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Corriere della Sera > Salute > Neuroscienze > Retinite, i primi pazienti tornanoa «vedere» grazie alla protesi Argus II
UN «OCCHIALE» MESSO A PUNTO A PISA
Retinite, i primi pazienti tornano
a «vedere» grazie alla protesi Argus II
Il dispositivo rielabora le immagini ricevute e le trasforma in
impulsi elettrici: costa 78mila euro, si impianta in 4 ore
MILANO - Sono otto i pazienti italiani
con retinite pigmentosa che hanno
riacquistato una certa funzione visiva
grazie all’impianto di una protesi
retinica effettuato presso l’ospedale di
Pisa, centro in cui è stato eseguito il
primo intervento al mondo dopo
l’approvazione del dispositivo per uso
commerciale. La retinite pigmentosa è
una rara malattia ereditaria che
conduce a cecità e di cui si stima siano affette in Italia circa
15mila persone.
LA MALAT T IA - «Consiste in un’alterazione degli strati
retinici e in particolare dello strato più esterno, lo strato retinico
pigmentato, che porta nutrimento ai fotorecettori, i coni e i
bastoncelli - spiega Stanislao Rizzo, direttore del reparto di
Chirurgia oftalmica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria
Pisana -. L’alterazione dello strato retinico pigmentato causa la
progressiva morte dei fotorecettori e la conseguente perdita
della vista, che si manifesta inizialmente a livello periferico. Il
paziente non si accorge subito del problema, perché la perdita
della vista riguarda solo il campo visivo periferico, ma
progressivamente il campo si riduce solo alla visione centrale.
Purtroppo in alcuni casi la progressione della malattia,
soprattutto se compare in età giovanile, porta alla cecità in
pochi anni».
ARGUS II - La protesi retinica, denominata Argus II, cerca di
supplire le funzioni dei fotorecettori perduti. Il dispositivo è
costituito da una parte interna che viene impiantata nell’occhio
e una esterna, composta da una telecamera collegata a un
piccolo computer. Quest’ultimo rielabora le immagini ricevute e
le trasforma in impulsi elettrici che vengono inviati al
dispositivo impiantato sulla retina attraverso un’antenna posta
negli occhiali in cui è inserita anche la telecamera. La parte che
viene impiantata consiste in una piastrina delle dimensioni di
pochi millimetri contenente 60 elettrodi e che, con un piccolo
"chiodo", viene fissata alla retina in corrispondenza della
macula. La piastrina è collegata a un circuito elettronico e a
un’antenna che riceve gli impulsi dalla porzione esterna del
dispositivo. Gli elettrodi posti a contatto della retina stimolano
le cellule ancora funzionanti: ciò fa sì che le immagini raccolte
dalla telecamera si traducano nella percezione di segnali
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luminosi da parte del cervello. Grazie a una successiva fase di
Non affidarti alle stelle!
riabilitazione i pazienti imparano a interpretare questi "schemi"
luminosi recuperando una certa funzionalità visiva.
Ci sono le premesse per una
relazione? scoprilo con il test!
L'IMPIANT O - L’intervento per posizionare la protesi dura
circa 4 ore e viene effettuato in anestesia generale. «La chirurgia
consiste in tanti piccoli passi - ricorda l’oculista -. A ogni passo
bisogna testare la funzionalità degli elettrodi perché, essendo il
dispositivo molto delicato, le manipolazioni possono provocare
delle rotture. Alle fine dell’intervento si verifica se tutti gli
elettrodi funzionano, dopo di che il paziente può essere
svegliato. Fondamentale per il successo è l’accurata selezione
del paziente che deve essere affetto da retinite pigmentosa,
avere una bassissima acuità visiva e una storia di visione
formata». L’impianto non funzionerebbe infatti nei non vedenti
dalla nascita perché in questo caso il cervello, non avendo
ricevuto le giuste informazioni per lo sviluppo della corteccia
della visiva, non sarebbe in grado di interpretare gli stimoli
provenienti dalla protesi retinica.
SAGOME - Ciò che l’impianto consente di ottenere è un certo
recupero della funzione visiva. «Che vuol dire vedere le sagome
degli oggetti e delle persone. Se si trova in un ambiente
sconosciuto il paziente può vedere gli ostacoli, individuare dove
sono la porta e finestra. Sono grossi successi si pensa che si
passa dal buio completo a "vivere" l’ambiente circostante»
aggiunge Rizzo. «Riesco a distinguere le lettere: grandi, bianche,
su sfondo nero, ma per me che amo la lettura è un piacere afferma Filippo Tenaglia, 33 anni, il secondo paziente ad aver
ricevuto nel dicembre 2011 l’impianto nell’ospedale pisano -. Ci
vogliono impegno, pazienza; vi è la necessità di aggiustamenti
delle impostazioni, ma essendo il dispositivo per il 90% esterno
è facilmente aggiornabile».
RIABILIT AZIONE - La fase di riabilitazione successiva
all’intervento è importante per sfruttare al meglio le potenzialità
offerte dalla protesi retinica. Oltre a imparare a utilizzare le
funzioni di base del sistema e a eseguire le opportune
regolazioni, il paziente deve imparare a integrare la visione
artificiale con gli altri sensi, per esempio deve recuperare la
coordinazione motoria fra mano e occhi. Bisogna ricordare
infatti che si tratta spesso di pazienti ciechi da molti anni e che
quindi hanno perso la memoria visiva. Inoltre, poiché la visione
artificiale non è come quella naturale, il paziente deve imparare
a interpretare la stimolazione visiva e capire che gli impulsi
luminosi percepiti corrispondono a un determinato oggetto
piuttosto che alla sagoma di una persona.
COST I ALT I - Ogni protesi costa 78mila euro e i primi
interventi, anche su pazienti provenienti da altre parti d’Italia,
sono stati effettuati grazie alla regione Toscana. «Ritengo
doveroso agire al più presto affinché tutti i pazienti
potenzialmente candidabili all’intervento possano avere accesso
a questa tecnologia innovativa - commenta Elio Borgonovi,
docente di Economia e Management delle Amministrazioni
Pubbliche, presidente Cergas, Università Bocconi e presidente
del Comitato Scientifico per la Protesi Retinica dell’Azienda
Ospedaliera di Pisa -. Fino a oggi l’Azienda Ospedaliera di Pisa ha
sostenuto i primi interventi, ma in futuro non può continuare a
gestire i costi della tecnologia per i pazienti di tutta Italia. Per
questo motivo il Comitato Scientifico ha avviato un percorso di
lavoro con la Regione Toscana per definire i migliori criteri di
accessibilità e rimborsabilità dell’impianto presso il centro
pisano. Siamo fiduciosi che il lavoro in corso porterà presto a
risultati concreti per i pazienti italiani».
Franco Marchetti
9 marzo 2013 | 19:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA