La mente virtuale

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La mente virtuale
Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari La mente virtuale
Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione”
Il testo di questa dispensa è una selezione di alcuni paragrafi del libro: Nardone e Cagnoni, Perversioni in
rete. Le psicopatologie da internet e il loro trattamento, Ponte delle Grazie, 2002 e ove specificato da
Cantelmi e Grifo, La mente virtuale. L'affascinante ragnatela di Internet, San Paolo edizioni, 2002.
PERVERSIONI IN RETE
da Nardone e Cagnoni (2002)
La storia ci fornisce da sempre due versioni riguardanti qualunque tipo di scoperta scientifica e forma di
progresso: una miracolistica e una apocalittica.
Da un lato c'è chi accoglie con entusiasmo il progresso tecnologico vedendovi un grande sviluppo sociale;
dall'altra, c'è chi non può fare a meno di scorgervi temibili insidie per lo sviluppo della civiltà umana. Dal
nostro punto di vista, intraprendere oggi un'analisi critica della tecnologia elettronica non ha più senso:
sarebbe come criticare l'uso dell'energia elettrica o dei trasporti aerei.
Per quanto riguarda l’aspetto di beneficio «sociale» di Internet, si può considerare come emblematico il
caso di New York: a partire dall'esplosione del fenomeno Internet, nella sola città americana è stata
stimata una riduzione del 14.5% dei crimini e una riduzione ancora maggiore dei suicidi. Questi dati ci
danno una chiara idea del potenziale positivo di questo strumento. Internet rappresenta una grande
opportunità per chi la sa cogliere e un grande rischio per chi non sa adeguarsi. Allo stesso modo di un
medicinale, infatti, il rifiuto a priori di un suo utilizzo può trasformarsi in pericolosa arretratezza, ma un
suo sovradosaggio può divenire un potente veleno.
Dare un nome a questo fenomeno non è semplice, qualcuno lo ha etichettato «Internet Addiction
Disorder» (ovvero Disturbo da Dipendenza da Internet) e ha trovato una folta schiera di sostenitori; altri
si oppongono decisamente a questa definizione, preferendo parlare di «Uso patologico di Internet». Ma
le diagnosi non si fermano qui «navigando» troviamo chi parla di «dipendenza da cyberspazio» o
«dipendenza da computer», sottolineando comunque sempre come si tratti (in qualunque forma voglia
essere espressa) di una vera e propria dipendenza.(addiction).
Stiamo effettivamente assistendo a numerosi fenomeni psicopatologici legati all'uso erroneo di Internet.
I1 dottor Goldberg è uno psichiatra dell'Upper East Side che passa circa due ore al giorno a «navigare»
all'interno dei «bullettin boards» del sito PsyCom.Net, un cyberclub per «strizzacervelli» che egli stesso
ha fondato nell’986. Nel 1995 decise di fare un piccolo scherzo ai membri di questo sito inviando a tutti
una e-mail contenente la parodia dell'ultima versione del DSM (Manuale Statistico e Diagnostico dei
Disturbi Mentali), ovvero del Vangelo della psichiatria.
Per dimostrare la complessità e la rigidità del manuale, si inventò un disturbo chiamato «Internet
Addiction Disorder» (ovvero «disturbo da dipendenza da Internet») di cui elenchiamo i criteri diagnostici
nella seguente tabella:
Errato uso di Internet che provoca danno o sofferenza clinicamente
significativi, manifestati da tre o più dei seguenti sintomi comparsi in uno stesso
periodo nell’arco di dodici mesi.
TOLLERANZA, come definita dai seguenti sintomi:
1. Aumento significativo del tempo trascorso in Internet per ottenere soddisfazione.
1
Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari 2. Riduzione significativa degli effetti derivanti dall'uso continuo delle medesime
quantità di tempo trascorso in Internet.
ASTINENZA, manifestata dall'insieme dei seguenti sintomi:
1. Sindrome di astinenza caratteristica:
a) Cessazione o pesante diminuzione dell'uso di Internet
b) Dopo il criterio a) si sono sviluppati, in un arco di tempo da diversi giorni a un
mese, due o più dei seguenti sintomi:
bl) agitazione psicomotoria
b2) ansia
b3) pensieri ossessivi focalizzati su cosa sta succedendo in Internet
b4) movimenti volontari e involontari di typing con le dita
b5) uso di Internet o di servizi on-line intrapresi pei alleviare l'astinenza.
(I sintomi del criterio b causano danno o dolore in aree del funzionamento sociale,
occupazionale o in altri ambiti importanti).
2. Accesso a Internet sempre più frequente o per periodi di tempo più prolungati
rispetto all'intenzione iniziale.
a) Desiderio persistente o sforzo infruttuoso di interrompere o tenere sotto
controllo l'uso di Internet
b) Dispendio della maggior parte del tempo in attività correlate all'uso di
Internet (acquisto di libri, ricerca di nuovi siti, organizzazione di file, ecc.).
c) Perdurare dell’uso di Internet nonostante la consapevolezza dei problemi
fisici, sociali, lavorativi o psicologici persistenti o ricorrenti verosimilmente causati o
esacerbati dall'uso di Internet (de privazione di sonno, difficoltà coniugali, ritardo agli
appuntamenti, trascuratezza nei confronti dei propri doveri occupazionali, sensazione
di abbandono dei propri cari).
Con sua enorme sorpresa, molti colleghi ammisero d'aver riscontrato l’esistenza di questo disturbo in
diversi pazienti e scrissero al dottor Goldberg chiedendo aiuto. Questo bastò a far nascere
immediatamente il gruppo di supporto on-line per il disturbo da dipendenza da Internet.
Secondo un articolo del 1999 presentato dal dottor David Greenfield a un incontro dell'Associazione
Psichiatrica Americana, circa undici milioni di persone possono oggi essere definite dipendenti da
Internet.
Sono quindi nati i primi gruppi di auto-aiuto on-line; siti fondati da studenti, casalinghe, impiegati o
dirigenti di azienda che, con l'intenzione di aiutarsi reciprocamente attraverso la Rete, si
scrivono settimanalmente centinaia di e-mail manifestando tutto il loro disagio, ma contemporaneamente
tutto il loro supporto, per poter uscire dalla trappola che paradossalmente devono utilizzare per poter
comunicare!
I “retomani”, però, non dipendono da una macchina, ma dalle sensazioni e dalle esperienze vissute mentre usano
quella macchina. Negli ultimi vent'anni gli psicologi hanno cominciato a riconoscere che è possibile sviluppare
dipendenze non solo da sostanze chimiche e le hanno definite «comportamentali» (come nel caso della dipendenza
dal gioco d'azzardo): le persone sviluppano dipendenza da quello che fanno e da ciò che provano mentre lo
fanno. (Cantelmi-Grifo, 2002)
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari II «COME SE» NELLA
RETE
da Nardone e Cagnoni (2002)
La letteratura scientifica ha già da vari anni dimostrato che la presenza di un mezzo tecnologico non
determina l’annullamento degli aspetti emotivo-cognitivi di una situazione. E esperienza
comune arrabbiarsi o gioire al telefono, emozionarsi durante la proiezione di un film, identificarsi con
passione nei personaggi della televisione. Anche collegandosi a Internet è possibile provare emozioni,
che hanno tutte le caratteristiche di quelle reali e che a volte risultano indistinguibili da quelle provate in
ambienti pii tradizionali: come distinguere per esempio la delusione per un mancato appuntamento,
fissato nella realtà, dalla tristezza per una mancata chat notturna, fissata virtualmente?
Le nuove tecnologie ci permettono dunque di vivere esperienze in ambienti più o meno virtuali che poi
hanno ripercussioni e influenze sulla realtà giornaliera. II rovescio di tale medaglia è che nel caso di
navigazioni on-line, i soggetti, interagendo con altri utenti, soprattutto con gli ultimi shared hypermedia
tools, ovvero gli strumenti ipermediatici condivisibili (es. NetMeeting o PalTalk), comunicano e vivono
situazioni relazionali «appaganti» che possono condurre a un disinteresse verso le modalità interattive
reali. In altre parole, il virtuale con i suoi «reali» effetti personali e interpersonali si sostituisce al reale.
La Young sintetizza nel modello ACE (Accessibility, Control, Excitement) i principali fattori che facilitano e/o predispongono
l'insorgere dei disturbi correlati con Intemet:
•
accessibilità: l'introduzione e la diffusione della Rete ha consentito di ridurre enormemente i tempi di accesso ai singoli
servizi, in tal modo rendendo possibile la gratificazione immediata di ogni minimo bisogno;
•
controllo personale: l'individuo può esercitare sulle proprie attività telematiche un controllo molto elevato, spesso
superiore a quello che gli è consentito nella vita reale. Né bisogna sottovalutare il controllo che ha modo dì operare sulle
reazioni degli interlocutori on-line;
•
eccitazione: navigare in Rete è un'esperienza densa di emozioni per l'enorme quantità di stimoli presenti (colori vivaci,
immagini che lasciano stupefatti, suoni coinvolgenti).
In breve, ciò che risulta fattibile in Internet, grazie anche alla possibilità di mantenere l'anonimato, non sempre é realizzabile al di
fuori del cyberspazio.
Da Cantelmi-Grifo, 2002
COSA RENDE
INTERNET COSÌ
ATTRAENTE?
da Nardone e Cagnoni (2002)
Matrimoni falliti, perdita del posto di lavoro, esami non superati e bocciature scolastiche sono solo alcune
delle esperienze riportate in letteratura come effetto della comunicazione interpersonale che avviene
attraverso Internet.
Sembra che sia proprio l'aspetto sociale e socializzante di tutti i tipi di comunicazione mediata dal
computer a far sì che anche persone completamente «profane» vi si avvicinino e comincino in breve
tempo a farne uso. Una comunità on-line rappresenta la via più semplice e veloce per incontrare e
conoscere altre persone, aggiungendo alle solite modalità di incontro sociale elementi di diversità da
qualcuno considerati molto attraenti.
La comunicazione è estremamente informale e le caratteristiche che solitamente inibiscono le persone
riguardo a un eventuale contatto sociale vis-à-vis sono assenti. Tutto si basa sulla percezione del ricevente
e sull'abilità del mittente di entrare nell'immaginario altrui attraverso caratteristiche che non siano
direttamente percepibili ai nostri sensi.
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari II controllo della formazione delle impressioni è facilitato dal mezzo di comunicazione offerto dalla
scrittura, che permette varie modalità di auto-presentazione e conseguenti idealizzazioni.
Questo spiegherebbe, per esempio l'elevata percentuale di relazioni intime nate in Rete e terminate, nella
maggior parte dei casi, al momento del primo incontro «reale».
In generale, comunque, il fattore disinibente fornito da qualunque tipo di attività on-line gioca un ruolo
fondamentale nell’utilizzo di internet.
Vi è un altro aspetto rilevante: quello voyeuristico. Stiamo parlando di quelle persone che si limitano a
una sola attività di «lettura» all'interno di chat room o di gruppi di discussione, divenendo testimoni di
idee, sentimenti pensieri e interazioni di altri partecipanti attivi.
Non deve infatti passare in secondo piano un'ulteriore caratteristica della Rete: l'improbabilità di
ripercussioni a livello «reale». Questo aspetto rende lo strumento molto attraente non solo per ciò che
riguarda eventuali contatti sociali, ma quasi per tutto ciò che attraverso di esso è possibile fare ed
esperire.
II DISTURBO DA
DIPENDENZA DA
INTERNET
da Nardone e Cagnoni (2002)
Secondo la Young i soggetti da lei selezionati quali dipendenti hanno tutti in comune le due fasi tipiche
di tutti i processi di dipendenza fisica: una prima fase di tolleranza, in cui il soggetto aumenta in
maniera mai pienamente soddisfacente la «dose» giornaliera del proprio comportamento disfunzionale, e
una fase di astinenza, con veri e propri accessi di irritazione, disagio e ansia a ogni tentativo
di interruzione.
Parla perciò di un «vero e proprio comportamento tossicomanico», del tutto paragonabile ad «altre
abitudini quali il vizio per le scommesse, la bulimia cronica, i comportamenti sessuali di tipo compulsivo
e il guardare la televisione in modo ossessivo».
Internet, inoltre, verrebbe usato come mezzo per sfuggire ai propri problemi o per alleviare sensazioni
di impotenza, colpa, ansia o depressione.
I primi, collocati all’inizio della catena dei fattori causali e quindi lontano dai sintomi, riguardano una
preesistente vulnerabilità, per esempio da una psicopatologia soggiacente, a cui si viene ad aggiungere
un evento, appunto l'avvicinamento a Internet. L’esposizione al mezzo tecnologico, in un particolare
momento della propria vita, rappresenterebbe quindi la causa distale necessaria per lo scatenamento della
specifica sintomatologia. L'esperienza di queste tecnologie agirebbe come un catalizzatore per lo sviluppo
dei sintomi, che, però, hanno una base in caratteristiche preesistenti del soggetto.
I fattori «prossimali», posizionati verso la fine della catena causale, sono invece relativi a pensieri
disfunzionali, interpretazioni cognitive riferite a se stessi o al mondo circostante, e comportamenti
specifici dell'individuo; questi possono essere cause sufficienti per sviluppare il quadro sintomatologico
dell'utilizzo patologico di Internet.
E vero, quindi, che si può parlare di un comportamento compulsivo, così come tanti autori hanno voluto
sottolineare, ma con l’importante differenza che questo tipo di compulsione si basa sul piacere anziché
su una fobia. Ed è proprio perché il sintomo si basa sul piacere, anziché sul disagio e sulla sofferenza,
che eliminarlo risulta particolarmente impegnativo.
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari CHI È IL RETEDIPENDENTE?
da Nardone e Cagnoni (2002)
Secondo uno studio italiano (Siracusano A. e coll., 1997) i soggetti più a rischio per lo sviluppo
dell’Internet Addiction Disorder hanno un'età compresa tra i 15 e i 40 anni, e hanno difficoltà di
comunicazione causate da problemi psicologici, psichiatrici o familiari.
Aguglia E. e coll. (1996) hanno invece evidenziato come le personalità più vulnerabili al disturbo siano
quelle caratterizzate da tratti ossessivo-compulsivi e tendenti al ritiro sociale.
Cantelmi (Cantelmi e coll., 2000) distingue sostanzialmente due tipi di retomani: quelli con una patologia
pregressa e quelli senza una patologia pregressa. Per questi ultimi il rischio psicopatologico deriverebbe
dalle caratteristiche stesse della Rete che ispirano al soggetto una sensazione di onnipotenza.
Secondo le ricerche effettuate dalla Young (1996a) allo scopo di fornire un profilo di retomane, il Retedipendente è un recente utilizzatore di questo strumento: 1'83% naviga da meno di un anno. Questo
dimostrerebbe come la dipendenza si manifesti piuttosto rapidamente una volta effettuato il pruno accesso
alla Rete. Inoltre, il 54% degli Internet-dipendend ha riferito una precedente storia di depressione, un
altro 34% pregressi sintomi di ansia e molti altri hanno parlato di una bassa autostima divenuta poi
cronica. II 52% ha ammesso di seguire programmi di recupero per alcolismo e ha manifestato un certo
sgomento all'idea che una nuova dipendenza avesse preso il posto di quella precedente.
Sempre la Young (1998) afferma d'aver trovato differenze di genere relative all'uso di Internet. In
particolare, gli uomini sono alla ricerca di potere, affermazione sociale e dominio: sono quindi
maggiormente attratti dalle fonti di informazione, dai giochi interatdvi di tipo aggressivo e da spazi chat
esplicitamente sessuali. Per le donne, le chat rappresentano invece un modo per allacciare amicizie
che fungano da sostegno, da storia romantica o da canale di sfogo. Le donne, inoltre, vivono con
entusiasmo il fatto che nessuno in Rete possa vedere il loro aspetto fisico.
LO SHOPPING
COMPULSIVO ONLINE
da Nardone e Cagnoni (2002)
Non stiamo sicuramente parlando di qualcosa di totalmente nuovo, se già nel 1915 Emil Kraepelin aveva
descritto casi di una malattia da lui definita «oniomania», ovvero la mania di comprare di tutto seguendo
un impulso incontenibile.
Anche in questo caso, appare evidente la concezione del disturbo in funzione della dipendenza, o meglio,
della necessità di compiere il rituale in funzione della cessazione di qualcosa di negativo. Ciò suggerisce
che lo shopping compulsivo sia concepito come un disturbo ossessivo-compulsivo.
Prosciugato il proprio conto corrente, e dopo essere magari anche ricorsi al fido e a prestiti ottenuti qua e
là, subentrano disagio e vergogna, talvolta anche un profondo senso di colpa nei confronti dei propri
familiari.
ON-LINE GAMBLING,
OVVERO LE
SCOMMESSE IN RETE
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari da Nardone e Cagnoni (2002)
In base al modello ACE (accessibilità, controllo ed eccitazione) della Young, il gioco d'azzardo on-line
rappresenta una delle forme di «cyberaddiction» più comuni. I segni clinici da lei identificati consistono,
tra gli altri, nella necessità di somme di denaro sempre maggiori per raggiungere l'eccitazione desiderata,
una forte preoccupazione riguardo al gioco, l'utilizzazione del gioco per sfuggire ai propri problemi, la
compromissione di almeno una relazione significativa e il ricorso ad azioni illegali allo scopo di
finanziare il gioco.
La maggior parte degli studi effettuati e citati in letteratura riguarda esclusivamente il gioco d'azzardo
inteso quale casinò virtuale in cui entrare e giocare, ma a nostro avviso ne esiste un secondo, forse
ritenuto più «lecito», rappresentato dal «trading on-line», il gioco in borsa in Rete.
II meccanismo è, ancora una volta, basato sul piacere, sulla soddisfazione ottenuta mediante le vincite,
su quella vampata di calore da cui lo scommettitore si sente accendere ogniqualvolta vede la propria
puntata raddoppiarsi.
Spesso entrano a far parte del quadro anche tratti depressivi, dovuti a una attività frenetica seguita da
una perdita di cospicue somme di denaro, e un notevole nervosismo che viene sfogato nei confronti
della famiglia o di chiunque tenti di distrarre il giocatore dalla sua attività.
LA CHAT DIPENDENZA
E LE RELAZIONI NATE
IN RETE
da Nardone e Cagnoni (2002)
Al di là delle tematiche trattate, è l'aspetto relazionale quello che porta ad avvicinarsi a questi
programmi. Ogni utente è libero di usare la fantasia, sia nel presentarsi agli altri che nell'immaginarli. E
normale incontrare persone che dichiarano un'identità sessuale diversa da quella reale, così come
caratteristiche fisiche, età, occupazione, stato civile ecc.
Ma ancora più intrigante risulta il fatto di poter dare di sé un'immagine diversa da quella effettiva,
suscitando negli altri interesse e curiosità insperabili nella vita di tutti i giorni. Questo potrebbe far
nascere delle perplessità, ma chi chatta su questo tipo di programmi sembra non esserne particolarmente
preoccupato.
Mentire non è l'unica modalità relazionale presente in questi gruppi, anzi. Vi sono soggetti che, liberi
dal dover soddisfare determinati «standard fisici», attraverso la chat sperimentano, a volte per la prima
volta in vita loro, l'ebbrezza del sentirsi «affascinanti» mostrando lati della propria persona che, solo in
un contesto privo di riscontri visivi, sentono di poter disvelare ed esaltare.
È proprio al momento dell'incontro che, la maggior parte delle volte, il sogno finisce. Per almeno uno
dei due la realtà non rispecchia le aspettative; l'illuso insoddisfatto diventa un disilluso, quello soddisfatto,
ma respinto, diviene un depresso.
Al di là di quello che può essere l'evolversi delle relazioni, questo tipo di modalità di ricerca di
contatto può avere diverse conseguenze sull'individuo che ne abusa. Se già prima la persona coinvolta
non possedeva grandi capacità relazionali, a forza di evitare contatti «reali» arriva ad atrofizzarle del
tutto, finché il contatto a tu per tu potrà addirittura diventare fonte d'ansia e, di conseguenza, verrà
evitato il più possibile.
Si è portati a pensare che persone di questo tipo siano per forza single o abitino sole, ma in realtà non è
così. Sono infatti proprio il partner o i familiari i primi a lanciare l'allarme e a riuscire, nella maggior
parte dei casi, a portare il soggetto in terapia. Anche in questo caso dopo averle tentate un po' tutte.
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari II partner è solitamente la persona che entra più in crisi, minaccia di interrompere la relazione, pone
divieto assoluto a qualunque tipo di chat o mezzo di comunicazione tramite computer, mette in atto
strategie di controllo che il più delle volte vengono scoperte dal «chattatore», il quale profondamente
risentito e violato nella propria privacy, reagisce altrettanto aggressivamente.
La chat infatti non è solo luogo di incontri virtuali, ma può portare alla nascita di relazioni che assumono
tutti gli aspetti di una qualunque altra relazione nata in ambienti reali, ma che poi falliscono.
Per queste persone la Rete diventa una perfetta e diabolica tentata soluzione.
Uno dei primi tentativi messi in atto da queste persone per «stare meglio» consiste infatti nel ricominciare
(se mai avessero smesso) a frequentare i gruppi di discussione in cui avevano conosciuto il partner.
Quello che ottengono da questa «mossa», fatta nel tentativo di rillacciare i rapporti o di controllare i
movimenti dell'altro, è solitamente ancor più doloroso della perdita già avvenuta. Possono diventare
testimoni di nuovi contatti dell’ex con altre persone, leggerne i messaggi e quindi essere sempre più
portati a «spiarne» i movimenti. Questo innesca una vera spirale ossessiva basata sul controllo, in
cui più si controlla più si sente il bisogno di controllare fino a non poterne più fare a meno.
Altri invece trovano nella chat un canale di sfogo per la propria amarezza e depressione, e passano ore
a raccontare ad ascoltatori anonimi la propria storia: si tratta di quello che la maggior parte delle persone
abbandonate cerca di fare al termine di una relazione, rimanendo così sempre più legate al passato e
all'immagine del proprio partner. Parlare continuamente di un problema non è un sollievo, ma rende il
problema stesso ancora più grande e concreto.
I CYBERSEXDIPENDENTI
da Nardone e Cagnoni (2002)
La cyberpornografìa è divenuta, negli ultimi anni, fonte di estremo interesse da parte dei media.
Inizialmente è stata strumentalizzata per far passare la Rete come il punto di incontro di violenza e
perversione, ora viene osservata come un fenomeno degno di particolare «curiosità». Sembra che la
pornografia su Internet sia diventata quasi normale.
Tra le varie patologie che compongono la Internet Related Psychopathology, ovvero la psicopatologia
legata all’uso di Internet, vi è anche la cybersexual addiction (Cantelmi, 2001) che consiste in una vera e
propria forma di dipendenza da sesso virtuale.
Secondo Cantelmi, «i dipendenti dal cybersex utilizzano il computer alla ricerca di materiale sessuale per
un numero di ore superiore alle 11 a settimana, passando un totale di ore connessi che va dalle 35 alle
45». Secondo i risultati da lui presentati al Congresso della Società italiana di psicopatologia, i cybermaniaci sono tutti uomini, di cultura medio-alta, diplomati e laureati, fra i trenta e i quarant'anni.
Soli, ma anche fidanzati o sposati. Passano intere giornate davanti al computer, non riescono a fare
a meno di collegarsi a siti a luci rosse e a chat erotiche. In totale, gli eros-dipendenti che navigano tra i siti
a luce rosse sarebbero stimati tra il 6 e l'8 per cento del complesso degli internauti.
La ricerca avrebbe rivelato anche, sempre all'interno di questo contesto, una diversa tipologia di
approccio tra uomini e donne. I primi sono più interessati alle immagini sessuali, mentre le seconde
preferiscono di gran lunga intraprendere vere e proprie relazioni virtuali. L’80% delle donne, contro il
33% degli uomini, ha affermato che la propria attività on-line le ha portate a reali incontri sessuali.
Tra tutte le patologie che abbiamo descritto, questa è sicuramente quella più collegata al concetto di
perversione, più che di dipendenza.
Qui più che mai la principale caratteristica di Internet, quella di disinibitore, rivela i suoi effetti. Durante
la navigazione si incontrano e si conoscono altri viaggiatori, a volte per caso, altre volte volontariamente.
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari Solitamente, infatti, il «cybernauta sessuale» è alla ricerca di un partner con cui condividere
determinate esperienze o, almeno, di uno scambio di posta elettronica erotica.
Proprio la possibilità di descrivere e comunicare rende questo tipo di esperienza estremamente
«intrigante». La possibilità di essere espliciti, offerta dall'anonimato e dalla distanza visiva caratteristici
di Internet, porta la persona a scoprire forme di eccitazione a cui, fino a quel momento, non aveva «osato»
avvicinarsi.
II fascino del proibito e l’eccitazione data dal riuscire a lasciarsi andare oltre ogni limite - cose consentite
proprio dal rapporto «virtuale» - possono venire rovinati dall’ncontro. La perversione, infatti, consiste
proprio nell'andare, a parole, molto oltre ai fatti.
LA «INFORMATION OVERLOADING ADDICTION», OVVERO
QUANDO LE INFORMAZIONI NON BASTANO MAI
da Nardone e Cagnoni (2002)
Si manifesterebbe con una ricerca estenuante e protratta nel tempo di informazioni, nel tentativo di
raggiungere il massimo aggiornamento possibile tramite il «Web surfing», cioè passando continuamente
da un sito all'altro, o attraverso indagini su materiali custoditi in varie banche dati.
Una delle ricerche più citate riguardante questo problema, e che ha fatto sì che il tema divenisse fonte di
tanto interesse, è quella svolta dalla Reuters nel 1997 su un campione di 1000 soggetti in diversi Paesi,
da cui è emerso che oltre il 50% degli intervistati ricerca freneticamente informazioni in Rete e prova una
sorta di eccitazione euforica nel momento in cui trova l’informazione che stava cercando. Un altro 50%
afferma che, se le informazioni potessero essere paragonate a una droga, allora potrebbero
dire di conoscere persone definibili “drogati”.
Bisogna prima di tutto ammettere che la quantità «materiale-spazzatura» in circolazione in Rete è
decisamente eccessiva. Questo porta anche i meglio intenzionati a passare molto tempo connessi a
Internet. Ma non è questo, dal nostro punto di vista, il punto cruciale della situazione.
TRANCE
DISSOCIATIVA DA
VIDEOTERMINALE
Da Cantelmi-Grifo, 2002
Caratteristica fondamentale di questi disturbi è la sconnessione delle funzioni - di norma integrate - della
coscienza, della memoria, dell'identità e della percezione dell’ambiente:
•
durante la trance si rileva un'alterazione dello stato di coscienza simile al sonno, ma con
caratteristiche elettroencefaliche non dissimili da quelle dello stato di veglia;
•
l'individuo perde consapevolezza della realtà fino al ritorno alla condizione normale,
accompagnata da amnesia.
I disturbii si manifestano come uno stato involontario di trance che, non previsto dalla cultura della
persona quale parte normale di una pratica culturale o religiosa, causa disagio clinicamente significativo o
menomazione funzionale.
Attualmente non si correla il disturbo da trance dissociativa con la patologia conseguente alla
dipendenza da Intemet o dai videogame, tuttavia la sua configurazione induce a considerare nosologici i
disturbi della coscienza indotti dalle nuove applicazioni della telematica. La trance dissociativa da
videoterminale è infatti uno stato involontario di trance imputabile alla dipendenza patologica dal
computer e dalle realtà virtuali; è caratterizzata da:
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Corso di Informatica umanistica “Informatica e comunicazione” (a.a. 2004/2005) – I. Chiari •
alterazione temporanea e marcata dello stato di coscienza;
•
depersonalizzazione;
•
perdita del senso abituale dell’identità personale, rimpiazzata o no da un'identità alternativa
che influenza e dissolve quella abituale.
Dipendenza
Regressione
Dissociazione
•
Ipercoinvolgimento di tipo
ritualistico con il computer e
le sue applicazioni.
•
Tendenza a costruire relazioni
immaginarie, compensatorie
dell’impoverimento
delle
relazioni oggettuali.
•
Labilità dei confini dell’Io.
•
Relazione di tipo ossessivocompulsivo con le esperienze
e le realtà virtuali.
•
Ritiro artistico.
•
Dispersione de Sé.
•
Tendenza a “sognare a occhi
aperti”
come
modalità
prevalente sull’azione nei
rapporti reali.
•
Fantasia
artistica,
come
modalità
difensiva
predominante dell’Io.
•
Diffusione dell’identità, con la
conseguenza
della
depersonalizzazione (cioè del
distacco e dell’estraniamento
da se stessi), fino alla perdita
di contatto vitale con la realtà.
•
Vergogna conscia o inconscia
come tratto peculiare di
debolezza dell’Io.
•
Tendenze
fobiche
nei
confronti della vita sociale.
Tabella 1 - I tre livelli evolutivi della trance dissociativa da videoterminale (da Cantelmi-Grifo, 2002)
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