quanto rilevato in maniera più ampia supra al § 6
del presente Capitolo).
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
165
costituisce un contratto associativo atipico a rilievo meramente interno:
questa conclusione è idonea ad incidere, conducendo a dei risultati intermedi, sui profili oggetto della presente indagine, ossia sulla specie di obbligazione assunta dalle banche e sullo statuto normativo applicabile alla
capofila ed alle banche partecipanti 529.
529
Altre conseguenze di minor rilievo possono essere qui appena accennate. Può
intanto dirsi che l’intesa interbancaria necessita della forma scritta ad substantiam (art.
2603, comma 1°, c.c.) e deve contenere una serie di indicazioni, non tutte richieste a
pena di invalidità (art. 2603, comma 2°, c.c.). Si tratta di aspetto ampiamente condiviso, benché sia molto controversa, poi, la selezione tra elementi essenziali e non: già,
M. GHIRON, 103 s.; poi, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 233 ss.; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 113 ss.; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 319 ss.; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 48 ss.; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 75; M. SARALE, 488. Non lo è, ad esempio, la durata, che comunque, come rilevato poc’anzi, coincide con quella del credito concesso ed
è quindi sempre prevista, sebbene non per forza in modo esplicito: per l’ammissibilità
di una fissazione per relationem, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 246 s., che
fa proprio l’esempio di un determinato affare; conforme, M. MIOLA, L’organizzazione
di impresa, 192.
Discorso analogo, anche muovendo dalla considerazione che si tratta di un’applicazione della disciplina generale del contratto (e v. Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza
e i consorzi, 320 s.; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 115 s.), può
farsi per l’individuazione dell’oggetto del consorzio, elemento ritenuto invece essenziale. In proposito, T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza, 120; A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 234 s.; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 48 s.; G.
MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 75.
È, poi, sempre oggetto di specifica clausola contrattuale la determinazione delle quote di partecipazione di ciascuno al finanziamento ed il connesso obbligo di erogare la cifra corrispondente. Questo significa che la previsione dei diritti e dei doveri dei consorziati trova esplicita menzione nei prestiti in compartecipazione, ancorché ne sia discusso
il carattere indispensabile (in argomento, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 117 ss., secondo cui il legislatore, nel richiedere la loro predisposizione
all’interno del contratto, non ha fatto altro che avallare una prassi diffusa; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 323; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 49 ss.; M. SARALE, 493 s.).
In relazione ai contributi, invece, si è affermato che gli stessi potrebbero non sussistere o essere superflui ed in tal caso non dovrebbe, come ovvio, procedersi ad alcuna indicazione: in tale direzione, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 236 s.; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 76 s.; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi,
324, il quale, però, ritiene quest’ipotesi di difficile verificabilità; diversamente, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 120.
La tesi opposta sembra, in realtà, essere riferita, in modo più o meno esplicito, ai
consorzi con attività esterna (in luogo di altri, A. CETRA, 320 ss.). Questo significa, comunque, che non vi sarebbe alcun problema rispetto ai finanziamenti in pool, dato il loro
rilievo meramente interno.
166
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Iniziando da quest’ultimo aspetto, in negativo, si è escluso che la posizione della lead manager possa essere regolata dalle norme concernenti
il rapporto di amministrazione di società; ovvero dallo statuto applicabile
all’associante ex artt. 2549 ss. c.c. 530. In positivo, dal punto di vista dell’organizzazione interna, la normativa applicabile alla banca agente ed ai
cofinanziatori deve ricostruirsi sulla base della regolamentazione (generale) dei consorzi, sebbene scarna e largamente dispositiva 531. Ciò consente
di orientare la soluzione dei singoli problemi di disciplina, in tema di:
nomina e revoca, poteri, doveri e responsabilità, nonché ripartizione delle
competenze tra capofila e banche sindacate 532.
In relazione all’altro dei due profili sopra evidenziati, si è anzitutto negata la presenza di un’obbligazione soggettivamente semplice o solitaria 533, avendo respinto la configurabilità dell’associazione in partecipazione nell’intesa interbancaria.
Si è ritenuto parimenti inconferente il richiamo alle varie specie di obbligazioni collettive, intendendosi per tali quelle che subiscono l’influenza dell’organizzazione propria della collettività debitrice o creditrice 534.
Esito derivante dall’aver confutato che le banche siano legate da un rapporto societario, ovvero consortile (a rilievo esterno) 535. Ed inoltre, pur
530
Si pensi, ad esempio, alla conseguente inapplicabilità della regola per cui può stabilirsi nel contratto il grado di controllo che l’associato può esercitare sull’impresa o
sull’affare in oggetto ai sensi dell’art. 2552, comma 2°, c.c.
Nel contesto delle joint ventures, cfr. A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 306 s.,
secondo cui «ambedue le fattispecie si fondano sull’integrazione di risorse e attività volte
al perseguimento di un interesse comune ai contraenti» e questo giustifica l’applicazione
dell’art. 2552, comma 2°, c.c., norma che «riposa sulla comunanza di interesse tra associato ed associante, prima ancora che sull’esercizio esclusivo di un’attività d’impresa da
parte di quest’ultimo».
531
In luogo di altri, G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 58; M. MIOLA, Consorzi e società consortili, 204.
532
Tali aspetti saranno sviluppati nella Sezione Prima del Capitolo seguente.
533
A scanso di equivoci, visto l’uso di una terminologia quanto mai varia per designare le diverse specie di obbligazioni, è bene rinviare alle precisazioni svolte supra al §
3, Capitolo Primo.
534
E che perciò mal si prestano ad una tipizzazione: F.D. BUSNELLI, Obbligazioni
soggettivamente complesse, 342; in seguito, V. CAREDDA, 456; C.M. MAZZONI, 733.
535
Non si applica, quindi, quanto previsto dagli artt. 2612 ss. c.c. e questo serve ad escludere che valga il regime patrimoniale dettato dall’art. 2615 c.c., valevole soltanto per
i consorzi esterni: T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza, 131; G. MARASÀ, Consorzi e
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
167
nelle incertezze dovute alla ricostruzione dell’istituto in sé, si è appurata,
altresì, l’impossibilità di ricavare, quanto a regole applicabili, utili indicazioni dal contratto di rete.
Simili valutazioni influiscono, attraverso una restrizione delle alternative possibili, sull’individuazione del tipo di obbligazione (sia dal lato
passivo che attivo) ricorrente in caso di finanziamenti in pool e, per l’effetto, sulle disposizioni applicabili ad un serie di vicende, ad iniziare dall’adempimento sino ad arrivare alla circolazione dei crediti sindacati 536.
Aspetti, questi ultimi, non poco delicati e che si pongono come logicamente posteriori rispetto alla determinazione della specie di obbligazione
assunta dai cofinanziatori e di quella da loro vantata nei riguardi del cliente.
In tale ottica, la consapevolezza circa l’inapplicabilità del regime delle
obbligazioni semplici, così come di quelle collettive, spinge a valutare, in
ultima analisi, la riconducibilità in seno all’altra delle grandi categorie di
obbligazioni, dal punto di vista della composizione, ossia a quelle plurisoggettive. Non sembra affatto peregrina, in effetti, la possibilità di ravvisare gli elementi coessenziali a siffatta tipologia, vale a dire una pluralità di soggetti, la medesima causa e l’eadem res debita 537, là dove il fisocietà consortili, 38; nonché, L. DE ANGELIS, Appunti sulla responsabilità, 1393 ss.,
spec. 1409; F. GALGANO, Delle associazioni non riconosciute, 20 s.; Gia. GUGLIELMETTI,
La concorrenza e i consorzi, 47; G. VOLPE PUTZOLU, Rappresentanza e responsabilità,
259; più di recente, G. PERONE, 217; M. SARALE, 528 ss.
Ciò ha significato, in altri termini, respingere la configurazione di un sistema fondato
sulla responsabilità di un fondo comune (consortile), a certe condizioni in solido con le
banche sindacate.
536
Così, ad esempio, la riconosciuta inapplicabilità degli artt. 2549 ss. c.c. consente
di escludere che valga la prescrizione secondo cui l’associante non può attribuire, salvo
patto contrario, partecipazioni per lo stesso affare ad altre persone senza il consenso dei
precedenti associati (art. 2550 c.c.): per una conclusione analoga in tema di sindacati di
collocamento, sia pure attraverso un diverso ragionamento, M. EROLI, 33 e 73, per il
quale il disposto della norma de qua è reso di fatto inoperante e ciò sarà stabilito di
regola «nei patti consortili».
537
In proposito, U. BRECCIA, Le obbligazioni, 173 ss.; Ad. DI MAJO, Obbligazioni
solidali, 300 s.; M. FRAGALI, Confideiussione, 204; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 130
ss.; F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 2 s.; ID., Obbligazioni
soggettivamente complesse, 330 ss.; G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 143; C.M.
MAZZONI, 733; in giurisprudenza, Cass., 21 ottobre 2011, n. 21907; Cass., 8 aprile 2008,
n. 9148; per altri riferimenti circa il “lessico” utilizzato dalle corti, R. SICLARI, Delle obbligazioni in solido, 113 ss.
168
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
nanziamento in pool è concluso da più banche, per un’unica prestazione
ed in virtù di una fonte unitaria, ossia di un comune fatto generatore del
vincolo. È il caso di chiarire, più in dettaglio, la presenza di tali elementi.
Nessun dubbio può muoversi rispetto alla sussistenza della molteplicità di soggetti ed all’identità del titolo da cui l’obbligazione deriva, essendosi constatato che le banche sono solite stipulare insieme il prestito sindacato 538. Né il discorso muta se, per avventura, la capofila stipula il contratto di credito in rappresentanza dei vari cofinanziatori. Peraltro, la presenza della medesima finalità economica potrebbe già risultare sufficiente ad integrare gli estremi del secondo requisito richiamato 539.
Ugualmente palese dovrebbe apparire l’esistenza di una prestazione unitaria, ancorché sul modo di intendere tale condizione non vi sia uniformità di vedute, anche per l’interferenza con l’annoso dibattito relativo alla presenza di uno o più rapporti giuridici nelle obbligazioni soggettivamente complesse 540, dando luogo, talvolta, a soluzioni differenziate 541.
Per una diversa tesi, volta a svalutare la concezione tradizionale, M. ORLANDI, 16 ss.
e 67 ss., per il quale la struttura dell’obbligazione solidale trova nell’unicità dell’adempimento l’elemento necessario e sufficiente.
538
Si rinvia a quanto osservato supra al § 8 di questo Capitolo.
539
Piuttosto che richiedere, come vuole la tesi più rigorosa, il medesimo ed unitario
fatto generatore. In merito, in tema di solidarietà, G.F. CAMPOBASSO, Coobbligazione
cambiaria, n. 37, 153 ss., il quale respinge tale ricostruzione ed anche quella estensiva
(sufficienza della semplice identità oggettiva della prestazione), optando per la diversa
ed intermedia opinione secondo cui l’unità di scopo economico costituisce il dato unitario indispensabile per aversi vincolo solidale, argomentando dalle varie figure tipiche di
solidarietà presenti nel sistema normativo. L’A. ritiene, poi, che il criterio interpretativo da
seguire al riguardo sia quello della sussistenza o meno di una comunione (legale o volontaria) di scopo (159 s.).
Per un’efficace sintesi delle varie posizioni, R. SICLARI, Delle obbligazioni in solido,
103 ss. e 108 ss.
540
Si tratta di dibattito sviluppatosi, per lo più, in tema di solidarietà, ma ritenuto, dalla
stessa dottrina che si è occupata della questione, valido in genere per la ricostruzione della
struttura dell’obbligazione soggettivamente complessa. E v. C. GANGI, 148 s., per il quale
la prestazione è unica o uguale, ma vi sono tante obbligazioni quanti sono i soggetti; D.
RUBINO, Delle obbligazioni, 135, secondo cui la prestazione comune ai vari condebitori
deve considerarsi identica nelle obbligazioni solidali e, in quelle parziarie, intrinsecamente
o potenzialmente unica (334); A. MATTEUCCI, 1359 s.; cfr., altresì, C.M. MAZZONI, 733 s. e
741; M. ORLANDI, 57 ss., a parere del quale il senso è quello della equivalenza delle prestazioni, ossia dell’unicità dell’adempimento; D. VITTORIA, In tema di obbligazione, 2136 s.
541
Con forza, in tema di obbligazioni divisibili e molteplicità di soggetti, R. CICALA,
L’INQUADRAMENTO SISTEMATICO
169
Ad ogni modo, anche senza voler svalutare siffatta disputa 542, non si può
seriamente dubitare circa la ricorrenza dell’idem debitum nei prestiti sindacati, poiché l’interesse del creditore è soddisfatto soltanto attraverso la
ricezione dell’intero importo oggetto dell’erogazione 543, vuoi che lo si
consideri come unica prestazione (cifra complessiva), vuoi che lo si valuti alla stregua della somma delle singole quote dovute da ciascun intermediario.
Acquisito, pertanto, che l’obbligazione relativa al finanziamento in pool
può ricondursi al novero di quelle soggettivamente complesse, deve evidenziarsi, nondimeno, come ciò rappresenti un esito inevitabilmente incompleto 544, delineando nient’altro che uno stadio del lavoro, a partire
Obbligazione divisibile e indivisibile, 648 s., il quale crede che nelle ipotesi di pluralità
originaria di soggetti sia inesatto parlare di frazionamento, in assenza di solidarietà, perché l’obbligazione non esisterebbe neppure per un attimo «come rapporto unico»; Ad. DI
MAJO, Obbligazioni solidali, 301 s., che parla di pseudo-problematica delle obbligazioni
parziarie; G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 114, per il quale problemi di coordinamento
sorgono solo quando credito e debito della parte complessa sono solidali o indivisibili,
trovandosi altrimenti dinanzi ad una pluralità di rapporti parziari le cui vicende non hanno reciproca influenza; in precedenza, per qualche spunto, G.G. AULETTA, La risoluzione, 440 ss., che indaga sull’ipotesi di pluralità di legittimati nell’azione di risoluzione ed
esclude la sussistenza di conflitti in caso di prestazioni divisibili.
In contrario, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 675; e v., anche, M. FRAGALI,
Confideiussione, 204, per il quale condebitore può essere soltanto chi assume un debito
assieme ad altri, anche in concorso con loro, ma non separatamente; M. DE CRISTOFARO,
297 ss.
542
In tema di solidarietà, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa,
60 s., che parla di un falso problema, potendo la solidarietà riguardare un’obbligazione
unica, ovvero più obbligazioni distinte, ma connesse, come è il caso di quelle ad interesse uni-soggettivo; per un quadro critico del dibattito e delle varie concezioni esistenti, A.
MATTEUCCI, 1324 ss., che fonda la peculiarità dello schema solidale su di una particolare
fungibilità giuridica dei rapporti.
Ed invero, si è sottolineato come ciò che contraddistingue l’obbligazione solidale
passiva quale categoria normativa non è la pluralità di soggetti, né l’identità oggettiva
della prestazione, elementi ricorrenti anche al di fuori della solidarietà; piuttosto la scriminante risiederebbe sul piano degli effetti inderogabili che ne scaturiscono, ossia il potere del creditore di chiedere l’intero a ciascun condebitore e la liberazione di tutti tramite un solo adempimento (con efficacia, G.F. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria, n.
36, 151 s.; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 162).
543
Tra molti, all’esito di una sintesi del dibattito in ordine alle obbligazioni soggettivamente complesse, A. GNANI, 38 s., testo e nt. 119.
544
Che, peraltro, trova già qualche accenno in dottrina: in luogo di molti, A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 146 ss.
170
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
dal quale è necessario proseguire nell’approfondimento, allo scopo di comprendere di quale obbligazione plurisoggettiva si tratti, essendo diverse le
specie fra loro e, come è ovvio, differente la disciplina applicabile.
Discorso non dissimile vale per quanto attiene alle regole concernenti
la capofila ed il coordinamento predisposto tra i vari membri, con riguardo al richiamo analogico delle disposizioni consortili, dovendo ricostruire
nei vari aspetti dianzi delineati (nomina e revoca della banca agente, individuazione dei relativi poteri, doveri e responsabilità, nonché ripartizione delle competenze) le singole disposizioni di riferimento.
Alla luce di tali risultati intermedi, è possibile avanzare nell’indagine, esaminando dapprima il profilo concernente la posizione della banca leader
anche rispetto alle altre dal punto di vista organizzativo 545, per poi passare
alla ricostruzione dell’obbligazione relativa ai singoli cofinanziatori 546.
545
Aspetto peculiare dei soli finanziamenti in pool accentrati che costituiscono, di
gran lunga, la forma più diffusa (e v. supra al § 5 di questo Capitolo), ma non estraneo,
per taluni profili, anche ai prestiti sindacati decentrati (e v. infra ai §§ 2-3, Capitolo Terzo).
546
Al lume di quanto detto sinora, è ora concesso di chiarire il modo in cui si atteggiano le due ipotesi di collegamento negoziale addietro evidenziate (e v. supra al § 8 del
presente Capitolo). La connessione tra convenzione interbancaria e finanziamento in senso stretto non integra gli estremi di un legame bilaterale, poiché la prima appare servente
rispetto al prestito concesso, mentre non è vera la proposizione inversa. Lo stesso deve
dirsi in relazione all’altro nesso esistente, per i soli prestiti in pool accentrati, tra
l’accordo di sindacato e la delega alla capofila, benché stavolta sia l’intesa tra i cofinanziatori a rivestire il ruolo di negozio sovra-ordinato o principale.
Si prospetta, pertanto, in ambo i casi, la presenza di un collegamento unilaterale: per
la distinzione con quello bilaterale, G. LENER, 5, ad avviso del quale non tutte le riflessioni svolte per la connessione reciproca valgono anche per quella unidirezionale; F.
MESSINEO, Contratto collegato, 50; per una critica all’utilità di tale ripartizione, R. SCOGNAMIGLIO, Collegamento negoziale, 377. Proprio in quanto si tratta si legame unilaterale, non può considerarsi valevole l’antico brocardo per cui simul stabunt, simul cadent,
giacché l’incidenza vale soltanto in un verso (in proposito, nella giurisprudenza di legittimità, Cass., 4 marzo 2010, n. 5195; Cass., 8 ottobre 2008, n. 24792).
CAPITOLO TERZO
LA POSIZIONE DELLE BANCHE
SEZIONE PRIMA
La banca capofila
SOMMARIO: 1. Premessa: le questioni di disciplina. – 2. Segue. La problematica delimitazione dei compiti della capofila. – 3. Segue. La selezione delle
competenze appartenenti alle banche sindacate: unanimità e maggioranza. –
4. Principio maggioritario e soluzione delle ipotesi controverse: la nomina
della capofila. – 5. La gestione dell’intero credito nel fallimento e nelle soluzioni negoziali della crisi del soggetto finanziato. – 6. La rinegoziazione delle
condizioni del finanziamento. – 7. Segue. Rinegoziazione, interruzione e mantenimento del credito: possibili abusi e ruolo della capofila (rinvio). – 8. Individuazione dei doveri e responsabilità della capofila. – 9. Segue. La particolare ipotesi dell’abuso della capofila da eterodirezione in presenza di covenants. – 10. Dalla responsabilità alla revoca della capofila.
1. Premessa: le questioni di disciplina. – Dalla conclusione raggiunta
nel precedente capitolo si evince che la relazione tra le banche partecipanti e la capofila può essere ricostruita alla luce delle previsioni, sia pure
scarne, tipicamente dettate per i consorzi con attività interna (artt. 26022611 c.c.). Si tratta, per quanto detto in precedenza, di una tematica che
investe i finanziamenti in pool accentrati, eccetto alcuni aspetti valevoli
anche per quelli decentrati 1.
1
Essenzialmente relativi alle decisioni dei membri, inclusa la stessa possibilità di procedere alla nomina della capofila, con conseguente trasformazione del prestito in pool
172
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Ciò implica, quindi, l’applicabilità delle poche disposizioni relative all’organizzazione consortile 2; anzitutto, la disciplina relativa alle decisioni
dei membri. A questa devono aggiungersi, poi, le prescrizioni dettate per
la gestione del consorzio, ove sono utilizzate denominazioni diverse e, per
l’effetto, evocate figure differenti 3. Vi è un chiaro accostamento al mandatario e ciò ben si concilia con il fatto che la riconduzione della clausola
di delega al mandato ha trovato ampio riscontro non solo nell’ambito della dottrina italiana 4, ma anche di quella straniera 5.
da decentrato in accentrato (e v. quanto si dirà specialmente infra al § 4 del presente
Capitolo).
2
Anche se si tratta di regolamentazione lacunosa, come affermato, tra i tanti, da: G.
BONFANTE, 713 s., per il quale si tratta di scelta voluta e consapevole del legislatore in
quanto collegata alla varietà funzionale del consorzio; L. DE ANGELIS, Appunti sulla responsabilità, 1403 ss.
3
Al riguardo, G. PERONE, 195 ss., spec. 201, a giudizio del quale vi sono numerosi richiami, incompatibili fra loro, alla rappresentanza organica, alla preposizione ed al mandato (eventualmente) rappresentativo: di qui, la necessità di ricostruire il rapporto de quo
alla luce, secondo il pensiero dell’A., dell’interesse collettivo dei consorziati.
4
Fra gli altri, A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 143; G. SCORZA, Finanziamenti,
164 ss.; poi, M. PANETTA, 315 ss.; rispetto alle convenzioni interbancarie relative agli
accordi di moratoria, T.M. UBERTAZZI, 358 ss., il quale fa espresso riferimento al mandato collettivo.
Nessun dubbio può sorgere sulla circostanza che, quando si utilizza la denominazione di delegataria, non s’intende avere riguardo all’istituto disciplinato dall’art. 1268 c.c.
(sebbene in altro contesto, F. DE MARCO, Questioni in tema di assicurazioni, 74 s.; N.
GASPERONI, Le assicurazioni, 104, che esclude pure l’ipotesi dell’indicazione di pagamento; S. SOTGIA, In tema di coassicurazione, 14, per il quale non si mira ad un mutamento soggettivo del rapporto; App. Roma, 19 giugno 1953).
Analogamente, la denominazione di “banca agente” risente della corrispondente formula utilizzata nei sistemi anglosassoni, ma è certa l’insussistenza degli elementi del
contratto di agenzia: C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 161 s.
5
Nella letteratura iberica, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 46; M.E.
MORÁN GARCÍA, 86, secondo cui el banco agente può essere «calificado como mandatario
o comisionista de los acreditantes»; nonché, prediligendo la tesi della riassunzione in seno
al «comisionista dotado de representación», M.T. DE GISPERT PASTOR, 73, per la quale
sussistono i due requisiti della comisión (o mandato mercantil), ossia la presenza di un atto
o di un’operazione di commercio e della qualità di commerciante in capo al committente;
conformi, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado.
Consideraciones, 135 s.; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 759 s.; I. ZURUTUZA ARIGITA, 177.
Per diritto lusitano, L. VASCONCELOS ABREU, 537, secondo cui si tratta di «uma combinação de elementos do mandato representativo e da prestação de serviços, mas com
primazia dos primeiros»; nell’ordinamento elvetico, J. DOHM, 11.
LA BANCA CAPOFILA
173
Non sembra necessario, ad ogni modo, imbattersi in discussioni relative all’inquadramento dell’incarico rivestito dalla banca agente, avendo
già individuato quale sia la regolamentazione cui potersi rifare. Anziché
misurarsi, cioè, con dispute che potrebbero rivelarsi in fin dei conti sterili, devono analizzarsi, a questo punto, le regole applicabili alla capofila alla luce della disciplina consortile, destinata comunque ad integrarsi con
quella del mandato per via dei richiami rivolti a quest’ultimo da alcune
norme relative ai consorzi interni (in particolare, gli artt. 2608 e 2609,
comma 2°, c.c.). Semmai potrebbe tornare utile, come si vedrà in seguito,
In Francia, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 63, che
parla di «mandataire commun»; ma, in termini diversi, CA Montpellier, 13 octobre 1983.
A conclusioni similari, pur con le peculiarità intrinseche dei sistemi di common law,
si perviene nell’esperienza anglo-americana, là dove si ritiene, di regola, che l’accordo di
sindacato genera una relazione agent-principal: tra molti, P. GABRIEL, 150 ss.; L.B.
GUTCHO, 134; non distante, A. MUGASHA, The Agent Bank’s, 420 ss. Si sostiene, inoltre,
che potrebbe ricorrere l’ulteriore attribuzione della qualità di fiduciary e ciò equivale a
riconoscere alla capofila un potere gestorio sottoposto ad un elevato standard di diligenza, pari a quello richiesto ad un trustee (lo rileva, L.B. GUTCHO, 133). Questo tipo di designazione è considerata piuttosto rara e, comunque, da ravvisare soltanto in presenza di
una chiara ed inequivoca indicazione del contratto in tal senso: per quest’affermazione,
First Citizens Federal Savings and Loan Association v. Worthen Bank and Trust Company (9th Circ. 1990). Si tratta, quindi, di una circostanza marginale, ancorché non insussistente nei syndicated loans, tanto è vero che, in talune ipotesi, si è riscontrata in ambito internazionale l’espressa scelta del negozio fiduciario, qualificando la banca capofila
come trustee (in particolare, M. ELLAND-GOLDSMITH, 136 s.; diversamente, H.W.
GOLTZ, 151).
Ed in effetti, anche in ordinamenti affini al nostro, non sono mancati gli accostamenti
al ruolo del fiduciario, come accaduto nell’esperienza tedesca, in cui una parte della dottrina ha enucleato, tra le ricostruzioni possibili (Konstruktionsmöglichkeiten) del fenomeno, quella della Poolführerin als Treuhänder: cfr., sebbene con particolare riguardo ai
Sicherheitenpools, S. WEBER, 34 ss., spec. 40 ss., il quale argomenta dall’ambivalenza
della posizione ricoperta dalle banche e conclude, comunque, affermando che «im Regelfall hat der Sicherheitenpool die Rechtsform einer Gesellschaft bürgerlichen Rechts»
(55); con maggior convinzione, E. EBERDING, 1004, che vede nell’intermediario guida
un Treuhänder.
Da questo stato di cose è invalsa l’abitudine di escludere, in modo espresso, che la capofila possa rivestire tale qualifica: è quanto evidenziano, sottolineando l’influenza della
prassi anglosassone, M.T. DE GISPERT PASTOR, 74; C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco
agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 131, testo e nt. 7 e 154 s., la
quale riporta il contenuto tipico delle relative clausole e ritiene la precisazione di scarsa importanza, per il limitato valore del negozio fiduciario all’interno del sistema iberico, a differenza dei modelli anglosassoni; per diritto tedesco, O. ROSSBACH, Rd. 11.209, 1415, a
parere del quale l’evenienza dell’amministrazione fiduciaria è esclusa nel contratto.
174
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
effettuare qualche chiarimento proprio rispetto alla posizione di coloro
che sono preposti al consorzio, dovendosi fare affidamento sulle relative
disposizioni 6.
In particolare, tra le questioni di disciplina più rilevanti, spicca quella
della responsabilità della capofila per violazione dei suoi obblighi, per
l’esatta comprensione dei quali diventa imprescindibile scorgere il contenuto delle prerogative che le appartengono. Tale analisi è legata a doppio
filo alla speculare ricostruzione, di analoga importanza sul piano applicativo, delle competenze di pertinenza della collettività delle banche, per
l’ovvia constatazione secondo la quale ciò che non spetta alla capofila,
per l’effetto, rientra nella sfera decisionale dei cofinanziatori (e viceversa). In quest’ultimo caso, peraltro, appare doveroso non solo isolare il
nucleo di decisioni spettanti alle banche sindacate, ma altresì distinguere
quelle che richiedono l’unanimità dalle altre, per le quali è sufficiente, di
contro, la maggioranza, dovendo in tal caso pure specificare la base di
calcolo.
All’esito di questa indagine preliminare, da condurre tramite l’integrazione con la disciplina dei consorzi interni, sarà possibile risolvere, per
conseguenza, la problematica relativa alla nomina della lead manager e
quella riguardante il suo ruolo rispetto ad alcune ipotesi controverse: la
rinegoziazione del finanziamento e le connesse eventualità dell’interruzione e del mantenimento del prestito, nonché la gestione dell’intero credito nel fallimento e nelle soluzioni negoziali della crisi del soggetto finanziato.
Una volta definita la linea di confine tra la competenza della banca
agente e quella dei cofinanziatori, anche attraverso il necessario chiarimento delle suddette ipotesi controverse, potrà procedersi, con la dovuta
consapevolezza, all’illustrazione delle regole riferibili ai doveri ed alla
responsabilità della banca agente, nonché alla sua revoca, quale aspetto
inevitabilmente connesso con la violazione dei suoi obblighi, nella prospettiva di apprezzare le forme di tutela dei cofinanziatori.
2. Segue. La problematica delimitazione dei compiti della capofila. –
Per determinare le mansioni appartenenti alla banca agente bisogna, anzi6
Sul punto, si rinvia a quanto si dirà infra al § 3 di questo Capitolo.
LA BANCA CAPOFILA
175
tutto, misurarsi con la regolamentazione convenzionale 7, dalla quale sembra emergere la ricerca di un punto di equilibrio tra la necessità di una
gestione rapida ed efficiente e quella di non pregiudicare la posizione dei
partecipanti 8. Al fine di raggiungere tale obiettivo, i cofinanziatori individuano nella lead manager la banca deputata a mantenere i rapporti
con il soggetto finanziato 9, riservandosi, al contempo, una serie di prerogative 10.
Da quest’angolo visuale, al di là delle specifiche previsioni dei contraenti, si pone il problema, di non agevole soluzione, di individuare il
limite oltre il quale la capofila non ha competenza. Si tratta di un profilo
particolarmente delicato, anche per il forte sospetto insito nelle altre banche che quella agente possa favorire, in qualche modo, il richiedente
(debtor oriented), qualora vi sia, come accade di consueto, un rapporto di
clientela fra i due 11.
In quest’ottica, il riconoscimento di un potere generalizzato in favore
della capogruppo non appare congruo rispetto agli interessi in gioco e
7
Correttamente, M.T. DE GISPERT PASTOR, 79 ss., secondo cui non viene conferito
alla capofila un potere generale e le sue attribuzioni sono solitamente sparse in vari punti
del contratto di finanziamento in pool, mancando una clausola espressa con la quale sono
enumerate le sue competenze.
8
Significative le parole di L.B. GUTCHO, 132, secondo cui «there is a tension between the legitimate desire of the lead lender to have sufficient authority to manage, administer and service the loan, and the desire of the participants to have sufficient control
so that the lead lender cannot make decisions which prejudice their interests».
Riflessioni di questo genere sono diffuse in tema di coassicurazione, rispetto a cui si
è affermato che l’estensione dei poteri dell’impresa pilota deve rinvenirsi nell’esame della relativa clausola di delega e guida, da ricostruire facendo ricorso ai comuni canoni interpretativi del contratto. Al riguardo, G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 68, 211 ss.; N.
GASPERONI, Le assicurazioni, 104 s.; F. PECCENINI, 145; Cass., 8 febbraio 1969, n. 426,
secondo cui lo scopo principale della delega è quello di semplificare la conclusione e
l’esecuzione del contratto; App. Genova, 28 ottobre 1992, dove si afferma che bisogna
tenere conto della comune intenzione delle parti e del loro comportamento, anche posteriore alla conclusione del contratto, nonché del significato complessivo delle clausole e,
infine, dell’esigenza di uniformarsi alle pratiche generali del settore assicurativo di pertinenza.
9
In particolare, C. MCGINN, 156.
10
Come si vedrà infra nel testo, nel corso del presente paragrafo.
11
In tal senso, P.H. HUNN, 41, per il quale «the agent role in a troubled syndicated
loan is not easy, accused by the borrower of being overbearing and by syndicate members of being too friendly to the debtor». Qualche indicazione anche in L. PICARDI, 123 s.
176
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
potrebbe finire per favorire abusi in danno delle banche sindacate. Non
appare, perciò, condivisibile la tesi che intravede, in proposito, un mandato generale, il cui contenuto sarebbe esteso, per conseguenza, a tutti
gli atti di ordinaria amministrazione necessari per la gestione del rapporto, con esclusione, invece, ove non espressamente indicati, degli atti
di straordinaria amministrazione e di disposizione dei diritti dei cofinanziatori 12.
Al contrario, l’indicazione analitica emersa dall’esperienza empirica
milita in altro senso, ossia verso la configurazione di un mandato speciale 13, mancando appunto una previsione con cui si affida alla banca leader
la cura di tutti gli affari nei quali possono essere interessate le banche
consorziate 14. Tale impressione pare trovare conferma, peraltro, nella circostanza che, in alcune situazioni, per scelta degli stessi intermediari
non si può prescindere dalla loro partecipazione ad alcune decisioni,
soprattutto per quanto riguarda le modifiche del rapporto, ma non solo,
fermo restando che su alcuni argomenti la prassi mostra una certa mutevolezza 15.
In conclusione, l’incarico rivestito dalla banca agente non assume carattere generale ed è, inoltre, necessariamente limitato dall’oggetto della
convenzione di credito, in occasione della quale è stato rilasciato 16. L’inevitabile deduzione che spesso se ne trae consiste nel riconoscere alla
12
Così, G. SCORZA, Finanziamenti, 170; non distante, Cass., 8 febbraio 1969, n. 426;
non senza ambiguità, per diritto spagnolo, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en
los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 139 s., per la quale si tratta anche di
un mandato «concebido en términos generales», ossia limitato ai soli atti di gestione ed
amministrazione espressamente menzionati, esclusi in ogni caso «los actos de riguroso
dominio».
13
Nega l’esistenza di un mandato generale, M.T. DE GISPERT PASTOR, 79.
14
In questo caso ricorre, appunto, il c.d. mandato generale: ex multis, F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 28, 125; A. LUMINOSO, Mandato, 132 ss.
15
Per riflessioni del genere, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 223 s., secondo cui le banche rinunciano alla loro autonomia accettando che alcune modifiche delle condizioni del prestito siano rimesse alla maggioranza, ferma restando la necessità del
consenso unanime su alcuni aspetti, come l’ammontare, il tasso d’interesse ed il piano di
rimborso; e, in tema di esigibilità anticipata del debito da restituzione del finanziamento,
A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 137 ss.
16
In questa direzione, nell’analogo contesto della posizione della delegataria
nell’ambito della coassicurazione, C. PERSICO, 96 ss.
LA BANCA CAPOFILA
177
capogruppo il potere di agire soltanto in relazione alle competenze specificamente indicate, argomentando appunto dal carattere dettagliato dell’elencazione delle sue mansioni 17. Per contro, deve osservarsi che, per quanto l’enumerazione possa essere specifica, resta pur sempre un margine di
indeterminatezza, trattandosi di un aspetto comune a tutte le prestazioni
consistenti in un facere 18. D’altra parte, anche le attribuzioni che sono appannaggio dei cofinanziatori sono indicate in modo puntuale nel contratto. Ed allora, rimane irrisolto il problema di fondo inerente alla delimitazione delle competenze tra la capofila ed i partecipanti, per comporre il
quale bisogna anzitutto analizzare le regole convenzionali concernenti le
mansioni affidate alle banche sindacate.
In molti casi, in effetti, il coordinamento tra i vari intermediari per la
gestione del prestito non prevede la delega alla lead manager, ma una
diversa organizzazione volta a contemplare il concorso di tutti i membri, scongiurando così l’eventualità di iniziative in ordine sparso da parte dei cofinanziatori 19. Basti porre mente alla richiesta di un aumento
del fido da parte del cliente. Si tratta, qui, di modificare il contratto e,
pertanto, la stessa prassi convenzionale prevede il coinvolgimento di
ciascun partner per ciò che riguarda la vita del finanziamento e, inoltre,
per talune questioni di particolare delicatezza 20. Si pensi, fra l’altro, oltre ai mutamenti dell’importo del credito, alle variazioni dei tassi di interesse, alla proroga di scadenze, al rilascio di garanzie ulteriori o alla
modifica di quelle esistenti 21. In queste ipotesi, allo scopo di prevenire
possibili conflitti 22, è negata la competenza esclusiva della capofila e le
17
Cfr. M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 207 s.
Anche per riferimenti, A. LUMINOSO, Mandato, 128 s.
Ed inoltre, bisogna considerare che il mandato speciale comprende non solo gli atti
per i quali è stato conferito, ma pure quelli necessari al loro compimento (art. 1708,
comma 1°, c.c.), potendo così ritenere i compiti della capofila più estesi di quanto specificamente indicato: in tema di coassicurazione, C. PERSICO, 98.
19
Per tale considerazione, P. CUOMO, 46 s.
20
Come, ad esempio, le modifiche al piano di ammortamento e l’attivazione dei casi
di default: L.A. BIANCHI, 236; L. FALCIONI, 237; e v., altresì, in tema di garanzie, G.
MEO, Garanzie bancarie, 268; nel diritto francese, M. ELLAND-GOLDSMITH, 144; in seguito, J. TERRAY, Syndication directe. Formation du contrat, 62.
21
Sul punto, A. VERONELLI, 123.
22
Di quest’avviso, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La syndication: Les risques, 1151.
18
178
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
relative decisioni sono rimesse al consenso unanime delle banche partecipanti 23, ovvero ad una maggioranza delle stesse 24.
Ciò non significa che la previsione contrattuale di un momento deliberativo comune sia, in qualche misura, alternativa alla nomina della capogruppo 25. In realtà, l’esigenza dei membri è quella di assegnare al leader
la gestione ordinaria del finanziamento, se non incombenze meramente esecutive, a seconda dei casi; e di affidare, invece, ad una ponderazione
maggiore le altre decisioni, con eventuale ed ulteriore diversificazione tra
quelle adottabili all’unanimità ed a maggioranza, semplice o qualificata,
di consueto dei due terzi nel secondo caso 26. Talvolta, si può anche prevedere la semplice consultazione dei partecipanti in ipotesi predeterminate 27, potendosi poi ancora stabilire il dovere della capofila di uniformarsi
a quanto indicato dagli altri intermediari 28.
In linea generale, il consenso di tutti i membri è richiesto per le questioni strategiche e la maggioranza per quelle meno rilevanti, differen23
Si è osservato che la prassi inizialmente prevedeva soltanto decisioni da prendersi
all’unanimità: nel diritto francese, J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 204.
24
Vedi, A. VERONELLI, 123.
Nella letteratura americana, L.C. BUCHHEIT, 8; M. GRUSON, 325, secondo cui «certain matters can be regulated by a majority or qualified majority of lenders with binding effect on all lenders and other matters require unanimous consent of all lenders»;
L.B. GUTCHO, 132; sintomatico è il passaggio della pronuncia First Citizens Federal
Savings and Loan Association v. Worthen Bank and Trust Company (9th Circ. 1990), là
dove si afferma che la banca partecipante non può dolersi delle perdite subite «because
it disagrees with business decisions made by the majority of its co-participants in full
accordance with the agreement».
Anche quando si è partiti dalla diversa prospettiva della ricerca di schemi idonei a
soddisfare le esigenze del pool, si è segnalata la necessità di predisporre un sistema
relativo alle decisioni comuni. Così, con riguardo all’associazione in partecipazione, si
è evidenziata l’importanza di prevedere l’assenso preventivo degli associati per talune
questioni, oppure eventualmente la loro maggioranza (per tale indagine, G. SCORZA,
Finanziamenti, 238 ss., per il quale non si tratta di una semplice delega, ma di vera e
propria autorizzazione, tale da non compromettere la tipicità dei contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza agli utili ed alle perdite, muovendosi entro i
margini di elasticità del modello legale).
25
Come sembra pensare, invece, in tema di garanzie in pool, G. MEO, Garanzie bancarie, 268.
26
Tra molti, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 219.
27
Lo ricorda, L. RADICATI DI BROZOLO, 203, nt. 233.
28
E v. M. ELLAND-GOLDSMITH, 134.
LA BANCA CAPOFILA
179
ziando spesso le modalità di computo dei voti, ossia capitario o per quote
di interesse 29, vale a dire di partecipazione all’affare 30. Più frequente risulta essere l’utilizzo della seconda tecnica 31.
Nondimeno, lo scopo di sottrarre le decisioni di particolare gravità alla
competenza della sola banca agente si scontra con l’opposta esigenza di
scongiurare il rischio della paralisi decisionale 32. Di qui, si è segnalata la
progressiva generalizzazione della regola di maggioranza, prevedendo
attribuzioni più o meno limitate 33. In effetti, è emersa nel tempo la tendenza a restringere il campo delle materie per le quali è necessario l’accordo di tutte le banche, privilegiando l’efficienza del sindacato, sia pure
stabilendo talvolta delle maggioranze qualificate, ovvero doppie, in numero ed in somma 34.
Da questo punto di vista, deve precisarsi che la previsione di quozienti
particolarmente elevati può dipendere non solo dall’importanza dell’argomento oggetto di discussione, ma anche dalla composizione del sindacato 35. Si pensi al caso in cui una banca abbia da sola concesso più della
metà del finanziamento ed i cofinanziatori non intendano concentrare soltanto su di essa il potere decisionale, senza rinunciare ad un meccanismo
di calcolo per quote di interesse 36. Viceversa, può anche accadere che la
29
Si è, peraltro, rilevato come «existen sindicatos en que se exige tan sólo mayoría
de capital aportado o de capital pendiente de amortización» (nell’esperienza iberica,
M.E. MORÁN GARCÍA, 125).
30
Per questa constatazione, L.A. BIANCHI, 236, che distingue tra decisioni strategiche e quelle cc.dd. day by day; in maniera simile, ma partendo dalla differente idea di
individuare gli spazi dell’autonomia contrattuale, G. SCORZA, Finanziamenti, 169; M.
PANETTA, 312.
31
E v. P.R. WOOD, 94.
32
In proposito, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 12 s., che ritengono tuttavia irrinunciabile l’unanimità in una serie di casi.
33
La riflessione si deve a J.B. BLAISE-P. FOUCHARD, 204 ss., anche per l’analisi di
possibili abusi della maggioranza (208); cfr., altresì, M. BELLIS, La gestion du crédit
consortial, 218 ss., che pure si interroga sulla possibilità di ricorrere alla teoria «de
l’abus de droit», dopo aver scartato l’ipotesi di applicare i rimedi di diritto societario.
34
Per tali notazioni, nel sistema inglese, S. HURN, 118; in Spagna, M.E. MORÁN
GARCÍA, 125, che sottolinea come un metodo alternativo e meno frequente «consiste en
autorizar las actuaciones individuales de cada participante siempre que, previamente,
notifique al resto acerca de sus intenciones».
35
Il rilievo è di S. HURN, 118.
36
È ovvio che un problema del genere non si porrebbe in caso di voto capitario.
180
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
banca agente riesca ad imporre alle altre la regola dell’assunzione a maggioranza capitalistica (semplice) di alcune decisioni, proprio per riservarsi il potere di effettuare da sé determinate scelte, in ragione della sottoscrizione di oltre il cinquanta per cento del prestito.
3. Segue. La selezione delle competenze appartenenti alle banche sindacate: unanimità e maggioranza. – Anche alla luce di quanto si riscontra nella (variabilità della) prassi, nondimeno, resta da risolvere la questione di base, ossia comprendere a quali regole rifarsi nell’assenza di
specifiche previsioni negoziali, specialmente rispetto alla suddivisione a
monte tra competenze della capogruppo e quelle dei partecipanti, ma non
solo. Ulteriore incognita è quella di stabilire come regolarsi dinanzi alle
decisioni convenzionalmente rimesse ai cofinanziatori, ma senza che sia
stato prefissato se adottabili a maggioranza o all’unanimità, con l’ulteriore necessità di precisare, nel primo caso, le modalità di calcolo 37. Su tali
aspetti, sembra quanto mai utile, nella ricostruzione della normativa di
riferimento, l’integrazione con le disposizioni concernenti i consorzi interni 38.
Il riferimento alla disiciplina consortile implica che, in mancanza di
una diversa previsione contrattuale, vige la regola dell’approvazione a
maggioranza dei consorziati per le deliberazioni concernenti l’oggetto del
consorzio (art. 2606, comma 1°, c.c.) 39, potendosi discutere poi sulla derogabilità o meno del metodo collegiale 40, ma non sulla sua applicazione
37
Accade spesso che talune clausole rimettono determinate scelte alla maggioranza
della banche partecipanti, senza precisare null’altro.
38
Anche per quanto concerne l’invalidità delle decisioni (art. 2606, comma 2°, c.c.):
per l’analisi di tale disciplina, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 327 ss.; Gia.
GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 341 ss.; G. MARASÀ, Consorzi e società
consortili, 66; M. SARALE, 511 s.; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 402.
39
Tra gli altri, G. BONFANTE, 714; A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 314
ss.; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 81; G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori,
189; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 397, testo e nt. 118; M. SARALE, 507 s.
40
La tesi affermativa è stata sostenuta in base alla circostanza che il consorzio sarebbe qualificato da un’organizzazione corporativa (per tale opinione, P. SPADA, Funzione e organizzazione, 254 s.; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 65 s.); ovvero
in virtù del dato normativo (art. 2606 c.c.) che parla di deliberazioni e di consorziati assenti, presupponendo quindi la presenza di un’adunanza in senso tecnico (e v. A. GRA-
LA BANCA CAPOFILA
181
quale modello di default. Ciò significa che tutte le decisioni inerenti al
prestito sono rimesse, in linea di principio, al gruppo dei cofinanziatori, i
quali assumono le relative determinazioni nel rispetto del principio maggioritario e della collegialità 41.
Rimane tuttora insoluta la questione relativa alle modalità di calcolo:
di solito, si tende ad intravedere nel dettato normativo la predisposizione
del metodo capitario, sebbene quale sistema residuale 42. Bisogna, però,
evidenziare che nei casi in cui vi sia stata quantificazione contrattuale
delle rispettive partecipazioni, l’intento dei contraenti potrebbe essere
quello di considerare la loro misura quale parametro di determinazione del
peso del voto di ciascun membro 43. Ed è quanto accade nel caso di specie, giacché ricorre una particolare cura nel precisare la partecipazione
sottoscritta da ciascuna banca, lasciando intendere come ciò debba rilevare non solo quanto all’impegno economico assunto, ma altresì in relazione ai rapporti di forza esistenti fra le varie banche; sicché, le decisioni da
assumere a maggioranza dovranno seguire, in mancanza di una diversa
ZIANI,
Questioni sulle deliberazioni, 130; in seguito, A. BORGIOLI, Consorzi e società
consortili, 315; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 80 s., il quale richiama anche le
maggiori garanzie offerte dal procedimento collegiale; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi,
395; G. BONFANTE, Organi necessari del consorzio, 714; per una critica, Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 338).
In termini opposti, si è ritenuto che il legislatore ha inteso prevedere soltanto in via
suppletiva la previsione dell’assemblea (e v. M. GHIRON, 107 s.; Gia. GUGLIELMETTI, La
concorrenza e i consorzi, 337 s., che prende le mosse dalla causa del contratto di consorzio e dalla piena compatibilità della stessa con un metodo extra-assembleare; R.
FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 135 ss.; ID., Delibere consortili, 226 s.;
Cass., 27 giugno 1953), sino a negarne la presenza nello stesso regime di default (è la
tesi, isolata, di M. SARALE, 504 ss., per la quale il dato letterale non è decisivo, analogamente a quanto accade nelle società personali).
41
È bene precisare che la regola impone l’approvazione da parte della maggioranza
di tutti i consorziati e non solo dei presenti: Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 338.
42
All’interno di quest’orientamento, argomentando dalla lettera dell’art. 2606, comma 1°, c.c.: T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza, 124; M. GHIRON, 107; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 338; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 38; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 80; G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori, 181, per il quale la lettera della norma è sufficientemente chiara.
43
Posizione espressa da: A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 325 s.; R.
FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 139; non distanti, G. VOLPE PUTZOLU, I
consorzi, 402 s.; G. BONFANTE, 715, secondo cui bisogna guardare alle caratteristiche
concrete assunte dal consorzio.
182
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
indicazione, la regola delle quote di interesse. Stessa conclusione, a conferma di quanto appena sostenuto, è stata avanzata nell’esperienza tedesca, sia pure con le peculiarità derivanti dal riconoscimento della BGBGesellschaft, intravedendo una deroga alla regola del sistema capitario,
proprio in virtù dell’assetto contrattuale realizzato dalle parti 44.
Ancora, in applicazione della disciplina consortile si può agevolmente
chiarire quali siano le decisioni sottratte alla regola maggioritaria: qualora
non si tratti di dare attuazione all’oggetto del consorzio (cioè, il prestito),
ma di addivenire a mutamenti dell’accordo (ossia, della convenzione interbancaria), dovrà applicarsi l’art. 2607 c.c., in virtù del quale si impone
l’unanimità per le modifiche del negozio costitutivo 45.
Acquisiti tali elementi, sembra ora consentito anche tracciare il confine tra le mansioni della capofila e quelle dei cofinanziatori. Si tratta di
questione che finisce per ricollegarsi ad un problema di teoria generale
dei consorzi e, nello specifico, all’inquadramento del soggetto preposto al
loro governo, perché da tale riflessione ne potrebbe discendere il riconoscimento di una competenza più o meno estesa. In particolare, ad un suo
ampliamento potrebbe giungersi se si considerassero tali soggetti come
amministratori in senso proprio, anziché come mandatari 46.
Al di là dei dubbi specifici, il riferimento al mandato contenuto in più
di una disposizione dettata per i consorzi (artt. 2608 e 2609 c.c.) è stato
letto come un mero rinvio di disciplina 47, peraltro limitato ad alcuni pro44
Tra molti, F. DE MEO u. T. HOFFMANN, Konsortialvertrag, 422 s.; W. HADDING u.
F. HÄUSER, Rd. 32, secondo cui «die Mehrheit wird – abweichend von § 709 Abs. 2 BGB
– nicht nach “öpfen”, sondern nach Konsortialquoten berechnet»; O. ROSSBACH, Rd.
11.210, 1415 s.
45
La regola è, di consueto, ritenuta analoga a quella dettata in tema di società semplice (art. 2252 c.c.) e fa discutere circa la facoltà di esprimere il consenso anche al di
fuori dell’assemblea (in senso affermativo, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 143; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, 341, in coerenza con
quanto ritenuto valevole per le deliberazioni da assumere a maggioranza; all’opposto, M.
GHIRON, 108, che richiama i principi di diritto societario, paventandone l’applicazione
analogica; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 398).
46
V. i richiami contenuti nelle note seguenti.
47
È quanto sostenuto da: A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 335 ss.; R.
FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 144 ss.; G.D. MOSCO, I consorzi tra
imprenditori, 189; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 77 s.; M. SARALE, 513 ss.; G.
VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 403 s.
LA BANCA CAPOFILA
183
fili 48, dovendo poi verificare in concreto quali norme applicare, come accade altresì in altri contesti 49, nel quadro di una più generale inidoneità
del mandato a regolare efficacemente il rapporto fra gestori e componenti
del gruppo nei fenomeni associativi 50. Questo genere di riflessione ha
fatto ritenere che gli organi preposti al consorzio non potrebbero essere
considerati veri e propri mandatari 51, sebbene non senza contrasti 52: ed
infatti, la giurisprudenza prevalente è da tempo attestata su posizioni opposte, in fedele conformità al dato letterale 53.
Ne è conseguita la sussunzione nell’ambito del contratto di lavoro in senso ampio,
stando al pensiero di G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 77 s.; per una critica, A.
BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 338 s.
48
In modo tale da permettere l’uso dell’argomento a contrario in relazione agli aspetti non oggetto di rinvio: G. PERONE, 213 s.
49
Rilievo diffuso: v. A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 336 s., secondo cui
bisogna in alcuni casi rifarsi all’integrazione analogica, escludendo anche l’utilizzazione
per estensione; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 146 s., che tenta una
più o meno puntuale individuazione delle disposizioni applicabili e non; G.D. MOSCO, I
consorzi tra imprenditori, 189 s.; M. SARALE, 514, che condivide il rifiuto dell’integrale
ricorso alla disciplina del mandato; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 403.
50
Affermazione corrente e ormai risalente nel tempo: A. FIORENTINO, Gli organi delle società di capitali, n. 54, 94 ss.; G. MINERVINI, Gli amministratori, 61 ss., spec. 71; G.
FRÈ, 426 ss.; F. GALGANO, Le società in genere, nn. 48 ss., 230 ss., secondo cui sono superate le concezioni dell’institore e del mandatario, con conseguente scarsa possibilità di
applicare le norme dettate per quest’ultima figura; G. RAGUSA MAGGIORE, 44 ss.; G.
VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 403 s.; Cass., 15 febbraio 1951; in tema di associazioni e
fondazioni, A. CETRA, 242 ss.
51
Così, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 335 ss.; R. FRANCESCHELLI,
Delibere consortili, 221; P.G. JAEGER, Responsabilità verso i terzi, 187 s., il quale critica, più in generale, la tendenza al ricorso a figure ed istituti di diritto privato per spiegare la disciplina dei consorzi, svalutandone la loro originalità; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, 78; G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori, 189, secondo cui le
due norme contenenti il rinvio non consentono di vedere dei semplici mandatari in coloro che sono preposti al consorzio; M. SARALE, 514 s.; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 403 s.; G. PERONE, 208 ss., per il quale si tratta di un vero e proprio rapporto organico.
52
Con vigore, G. BONFANTE, 714 s., per il quale devono applicarsi all’amministratore
le norme riferibili al mandatario; L. DE ANGELIS, Appunti sulla responsabilità, 1411, ss.,
che fa riferimento al mandato privo di potere rappresentativo e respinge la teoria della
rappresentanza indiretta; e, con specifico riguardo ai consorzi con attività interna, L.F.
PAOLUCCI, I consorzi, 463, nt. 23.
53
L’orientamento favorevole al mandato pare essere sostenuto nella giurisprudenza dominante: Cass., 16 marzo 2001, n. 3829; Cass., 26 luglio 1996, n. 6774; Trib. Roma, 22
184
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Da qui, si è andata consolidando l’idea che tra i gestori ed il consorzio
si venga ad instaurare un rapporto organico o di amministrazione 54. Immediata conseguenza sarebbe quella di riconoscere loro una sfera di competenza originaria ed esclusiva, secondo una certa impostazione 55.
A ben vedere, però, tale opinione sembra ricollegarsi alla necessità di
individuare un modello operativo soddisfacente per i consorzi con attività
esterna 56, mostrandosi inadeguato, pertanto, rispetto a quelli interni e,
dunque, alla convenzione interbancaria. Una diversa, e preferibile, ricostruzione ritiene, di contro, che l’organo gestorio ha essenzialmente il dovere di dare esecuzione alle decisioni dei consorziati, nonché di ispezione
e controllo sull’attività dei membri, al fine di accertare l’esatto adempimento degli obblighi assunti (art. 2605 c.c.) 57.
In primo luogo, questa concezione sembra più aderente al sistema normativo, in virtù del fatto che la legge prevede la riserva in favore dei partecipanti di ogni potere decisionale in merito all’attuazione dell’oggetto
del consorzio (art. 2606 c.c.). E, in più, tale schema pare essere delineato
dal legislatore avendo come presupposto implicito di riferimento proprio
i consorzi con attività interna 58, ai quali si deve attingere per la ricostruzione della disciplina dei prestiti sindacati. Di certo, questo vuol dire acmaggio 1995; Trib. Milano, 8 ottobre 1988; Trib. Milano, 29 agosto 1977; Trib. Roma,
25 gennaio 1952; e v., anche, Trib. Siracusa, 29 giugno 1995.
54
Già, Cass., 15 febbraio 1951; poi, ma con riguardo ai consorzi esterni, Cass., 27
novembre 1986, n. 6993; in dottrina, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 337 s.,
che però precisa come il discorso potrebbe non valere per i consorzi a rilevanza meramente interna; G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori, 191; conforme, nella sostanza,
G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 404.
55
Così, G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori, 193.
56
Per tale riflessione, G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 398, per la quale la riserva di
ogni potere decisionale all’assemblea in merito all’attuazione dell’oggetto del consorzio
è compatibile con un tipo di consorzio che si risolve nella regolazione dei rapporti tra i
contraenti; in parte diversa è la posizione di A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili,
319; cfr., altresì, M. SARALE, 514 s.
57
In luogo di altri, G. BONFANTE, 715, ad avviso del quale i preposti sono, nei
consorzi interni, esecutori delle delibere dell’assemblea e controllori dell’attività dei
consorziati; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 63 s.; nonché, presumibilmente riferendosi ai consorzi interni, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 318
e 331 ss.
58
Specialmente, G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 397 s.; e v., anche, G. BONFANTE,
715.
LA BANCA CAPOFILA
185
cordare ai consorziati poteri non soltanto organizzativi, ma anche gestori 59. Il che risulta essere, in verità, rispondente alla fattispecie consortile
ed all’autonomia delle singole attività facenti capo ai vari partecipanti. Vale a dire che ciò rispecchia l’idea di non perdere la prerogativa di determinare le scelte imprenditoriali, restando i singoli membri padroni di
incidere su quelle decisioni destinate a ricadere nella loro sfera individuale 60.
Ebbene, questa struttura ricorre, senza dubbio alcuno, nei finanziamenti in pool. Si tratta di modello coerente con la sistemazione contrattuale predisposta dalle parti, allorché si è soliti assegnare alla capofila
per lo più funzioni tecniche e meccaniche 61, lasciando alla collettività dei
membri le altre attribuzioni 62. D’altro canto, analoga espressione dell’assetto di interessi realizzato dai contraenti si ritrova in tema di coassicurazione, là dove si evidenzia il ruolo esecutivo e di sorveglianza della
delegataria 63.
Chiarita la ripartizione di competenze tra la banca agente e quelle consorziate, è ora possibile precisare come regolarsi dinanzi ad alcune decisioni che appaiono particolarmente controverse, anche in virtù del loro
rilievo applicativo. Il riferimento è alla nomina della stessa capogruppo,
al potere di gestire l’intero credito in caso di crisi o insolvenza del soggetto finanziato, nonché a quello di rinegoziare (con le sue ipotesi alternative) le condizioni del finanziamento. Si tratta di fattispecie differenti e
che meritano, quindi, di essere analizzate separatamente; solo dopo tale
indagine sarà possibile identificare con precisione i doveri e la responsabilità della capofila, illustrando anche la disciplina della sua revoca, per
l’evidente legame con le iniziative poste a protezione dei cofinanziatori
in caso di violazione dei suoi obblighi.
59
Come affermato da G. BONFANTE, 714, il quale ammette anche la possibilità dei
consorziati di dare direttive agli amministratori.
60
È quanto sostiene, M. SARALE, 510 s.
61
Testualmente, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 208; nei sistemi di common law, per l’affermazione secondo cui «the agent is an administrative agent and rarely has significant management functions», P.R. WOOD, 91; analogamente, S. HURN, 115
ss., che parla di «mechanical and administrative role».
62
Come rilevato supra all’interno del precedente paragrafo.
63
Così, S. SOTGIA, In tema di coassicurazione, 16.
186
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
4. Principio maggioritario e soluzione delle ipotesi controverse: la
nomina della capofila. – Il problema della nomina della banca agente si
pone in un numero ridotto, ma non irrilevante, di situazioni. In effetti, la
designazione della lead manager non solleva particolari difficoltà quando, come succede nella maggior parte dei casi, interviene al momento
della stipula della convenzione interbancaria, poiché è fuori contestazione che, in fase genetica, non si può prescindere dalla volontà di ciascuna delle banche consorziate.
Più delicate sono, al contrario, altre ipotesi – verosimilmente rare, ma
non di scuola – in cui ricorre la necessità di procedere all’investitura della
capofila in epoca successiva alla formazione del pool. Una prima eventualità può essere, anzitutto, quella in cui è stata prevista all’interno del
contratto la presenza della capogruppo (ed i rispettivi compiti), senza tuttavia provvedere alla sua individuazione. Altra occasione in cui le banche
possono trovarsi dinanzi alla necessità di nomina è quella in cui sia stata
revocata la banca designata in precedenza 64, ovvero sia cessata dall’incarico per qualsiasi altra ragione 65.
In questi casi, si pone, essenzialmente, il dilemma relativo alla facoltà
di nomina all’unanimità o a maggioranza, dovendosi pure chiarire, in quest’ultima evenienza, quale sia la base di calcolo da prendere in considerazione, alla luce di quanto appena evidenziato in linea generale 66.
Giova rilevare, in via preliminare, che a tali fattispecie non è equiparabile quella in cui si voglia procedere ad una modifica della struttura del
sindacato, ab origine decentrato, in pool accentrato, per volontà dei contraenti. Non vi è dubbio che, dinanzi ad una simile circostanza, è indispensabile l’unanimità dei cofinanziatori, dovendosi procedere ad una modifica
dell’intesa originaria: si può fare agevolmente riferimento in proposito tan64
Sulla ricostruzione della disciplina della revoca v. infra al § 10 di questo Capitolo.
Tra queste, può annoverarsi anche la rinuncia della stessa capofila, ipotesi che pure
suscita una serie di problemi, come quello della risarcibilità degli altri membri in assenza
della giusta causa. In proposito, M.T. DE GISPERT PASTOR, 77 ss.; cfr., altresì, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 11.
Non è sicuro, invece, che la cessione del credito da parte della capofila faccia venire
meno il suo ruolo, con conseguente necessità di procedere alla sostituzione, dovendosi
verificare verosimilmente se vi sia stata o meno una più integrale alienazione della partecipazione al contratto (e v. quanto si osserverà infra ai §§ 18-19 di questo Capitolo).
66
V. ciò che si è detto supra al precedente paragrafo.
65
LA BANCA CAPOFILA
187
to alle regole generali in ambito negoziale, quanto all’art. 2607, comma 1°,
c.c., a mente del quale il contratto di consorzio non può essere modificato
senza il consenso di tutti i consorziati, se non è diversamente convenuto.
Nelle altre ipotesi dianzi menzionate (revoca o cessazione della precedente banca agente ed astratta previsione della lead manager senza però
provvedere alla relativa nomina), trattandosi di un finanziamento in pool
accentrato, appare più difficile sostenere che debba applicarsi il principio
unanimitario, poiché non occorre procedere ad alcun mutamento della
convenzione interbancaria. L’unanimità potrebbe, invero, essere richiesta
se si facesse applicazione della disciplina del mandato, perché sarebbe
inevitabilmente necessario il placet di tutti i partecipanti (mandanti) per
procedere alla designazione. Ma il ricorso alle prescrizioni sul mandato
non appare giustificato in presenza di una precisa disposizione dettata per
i consorzi interni.
Escluso che sia conferente il richiamo all’art. 2607, comma 1°, c.c., di
contro, sembra corretto rifarsi a quanto prescritto dall’art. 2606, comma
1°, c.c., in virtù del quale le deliberazioni relative all’oggetto del consorzio sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati, salvo diversa disposizione convenzionale. Tanto è vero che si ritiene applicabile questa previsione alla nomina degli amministratori del consorzio 67. Non mancano, tuttavia, impostazioni propense a ritenere indispensabile l’unanimità, pur in applicazione delle norme consortili, quando le
qualità personali dell’eletto sono destinate a rappresentare un elemento
essenziale del contratto 68.
Quest’ultima opinione impone, anzitutto, di verificare se una fattispecie del genere possa valere anche per una persona giuridica, trattandosi di
una banca nel caso di specie. La questione è parecchio nota in letteratura
ed è stata affrontata soprattutto in ambito societario rispetto alla partecipazione di società di capitali in quelle personali, affermandosi, in modo
convincente, che pure per le prime potrebbero rinvenirsi precisi elementi
distintivi insiti nella loro struttura 69, a prescindere peraltro dalle critiche
67
Per la sufficienza di una decisione dell’assemblea assunta a maggioranza, A. BORConsorzi e società consortili, 318; G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 404.
68
In questa direzione, R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 148; e v.,
pure, L. DE ANGELIS, Appunti sulla responsabilità, 1406 s.
69
Lucido ed efficace, A. GRAZIANI, Diritto delle società, n. 26, 85; sulle sue orme, F.
GIOLI,
188
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
riguardanti la presunta essenzialità delle qualità personali dei soci nelle
società di persone 70.
In effetti, sebbene con il precipuo fine di negare l’ammissibilità di
un’ulteriore delega delle sue funzioni ad altro ente 71, anche nei prestiti
sindacati si è osservato che la nomina della capogruppo avviene intuitu
personae 72. Se si seguisse questo ragionamento, potrebbe conseguirne la
necessità del consenso di tutti i consorziati per la sua designazione.
Nondimeno, siffatta constatazione non appare affatto certa, nella misura in cui l’investitura della capofila pare trovare spiegazione nei rapporti di forza esistenti tra le varie parti, piuttosto che nelle sue qualità personali. La naturale coincidenza soggettiva fra la banca organizzatrice e
quella agente dimostra, al contrario, che la nomina di quest’ultima risponde a ragioni di opportunità e di gestione efficiente del prestito concesso,
in virtù del rapporto intrattenuto con l’impresa sovvenuta 73. A ciò si aggiunga come il ruolo di lead manager sia spesso riconosciuto al cofinanziatore che ha assunto la quota maggiore del prestito 74, sembrando così
rispondere ad una precisa richiesta dello stesso in virtù dell’elevata partecipazione al rischio assunto nell’operazione, tanto da porre alla base
DI SABATO, n. 29, 97; cfr., altresì, G.E. COLOMBO, La partecipazione di società, 1513
ss.; in passato, T. ASCARELLI, Confusione del patrimonio, 927 ss., secondo cui è ben possibile che pure «le società anonime abbiano una propria individualità, e come possano
anch’esse avere una tradizione di correttezza e integrità – naturalmente basata su quella
degli uomini che le compongono – sì che anche nel contrarre società con una società
anonima possono assumere un peso decisivo considerazioni tratte dalla individualità del
socio, oltre che dall’entità del suo apporto di capitale».
70
Per tutti, P. SPADA, La tipicità delle società, 239 ss.; e, nell’ottica della clausola di
libera trasferibilità delle partecipazioni sociali, P. PISCITELLO, Società di persone a struttura aperta, 49 ss.
71
Così, M.E. MORÁN GARCÍA, 86, testo e nt. 193; in maniera analoga, ritenendo necessaria l’autorizzazione di tutte le altre banche, M.T. DE GISPERT PASTOR, 85.
72
Lo rileva, M.T. DE GISPERT PASTOR, 72 s.
La tesi prescinde, comunque, dall’inquadramento dell’incarico rilasciato alla capofila
all’interno del mandato, giacché per quest’ultimo contratto è controverso se possa considerarsi o meno intuitu personae: A. LUMINOSO, Mandato, 396 ss.; per la tesi negativa,
F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 30, 125 s.
73
Cui deve aggiungersi, di consueto, la migliore conoscenza della situazione economico-finanziaria del richiedente, per via della relazione di clientela in essere nei suoi
confronti.
74
Constatazione effettuata, ad esempio, da P. CUOMO, 47; e, in altro ed affine contesto, da: N. GASPERONI, Le assicurazioni, 104; C. PERSICO, 98.
LA BANCA CAPOFILA
189
dell’accordo complessivo, tra le varie condizioni, pure la sua designazione in qualità di banca agente.
Anche al di là di tali notazioni (trattandosi, comunque, di rilievi che
scontano una certa approssimazione dovuta agli specifici contorni che le
singole fattispecie concrete rivestono), è sul piano strettamente normativo
che la tesi favorevole all’unanimità trova una chiara smentita. La ricostruzione qui non condivisa esclude l’applicabilità dell’art. 2606, comma
1°, c.c., argomentando dal fatto che la nomina della capofila non costituisce una decisione con cui viene attuato l’oggetto del consorzio 75.
All’opposto, l’impressione è che il legislatore abbia proprio voluto
considerare il conferimento dell’incarico degli organi preposti al consorzio quale competenza della maggioranza dei membri. L’art. 2609, comma
2°, c.c. milita decisamente in questa direzione e, perciò, permette di respingere l’opinione contraria. La ragione risiede nel fatto che il tenore
letterale di tale norma fa espresso riferimento al “mandato conferito dai
consorziati per l’attuazione degli scopi del consorzio”, ossia ad una materia per la quale è applicabile la regola maggioritaria, ricorrendo una formulazione pressoché identica a quella contenuta nell’art. 2606, comma
1°, c.c. 76.
A conferma di quanto si sostiene, deve osservarsi che, dal punto di vista degli interessi in gioco, appare assai più confacente riconoscere alla
maggioranza dei consorziati 77, anziché a tutti, il potere di procedere alla
nomina della capogruppo, al fine di scongiurare il pericolo di incorrere in
situazioni di impasse, tenendo conto che si tratta di consentire la gestione
del prestito e, in definitiva, di assicurare il buon fine dell’affare comune.
75
Di quest’avviso, L. DE ANGELIS, Appunti sulla responsabilità, 1406 s., per il
quale si tratta di un elemento essenziale del contratto di consorzio, non riconducibile
alle deliberazioni relative all’attuazione dell’oggetto consortile, a meno di operare
un’evidente forzatura.
76
L’unica differenza, cui non sembra potersi attribuire un particolare peso, è che le
decisioni attribuite alla maggioranza dei consorziati sono quelle relative all’attuazione
dell’oggetto del consorzio (art. 2606, comma 1°, c.c.), mentre l’incarico conferito agli
amministratori riguarda l’attuazione dei suoi scopi (art. 2609, comma 2°, c.c.). Al di là di
siffatta divergenza (più formale che sostanziale), il parallelismo appare evidente e mostra
l’intenzione del legislatore di considerare la designazione dei gestori dell’organismo comune una materia da attribuire alla maggioranza dei partecipanti, appunto in quanto consente di raggiungere la finalità convenuta.
77
Per quote di interesse in base a quanto detto supra al paragrafo precedente.
190
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Anche nei riguardi del cliente, inoltre, un eventuale stallo dovuto alla mancanza di una rapida indicazione della capofila, per mancanza di accordo
unanime, pare giustificare l’applicazione del principio maggioritario, in
ragione del pregiudizio che l’impresa finanziata può subire in caso di intralci e/o stasi nell’amministrazione del prestito 78.
5. La gestione dell’intero credito nel fallimento e nelle soluzioni negoziali della crisi del soggetto finanziato. – Altro aspetto quanto mai delicato è se la capofila sia legittimata a gestire o meno l’intero credito all’interno delle soluzioni concordatarie e, più in generale, delle procedure
concorsuali. Questo significa, anzitutto, domandarsi se la banca agente
possa insinuarsi al passivo soltanto rispetto alla propria quota 79, ovvero
in relazione all’intero ammontare 80.
La questione si presenta, in maniera speculare, nelle varie soluzioni alternative al fallimento, sia giudiziali, che quelle sottratte (in tutto o in parte) al controllo del giudice. Da quest’angolo visuale, ciò che muta è il tipo
di attività posta in essere dalla capofila, fermo restando l’interrogativo di
fondo relativo alla facoltà di far valere la somma globale dovuta dall’impresa sovvenuta. Così, in caso di concordato preventivo, il dubbio si sposta dall’insinuazione al passivo alla manifestazione ed al peso del voto,
ossia se possa votare in toto, oppure pro quota. Lo stesso deve dirsi per il
concordato fallimentare, benché l’esame della proposta qui prescinda,
come noto, da un’apposita adunanza (artt. 125 e 127 l. fall.). Analogamente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nelle soluzioni stragiudiziali in genere [inclusi i piani di risanamento ex art. 67, comma 3°, lett. d), l.
fall.], bisogna verificare se la banca leader sia legittimata a partecipare alle trattative e ad esprimere l’eventuale consenso alla convenzione per
l’importo complessivo di cui è debitore il soggetto finanziato.
78
Pur essendo un terzo, è bene chiarire che il soggetto finanziato trae beneficio dalla
centralizzazione del prestito ed è, perciò, interessato alla designazione della capofila alla
stregua dell’art. 1723, comma 2°, c.c., come si vedrà infra al § 10 di questo Capitolo,
affrontando il tema della revoca.
79
Se posseduta, come normalmente accade, poiché nella prassi italiana sembra prettamente teorica l’ipotesi della designazione di una banca estranea al gruppo dei cofinanziatori.
80
In linea astratta, anche in assenza di una partecipazione al prestito, ma v. quanto
appena detto nella nota precedente.
LA BANCA CAPOFILA
191
È appena ovvio che la risposta affermativa a tali quesiti, di significato
differente a seconda delle diverse fattispecie, sarebbe di non poco conto.
Così, in caso di fallimento e d’insinuazione al passivo, si avrebbe una migliore, e comunque più agevole, tutela degli interessi comuni; oltre a tale
funzione, pur sempre sussistente, nelle altre ipotesi potrebbe ravvisarsi anche una maggiore probabilità di successo per quanto attiene al raggiungimento dell’accordo. La concentrazione dell’intero credito nelle mani di un
solo individuo finirebbe, cioè, per favorire il conseguimento delle maggioranze necessarie e, comunque, per facilitare la praticabilità delle soluzioni negoziali, in virtù della gestione unitaria del credito vantato. Sin
troppo ovvio, poi, è il rilievo che le banche, in quanto creditori forti, rappresentano il nucleo indispensabile di interlocutori del debitore, nell’ottica
di tentare di risollevare le sorti dell’impresa in crisi. Valutazione, questa,
resa ancor più evidente alla luce dei nuovi istituti riservati alle sole banche
ed intermediari finanziari ex art. 182-septies l. fall. 81.
Nel caso di specie, inoltre, gli importi, già solitamente ingenti al di
fuori dei prestiti sindacati, potrebbero essere ancor più rilevanti, poiché i
finanziamenti in pool possono riguardare cifre considerevoli che una sola
banca non intende erogare 82. Poiché, peraltro, dall’esperienza empirica emerge che la presenza della banca agente costituisce un elemento naturale, ma non essenziale, dell’operazione 83, sorge anche l’analogo problema
di determinare se, in sua assenza, i singoli cofinanziatori possano far valere i loro diritti soltanto pro quota, ovvero rispetto alla somma globale di
cui il cliente risulta essere debitore.
Il tema è strettamente collegato al problema della legittimazione della
banca manager rispetto alle azioni da esercitare a tutela dell’intero credito concesso 84, e non solo. Appare manifesta, infatti, la connessione con
l’individuazione, a monte, del tipo di obbligazione sussistente tra i diversi
intermediari, nella misura in cui è logico chiedersi se la capofila possa in81
Con particolare riguardo all’accordo di ristrutturazione dei debiti con banche ed
intermediari finanziari in presenza di prestiti sindacati, v. G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 64 s.
82
Si torni a guardare quanto evidenziato supra al § 1, Capitolo Primo.
83
V. l’analisi svolta supra al § 5, Capitolo Secondo.
84
In senso affermativo, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 760 ss., secondo cui «también corresponde al Banco agente ejercitar cuantas acciones correspondan a la comunidad de entidades
prestatarias para recuperar los fondos no restituidos en tiempo y forma por el cliente».
192
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
sinuarsi al passivo e partecipare alle soluzioni concordatarie in relazione
al credito complessivo, per via dell’esistenza di un legame di solidarietà
attiva 85.
Si tratta, com’è evidente, di questione preliminare che, se risolta in senso affermativo, renderebbe superflua ogni ulteriore indagine, imponendo
piuttosto di cercare nella disciplina della solidarietà le regole applicabili
nelle varie ipotesi. Si pensi alla possibilità di rifarsi al principio dettato
dall’art. 1304 c.c., in virtù del quale la transazione non ha effetto nei confronti degli altri concreditori se questi non dichiarano di volerne profittare 86. Più difficile, invece, è pensare all’immediata comunicazione degli
effetti dell’atto compiuto dalla capofila a tutti gli altri cofinanziatori, alla
stregua dell’art. 1308, comma 2°, c.c. 87, perché dovrebbe potersi stabilire
a priori la natura vantaggiosa di quanto effettuato; il che non è sempre
possibile, fatta eccezione, forse, per il caso dell’insinuazione al passivo.
Anticipando, qui, la conclusione cui si perverrà in seguito, può respingersi la ricorrenza di un legame del genere tra i vari cofinanziatori 88, con
il risultato che, quanto alla capofila, una soluzione differente potrebbe e
dovrebbe rinvenirsi altrove, ossia nei compiti di cui questa è investita, anziché nella specie di obbligazione contratta 89.
85
L’eventuale soluzione affermativa, in realtà, dovrebbe finire, poi, per valere rispetto a ciascuna banca sindacata.
86
Mentre non vi è dubbio che l’art. 1304, comma 1°, c.c. si riferisce alla transazione
oggettivamente estesa all’intero debito o credito (e v. G.F. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria, n. 62, 261; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 272; E. VALSECCHI, n. 82, 316
s.), appare controverso, invece, se la disposizione si applichi anche alla transazione novativa (per la tesi affermativa, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa,
267 s.; amplius, M. COSTANZA, Obbligazioni solidali e transazione, 19 ss., la quale parte
dal corretto presupposto della non coincidenza tra novazione e transazione novativa; all’opposto, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 271 ss., per il quale la norma di riferimento
sarebbe, nella seconda ipotesi, esclusivamente l’art. 1300 c.c.).
87
In base al quale la costituzione in mora del debitore fatta da uno dei creditori in solido giova agli altri. Si tenga presente che anche nella Relazione al codice civile si accenna alla regola dell’automatica estendibilità degli effetti favorevoli (tra molti, E. VALSECCHI, n. 82, 315, testo e nt. 26). Se ne parla, nello specifico, al n. 598, dove si afferma che
“una serie di disposizioni testuali è precisamente ispirata dal principio, già cennato, della
non comunicabilità degli atti pregiudizievoli e dell’estensione di quelli vantaggiosi”.
88
È quanto si dirà nella Sezione successiva del presente Capitolo.
89
Mentre diventa inevitabile riconoscere, per le banche partecipanti, solo il potere
di insinuarsi pro quota: per alcuni esempi, in tema di amministrazione straordinaria re-
LA BANCA CAPOFILA
193
Conviene quindi verificare, alla luce di quanto detto, se lo statuto normativo applicabile alla banca agente possa consentire di giungere a soluzione affermativa. Il che obbliga, in primis, ad effettuare un’analisi sul
piano convenzionale, in assenza di specifiche disposizioni legislative applicabili al caso in esame 90. In realtà, tra queste potrebbe annoverarsi, limitatamente al concordato preventivo, l’art. 174 l. fall., dove è previsto
che ogni creditore può farsi rappresentare nell’adunanza per la votazione
da un mandatario speciale, con procura che – secondo la formulazione testuale della norma – può essere scritta senza formalità sull’avviso di convocazione. Risulta controverso se la disposizione individui un formalismo necessario ai fini della validità o meno; ovvero se determinati vincoli siano comunque ricavabili da altre prescrizioni o dai principi generali.
È chiaro che se si sostenesse l’inscindibilità del documento contenente
l’avviso di convocazione dal mandato rilasciato dal creditore 91, ciò varrebbe di per sé ad escludere la sussistenza nei finanziamenti in pool di un
potere del genere a favore della capofila.
La norma sembra, per contro, indicare solo a titolo esemplificativo una
delle possibili modalità di concessione della procura 92, dal momento che
la piena riferibilità al creditore dell’espressione del voto – presunta ratio
della suddetta inscindibilità 93 – può essere ugualmente assicurata già dalla forma scritta e dalla specificità del mandato. Ed invero, se si reputa
trattarsi del conferimento di poteri di rappresentanza a contenuto sostanziale, anziché alle liti 94, la conseguenza è che non è richiesta alcuna forlativa alla crisi del gruppo “Cariboni”, Cass., 31 maggio 2013, n. 13181; Cass., 18
aprile 2013, n. 9482.
90
In realtà, non mancano nella normativa secondaria alcune indicazioni relative al
potere della banca agente di gestione dell’intero credito, ma si tratta di provvedimenti relativi a settori e finalità ben diversi. Si ponga mente, ad esempio, alla segnalazione concernente la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, là
dove è prescritto che questa avvenga ad opera dell’intermediario capofila con riferimento
all’intero ammontare del finanziamento (è quanto sancito dal Comunicato della Banca
d’Italia del 29 agosto 2009, n. 40441).
91
In termini affermativi, a quanto consta, A. BONSIGNORI, Concordato preventivo,
326 ss.; dopo la riforma, P. LICCARDO, 2179.
92
In questa direzione, Cass., 12 novembre 1998, n. 11431.
93
Di tale parere, P. LICCARDO, 2179.
94
In particolare, Cass., 26 gennaio 1995, n. 964, che sottolinea la distanza con l’art.
83 c.p.c.
194
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ma particolare, ad eccezione appunto di quella scritta, pur sempre desumibile dal tenore della regola de qua, facendosi comunque riferimento al
rilascio in questa modalità, oltre che al carattere speciale 95. Qualora si
propendesse, invece, per un inquadramento all’interno della rappresentanza processuale, sarebbe del pari indispensabile un’espressa attribuzione per iscritto 96, tanto in applicazione delle regole di diritto comune (art.
77, comma 1°, c.p.c.) 97, quanto di quelle sui consorzi interni e, nello specifico, dell’art. 2603, comma 2°, n. 4, c.c., là dove è stabilito che il contratto deve precisare le attribuzioni ed i poteri degli organi consortili, anche in ordine alla rappresentanza in giudizio 98.
95
Così, Ales. RAVAZZONI, 165; Cass., 26 gennaio 1995, n. 964; Cass., 29 dicembre
1970, n. 2758, secondo cui la manifestazione di dissenso rispetto al concordato fallimentare non costituisce atto processuale, ma sostanziale, valendo pertanto le regole civilistiche in materia; di recente, G. RACUGNO, 523, ad avviso del quale il giudice delegato è, in
questo caso, assimilato, quanto a funzioni, al presidente dell’assemblea di s.p.a.
In taluni casi è stata reputata, invece, lecita pure la forma orale: R. SACCHI, Il voto
dei creditori, 793 s., che però, in seguito, muta opinione (ID., Il principio di maggioranza, 404 ss., per il quale l’esigenza di valorizzare l’effettiva volontà dei creditori impone
che questa sia manifestata in forme tali da consentirne l’individuazione con sicurezza: da
qui, l’inidoneità dell’espressione orale del voto).
96
Insiste molto su questo tipo di configurazione, A. BONSIGNORI, Concordato preventivo, 327 s., secondo cui si tratta di rappresentanza nel compimento di un atto processuale, quale logica e coerente conseguenza della natura di procedimento concorsuale del
concordato preventivo; cfr., altresì, A. MAISANO, Concordato preventivo, 8, che fa riferimento alla designazione del mandatario nelle forme prescritte per il compimento degli
atti processuali.
97
Tale disciplina prevede che si deve conferire espressamente per iscritto la legitimatio ad processum a colui il quale è dotato dei poteri rappresentativi di natura sostanziale,
fatta eccezione per il compimento degli atti urgenti e delle misure cautelari: specialmente, G. SCORZA, Finanziamenti, 171, che segue un’elaborazione sviluppatasi per lo più in
tema di coassicurazione; in relazione a quest’ultima, v. G. FANELLI, Le assicurazioni, n.
68, 214 s., ad avviso del quale un potere del genere non si può dedurre se non da «una
inequivocabile volontà delle parti nella forma prescritta dall’art. 77 c.p.c.»; N. GASPERONI, Le assicurazioni, 104; S. SOTGIA, In tema di coassicurazione, 20 ss., per il quale la
delega è di per sé insufficiente a fondare giuridicamente l’agire in giudizio della delegataria; S. FERRARINI, 56 s.; F. DE MARCO, Questioni in tema di assicurazioni, 76; E. DUSI,
142 s.; Cass., 28 gennaio 2005, n. 1754; Cass., 21 novembre 1978, n. 5425; App. Milano,
20 luglio 1982; App. Roma, 19 giugno 1953; Trib. Monza, 28 giugno 1954; e già, nel
vigore del codice di commercio, A. DE GREGORIO, Delegataria, 323 s.
98
Giova precisare, al riguardo, che non può essere d’aiuto l’art. 2613 c.c., in virtù del
quale i consorzi possono essere convenuti in giudizio in persona di coloro ai quali il contratto attribuisce la presidenza o la direzione, anche se la rappresentanza è affidata ad al-
LA BANCA CAPOFILA
195
In sostanza, ne deriva che l’art. 174, l. fall. non muta i termini del problema nemmeno con particolare riguardo al concordato preventivo, poiché bisogna pur sempre verificare la sussistenza di un potere scritto attribuito alla capofila; ciò che impone di indagare se ciò affiora o meno dall’esperienza empirica dei prestiti sindacati 99.
La necessità della verifica sul piano convenzionale appartiene anche
ad altri sistemi, come quello francese, in cui gli esiti sono stati, però, deludenti. In proposito, si suole affermare che l’apertura della procédure
collective del soggetto finanziato non consente la déclaration des créances des membres par le chef de file, poiché per effettuare tale attività serve un mandato speciale in forma scritta, essendo insufficiente la delega di
poteri presente in seno al finanziamento in pool 100. D’altro canto, l’eventualità che il mandatario non sia un avvocato impedisce di applicare la
presunzione prevista per la procura ad litem e, perciò, il rappresentante
doit justifier d’un pouvoir spécial in virtù dell’art. 853, al. 3, cod. proc.
civ. 101.
Non è affatto scontato, invero, che tale soluzione debba valere anche
nel nostro ordinamento. Bisogna vedere se l’estensione dei poteri attritre persone. L’inapplicabilità di questa disposizione non deriva dal fatto che si riferisce
espressamente solo alla rappresentanza processuale passiva, mentre qui interessa quella
attiva (del resto, si discute circa la possibile estensione dell’art. 2613 c.c. anche a
quest’ultima e non mancano posizioni permissive, pure in base all’applicazione analogica degli artt. 36, comma 2°, c.c. e 75 c.p.c.: R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 122; M. GHIRON, 113 s.; Gia. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi,
367; si veda, altresì, l’antico precedente di Trib. Novara, 19 aprile 1958); bensì perché si
tratta di prescrizione attinente ai consorzi esterni (in argomento, G. VOLPE PUTZOLU, I
consorzi, 411 ss.; G.D. MOSCO, I consorzi tra imprenditori, 196), le cui regole non possono valere per l’intesa interbancaria.
99
A meno di non voler ritenere che la specialità della procura imponga il riferimento alla specifica adunanza convocata per l’approvazione del singolo piano. In tal caso, il problema sarebbe risolto in radice, ed in senso negativo, per il voto nel concordato preventivo
perché manca, né potrebbe esserci, un’indicazione del genere nei finanziamenti in pool.
100
Così, Cass. ass. plén., 26 janvier 2001; Cass. com., 30 mars 1999, secondo cui è
necessario, per contro, il conferimento di un potere speciale per iscritto; Cass. com., 17
décembre 1996; in dottrina, nel medesimo senso, J.J. DAIGRE, Le chef de file d’un pool
bancaire, 766 s.
101
Lo rileva, J.J. DAIGRE, Un «pool» bancaire, 350, per il quale «pouvoir pour déclarer une créance» equivale ad «une demande en justice» (punto rispetto al quale v.
l’ampia, e ormai risalente, indagine di A. GHOZI, 9 ss., secondo cui l’evoluzione della
materia ha portato ad una simile trasformazione).
196
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
buiti alla capofila comprende anche quello di gestire l’intero credito dinanzi alla crisi del soggetto finanziato, a prescindere dal generale riconoscimento alla stessa del potere di rappresentanza (negoziale) 102, giacché
potrebbe sussistere quest’ultimo 103, ma non il primo 104.
102
Di frequente, vi sono indicazioni puntuali all’interno del complessivo assetto convenzionale relativo ai prestiti sindacati (ad esempio, Trib. Bologna, 4 febbraio 2011, che
fa riferimento alla capofila come mandataria con rappresentanza per espressa previsione
contrattuale), ma non senza eccezioni. Ed è proprio in ragione di una certa variabilità delle
clausole pattizie emergenti dal caso concreto che sono state avanzate, in proposito, le valutazioni più disparate. Per il riferimento al mandato sia con rappresentanza che senza, G.
SCORZA, Finanziamenti, 164 e 170, a giudizio del quale l’autonomia contrattuale potrà dare alla clausola di delega e guida contenuto estremamente vario, ma giuridicamente si tratterà sempre di un mandato; A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 143; in seguito, F. MERONE, 6; M. PANETTA, 315 ss.; analogamente, ma senza aggiungere ulteriori specificazioni quanto al potere di rappresentanza, C. MCGINN, 156; per diritto francese, M. BELLIS,
La gestion du crédit consortial, 204 ss.; J. STOUFFLET, Banque et operations, 17.
Per contro, si fa talvolta riferimento tout court al mandato rappresentativo: A. NASSETTI, Le operazioni di conduit, 420; per diritto spagnolo, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco
agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 142; M.T. DE GISPERT PASTOR, 79; in tema di coassicurazione, F. DE MARCO, Questioni in tema di assicurazioni, 74
s.; S. SOTGIA, In tema di coassicurazione, 14 s.; C. PERSICO, 95; G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 68, 213; e già, nel vigore del codice di commercio, A. DE GREGORIO, Delegataria,
321 s.; ma, per il riferimento esclusivo al mandato senza rappresentanza, E. DUSI, 141.
103
Tendenzialmente da ravvisare anche in difetto di specifica indicazione poiché, sulla base dei principi generali, l’attribuzione di poteri rappresentativi può essere anche desunta in via interpretativa: tra molti, A. LUMINOSO, Mandato, 140 ss., secondo cui il riconoscimento della rappresentanza al mandatario comporta, peraltro, anche il conferimento
della procura e, quindi, la conclusione di un ulteriore e distinto negozio. L’A. aggiunge,
poi, come sia ormai generalmente rifiutata in materia la categoria del negozio presunto. È
chiaro che nei finanziamenti in pool sarebbe sempre la sola capofila, in quanto unico
soggetto investito di poteri gestori.
In tale ottica, anche in applicazione del canone ermeneutico indicato dall’art. 1369
c.c., si è creduto possibile intravedere – in contesti affini a quello dei prestiti sindacati –
l’implicito conferimento dei poteri rappresentativi nella stessa clausola di delega, quale
necessaria conseguenza (della volontà dei soggetti rappresentati) di consentire la migliore attuazione del dovere di gestione ivi previsto. Si veda, per un ragionamento del genere
nel campo della coassicurazione, C. PERSICO, 95 e 98 ss.; G. FANELLI, Le assicurazioni,
n. 68, 215 s.; in senso non distante, N. GASPERONI, Le assicurazioni, 104, che sembra mutare una diversa e precedente opinione (ID., Il pagamento, 265); Cass., 28 gennaio 2005, n.
1754; Cass., 4 marzo 1999, n. 1830.
Per altro verso, alcune espressioni potrebbero deporre in questa direzione, come nel
caso in cui sia stabilito che le comunicazioni devono essere fatte unicamente per il tramite della capofila, producendo effetti direttamente in capo alle banche interessate, formulazione spesso ricorrente.
104
Vale a dire che al potere di rappresentanza potrebbe non corrispondere, sul piano
LA BANCA CAPOFILA
197
Fermo restando che si tratta di soluzione da verificare nel singolo caso
concreto 105, tuttavia, può constatarsi il normale difetto di una precisa indicazione al riguardo sul terreno pattizio. Nel senso che manca una specifica attribuzione di poteri in materia, perché non emerge un puntuale riconoscimento alla banca agente della facoltà di gestire l’intero credito
vantato nei riguardi del cliente, in presenza di un suo stato di crisi o d’insolvenza.
Ricorre spesso, per contro, un più generico potere-dovere di agire, anche in via giudiziale, per il recupero del credito complessivamente concesso al cliente 106. È indispensabile, allora, cogliere cosa può essere ricompreso in tale formulazione 107. Presumibilmente può ritenersi inclusa la
facoltà di insinuazione al passivo fallimentare 108, diversamente da quanto
(dell’estensione) delle prerogative spettanti alla capofila, anche quello di gestione dell’intero credito al ricorrere della crisi dell’impresa finanziata.
105
Rilievo che si trova anche nella letteratura transalpina: J.J. DAIGRE, Le chef de file
d’un pool bancaire, 767.
Siffatta considerazione si ricollega alla mancanza di uniformità (assoluta) della prassi
contrattuale, circostanza puntualmente evidenziata, nel contesto affine della coassicurazione, da G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 68, 212.
106
Si tratta di un dato che affiora con una certa costanza nell’esperienza empirica,
sia pure con formule variabili, ma non può certo affermarsene il carattere ineludibile,
trattandosi, ad ogni modo, di un’indagine legata alla singola fattispecie concreta. Ciò
che avviene di solito è l’attribuzione alla banca agente del compito di escutere le garanzie e di esercitare le azioni di recupero delle somme prestate. Per indicazioni di
questo tipo, G. FAUCEGLIA, I contratti di finanziamento, 245; L. RADICATI DI BROZOLO, 203, nt. 233; A. VERONELLI, 123, nt. 19; nonché, D. CREMASCO, 160; in tema di
consorzi di collocamento, D. BUONOMO, 165.
Sembra, comunque, difficile che situazioni del genere, ove sottratte alla capofila, siano rimesse all’unanimità delle banche partecipanti, per l’evidente rischio di paralisi decisionale e di possibile pregiudizio per i cofinanziatori a causa dell’inerzia di alcuni, sebbene non manchino attestazioni in questo senso (cfr. R. CLARIZIA, Crediti di firma, 202,
secondo cui tra le decisioni più delicate, ossia quelle da assumere con il consenso di tutti
gli intermediari, possono annoverarsi le scelte concernenti le procedure e le modalità da
seguire per il recupero delle somme in caso di inadempimento del cliente).
107
Ma v., rispetto alla coassicurazione ed all’analoga attribuzione concernente le sole
azioni di recupero dei premi, G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 68, 215, che sembra propendere per una lettura restrittiva della clausola.
108
Sulla cui equiparazione ad una vera e propria domanda giudiziale non vi è motivo
di dubitare, in ragione di quanto testualmente disposto dall’art. 94 l. fall. (e v. Cass., 9
luglio 2005, n. 14471; in tema di interruzione della prescrizione, Cass., 19 giugno 1981,
n. 4014).
198
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
si sostiene nel sistema transalpino, perché si tratta proprio di attivarsi per
recuperare il credito nella misura massima possibile. Il che risponde
appieno alla volontà espressa dai contraenti, seppur in maniera sommaria 109.
All’opposto, nelle svariate soluzioni negoziali esistenti, la loro influenza sul credito appare troppo rilevante per poter credere che si tratti di
prerogativa compresa nella citata clausola, anche alla luce della conclusione raggiunta circa la ripartizione di competenze tra cofinanziatori e
lead manager, nella misura in cui, in assenza di specifiche previsioni
pattizie, vale la precedente constatazione a favore dell’affidamento alla
banca leader di compiti puramente esecutivi, oltre che di controllo sul
corretto adempimento dei doveri assunti dai vari membri 110. Piuttosto, è
possibile che, in caso di accordo di ristrutturazione con intermediari
bancari e finanziari, gli effetti dello stesso siano estesi anche alle banche
sindacate non aderenti, purché ricorrano alcune condizioni 111, così come
analogo meccanismo è previsto allorché sia stipulata, sempre con banche
e intermediari finanziari, una convenzione di moratoria (art. 182-septies
l. fall.).
Conferma di quanto si dice può ricavarsi anche da quanto previsto nel
sistema spagnolo, là dove si esclude la legittimazione della capofila a votare per l’intero credito, prevedendo al contempo un meccanismo volto a
facilitare il raggiungimento del consenso da parte delle banche sindacate.
È statuito, infatti, che la loro approvazione del convenio e degli acuerdos
de refinanciación si considera avvenuta con il voto favorevole dei cofi109
Diversamente, tuttavia, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 63 s., che tendono sempre
ad escludere un’evenienza del genere.
110
Deve rinviarsi alla ricostruzione operata supra ai §§ 2 e 3 di questo Capitolo.
111
Vale a dire che i creditori non aderenti devono appartenere alla medesima categoria (circostanza ritenuta in re ipsa in caso di prestito in pool, a giudizio di G. GIANNELLI
e A. DELL’OSSO, 64 s.), essere stati informati circa l’avvio delle trattative e messi in
condizione di parteciparvi in buona fede; mentre i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti devono rappresentare il 75% dei crediti della categoria (art. 182septies, comma 2°, l. fall.). Ai fini dell’omologa, il tribunale deve verificare il rispetto di
tali requisiti (anche avvalendosi, ove occorra, di un ausiliario), oltre ad accertare che i
creditori non aderenti siano soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore alle
alternative concretamente praticabili, nonché abbiano ricevuto complete ed aggiornate
informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, come
pure sull’accordo e sui suoi effetti (art. 182-septies, comma 4°, l. fall.).
LA BANCA CAPOFILA
199
nanziatori che rappresentano almeno il 75% del credito erogato in pool 112,
salva l’applicazione della maggioranza inferiore eventualmente prevista,
in proposito, dalla convenzione interbancaria 113.
Resta fermo che occorre, comunque, guardare anche al contenuto dell’accordo con cui si intende risolvere la crisi dell’impresa e, nella normalità
dei casi, l’incidenza sulla posizione del creditore sarà tale da negare ogni
autorità della capofila in merito. Basti pensare alle soluzioni di tipo remissorio, là dove certamente difetta alla banca agente il potere di rinunciare ad
una parte del credito 114. Senza contare che la variabilità delle possibili
forme di soddisfazione (e/o di ristrutturazione) ammesse è in grado di mutare la stessa caratteristica pecuniaria dell’obbligo di restituzione 115. Inoltre, appare difficile prospettare una scissione tra il momento delle trattative
e quello riguardante l’espressione del consenso 116, per ammettere il potere
della capofila nella prima fase, poiché quest’ultima è naturalmente prodromica e funzionale alla conclusione dell’accordo. E, quindi, se si nega che la
lead manager può concludere un’intesa per il pool con il debitore comune,
nemmeno potrà condurre le trattative per i cofinanziatori.
Può passarsi ad esaminare, ora, la posizione della capofila con riguardo
all’ultima delle ipotesi controverse su elencate, ossia l’eventuale revisione del finanziamento.
6. La rinegoziazione delle condizioni del finanziamento. – La rinegoziazione del contratto può ricollegarsi, in linea generale, non solo ad un
112
Si tratta, rispettivamente, dell’art. 121.4 LC e della Disposición adicional cuarta
della stessa Ley Concursal, concernente l’homologación de los acuerdos de refinanciación.
113
E v. le riflessioni di I. ZURUTUZA ARIGITA, 194 ss., secondo cui, con particolare
riguardo alla seconda ipotesi, l’intento del legislatore consiste nel favorire la sottoscrizione dell’accordo quando parte del passivo è composto da crediti sindacati. L’A. reputava, peraltro, che la norma fosse applicabile ad ogni tipologia di prestito concesso in
pool, al di là del testuale riferimento al «préstamo sindicado», in seguito eliminato dal
legislatore, diversamente dall’originaria versione disposta dal RD-Ley n. 4/2014.
114
Potrebbe, forse, fare eccezione, a livello teorico, il caso di un accordo meramente
dilatorio, specialmente ove sussista un’apposita menzione circa la facoltà di concedere
proroghe rispetto alla scadenza naturale del credito.
115
Si ponga mente, ad esempio, alla conversione del credito in capitale di rischio.
116
Per questa posizione, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 64.
200
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
mutamento delle circostanze originarie tali da determinare un sopravvenuto squilibrio tra prestazioni 117, ma anche al sopraggiungere di una situazione di crisi del soggetto finanziato, idonea a suggerire una modifica
delle condizioni del rapporto, al fine di non pregiudicarne la corretta esecuzione 118, senza far ricorso agli istituti disciplinati dalla legge fallimentare. Si tratta, infatti, di un’evenienza fisiologica nei contratti di finanziamento, dovendosene piuttosto ricercare i limiti 119, aspetto che esula dal
presente studio.
In linea astratta, vi sono tre possibili tecniche 120: le prime due appaiono
meno problematiche e consistono nel procedere ad un nuovo accordo, ovvero alla modifica di quello iniziale, con il consenso di tutti i contraenti originari 121; oppure nel prevedere ex ante delle clausole di adeguamento 122. La
terza e più complicata ipotesi, invece, passa per l’attribuzione diretta ad uno
dei contraenti, in caso di sopravvenienza, della facoltà o del diritto di procedere alla revisione, anche attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria, ponendo così il problema di individuarne nell’ordinamento la fonte e le sanzioni 123. Sebbene sia solitamente connesso al corrispettivo, l’adattamento
del negozio può riguardare, in linea di principio, qualsiasi elemento 124, co117
È un dato comune che le circostanze sopravvenute generatrici dello squilibrio non
devono essere necessariamente imprevedibili: R. TOMMASINI, 5 s.
Per il diverso caso di squilibrio genetico, che pure può portare a revisione del contratto, P. GALLO, Revisione del contratto, 441 s.
118
Tra molti, G. PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari, 267 s., che effettua
anche un’opportuna e preliminare distinzione con le operazioni di ristrutturazione; nella
sua scia, G. SICCHIERO, La rinegoziazione, 775.
119
In merito, M. MOZZARELLI, 33 ss. e 146 ss.
120
I termini «rinegoziazione» e «revisione» sono qui usati come sinonimi, diversamente da chi li considera in rapporto di causa ed effetto (così, A. GENTILI, La replica
della stipula, 703; e v., anche, F. GAMBINO, 79 ss.).
121
Si è osservato che il patto di rinegoziazione può oscillare, a seconda del singolo
caso, tra novazione ed accordo meramente modificativo: con acuta indagine, G. PRESTI,
La rinegoziazione dei mutui ipotecari, 272 ss. e 277 ss.; poi, M.C. TATARANO, 53 ss.,
che propende per la seconda opzione; e v., anche, Cass., 7 agosto 1989, n. 3626.
122
Il che accade di frequente nei prestiti sindacati: M.T. DE GISPERT PASTOR, 225, secondo cui è caratteristica la previsione relativa alle condizioni «de refinanciación de las
participaciones asumidas por las entidades acreditantes».
123
È quanto rileva, P. GALLO, Revisione del contratto, 436.
124
Sul punto, P. GALLO, Revisione del contratto, 442 s., per il quale il concetto di re-
LA BANCA CAPOFILA
201
me, ad esempio, la durata, le garanzie concesse e le modalità dell’adempimento. D’altra parte, la mera modifica (in ampliamento) del termine del
prestito può determinare nell’immediato una riduzione del debito 125, comportando per converso un aumento dell’importo degli interessi complessivamente dovuto per via dell’incremento del numero delle singole rate 126.
Rispetto alle tre categorie appena delineate, bisogna chiarire il ruolo
della banca agente, nella consapevolezza che appare difficile riconoscerle
un potere di carattere generale in materia. Quanto alla prima ipotesi, non
vi è dubbio che i vari cofinanziatori possono accordarsi – amichevolmente
– con il cliente per rimodulare il rapporto di finanziamento in pool 127. In
tal caso, l’interesse delle banche può essere finanche quello di concedere
una riduzione dell’importo loro spettante, pur di ottenere l’adempimento
spontaneo 128. Senza contare che molto spesso l’adeguamento del contratto si impone come necessaria alternativa allo scioglimento del rapporto
contemplato da apposite clausole ex art. 1456 c.c., ovvero da condizioni
risolutive legate alla violazione di alcuni obblighi da parte del cliente 129.
visione non si riferisce solo al corrispettivo dei contratti di scambio, ma è molto più ampio, riguardando anche l’oggetto della prestazione o le modalità di esecuzione; A. GENTILI, La replica della stipula, 702.
125
Ma cfr. A. GENTILI, La replica della stipula, 674 s. e 702 s., secondo cui la variazione solo temporale del contratto non rientra nell’ambito della rinegoziazione.
126
E v. G. PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari, 279, testo e nt. 22.
127
Si tratta, cioè, di una libera rinegoziazione: A. GENTILI, La replica della stipula,
705, a giudizio del quale la sua rilevanza è quella di una normale negoziazione, senza
specifici problemi di disciplina.
128
Tra molti, G. PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari, 268, per il quale
l’ottica è quella di avere di meno, piuttosto che dover effettuare un’esecuzione forzata
per un maius.
129
Con riferimento all’inosservanza dei covenants, A.D. SCANO, 107; in Spagna, M.
LACARTE, 154 ss. Per le varie pattuizioni ricorrenti, R. CLARIZIA, Finanziamento in pool,
170; D. CREMASCO, 160, la quale ricorda l’obbligo di comunicare alla capofila tutte le
informazioni che possono fornire elementi di valutazione sulle condizioni economiche e
patrimoniali del borrower ed i doveri di non compiere determinate operazioni che potrebbero danneggiare i finanziatori (negative pledges), come, ad esempio, concedere garanzie o incrementare il livello di indebitamento oltre un certo limite prefissato; nonché,
sia pure all’interno della finanza di progetto, D. SCANO, 103, nt. 121.
Rispetto ai finanziamenti in generale, per talune distinzioni di fondo, G. PIEPOLI, Le
«garanzie negative», 405 ss., spec. 410 ss.; U. PATRONI GRIFFI, 602 s.; D.U. SANTOSUOSSO, Covenants finanziari, 639; e v., anche, M. BELCREDI, 37 ss.; C. BRESCIA MORRA,
Finanziamento, 273 ss., secondo cui è possibile scomporre le clausole in questione in
202
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
È fin troppo ovvio che, sul piano strettamente civilistico, una modifica
delle condizioni del prestito richiede il consenso dei contraenti originari
e, quindi, in linea di principio anche di tutti i componenti la parte soggettivamente complessa, ossia di ciascuna banca, inclusa la capofila nella
qualità (come di consueto) di cofinanziatore. Una volta raggiunto l’accordo, non v’è dubbio che la banca agente sia tenuta ad assolvere i suoi compiti sulla base delle nuove condizioni negoziate: ciò rientra appieno nella
sua competenza 130. Ma occorre chiedersi se la capogruppo abbia il potere
di negoziare in nome e per conto degli altri intermediari, da un lato; dall’altro, ove ciò debba respingersi, se sia davvero necessaria l’unanimità
per la ridiscussione delle condizioni, in applicazione della disciplina consortile.
Al primo dei due quesiti deve senz’altro darsi risposta negativa, poiché non si tratta di prerogativa rientrante nelle mansioni esecutive (e nemmeno nella gestione ordinaria), vertendosi piuttosto in tema di attuazione
dell’oggetto della convenzione interbancaria (e, quindi, del consorzio). Il
che consente di rispondere, però, in via affermativa al secondo dei due
interrogativi sopra riportati, giacché la decisione delle banche in tale circostanza non deve essere assunta all’unanimità, bensì a maggioranza per
quote di interesse, in virtù di quanto ricostruito in precedenza, salvo diversa e specifica indicazione convenzionale 131. Prescindere dal consenso
di tutte le banche significa scongiurare possibili situazioni di paralisi, riponendo nella maggioranza (capitalistica) il potere di rinegoziare e favorendo, in tal modo, la permanenza in vita del finanziamento in pool. E
questo risponde, senza dubbio, all’interesse – meritevole di tutela – di assecondare il sostegno finanziario delle imprese.
Differente è il caso della seconda tecnica su individuata, consistente
quattro grandi categorie di restrizioni: alla produzione ed all’investimento; all’ulteriore
finanziamento ed all’indebitamento complessivo; alla distribuzione dei dividendi; e, infine, all’ordine di pagamento dei creditori; C. MCGINN, 152.
130
Altra storia è che sorgano conflitti fra le varie banche circa le decisioni da assumere e, specialmente, tra la capofila e le altre, qualora si tratti di venire incontro al cliente
per via del mutato contesto. Nell’esperienza americana, si segnala una maggiore propensione a trattare da parte della banca agente (evidentemente perché sussiste, di regola, un
rapporto di clientela con il sovvenuto), mentre gli altri membri propendono per agire subito nei riguardi del debitore, ossia «want immediate aggressive action» (è quanto afferma, L.B. GUTCHO, 132).
131
E v. quanto detto supra ai §§ 2-3 di questo Capitolo.
LA BANCA CAPOFILA
203
nelle cc.dd. clausole di adeguamento 132, legate al mero decorso del tempo, oppure ad altre circostanze esterne verificabili in futuro 133. Non vi è
motivo di dubitare circa la tendenziale validità di tali convenzioni 134,
com’è stato sostenuto, nei vari sistemi continentali, riguardo alle apposite
clauses de sauvegarde predisposte in relazione ai prestiti sindacati ed al
funzionamento anomalo dell’euromercato, attraverso le quali può essere
già prestabilito o meno il criterio con cui modificare il prestito 135. Classica è l’ipotesi dei patti riguardanti il tasso d’interesse, rispetto al quale può
prevedersi il cambiamento dell’importo, ovvero anche della natura (da
variabile a fisso e viceversa) 136.
Proprio da quest’angolo visuale, conviene precisare che se la pattuizione già predetermina nel dettaglio le regole da rimpiazzare e quelle
132
Sono molto diffuse, nella prassi internazionale e non, molteplici convenzioni riconducibili nell’alveo della clausola rebus sic stantibus, note come change in circumstances clauses, per l’esame delle quali, M.T. DE GISPERT PASTOR, 222 ss.
133
Al riguardo, R. TOMMASINI, 13.
Le clausole in questione non vanno confuse con altre, di carattere speculare, con cui
si alloca pattiziamente in capo ad una delle parti il rischio dello squilibrio contrattuale
entro predeterminati limiti ed a prescindere dagli eventi causativi (imprevedibili e non):
per la validità delle cc.dd. pattuizioni di minimo garantito, F. DELFINI, 218 ss. e 239 ss.
134
Il discorso potrebbe mutare qualora la clausola non fornisca alcuna indicazione
circa il modo di avviare la rinegoziazione ed il contenuto della stessa: per la nullità derivante dall’indeterminatezza dell’oggetto, P. RESCIGNO, L’adeguamento del contratto,
305; G. MARASCO, 101 ss.; assai più cauto, A. GENTILI, La replica della stipula, 711 s.
All’opposto, F. MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione, 176 e 337 ss., per il quale
si tratta di sanzione incongrua perché la volontà delle parti è proprio quella di rinviare al
futuro accordo la determinazione del contenuto, essendone impossibile la previsione a
priori.
In ordine al diverso problema del carattere vessatorio di simili pattuizioni, E. LA ROSA, 239 ss., spec. 250 ss.; e, rispetto al rischio di abusi dovuto al loro carattere troppo
generico, P. TARTAGLIA, 83.
135
Per tale indagine, in chiave comparatistica, K. KOHLER, 86 ss.; e v., anche, J.
TERRAY, Les interférences, 97 ss.; E. BOURETZ, Crédits syndiqués, 215 s., secondo la
quale tali clausole possono attenere ai mutamenti del contesto giuridico, fiscale ed economico.
136
Sul punto, M. COSTANZA, Clausole di rinegoziazione, 318 ss., per la quale le convenzioni di modificazione o determinazione unilaterale del valore di scambio attribuirebbero il recesso alla controparte, anche se non espressamente contemplato, in applicazione della regola di buona fede; cfr., altresì, L. VASSELLI, 122 s.
Un accenno in R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169, che s’interroga pure sulla
validità del criterio residuale di fissazione ad insindacabile giudizio della capofila.
204
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
da inserire in loro sostituzione, non vi è alcun dubbio che la capofila
deve attenersi alle nuove condizioni 137. Non ricorre, qui, un problema
decisionale, poiché non sussiste un qualche margine di discrezionalità 138, tanto è vero che si è dubitato circa l’appartenenza di tali clausole
all’attività di rinegoziazione in senso proprio 139. Si tratta di previsioni
con cui si attua un riequilibrio automatico 140, distinte da (almeno) altre
137
Nessun dubbio può avanzarsi sul fatto che, a prescindere dalle clausole di adeguamento, spetta alla banca leader definire il tasso di interesse effettivo – determinabile
spesso per relationem (tra molti, R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169) – da applicare nel calcolo degli importi dovuti a titolo di rimborso: M. PANETTA, 315 ss., spec. 326;
L. RADICATI DI BROZOLO, 203, nt. 233; G. ZANOTTI, 269 e 274.
In concreto, poi, potranno esserci per le banche – così come per il cliente – clausole
vantaggiose o meno. Tra quelle che possono portare un beneficio per i cofinanziatori,
contemplando un incremento dell’esposizione debitoria del soggetto finanziato, si pensi,
ad esempio, ad una previsione che, a certe condizioni, imponga la capitalizzazione degli
interessi (tra molti, G. PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari, 279 s., testo e nt. 22).
Il criterio di predeterminazione riguarda, talvolta, la stessa capofila: e v. R. CLARIZIA,
Finanziamento in pool, 170, secondo cui è lecita la pattuizione che collega la definizione
del tasso di interesse alle condizioni praticate dalla banca agente alla propria primaria
clientela.
138
E v. M.T. DE GISPERT PASTOR, 80 e 225, la quale fa riferimento a «los criterios
objetivos establecidos en el contrato»; M.E. MORÁN GARCÍA, 276, che ricorda le «cláusulas que facultan al Banco Agente para adecuar el tipo de interés a la tasa del euromercado».
139
In questa direzione, A. GENTILI, La replica della stipula, 711 s., a parere del quale
il carattere puntuale delle pattuizioni può portare ad escludere l’opera “rinegoziativa”,
richiedendo piuttosto ricognizione ed applicazione.
Frequente è il richiamo, nelle operazioni di credito fondiario in pool, all’art. 39,
comma 3°, Tub, in virtù del quale il credito da restituzione delle banche con clausole di
indicizzazione (su cui v. la nota seguente) è garantito dall’ipoteca iscritta fino a concorrenza dell’importo effettivamente dovuto per effetto dell’applicazione delle suddette
convenzioni.
140
Come accade con quelle di indicizzazione, considerate un’evoluzione delle clausole merci (e v. F. CARBONETTI, 133 s.; P. TARTAGLIA, 66 s.) e legate specialmente al
tema della svalutazione monetaria: T. ASCARELLI, Obbligazioni pecuniarie, 319 ss.; P.
RESCIGNO, L’adeguamento del contratto, 302 e 209 s., secondo cui la determinabilità
della prestazione è il criterio da seguire per sancirne la liceità, in assenza di specifici divieti legislativi; E. QUADRI, 81 ss., spec. 93, che sottolinea l’importanza della differenza
tra indicizzazione interna ed esterna, nella misura in cui il riferimento all’oggetto del
contratto ed all’attività del debitore potrebbero favorire l’adempimento da parte di quest’ultimo; B. INZITARI, Clausole monetarie, 139 ss.; P. BERNARDINI, 419 ss.; C.G. TERRANOVA, 245 s.; per alcuni esempi e classificazioni, F. CARBONETTI, 130 ss.; L. VASSELLI, 120 ss.
LA BANCA CAPOFILA
205
due tipologie 141. Il riferimento è a quelle a contenuto vincolato e facoltativo 142.
Rispetto a queste ultime categorie di pattuizioni, sul presupposto del
silenzio del finanziamento in pool sul punto, deve immaginarsi che solo
nel primo caso possa sussistere il potere della capofila di dare attuazione
alla clausola, esercitando anche quell’eventuale margine di discrezionalità che la stessa lascia in bianco. Nell’altra ipotesi, per contro, appare arduo riconoscere la competenza della banca agente, trattandosi di una materia spettante ai consorziati (ossia ai cofinanziatori, sempre a maggioranza capitalistica), anziché meramente esecutiva, giacché all’obbligo di
rinegoziare imposto per contratto non corrisponde alcuna indicazione
contenutistica su quali regole prevedere in sostituzione di quelle divenute
inadeguate a causa delle sopravvenienze.
In ultimo, non certo per minor grado di complessità, vi sono quelle
fattispecie in cui la rinegoziazione potrebbe imporsi indipendentemente
da uno specifico fondamento contrattuale o legale. Com’è facile intuire,
la possibilità di intravedere nel sistema una simile soluzione si ricollega
al fatto che l’ordinamento conosce diverse ipotesi di revisione, anche a
prescindere dall’intervento del giudice, vuoi come obbligo, vuoi come facoltà 143, seppur in difetto di un generale ed esplicito riconoscimento dell’istituto 144. Si tratta, invero, di tematica affatto controversa e solo un’eSul connesso problema dell’essenzialità o meno della clausola di rinegoziazione invalida, V.M. CESÀRO, 113 ss.
141
L’esperienza empirica, al riguardo, è, invero, molto vasta ed eterogenea, considerando anche la prassi del commercio internazionale (hardship clauses): A. FRIGNANI,
323 ss. e 351 ss.; P. TARTAGLIA, 80 ss., che paventa un’equiparazione con il meccanismo
della reductio ad aequitatem previsto nella rescissione per lesione e nella risoluzione per
eccessiva onerosità; C.G. TERRANOVA, 246 ss.; M. AMBROSOLI, 326 ss.
142
Per tale distinzione, A. GENTILI, La replica della stipula, 704; cfr., altresì, R.
TOMMASINI, 14 s.; V.M. CESÀRO, 136 ss. e 170 ss.; P. TARTAGLIA, 77 s., che distingue le
pattuizioni in cui è necessario l’intervento, più o meno ampio, della volontà delle parti da
quelle a trasposizione automatica.
143
Ipotesi più frequente: A. GENTILI, La replica della stipula, 707.
144
In proposito, P. GALLO, Revisione del contratto, 434, il quale riporta, fra l’altro, il
caso dell’appalto (art. 1664 c.c.), del contratto con obbligazioni di una sola parte (art.
1468 c.c.), dell’affitto (art. 1623 c.c.), dell’assicurazione (artt. 1897 e 1898 c.c.) e della
clausola penale (art. 1384 c.c.); F. GAMBINO, 39 ss.; A. GENTILI, La replica della stipula,
671, e 706 ss., che segnala, peraltro, come il termine «rinegoziazione» sia estraneo al sistema codicistico, ma non alla legislazione speciale; C.G. TERRANOVA, 239 ss.
206
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ventuale conclusione affermativa porrebbe, per l’effetto, la questione anche nell’ambito dei prestiti sindacati. In altre parole, se si ritenesse esistente, in certi casi, un obbligo di rinegoziazione, si avrebbe per conseguenza la necessità di chiarire se la capofila sia o meno tenuta al rispetto
dello stesso, escludendo cioè la competenza sul punto delle banche consorziate.
La letteratura in materia appare estremamente vasta e si registra un
deciso aumento, in tempi più recenti, verso le tesi più liberali, anche nel
contesto specifico dei prestiti sindacati 145. Tali ricostruzioni passano per
una decisa valorizzazione dell’art. 1467 c.c. e dei principi di correttezza e
buona fede 146. Si evidenzia come la risoluzione per eccessiva onerosità
Le tecniche normative utilizzate sono state ritenute differenti ed eterogenee tra loro,
evidenziandone il carattere, talvolta, anche contraddittorio: O. CAGNASSO, 125 ss., spec.
146 ss., che spiega la varietà del sistema legislativo soprattutto per via dei diversi momenti storici in cui sono nate le varie disposizioni di riferimento.
145
È quanto sembra affermare D. GALLETTI, 49, per il quale l’obbligo della buona
fede contrattuale rende doveroso per il singolo finanziatore del pool di ristrutturazione
«il prestarsi a successive modifiche tecniche del patto, e persino ad aumentare la propria
esposizione, se necessario per la riuscita del workout», al ricorrere di particolari circostanze (ossia che le nuove condizioni non siano discriminatorie per i vari aderenti al sindacato, non facciano venire meno l’utilità del rapporto, né incidano sulla meritevolezza
della causa).
146
Si fa strada in una parte della dottrina l’idea che, pur in assenza di esplicite indicazioni del contratto sul punto, possa ricavarsi un simile dovere dinanzi alle sopravvenienze: F. MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione, 312 ss., spec. 321 ss., per il quale la valutazione economico-giuridica del criterio della buona fede consente di concretizzare
l’obbligo «di trattare per mantenere in vita il contratto in funzione delle utilità economico-giuridiche volute dalle parti e tutelate dall’ordinamento»; C.G. TERRANOVA, 244 s. e
248 ss., secondo cui, pur in assenza di pattuizioni specifiche, la buona fede esecutiva impone ad ambo le parti di ristabilire l’equilibrio contrattuale alterato dalle sopravvenienze;
G. SICCHIERO, La rinegoziazione, 796 ss.; R. TOMMASINI, 16 ss.; G. MARASCO, 108 ss.;
ad oggi, sembra isolata la giurisprudenza che l’ammette: Trib. Bari, 31 luglio 2012, secondo cui l’obbligo di rinegoziare il contratto deriva dalla clausola generale di buona fede.
L’opinione positiva viene, talvolta, enfatizzata anche per il tramite del richiamo al
principio costituzionale della solidarietà sociale racchiuso nell’art. 2 Cost. (e v., anche
per ragguagli bibliografici, C.M. D’ARRIGO, 533 ss.), come pure per il riconoscimento di
una tendenza favorevole in ambito comparatistico (cfr. F.P. TRAISCI, 97 ss.).
All’opposto, per la tesi negativa, P. RESCIGNO, L’adeguamento del contratto, 304
s., che rileva, in un’ottica di politica del diritto, anche la scarsa o mancata attitudine a
concepire un controllo del giudice sull’economia dei contratti; A. GENTILI, La replica
della stipula, 701, il quale rifiuta la riconduzione del fenomeno nell’ambito degli istituti giuridici, ritenendo che si tratti di mera fattispecie empirica; in giurisprudenza,
LA BANCA CAPOFILA
207
possa ricorrere, in realtà, solo a condizione dell’inoperatività del rimedio
conservativo, consistente nell’offerta da parte del contraente avvantaggiato dalla sopravvenienza di un’equa modifica delle condizioni del contratto (art. 1467, comma 3°, c.c.) 147.
Il riconoscimento di un (generale) dovere legale di revisione del contratto potrebbe significare attribuire alla capofila non solo il potere, ma
anche l’obbligo di ridiscutere le condizioni contrattuali, dato il rischio di
esporsi altrimenti ad una serie di possibili conseguenze poste a tutela della controparte – nel caso di specie, il soggetto finanziato – che si vede
negare il diritto alla revisione 148. Dovrebbe, cioè, immaginarsi che la rinegoziazione obbligatoria costituisca una prerogativa della banca agente,
in quanto mansione esecutiva.
Entrambe tali affermazioni suscitano diverse perplessità. Sono molteplici le critiche mosse alla tesi che reputa esistente un dovere normativo
di rinegoziazione e, in particolare, alle letture estensive della disciplina
dell’eccessiva onerosità, alla luce del criterio di buona fede 149. Del resto,
si è evidenziato come l’art. 1467, comma 3°, c.c. preveda una facoltà di
rivedere il contenuto del negozio, giammai un obbligo 150.
Cass., 14 dicembre 1982, n. 6858, secondo cui l’eccessiva onerosità consente alla parte
gravata soltanto la domanda di risoluzione e non anche una maggiorazione di prezzo,
che può essere invece offerta, in ipotesi, dall’altro contraente; Cass., 3 ottobre 1977, n.
4198, che nega l’esistenza nell’ordinamento di un principio generale della sopravvenienza, del quale vi sarebbero solo concrete e singolari applicazioni, da interpretarsi in
termini restrittivi; Cass., 17 maggio 1952, n. 1424.
In posizione intermedia, M. AMBROSOLI, 339 ss. e 392 ss., secondo cui il dovere di
rinegoziare non può rivestire carattere generale, potendo sorgere solo dinanzi a circostanze particolarmente gravi, al di fuori delle quali scatta solo una mera facoltà delle parti; e già, P. GALLO, Sopravvenienza contrattuale, 363 ss. e 440 s., per il quale «l’istituto della revisione del contratto è di generale applicazione o quasi nei casi di sopravvenienza».
147
E v. C.G. TERRANOVA, 245 s.
148
Per l’esame delle quali, F. MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione, 391 ss., che,
dopo aver analizzato la praticabilità dell’eccezione di inadempimento, si sofferma sulla tutela risarcitoria e su quella in forma specifica; e v., anche, Trib. Bari, 31 luglio 2012.
149
In particolare, M. BARCELLONA, 476 ss., secondo cui il regime predisposto dall’art. 1467 c.c. rappresenta una disciplina particolare del rischio quantitativo e, quindi,
non può fungere da parametro normativo per la gestione delle sopravvenienze.
150
Tra gli altri, A. GENTILI, La replica della stipula, 709 ss., per il quale nel caso
di sopravvenienza che non rientra nell’eccessiva onerosità, sarebbe poi irrazionale riconoscere un dovere di rinegoziare, anche in chiave sistematica; per una lettura restrit-
208
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Non è questa la sede per esaminare un tema così delicato ed esteso.
Basti dire che, seppure si volesse seguire la concezione positiva, comunque la capogruppo non avrebbe alcuna autorità in merito, giacché la situazione sarebbe equiparabile a quella, esaminata in precedenza, delle clausole di adeguamento a carattere facoltativo. Ed infatti, l’obbligo di ridiscutere le condizioni del rapporto sarebbe svincolato da criteri predefiniti
di determinazione del contenuto 151.
Siffatta conclusione trova conferma nel dato comparatistico, essendo
sostanzialmente in linea con quanto sostenuto nell’ordinamento francese,
in cui si è affrontata più volte, anche ad opera di una copiosa attività giurisprudenziale, la questione dell’ammissibilità dell’ajustement dei prestiti
in pool da parte della capofila. Al di là dell’affermazione secondo cui il
potere di rinegoziare potrebbe essere lecitamente attribuito dalle parti tanto alla banca agente, quanto alla maggioranza di quelle partecipanti 152, la
questione si pone, in tutta evidenza, in difetto di apposite regole pattizie.
In questo caso, si è negato che simile prerogativa possa spettare alla banca leader, salva l’eventualità in cui ricorra un’approvazione tacita da parte dei membri 153. Per conseguenza, è divenuto inevitabile ritenere essenziale un accordo delle banche sindacate da assumersi all’unanimità, in
tiva della giurisprudenza, propensa ad escludere la sussistenza del potere del giudice di
procedere alla revisione delle prestazioni in virtù dell’art. 1467 c.c., Cass., 11 novembre 1986, n. 6584; Cass., 27 gennaio 1959, n. 224; diversamente, Cass., 18 luglio
1989, n. 3347.
All’opposto, in coerenza con la propria ricostruzione, F. MACARIO, Adeguamento e
rinegoziazione, 264 ss., secondo cui nasce l’obbligo di revisione della parte onerata
quando la proposta di rinegoziare per ottenere l’equa modificazione viene comunicata
(297 s.); ID., Eccessiva onerosità, 566 ss.
151
E v., anche per l’evidenziazione di ulteriori ostacoli, M.T. DE GISPERT PASTOR,
231 s., secondo la quale bisogna ricorrere alla clausola di buona fede per adattare il finanziamento in pool alle mutate circostanze e, ove questo non sia possibile, addivenire
all’inevitabile risoluzione.
Nel nostro ordinamento, in tema di mutuo bancario, si è escluso che possa intravedersi un obbligo di rivedere le condizioni contrattuali in mancanza di un’espressa pattuizione, ovvero di una precisa disposizione legislativa: per questa tesi, M. TATARANO, 529
s., che riporta anche una serie di ipotesi normative in cui ciò avviene.
152
In tal senso, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 64 s.
153
Per queste considerazioni, CA Paris, 6 septembre 2002; CA Paris, 30 avril 2002,
con riferimento alla restructuration del finanziamento tramite abbassamento del tasso di
interesse.
LA BANCA CAPOFILA
209
mancanza di convenzione contraria 154. La ricostruzione appare condivisibile e conforme a quanto appena sostenuto, eccetto quest’ultimo passaggio, perché dovrà applicarsi, come già ricostruito in precedenza 155, la
regola della maggioranza per quote di interesse.
Rimangono, però, da chiarire alcuni aspetti, sempre nell’ottica della
ripartizione delle competenze tra cofinanziatori e lead manager, connessi
alla revisione del finanziamento in pool.
7. Segue. Rinegoziazione, interruzione e mantenimento del credito:
possibili abusi e ruolo della capofila (rinvio). – In alternativa alla rinegoziazione, specialmente dinanzi ad una situazione di difficoltà del richiedente, può accadere che il finanziatore decida di propendere tanto per l’interruzione del credito, quanto per il suo mantenimento in vita, quale esito
di un comportamento più o meno consapevole 156.
È naturale che la cessazione del rapporto può sembrare talvolta l’unica
strada percorribile, specie quando il cliente non dà più alcun affidamento
sulla sua regolare esecuzione, nemmeno in seguito ad una possibile rivisitazione dello stesso. Come noto, la rottura del credito pone il problema di
eventuali abusi a danno del soggetto finanziato, là dove una sospensione
brutale degli affidamenti concessi può comportare un pregiudizio per
l’impresa 157.
In via analoga, anche il mantenimento del fido concesso può dar luogo
154
Si vedano, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 65;
Cass. com., 27 mars 2001, che nega alla capofila il potere di procedere ad una riduzione
degli interessi; per l’inammissibilità della concessione di un periodo di grazia da parte
della capofila, fermo restando che per riconoscerne la responsabilità le altre banche devono dimostrare di aver subito un pregiudizio, CA Paris, 17 décembre 2002; CA Versailles, 5 décembre 2002; in ordine, poi, alla possibilità che alcune banche si rifiutino in maniera abusiva, CA Paris, 6 septembre 2002.
155
V. supra al § 3 del presente Capitolo.
156
Vale a dire che, come ovvio, anche la mera inerzia comporta il mantenimento in
vita del rapporto.
157
È bene chiarire che, all’interno di tale fattispecie, deve riportarsi, in realtà, una variegata gamma d’ipotesi: A. VISCUSI, 12 ss., a parere della quale si tratta di un gruppo di
situazioni eterogenee relative ad una incongrua, arbitraria e/o intempestiva determinazione di segno negativo della banca circa la concessione, la prosecuzione, ovvero l’integrazione del credito.
210
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
a responsabilità della banca, ove si finisca, in questa maniera, per mantenere artificiosamente in vita l’impresa decotta 158. Si tratta di un equilibrio
assai precario e che assume contorni peculiari in presenza di una pluralità
di finanziatori 159.
158
Naturalmente, all’ipotesi del mantenimento del fido si equipara di solito, nell’ambito del dibattito sulla concessione abusiva di credito, quella della nuova erogazione,
giacché in entrambi i casi può ricorrere, a certe condizioni, la responsabilità della banca:
fra molti, P. PISCITELLO, Concessione abusiva, 660 ss.; nonché, L. BOGGIO, 418; A. VISCUSI, 10, per la quale la questione si pone più spesso rispetto alla prosecuzione o al rinnovo del rapporto, anziché in relazione all’erogazione originaria.
La scelta del riferimento (effettuato nel testo) alla sola ipotesi del mantenimento del
credito già concesso non è casuale e si giustifica, da un lato, per l’intima connessione con
il discorso appena svolto sulla rinegoziazione; e, dall’altro, perché l’originaria concessione in pool del finanziamento non desta particolari problemi ai fini che qui interessano,
ossia rispetto al ruolo della capofila, perché tale determinazione è assunta da tutti i membri. Nella fase genetica dei prestiti sindacati, infatti, tutte le banche addivengono insieme
alla scelta di accordare il credito ad un certo soggetto e nemmeno è stata nominata, in
questo stadio dell’operazione, la capofila. Di certo, le banche partecipanti possono essere
invogliate da quella che ha preso l’iniziativa, la quale “sponsorizza” in qualche modo il
finanziamento; ma ciò non ha nulla a che fare con la banca agente, poiché attiene alla
posizione della diversa figura dell’arranger, l’operato della quale può essere fonte di responsabilità, proprio quando vi sia una scorretta informazione circa le condizioni patrimoniali e finanziarie dell’impresa da sostenere. Si pensi al caso in cui la banca organizzatrice induce a concedere credito ad un imprenditore presentato come solido e che, invece, non lo è. Riflessione analoga può svolgersi allorché si debba valutare l’attendibilità
e la fattibilità del piano in caso di credito concesso per risanare l’impresa: se l’arranger
informa in modo scorretto le altre, invogliandole così a partecipare al finanziamento, ne
può rispondere sempre alla stregua dei principi addietro individuati (e v. quanto rilevato
supra ai §§ 3-4, Capitolo Secondo).
Né bisogna cadere in equivoci per via dell’usuale coincidenza soggettiva tra la banca
organizzatrice e quella agente, nonché in virtù del fatto che il pregiudizio si manifesta
dopo che il credito è stato erogato e la capofila designata, giacché è ovvio che il comportamento pregiudizievole riguarda la formazione del sindacato, ossia una fase precedente
alla concessione del prestito. In un caso del genere, peraltro, le banche potrebbero anche
essere chiamate a rispondere nei confronti del cliente a titolo di concessione abusiva, ricorrendone i relativi presupposti; e, allora, la responsabilità dell’ente “promotore” verso
le banche partecipanti finirebbe per riequilibrare, in qualche modo, i rapporti tra i vari
cofinanziatori, indotti a concedere credito ad un’impresa decotta, con conseguente esposizione al risarcimento del danno nei suoi confronti (per il problema della responsabilità
da concessione abusiva di credito in pool, v. infra al § 15 del presente Capitolo).
159
Tale precarietà si manifesta anche nella distinzione tra le varie fattispecie, poiché
il mancato adeguamento del credito, una volta che viene mantenuto in vita, sembrerebbe
poter sfociare nell’alveo del fenomeno della concessione abusiva, ma non ne è stata
esclusa la riconduzione all’interruzione brutale (ad esempio, A. VISCUSI, 13, per la quale
vi rientra il caso della mancata disponibilità a rinegoziare il finanziamento concesso in
LA BANCA CAPOFILA
211
In questa sede, non è il caso di soffermarsi sui caratteri generali delle
fattispecie appena evocate, già oggetto di ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza. Conviene, piuttosto, provare ad individuare quali siano le ulteriori e specifiche peculiarità delle due ipotesi quando l’erogazione proviene da più soggetti. È facile intuire che sorge un problema di imputazione e ripartizione dell’eventuale responsabilità fra le varie banche (e
non solo): tale questione, insieme ad altre connesse, sarà affrontata più avanti, nel quadro della ricostruzione complessiva della posizione delle
banche sindacate e della loro responsabilità 160.
Ora, invece, giova comprendere quale sia il ruolo della capofila dinanzi all’opportunità di dover decidere se continuare o meno a sostenere un’impresa in crisi, ovvero se interrompere il rapporto. Interessa, cioè, capire se
la banca leader possa assumere da sola decisioni del genere. Bisogna esaminare separatamente le due situazioni, iniziando dall’interruzione.
Al riguardo, torna utile rifarsi ad un precedente della Suprema Corte
francese, che ha avuto modo di affrontare la questione, giungendo alla
conclusione secondo cui «le chef de file, sauf disposition conventionnelle
contraire» non può acconsentire «à un abandon de créance», in mancanza del consenso dei cofinanziatori, a meno di «excéder ses pouvoirs». Per
tale orientamento è indispensabile, pertanto, che siano d’accordo tutti i
membri del pool, salvo «à établir le caractère abusif de leur refus d’y
consentir» 161.
È ragionevole ritenere che simile soluzione possa valere, altresì, per il
nostro ordinamento, sebbene soltanto per l’esito, e in parte, cui conduce,
non anche per quanto concerne il fondamento, posto che l’argomentazione
su cui si basa attiene alla configurazione del pool come société en participation, ricostruzione in precedenza respinta 162. Invero, l’impossibilità di
vista di uno specifico programma economico, rivelatosi poi inidoneo; cfr., altresì, G.C.
BIBOLINI, 44, che esclude l’esistenza di una contraddizione in termini tra le due ipotesi di
responsabilità).
160
A tali aspetti è dedicata la prossima Sezione di questo Capitolo e, per lo specifico
riferimento alla ripartizione di responsabilità tra le banche del pool per l’interruzione
brutale e la concessione abusiva, v. infra il § 15 di questo Capitolo.
161
Principio affermato da: Cass. com., 27 mars 2001, argomentando dalla configurazione del pool bancario quale société en participation; analogamente, CA Versailles, 9
octobre 1997, che esclude la facoltà della capofila (chef de file) di «abandon de créance».
162
Si rimanda supra al § 9, Capitolo Secondo.
212
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
riconoscere siffatta prerogativa in favore della capogruppo si impone perché non si tratta di un atto di mera gestione del prestito concesso, men che
meno di carattere ordinario, per l’evidente motivo che l’interruzione del
credito determina l’estinzione del rapporto di finanziamento; e, perciò, rappresenta decisione che esula dalla sfera di competenza della banca agente,
costituendo appannaggio dei cofinanziatori, a maggioranza per quote di interesse, anziché all’unanimità, secondo i principi più sopra individuati 163.
Più complesso è il discorso concernente il mantenimento del credito
già accordato, nella prospettiva di intravedere possibili mansioni della
capofila in proposito, in special modo tenendo conto del rischio di contribuire ad aggravare la situazione dell’impresa finanziata. È chiaro che, in
questa evenienza, trattandosi di verificare se sia o meno il caso di continuare a mantenere una certa linea di credito, ne deriva che tanto l’inerzia
quanto un mero comportamento omissivo portano alla permanenza del fido. La decisione da assumere in positivo attiene, in realtà, proprio all’interruzione del rapporto, di cui si è appena detto; sicché, è ovvio che la
conclusione è la medesima e, dunque, anche a prescindere da un contegno inerte, sono le banche a doversi interrogare sull’opportunità di proseguire nella concessione della linea di credito, ovvero di interromperla, ancora una volta a maggioranza calcolata in base alle quote di finanziamento detenute da ciascuna.
Piuttosto, è un altro il compito che spetta alla lead manager e che appare strettamente connesso con eventualità del genere. Può ritenersi, in
effetti, che la banca agente sia obbligata a sollecitare la riflessione dei cofinanziatori in merito. Un siffatto dovere potrebbe essere previsto espressamente, risolvendo ogni dubbio in proposito, ma in mancanza di una
specifica previsione non sembra che la soluzione possa mutare, muovendo dal complessivo ruolo ricoperto dalla capofila.
Verso tale direzione spinge la presenza della (classica) clausola che
impone alla capogruppo di accertare la congruità delle garanzie offerte dal
soggetto finanziato, con i conseguenti obblighi informativi in favore delle
altre banche 164. Una simile pattuizione è in grado di vincolare la capofila
163
E v. quanto rilevato supra al § 3 di questo Capitolo.
Così, C. MCGINN, 156. Va, peraltro, precisato che il dovere di controllare la congruità delle garanzie e di procedere alla relativa escussione, ricorrendone i presupposti, si
ricollega, in qualche misura, alla prassi diffusa nell’esperienza tedesca di concedere le
164
LA BANCA CAPOFILA
213
ad informare gli altri cofinanziatori circa l’opportunità di interrompere o
meno il rapporto, nel momento in cui quella congruità inizia a vacillare.
A questo risultato deve giungersi attraverso un’interpretazione funzionale
della citata convenzione 165, la cui logica, in particolare sotto il profilo
della volontà delle parti, consiste nell’affidare alla banca leader il dovere
di controllare che il rischio della restituzione del prestito sia ancora sostenibile, alla luce della capacità di rimborso del soggetto finanziato, anche rispetto alla garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. 166.
Chiarita la ripartizione delle competenze tra capogruppo e cofinanziaSicherheiten in favore della sola Konsortialführerin, a titolo fiduciario, essendo ritenuto
inopportuno, se non irrealizzabile, il rilascio delle stesse ai singoli finanziatori in proporzione della rispettiva quota. Sul punto, M. OBERMÜLLER, 1833 ss.; poi, D. EINSELE, 101
s.; T. HEINSIUS, 396 ss.; M. OBERMÜLLER u. K. KUDER, 1062 s.; M.H. PICHERER, 33, secondo cui «die Konsortialführerin ist dann Treuhänderin im Rahmen einer “Doppelseitigen Treuhand”, nämlich im Verhältnis zum Kreditnehmer einerseits und gegenüber den
Konsorten andererseits»; O.M. STÖCKER, 48 s.; e v., anche, per il caso di insolvenza del
fiduciario, M. VON ROM, 813 ss., che riconosce, in virtù del § 47 InsO, l’Aussonderungsrecht sia al Kreditgeber che al Sicherungsgeber. Altra ipotesi tipicamente evidenziata
nella letteratura germanica è quella della Globalzession, sulla cui idoneità a fungere da
garanzia dei finanziamenti in pool si discute: M. GRIESBECK, 1813 ss.
In Spagna, dinanzi ad una garanzia ipotecaria ed al conseguente problema dell’indivisibilità, «se suele recoger el compromiso de las entidades participantes de ejercitar
conjuntamente las acciones hipotecarias, acompañado de un pacto de preferencia de
cobro a favor de alguna de ellas»: così, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 770.
Nel nostro ordinamento, invero, si propende per la costituzione di tante garanzie ipotecarie quante sono le banche sindacate, anziché di una soltanto, ponendo ugualmente in
testa alla capofila l’obbligo di verificarne la congruità. Si è affermato, in proposito, che i
finanziamenti in pool comportano l’iscrizione di differenti ipoteche di pari grado a favore delle varie banche partecipanti: P.L. FAUSTI (a cura di), 539, testo e nt. 80; per diritto
spagnolo, limitandosi più che altro a porre il problema, A. SERRANO ACITORES, 349 s.,
nt. 22. Ciò si deve al fatto che non si reputa ammissibile una coipoteca di cui siano contitolari i vari creditori: in tal senso, D. RUBINO, L’ipoteca, 96 s., per il quale la garanzia si
divide in tante distinte ipoteche, ciascuna per la corrispondente quota vantata, ferma restando l’indivisibilità quanto al credito ed all’oggetto, poiché ogni singola ipoteca continua a vincolare l’intero bene; sulle sue orme, P. BOERO, 210 s. Analogo discorso problematico si pone per il pegno, come evidenziato da A. MORANO, 1168, nt. 104.
165
Ancor di più se letta in uno con gli obblighi informativi gravanti sulla capofila,
per i quali si rinvia a quanto si vedrà infra al paragrafo seguente.
166
Una locuzione del genere, specialmente nel quadro dei finanziamenti in pool, va
intesa in senso ampio (ed atecnico se si vuole), nel senso di ricomprendere tutte le forme
di protezione del creditore, anche alla luce della prassi di prevedere una molteplicità di
covenants nei prestiti sindacati allo scopo di rafforzare il più possibile la posizione dei
cofinanziatori.
214
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
tori, anche nelle ipotesi controverse in precedenza isolate, finalmente può
individuarsi la disciplina della responsabilità della banca agente.
8. Individuazione dei doveri e responsabilità della capofila. – La delicatezza del ruolo ricoperto dalla capofila e l’importanza delle mansioni
svolte impongono di interrogarsi sulle conseguenze derivanti dall’eventuale violazione dei suoi doveri 167. Alla luce di quanto detto, non è difficile individuare il dato normativo di riferimento nell’ambito del mandato.
In virtù dell’integrazione con la disciplina dei consorzi interni, è agevole pervenire a tale conclusione ex art. 2608 c.c. per gli organi del consorzio, a mente del quale la responsabilità verso i consorziati di coloro che
vi sono preposti è regolata dalle norme sul mandato. E non sembra potersi dubitare che gli obblighi gravanti sulla capofila devono essere adempiuti osservando un grado di diligenza particolarmente rigoroso, in ragione della natura dell’attività esercitata 168, argomentando dall’art. 1176,
comma 2°, c.c. 169. Il parametro di riferimento deve essere, perciò, la diligenza professionale, anziché quella del buon padre di famiglia, nonostante vi siano opinioni in questo senso 170, analogamente a quanto rilevato
per la banca organizzatrice 171.
167
Bisogna chiarire, in limine, che non si tratta di un problema di responsabilità (da
debito) di un membro di una parte soggettivamente complessa nei confronti degli altri
(su tale questione, St. D’ANDREA, 156 ss.), perché il pregiudizio di cui possono lamentarsi le banche partecipanti attiene all’incarico conferito alla capogruppo, senza che possa sussistere alcuna responsabilità della banca leader per le obbligazioni assunte dalle
altre banche e per quelle facenti capo al richiedente (per tale riflessione, M. BELLIS, La
gestion du crédit consortial, 209).
168
Così, G. SCORZA, Finanziamenti, 171, che sembra, però, fare riferimento all’art.
1710, comma 2°, c.c.; nel diritto spagnolo, M.T. DE GISPERT PASTOR, 81.
169
E v., infatti, F. DI MARZIO, Abuso, 85 ss., per il quale nell’erogazione del credito (e
nella prodromica istruttoria) lo sforzo diligente è più rigoroso di quello ordinario o medio,
trattandosi di prestazione professionale tale da richiedere, perciò, la cura, la cautela l’accortezza, la perizia e la legalità dovute da chi opera professionalmente nel mercato in cui
deve essere esperito l’incarico, come confermato dall’evoluzione legislativa che tende sempre più a fare riferimento al parametro della specifica diligenza richiesta nell’esecuzione di
compiti professionali; in tema di mandato, F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 28, 125.
170
A quanto consta, App. Milano, 14 luglio 2000 (di cui è pubblicata la sola massima
con nota redazionale); L. FALCIONI, 239 s.; e già, nel contesto analogo dei sindacati di
collocamento, V. ANGELONI, 126 s.
171
Si rinvia alle considerazioni svolte supra al § 4, Capitolo Secondo.
LA BANCA CAPOFILA
215
Per altro verso, il riferimento alla posizione del mandatario implica
che la responsabilità della capofila assume, in linea di principio, natura
contrattuale nei confronti delle banche partecipanti 172, essendo sempre
ricollegabile alla violazione di specifici doveri preesistenti, il più delle
volte di fonte negoziale 173; pertanto, la banca agente è responsabile per
l’inadempimento colpevole dei suoi obblighi 174, legali e convenzionali,
presumendosi sussistente la colpa ai sensi dell’art. 1218 c.c. Né, sebbene sia stato sostenuto il contrario 175, è applicabile la regola per la quale
la responsabilità per colpa del mandatario è valutata con minor rigore in
caso di incarico gratuito, giacché alla capogruppo spetta apposita remunerazione per l’assolvimento della sua veste 176.
Il richiamo al mandato vale, tuttavia, soltanto per la tutela dei componenti del gruppo, lasciando irrisolto il problema della responsabilità della
capofila nei riguardi dei terzi e, specialmente, verso il cliente. Il discorso
è, in tal caso, più complicato siccome la responsabilità nei confronti dell’impresa finanziata potrebbe essere ricondotta nell’ambito di quella
aquiliana, in virtù della tendenziale estraneità di quest’ultimo al rapporto
tra la banca agente e le altre.
In realtà, sembra del pari sostenibile, anche in simile evenienza, che
l’eventuale pregiudizio subito dal richiedente possa essere riportato nell’alveo della responsabilità contrattuale, poiché si tratta comunque di un
soggetto qualificato in seno all’operazione complessiva, piuttosto che di
un qualunque terzo. È ovvio che la banca agente s’impegna ad assolvere i
172
Nell’ambito dei consorzi, G. BONFANTE, 715, il quale ne ricava anche il termine di
prescrizione decennale, respingendo l’applicazione delle norme di diritto societario.
173
Con cautela, D. GALLETTI, 44, per il quale la struttura negoziale del pool potrebbe
in teoria essere un valido fondamento della responsabilità ex contractu della capofila
verso le altre banche, nonché nei riguardi dei terzi.
Nella giurisprudenza americana in tema di prestiti sindacati, Women’s Federal Savings and Loan Association v. Nevada National Bank (9th Cir. 1987), che riconosce la
violazione di uno specifico dovere (specific duty) contrattuale concernente l’obbligo di
informazione circa le difficoltà del debitore, oltre che di controllo della sua situazione
finanziaria.
174
Analogamente, M.T. DE GISPERT PASTOR, 87 s., che parla di responsabilità per dolo o colpa derivante dall’inadempimento dei suoi doveri, ovvero da «cumplimiento defectuoso».
175
Per tale riflessione, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 211.
176
Lo si vedrà infra al § 10 del presente Capitolo.
216
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
suoi compiti nei riguardi dei cofinanziatori, ma è altrettanto risaputo che
la responsabilità ex contractu copre un’area più estesa della sola tutela
dei contraenti di un dato rapporto negoziale 177. Da un lato, come ormai
da tempo acquisito in letteratura, muovendo soprattutto dalla generalizzazione del modello della culpa in contrahendo (art. 1337 c.c.) 178, si è giunti
a coniare la categoria degli obblighi di protezione, idonei a fondare la nascita di una vera e propria obbligazione tramite il ricorso alla categoria
residuale prevista dall’art. 1173 c.c., nonostante l’assenza di un obbligo
primario di prestazione 179. Per altro verso, tra le applicazioni giurisprudenziali di questa concezione, sono frequenti le ipotesi in cui si è ravvisato un contatto sociale tra un estraneo e la banca, esposta ad una responsabilità da inadempimento anche nei suoi confronti 180.
Ebbene, nel caso di specie è decisivo sottolineare come l’incarico assunto dalla banca agente assuma i contorni di un mandato svolto anche nell’interesse altrui, ossia del soggetto finanziato, interessato ad ottenere l’unitarietà del rapporto (di finanziamento), tanto è vero che, per tale ragione, costui si obbliga a corrispondere il compenso alla banca agente per lo
svolgimento delle sue mansioni, in luogo delle banche partecipanti 181.
Non può, pertanto, non configurarsi un preciso obbligo della capofila alla
corretta esecuzione del mandato anche verso l’impresa sovvenuta, nella
misura in cui quest’ultima vi fa un preciso affidamento. Con tutto ciò che
ne consegue in termini di disciplina applicabile, specie per quanto attiene
177
Come già evidenziato rispetto alla banca organizzatrice supra ai §§ 3-4, Capitolo
Secondo. Cfr., altresì, nel contesto delle organizzazioni collettive, F. GUERRERA, Illecito,
132 ss.
178
La rilevanza dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede anche al
di fuori del contratto, secondo un modello di responsabilità da inadempimento a giudizio
di molti (per le varie ricostruzioni, si rinvia supra al § 4, Capitolo Secondo), ha contribuito all’espansione dell’area della responsabilità ex contractu (tra molti, S. FAILLACE,
Questioni, 252 ss.).
179
Per tutti, C. CASTRONOVO, La nuova, 443 ss., 458 ss. e 464 ss., spec. 469 ss., secondo cui il sistema di responsabilità sotteso all’art. 1337 c.c. ricorre anche in situazioni
differenti da quella concernente le trattative precontrattuali e non va con essa confuso.
180
È il caso, ad esempio, della banca che paga un assegno non trasferibile a soggetto
non legittimato: per questa ipotesi e per i dovuti riferimenti, anche ad altre applicazioni,
St. ROSSI, 352; nonché, S. FAILLACE, La responsabilità, 21 ss., che prende le mosse, in
particolare, dall’ipotesi del rapporto tra ente, medico strutturato e paziente.
181
Si rinvia anche a quanto si evidenzierà infra al § 10 di questo Capitolo.
LA BANCA CAPOFILA
217
alle regole dell’onere della prova e della prescrizione, proprie dell’illecito
contrattuale, nonché quanto alla rilevanza della colpa, ove se ne voglia
negare la natura di elemento costitutivo della responsabilità da inadempimento 182.
Ciò precisato, possono individuarsi le possibili aree di violazione della
lead manager, in ragione degli obblighi assunti: è verosimile, al riguardo,
prospettarne tre, una attinente all’informazione, un’altra relativa alla gestione ed un’ultima concernente la vigilanza 183.
La prima delle categorie appena individuate rappresenta una delle ipotesi più rilevanti di responsabilità della banca agente ed attiene ad una
pluralità di doveri, di solito oggetto di specifica menzione, fra cui spicca
quello di informare tempestivamente le banche partecipanti circa il peggioramento delle condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie del
cliente e la riduzione delle sue garanzie 184; nonché, in generale, di fornire
tutte le notizie ed i dati rilevanti per l’operazione posta in essere, nella
prospettiva di assicurarne il buon esito 185. Si può credere, pertanto, che
182
Punto messo particolarmente in luce, nel distinguere la responsabilità tra contratto
e torto, nelle pagine di C. CASTRONOVO, La nuova, 450 ss., per il quale la colpa funge,
nell’illecito contrattuale, da criterio di esclusione della rilevanza dell’impossibilità di
adempimento (art. 1218 c.c.) e, prima ancora, come causa di estinzione dell’obbligazione
(art. 1256 c.c.). A giudizio dell’A., del pari, nelle obbligazioni di comportamento la colpa non costituisce criterio di imputazione del fatto, essendo il risultato difforme da quello
dovuto, di per sé, fonte di responsabilità per il debitore; a favore della tesi della pluralità
dei criteri di imputazione, C. SALVI, La responsabilità, 93 ss., spec. 101 ss.
Vi sono anche altre differenze che si potrebbero annoverare, in termini di disciplina,
tra le due forme di responsabilità, ma non sono tutte incontrovertibili: lo evidenzia, C.
SALVI, La responsabilità, 10, che fa riferimento, oltre a quanto riportato nel testo, anche
alla costituzione in mora, alla competenza per territorio ed al limite della prevedibilità ai
fini del danno risarcibile ex art. 1225 c.c.
183
Sulla posizione del cliente, come si vedrà infra nel testo nel corso di questo paragrafo, oltre che sugli altri membri, secondo quanto già accennato supra al § 3 del presente Capitolo.
184
Fra molti, M.T. DE GISPERT PASTOR, 80 e 85.
185
Per tale rilievo, R. CLARIZIA, Crediti di firma, 202; ID., Finanziamento in pool,
170; L. FALCIONI, 238; D. GALLETTI, 44, nt. 139; per diritto spagnolo, M.T. DE GISPERT
PASTOR, 79 s. e 82 s.
Significativa è la pronuncia americana riguardante il caso Women’s Federal Savings
and Loan Association v. Nevada National Bank (9th Cir. 1987), in cui si individuano a
carico della banca agente, sulla base dell’accordo di sindacato (loan participation agreement), diversi compiti, tra cui quello di «monitor and periodically investigate the finan-
218
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
possa venire in rilievo una serie differente di condotte: la trasmissione di
notizie false o inesatte, ovvero la loro mancata o tardiva comunicazione,
in tutto o in parte, in pregiudizio dei cofinanziatori.
Con riguardo agli obblighi informativi, peraltro, si è avanzata la tesi
secondo cui la natura della responsabilità non sarebbe sempre contrattuale, immaginando che possano ricorrere gli estremi di un pregiudizio aquiliano, quando il dovere violato fuoriesce dall’ambito dell’incarico ricevuto 186. In proposito, può esprimersi più di un dubbio.
Ed invero, il compito di rendere certe notizie potrebbe, in ipotesi, non
trovare specifica indicazione nel dettato legale e/o convenzionale, ma rientrare pur sempre nel ruolo ricoperto dalla banca leader, anche al fine di
assicurare la corretta esecuzione del prestito 187, essendo superabile il rilievo della mancanza di uno specifico dato normativo su cui fondare tale
assunto 188. È appena il caso di osservare che ulteriori obblighi informativi possono costituire mera specificazione di altri, oggetto di puntuale
menzione, ovvero derivare dall’applicazione delle clausole generali della
correttezza e della buona fede, anche alla luce del combinato disposto
degli artt. 1710, comma 2°, c.c. e 1711, comma 2°, c.c. 189, attraverso cui
si impone al mandatario di comunicare al mandante qualsiasi fatto rilecial condition» del debitore e, quindi, di informare tempestivamente gli altri membri;
amplius, P.R. WOOD, 99 ss.
186
L’opinione è di M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 215 s., che ritiene possa anche incidere sulla questione il segreto professionale relativo ad alcune notizie in
possesso della capofila.
187
In tal senso, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 63,
che parla di un «devoir plus général d’information, par exemple en cas d’évolution de
l’activité ou de la situation financière de l’emprunteur ou de modification de la structure
de l’entreprise, si le changement intervenu a une incidence sur le risque des prêteurs»; e
v., anche, CA Paris, 17 décembre 2002; CA Versailles, 5 décembre 2002.
188
Per diritto spagnolo, M.T. DE GISPERT PASTOR, 85 s., a parere della quale mancano disposizioni specifiche sia nella disciplina della commissione, che nella normativa
bancaria.
189
Con forza, G. BAVETTA, 357; A. LUMINOSO, Mandato, 351 s.; conforme, U. CARNEVALI, 1990, 8; in giurisprudenza, Cass., 30 gennaio 1982, n. 588, che fa riferimento al
principio di correttezza ex art. 1375 c.c.; ma v. le critiche di C. SANTAGATA, 54 ss.
Così, ad esempio, non si dubita che tra le circostanze sopravvenute debbano ricomprendersi anche quelle preesistenti ed ignote al mandante di cui il mandatario abbia avuto
contezza in seguito: testualmente, F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 29, 125; G. MINERVINI,
Il mandato, n. 21, 50; Cass., 24 febbraio 1987, n. 1929.
LA BANCA CAPOFILA
219
vante ai fini dello svolgimento del rapporto 190. Questo implica, pertanto,
che tutti i doveri informativi ascrivibili alla capofila, vista la loro attinenza alla veste assunta, comportano, in caso di inosservanza, il sorgere di
una responsabilità ex contractu 191.
Sotto altro profilo, a prescindere dalla natura della responsabilità della
capogruppo per violazione degli obblighi informativi, occorre verificare
se vi siano in proposito specifiche clausole di esonero. Il tema s’intreccia
con quello concernente la posizione dell’arranger, perché i due ruoli sono assolti dalla stessa banca ed il pregiudizio – dovuto alla sopravvenuta
insolvenza del cliente – si manifesta dopo l’organizzazione del pool, ormai
durante l’esecuzione del prestito, allorché i cofinanziatori si dolgono principalmente del fatto di aver ricevuto, ab origine, una cattiva informazione
ad opera dell’organizzatrice 192. Ma, soprattutto, il legame tra le due ipotesi sussiste perché apposite pattuizioni limitative sono previste tanto negli scambi di corrispondenza intervenuti prima della chiusura dell’operazione, quanto nello stesso contratto di finanziamento sindacato 193.
190
Una delle ipotesi in cui potrebbe aversi un incremento delle informazioni da fornire, pur in mancanza di espressa indicazione, è quella in cui la capofila versi in stato di
conflitto di interessi. Tale situazione non appare affatto inverosimile, sebbene sussista
una tendenziale convergenza di posizioni tra la banca agente e quelle sindacate, essendo
usualmente anche la prima tra le finanziatrici. Si pensi al classico caso in cui la banca
leader sia quella di riferimento per il debitore, sicché tra costoro sussistono anche altri
rapporti di natura finanziaria (per questa riflessione, M.T. DE GISPERT PASTOR, 83 s.; di
notevole rischio di conflitto parla D. GALLETTI, 43 s.). Ciò potrebbe obbligare la lead
manager ad informare preventivamente le banche partecipanti circa il compimento di determinati atti, ovvero a rendere ulteriori informazioni al fine di chiarire l’effetto che certe
scelte possono avere sulla propria posizione (in proposito, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 214 s.).
Non lontana è l’ipotesi esaminata, nell’ambito del crack Cirio, da Trib. Roma, 5 febbraio 2008, che riconosce alla capogruppo una conoscenza privilegiata della situazione
economico-finanziaria delle società coinvolte, a differenza delle banche partecipanti. Basti porre mente, nello specifico, alla concessione di un finanziamento (anche ulteriore o
di una rinegoziazione di quello in corso) destinato a ristrutturare precedenti esposizioni,
con effetti favorevoli nei riguardi della capofila verso cui l’impresa è già debitrice.
191
Che si tratti pur sempre di responsabilità contrattuale è affermato, tra gli altri, da
A. LUMINOSO, Mandato, 514 s.
192
Ferma restando la netta distinzione tra i due ruoli, come più volte sottolineato.
193
Si torni a vedere quanto osservato supra ai §§ 3-4, Capitolo Secondo, anche rispetto al dubbio che le clasuole di esonero contemplate nell’information memorandum
possano essere irrilevanti, con conseguente diffusione della prassi di inserirle nello stesso
contratto di finanziamento in pool.
220
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Tali ultime limitazioni sono per lo più generiche, nel senso che riguardano tutti gli obblighi informativi, senza distinguere quelli precedenti alla
costituzione del pool dai successivi, così come si fa riferimento tout court
alla capofila, ovvero a quella che ha assunto, nel caso concreto, entrambe
le vesti 194. In altre parole, le formulazioni utilizzate sono sovente omnicomprensive, finendo così per valere sia per la banca organizzatrice che
per quella agente.
La validità di simili convenzioni è, però, dubbia e viene in rilievo, qui,
la regola in virtù della quale è affetto da nullità il patto che esonera preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave (art.
1229, comma 1°, c.c.) 195. La norma intende, per l’effetto, fare salva la
possibilità di una lecita restrizione negli altri casi 196. Il che consente di
propendere per la validità delle clausole in discorso, anche alla luce del
loro generico tenore letterale e del principio di conservazione del contratto, naturalmente nelle sole ipotesi in cui l’ordinamento permette una
limitazione preventiva di responsabilità, ossia in presenza di una colpa
lieve 197.
194
In Spagna, M.E. MORÁN GARCÍA, 87, che distingue tre clausole specifiche aventi
la medesima finalità riportata nel testo.
195
Cfr. C.M. BIANCA, Dell’inadempimento, 474 ss., secondo cui il principio risponde
ad un’esigenza di tutela del credito, è destinato a valere anche per la responsabilità extracontrattuale (478) e conferma implicitamente la validità della pattuizione che esonera il
debitore dalla responsabilità per colpa lieve (489).
Il problema di tali previsioni è noto e comune ai contratti bancari in genere, rispetto
ai quali sovente si sottolinea la necessità dell’approvazione scritta ex art. 1341 c.c. e del
rispetto del limite posto dall’art. 1229 c.c.: F. BENATTI, Le clausole di esonero, 147 e
156, che rileva l’inadeguatezza della disciplina a fondare un controllo sulle norme uniformi, clausole di esonero incluse; A. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio, 56 ss.
196
Nel caso di specie, peraltro, si tratta di limitare la responsabilità di una banca a discapito delle altre e, quindi, di soggetti con uguale potere economico: il che esclude l’ipotesi di un’indiscriminata invalidità delle clausole di esonero, oltre i confini indicati
dall’art. 1229 c.c.: per tutti, F. BENATTI, Le clausole di esonero, 162 ss., secondo cui
l’art. 1838, comma 4°, c.c. esprime una tendenza dell’ordinamento a ritenere inidonea la
sanzione della nullità dei patti di esenzione soltanto nei casi di dolo o colpa grave rispetto alla necessità di tutela dei creditori innanzi ad un contraente forte (167); per un’adesione, P. VITALE, 10.
Altro problema concerne la difficoltà di distinguere, in concreto, ai fini dell’applicazione del regime d’invalidità, le clausole limitative dell’oggetto dalle altre: F. MARTORANO, Delimitazione dell’oggetto, 90 ss.
197
Conferma di quanto si sostiene può rinvenirsi nell’esperienza transalpina, in cui
LA BANCA CAPOFILA
221
La seconda area di possibili violazioni riguarda, come dianzi accennato, l’attività di amministrazione; di sicuro, quanto più saranno convenzionalmente dettagliati i compiti appartenenti alla capofila, tanto minore
sarà la sua discrezionalità 198, uscendone così agevolata la determinabilità
della trasgressione. Si guardi, in quest’ottica, anche al fine di rendere concretezza al discorso, al compimento degli atti volti al trasferimento dei
risultati gestori, la cui osservanza s’impone anche in assenza di specifiche
indicazioni negoziali 199. Basti pensare, ad esempio, al mancato versamento di fondi alle varie banche partecipanti, in relazione ai rimborsi effettuati dal soggetto finanziato 200; ovvero all’ipotesi speculare in cui l’erogazione delle somme (già messe a disposizione della lead manager da
parte dei cofinanziatori) in favore del cliente non avvenga, oppure non sia
effettuata nel rispetto delle condizioni concordate.
Quanto agli obblighi di sorveglianza, oltre a quelli sugli altri membri
stabiliti dall’art. 2605 c.c., può e deve pensarsi specialmente ai doveri di
controllo concernenti la posizione del cliente 201. Si pensi, da questo punsiffatte pattuizioni sono ritenute per lo più efficaci, salvo il caso «de dol ou de faute
lourde»: M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 211 s., che ritiene tale conclusione
riferibile a diversi paesi, quali Belgio, Francia, Italia e Germania; J.B. BLAISE et P.
FOUCHARD, 201; diversamente, però, M.T. DE GISPERT PASTOR, 93, per la quale il dato
normativo iberico imporrebbe di reputare nulle solo le clausole che escludono la responsabilità in caso di dolo, facendo salva cioè l’ipotesi della colpa grave.
198
Lo afferma, L. FALCIONI, 238.
199
In luogo di molti, segnalandone l’ovvia portata maggiore in presenza di un mandato senza rappresentanza, A. LUMINOSO, Mandato, 513 ss.
200
Si fa spesso riferimento alla riscossione delle rate di ammortamento ed al conseguente trasferimento pro-quota a ciascuna banca: per notazioni del genere, G. FAUCEGLIA, I contratti di finanziamento, 245; L. RADICATI DI BROZOLO, 203, nt. 233; A. VERONELLI, 123, nt. 19; per diritto spagnolo, I. ZURUTUZA ARIGITA, 177; nonché, D. CREMASCO, 160; in tema di consorzi di collocamento, D. BUONOMO, 165.
Ancora prima, si ponga mente all’erogazione del finanziamento alle condizioni stabilite di concerto con i partecipanti al pool: nello specifico, distinguendo tra sindacati diretti e indiretti (non senza ambiguità), A. VERONELLI, 119 s., a parere della quale la banca
capofila funge da veicolo nel primo caso, mentre nella seconda circostanza è la “promotrice” dell’intera operazione finanziaria, convogliando «il capitale necessario per sostenere il finanziamento che organizza con la collaborazione del beneficiario»; nell’ordinamento transalpino, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 63 s.,
il quale utilizza la formula della «gestion des flux financiers».
201
Costituisce affermazione costante quella secondo cui la capofila deve verificare il
regolare adempimento da parte del debitore: M. PANETTA, 315 ss., spec. 326; L. RADI-
222
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
to di vista, alla – già menzionata 202 – clausola che prescrive alla capofila
di controllare la congruità delle garanzie concesse: è evidente che se la
banca agente non effettua tale controllo, oppure lo fa in maniera scorretta,
può essere chiamata a risponderne nei confronti delle banche partecipanti. Nell’ipotesi di mutuo fondiario in pool, peraltro, l’errata indagine sulla
congruità del rapporto tra ipoteca e credito concesso potrebbe avere conseguenze particolarmente rilevanti in caso di superamento del limite massimo di finanziabilità, finendo per incidere, secondo una certa parte della
giurisprudenza, sulla stessa validità ed efficacia del prestito stipulato 203.
Se cosi fosse, i cofinanziatori sarebbero pregiudicati in special modo nell’ipotesi di fallimento dell’impresa finanziata 204.
CATI DI BROZOLO, 203, nt. 233; G. ZANOTTI, 269 e 274; per diritto francese, M. BELLIS,
La gestion du crédit consortial, 205 s.; J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 195 ss.; M. ELLAND-GOLDSMITH, 133; J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention,
63; nell’esperienza britannica, S. HURN, 115 s., che riporta un’analitica indicazione del
contenuto tipico dell’agency clause; in Spagna, C. AMESTI MENDIZABAL, El banco
agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 131 s.; M.E. MORÁN
GARCÍA, 86 s.; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 760 ss.
202
V. supra al paragrafo precedente.
203
Per tale ipotesi, in cui però non è stata oggetto di discussione la responsabilità della
capofila, bensì l’ammissione al passivo del credito da restituzione, Trib. Venezia, 26 luglio
2012, che respinge la tesi della nullità parziale e reputa il contratto di mutuo fondiario in
pool nullo per superamento dell’ammontare massimo del finanziamento ex art. 38, comma
2°, Tub e della delibera CICR del 22 aprile 1995, su proposta della Banca d’Italia.
La tesi della nullità è variamente seguita dalla giurisprudenza di merito: Trib. Cagliari, 4 aprile 2013, secondo cui la nullità colpisce, tuttavia, la sola porzione del contratto
che eccede il limite di finanziabilità; in seguito, Trib. Lodi, 24 aprile 2013, che individua
nella determinazione del valore dei beni ipotecati un elemento della fattispecie; Trib. Firenze, 30 ottobre 2014. Di diverso avviso, invece, è la Cassazione, ritenendo per lo più
che le norme violate siano di condotta, esulando dal contenuto del regolamento contrattuale: Cass., 6 dicembre 2013, n. 27380; Cass., 28 novembre 2013, n. 26672, che afferma
anche l’irriducibilità della violazione dell’art. 38, comma 2°, Tub all’ipotesi prevista dall’art. 117, comma 8°, Tub; tra le pronunce di merito, Trib. Udine, 29 maggio 2014; Trib.
Oristano, 28 gennaio 2014.
Per alcune vivaci critiche all’orientamento espresso dalla Suprema Corte, A.A. DOLMETTA, Identità, 127 ss., che riconduce la disciplina del credito fondiario alla c.d. imperatività tipologica; U. MINNECI, 134 ss., il quale non condivide specialmente l’assunto
del Supremo Collegio secondo cui ricevere la somma più elevata possibile risponderebbe
all’interesse del cliente; M. FARINA, 555 ss., secondo cui la fattispecie va ricondotta in
seno alla nullità parziale ex art. 1419 c.c., quale ipotesi ulteriore rispetto a quella che riguarda l’invalidità di singole clausole, con conseguente conservazione del finanziamento
nei limiti di legge, una volta espunta la pars nullitatis.
204
Senza contare altri possibili incovenienti allorché l’insinuazione al passivo sia sta-
LA BANCA CAPOFILA
223
Deve ricondursi sempre nell’ambito dei doveri di vigilanza quello di
controllare il rispetto della finalità per la quale il credito è stato concesso:
se la capofila non ne monitora l’utilizzazione può essere chiamata a rispondere di ciò nei confronti delle altre banche, a maggior ragione se si
tratta di convenzione di salvataggio, dove l’erogazione è funzionale al risanamento dell’impresa 205. Tale dovere s’intreccia con quello di informare e sollecitare, con la dovuta tempestività, una decisione dei cofinanziatori 206, allorché ricorrano gli elementi per ritenere che vi sia stato uno
sviamento rispetto allo scopo per cui è avvenuto il prestito, ovvero un’impossibilità di raggiungere l’obiettivo convenuto 207. Ed è chiaro che il ritardo nell’assolvere a siffatto compito può ledere gli intermediari consorziati.
Ipotesi connessa al mancato controllo circa l’impiego del credito erogato in pool, ma differente e più grave, consiste nella consapevole compartecipazione della banca agente all’utilizzo del prestito sindacato, da
parte degli amministratori della sovvenuta, per finalità differenti da quelle pattuite. In circostanze del genere, ad un possibile pregiudizio dei cofinanziatori, può aggiungersi quello dell’impresa finanziata e dei suoi creditori. Può pensarsi, al riguardo, al finanziamento concesso ad una società eterodiretta ed impiegato per estinguere precedenti passività di altre
ta domandata sulla sola base del prestito concesso: Trib. Venezia, 26 luglio 2012, secondo cui l’accertamento della nullità integrale del contratto di mutuo fondiario impedisce
l’ammissione al passivo anche ad altro titolo, avendo la banca fondato il proprio credito
esclusivamente sul contratto di credito fondiario, senza richiedere, in subordine, l’ammissione in via chirografaria per la restituzione dell’indebito, oppure per l’ingiustificato
arricchimento.
205
Quest’ultima situazione investe la complessa tematica dei crediti sindacati erogati
all’interno di un piano di risanamento o di ristrutturazione, a cui sono strettamente connessi: D. GALLETTI, 43 s., ad avviso del quale nelle operazioni di salvataggio la concessione di nuova finanza passa sovente per la costituzione di un pool cui prendono parte
anche le banche che non sono già esposte verso l’impresa da risanare.
206
Rispetto agli interventi da assumere in merito, alla stregua di quanto già rilevato
supra al paragrafo precedente per l’eventualità dell’interruzione del rapporto.
207
Qualche indicazione in tal senso si ricava dalle Disposizioni di vigilanza per le
banche (Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 – 16° Aggiornamento del 17 maggio
2016), al paragrafo 2 della Sezione IV, Capitolo 1, Parte Terza, con particolare riguardo
all’acquisizione di partecipazioni dirette e indirette in imprese in temporanea difficoltà
finanziaria mediante conversione di crediti, in quanto è stabilito che, in caso di pluralità
delle banche interessate, deve essere individuata una banca capofila con la responsabilità
di verificare la corretta esecuzione del piano ed il sostanziale conseguimento degli obiettivi intermedi e finali previsti nel piano stesso.
224
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
società del gruppo, come accaduto nell’ambito dello scandalo finanziario
concernente la Cirio, rispetto al quale i giudici romani hanno riconosciuto
la responsabilità della banca agente – e non anche di quelle partecipanti –
in solido con l’amministratore della società (formalmente) beneficiaria
del prestito in pool 208. È da precisare che si tratta di fattispecie cui non si
sono potute applicare ratione temporis le norme introdotte dalla riforma
del 2003.
Resta da verificare, però, proprio alla luce del diritto societario riformato, se in un’ipotesi del genere – e, più in generale, dinanzi alla violazione dei doveri facenti capo alla lead manager – possa individuarsi un
referente normativo più specifico, con tutto ciò che ne consegue in punto
di disciplina applicabile. In tale ottica, deve prendersi in considerazione
l’art. 2497 c.c., disposizione dettata per sanzionare i comportamenti contrari alla corretta gestione societaria e imprenditoriale posti in essere dalle
società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento, secondo la formulazione testuale della norma 209. L’eventuale riferibilità di
questa regola alla capofila potrebbe consentire, tra l’altro, di riconoscere
al curatore la legittimazione all’esercizio dell’azione a tutela dei creditori
nei riguardi della capogruppo (art. 2497, comma 4°, c.c.) 210.
208
Senza chiarire, peraltro, la natura dell’illecito occorso, in applicazione dell’art.
2055 c.c. e della sua consolidata interpretazione secondo cui è irrilevante la fonte della
responsabilità, trovando la norma applicazione ogni qual volta il fatto dannoso sia imputabile a più persone: Trib. Roma, 5 febbraio 2008, secondo cui non vi sono «elementi
idonei, sufficienti ed inequivoci per affermare la cooperazione di dette banche [ossia di
quelle sindacate] nella realizzazione della complessiva operazione in questione, e dunque
nella causazione del pregiudizio subito da Cirio finanziaria s.p.a.». In relazione alla corrente lettura dell’art. 2055 c.c., specie da parte della giurisprudenza, si veda quanto si
dirà infra al § 15 del presente Capitolo.
209
In passato, per la necessità di un intervento legislativo incentrato sul concetto di
coordinamento, anche per la tutela dei soci esterni, Giul. SCOGNAMIGLIO, Prospettive,
185 ss. e 199 ss.
210
Lo segnala, A. VICARI, 509.
Per la verità, ove si affermasse che la banca agente svolge attività di direzione e coordinamento, bisognerebbe valutare l’applicabilità di tutta la disciplina corrispondente: per
un’indagine di ampio respiro, P. CUOMO, 167 ss., che distingue due modelli normativi di
eterodirezione societaria, partecipativo e non, codificati nella disciplina dell’influenza
gestionale e finanziaria del socio di s.r.l. (argomentando dagli artt. 2467 e 2476, comma
7°, c.c.) ed in quella dell’attività di direzione e coordinamento (artt. 2497 ss. e 2497quinquies c.c.), in cui viene in rilievo l’organizzazione imprenditoriale oggettivamente
LA BANCA CAPOFILA
225
9. Segue. La particolare ipotesi dell’abuso della capofila da eterodirezione in presenza di covenants. – Un accostamento del genere può sembrare di primo acchito alquanto ardito, specialmente se si muove da una concezione strettamente proprietaria dei legami di gruppo, per l’evidente rilievo che tanto la capofila quanto le banche partecipanti sono estranee alla
società finanziata. Per la verità, potrebbe anche accadere che, nel quadro di
complesse operazioni di salvataggio, le banche finiscano per acquisire partecipazioni, anche significative, nell’impresa sovvenuta 211, ma un’ipotesi
del genere non riguarda certamente, almeno nella loro veste fisiologica, i
finanziamenti in pool e, perciò, non può essere presa qui in considerazione.
L’altra, e più consistente, evenienza che può permettere di rifarsi alla
disciplina dell’attività di direzione e coordinamento è quella che riconosce in capo alla banca finanziatrice un’influenza dominante ex art. 2359,
comma 1°, n. 3, c.c. 212, prospettiva oggetto di indagine anche nello specifico contesto dei prestiti sindacati 213. Da ciò, attraverso la presunzione di
cui all’art. 2497-sexies c.c., si è paventata la possibile applicabilità dell’art. 2497 c.c. in caso di abuso di controllo 214, vuoi pure in via analogica
considerata; in precedenza, anche rispetto alla postergazione ex art. 2497-quinquies c.c.,
A. DE LUCA PICIONE, 88 ss. e 105 ss.; G. GIANNELLI, 623 ss.
211
Eventualità analizzata da: D. GALLETTI, 35 s., il quale fa riferimento pure al caso
di partecipazioni detenute a titolo di pegno, persino in via totalitaria, anche sottolineando
il possibile rafforzamento delle banche creditrici, sia in base a quanto stabilito nelle singole convenzioni pignoratizie, sia in applicazione della disciplina dei contratti di garanzia finanziaria (d.lgs. n. 170/2004); L. BENEDETTI, La responsabilità, 420 s.; v., altresì,
A. MUNARI, Crisi, 332.
212
Che è quanto importa in questa sede, fermo restando che la rilevanza applicativa
della questione è ben più estesa, una volta che si ravvisa esistente il legame di controllo:
per le svariate ricadute in termini di disciplina, V. CARIELLO, Dal controllo, 23 ss.; e, per
un tentativo di ricostruzione, E. RIMINI, 163 ss.
Sotto altro profilo, non vi è dubbio che il controllo contrattuale esplichi la propria rilevanza ai fini della presunzione di cui all’art. 2497-sexies c.c.: N. RONDINONE, Società,
607; Trib. Palermo, 3 giugno 2010, che ne esclude, nel caso di specie, la sussistenza, trattandosi di contratto di concessione di vendita intercorrente tra due società senza previsione di alcuna esclusiva e lasciando al distributore una notevole autonomia quanto alle
attività di vendita e di marketing.
213
Al riguardo, nel più generale quadro del controllo societario da credito, P. CUOMO, 45 ss. e 157 ss.; G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 40 ss.; per un’indagine comparatistica sulle tecniche utilizzate per reprimere gli abusi del controlling creditor, L. BENEDETTI, Le anomalie, 494 ss.
214
In proposito, G. GIANNELLI, 616 s.; A. NIGRO, La responsabilità della banca
226
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
piuttosto che diretta 215, per reprimere diversi comportamenti, fra cui pure
quello relativo alla prosecuzione dell’esercizio dell’impresa eccessivamente indebitata 216.
In limine, deve escludersi che una situazione del genere possa scaturire
sulla sola base del finanziamento concesso 217, specialmente ove si propenda
per una concezione dinamica ed effettiva del controllo contrattuale 218, oggi
nell’erogazione, 440 s., a giudizio del quale è attuabile, in alternativa alla responsabilità
della banca alla stregua dell’amministratore di fatto, anche quella ex art. 2497 c.c., prospettiva (definita) concettualmente diversa, ma funzionalmente identica alla prima; R.
PENNISI, La responsabilità della banca, 628 s.; D.U. SANTOSUOSSO, Covenants finanziari, 641; L. BENEDETTI, La responsabilità, 421 s., che distingue l’ipotesi dell’ingerenza
gestionale da quella in cui la banca agisce come consulente, ovvero assume l’incarico di
financial advisor; sulla distinzione tra la qualifica di amministratore di fatto ascrivibile
ad una società e l’attività di direzione e coordinamento, Trib. Milano, 27 febbraio 2012.
È bene chiarire che, per aversi amministratore di fatto, è necessaria l’assunzione integrale delle prerogative tipiche dell’amministratore e non soltanto di alcune: ancora, A.
NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 441; A. VICARI, 506 s., per il quale è necessario l’esercizio di funzioni gestorie effettive, con carattere sistematico; nonché, F. GALGANO e G. SBISÀ, 187; perciò è tendenzialmente da escludere un’evenienza
del genere rispetto alla capofila, anche alla luce del fatto che la presunta attività di amministrazione di fatto viene sovente svolta per mezzo di direttive riservate ed informali,
oggetto di puntuale attuazione da parte degli amministratori di diritto. Cfr. E. RIMINI, 55
ss., spec. 58 s.; amplius, in argomento, N. ABRIANI, 138 ss.
215
Per il ricorso all’analogia iuris, P. CUOMO, 225 ss., a parere del quale possono applicarsi i principi generali di cui la disciplina dell’attività di direzione e coordinamento è
espressione e, fra questi, rientra quello di corretta gestione imprenditoriale, quale criterio
di liceità nell’esercizio del potere di eterodirezione (regola che non si basa sul coordinamento inter-imprenditoriale, elemento assente nel controllo da credito ed essenziale nella
regolamentazione posta dagli artt. 2497 ss. c.c., da cui deriva uno dei principali ostacoli
all’applicazione strettamente analogica di tali norme al caso de quo).
216
È la tesi di A. MAZZONI, Capitale, 525 ss. e 535 ss., che individua una responsabilità
per abuso di controllo non solo nell’art. 2497 c.c., ma altresì nell’art. 2476, comma 7°, c.c.
217
Nel senso che una situazione oggettiva di dipendenza finanziaria è necessaria, ma
non di per sé sufficiente: in questo ordine di idee, E. RIMINI, 64 ss., per il quale uno dei
referenti normativi in merito è costituito inevitabilmente dalla disciplina della subfornitura; e, anche per riferimenti alla tesi contraria e qualificata come tradizionale, P. CUOMO,
101 ss., 111 ss. e 182 s.; nonché, F. ANGIOLINI, 77 ss.
Si intende dire che la vita dell’impresa può anche dipendere da quel finanziamento e
da quella determinata banca che glielo ha erogato, per l’entità del prestito e per la situazione in cui versa l’impresa, ma ciò non significa che la banca realmente eserciti un’influenza dominante sul soggetto finanziato (ovvero, ed a maggior ragione, che sia, in astratto, in grado di esercitarla). È ovvio che se si ritenesse sufficiente la sola soggezione
economica, la soluzione sarebbe destinata a mutare (e v. P. CUOMO, 114 ss.).
218
Come sembrano prediligere, P. FERRO-LUZZI e P. MARCHETTI, 423, secondo i
LA BANCA CAPOFILA
227
più di ieri preferibile alla luce della sussistenza della presunzione – benché
relativa – di eterodirezione sancita dall’art. 2497-sexies c.c. 219. Viceversa,
una relazione di dominio potrebbe essere prospettabile ove ricorra, all’interno del prestito, una serie di pattuizioni tali da attribuire ai cofinanziatori
un’incidenza rilevante sulla gestione dell’impresa sovvenuta.
Un siffatto percorso pone due problemi: il primo, comune anche ai casi in cui l’erogazione proviene da una singola banca, attiene all’individuazione delle pattuizioni rilevanti ai fini della configurazione di un’influenza dominante del finanziatore. Il secondo, invece, specifico dei prestiti sindacati, concerne la possibilità di riconoscere ugualmente un legame di controllo quando il relativo potere è rimesso nelle mani di una pluralità di soggetti 220, naturalmente coordinati tra loro 221.
quali nel controllo esterno non rileva più il dato potenziale, bensì quello fattuale; M.
LAMANDINI, Il “controllo”, 53; E. RIMINI, 35 ss., che reputa necessaria un’influenza dominante effettiva; Giul. SCOGNAMIGLIO, Autonomia, 105 ss., spec. 110 ss., per la quale la
dipendenza economica è un dato della realtà pregiuridica e, perciò, rilevante, al più, ai
fini del rafforzamento del vincolo contrattuale e dell’influenza; M.S. SPOLIDORO, 483 s.,
che si spinge sino a postulare la necessità di una soppressione o di un vero condizionamento dell’autonomia della volontà della società dipendente; ma v. le diverse (e meno
rigide) valutazioni di: L. SCHIUMA, 44 ss. e 109 ss., che fa riferimento ad una valutazione
prognostica circa la dipendenza di una società verso la sua controparte contrattuale, rendendo utile l’applicazione della disciplina del controllo; P. CUOMO, 147 ss.
La realtà dei fatti mostra, invero, che è molto difficile enucleare, in linea generale,
quali siano le condizioni per aversi controllo contrattuale, dipendendo ciò dal singolo
caso concreto, quand’anche si ruoti intorno al concetto di influenza dominante, comune
alle ipotesi di controllo interno. In proposito, A. MUSSO, Il controllo, 33 ss., ad avviso
del quale il vincolo contrattuale consiste nella possibilità di determinare stabilmente la
politica produttiva o commerciale dell’altra, condizionandone di fatto le scelte di mercato, incidendo sulla stessa sopravvivenza economica della dominata; Cass., 27 settembre
2001, n. 12094, secondo cui il controllo esterno postula l’esistenza di determinati rapporti negoziali in grado di condizionare l’esistenza e la sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata; nello stesso senso, Trib. Palermo, 3 giugno 2010; e già,
Trib. Milano, 28 aprile 1994.
219
Sembra più coerente, cioè, propendere per una nozione di controllo effettivo rispetto alla presunzione (iuris tantum) di esercizio da attività di direzione e coordinamento, perché non basterebbe, di certo, una mera situazione di controllo potenziale.
220
Ipotesi chiaramente distinta da quella del c.d. controllo plurimo: G. SBISÀ, sub art.
2359, 497, per il quale il caso tipico è quello della società controllata sia dalla capogruppo che dalla controllante intermedia; nonché dal comune controllo: V. CARIELLO, Dal
controllo, 4 s., nt. 7.
221
Aspetto su cui insiste, ai fini dell’identificazione della fattispecie, V. CARIELLO,
Dal controllo, 13 s., ad avviso del quale solo una collaborazione certa tra i “contitolari
228
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Quanto al primo dei due profili segnalati, sovente si rinviene nei covenants una fonte in grado di ascrivere in capo alla banca creditrice una posizione d’ingerenza idonea ad attribuirgli il dominio dell’impresa 222, con
conseguente presunzione dell’esistenza di un’attività di direzione e coordinamento. Mentre sussiste una certa concordia sulla costruzione astratta
di una simile ipotesi, al contrario, diventa difficile riscontrare univocità di
pensiero quanto all’individuazione delle pattuizioni essenziali per intravedere gli estremi di una eterogestione da credito. Ciò si deve al fatto che
le convenzioni emergenti nella prassi sono le più disparate, essendo la categoria in sé alquanto composita 223.
del controllo”, imposta dai vincoli negoziali conclusi tra loro, può far «conseguire l’esercizio del potere di influenza qualificata idoneo a esprimere l’esistenza di un controllo
congiunto».
222
Tra gli altri, D. GALLETTI, 39, per il quale l’articolata struttura dei covenants «potrebbe esser di per sé tale da vincolare la politica finanziaria della società affidata sino al
punto di rinvenire, per ciò soltanto, una situazione di dominazione»; R. PENNISI, La responsabilità della banca, 628 s., secondo cui, a differenza del contratto di dominio, il
covenant non ha come oggetto l’attribuzione del potere di esercitare l’attività di direzione, ma l’acquisizione dell’influenza dominante si produce indirettamente, quale effetto di
un accordo di diversa natura e contenuto.
223
Questi patti sono stati oggetto di svariate classificazioni, anche perché si tratta di
un fenomeno in costante evoluzione: lo segnala, A.D. SCANO, 93.
Appunto per tale motivo, riceve ampia condivisione una distinzione di base, tra convenzioni positive e negative, in aggiunta a quelle di natura informativa: con specifico
riguardo ai prestiti in pool, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 25 ss., spec. 27 ss.; in Inghilterra, S. HURN, 55; nel contesto generale dei finanziamenti bancari, sindacati e non, A.
MAZZONI, Capitale, 526; R. PENNISI, La responsabilità della banca, 632, testo e nt. 30;
A.D. SCANO, 93 ss.; diversamente, per la suddivisione tra covenants finanziari e non,
D.U. SANTOSUOSSO, Covenants finanziari, 639 s.
Anzitutto, possono ricorrere obblighi di natura finanziaria, nella misura in cui il richiedente deve mantenere certi livelli prefissati d’indebitamento (financial covenants),
entro i quali si presuppone sia consentito il pagamento degli interessi ed il rimborso del
capitale. A ciò si aggiungono penetranti doveri informativi, quali, ad esempio, quello di
inviare il bilancio alla capofila una volta approvato, in modo da permettere al sindacato
di controllare il rispetto dei livelli finanziari prefissati (financial information covenants).
Altra categoria è rappresentata dai cc.dd. financial arrangements, riguardanti aspetti tecnici del prestito, quali la valuta, l’ammontare, il versamento ed il rimborso delle somme:
per qualche spunto, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 765 e 768 s.
Ancor più a monte operano le clausole denominate conditions precedent (in merito,
M.E. MORÁN GARCÍA, 76 ss.), tramite le quali sono indicati taluni requisiti, cui è sottoposta la concessione del credito da parte delle banche, i quali devono essere preliminarmente soddisfatti dal borrower; in particolare, il richiedente deve procurare varie
indicazioni sulla sua costituzione, capacità giuridica, poteri et similia, fornendo appo-
LA BANCA CAPOFILA
229
Pure nell’ottica della necessità di una prova rigorosa dell’esistenza effettiva di un controllo da parte della banca 224, appare ragionevole ritenere
che si debba trattare, di regola, di convenzioni tramite le quali si consente
al creditore di incidere sulla nomina della totalità o della maggioranza degli
amministratori della società finanziata 225, essendo, per contro, di per sé insufficienti, ai fini della sussistenza di una situazione di dominio, gli obblighi di natura finanziaria e patrimoniale, al pari di quelli informativi 226.
sita documentazione. Si pensi, ad esempio, al dovere di consegnare la delibera del consiglio di amministrazione concernente la decisione di richiedere il prestito sindacato.
Accanto a queste pattuizioni, vi sono i cc.dd. representations and warranties, che pure riguardano lo status del richiedente: si ponga mente alle dichiarazioni circa il tipo di
società, l’assenza di procedure concorsuali e via discorrendo: al riguardo, T. BROCAS,
122 ss., che segnala l’inefficacia di tali previsioni sotto il profilo della sanzione scaturente dalla loro inosservanza. Esiste, però, una certa confusione riguardo a queste pattuizioni
ed alla loro distinzione, essendo spesso considerate unitariamente (e v. M.E. MORÁN
GARCÍA, 121, nt. 298); fino a formare un’unica clausola anche con i covenants (così, P.
GABRIEL, 50 ss.).
Sono, invece, destinate a preservare i beni dell’azienda talune restrizioni inerenti alla
facoltà di disporre di alcuni cespiti da parte dell’impresa (asset disposal covenants), ovvero a quella di procedere ad operazioni straordinarie. In quest’ottica, si è osservato che
la disciplina fondamentale delle cc.dd. garanzie negative è racchiusa nell’art. 1379 c.c.:
G. PIEPOLI, Le «garanzie negative», 425 ss.; nella sua scia, U. PATRONI GRIFFI, 605 s;
impostazione differente, in passato, è stata avanzata da M. BACCIGALUPI, Note sul contratto di finanziamento, 114, secondo cui il problema dell’intrasferibilità dei beni
dell’impresa o delle partecipazioni sociali della società finanziata non si pone, se non in
modo secondario e riflesso, perché si verificherebbe piuttosto una situazione opposta,
ossia un’esaltazione alla circolazione dei beni, essendo il finanziato obbligato ad utilizzarli ed a disporne, sia pure in un’unica forma di reimpiego.
224
E v. A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 441; già, in termini
analoghi, A. MAZZONI, Capitale, 539 s., per il quale l’abuso va ricercato nel concreto
esercizio del diritto, prescindendo dalla sua configurazione statica, al ricorrere di un
comportamento colpevole da accertare con criteri estremamente rigorosi.
225
È bene chiarire che la facoltà di nomina degli amministratori della società dipendente rappresenta la via più frequente per instaurare una situazione d’influenza dominante, ma non è certamente l’unica: per tutti, U. TOMBARI, Il gruppo, 41 ss., spec. 52 s.
226
A favore di questa ricostruzione, P. CUOMO, 152 ss., il quale reputa rilevante anche l’ipotesi della designazione di amministratori titolari di particolari cariche di rilevanza centrale nella gestione dell’impresa societaria, nonché il caso del creditore cui è conferito il potere di veto su ogni operazione di utilizzo del conto corrente della società debitrice. Altre clausole, a giudizio dell’A., possono essere idonee ad attribuire una posizione
di controllo, ove opportunamente cumulate tra loro (156), mentre irrilevanti sono, fra le
altre, quelle che subordinano la permanenza del finanziamento ad un determinato assetto
proprietario, denominate change of control clauses (154).
230
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Il secondo profilo problematico testé accennato è assai più complesso
ed attiene alla configurabilità del controllo in presenza di una pluralità di
soggetti. L’alternativa che qui interessa – lo si può già anticipare – non è
quella di vertice circa l’ammissibilità o meno in assoluto del controllo
congiunto, per poi predicarne l’eventuale consistenza nel caso di specie;
bensì un’altra, volta alla verifica di una possibile imputazione (esclusiva)
del controllo alla banca agente, passando per la partecipazione al finanziamento in pool, in vista dell’applicabilità dell’art. 2497 c.c.
Come noto, la problematica del controllo congiunto è alquanto controversa e dibattuta, in presenza di un atteggiamento del legislatore certamente non univoco 227. Se, da un lato, la disciplina bancaria non prevede più la possibilità di attribuire, in caso di controllo tramite patti parasociali, la qualifica di controllante a ciascuno dei partecipanti al sindacato 228; dall’altro, nella normativa antitrust, permane il riferimento all’ipotesi in cui il dominio sia esercitato da più soggetti congiuntamente, con
acquisizione dello stesso anche da parte di un gruppo di persone o di imprese (art. 7 l. n. 287/1990) 229. Né si può enfatizzare il carattere settoriale
227
La tesi negativa volge al sostanziale disconoscimento del controllo congiunto, ovvero a marginalizzarne la portata, qualificandolo come ipotesi eccezionale rispetto alla
regola di diritto comune del controllo monocratico di cui all’art. 2359 c.c.: R. COSTI, I
sindacati, 32; P. MARCHETTI, Note, 7 ss.; G.A. RESCIO, 695 ss.; G. SBISÀ, sub art. 2359,
487 ss., spec. 495 ss.; M.S. SPOLIDORO, 487 ss.; Trib. Milano, 19 dicembre 1986.
Al contrario, l’opinione liberale tende ad attribuire rilevanza generale al controllo congiunto ed alle discipline settoriali che lo prevedono, riportandole nell’alveo della nozione
codicistica: M. LAMANDINI, Il “controllo”, 106 ss. e 145 ss.; ID., Commento agli artt.
2359-2359-quinquies, 401 ss.; V. CARIELLO, “Controllo congiunto”, 82 ss., spec. 144 ss.;
N. RONDINONE, I gruppi, 433 ss. e 466 ss.; favorevole si mostra, altresì, E. RIMINI, 117 s.
228
Si veda l’attuale art. 23 Tub, il cui antecedente (art. 27, comma 2°, l. n. 287/1990,
ora abrogato) già non prevedeva più la possibilità di un’imputazione indifferenziata del
controllo (espressione di V. CARIELLO, “Controllo congiunto”, 185 ss.), nella versione
modificata dall’art. 16 d.lgs. 14 dicembre 1992, n. 481 (per l’analisi di siffatte modifiche,
G. SBISÀ, sub art. 2359, 488 ss.).
Nello stesso senso si esprime l’art. 93, comma 1°, lett. b), Tuf, in virtù del quale sono
considerate controllate le imprese su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; regola giudicata espressione di un principio generale da G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 288.
229
Sia questa norma che le altre, di analogo tenore, dettate in tema di antitrust (alcune, nel frattempo, abrogate: ad esempio, l’art. 37 l. n. 223/1990, in tema società radiotelevisive) non sono state comunque ritenute sufficienti a formare un sottosistema compiu-
LA BANCA CAPOFILA
231
di tali disposizioni, giacché proprio l’evoluzione legislativa ha portato
all’introduzione dell’art. 2341-bis, comma 1°, lett. c), c.c., dove è contemplata espressamente l’ipotesi di patti parasociali il cui oggetto o effetto è quello di esercitare, anche in via congiunta, un’influenza dominante
su un’altra società. Di qui, un riferimento normativo puntuale anche all’interno del codice civile, tale da aprire un varco a quelle impostazioni
volte a confinare il problema del controllo congiunto alle esigenze ed alle
rationes singolari della legislazione speciale, per contrastarne l’ammissibilità in seno alla nozione generale di cui all’art. 2359 c.c. 230.
A ben riflettere, però, si può prescindere da questa disputa se si opera
una netta distinzione tra due situazioni differenti, emergente proprio dai
dati normativi appena citati. Una cosa è, invero, l’imputazione del controllo a vantaggio di una pluralità di soggetti, cui si riconosce l’esercizio,
in regime di contitolarità, di un’influenza dominante per effetto degli accordi tra loro stipulati, eventualità senza dubbio particolarmente controversa. Un’altra, ben diversa, è l’acquisizione della qualità di controllante
in testa al singolo che, per il tramite di particolari convenzioni concluse
con altri, riesce da solo ad esercitare il dominio su di un’impresa 231. Ebbene, non vi è motivo alcuno di negare questa seconda ipotesi, poiché si
tratta senza dubbio di un’evenienza contemplata dall’ordinamento, non
solo settoriale, vuoi perché oggi l’art. 2341-bis, comma 1°, lett. c), c.c. finisce per prevederla 232; vuoi perché, prescindendo dalla fonte da cui scaturisce l’influenza dominante, la sua titolarità monocratica rientra a pieno
titolo nella fattispecie presa in considerazione dall’art. 2359 c.c. 233.
to: è il giudizio di G.A. RESCIO, 705 s., che argomenta specialmente dall’evoluzione storica e normativa del fenomeno.
230
E v. P. CUOMO, 159 s., che richiama anche l’art. 122, comma 5°, lett. d), Tuf; M.
LAMANDINI, Commento agli artt. 2359-2359-quinquies, 401, che invita, comunque, a
non sopravvalutare il dato letterale, fermo restando l’impatto sistematico del nuovo art.
2341-bis, comma 1°, lett. c), c.c.
231
In luogo di molti, V. CARIELLO, “Controllo congiunto”, 179 ss.; ID., Dal controllo, 21 ss., che distingue la questione dell’imputazione individuale o cumulativa del controllo congiunto, da quella, a monte, tipologica e sistematica.
232
Si può, all’evidenza, discutere se tale norma consenta l’imputazione della qualità
di controllante a tutti gli appartenenti al patto, ma non si può certamente mettere in discussione l’acquisto della qualifica di soggetto controllante in capo al soggetto che da
solo è in grado, attraverso il sindacato, di esercitare un’influenza dominante.
233
Tanto è vero che viene riconosciuta anche da chi respinge la generale ammissibili-
232
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Poste le necessarie premesse, allora, il punto che qui importa indagare
è se la capofila possa dirsi controllante (esclusiva) dell’impresa finanziata
sulla base della convenzione interbancaria, al fine dell’applicazione dell’art. 2497 c.c. 234. Ad un simile quesito non può ovviamente darsi una risposta unitaria, poiché è naturale che ciò dipende dal caso concreto e, in
particolare, dalla partecipazione assunta dalla banca agente in seno al sindacato e dai poteri che la stessa, per l’effetto delle disposizioni convenzionali, può esercitare 235. Sovente la lead manager è quella che assume
la quota più elevata all’interno del finanziamento e se si tratta di una partecipazione di maggioranza (assoluta), ne può conseguire una situazione
di controllo, al ricorrere di una seconda condizione. Ossia che le decisioni
relative ai covenants necessari all’esercizio del dominio non siano pattiziamente rimesse alla maggioranza qualificata delle banche appartenenti
al sindacato, bensì a quella semplice 236, anche tenendo conto che si tratta
tà del controllo congiunto: ad esempio, G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 288,
testo e nt. 11; P. MARCHETTI, Note, 14 ss.; G.A. RESCIO, 696 e 706 s., secondo cui l’attribuzione della qualifica di controllante a colui che, in base agli accordi con gli altri soci, riesce da solo a controllare la società è un risultato cui si può giungere già in forza
dell’art. 2359 c.c.; G. SBISÀ, sub art. 2359, 490, per il quale il partecipante ad un sindacato di controllo può essere considerato controllante unicamente se, in base al concreto
regolamento intercorso tra le parti, dispone dei voti necessari ad esercitare un’influenza
dominante nell’assemblea ordinaria.
A fortiori, tale esito è raggiunto da coloro che ammettono il controllo congiunto e che
sono propensi, in linea di principio, all’applicazione di un criterio di imputazione selettiva del controllo per le coalizioni funzionanti a maggioranza: V. CARIELLO, “Controllo
congiunto”, 119 s.; ID., Dal controllo, 33 s.; M. LAMANDINI, Note, 1091 ss.; N. RONDINONE, I gruppi, 469.
234
Fermo restando che tale norma potrebbe essere ugualmente applicabile, ove si ritenesse concesso prescindere dalla presunzione dettata dall’art. 2497-sexies c.c., dinanzi
ad ipotesi che sul piano effettuale finiscano per tradursi in eterodirezione, vista anche la
rilevanza della disciplina de qua in termini di mero fatto: V. CARIELLO, Dal controllo, 37
ss., che reputa prospettabile, altresì, un’attività di direzione e coordinamento congiunta
nella disponibilità, ma solitaria nell’attuazione; M. RESCIGNO, 333 s., che propende sin
da subito per una lettura allargata dei soggetti nei cui confronti esperire l’azione ex art.
2497 c.c.; cfr., altresì, i primi rilievi di G. GUIZZI, 211.
235
Costituisce, del resto, una quaestio facti a monte la sussistenza del controllo contrattuale da covenant: R. PENNISI, La responsabilità della banca, 630.
236
V., tuttavia, P. CUOMO, 161 ss., a parere del quale la sistematica presenza, nei finanziamenti in pool, di accorgimenti procedurali volti a coordinare il comportamento dei
cofinanziatori consente di ravvisare una fattispecie di controllo congiunto di tipo contrattuale e – se si è ben inteso – di imputazione plurisoggettiva, sebbene l’A. non manchi di
LA BANCA CAPOFILA
233
della regola residuale operante in materia secondo la ricostruzione qui effettuata 237. In circostanze del genere, pertanto, la capofila può trovarsi da
sola ad assumere la posizione di controllante con conseguente responsabilità in caso di abuso da attività di direzione e coordinamento, al ricorrere dei relativi presupposti 238.
Il dubbio che resta è, tuttavia, sulla concreta applicabilità dell’abuso
da eterodirezione, anche perché la prassi dei prestiti sindacati sembra mostrare un’ampia (e sistematica) diffusione di covenants di vario tipo, ma
raramente di quelli che finiscono davvero per attribuire alla capofila un’ingerenza nella gestione dell’impresa 239. Senza contare che, talvolta, le facoltà di cui si dispone non vengono, in fatto, sfruttate 240. E ciò perché
l’uso dei covenants ha di mira, in chiave fisiologica, il rafforzamento della garanzia del credito da rimborso del finanziamento, anche attraverso
strumenti di pressione (es. poteri autorizzativi, anche in materia gestoria)
che, poi, in concreto potrebbero non essere attuati, almeno non in modo
costante, con conseguente esclusione di un’attività da direzione e coordinamento 241. Piuttosto, potrebbe essere più facile giungere all’applicaziorilevare come una veste predominante sia assunta dalla capofila, quale titolare della quota maggiore del prestito, riservando un ruolo meno attivo alle banche partecipanti, le quali si limitano ad aderire alle proposte di deliberazione provenienti dalla lead bank (47).
Il punto è proprio quest’ultimo: la mera adesione dei cofinanziatori può essere
l’inevitabile conseguenza della struttura del pool, là dove la maggioranza per quote di
interesse, sufficiente per adottare talune decisioni, potrebbe appartenere alla sola banca
agente. Cfr., altresì, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 41, secondo cui il dominio può essere esercitato dalla banca agente per conto dell’intero pool di finanziatori.
237
E v. supra al § 3 di questo Capitolo.
238
Sui quali non è pensabile di soffermarsi nel contesto del presente lavoro.
239
In tale direzione, a quanto consta, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 48, che ricavano
l’assenza dell’eterodirezione dalla funzione assolta dai covenants.
240
Per considerazioni del genere, R. PENNISI, La responsabilità della banca, 637 s., il
quale segnala anche una serie di altri inconvenienti, tra cui l’interesse della banca a non
pattuire situazioni di dominio, ovvero a non farle emergere, anche attraverso accordi di
segretezza; contra, P. CUOMO, 150 s., secondo cui la situazione non è dissimile da quella
del socio di controllo, nel senso che l’acquisto di stringenti poteri di condizionamento
dell’organizzazione societaria comporta dei costi tali da far scattare, di regola, l’effettivo
esercizio dell’influenza dominante.
241
Non lontano, A. MUSSO, Il controllo, 39 s., il quale, già ai fini del controllo, ritiene che gli strumenti di tutela del credito erogato possono essere considerati rientranti nella normalità funzionale degli accordi presi.
Per altro verso, anche se si tratta di riflessione abbastanza ovvia, è evidente che,
234
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ne dell’art. 2497 c.c., qualora alla banca sia stato rilasciato un pegno sulla
totalità o maggioranza delle partecipazioni sociali dell’impresa finanziata 242.
Resta ferma, nondimeno, un’ulteriore prospettazione: vale a dire la possibilità di applicare l’art. 2497, comma 2°, c.c. alla banca agente, qualora
prenda parte al fatto lesivo, ossia all’altrui comportamento illegittimo, ovvero ne tragga consapevolmente beneficio, nei limiti del vantaggio ottenuto 243. Si tratta, cioè, di riconoscere la responsabilità della capofila che contribuisce all’azione scorretta della società controllante, ovvero ne riceve
scientemente vantaggio, in pregiudizio della controllata, destinataria del
prestito in pool. Basti pensare all’ipotesi in cui il finanziamento viene adoperato, in concreto, per favorire il consolidamento di alcune garanzie prestate a favore della banca leader, oppure per estinguere pregresse esposizioni di quest’ultima, come accaduto proprio nel citato caso della Cirio 244.
quando controllo vi sia, non ha comunque rilevanza l’istruzione isolata, poiché si resta al
di fuori dell’esercizio di un’attività (da direzione e coordinamento): R. PENNISI, La responsabilità della banca, 633.
242
È frequente l’ipotesi della concessione del pegno sulle partecipazioni sociali detenute dalla controllante, a volte anche come condizione per la successiva erogazione del
finanziamento in pool: Trib. Bari, 9 dicembre 2005. D’altro canto, anche il rilascio di
una garanzia pignoratizia che non riguarda un pacchetto di maggioranza può consentire
di intravedere una situazione di controllo (e la conseguente presunzione di eterodirezione) in presenza di altre convenzioni particolari, come gli stessi covenants.
L’ipotesi di cumulo tra covenants e pegno attiene pur sempre al controllo da parte del
medesimo soggetto, ossia della banca agente (secondo quanto appena evidenziato nel testo,
rispetto al problema del controllo congiunto), dovendosi perciò distinguere dal caso del
dominio da parte di differenti controllanti e diverse fonti, su cui v. E. RIMINI, 115 ss., che
per descrivere tale eventualità adotta la formula di «controllo plurimo eterogeneo».
243
Prospettiva presa in considerazione da: G. GIANNELLI, 617 s.; R. PENNISI, La responsabilità della banca, 628, nt. 6; A. VICARI, 508 s., che fa l’esempio della banca che
sollecita la controllante a farsi rilasciare prestiti da utilizzare per ripianare il debito nei
suoi confronti; amplius, distinguendo le due possibili situazioni della banca “parassita” e
di quella “fiancheggiatrice”, L. BENEDETTI, La responsabilità, 434 ss. e 439 ss.
Per un esame delle ipotesi di estensione della responsabilità ex art. 2497, comma 2°,
c.c., anche per altri riferimenti, A. VALZER, 87 ss., spec. 158 ss. e 184 ss., che accenna anche al caso di compartecipazione della banca ad una più vasta attività di scorretto finanziamento (165 s.); amplius, L. BENEDETTI, La responsabilità “aggiuntiva”, 48 ss. e 139 ss.
244
Altra e differente situazione (tratta dalla giurisprudenza statunitense e riportata,
insieme ad altre ipotesi, da A. MAZZONI, Capitale, 538) attiene al caso in cui la banca
indica all’impresa quali creditori soddisfare, facendo in modo di ricavare beneficio dal
pagamento.
LA BANCA CAPOFILA
235
Da tali esempi, emerge la possibilità di intravedere il concorso della capofila nel comportamento illecito posto in essere dalla holding, ipotizzando
un più agevole ricorso alla disciplina della responsabilità da attività di direzione e coordinamento quando il prestito sindacato riguarda un’impresa
appartenente ad un gruppo, rispetto al caso della società finanziata monade.
In tali circostanze, pertanto, la banca agente finisce per servirsi dell’eterodirezione già esercitata da altri (vale a dire dalla capogruppo) e, perciò, il
ruolo dei covenants non è quello di attribuire alla lead manager un potere
del genere, ma semmai di favorirne il monitoraggio dell’impresa finanziata
nel particolare contesto del gruppo societario 245.
Sia pure nei ristretti limiti appena evidenziati, quindi, le ipotesi di responsabilità rinvenibili nell’art. 2497 c.c. si intrecciano con quelle (di indole contrattuale) derivanti dalla violazione degli obblighi convenzionali
assunti da parte della banca agente, tanto nei confronti del cliente, quanto
nei riguardi dei cofinanziatori, in base alla ricostruzione più sopra svolta
prendendo le mosse dal mandato e dall’art. 2608 c.c. 246. Sussistono, però,
delle rilevanti peculiarità nel caso dell’abuso da eterodirezione (nelle sue
245
Al riguardo, G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 54 ss., che distinguono le ipotesi di responsabilità della banca quale esercente attività di direzione e coordinamento, ovvero in
quanto compartecipe dell’azione scoretta posta in essere dalla parent company.
246
Questo significa che, sotto il profilo della natura della responsabilità (e delle conseguenti regole applicabili), non vi sarebbe di certo un vantaggio rispetto all’abuso da direzione e coordinamento, sempre che a quest’ultima si voglia riconoscere carattere di illecito ex contractu. A favore della soluzione positiva, con argomentazioni non sempre
coincidenti, V. CARIELLO, Commento all’art. 2497, 1864 s.; ID., Direzione, 1243 ss.; C.
CASTRONOVO, La nuova, 154 ss.; M. RESCIGNO, 335, che ravvisa l’esistenza di un dovere fiduciario dei soggetti responsabili; A. PAVONE LA ROSA, Nuovi, 770; R. SACCHI, Sulla responsabilità, 668 ss., spec. 670 s., che ritiene sistematicamente più coerente tale tesi,
in luogo di quella aquiliana, pur rilevando degli spunti testuali favorevoli a quest’ultima;
Giul. SCOGNAMIGLIO, Poteri, 194 s., che segnala il passaggio dall’illecito aquiliano a
quello ex art. 1218 c.c.; U. TOMBARI, Riforma, 69, il quale si basa sulla violazione di obblighi legali preesistenti; nonché, Al. DI MAJO, 544 ss.; S. GIOVANNINI, 87 ss.; A. VALZER, 13 ss., nt. 22; Trib. Milano, 17 giugno 2011; già, M. MIOLA, Il diritto, 158 ss., spec.
161, che reputava preferibile configurare, prima della riforma, in prospettiva de iure
condendo, la responsabilità della capogruppo come «responsabilità per esercizio della
direzione unitaria».
Di avviso contrario, anche per riferimenti alle varie posizioni, F. GALGANO e G. SBISÀ, 168 ss. e 182 ss.; cfr., altresì, per alcune pronunce giurisprudenziali, Trib. Palermo,
15 giugno 2011; Trib. Pescara, 16 gennaio 2009, secondo cui l’art. 2497 c.c. codifica,
con evidenza, un illecito aquiliano; Trib. Napoli, 28 maggio 2008; Trib. Roma, 13 settembre 2007; Trib. Roma, 17 luglio 2007.
236
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
declinazioni), tra le quali spicca l’esplicita legittimazione degli organi
fallimentari (nelle varie circostanze regolate dall’art. 2497, comma 4°,
c.c.) all’esercizio dell’azione a tutela dei creditori per la lesione cagionata
all’integrità del patrimonio sociale (della società finanziata). Tale profilo
differenziale potrebbe, tuttavia, essere ridimensionato, nel momento in
cui sia possibile raggiungere analogo risultato in via interpretativa 247, ovvero allorché la tutela del ceto creditorio rimanga assorbita dall’azione
esperita dalla stessa impresa finanziata, pure all’interno delle procedure
concorsuali. Evenienza che dovrebbe ammettersi, nel caso de quo, quando la violazione da parte della banca leader delle prescrizioni legali e convenzionali sopra individuate sia fonte di pregiudizio per il richiedente 248.
10. Dalla responsabilità alla revoca della capofila. – Al tema della
responsabilità della capofila finisce inevitabilmente per ricollegarsi quello della sua revoca 249, poiché tale rimedio potrebbe essere attivato dalle
247
Seguendo la medesima prospettiva di indagine adottata con riferimento alla concessione abusiva di credito per riconoscere la legittimazione del curatore all’esercizio dell’azione a tutela dei creditori: per tutti, anche per riferimenti, P. PISCITELLO, Concessione abusiva, 667 ss.
248
In verità, come noto, nel quadro della responsabilità ex art. 2497 c.c., è discussa la
legittimazione della società controllata ad agire verso la controllante: per la tesi negativa, P.
ABBADESSA, La responsabilità, 281 ss., che reputa illuminanti in proposito i lavori preparatori; Al. DI MAJO, 546 ss., che prende le mosse dal comune rilievo della necessità di scongiurare il rischio di un doppio risarcimento; F. GALGANO e G. SBISÀ, 191, secondo cui i
veri interessati ad agire sono appunto i creditori sociali ed i soci di minoranza, sebbene in
alcuni casi peculiari possa immaginarsi un’azione della società eterodiretta ex art. 2043 c.c.;
R. PENNISI, La legittimazione, 1634 ss., che riesamina criticamente i vari argomenti addotti
dalla tesi affermativa.
Cfr., altresì, per la posizione intermedia che riconosce alla società eterodiretta una legittimazione ad agire secondo le norme di diritto comune, N. RONDINONE, Società, 614;
R. SACCHI, Sulla responsabilità, 667 s., che si riporta ai principi generali attraverso cui
già prima della riforma poteva pervenirsi a soluzione positiva.
All’opposto, per l’ammissibilità dell’azione ex art. 2497 c.c. anche da parte della
dominata: V. CARIELLO, Commento all’art. 2497, 1872 ss., secondo cui non può che trattarsi della «primaria fruitrice» del rimedio risarcitorio approntato; C. CASTRONOVO, La
nuova, 156; F. GUERRERA, «Compiti», 512 ss.; S. PATTI, 358; M. RESCIGNO, 334; Giul.
SCOGNAMIGLIO, Danno, 964 ss.; Trib. Milano, 20 dicembre 2013.
249
Tecnicamente, si tratta di un recesso secondo l’opinione generalmente condivisa
in materia: A. LUMINOSO, Mandato, 453; G. MINERVINI, Il mandato, n. 76, 182 ss.; L.
NANNI, La revoca del mandato, 16 ss., che rileva, però, la particolarità della revoca del
LA BANCA CAPOFILA
237
banche partecipanti proprio per reagire alle inadempienze della banca
agente.
La ricostruzione del regime della revoca si presenta assai complesso
per via di una serie di norme passibili prima facie di fare al caso di specie 250. Fra queste, la prima a venire in rilievo è rappresentata dall’art. 1726
c.c., avente ad oggetto la fattispecie del c.d. mandato collettivo 251. Il richiamo a questa disposizione è imposto dalla stessa disciplina consortile 252, poiché a tale prescrizione sembra fare riferimento l’art. 2609,
comma 2°, c.c., allorché stabilisce che il rapporto di mandato conferito
per l’attuazione degli scopi del consorzio cessa nei confronti del membro
receduto o escluso, anche quando sia stato rilasciato con un unico atto 253.
mandato a tempo indeterminato, per la sua indubbia funzione volta a fissare il termine
finale del rapporto; cfr., altresì, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 135, a parere del quale
si tratta di questione prettamente terminologica; G. IUDICA, Impugnative contrattuali,
177; Gia. VILLA, Inadempimento e contratto plurilaterale, 118; diversamente, G. BAVETTA, 367, che riporta le varie teorie esistenti e ritiene trattarsi di una vera e propria
causa di scioglimento.
250
Resta ferma, come ovvio, la naturale estinzione del mandato in seguito a quella
del finanziamento: M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 216.
Si tratta di un naturale effetto delle due ipotesi di collegamento negoziale individuate
in precedenza tra designazione della capofila e convenzione interbancaria e fra quest’ultima ed il prestito concesso (e v. supra al § 8, Capitolo Secondo), per cui è chiaro che se
viene meno il negozio di finanziamento ne consegue una reazione a catena sul patto di
sindacato e, per l’effetto, sull’incarico affidato alla banca agente.
251
Al riguardo, si è ritenuto che possano, in linea astratta, ricorrere due situazioni: il
mandato plurimo e quello collettivo, secondo quanto rilevato da G. SCORZA, Finanziamenti, 164 s.; in termini più netti, invece, nel diritto spagnolo, M.T. DE GISPERT PASTOR,
75 s., che distingue l’irrevocabilità por naturaleza e quella por pacto, reputando sussistente la prima delle due proprio nel caso di mandato collettivo, come accade con la designazione della capofila; diversamente, a quanto consta, C. AMESTI MENDIZÁBAL, El
banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 151 s.
La conseguenza sul piano della disciplina risiede, come noto, nella necessità del concorso di tutti i mandanti per revocare l’incarico, salvo che ricorra una giusta causa (tra
molti, A. LUMINOSO, Mandato, 498 s.; L. NANNI, La revoca del mandato, 146 ss.; con riguardo appunto ai prestiti sindacati, M.T. DE GISPERT PASTOR, 77).
252
In luogo, ad esempio, del citato art. 2606, comma 1°, c.c., considerato rilevante
per la nomina (e v. supra al § 4 di questo Capitolo); ma a tale norma sembra farsi talvolta
riferimento anche per la revoca, richiamandosi ai principi ricavabili dal funzionamento
delle collettività organizzate: per questo ragionamento, G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi,
404, che non richiede, perciò, la giusta causa (se si è ben inteso); analogamente, A. BORGIOLI, Consorzi e società consortili, 318.
253
Per la ricostruzione di siffatta previsione, credendo appunto che si tratti di una
238
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
L’idea sottesa a questa norma è che, di regola, il mandato attribuito all’amministratore del consorzio 254, in quanto conferito da più persone con
lo stesso atto e per un affare di interesse comune, può essere revocato soltanto con la volontà di tutti i mandanti, salva la sussistenza di una giusta
causa. La prassi esistente in tema di finanziamenti in pool milita proprio
in questa direzione, attestando il conferimento attraverso il medesimo negozio e per un’operazione in compartecipazione 255.
Non sembra, per contro, che possano ricorrere gli estremi per intravedere la diversa ipotesi del mandato plurimo, sugli elementi costitutivi del
quale non sussiste, tuttavia, uniformità di vedute 256. Si tratta di fattispecie
che si ricava per differenza rispetto a quella legislativamente prevista
all’art. 1726 c.c.; e che, pertanto, dovrebbe sussistere quando si hanno più
mandati separati tra loro, ancorché vi sia interesse comune, non essendo
peraltro ostativa l’unicità documentale 257.
Chiaramente, però, se si ritiene che per aversi mandato collettivo ocderoga al disposto dell’art. 1726 c.c., E. DEL PRATO, 408 s.; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 146; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 69 s.; rispetto alla coassicurazione, per il riferimento al mandato collettivo, S. SOTGIA, In tema
di coassicurazione, 15.
254
In verità, si è evidenziato che di amministratori in senso tecnico potrebbe parlarsi
soltanto nei consorzi esterni, come sarebbe confermato dallo stesso impianto normativo:
così, G. VOLPE PUTZOLU, I consorzi, 395; poi, L. DE ANGELIS, Organi del consorzio,
360.
255
Specialmente, L.A. BIANCHI, 239; di mandato collettivo di incasso e di pagamento
parla D. CREMASCO, 158, secondo cui tale incarico non comporterebbe normalmente per
la capofila alcuna responsabilità nei confronti del cliente e delle banche sindacate in relazione ai diritti ed agli obblighi che sono all’origine di tali incassi e pagamenti.
All’opposto, per una posizione non scevra da ambiguità in quanto volta a confondere
banca agente ed arranger, G. SCORZA, Finanziamenti, 164 e 169, testo e nt. 32, che riporta la prassi di rilasciare più mandati separati alla capofila, alla stregua del paradigma
“antico” della coassicurazione, reputando utile questa modalità nel caso in cui la banca
organizzatrice intenda procedere contattando le banche una dopo l’altra, allo scopo di
farsi rilasciare i mandati – definiti «paralleli» – per quella parte di importo che ciascuna è
disposta ad assumere, fino ad arrivare a concorrenza dell’intero ammontare; analogamente, in tema di coassicurazione, S. SOTGIA, In tema di coassicurazione, 15.
256
E v., ad esempio, R. CALVO, 263, per il quale la figura ricorre nel caso di insussistenza della comunione di interessi fra i mandanti.
257
Vale a dire che si reputa configurabile l’ipotesi di una molteplicità di mandati,
sebbene conferiti con lo stesso atto: A. LUMINOSO, Mandato, 154 ss., che rileva come sia
possibile avere un’unione puramente occasionale ed esteriore di una pluralità di incarichi
sostanzialmente distinti; di recente, R. CALVO, 263.
LA BANCA CAPOFILA
239
corrano altri elementi, è ovvio come muti, per l’effetto, anche l’individuazione di quello plurimo. Ebbene, un’opinione ormai risalente richiede per
il primo anche la presenza di un altro requisito, dedotto in via interpretativa, consistente nell’obbligo pattizio del mandante di far permanere in
vita il mandato fino ad esecuzione 258. Di conseguenza, per aversi quello
plurimo basterebbe accertare l’insussistenza di un simile dovere, nonostante possano esserci i due elementi dell’affare d’interesse comune e dell’unico atto.
Proprio tale ricostruzione è stata, talvolta, recepita in tema di prestiti
sindacati, affermando che gli elementi richiesti dalla norma di riferimento
(art. 1726 c.c.) non varrebbero a separare le due figure in discorso, per la
distinzione delle quali l’elemento discretivo dovrebbe riposare sulla presenza o meno della clausola volta a tener fermo il mandato sino alla sua
integrale esecuzione 259. Questa impostazione avrebbe una notevole incidenza sul piano della disciplina della revoca, giacché condurrebbe all’esito di ritenere, in assenza di tale pattuizione, revocabile la capofila anche
da parte della singola banca consorziata e senza che debba esservi giusta
causa 260, in applicazione appunto della regolamentazione del mandato
plurimo 261.
258
La tesi è di G. MINERVINI, Il mandato, n. 77, 185 ss., spec. 189, secondo cui basterebbe altrimenti un qualsiasi alieno interesse al negozio gestorio per produrre l’irrevocabilità c.d. assoluta del mandato.
259
Così, G. SCORZA, Finanziamenti, 165.
260
Altra conseguenza di tale assunto è stata rinvenuta nella possibilità di un rendiconto unico da parte della capofila per tutte le banche interessate (in tal senso, G. SCORZA,
Finanziamenti, 165).
Al contrario, sembra che proprio nel caso di mandato collettivo, in virtù dell’affare di interesse comune, possa aversi un rendiconto unitario; circostanza tutta da verificare, invece,
nell’ipotesi in cui non vi siano gli elementi richiesti dall’art. 1726 c.c. Quanto al contenuto di
tale obbligo, accessorio e di fonte legale, si reputa che il mandatario debba presentare un
prospetto contabile relativo a tutte le attività svolte, con le rispettive entrate e uscite ed il saldo corrispondente, fornendo altresì la descrizione e la giustificazione del proprio operato con
gli eventuali documenti di appoggio. Sul punto, anche per altri riferimenti, A. LUMINOSO,
Mandato, 349 s.; G. MINERVINI, Il mandato, n. 38, 90 ss.; per la necessità di integrazione
con le norme di diritto sostanziale contenute nel codice di procedura civile, U. BELVISO, Per
una introduzione, 1263 ss.
261
In base alla quale la revoca unilaterale può prescindere dalla giusta causa, ma poi
non è affatto pacifico se l’effetto estintivo si produca o meno sull’intero rapporto di mandato (per la tesi affermativa, G. MINERVINI, Il mandato, n. 80, 198 s., a parere del quale
240
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Il ragionamento appena riportato non appare convincente, in quanto finisce per confondere l’irrevocabilità legale con quella convenzionale, là
dove un simile effetto dovrebbe derivare dalla legge, come vuole ed impone l’art. 1726 c.c., anziché in virtù di un apposito patto inserito dai
contraenti 262.
Ad ogni modo, si può forse prescindere dalla controversa distinzione
tra mandato collettivo e plurimo, poiché alla revoca della capofila potrebbe doversi applicare l’art. 1723, comma 2°, c.c., dettato in tema di mandato rilasciato anche nell’interesse del mandatario o di terzi. Tale norma
sarebbe in grado di rendere l’incarico ugualmente irrevocabile ex lege
(salva la sussistenza di una giusta causa), divenendo quindi irrilevante il
discorso concernente la presenza o meno di un’apposita clausola (pattizia) che lo stabilisca in modo espresso 263. La disposizione de qua prescrive, infatti, che il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo diversa disposizione o la presenza di una giusta causa 264.
Al riguardo, si è prospettata l’idea che tale situazione ricorra nei credil’efficacia estintiva totale della revoca del singolo mandante risponde all’interesse dello
stesso mandatario; all’opposto, R. CALVO, 263).
262
In senso critico, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 221
ss., spec. 225 s., per il quale l’art. 1726 c.c. rappresenta un mero riflesso, sul piano normativo, della struttura del rapporto soggettivamente complesso; in parte diversa la posizione di G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 172 ss., spec. 177 ss.
263
Si sottolinea spesso, invero, che l’incarico conferito alla capofila è irrevocabile già
per la presenza di un’espressa previsione convenzionale in proposito: G. SCORZA, Finanziamenti, 165; nel sistema spagnolo, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 47; in
Francia, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 217, per il quale tutte le convenzioni
hanno cura di precisarlo, ma non può escludersi un recesso individuale anticipato in alcune ipotesi, come quella in cui vi sia azione di responsabilità nei confronti della capogruppo da parte di uno dei membri; J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 203.
264
Si parla, al riguardo, d’irrevocabilità assoluta o reale, perché a differenza di quella
relativa il mandante può essere costretto ad accettare la continuazione del mandato anche
contro la sua volontà, senza potersi liberare unilateralmente dal vincolo, sia pure con il
contrappeso del risarcimento dei danni: v. F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 45, 132 s.; A.
LUMINOSO, Mandato, 492 s.; cfr., altresì, L. BIGLIAZZI GERI, 237 s., la quale ravvisa un
interesse legittimo nella posizione del terzo o del mandatario quando ricorre l’ipotesi di
cui all’art. 1723, comma 2°, c.c.
In tale ottica, è appena ovvio che l’applicazione dell’art. 1723 c.c. sarebbe in grado di
attribuire particolare coesione alla relazione tra partecipanti e capofila (lo sottolinea, G.
SCORZA, Finanziamenti, 165).
LA BANCA CAPOFILA
241
ti sindacati per via della remunerazione spettante alla lead manager in ragione del suo specifico ruolo 265, ulteriore rispetto a quello di finanziatore
per una quota del prestito, comune a tutte le banche partecipanti 266.
In contrario, deve osservarsi che il mandato in rem propriam non
può ricollegarsi alla semplice circostanza dell’interesse al compenso del
mandatario 267, altrimenti questo regime dovrebbe valere sempre, quan265
Alla banca agente spetta un compenso per lo svolgimento dei suoi compiti: cfr.,
sebbene senza approfondire l’aspetto, L. FALCIONI, 233; G. FAUCEGLIA, I contratti di
finanziamento, 245; e v., anche, D. CREMASCO, 160 s.
Si tratta di una commissione corrispondente ad una certa percentuale fissa del valore
del finanziamento e che si chiama genericamente management fee, quando la banca
agente è la stessa che ha organizzato il sindacato; altrimenti, si parla di agency fee, distinta dal corrispettivo dovuto all’arranger per l’organizzazione del prestito. Inoltre,
in presenza di una pluralità di banche “promotrici”, la quota spettante a ciascuna è a
volte definita praecipium, ma per l’equivalenza tra quest’ultima e l’arrangement fee,
S. HURN, 49.
Differenti sono i corrispettivi dovuti, in percentuale dell’impegno assunto, per la partecipazione al finanziamento (participation fees) e per la garanzia di copertura, in tutto o
in parte, del fido (underwriting fees). Per un quadro dettagliato, B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti sindacati, 86 s.; F. MERONE, 10 s.; G. ZANOTTI, 272 s., che riferisce anche
dell’esistenza del residual pool, da suddividere fra le banche arrangers e consistente
nell’eventuale quota di management fee in eccesso rispetto al praecipium ed alle commissioni di partecipazione e sottoscrizione; per diritto francese, J.L. HERRENSCHMIDT, 34
s.; C. PUHR, 111 ss.; nel sistema inglese, Y. ALTUNBAŞ, B. GADANECZ a. A. KARA, 8 ss.;
S. HURN, 48 ss.; in Spagna, M.E. MORÁN GARCÍA, 87 e 114 s.; B. MARTÍN BAUMEISTER,
El Contrato, 122 ss.; nell’ordinamento tedesco, B. EICHWALD u. H. PEHLE, 775; nonché,
rispetto al collocamento in pool, F. DI PASQUALI, 78 s. e 87 ss.
È bene chiarire che i termini adottati e la struttura delle singole commissioni possono
differire da contratto a contratto. Così, ad esempio, a seconda di come è strutturato il prestito può esserci anche la commitment fee, in favore di tutte le banche partecipanti (in
proporzione alla quota di finanziamento sottoscritta) e diretta a ricompensare il mantenimento della disponibilità dei fondi (in argomento, B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti
sindacati, 87; G. ZANOTTI, 272 s.; nel diritto inglese, S. HURN, 51 s.).
Come può agevolmente notarsi, si tratta di retribuzioni calcolate di solito in percentuale all’erogazione effettuata e questo esclude che possa parlarsi di un mero rimborso, a
prescindere dalla presunzione di onerosità del mandato posta all’art. 1709 c.c.
In senso opposto, tuttavia, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 206 s., il quale
non manca di sottolineare delle ambiguità nei compiti svolti dalla banca leader, ma afferma come la commissione non sia altro che una semplice restituzione delle spese, sussistendo perciò gli estremi di un mandato gratuito.
266
Il ragionamento si deve a G. SCORZA, Finanziamenti, 165.
267
Già, F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 45, 133; G. MINERVINI, Il mandato, n. 77, 187;
poi, L. NANNI, La revoca del mandato, 90, che esclude tutti quegli interessi già presi in
considerazione dal legislatore e, quindi, oggetto di una specifica tutela; R. CALVO, 257.
242
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
tomeno in via suppletiva, vista la presunzione di onerosità posta nell’art. 1709 c.c. 268.
Piuttosto, è un altro l’elemento in grado di deporre nel senso della presenza di un interesse della capofila ed è la sottoscrizione di una quota del
finanziamento 269. In effetti, di consueto sussiste anche la sua partecipazione all’erogazione e questo fattore ne determina senza dubbio il coinvolgimento diretto nell’affare comune 270. Potrebbe, però, replicarsi che la
capofila non deve necessariamente far parte delle banche eroganti, dovendo negare, in tal caso, la configurazione di mandato in rem propriam 271. Questo genere di critica, pur persuasiva, finisce per ricollegarsi, comunque, ad un’eventualità difficilmente ricorrente nella prassi interna (e, quindi, meramente teorica), là dove emerge la costante assunzione da parte della banca agente di una frazione del prestito 272; ma è un
dato di cui si deve, in ogni caso, avere debita considerazione sotto il profilo teorico 273.
268
Fra molti, A. LUMINOSO, Mandato, 144 ss.
Tra le categorie di interessi rilevanti rientra, senza dubbio, quella riguardante il
negozio oggetto del mandato, in ragione dell’utilità che ne deriva al mandatario: con lucidità, G. MINERVINI, Il mandato, n. 77, 187 s.; ma v. L. NANNI, La revoca del mandato,
92 ss.
270
Tesi avanzata in Spagna rispetto alla c.d. comisión, qualificata «in rem propiam,
puesto que el banco comisionista no sólo actúa como tal comisionista, sino también como entidad prestamista»: M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 759 s., per la quale «en consecuencia, a
veces actuará en nombre ajeno y a veces en nombre propio».
271
Per dubbi analoghi, sebbene avanzati su basi argomentative diverse, C. AMESTI
MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado, 130 ss., che distingue tra mandato in rem propriam in senso ampio e stretto, a seconda della comunanza di
interessi tra mandante e mandatario, ovvero della presenza dell’interesse principale di
quest’ultimo; EAD., El banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 145 ss.; non distante, a quanto consta, G. SCORZA, Finanziamenti, 165, il quale,
dopo aver richiamato il contenuto precettivo dell’art. 1723, comma 2°, c.c., sembrerebbe
continuare a rifarsi esclusivamente all’art. 1726 c.c.
272
Per il rilievo della normale partecipazione della banca agente al finanziamento
(così come di quella organizzatrice, per via dell’usuale coincidenza soggettiva tra le due
figure): P. DE SURY, 64, secondo cui la gestione del prestito senza prendervi parte è un
servizio tipicamente offerto dalle banche di affari e di investimento; M. EROLI, 29; qualche cenno anche in S. ALAGNA, I finanziamenti, 90, nt. 135.
273
La prassi conosce, invero, la diversa ipotesi dell’intermediario (in funzione di arranger) che favorisce l’erogazione del prestito in pool senza prendervi parte: Cass., 14
maggio 2014, n. 10519.
269
LA BANCA CAPOFILA
243
Appare, quindi, preferibile ritenere che il regime di irrevocabilità, pur
sussistente nel caso di specie, possa e debba trovare un diverso fondamento. È lo stesso art. 1723, comma 2°, c.c. ad offrire la soluzione al problema, allorché detta la medesima disciplina anche quando ravvisa nel
mandato la presenza di un interesse di terzi (e non nel mandatario) 274.
Non sembra affatto peregrina una tale evenienza nel caso de quo, ossia
intravedere la presenza di un interesse alieno nella gestione del prestito
da parte della banca agente.
Benché sia stato affermato che la capogruppo agisce per conto dei
membri e non anche del cliente, il quale resta estraneo alla convenzione
interbancaria 275, pare invece corretto il contrario, come emerge con forza
dall’assetto contrattuale realizzato 276. È sicuro che l’intesa tra le banche
non riguarda il soggetto finanziato, ma è altrettanto indubbio che la centralizzazione del prestito – e, quindi, la designazione della banca agente –
risponde anche ad una precisa esigenza del richiedente. Tanto è vero che
la commissione spettante all’agent bank non è posta a carico dei mandanti, ossia dei cofinanziatori, ma proprio in capo al cliente 277. La spiegazione risiede appunto nell’interesse del debitore, il quale ritiene necessario
interloquire con un solo soggetto, al fine di una celere ed efficace esecuzione del contratto.
274
Muovendo dall’identità di posizione del terzo e del mandatario, in caso di mandato in rem propriam, si ritiene che si tratti sempre dell’interesse al negozio oggetto del
mandato, in via mediata o immediata: G. MINERVINI, Il mandato, n. 77, 188.
275
Per questa riflessione, M. BELLIS, La gestion du crédit consortial, 206 s., che non
manca di sottolineare delle ambiguità nei compiti svolti dalla banca leader; e v., anche,
P.R. WOOD, 100.
276
Sarebbe, in altri termini, rispettato mutatis mutandis il requisito della recezione
dell’interesse altrui all’interno dello stesso contratto di mandato: lo reputa indispensabile,
F.M. DOMINEDÒ, Mandato, n. 45, 133, per il quale il terzo dovrà partecipare alla convenzione cui accede il mandato irrevocabile nel complessivo assetto di interessi.
277
Aspetto considerato non poco singolare poiché la capofila non è remunerata dalle
banche che l’hanno designata, come rilevato da: A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 47; M.T. DE GISPERT PASTOR, 87 s., per la quale la pattuizione deve ritenersi valida e
può riportarsi alla libertà contrattuale; C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 132 s., testo e nt. 12, secondo cui l’onerosità
del mandato mercantile è derogabile non solo nel senso della gratuità, ma altresì rispetto alla
possibilità che la commissione sia versata da un terzo; ma v. la ricostruzione di M. BELLIS,
La gestion du crédit consortial, 207, a giudizio del quale si tratta di un modico corrispettivo,
consistente in un rimborso forfettario da parte del soggetto finanziato delle spese sostenute
«en lieu et place des participants».
244
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
In conclusione, può reputarsi applicabile quanto sancito dall’art. 1723,
comma 2°, c.c., con la conseguenza che la banca leader può essere rimossa soltanto se ricorre una giusta causa. Resta, piuttosto, da chiarire se
la presenza di questo requisito sia in grado di estinguere o meno l’intero
rapporto (pur se la revoca proviene da una singola banca), nonché cosa
debba intendersi con tale concetto.
Quanto al primo profilo, il problema è stato ritenuto di soluzione incerta, per via di un dato normativo giudicato povero sul punto ed incapace di offrire dati incontrovertibili 278. Invero, la giusta causa pare essere
richiesta dal legislatore proprio per ovviare alla tendenziale irrevocabilità
del mandato, lasciando intendere, quindi, un’incidenza sull’intero rapporto 279, come affermato anche nello specifico ambito dei prestiti sindacati 280. A supporto di quest’impressione, deve osservarsi che non avrebbe
alcun senso, almeno per quanto attiene ai finanziamenti in pool, una revoca per giusta causa pro quota, poiché la capofila si troverebbe, in tal
caso, a dover amministrare solo una parte del prestito, in aperto contrasto
con la ragione stessa della sua nomina (e con la volontà espressa dai cofi278
Così, ad esempio, si è reputato complicato individuare la soluzione del problema
in seno all’art. 2259 c.c., per una serie di motivi: anzitutto, perché la norma non dice che
la revoca dell’amministratore ha effetto verso tutti, ancorché sia difficile immaginare e
sostenere il contrario; ma, in ogni caso, si tratterebbe di esito interpretativo peculiare e
connesso al rapporto societario, sicché sarebbe errato fondare su tale disposizione, specifica e propria delle società, l’esegesi del precetto di ordine più generale, dettato in tema
di mandato: per tali riflessioni, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 108 ss.; in seguito, aderendo all’idea che il dato normativo non offra in realtà alcun indizio, G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 178 s.; nonché, Gia. VILLA, Inadempimento e contratto plurilaterale, 97.
279
Tra molti, A. LUMINOSO, Mandato, 498 s., testo e nt. 199; L. NANNI, La revoca
del mandato, 154 s.; M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 110 s.; Gia. VILLA, Inadempimento e contratto plurilaterale, 127 s.; per la tesi affermativa, amplius, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 107 ss., spec. 116 ss., secondo cui l’effetto estintivo è totale e ciò
deriva soprattutto dall’impossibilità di smembrare il rapporto, argomentando dalla risoluzione per inadempimento del contratto plurilaterale, in caso di essenzialità della prestazione; per una critica all’accostamento all’art. 1459 c.c., M. DE CRISTOFARO, 306 s. e
309 ss.
In contrario, G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 179 s., a giudizio del quale la
revoca individuale del mandato per giusta causa è ammissibile solo per la quota del
revocante, poiché il singolo partecipante della parte complessa può disporre unicamente della sua porzione.
280
In tal senso, G. SCORZA, Finanziamenti, 165.
LA BANCA CAPOFILA
245
nanziatori), consistente nella centralizzazione del credito sindacato e nell’intento di assicurarne un’efficiente gestione 281.
Del pari ardua risulta essere l’intellegibilità della nozione di giusta
causa, data la sua natura di clausola generale 282, all’interno della quale
possono ricondursi molteplici ipotesi concrete, eterogenee fra loro. Deve
senz’altro convenirsi che l’inadempimento non esaurisce tutte le fattispecie possibili 283. Può, cioè, immaginarsi che siano rilevanti, in una visione
più ampia, tutte quelle circostanze capaci di far venire meno la fiducia nel
mandatario (e, quindi, nella banca agente) ed è pure lecito chiedersi se
possano rientrarvi quelle situazioni che riguardano soltanto alcuni mandanti 284.
Al quesito sembra potersi dare risposta positiva, perché anche eventi
relativi ad una sola banca consorziata potrebbero incrinare la relazione e
l’affidamento sulla capofila, con evidenti riflessi sulla posizione dei cofinanziatori. Si pensi al caso in cui la lead manager ometta di effettuare
certe comunicazioni nei confronti di un solo intermediario 285. È naturale
che un accadimento del genere potrebbe non solo minare il rapporto verso il soggetto rispetto al quale si è verificato, ma, in via mediata, altresì
nei riguardi degli altri.
Da questo angolo visuale, nondimeno, è bene chiarire che la revoca
281
Su di un piano generale, è stato evidenziato come un eventuale effetto estintivo
limitato al rapporto del solo mandante che effettua la revoca non abbia molto significato
e, per altro verso, debba portare comunque allo scioglimento del mandato per impossibilità sopravvenuta della prestazione, nel momento in cui viene meno la partecipazione di
uno dei soggetti dell’affare. Per tale ragionamento, A. LUMINOSO, Mandato, 501; nell’ambito dell’annullamento e della convalida del negozio con parte complessa, per analoghe considerazioni, G. PIAZZA, 177 ss.
282
Talvolta, si discorre di concetto indeterminato: F. BENATTI, La clausola generale
di buona fede, 243, secondo cui si tratta di espressione dai contorni molto incerti.
283
Nello specifico, M.T. DE GISPERT PASTOR, 77.
Rispetto al mandato in genere, anzitutto, G. MINERVINI, Il mandato, n. 75, 181 s., che
ritiene un fenomeno di inerzia interpretativa circoscrivere la giusta causa soltanto
all’inadempimento della controparte; nello stesso senso, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 105 ss.; cfr., altresì, L. BIGLIAZZI GERI, 237 s.
284
Considerazioni svolte da G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 107.
285
Non distante, M.T. DE GISPERT PASTOR, 77, per la quale sono rilevanti anche il
peggioramento delle condizioni patrimoniali della banca agente e la mancanza del livello
di diligenza richiesto.
246
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
dell’incarico non appare idonea a travolgere l’intera e complessiva operazione di finanziamento, sebbene sia stato affermato che ciò sia in grado di
mettere indirettamente in crisi il compimento dell’affare comune 286. A
prescindere dalla correttezza di tale affermazione su di un piano più generale, un’evenienza del genere non sembra comunque ricorrere nei crediti
sindacati, per l’ovvia considerazione che è in seno alla convenzione interbancaria – una volta riconosciutane l’autonomia negoziale – che si deve cercare risposta alla situazione di impasse venutasi a creare.
In altre parole, l’ipotesi di revoca della banca agente non determina
l’impossibilità di proseguire nel prestito in quanto si potrà – e dovrà –
procedere alla designazione di un’altra banca leader, nel rispetto del negozio stipulato tra le varie banche e delle regole di nomina sopra ricostruite 287.
286
287
Così, G. DE FERRA, Sulla contitolarità, 110 s., nt. 17.
E v. supra al § 4 di questo Capitolo.
SEZIONE SECONDA
Le banche partecipanti
SOMMARIO: 11. Premessa. – 12. Obbligazione soggettivamente complessa
delle banche dal lato passivo ed inapplicabilità del regime solidale. – 13. Segue. L’inesistenza dell’attuazione congiunta. La natura parziaria dell’obbligazione assunta dalle banche. – 14. Segue. Inadempimento e adempimento parziale. – 15. La responsabilità delle banche sindacate per interruzione brutale e
concessione abusiva: individuazione delle fattispecie e ripartizione del danno.
– 16. Il carattere parziario dell’obbligazione soggettivamente complessa delle
banche dal lato attivo. – 17. Segue. La compatibilità con la clausola di “distribuzione proporzionale”: obbligo di ripartizione fra concreditori e parità di
trattamento. – 18. La circolazione dei crediti sindacati: ricostruzione delle regole applicabili. – 19. Segue. Il problema dell’ammissibilità della circolazione del contratto di finanziamento in pool. – 20. Segue. La c.d. sotto-partecipazione.
11. Premessa. – La conclusione cui si è pervenuti nel precedente capitolo, ossia l’appartenenza dell’obbligazione assunta dalle banche al genus
di quelle plurisoggettive, impone di illustrare di quale tipo si tratti, essendo diverse le specie fra loro e, quindi, differenti le previsioni di riferimento, in punto di disciplina applicabile. Ed invero, a seconda dei casi,
mutano le disposizioni riguardanti una molteplicità di aspetti: a partire
dall’adempimento sino ad arrivare alla circolazione 288.
Per contro, alcune regole sono sicuramente comuni e, pertanto, ai fini della loro applicazione, è sufficiente la mera riconduzione al novero
– della categoria – delle obbligazioni soggettivamente complesse. È il
288
Per esemplificare, se l’obbligazione dovesse qualificarsi come solidale, ciascun
intermediario sarebbe esposto al pagamento dell’intero; se congiunta, tutte le banche
dovrebbero procedere all’adempimento insieme ed in maniera più o meno contestuale; e così via.
248
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
caso, fra l’altro, di quanto sancito nell’art. 1298, comma 2°, c.c. 289, in
virtù del quale l’obbligazione (in solido) si divide nei rapporti interni
tra i diversi debitori o creditori e le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente 290. Questa presunzione relativa di uguaglianza è, peraltro, destinata a non operare nei prestiti in pool, giacché si tratta di punto sempre preso in considerazione dai contraenti, i
quali puntualizzano con attenzione qual è la misura di ciascuno all’interno del finanziamento 291.
Com’è facile intuire, quanto detto implica la necessità di misurarsi con
le varie tipologie di obbligazioni in cui vi sono più debitori o creditori.
Ciò richiede senz’altro di analizzare l’eventualità di un’attuazione solidale, congiunta, ovvero parziaria da parte dei cofinanziatori, poiché tali fattispecie sono affini tra loro (data l’appartenenza ad una classe comune)
ed astrattamente potrebbero essere tutte idonee a ricomprendere il caso di
specie. È appena doveroso precisare che il carattere divisibile della prestazione, tipico delle obbligazioni pecuniarie (e, quindi, delle erogazioni
in compartecipazione), non consente alcuna restrizione al riguardo, trattandosi di caratteristica che può attenere ad ognuna delle categorie in
questione. Anche l’attuazione congiunta, infatti, può concernere obblighi
frazionabili, come dimostrato dagli artt. 1840, comma 1°, e 1854 c.c., là
dove sono contemplate, rispettivamente, le singolari ipotesi – da prevedere sul piano convenzionale – in cui ai cointestatari è vietata, rispettivamente, l’apertura disgiunta della cassetta di sicurezza ed inibito il compimento di operazioni separate sul conto comune 292.
289
Correttamente, per il valore generale del precetto, riferibile alle varie obbligazioni plurisoggettive, C. GANGI, 285; M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 675;
ma v., tuttavia, F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 350 s., per
il quale si tratta di norma (specificamente) inerente al funzionamento del meccanismo della solidarietà.
290
Regola ritenuta ovvia, non tanto perché ciò risponde alla normalità dei casi, quanto perché nel dubbio la legge non poteva partire da una presunzione diversa: D. RUBINO,
Delle obbligazioni, 219 ss., spec. 221; in seguito, C.M. MAZZONI, 760.
291
Nella prassi, cioè, le banche sono solite individuare con particolare cura, sia per
importo che in percentuale, le partecipazioni di ognuna di loro.
292
Così, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 16 s., 79 ss. e
86; poi, V. CAREDDA, 460 e 466 s., per la quale tra la struttura della prestazione e le modalità di attuazione non c’è simmetria; U. BRECCIA, Le obbligazioni, 172; C.M. MAZZONI, 734 e 742; nonché, R. SICLARI, Delle obbligazioni divisibili, 352 ss.
LE BANCHE PARTECIPANTI
249
Non sembra, per contro, necessario considerare alcune figure intermedie, di sicuro inconferenti, poste a cavallo tra le obbligazioni plurisoggettive e collettive, esemplari paradigmatici delle quali sono state rinvenute
in quelle riferibili ad una comproprietà, ad una comunione ereditaria ed
alla comunione di beni fra coniugi 293.
Infine, deve chiarirsi che l’indagine, nonostante il punto non sia mai
stato messo adeguatamente in luce nelle riflessioni sul tema, non può limitarsi al lato passivo del rapporto, dovendosi esaminare anche la posizione delle banche dall’altro versante, ossia rispetto al credito da restituzione vantato nei riguardi del cliente. È opportuno, comunque, prendere
le mosse dall’analisi del debito dei cofinanziatori nei riguardi del richiedente 294.
12. Obbligazione soggettivamente complessa delle banche dal lato
passivo ed inapplicabilità del regime solidale. – Come noto, in presenza di
un’obbligazione plurisoggettiva dal lato passivo, è opinione comune quella
che ravvisa una presunzione di solidarietà nel nostro ordinamento, poiché
l’art. 1294 c.c. stabilisce che i condebitori sono tenuti in solido se dalla
legge o dal titolo non risulta diversamente 295. Non avrebbe senso misurarsi con tale disposizione se, però, fosse rinvenibile nel sistema legislativo una specifica disciplina applicabile al caso di specie, volta a sancire il
carattere solidale dell’impegno assunto dalle banche.
293
Per tutti, F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 330; amplius,
ID., L’obbligazione soggettivamente complessa, 451 ss.
294
Tendenzialmente è irrilevante il tipo di finanziamento concesso, salvo che sia previsto il versamento della somma in un’unica soluzione e quale momento perfezionativo
del contratto, come accade nel mutuo. Se così fosse, infatti, non vi sarebbe alcun debito
dei cofinanziatori nei riguardi del richiedente; ma è bene ricordare, in proposito, che i
prestiti in pool, pur nella variabilità della struttura dell’erogazione del credito di volta in
volta adottata, fanno quasi sempre riferimento ad una concessione di tipo consensuale e/o
ad un certo modo di impiego (e v. quanto osservato supra al § 7, Capitolo Secondo). Non
ricorre nella prassi, per esemplificare, l’ipotesi del mutuo concesso da una pluralità di
banche e del resto, pur essendo un classico strumento di credito, questo tipo di contratto
è stato ritenuto «del tutto ignoto all’attività» bancaria, poiché vengono utilizzati altri
mezzi (così, P. FERRO-LUZZI, Lo sconto bancario, 757).
295
Per una ricostruzione della genesi della disposizione, C. GANGI, 160 ss. e 198 ss.;
R. MICCIO, Delle obbligazioni in generale, 490 ss.; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 183
ss., che sottolinea il capovolgimento rispetto alla tradizione precedente.
250
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Nella prospettiva appena delineata, è doveroso escludere che possa
farsi ricorso – di certo non in via diretta, ma analogica – al regime di solidarietà ricollegabile alle associazioni temporanee di imprese in tema di
opere pubbliche, nonostante le affinità esistenti tra i finanziamenti in pool
e le riunioni momentanee 296, sottolineate non soltanto nell’esperienza
anglo-americana 297, ma anche nel nostro sistema 298.
296
Cui si è già accennato: v. nt. 38, § 2, Capitolo Primo, dove si fa riferimento, fra
l’altro, al carattere sporadico dell’affare assunto dalle varie imprese, nonché al regime di
indipendenza ed autonomia mantenuto dalle stesse, pur nella necessità di doversi unire
per intraprendere l’operazione insieme, non potendo altrimenti assumerla in via isolata.
Può ora aggiungersi che si tratta di quegli accordi di collaborazione di natura provvisoria, volti al raggiungimento di un certo risultato tramite l’impiego delle rispettive forze
e senza dare vita ad un nuovo soggetto di diritto. Tale definizione è comunemente accettata, ma risulta essere dai contorni tutt’altro che certi: F. BENATTI, Associazioni temporanee di imprese, 75, che segnala l’esistenza di una varietà di casi particolari, ma al tempo stesso di uno schema ricorrente; F. BORTOLOTTI e R.M. MORRESI, 535 ss.; M. GALLETTI, 72, per il quale il fenomeno de quo consiste nello svolgimento in comune di un
affare da parte di più imprese, anche di differente nazionalità; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 12 ss., che critica quelle ricostruzioni volte ad intravedere degli elementi caratteristici della figura; G. SICCHIERO, L’engineering. La joint venture, 40.
Impostazione diversa, e sostanzialmente isolata, è quella appartenente ad A. ASTOLFI,
Il contratto di joint venture, 66 ss., 212 e 245 ss., il quale individua la struttura ricorrente
di un preciso «modello contrattuale», presente nell’ordinamento italiano, vicino alla joint
venture. L’A. parla di una «figura tipica rappresentata da un regolamento d’interessi funzionale all’integrazione di attività complementari, volte alla realizzazione di un interesse
comune ai soggetti agenti senza la formazione di situazioni intermedie fonti di produzione di un’attività congiunta».
297
Nella giurisprudenza statunitense, a favore della tesi della joint venture, con conseguente applicazione delle regole relative alla partnership, Credit Francais International, S.A., v. Sociedad Financiera de Comercio, C.A. (1985); per alcune notazioni critiche, L.C. BUCHHEIT, Is syndicated lending, 12 ss.
È bene chiarire che si vuole qui fare riferimento esclusivamente all’unincorporated
joint venture, stando ad una diffusa bipartizione: A. ASTOLFI, Il contratto internazionale,
819 ss.; D. BONVICINI, Le “joint ventures”, 74 ss. e 92 ss.; F. BORTOLOTTI e R.M. MORRESI, 538 ss. e 553 ss., che sottolineano comunque una corrispondenza imperfetta tra le
due figure; G. COTTINO e M. SARALE, 374 ss.; U. DRAETTA, 9 ss. e 73 ss.; M. GALLETTI,
74 ss.; e v., anche, M.C. ANDRINI, 1447 ss.; H.P. FARGOSI e M.G.C. DE ROIMISER, 1342
ss.
298
In proposito, L.A. BIANCHI, 238, che giunge, però, alla conclusione negativa, dopo
aver accostato le due figure; A. BORGIOLI, Forme consortili, 25 e 28, per il quale i due
istituti presentano significativi punti di contatto tra loro; L. DE ANGELIS, La nuova disciplina, 331; G. MARASÀ, Prime valutazioni, 537; M. SARALE, 413; cfr., altresì, G. SICCHIERO, L’engineering. La joint venture, 57 ss.
LE BANCHE PARTECIPANTI
251
In tali raggruppamenti, l’impresa pilota risponde solidalmente con le
altre per l’adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto concluso con il committente; e, nell’eventualità di opera scorporabile, la responsabilità solidale sussiste tra la capofila (o mandatario) e la singola impresa cui spetta la realizzazione della specifica parte (art. 48, comma 5°,
d.lgs. n. 50/2016, in precedenza art. 37, comma 5°, c.c.p.) 299. La traspoD’altra parte, è usuale rinvenire nei prestiti sindacati sottoposti all’ordinamento americano l’utilizzo dell’espressione “joint-venture”: P. GABRIEL, 80.
Per qualche valutazione simile, rispetto ai sindacati di collocamento, M. EROLI, 28 s.
e 38, che reputa dirimente, in senso negativo, il difetto di un’intesa consapevole fra tutte
le imprese interessate; R. FRANCESCHELLI, Consorzi per il coordinamento, 70, a giudizio
del quale fino a quando manca l’organizzazione comune non si tratta di veri consorzi, ma
di associazioni temporanee di imprese; E. SALVATORE, 749, secondo cui non vi sarebbe
«l’elemento essenziale della comunanza costituito da un accordo fra tutte le imprese»;
nonché, R. LENER, Consorzi internazionali, 185, che si limita ad evidenziare la costante
presenza degli elementi caratteristici delle associazioni temporanee di imprese; V. VULPETTI, 700.
299
Nel vigore della nuova regolamentazione, per riferimenti sulla responsabilità delle
imprese riunite, C. CRISCENTI, 226 s.; R. GIANI, 412; C. GRILLO e R. PELLEGRINI, 252 s.;
M. TUPPONI, 22 ss. e 35 ss.; e già, A. AMATUCCI, Profili della responsabilità, 25 ss.; D.
CORAPI, La gestione in comune, 648; U. DRAETTA, 90 ss.; M. GALLETTI, 227 ss.; in giurisprudenza, Cass., 28 novembre 2011, n. 25204; Cass., 18 aprile 2001, n. 5669. Per un
quadro normativo dei principali tipi legali esistenti, principalmente, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 141 ss.; D. BONVICINI, Associazioni temporanee di imprese, 2 ss.;
e v., anche, M. MAZZONE, 552 ss.; D. CORAPI, Le associazioni temporanee di imprese,
17 ss.; G. DI ROSA, 30 ss.
L’originaria disciplina delle unioni concernenti gli appalti di opere pubbliche era regolata dalla l. 8 agosto 1977, n. 584, poi abrogata dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, c.d.
codice dei contratti pubblici, a sua volta abrogato dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che ora
disciplina la materia. Si è immaginato che il legislatore abbia assunto, come parametro di
riferimento, un modello negoziale prossimo alla c.d. joint venture di tipo strumentale
(così, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 141; D. BONVICINI, Associazioni temporanee di imprese, 1). Per tale ragione, vista la mancanza nel nostro ordinamento di una
disciplina compiuta del contratto di joint venture (fra gli altri, G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 8 s.; M. MAZZONE, 582), è parso inevitabile far riferimento ai fenomeni
ad esso più prossimi, trattandosi di tipiche forme di raggruppamento (uno spunto in A.
BORGIOLI, Forme consortili, 27), allo scopo di trarre indicazioni utili quanto alla disciplina applicabile. Pertanto, si è spesso evidenziata l’importanza delle regole dettate per le
associazioni temporanee di imprese in tema di appalti pubblici anche nel campo schiettamente privatistico. Si vedano, ad esempio, le riflessioni di D. BONVICINI, Raggruppamento di imprese, 1278, per il quale le parti possono convenire di dar vita ad un’associazione momentanea convenzionalmente regolata secondo tale normativa; U. DRAETTA, 95
s., che ritiene comunque siffatta conclusione non particolarmente significativa; M. GALLETTI, 110 ss.; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 65 ss. e 105.
252
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
sizione di queste regole ai finanziamenti consortili condurrebbe la banca
leader, mutatis mutandis, ad assumere una posizione radicalmente diversa da quella che affiora dalla volontà contrattuale emergente nei prestiti
in compartecipazione 300. È fuori contestazione che la lead manager svolge un ruolo gestorio volto ad assicurare la corretta esecuzione del fido,
senza aggravare in alcun modo la propria responsabilità. Tanto è vero che
tale designazione può anche mancare, come accade negli affidamenti in
pool decentrati 301. Pertanto, basta solo rilevare, ai fini che qui interessaIn contrario, si è detto che la formula del raggruppamento tra imprese è assai lacunosa e incompleta e riveste un concreto significato essenzialmente nel contesto della disciplina dell’appalto di opere pubbliche; sicché, un inquadramento della fattispecie nello
schema delle unioni temporanee, in definitiva, non fornirebbe adeguata risposta all’esigenza di assoggettare i prestiti sindacati ad una disciplina completa e di univoca interpretazione (così, L.A. BIANCHI, 239).
300
Si è ritenuto che i poteri della banca agente siano assai più limitati e circoscritti di
quelli relativi all’impresa leader di un’associazione deputata alla costruzione di un’opera
e, quindi, non potrebbe addossarsi alla capogruppo del pool alcuna responsabilità nei
confronti dell’impresa sovvenuta per quanto attiene all’adempimento delle quote di prestito da parte delle altre banche partecipanti: la stessa erogazione del danaro passa per le
mani della capofila soltanto in termini di mera esecuzione del finanziamento (e v. L.A.
BIANCHI, 238 s., il cui ragionamento critico può essere riproposto anche nella disciplina
allo stato vigente, immutata nei suoi principi cardine).
Non rientra, cioè, tra i compiti della capofila quello di anticipare le somme in luogo
delle banche partecipanti, a meno che ciò non sia oggetto di espressa pattuizione (evenienza assente, però, nella prassi nostrana). In Spagna, si è osservato che, in quest’ultima
ipotesi, se l’anticipazione riguarda una banca che non fa più parte del sindacato, la capogruppo sarebbe obbligata in proprio per gli importi erogati in epoca successiva alla comunicazione della cessazione ad opera dell’intermediario partecipante, stando alla ricostruzione di M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 763 ss., per la quale la «marcha de la entidad prestataria comitente implica implícitamente la revocación de la comisión, conforme se desprende del art. 279 CCm.». L’A. crede, inoltre, che se nell’accordo complessivo è ravvisabile un’autorizzazione implicita all’anticipazione dei fondi da parte della capogruppo,
ciò obbligherebbe la banca beneficiaria al rimborso; in argomento, altresì, M.T. DE
GISPERT PASTOR, 84 s.
301
Si veda quanto osservato supra al § 5, Capitolo Secondo. E tale differenza è senza
dubbio particolarmente significativa se si pensa che la designazione di un rappresentante
comune è stata ritenuta un momento qualificante della disciplina dettata in tema di appalti pubblici, ovvero una caratteristica costante: soprattutto, A. ASTOLFI, Il contratto di joint
venture, 141 ss. e 363 ss.; ID., Il contratto internazionale, 867 ss.; nonché, F. BENATTI,
Associazioni temporanee di imprese, 75, che riporta la diffusa dizione di “impresa pilota”; W. BIGIAVI, “Groupement d’entreprises”, 168; D. BONVICINI, Associazioni temporanee di imprese, 1, che segnala la necessità del cliente di avere un solo interlocutore; U.
DRAETTA, 81; F. GALGANO, Tipicità ed atipicità, 19, secondo cui si tratta di elemento
LE BANCHE PARTECIPANTI
253
no, l’evidente contrasto con l’assetto di interessi sotteso ai crediti sindacati, fermo restando, per contro, il dubbio circa la sussistenza di un modello “ordinario” di solidarietà. Ciò significa, in definitiva, che la disciplina dettata per gli appalti pubblici è ispirata ad una ratio – evidentemente protesa verso la soddisfazione dell’interesse pubblico – differente
da quella appartenente ai finanziamenti consortili 302; e, pertanto, deve negarsi qualsivoglia spazio per l’analogia.
Respinta l’applicazione del particolare regime di solidarietà dettato
per le associazioni temporanee d’imprese in tema di lavori pubblici, può,
allora, indagarsi circa la rilevanza della regola posta nell’art. 1294 c.c. La
sua funzione è senza dubbio quella di rafforzare il credito, attraverso la
previsione della facoltà di riscuotere per intero la prestazione da un solo
soggetto e, soprattutto, tramite l’aggiunta della garanzia costituita dai patrimoni dei vari condebitori 303.
Se questa prescrizione valesse anche per i prestiti sindacati, come pure è
stato sostenuto 304, in punto di disciplina applicabile, ne deriverebbe l’obbligo di ciascuna banca in solido e per l’intero nei riguardi del richiedente,
caratterizzante e necessario per l’ordinamento italiano; C. VACCÀ, 63 s.; M. MAZZONE,
555 s.; G. SICCHIERO, L’engineering. La joint venture, 43.
302
Il motivo ispiratore della responsabilità solidale della capogruppo è stato ravvisato
nell’esigenza di tutelare la stazione appaltante, consentendo a quest’ultima l’immediata
individuazione di un soggetto comunque responsabile dell’esecuzione dell’intera opera:
A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 159 s.
303
In linea più generale, si è rilevato come la solidarietà esprima una funzione di garanzia e, dal lato passivo, miri a tutelare le moderne esigenze del credito: G. AMORTH, 59
ss.; L. BARASSI, I, 211 ss.; Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 306 ss.; C. GANGI, 150;
M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 677 s.; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 184 s., a
parere del quale la garanzia del patrimonio di tutti i condebitori diventa ancora più forte
in quelle obbligazioni solidali che rispondono all’interesse esclusivo di un solo debitore;
nonché, V. CAREDDA, 468; G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 106; R. SICLARI,
Delle obbligazioni in solido, 173 ss.; in giurisprudenza, fra molte, Cass., 18 giugno 2001,
n. 8235; Cass., 29 maggio 1998, n. 5316.
304
Ipotesi ritenuta verificabile da: N. SALANITRO, Le banche, 128, a giudizio del quale,
sia pure operando dei distinguo, se ciascuna banca si obbliga a concedere una quota del
credito e tale limitazione assume rilevanza meramente interna al gruppo di banche, ne discende che ognuna rimane solidalmente obbligata per l’intero; G. SCORZA, Finanziamenti,
164; e, seppure in tema di garanzie in pool, da G. MEO, Garanzie bancarie, 254; cfr., altresì, nei sindacati di collocamento, F. CESARINI, Intermediazione, 521 e 527, rispetto al c.d.
criterio à la parisienne, talvolta operante nei syndicats de garantie simple; V. VULPETTI,
701, secondo cui la responsabilità solidale dei membri scatta sia intravedendo una società
che un mandato collettivo.
254
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
salvo l’esercizio del diritto di regresso nei confronti delle altre, in caso di
pagamento in toto del finanziamento o, comunque, in misura superiore alla
quota spettante 305. In caso d’insolvenza di uno degli intermediari, poi, il
peso dovrebbe ripartirsi per contributo tra gli altri condebitori, compreso
quello che ha fatto il pagamento (art. 1299, comma 2°, c.c.) 306. La posizione dei cofinanziatori sarebbe, perciò, particolarmente onerosa, mentre quella del cliente ne uscirebbe parecchio rafforzata, specialmente guardando
alla possibilità di chiedere la somma complessiva ad una sola banca 307.
Non sembra che il problema possa trovare adeguata soluzione nella
disciplina del mandato e, nello specifico, nell’art. 1719 c.c., a mente del
quale il mandante è tenuto a somministrare al mandatario, salvo patto contrario, i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tal fine quest’ultimo ha contratto in proprio nome. È stato osservato che, sulla base di questa disciplina, sarebbe
garantita la ripartizione proporzionale degli oneri fra i vari intermediari
che prendono parte all’operazione, perché ciascuna banca dovrebbe adempiere pro quota ed affidare la relativa somma alla capofila 308. Si tratta di
un ragionamento che lascia perplessi 309, a prescindere dalla correttezza o
305
Su questo profilo, in sede di teoria generale delle obbligazioni, non sembrano esservi molti dubbi (ad esempio, F.M. ANDREANI, 724; U. BRECCIA, Le obbligazioni, 188
ss.), mentre maggiori contrasti sorgono in relazione alla sussistenza o meno dell’azione
surrogatoria, oltre quella di regresso (e v. R. MICCIO, Delle obbligazioni in generale, 505
ss., che analizza la concorrenza tra i due rimedi; in favore della tesi positiva, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 684, che sottolinea il rilievo dato dalla possibilità di giovarsi delle garanzie annesse al credito soddisfatto ex art. 1204 c.c.).
306
Anche per altre indicazioni, C. GANGI, 204 ss.; M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 684; R. MICCIO, Delle obbligazioni in generale, 504.
307
Sono conseguenze rilevate, a livello teorico, anche nell’ordinamento spagnolo, dove l’art. 1137 Código Civil prevede, però, una situazione opposta a quella italiana, giacché non opera la presunzione di solidarietà, come sottolineato anche in tema di crediti
sindacati: C. AMESTI MENDIZÁBAL, El banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 144 s.
308
La tesi è di G. SCORZA, Finanziamenti, 166 s., che distingue il diverso modo in
cui ciò viene realizzato, a seconda che il finanziamento avvenga subito ed in una soluzione, ovvero in maniera differenziata nel tempo ed in più tranche: in questo secondo caso,
attraverso la disciplina dell’art. 1719 c.c., il legislatore «ha preferito sancire il principio
della scadenza dell’obbligazione di provvista in correlazione col momento dell’adempimento delle obbligazioni già contratte dal mandatario nei confronti dei terzi».
309
Ne costituisce riprova anche quanto affermato da C. AMESTI MENDIZÁBAL, El
LE BANCHE PARTECIPANTI
255
meno del ricorso al mandato e dal rilievo che i finanziamenti in pool possono anche non prevedere la presenza della capofila, profili già di per sé
sufficienti a respingere la tesi in esame 310.
Anche nel dettaglio la suddetta opinione non convince: una volta stabilita l’applicazione delle regole sul mandato alla relazione intercorrente
tra le banche partecipanti e quella leader 311, il problema non è certo se rifarsi o meno all’art. 1719 c.c., in quanto relativo al legame tra i cofinanziatori inter se. La questione è un’altra, ben diversa, attinente alla relazione con il richiedente e, dunque, alla capacità della citata disposizione di
superare la presunzione di solidarietà contenuta nell’art. 1294 c.c. 312, rispetto all’assunzione del debito da parte dei vari membri del pool. Il che
è senza dubbio da escludere perché l’obbligazione assunta dalle banche
rappresenta un aspetto radicalmente diverso da quello concernente l’esecuzione dell’incarico da parte della capofila, riguardando, come ovvio, il
rapporto con il soggetto finanziato 313.
banco agente en los contratos de crédito sindicado. Consideraciones, 143 s., che esclude
la possibilità di ricostruire la disciplina della responsabilità (da debito) delle banche partecipanti in base alle regole del mandato.
310
Si è già chiarito in quali termini può richiamarsi il mandato in relazione all’incarico affidato alla capofila (e v. quanto rilevato supra nella Sezione Prima di questo Capitolo); ancor prima, si è constatata sul piano empirico l’esistenza dei cc.dd. prestiti sindacati decentrati (e v. la distinzione riportata supra al § 5, Capitolo Secondo).
311
Sia pure con le peculiarità dietro evidenziate, come detto nella Sezione precedente
di questo Capitolo.
312
Per l’inapplicabilità di tale norma, senza chiarire con quali conseguenze, L. FALCIONI, 237.
313
Senza contare i dubbi prospettabili rispetto al rilievo di fondo che, con riguardo ai
mezzi necessari per l’esecuzione del mandato con pluralità di mandanti, la legge preveda
una regola in grado di porre a carico di ciascuna parte l’obbligo di relativa spettanza. Invero, la stessa Relazione al codice civile (n. 715) afferma testualmente che la pluralità di
mandanti importa responsabilità solidale, come voleva già il previgente art. 1756 del codice civile del 1865. E tale norma non è stata riprodotta perché inutile con la consacrazione del principio generale di cui all’art. 1294 c.c.: la riflessione è, singolarmente, condivisa dallo stesso G. SCORZA, Finanziamenti, 166, testo e nt. 20, il quale aggiunge che,
in certe ipotesi, la capofila potrebbe comunque essere esposta, in caso di ritardo, inadempimento o insolvenza di una delle banche partecipanti, al rischio di esborsi di tesoreria verso il cliente comune.
E v., infatti, T.M. UBERTAZZI, 358 ss., ad avviso del quale – nel contesto affine delle
convenzioni interbancarie relative agli accordi di moratoria – l’obbligazione di tenere indenne la banca agente dal lato passivo è soggettivamente complessa e, di regola, solidale
ex art. 1294 c.c.
256
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Piuttosto, deve rilevarsi come il vincolo solidale finirebbe con il porsi
in contrasto con una delle caratteristiche essenziali dei finanziamenti in
pool, ossia con l’intenzione di separare le posizioni debitorie delle varie
banche 314. Sulla scorta di tale rilievo, si è aggiunto, altresì, che sarebbe
opportuno prevedere una clausola espressa in grado di inibire la presunzione di solidarietà 315; in effetti, ciò interviene spesso sul piano empirico,
ma non sempre 316. Accade, talvolta, che non è prevista una pattuizione
chiara ed espressa volta ad escludere il legame solidale e, in simili circostanze, potrebbe risultare difficoltoso addivenirvi in via interpretativa, specialmente se si ritiene che l’art. 1294 c.c. non si limiti a dettare una mera
presunzione relativa 317, bensì un principio generalizzato del sistema, in
grado di pretendere una precisa e contraria volontà delle parti o della
legge per respingerne l’applicazione 318. Di qui, ai fini della predisposizione di un regime differente di responsabilità, potrebbe farsi strada l’idea della necessità di un’apposita dichiarazione opposta dei contraenti 319,
in difetto di una norma ad hoc.
314
Analoga valutazione, di per sé sola insufficiente, è stata formulata nel contesto
affine delle associazioni temporanee di imprese da A. ASTOLFI, Il contratto di joint
venture, 69 ss. e 216 ss.; ID., Il contratto internazionale, 862 e 870 ss., il quale ricava
l’esclusione dell’operatività della presunzione di solidarietà proprio dall’autonomia
delle imprese riunite; conforme, G. GHIDINI, Atipicità, 1284; ma v. le penetranti critiche di G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 11, nt. 34, per il quale manca la norma che giustifica un tale regime.
315
Così, J.B. BLAISE-P. FOUCHARD, 159, secondo cui è più prudente «introduire expressément une clause de non-sòlidarité»; cfr. per la stessa posizione, a tratti contradditoria, G. SCORZA, Finanziamenti, 166.
Situazione opposta vige, invece, nell’ordinamento spagnolo: M.T. DE GISPERT PASTOR, Los creditos sindicados, 45 ss.
316
La formula più ricorrente e che, di sicuro, elimina ogni dubbio è del seguente tenore: “le banche si obbligano ciascuna per la propria quota di finanziamento e senza vincolo di solidarietà”.
317
Per una critica alle stesse parole della relazione al codice del Guardasigilli che fa
riferimento ad una presunzione iuris tantum, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 185, testo e
nt. 1, secondo cui si tratta «solo di una frase poco perspicua»; diversamente, C. GANGI,
161 e 166; C.M. MAZZONI, 747 s.
318
Così, Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 311; conforme, G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 101 s.
319
In un primo momento, ma con successivi ragionamenti meno rigidi, D. RUBINO,
Delle obbligazioni, 190, per il quale è necessario che l’esclusione della solidarietà «avvenga a mezzo di un’apposita clausola del medesimo negozio»; cfr., altresì, G.F. CAM-
LE BANCHE PARTECIPANTI
257
In altre parole, si pone il problema di un’eventuale insuperabilità, sul
piano legislativo, della presunzione di solidarietà passiva, in mancanza di
una previsione esplicita e testuale in tale direzione. Nella realtà degli affari, ricorrono casi in cui le parti non affrontano espressamente il punto, oppure lo fanno in maniera fugace e poco chiara 320, come accaduto anche
nella prassi internazionale 321. Dinanzi a queste eventualità, potrebbero avanzarsi serie perplessità sul superamento della regola della solidarietà. È
quanto accaduto, ad esempio, nel regime lusitano, là dove si è apprezzato
che la clausola concernente la mera indipendenza delle obbligazioni di
ciascuna banca non è sufficiente a inibire la residuale «regra da solidariedade nas obrigações comerciais» (art. 100 Código Comercial), quali sono
le operazioni bancarie attive ai sensi dell’art. 362 Código Comercial 322.
In verità, la paventata lettura “forte” del precetto contenuto nell’art.
1294 c.c. non sembra trovare riscontro, anzitutto, in alcune di quelle norme specifiche, e complessivamente numerose, che ribadiscono la previsione generale dell’obbligo solidale 323. Come noto, il loro significato varia a seconda dei casi, poiché il senso può essere quello di evitare possibili dubbi 324, oppure stabilire il carattere inderogabile della solidarietà,
POBASSO, Coobbligazione cambiaria, n. 35, 147, per il quale è sufficiente una pattuizione
negoziale per esprimere la diversa volontà delle parti.
320
Nell’esperienza spagnola, M.T. DE GISPERT PASTOR, 46 s., per la quale si tratta, in
ogni caso, di «obligación mancomunada o parciaria»; M.E. MORÁN GARCÍA, 116, secondo cui un contratto ben redatto deve prevedere una clausola «en la que los acreditantes manifiesten, con meridiana claridad, la ausencia de solidaridad entre los miembros
del sindicato, la carencia de personalidad jurídica de éste y el carácter mancomunado
de la responsabilidad contraída por los acreditantes».
321
Il riferimento è, ad esempio, al caso Crédit Français International, S.A. v. Sociedad Financiera de Comercio. C.A.
322
Per tale considerazione, L. VASCONCELOS ABREU, 538.
323
Senza contare che la recente giurisprudenza di legittimità – con ragionamento non
privo di vizi – ha operato un deciso e netto ridimensionamento del precetto contenuto
nell’art. 1294 c.c., con una pronuncia a Sezioni Unite, al fine di riconoscere la parziarietà
delle obbligazioni condominiali, finendo per affermare che la solidarietà passiva richiede
un’espressa disposizione di legge quando l’obbligazione è divisibile ai sensi dell’art.
1314 c.c.: Cass., SS.UU., 8 aprile 2008, n. 9148; nel medesimo senso, Cass., 8 ottobre
2008, n. 24832; e prima, in posizione isolata, Cass., 27 settembre 1996, n. 8530.
Per l’orientamento opposto, Cass., 4 giugno 2008, n. 14813; Cass., 30 luglio 2004, n.
14593; Cass., 17 aprile 1993, n. 4558; Cass., 5 aprile 1982, n. 2085.
324
Specialmente, C.M. MAZZONI, 748, che riporta il caso del mandato conferito a più
persone e quello della pluralità di esecutori testamentari.
258
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ovvero imporla quando le obbligazioni derivano da fatti distinti, seppur
collegati.
In altre evenienze, per contro, l’intenzione non va oltre una pura riproduzione del modello di default e così alcune delle applicazioni tipiche del
vincolo solidale appaiono superflue 325. Tra queste, rientra il caso della pluralità di fideiussori, là dove è stabilito che se più persone hanno prestato la
garanzia per un medesimo debitore ed uno stesso debito, ciascuna di esse è
obbligata per l’intero 326. La norma fa salva, però, l’ipotesi in cui sia stato
pattuito il beneficio della divisione ex art. 1946 c.c. E non sembra richiedere, in proposito, dichiarazioni espresse, né tantomeno sacramentali 327. Regime, quest’ultimo, che potrebbe valere per tutti i casi di inibizione del sistema solidale.
D’altra parte, il tenore letterale della disposizione di riferimento milita
decisamente in tale direzione (art. 1294 c.c.), giacché non pretende, ai fini dell’esclusione della solidarietà, una clausola testuale, ma richiede solo
che ciò risulti dal titolo (oltre che dalla legge), ossia dal negozio in cui ha
origine l’obbligazione.
Questo significa, finalmente, che il criterio residuale della solidarietà
passiva può essere validamente oggetto di deroga anche se è dal contenuto globale del regolamento di interessi predisposto dai contrenti che emerge, con certezza, l’intento di respingere il vincolo solidale tra i vari
debitori 328.
325
Per un rapido esame delle ragioni sottese alle varie categorie di ipotesi, D. RUBIDelle obbligazioni, 186 s., che individua anche altre evenienze, oltre quelle indicate
nel testo; cfr., altresì, Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 311 s.
326
Ciò implica che nella c.d. confideiussione i vari garanti sono tenuti in solido verso
il creditore, in virtù della comunione di interessi concernente la loro posizione: M. FRAGALI, Confideiussione, 197 ss. e 217 ss.; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 142; in seguito,
M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 11, testo e nt. 21, per il quale la norma ribadisce
il principio secondo cui la solidarietà passiva si presume; cfr., altresì, E. CICCOTTI, 486
s.; G.E. LONGO, 2101; Cass., 12 settembre 2011, n. 18650; Cass., 12 luglio 1962, n.
1862; nonché, Cass., 25 settembre 2003, n. 14234, che si riporta ad altri precedenti del
Supremo Collegio.
327
Lo riconosce, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 678; e, in realtà, lo stesso D.
RUBINO, Delle obbligazioni, 191 s., che finisce, poi, per ammettere in teoria anche una
manifestazione tacita, pur reputando rari, nella pratica, casi del genere. L’A. riporta, altresì, una serie di esempi limite in cui è difficile distinguere se sia esclusa la solidarietà o
semplicemente limitato l’oggetto materiale dell’obbligo (non il contenuto giuridico).
328
Quest’impostazione dovrebbe a fortiori appartenere a chi intravede nell’art.
NO,
LE BANCHE PARTECIPANTI
259
Bisogna, allora, indagare se nei prestiti sindacati in cui manca un’espressa pattuizione di rifiuto della solidarietà, la stessa possa considerarsi
comunque esclusa alla luce del complessivo assetto contrattuale realizzato dalle parti 329.
È bene precisare che se si ponesse a carico di ogni cofinanziatore il
peso dell’intero debito relativo al prestito, gli stessi limiti di affidamento
posti a carico di ciascuna banca non potrebbero essere commisurati rispetto
alle singole quote, ma dovrebbero tener conto dell’intera somma del prestito 330, in contrasto proprio con la funzione originaria dei crediti sindacati di poter superare i vincoli dei grandi fidi attraverso l’unione di più
intermediari. Questo già potrebbe condurre a negare la natura solidale
dell’obbligo, muovendo dalla necessaria idoneità della prestazione ad essere adempiuta, in tale evenienza, per intero da ciascun debitore 331.
Deve respingersi, anzitutto, l’idea che possa essere dirimente la stesura per negozi distinti, poiché, quand’anche ciò avvenga, non muta la circostanza che si tratta dello stesso finanziamento assunto, in via consapevole, dai vari finanziatori, i quali, infatti, si accordano tra loro su come
gestire l’operazione. Ciò significa che è attuabile la scelta tesa ad escludere
la solidarietà, poiché non ricorre quella situazione – impeditiva – di ignoranza della coesistenza di altri debitori 332, nonostante la stipula separata
del prestito 333.
1294 c.c. non già una presunzione semplice, bensì una mera norma dispositiva: G.
AMORTH, 58; in senso conforme, anche per riferimenti, R. SICLARI, Delle obbligazioni in solido, 155 ss.
329
È bene chiarire l’irrilevanza, sotto questo profilo, della distinzione qui accolta tra
prestiti sindacati accentrati e decentrati, giacché il conferimento di una serie di poteri alla
capofila, non determina di per sé il sorgere della sua responsabilità solidale, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza in tema di coassicurazione (fra molte, Cass., 11
febbraio 2002, n. 1885; Cass., 2 aprile 2001, n. 4799; Cass., 16 febbraio 2000, n. 1712;
Cass., 14 giugno 1982, n. 3613; per un’adesione dottrinaria, F. PECCENINI, 145).
330
È quanto afferma, sebbene rispetto alla sola capofila, G. SCORZA, Finanziamenti,
167 s., per il quale ciò sarebbe dovuto al fatto che la stessa resta esposta in prima linea al
rischio di esborsi nei confronti del cliente, a causa dell’irregolare funzionamento dei rapporti interni con le altre banche.
331
Soprattutto, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 677, per il quale la solidarietà
passiva può presumersi soltanto se «tutte le prestazioni dei vari debitori hanno l’attitudine ad essere adempiute da ciascuno di essi».
332
E v. M. FRAGALI, Confideiussione, 205.
333
Circostanza, peraltro, assai poco diffusa: v. supra al § 8, Capitolo Secondo.
260
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Sono due i fattori che, invece, sembrano essere decisivi per definire la
questione e, nello specifico, per risolverla in senso negativo. Occorre fare
riferimento al contenuto dell’intesa, focalizzando l’attenzione sulla funzione dell’operazione complessiva e sulla circostanza che tutti gli accordi
puntualizzano, in modo più o meno preciso, che ciascuna banca è obbligata per una quota dell’intero finanziamento e limitatamente a tale porzione del prestito 334. Si tratta di un dato costante emergente dalla prassi,
da cui affiora la sistematica assunzione pro quota delle obbligazioni nascenti dal prestito, precisando che ognuna si impegna per la sua parte e
non risponde delle obbligazioni assunte dagli altri intermediari 335. Si suole chiarire, altresì, che, in caso di mancata erogazione di una porzione del
finanziamento da parte di una delle banche partecipanti, ciò non comporta un obbligo di supplemento a carico delle altre 336. A completare l’indipendenza tra i vari membri, cioè, si nega espressamente il dovere di procedere ad un’integrazione proporzionale fino a concorrenza dell’importo
mancante 337.
In altri termini, seppure manchi una clausola che, in modo esplicito e
testuale, sancisca l’esclusione della solidarietà passiva, sembra che una
simile conclusione possa comunque desumersi dal complesso delle dichiarazioni incluse nei prestiti in pool. E, anzi, proprio guardando al contenuto dell’accordo nel suo insieme, come doveroso fare in vista di una
corretta applicazione dei canoni di ermeneutica negoziale, l’inesistenza
del vincolo solidale esce ulteriormente rafforzato. Giova rilevare, in pro334
In tema di mutuo, M. ORLANDI, 81, secondo cui «nel caso dei mutuatari, dalla eventuale previsione delle rispettive quote non può che risultare la parziarietà dei vincoli».
335
È una constatazione diffusa (dalla quale sovente non si traggono le dovute conseguenze, in punto di qualificazione in positivo dell’obbligazione): R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169; L. FALCIONI, 232; A. MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 143; L.
RADICATI DI BROZOLO, 200 s.; A. VERONELLI, 118, riportando anche i passi di alcuni
esemplari.
Nel quadro comparatistico, in Francia, M. BELLIS, Le partage des risques, 162; J.B.
BLAISE et P. FOUCHARD, 158 s.; J.T. BROWN, 169 e 180 s.; C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La syndication: Les risques, 1150 s.; J. TERRAY, Syndication directe. Formation du
contrat, 61; nella dottrina inglese, P.R. WOOD, 91.
336
L’osservazione si deve a R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169. Si pensi anche
alla frequente presenza di clausole con cui si precisa che la capofila provvede all’erogazione “nei limiti dei fondi trasferiti a suo favore dalle altre finanziatrici”.
337
In merito, L. FALCIONI, 237 s.
LE BANCHE PARTECIPANTI
261
posito, che assumere l’impegno per l’intero, sebbene solidalmente con gli
altri cofinanziatori, avrebbe poco senso perché per quanto sia vero che sussiste il rimedio offerto dall’istituto del regresso, nondimeno l’esposizione
delle banche verso l’esterno per l’importo globale del finanziamento andrebbe a scontrarsi decisamente con la logica del credito sindacato 338,
consistente appunto nella partecipazione limitata ad una quota del finanziamento 339, vuoi per esigenze imposte dai limiti dei grandi fidi, vuoi per
mere ragioni di convenienza ed opportunità 340.
13. Segue. L’inesistenza dell’attuazione congiunta. La natura parziaria dell’obbligazione assunta dalle banche. – Una volta rifiutata la
tesi della solidarietà passiva, avendo dapprima escluso anche l’applicazione analogica del singolare modello dettato per le associazioni temporanee di imprese, si pone il dubbio circa la configurabilità degli estremi
dell’attuazione congiunta del debito, con ciò alludendosi a quella specie
di obbligazioni in cui è necessario che l’adempimento provenga congiuntamente da parte dei condebitori 341. Un simile interrogativo si ricollega all’idea che il cliente è soddisfatto soltanto ricevendo la somma
338
Considerazioni non molto distanti possono leggersi in G. MEO, Garanzie bancarie, 255.
339
Vi sarebbe un aperto contrasto proprio con l’obiettivo di ciascun partecipante di
mantenere la propria autonomia patrimoniale: per una riflessione analoga, nel campo delle joint ventures, D. CORAPI, Le associazioni temporanee di imprese, 59.
340
Si torni a vedere quanto detto supra, rispetto alla funzione economica dei finanziamenti in pool, al § 1, Capitolo Primo.
341
Classico è l’esempio dell’obbligazione di un complesso musicale o di una compagnia di attori: F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 9 ss. e 14 ss.,
che riconosce l’autonomia concettuale della categoria e la nega, per contro, alle supposte
figure atipiche delle obbligazioni correali e connesse; in precedenza, non distante, A. MATTEUCCI, 1330 ss.; da ultimo, T.M. UBERTAZZI, 346 ss., per il quale ne costituisce applicazione l’ipotesi degli accordi di moratoria, quanto alla posizione delle banche sia dal lato
attivo (in relazione agli obblighi assunti dall’impresa di non compiere certi atti, specie di
straordinaria amministrazione), che passivo (rispetto all’impegno di non chiedere l’adempimendo dei loro crediti).
Diversamente, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 133, per il quale le vere e proprie obbligazioni soggettivamente complesse sono quelle parziarie, solidali e indivisibili, pur riconoscendo che l’indivisibilità della prestazione possa, invero, ricorrere anche nelle obbligazioni soggettivamente semplici.
262
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
totale relativa al finanziamento e, quindi, la parte di ciascun intermediario 342.
È certamente da scartare, però, una conclusione del genere, giacché
manca una pattuizione espressa in tal senso 343; e, altresì, perché non si
tratta affatto di una caratteristica intrinseca alla concessione del prestito
sindacato. Ed infatti, la prestazione effettuata insieme dai vari condebitori, in caso di attuazione congiunta, rappresenta qualcosa di qualitativamente diverso rispetto alla loro considerazione singolare 344. Nei finanziamenti in pool, invece, l’adempimento di ogni banca costituisce una frazione
del tutto idonea a realizzare, in parte, l’interesse del richiedente, pienamente soddisfatto al ricorrere del pagamento di ciascun condebitore. Ragionando diversamente si rischierebbe di sconfessare la stessa esistenza concettuale della categoria delle obbligazioni parziarie, nelle quali è ovvio che
soltanto l’adempimento integrale può appagare in toto la posizione del creditore. Ancor di più si coglie l’inconfigurabilità delle obbligazioni ad attuazione congiunta, se si individua la loro caratteristica nella simultaneità
dell’adempimento 345. Il che senz’altro non ricorre nel caso in esame, non
342
In dottrina, talvolta, tale ipotesi è negata a priori, poiché si ritiene che l’esclusione
della solidarietà implica la nascita di un’obbligazione frazionaria a tutti gli effetti: D.
RUBINO, Delle obbligazioni, 190, per il quale «senza la regola dettata, l’obbligazione sarebbe stata parziaria, e alla parziarietà, appunto, si ritorna impedendo l’applicazione della
norma»; per una visione critica, Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 303 s.
In realtà, appare piuttosto evidente che il vincolo solidale è utilizzato dal legislatore
come strumento per impedire la divisione della prestazione nei rapporti esterni: per tutti,
anche per i dovuti riferimenti, G.F. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria, nn. 13 e
53 ss., 47 e 221 ss., spec. 241, secondo cui «funzione peculiare e diretta del tipo di obbligazione solidale regolato in via generale dal codice civile è l’eliminazione degli inconvenienti cui darebbe vita il carattere parziario dell’obbligazione». Che, poi, siano possibili ulteriori fattispecie è dimostrato proprio dall’esistenza di situazioni in cui l’interesse
delle parti è l’attuazione congiunta.
343
Non vi è motivo di dubitare circa l’ipotetica validità di una simile previsione: V.
CAREDDA, 461.
344
Lo rilevano, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 14 ss.;
A. MATTEUCCI, 1331, che difende con forza l’idea della presenza del requisito dell’unicità della prestazione; poi, V. CAREDDA, 457.
345
Con efficacia, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 14 ss.;
in precedenza, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 677; più di recente, R. SICLARI,
Delle obbligazioni divisibili, 353 s.; ma v. V. CAREDDA, 457 e 463, la quale riporta l’esempio dell’équipe chirurgica che si impegna ad effettuare un certo intervento, senza necessità di operare in modo coevo, sia pure dovendo rispettare una certa sequenza tempo-
LE BANCHE PARTECIPANTI
263
essendo certo necessario, né richiesto dal cliente, un versamento contestuale da parte delle varie banche partecipanti.
L’esclusione dal novero dei debiti ad attuazione congiunta, pur non
essendo stata oggetto di riflessione nella dottrina che si è occupata dei
prestiti in pool, trova implicito riscontro nell’affermazione secondo cui le
obbligazioni assunte dai cofinanziatori sarebbero «disgiunte e non solidali», così volendo sottolineare che la corresponsione della singola quota di
finanziamento non è condizionata in alcun modo all’erogazione da parte
delle altre banche delle rispettive porzioni 346. Si tratta di ragionamento
che, tuttavia, sembra andare oltre la mera negazione dell’attuazione congiunta, giungendo a svalutare troppo la connessione esistente fra i condebitori, finendo per intravedere una pluralità di debiti autonomi ed indipendenti fra loro, ipotesi già scartata in precedenza 347.
Al contrario, più propriamente, appare inevitabile che il sentiero tracciato sinora conduca verso le obbligazioni parziarie 348. A tanto si giunge,
una volta esclusa a monte la solidarietà passiva, attraverso la constatazione che i debiti pecuniari sono sicuramente frazionabili, costituendo peraltro la divisibilità della prestazione il regime di default. Se l’obbligazione
non è solidale, opera il principio dell’automatica divisione, ai sensi dell’art. 1314 c.c. 349. Perciò, in caso di più debitori o creditori di una prestarale; nonché, T.M. UBERTAZZI, 349, secondo cui – se si è ben inteso – l’adempimento
può essere contestuale, in alternativa all’ipotesi in cui sia congiunto.
346
Principalmente, L.A. BIANCHI, 235; nel medesimo senso, D. CREMASCO, 156; L.
FALCIONI, 237; nonché, Trib. Bologna, 4 febbraio 2011, dopo aver correttamente escluso
l’esistenza della solidarietà.
347
Si veda quanto osservato supra ai §§ 7 e 16, Capitolo Secondo, in relazione, rispettivamente, all’unicità del finanziamento ed alla sussistenza dei requisiti concernenti
l’obbligazione soggettivamente complessa.
348
È preferibile parlare di obbligazione parziaria, anziché divisibile, perché la divisibilità
della prestazione può riguardare anche le obbligazioni solidali, oltre che quelle soggettivamente semplici e, pertanto, non è in grado di isolare una categoria a sé stante: F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 338 e 341 s., che insiste sul criterio concernente il modo di attuazione del rapporto (solidale, parziario e congiunto); poi, C.M. MAZZONI,
735 s., secondo cui la terminologia legislativa (art. 1314 c.c.) è inadeguata perché la divisibilità della prestazione rappresenta una caratteristica trasversale; U. LA PORTA, 6 ss.; per
una posizione in parte differente, R. CICALA, Obbligazione divisibile e indivisibile, 648 s.
349
È affermazione costante che la divisibilità della prestazione costituisce la regola e
l’indivisibilità l’eccezione: C.M. MAZZONI, 736 e 751, per il quale un’obbligazione non
solidale e divisibile diviene parziaria; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 331.
264
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
zione scindibile, ciascun concreditore non può domandare il soddisfacimento che per la sua parte, così come ogni condebitore è tenuto limitatamente alla sua porzione 350.
Ricostruito l’assetto di interessi e le caratteristiche dell’obbligazione
assunta dalle banche, deve verificarsi anche la possibilità di individuare
una precisa disposizione di riferimento all’interno dell’ordinamento positivo. È verosimile credere che la circostanza in virtù della quale, come riconosciuto in precedenza, i prestiti sindacati rappresentano una vicenda
negoziale priva di una regolamentazione ad hoc, possa consentire all’interprete di cercare altrove regole di disciplina, eventualmente applicabili
alla fattispecie in esame 351. È chiaro che dinanzi ad un contratto ignorato
350
Fra molti, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 675; poi, A. FINESSI, 297 s.
Fermo restando che se uno dei cofinanziatori effettua, in ipotesi, un pagamento in
misura superiore alla sua quota, si pone il problema di come regolare la posizione degli
altri. In base ad una prima tesi, i condebitori sarebbero esposti al regresso per l’eccedenza versata, essendo sembrata più che logica, in questo caso, l’estensione dell’art. 1299,
comma 1°, c.c., dettato per le obbligazioni solidali: F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 351, che rinviene l’esistenza di entrambi i presupposti previsti dalla
norma, ossia il vincolo comunitario e l’adempimento per l’intero o, comunque, in misura
maggiore alla propria parte; di recente, anche per altre indicazioni, R. SICLARI, Delle obbligazioni in solido, 208 ss.; per una critica, G.F. CAMPOBASSO, Regresso, 3, che individua lo strumento di redistribuzione nell’utile gestione, qualora l’adempimento oltre la
propria parte sia spontaneo e volontario.
Una differente impostazione reputa applicabile, invece, l’art. 1203, n. 3, c.c., in tema di
surrogazione legale: così, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 336, secondo cui la surrogazione non deve essere accordata dal creditore, ma si verifica appunto ipso iure; infine, altri
hanno risolto il problema prescindendo dalla relazione intercorrente tra i condebitori e
facendo riferimento alle regole sulla ripetizione dell’indebito verso il creditore (un cenno
in C.M. MAZZONI, 737).
351
Questo esclude che abbia senso guardare a fenomeni analoghi (a prescindere dall’appartenenza o meno al settore tradizionalmente creditizio), ma parimenti privi di specifica disciplina. È il caso, in primo luogo, dei consorzi bancari per il collocamento dei
titoli (rispetto ai quali il legislatore prende in considerazione non tanto il sindacato in sé,
quanto l’attività: F. ACCETTELLA, 57 ss.), tramite cui pure si svolge, in ordine ad una parte degli impegni assunti, una funzione essenzialmente creditizia, come si è segnalato rispetto all’obbligo di porre a disposizione dell’emittente i fondi afferenti ai titoli emessi,
indipendentemente dall’esito del collocamento (in luogo di molti, F. CESARINI, Intermediazione, 498; D. BUONOMO, 173, secondo cui i sindacati di sottoscrizione a fermo possono
mascherare, in realtà, un’ipotesi di finanziamento; ma v. la sintomatica posizione di J.T.
BROWN, 171 s., per il quale il funzionamento delle due tipologie è radicalmente diverso).
Gli esempi potrebbero estendersi ai pool costituiti per la cartolarizzazione (un’operazione del genere consente, attraverso il conferimento in comune di più crediti, di
ripartire i costi fissi ed i rischi, avendo portafogli maggiormente diversificati, come
LE BANCHE PARTECIPANTI
265
dalla codificazione del 1942 352, sebbene già esistesse nella prassi il nucleo essenziale dell’operazione (a livello embrionale), ben può parlarsi di
un vuoto legislativo, passibile di essere colmato mediante l’integrazione
analogica 353. Benché non si possa prescindere dalle peculiarità del singolo rapporto, non deve scartarsi a priori, nella ricostruzione della normativa applicabile, l’eventualità di poter ricavare utili indicazioni anche da
altre ipotesi contrattuali affini 354.
In questa prospettiva, il discorso deve volgere verso i due fenomeni della coassicurazione (art. 1911 c.c.) e della pluralità di assicuratori o assicurazione plurima (art. 1910 c.c.), il cui accostamento ai prestiti sindacati, peraltro, non è nuovo in letteratura 355. Si può, peraltro, registrare una certa
pure di permettere anche a banche di piccole e medie dimensioni di accedere al mercato della cartolarizzazione: S. SORRENTINO, 46); nonché, al leasing di navi o di aerei, la
cui marcata affinità con i prestiti sindacati si coglie soprattutto se si parte dal presupposto che la locazione finanziaria possiede una causa di finanziamento (per l’utilità e
la liceità di operazioni del genere, M. PAOLETTI, 301 ss.).
Infine, potrebbe anche pensarsi ad un accostamento con i cc.dd. contratti di patent
pooling, ossia con gli accordi che hanno per oggetto la condivisione dei risultati della
ricerca industriale posta in essere in maniera indipendente da diverse imprese concorrenti
(per questa impostazione, M. LIBERTINI, 225; A. MUSSO, Reti contrattuali fra imprese, 216
ss.; R. SANTAGATA, 334; amplius, G. COLANGELO, 121 ss.; V. FALCE, 238 ss.; in giurisprudenza, per qualche accenno, Trib. Torino, 15 febbraio 1993; Trib. Torino, 8 febbraio
1988).
352
E v. quanto rilevato supra al § 3, Capitolo Primo.
353
Che si debba guardare all’analogia per il tramite delle norme concernenti i principali tipi contrattuali è sostenuto da R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, 41 ss.,
che svaluta il ruolo della disciplina generale del contratto nella ricostruzione della normativa applicabile al singolo negozio innominato, rispetto alla sua specifica struttura e
funzione.
Sembra più liberale e parzialmente diversa, a quanto consta, la posizione di U. MAJELLO, I problemi di legittimità, 491, il quale immagina il ricorso ad un meno rigido criterio
di compatibilità delle regole previste per i contratti tipici; e v., anche, G. MEO, Impresa e
contratto, 81 ss., a parere del quale il criterio della meritevolezza degli interessi secondo
l’ordinamento giuridico consente la selezione della disciplina adeguata a garantire la
composizione delle singole esigenze concrete; e, pertanto, l’analogia sarebbe soltanto
una delle possibili tecniche da seguire. Il ragionamento dell’A. è, in realtà, destinato ad
affermare l’utilizzo di strumenti che sono ovviamente fruibili dall’interprete, quali
l’impiego dei principi generali, l’interpretazione estensiva e l’applicazione diretta della
normativa sul contratto in generale.
354
Si vedano, sebbene nel caso speculare di plurisoggettività del cliente, le riflessioni
svolte da M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 7 s.
355
Con lucidità, N. SALANITRO, Le banche, 128; in termini analoghi, G. SCORZA, Fi-
266
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
contiguità tra la legislazione dettata a tutela del cliente bancario e quella
concernente l’assicurato. Basti pensare alla generalizzazione del principio
dell’inderogabilità in peius avvenuta con l’art. 127, comma 1°, Tub ed alla
somiglianza esistente con l’art. 1932, comma 1°, c.c., a mente del quale vi
è una serie di norme la cui disponibilità è consentita solo in senso più favorevole all’assicurato 356. Al di là di tale vicinanza tra l’utente della banca e
quello dell’impresa assicurativa, comunque generica, può ravvisarsi, forse,
una più decisa prossimità tra i fenomeni in oggetto se si muove dal profilo
causale dei due negozi, naturalmente dal punto di vista della posizione dei
cofinanziatori e di quella dei coassicuratori, anziché rispetto alla mera finalità assicurativa e creditizia in sé 357. Appare evidente, da tale angolo visuale, l’esistenza di una marcata contiguità, poiché la funzione essenziale
dei prestiti sindacati risiede proprio nella suddivisione del rischio tra le varie banche partecipanti 358. È doveroso, allora, verificare la possibile applicazione delle norme relative alla pluralità di assicuratori 359.
Può subito dirsi, in limine, che l’art. 1910 c.c. non sembra offrire alcuno spunto ricostruttivo, perché fa riferimento a più contratti di assicurazione stipulati in via separata presso diversi assicuratori 360. I prestiti
sindacati, invece, non sono conclusi da più banche autonomamente, proprio perché l’interesse del cliente è quello di ottenere l’intero importo del
finanziamento e l’unitarietà del rapporto 361. D’altra parte, la disciplina
nanziamenti, 170; nel sistema transalpino, con una certa decisione, E. BOURETZ, Crédits
syndiqués, 271.
356
Sottolineano tale affinità, pur nelle inevitabili differenze di disciplina esistenti,
A.M. CARRIERO, 179; U. MORERA, I profili, 331.
357
Benché possa apparire banale, è bene chiarire che non si tratta certo di ritenere assimilabile, dal versante della causa, l’assicurazione al finanziamento, bensì di reputare
sovrapponibili gli interessi delle banche sindacate e quelli dei coassicuratori.
358
E v. infra nel corso del paragrafo, nonché quanto ricordato supra al § 1, Capitolo
Primo.
359
In termini negativi, N. SALANITRO, Le banche, 128, secondo cui l’affinità dei prestiti sindacati con i due fenomeni della coassicurazione (art. 1911 c.c.) e della pluralità di
assicuratori (art. 1910 c.c.) non sembra consentire, comunque, di applicare analogicamente ai finanziamenti in pool le discipline di queste ultime «apparendo esse strumentali
alle particolari finalità del contratto di assicurazione».
360
È il caso in cui un assicurato contrae più polizze con diversi assicuratori per la copertura del medesimo rischio: A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 206.
361
Un’eventuale scissione documentale non sarebbe accompagnata da una corrispon-
LE BANCHE PARTECIPANTI
267
dettata per l’assicurazione plurima sancisce la responsabilità solidale degli assicuratori tenuti allo stesso indennizzo, sia pure in misura limitata
all’effettività del danno, con il chiaro obiettivo di impedire la violazione
del principio indennitario 362. E, come già rilevato, il vincolo di solidarietà è estraneo all’erogazione del credito in pool 363.
Discorso differente deve farsi in relazione all’art. 1911 c.c., là dove la
legge stabilisce che ciascun coassicuratore è tenuto a pagare l’indennità
assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche in presenza di un unico contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori 364. Il regime è
radicalmente diverso perché, a differenza dell’assicurazione plurima in
cui i vari assicuratori conoscono l’avvenuta copertura del medesimo rischio da parte di altri soltanto al verificarsi dell’evento dannoso, invece,
nella coassicurazione il rapporto prevede ab origine la ripartizione dell’obbligo fra più soggetti, secondo quote predeterminate e con l’assenso
del cliente 365. In tal caso, com’è stato affermato, ricorre un interesse unidente separazione sul piano giuridico, là dove le varie erogazioni farebbero pur sempre
parte di un’operazione unitaria. Una simile evenienza, peraltro, non si rinviene nella
prassi, ma potrebbe immaginarsi, in teoria, nell’ipotesi in cui le varie concessioni facciano espresso riferimento ad un finanziamento complessivo erogato da più banche (tra le
quali, poi, verrebbe pur sempre stipulata la convenzione interbancaria). E v. anche quanto rilevato supra al § 2, Capitolo Secondo.
362
Tra molti, G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 64, 198 ss.; N. GASPERONI, Le assicurazioni, 102 s., che effettua il paragone con l’ipotesi della c.d. doppia assicurazione; V.
SALANDRA, Assicurazione, 330, per il quale si tratta di assicurazioni concorrenti; S. SOTGIA, Considerazioni, 45 ss.; Cass., 28 gennaio 2005, n. 1754; Cass., 4 marzo 1999, n.
1830; Cass., 21 novembre 1978, n. 5425; nonché, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 207; più di recente, F. PECCENINI, 140 s.
Non mancano, tuttavia, voci che escludono l’instaurarsi di un vincolo di solidarietà,
in virtù della limitazione alle indennità dovute secondo i rispettivi contratti ex art. 1910,
comma 4°, c.c. (e v. E. STEIDL, 101); ovvero che fanno riferimento ad un regime di solidarietà sui generis (così, G. FANELLI, Le assicurazioni, n. 66, 205).
363
Come evidenziato nel paragrafo precedente.
364
Oltre agli AA. citati nella nota seguente, S. SOTGIA, Considerazioni, 53 s., per il
quale l’unicità contrattuale non deve considerarsi soltanto quella collegata ad un unico
documento.
365
In merito, escludendo il vincolo di solidarietà, G. FANELLI, Le assicurazioni, n.
67, 208 ss.; S. FERRARINI, 53; N. GASPERONI, Le assicurazioni, 103, per il quale la responsabilità è per quote o per singole somme fisse, essendo esclusa dalla legge la solidarietà; V. SALANDRA, Assicurazione, 332; amplius, M. RICOLFI, La coassicurazione, 209
ss., spec. 218 ss.; e v., pure, F. PECCENINI, 142 s.; E. STEIDL, 109 s., il quale distingue tra
268
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
tario del creditore ed uno parziale dei soggetti passivi, i quali intendono
partecipare all’affare, senza però assumere la responsabilità per l’intero 366.
Dovrebbe risultare evidente, quindi, la stretta attinenza con i prestiti in
compartecipazione.
Potrebbe farsi ricorso, a questo punto, al metodo tipologico, tramite il
quale si giunge ad un miglioramento qualitativo dell’uso delle norme positive 367, riuscendo ad immaginare, in questo modo, l’estensione ai finanziamenti consortili della regola dettata per la coassicurazione sulla base
dell’ampiezza e dell’elasticità del tipo 368. Nel caso di specie, l’esame
globale degli affidamenti in pool consente di affermare una conformità
con la coassicurazione e, in particolare, con la ripartizione del rischio fra
i vari intermediari 369. D’altra parte, la tecnica ermeneutica in questione
ben si presta ad essere utilizzata dinanzi a contratti ormai stabilizzati nella prassi e contenenti un apparato più o meno costante di clausole che non
ne consentono un’immediata sussunzione nell’alveo di fattispecie codificate 370. Per l’appunto ciò che accade nell’ipotesi in esame.
In conclusione, attraverso il suddetto procedimento, nulla osta a reputare applicabile la regola di parziarietà dettata dall’art. 1911 c.c. ai crediti
coassicurazione diretta e indiretta, a seconda che sia assicurata, rispettivamente, una quota non coperta da altri, ovvero lo stesso rischio.
In giurisprudenza, Cass., 9 giugno 2003, n. 9194; Cass., 9 giugno 2003, n. 9199, secondo cui il limite dell’obbligazione di ciascun assicuratore presuppone l’adesione del
terzo contraente alla ripartizione del rischio tra più assicuratori; Cass., SS.UU., 10 aprile
2002, n. 5119; Cass., 1° febbraio 1994, n. 1008; Cass., 22 maggio 1963, n. 1321; App.
Firenze, 11 luglio 1988; Trib. Palermo, 3 novembre 1983.
366
La riflessione è di A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 206, che effettua
un’analisi protesa alla ricostruzione della disciplina del c.d. negozio di joint venture.
367
Si vedano, anche per i dovuti riferimenti di dottrina, specialmente tedesca, M. COSTANZA, Il contratto atipico, 223 ss.; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, 121 ss., secondo
cui il metodo de quo impone di effettuare un processo di riconduzione (e non di sussunzione), attraverso un giudizio di conformità, piuttosto che di identità.
368
Per un’applicazione della tecnica in questione, rispetto alla coassicurazione ed al
contratto di joint venture, A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, 204 ss.
369
Si tratta, indubbiamente, della sua funzione tipica: G. FANELLI, Le assicurazioni,
n. 68, 211.
370
Con chiarezza, M. COSTANZA, Il contratto atipico, 233 ss.; e già, G. DE NOVA,
Il tipo contrattuale, 147 s., per il quale il criterio tipologico può assolvere sia ad una
funzione restrittiva che estensiva, consentendo l’applicazione anche di diversi settori
di disciplina.
LE BANCHE PARTECIPANTI
269
sindacati. Bisogna, però, verificare se non sia ammesso anche il ricorso
alla classica – e più sicura – analogia 371. La soluzione affermativa sarebbe apprezzabile alla luce dei limiti che, comunque, si riconoscono al metodo tipologico, non scevro da dubbi e incertezze 372; tanto è vero che il
criterio de quo si presenta particolarmente utile proprio quando non è possibile fare ricorso all’analogia 373. È doveroso, allora, indagare in tal senso.
Quanto alla sussistenza dell’eadem ratio, pare decisivo notare come
sia presente nei finanziamenti in pool la finalità delle banche di ripartizione e prevenzione del rischio 374, alla stregua di quanto accade nella
coassicurazione 375. Sotto questo profilo, dunque, non vi sono difficoltà
per addivenire alla conclusione positiva.
Di contro, il principale ostacolo che si pone in proposito è dato dalla
presunta eccezionalità della norma in questione 376, ma non pare trattarsi
371
In contrario, nel contesto delle joint ventures, A. ASTOLFI, Il contratto internazionale, 816 ss., per il quale si precluderebbe altrimenti di «adattare il rapporto alle peculiarità dell’affare sottostante ed alle modalità di integrazione delle attività delle imprese che
da questo sono suggerite»; ID., Il contratto di joint venture, 245 ss.; diversamente, S.M.
CARBONE e A. D’ANGELO, Cooperazione tra imprese, 25 ss.; IID., De-qualificazione e
fonti normative, 31 ss., i quali riconoscono la validità delle tecniche tipologiche, ma ritengono che «la complessità del fenomeno e la varietà dei possibili riferimenti» non eliminano il rischio di effettuare una «ricostruzione non coerente alla natura ed ai caratteri
dell’operazione ed al suo specifico assetto economico».
372
Specialmente, G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, 121 ss.; nonché, M. COSTANZA, Il
contratto atipico, 232 ss.
373
In luogo di molti, G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, 170 ss.
374
Si veda quanto già rilevato supra ai §§ 1 e 2, Capitolo Primo.
375
Dato incontestabile: per diritto francese, J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 157 ss.; in
Spagna, A.J. AURIOLES MARTÍN, Créditos sindicados, 137 s., per il quale la «cobertura
de riesgos» costituisce «finalidad esencial de la sindicación» ed è, quindi, immaginabile
un accostamento sia al reaseguro che al coaseguro; M.E. MORÁN GARCÍA, 116, per il
quale «no existe solidaridad entre los acreditantes respecto del acreditado, sino un haz
de relaciones contractuales independientes, instrumentadas en un mismo documento, por
razones evidentes de economía».
Nella nostra letteratura, qualche riflessione del genere è stata effettuata in tema di
cointeressenza e pool in genere: I. UBERTI-BONA, Questioni in tema di cointeressenza,
131; cfr., altresì, A. DE MARTINI, Associazione in partecipazione, 68; M. GHIDINI, Le
cointeressenze, 211 s.; tra gli economisti, già F. VITO, 55 s. e 154 s., che considera la
prevenzione del rischio come motivo essenzialmente economico sotteso ai sindacati industriali conosciuti sotto il nome di «comunità di interessi».
376
Specialmente, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 188, che ne ricava quindi il divieto
di estensione per analogia; nella sua scia, G. IUDICA, La responsabilità contrattuale, 110
270
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
di un impedimento insuperabile. Anzitutto, potrebbe osservarsi che pure
le norme eccezionali sono espressive di una propria ratio e, quindi, suscettibili di estensione analogica, sebbene nel ristretto ambito in cui esprimono la loro ragione giustificatrice. A ciò deve aggiungersi, più in profondità, il dubbio stesso circa la natura extra ordinem dell’art. 1911 c.c.
In effetti, se la solidarietà costituisce una mera presunzione iuris tantum, è agevolmente sostenibile che l’assetto d’interessi ricorrente nel singolo caso concreto può essere differente. Difatti, il vincolo solidale può
essere previsto dalle parti, e non solo dalla legge; questo significa che il
sistema normativo si preoccupa soltanto di predisporre un regime di default, immaginando che sia quello meglio rispondente alla realtà economico-sociale; ossia la fattispecie più ricorrente nella prassi. E ciò è confermato dal rilievo che si tratta di impostazione capovolta rispetto alla regolamentazione prevista nel codice civile del 1865 (art. 1188) 377. Ne
consegue che le norme contenenti regole differenti dalla solidarietà esprimono rationes diverse, per nulla eccezionali, in quanto rispondenti alle
peculiari esigenze del caso concreto, tali da soppiantare il modello suppletivo posto all’art. 1294 c.c.
Atteso, dunque, che l’art. 1911 c.c. non possiede natura eccezionale e
può essere applicato in analogia ai prestiti sindacati, bisogna chiarire quale è il contratto cui applicare siffatta regola. Non si tratta, come ovvio, del
negozio associativo intercorrente tra i vari cofinanziatori, poiché questo
ha rilievo meramente interno e non potrebbe certo vincolare il cliente, ossia esplicare effetti nei suoi riguardi. Per contro, la norma in questione inerisce al negozio di finanziamento in senso stretto, e non alla convenzione interbancaria, stando alla distinzione addietro effettuata 378, esplicando quindi i propri effetti nei confronti del richiedente 379.
ss., il quale riporta, nello specifico, il caso dell’eccezionalità della regola che esclude la
responsabilità solidale dei vettori nel trasporto cumulativo di cose; C.M. MAZZONI, 749;
e v., anche, U. DRAETTA, 79 s., il quale, con riguardo alla coassicurazione ed al trasporto
cumulativo, discute di «fattispecie talmente particolari da apparire poco suscettibili di
applicazione generalizzata».
377
In merito, sottolineando la differenza con il regime giuridico delle obbligazioni
commerciali, G. AMORTH, 55 ss., il quale evidenzia lo stravolgimento dei principi precedenti, piuttosto che la loro mera modifica; L. BARASSI, I, 207 s.
378
Si rinvia a quanto detto supra al § 8, Capitolo Secondo.
379
Vale quanto affermato in giurisprudenza proprio in tema di coassicurazione, ossia
LE BANCHE PARTECIPANTI
271
14. Segue. Inadempimento e adempimento parziale. – Assodato che le
banche sono obbligate parziariamente, può risolversi per l’effetto il problema inerente all’inadempimento di una di loro 380. Al riguardo, è stato
sostenuto che la capofila avrebbe l’obbligo di escutere il cofinanziatore
inadempiente e, nel caso ciò si riveli infruttuoso, dovrebbe procedere a
ripartire per contributo fra le banche interessate le perdite subite 381. Tale
opinione non chiarisce quale è il fondamento normativo della soluzione
prospettata, pur sembrando optare per un chiaro riferimento all’art. 1299,
comma 2°, c.c. Non v’è dubbio che questa disposizione è tipicamente
dettata per le obbligazioni solidali e, quindi, non può certo essere estesa
in via diretta ad altre specie di obbligazioni plurisoggettive, come quelle
frazionarie.
Il discorso potrebbe mutare sensibilmente qualora il pensiero volga
ad un’applicazione analogica della regola in questione, evenienza certamente da tenere in considerazione, giacché sembra inevitabile rifarsi
alla disciplina delle obbligazioni solidali per colmare le lacune concernenti quelle parziarie, costituendo le prime il modello normativo della
contitolarità del debito (e del credito), così come la comunione lo è per i
diritti reali 382.
Nel merito, però, l’art. 1299, comma 2°, c.c. – in virtù del quale il rischio dell’insolvenza di uno dei condebitori è destinato a gravare sugli altri – non è sembrato estensibile al di fuori del campo della solidarietà,
che, in difetto del consenso dell’assicurato, l’accordo tra gli assicuratori circa la ripartizione tra loro del rischio non è opponibile all’assicurato stesso, in quanto estraneo al patto: così, Cass., 9 giugno 2003, n. 9199, che riconosce, perciò, il diritto di richiedere all’unico assicuratore con il quale è stato concluso il contratto il pagamento dell’intera indennità assicurativa, vertendosi in ipotesi del tutto diversa da quella disciplinata dall’art.
1911 c.c.
380
Non è qui possibile dare conto di tutte le vicende concernenti le obbligazioni soggettivamente complesse e, in particolare, di quelle parziarie (dal lato passivo), dovendosi
inevitabilmente concentrare l’attenzione solo sugli aspetti principali e di maggiore interesse.
381
Così, G. SCORZA, Finanziamenti, 167, secondo cui resta fermo, comunque, l’onere
di esborso immediato e dei successivi recuperi da parte della capofila, la quale potrà essere compensata da una specifica provvigione.
382
Per il ruolo ricostruttivo della disciplina della solidarietà, sovente affiancandovi
l’importanza della normativa sulla comunione e di alcune norme dettate in tema di contratti, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 216 ss.; U. BRECCIA,
Le obbligazioni, 176; V. CAREDDA, 484; A. FINESSI, 153 ss.; C. MIRAGLIA, 114.
272
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
nella misura in cui l’intento della norma è quello di tutelare specificamente la posizione di chi ha pagato l’intero debito, essendovi tenuto appunto in qualità di condebitore solidale 383.
Simile conclusione appare pienamente in linea con la previsione in base a cui, in caso di obbligazioni divisibili, ciascuno dei debitori deve pagare il debito soltanto per la sua parte (art. 1314 c.c.): l’applicazione di
questa regula iuris implica che la singola banca deve adempiere esclusivamente la propria quota. Del resto, la realtà empirica è solita rimarcare
tale aspetto, attraverso la costante ed espressa esenzione delle banche adempienti dall’obbligo di sopportare la prestazione di quella inadempiente e, più in generale, da ogni tipo di responsabilità derivante dal contegno
posto in essere da un altro cofinanziatore.
Della validità di questa prassi negoziale si è, tuttavia, dubitato in ragione del contenuto ampio ed incondizionato dell’esonero, tale da porsi
in contrasto con l’art. 1229 c.c., a meno di non intendere in altro senso la
pattuizione de qua, ossia quale attribuzione del diritto di recesso ad nutum ex art. 1373 c.c., anziché come patto limitativo della responsabilità,
da esercitare anche prima dell’inizio dell’esecuzione del contratto, con
conseguente facoltà di riduzione dell’importo del finanziamento per via
dell’uscita della banca recedente 384.
Su tale modo di ragionare deve avanzarsi più di una perplessità. Anzitutto, il riconoscimento del diritto di recesso in capo ai vari intermediari
dovrebbe condurre ad interrogarsi sulla questione del legittimo esercizio
di simile facoltà da parte della singola banca 385, là dove appare controverso se si possa prescindere dal concorso di tutti i concreditori per poter
recedere validamente in presenza di un’obbligazione soggettivamente complessa 386. Resta fermo che questo genere di problema potrebbe, però, es383
Da cui la radicale inconferenza rispetto al condebitore parziario: F.D. BUSNELLI,
Obbligazioni soggettivamente complesse, 351.
384
La tesi è di R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169, che, pertanto, ritiene l’esonero da responsabilità una mera conseguenza del recesso esercitato da una delle banche,
anche se l’A. segnala la necessità di valutare la posizione del cliente, in quanto potrebbe
non essere più interessato a ricevere il residuo importo.
385
Il riferimento non è chiaramente alla giustificazione del recesso, essendo ad nutum.
386
In senso affermativo, F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse,
347 ss., che ricava la soluzione da alcune norme dettate in tema di contratti tipici e la ri-
LE BANCHE PARTECIPANTI
273
sere superato qualora si confinasse l’incidenza dell’atto posto in essere
dal singolo partecipante non all’intero rapporto, bensì soltanto in relazione alla sua parte, eliminando così ogni dubbio circa la necessità del consenso unanime 387.
A prescindere da siffatta valutazione, nondimeno, il richiamo al recesso appare fuorviante, in quanto la clausola in questione non mira affatto a
tutelare la singola banca inadempiente, consentendogli di uscire dal contratto, ma piuttosto gli altri cofinanziatori, i quali hanno regolarmente assolto alla propria prestazione e non intendono sopportare il peso delle
quote dei condebitori che non hanno erogato la rispettiva quota di finanziamento. Ciò sembra essere del tutto legittimo, una volta appurato che
non sussiste un regime di solidarietà tra le banche sindacate, bensì di parziarietà.
Sotto questo profilo, è ovvio che non si pone nemmeno alcun problema di validità per contrasto con l’art. 1229 c.c. La pattuizione dianzi citata non fa che confermare il carattere frazionario dell’obbligazione, in conformità all’art. 1314 c.c., senza limitare in alcun modo la responsabilità
del cofinanziatore inadempiente, nei confronti del quale potrà agire il cliente. Piuttosto l’intento è quello, come già evidenziato, di ribadire l’indipendenza delle varie posizioni debitorie delle singole banche, pur nella
riconosciuta unitarietà del prestito.
Quanto detto obbliga, invece, a valutare la situazione del cliente, perché dal mancato versamento della quota di una delle banche potrebbe scaturire, in definitiva, una riduzione dell’importo del prestito, una volta riconosciuta l’assenza di un obbligo delle altre di sopportare il peso di quella
inadempiente. Una situazione del genere potrebbe non essere più consona
alle esigenze del richiedente, cui potrebbe risultare insoddisfacente ottenere una cifra inferiore.
tiene conforme ai principi generali desumibili dalla disciplina della comunione circa la
facoltà di disposizione del diritto comune.
Analoga impostazione, a patto che la posizione del singolo non rivesta carattere essenziale, sembra appartenere a G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 170 ss., il quale valorizza, fra l’altro, la disciplina del patto di riscatto (artt. 1507-1509 c.c.), ricavandone
l’ammissibilità da parte di ciascun venditore pro quota e, altresì, per l’intero, rispetto alla
porzione di ciascun compratore.
387
E v., infatti, Trib. Bologna, 4 febbraio 2011, dove si fa riferimento al recesso di
una delle banche partecipanti, con conseguente riduzione dell’importo del finanziamento.
274
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Sul punto, pare venire in rilievo, ma senza essere di grande aiuto, la disciplina generale delle obbligazioni, là dove permette al creditore di rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che
la legge o gli usi dispongano diversamente (art. 1181 c.c.) 388. La norma
potrebbe risentire del fatto che la disciplina generale delle obbligazioni assume come modello di riferimento quelle soggettivamente semplici.
Occorre, cioè, chiedersi se il cliente possa legittimamente rifiutare un
pagamento incompleto nell’ipotesi in cui taluno dei condebitori non abbia versato la propria parte, a differenza di altri che risultano, invece, regolarmente adempienti, oppure a tanto disposti 389. Una simile eventualità
appare verificabile, com’è facile intuire, soprattutto nei prestiti sindacati
decentrati, per via dell’assenza della capofila.
La risposta al quesito non può che essere negativa dinanzi all’ipotesi
in cui i cofinanziatori (adempienti) erogano una somma corrispondente
alla loro partecipazione. È ovvio che, in tal caso, permettere al cliente di
rifiutare l’adempimento di questi ultimi ex art. 1181 c.c., vorrebbe dire
applicare al finanziamento i principi del vincolo solidale 390, in realtà insussistente 391. Se, infatti, la singola banca versa la propria percentuale, in
regime di parziarietà, l’adempimento risulta pro quota essere integrale 392.
388
Tra molti, R. NICOLÒ, 562.
Potrebbe, al più, immaginarsi che le banche adempienti siano spinte a valutare la
possibilità di coprire la parte di prestito rimasta ineseguita, in virtù del manifestato disinteresse del cliente a ricevere solo una frazione dell’importo globale.
390
Perché solo se il debitore è obbligato per l’intero verso l’esterno, ne deriva che il
versamento di una somma pari alla sua quota (nei rapporti interni) costituisce adempimento parziale ai sensi dell’art. 1181 c.c., passibile quindi di essere legittimamente rifiutato: D. RUBINO, Delle obbligazioni, 315 ss., spec. 324 s., a parere del quale se, poi, il creditore rilascia quietanza e dichiara espressamente che ha ricevuto il pagamento per la parte spettante all’adempiente, allora, deve presumersi vi sia rinunzia alla solidarietà in applicazione dell’art. 1311 c.c.; cfr., altresì, C. GANGI, 207.
391
E v. quanto ricostruito supra ai §§ 12, e 13 di questo Capitolo.
392
Alla medesima conclusione, si perviene se si esclude l’operatività dell’adempimento parziale sul presupposto che sarebbe configurabile una deroga legale, riconosciuta
dallo stesso art. 1181 c.c., in caso di parziarietà dell’obbligazione. Con decisione, in questo verso, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 27, nt. 42.
Dovrebbero essere dello stesso avviso – trattandosi del medesimo ragionamento effettuato in una specifica ipotesi – anche coloro che annoverano tra le deroghe legali quella inerente alla ripartizione del debito fra i coeredi del debitore: U. NATOLI, 208; U.
BRECCIA, Le obbligazioni, 406.
389
LE BANCHE PARTECIPANTI
275
Più problematica potrebbe essere l’eventualità in cui una banca sia disposta a pagare, ma uno o altri intermediari hanno già manifestato la chiara
intenzione di non (voler) versare la rispettiva porzione; sicché il cliente è
sicuro che non otterrà l’intera cifra pattuita. Anche in questo caso, tuttavia, se il cofinanziatore che intende adempiere versa una somma almeno
pari alla sua frazione, non può soccorrere in alcun modo la disciplina dell’art. 1181 c.c., sempre in virtù del carattere frazionario dell’obbligazione
relativa al prestito sindacato. In definitiva, la norma in questione è destinata a trovare applicazione soltanto ove l’intermediario voglia pagare un
importo inferiore alla partecipazione sottoscritta.
Resta, di conseguenza, irrisolto il problema di fondo, ossia quello della tutela del soggetto finanziato che riceve globalmente un ammontare
minore di quello concordato. Dal punto di vista contrattuale, guardando
all’intero prestito assunto dalle banche sindacate, è evidente la situazione
di inadempienza dovuta al fatto che qualcuno dei cofinanziatori non ha
corrisposto la sua parte. Ne consegue che il richiedente può avvalersi della risoluzione per inadempimento 393, in ragione del carattere autonomo di
questo rimedio, differente rispetto al meccanismo contemplato nell’art.
1181 c.c. 394. Dinanzi ad un versamento (complessivamente) parziale, infatti, l’interesse del cliente può risultare insoddisfatto e legittimare l’azione ex art. 1453 c.c., ricorrendone i presupposti e, specialmente, la gravità
dell’inadempimento 395, là dove invece qualsiasi differenza quantitativa,
393
Al riguardo, I. ZURUTUZA ARIGITA, 181 s., che si ricollega all’impossibilità di realizzare l’operazione e la causa del contratto di finanziamento, sebbene reputi poco verosimile, nella pratica, un inadempimento delle banche.
Sotto altro profilo, dinanzi al perdurante inadempimento dei consorti, potrebbe sussistere l’interesse della singola banca ad adempiere integralmente il debito comune, proprio al fine di scongiurare la risoluzione del contratto, sebbene sia esclusa l’attuazione
solidale dell’obbligazione. Per un ragionamento del genere, rispetto ai debiti frazionari,
F.M. ANDREANI, 708 s., per il quale se non si attribuisse all’adempiente l’azione di regresso nei confronti dei consorti (posti al riparo, grazie al suo pagamento, da una possibile risoluzione ex art. 1453 c.c.), si finirebbe per commettere «una manifesta violazione
del principio di parità di trattamento tra i membri della comunione, che esige un equilibrato riparto fra costoro sia degli oneri sia dei vantaggi connessi alla contitolarità del
rapporto obbligatorio». Su quest’ultimo punto, v. anche supra alla nt. 350, all’interno della
presente Sezione.
394
E v. Ad. DI MAJO, Dell’adempimento in generale, 99; R. MICCIO, Delle obbligazioni in generale, 91; fra le altre, in giurisprudenza, Cass., 17 febbraio 2010, n. 3786;
Cass., 15 gennaio 2001, n. 506.
395
Un adempimento parziale, in quanto inesatto, è pur sempre un inadempimento in
276
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ancorché possa apparire di scarsa importanza, legittima, in linea generale,
il rifiuto del creditore 396.
15. La responsabilità delle banche sindacate per interruzione brutale e concessione abusiva: individuazione delle fattispecie e ripartizione
del danno. – Una volta compreso che le banche sono obbligate pro quota all’adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto di finanziamento, bisogna verificare se tale soluzione possa valere anche per le
ipotesi di responsabilità civile (tanto contrattuale, quanto aquiliana) 397,
connesse all’erogazione del credito in pool. Il riferimento è alle classiche eventualità dell’interruzione brutale e della concessione abusiva 398,
rispetto alle quali non vi è motivo per negarne la possibile ricorrenza
anche in caso di prestito sindacato.
Pare evidente, cioè, che tanto la revoca del fido concesso, quanto l’erogazione del credito (ovvero il mantenimento di quello preesistente)
possono esporre a responsabilità le banche consorziate, in maniera analoga a quanto accade quando il finanziamento non è concesso da più intersenso tecnico e, sotto questo profilo, la formula legislativa è impropria e vale ad esprimere il divieto per il debitore di eseguire la prestazione pro parte: così, Ad. DI MAJO,
Dell’adempimento in generale, 93 ss.; per una diversa valutazione, M. PROSPERETTI, 16
ss., per il quale si ha adempimento parziale se l’offerta non viene respinta ed inadempimento, invece, in caso di rifiuto del creditore.
396
E v. U. NATOLI, 202, per il quale l’offerta è incompleta non solo con riferimento
al capitale, ma anche ad uno qualsiasi degli accessori, essendo sufficiente il difetto di
uno degli elementi che concorrono a definire l’unità quantitativa della prestazione.
397
L’utilizzo del termine “responsabilità” in un’accezione molto lata è frequente, ma
si deve tener ferma, al suo interno, la distinzione tra responsabilità patrimoniale, contrattuale ed aquiliana: nel contesto delle organizzazione collettive, F. GUERRERA, Illecito,
123 ss.
398
Sembra logico affrontare insieme le due ipotesi, rientrando entrambe nella tematica della responsabilità dell’intermediario nell’erogazione del credito. Peraltro, il confine
può essere molto labile, là dove, dinanzi al sospetto di una situazione di crisi del cliente
affidato, la banca è combattuta dalla revoca del credito, ovvero dal suo mantenimento,
con il rischio, in ambo i casi, di incorrere in responsabilità: A. NIGRO, La responsabilità
della banca nell’erogazione, 437; già, A. BORGIOLI, Responsabilità della banca, 203,
secondo cui il banchiere rischia di trovarsi fra Scilla e Cariddi, poiché potrebbe rispondere verso il cliente per un ritiro del fido troppo precipitoso, così come verso i terzi nell’ipotesi opposta; G. TERRANOVA, 223 s., secondo cui la soluzione va cercata nella singola
fattispecie concreta rifacendosi al fondamentale canone della ragionevolezza.
LE BANCHE PARTECIPANTI
277
mediari, bensì isolatamente. È il caso di verificare quale possa essere, sotto
il profilo delle fattispecie rilevanti, l’incidenza della pluralità di finanziatori, per poi affrontare il problema inerente alla ripartizione della responsabilità fra le banche consorziate.
Quanto al primo dei due aspetti, è bene distinguere le ipotesi ed iniziare dall’interruzione brutale, rispetto alla quale è verosimile credere che
l’area della responsabilità della banca possa ampliarsi o restringersi in
virtù delle caratteristiche del credito concesso. Si pensi, in special modo,
alla c.d. linea evergreen, che rappresenta una delle tipiche ipotesi di concessione di credito in pool 399.
Come noto, la responsabilità per revoca del fido si ricollega all’eventualità in cui la stessa venga esercitata in maniera improvvisa ed arbitraria,
allorché il recesso sia contemplato dalla legge o dalla disciplina convenzionale, anche in presenza di contratti di credito di durata determinata 400.
Ebbene, in caso di prestito sindacato evergreen, il rapporto non è indeterminato e le possibilità per la banca di porvi fine sono limitate 401. Alla sca399
Come evidenziato da R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 170; poi, L. FALCIONI,
241 ss.; G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 16 ss.
400
E v. F. ANELLI, La responsabilità risarcitoria, 138 s.; A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 437; ma, con maggiore ampiezza, F. DI MARZIO, Abuso e
lesione, 157 s.; B. INZITARI, La responsabilità della banca, 277 ss., spec. 279 s.
Si tratta di orientamento che riguarda non solo l’apertura di credito, ma i rapporti bancari in genere: in argomento, G.B. PORTALE, Tra responsabilità, 265 s.; poi, A.A. DOLMETTA, Dal testo unico, 460 s.; U. MORERA, Il fido, 206 ss., spec. 216 ss.; in giurisprudenza, Cass., 23 settembre 2002, n. 13823; Cass., 22 novembre 2000, n. 15066; App. Milano, 10 maggio 2002; Trib. Napoli, 8 novembre 2003; in precedenza, diversamente orientate, Trib. Napoli, 8 luglio 1988; Trib. Milano, 24 ottobre 1988. Quanto all’onere della
prova, si afferma che spetti al soggetto che assume l’illegittimità del recesso: così, Cass.,
7 marzo 2008, n. 6186; Trib. Milano, 20 gennaio 2006.
Anche al di fuori dell’ambito bancario, in sede di teoria generale, la giurisprudenza
ritiene che il recesso discrezionale – poiché estingue il rapporto negoziale ed eccepisce
alla regola secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti – deve essere esercitato
nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza: tra le altre, Cass., 18 settembre 2009,
n. 20106; Cass., 18 settembre 2007, n. 19351; e v., pure, Cass., 16 ottobre 2003, n. 15482;
Trib. Roma, 24 maggio 1995. Ne deriva che lo strumento in esame diventa un limite
all’esercizio del c.d. recesso ad nutum ed il recedente è esposto, se in mala fede, al risarcimento dei danni causati all’altro contraente (cfr. G. SANTORO, 766 ss.). Più arduo è,
invece, riuscire a ritenere che il recesso ad nutum improvviso e contrario alla buona fede
sia anche inefficace. Per un’apertura verso un esito simile, G.B. PORTALE, Tra responsabilità, 265; A.A. DOLMETTA, Dal testo unico, 461.
401
Per l’estensione di questo genere di considerazioni – relative alla difficoltà di ri-
278
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
denza fissa prestabilita, il cliente può chiedere il rinnovo, per un numero
di volte indefinito ed ha, in genere, ampia libertà sul versante del recesso;
alle banche, di converso, è consentito venir meno soltanto con congruo
preavviso, di solito fissato in quindici mesi 402. In virtù delle caratteristiche
appena descritte, è assai difficile immaginare che, in questo caso, possano
ricorrere gli estremi per recedere e, per l’effetto, anche per farlo in maniera brutale, in ragione di come è strutturata e disciplinata, in sede pattizia,
l’operazione. Tanto è vero che le banche sono piuttosto propense, qualora
il soggetto finanziato non dia loro più affidamento, a negare la richiesta di
rinnovo alla scadenza prestabilita, ma non ad interrompere il rapporto 403.
È plausibile credere che le probabilità di recedere subiscano un certo
ridimensionamento anche nell’ipotesi in cui il finanziamento sia erogato
con la specifica finalità di risanare l’impresa. L’esperienza empirica dimostra, invero, che sovente la nuova finanza concessa ad un’impresa in
crisi proviene da più intermediari, tanto perché si tratta di importi ingenti,
quanto per la difficoltà che uno di loro se la senta di assumere integralmente il rischio dell’operazione 404. In simili circostanze, l’attribuzione
del recesso libero ai cofinanziatori, in sede convenzionale, dovrebbe costituire un’evenienza rara 405; altrimenti, l’esercizio di siffatto diritto saconoscere il recesso in favore delle banche – ad ogni ipotesi di concessione in pool, I.
ZURUTUZA ARIGITA, 189 ss.
402
La prassi testimonia, secondo quanto di consueto riportato in dottrina, un periodo
da sei a quindici mesi: L. FALCIONI, 242, per la quale la durata indefinita del contratto è
bilanciata dalla previsione di clausole di recesso a favore non solo delle banche, ma altresì del cliente, stavolta con preavviso fissato in un tempo tra sessanta e novanta giorni.
403
Sotto questo profilo, allora, appare corretto chiedersi se sia configurabile una responsabilità per mancata concessione del rinnovo, senza particolari ragioni ed in maniera
arbitraria. Siffatta tematica può ricondursi all’interruzione brutale, per via dell’assimilazione di questa ipotesi con quella del diniego ingiustificato di concedere credito (e v. R.
SGROI SANTAGATI, 626), cui a sua volta può equipararsi l’analogo caso del rifiuto di rinnovo, ferma restando l’impossibilità di configurare un generale obbligo a concedere credito in sé e per sé considerato (in primo luogo, P. ABBADESSA, Obbligo, 530 ss., per il
quale l’obbligo di far credito è estraneo allo statuto dell’impresa bancaria; e, anche per i
dovuti riferimenti, A. VISCUSI, 16 s., testo e nt. 11).
404
Cfr., ai fini della revocatoria del pegno concesso a garanzia del finanziamento in
pool, Cass., 27 ottobre 2015, n. 21807, secondo cui sussiste la piena consapevolezza delle banche sindacate, nell’ambito dell’operazione di salvataggio, della gravità della situazione in cui versa il soggetto finanziato.
405
Occorre, però, fare una precisazione: qualora sia pattiziamente consentito alla
LE BANCHE PARTECIPANTI
279
rebbe verosimilmente abusivo, in quanto inficia, senza ragione, la riuscita
del piano di risanamento del cliente affidato 406.
L’ipotesi della costituzione di pool di salvataggio rileva anche per
quanto attiene al mantenimento in vita di imprese decotte 407. Si tratta, peraltro, di situazioni frequenti nella realtà: si pensi al celebre caso del banco ambrosiano 408, ma non solo. È d’obbligo anche ricordare le note vibanca, in casi del genere, di porre fine ad nutum al rapporto, è ben probabile che ciò possa essere fonte di responsabilità. È chiaro, infatti, che in un sistema, come quello attuale,
volto ad incentivare il sostegno delle imprese in crisi, i finanziatori dovrebbero poter revocare il fido solo se si avvedono che non sussiste la possibilità di raggiungere l’obiettivo per cui il credito è stato erogato. Anzi, in tale ipotesi, una volta appurato con certezza
che il piano è destinato all’insuccesso, potrebbe a ragione ravvisarsi un obbligo d’interruzione da parte delle banche: S. FORTUNATO, La concessione, 68; già, ma non senza ambiguità, F. DI MARZIO, Abuso, 257 s. e 260, secondo cui vi può essere responsabilità connessa
al negligente ritardo nell’interruzione del credito relativo ad un piano rivelatosi infruttuoso,
così come potrebbe essere responsabile la banca che, una volta raggiunta la consapevolezza
dell’infruttuosità del tentativo di salvataggio, interrompe repentinamente l’erogazione.
In quest’ultimo caso, tuttavia, dovrebbe andare esente da censure il comportamento
della banca che, non appena si avvede dell’impossibilità di raggiungere lo scopo per cui
il fido è stato erogato (risanamento o ristrutturazione del debito, anche a carattere liquidatorio), lo revoca. Difficile, cioè, immaginare che, almeno sul piano teorico, si crei un circolo vizioso (come afferma, F. DI MARZIO, Abuso, 260), giacché la rottura del credito è
corretta e legittima, senza poter essere giudicata abusiva, nel momento in cui il finanziatore si rende conto che il piano prestabilito non può riuscire.
406
Per uno spunto, A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 440, ad
avviso del quale si potrebbe arrivare a ritenere non conforme al dovere di correttezza il
comportamento della banca che non continui a prestare gli aiuti necessari all’impresa in
difficoltà; nonché, A. VICARI, 506, che immagina un aumento degli episodi di interruzione abusiva del credito, in connessione con gli incentivi per le banche verso la concessione di nuova finanza.
407
Con la precisazione che la concessione abusiva può sussistere anche se l’impresa è
in crisi, ma non insolvente: P. PISCITELLO, Concessione abusiva, 662 s., secondo cui bisogna far ricorso al concetto di risanabilità dell’impresa, piuttosto che alle comuni categorie proprie del diritto concorsuale.
408
In tale circostanza, si è concentrata l’attenzione sul rapporto tra sussistenza o meno dello stato di insolvenza a seguito dell’intervento del pool di banche, negando che ciò
potesse servire ad escluderne gli estremi, come affermato nell’intera vicenda giudiziaria:
Cass., 17 marzo 1989, n. 1321; App. Milano, 27 dicembre 1985; Trib. Milano, 5 aprile
1984; Trib. Milano, 26 agosto 1982; per la ricostruzione storica dei fatti, C. BELLAVITE
PELLEGRINI, 358 ss., spec. 367 ss.; E. GALANTI, 144 s.; A. PATRONI GRIFFI, Le crisi bancarie, 5 ss. Sul rapporto tra insolvenza ed erogazione di un prestito sindacato, da ultimo,
Trib. Salerno, 6 novembre 2015, secondo cui, in assenza di una (conclamata) situazione
di crisi, la partecipazione ad un pool dovrebbe far pensare ad una valutazione della banca
positiva quanto alla solvibilità del cliente e non al contrario.
280
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
cende inerenti al c.d. gruppo Casillo 409, da cui sono scaturite le tre celebri
sentenze a Sezioni Unite in tema di concessione abusiva di credito 410. In
entrambe le occasioni, i tentativi sono stati in qualche modo promossi da
altri soggetti, più o meno istituzionali, quali la Banca d’Italia nella prima
circostanza e l’ABI nella seconda ipotesi. L’interrogativo che ne consegue è se ciò possa influire sulla valutazione dell’eventuale responsabilità
delle banche. La risposta non può che essere negativa in mancanza di uno
specifico dato normativo. Non vi è dubbio che la “sponsorizzazione” dell’ABI sia irrilevante, trattandosi dell’associazione di categoria delle stesse
banche. Alla medesima conclusione può pervenirsi rispetto all’intervento
della Banca d’Italia, nonostante il ruolo istituzionale di controllo che è
deputata a svolgere 411.
In effetti, i riferimenti che la normativa secondaria contiene, in tema
di vigilanza, alle convenzioni di risanamento assunte da parte di un pool
di banche non autorizzano certamente a pensare ad una sorta di “irresponsabilità” per concessione abusiva, né prendono in considerazione siffatti profili 412. Sicché, l’intervento di un soggetto del genere non rapprePer altro verso, quando i vari operatori bancari sostengono un fittizio piano di risanamento, oltre a non venir meno l’insolvenza, si può concorrere pure in bancarotta semplice nella forma dell’aggravamento del dissesto: così, Trib. Brescia, 7 dicembre 2006;
un riferimento, in dottrina, in R. SANTINI, 630.
409
Un accenno al pool costituito – e promosso dall’Abi – per risanare l’Italsemole
s.r.l. si trova in Trib. Foggia, 11 dicembre 2000; cfr., altresì, Trib. Foggia, 7 maggio 2002;
App. Bari, 17 giugno 2002. Secondo le notizie di cronaca, a fronte di una richiesta di 210
miliardi di lire, il sindacato di banche ne concesse soltanto 16, destinati a procrastinare
ulteriormente il fallimento della società, stando anche a quanto emerso dalle varie pronunce della complessiva vicenda giudiziaria del gruppo.
410
Il riferimento è a Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, nn. 7029, 7030 e 7031.
411
E v., infatti, le considerazioni di M. ARATO, 254, per il quale la Banca d’Italia non
ha il potere di intervenire ex ante nelle decisioni sui singoli rapporti creditizi instaurati
dalle banche, ma ha un’ampia ed incisiva facoltà di intervento ex post in caso di mancata
osservanza delle Istruzioni di Vigilanza; per una netta presa di posizione critica, rispetto
alle pressioni politiche e pubbliche per favorire operazioni di salvataggio, P. SCHLESINGER, Imprese, 245 s.
412
Si veda, ad esempio, quanto stabilito nel paragrafo 7 del Manuale per la compilazione delle Segnalazioni di Vigilanza per gli Intermediari Finanziari, per gli Istituti di
pagamento e per gli IMEL (Circolare n. 217 del 5 agosto 1996 – 14° Aggiornamento del
30 giugno 2015), dove è previsto, fra l’altro, soltanto che non possono configurarsi come
concessioni quegli accordi tra il debitore ed un pool di intermediari creditori grazie ai
quali le linee di credito esistenti vengono temporaneamente “congelate” in vista di una
LE BANCHE PARTECIPANTI
281
senta altro che una mera valutazione di opportunità, finalizzata a favorire
il salvataggio di una determinata impresa, anche nell’ottica dei riflessi
che il suo dissesto potrebbe provocare nel mercato. Nulla più; nel senso
che le banche partecipanti al pool di risanamento non sono, di certo, esonerate dal valutare, con la dovuta diligenza, se è opportuno o meno concedere ancora credito all’impresa in crisi.
Per altro verso, giova osservare che gli episodi del banco ambrosiano
e del gruppo Casillo appartengono ad un’epoca in cui la disciplina delle
procedure concorsuali era incentrata sul fallimento e sulla sua natura liquidatoria. Ora, invece, la mutata prospettiva del legislatore, particolarmente propensa a favorire accordi concordati per risolvere la crisi dell’imprenditore, potrebbe indurre a riflettere diversamente sul tema del sostegno delle imprese in difficoltà, giacché allo spiccato favor per le soluzioni negoziali ne corrisponde anche uno per la corrispondente concessione di nuova finanza.
Dinanzi a questo rinnovato stato delle cose, la necessità di un mutamento di prospettiva rispetto al tema della concessione abusiva è sottolineato a gran voce da più parti. Ed è puntualmente assecondato, in primo
luogo, da coloro che ora richiedono necessariamente l’esistenza del dolo
per riconoscere la responsabilità della banca, escludendo che possa avere
una qualche rilevanza la mera colpa (anche grave) 413. Simile conclusione
non è, tuttavia, oggetto di visione concorde tra gli interpreti.
formale ristrutturazione; mentre il requisito riguardante le “difficoltà economico-finanziarie del debitore” si presume soddisfatto se l’erogazione coinvolge un pool di intermediari, ancorché si tratti di soggetti classificati in bonis, ovvero di esposizioni scadute non
deteriorate. Altra indicazione è contenuta nel paragrafo 2, Titolo V, Cap. 4, Sez. IV, delle
Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche (Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 – 15° Aggiornamento del 2 luglio 2013), là dove si ha riguardo all’acquisizione di partecipazioni in imprese in temporanea difficoltà finanziaria, mediante conversione dei crediti, stabilendo che in caso di pluralità di banche interessate, bisogna individuare una capofila con la responsabilità di verificare la corretta esecuzione del piano ed
il sostanziale conseguimento degli obiettivi intermedi e finali previsti nel programma
stesso.
413
Per siffatta ricostruzione, A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 440, a parere del quale deve ricorrere il vero e proprio dolo, ossia il preciso intento
di mascherare l’insolvenza del debitore, per conseguirne un qualche vantaggio a danno
degli altri creditori, oppure la partecipazione consapevole ad operazioni fraudolente; conforme, in via tendenziale, L. STANGHELLINI, Il credito, 399 ss., spec. 403 s., che effettua
una distinzione tra il finanziamento errato da quello obliquo, ossia mosso da secondi fini
e, perciò, fonte di responsabilità; ID., Finanziamenti-ponte, 1361 s.
282
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
In contrario, potrebbe replicarsi che non vi è alcuna specifica indicazione normativa da cui ricavare tale conseguenza 414, riuscendo perciò arduo giustificare l’esonero da responsabilità della banca che si comporta
in maniera colpevole, sol perché il sistema normativo intende agevolare il
sostegno delle imprese in crisi, allo scopo di evitarne il fallimento 415. Di
certo, il legislatore vuole favorire il salvataggio dei complessi produttivi
e ciò consente di ritenere che nella maggior parte dei casi il rispetto delle
procedure normativamente prefissate possa portare a rifiutare, di fatto, la
responsabilità del finanziatore 416; ma ciò non esclude che possa rimanere
ugualmente censurabile il comportamento delle banche che colpevolmente non valutano in modo corretto l’impossibilità di risanare l’impresa e,
perciò, non si astengono dall’erogazione di credito.
Del resto, la tesi della restrizione della responsabilità della banca per
concessione abusiva al solo caso del dolo, non è uniforme nel delimitare
quale sarebbe l’area in cui siffatta regola dovrebbe operare. In certi casi,
questa soluzione è ancorata alla presenza di due condizioni: il giudizio di
fattibilità espresso nella relazione del professionista e l’omologa del giudice 417. Ciò porterebbe a respingere un ridimensionamento dell’area della
Nella stessa direzione, sia pure con specifico riguardo agli accordi redatti ed omologati ex art. 182-bis l. fall., Gio. TARZIA, Quale tutela, 56, secondo cui il finanziatore non
può essere responsabile, almeno sotto il profilo della colpa, poiché la relazione dell’esperto ed il vaglio giudiziario autorizzano a pronosticare il buon esito del piano.
Già in passato, prima della riforma delle procedure concorsuali, si era fatto riferimento al dolo come elemento costitutivo della fattispecie, ritenendo necessario quello contrattuale e prescindendo in toto, quindi, dall’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2043
c.c.: per questa tesi, L. NANNI, Abuso della banca, 918.
414
Come noto, il legislatore non è intervenuto in ordine ai possibili abusi rinvenibili
in capo ai finanziatori in occasione dei tentativi di risanamento: M. MIOLA, Profili del finanziamento, 1097.
415
A favore di quest’orientamento, S. FORTUNATO, La concessione, 68, secondo cui è
priva di giustificazione la limitazione dei criteri soggettivi di responsabilità, una volta
che siano individuati in concreto gli altri elementi dell’illecito di abusiva concessione di
credito; P. PISCITELLO, Concessione abusiva, 666 s., per il quale nessuna modifica è intervenuta rispetto alle regole di vigilanza, come a quelle operanti nell’erogazione del credito in considerazione dello stato professionale delle banche; cfr., altresì, C. AQUILINO,
601 s.; M. ARATO, 256; M. FRANZONI, La concessione, 328.
416
È la riflessione conclusiva di M. MIOLA, Profili del finanziamento, 1102; in precedenza, L. BOGGIO, 417 s., testo e nt. 47, per il quale con ogni probabilità viene meno il
carattere doloso o colposo della condotta della banca.
417
Posizione espressa da Gio. TARZIA, Quale tutela, 56.
LE BANCHE PARTECIPANTI
283
responsabilità nel caso dei piani di risanamento ex art. 67, comma 3°, lett.
d), l. fall. e delle convenzioni stragiudiziali in genere, mancando, in tali
circostanze, qualsivoglia controllo del giudice. Diversamente, se il criterio
discretivo dovesse ravvisarsi nella sussistenza o meno di fondate prospettive di recupero dell’impresa, in base ad un parametro di ragionevolezza
da valutare ex ante 418, anche i cc.dd. piani attestati di risanamento potrebbero consentire di attribuire ai relativi prestiti un carattere di “meritevolezza”, in virtù della valutazione circa la veridicità e fattibilità effettuata dal professionista 419.
Anche alla luce di queste incertezze, è ragionevole credere che le banche tenderanno ad erogare finanziamenti prededucibili 420, sull’onda, peraltro, della consistente moltiplicazione nel tempo di ipotesi del genere,
proprio al fine di agevolare il sostegno delle imprese in crisi 421. Se il prestito sindacato gode, cioè, della prededucibilità diventa complicato riconoscerne al contempo il carattere abusivo, considerando altresì che tale
beneficio consegue ad una valutazione (di diversa intensità, a seconda delle varie fattispecie) dell’autorità giudiziaria.
Diversa è la prospettiva di S. FORTUNATO, La concessione, 67, a parere del quale per
gli accordi di ristrutturazione ed il concordato preventivo rimane integra la possibilità
che la banca risponda per concessione abusiva, ma mutano i connotati dell’illecito, giacché l’elemento oggettivo non sta più nel creare una falsa percezione di solvibilità dell’impresa, bensì nell’indurre i terzi a fidare su di un risanamento fondato su un piano dolosamente o colposamente inattendibile.
418
Per quest’orientamento, L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte, 1361; nonché,
con le dovute precisazioni, M. MIOLA, Profili del finanziamento, 1098 ss., che giustamente rileva la difficoltà di elaborare con sicurezza una linea di confine netta, essendo
diversificata la disciplina delle varie soluzioni negoziate della crisi delineate dal legislatore.
419
Nello specifico, M. MIOLA, Profili del finanziamento, 1100; M. ARATO, 254, per il
quale il ruolo dell’esperto costituisce una garanzia circa la serietà del piano.
All’opposto, S. FORTUNATO, La concessione, 67, secondo cui il fatto che il piano
possa non essere pubblicizzato induce a ritenere che la posizione dei terzi non muti,
giacché la situazione di insolvenza non può essere percepita da loro in modo chiaro.
420
È una delle evenienze attorno a cui ragiona, per ridisegnare il perimetro della responsabilità della banca per concessione abusiva, A. NIGRO, La responsabilità della
banca nell’erogazione, 439.
421
Tra i tanti, S. AMBROSINI, 471 ss.; F. BRIZZI, 811 ss.
Non è mancato, peraltro, chi ha evidenziato come ad esiti analoghi potesse pervenirsi
già in via interpretativa prima dell’intervento del legislatore: A. BASSI, La illusione,
345 s.
284
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Pure questa conclusione non sembra, tuttavia, incontroversa. Deve all’uopo precisarsi, da un lato, che il giudice non entra tendenzialmente
nella specifica valutazione del finanziamento concesso 422; dall’altro, che
il beneficio in questione dovrebbe comunque essere oggetto, secondo una
tesi, di verificazione nell’ambito dell’accertamento del passivo 423. Ciò starebbe a significare che solo quando la prededuzione è stata riconosciuta e
non contestata nel successivo fallimento, il (definitivo) riconoscimento di
meritevolezza ex lege ad un finanziamento concesso in precedenza dovrebbe portare a rifiutare qualsivoglia responsabilità della banca per concessione abusiva in riferimento ad esso.
422
E ciò tanto se si tratta di un finanziamento in esecuzione, quanto di un finanziamento ponte o interinale, secondo la classificazione in uso in proposito (e v. F. BRIOLINI,
1 ss.; G. LO CASCIO, La prededuzione, 13 ss.; ma cfr. P. BELTRAMI, 48, che preferisce
parlare di finanza strumentale, anziché interinale, al fine di ricomprendere anche l’ipotesi
dei pagamenti di debiti anteriori), giacché il controllo giudiziale, anche nei casi in cui è
più penetrante, pare riguardare comunque aspetti specificamente connessi all’ottenimento della prededuzione (e non alla correttezza dell’erogazione in sé), quali la funzionalità
ex art. 182-quater, comma 2°, l. fall. (alla presentazione della domanda di ammissione al
concordato o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione) per i prestiti ponte (così,
S. AMBROSINI, 475; P. BELTRAMI, 58 s.); ovvero la sussistenza dei requisiti richiesti
dall’art. 182-quinquies, comma 1°, l. fall. (lo rileva, L. BALESTRA, 1406; P. BELTRAMI,
68 s.; ma v. S. AMBROSINI, 475 e 479, ad avviso del quale il giudice si limita a svolgere
un controllo di secondo grado, concernente la completezza e la coerenza della relazione
ex art. 182-quinquies, comma 1°, l. fall.). Senza contare che, nel caso di concordato con
riserva, il compito del giudice si mostra particolarmente arduo, in quanto fondato su dati
parziali, pur se si accede all’idea che il debitore debba anticipare i contenuti del futuro
piano (e v. L. BALESTRA, 1405 s.).
Valutazioni non dissimili possono effettuarsi con riguardo all’ultima (per introduzione legislativa) ed ulteriore ipotesi della c.d. finanza interinale urgente disciplinata dall’art. 182-quinquies, comma 3°, l. fall.
423
Per tale opinione, A. BASSI, La illusione, 349 s., il quale respinge l’ipotesi che i
crediti da finanziamento delle imprese in crisi possano sfuggire alla verifica fallimentare,
non potendoli ricondurre a quelli non contestati per collocazione ed ammontare ex art.
111-bis, comma 1°, l. fall.; all’opposto, A. PISANI MASSAMORMILE, La prededuzione, 14
s., testo e nt. 37, per il quale si tratta di ipotesi specificamente previste dalla legge e, perciò, non disconoscibili, neppure dal giudice; L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte,
1356 s., secondo cui il credito diverrebbe definitivamente prededucibile con l’omologa
del giudice, a prescindere quindi dalla verifica del passivo all’interno del fallimento.
Di certo, la qualità di credito prededucibile, anche indipendentemente dalla necessità
o meno della verifica del passivo nell’eventuale e successivo fallimento, consegue per gli
accordi di ristrutturazione alla loro omologazione (e v. G. LO CASCIO, La prededuzione,
15); mentre per il concordato preventivo, si è affermata la sufficienza del vaglio giudiziario relativo alla fase di ammissione, senza che rilevi l’omologa (così, A. PISANI MASSAMORMILE, La prededuzione, 23 s.; P. BELTRAMI, 63 s.).
LE BANCHE PARTECIPANTI
285
Apprese le particolarità del corretto esercizio del credito erogato in
pool, sul piano delle fattispecie e della connessa responsabilità, può finalmente affrontarsi il tema della ripartizione del danno fra le varie banche
sindacate, anche alla luce della conclusione raggiunta rispetto al tipo di
obbligazione soggettivamente complessa esistente in caso di pluralità di
finanziatori. Può subito dirsi che appare difficile sostenere la permanenza, anche sul versante della responsabilità per concessione abusiva e per
interruzione brutale, del carattere parziario del debito da risarcimento. Rileva, a tal proposito, il disposto dell’art. 2055, comma 1°, c.c. in virtù del
quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone 424, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno 425. Ne deriva, pertanto, che la responsabilità dei cofinanziatori connessa all’esercizio del credito in pool è
solidale, in applicazione di tale norma, per il caso di illecito aquiliano. Il
che tendenzialmente riguarda la concessione abusiva, ma non l’interruzione brutale, in relazione alla quale si postula, secondo la visione tradizionale, una responsabilità ex contractu 426.
A seconda dei casi e dei soggetti pregiudicati, però, può aversi un mutamento della natura della responsabilità in entrambe le ipotesi. Ed invero, la rottura brutale può essere fonte di lesione risarcibile ex art. 2043
c.c. per i terzi contraenti che sono stati lesi dall’interruzione improvvisa
del finanziamento, non avendo potuto portare a termine determinate operazioni 427.
424
Presupposto dell’applicazione della norma è ravvisato nell’unicità dell’evento dannoso e non dell’intera fattispecie di responsabilità: C. SALVI, La responsabilità, 179 ss.
425
A questa norma è stato fatto riferimento, nell’ambito della concessione abusiva
di credito, per il caso del concorso di responsabilità tra banca ed amministratori della
società finanziata: I. PAGNI, 449; Cass., 1° giugno 2010, n. 13413; Trib. Messina, 2
settembre 2008.
426
Tra molti, F. ANELLI, La responsabilità risarcitoria, 140; A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 437; R. SGROI SANTAGATI, 629; A. VISCUSI, 17, per la
quale tale conclusione s’impone per la presenza di un contratto, essendo di conseguenza
agevole riscontrare la violazione dell’obbligo di darvi esecuzione secondo le regole di
correttezza e buona fede.
427
Per siffatta riflessione, B. INZITARI, La responsabilità della banca, 279 s., a parere
del quale tali soggetti possono aver perso i capitali investiti nei più diversi rapporti contrattuali intrattenuti con l’impresa sovvenuta; circostanza che non sarebbe accaduta, consentendo di portare a termine l’affare in corso, ove fosse stato mantenuto in vita il finanziamento; ma v., per il tentativo di ricondurre anche tale ipotesi di responsabilità a quella
contrattuale, A. VISCUSI, 206 ss.
286
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
In modo analogo, con riferimento alla concessione abusiva, specialmente a seguito dell’evoluzione del dibattito in materia, è mutata la classica prospettiva volta ad una riassunzione esclusiva dell’istituto nell’ambito della responsabilità da torto 428. Benché non manchino, tuttora, voci
in questa direzione 429, deve rilevarsi come sia da più parti sottolineato il
carattere pluri-offensivo dell’illecito commesso dalla banca nella concessione abusiva di credito 430. Ciò ha portato a distinguere il pregiudizio
428
I primi studiosi del tema hanno sempre fatto riferimento al carattere aquiliano della responsabilità de qua, propendendo sovente per escluderne la sussistenza dei relativi
presupposti: v. R. CLARIZIA, “La responsabilité du banquier donneur de crédit”, 361 ss.,
spec. 364 ss.; A. BORGIOLI, Responsabilità della banca, 199 ss., secondo cui di certo
l’eventuale tutela sarebbe di tipo non contrattuale, ma non ve ne sarebbero gli elementi: i
diritti di credito asseritamente danneggiati restano in realtà integri a giudizio dell’A., là
dove il pregiudizio si produrrebbe, invece, sul piano della garanzia patrimoniale (non tutelabile ex art. 2043 c.c.); C.M. PRATIS, Responsabilità, 841 ss.; ma per alcune significative eccezioni, A. NIGRO, La responsabilità della banca per concessione “abusiva” di
credito, 310 ss., spec. 332 ss.; F. GALGANO, Civile e penale, 22.
A dire il vero, poi, già a partire dagli anni novanta, si è iniziato a sottolineare un grado di articolazione della concessione abusiva più complesso di quello prospettato in origine; tuttavia, la prospettiva ha continuato ad essere quella della responsabilità (aquiliana) nei confronti dei terzi lesi rispetto alle loro determinazioni negoziali dalla situazione
di apparente solidità dell’impresa sovvenuta scorrettamente: B. INZITARI, Concessione
abusiva, 420 ss.; ID., La responsabilità della banca, 281 ss.
429
Con forza, A. NIGRO, La responsabilità della banca nell’erogazione, 438, per il
quale «la responsabilità per concessione abusiva è e saldamente resta responsabilità extracontrattuale e il criterio di imputazione è e resta» quello «della colpa o del dolo»; F.
DI MARZIO, Abuso, 199 ss. e 204 ss., dopo una critica delle varie tesi propense ad intravedere una responsabilità da inadempimento (189 ss.); A. VISCUSI, 104 ss., spec. 114 ss.;
conformi, a quanto consta, M. ARATO, 256; C. ESPOSITO, 862 s.; G. FAUCEGLIA, Abusiva
concessione, 646 ss.
Nello stesso senso, in sostanza, si esprimono i primi cenni giurisprudenziali (e soltanto di cenni si tratta, tanto è che si parla di falsi precedenti: S. FORTUNATO, La concessione, 65, nt. 3): Cass., 13 gennaio 1993, n. 343; Cass., 8 gennaio 1997, n. 72; Trib. Milano,
9 maggio 2001; mentre già le tre sentenze gemelle delle Sezioni Unite prospettano la necessità di diversificare il danno da abuso di credito cagionato nei confronti dei terzi (creditori inclusi), di natura aquiliana; da quello che subisce il patrimonio del creditore per
effetto dell’inadempimento, ricollegabile anche all’attività di un soggetto diverso dall’inadempiente. Si afferma, testualmente, che «le due responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale risalgono a fatti pregiudizievoli distinti ed autonomi, i quali possono dare
luogo a distinti eventi dannosi», con conseguente necessità di autonoma allegazione di
ciascuno dei due: cfr. Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, nn. 7029, 7030 e 7031; poi, Trib.
Messina, 2 settembre 2008.
430
Ad esempio, anche per riferimenti, V. PICCININI, 158 ss.; peraltro, il carattere plu-
LE BANCHE PARTECIPANTI
287
perpetrato a danno degli altri creditori (sia singolarmente che come massa), da quello che si produce nei riguardi del soggetto finanziato, immaginando che solo nel primo caso la responsabilità debba rientrare nell’alveo dell’art. 2043 c.c. Nella seconda ipotesi, di contro, sovente si ravvisa
una responsabilità di natura contrattuale 431. E, perciò, tanto in questa eventualità, quanto nella configurazione tradizionale dell’interruzione brutale è inapplicabile, almeno prima facie, il disposto dell’art. 2055 c.c.
Potrebbe, nondimeno, postularsi, in siffatte evenienze, l’applicazione
analogica della norma de qua, finendo così per riconoscere ugualmente
una responsabilità solidale delle banche sindacate nell’obbligazione risarcitoria 432. Di sicuro, un’opzione interpretativa del genere trova terreno
fertile se si enfatizza la labilità del discrimen tra la responsabilità aquiliaridirezionale dell’illecito serve spesso a distinguere il pregiudizio arrecato al singolo creditore da quello che investe indistintamente qualsiasi creditore: specialmente, M. FERRARI, 419 ss., spec. 432 ss., che respinge, peraltro, la distinzione da altri effettuata tra creditori anteriori e successivi all’erogazione abusiva; conforme, B. INZITARI, L’abusiva concessione, 470 s.
431
Si veda, sul punto, l’analitica ricostruzione di P. PISCITELLO, Concessione abusiva, 669 ss.
Una responsabilità di natura contrattuale viene anche individuata, talvolta, nei confronti degli stessi creditori, argomentando dalla sussistenza di un obbligo di protezione:
S. FORTUNATO, La concessione, 68, il quale intravede tale dovere, in caso di soluzioni
negoziali della crisi, tanto nei confronti dei partecipanti (di buona fede), quanto nei riguardi dei creditori estranei, i quali sono comunque coinvolti dal tentativo di risanamento; per questa tesi, già, G. FRANCHINA, 662 ss., spec. 665 s.; poi, R. SGROI SANTAGATI,
629; C. SCOGNAMIGLIO, Ancora sulla responsabilità, 657 s.; per una visione critica, F.
ANELLI, La responsabilità risarcitoria, 152 ss., secondo cui, peraltro, non sussiste un’obbligazione di risultato e, perciò, tale ricostruzione non potrebbe comunque portare ad
un ribaltamento dell’onere della prova ai sensi dell’art. 1218 c.c.; nonché, A. VISCUSI,
105 ss.
La responsabilità ex contractu della banca per concessione abusiva è stata, sebbene in
via isolata, sostenuta finanche nei confronti dei garanti del soggetto finanziato, muovendo dalla necessità di tutelare la posizione di coloro che, come i fideiussori, rischiano di
essere lesi in maniera irreversibile, stante l’inutilità di un eventuale regresso, pur consentendo, però, alla banca di concedere ugualmente credito, proprio in virtù dell’affidamento esclusivo sul loro patrimonio. La tesi appartiene a G. LO CUOCO, 214.
432
Di quest’avviso, A. DE CUPIS, n. 36, 242 s., secondo cui, una volta accolto il principio inverso a quello dell’art. 1188 del codice abrogato, in presenza di un’unica «obbligazione inadempiuta da più debitori, dato che tale obbligazione è presunta solidale, essa
conserverà il carattere della solidalità pur dopo che la sua inesecuzione, imputabile alle
colpe concorrenti dei vari debitori, avrà modificato il suo oggetto, trasformandolo nella
prestazione risarcitoria».
288
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
na e quella contrattuale 433, concludendo per l’inclusione dell’inadempimento nella categoria dei fatti dannosi accanto ad ogni altra possibile fonte di un’obbligazione risarcitoria 434.
In contrario, deve rimarcarsi che il dibattito circa l’individuazione di
una linea di confine, più o meno netta, tra le due forme di responsabilità,
non può trascurare l’esistenza di taluni caratteri distintivi sul piano normativo, là dove sono trattate in maniera diversa dal legislatore sotto il profilo delle regole di riferimento 435. Bisogna, allora, svolgere un ragionamento differente e considerare qual è la ratio della regola posta nell’art.
2055 c.c., allo scopo di comprendere se, in qualche modo, sia o meno ricollegabile ad una particolare caratteristica tipica dell’illecito aquiliano.
Ebbene, la ragione giustificatrice insita nel primo comma dell’art.
2055 c.c. è la stessa posta alla base dell’art. 1294 c.c., ossia la tutela del
creditore dinanzi ad una pluralità di debitori, attraverso la predisposizione
del meccanismo della solidarietà al fine di facilitare l’adempimento della
sua pretesa 436. Ed infatti, l’eadem causa obligandi pare doversi rinvenire,
in tal caso, proprio nel fatto dannoso prodotto da una pluralità di soggetti 437, senza che ciò abbia alcuna connessione con la natura dell’illecito
433
Specialmente, F. GIARDINA, 41 ss. e 129 ss., che analizza le due forme di responsabilità ed afferma che «i punti di riferimento dei due sistemi divengono potenzialmente
interscambiabili» (92), concludendo per un rapporto di genere a specie tra responsabilità
aquiliana e debitoria; per riflessioni analoghe sul tema, tra molti, già G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale, 723 ss., che propende per un’impostazione unitaria dei problemi
della responsabilità civile; F.D. BUSNELLI, Verso un possibile, 748 ss.; ma, per una decisa e motivata critica, C. CASTRONOVO, La nuova, 449 ss., 455 ss. e 560 ss.; nonché, C.
SALVI, La responsabilità, 8 ss., che rimarca diversità di funzioni e di regolamentazione.
434
Con forza, M. ORLANDI, 264 ss., per il quale l’art. 2055 c.c. non discerne tra tipi
di fonti, né tra criteri di imputazione, omettendo ogni indicazione al riguardo e rimandando così alle singole norme disciplinatrici, tutte sussumibili nella fattispecie di solidarietà risarcitoria.
435
È chiaro, cioè, che alcune peculiarità dei due modelli di responsabilità sono incontestabili: pur nella prospettiva di respingerne la tradizionale e radicale separazione concettuale, F.D. BUSNELLI, Verso un possibile, 748.
436
Si veda quanto detto supra al § 12 del presente Capitolo. È bene chiarire che la
prospettiva indicata nel testo prescinde dal dibattito circa la preminenza della solidarietà
o del concorso nell’illecito in seno all’art. 2055 c.c.: per un quadro della questione, S.
MARULLO DI CONDOJANNI, 411 ss.
437
Al riguardo, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 185; M. FRANZONI, Dei fatti illeciti,
714 ss., per il quale la norma presuppone l’accertamento di un fatto unitario di danno e
LE BANCHE PARTECIPANTI
289
(aquiliano), del tutto irrilevante rispetto alla disciplina dettata dal legislatore. Questo significa, pertanto, che la regola della solidarietà nell’obbligazione risarcitoria è riferibile anche alla responsabilità contrattuale, per
l’applicazione analogica dell’art. 2055, comma 1°, c.c., ovvero per quella
diretta dell’art. 1294 c.c.
D’altra parte, nella medesima direzione è orientata, almeno nella sostanza, la giurisprudenza costante che addossa in capo a più soggetti, in
via solidale, il dovere di risarcire il danno da loro prodotto, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento, a prescindere dal titolo della responsabilità 438, ovvero dal concorso di più forme di illecito 439.
In definitiva, dunque, la responsabilità risarcitoria delle banche sindacate nell’esercizio del credito sarà sempre di natura solidale, anche se il titolo dell’illecito sia contrattuale, così come non rileva, al proposito, il fatto che l’obbligazione derivante dal finanziamento riveste carattere frazionario.
Resta da precisare ancora un ultimo aspetto, ossia la ripartizione interna dell’obbligazione (risarcitoria) tra i vari cofinanziatori, dovendosi avere riguardo, per quanto detto, ancora all’art. 2055 c.c.; e, quindi, al criterio
di proporzionalità rispetto alla colpa, salvo il caso di dubbio (art. 2055,
commi 2° e 3°, c.c.) 440. È inevitabile respingere la ripartizione in quote
l’individuazione dei responsabili in base all’efficienza causale delle rispettive azioni; di
recente, U. LA PORTA, 172 ss.; ma v., per una netta separazione tra solidarietà contrattuale e risarcitoria, M. DE ACUTIS, La solidarietà, 529 ss.
438
Tra molte, Cass., 30 marzo 2010, n. 7618; Cass., SS.UU., 15 luglio 2009, n. 16503;
Cass., 16 dicembre 2005, n. 27713; nonché, Trib. Milano, 24 giugno 2010; tuttavia, v.
Cass., 25 maggio 2005, n. 11018, secondo cui il principio generale di solidarietà tra coobbligati ex art. 2055, comma 1°, c.c., sancito espressamente in materia di responsabilità
extracontrattuale, è applicabile anche a quella contrattuale.
439
Classica è l’ipotesi del concorso tra responsabilità aquiliana e contrattuale, in cui
la giurisprudenza non esita a riconoscere la solidarietà fra i vari responsabili, spesso sottolineando come ciò derivi dall’applicazione del principio generale del nesso di causalità,
piuttosto che dalla codificazione della regola di cui all’art. 2055 c.c.: Cass., 12 dicembre
2013, n. 27875; nelle pronunce di merito, Trib. Varese, 14 marzo 2012; in dottrina, ex
multis, M. FRANZONI, Dei fatti illeciti, 722 ss.
440
A differente conclusione si giunge muovendo dalla radicale inapplicabilità dell’art. 2055 c.c. alla responsabilità contrattuale, come sostenuto, ad esempio, da P.G. MONATERI, 290, per il quale la solidarietà si presume, in tal caso, in parti uguali, riferendo la regola della proporzionalità alla colpa solo all’illecito aquiliano.
290
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
uguali, poiché il pregiudizio prodotto è corrispondente al quantum di finanziamento erogato, tanto se si tratta di concessione abusiva, quanto in
caso di interruzione brutale. Di qui, è preferibile ritenere che la ripartizione debba corrispondere alle quote di partecipazione al prestito, poiché è
questa la percentuale in cui concorrono le varie banche nel determinare il
pregiudizio 441.
16. Il carattere parziario dell’obbligazione soggettivamente complessa delle banche dal lato attivo. – Ricostruite le regole applicabili alle banche dal lato passivo, anche tramite l’individuazione del tipo di obbligazione sussistente tra loro, resta irrisolto il problema (speculare) della qualificazione dei crediti de quibus dall’altro versante 442. Occorre, cioè, comprendere se ciascuna banca possa esigere l’intero o unicamente la parte di
rispettiva pertinenza, ovvero solo la propria quota, ma contestualmente
(ed insieme) agli altri.
Prendendo le mosse da quest’ultima ipotesi, può senz’altro scartarsi
l’idea che l’obbligazione sia ad attuazione congiunta 443, perché manca
qualsivoglia indicazione al riguardo sul piano convenzionale; né si tratta
di una caratteristica intrinseca della prestazione creditizia vantata dai cofinanziatori, non essendo necessario il concorso di tutte le banche sindacate per consentire l’adempimento al debitore.
Assai più delicato è, per contro, il discorso relativo alla solidarietà. Non
è detto, in effetti, che gli intermediari intendano escludere tale evenienza
dal lato attivo del rapporto, giacché ciò consentirebbe a ciascuno di chie441
Non vi è dubbio che la graduazione delle colpe tra i soggetti responsabili sia meramente interna, senza alcuna incidenza sul regime della solidarietà, con la conseguenza
che l’eventuale azione proposta solo nei confronti di uno dei responsabili (nel nostro caso, una delle banche consorziate) non comporta rinuncia al vincolo solidale (cfr. Cass.,
10 gennaio 2011, n. 291).
442
Il punto non è oggetto di esame in dottrina, perché spesso le indagini si limitano
ad escludere che le banche siano obbligate solidalmente, senza andare oltre, fermandosi
cioè al lato passivo e senza nemmeno esaurire in pieno l’indagine su questo fronte. E v.,
ad esempio, R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169, secondo cui si tratta di un «investimento pro quota e senza vincolo di solidarietà»; in Spagna, A.J. AURIOLES MARTÍN,
36; L.J. CORTÉS, 699; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 758 s.
443
Ciò starebbe a significare la necessità del concorso di tutte le banche consorziate
al fine di permettere al debitore di adempiere.
LE BANCHE PARTECIPANTI
291
dere il pagamento integrale per ogni debito sorto in capo al cliente (vuoi
che siano interessi, singole rate, capitale, a seconda della fase e del tipo di
prestito concesso) 444. D’altra parte, all’ipotetico vantaggio per le banche
di poter ottenere la prestazione in un’unica volta, si aggiunge quello del
debitore che può adempiere più facilmente nei confronti di un solo creditore 445. Emerge, in quest’ottica, la profonda diversità della funzione dell’obbligazione solidale attiva rispetto a quella passiva, poiché la prima
può rappresentare un’utilità non solo per i creditori, ma pure per il debitore 446, se non soltanto per quest’ultimo 447.
Ed invero, in base al singolo caso concreto, non è detto che la solidarietà attiva riesca ad attribuire ai creditori un effettivo beneficio, dipendendo ciò anche dalla qualità dei concreditori e di quella dell’originario
debitore. Potrebbe, cioè, essere preferibile incassare la propria quota da
quest’ultimo, piuttosto che agire in regresso verso il consorte che ha riscosso l’intero 448. Nel caso di specie, in realtà, sembra logico immaginare che per le banche sia meglio agire per il recupero della rispettiva
porzione nei confronti delle altre, le quali rappresentano di regola dei
soggetti solvibili, anziché verso l’impresa finanziata. Né sembra che una
simile evenienza vada a scontrarsi con le caratteristiche funzionali dell’operazione creditizia in sé, per l’ovvia ragione che, come rilevato in
precedenza, il finanziamento in senso stretto può assumere forme del
444
Anche la solidarietà attiva serve a rafforzare, almeno in linea teorica, la posizione
dei creditori ed è considerata dalla legge come una modalità rispondente solo al loro interesse: D. RUBINO, Delle obbligazioni, 184 e 194 ss.
445
Tra molti, C. GANGI, 151 s. e 171; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 194.
446
Al riguardo, G. AMORTH, 67 s.; M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 678, per il
quale il debitore può avere il vantaggio di adempiere totalmente ad un solo soggetto,
senza dover effettuare ulteriori indagini; per i creditori, come naturale, l’utilità sta nel
fatto che ognuno può richiedere l’intera prestazione.
447
Di quest’avviso, C.M. MAZZONI, 753.
448
Per siffatto ragionamento, di recente, R. SICLARI, Delle obbligazioni in solido, 173
s.; prima, G. AMORTH, 68; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 194, il quale propende, come
appare evidente, per l’applicazione del regresso anche alla solidarietà attiva (229 s.), seguendo un orientamento ampiamente condiviso da diversi studiosi (si vedano, in particolare, G. AMORTH, 230 s.; F.M. ANDREANI, 707; U. BRECCIA, Le obbligazioni, 189, che parla di una corrispondente norma implicita in tema di solidarietà attiva; all’opposto, tuttavia, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 681, per il quale sussiste maggiore vicinanza
con l’azione che compete al mandante verso il mandatario; sulle sue orme, Alb. RAVAZZONI, Regresso, 360).
292
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
tutto variabili 449. È chiaro, però, che osservazioni del genere, in punto
di fatto, non possono certo condurre ad intravedere un legame di solidarietà attiva fra le banche.
Il tema è, come già anticipato, quasi del tutto trascurato in dottrina. I
pochi e fugaci accenni esistenti in proposito non sembrano motivare le
relative conclusioni, giungendo peraltro a soluzioni divergenti. Si intravedono, talvolta, gli estremi della solidarietà attiva verso il debitore 450; e, in
altre circostanze, si prospetta l’ipotesi opposta dell’esistenza di una serie
di posizioni creditizie per quanti sono i singoli intermediari 451. Non ricorrono, a quanto pare, opinioni propense ad intravedere, invece, un’obbligazione parziaria.
Di certo, non pare corretto negare che si instauri un regime di solidarietà attiva muovendo dal presupposto dell’esistenza di un numero di crediti pari ai cofinanziatori 452, giacché si è osservato, in precedenza, come
sia più corretta la tesi contraria, in virtù della quale il finanziamento è
uno soltanto; tanto è vero che si sono riscontrati in pieno i canoni dell’obbligazione soggettivamente complessa 453. Rimane, perciò, oscuro il problema della natura del credito di restituzione del prestito vantato dai cofinanziatori. Per affrontarlo in modo compiuto, conviene, in primo luogo,
449
In altri termini, non convince l’idea del presunto contrasto tra la solidarietà ed il
fatto che l’utilizzo delle molteplici linee di credito aperte nell’ambito del prestito in pool
avverrebbe a totale discrezione del soggetto finanziato, non solo quanto all’importo, ma
altresì per la scelta del cofinanziatore cui chiedere l’anticipazione (è quanto sostiene, G.
MEO, Garanzie bancarie, 262 s., secondo cui il credito avrebbe, pertanto, natura frazionabile in corrispondenza del fabbisogno finanziario del beneficiario).
Queste caratteristiche, invero, non sembrano ricorrere mai, al di là della variabilità
del negozio di finanziamento in senso stretto (e v. quanto rilevato supra al § 5, Capitolo
Secondo). Ed infatti, nei prestiti sindacati accentrati, i versamenti passano sempre per il
tramite della capofila ed avvengono in proporzione dei membri; in mancanza della banca
leader, è proprio la struttura dell’operazione creditizia, più semplice (es. concessione di
credito in un’unica volta), che esclude la possibilità di avere versamenti non proporzionali, ovvero la facoltà di scelta del soggetto cui chiedere l’erogazione.
450
A quanto consta, L. RADICATI DI BROZOLO, 241, che parla di «solidarietà nei confronti del mutuatario».
451
Cfr. B. GADANECZ, Il mercato dei prestiti sindacati, 84, secondo cui le varie banche hanno un credito separato nei confronti del debitore; conforme, G. MEO, Garanzie
bancarie, 263, che parla di una «pluralità di fasci obbligatori autonomi».
452
Posizione espressa da M. BELLIS, Le partage des risques, 162.
453
Si veda quanto rilevato supra ai §§ 7 e 16, Capitolo Secondo.
LE BANCHE PARTECIPANTI
293
individuare qual è, secondo le norme di diritto comune, il regime suppletivo, per poi poter svolgere delle ulteriori riflessioni, al fine di verificare
l’esistenza di eventuali disposizioni legali o convenzionali riferibili al
problema in esame, alla luce degli interessi in gioco e della volontà delle
parti.
La differenza di vedute appena riportata – tra solidarietà attiva e pluralità di obbligazioni semplici per qualificare la posizione delle banche sindacate dal lato attivo – non sembra rispecchiare un analogo contrasto esistente, in linea generale, in ordine alla ricostruzione della fattispecie residuale in cui sono presenti più creditori (o, meglio, sull’individuazione del
modello legale applicabile in tal caso). Appare, infatti, del tutto isolata l’opinione secondo cui la solidarietà attiva dovrebbe presumersi alla stregua
di quella passiva ed alle stesse condizioni 454, immaginando quindi che il
sistema di default sia sempre lo stesso da ambo i versanti.
In senso diametralmente opposto, e ampiamente consolidato, si è asserito che il carattere frazionario dell’obbligazione costituisce la regola
quando vi sono più creditori che vantano la stessa pretesa nei confronti di
un comune debitore, mentre la solidarietà costituisce, in questa circostanza, l’eccezione 455, essendo agevole e manifesto, inoltre, l’uso dell’argomentazione a contrario rispetto a quanto previsto dall’art. 1294 c.c. 456.
Dunque, i rapporti si invertono e ciò implica che alla molteplicità di creditori sta il carattere frazionario del credito come alla pluralità di debitori sta
454
In tal senso, M. FRAGALI, Confideiussione, 201 ss. e 214.
Di tale avviso, G. AMORTH, 66 e 69; L. BARASSI, I, 209 ss.; U. BRECCIA, Le obbligazioni, 171 s.; Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 310 s., per il quale il legislatore
ha pensato che, in caso di pluralità di creditori, dovesse prevalere un apprezzamento concreto dei loro interessi, non potendosi operare una valutazione ex ante; A. FIORENTINO,
Del conto corrente, 147; ID., Le operazioni bancarie, 14; poi, C.M. MAZZONI, 750; St.
D’ANDREA, La parte soggettivamente complessa, 105, a giudizio del quale i crediti sono
parziari o, in forza di specifica clausola, solidali; A. FINESSI, 296; U. LA PORTA, 86 s., il
quale argomenta dalla mancanza della medesima esigenza sottesa alla solidarietà passiva.
In giurisprudenza, per l’affermazione del principio secondo cui la solidarietà attiva
non si presume, Cass., 18 giugno 2001, n. 8235; Cass., 29 maggio 1998, n. 5316; Cass., 15
settembre 1995, n. 9771; Cass., 11 gennaio 1986, n. 101, che, peraltro, reputa necessario
uno specifico patto e nega l’eventualità di desumerne la presenza da una clausola con cui
si conferisce ad uno dei creditori il potere di rappresentanza degli altri.
456
In tal senso, V. CAREDDA, 480; C. GANGI, 170 ss.; D. RUBINO, Delle obbligazioni,
193 s., che aggiunge, a conferma della tesi, anche l’evoluzione legislativa ed i precedenti
storici. Da ultimo, R. SICLARI, Delle obbligazioni divisibili, 318.
455
294
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
la solidarietà dell’obbligazione 457. Pertanto, in mancanza di diverse indicazioni di fonte normativa o convenzionale, in relazione al credito da restituzione del prestito erogato deve ritenersi sussistente un’obbligazione parziaria fra le banche, anche dal lato attivo. Ciò appare conforme in pieno alla loro volontà di ripartire il rischio mantenendo ciascuna la rispettiva autonomia, senza attribuire al singolo cofinanziatore il potere di incassare il tutto,
dovendo altrimenti recuperare la propria parte dall’accipiens, appunto in
contrasto con l’esigenza di conservare l’indipendenza dei vari intermediari.
Si preferisce, cioè, rimanere autonomi il più possibile e, perciò, la solidarietà attiva non si mostra coerente rispetto agli interessi in gioco, quantomeno
dalla prospettiva delle banche.
Per la verità, simile esito potrebbe non assecondare le esigenze del cliente, ma la forza contrattuale delle banche impedisce a quest’ultimo di
riuscire a negoziare una condizione differente; fermo restando, nondimeno, che nei prestiti sindacati accentrati la presenza della capofila dovrebbe
riuscire a contemperare entrambe le posizioni e le esigenze sottostanti: consentire al cliente di effettuare un solo versamento, per poi ripartirlo in proporzione fra i vari cofinanziatori, i quali perciò non sono onerati, né esposti al rischio di dover agire contro chi ha ricevuto il pagamento per recuperare la relativa quota.
Bisogna, comunque, eseguire un’ulteriore indagine sul terreno normativo, come già anticipato, al fine di appurare se ricorrano alcune disposizioni
applicabili ai crediti sindacati, potendo passare, in caso di esito negativo,
alla verifica circa l’esistenza o meno di clausole pattizie che, pur non sancendo espressamente la solidarietà attiva (ipotesi inesistente nella prassi),
possono in qualche modo – vale a dire implicitamente – far sorgere dei dubbi al riguardo 458.
Sul piano legislativo, il discorso appare complicato dal fatto che esistono alcune norme, relative proprio al settore bancario, in cui si prevede
457
Non mancano, anche in tal caso, specifiche applicazioni: una di queste è stata rinvenuta nell’art. 1758 c.c., concernente la provvigione spettante a più mediatori, oggetto
di frazionamento tra di loro: per tale considerazione, M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 11, testo e nt. 22; ma v. G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 176 s., secondo cui
si tratta di un’ipotesi di deroga alle regole sull’adempimento delle obbligazioni, in considerazione di interessi specifici e peculiari.
458
Il riferimento è alla c.d. clausola di distribuzione proporzionale, su cui v. infra al
paragrafo successivo.
LE BANCHE PARTECIPANTI
295
un regime di solidarietà attiva, in deroga alla regola dispositiva di parziarietà 459. Si tratta dell’ipotesi della cassetta di sicurezza intestata a più persone, la cui apertura è consentita singolarmente a ciascuno degli aventi
diritto (art. 1840 c.c.) 460; e del conto corrente cointestato (art. 1854 c.c.),
dove è prevista la presunzione di solidarietà non solo dal lato passivo, ma
altresì da quello attivo come immediata conseguenza della facoltà di utilizzo disgiunto da parte dei contitolari 461.
È chiaro che se si propendesse per la natura eccezionale di tali prescrizioni, come spesso accade 462, sarebbe troncato a monte ogni dubbio, in
senso negativo, circa l’eventualità di estenderle a fattispecie differenti. Tuttavia, è preferibile prescindere da tale valutazione, poiché potrebbero avanzarsi, mutatis mutandis, le stesse critiche rivolte avverso l’impossibilità di applicare in analogia le norme che prevedono ipotesi di parziarietà
dal lato passivo, a dispetto del regime residuale di solidarietà 463.
459
E v. C. GANGI, 172.
È affermazione comune che si tratta di un’ipotesi di solidarietà attiva, con conseguente liberazione della banca in seguito al compimento delle operazioni d’immissione e
ritiro del contenuto della cassetta da parte di uno degli intestatari: già, A. ASCOLI, Cassetta di custodia, 717; poi, G. MOLLE, Cassette di sicurezza, 1157; da ultimo, G. LIACE,
Del servizio bancario, 153 ss.
461
È quanto afferma, M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 11 s., 16 e 20, per il
quale il legislatore ha, così, inteso consentire alla banca di liberarsi pagando all’uno o all’altro dei contitolari, ciascuno dei quali può isolatamente dagli altri disporre delle somme a credito; U. LA PORTA, 165 ss.; in precedenza, A. FIORENTINO, Del conto corrente,
146 s., secondo cui la solidarietà attiva sussiste soltanto in presenza della facoltà, stabilita per patto contrattuale, di compiere operazioni anche separatamente; B. RENDA, 40 s., a
parere del quale la ratio della disposizione è quella di impedire che il conto corrente, unitario e destinato a perdurare nel tempo, possa frantumarsi, nel momento stesso in cui
sorge, in una pluralità di rapporti; N. SALANITRO, Le banche, 138 e 140 ss.
462
Conclusione raggiunta proprio muovendo dal presupposto della mancanza, nel
contesto strettamente normativo, della presunzione di solidarietà attiva e della ratio
ascrivibile a tale opzione legislativa: per simili osservazioni, Ad. DI MAJO, Obbligazioni
solidali, 311; D. RUBINO, Delle obbligazioni, 197.
463
V. le riflessioni svolte supra al § 13 di questo Capitolo.
Del resto, l’art. 1854 c.c. è stato esteso ad altre fattispecie, come nel caso di cointestazione di deposito a risparmio con facoltà di disposizione disgiunta: G.F. CAMPOBASSO, I depositi bancari, 170 e 178; M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 677; G. MOLLE, Deposito bancario, 523, per il quale ricorre un’ipotesi di solidarietà attiva, derivante
dagli artt. 1292 e 1854 c.c., con applicazione nei rapporti interni della presunzione posta
nell’art. 1298 c.c.; nonché di quello semplice sul presupposto che il singolo potrebbe comunque prelevare l’intero importo, anche se non sono ammessi successivi versamenti e
460
296
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
In quest’ottica, è bene esaminare più da vicino le previsioni in questione. Non sembra essere d’aiuto alcuno, in proposito, la disciplina concernente le cassette di sicurezza, poiché non si ha qui riguardo ad una prestazione pecuniaria, tanto è vero che la regolamentazione ivi prevista sembra
spiegare la propria ratio proprio in ragione del particolare tipo di credito
vantato dai contitolari della cassetta 464. Più complesso, invece, è il discorso
relativo al conto corrente cointestato, giacché tale disposizione attiene ad
una somma di danaro; e, infatti, dalla stessa si sono tratte significative indicazioni pure rispetto ad altri rapporti creditizi, come quelli di fido 465.
Contro l’estensione dell’art. 1854 c.c. alla posizione delle banche sindacate milita, tuttavia, il rilievo dirimente – del resto, valevole anche per le cassette di sicurezza – che si tratta di prescrizione inerente alla plurisoggettività
prelevamenti parziali durante lo svolgimento del rapporto, essendo rimborsabile la somma in un’unica soluzione: così, M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 18; di avviso
contrario, B. RENDA, 13 s., il quale argomenta appunto dall’impossibilità di atti di esecuzione ripetuti e di variazioni quantitative della prestazione dovuta.
464
Efficace il richiamo a N. SALANITRO, Le banche, 132 ss., a giudizio del quale la
norma sulle cassette, con cui si attribuisce ai cointestatari il diritto di ricevere dalla
banca la restituzione di cose determinate, appare di applicazione singolare. L’A. muove per lo più dalla diversità di disciplina rispetto a quanto previsto dall’art. 1772,
comma 1°, c.c., a mente del quale se i depositanti di una cosa non si accordano per la
restituzione, questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria; P.
PISCITELLO, I contratti bancari, 18 s.
Per altro verso, non è il caso di rievocare i termini dell’annoso dibattito circa l’esatta
individuazione della prestazione cui s’impegna la banca e la conseguente riconducibilità
ad un tipo già esistente (locazione o deposito) o meno, se non ad un contratto misto.
Questo vale solo a rimarcare la peculiarità degli obblighi assunti dalla banca con le cassette di sicurezza: anche per riferimenti, G. MOLLE, Cassette di sicurezza, 1154 ss.; G.
FERRI sr., Cassette di sicurezza, 459 ss.
465
Per tutti, N. SALANITRO, Le banche, 142 s.; cfr., altresì, B. RENDA, 68, ad avviso
del quale è una norma «di carattere generale e può essere applicata a qualunque rapporto
bancario regolato in conto corrente»; ma v. le considerazioni di M. RUBINO DE RITIS, La
cointestazione, 3, secondo cui la precisa ricostruzione della disciplina del contratto con
parte plurisoggettiva può avvenire solo in relazione alla specifica regolamentazione del
singolo rapporto.
Si è, peraltro, constatato come le norme bancarie uniformi – oggetto di profonda revisione e ridenominate dall’Abi “condizioni generali relative al rapporto banca cliente”
(tra gli altri, A. MIRONE, Le “fonti private”, 266 s., che rileva come la loro operatività sia
subordinata al corrispondente recepimento da parte delle singole banche ex art. 1341,
comma 1°, c.c.; C.M. TARDIVO, I nuovi “suggerimenti”, 626 ss.) – abbiano previsto una
disciplina applicabile ad ogni tipologia di rapporto bancario cointestato (così, M. RUBINO
DE RITIS, La cointestazione, 2).
LE BANCHE PARTECIPANTI
297
del cliente, anziché dell’impresa bancaria 466. Senza contare che tale regolamentazione è stata giudicata, sotto vari profili, lacunosa ed incompleta 467.
Escluso, pertanto, che vi siano disposizioni di fonte normativa da cui
ricavare l’esistenza di un vincolo solidale tra le banche dal lato attivo, deve compiersi ora analoga analisi sul piano convenzionale. Qualora l’esito
sia deludente anche sotto questo profilo, potrebbe affermarsi definitivamente la sussistenza di un regime frazionario rispetto al credito vantato
dai cofinanziatori. Come già anticipato, se può senz’altro respingersi, sulla base del dato empirico, la presenza di uno specifico patto volto a sancire in maniera espressa la solidarietà (attiva) 468, nondimeno vi sono delle
clausole che potrebbero esprimere, in via indiretta, tale intenzione.
17. Segue. La compatibilità con la clausola di “distribuzione proporzionale”: obbligo di ripartizione fra concreditori e parità di trattamento. –
La prospettiva tracciata in chiusura del paragrafo precedente impone di indagare sulla compatibilità fra l’esclusione della solidarietà attiva e la presenza costante nei finanziamenti in pool di una particolare clausola, definibile di “distribuzione proporzionale”, comunemente conosciuta con il nome di sharing clause 469. Attraverso questa pattuizione si stabilisce che di
466
Se ne è ricavata, infatti, l’applicabilità delle regole concernenti le obbligazioni solidali, sia dal lato attivo che passivo, per quanto attiene alla posizione dei clienti: G. DE
FERRA, Sulla contitolarità, 36; E. SPARANO, 87 s. e 94, per il quale i principi concernenti
le obbligazioni solidali erano posti alla base delle norme bancarie uniformi all’epoca vigenti; per un’indagine di ampio respiro, di recente, M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione, 8 ss. e 31 ss., che ricostruisce la regolamentazione dei rapporti interni tra i contitolari
anche alla luce della disciplina della comunione e della sua forza espansiva (37 ss.).
467
In chiave sistematica, P. PISCITELLO, Considerazioni sulle posizioni soggettive, 255
ss., spec. 258 ss.; ID., I contratti bancari, 17 ss.; e v., anche, U. MORERA, I profili, 402 ss.
468
Nel senso che non emerge mai, nei prestiti sindacati, un’espressa stipulazione in
tale verso; constatazione in linea con quanto già rilevato in via più generale ed in tempi
piuttosto risalenti circa la scarsa applicazione pratica dell’istituto (e v. C. GANGI, 171; M.
GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 678).
469
La clausola è definita pure pro rata Treatment (e v. J.B. BLAISE et P. FOUCHARD,
161) e rientra tra le tante convenzioni standardizzate che hanno trovato ampio riscontro,
nella realtà finanziaria del nostro paese, proprio con particolare riguardo ai prestiti sindacati: per tale constatazione, M. PALMIERI, 256 s.; A.D. SCANO, 86; un cenno anche in G.
GIANNELLI, 611.
Si tratta, per lo più, di pattuizioni elaborate dalla prassi negoziale anglosassone ed in-
298
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ogni restituzione effettuata dal cliente deve beneficiare ciascuna banca consorziata in misura corrispondente alla rispettiva partecipazione al prestito.
In principio, la convenzione serviva soltanto come strumento correttivo rispetto ai pagamenti effettuati in eccesso ad alcuno dei membri partecipanti, rispetto alla singola posizione di credito 470, per cui nulla accadeva se uno dei cofinanziatori otteneva la restituzione di tutta la sua quota
e, per avventura, niente gli altri; in seguito, la pattuizione de qua ha subito un’evoluzione, anche in ragione di alcuni avvenimenti storici, finendo
per imporre la ripartizione proporzionale di tutti i versamenti ricevuti 471.
L’intento consiste, pertanto, nell’assicurare la parità di trattamento tra i
vari intermediari 472, nell’ipotesi di un rimborso di somme non proporzionale per mano del debitore 473.
serite nei contratti – sovente anche in quelli domestici – con la terminologia dei sistemi
in cui sono sorte, come rileva, in effetti, M.E. MORÁN GARCÍA, 121; e v., anche, L. VALETTE, 120 s. Molte di queste si riscontrano anche al di fuori dei crediti in pool, trovando
spazio nei finanziamenti all’impresa in generale e formando una categoria in sé disomogenea: per tutti, G. PIEPOLI, Le «garanzie negative», 410 ss., per il quale gli obblighi di
non fare sono accomunati sotto il profilo della protezione del finanziatore contro l’eventualità di una sua subordinazione, in caso di successiva insolvenza, dovuta alla successiva
costituzione di cause di prelazione a favore di altri creditori; ID., Profili civilistici, 502 ss.
470
Ma v., tuttora, P.R. WOOD, 96 ss.
471
Il riferimento, corrente in letteratura, è alla guerra delle isole Falkland ed alla crisi
iraniana del 1979: in particolare, in quest’ultimo avvenimento, dopo la presa degli ostaggi statunitensi all’ambasciata di Teheran, si decise per il congelamento dei fondi iraniani
presenti presso le banche americane; e, perciò, la Chase Manhattan Bank pensò di compensare una sua quota di credito sindacato con i depositi iraniani posseduti, respingendo
la richiesta di ripartire l’incasso sul presupposto che non aveva ricevuto più della sua
quota, in ossequio alla configurazione genetica della sharing clause: in Spagna, M.T. DE
GISPERT PASTOR, 241 ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 118 s.; nel diritto anglo-americano,
L.C. BUCHHEIT, How to negotiate, 36; R. SLATER, 181; per ulteriori approfondimenti,
anche sull’affaire iranienne, C. DUFLOUX et L. MARGULICI, La syndication: Les risques,
1215 ss.; L. VALETTE, 121 ss.; nonché, A. SARAVALLE, 202 s.
472
Non vi è dubbio sul fatto che la finalità sia quella di garantire la Gleichbehandlung fra i vari membri del sindacato: nella dottrina tedesca, D. EINSELE, 100; e v.,
anche, R. BÄRWALDT, Rd. 108 s.; C.L. HINSCH, 167 ss.; A. KÖNIG, 41 ss.; non distanti, nel
diritto francese, J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 63 s., ad
avviso del quale si tende ad assicurare il rispetto «de l’égalité entre participants»; J.
TERRAY, Syndication directe. Formation du contrat, 62; L. VALETTE, n. 65 ss., 75 ss.,
per la quale «la volonté d’assurer l’égalité de traitement du bénéficiaire par rapport à
d’autres personnes est commune à toutes les clauses pari passu»; nell’esperienza angloamericana, L.C. BUCHHEIT, How to negotiate, 36; S. HURN, 96; P.R. WOOD, 91 e 96 ss.
473
Per tutti, L. VALETTE, n. 9 ss., 17 ss., che distingue «deux types de clauses pari
LE BANCHE PARTECIPANTI
299
In effetti, non è peregrina l’ipotesi in cui il cliente proceda con la restituzione di una parte del prestito ad una sola banca, vuoi per una misura
passu irréductibles l’une à l’autre», di répartition e di alignement. Quest’ultima presenta
un contenuto differente e singolare, giacché mira ad equiparare il rango dei crediti del debitore e, in particolare, di quelli che dovessero sorgere in epoca posteriore al finanziamento.
Il significato tipico di quest’ultima clausola, stando al glossario redatto dalla LMA, è
il seguente: «a pari passu covenant is incorporated into debt instrument documentation
to ensure that the borrower’s indebtedness under the relevant facility/instrument would
at least rank equally with all other unsecured indebtedness of that borrower»; cfr., altresì, P. GABRIEL, 62 ss.; S. HURN, 55 s. e 93 s.; in Spagna, M.T. DE GISPERT PASTOR, 197
ss.; M.E. MORÁN GARCÍA, 122, secondo cui si perviene, in tal modo, ad ottenere la parità
di trattamento tra i membri del sindacato e gli altri creditori in caso di ipotetico concorso
fra loro; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 768; nel sistema francese, T. BROCAS, 128 ss.; nel nostro
ordinamento, sia pure rispetto ai finanziamenti in genere, G. PIEPOLI, Le «garanzie negative», 412 e 422, a parere del quale il debitore si obbliga, attraverso questa convenzione,
a non concedere in pendenza del prestito garanzie specifiche a terzi creditori e, qualora
ciò accada ugualmente, a costituirne equivalenti a favore del finanziatore stesso, reintegrando così la par condicio violata; U. PATRONI GRIFFI, 604; D.U. SANTOSUOSSO, Covenants finanziari, 640.
Sono stati ritenuti un logico completamento di questa pattuizione, poi, gli obblighi
volti ad impedire il rilascio di garanzie da parte dell’impresa ad eventuali e successivi
creditori (negative pledge clauses), al fine di scongiurare un loro trattamento migliore
rispetto alle banche consorziate: nel regime spagnolo, M.E. MORÁN GARCÍA, 122 s.;
M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 768 s.; per diritto francese, T. BROCAS, 130 ss. Il funzionamento
di questa tipologia di patti si esplica, in concreto, nella necessità di richiedere l’autorizzazione per la concessione di ulteriori garanzie e, in caso di inadempimento, nella risoluzione del contratto, riconducendo la violazione del dovere in questione ad un event of
default (lo afferma, M.E. MORÁN GARCÍA, 123; per una ricostruzione solo in parte coincidente, I. ZURUTUZA ARIGITA, 183 ss.).
In ragione del loro contenuto estremamente peculiare, si è dubitato della liceità delle
clausole pari passu e negative pledge, dal momento che, proibendo la richiesta di ulteriori prestiti e vietando il rilascio di garanzie, potrebbero finire per paralizzare in maniera
inaccettabile l’attività del soggetto finanziato: così, L. RADICATI DI BROZOLO, 240, testo
e nt. 117; più in generale, A.D. SCANO, 108 ss.; per l’invalidità, nella dottrina spagnola,
M.E. MORÁN GARCÍA, 308 ss.; rispetto alla clausola pari passu, M.R. TAPIA SÁNCHEZ,
768, secondo cui simile convenzione è da reputarsi nulla in quanto altera l’ordine legale
tra creditori e legittime cause di prelazione, ma deve interpretarsi come obbligo ad astenersi dal contrarre nuovi debiti, che possano essere di grado superiore, senza il consenso
di tutte le banche sindacate.
Impostazione differente in G. PIEPOLI, Le «garanzie negative», 428 s., per il quale la
nullità di una clausola negativa rappresenta un’ipotesi marginale, giacché la prassi contrattuale è solita circoscrivere l’ambito di estensione della pattuizione, rispettando in tal
modo il principio di proporzionalità sancito nell’art. 1379 c.c. L’A. rileva, comunque,
che, in caso di fallimento del debitore, le cc.dd. clausole negative sono sostanzialmente
assorbite dalla procedura fallimentare (436 s.); ID., Profili civilistici, 507 ss. e 513 ss.
300
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
corrispondente alla sua quota, vuoi per una cifra inferiore, sebbene sia
stato affermato che l’operatività pratica della clausola de partage des paiements sarebbe ridotta al caso in cui vi sia estinzione totale o parziale di un
debito (derivante da altri rapporti) di un cofinanziatore a seguito di compensazione 474, obbligando appunto a beneficiarne tutte le banche pro
quota 475.
È bene chiarire, in limine, che nessun problema sorge se si tratta della
capofila in veste di accipiens, giacché questa è obbligata di per sé alla distribuzione in proporzione delle rispettive partecipazioni a vantaggio di
tutti 476. Il punto è capire cosa avviene se a ricevere il versamento è una
delle banche partecipanti 477. Ciò può accadere soprattutto se si pensa ad
operazioni di lunga durata nel tempo, anche per via dei rapporti ulteriori
che il finanziato potrebbe intrattenere con alcuni dei cofinanziatori 478.
Viene, qui, appunto in rilievo il ruolo della sharing clause, nota nell’e474
Tesi espressa da J. STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention,
64.
475
Il che non è impedito – è bene chiarirlo – da un’altra convenzione, c.d. di compensazione, altresì nota come set off clause, poiché tramite quest’ultima le banche si riservano il diritto di compensare le somme dovute in ragione del finanziamento con eventuali
pretese vantate nei confronti del debitore ad altro titolo: v. M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 769,
per la quale la circostanza che «se trate de un contrato de cooperación económica justifica la necesidad de configurar un sistema de proporcionalidad en los pagos canalizado
a través de la actividad mediadora del Banco agente». Sicché, si tratta di un diverso ambito di applicazione: in altri termini, tale previsione abilita i singoli intermediari a compensare il debito relativo al prestito con eventuali pretese vantate nei confronti del cliente
per una ragione differente, ma non viceversa.
476
In Francia, attraverso una diversa e più articolata ricostruzione, si ritiene che la ripartizione possa avvenire in due modi: attraverso l’opera della banca agente cui è rimessa l’eccedenza, ovvero tramite riscatto da parte delle banche favorite della porzione di
cui si sono avvantaggiate, ossia tramite incremento della rispettiva partecipazione al prestito. La tesi si deve a Y. ZEIN, Les pools bancaires, n. 289, 169 s.; in seguito, L. VALETTE, n. 108 ss., 123 ss., per la quale il risultato che si raggiunge è il medesimo.
Invero, nell’esperienza interna, proprio allo scopo di facilitare le movimentazioni di
danaro viene sovente gestito un unico conto corrente sul quale affluiscono tutti i versamenti ed i pagamenti (si veda quanto osservato supra al § 5, Capitolo Secondo).
477
Chiaramente, questo tipo di questione può sempre sorgere in caso di prestiti sindacati decentrati, non essendo contemplata la presenza della capofila (si rinvia, di nuovo,
a quanto detto supra al § 5, Capitolo Secondo).
478
E v. M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 769 s., secondo cui uno degli intermediari potrebbe
approfittare «de las relaciones particulares que le puedan unir al cliente, consiguiendo
de éste una situación de favor, en perjuicio de los demás».
LE BANCHE PARTECIPANTI
301
sperienza tedesca come Teilungsklausel 479, da cui scaturisce il dovere di ripartirsi equamente ogni rimborso, con la conseguenza che il mancato recupero di una posizione si riversa pro quota sugli altri intermediari. L’obiettivo ultimo è che ciascun cofinanziatore deve beneficiare delle restituzioni in
proporzione della rispettiva partecipazione, attraverso appositi riparti 480.
Al riguardo, vi sono due ordini di problemi. Non solo bisogna capire
cosa succede in assenza di una simile clausola 481; ma occorre altresì, e
prima ancora, verificare se un patto del genere sia in grado di sconfessare
la soluzione cui si è pervenuti, ossia il carattere parziario dell’obbligazione delle banche dal lato attivo. L’esame di tale questione consente, come
si vedrà tra un attimo, di dare risposta anche al primo quesito.
479
Si tratta di pattuizione che si discosta da quanto altrimenti previsto in virtù del §
722, Abs. 1, BGB: K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 43.
480
È quanto affermano, G. MEO, Garanzie bancarie, 262; M. PANETTA, 313; L. RADICATI DI BROZOLO, 241.
Nel diritto francese, in cui si parla anche di clause de récupération, oltre che de partage des paiements, si vedano, rispettivamente, M. ELLAND-GOLDSMITH, 144 s.; J.
STOUFFLET, Syndication directe. Exécution de la convention, 64; in Spagna, M.E.
MORÁN GARCÍA, 80 s.; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 769.
481
È verosimile che una pattuizione del genere possa pure mancare, come affermato
da M. BELLIS, Le partage des risques, 166, per il quale ciò è dovuto al fatto che «certaines banques refusaient la clause de paiement proportionnel».
Forse anche per questa ragione sussiste spesso una commistione con la c.d. cross default clause, affermandosi che, in base ad essa, il prenditore dovrebbe rimborsare il sindacato nel suo complesso e non potrebbe arbitrariamente scegliere quale banca soddisfare, in quanto l’insolvenza nei confronti di una si estenderebbe all’intero consorzio: testualmente, G. ZANOTTI, 263; conforme, F. MERONE, 6, nt. 2.
In altre circostanze, di contro, si è detto che simile clausola – già di per sé «más difíciles de redactar de una forma equilibrada»: M.E. MORÁN GARCÍA, 123 s. – abilita ogni
membro a chiedere il fallimento del debitore quando un altro finanziatore acquista il diritto di recedere dal finanziamento, come sostenuto da M. PANETTA, 314.
Benché ancora inesatta, è più rispondente alla realtà ed al contesto di origine della
convenzione de qua questa seconda valutazione. Attraverso il patto di default “trasversale”, l’intento delle banche consiste nel considerare, in via automatica, inadempiente nei
loro confronti il debitore che violi obblighi derivanti da altri contratti, purché relativi ad
obbligazioni similari: M.E. MORÁN GARCÍA, 123 s., secondo cui, da un lato, la clausola
non può essere troppo vaga; «por otro, es imposible detallar una a una las relaciones
contractuales cuyo incumplimiento habilitaría a los acreditantes para invocar su derecho a acelerar el crédito»; M. LACARTE, 71; più in generale, nella nostra dottrina, A.
MAZZONI, Les clauses d’exigibilité, 138 s.; U. PATRONI GRIFFI, 607, a giudizio del quale
è solitamente contemplata la previsione di un importo minimo dell’inadempimento rilevante; L. PICARDI, 97 ss.; A. SARAVALLE, 213 s.
302
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
In effetti, da una certa parte della dottrina, specialmente francese, si è
messa in dubbio la natura frazionaria del credito da restituzione del finanziamento, in favore di quella solidale, dinanzi ai prestiti sindacati dotati della c.d. clausola di pagamento proporzionale 482. Ma siffatta ricostruzione – che aprirebbe la strada ad una soluzione complessa e differenziata in base alla presenza o meno della pattuizione in discorso – non
sembra meritevole di accoglimento.
A ben vedere, questa convenzione non intende affatto introdurre il
meccanismo dell’attuazione solidale, poiché si disinteressa del profilo esterno del vincolo e sembra, anzi, presupporre l’inesistenza della legittimazione della banca a ricevere una quota superiore alla propria, come dovrebbe accadere invece nel contesto della solidarietà. La clausola in esame mira piuttosto a regolare i rapporti interni, senza limitarsi ad obbligare
alla mera restituzione di quanto incassato in eccedenza rispetto alla partecipazione assunta, bensì imponendo, ancor prima, l’equa distribuzione proporzionale di ogni rimborso effettuato dal cliente.
Per tale via, si finisce con l’incidere, quindi, anche su ciò che il cofinanziatore ha legittimamente incassato in relazione al rispettivo credito;
circostanza che, almeno sul piano strettamente normativo, non appartiene
certo alla solidarietà, là dove il regresso presuppone il pagamento dell’intero 483, in connessione, verosimilmente, con la regola in virtù della quale
482
Con una certa decisione, per diritto transalpino, L. VALETTE, n. 121, 137 ss., secondo cui l’assenza della solidarietà attiva si giustifica in pieno solo se manca la clausola
de partage pari passu des paiements; cfr., altresì, J. STOUFFLET, Syndication directe.
Exécution de la convention, 63 s., per il quale ciò implica «un certain degré de solidarité»; Y. ZEIN, Les pools bancaires, nn. 289 e 515 ss., 170 e 304 ss.
Esprime perplessità, in Spagna, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 769 s., che parla di una certa
contraddittorietà con l’indipendenza delle varie banche e delle rispettive porzioni di finanziamento, richiamando in qualche modo una certa solidarietà tra le stesse. Secondo l’A. «lo
que no puede admitirse es que el deudor pretenda compensar con lo que debe a cualquiera
de las entidades sindicadas, el saldo positivo a su favor, resultante de la compensación verificada con una de las entidades prestatarias»; sintomatica la denominazione utilizzata, in
proposito, da M.T. DE GISPERT PASTOR, 241, che parla di «cláusula de solidaridad»; conformi, A. SERRANO ACITORES, 349; I. ZURUTUZA ARIGITA, 177 s., nt. 21.
483
In merito, reputando necessario il pagamento dell’intero debito ed interrogandosi,
poi, sull’idoneità o meno delle altre vicende che ne comportino comunque il venir meno:
G. AMORTH, 231 s. e 257 ss., per il quale il regresso nasce dall’estinzione dell’obbligazione ottenuta tramite un sacrificio patrimoniale; F.M. ANDREANI, 706 s.; D. RUBINO,
Delle obbligazioni, 232.
LE BANCHE PARTECIPANTI
303
il creditore può sempre rifiutare un adempimento parziale ex art. 1181
c.c. Sicché, per giungere ad effetti analoghi a quelli della clause de partage des paiements, bisognerebbe immaginare un’estensione (del regresso) all’ipotesi di semplice pagamento in eccedenza e non solo. Si dovrebbe, altresì, per fare in modo di distribuire ogni versamento, intravedere un
ulteriore obbligo in caso di insolvenza del debitore comune, di ripartizione fra tutti i concreditori di ciò che è stato ricevuto nei limiti della propria
parte. Si tratta di esiti raggiungibili in via interpretativa, ma che certamente non appartengono al modello normativo tipico della solidarietà, né
trovano specifico riferimento legislativo. Un simile approdo è, invero,
plausibile facendo ricorso a principi più generali e, in primo luogo, alla
parità di trattamento, ma non solo 484. Il punto è che ciò sembra valere in
genere per la categoria delle obbligazioni soggettivamente complesse, incluse quelle parziarie.
Al riguardo, si è evidenziato come la circostanza in virtù della quale le
obbligazioni plurisoggettive siano espressione di una comunione nel debito o nel credito impone di ritenere applicabile proprio il principio di
uguaglianza 485. Di qui, si è immaginato che nelle obbligazioni ad attua484
E v., ad esempio, la ricostruzione di F.M. ANDREANI, 707 s., secondo cui la compatibilità tra regresso ed obbligazioni frazionarie trova conferma nel campo dei debiti ereditari e, nello specifico, in quanto previsto dall’art. 754, comma 1°, c.c., a mente del
quale il coerede può ripetere quanto versato in eccedenza rispetto alla propria quota ereditaria, come stabilito dall’art. 752 c.c. Per l’A. si tratta di una forma di regresso in senso
tecnico; cfr., altresì, D. RUBINO, Delle obbligazioni, 254 s., che parla di una sorta di «situazione concorsuale» tra i debitori ed i creditori in solido.
485
Per tutti, F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 342 s., il quale
aggiunge l’ulteriore applicabilità, sul piano processuale, delle regole sul litisconsorzio
necessario (su cui non è il caso di soffermarsi in tale sede); amplius, ID., L’obbligazione
soggettivamente complessa, 360 e 367 ss., ad avviso del quale il fondamento giuridico
della soluzione affermativa può basarsi sull’applicazione analogica dell’art. 1101 c.c. e
sulla generalizzazione delle disposizioni contenute negli artt. 1298 e 1299, comma 1°,
c.c. (si tratta delle regole concernenti, rispettivamente, i rapporti interni tra debitori e
creditori solidali ed il regresso); poi, F.M. ANDREANI, 706 ss.; diversamente, C. GANGI,
169.
Non a caso, secondo una certa impostazione, il principio della parità di trattamento
potrebbe appunto trovare un fondamento di carattere generale nella disciplina della comunione e, nello specifico, nell’art. 1108 c.c.: G. PASETTI, 103 ss., che esclude sia possibile rinvenire un sicuro aggancio all’interno della disciplina delle associazioni e delle
società. L’A. reputa, poi, applicabile il principio in esame alle obbligazioni con più soggetti.
304
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
zione parziaria l’eventuale soddisfazione di uno dei concreditori in danno
degli altri violi il suddetto precetto, aprendo, così, il problema relativo
all’identificazione del congegno idoneo a ristabilire la parità.
Tale strumento è stato rinvenuto nel regresso, previsto specificamente
in tema di solidarietà, ma ritenuto estensibile, quantomeno per tale aspetto, anche al concredito frazionario attivo 486. È apparso inevitabile, in
sostanza, guardare alle prescrizioni dettate per le obbligazioni solidali, al
fine di colmare la scarna disciplina relativa a quelle parziarie (artt. 1314
ss. c.c.). Di sicuro, quest’ultimo profilo – ossia, l’individuazione del mezzo di perequazione – è controverso, giacché il regresso non solo rappresenta un istituto tipico della solidarietà 487, ma soprattutto si tratta di un
meccanismo che presuppone il diritto dell’accipiens di ricevere un importo superiore alla rispettiva porzione, assente invece in caso di concredito
parziario 488. In realtà, siffatta questione non interessa in questo momento,
proprio perché l’obbligo di redistribuzione imposto dalla clausola de partage des paiements è di fonte convenzionale e scatta per ogni rimborso,
anziché solo per l’eccedenza; sicché, il suo fondamento sarà sempre pattizio, ossia il contratto di finanziamento in pool 489.
In quest’ottica, dovrebbe essere chiaro che nulla osta ad una piena compatibilità fra il carattere frazionario del concredito vantato dalle banche
sindacate e la presenza della sharing clause. La parità di trattamento che
questa previsione vuole assicurare, infatti, trova applicazione a prescindere dalla sua presenza, oltre che per inevitabile conseguenza della comu486
La tesi è di F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 343, secondo cui tale meccanismo scatta a seguito di un evento che abbia ridotto l’ammontare originario del tutto, comportando così che la parte ricevuta da uno dei concreditori superi la
quota di sua spettanza; amplius, ID., L’obbligazione soggettivamente complessa, 379 ss.;
conforme, almeno sul piano del risultato, U. BRECCIA, Le obbligazioni, 179, il quale riconosce l’obbligo di restituzione del concreditore che ha ricevuto l’intero in favore degli
altri.
487
V., però, ancora, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 379
ss., per il quale il regresso può dissociarsi dalla solidarietà ed adattarsi al concredito parziario.
488
Per tali riflessioni, rivolte alle obbligazioni parziarie passive, ma estensibili, mutatis mutandis, anche a quelle attive, G.F. CAMPOBASSO, Regresso, 2 s.
489
Si potrebbe, allora, continuare a parlare di regresso solo in senso atecnico. Il che
non è estraneo, del resto, allo stesso dettato legislativo, in cui l’utilizzo del termine non è
sempre effettuato in modo proprio: tra molti, U. BRECCIA, Le obbligazioni, 182.
LE BANCHE PARTECIPANTI
305
nione di interessi esistente 490, anche in base ai canoni generali della correttezza e buona fede.
Simile esito consente di affrontare, per l’effetto, il connesso problema
di cosa accada in assenza della suddetta convenzione. Pare evidente che
la banca non può trattenere un pagamento superiore alla sua quota, se non
altro perché a lei non dovuto, potendosi poi discutere, come accennato, se
ai cofinanziatori spetti o meno il regresso in senso tecnico 491.
490
Elemento la cui intensità varia a seconda della concezione che si vuole accogliere
in tema di obbligazione soggettivamente complessa, raggiungendo ovviamente un grado
più elevato allorché si intraveda una vera e propria comunione nell’appartenenza di un
debito o di un credito ad una pluralità di soggetti: già, C. GANGI, 152 s.; diffusamente,
F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 87 ss.; nonché, U. BRECCIA,
Le obbligazioni, 174; per la tesi negativa, in tema di obbligazione ad attuazione parziaria,
R. CICALA, Obbligazione divisibile e indivisibile, 648 s.; Ad. DI MAJO, Obbligazioni solidali, 301 s.; poi, M. RICOLFI, La coassicurazione, 220 ss.; più in generale, L. BARASSI,
I, 185 ss.
In particolare, l’incidenza della concezione accolta circa le obbligazioni frazionarie
sull’individuazione della disciplina applicabile è ben evidenziata e riportata da R. SICLARI, Delle obbligazioni divisibili, 383 ss.
491
Qualora si propendesse per la tesi negativa, potrebbe immaginarsi (per l’eccedenza) una situazione d’indebito soggettivo ex latere accipientis, rispetto alla quale la possibilità di riconoscere un’azione diretta verso l’accipiens, a favore del creditore insoddisfatto, passa per la riconduzione della fattispecie in seno all’art. 1189, comma 2°, c.c.
(pagamento al creditore apparente), anziché nell’alveo dell’indebito oggettivo ex art.
2033 c.c.; evenienza per lo più respinta dalla dottrina: in proposito, U. BRECCIA, Indebito, 5; ID., La ripetizione dell’indebito, 277 ss.; E. MOSCATI, Indebito, 87 ss.; ID., Pagamento dell’indebito, 451 ss.; P. RESCIGNO, Ripetizione dell’indebito, 1227, che nega autonomia concettuale alla figura in questione rispetto all’indebito oggettivo; A. ALBANESE, Profili dell’adempimento, 458 ss.; in giurisprudenza, Cass., 29 ottobre 1971, n. 3087.
Fa eccezione qualche diversa, e più risalente, impostazione: a quanto consta, P. GRECO,
Ripetizione di indebito, 38 s., secondo cui il nuovo codice ha inteso risolvere «un’altra
delle vecchie questioni dibattute»; N. DISTASO, 1194 s.; poi, L. BARBIERA, 177 s.
Nondimeno, il debitore può essere ugualmente liberato, nonostante abbia pagato a chi
non è creditore, nemmeno apparente, se ricorrono i presupposti previsti dall’art. 1188, comma 2°, c.c.: per questo ragionamento, A. ALBANESE, Profili dell’adempimento, 461. Vale
a dire quando il vero creditore ha ratificato il pagamento o ne ha approfittato: al riguardo,
P. SCHLESINGER, Il pagamento al terzo, 166 ss.; U. BRECCIA, La ripetizione dell’indebito, 279 s. e 284 s. E ciò può verificarsi, nel caso di specie, se la banca accipiens versa
l’eccedenza all’altra che ne ha diritto, in quanto destinataria del surplus in base all’imputazione effettuata dal solvens, per ricostruire la quale è discusso se siano sufficienti anche
soltanto elementi oggettivi, ovvero se sia indispensabile una «specifica volizione adempitiva»: cfr., pure per riferimenti, A. SPADAFORA, 186 ss., che propende per la prima ricostruzione; a favore della tesi opposta, G. LEVI, 135 s., il quale reputa necessario accertare la
presenza dell’intento solutorio.
306
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Più complesso è il discorso in caso di pagamento ad una sola banca
nei limiti della sua quota, ma senza alcuna attribuzione a favore delle altre. Sorge il dubbio se il singolo possa o meno approfittare di un versamento rivolto in suo esclusivo vantaggio, ovvero se debba procedere alla
ripartizione proporzionale fra tutti i membri 492.
Una rigida applicazione dell’art. 1314 c.c. farebbe pensare che, in tale
evenienza, la banca accipiens possa legittimamente trattenere quanto ricevuto ed essere integralmente soddisfatta, anche qualora le altre non abbiano avuto nulla.
La ricostruzione opposta risulta, invero, meglio rispondente agli interessi in gioco e sostenibile, forse, attraverso una valorizzazione del richiamato principio di parità di trattamento, nonché del dovere di agire secondo correttezza e buona fede 493; essendo palese che, in un caso del genere,
si instaura una situazione di disparità tra le banche consorziate, là dove
una soltanto viene soddisfatta, a dispetto delle altre.
Ebbene, l’obbligo di redistribuzione secondo le porzioni dei vari cofinanziatori può trovare fondamento nell’applicazione dei principi dettati
in tema di contitolarità e, in particolare, nella regola secondo cui il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote (art. 1101, comma 2°, c.c.).
D’altro canto, l’art. 1314 c.c. si limita a prevedere che ciascuno dei creditori, se l’obbligazione non è solidale, può domandare il soddisfacimento
del credito soltanto per la sua parte. L’intento è, cioè, quello di escludere
ogni legittimazione a ricevere una quota superiore, nulla più. Non si può,
in altre parole, ricavare da questa norma anche il diritto del concreditore
È bene precisare che, in caso di prestiti sindacati accentrati, si tratta di situazioni difficilmente verificabili, giacché tutti i versamenti dovrebbero passare per le mani della
capofila, con immediata liberazione del cliente qualora la stessa agisca in nome e per
conto dei cofinanziatori.
492
Sotto questo profilo, un’ipotesi del genere andrebbe oltre quanto sostenuto dallo
stesso F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 343, giacché – se si è
ben inteso – l’A. sembra escludere l’applicazione del regresso là dove un concreditore
abbia ricevuto un importo pari alla sua quota, pur quando gli altri non abbiano avuto alcunché; più netto, invece, F.M. ANDREANI, 709, a giudizio del quale ciascun concreditore ha pur sempre diritto ad una quota ideale del diritto comune «che segna il limite quantitativo in cui la prestazione, una volta eseguita, andrà a suo vantaggio».
493
Come espressamente riconosciuto, in tema di crediti sindacati, da J.T. BROWN,
178 ss.
LE BANCHE PARTECIPANTI
307
parziario di essere soddisfatto in misura sovra-proporzionale rispetto agli
altri (con l’ipotesi limite in cui uno riceva tutto e niente i restanti consorti), dinanzi ad un debitore comune.
Ne deriva, in conclusione, che la presenza della clausola di distribuzione proporzionale non appare indispensabile 494, potendosi giungere ugualmente, ove questa manchi, al medesimo risultato sul piano delle regole applicabili e del tipo di obbligazione esistente dal lato attivo. Ciò consente
anche di affrontare la problematica pertinente alla cessione dei crediti sindacati, aspetto inevitabilmente connesso al loro carattere frazionario 495.
18. La circolazione dei crediti sindacati: ricostruzione delle regole
applicabili. – Il tema della circolazione dei crediti sindacati riveste particolare importanza, attesa la formazione al riguardo di un vero e proprio
mercato secondario, come rilevato in precedenza 496. Questo spiega perché la prassi sia solita occuparsi di questo profilo con una serie di clausole contrattuali, più o meno dettagliate.
I motivi sottesi alla cessione della partecipazione al finanziamento in
pool possono essere i più disparati 497. La banca può avere interesse a
494
Cfr., tuttavia, G. MEO, Garanzie bancarie, 262 e 268 s., che reputa necessaria tale
clausola nei syndicated loans, a differenza delle garanzie concesse in compartecipazione.
495
Per intenderci, ad esempio, un’eventuale sussunzione nell’alveo delle obbligazioni
ad attuazione congiunta avrebbe potuto portare a richiedere, anche nel caso di specie, il
consenso di tutti i creditori per ammetterne la circolazione: per tale valutazione, V. CAREDDA, 498 s. Più controversa è la situazione del concredito solidale, rispetto al quale
un’opinione ammette senza difficoltà la disposizione pro quota ed entro tali limiti con il
consenso del singolo consorte: in luogo di altri, F.D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa, 255 ss., spec. 261 ss.; tuttavia, una differente concezione reputa incompatibile una vicenda traslativa parziale – quale sarebbe, nel caso di specie, quella
operata dalla singola banca – con la natura solidale del vincolo, ritenendo necessario un
accordo modificativo, con il consenso unanime di tutti i concreditori e del debitore, volto
a rendere frazionaria l’obbligazione. È l’opinione di A. FINESSI, 250 s., per la quale il
problema è che con il trasferimento parziale assumerebbero rilievo esterno le porzioni
spettanti ai vari concreditori, evenienza propria delle obbligazioni frazionarie.
496
Cfr. quanto osservato supra ai §§ 2 e 3, Capitolo Primo. Basti pensare che consultando on line la nota integrativa dei recenti bilanci di Intesa Sanpaolo emerge una consistente voce relativa ai finanziamenti in pool, riferita in particolare «alle quote dei prestiti
sindacati sottoscritti e destinati alla successiva cessione».
497
In merito, J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 167 ss.; nonché, F.A. CAPUTO NASSETTI,
Il trasferimento dei crediti bancari, 49 s.
308
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
monetizzare in anticipo il proprio credito, vuoi per un bisogno di maggiore liquidità (magari dovuto ad un momento di crisi), vuoi perché intende
spostare quella somma in altro settore 498; ovvero in seguito ad una variazione del rischio creditizio del soggetto finanziato.
Gli strumenti giuridici utilizzati per assecondare l’esigenza di circolazione dei crediti sindacati (in senso ampio), specialmente in ambito internazionale, sono molteplici. Spesso le riflessioni della nostra dottrina si
concentrano sugli istituti propri dei sistemi anglo-americani, ingenerando
confusione e contraddizioni rispetto ai dati, già di per sé contrastanti, emergenti dalla letteratura straniera 499. Si finisce sovente per analizzare
quali sono le possibilità di adattamento di pratiche estranee al nostro sistema giuridico, trascurando il problema di fondo, ossia la ricostruzione
della disciplina applicabile in seno all’ordinamento nazionale 500. Ed è su
498
Anche quest’ultima evenienza può avere varie spiegazioni, quali una differente necessità di diversificare gli impieghi, ovvero una prospettiva di maggior guadagno. In decisioni del genere, è verosimile pensare che pure le modifiche dei tassi di interesse presi
come base di calcolo per la remunerazione del prestito sindacato siano in grado di orientare le scelte dei cofinanziatori.
499
Basti pensare, ad esempio, all’individuazione delle varie tecniche esistenti riportata da A. HAYNES, 152, che individua sei methods of sale e, precisamente, «novation, funded participation, legal assignment, equitable assignment, non-funded participation and
trusts»; diversamente, S. HURN, 179 ss., secondo cui vi sono quattro methods of transfer
in the secondary market: risk participation, sub-participation, assignment e novation;
conforme, P.R. WOOD, 104 ss.; per un’elencazione più ristretta, e comunque differente,
propensa ad intravedere tre o quattro tecniche (novation, sub-loan e due forme di assignment), nella nostra dottrina, L.A. BIANCHI, 240 s.; A. VERONELLI, 120 ss.
Lo stesso contenuto di tali meccanismi è oggetto di visioni contrastanti: secondo una
tesi, con la procedura di novation le banche che hanno concluso il prestito sottoscrivono
un nuovo contratto con quella che vuole prendere parte all’operazione (è la posizione di
L.A. BIANCHI, 240). Questa procedura sarebbe macchinosa non tanto per la necessità
dell’adesione di tutti gli altri partecipanti (prestata in via preventiva), quanto perché bisognerebbe stipulare un ulteriore accordo.
Siffatta impostazione sembra escludere la necessità del consenso del debitore ceduto,
da altri ritenuto invece indispensabile: in tal senso, G. MEO, Garanzie bancarie, 259;
conforme, se si è ben inteso, L. FALCIONI, 235, nt. 12; cfr., altresì, A. VERONELLI, 120 s.,
secondo cui la procedura di novation (definita anche substitution), è un accordo trilaterale, un negozio complesso che si configura come cessione dei crediti derivanti dal rapporto di base, accompagnata da un accollo dei debiti e contestuale liberazione del cedente da
parte del ceduto.
500
Così, ad esempio, si è affermato che le forme più frequenti del trasferimento della
quota del prestito – assignment of the debt e assignment of the proceeds of the debt – sarebbero rispettivamente corrispondenti, in via approssimativa, all’alienazione del credito
LE BANCHE PARTECIPANTI
309
questo profilo che deve soffermarsi l’attenzione nel contesto del presente
studio.
In via preliminare, è possibile distinguere tra tecniche di circolazione
a rilevanza esterna ed interna: le une destinate ad esplicare il loro valore
anche nei riguardi del debitore e dei vari cofinanziatori; le altre, invece,
volte a rimanere confinate esclusivamente nei rapporti tra banca cedente
e cessionaria 501.
Per quanto attiene alle prime, bisogna muovere dalla conclusione appena raggiunta circa la natura parziaria dell’obbligazione delle banche dal
lato attivo. Sotto questo profilo, una volta esclusa l’attuazione solidale e
congiunta del concredito, e mancando regole ad hoc 502, nulla osta alla circolazione dello stesso alla stregua di un’obbligazione semplice. Del resto,
in tema di pluralità di creditori, si è ritenuta ammissibile la facoltà di disposizione da parte del singolo contitolare, in applicazione dei principi dettati in tema di comunione, purché limitatamente alla quota di sua pertinenza 503.
Le regole di riferimento sembrano essere, in primo luogo, quelle di diritto comune, ma non solo. È logico chiedersi se sia applicabile anche la
normativa speciale di cui alla l. 21 febbraio 1991, n. 52, giacché normalmente si tratta di una cessione di crediti d’impresa verso corrispettivo da
ed alla cessione parziale del contratto: a favore di tale equiparazione, L.A. BIANCHI, 240,
secondo cui nel secondo caso il cessionario acquisterebbe solo il diritto di incassare le
somme rimborsate dal cliente alla banca cedente e, perciò, si tratterebbe di una trasmissione del credito futuro. L’A. ritiene possibile, nel nostro sistema, un meccanismo del genere, pur reputandolo sconveniente e poco pratico, perché la banca cedente resterebbe
obbligata all’erogazione senza diritto al rimborso, mentre la cessionaria non diverrebbe
parte del loan agreement e, dunque, non potrebbe beneficiare dei vantaggi operativi della
partecipazione al sindacato; per un’analoga posizione, A. VERONELLI, 122.
501
O meglio: tra le due banche che si sono accordate per il subentro, nei rapporti interni, di una in luogo dell’altra. Per la peculiare ipotesi della c.d. sotto-partecipazione, v.
infra al § 20 di questo Capitolo.
502
Nel senso che non vi è una disciplina specifica per la circolazione del credito plurisoggettivo.
503
Per tutti, F.D. BUSNELLI, Obbligazioni soggettivamente complesse, 346, a parere
del quale possono valere, mutatis mutandis, le regole desumibili dagli artt. 1103 e 1108,
comma 3°, c.c., in base alle quali se l’atto di disposizione concerne l’intero diritto è necessario il concorso di tutti i contitolari, potendo altrimenti ciascuno disporre del diritto comune nei limiti della rispettiva quota; per una conclusione affine, sia pure con ragionamento diverso, M. GIORGIANNI, Obbligazione solidale, 680.
310
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
parte di una banca [e, quindi, il cedente è un imprenditore ex art. 1, comma 1°, lett. a)] a favore di un’altra 504. È fuori contestazione, inoltre, che
oggetto di alienazione sia un credito pecuniario 505, sorgendo piuttosto il
dubbio circa l’idoneità del singolo trasferimento a rientrare nel perimetro
della legge de qua 506. L’applicazione della disciplina in questione incide
su alcuni elementi, quali, fra gli altri, la garanzia di solvenza del cedente
(art. 4) e l’efficacia della cessione nei confronti dei terzi (art. 5) 507.
Alla luce di questo complesso di norme, deve anzitutto verificarsi la
libera cedibilità o meno dei crediti sindacati. Rileva, in proposito, il principio secondo cui i crediti sono normalmente trasferibili da parte del creditore, anche senza il consenso del debitore, purché non abbiano carattere
504
Vale a dire che, tendenzialmente, ne ricorrono tutti i presupposti, ivi incluso quello del corrispettivo, in relazione al quale si è immaginata la conseguente applicabilità della
legge speciale solo in presenza di una causa di vendita, escludendo fra l’altro quella di
garanzia: U. BELVISO, L’ambito di applicabilità, 4 ss.; A.A. DOLMETTA, La cessione dei
crediti, 19; cfr., altresì, A. BASSI, Factoring e cessione, 35 ss.; diversamente, R. ALESSI e
L. MODICA, 1104 s. e 1143 ss.
Per quanto riguarda il cessionario, la versione originaria della norma non faceva
espresso riferimento alle banche (G.C.M. RIVOLTA, La disciplina, 712), modifica intervenuta in seguito all’introduzione del testo unico bancario, sebbene la medesima conclusione potesse essere dedotta in via interpretativa anche prima (e v. G. DE NOVA, Novità
nella disciplina, 119; poi, R. ALESSI e L. MODICA, 1113 s.), come in effetti da più parti
riconosciuto (ad esempio, U. BELVISO, L’ambito di applicabilità, 10).
505
Altro requisito indispensabile: G.C.M. RIVOLTA, La disciplina, 715.
506
Dubbio derivante dal fatto che il legislatore muove dall’idea di fondo di regolare
l’ipotesi di cessione di una pluralità di crediti (per tutti, Ad. DI MAJO, Crediti di impresa,
476 s., secondo cui deve pur sempre sussistere un ulteriore rapporto tra cedente e cessionario). Simile evenienza non sembra, invero, assurgere ad effettivo presupposto di applicazione delle disposizioni in esame, restando più che altro confinata nel modello – solo
inizialmente – preso in considerazione dal legislatore. È sin troppo noto come l’intenzione di disciplinare il contratto di factoring sia rimasta tale (in luogo di altri, G.C.M. RIVOLTA, La disciplina, 709 ss.), preferendo, a conti fatti, dettare una serie di previsioni di
taglio più generale, al fine di agevolare sotto vari aspetti la circolazione dei crediti d’impresa, anche una tantum, in presenza dei requisiti fissati nell’art. 1 l. n. 52/1991. Una
prospettiva del genere appartiene, se si è ben inteso, a chi sottolinea la necessità che ricorra un qualsiasi tipo di contratto con fine di scambio e finanziamento idoneo a produrre una trasmissione del credito, là dove l’uso dell’espressione “crediti” nel dettato normativo vorrebbe solo evocare l’esistenza di una molteplicità di negozi capaci di realizzare una funzione di questo tipo (così, U. BELVISO, L’ambito di applicabilità, 5 s.; e v., pure, M. COSTANZA, La cessione del credito, 161 ss.).
507
Su tali disposizioni, fra molti, R. ALESSI e L. MODICA, 1115 ss.; G.C.M. RIVOLTA,
La disciplina, 718 ss.; D. VALENTINO, 176 ss.
LE BANCHE PARTECIPANTI
311
strettamente personale, oppure l’alienazione sia vietata dalla legge (art.
1260, comma 1°, c.c.) 508. E non sembra che, nel caso de quo, esistano ragioni per negarne la naturale trasmissibilità 509, poiché manca una proibizione legislativa in proposito, né sussiste il carattere della personalità,
trattandosi di una somma di denaro. Nemmeno ricorrono talune di quelle
circostanze implicite (o intrinseche), tali da consentire di inferirne, in via
interpretativa, l’inalienabilità, come nell’ipotesi in cui il creditore sia obbligato ad una specifica cooperazione consistente in un facere infungibile 510. Questa constatazione si scontra, in qualche misura, con la diffusa
prassi di includere nei contratti di finanziamento in pool apposite clausole
di libera trasferibilità dei crediti sindacati, ritenute dirette a favorire la
formazione del mercato secondario 511.
A prima vista, cioè, non appaiono d’immediata intellegibilità le previsioni di pura e semplice alienabilità, come anche quelle con cui si ribadisce che è necessaria e sufficiente la notifica al debitore ceduto, ai fini dell’opponibilità del trasferimento 512. Sembra quasi che le parti presuppon508
Si evidenzia, in letteratura, il capovolgimento del dogma romano dell’incedibilità
dei crediti, fondato sulla loro soggettivizzazione (già, A. GRAZIANI, La cessione dei crediti, 152; in seguito, P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, 9 ss. e 18, secondo cui il
principio della trasferibilità del credito trova espresso fondamento nell’art. 1260 c.c.; U.
VIOLANTE, 88 ss.), da cui la propensione ad intenderli sempre più come beni appartenenti
al patrimonio del creditore (tra molti, M. GIORGIANNI, Credito e creditore, 1113).
D’altra parte, si reputa sussistente anche la generale cedibilità parziale del credito,
benché ciò vada ad incidere sulla posizione del debitore, il quale si trova a dover adempiere nei confronti di più soggetti: per tale indagine, A. FINESSI, 24 ss. e 100 ss., per la
quale il problema consiste nell’individuazione degli strumenti a tutela del ceduto contro
gli aggravi connessi al mutamento del rapporto obbligatorio e per i quali non è necessario il
suo consenso.
509
A giudizio di G. MEO, Garanzie bancarie, 260, la cessione pro quota è assai agevole dal punto di vista tecnico-giuridico, in quanto avviene esclusivamente sul piano interbancario e, alla stregua di una comune cessione del credito, non richiede l’adesione
del debitore ceduto.
510
Al riguardo, anche per l’individuazione delle diverse ipotesi d’intrasferibilità, B.
FRANCESCHELLI, 25 ss.; V. PANUCCIO, 854 ss.; P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, 17 ss., spec. 20; D. VALENTINO, 33 ss.; amplius, G. FINAZZI, 228 ss.
511
In questa direzione, pure per alcuni interessanti dati statistici, B. GADANECZ, Il
mercato dei prestiti sindacati, 90.
512
Vale la pena di precisare che la legge dettata per la cessione dei crediti d’impresa
non prevede alcuna regola in merito all’efficacia della cessione nei riguardi del debitore
ceduto e, perciò, devono ritenersi operanti le norme codicistiche (con forza, G.C.M. RI-
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FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
gano l’operare di un regime di (relativa) intrasferibilità, come pure è stato
sostenuto in altri sistemi, peraltro affini al nostro 513.
Non può certo escludersi, per converso, che tali clausole consistano in
una mera ripetizione del regime legale esistente, nell’intento di evitare, anche in via precauzionale, eventuali dubbi o contestazioni. A ben vedere,
però, a queste convenzioni può attribuirsi un significato assai più pregnante. Molto spesso, i testi contrattuali fanno riferimento non solo alla libera
cedibilità del credito sindacato, ma anche della quota derivante dal finanziamento, avendo cura di specificare che, per siffatta trasmissione, non è
richiesto il consenso del cliente, né delle banche partecipanti 514.
Il significato di pattuizioni del genere, allora, si percepisce se le stesse
si intendono riferite non al trasferimento del credito, di per sé alienabile,
bensì del contratto, per il quale è invece necessario il consenso del contraente ceduto ai sensi dell’art. 1406 c.c. È da quest’angolazione che si apprezza l’importanza dei patti di piena trasferibilità in esame, siccome l’intento è quello di permettere l’alienazione della partecipazione al finanziamento, ossia di assentire, in via anticipata, al subentro di un estraneo
al posto di ciascuno dei partecipanti 515. Nessun dubbio può porsi in ordine alla liceità di una prescrizione del genere, essendo ciò testualmente
previsto dall’art. 1407 c.c., a mente del quale, se una parte ha consentito
preventivamente che l’altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti
dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti nel momento in
cui gli è stata notificata la cessione, oppure l’ha accettata 516.
VOLTA,
La disciplina, 720); senza che ciò possa consentire di supportare dogmaticamente la generale tesi dell’efficacia traslativa immediata nei confronti del ceduto (così, A.A.
DOLMETTA, La cessione dei crediti, 24). Per le formalità necessarie in Francia, E. BOURETZ, La syndication indirecte, 295.
513
In Germania, si è asserito che i vari membri non possono cedere la loro partecipazione a meno che non sia espressamente prevista la cedibilità del credito ai sensi del §
399 BGB: H. HEROLD, 199.
514
Una possibile variante, invece, consiste nel richiedere l’accordo di tutte le banche
per l’ingresso di una in sostituzione di un’altra: per tale constatazione empirica, R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169.
515
Per il riconoscimento di una costante prassi in tal senso, M.T. DE GISPERT PASTOR, 305 s. e 307.
516
Fra molti, E. BETTI, n. 31 bis, 258, per il quale il consenso preventivo qualifica
come fungibile la persona dell’altro soggetto; F. CARRESI, Cessione del contratto, 152;
G. DE NOVA, La cessione del contratto, 661, secondo cui la notifica non necessita di
LE BANCHE PARTECIPANTI
313
Conferma di quanto si dice, del resto, può rinvenirsi in clausole di altro tenore, protese proprio verso la restrizione della cedibilità, in un numero sia pure più ridotto di casi 517, presupponendo quindi che il regime
residuale sia appunto quello della disponibilità del credito, contemplato
dall’art. 1260 c.c. e confermato dalla l. n. 52/1991. Si pensi all’ipotesi,
frequente, in cui si sancisce l’intrasferibilità del credito vantato dalla capofila in virtù del ruolo ricoperto e della fiducia che vi hanno riposto le
altre banche 518.
Analogo discorso vale quando vi sono disposizioni che si preoccupano
di specificare tempi e modi della notifica; ovvero quando prevedono che
questa debba avvenire anche nei riguardi delle banche partecipanti, e non
solo a favore del soggetto finanziato 519. Ed ancora, in altre circostanze il
senso può essere quello di porre una deroga al modello suppletivo, agevolando ancor di più il regime di trasferibilità. Basti pensare che si reputa
diffusa, altresì, la clausola che esonera il creditore dalla comunicazione al
debitore dell’avvenuta cessione 520; previsione cui, comunque, non sembra potersi attribuire il significato di rendere l’alienazione del credito opformalità speciali; A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 301 ss., spec. 313 s., ad
avviso del quale non può equivalere a notifica la mera conoscenza di fatto che il ceduto
abbia avuto dell’avvenuta cessione.
517
È quanto riporta, J.T. BROWN, 181 s.; cfr., altresì, U. VIOLANTE, 64 s., che riporta
il caso dell’intrasferibilità a favore di banche diverse da quelle finanziatrici, ovvero differenti da quelle ad esse affiliate.
Altre volte la prassi contrattuale prevede, invece, che la parte finanziata non può negare il proprio assenso se non per ragionevoli e comprovati motivi legati all’identità ed
alla figura del cessionario, con conseguente previsione del recesso in favore della banca
“alienante” in caso di rifiuto. Spesso, si specifica pure che non è necessario l’assenso del
cliente nel caso di cessione totale o parziale in favore di banche appartenenti al medesimo gruppo.
518
Si è intravista, nelle restrizioni all’alienazione, la finalità di facilitare la rinegoziazione delle condizioni del prestito e l’assunzione di informazioni sulla società debitrice:
di tale avviso, L. PICARDI, 124 s.
519
Per esempi del genere, R. CLARIZIA, Finanziamento in pool, 169, il quale considera necessaria la notifica mediante lettera raccomandata; L. FALCIONI, 234, testo e nt.
12, che ritiene sempre possibile anche la cessione del contratto «previo il consenso
dell’altra parte».
520
Di tale avviso, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 763 s., per la quale tale regime è conforme
alle regole stabilite per la «transferencia de créditos no endosables», ma il cessionario
deve comunicare la cessione alla capofila «surtiendo dicha transferencia efectos frente a
terceros, sólo a partir de este momento».
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FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
ponibile al debitore ceduto, senza che questi ne abbia contezza 521, giacché il pagamento al cedente lo libera, in assenza della notifica, se il cessionario non riesce a provare la conoscenza da parte sua dell’avvenuto trasferimento, argomentando a contrario dall’art. 1264, comma 2°, c.c. 522.
Riportata nell’alveo del sistema l’esperienza empirica, e chiarito il
senso della stessa, dopo aver individuato le regole di riferimento della circolazione dei crediti sindacati, è bene precisare ulteriormente, a questo
punto, che i rapporti oggetto di cedibilità sono molteplici, con evidenti differenze sul piano della disciplina applicabile, se non della stessa liceità.
19. Segue. Il problema dell’ammissibilità della circolazione del contratto di finanziamento in pool. – A problemi diversi dà luogo l’eventuale
circolazione del contratto di finanziamento in pool. Ed invero, mentre la
trasmissione del credito sindacato è di per sé libera (come appena visto) e
soggetta alla regola del consenso traslativo (art. 1376 c.c.) 523, lo stesso
non può dirsi per il trasferimento del contratto; per quello di prestito in
senso stretto 524, in quanto a prestazioni corrispettive, nessun dubbio si
pone circa l’applicazione del principio secondo cui è necessario il consenso del contrente ceduto (art. 1406 c.c.).
Più complicato è il discorso concernente la convenzione interbancaria:
in virtù della conclusione raggiunta sul punto 525, è indispensabile rifarsi
521
In ordine alle varie ipotesi configurabili di conoscenza o di notizia della cessione,
P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, 174 ss.; poi, G. FINAZZI, 398 ss.
522
E v. P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, 169 e 171, secondo cui il debitore
in buona fede si libera adempiendo al creditore originario non più titolare del credito, in
assenza della notificazione e dei suoi equipollenti; D. VALENTINO, 78 s.
523
Si tratta dell’opinione assolutamente prevalente, in virtù della quale la notifica ed i
suoi equivalenti non costituiscono parte integrante della struttura della cessione, giacché
l’effetto traslativo si fonda esclusivamente sulla regola contenuta nell’art. 1376 c.c.: anche per riferimenti, U. BRECCIA, Le obbligazioni, 782; A.A. DOLMETTA, Cessione dei
crediti, 291 ss.; F. MARANI, 18 ss.; V. PANUCCIO, 847 ss., spec. 853 s., che distingue tra
titolarità formale e sostanziale; P. PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, 159 ss.; nonché, anche per riferimenti di dottrina e giurisprudenza, G. FINAZZI, 135 ss.; per il regime
portoghese, M. DE ASSUNÇÃO OLIVEIRA CRISTAS, 31 ss., che predilige la tesi della
«estrutura contratual com eficácia translativa».
524
Secondo la distinzione effettuata supra al § 7, Capitolo Secondo.
525
Si rinvia a quanto osservato supra al § 16, Capitolo Secondo; nonché al § 3 di
questo Capitolo.
LE BANCHE PARTECIPANTI
315
all’unanimità richiesta per le modifiche del negozio costitutivo, come
impone l’art. 2607 c.c., tra le quali va annoverata anche l’ipotesi del trasferimento della partecipazione contrattuale 526. L’integrazione, in via analogica, con la disciplina consortile esime dal doversi misurare con il
problema della difficile applicabilità delle regole di diritto comune, appunto dettate per la cessione dei contratti di scambio.
All’opposto, è stato affermato che la banca cessionaria (del finanziamento in senso stretto) andrebbe a succedere nei diritti e negli obblighi di
quella cedente e risulterebbe, così, vincolata alle pattuizioni relative alla
gestione di tale contratto e, quindi, anche al patto di sindacato intercorso
tra le banche, subentrandovi in modo automatico 527. Un simile ragionamento deve respingersi, poiché sul piano giuridico non è concepibile sovrapporre la circolazione del prestito e quella dell’intesa fra i cofinanziatori, trattandosi di due negozi differenti. Sembra anche da scartare la possibilità di intravedere nella cessione del contratto di finanziamento in pool
un consenso implicito all’alienazione dell’accordo interbancario, poiché
non è sufficiente, a tal fine, la sola volontà della banca cedente. Per converso, una simile ricostruzione dell’intenzione dei contraenti potrebbe essere praticabile là dove siano previste clausole di libera trasferibilità in
senso ampio, ossia comprensive sia del contratto di finanziamento in senso stretto, sia della convenzione interbancaria. In questa eventualità, invero, nessun problema si porrebbe qualora le parti abbiano esplicitato che
intendono procedere al trasferimento di entrambe le posizioni, potendosi
prescindere dal consenso del cliente ed anche da quello degli altri cofinanziatori 528.
Deve ugualmente rifiutarsi, come naturale, ogni forma di equiparazione tra l’alienazione del credito e quella del prestito. Si è evidenziato che
la distinzione tra queste due vicende, netta in linea teorica, perderebbe
rilevanza sul piano pratico, in ragione dell’usuale prassi di inserire il consenso preventivo alla cessione da parte del borrower 529. Restano ferme,
526
In luogo di altri, T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza, 125; G. MARASÀ, Consorzi e società consortili, 62.
527
Così, L.A. BIANCHI, 240; sulle sue orme, D. CREMASCO, 159.
528
In mancanza di una chiara manifestazione di volontà in tal senso, bisognerebbe
pur sempre verificare alla luce dei dati complessivi e delle comuni regole ermeneutiche
la possibilità di giungere alla medesima conclusione.
529
Al riguardo, L.A. BIANCHI, 240; conforme, D. CREMASCO, 159.
316
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
invero, anzitutto rilevanti differenze di disciplina: ad esempio, l’applicabilità della normativa concernente la cessione dei crediti d’impresa implica che, in tema di garanzia, l’alienazione si presume effettuata pro solvendo 530.
Di più, la stessa facoltà di cedere il negozio di finanziamento da parte
di una singola banca potrebbe risultare di dubbia ammissibilità. Nessun
problema sorge in ordine alla presenza del requisito della corrispettività
del negozio ceduto ed alla necessità che le prestazioni non siano interamente esaurite da ambo i lati (art. 1406 c.c.) 531. A tale strumento si ricorre, infatti, proprio quando la banca vuole uscire dall’operazione, ma dalla
stessa derivano sia posizioni attive che passive, in ragione della peculiare struttura del prestito 532. Altrimenti, è chiaro che se non vi fosse più
alcun obbligo di erogazione, la banca potrebbe semplicemente cedere il
proprio credito (da restituzione) 533.
530
Lo impone l’art. 4, dando luogo ad un rovesciamento rispetto alle regole di diritto
comune: M. COSTANZA, La cessione del credito, 162; A.A. DOLMETTA, La cessione dei
crediti, 21; G.C.M. RIVOLTA, La disciplina, 718 s., il quale sottolinea, poi, che l’estensione della garanzia agli interessi, al rimborso delle spese ed al risarcimento del danno
non opera, appunto perché prevista soltanto dall’art. 1267 c.c.
In termini differenti, però, L.A. BIANCHI, 240, per il quale non può ravvisarsi una differenza sostanziale nella garanzia della cessione, giacché la banca cedente raramente garantisce la solvenza del debitore (art. 1267 c.c.), ovvero l’adempimento del contratto (art.
1410, comma 2°, c.c.) da parte del cliente, in ragione del fatto che dovrebbe rispondere
in questo caso come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto (art. 1410,
comma 2°, c.c.). A giudizio dello stesso A., nondimeno, la distinzione tornerebbe ad avere rilievo rispetto agli effetti liberatori del pagamento effettuato dal borrower al cedente,
anziché al cessionario, perché il debitore che paga all’alienante non è liberato se
l’acquirente prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione
(art. 1264, comma 2°, c.c.).
531
In merito, F. CARRESI, Cessione del contratto, 147; ID., La cessione del contratto,
n. 15 s., 47 ss., per il quale la precisazione relativa all’inesecuzione delle prestazioni è
superflua.
Sotto questo profilo, è ampia la casistica dei contratti incedibili (perché non corrispettivi, oppure eseguiti in toto da una delle due parti), sull’individuazione dei quali non
sussiste uniformità di vedute: A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 180 ss. e 242
ss.; A.M. BENEDETTI, 115 ss.
532
Basti pensare all’ipotesi in cui la concessione avviene in più tranche.
533
Analogamente, in tema di mutuo, F. CARRESI, La cessione del contratto, n. 14, 45
s., il quale immagina, tuttavia, che, nonostante il versamento integrale da parte del mutuante, possa aversi la cessione della posizione contrattuale di quest’ultimo, in coerenza
con la tesi della natura corrispettiva del negozio previsto dall’art. 1813 c.c.; per cui, se-
LE BANCHE PARTECIPANTI
317
Il discorso, per contro, appare complicato, in punto di legittimità, se si
guarda con attenzione all’oggetto del trasferimento sotto un diverso profilo, ossia in relazione all’intero fido concesso. Si tratta, invero, di un’alienazione di una quota del tutto e, quindi, di una cessione parziale del contratto 534, figura circondata da una certa ambiguità e non poco controversa
in dottrina e giurisprudenza 535. Se uno solo dei cofinanziatori cede la sua
posizione non ricorre propriamente un integrale avvicendamento di un
contraente in luogo di un altro, restando immutata la posizione delle altre
banche, avendosi a che fare con una parte plurisoggettiva 536. Simile apprezzamento potrebbe portare ad escludere la liceità di una fattispecie del
genere, ferma restando, per gli intermediari, la possibilità di scindere le
varie situazioni giuridiche, attive e passive, derivanti dalla propria partecipazione al pool e di utilizzare le rispettive regole di circolazione per
ogni singolo trasferimento.
In effetti, proprio la considerazione che la cessione del contratto richiede, ai sensi dell’art. 1406 c.c., il subentro di una parte al posto di un’altra, potrebbe deporre nel senso dell’inammissibilità di una sua circolazione parziale 537. L’orientamento tradizionale e consolidato in giurisprudenza predilige la soluzione negativa, con il conforto di una parte della
dottrina 538, affermando che la circolazione del negozio giuridico ne imcondo l’A., il mutuante cederebbe la provvista ad un terzo, il quale dovrebbe rimborsarlo
e subentrare, così, nel principale obbligo di non richiedere il tantundem per tutta la durata del rapporto; in termini differenti, G. RECINTO, 185, per il quale il mutuo oneroso deve
essere inteso come un contratto consensuale, a differenza di quello gratuito, potendo,
quindi, essere oggetto di cessione solo se l’attribuzione del mutuante non è stata ancora
interamente realizzata.
534
È corretto l’accenno presente, in tal senso, in G. GIANNELLI e A. DELL’OSSO, 10.
535
Per un primo approccio, F. ANELLI, La cessione del contratto, 1186.
536
S’interroga, sul punto, P. CARRIÈRE, Project financing. Profili, 57, nt. 10, che respinge l’esistenza, nel nostro ordinamento, di un supposto principio di incedibilità parziale del contratto, ritenendo, perciò, ammissibile una circolazione non integrale del negozio di finanziamento in pool, senza però argomentare la conclusione; per diritto spagnolo, A. SERRANO ACITORES, 328 s., che parla contemporaneamente di cesión parcial
de posición contractual e di trasferimento del credito in conformità del disposto dell’art.
1529 Código Civil.
537
Il che accade quando si individua nell’oggetto della cessione del contratto la qualità di “parte”: F. CARRESI, Cessione del contratto, 148; ma per il carattere improprio di
tale formulazione, G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 420, nt. 16.
538
Con incedere ambiguo, G. DE NOVA, La cessione del contratto, 652 s., secondo
318
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
porta il trasferimento nel suo complesso unitario di diritti ed obblighi, lasciandone immutati gli elementi oggettivi essenziali e realizzando soltanto una sostituzione soggettiva 539.
In verità, deve rilevarsi che il dibattito sull’ammissibilità della cessione parziale sembra vertere sulla facoltà o meno di modificare il contenuto
originario dell’accordo oggetto di trasferimento 540, nella misura in cui la
circolazione del contratto presuppone, già su di un piano logico, il passaggio dello stesso nella sua versione genetica, ossia senza alcun mutamento contenutistico 541. Il problema della trasmissione del negozio di credito sindacato da parte del singolo cofinanziatore appare, invece, differente, poiché la banca alienante ambisce in questo caso a trasferire l’intera sua posizione contrattuale senza apportarvi alcuna modifica, sebbene
la stessa non rappresenti la totalità della parte contraente, essendo questa
soggettivamente complessa, ossia composta da più individui. Non sussiste, perciò, alcuna complicazione concernente l’immutabilità del contratto (di prestito) oggetto di alienazione e, quindi, non ricorre la sua circolazione parziale, per come tradizionalmente intesa.
A riprova di quanto si dice, può rilevarsi come nessun dubbio di legittimità si porrebbe allorché si seguisse la ricostruzione in virtù della quale
cui merita, però, considerazione la tesi che ammette modifiche al contenuto del rapporto.
L’A. sembra, poi, condividere alcune ipotesi di cessione parziale (653, testo e nt. 12).
539
Così, Cass., 5 novembre 2003, n. 16635; Cass., 18 gennaio 1984, n. 419; Cass., 2
dicembre 1980, n. 6295; Cass., 24 settembre 1979, n. 4921; in passato, Cass., 12 marzo
1953; in dottrina, G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 420.
Per alcune aperture, in tema di riporto, Trib. Milano, 7 luglio 1988; con decisione, in
dottrina, A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 212 s., secondo cui la soluzione restrittiva sarebbe in contrasto con l’autonomia privata e con l’esigenza di economia negoziale.
540
Vale a dire sull’immutabilità del contratto oggetto di cessione, quanto meno nei
suoi elementi essenziali, come ritiene F. CARRESI, Cessione del contratto, 147; in seguito, con propensione verso la soluzione liberale, A.M. BENEDETTI, 137 s.; G. RECINTO,
189 s., secondo cui bisogna valutare il concreto assetto d’interessi oggetto della vicenda
traslativa.
541
Senza contare che, da questo angolo visuale, si fanno strada all’interno della stessa
giurisprudenza posizioni più liberali, tese ad ammettere modifiche su aspetti secondari
del negozio ceduto: Cass., 6 dicembre 1995, n. 12576, secondo cui nulla vieta al cessionario ed al contrante ceduto di accordarsi tra loro per apportare delle modifiche al contenuto del contratto originario; Cass., 9 agosto 1990, n. 8098, che ammette modificazioni
marginali, ossia non concernenti gli elementi essenziali del negozio.
LE BANCHE PARTECIPANTI
319
la circolazione del contratto dovrebbe essere inquadrata dal punto di vista
teorico, in modo analitico, alla stregua di una simultanea cessione dei crediti ed accollo (interno) dei debiti 542, poiché sarebbe evidente, nel caso di
specie, l’integrale trasferimento della complessiva posizione afferente la
banca cedente. È verosimile, ad ogni modo, ritenere che non sia necessario prestare adesione a questa teoria per affermare la liceità dell’ipotesi di
cui si discute e la conseguente applicabilità della relativa disciplina. Ed
infatti, lo stesso dettato legislativo richiede il trasferimento di tutte le relazioni contrattuali (art. 1406 c.c.) in essere da parte dell’alienante, come
di sicuro accade nella trasmissione della singola posizione negoziale riguardante il prestito sindacato. Tanto è vero che oggetto della cessione
del contratto non è il negozio, bensì il rapporto giuridico corrispondente 543, alla stregua di quanto riconosciuto in tema di accordi divisibili 544.
Ora, è chiaro che la norma presuppone la presenza di una parte soggettivamente semplice e, dunque, lascia intendere come da ciò derivi l’integrale sostituzione di un contraente al posto di un altro. Ma l’inevitabile
adattamento della fattispecie tipica all’ipotesi in cui vi sia un centro di interesse composto da più soggetti non implica, pertanto, una fuoriuscita dallo schema delineato nell’art. 1406 c.c. 545, poiché il singolo cofinanziatore
cedente intende alienare tutti i diritti e gli obblighi derivanti dalla partecipazione al finanziamento in pool 546.
542
Per tutti, R. CICALA, Cessione del contratto, 878 ss., spec. 884 ss., che muove dalla critica alla c.d. teoria unitaria; per una diversa impostazione, fra i tanti, G. DE NOVA,
La cessione del contratto, 651, per il quale la cessione del contratto non implica soltanto
trasmissione dei debiti e dei crediti, ma altresì «di quel complesso di diritti potestativi,
azioni, aspettative che sono connessi alla qualità di contraente».
543
È antico l’insegnamento, sul punto, di E. BETTI, n. 31 bis, 257, per il quale si tratta
di un mezzo tecnico di circolazione più progredito della cessione di credito e dell’accollo
di debito; in seguito, G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 418 ss.
544
E v. G. SANTINI, I contratti «divisibili», 20, secondo cui può verificarsi una divisione del rapporto ed una conseguente cessione parziale del negozio.
545
Implicitamente, G. IUDICA, Impugnative contrattuali, 168, per il quale «deve ritenersi ammissibile una cessione pro quota del contratto da parte di ciascun membro, e
quindi la sostituzione di un terzo nella situazione giuridica complessiva spettante al
compartecipante cedente».
546
Ciò implica, sul piano della disciplina applicabile, anzitutto la liceità del consenso
preventivo, con tutto ciò che ne deriva, come già rilevato nel paragrafo precedente; e, inoltre, fra le altre conseguenze principali, quella della liberazione del cedente ex art.
1408 c.c. (effetto naturale della cessione: G. MIRABELLI, Delle obbligazioni, 422).
320
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Ricostruito il particolare atteggiarsi delle ipotesi di cessione del credito e del contratto inerenti ai prestiti sindacati, resta da esaminare un’ultima tecnica peculiare di trasmissione.
20. Segue. La c.d. sotto-partecipazione. – Come rilevato in precedenza, spesso l’interesse delle banche partecipanti è quello di coinvolgere solo nei rapporti interni un altro intermediario, mantenendo ferma la propria
relazione contrattuale nei riguardi del cliente 547. Viene, qui, in rilievo la
c.d. sotto-partecipazione: tecnica, anche questa, sorta e sviluppata per lo
più nei sistemi di common law 548. È di nuovo opportuno evitare di soffermarsi sui caratteri dell’operazione in ordinamenti lontani da quelli continentali 549, anche per evitare l’inconveniente di incorrere in errate generalizzazioni, ovvero in riflessioni riferite ai sistemi di matrice anglo-americana e, pertanto, irrilevanti ai fini della ricostruzione della disciplina interna 550.
Giova comprendere, anzitutto, in cosa consiste tale ipotesi: si è parlato, al riguardo, di partecipazione occulta al pool, per segnalare che il
nuovo intermediario non subentra nei rapporti con le altre banche, né con
il soggetto finanziato 551, giacché il cofinanziatore “cedente” (c.d. sotto547
L’intento può anche essere quello di sottrarsi alle onerose formalità richieste per la
cessione del credito: P. BLOCH, 244 s.
548
E v. U. VIOLANTE, 70 s., che ne ricollega la diffusione alla difficoltà di avvalersi
della tecnica dell’assignment per via delle restrizioni negoziali contenute nei contratti di
finanziamento.
Nella prassi del commercio internazionale, si è soliti distinguere l’ipotesi del subcontratto dal contract assignment, che implica la sostituzione del contraente originario con
uno nuovo: U. DRAETTA, 13 s., per il quale il subcontratto internazionale verte su una
parte di un oggetto di un altro negozio, definito principale o main contract.
549
Su cui possono consultarsi, se si vuole, P. GABRIEL, 196 ss.; A. HAYNES, 156 ss.;
S. HURN, 180 s. e 184 s.; P.R. WOOD, 110 ss.
550
Piuttosto bisogna tener presente che la figura trova ampia corrispondenza nei paesi di civil law: per diritto francese (sous-participation), J.B. BLAISE et P. FOUCHARD, 168
ss.; amplius, P. BLOCH, 243 ss.; J.T. BROWN, 184 ss.; e v. il modello di Contrat de sousparticipation, 744 ss.; nonché, quello di Convention de sous-participation, 287 ss.
In Germania (Unterbeteiligung), in particolare, M. WAGNER, 42 ss., che muove dall’individuazione dei problemi applicativi e ricostruttivi (Rechtsprobleme).
Nel sistema spagnolo, M.T. DE GISPERT PASTOR, 117 ss.; M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 763 ss.
551
In tal senso, U. VIOLANTE, 71; per la Francia, P. BLOCH, 245 s.; C. DUFLOUX et L.
LE BANCHE PARTECIPANTI
321
partecipato) realizza, nella sostanza, una sorta di rifinanziamento ed un
trasferimento di una parte del rischio, mantenendo al contempo un ruolo
formale di piena partecipazione al sindacato 552. Dal canto suo, la banca
“cessionaria” (c.d. sotto-partecipante) può essere spinta da varie ragioni:
ad esempio, perché ha eccessiva liquidità o, comunque, avverte l’esigenza di diversificare gli investimenti 553.
In linea generale, è chiaro che il soggetto coinvolto in un secondo
momento nel prestito consortile può reputare che si tratti di un buon affare, ma non è da scartare l’esistenza di motivazioni connesse esclusivamente ai legami esistenti tra i due contraenti. Nella nostra letteratura, si
è osservato che il cofinanziatore sotto-partecipato resta formalmente parte dell’originario accordo e trasferisce obblighi e diritti nascenti dal negozio ad un altro intermediario, alla stregua di quanto accade in un ordinario sub-contratto, mentre la banca coinvolta rimane estranea al finanziamento ed assume il rischio economico del mancato rimborso della
somma da parte del richiedente 554.
L’accostamento è, dunque, al noto fenomeno del sub-contratto, figura
profondamente diversa dalla fattispecie disciplinata dall’art. 1406 c.c. 555,
consistente nella conclusione di un negozio con un terzo, in cui si assume
la posizione opposta a quella ricoperta nel c.d. contratto base 556. Il che
potrebbe significare, sul piano della disciplina applicabile, riconoscere
l’azione diretta al soggetto finanziato (titolare della posizione attiva del
MARGULICI, La syndication: un mécanisme essentiel, 827; in Spagna, M.T. DE GISPERT
PASTOR, 119.
552
Il che può rispondere, ad esempio, alla finalità di conservare un certo prestigio.
553
La partecipazione indiretta e successiva al sindacato può scaturire anche dall’esistenza di limiti normativi di natura internazionale (ad esempio, embargo) contro il
paese del beneficiario, per cui le banche straniere non possono impegnarsi direttamente nei suoi confronti, come testimoniato da alcune vicende, quali la crisi iraniana del
1982 e quella anglo-argentina per la sovranità sulle isole Malvine: è quanto riporta, G.
MEO, Garanzie bancarie, 259.
554
Così, L.A. BIANCHI, 240; nella sua scia, L. FALCIONI, 235, nt. 12.
555
Tra molti, A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 236 ss.; M.F. TOMMASINI,
12 ss.; V. RICCIUTO, Subcontratto, 14.
In contrario, per un deciso accostamento all’art. 1406 c.c., F. CARRESI, La cessione
del contratto, n. 17, 55.
556
Fra tanti, A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 236; F. ANELLI, La cessione
del contratto, 1362 s.; V. CARBONE, 319.
322
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
negozio principale) nei confronti della banca subentrante (titolare della posizione passiva del subcontratto), alla stregua dell’art. 1595 c.c. 557, norma
ritenuta dai più espressione di un principio di applicazione generale 558.
In contrario, deve osservarsi come la possibilità che il cliente possa
agire nei riguardi dell’intermediario sotto-partecipante sembra contrastare
con la volontà delle parti e con l’interesse da loro perseguito 559, poiché la
banca subentrante non ha alcuna intenzione di intrattenere rapporti con
l’impresa sovvenuta 560. Proprio perché manca la manifestazione di simili
accordi nei confronti dei terzi, in Francia è stata avanzata la qualifica di
557
A favore della tesi affermativa, anche per riferimenti, A. ALBANESE, Della cessione del contratto, 240; V. RICCIUTO, Subcontratto, 13, per il quale si tratta di esito derivante dalla considerazione della sub-locazione come prototipo della più generale categoria del sub-contratto; M.F. TOMMASINI, 148; in giurisprudenza, Cass., 18 settembre 2008,
n. 23853, secondo cui è possibile l’estensione, fra l’altro, al sub-comodatario; Cass., 8
marzo 2002, n. 3437, che ne riconosce l’applicazione analogica alla sub-mediazione;
conforme, in tema di leasing, Trib. Milano, 30 marzo 1987.
All’opposto, se si è ben inteso, G. DE NOVA, La cessione del contratto, 666; in posizione peculiare, con qualche apertura, G. CHINÉ e G. MILIANO, 601 s., per i quali si tratta
di azione del tutto singolare, ma in certi casi potrebbe essere applicata analogicamente.
558
Posizione espressa da M. BACCIGALUPI, Appunti per una teoria del subcontratto,
196 ss., che parla di un potere di espansione del diritto del primo contraente ai contratti
sovrapposti; F. MESSINEO, Contratto derivato, 85, secondo cui si tratta di regola valevole
per tutti i casi di sub-contratto, essendo situazioni analoghe; Cass., 18 settembre 2008, n.
23853.
La soluzione liberale trova, peraltro, più o meno conforto, a seconda delle ricostruzioni teoriche adottate circa l’inquadramento della figura del sub-contratto. Così, per la
tesi propensa ad intravedervi una stipulazione a favore del terzo (ossia il soggetto estraneo al sub-contratto), l’azione diretta è stata ritenuta un conseguente e naturale momento
di emersione di una struttura ex lege necessaria, cioè dell’accollo cumulativo a favore del
c.d. primo contraente (e v. B. GRASSO, 63 ss. e 85 ss., spec. 132 ss.). Sotto questo profilo,
la teoria appena riportata, oltre che rimasta isolata (ad esempio, v. la critica di V. RICCIUTO, Subcontratto, 7 s.), non sembra pervenire a conclusioni diverse da quelle cui anche altre concezioni sono giunte, come ad esempio la tesi del collegamento negoziale
(specialmente, M. BACCIGALUPI, Appunti per una teoria del subcontratto, 186 ss., spec.
193 ss., che parla di sovrapposizione ed interdipendenza tra negozi; poi, F. MESSINEO,
Contratto derivato, 81 e 87, per il quale si tratta di collegamento funzionale, subordinato
ed accessorio; G. CHINÉ e G. MILIANO, 589 ss.; V. CARBONE, 321).
559
Per uno spunto, F.A. CAPUTO NASSETTI, Il trasferimento dei crediti bancari, 52,
per il quale il sub-partecipante può contare esclusivamente sull’attività di recupero del
credito «che la banca venditrice si impegna ad eseguire nel suo interesse».
560
Ma v., guardando all’esperienza britannica, le diverse riflessioni di U. VIOLANTE,
71 s.
LE BANCHE PARTECIPANTI
323
associazione in partecipazione sotto forma di convenzione de croupier 561,
pur sottolineando anche la finalità di garanzia sottesa all’accordo 562.
Anche nel nostro sistema, l’ipotesi di un cofinanziatore che resta parte
dell’originario contratto e trasferisce, verso il corrispettivo di un dato apporto, una partecipazione agli utili ed al correlativo rischio rispetto ad un
certo affare (il finanziamento in pool) ad un’altra banca, potrebbe essere
accostata alla fattispecie disciplinata dall’art. 2549 c.c. 563, figura differente dal sub-contratto 564, alla stregua di quanto accaduto nei sindacati di
collocamento in relazione al fenomeno dei cc.dd. sotto-consorzi 565.
561
In tal senso, nell’esperienza transalpina, P. BLOCH, 258 ss., secondo cui «la sousparticipation apparaît ainsi comme une convention de croupier analysée en droit français,
comme une société en participation»; Y. ZEIN, Les pools bancaires, nn. 922 ss., 563 ss.,
che riscontra una corrispondenza perfetta con il patto de croupier, pur rilevando come «la
nature juridique de cette convention est elle-même controversée», soffermandosi di conseguenza sulla questione; per alcuni rilievi critici, E. BOURETZ, Sous-participation, 75.
Medesima conclusione è stata raggiunta nel regime iberico, dove si è fatto riferimento alla cuentas en participación: di tale avviso, M.R. TAPIA SÁNCHEZ, 763 s., per la quale
si tratta di un rapporto «que no suele trascender, ni a las relaciones obligacionales nacidas en el seno del grupo de entidades sindicadas, ni a las relaciones que vinculan al citado grupo con el Banco agente y con el cliente»; già, M.T. DE GISPERT PASTOR, 123 s.,
che esprime qualche dubbio soltanto nel caso di partecipazione al solo rischio e sopportazione integrale delle perdite.
562
Lo evidenzia la giurisprudenza d’oltralpe, nel rimarcare come la convenzione de
qua resti res inter alios acta: CA Paris, 7 juillet 1975, secondo cui il patto di «compte à
demi» con cui una banca partecipa ai rischi ed ai profitti relativi ad un finanziamento che
un’altra ha concesso ad un’impresa riveste carattere accessorio ed esclude ogni possibilità di rivalersi nei confronti del soggetto finanziato; in dottrina, P. BLOCH, 246.
563
Per l’affinità con l’associazione in partecipazione, A. VERONELLI, 121, secondo la
quale le banche che intendono entrare nell’affare intrattengono rapporti soltanto con
quella cui trasferiscono l’importo convenuto con l’impegno di ottenere il rimborso, qualora
questo sia regolarmente effettuato dal debitore.
564
Si veda, F. MESSINEO, Contratto derivato, 84, ad avviso del quale l’associazione
in partecipazione non costituisce un’ipotesi di sub-contratto, benché sia spesso definita
sub-societas.
565
È antico, in dottrina, il riferimento alla sub-partecipazione come quella facoltà che
ha il partecipe di stipulare un contratto di associazione in partecipazione dipendente dal
primo negozio, ipotesi a cui è assimilabile in tutto quella definibile come sotto-consorzio
o sub-sindacato: S.G. GRANDI, nn. 104 e 113, 144 e 155 s., per il quale i rapporti sono
limitati al partecipe ed al sub-partecipe e differente è il caso dei sindacati concomitanti in
cui «l’emittente i titoli affida il collocamento di essi a più banche ciascuna delle quali
costituisce un sindacato che dovrà agire di conserva con gli altri»; prima ancora, V. ANGELONI, 149 ss.
324
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Nella realtà, però, possono individuarsi diversi tipi di accordi, eterogenei fra loro e, quindi, non tutti d’immediata ed agevole riconduzione
all’associazione in partecipazione, come a prima vista potrebbe sembrare,
in ragione della loro complessità. Nello specifico, si deve operare una distinzione di base tra sous-participation al solo rischio e quella en risque
et en trésorerie, in virtù dell’assenza o meno del versamento di fondi da
parte della nuova banca coinvolta nell’operazione 566. Attraverso la valorizzazione dei tratti comuni alle due tipologie, è parso possibile pervenire, nel sistema francese, ad una ricostruzione unitaria 567. Ciò non appare
condivisibile, tanto è vero che, in altri ordinamenti, come quello germanico, la suddivisione tra queste diverse fattispecie – e, in particolare, tra
Risikounterbeteiligung e Liquiditätsunterbeteiligung – è servita ad accostarle a due negozi differenti: rispettivamente al Bürgschaftsvertrag ed
alla BGB-Gesellschaft 568.
Nella prima ipotesi, il richiamo alla fideiussione si spiega, in sostanza,
con la prevalente funzione di garanzia che ricorre quando si assume il rischio della mancata restituzione del prestito da parte del cliente, senza
versamento di fondi 569. L’accordo avrebbe ad oggetto, in tal caso, solo
una quota del finanziamento complessivo, ovvero l’intera porzione assunta dalla banca sub-partecipata: in ogni modo, si tratta di evenienza
senza dubbio lecita, perché la fideiussione può essere prestata anche per
una parte del debito (art. 1941, comma 2°, c.c.). Al di là di siffatta nota566
Per tale ricostruzione, J.T. BROWN, 189 ss.; M. BAUER, 66 s.; E. BOURETZ, La
syndication indirecte, 296 s., che segnala pure la possibilità, benché rara, di partecipazione «en trésorerie seule». Questa suddivisione è stata accolta, poi, nella dottrina spagnola: M.T. DE GISPERT PASTOR, 119 ss.; B. MARTÍN BAUMEISTER, La transmisión, 4.
Nell’esperienza tedesca, peraltro, deve ricordarsi come la prassi abbia conosciuto un
certo sviluppo anche del prestito consortile centralizzato ohne Bareinschuss, là dove i
membri si limitano ad assumerne il relativo rischio (Risikoübernahme): R. BÄRWALDT,
Rd. 104; B. EICHWALD u. H. PEHLE, 775, che segnalano anche i complicati profili di contabilità; F. DE MEO u. T. HOFFMANN, Konsortialkreditvertrag, 407 s.; A. FRÜH u. C.
MÜLLER-ARENDS, Rd. 3/334; W. HADDING u. F. HÄUSER, Rd. 7; T. PREISSLER, 124 ss.;
K.A. SCHAFFELHUBER u. F. SÖLCH, Rd. 14; H. SCHOLZE, I, 106.
567
Specialmente, P. BLOCH, 247 ss.
568
Per tutti, M. WAGNER, 68 ss. e 82 ss.
569
Nel sistema francese, M. BAUER, 67; per diritto spagnolo, M.T. DE GISPERT PASTOR, 120 ss., che crede, però, di poter intravedere nell’assunzione di una parte del rischio
«una aportación patrimonial» (123).
LE BANCHE PARTECIPANTI
325
zione, non è affatto sicura la sussistenza del legame di accessorietà tra
l’impegno assunto e l’obbligazione garantita, secondo quanto sovente sottolineato dall’esperienza d’oltralpe 570, poiché l’obbligo non consiste tout
court nel garantire l’adempimento del soggetto finanziato. Questa caratteristica non presenta, però, contorni ben definiti nel contesto normativo
esistente 571, divenendo più affidante, dunque, concentrare l’attenzione
su altri aspetti 572.
Piuttosto, bisogna chiedersi se ricorra o meno l’intenzione del “garante” di prestare fideiussione: in proposito, rileva anzitutto la necessità che
la relativa volontà sia espressa, come richiesto dall’art. 1937 c.c., comportando, per l’effetto, l’insufficienza di manifestazioni tacite o indirette 573. Il che già basta per scartare la sussistenza dell’obbligazione fideiussoria nel caso di specie, proprio per il difetto di un chiaro ed inequivoco
intento in questa direzione. Andando anche oltre tale rilievo, invero, una
simile rappresentazione dovrebbe implicare, fra le altre cose, la solidarietà tra il soggetto finanziato e la banca subentrante per l’adempimento del
debito; la possibilità che questa opponga a quella originaria le stesse eccezioni spettanti al debitore principale; nonché il diritto di regresso verso
quest’ultimo e di surroga nella posizione del creditore una volta pagato il
debito del soggetto garantito 574.
Senza indugiare oltremodo sul punto, simili effetti non sembrano voluti, né compatibili con il negozio posto in essere dai contraenti, ossia con
570
E v., anche per riferimenti di dottrina e giurisprudenza, E. BOURETZ, Sous-participation, 74.
571
Fra molti, evidenziando la sopravvivenza dell’obbligazione fideiussoria rispetto
ad una serie di vicende relative a quella principale, M. FRAGALI, Delle obbligazioni. Fideiussione, 62 ss., per il quale il legame sussiste, in realtà, tra l’interesse alla prestazione
del garante e quello che il creditore vuole realizzare tramite la pretesa vantata nei riguardi del debitore; A. GIUSTI, 33 ss.; Alb. RAVAZZONI, La fideiussione, 60 ss.
572
Sebbene non possa negarsi la connessione tra il debito da restituzione del prestito
ed il vincolo gravante sulla banca subentrante.
573
Di tale avviso, M. FRAGALI, Delle obbligazioni. Fideiussione, 182 ss.; cfr., altresì,
A. GIUSTI, 86 ss.
574
Insiste nel valutare l’importanza di tali elementi, al fine di escludere l’aleatorietà
della fideiussione, A. GIUSTI, 83 s.; utile anche la lettura di A. WEILLER, Natura giuridica dell’«assicurazione fidejussoria», 414 ss., il quale riproduce un esemplare di polizza
fideiussoria e ritiene che la previsione, ivi contenuta, circa il regresso, non sia conforme
all’ordinamento tipico dell’assicurazione.
326
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
l’assunzione del mero rischio dell’insolvenza del soggetto finanziato in
cambio di una quota di utili relativi alla medesima operazione. Manca, in
altre parole, l’impegno a soddisfare un debito altrui, in caso di mancato
pagamento dello stesso da parte del debitore.
Riflessioni di questo tipo potrebbero spingere, forse, verso altri tipi di
accordi. Il pensiero corre alla c.d. assicurazione del credito 575, attesa la
stretta attinenza con l’idea di prevenire il rischio della crisi dell’impresa
finanziata 576. Pure questa ipotesi, a ben riflettere, sembra non rispondere
appieno alla fattispecie concreta, poiché non sussiste l’eliminazione del
danno consistente nella definitiva perdita del valore del credito a causa
dell’acclarata insolvenza del debitore 577. Evento che dovrebbe costituire
il sinistro la cui copertura è oggetto del contratto, con conseguente diritto
dell’assicuratore adempiente, in conformità ai principi generali (art. 1916
c.c.), a surrogarsi nei diritti dell’assicurato nei confronti del responsabile
del pregiudizio occorso 578.
Tantomeno possono ritenersi ricorrenti gli elementi del deposito, in
cui la banca “cedente” si obbligherebbe a riconsegnare la somma versata
da quella sub-partecipante, comprensiva degli interessi, a condizione che
il cliente adempia il proprio obbligo di restituzione dell’importo erogato 579.
Non se ne rinviene, infatti, la funzione tipica, tanto ponendo l’accento sulla
575
Non si dubita che possa essere una banca a stipulare un contratto del genere: An.
DONATI, L’assicurazione del credito, 47.
576
Come è facile intuire, ricorre una certa vicinanza tra assicurazione del credito e
fideiussione, essendo entrambe, dal punto di vista economico, volte ad eliminare, in
sostanza, il rischio dell’insolvenza del debitore: tra molti, An. DONATI, L’assicurazione del credito, 47.
577
In letteratura, tale fattore è ritenuto tratto caratteristico della figura in esame: An.
DONATI, L’assicurazione del credito, 48 ss. e 52 ss.; M. FRAGALI, Fideiussione e assicurazione, 138 s., che riporta i vari elementi distintivi con la fideiussione (poi in ID., Delle
obbligazioni. Fideiussione, 169 s.); A. GIUSTI, 80 ss.; Alb. RAVAZZONI, La fideiussione,
127 ss.
578
Per questo ragionamento, An. DONATI, L’assicurazione del credito, 65 s., il quale
rileva anche l’obbligo dell’assicurato di rimborsare ogni somma recuperata, in ipotesi,
dopo il pagamento dell’indennità.
579
Tesi che sembra appartenere a F.A. CAPUTO NASSETTI, Il trasferimento dei crediti
bancari, 52, il quale ritiene che si tratta di un «deposito condizionato a termine tra le due
banche» nel quale il depositante non acquista alcuna pretesa verso il soggetto finanziato,
né può esercitare i diritti vantati dalla banca sub-partecipata nei confronti di quest’ultimo; non distante, B. MARTÍN BAUMEISTER, La transmisión, 4.
LE BANCHE PARTECIPANTI
327
causa creditizia, quanto tendendo a sottolinearne quella di custodia 580.
Per di più, nel caso di sotto-partecipazione al mero rischio, difetta il versamento di fondi.
In realtà, una volta focalizzata l’attenzione sul corrispettivo pattuito
dalle parti, la segnalata differenza tra le due tipologie di sotto-partecipazione sopra descritte richiama alla mente la diversità che ricorre tra associazione in partecipazione e cointeressenza (propria), giacché quest’ultima consiste nella condivisione, in una certa misura, degli utili e delle
perdite di un determinato affare, in assenza di apporto, presente invece
nella prima ipotesi. Pertanto, nel finanziamento in pool l’intermediario sotto-partecipante può assumere il ruolo di associato in partecipazione, ovvero di cointeressato, a seconda che vi sia o meno erogazione di danaro a
favore del cofinanziatore iniziale.
Potrebbe opporsi a tale conclusione, tuttavia, la circostanza che la cointeressenza non prevede la partecipazione a singoli affari, ma soltanto ad
un’impresa. La formulazione della norma è apparsa in linea con l’evoluzione dell’istituto, storicamente percepito ed inquadrato nella prospettiva
del collegamento tra imprenditori 581.
All’opposto, non pare che il tenore letterale sia davvero ostativo 582.
Anche senza voler percorrere la strada dell’interpretazione estensiva, l’affinità tra associazione in partecipazione e cointeressenza determina senz’altro la possibilità che quest’ultima possa essere stipulata, altresì, in vista di un’unica operazione. In tale circostanza, non potrà che farsi riferimento pur sempre, in via analogica, alla medesima disciplina 583, il cui
presupposto è la mancanza dell’esercizio di un’attività in comune, ele580
Aspetto, come noto, controverso: G.F. CAMPOBASSO, Deposito, 2 ss.; N. SALANIProblemi in tema di depositi bancari, 354 ss., che sottolinea, sul piano della disciplina, la ridotta rilevanza del dibattito concernente la riconduzione nel deposito irregolare, nel mutuo, ovvero in un contratto tipico a sé stante.
581
Così, G. DE FERRA, Della associazione in partecipazione, 113, secondo cui si tratta di impostazione già appartenente al codice di commercio.
582
Per la medesima osservazione, M. GHIDINI, Le cointeressenze, 209 e 212; Cass.,
31 luglio 1952, n. 2449; ma v. I. UBERTI-BONA, Questioni in tema di cointeressenza, 138
s., per il quale il contratto di cointeressenza può essere concluso soltanto in vista di una
continua attività imprenditoriale; R. WEIGMANN, 125.
583
Uno spunto in Cass., 17 aprile 1968, n. 1134, secondo cui la cointeressenza è regolata dalle stesse norme dettatte per l’associazione in partecipazione, negando l’applicabilità, nel caso specifico, dell’art. 2263 c.c.
TRO,
328
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
mento di sicuro ricorrente nella fattispecie in esame 584. È quanto emerge
dall’art. 2554 c.c., il quale richiama alcune regole dettate per l’associazione in partecipazione (artt. 2551 e 2552 c.c.). Vale a dire che, in linea
con la rilevanza interna dell’accordo, i terzi acquistano diritti ed assumono obbligazioni soltanto verso l’associante (art. 2551 c.c.), ossia verso il
cofinanziatore originario, cui appartiene la gestione esclusiva dell’affare,
ferma restando la possibilità di attribuire convenzionalmente alcuni poteri
di controllo alla banca subentrante (art. 2552, commi 1° e 2°, c.c.), alla
quale spetta, comunque, il diritto al rendiconto (art. 2552, comma 3°,
c.c.).
Sul piano della disciplina applicabile, perciò, non vi è distanza fra le
due diverse forme esistenti di sotto-partecipazione ai finanziamenti in
pool.
584
Di tale parere, A. PAVONE LA ROSA, Il registro delle imprese, 488 s., nt. 43.
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en conséquence, la banque chef de file n’a pas le pouvoir de représenter les
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Trãnsmissão contratual do direito de
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GIANNINI AMEDEO, Opera cinematografica e contratti cinematografici, in Riv.
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GIARDINA FRANCESCA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Significato attuale di una distinzione tradizionale, Milano, 1993.
GINEVRA ENRICO, Premesse a uno studio sulla rilevanza non contrattuale della
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Cass., 14 aprile 2011, n. 8505, in Mass. giust. civ., 2011, 598.
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Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Il civilista, 2010, 12, 35.
Cass., 24 luglio 2009, n. 17405, in Guida dir., 2009, 39, 62.
Cass., SS.UU., 15 luglio 2009, n. 16503, in Guida dir., 2009, 36, 69.
Cass., 14 luglio 2009, n. 16382, in Vita not., 2009, 1446.
Cass., 11 giugno 2009, n. 13568, in Il civilista, 2010, 12, 35.
Cass., 8 aprile 2009, n. 8564, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, II, 672.
Cass., 7 aprile 2009, n. 8374, in Mass. giust. civ., 2009, 591.
Cass., 20 marzo 2009, n. 6791, in Guida dir., 2009, 22, 57.
Cass., 24 febbraio 2009, n. 4422, in Mass. giust. civ., 2009, 293.
Cass., SS.UU., 25 novembre 2008, n. 28053, in Guida dir., 2009, 2, 68.
Cass., 24 ottobre 2008, n. 25748, in Contratti, 2009, 232.
Cass., 8 ottobre 2008, n. 24832, in Guida dir., 2008, 49, 60.
Cass., 8 ottobre 2008, n. 24792, in Mass. giust. civ., 2008, 1449.
Cass., 30 settembre 2008, n. 24333, in Mass. giust. civ., 2008, 1408.
Cass., 25 settembre 2008, n. 24084, in Riv. dott. comm., 2008, 1236.
Cass., 18 settembre 2008, n. 23853, in Mass. giust. civ., 2008, 1385.
Cass., 18 settembre 2008, n. 23842, in Mass. giust. civ., 2008, 1379.
Cass., 4 giugno 2008, n. 14813, in Foro it., 2008, I, 3198.
Cass., 16 aprile 2008, n. 10065, in Banca dati Leggi d’Italia.
Cass., SS.UU., 8 aprile 2008, n. 9148, in Giust. civ., 2008, I, 1124.
Cass., 7 marzo 2008, n. 6186, in Mass. giust. civ., 2008, 376.
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Cass., SS.UU., 14 giugno 2007, n. 13894, in Guida dir., 2007, 34, 52.
Cass., 20 aprile 2007, n. 9511, in Giust. civ., 2008, I, 1239.
Cass., 5 settembre 2006, n. 19066, in Giust. civ., 2007, I, 423.
Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, n. 7031, in Riv. dir. comm., 2007, II, 1.
Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, n. 7030, in Fallimento, 2006, 1125.
Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, n. 7029, in Rass. dir. civ., 2006, 1147.
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Cass., 30 luglio 2004, n. 14593, in Giust. civ., 2005, I, 114.
Cass., 28 luglio 2004, n. 14244, in Giur. it., 2005, 1825.
Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, in Giust. civ., 2005, I, 685.
Cass., 5 novembre 2003, n. 16635, in Orient. giur. lav., 2003, I, 777.
Cass., 24 ottobre 2003, n. 16009, in Foro it., 2004, I, 455.
Cass., 16 ottobre 2003, n. 15482, in Giust. civ., 2004, I, 3011.
Cass., 25 settembre 2003, n. 14234, in Contratti, 2004, 145.
Cass., SS.UU., 26 giugno 2003, n. 10160, in Foro it., 2004, I, 2206.
Cass., 9 giugno 2003, n. 9199, in Contratti, 2004, 49.
Cass., 9 giugno 2003, n. 9194, in Assicurazioni, 2003, II, 133.
Cass., 19 maggio 2003, n. 7773, in Contratti, 2003, 1131.
Cass., 22 ottobre 2002, n. 14891, in Contratti, 2003, 583.
Cass., 23 settembre 2002, n. 13823, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, II, 1.
Cass., 7 agosto 2002, n. 11911, in Giust. civ., 2003, I, 2824.
Cass., 16 luglio 2002, n. 10286, in Foro it., 2003, I, 1186.
Cass., 27 giugno 2002, n. 9380, in Mass. giust. civ., 2002, 1115.
Cass., SS.UU., 10 aprile 2002, n. 5119, in Giust. civ., 2002, I, 1817.
Cass., 26 marzo 2002, n. 4327, in Riv. giur. edilizia, 2002, I, 1015.
Cass., 8 marzo 2002, n. 3437, in Studium Juris, 2002, 797.
Cass., 11 febbraio 2002, n. 1885, in Giust. civ., 2003, I, 2948.
Cass., 27 settembre 2001, n. 12094, in Società, 2002, 316.
Cass., SS.UU., 16 luglio 2001, n. 9645, in Foro it., 2002, I, 806.
Cass., 18 giugno 2001, n. 8235, in NGCC, 2002, I, 380.
Cass., 17 maggio 2001, n. 6757, in Urbanistica e appalti, 2001, 862.
Cass., 17 maggio 2001, n. 6756, in Giur. it., 2002, 101.
Cass., 8 maggio 2001, n. 6389, in Danno e resp., 2001, 795.
Cass., 23 aprile 2001, n. 5966, in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, 388.
Cass., 18 aprile 2001, n. 5669, in Foro it., 2002, I, 3171.
Cass., 2 aprile 2001, n. 4799, in Resp. civ. e prev., 2001, 1211.
Cass., 16 marzo 2001, n. 3829, in Mass. giust. civ., 2001, 504.
Cass., 15 gennaio 2001, n. 506, in Contratti, 2001, 456.
Cass., 11 gennaio 2001, n. 317, in Giur. it., 2002, 783.
Cass., 22 novembre 2000, n. 15066, in Contratti, 2001, 791.
Cass., 5 luglio 2000, n. 8983, in Giust. civ., 2000, I, 2555.
Cass., 6 aprile 2000, n. 4327, in Contratti, 2001, 364.
Cass., 16 febbraio 2000, n. 1712, in NGCC, 2000, I, 625.
Cass., 19 novembre 1999, n. 12833, in Giust. civ., 2000, I, 1039.
Cass., 26 maggio 1999, n. 5107, in Contratti, 2000, 247.
Cass., 20 maggio 1999, n. 4911, in Foro it., 1999, I, 2539.
Cass., SS.UU., 14 aprile 1999, n. 239, in Giust. civ., 1999, I, 1572.
Cass., 4 marzo 1999, n. 1830, in Assicurazioni, 1999, II, 141.
391
392
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Cass., 22 febbraio 1999, n. 1469, in Contratti, 1999, 782.
Cass., 12 novembre 1998, n. 11431, in Fallimento, 1999, 648.
Cass., 10 ottobre 1998, n. 10067, in Resp. civ. e prev., 1999, 404.
Cass., 21 luglio 1998, n. 7116, in Mass. giust. civ., 1998, 1560.
Cass., 9 giugno 1998, n. 5659, in Foro it., 1999, I, 660.
Cass., 29 maggio 1998, n. 5316, in Giust. civ., 1999, I, 1491.
Cass., 15 maggio 1998, n. 4902, in Contratti, 1999, 7.
Cass., 11 maggio 1998, n. 4728, in Giust. civ., 1998, I, 2539.
Cass., 18 febbraio 1998, n. 1719, in Contratti, 1998, 489.
Cass., 7 febbraio 1997, n. 1191, in Foro it., 1997, I, 2159.
Cass., 8 gennaio 1997, n. 72, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, 653.
Cass., 27 settembre 1996, n. 8530, in Giust. civ., 1997, I, 699.
Cass., 26 luglio 1996, n. 6774, in Riv. dir. ind., 1997, II, 161.
Cass., 27 marzo 1996, n. 2715, in Contratti, 1997, 273.
Cass., 3 febbraio 1996, n. 926, in Mass. giust. civ., 1996, 152.
Cass., 6 dicembre 1995, n. 12576, in Mass. Foro it., 1995, 1294.
Cass., 15 settembre 1995, n. 9771, in Mass. giust. civ., 1995, 1651.
Cass., 30 agosto 1995, n. 9157, in Mass. giust. civ., 1995, 1568.
Cass., 27 aprile 1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, 1093.
Cass., 18 marzo 1995, n. 3163, in Società, 1995, 1423.
Cass., 26 gennaio 1995, n. 964, in Fallimento, 1995, 914.
Cass., 26 luglio 1994, n. 6951, in Contratti, 1995, 50.
Cass., 1° febbraio 1994, n. 1008, in Giur. it., 1994, I, 1, 1750.
Cass., 9 luglio 1993, n. 7567, in Mass. giust. civ., 1993, 1144.
Cass., SS.UU., 8 luglio 1993, n. 7481, in Giur. it., 1994, I, 1, 886.
Cass., 27 maggio 1993, n. 5938, in Mass. giust. civ., 1993, 932.
Cass., 17 aprile 1993, n. 4558, in Giust. civ., 1993, I, 2683.
Cass., 13 febbraio 1993, n. 2016, in Riv. dir. comm., 1996, II, 25.
Cass., 13 gennaio 1993, n. 343, in Banca, borsa, tit. cred., 1994, II, 258.
Cass., 2 giugno 1992, n. 6701, in Corr. giur., 1992, 1117.
Cass., 9 agosto 1990, n. 8098, in Mass. Foro it., 1990, 961.
Cass., 7 agosto 1989, n. 3626, in Giust. civ., 1990, I, 1850.
Cass., 18 luglio 1989, n. 3347, in Foro it., 1990, I, 564.
Cass., 17 marzo 1989, n. 1321, in Foro it., 1989, I, 1452.
Cass., 14 aprile 1988, n. 2961, in Giur. comm., 1988, II, 853.
Cass., 18 giugno 1987, n. 5353, in Giur. comm., 1988, II, 695.
Cass., 22 maggio 1987, n. 4658, in Orient. giur. lav., 1987, 573.
Cass., 24 febbraio 1987, n. 1929, in Giust. civ., 1987, I, 1719.
Cass., 27 novembre 1986, n. 6993, in Giur. comm., 1987, II, 587.
Cass., 11 novembre 1986, n. 6584, in Foro it., 1987, I, 2177.
Cass., 11 gennaio 1986, n. 103, in Mass. Foro it., 1986, 26.
Cass., 8 giugno 1985, n. 3442, in Società, 1986, 148.
Cass., 18 gennaio 1984, n. 419, in Mass. Foro it., 1984, 85.
INDICE DELLA GIURISPRUDENZA
393
Cass., 5 gennaio 1984, n. 32, in www.dejure.giuffre.it.
Cass., 14 dicembre 1982, n. 6858, in Riv. dir. comm., 1984, II, 41.
Cass., 7 ottobre 1982, n. 5136, in Arch. civ., 1983, 263.
Cass., 14 giugno 1982, n. 3613, in Foro it., 1983, I, 136.
Cass., 5 aprile 1982, n. 2085, in Giur. it., 1983, I, 1, 989.
Cass., 30 gennaio 1982, n. 588, in Banca borsa, 1983, II, 311.
Cass., 13 gennaio 1982, n. 186, in Giur. it., I, 1, 820.
Cass., 18 dicembre 1981, n. 6720, in Mass. Foro It., 1981, 1382.
Cass., 21 ottobre 1981, n. 5518, in Arch. civ., 1982, 19.
Cass., 19 giugno 1981, n. 4014, in Foro it., 1981, I, 2726.
Cass., 2 dicembre 1980, n. 6295, in Mass. Foro it., 1980, 1197.
Cass., 24 settembre 1979, n. 4921, in Vita not., 1980, 195.
Cass., 30 marzo 1979, n. 1843, in Giust. civ., 1979, I, 1422.
Cass., 7 febbraio 1979, n. 820, in Resp. civ. e prev., 1979, 487.
Cass., 15 gennaio 1979, n. 294, in Riv. not., 1979, II, 519.
Cass., 21 novembre 1978, n. 5425, in Assicurazioni, 1978, II, 277.
Cass., 3 ottobre 1977, n. 4198, in Dir. maritt., 1977, 589.
Cass., 7 marzo 1977, n. 919, in Giust. civ., 1977, I, 1229.
Cass., 15 marzo 1976, n. 958, in Arch. civ., 1976, 1196.
Cass., 24 febbraio 1975, n. 681, in Giur. comm., 1976, II, 780.
Cass., 14 dicembre 1973, n. 3399, in Giust. civ., 1974, I, 592.
Cass., 29 novembre 1973, n. 3276, in Arch. resp. civ., 1974, 62.
Cass., 2 ottobre 1972, n. 2796, in Giust. civ., 1973, I, 84 e 1009.
Cass., 13 gennaio 1972, n. 105, in Rep. Foro it., 1972, 223, voce Associazione in
partecipazione, n. 1.
Cass., SS.UU., 29 ottobre 1971, n. 3087, in Riv. dir. comm., 1973, II, 67.
Cass., 29 dicembre 1970, n. 2758, in Dir. fall., 1971, II, 439.
Cass., 8 febbraio 1969, n. 426, in Assicurazioni, 1969, II, 137.
Cass., 17 aprile 1968, n. 1134, in Giur. it., 1968, I, 1, 938.
Cass., 12 gennaio 1968, n. 76, in Giust. civ., 1968, I, 1078.
Cass., 27 novembre 1967, n. 2845, in Foro pad., 1969, I, 1014.
Cass., 15 novembre 1967, n. 2741, in Dir. fall., 1968, II, 566.
Cass., SS.UU., 22 luglio 1966, n. 1987, in Giust. civ., 1966, I, 1892.
Cass., SS.UU., 27 settembre 1965, n. 2051, in Giust. civ., 1965, I, 2184.
Cass., 15 giugno 1965, n. 1240, in Giust. civ., 1965, I, 2033.
Cass., 28 maggio 1965, n. 1095, in Dir. fall., 1965, II, 443.
Cass., 17 marzo 1964, n. 614, in Giust. civ., 1964, I, 1615.
Cass., 30 ottobre 1963, n. 2909, in Banca, borsa, tit. cred., 1963, II, 500.
Cass., 22 maggio 1963, n. 1321, in Assicurazioni, 1964, II, 11.
Cass., 16 febbraio 1963, n. 342, in Foro it., 1963, I, 1990.
Cass., 12 luglio 1962, n. 1862, in Banca, borsa, tit. cred., 1962, II, 484.
Cass., 13 ottobre 1959, n. 2791, in Dir. fall., 1960, II, 47.
Cass., SS.UU., 27 gennaio 1959, n. 224, in Foro it., 1960, I, 453.
394
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Cass., 4 dicembre 1957, n. 4567, in Foro pad., 1958, I, 12.
Cass., 22 febbraio 1957, in Banca, borsa, tit. cred., 1957, II, 341.
Cass., 14 aprile 1956, n. 1110, in Giur. it., 1956, I, 1, 565.
Cass., 22 dicembre 1955, n. 3915, in Dir. fall., 1956, II, 125.
Cass., 5 maggio 1955, n. 1259, in Riv. dir. comm., 1956, II, 360.
Cass., 22 marzo 1955, n. 864, in Dir. fall., 1955, II, 431.
Cass., 27 giugno 1953, in Riv. dir. ind., 1954, II, 217.
Cass., 12 marzo 1953, n. 592, in Giust. civ., 1953, I, 837.
Cass., 31 luglio 1952, n. 2449, in Dir. fall., 1952, II, 394.
Cass., 17 maggio 1952, n. 1424, in Giur. it., 1953, I, 218.
Cass., 15 febbraio 1951, n. 387, in Riv. dir. ind., 1952, II, 32.
CORTE DI APPELLO
App. Milano, 4 marzo 2011, in Giur. merito, 2012, 75.
App. Torino, 9 luglio 2008, in Giur. piemontese, 2008, 3, 380.
App. Milano, 13 ottobre 2004, in Giur. merito, 2005, 2618.
App. Torino, 16 gennaio 2004, in Giur. comm., 2005, II, 171.
App. Bari, 17 giugno 2002, in Fallimento, 2002, 1159.
App. Milano, 10 maggio 2002, in Giur. it., 2003, 502.
App. Milano, 14 luglio 2000, in Gius, 2001, 2422.
App. Bari, 13 maggio 1999, in Rass. dir. farm., 2000, 1052.
App. Roma, 24 marzo 1998, in Arch. civ., 1998, 701.
App. Palermo, 15 maggio 1995, in Vita not., 1996, 953.
App. Genova, 28 ottobre 1992, in Giur. comm., 1995, II, 384.
App. Bologna, 18 luglio 1992, in Foro it., 1993, I, 578.
App. Genova, 11 febbraio 1991, in NGCC, 1992, I, 753.
App. Milano, 2 febbraio 1990, in Giur. it., 1992, I, 2, 49.
App. Firenze, 11 luglio 1988, in Arch. civ., 1989, 511.
App. Milano, 14 marzo 1986, in Banca, borsa, tit. cred., 1987, II, 627.
App. Milano, 27 dicembre 1985, in Dir. fall., 1986, II, 825.
App. Milano, 20 luglio 1982, in Assicurazioni, 1983, III, 29.
App. Milano, 19 gennaio 1982, in Arch. civ., 1982, 745.
App. Firenze, 13 giugno 1977, in Giur. comm., 1978, II, 583.
App. Napoli, 31 gennaio 1974, in Dir. e giur., 1975, 797.
App. Bologna, 28 luglio 1961, in Banca, borsa, tit. cred., 1963, II, 501.
App. Bologna, 2 settembre 1958, in Dir. fall., 1958, II, 691.
App. Perugia, 20 luglio 1955, in COSTI RENZO-DI CHIO GIUSEPPE, Società in
generale – Società di persone. Associazione in partecipazione3, Torino,
1991, 64.
App. Milano, 27 maggio 1955, in Temi, 1956, 19.
App. Venezia, 2 maggio 1955, in Assicurazioni, 1955, II, 130.
INDICE DELLA GIURISPRUDENZA
App. Roma, 19 giugno 1953, in Assicurazioni, 1955, II, 72.
App. Roma, 22 ottobre 1948, in Riv. dir. comm., 1949, II, 185.
TRIBUNALE
Trib. Salerno, 6 novembre 2015, in www.expartecreditoris.it.
Trib. Firenze, 30 ottobre 2014, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, II, 463.
Trib. Udine, 29 maggio 2014, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, II, 463.
Trib. Oristano, 28 gennaio 2014, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, II, 463.
Trib. Roma, 27 gennaio 2014, in Banca dati Leggi d’Italia.
Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Società, 2014, 560.
Trib. Lodi, 24 aprile 2013, in www.ilcaso.it.
Trib. Cagliari, 4 aprile 2013, in www.ilcaso.it.
Trib. Bari, 31 luglio 2012, in Foro it., 2013, I, 375.
Trib. Venezia, 26 luglio 2012, in Banca borsa tit. cred., 2013, II, 387.
Trib. Catanzaro, 27 marzo 2012, in www.dejure.giuffre.it.
Trib. Varese, 14 marzo 2012, in Dir. fam., 2012, 1677.
Trib. Milano, 27 febbraio 2012, in Giur. comm., 2014, II, 639.
Trib. Milano, 17 giugno 2011, in Giur. comm., 2013, II, 507.
Trib. Palermo, 15 giugno 2011, in Giur. comm., 2013, II, 507.
Trib. Bologna, 4 febbraio 2011, in Banca dati Leggi d’Italia.
Trib. Milano, 24 giugno 2010, in Foro pad., 2011, I, 644.
Trib. Palermo, 3 giugno 2010, in Foro it., 2011, I, 931.
Trib. Teramo, 18 gennaio 2010, in www.dejure.giuffre.it.
Trib. Nola, 24 febbraio 2009, in Foro it., 2009, I, 2243.
Trib. Pescara, 16 gennaio 2009, in www.dejure.giuffre.it.
Trib. Messina, 2 settembre 2008, in NGCC, 2009, I, 864.
Trib. Napoli, 28 maggio 2008, in Dir. fall., 2009, II, 235.
Trib. Roma, 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, I, 2326.
Trib. Roma, 13 settembre 2007, in Riv. dir. comm., 2008, II, 211.
Trib. Roma, 17 luglio 2007, in Riv. dir. comm., 2008, II, 211.
Trib. Rovigo, 10 maggio 2007, in Guida dir., 2007, 27, 56.
Trib. Brescia, 7 dicembre 2006, in Riv. dott. comm., 2008, 107.
Trib. Monza, 4 settembre 2006, in www.dejure.giuffre.it.
Trib. Rimini, 21 luglio 2006, in Corr. merito, 2006, 1258.
Trib. Milano, 20 gennaio 2006, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, II, 267.
Trib. Bari, 9 dicembre 2005, in Banca dati Leggi d’Italia.
Trib. Monza, 15 novembre 2005, in www.dejure.giuffre.it.
Trib. Reggio Calabria, 3 giugno 2004, in Giur. merito, 2005, 2, 421.
Trib. Napoli, 8 novembre 2003, in Dir. fall., 2005, II, 132.
Trib. Bari, 11 marzo 2003, in Contratti, 2003, 805.
Trib. Foggia, 7 maggio 2002, in Dir. fall., 2002, II, 510.
395
396
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
Trib. Palermo, 16 gennaio 2002, in Giur. merito, 2002, 748.
Trib. Milano, 20 dicembre 2001, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, II, 60.
Trib. Venezia, 26 ottobre 2001, in Foro pad., 2002, I, 279.
Trib. Milano, 9 maggio 2001, in Corr. giur., 2001, 1643.
Trib. Roma, 10 gennaio 2001, in Società, 2001, 1256.
Trib. Foggia, 11 dicembre 2000, in Dir. fall., 2001, II, 545.
Trib. Torino, 11 aprile 2000, in Giur. it., 2001, 1445.
Trib. Napoli, 8 marzo 2000, in Dir. e giur., 2000, 438.
Trib. Roma, 14 gennaio 1998, in Giur. merito, 1998, I, 917.
Trib. Milano, 23 giugno 1997, in Giur. it., 1998, 100.
Trib. Milano, 22 aprile 1996, in Foro pad., 1997, I, 253.
Trib. Siracusa, 29 giugno 1995, in Gius, 1995, 3986.
Trib. Milano, 22 giugno 1995, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, 396.
Trib. Roma, 24 maggio 1995, in Gius, 1995, 3172.
Trib. Roma, 22 maggio 1995, in Dir. fall., 1996, II, 114.
Trib. Milano, 28 aprile 1994, in Giur. comm., 1995, II, 876.
Trib. Verona, 27 settembre 1993, in Società, 1994, 495.
Trib. Torino, 15 febbraio 1993, in Impresa, 1993, 1137.
Trib. Milano, 27 maggio 1991, in Società, 1991, 1683.
Trib. Milano, 28 marzo 1991, in Banca, borsa, tit. cred., 1992, II, 215.
Trib. Como, 7 agosto 1989, in Giust. civ., 1989, I, 2466.
Trib. Genova, 24 maggio 1989, in Riv. not., 1990, II, 1038.
Trib. Milano, 24 ottobre 1988, in Banca, borsa, tit. cred., 1990, II, 496.
Trib. Milano, 8 ottobre 1988, in Giur. it., 1989, I, 2, 296.
Trib. Napoli, 8 luglio 1988 in Banca, borsa, tit. cred., 1990, II, 496.
Trib. Milano, 7 luglio 1988, in Dir. fall., 1989, II, 869.
Trib. Torino, 8 febbraio 1988, in Giur. dir. ind., 1988, 467.
Trib. Milano, 11 gennaio 1988, in Banca borsa tit. cred., 1988, II, 532.
Trib. Milano, 6 novembre 1987, in Banca, borsa, tit. cred., 1988, II, 532.
Trib. Milano, 30 marzo 1987, in Riv. it. leasing, 1987, 451.
Trib. Milano, 19 dicembre 1986, in Foro it., 1987, I, 3162.
Trib. Milano, 12 maggio 1984, in Giur. comm., 1985, II, 531.
Trib. Catania, 30 aprile 1984, in Banca, borsa, tit. cred., 1986, II, 106.
Trib. Milano, 5 aprile 1984, in Giur. comm., 1985, II, 867.
Trib. Cagliari, 27 marzo 1984, in Banca, borsa, tit. cred., 1987, II, 513.
Trib. Palermo, 3 novembre 1983, in Dir. econ. ass., 1985, 267.
Trib. Milano, 30 maggio 1983, in Banca, borsa, tit. cred., 1984, II, 333.
Trib. Milano, 20 dicembre 1982, in Banca, borsa, tit. cred., 1984, II, 515.
Trib. Milano, 26 agosto 1982, in Fallimento, 1983, 195.
Trib. Milano, 15 febbraio 1982, in Società, 1983, 24.
Trib. Latina, 28 aprile 1980, in Banca, borsa, tit. cred., 1985, II, 107.
Trib. Roma, 14 marzo 1980, in Giur. comm., 1981, II, 674.
Trib. Milano, 29 agosto 1977, in Dir. fall., 1978, II, 131.
INDICE DELLA GIURISPRUDENZA
397
Trib. Reggio Emilia, 23 ottobre 1974, in Temi, 1975, 448.
Trib. Napoli, 4 febbraio 1974, in Dir. e giur., 1974, 761.
Trib. Bologna, 3 maggio 1972, in Giur. it., 1972, I, 2, 886.
Trib. Napoli, 13 marzo 1967, in Banca, borsa, tit. cred., 1967, II, 267.
Trib. Bologna, 21 maggio 1965, in Banca, borsa, tit. cred., 1965, II, 580.
Trib. Roma, 6 febbraio 1960, in Rep. Foro it., 1960, 1730, voce Obbligazioni e
contratti, n. 69.
Trib. Novara, 19 aprile 1958, in Foro it., 1958, I, 1543.
Trib. Ravenna, 29 luglio 1957, in Giur. it., 1957, I, 2, 850.
Trib. Napoli, 26 luglio 1957, in Temi nap., 1958, 320.
Trib. Napoli, 25 gennaio 1956, in Dir. e giur., 1957, 390.
Trib. Monza, 28 giugno 1954, Assicurazioni, 1955, II, 189.
Trib. Roma, 25 gennaio 1952, in Riv. dir. ind., 1952, II, 334.
PRETURA
Pret. Tolmezzo, 2 agosto 1997, in Giur. merito, 1998, 6.
COMMMISSIONE TRIBUTARIA
Comm. Trib. I grado Bolzano, 17 novembre 2011, n. 93, in Obbligazioni e contratti, 2012, 77.
FRANCIA
COUR DE CASSATION
Cass. com., 17 décembre 2002, in RTD com., 2003, 558.
Cass. com., 27 mars 2001, in RTD com., 2001, 747.
Cass. ass. plén., 26 janvier 2001, in RTD com., 2001, 746.
Cass. com., 16 janvier 2001, in RTD com., 2001, 747.
Cass. com., 24 octobre 2000, in RTD com., 2001, 202.
Cass. com., 30 mars 1999, in Bull. Joly, 1999, 764.
Cass. com., 17 décembre 1996, in Bull. Joly, 1997, 344.
Cass. com., 17 juin 1986, in RTD com., 1987, 228.
COUR D’APPEL
CA Paris, 17 décembre 2002, in RTD com., 2003, 351.
CA Versailles, 5 décembre 2002, in RTD com., 2003, 350.
CA Paris, 6 septembre 2002, in RTD com., 2003, 349.
CA Paris, 30 avril 2002, in RD bancaire et financier, 2002, 252.
398
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
CA Paris, 30 novembre 2001, in Rev. soc., 2002, 91.
CA Paris, 26 novembre 1999, in Bull. Joly, 2000, 432.
CA Paris, 8 septembre 1998, in Rev. soc., 1999, 196.
CA Versailles, 9 octobre 1997, in RTD com., 1999, 171.
CA Versailles, 6 juin 1996, in RTD com., 1997, 279.
CA Paris, 10 mai 1996, in RDBB, 1996, 192.
CA Paris, 7 décembre 1993, in RDBB, 1994, 111.
CA Paris, 31 mai 1989, in RDBB, 1989, 210.
CA Paris, 5 mai 1987, in Recueil Dalloz Sirey, 1989, somm. comm., 323.
CA Paris, 13 juin 1985, in RTD com., 1986, 130.
CA Montpellier, 13 octobre 1983, in Gaz. pal., 1984, 301.
CA Paris, 7 juillet 1975, in Gaz. pal., 1975, 727.
TRIBUNAL
Trib. com. Paris, 29 juin 1993, in RDBB, 1994, 34.
Trib. com. Paris, 17 décembre 1987, in Recueil Dalloz Sirey, 1989, somm. comm.,
324.
GERMANIA
BUNDESGERICHTSHOF
BGH, 29 Januar 2001, in NJW, 2001, 1056.
BGH, 19 März 1998, in NJW, 1998, 2592.
BGH, 12 November 1992, in WM, 1993, 265.
BGH, 13 April 1992, in DB, 1992, 1621.
BGH, 14 Oktober 1991, in ZIP, 1992, 247.
BGH, 3 November 1988, in NJW, 1989, 895.
INGHILTERRA E GALLES
HOUSE OF LORDS
Caparo Industries plc v. Dickman & others, [1990] 1 All ER 568.
Hedley Byrne & Co. Limited v. Heller & Partners Limited, [1963] 2 All ER 575
(28 May 1963).
COURT OF APPEAL
IFE Fund SA v. Goldman Sachs International, [2007] EWCA Civ 811 (31 July
2007).
INDICE DELLA GIURISPRUDENZA
399
National Westminster Bank Plc v. Utrecht-American Finance Co, [2001] EWCA
Civ 658 (10 May 2001).
HIGH COURT OF JUSTICE
Rhodia International Holdings Ltd and Rhodia UK Ltd v. Huntsmann International LCC, [2007] EWHC 292 (Comm) (21 February 2007).
Sumitomo Bank Ltd v. Banque Bruxelles Lambert SA, [1997] 1 Lloyd’s Rep 487.
STATI UNITI D’AMERICA
UNITED STATES COURT OF APPEALS
In re Chrysler LLC, 576 F.3d 108 (2d Cir. 2009).
Beal Savings Bank v. Viola Sommer, et al., 8 N.Y. 3d. 318 (N.Y. 2007).
Bank of the West v. Valley National Bank of Arizona, 41 F.3d 471 (9th Cir.
1994).
First Citizens Federal Savings and Loan Association v. Worthen Bank and Trust
Company, 906 F.2d 427 (9th Cir. 1990).
Women’s Federal Savings and Loan Association v. Nevada National Bank, 811
F.2d 1255 (9th Cir. 1987).
Allied Bank International v. Banco Crédito Agrícola de Cartago, 757 F.2d 516
(2d Cir. 1985).
UNITED STATES DISTRICT COURT, S.D. NEW YORK
In re Delta Air Lines, Inc., 370 B.R. 537 (2007).
CIBC Bank and Trust Company (Cayman) Ltd. v. Banco Central do Brasil, 886
F. Supp. 1105 (1995).
A.I. Credit Corp. v. Government of Jamaica, 666 F. Supp. 629 (1987).
In re Colocotronis Tanker Securities Litigation, 449 F. Supp. 828 (1978).
SUPREME COURT, NEW YORK COUNTRY
Credit Francais International, S.A., v. Sociedad Financiera de Comercio, C.A.,
128 N.Y. Misc.2d 564 (1985).
400
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
INDICE DEI DOCUMENTI
ABI, I bilanci delle banche. I Lavori delle Commissioni tecniche, gennaio 2000.
BANCA D’ITALIA, Disposizioni di vigilanza per le banche (Circolare n. 285 del
17 dicembre 2013  16° Aggiornamento del 17 maggio 2016), in www.banca
ditalia.it.
BANCA D’ITALIA, Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei
servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e
clienti (Provvedimento del 29 luglio 2009, aggiornato al 15 luglio 2015), in
www.bancaditalia.it.
BANCA D’ITALIA, Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai
sensi della legge sull’usura – aggiornamento 2015, in www.bancaditalia.it.
BANCA D’ITALIA, Manuale per la compilazione delle Segnalazioni di Vigilanza
per gli Intermediari Finanziari, per gli Istituti di pagamento e per gli IMEL
(Circolare del 5 agosto 1996, n. 217 – 14° Aggiornamento del 30 giugno 2015),
in www. bancaditalia.it.
BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche
(Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 – 15° Aggiornamento del 2 luglio
2013), in www.bancaditalia.it.
Circolare Assonime n. 159 del 1976, in Riv. soc., 1976, 730.
Circolare Assonime n. 72 del 1979, in Riv. soc., 1979, 878.
Contrat de sous-participation, in J.B. BLAISE, P. FOUCHARD et P. KAHN, Les euro-credits. Un instrument du système bancaire pour le financement international, Paris, 1981, 743.
Contrat d’euro credit entre un État et un syndicat bancaire, in J.B. BLAISE, P.
FOUCHARD et P. KAHN, Les euro-credits. Un instrument du système bancaire
pour le financement international, Paris, 1981, 725.
Convention de sous-participation, in AA.VV., Les euro-crédits: expériences
continentales, Paris, 1982, 287.
Loan Agreement: Empresa Nacional de Electricidad S.A., in J.B. BLAISE, P.
FOUCHARD et P. KAHN, Les euro-credits. Un instrument du système bancaire
pour le financement international, Paris, 1981, 683.
402
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
LOAN MARKET ASSOCIATION, Guide to Syndicated Loans, in www.lma.eu.com.
Tombstones, in J.B. BLAISE, P. FOUCHARD et P. KAHN, Les euro-credits. Un instrument du système bancaire pour le financement international, Paris, 1981,
717.
Un consorzio tra imprese per «Azzurra», in Contr. e imp., 1985, 302.
INDICE DELLE FONTI NORMATIVE
403
INDICE DELLE FONTI NORMATIVE
Costituzione
Articolo
2: 206 (nt. 146)
Codice civile
Articolo
362: 195 (nt. 98)
752: 303 (nt. 484)
7541: 303 (nt. 484)
1101: 303 (nt. 485)
11012: 306
1103: 309 (nt. 503)
1108: 303 (nt. 485)
11083: 309 (nt. 503)
1173: 216
11762: 57, 57 (nt. 118), 58, 214
1181: 274, 274 (nt. 390), 274 (nt.
392), 275, 303
1186: 48 (nt. 78)
11882: 305 (nt. 491)
11892: 305 (nt. 491)
1203n. 3: 264 (nt. 350)
1204: 254 (nt. 305)
1218: 62, 215, 217 (nt. 182), 235 (nt.
246), 287 (nt. 431)
1225: 217 (nt. 182)
1229: 220 (nt. 195), 220 (nt. 196),
272, 273
12291: 50, 220
1256: 217 (nt. 182)
1260: 311 (nt. 508), 313
12601: 311
12642: 314, 316 (nt. 530)
1267: 316 (nt. 530)
1268: 172 (nt. 4)
1292: 295 (nt. 463)
1294: 249, 253, 255, 255 (nt. 313),
256, 257, 257 (nt. 323), 258,
259 (nt. 328), 270, 288, 289,
293
1298: 295 (nt. 463), 303 (nt. 485)
12982: 248
12991: 264 (nt. 350), 303 (nt. 485)
12992: 254, 271
1300: 192 (nt. 86)
1304: 192
13041: 192 (nt. 86)
13082: 192
1311: 274 (nt. 390)
1314: 257 (nt. 323), 263, 263 (nt.
348), 272, 273, 304, 306
1321: 154
1322: 154
13221: 151
13222: 23 (nt. 72), 151, 151 (nt. 481),
152 (nt. 481), 155, 156, 157
(nt. 501), 158
1337: 61, 216, 216 (nt. 179)
1341: 220 (nt. 195)
13411: 296 (nt. 465)
13412: 17 (nt. 48)
1349: 162
1369: 196 (nt. 103)
1373: 272
1375: 218 (nt. 189)
1376: 314, 314 (nt. 523)
1379: 229 (nt. 223), 299 (nt. 473)
1384: 205 (nt. 144)
1406: 312, 314, 316, 317, 319, 321,
321 (nt. 555)
404
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
1407: 312
1408: 319 (nt. 546)
14102: 316 (nt. 530)
1419: 160 (nt. 511), 222 (nt. 203)
14191: 15
1420: 149 (nt. 475), 154, 160 (nt. 511)
1429n. 3: 47 (nt. 76)
14392: 47 (nt. 76)
1446: 149 (nt. 475), 154, 160 (nt. 511)
1453: 275, 275 (nt. 393)
1456: 85 (nt. 217), 201
1459: 149 (nt. 475), 154, 160 (nt.
511), 244 (nt. 279)
1466: 149 (nt. 475), 154, 160 (nt. 511)
1467: 206, 207 (nt. 149), 208 (nt. 150)
14673: 207
1468: 205 (nt. 144)
1507: 273 (nt. 386)
1509: 273 (nt. 386)
1595: 322
1623: 205 (nt. 144)
1664: 205 (nt. 144)
1703: 74, 75
17052: 52 (nt. 96)
1706: 52 (nt. 96)
17081: 177 (nt. 18)
1709: 241 (nt. 265), 242
1710: 57 (nt. 118)
17102: 55, 214 (nt. 168), 218
17112: 55, 218
1719: 254, 254 (nt. 308), 255
1723: 240 (nt. 264)
17232: 190 (nt. 78), 240, 240 (nt.
264), 242 (nt. 271), 243, 244
1726: 92 (nt. 236), 160 (nt. 508),
237, 238, 238 (nt. 253), 239,
239 (nt. 260), 240, 240 (nt.
262), 242 (nt. 271)
1754: 52, 52 (nt. 98), 53 (nt. 104), 54
(nt. 108)
1758: 294 (nt. 457)
1759: 54, 55, 56, 56 (nt. 114), 57 (nt.
115), 58, 58 (nt. 120), 62, 63
17721: 296 (nt. 464)
1813: 79, 316 (nt. 533)
1819: 85 (nt. 217)
1820: 85 (nt. 217)
18384: 220 (nt. 196)
1840: 295
18401: 248
1854: 248, 295, 295 (nt. 463), 296
1856: 71
1897: 205 (nt. 144)
1898: 205 (nt. 144)
1910: 265, 266, 266 (nt. 359),
19104: 267 (nt. 362)
1911: 265, 266 (nt. 359), 267, 268,
270, 271 (nt. 379)
1916: 326
19321: 266
1937: 325
19412: 324
1946: 39 (nt. 43), 258
1958: 75
19582: 75 (nt. 185)
2033: 305 (nt. 491)
2043: 56 (nt. 113), 59 (nt. 127), 60,
60 (nt. 128), 60 (nt. 130), 61,
62 (nt. 135), 62 (nt. 137), 236
(nt. 248), 282 (nt. 413), 285,
286 (nt. 428), 287
2055: 224 (nt. 208), 287, 288, 288
(nt. 434), 288 (nt. 436), 289,
289 (nt. 439), 289 (nt. 440)
20551: 285, 289, 289 (nt. 438)
20552: 289
20553: 289
2247: 122 (nt. 366), 124, 125 (nt.
376), 125 (nt. 379), 126 (nt.
381), 127, 127 (nt. 388), 153
2249: 150, 151, 151 (nt. 481), 152
(nt. 482), 155, 155 (nt. 491),
156 (nt. 498)
2252: 182 (nt. 45)
2253: 125, 126
22532: 125 (nt. 379)
2259: 244 (nt. 278)
2263: 327 (nt. 583)
2265: 126 (nt. 382), 126 (nt. 383)
23282, nn. 4, 5 e 6: 125 (nt. 379)
INDICE DELLE FONTI NORMATIVE
2331: 140 (nt. 438)
23321, n. 3: 125 (nt. 379)
2341-bis1, lett. c): 231, 231 (nt. 230)
23464: 126
2359: 230 (nt. 227), 231, 232 (nt. 233)
23591, n. 3: 225
23612: 122 (nt. 367)
2423-bis1, n. 1 (prev.): 73 (nt. 179)
2423-bis1, n. 1-bis: 74 (nt. 179)
2447-bis: 143 (nt. 451)
2447-bis1: 84 (nt. 216)
2467: 84 (nt. 216), 224 (nt. 210)
24682: 126
24767: 224 (nt. 210), 226 (nt. 216)
2497: 224, 224 (nt. 210), 225, 226
(nt. 214), 226 (nt. 215), 226
(nt. 216), 230, 232, 232 (nt.
234), 234, 235, 235 (nt. 246),
236 (nt. 248)
24972: 234, 234 (nt. 243)
24974: 224, 236
2497-quinquies: 224 (nt. 210), 225
(nt. 210)
2497-sexies: 225, 225 (nt. 212), 227,
232 (nt. 234)
2549: 99, 103, 104 (nt. 287), 105 (nt.
291), 108 (nt. 301), 166, 167
(nt. 536), 323
25491: 101
2550: 167 (nt. 536)
2551: 101, 106, 328
2552: 99, 103 (nt. 282), 328
25521: 101, 102 (nt. 279), 103 (nt.
283), 328
25522: 102, 166 (nt. 530), 328
25523: 102, 328
2554: 109 (nt. 303), 328
25541: 107, 108 (nt. 301)
2602: 128, 129, 129 (nt. 394), 130
(nt. 400), 131 (nt. 402), 133,
135, 137, 139, 144, 145 (nt.
460), 148 (nt. 472), 164, 171
26031: 165 (nt. 529)
26032: 165 (nt. 529)
26032, n. 4: 145, 194
405
2604: 147
2605: 147 (nt. 462), 184, 221
2606: 180 (nt. 40), 184
26061: 180, 181 (nt. 42), 187, 189,
189 (nt. 76), 237 (nt. 252)
26062: 180 (nt. 38)
2607: 182, 315
26071:187
2608: 98, 173, 182, 214, 235
2609: 182
26092: 173, 189, 189 (nt. 76), 237
2611: 164, 171
2612: 140, 140 (nt. 438), 166 (nt. 535)
2613: 194 (nt. 98), 195 (nt. 98)
2614: 143 (nt. 451)
2615: 98, 143, 143 (nt. 451), 144 (nt.
453), 166 (nt. 535)
2740: 213
2825-bis: 81 (nt. 206)
Codice di procedura civile
Articolo
75: 195 (nt. 98)
77: 194 (nt. 97)
771: 194
83: 193 (nt. 94)
R.d. 16 marzo 1942, n. 267 (l. fall.)
Articolo
5: 56 (nt. 115)
673, lett. d): 190, 283
94: 197 (nt. 108)
111-bis1: 284 (nt. 423)
125: 190
127: 190
174: 193, 195
182-bis: 282 (nt. 413)
182-quater2: 284 (nt. 422)
182-quinquies1: 284 (nt. 422)
182-quinquies3: 284 (nt. 422)
182-septies: 191, 198
182-septies2: 198 (nt. 111)
182-septies4: 198 (nt. 111)
406
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Articolo
262: 5 (nt. 17)
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601
Articolo
15: 83 (nt. 214)
L. 5 dicembre 1978, n. 787
Articolo
14: 131 (nt. 402)
L. 10 ottobre 1990, n. 287
1061: 84 (nt. 216)
115: 86, 88 (nt. 224)
1171: 97 (nt. 259)
1178: 22, 22 (nt. 72), 222 (nt. 203)
1214: 85 (nt. 216)
1271: 266
128-sexies: 52
D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Tuf)
Articolo
931, lett. b): 230 (nt. 228)
94: 59
1225, lett. d): 231 (nt. 230)
D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38
Articolo
2: 35
7: 230
L. 21 febbraio 1991, n. 52
Articolo
1: 310 (nt. 506)
11, lett. a): 310
4: 310, 316 (nt. 530)
5: 310
D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Tub)
Articolo
23: 230 (nt. 228)
38: 9 (nt. 29), 80, 85 (nt. 216)
382: 78, 222 (nt. 203)
393: 204 (nt. 139)
42: 84 (nt. 216)
43: 84 (nt. 216)
Articolo
2: 73 (nt. 179)
L. 9 aprile 2009, n. 33
Articolo
34-ter: 143
D.lgs. 18 agosto 2015, n. 136
Articolo
54: 74 (nt. 179)
D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50
Articolo
485: 251
4816: 158 (nt. 501)
FONTI DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
Dir. 8 dicembre 1986, n. 86/635/
CEE
Dir. 26 giugno 2013, n. 2013/34/
UE
Articolo
9: 132
Articolo
61, lett. h): 74 (nt. 179)
INDICE DELLE FONTI NORMATIVE
407
FONTI STRANIERE
FRANCIA
Code de procédure civil
Code de commerce
Article
8533: 195
Article
L251-1: 100 (nt. 270)
GERMANIA
Bürgerliches Gesetzbuch (BGB)
Handelsgesetzbuch (HGB)
§
31: 114 (nt. 329)
1641: 113
399: 312 (nt. 513)
4261: 114
705: 117
7091: 118
7092: 182 (nt. 44)
710: 118
7181: 114 (nt. 327)
7221: 301 (nt. 479)
§
128: 114
Gesetz über das Kreditwesen (KWG)
§
13: 2 (nt. 4)
Insolvenzordnung (InsO)
§
47: 213 (nt. 164)
PORTOGALLO
Código Comercial
Artigo
100: 257
362: 257
SPAGNA
Código civil
Artículo
1137: 254 (nt. 307)
1529: 317 (nt. 536)
Código de Comercio
Artículo
51: 87 (nt. 221)
279: 252 (nt. 300)
Ley Concursal
Artículo
1214: 199 (nt. 112)
SVIZZERA
Obligationenrecht (OR)
Artikel
5302: 116 (nt. 342)
408
FINANZIAMENTI IN POOL E POSIZIONE DELLE BANCHE
FONTI ABROGATE INTERNE
Codice civile (1865)
L. 10 ottobre 1990, n. 287
Articolo
1188: 270, 287 (nt. 432)
1697: 119 (nt. 357)
1756: 255 (nt. 313)
Articolo
272: 230 (nt. 228)
Codice di commercio (1882)
Articolo
74: 73
Articolo
77: 152 (nt. 482)
L. 8 agosto 1977, n. 584
Articolo
223: 158 (nt. 501)
D.lgs. 27 gennaio 1992, n. 87
D.lgs. 14 dicembre 1992, n. 481
Articolo
16: 230 (nt. 228)
D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.c.p.)
L. 6 agosto 1990, n. 223
Articolo
37: 230 (nt. 229)
Articolo
375: 251
3717: 158 (nt. 501)
Finito di stampare nel mese di giugno 2016
nella Stampatre s.r.l. di Torino
Via Bologna, 220
D
C
II
DIRITTO COMMERCIALE INTERNO E INTERNAZIONALE
Sezione Monografie
1.
R. ALESSI, I liquidatori di società per azioni, 1994, pp. XII-236.
2.
M. MIOLA, Le garanzie intragruppo, 1993, pp. XIV-432.
3.
F. GUERRERA, I warrants azionari nelle operazioni di aumento di capitale,
1995, pp. XII-332.
4.
P. PISCITELLO, Società di persone a struttura aperta e circolazione delle quote. Modelli legali ed autonomia statutaria, 1995, pp. XII-298.
5.
L. FARENGA, La moneta bancaria, 1997, pp. XIV-234.
6.
D. REGOLI, Offerte pubbliche di acquisto e comunicato agli azionisti, 1996,
pp. XII-288.
7.
A. GENOVESE, L’invalidità dell’atto di fusione, 1997, pp. XII-284.
8.
R. PENNISI, Attività di direzione e poteri della capogruppo nei gruppi bancari, 1997, pp. XII-212.
9.
A. MIRONE, Il procedimento deliberativo nelle società di persone, 1998, pp.
XII-292.
10. G. PALMIERI, Scissione di società e circolazione dell’azienda, 1999, pp. XII316.
11. F. GIOIA, Diritto di marchio e omonimia, 1999, pp. XIV-214.
12. P. PISCITELLO, Le garanzie bancarie flottanti, 1999, pp. XII-212.
13. L. PISANI, Società di persone “a struttura corporativa”, 2000, pp. XII-208.
14. S. VANONI, I crediti subordinati, 2000, pp. XII-276.
15. P.M. SANFILIPPO, Funzione amministrativa e autonomia statutaria nelle società per azioni, 2000, pp. XII-512.
16. R. SANTAGATA, Il gruppo paritetico, 2001, pp. XII-332.
17. M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti “spontanei” in società di capitali, 2001,
pp. XII-216.
18. A. MIRONE, Standardizzazione dei contratti bancari e tutela della concorrenza, 2003, pp. XII-396.
19. F. BRIOLINI, I vincoli sui titoli di credito, 2002, pp. XIV-434.
20. M. CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nella società per azioni,
2003, pp. XII-212.
21. V. MELI, Rifiuto di contrattare e tutela della concorrenza nel diritto antitrust
comunitario, 2003, pp. XII-296.
22. E. BARCELLONA, Responsabilità da informazione al mercato: il caso dei revisori legali dei conti, 2003, pp. XVI-400.
23. C. OSTI, Nuovi obblighi a contrarre, 2004, pp. XVI-360.
24. A. CETRA, L’impresa collettiva non societaria, 2003, pp. XIV-466.
25. R. MANGANO, La revocatoria fallimentare delle attribuzioni indirette, 2005,
pp. XIV-254.
26. A. PISANI MASSAMORMILE, Minoranze, “abusi” e rimedi, 2004, pp. XII-276.
27. F. GUERRERA, La responsabilità “deliberativa” nelle società di capitali,
2004, pp. XIV-478.
28. M. PERRINO, Le cessioni in blocco nella liquidazione coatta bancaria, 2005,
pp. XX-372.
29. V. GIORGI, Libertà di informazione e dovere di riservatezza degli amministratori nei gruppi di società, 2005, pp. VIII-330.
30. M. COSSU, Società aperte e interesse sociale, 2006, pp. XIV-402.
31. G.M. BUTA, La responsabilità nella revisione obbligatoria delle S.p.a., 2005,
pp. XIV-378.
32. E. MACRÌ, Patti parasociali e attività sociale, 2007, pp. XIV-290.
33. U. MINNECI, Trasferimento di azienda e regime dei debiti, 2007, pp. X-198.
34. M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori
nella s.r.l., 2007, pp. XII-312.
35. N. DE LUCA, Circolazione delle azioni e legittimazione dei soci, 2007, pp.
XVI-464.
36. D. LATELLA, L’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza,
2007, pp. XVIII-430.
37. F. BRIOLINI, Le azioni «restitutorie» dei conferimenti in natura, 2008, pp.
XVIII-286.
38. M. CENTONZE, L’“inesistenza” delle delibere assembleari di s.p.a., 2008, pp.
XII-260.
39. P. BELTRAMI, La responsabilità per danni da fusione. Ristampa emendata,
2008, pp. XII-348.
40. M. RUBINO DE RITIS, La cointestazione del conto corrente bancario, 2008,
pp. XII-200.
41. V. PINTO, Funzione amministrativa e diritti degli azionisti, 2008, pp. X-310.
42. D. LA LICATA, La struttura finanziaria della società bancaria: patrimonio,
patrimonio netto, patrimonio di vigilanza, 2008, pp. X-266.
43. S. VANONI, Azioni proprie e contratti derivati, 2008, pp. XIV-314.
44. F. BARACHINI, La gestione delegata nella società per azioni, 2008, pp. XIV274.
45. R. SANTAGATA, Patrimoni destinati e rapporti intergestori. I conflitti in società multidivisionali, 2008, pp. XIV-346.
46. G. STRAMPELLI, Distribuzioni ai soci e tutela dei creditori. L’effetto degli
IAS/IFRS, 2009, pp. XVI-420.
47. P. GHIONNI CRIVELLI VISCONTI, Società a responsabilità limitata a struttura chiusa e intrasferibilità delle quote. Seconda edizione, 2011, pp. XII-380.
48. E. MACRÌ, Informazioni privilegiate e disclosure, 2010, pp. XII-232.
49. A. VALZER, Le responsabilità da direzione e coordinamento di società, 2011,
pp. XII-276.
50. G.P. LA SALA, Principio capitalistico e voto non proporzionale nella società
per azioni, 2011, pp. XII-280.
51. D. ARCIDIACONO, I prestiti dei soci nelle società di capitali. Seconda edizione, 2012, pp. XVIII-358.
52. N. DE LUCA, La società azionista e il mercato dei propri titoli, 2012, pp.
XVI-264.
53. M. GARGANTINI, Identificazione dell’azionista e legittimazione all’esercizio
del voto nelle S.p.A. quotate, 2012, pp. XIV-410.
54. C. CARUSO, Inizio e cessazione della direzione e coordinamento e recesso del
socio, 2012, pp. XIV-274.
55. M. SPERANZIN, Diritto di sottoscrizione e tutela del socio nella s.r.l., 2012,
pp. XVI-200.
56. A. VALZER, Gli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nelle
società per azioni, 2012, pp. X-430.
57. S.A. CERRATO, La clausola compromissoria nelle società. Profili sostanziali,
2012, pp. XVI-200.
58. E. BARCELLONA, Rischio e potere nel diritto societario riformato. Fra golden quota di s.r.l. e strumenti finanziari di s.p.a., 2012, pp. XVI-248.
59. A. CETRA, La persona giuridica amministratore, 2013, pp. XIV-258.
60. I. KUTUFÀ, Azioni non emesse e autonomia nella circolazione, 2013, pp.
XVI-224.
61. A. MUNARI, Impresa e capitale sociale nel diritto della crisi, 2014, pp. X174.
62. F. MANCUSO, Le società emittenti azioni correlate, 2015, pp. XIV-242.
63. P. GHIONNI CRIVELLI VISCONTI, Finanziamenti in pool e posizione delle
banche, 2016, pp. XII-420.
Sezione Raccolte di Studi
1. C. ANGELICI, Attività e organizzazione. Studi di diritto delle società, 2007, pp.
XII-356.
2. AA.VV., Le soluzioni concordate delle crisi d’impresa, 2007, pp. XII-180.
3. P. ABBADESSA, F. CESARINI (A CURA DI), Sistema dualistico e governance
bancaria, 2009, pp. XIV-222.
4. G. PALMIERI (A CURA DI), Temi del nuovo diritto fallimentare, 2009, pp.
XIV-198.
5. AA.VV., Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber amicorum
Antonio Piras, 2010, pp. XVI-928.
6. C. IBBA, M.C. MALAGUTI, A. MAZZONI (A CURA DI), Le società “pubbliche”, 2011, pp. XIV-402.
7. AA.VV., La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in
onore di Giovanni E. Colombo, 2011, pp. XXII-634.
8. F. BARACHINI (A CURA DI), Il diritto dell’impresa in crisi fra contratto, società e procedure concorsuali, 2014, pp. XVI-208.
9. P. ABBADESSA (A CURA DI), Dialogo sul sistema dei controlli nelle società,
2015, pp. XII-172.