Volume VII - N˚ 3/2015
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Volume VII - N˚ 3/2015
Volume ViI N˚ 3/2015 Organo ufficiale SIGENP Periodico trimestrale - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, DCB Pisa Aut. Trib. di Milano n. 208 del 29-04-2009 - Settembre - Finito di stampare presso IGP - Pisa, settembre 2015. TOPIC HIGHLIGHT CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Prevenzione della malattia celiaca: luci ed ombre Il trapianto fecale in pediatria Diagnostica allergologica in vivo nel management delle gastroenteropatie eosinofile Linee guida ESPGHAN per la gestione della gastroenterite acuta La dieta chetogena macrogol 3350 la Soluzione FIN DAI 6 MESI DI ETÀ Dosaggio 21x28dipeg0715-2 pro kg UNI EN ISO 9001:2008 Organismo accreditato da ACCREDIA Body accredited by ACCREDIA Pubblicazione riservata ai sigg. Medici il Problema UNI CEI EN ISO 13485:2012 Il prontuario Dicofarm è www.dicofarm.it www.giornalesigenp.it è on line il SITO WEB DEDICATO ALLA RIVISTA Videogallery Approfondimenti multimediali Appuntamenti Informazioni per gli Autori Documenti ufficiali SIGENP TuTTO COmPLETAmENTE OPEN ACCESS E GRATuITO Iscriviti alla e-newsletter Diventa Fan della Pagina Facebook del Giornale SIGENP www.facebook.com/giornalesigenp Nuovi spazi. Stessa qualità. ISSN 2282-2453 Volume ViI - N˚ 3/2015 - Trimestrale Consiglio Direttivo SIGENP Presidente Carlo Catassi Vice-Presidente Claudio Romano Segretario Maria Elena Lionetti Tesoriere Renata Auricchio Consiglieri Antonella Diamanti, Erasmo Miele, Licia Pensabene Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini Responsabile Commissione Editoria Claudio Romano · [email protected] Direttore Editoriale Mariella Baldassarre · [email protected] Capo Redattore Francesco Cirillo · [email protected] Assistenti di Redazione Alessandra Dileone · [email protected] Pietro Drimaco · [email protected] Comitato di Redazione Salvatore Accomando · [email protected] Barbara Bizzarri · [email protected] Osvaldo Borrelli · [email protected] Teresa Capriati · [email protected] Fortunata Civitelli · [email protected] Antonella Diamanti · [email protected] Monica Paci · [email protected] Salvatore Oliva · [email protected] © Copyright 2015 by Pacini Editore S.p.A. · Pisa Edizione Pacini Editore S.p.A., Via Gherardesca 1 · 56121 Pisa Tel. 050 313011 · Fax 050 3130300 [email protected] · www.pacinimedicina.it Marketing Dept Pacini Editore Medicina Andrea Tognelli Medical Project - Marketing Director Tel. 050 3130255 · [email protected] · Twitter @andreatognelli Fabio Poponcini Sales Manager Tel. 050 3130218 · [email protected] Manuela Mori Customer Relationship Manager Tel. 050 3130217 · [email protected] Redazione Lisa Andreazzi - Tel. 050 3130285 · [email protected] Segreteria scientifica Tel. 050 31 30 223 · [email protected] Progetto grafico e impaginazione Massimo Arcidiacono - Tel. 050 3130231 · [email protected] Stampa Industrie Grafiche Pacini · Pisa Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www. aidro.org. I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore S.p.A. - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Pisa. Sommario 93 EDITORIALE M. Baldassarre 95 TOPIC HIGHLIGHT Prevenzione della malattia celiaca: luci oppure ombre? Prevention of celiac disease: light or darkness? M. Baldassarre GUIDELINES: WHAT IS THE BEST 134 FOR CLINICAL PRACTICE Linee guida ESPGHAN per la gestione della gastroenterite acuta nei bambini europei ESPGHAN Guidelines for the management of acute gastroenteritis in European children T. Capriati A. Guarino, A. Lo Vecchio 98 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW Il trapianto fecale nelle patologie acute e croniche gastrointestinali Fecal microbiota transplantation in acute and chronic gastrointestinal diseases V. Giorgio, G. Ianiro, A. Galimberti, P. Valentini, G. Cammarota, A. Gasbarrini 103 PEDIATRIC HEPATOLOGY Le porfirie acute nel bambino: quando sospettarle, come curarle Diagnosing and treatment of acute porphyrias in children Seguici sulla pagina dedicata www.facebook.com/giornalesigenp P. Ventura, S. Marchini,C. Rosafio PEDIATRIC NUTRITION 108 & HEALTH AND FOOD SCIENCE Dieta chetogena: fisiopatologia e indicazioni cliniche Ketogenic diets: pathophysiology and therapeutic implications A. Maiorana, G. Cotugno, L. Manganozzi, C. Dionisi-Vici Segreteria SIGENP 113 TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER Biomedia srl Via Libero Temolo, 4 - 20126 Milano Tel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199 E-mail: [email protected] La diagnostica allergologica in vivo nel management delle gastroenteropatie eosinofile In vivo allergy tests in the management of eosinophilic gastroenteropathies E. Ridolo, L. Bonzano, V. Melli, I. Martignago 116 IBD HIGHLIGHTS Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD Role of environmental factors and diet in the pathogenesis of pediatric IBD M. Aloi, M. Distante 121 CASE REPORT Ipertransaminasemia e fegato grasso: una diagnosi molto… “sudata”! Elevation of serum aminotrasferases and fatty liver in an obese child: a very… “sweaty” diagnosis! S. Brusa, M. Ambroni, F. Battistini NEWS IN PEDIATRIC 123 GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Quando gli eosinofili invadono l’intestino: terapie tradizionali e nuove immunoterapie dell’esofagite e della gastroenteropatia eosinofila Eosinophilic esophagitis and gastroenteritis: traditional therapy and new immunotherapy A. Cianferoni 130 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY La via “alternativa” per l’alimentazione enterale: gastrostomia e gastrodigiunostomia percutanea endoscopica (PEG e PEGJ) in età pediatrica The alternative choice for enteral nutrition: percutaneous endoscopic gastrostomy and percutaneous endoscopic gastrojejunostomy (PEG and PEGJ) in paediatric age P. Betalli, M. Colusso, M. Cheli COME SI DIVENTA SOCI DELLA L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro (medici/ ricercatori) che dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti • € 50,00 quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD • € 90,00 quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD Soci junior (età non superiore a 35 anni) • € 30,00 Quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Editoriale Conserva e tratta il cibo come se fosse il tuo corpo, ricordando che nel tempo il cibo sarà il tuo corpo (B.W. Richardson) Carissimi, Mentre vi scrivo sta per concludersi EXPO 2015, grande kermesse espositiva dedicata ai vari aspetti della Nutrizione a livello mondiale. La nutrizione rappresenta uno di quei fattori di capitale importanza nella possibilità di modulare il nostro futuro in termini di salute fisica e mentale. Gli studi di epigenetica nutrizionale ci stanno insegnando che il nostro destino non è scritto solo nel DNA: il genoma umano può essere considerato come un libretto di istruzioni contenente l’informazione necessaria perché sia costituito l’intero organismo, mentre l’epigenetica studia gli effetti che i diversi nutrienti possono avere nei confronti del DNA o della cromatina attraverso modifiche non della loro sequenza, ma della loro espressione. In periodi critici dello sviluppo (vita intrauterina, allattamento, divezzamento) un intervento di tipo nutrizionale può programmare lo sviluppo futuro dell’individuo ed il suo stato di salute. Gran parte di questa modulazione avviene nei primi “mille giorni” dopo il concepimento. È importante ricordare che l’apporto di LCPUFA attraverso la dieta della madre durante la gravidanza influenza lo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale del feto, il latte materno modula l’effetto del polimorfismo di PPARg2 (peroxisome proliferator-activated receptor-g,fattore di trascrizione espresso negli adipociti che ne regola la differenziazione, la sensibilità all’insulina, il metabolismo delle lipoproteine) sul tessuto adiposo, riducendo il rischio di obesità nei bambini allattati al seno. Il nostro Giornale desidera farsi sempre più attento ai temi che riguardano la Nutrizione, in tutti i suoi aspetti. Avete certamente già avuto nelle mani il secondo numero del Giornale, dedicato alla nutrizione artificiale, procedura terapeutica che ha cambiato la prognosi “quoad vitam” e “quoad valetudinem” di numerose patologie intestinali ed extraintestinali, consentendo a tanti bambini di vivere una vita di relazione normale. Anche in questo numero gli articoli dedicati alla nutrizione sono diversi. Leggerete l’articolo di Pietro Betalli (Padova) che illustra le tecniche di posizionamento di gastrostomia e gastrodigiunostomia percutanea endoscopica (PEG e PEGJ), che sono di ausilio all’alimentazione enterale, quando i nutrienti non possono essere somministrati attraverso la bocca e l’esofago. Marina Aloi (Roma, La Sapienza) ci offre un interessante excursus riguardante proprio il ruolo che i fattori nutrizionali giocano nello sviluppo delle malattie infiammatorie intestinali. Arianna Maiorana (Roma, Bambin Gesù), ci spiega i principi della dieta chetogena, che è una vera e propria terapia per alcune patologie neurologiche del bambino. Parliamo poi di trapianto fecale (Valentina Giorgio, Roma, Università Cattolica-Policlinico Gemelli), la nuova frontiera nella cura di alcune coliti, e di gastroenteropatia eosinofila, sia in termini di diagnostica (Erminia Ridolo, Parma), che di terapia (Antonella Cianferoni, Filadelfia-USA). Paolo Ventura (Modena) ci descrive le Porfirie Acute, patologia certo non frequente ma sulla quale ci piace richiamare l’attenzione perché crediamo che la conoscenza delle cose debba essere la più ampia possibile. Il caso clinico di questo numero è stato curato da Sandra Brusa (Imola), e non vi anticipo niente … Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:93-94 93 Editoriale Maria Luisa Mearin (Leiden, Paesi Bassi) risponde nelle pagine della rubrica “Topic Highlight” a domande riguardanti la possibilità di prevenire la malattia celiaca, con prospettive nuove ed interessanti. Alfredo Guarino (Napoli) ci offre una sintesi mirabile riguardante le linee guida ESPGHAN sulla diarrea acuta, scritte nell’intento di uniformare la pratica clinica nella gestione di un problema così comune e diffuso. Vi saluto augurandomi di incontrarvi numerosi al prossimo Congresso Nazionale che si svolgerà a Bari, che è anche la città in cui vivo, dall’8 al 10 ottobre. Sicuramente il Presidente, Professor Carlo Catassi, ed il Consiglio Direttivo della SIGENP, insieme agli organizzatori locali, Ruggiero Francavilla e Flavia Indrio, ci avranno preparato un evento stimolante sul piano scientifico e culturale. Posso poi assicurarvi che Bari saprà sorprendervi con le sue miti temperature ottobrine, con la sua capacità di accogliere, con la bellezza del suo borgo antico. Buona vita a tutti e buona lettura. 94 a cura di Mariella Baldassarre TOPIC HIGHLIGHT Prevenzione della malattia celiaca: luci oppure ombre? Prevention of celiac disease: light or darkness? Introduzione M. Luisa Mearin Manrique è una delle maggiori esperte a livello europeo della malattia celiaca. È nata a Madrid, ma ha svolto parte della sua formazione professionale in Olanda, dove risiede da molti anni. Ha una lunga esperienza nella diagnosi e nel trattamento dei bambini con malattia celiaca, con l’ambizione di migliorarne la salute e la qualità della vita. Le sue origini spagnole sono magnificamente emerse durante uno strepitoso flamenco ballato durante la serata finale dell’ultimo congresso ESPGHAN, tenutosi ad Amsterdam. Durante lo stesso Congresso ho potuto chiacchierare un po’ con lei … Ne è scaturita l’intervista che leggerete in queste pagine. 1) La diagnosi di malattia celiaca in età pediatrica è triplicata negli ultimi 20 anni. Qual è il motivo di questo aumento di incidenza? Ci sono differenze razziali? Ci sono due possibili spiegazioni relative all’aumento nella diagnosi di malattia celiaca in età pediatrica. La prima è la maggiore consapevolezza dei pediatri, perché è stato realizzato negli anni un importante percorso di educazione sanitaria sulla malattia celiaca: i pediatri hanno imparato a sospettarla più spesso ed a riconoscerla meglio. La seconda è che ci sia un aumento effettivo della malattia celiaca nella popolazione. Alcuni autori finlandesi hanno sottoposto a screening, dosando gli anticorpi antitransglutaminasi, due coorti di sieri di pazienti in età pediatrica, una delle quali recente e una che invece risaliva a vent’anni prima. Hanno evidenziato un aumento di incidenza di celiachia nella coorte recente. È difficile spiegare perché si sia verificato questo, ma è ipotizzabile un cambiamento nei fattori ambientali, dal momento che i geni non cambiano così rapida- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:95-97 M. Luisa Mearin Manrique si è laureata in Medicina presso L’Università Autonoma di Madrid (1972-1979) e dopo aver conseguito il dottorato di ricerca presso il Laboratorio di Gastroenterologia della “Leiden University Medical Center (LUMC)”, si è specializzata in Pediatria presso la stessa Università nel 1987. Dal 1994 è direttore dell’Unità di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria presso la LUMC e dal 1999 Professore Associato di Pediatria nella stessa Università. Dal 2003 è Direttore del Programma di Formazione in Gastroenterologia pediatrica della LUMC e della Libera Università di Amsterdam. M. Luisa Mearin è attivamente impegnata nella ricerca sulle malattie gastrointestinali nell’infanzia, in particolare sull’epidemiologia, immunologia, genetica, trattamento, prevenzione, complicanze e qualità della vita nella malattia celiaca. È autrice di moltissime pubblicazioni inerenti tale argomento su riviste internazionali. Key words Celiac disease • Screening • Prevention • Glutenfree-diet Abstract Pediatric celiac disease diagnoses tripled in 20 years for the awareness of the pediatricians, and for an actual increase of celiac disease in the population due to different factors (infections, more gluten consumption, different kind of gluten). The children must be screened (secondary prevention) very early, perhaps at two-three years of age, to avoid complications of celiac disease (tertiary prevention). At this moment, primary prevention of celiac disease is not possible. Indirizzo per la corrispondenza M. Luisa Mearin Manrique Pediatric Gastroenterologist Associate Professor Leiden University Medical Center (LUMC) Department of Pediatrics PO Box 9600; 2300 RC LEIDEN; the Netherlands E-mail: [email protected] 95 Intervista alla Prof. M. Luisa Mearin Manrique mente. Si può pensare alle infezioni, al maggior consumo di glutine, alle modifiche del glutine stesso realizzatesi nell’agricoltura. Sicuramente una combinazione dei due fattori (maggiore diagnosi/aumento reale dell’incidenza di malattia) spiega l’aumento delle diagnosi di celiachia in età pediatrica. 2) Quali bambini dovrebbero essere sottoposti a screening per malattia celiaca? A quale età? Tutti i bambini dovrebbero essere testati. Ora sappiamo che non possiamo effettuare una prevenzione primaria della malattia celiaca, come dimostrato dagli studi “Celiprev” in Italia e “Preven-cd” in Europa, modulando il modo ed il tempo di introduzione del glutine nell’alimentazione dei bambini. Dobbiamo allora lavorare per la prevenzione secondaria, che è rappresentata dallo screening. Idealmente ci dovrebbe essere uno screening di massa. È più difficile capire a che età attuare lo screening. Non credo che abbiamo informazioni sufficienti al momento per dare una risposta conclusiva. La mia opinione personale è che i bambini devono essere sottoposti a screening molto precocemente per due ragioni: la prima ragione è che proprio gli studi sulla prevenzione che ho citato prima ci hanno dimostrato che la celiachia ha un esordio precoce. La malattia inizia a dare segni di sé a tre anni di età in circa il 50% dei bambini provenienti da famiglie con parenti di primo grado celiaci. La seconda ragione è stata dimostrata da uno studio effettuato in Olanda, in cui gli autori hanno sottoposto a screening i bambini all’età di sei anni, dimostrando che già a questa età i bambini che risultano positivi allo screening presentano una più bassa statura e sono già significativamente affetti da osteoporosi. Per evitare questi danni è quindi necessario lo screening prima dei sei anni, magari proprio a due-tre anni di età. 3) Sensibilità al glutine non-celiaca: il glutine è davvero il responsabile? Chi può dirlo? Si tratta di una entità patologica che stiamo ancora cercando di definire bene. La prima domanda da porsi è se si tratti davvero 96 di una malattia. Io penso di sì. Esiste un certo numero di persone, che non hanno la malattia celiaca, ma che non si sentono bene se mangiano glutine. Essi sono spesso familiari di pazienti celiaci. È difficile distinguerli da persone con celiachia o intolleranza ai “Fodmaps” (Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols” cioè oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi fermentabili e polioli. Si tratta di carboidrati a catena corta assorbiti in modo incompleto nel tratto gastro-intestinale e che possono dare adito a stati di fermentazione nell’intestino, causando irritazione, gas, gonfiore addominale, diarrea e costipazione, ndr). Quando qualcuno ci riferisce di non sentirsi bene quando assume glutine, dobbiamo essere certi che non sia affetto da celiachia o da allergia al grano. Quando abbiamo con assoluta certezza escluso queste due condizioni, possiamo prescrivere una dieta priva di glutine. Questo è un approccio molto pratico, ma utile in questo momento. Le ricerche in atto dovrebbero sforzarsi di eseguire ottimi studi randomizzati e di trovare marcatori biologici per diagnosticare questa malattia, perché al momento non esiste un test per la diagnosi. 4) Cosa sappiamo al momento sulla prevenzione della celiachia? Cos’è che invece ancora non sappiamo? In questo momento sappiamo con assoluta certezza che non possiamo impedire l’insorgenza della celiachia. Non abbiamo la possibilità di attuare una prevenzione primaria ma abbiamo la prevenzione secondaria, cioè lo screening, e la prevenzione terziaria, cioè il corretto trattamento. Il trattamento con la dieta priva di glutine può essere considerato prevenzione terziaria, perché consente di prevenire le complicanze della celiachia. Se i risultati sulla nutrizione precoce in questo momento non sono positivi, forse ci sono altre possibilità da esplorare: dare per esempio maggiori o minori quantità di glutine o introdurre il glutine in modo differente. Un altro aspetto da considerare è la vaccinazione. Sono in corso alcuni studi in Australia, in cui ai celiaci vengono somministrati piccoli peptidi derivati dal glutine, non esattamente per la pre- TOPIC HIGHLIGHT Malattia celiaca e prevenzione venzione ma per il trattamento della malattia celiaca. È stato dimostrato che questo trattamento funziona nella terapia della celiachia e potrebbe funzionare anche come trattamento preventivo. Voglio sottolineare che anche l’allattamento al seno non impedisce l’insorgenza della celiachia. È importante dire alle madri che l’allattamento al seno rappresenta il miglior nutrimento per un bimbo ma non aiuta a prevenire la celiachia, pertanto una madre celiaca, o con un altro figlio celiaco, non deve sentirsi in colpa se non può allattare al seno il proprio bimbo appena nato. mai sostituire la dieta senza glutine ma potrebbe aiutare in alcune situazioni, quando si ritiene che un paziente possa essere a rischio per l’introduzione del glutine, contribuendo ad evitarne il contatto. Bibliografia di riferimento Catassi C, Fasano A. Coeliac disease. The debate on coeliac disease screening - are we there yet? Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2014;11:457-8. Lionetti E, Castellaneta S, Francavilla R, et al. SIGENP Working Group on Weaning and CD Risk. Introduction of gluten, HLA status, and the risk of celiac disease in children. N Engl J Med 2014;371:1295-303. Lohi S, Mustalahti K, Kaukinen K, et al. Increasing prevalence of coeliac disease over time. Aliment Pharmacol Ther 2007;26:1217-25. 5) Ci sono nuovi farmaci per la terapia? Ci sono moltissime ricerche in corso. Considerando le varie possibilità, penso che la terapia enzimatica sia forse la scelta migliore. Gli enzimi utilizzati scindono il glutine prima che arrivi al duodeno. Vi è ancora un lungo cammino per arrivare alla fase IV, cioè alla sperimentazione clinica, ma i ricercatori stanno facendo uno sforzo per accelerare i tempi. Questa terapia non potrà Plugis NM, Khosla C. Therapeutic approaches for celiac disease. Best Pract Res Clin Gastroenterol 2015;29:503-21. Vriezinga SL, Auricchio R, Bravi E, et al. Randomized feeding intervention in infants at high risk for celiac disease. N Engl J Med 2014;371:1304-15. • La diagnosi di malattia celiaca in età pediatrica è triplicata negli ultimi 20 anni per una maggiore capacità di diagnosi da parte dei pediatri e per un reale aumento dell’incidenza. • Al momento attuale tutti gli studi hanno dimostrato che non è possibile la prevenzione primaria della malattia. Allatta- mento al seno ed età di introduzione del glutine non hanno alcun ruolo in tal senso. • Lo screening andrebbe esteso a tutti i bambini e andrebbe effettuato prima dei 5 anni di vita, per evitare l’insorgenza precoce di osteoporosi ed il ritardo di crescita. • Le nuove terapie, ancora in corso di studio, in particolare la terapia enzimatica, sono molto promettenti per quanto riguarda l’efficacia ma non potranno probabilmente mai sostituirsi del tutto alla dieta priva di glutine. 97 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW a cura di Osvaldo Borrelli Il trapianto fecale nelle patologie acute e croniche gastrointestinali Fecal microbiota transplantation in acute and chronic gastrointestinal diseases Valentina Giorgio1 (foto) Gianluca Ianiro2 Anna Galimberti1 Piero Valentini1 Giovanni Cammarota2 Antonio Gasbarrini2 UOC di Pediatria, Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente, del Bambino e dell’Adolescente, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Roma; 2 UOC di Medicina Interna, Gastroenterologia e Malattie del Fegato, Dipartimento di Scienze Mediche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Roma 1 Key words Gut microbiota • Clostridium Difficile infection • Fecal microbiota transplantation Abstract Fecal microbiota transplantation (FMT) involves the implantation of faeces taken from a healthy donor to a patient, in order to treat a specific disease. It was shown that FMT is an effective treatment of recurrent Clostridium Difficile infection (CDI). It is currently considered a promising therapeutic strategy for several pathological conditions associated with an imbalance of the intestinal flora. To optimize the transplantation of fecal microbiota and its effectiveness, future efforts should include the definition of specific protocols for each disease, the application of new techniques for the study of the composition of the microbiota (for example metagenomics techniques) and the development of large, welldesigned, randomized controlled studies. Indirizzo per la corrispondenza Valentina Giorgi largo Agostino Gemelli 8, 00168 Roma E-mail: [email protected] 98 INTRODUZIONE Il ruolo della flora batterica intestinale L’organismo umano è abitato da un numero enorme di microbi; la maggioranza di essi si trova nel tratto gastrointestinale e costituisce il microbiota intestinale 1. Il microbiota non è una semplice riserva di microorganismi, bensì deve essere considerato come un vero e proprio organo 2. La composizione del microbiota intestinale non è ancora completamente nota. I batteri sono i componenti principali della flora intestinale umana: Bacteroidetes e Firmicutes sono i phyla più rappresentati 3, 4, gli altri costituenti sono Archaea, Virus, Funghi e Protozoi 4. La maggior parte della “comunità microbica” che risiede nel nostro intestino non è coltivabile attraverso le tecniche microbiologiche standard. Studi di metagenomica, attualmente in corso in diversi centri di ricerca, stanno dando un contributo fondamentale alla comprensione della composizione del microbiota intestinale, sia in condizioni fisiologiche che patologiche 5. Il microbiota intestinale è coinvolto in numerose funzioni dell’organismo umano che comprendono lo sviluppo e la modulazione dell’immunità locale e sistemica, oltre alla regolazione di diverse vie metaboliche; svolge, inoltre, un’azione di barriera contro gli agenti esogeni che transitano nell’intestino 6. Numerose evidenze scientifiche suggeriscono che la disregolazione dell’omeostasi della flora intestinale può portare allo sviluppo sia di patologie digestive che extradigestive, tra cui la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) 7, le malattie infiammatorie intestinali (IBD) 8, il cancro del colon 9, le infezioni gastrointestinali 10, la steatosi epatica non alcolica 11, 12, il diabete, l’obesità, la sindrome metabolica 13, 14 e le allergie 15. In teoria, la ricosti- Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:98-102 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW Trapianto fecale in età pediatrica tuzione di una flora intestinale “sana” rappresenta un valido approccio per la gestione delle malattie legate alla disregolazione del microbiota. Antibiotici, probiotici e prebiotici sono attualmente le opzioni terapeutiche più utilizzate. Il FMT ha già dimostrato indubbia efficacia nella gestione della infezione ricorrente da C. difficile (CDI) ed è anche considerato una strategia terapeutica promettente per altre malattie associate allo squilibrio della flora intestinale. Trapianto di microbiota fecale: cenni di storia Il FMT è l’infusione di feci da un donatore sano a un ricevente malato per la cura di una specifica patologia. L’uso di FMT in campo medico e veterinario è stato segnalato fin dall’antichità 16, 17, ma la prima documentazione clinica risale al 1958, quando Eiseman e la sua equipe chirurgica del Colorado hanno trattato con clisteri di feci un piccolo numero di soggetti con colite pseudomembranosa come terapia di salvataggio 18. Da allora sono state descritte diverse serie di casi sul FMT nella gestione delle CDI ricorrenti 19. La considerazione di FMT come un vero trapianto d’organo, invece che come una semplice infusione di feci, ha fornito le basi teoriche per testare il FMT anche in altre malattie legate al microbiota intestinale con risultati promettenti 20, 21. Obiettivo L’obiettivo di questo articolo è stato quello di eseguire una revisione della letteratura sul FMT, allo scopo di fornire una valutazione globale dell’efficacia e della sicurezza del trapianto di microbiota fecale, utilizzato come terapia clinica per varie malattie e condizioni pre-cliniche gastrointestinali METODOLOGIA Sono stati inclusi in questa revisione tutti gli articoli disponibili su MEDLINE in lingua inglese, inerenti all’efficacia clinica e alla sicurezza di FMT utilizzato come terapia clinica in soggetti umani. Questi studi hanno incluso studi randomizzati controllati (RCT) che hanno comparato il FMT con la terapia medica standard, con placebo o con nessun intervento, studi osservazionali compresi gli studi caso-controllo, studi di coorte e case-series (numero di pazienti trattati maggiore di uno). Le parole utilizzate per la ricerca sono state le seguenti: feces, stool o microbiota, combinati con transplantation, donor, donation, therapy, infusion, bacteriotherapy. La ricerca è stata limitata alle condizioni cliniche e pre-cliniche di tipo gastrointestinale L’efficacia di FMT è stata definita come miglioramento clinico secondo la definizione fornita dagli autori di ciascuno studio. Il miglioramento clinico è stato definito come risoluzione della diarrea nelle condizioni di CDI e, se disponibile, la proporzione di pazienti liberi da recidiva durante il periodo di follow-up, definito come remissione clinica nelle condizioni di colite ulcerosa (UC) e morbo di Crohn (CD), nonché come migliora- mento clinico nella pouchite, nella stipsi e nell’IBS. Sono stati riportati anche: la percentuale di pazienti che hanno sperimentato qualsiasi evento avverso (AE), l’esclusione dagli studi a causa di eventi avversi gravi (SAE) e gli eventi avversi potenzialmente associati con il FMT (perforazione, sepsi o batteri emiapost-trapianto e la trasmissione di malattie infettive). RISULTATI Sono stati individuati 1059 studi. 45 di essi hanno soddisfatto i criteri di inclusione e sono stati considerati per questa revisione. Solo 2 di questi studi sono RCT, tutti gli altri sono stati serie di casi o studi retrospettivi. Gli studi sono stati pubblicati tra il 1958 e il 2013. Sono stati sottoposti ad FMT un totale di 1029 pazienti. L’efficacia clinica di FMT è stata valutata in pazienti con: CDI 18, 22, 26 (n = 883), IBD 27 (n = 112), IBS (n = 13), pouchite (n = 8), stipsi 17 (n = 3) e sindrome metabolica 32. L’età dei pazienti inclusi varia ampiamente ed è compresa tra 6 e 94 anni. Il follow-up riportato nei diversi studi è molto variabile: da10 giorni fino ad 8 anni nella CDI, da 12 settimane a 16, 5 anni nelle IBD, da 6 a 18 mesi nell’IBS, intorno a 4 settimane nella pouchite, da 1 a 28 mesi nella stispi e intorno a 6 settimane nella sindrome metabolica. Dei 45 studi inclusi, 2 sono randomizzati (nella CDI e nella sindrome metabolica); in questi, il FMT è stato confrontato rispettivamente con altri farma- 99 V. Giorgio et al. ci o con placebo. Van Nood et al. 33 hanno condotto un RCT in aperto in pazienti con CDI in cui l’infusione di feci dei donatori è stata preceduta da un ciclo breve di vancomicina e lavaggio intestinale, o da un ciclo standard di vancomicina, o da un ciclo standard di vancomicina e lavaggio intestinale. Vrieze et al. 32 hanno condotto uno studio in doppio cieco controllato con placebo che ha confrontato il FMT da donatori magri con il FMT autologo in pazienti maschi affetti da sindrome metabolica. Gli altri 43 studi inclusi sono una serie di casi non controllati, in cui i pazienti sono stati trattati con FMT eseguito attraverso infusione di feci dal tratto gastrointestinale superiore (tubo di infusione attraverso stomaco, duodeno o digiuno, oppure ingestione orale di capsule rivestite contenenti materiale fecale ottenuto dopo centrifugazione di una sospensione di feci dei donatori), oppure attraverso infusioni dal tratto gastrointestinale inferiore (infusione per via endoscopica oppure infusione rettale tramite clisteri). Sono stati utilizzati diversi donatori nei vari studi: i donatori sono in genere scelti tra i componenti della famiglia del ricevente, ad esempio il partner o i parenti di primo grado, oppure sono scelti tra gli amici o, più raramente, sono soggetti sani non imparentati. Per quanto concerne l’efficacia del FMT nelle CDI, in una serie di 33 casi pubblicati l’efficacia del FMT(definita come risoluzione della diarrea) variava dall’87,8% al 90,0% dopo ripetuti FMT. Questo dato di efficacia è paragonabile a quello 100 riportato nell’unico RCT pubblicato sull’argomento che riporta una efficacia del FMT compreso tra l’81% ed il 94%. Una efficacia del FMT > 80% è stata ottenuta, inoltre, in altri studi che hanno incluso pazienti con CDI grave e complicata 25, pazienti ricoverati, pazienti immunocompromessi 24, pazienti con più di 3 episodi di CDI ()e pazienti con sottostante IBD 23. La risoluzione della diarrea e il follow-up libero da recidive (riportato in 21 studi su 34) sono stati dell’80,9% (range dal 46% al 100%). Per quanto riguarda, infine, l’efficacia del FMT nelle IBD, di tutti i pazienti trattati 6 sono stati trattati per CD e 106 per UC; 4 pazienti con UC trattati da Greenberg et al. avevano una CDI concomitante. Tutti i pazienti avevano malattia attiva al momento dell’inclusione con grado di attività variabile da lieve a malattia refrattaria alla terapia. L’estensione della IBD è stata segnalata in 3 studi su 7. Il CD era ileo-colico (n = 3) e limitato al colon (n = 1) nella serie pubblicata da Vermeire et al. 31. Le UC erano per lo più pancoliti 29, 30. La risposta al FMT è stata misurata mediante diversi metodi. Nei pazienti con UC sono stati utilizzati: un questionario dei sintomi pre e post-FMT; il punteggio di Mayo (clinico) 30; il punteggio totale di Mayo 28; il Pediatric UC Activity Index nei bambini 29; l’indice di Powell-Tuck modificato 27. Nel CD sono stati utilizzati due diversi strumenti di valutazione clinica: un questionario pre e post-FMT e il Crohn Disease Activity Index 31. Cinque degli studi inclusi hanno usato l’en- doscopia per la valutazione della risposta mucosale: i pazienti affetti da UC sono stati sottoposti ad endoscopia digestiva subito dopo il trattamento (range da 1 a 90 giorni) 28, 30 o più a lungo termine (da 1 a 198 mesi dopo il FMT) 27. I pazienti con CD sono stati valutati endoscopicamente 8 settimane dopo il FMT 31. In 3 dei 6 studi sulla UC che riportano dati sulla remissione clinica, la percentuale di pazienti che hanno raggiunto la remissione clinica varia dallo 0% al 68% 27, 29, 30. Il miglioramento clinico è stato segnalato nei 6 studi e varia tra il 20% e il 92% 27, 28. Nel CD, 4 pazienti trattati da Vermeire et al. 31 non hanno registrato un miglioramento clinico dopo FMT. Greenberget et al. hanno riportato una riduzione della frequenza delle riacutizzazioni della malattia nel 63% dei pazienti. Inoltre, 1 paziente su 2 con CD trattati ha riportato una diminuzione della frequenza di diarrea. Nei 4 pazienti con CD in cui è stata eseguita un’endoscopia 8 settimane dopo il trattamento, non è stata osservata nessuna guarigione endoscopica 31. Sicurezza del FMT Gli eventi avversi associati a FMT sono stati per lo più auto-limitantesi e si sono verificati spesso poche ore dopo l’infusione. I sintomi intestinali riportati sono stati: gonfiore addominale, flatulenza, eruttazione crampi addominali. Si è trattato per lo più di sintomi IBS-like dopo la clearance delle CDI post-FMT, disturbi addominali, irregolarità dei movimenti intestinali e vomito. In 11 pazienti (tutti trattati CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW Trapianto fecale in età pediatrica per IBD, 3 per CD e 8 per UC) la febbre senza altri sintomi clinici o segni di sepsi è stata segnalata durante e fino a un giorno dopo il FMT 28-30, 31. Non sono stati identificati gli agenti causali di tali sintomi nelle emocolture eseguite ma è stato osservato un aumento della PCR in alcuni di questi pazienti. La febbre è scomparsa entro 3 giorni in tutti i pazienti. Un paziente adolescente è uscito dallo studio 29. Non è stata registrata nessuna trasmissione di malattie infettive dopo FMT. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE DI RICERCA PER IL FUTURO I risultati esposti suggeriscono che il trapianto fecale è una terapia molto efficace nel trattamento delle CDI con tassi di risposta fino al 90% nella risoluzione della diarrea. Questo dato è stato confermato anche nell’unico studio randomizzato ad oggi disponibile che dimostra che le CDI si risolvono nell’81-94% dei casi dopo FMT. Tutti gli studi inclusi hanno riportato peraltro una efficacia di FMT > 50%, anche in pazienti immunocompromessi, gravemente malati e anziani, nei quali l’efficacia del trattamento di CDI con sola vancomicina non superava il 31% 33. Risultati analoghi sono stati ottenuti se l’infusione di materiale fecale veniva praticata nel tratto gastrointestinale superiore, nel colon o per ritenzione rettale tramite clistere. Gli studi disponibili sul FMT in UC hanno riportato tassi di remissione compresi tra lo 0% e il 68%. Il miglioramento clinico varia tra il 20% e il 92% ma è stato misurato utilizzando cinque diverse scale in sei studi. L’alto tasso di risposta del 92% riportata da Borody et al. 27 è un dato da considerarsi eccezionale, e lo studio eseguito è retrospettivo ed è soggetto a numerosi bias di selezione. Non è stato osservato nessun beneficio clinico di FMT in pazienti affetti da CD, sulla base dei dati ottenuti sui 6 pazienti riportati in letteratura. Risultati positivi sono stati ottenuti, invece, in una piccola serie di casi affetti da stipsi cronica (3 pazienti trattati) e in una serie di pazienti con IBS (risoluzione o miglioramento dei sintomi nel 70% di 13 pazienti). Il FMT non ha portato a remissione clinica 8 pouchiti croniche refrattarie, ma in 2 pazienti è stata osservata una modifica di sensibilità alla ciprofloxacina di batteri coliformi dopo trapianto. I FMT sono stati accompagnati da sintomi gastrointestinali lievi ed auto-limitanti nella maggior parte dei pazienti. Dati più robusti sul FMT saranno disponibili nei prossimi 2-3 anni. Attualmente sono in corso numerosi studi sull’argomento, di cui molti sono trial randomizzati controllati. Presso il nostro centro viene attualmente effettuato il FMT attraverso colonoscopia secondo un protocollo standard (34): abbiamo ottenuto dati estremamente incoraggianti nelle CDI, e il trapianto delle feci del donatore per via colonoscopica sembra ottimizzare la strategia di trapianto nei pazienti con colite pseudomembranosa. In conclusione, il FMT sembra essere molto efficace nelle CDI, e sembra essere una promettente terapia nella UC. Per quanto riguarda il CD, la stipsi cronica, la pouchite e l’IBS, i dati sono ancora troppo limitati per trarre conclusioni. Inoltre, il FMT viene attualmente eseguito secondo protocolli terapeutici non ancora standardizzati e, nonostante l’assenza di complicazioni infettive nei 1029 pazienti studiati, è necessario mantenere una vigile sorveglianza degli eventi avversi. Nuovi studi randomizzati controllati sull’efficacia a lungo termine del FMT, nonché la diffusione di dati traslazionali sull’impatto della modulazione del microbiota dei pazienti sottoposti ad infusioni di feci, sono ad oggi ancora necessari. Bibliografia Bäckhed F, Ley RE, Sonnenburg JL, et al. Host-bacterial mutualism in the human intestine. Science 2005;307:1915-20. 2 Turnbaugh PJ, Ley RE, Hamady M, et al. The human microbiome project. Nature 2007;449:804-10. 3 Qin J, Li R, Raes J, et al. A human gut microbial gene catalogue established by metagenomic sequencing. Nature 2010;464:59-65. 4 Lozupone CA, Stombaugh JI, Gordon JI, et al. Diversity, stability and resilience of the human gut microbiota. Nature 2012;489:220-30. 5 Zoetendal EG, Rajilic-Stojanovic M, de Vos WM. High-throughput diversity and functionality analysis of the gastrointestinal tract microbiota. Gut 2008;57:1605-15. 6 Sekirov I, Russell SL, Antunes LC, et al. Gut microbiota in health and disease. Physiol Rev 2010;90:859904. 7 Simrén M, Barbara G, Flint HJ, et al. Intestinal microbiota in functional bowel disorders: a 1 101 V. Giorgio et al. Rome foundation report. Gut 2013;62:159-76. 8 Manichanh C, Borruel N, Casellas F, et al. The gut microbiota in IBD. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2012;9:599-608. 9 Zhu Q, Gao R, Wu W, et al. The role of gut microbiota in the pathogenesis of colorectal cancer. 2013;34:1285-300. 10 DuPont AW, DuPont HL. The intestinal microbiota and chronic disorders of the gut. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2011;8:523-31. 11 Aron-Wisnewsky J, Gaborit B, Dutour, et al. Gut microbiota and non-alcoholic fatty liver disease: new insights. Clin Microbiol Infect 2013;19:338-48. 12 Dhiman RK. 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Safety, tolerability, and clinical response after fecal transplantation in children and young adults with ulcerative colitis. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013;56:59730. 30 Kump PK, Gröchenig HP, Lackner S, et al. Alteration of intestinal dysbiosisby fecal microbiota transplantation does not induce remission in patients with chronic active ulcerative colitis. Inflamm Bowel Dis 2013;19:2155-65. 31 Vermeire S, Joossens M, Verbeke K, et al. Pilot study on the safety and efficacy of faecal microbiota transplantation in refractory crohn. Gastroenterology 2012;142: P7160, S-360. 32 Vrieze A, Van Nood E, Holleman F, et al. Transfer of intestinal microbiota from lean donors increases insulin sensitivity in individuals with metabolic syndrome. Gastroenterology 2012;143:913-6. 33 vanNood E, Vrieze A, Nieuwdorp M, et al. Duodenal infusion of donor feces for recurrent Clostridium difficile. N Engl J Med 2013;368:407-15. 34 Cammarota G, Masucci L, Ianiro G, et al. Randomised clinical trial: faecalmicrobiota transplantation by colonoscopy vs. vancomycin for the treatment of recurrent Clostridium difficileinfection. Aliment Pharmacol Ther 2015;41:835-43. • Il microbiota intestinale ha un ruolo importante nella omeostasi di tutto l’organismo. • Il trapianto fecale è efficace nel trattamento della colite da Clostridium Difficile (CDI). • Al momento sono necessari altri studi più estesi per definire meglio il ruolo terapeutico del trapianto fecale in altri disturbi gastrointestinali. 102 PEDIATRIC HEPATOLOGY a cura di Francesco Cirillo Le porfirie acute nel bambino: quando sospettarle, come curarle Diagnosing and treatment of acute porphyrias in children INTRODUZIONE Le porfirie sono un gruppo di rare malattie metaboliche (incidenza europea 0,1-0,22 per milione) conseguenti al difetto di uno degli enzimi deputati alla biosintesi dell’eme. Tale difetto è prevalentemente congenito, più raramente acquisito. Il quadro clinico di ciascuna forma di Porfiria dipende dagli effetti biologici del substrato (precursore non porfirinico e/o porfirinico) che si accumula per effetto dell’alterazione enzimatica 1. In base al tessuto che è sede prevalente del difetto enzimatico, le Porfirie vengono distinte in epatiche o eritropoietiche (Tab. I). Le porfirie epatiche si associano a due possibili sindromi cliniche: crisi neuro-viscerali acute (attacchi porfirici acuti, APA), caratterizzate da quadri clinici severi, attribuiti all’effetto neurotossico di precursori non porfirinici [acido amino-levulinico (ALA) e porfobilinogeno (PBG)] e/o lesioni cutanee da fotosensibilità, associate all’accumulo cutaneo di porfirine [uro-, copro- e protoporfirine]. Le manifestazioni TABELLA I. Classificazione clinica delle porfirie. Porfirie Acute (sintomi neuro-viscerali) Paolo Ventura1 (foto) Stefano Marchini1 Cristiano Rosafio2 Unità Operativa di Medicina Interna 2; 2 Unità operativa di Pediatria; Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche MaternoInfantili e dell’Adulto, Università di Modena e Reggio Emilia; Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, Modena 1 Key words Acute Porphyrias • Acute Intermittent Porphyria • Variegate Porphyria • Hereditary Coproporphyria • Heme Arginate • Heme Abstract Acute porphyrias are complex metabolic diseases due to a defect in the heme synthesis; their diagnosis is made less often than their prevalence justifies. Awareness of multiform clinical presentation is a major point to make the diagnosis, as well as to set up the correct treatment, that is mandatory to prevent the possible life-threatening clinical evolution. Clinical onset of acute porphyrias in childhood is still considered unusual; nevertheless, the increasing rate of diagnosis in last decades makes this concept questionable. Porfiria da deficit di ala-deidratasi (ALAD-P) Porfiria acuta intermittente (PAI) Coproporfiria ereditaria (CPE)* Porfiria variegata (PV)* Porfirie non acute (porfirie cutanee) Porfiria cutanea tarda (PCT) Porfiria epato-eritropoietica (PEE)** Protoporfiria eritropoietica (PPE) Porfiria eritropoietica congenita (PEC) In neretto le porfirie epatiche. * Possono presentare manifestazioni cutanee. **Variante omozigote della PCT. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:103-107 Indirizzo per la corrispondenza Paolo Ventura largo del Pozzo 71, 41124 Modena E-mail: [email protected] 103 P. Ventura et al. cutanee da fotosensibilità (in genere più intense rispetto a quelle delle forme epatiche) sono invece tipiche delle porfirie eritropoietiche. La diagnosi delle diverse forme di Porfiria si basa sul sospetto clinico, unitamente al riscontro in materiali biologici (urine, feci o plasma) di elevate concentrazioni dei suddetti metaboliti (con pattern differente a seconda del tipo di porfiria) e trova conferma nell’analisi genetica 2, 3. LE PORFIRIE ACUTE (PA) Con l’eccezione della porfiria cutanea tarda (pct), tutte le porfirie epatiche sono forme congenite e possono manifestarsi con APA: per questo motivo vengono anche definite porfirie acute (PA) (Tab. I). Nella maggior parte delle PA conclamate, l’attività enzimatica residua risulta inferiore al 50% del normale, a indicare che l’allele mutante si associa a una scarsa attività. Altra caratteristica delle PA è la loro bassa penetranza clinica: solo il 15-20% circa dei pazienti portatori del difetto enzimatico sviluppa APA. Benché si tratti di malattie rare e a trasmissione autosomica dominante, la prevalenza delle mutazioni nella popolazione generale è sufficiente a permettere l’esistenza di forme omozigoti. È opinione diffusa che le forme manifeste di PA in età pre-pubere siano del tutto eccezionali e che, nei casi segnalati, si tratti di condizioni particolari (forme omozigoti o varianti particolari di malattia) 4. Va inoltre ricordato che esistono altre patologie, 104 come la tirosinemia ereditaria o il saturnismo, nelle quali manifestazioni acute del tutto simili a quelle tipiche delle PA si associano ad accumulo di precursori non porfirinici (ALA) 3. Manifestazioni cutanee da fotosensibilità analoghe a quelle osservabili in corso di PA sono descritte in corso di epatopatie colestatiche congenite (es. sdr. di Alagille) o di altre condizioni di insufficienza epatica e/o renale in età pediatrica. L’attacco porfirico acuto La caratteristica clinica di una PA è l’attacco porfirico acuto, caratterizzato da crisi acute (spesso ricorrenti) di severo coinvolgimento neuro-viscerale, la cui espressione sintomatologica è assai variabile e capace di mimare diverse condizioni patologiche: per questa ragione queste malattie rimangono spesso non diagnosticate. Un APA può essere preceduto da alterazioni del comportamento (irrequietezza, insonnia, ansia e irritabilità): i sintomi possono evolvere rapidamente in severa neuropatia acuta, sensitiva e motoria. Gli APA possono svilupparsi nel giro di ore e durare diverse settimane: il sintomo di gran lunga più frequente è la comparsa di intenso dolore addominale, solitamente descritto come “lancinante” dai pazienti e spesso suggestivo di “addome acuto”, anche se i sintomi appaiono spesso sproporzionati rispetto all’obiettività (i segni classici di peritonismo spesso mancano). L’addominalgia si accompagna spesso a manifestazioni gastroenteriche (nausea, vomito, stipsi) e a intenso dolore lom- bo-dorsale, esteso solitamente alla porzione prossimale degli arti. Frequente è pure l’associazione con manifestazioni neurologiche (dalla neuropatia periferica sensitivo-motoria, fino al coma e all’arresto respiratorio); ipertensione arteriosa con ipotensione ortostatica e/o episodi di tachicardia; manifestazioni convulsive e neuropsichiatriche (apatia, depressione o stati confusionali, agitazione psico-motoria, delirium e allucinazioni). Tali episodi, nei portatori del difetto enzimatico responsabile di malattia, spesso sono precipitati da fattori scatenanti (farmaci, alterazioni ormonali, alcol, infezioni, restrizioni caloriche eccessive o condizioni di intenso stress psico-fisico) 5, 6. La porfiria da deficit di ala-deidratasi (ALAd-P) è una rarissima forma autosomica recessiva di PA (descritti circa 10 casi al mondo), che si manifesta con APA 5. La porfiria acuta intermittente (PAI) è la forma di gran lunga più frequente di PA. È considerata una malattia “latente” prima della pubertà, in quanto la maggior parte delle diagnosi viene posta su pazienti adulti. Sono state tuttavia segnalate (con una incidenza in netto aumento nelle ultime due decadi) forme conclamate in età infantile e anche neonatale 7. Sono stati descritti alcuni casi di variante omozigote di malattia, tutti a comparsa entro i primi due anni di vita e associati a quadri neurologici severi, con ritardo mentale e/o psicomotorio, ma senza gli APA tipici delle forme eterozigoti 8. PEDIATRIC HEPATOLOGY Porfirie acute in età pediatrica La coproporfiria ereditaria (CPE) e porfiria variegata (PV) rispetto alla PAI, oltre ad essere più rare, si associano con minore frequenza ad APA. Per entrambe la presentazione prima della pubertà è considerata eccezionale e sono stati descritti solo rari casi conclamati prima degli 8 anni. Oltre alle possibili già descritte manifestazioni neuro-viscerali, entrambe possono presentare anche (o esclusivamente) manifestazioni cutanee da fotosensibilità, tipicamente limitate alle sole aree foto esposte e che possono comparire già in età infantile. Per entrambe sono state descritte forme omozigoti: nel caso della PV vi sono una decina le segnalazioni, soprattutto in Sud Africa (dove la malattia ha una alta frequenza), caratterizzate da sintomatologia cutanea e/o neurologica anche intensa. In questi pazienti tuttavia, sebbene l’attività enzimatica sia assai inferiore a quella delle PV eterozigoti, inspiegabilmente non sono stati riportati APA, anche una volta diventati adulti 4. DIAGNOSI La diagnosi di APA è spesso difficile e dipende in modo significativo dall’attenzione e dall’esperienza clinica del medico: i sintomi di presentazione sono facilmente confusi con quelli di altre patologie ben più comuni (Tab. II). Non esistono sintomi patognomonici di APA e fino al 10% dei pazienti possono presentarsi con manifestazioni diverse da quelle più comuni (dolore addominale); un segno clinico suggestivo può essere l’emissione di urine di colore rosso scuro (“a vino Borgogna”) o che lo diventino dopo breve esposizione alla luce. Oltre ad una anamnesi familiare positiva (parente sintomatico), è molto importante, in presenza di sintomi suggestivi, ricercare possibili fattori scatenanti. A fronte di un sospetto clinico, la diagnosi di APA si basa sul riscontro di una elevata escrezione urinaria di precursori non porfirinici (ALA e PBG). Poiché tale escrezione (specie in caso di PV o CPE) può normalizzarsi a distanza dell’evento critico, la loro determinazione deve essere eseguita contestualmente alla comparsa dei sintomi 3. Posta diagnosi di APA, la definizione del tipo di PA si basa su indagini più fini, comprendenti la determinazione del pattern di escrezione delle porfirine urinarie e fecali, della fluorescenza plasmatica, dell’attività enzimatica (eritrociti, fibroblasti o tessuto epatico) e sull’analisi genetica 1, 3. Diagnosi di porfiria in età pediatrica: problemi specifici I test biochimici in campioni biologici (urine, feci e plasma), specie se eseguiti al di fuori delle fasi critiche, sono considerati di scarso significato prima della pubertà, poiché queste malattie si manifestano di solito dopo i 16 anni 4. L’assunto secondo cui gli APA sono eventi rari nell’infanzia è però oggi oggetto di ampia discussione, stante l’incremento delle segnalazioni in letteratura, per cui tutti i bambini con sintomatologia suggestiva (Tab. II), specie se ricorrente o inspie- gata, dovrebbero essere sottoposti ai test. In particolare, i bambini con lesioni cutanee suggestive di PV e CPE (lesioni eritematoso-bollose, localizzate solo in sedi foto esposte, che tendono a rompersi lasciando erosioni superficiali a lenta guarigione con esiti cicatriziali) possono essere portatori di varianti omozigoti di queste malattie (o di altre gravi forme cutanee). In questi casi i test biochimici risultano fortemente positivi. Da non sottovalutare anche l’assenza di un “range di riferimento” pediatrico. L’analisi genetica rappresenta un test accurato, purché la mutazione identificata in quella famiglia sia nota come “clinicamente rilevante”. Tuttavia ciò non ha valore definitivo nella predittività del suo effetto nel corso della vita; è noto infatti che la maggior parte delle PA (forme eterozigoti), hanno una penetranza clinica assai bassa. Ciononostante, lo screening genetico dei bambini nelle famiglie dei portatori è importante, per ridurre il rischio derivante dalla possibile esposizione a fattori scatenanti 9. Eccetto che in casi particolari (coppie con un figlio con forma PA omozigote), la ricerca genetica prenatale non è indicata. Trattamento Il trattamento specifico di un APA deve iniziare con l’identificazione e la rimozione di qualsiasi potenziale fattore scatenante (stress psico-fisico, restrizione dietetica, infezioni, assunzione di farmaci, etc.). La terapia di un APA si basa sull’infusione endovenosa di Eme [Eme Arginato (Normo- 105 P. Ventura et al. Tabella II. Segni e Sintomi di Attacco Porfirinico Acuto (APA, la percentuale indica la frequenza)* e condizioni cliniche frequentemente “simulate da un APA. APA: segni e sintomi % Addominalgia (severa) 95-97 Nausea, Vomito, Stipsi Tachicardia Ipertensione (diastolica > 85 mmHg) Dolore precordia Ipotensione Iposodiemia (< 120 mEq/L) 48-85 46-52 65-80 38-64 Neuropatia periferica motoria Neuropatia sensoriale Ipo/areflessia Lombalgia Convulsioni Coma Alterazioni del comportamento/ psicosi 8-15 15-22 25-35 40-60 20-28 20-30 20-30 10-20 2-10 Condizioni Cliniche frequentemente “simulate” da un APA Condizioni Condizioni Condizioni Condizioni Condizioni chirurgiche ematologiche gastrointestinali cardiovascolari dismetaboliche o endocrinologiche -Crisi emolitiche -Ileo paralitico - Peritonite - Appendicite acute - Pancreatite - Crisi acuta drepanocitica - Ischemia acuta intestinale - Gastroenterite acuta con vomito - Crisi ipertensive - Feocromocitoma - Tachiaritmie - Sindrome coronarica acuta - Ipoadrenalismo acuto (crisi addisoniana) - SIADH - Ipoparatiroidismo acuto (crisi ipocalcemica) - Iperparatiroidismo acuto e altre condizioni associate a Ipercalcemia 10-40 Condizioni neurologiche e psichiatriche - Sindrome di Guillain–Barrè - Polineuropatie idiopatiche/ autoimmuni - Emicrania - Epilessia - Miopatie acute - Attacco psicotico acuto - Delirium - Attacco di panico * NB Più sintomi possono essere contemporaneamente presenti durante un APA. sang®)], alla dose di 2-4 mg/ kg, una volta al giorno, per 3-4 giorni. L’eme esercita un feedback negativo sull’enzima Alasintetasi, determinando una rapida riduzione dell’accumulo di ALA e PBG: nella maggior parte di casi, l’infusione risolve gli APA nel giro di pochi giorni. Anche il glucosio (infusione di 1.500-2.000 cc /die, soluzioni al 10% o al 20%) ha un effetto simile sull’ala-sintetasi e può 106 essere utile nel trattamento degli APA. L’eme è però dotato di una efficacia assai maggiore ed è raccomandato in presenza di attacchi gravi: in caso di neuropatie importanti, l’utilizzo ritardato dell’eme è stato associato a una più lenta e, a volte, incompleta remissione 6, 10. L’infusione di eme arginato può provocare sovraccarico marziale e complicanze locali (trombosi venosa e trombofle- bite), prevenibili utilizzando un accesso venoso centrale e/o associando l’infusione di eme a quella di albumina 10. Nei pazienti affetti da gravi forme di PA, a rischio di sviluppare sequele renali e neurologiche persistenti, il trapianto di fegato è una opzione terapeutica: nei casi riusciti, esso ha portato a una completa guarigione del disturbo. Non sono però stati descritti casi pediatrici PEDIATRIC HEPATOLOGY Porfirie acute in età pediatrica di PA sottoposti a trapianto. I buoni risultati di alcuni recenti trials sperimentali basati su approcci di terapia genica, stanno fornendo nuove opportunità di trattamento nelle PA, anche nella gestione a lungo termine 6. In conclusione, le PA sono considerate malattie a presentazione inusuale in età pre-pubere; quando manifeste in età pediatrica, di solito sono associate a forme particolarmente gravi (omozigoti o con compromissione funzionale grave). Va però ricordato che le manifestazioni cliniche delle PA (gli APA) sono multiformi e difficilmente distinguibili da quelle di patologie assai più frequenti: la possibilità di una importante sottostima diagnostica di queste malattie in età pediatrica è dunque reale, come suggerito dall’ aumento della frequenza delle diagnosi negli ultimi de- cenni, in virtù di una maggiore attenzione e disponibilità diagnostica. Un APA può essere trattato con successo; se non diagnosticato o trattato in modo inadeguato, può essere letale. Kauppinen R. Porphyrias. Lancet 2005;365:241-52. 5 Cuoghi C, Marcacci M, Ventura P. The acute porphyric attack: a difficult diagnosis for a potential lethal event in emergency medicine. J Emerg Med Trauma Surg Care 2015;1:7-16. 6 Hultdin J, Schmauch A, Wikberg A, et al. Acute intermittent porphyria in childhood: a population-based study. Acta Paediatr 2003;92:562-8. 7 Bibliografia Puy H, Gouya L, Deybach JC. Porphyrias. Lancet 2010;375:924-37. 1 2 Ventura P, Cappellini MD, Rocchi E. The acute porphyrias: a diagnostic and therapeutic challenge in internal and emergency medicine. Intern Emerg Med 2009;4:297308. 3 Ventura P, Cappellini MD, Biolcati G, et al. A challenging diagnosis for potential fatal diseases: recommendations for diagnosing acute porphyrias. Eur J Intern Med 2014;25:497-505. Elder GH. Hepatic porphyrias in children. J Inherit Metab Dis 1997;20:237-46. 4 8 Hessels J, Voortman G, van der Wagen A, et al. Homozygous acute intermittent porphyria in a 7-year-old boy with massive excretions of porphyrins and porphyrin precursors. J Inherit Metab Dis 2004;27:19-27. Roveri G, Nascimbeni F, Rocchi E, et al. Drugs and acute porphyrias: reasons for a hazardous relationship. Postgrad Med 2014;126:108-20. 9 Elder GH, Hift RJ. Treatment of acute porphyria. Hosp Med 2001;62:422-5. 10 • Le porfirie sono malattie metaboliche conseguenti a un difetto enzimatico della sintesi dell’eme. • Il tipo di precursori che si accumula è responsabile della variabilità della presentazione clinica [attacchi neuro viscerali acuti (potenzialmente letali) e/o dermopatie da fotosensibilità]. • Le porfirie acute sono considerate a presentazione eccezionale (attacchi porfirici acuti) in età pediatrica; molti sintomi sono però indistinguibili da quelli di malattie più comuni: la possibilità di una sottostima diagnostica in età pediatrica è reale, come suggerito anche dall’aumento delle segnalazioni negli ultimi anni. • La potenziale letalità dei quadri clinici più gravi di queste malattie, unitamente alla disponibilità di una terapia effi- cace, rende opportuno, in presenza di sintomi compatibili, considerare queste patologie all’interno della diagnostica differenziale anche in ambito pediatrico. 107 PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE a cura di Antonella Diamanti Dieta chetogena: fisiopatologia e indicazioni cliniche Ketogenic diets: pathophysiology and therapeutic implications Arianna Maiorana (foto) Giovanna Cotugno Lucilla Manganozzi Carlo Dionisi-Vici UOC Patologia Metabolica, Dipartimento di Pediatria, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma Key words Ketogenic diet • Epilepsy • Neurodevelopment • Metabolic diseases • Ketones • Dietary therapies Abstract Ketogenic diets (KDs) are established effective treatment diets for refractory epilepsy. Ketone bodies provide an alternative substrate to glucose for energy production and in developing brain also are utilized for biosynthesis of cell membranes and lipids. Anticonvulsive effects are generated by enhancing mitochondrial metabolism and inhibitory neurotransmitter synthesis, increasing the ATP/ADP ratio in brain. In addition to classical KDs with different ketogenic ratios (4:1, 3:1), novel diets such as the MCT diet (MCT), the modified Atkins diet (MAD), and the low glycemic index treatment (LGIT) have emerged. Currently, there is a growing interest in using dietary therapies in conditions other than epilepsy. Indirizzo per la corrispondenza Arianna Maiorana piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma E-mail: [email protected] 108 Definizione La dieta chetogena (DC) è un regime alimentare ad elevato contenuto lipidico e basso contenuto glucidico e proteico, che è stato utilizzato come terapia per l’epilessia refrattaria per circa un secolo e che costituisce il trattamento elettivo in due patologie metaboliche caratterizzate da alterazioni del trasporto e dell’utilizzazione del glucosio, il deficit di GLUT1 e il deficit di PDH. La DC classica è calcolata in un rapporto di grammi di lipidi versus grammi di carboidrati più proteine. È costituita da trigliceridi a lunga catena (LCTs) in rapporto di 3:1-4:1 rispetto a carboidrati più proteine. La DC fornisce un substrato energetico alternativo al glucosio ed ha effetti neuroprotettivi 1. Nell’ultimo decennio l’interesse per la DC è stato sempre maggiore per la sua provata efficacia e per la sua applicazione in diverse patologie. Si è dimostrata efficace nel controllo del peso corporeo e in altre condizioni patologiche con insulinoresistenza come il diabete, l’ovaio policistico e l’acne, oltrechè in varie malattie neurologiche, oncologiche, cardiovascolari, respiratorie e metaboliche 2, 3. Recentemente è stata inoltre utilizzata con successo nel miglioramento dei sintomi muscolari e della cardiomiopatia in pazienti con glicogenosi di tipo III, fornendo una fonte energetica alternativa sotto forma di corpi chetonici 4-6. Nel corso degli anni, alla DC tradizionale si sono aggiunte nuove varianti per migliorare la compliance alimentare dei pazienti sia in età pediatrica che nell’adulto. Sono ad oggi disponibili 4 tipi di DC: la DC classica, la DC con acidi grassi a catena media (MCT), la dieta Atkins modificata (MAD) e la dieta a basso indice glicemico (LGIT) 2, 7 (Tab. I). Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:108-112 PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Dieta chetogena Tabella I. Composizione lipidica, proteica, glucidica e calorica delle diverse diete. Calorie Totali Lipidi Proteine Carboidrati Dieta normale Secondo RDA 30-35% 15-20% 50% Dieta chetogena classica 3:1/4:1 Secondo RDA 90% 7% 3% Dieta Atkins modificata Secondo RDA 60-70% 20-30% 5% (10 g/die) Dieta supplementata in trigliceridi a catena media (MCT) Secondo RDA 90%, di cui 30-60% da MCT (10-45% da LCT) 10% 15-20 % Dieta a basso indice glicemico Secondo RDA 45-60% 20-30% 25-30% (40-60 gr/die IG < 50) Meccanismo d’azione I meccanismi attraverso cui la dieta chetogena provoca una riduzione dell’eccitabilità neuronale sono diversi: la riduzione del rapporto tra carboidrati e proteine rispetto agli acidi grassi riproduce una condizione simile al digiuno, in cui le riserve di glucosio diventano insufficienti per la sintesi di ATP a partire dalla glicolisi e il metabolismo cellulare è ottimizzato, spostando la produzione di energia dalla glicolisi alla betaossidazione degli acidi grassi, con conseguente produzione di corpi chetonici, fonte energetica alternativa per la fosforilazione ossidativa. Inoltre, i corpi chetonici aumentano la concentrazione mitocondriale di acetil-CoA, bypassando il complesso della piruvatodeidrogenasi (PDH); in questo modo, una lieve chetosi provoca gli stessi effetti metabolici dell’insulina senza utilizzarne la via intracellulare. Poiché glucosio e corpi chetonici hanno una Km simile ai trasportatori del glucosio a livello della barriera ematoencefalica (BEE) (Km 5 mM) (costante di MichaelisMenten (Km) è un indice di affinità tra l’enzima e il substrato, ndr), i corpi chetonici possono essere utilizzati come fonte di energia a livello del sistema nervoso quando superano la concentrazione di 4 mmol/L, offrendo una resa energetica migliore rispetto al glucosio (l’ossidazione del 3-idrossibutirrato porta alla formazione di un maggior numero di molecole di ATP). Inoltre, gli astrociti sono in grado di interiorizzare gli acidi grassi liberi attraverso recettori specifici, convertendoli in corpi chetonici che vengono successivamente trasferiti ai neuroni dal trasportatore degli acidi monocarbossilici (MCT) che possiede una Km più bassa (Km 0,5 mM). I corpi chetonici hanno un effetto neuroprotettivo poichè attivano numerose vie metaboliche endogene e programmi genetici che stabilizzano e / o migliorano il metabolismo cellulare, cui conseguono l’aumento della produzione di ATP nel mitocondrio, la stimolazione della biogenesi mitocondriale, la riduzione dello stress ossidativo e la modulazione dell’eccitabilità neuronale per blocco dei ca- nali ionici voltaggio-dipendenti (Fig. 1). Inoltre, nel cervello in via di sviluppo, i corpi chetonici sono costituenti essenziali per la biosintesi delle membrane cellulari e dei lipidi 1. Patologie neurologiche e neuro-metaboliche trattabili La DC si è dimostrata efficace nel trattamento di numerose patologie di seguito elencate 2, 3, 7. Spasmi infantili: la DC è in grado di controllare le forme refrattarie al trattamento antiepilettico di prima scelta. Epilessia mioclonico-astatica (sindrome Doose): una forma di epilessia generalizzata della prima infanzia con elevata frequenza di intrattabilità. Le crisi atoniche con perdita di controllo del capo rispondono rapidamente alla DC. Sindrome di Rett: la DC migliora le convulsioni intrattabili, tuttavia la sua applicazione deve essere individualizzata in considerazione dello scarso accrescimento, frequente in questi pazienti. 109 A. Maiorana et al. Figura 1. Meccanismi neuroprotettivi della DC. I canali KATP-dipendenti a livello dei neuroni sono attivati (aperti) dalla riduzione della glicolisi che si verifica in seguito alla somministrazione della DC, e alla conseguente riduzione del rapporto intracellulare ATP/ADP. L’attivazione di questi canali provoca l’iperpolarizzazione della membrana cellulare, con conseguente riduzione dell’eccitabilità neuronale. Inoltre, gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) forniti dalla DC agiscono sulle cellule neuronali con diversi meccanismi: inibiscono i canali Na + e Ca2+ voltaggio-dipendenti, e insieme ai corpi chetonici, possono attivare canali K2P e potenziare l’attività delle pompe Na+/K+ ATPasi che iperpolarizzano le membrane cellulari. Essi inducono inoltre l’espressione del recettore attivante la proliferazione α del perossisoma (PPARα), che a sua volta induce l’espressione della proteina disaccoppiante la fosforilazione ossidativa 2 (UCP2) che separa il trasporto degli elettroni dalla produzione di ATP e indirettamente diminuisce la produzione dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS). Anche se apparentemente la produzione di energia cellulare sembra essere ridotta, l’espressione cronica di UCP2 nelle cellule neuronali stimola la biogenesi mitocondriale, pertanto in ultima analisi l’ATP cerebrale risulta aumentato, ma parallelamente vi è una ridotta produzione dei ROS con conseguente riduzione della disfunzione mitocondriale provocata dalle convulsioni. Un altro meccanismo neuroprotettivo è l’aumento del tono noradrenergico e della produzione di GABA, con conseguente inibizione dell’eccitabilità neuronale. Infine, anche l’inibizione dell’attività di mTOR nei neuroni provoca un ulteriore effetto anticonvulsivante (da Bough et al., 2007 1, mod.). Sclerosi tuberosa complessa: molti pazienti sono refrattari alla terapia medica e la presenza di tuberi multipli può controindicare il trattamento chirurgico. In questi pazienti, la DC si è dimostrata efficace nel controllo delle crisi. 110 Epilessia mioclonica severa dell’infanzia (sindrome di Dravet): l’epilessia intrattabile è una delle caratteristiche della sindrome di Dravet; numerosi studi suggeriscono che la dieta chetogena può ridurre la frequenza delle crisi, in particolare delle assenze atipiche. Forme specifiche di epilessia: la DC si è dimostrata efficace in casi isolati di: sindrome di Landau Kleffner o afasia epilettica acquisita, sindrome di Lennox Gastaut, assenze epilettiche (qualora la terapia antiepilettica si sia dimostrata parzialmente efficace), panencefalite subacuta sclerosante (PESS), alcuni deficit dei complessi della catena respiratoria mitocondriale (es. malattia di Alpers), epilessia parziale migrante dell’infanzia, epilessia con crisi mioclonico-atoniche, encefalopatia epilettica refrattaria secondaria a convulsioni febbrili (FIRES). Alcuni casi di lissencefalia e di encefalopatia ipossicoischemica hanno mostrato una buona risposta alla DC 2. Deficit di GLUT1: il deficit di GLUT1 è una malattia metabolica caratterizzata da un alterato trasporto del glucosio attraverso la BEE, responsabile di neuroglicopenia, con conseguenti esiti neurologici quali epilessia generalizzata, ritardo dello sviluppo e disturbi del movimento. La malattia può anche manifestarsi con crisi di assenza ad esordio precoce. Lo studio del rapporto glicorrachia/glicemia è il gold standard per la diagnosi e un valore < 0,5 rappresenta la soglia diagnostica. La diagnosi deve essere confermata geneticamente con la ricerca delle mutazioni nel gene SLC2A1. La DC è il trattamento di prima scelta in questa patologia in quanto attraverso i corpi chetonici fornisce una fonte di energia alternativa per il cervello. Le convulsioni tipicamente regrediscono con l’inizio della dieta mentre gli effetti sul ritardo del- PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Dieta chetogena lo sviluppo neuromotorio sono meno evidenti. Bisogna tuttavia considerare che la diagnosi di deficit di GLUT-1 è spesso tardiva, e le sequele neurocognitive potrebbero verosimilmente giovarsi di un inizio più precoce della DC. La supplementazione con trieptanoato di glicerina, un trigliceride di sintesi a catena media a numero dispari di atomi di carbonio con potenziale effetto anaplerotico sul ciclo di Krebs, è oggi in fase di studio come potenziale terapia innovativa per il deficit di GLUT1. Deficit di piruvato deidrogenasi (PDH): la dieta chetogena si è dimostrata efficace come fonte di energia alternativa per il cervello anche nei pazienti affetti da deficit di PDH, una malattia mitocondriale che impedisce la conversione del piruvato, derivato dall’ossidazione del glucosio, in acetilCoA. La patologia è caratterizzata da acidosi lattica, gravi sintomi neurologici e, occasionalmente, epilessia intrattabile. La DC viene utilizzata per produrre acetilCoA dall’acetoacetato bypassando il difetto enzimatico. Alcuni pazienti in DC mostrano esiti neurologici favorevoli. Iperglicinemia non chetotica (NHK): raro errore congenito del metabolismo dovuto al deficit dell’attività del sistema di clivaggio della glicina, caratterizzato da ipotonia, mioclonie ed epilessia farmaco-resistente. La diagnosi biochimica si basa sull’aumento del rapporto glicina liquorale/glicina plasmatica (0,09-0,49 nella NKH classica). Nei casi in cui la terapia farmacologica specifica non consente un controllo della sintomatologia critica, la DC migliora il quadro clinico ed elettroencefalografico con conseguente miglioramento della qualità di vita 8. L’efficacia e la sicurezza della DC vengono valutate mediante: a) riduzione del numero ed intensità delle crisi epilettiche; b) modificazioni EEG; c) valutazione degli aspetti neuropsicologici; d) mantenimento dello stato di chetosi con monitoraggio degli eventuali effetti collaterali; e) compliance dietetica (strettamente legata alla compromissione cognitiva del paziente). Ulteriori indicazioni cliniche Alcuni studi recenti suggeriscono che la DC possa essere utilizzate anche in altre patologie. Queste condizioni includono, oltre ad alcune malattie metaboliche come la glicogenosi di tipo III (Fig. 2), anche autismo, tumori cerebrali, depressione, narcolessia, morbo di Alzheimer, traumi cerebrali, sindrome di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), emicrania, disturbi del sonno, mioclono post-ipossico, danno cerebrale post-anossico e schizofrenia 3, 7. Le glicogenosi sono patologie metaboliche caratterizzate da segni epatici e/o muscolari quali epatopatia, ipoglicemia, cardiomiopatia, intolleranza all’esercizio, debolezza muscolare. Studi recenti hanno dimostrato un’efficacia della DC sui sintomi muscolari di pazienti affetti da glicogenosi di tipo V e VII, e sulla cardiomiopatia ipertrofica nella glicogenosi di tipo III 4-6. Controindicazioni e valutazioni di screening La DC in pazienti affetti da errori congeniti del metabolismo Figura 2. Indicazioni e controindicazioni all’utilizzo della DC nella malattie metaboliche. 111 A. Maiorana et al. ant mechanisms of the ketogenic diet. Epilepsia 2007;48:43-58. Kossof EH, Hartman AL. Ketogenic Diets: new advances for metabolism-based therapies. Curr Opin 2012;25:173-8. 2 3 Veech RL. The therapeutic implications of ketone bodies: the effects of ketone bodies in pathological conditions: ketosis, ketogenic diet, redox states, insulin resistance, and mithocondrial metabolism. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids 2004;70:309-19. Valayannopoulos V, Bajolle F, Arnoux JB, et al. Successful treatment of severe cardiomyopathy in glycogen storage disease type III with D,L-3-hydroxybutyrate, ketogenic and high-protein diet. Pediatr Res 2011;70:638-41. 4 Figura 3. Effetti collaterali della DC. Brambilla A, Mannarino S, Pretese R, et al. Improvement of cardiomyopathy after high-fat diet in two siblings with glycogen storage disease tipe III. JIMD Rep 2014;17:91-5. 5 a carico del trasporto o dell’ossidazione degli acidi grassi può causare conseguenze gravissime, anche mortali. La DC può inoltre aggravare i sintomi nei pazienti con porfiria acuta intermittente (Fig. 2). L’incapacità di mantenere una nutrizione adeguata, l’individuazione di foci chirurgici cerebrali causa di epilessia e la mancata compliance familiare costituiscono controindicazioni relative all’utilizzo della DC 7. Effetti collaterali I genitori e gli operatori sanitari dei pazienti in DC devono essere informati degli effetti avversi comuni, occasionali e rari che possono verificarsi in corso di questo trattamento (Fig. 3). La maggior parte degli effetti collaterali sono prevedibili, spesso prevenibili, e solo raramente portano all’interruzione del trattamento 7. Mayorandan S, Meyer U, Hartmann H, et al. Glycogen Storage Disease type III: modified Atkins diet improves myopathy. OJRD 2014;9:196. doi: 10.1186/s13023014-0196-3. 6 7 Kossof EH, Zupec-Kania BA, Amark PE, et al. Optimal clinical management of children receiving the ketogenic diet: recommendations of the International Ketogenic Diet Study Group. Epilepsia 2009;50:303-17. Cusmai R, Martinelli D, Moavero R, et al. Ketogenic diet in early myoclonic encephalopathy due to non ketotic hyperglycinemia. Eur J Ped Neurol 2012;16:509-13. 8 Bibliografia Bough KJ, Rho JM. Anticonvulsiv- 1 • La DC mima una condizione di digiuno promuovendo la chetosi mediante la restrizione dell’apporto di carboidrati e l’au- mento del contenuto lipidico. • La DC fornisce un substrato energetico alternativo al glucosio. • La DC ha effetti neuroprotettivi e anticonvulsivanti. • La DC è indicata in malattie neurologiche, metaboliche, oncologiche, cardiovascolari, respiratorie. • L’effetto neuroprotettivo della DC si esplica attraverso l’ aumento della produzione mitocondriale di ATP, la stimolazione della biogenesi mitocondriale, la riduzione dello stress ossidativo e la modulazione dell’eccitabilità neuronale mediante l’azione sui canali di membrana voltaggio-dipendenti e l’aumento della sintesi dei neurotrasmettitori inibitori. 112 a cura di Barbara Bizzarri TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER La diagnostica allergologica in vivo nel management delle gastroenteropatie eosinofile In vivo allergy tests in the management of eosinophilic gastroenteropathies Le gastroenteropatie eosinofile sono un gruppo di patologie rare, che comprende l’esofagite, la gastroenterite e la colite eosinofila, tutte caratterizzate da intenso infiltrato eosinofilo a livello della mucosa in assenza di altre cause note. L’eziologia delle gastroenteropatie eosinofile non è nota. È ormai indiscusso, però, il ruolo svolto da allergeni inalanti e alimentari come fattori trigger dei processi infiammatori alla base di queste patologie 1, 2. In numerosi lavori si evidenzia come il meccanismo eziopatogenico prevalente sia IgEmediato, con un ruolo fondamentale dei linfociti Th-2 e delle citochine IL-5 e IL-13 da essi prodotte. Nel modello murino, infatti, IL-5 si è dimostrato promuovere l’infiltrazione di eosinofili all’interno della mucosa esofagea; mentre in altri studi in vitro IL-13 aumentava il livello di eotassina-3, la cui concentrazione è correlata con la severità dell’esofagite eosinofila 3, 4. I pazienti affetti da queste patologie presentano, nel 50-80% dei casi, una storia personale e/o familiare di atopia 1, 2. Tuttavia, resta da chiarire il motivo per cui, nonostante l’alta incidenza di sensibilizzazione nei confronti di allergeni alimentari, solo una minima parte di pazienti manifesti nella sua vita fenomeni di anafilassi dopo l’assunzione di tali alimenti. Diverso sembra essere il subset Th2 coinvolto: i pazienti con gastroenteropatia eosinofila e sensibilizzazione di tipo IgE per l’arachide mostrano linfociti Th2 IL-5 positivi, mentre nei pazienti con anafilassi secondaria ad assunzione di arachide i linfociti Th2 IL-5 negativi sono predominanti 5. Anche gli allergeni inalanti hanno un ruolo importante nella patogenesi, in particolare dell’esofagite eosinofila. I pazienti con rinite e/o asma allergici presentano riesacerbazioni della sintomatologia gastrointestinale in concomitanza della stagione pollinica. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato la Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:113-115 Erminia Ridolo (foto) Laura Bonzano Valerie Melli Irene Martignago Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Parma Key words Eosinofilic gastroenteropathy • Eosinophilic esophagitis • Food allergy • Atopy patch test • Skin prick test Abstract The eosinophilic gastroenteropathies are a group of rare disease characterized by an high incidence of atopy (50-80% of all patients). Even though the etiology is not clear, the role of inhalant and food allergens as trigger in the pathogenesis of these group of disease is unquestioned. Skin prick test and atopy patch test are the recommended tests to perform for a correct allergy diagnosis. In vitro test (specific IgE serum assay) is occasionally required. Indirizzo per la corrispondenza Erminia Ridolo via Gramsci 14, 43126 Parma E-mail: [email protected] 113 E. Ridolo et al. presenza di infiltrati eosinofili a livello esofageo in concomitanza con i sintomi respiratori stagionali, anche in assenza di sintomatologia gastrointestinale 6, 7. Data l’elevata incidenza di atopia fra i pazienti affetti da questa patologia e il ruolo causale di alcuni allergeni, lo screening allergologico appare indicato ad ogni nuova diagnosi. L’esecuzione dei test allergometrici in vivo, quali prick test per allergeni inalanti e alimentari e atopy patch test, sono importanti nell’iter diagnostico e terapeutico dei pazienti affetti da gastroenteropatie eosinofile. I risultati combinati di entrambi i test allergometrici consentono l’individuazione dell’eventuale trigger e la conseguente formulazione di un’ adeguata terapia dietetica al fine di ottenere la risoluzione della sintomatologia e la scomparsa degli infiltrati eosinofili a livello mucosale. La sensibilità combinata di entrambi gli esami è del 65-95% e la specificità del 78-90% 8. Tuttavia, l’interpretazione dei test allergometrici non è facile. Il riscontro di una positività a tali test non è sinonimo di allergia, ma il risultato è da interpretare in base alla sintomatologia clinica che il paziente presenta. Tale compito resta a carico dello specialista allergologo. Il primo meccanismo di ipersensibilità da indagare è quello IgE-mediato verso allergeni inalanti ed alimentari, che va verificata attraverso le prove cutanee (skin prick test). Questi test presentano alta specificità 114 e sensibilità e un elevato profilo di sicurezza, essendo raramente causa di reazioni sistemiche. Inoltre, possono essere eseguiti in pazienti di ogni età. I prick test vengono eseguiti solo su cute sana, utilizzando pannelli standardizzati di estratti allergenici, seguendo la tecnica raccomandata dalle linee guida internazionali 9: •porre una goccia degli estratti commerciali contenenti l’antigene inalante o alimentare che si vuole testare, mantenendo una distanza di almeno 2 cm l’uno dall’altro, a livello della faccia volare dell’avambraccio; •pungere la cute con una lancetta sterile con una puntina del diametro di 1 mm attraverso l’estratto, utilizzando una lancetta diversa per ogni allergene testato; •eseguire un controllo positivo con istamina (soluzione di istamina idrocloridrata al 9%) e un controllo negativo con soluzione fisiologica; •attendere 10-20 min per valutare la reazione cutanea. La positività è data dalla comparsa di un pomfo di diametro uguale o superiore al pomfo del controllo positivo (istamina), in genere di diametro ≥ 3 mm. Tuttavia esistono condizioni in cui non è possibile eseguire prick test per l’elevata possibilità di avere falsi positivi o falsi negativi 9. Falsi positivi si possono avere in caso di: •marcata iperreattività cutanea: •reazione “irritante”, per esempio in caso di sanguinamento in sede di passaggio della lancetta; •reazione aspecifica per positività ad un reagente contiguo dovuta al non aver rispettato la distanza minima di 2 cm fra i vari allergeni. Falsi negativi possono essere dovuti, invece, a: •utilizzo di estratti commerciali malconservati o scaduti; •utilizzo da parte del paziente di farmaci che riducono la reattività cutanea: antistaminici, antidepressivi, ansiolitici, corticosteroidi topici utilizzati nell’area in cui si esegue il test; •patologie cutanee e/o sistemiche che diminuiscono la responsività della cute (es. atrofia cutanea diffusa nel paziente anziano); •utilizzo di tecnica errata (assenza di puntura o puntura troppo debole). In questi casi è indicato procedere con il dosaggio di IgE specifiche su siero, utilizzando anche, come indagine di terzo livello, la diagnostica molecolare. Il secondo tipo di meccanismo da indagare è quello cellulomediato di tipo ritardato, che va ad accertare la presenza di reazioni non IgE-mediate ad allergeni alimentari. Il test utilizzato è l’atopy patch test, che si effettua con: •applicazione epicutanea degli apteni da indagare, diluiti con solventi specifici per ogni sostanza e posizionati su appositi dischetti adesivi, definiti patch, a livello della parte superiore del dorso in regione interscapolare; •utilizzo di un controllo negativo (es: vasellina); •applicazione di medicazione occlusiva con cerotto piatto TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER Diagnostica della gastroenteropatia eosinofila in modo da favorire la penetrazione dell’aptene nella cute; •mantenimento in sede per 72 ore. A distanza di 72 ore va eseguita la lettura che consiste nella valutazione delle eventuali reazioni cutanee presenti in corrispondenza delle sedi di applicazione dell’aptene. La reazione cutanea viene valutata secondo una scala qualitativa e quantitativa standardizzata, in modo da garantire una lettura universale al patch test 10. L’area a livello della quale si effettua il test deve essere indenne da lesioni, in modo da garantire che la normale reattività cutanea del soggetto non sia alterata, sia in senso negativo (nel caso di cicatrici), che in senso positivo (nel caso di processi infiammatori attivi, come acne o la DAC) oppure che esistano condizioni che interferiscano con la lettura (per es. ampi tatuaggi). L’esame può essere eseguito solo se sono trascorsi almeno dieci giorni dalla sospensione della terapia con cortisonici topici, per quanto riguarda l’area in cui si applica il patch test, e con farmaci antistaminici e cortisonici per via sistemica. L’allergologo ha un ruolo fondamentale nell’eseguire ed interpretare i test allergometrici e rappresenta una figura importante nella gestione delle patologie gastrointestinali eosinofile, in particolare nella prescrizione di adeguate diete di eliminazione al fine di ottenere una riduzione della flogosi eosinofila e la risoluzione della sintomatologia clinica. Bibliografia Ridolo E, Montagni M, Olivieri E, et al. Eosinophilic esophagitis: which role for food and inhalant allergens? Asia Pac Allergy 2012;2:237-41. 1 2 Pineton de Chambrun G, Desreumaux P, Cortot A. Eosinophilic enteritis. Dig Dis 2015;33:183-9. 3 Mishra A, Hogan SP, Brandt EB, et al. IL-5 promotes eosinophil trafficking to the esophagus. J Immunol 2002;168:2464-9. Zhu X, Wang M, Mavi P, et al. Interleukin-15 expression is increased in human eosinophilic esophagitis and mediates pathogenesis in mice. Gastroenterology 2010;139:182-93. 4 5 Prussin C, Lee J, Foster B. Eosinophilic gastrointestinal disease and peanut allergy are alternatively associated with IL-5+ and IL-5(-) T(H)2 responses. J Allergy Clin Immunol 2009;124:132632. Onbasi K, Sin AZ, Doganavsargil B, et al. Eosinophil infiltration of the oesophageal mucosa in patients with pollen allergy during the season. Clin Exp Allergy 2005;35:1423-31. 6 Fogg MI, Ruchelli E, Spergel JM. Pollen and eosinophilic esophagitis. J Allergy Clin Immunol 2003;112:796-7. 7 Seema S. Aceves Food allergy testing in eosinophilic esophagitis: what the gastroenterologist needs to know. Clinical Gastroenterology and Hepatology 2014;12:1216-23. 8 Bousquet J, Heinzerling L, Bachert C, et Al. Practical guide to skin prick tests in allergy to aeroallergens. Allergy 2012;67:18-24. 9 Becker D. Allergic contact dermatitis. JDDG: Journal der Deutschen Dermatologischen Gesellschaft 2013;11:607-21. 10 • A ogni nuova diagnosi di gastroenteropatia eosinofila è utile eseguire una valutazione allergologica. • I test di primo livello sono gli skin prick test per allergeni inalanti ed alimentari e gli atopy patch test (test in vivo). • Il riscontro di sensibilizzazioni ai test allergometrici non significa manifestazione allergica. • Il profilo di sensibilizzazioni riscontrate è di guida per un corretto iter terapeutico. 115 IBD HIGHLIGHTS a cura di Fortunata Civitelli Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD Role of environmental factors and diet in the pathogenesis of pediatric IBD Marina Aloi (foto) Manuela Distante Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, UOC di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Università “La Sapienza”, Roma Key words Environment • Diet • Inflammatory bowel disease • Smoking • Antibiotic Abstract A rapid increase of the incidence of pediatric IBD is reported worldwide, both in developed and developing countries, suggesting a role of environmental triggers in their pathogenesis. Although a causative role for a specific factor has not been proven, the spread of the “Western” diet, high in fat and protein but low in fruits and vegetables, is regarded by many researchers as a strong candidate, and its influence on gut inflammation is highly hypothesized. Indirizzo per la corrispondenza Marina Aloi viale Regina Elena 324, 00161 Roma E-mail: [email protected] 116 Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, da Inflammatory Bowel Disease), malattia di Crohn (MC) e rettocolite ulcerosa (RCU), sono processi infiammatori del tratto gastrointestinale ad andamento cronico-recidivante. La loro eziopatogenesi, anche se non completamente chiarita, è multifattoriale e coinvolge una complessa interazione tra geni, sistema immunitario, microbiota intestinale e fattori ambientali. Le basi genetiche delle IBD sono state studiate in modo esaustivo tramite studi di associazione genome-wide (in inglese genome-wide association study, o GWAS). Finora, sono stati identificati 163 loci di rischio, la maggior parte dei quali condivisi dalle due malattie 1. Nonostante i geni siano fattori necessari per lo sviluppo delle IBD, diverse evidenze indicano che da soli non sono sufficienti a determinarle, tra queste il basso tasso di concordanza in gemelli monozigoti (10-15% nella RCU e 30-55% nella MC) e i rapidi cambiamenti epidemiologici che hanno caratterizzato le malattie negli ultimi decenni, non spiegabili con paralleli cambiamenti genetici (molto più lenti nella loro estrinsecazione). Sin dalla fine del secolo scorso è stato registrato un aumento significativo dell’incidenza delle due malattie, parallelo ad enormi cambiamenti ambientali verificatisi all’inizio del 20° secolo nei paesi occidentali, tra cui una maggiore igiene personale, l’ampio uso di vaccini e antibiotici e l’introduzione di differenti abitudini alimentari, tra cui l’uso di cibi inscatolati. Più recentemente si è assistito ad ulteriori cambiamenti epidemiologici delle IBD: infatti, sebbene la più alta incidenza sia ancora riportata nei paesi industrializzati, soprattutto Nord America e Europa, paesi come il Giappone, l’India o Hong Kong, in cui tali malattie erano sconosciute fino a pochi decenni fa, hanno visto crescere il numero di casi diagnosticati, in Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:116-120 IBD HIGHLIGHTS Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD concomitanza con l’adozione di un stile di vita occidentale 2. La stessa tendenza è stata osservata in immigrati che si sono trasferiti da paesi in via di sviluppo in quelli occidentali. Questi dati suggeriscono che l’ambiente gioca un ruolo cruciale nel determinismo delle IBD e diversi dati indicano che quanto più precocemente avviene l’esposizione ai fattori ambientali, tanto più il rischio di sviluppare le malattie aumenta. Sebbene a tutt’oggi un singolo trigger ambientale non sia stato definito, numerosi possibili fattori sono stati studiati, tra cui il fumo, la dieta, lo stress, l’igiene, l’allattamento al seno, l’esposizione agli antibiotici, gastroenteriti ricorrenti e altre infezioni contratte in età pediatrica, con risultati variabli (Tab. I). Il principale problema nell’ottenere dati convincenti sul ruolo dell’ambiente nella patogenesi delle IBD proviene dalla difficoltà metodologica di condurre studi in questo campo. Infatti, a causa della bassa incidenza delle malattie, molti studi sono caso-controllo, fornendo un basso livello di evidenza. Inoltre, al fine di determinare una relazione causale tra un fattore ambientale e la malattia, l’esposizione deve precedere lo sviluppo della condizione, deve essere stabilita una relazione causale precisa fra più variabili possibili, e deve essere dimostrata una spiegazione biologica plausibile. Lo scopo di questo articolo è di valutare criticamente i dati sui fattori ambientali descritti in letteratura, con particolare attenzione al ruolo della dieta nella patogenesi delle IBD. Tabella I. Correlazione tra fattori ambientali e rischio di malattia di Crohn (MC) e rettocolite ulcerosa (RCU). Fattore di rischio MC RCU Dieta Acidi grassi omega-6 (n-6) Acidi grassi omega-3 (n-3) Allattamento al seno Proteine animali Fibre Zuccheri raffinati + + Vitamina D - Esposizione ad antibiotici durante l’infanzia + Gastroenteriti ricorrenti + Stress + Fumo + - Appendicectomia + - + - + Antiinfiammatori non steroidei + Contraccettivi orali + Igiene + + = associazione positiva; - = associazione negativa/effetto protettivo + La dieta La diffusione della dieta occidentale è considerata come una possibile spiegazione dell’aumentata incidenza di IBD su scala mondiale. L’influenza della dieta sulla patogenesi delle IBD è stata ipotizzata considerando il suo effetto sulla composizione del microbioma intestinale e sullo stato immunitario a livello mucosale. Diversi componenti alimentari, comunemente presenti nelle diete occidentali, si sono dimostrati inoltre potenzialmente lesivi per la barriera epiteliale 3. Ad esempio, alcuni detergenti ed emulsionanti sono in grado di danneggiare direttamente la barriera mucosale. Il polisorbato 80, un emulsionante presente in diversi prodotti alimentari lavorati, aumenta la traslocazione di E. coli nelle placche del Peyer nella MC. Uno studio giapponese ha di recente identificato una correlazione diretta tra la produzione annuale di emulsionanti alimentari e l’aumentata incidenza di MC in Giappone. Altri studi hanno dimostrato come il glucosio determini un aumento della permeabilità intestinale e modifichi la composizione proteica a livello delle tight junctions della linea cellulare umana Caco-2, con conseguente minore coesione cellulare e danno della barriera intestinale. La gliadina, tossica nella malattia celiaca, è in grado di aumentare la permeabilità intestinale anche in soggetti non celiaci, mediante il legame al recettore epiteliale CXCR3 e il rilascio di zonulina. Il caprato di sodio, acido grasso a catena media, presente nei derivati del latte, 117 M. Aloi, M. Distante aumenta la permeabilità a livello ileale nel ratto e in campioni bioptici ileali di pazienti con MC. Infine, è stato dimostrato un ruolo nell’insorgenza della malattia da parte di alcuni mediatori lipidici con proprietà immunomodulanti e proinfiammatorie. Una seconda linea di ricerca ha indagato la correlazione tra abitudini alimentari e rischio di sviluppare IBD. Un elevato apporto di acidi grassi polinsaturi n-6 (n-6 PUFA), presenti nella carne rossa, nell’olio da cucina e nella margarina, è associato ad un più alto rischio di sviluppare RCU. Al contrario, un elevato consumo di acido docosaesaenoico n-3 PUFA correla negativamente con tale rischio. n-6 e n-3 PUFA sono i precursori degli eicosanoidi, potenti mediatori lipidici con un ruolo chiave nella modulazione dell’infiammazione. Gli eicosanoidi che derivano dagli n-6 PUFA hanno attività proinfiammatoria, mentre quelli derivati da n-3 PUFA sono degli antiinfiammatori. Nel corso degli ultimi decenni un aumento significativo del rapporto n-6:n-3 (~15:1) ha caratterizzato i modelli alimentari occidentali. È interessante notare come in parallelo l’incidenza delle IBD sia aumentata. Oltre agli acidi grassi, un elevato consumo di zuccheri raffinati e proteine sembra essere correlato ad un aumentato rischio di MC. Al contrario, un elevato consumo di frutta e verdura ha un ruolo protettivo sullo sviluppo di MC, mentre non sembra influire sul rischio di RCU. Il ruolo dell’allattamento al seno non è 118 ancora del tutto compreso, anche se una recente review ne ha riportato un modesto effetto protettivo (OR 0,69; 95% CI, 0,51-0,94) 4. Altri fattori, tra cui le vitamine e i micronutrienti, sono stati correlati con il rischio di IBD. Le prove più interessanti derivano dal legame tra i livelli di vitamina D e il rischio di malattia. Un ampio studio condotto recentemente su donne adulte (più di 70000 soggetti) ha dimostrato una relazione tra livelli elevati di vitamina D ed una riduzione del rischio di sviluppare la MC, e, in misura minore, la RCU. L’ipotesi di una relazione tra livelli di vitamina D e rischio di IBD si basa su numerosi dati, tra cui il fatto che le aree geografiche a più alta incidenza di malattia sono quelle con una bassa esposizione solare e che è stato ampiamente dimostrato un ruolo diretto della vitamina D sul sistema immunitario e su processi chiave alla base delle IBD (trascrizione del gene NOD2, autofagia). Ulteriori dati sull’impatto dei modelli dietetici occidentali sul rischio di sviluppare IBD, sono stati pubblicati molto recentemente: una dieta ricca in zuccheri e bevande gassate e povera in verdure è risultata associata ad un maggiore rischio di RCU, mentre non è stata dimostrata alcuna correlazione con il rischio di MC. Al contrario una dieta di tipo “mediterraneo” sembra non aumentare il rischio di malattia 5. È tuttavia importante sottolineare che verificare un rapporto di casualità è estremamente complesso, considerato che molto spesso tali studi sono caso-controllo e retrospettivi. Esistono numerosi fattori confondenti, tra cui la definizione del tipo di dieta e la possibile influenza di altri fattori ambientali. Idealmente, ampi studi prospettici in popolazioni ad alto rischio, con interventi dietetici mirati, potrebbero fornire risultati definitivi. Questi potrebbero essere ulteriormente arricchiti da dati pediatrici, per l’opportunità unica di studiare la risposta immunitaria iniziale e per caratterizzare al meglio le correlazioni genotipo-fenotipo. Il fumo Il fumo ha effetti diversi nelle IBD: aumenta il rischio di sviluppare MC ma non RCU. Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione diretta tra fumo e rischio di sviluppare MC, inoltre tale rischio rimane aumentato nei primi anni dalla sospensione e, in soggetti affetti da MC il fumo peggiora l’andamento in termini di recidive e complicanze. Al contrario, i fumatori hanno un ridotto rischio di sviluppare RCU e, quando affetti dalla malattia, sembrano avere un decorso più mite. I meccanismi alla base di tali differenze rimangono sconosciuti. Recentemente, si è ipotizzato che il fumo di sigaretta possa modulare diversamente il fenotipo e le funzioni delle cellule dendritiche in pazienti con RCU e MC, con conseguente aumento della prevalenza di cellule T CD4 Foxp3 + nei primi, e con uno spostamento dell’equilibrio Th1/Th2 a favore dei linfociti Th1 nei secondi. Sorprendentemente, però, paesi con IBD HIGHLIGHTS Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD un’alta percentuale di adulti fumatori, come la Cina, la Mongolia o il Kenya, hanno una bassa incidenza di IBD, mentre i paesi del Nord-Europa, dove il numero di fumatori è nettamente inferiore, hanno un’alta incidenza di malattia. Gli antibiotici L’ampia diffusione di antibiotici nel XX secolo è coincisa con la comparsa di patologie croniche come le IBD, supportando l’ipotesi di un loro possibile effetto sulla patogenesi di tali malattie. Tali farmaci possono agire causando modifiche permanenti del microbioma intestinale, determinando uno squilibrio dell’interazione fisiologica tra flora batterica, barriera intestinale e sistema immunitario, o, più probabilmente, agendo ad entrambi i livelli. Diversi studi hanno indagato il rapporto tra antibiotici e rischio di IBD. Recentemente un’ampia meta-analisi, che ha valutato 11 studi osservazionali (8 caso-controllo e 3 di coorte), per un totale di più di 7000 pazienti affetti da IBD, ha riportato un lieve aumento rischio di IBD tra i soggetti esposti a qualsiasi antibiotico. L’esposizione a terapia antibiotica è risultata significativamente correlata con la MC (OR 1,74, 95% CI 1,35-2,23), ma non con la RCU (OR 1,08, 95% CI 0,91-1,27). È interessante notare che il rischio era maggiore nei bambini che negli adulti e che, ad un’analisi delle classi di antibiotici associati al rischio di IBD, metronidazolo e fluorochinolonici risultavano le classi con la più alta associa- zione di rischio (sebbene tutte le classi, ad eccezione delle pencilline, risultassero correlate) 6. Alcuni dati suggeriscono che l’età di esposizione sia determinante, probabilmente per una modifica persistente della flora intestinale: l’uso precoce di antibiotici nel primo anno di vita ha una frequenza significativamente maggiore nei bambini con IBD, rispetto ai controlli. Il ruolo di episodi ricorrenti di gastroenterite o di altre infezioni è stato suggerito da alcuni studi. Dati pediatrici suggeriscono una correlazione tra ricoveri per gastroenterite durante l’infanzia e sviluppo di IBD. Tuttavia, altri studi non confermano tali dati, rendendo i risultati su tale argomento ancora inconcludenti. Lo stress Lo stress è stato storicamente identificato come fattore negativo sul decorso delle IBD. Studi su modelli di animali con colite hanno confermato tale dato. I meccanismi alla base di un effetto dello stress sull’andamento della malattia sono diversi, tra cui i possibili cambiamenti nelle interazioni tra microbiota e sistema immunitario, le modifiche dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del rilascio periferico di CRH (Corticotropin-releasing hormone) e l’attivazione delle mastcellule mucosali. Inoltre, le modifiche del tono dell’umore, come i disturbi depressivi, sembrano influire negativamente sull’attività della malattia. Diversi studi hanno tentato di correlare stress e rischio di IBD, tuttavia le differenti defi- nizioni di stress, l’inclusione di gruppi misti di pazienti (per tipo o stadio di malattia) e la presenza di variabili confondenti, rendono difficile l’interpretazione dei risultati. Alcuni dati suggeriscono una correlazione negativa tra stress e sviluppo di IBD, al contrario un recente studio caso-controllo pediatrico, condotto in Danimarca, ha evidenziato come il verificarsi di eventi stressanti nella vita di un bambino, quale il divorzio dei genitori, sia in grado di produrre un lieve incremento nel rischio di IBD (OR 1,7 95% CI 1,0-2,9), insieme ad una serie di altri fattori di rischio ambientali (fattori alimentari, storia familiare di IBD, infezioni gastrointestinali, condivisione della stessa camera da letto, eczema atopico). Conclusioni La conoscenza dei meccanismi patogenetici delle IBD è significativamente aumentata negli ultimi decenni. È ormai ampiamente accettato che queste malattie siano il risultato di un’interazione tra tre fattori chiave: geni, barriera intestinale e ambiente. Nei primi anni del 2000 la ricerca si è concentrata sui primi, con grandi aspettative iniziali e successive delusioni, dato che le conoscenze acquisite non hanno ancora avuto un impatto diretto sulla gestione dei pazienti e sulla storia naturale della malattia. Recentemente l’interesse della ricerca si è sempre più concetrato sullo studio dei fattori ambientali che, qualora identificati, potrebbero essere l’unico elemento del puzzle 119 M. Aloi, M. Distante potenzialmente modificabile. Dati recenti suggeriscono che alcuni componenti alimentari, tipici delle diete occidentali, potrebbero avere un ruolo diretto nella patogenesi delle IBD e alcuni tipi di diete potrebbero aumentare il rischio di sviluppare le malattie. Studi altrettanto recenti suggeriscono un possibile ruolo della dieta anche sul decorso delle malattie. Tuttavia, condurre studi in questo campo è estremamente complesso, in quanto le variabili confondenti sono molteplici e i risultati spesso difficilmente interpretabili. Le ricerche in corso e future, in- centrate sull’interazione tra geni, microbioma e ambiente, forniranno probabilmente nuove conoscenze importanti per comprendere meglio la patogenesi delle IBD e modificarne la storia naturale e la risposta alle terapie. 3 Levine A, Wine E. Effects of enteral nutrition on Crohn’s disease: clues to the impact of diet on disease pathogenesis. Inflamm Bowel Dis 2013;19:1322-9. 4 Barclay AR, Russell RK, Wilson ML, et al. Systematic review: the role of breastfeeding in the development of pediatric inflammatory bowel disease. J Pediatr 2009;155:421-6. 5 Garg M, Lubel JS, Sparrow MP, et al. Review article: vitamin D and inflammatory bowel disease--established concepts and future directions. Aliment Pharmacol Ther 2012;36:324-44. 6 Ungaro R, Bernstein CN, Gearry R, et al. Antibiotics associated with increased risk of new-onset Crohn’s disease but not ulcerative colitis: a meta-analysis. Am J Gastroenterol 2014;109:1728-3. Bibliografia 1 Brant SR. Promises, delivery, and challenges of inflammatory bowel disease risk gene discovery. Clin Gastroenterol Hepatol 2013;11:22-6. Ananthakrishnan AN. Epidemiology and risk factors for IBD. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2015;12:205-17. 2 • La patogenesi delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, da Inflammatory Bowel Disease) è multifattoriale e coinvolge la complessa interazione tra diversi fattori: predisposizione genetica, sistema immunitario, microbiota intestinale e fattori ambientali. • Tra i fattori ambientali, la dieta e gli effetti dei diversi alimenti sul complesso sistema epitelio intestinale-microbiota-immunità sono oggi oggetto di numerosi studi e sembrano correlati al rischio di sviluppare IBD. • Numerosi alimenti sono stati chiamati in causa, tuttavia definire il rapporto di causalità tra i diversi alimenti e la patogenesi di queste malattie è estremamente complesso. 120 CASE REPORT a cura di Mariella Baldassarre Ipertransaminasemia e fegato grasso: una diagnosi molto… “sudata”! Elevation of serum aminotrasferases and fatty liver in an obese child: a very… “sweaty” diagnosis! PRESENTAZIONE CLINICA Leonardo giunge alla nostra osservazione a 11 anni per steatosi epatica. L’anamnesi patologica remota evidenziava nel primo anno di vita un episodio di congiuntivite da Klebsiella oxytocica e micosi ricorrenti, a 12 mesi ripetuti episodi di enterite da Cryptosporidium (“enterite cronica”). Gli accertamenti effettuati a quell’epoca mostravano un deficit dell’immunità cellulo-mediata, con sierologia negativa per HIV. All’età di 3 anni il piccolo iniziava a soffrire di flogosi ricorrenti delle basse vie respiratorie e fino all’età di 6 anni venivano riferiti alvo irregolare, con 3-4 scariche al giorno di feci molli e maldigerite, e scarso acccrescimento ponderale. All’età di 7 anni compariva iperfagia con progressivo incremento di peso, fino a 10 kg/ anno negli ultimi 2 anni. Gli esami di laboratorio mostravano: colesterolo tot. 198 mg/dl; trigliceridi 259 mg/dl; AST 76 UI/L (v.n. 0-37); ALT 187 UI/L (v.n. 0-40); gammaGT 51 UI/L. L’ecografia addominale mostrava un fegato aumentato di dimensioni, a profili arrotondati ed ecostruttura steatosica. Sandra Brusa1 (foto) Maura Ambroni2 Fiorella Battistini2 Pediatria, Ospedale S. Maria della Scaletta, Imola; 2 Centro Regionale Diagnosi e Cura per la Fibrosi Cistica, Ospedale Bufalini, Cesena 1 Key words Hypertransaminasemia • Fatty liver • NAFLD • Cystic fibrosis Abstract We describe the case of an obese 11-year-old boy with dyslipidemia, high serum hepatobiliary enzymes (mostly ALT) and hepatic steatosis at ultrasound, but no evidence of insulin resistance. As the ALT level remained elevated despite lifestyle modification and weight loss, we proceeded to an additional workup to rule out other causes of hypertransaminasemia and fatty liver disease. The final diagnosis was unexpected. ESAME OBIETTIVO Peso Kg 55 (90°percentile); altezza cm 145 (50° percentile); BMI 26 kg/m2 (95° percentile); non acanthosis nigricans; obiettività cardiorespiratoria nella norma; addome globoso, trattabile, con fegato palpabile a 4 cm dall’arcata costale di consistenza aumentata, milza non palpabile. SVILUPPO DEL CASO CLINICO Nel sospetto di NAFLD (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease) abbiamo consigliato dieta ipocalorica, esercizio fisico, assunzione per os di acidi grassi poliinsaturi omega 3. Dopo 6 mesi il bambino Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:121-122 Indirizzo per la corrispondenza Sandra Brusa via Montericco 4, 40026 Imola (BO) E-mail: [email protected] 121 S. Brusa et al. presentava calo ponderale di 5 kg; glicemia 81 mg/dl; insulina 8 microU/ml (HOMA-IR 1,6 - v.n.< 2); colesterolo tot 145 mg/dl; trigliceridi 109 mg/ dl; AST 26 UI/L; ALT 83 UI/L; gammaGT 25 UI/L. Steatosi epatica invariata. IPOTESI DIAGNOSTICHE NAFLD Morbo di Wilson Epatite autoimmune Celiachia/Fibrosi cistica Sviluppo e soluzione del caso clinico a pagina 141 122 NEWS IN PEDIATRIC a cura di Monica Paci GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Quando gli eosinofili invadono l’intestino: terapie tradizionali e nuove immunoterapie dell’esofagite e della gastroenteropatia eosinofila Eosinophilic esophagitis and gastroenteritis: traditional therapy and new immunotherapy INTRODUZIONE Le malattie eosinofile dell’apparato gastrointestinale (GI) (EGID) si dividono in 2 gruppi principali: l’esofagite eosinofila (EoE) e le gastroenteropatie eosinofile (EGE). EoE è la più comune delle EGID associata, per definizione, ad un’infiammazione eosinofila isolata dell’esofago. La sua patogenesi, modalità di diagnosi e trattamento sono ben definite 1, 2. Le EGE costituiscono invece un gruppo di malattie rare, eterogenee e maldefinite sia clinicamente che in termini eziopatogenetici 6-8. Sono diagnosticate se si rileva ipereosinofilia in 1 o più parti dell’apparato gastrointestinale in assenza di una causa nota di eosinofilia 3 (Tab. I). La Diagnosi si basa per lo più su 3 criteri diagnostici 6-8: 1) presenza di sintomi aspecifici gastrointestinali (diarrea, vomito, dolori addominali), 2) infiltrazione eosinofila in uno o più tratti dell’apparato gastrointestinale, 3) esclusione di altre cause di eosinofilia gastrointestinale (malattia infiammatoria cronica, infezioni parassitarie, immunodeficienze primarie) (Tab. II). Antonella Cianferoni Division of Allergy and Immunology, The Children’s Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, Perelman School of Medicine at University of Pennsylvania, USA Key words Eosinophilic esophagitis • Food allergy • Food impaction • Dysphagia Abstract Eosinophilic Gastrointestinal disease (EGID) can involve only the Esophagus (Eosinophilic Esophagitis-EoE) or more parts of the gastroenteric (GI) tract (Eosinophilic gastroenteritis-EGE). EoE, the most common EGID, is a chronic atopic disease triggered by foods and is treated with the use of steroids or diet. EGE are rare, poorly defined and difficult to treat diseases diagnosed if other more common causes of GI hypereosinophilia have been excluded. EPIDEMIOLOGIA EoE La prevalenza dell’EoE, descritta per la prima volta nel 1968 e considerata inizialmente una malattia rara, ha registrato una rapida ascesa dal 2000 in poi, tanto che oggi ha un’incidenza annuale simile a quella della malattia di Crohn nei paesi altamente industrializzati quali USA e Australia 2. L’EoE colpisce maggiormente il sesso maschile e possono esserne colpiti più membri della stessa famiglia (avere un fratello con EoE aumenta il rischio di sviluppare la malattia di circa 80 volte rispetto alla popolazione generale) 2. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:123-129 Indirizzo per la corrispondenza Antonella Cianferoni 3615 Civic Center Blvd Philadelphia, PA 19104-4399, USA E-mail: [email protected] 123 A. Cianferoni TABELLA I. Cause più comuni di ipereosinofilia gastrointestinale. Di tipo secondario (reattive): – Infezioni da elminti e altri parassiti – Reazioni da farmaci – Malattia cronica graft-versus-host – Infiammazioni croniche (e.g., IBD) – Malattie autoimmuni EGE Sono disordini molto rari con un’incidenza da 1 a 30 casi su 100.000 abitanti 3. FIGURA 1. PRESENTAZIONE CLINICA E DIAGNOSI esclusivamente esofagea sono EoE, EoE responsiva a trattamento con PPI e GERD 1. EoE La EoE deve essere sospettata in caso di presenza di sintomi cronici di disfunzione e/o fibrosi esofagea (Fig. 1) non responsivi alla terapia a massimo dosaggio con inibitori di pompa protonica (PPI) (20-40 mg due volte al giorno negli adulti e 1 mg/kg due volte al giorno nei bambini) per 8-12 settimane 2. Il gold standard per la diagnosi è l’esecuzione di un’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) dopo aver effettuato la terapia anti-reflusso con PPI, e si basa sulla presenza di almeno 15 eosinofili (eos)/per campo ad alta risoluzione(High power field, HPF) in almeno una delle 4 biopsie esofagee ottenute in assenza di ipereosinofilia in altre parti del tratto GI 2. L’esofago è l’unico tratto del sistema gastrointestinale a essere classicamente privo di eosinofili in condizioni di normalità 1. Le sole patologie associate a eosinofilia EGE La presentazione clinica varia in base al tratto gastrointestinale interessato, ma le manifestazioni più frequenti sono vomito, diarrea, dolore addominale, perdita di peso o mancato accrescimento dovuto a malassorbimento e perdita delle proteine, sanguinamento franco od occulto, anemia e ittero ostruttivo. Se sono coinvolti gli strati muscolari, dolori addominali, crampi e ostruzione intestinale possono essere i sintomi di presentazione e in rari casi si può avere una perforazione d’organo. Le forme a carico delle sierose sono associate ad ascite e distensione addominale 1, 6, 9. Una lieve eosinofilia nel sangue periferico (< 1500 mm3/ml) è presente nella maggioranza dei pazienti. Questo non sorprende poiché la maggioranza dei soggetti affetti hanno altre manifestazioni atopiche 1, 6, 9. 124 Sintomi tipici della EoE in base all’età. La storia naturale delle EGE rimane a tutt’oggi sconosciuta. Uno studio francese, in cui si sono stati seguiti 43 pazienti trattati per EGE per 13 anni, ha riportato 3 diverse evoluzioni dell’EGE 9, 10: 1.un decorso cronico in cui si alternano periodi di riacutizzazione e remissione della malattia; 2.un decorso progressivo; 3.la remissione (in una percentuale limitata di pazienti). La diagnosi viene fatta con EGDS e colonoscopia che rivelano la presenza di eosinofili in una o più parti dell’apparato gastrointestinale. Uno dei maggiori problemi diagnostici è che, a differenza dell’esofago gli eosinofili sono presenti nel resto del tratto intestinale. Il tratto gastrointestinale è il maggiore organo non emopoietico dove sono contenuti eosinofili in soggetti sani. Gli eosinofili, in assenza di un processo infiammatorio, risiedono nella lamina propria, e sono più numerosi nel cieco e nell’appendice ma i loro valori non GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia esofagite e gastroenteropatia eosinofila NEWS IN PEDIATRIC sono ben definiti, pertanto la diagnosi di eosinofilia patologica diventa più difficile a meno che non sia particolarmente intensa e grave 6-8. Diversi autori hanno usato indicazioni differenti per diagnosticare la EGE, da 20 eos/hpf in un singolo hpf a 30 eos/hpf in almeno 5 hpf, a 80 eos/hpf distribuiti sia in modo diffuso che in aggregati multifocali (con più di 3 hpf) 10. Le EGE vengono poi classificate in base al tratto intestinale coinvolto (gastrite, gastroenterite, colite, proctocolite etc) o in base alla localizzazione degli eosinofili a livello tissutale (serosica, mucosale o muscolare) 10. La forma mucosale è la forma più frequente e la muscolare la più rara 10. Data la rarità di queste malattie, prima di fare diagnosi di EGE, devono essere escluse cause comuni di eosinofilia tissutale quali infezioni parassitarie, malattia infiammatoria intestinale, malattie del connettivo, allergia a farmaci, disordini linfoproliferativi 6-8 (Tab. I). PATOGENESI EoE C’è un accordo generale nello stabilire che, nel caso dell’EoE, gli eosinofili siano una manifestazione di una tipica flogosi atopica per le seguenti evidenze: 1.I pazienti con EoE sono affetti da altre malattie atopiche (rinite allergica, asma, allergie alimentari IgE mediate e/o dermatite atopica) dal 50 al 90% dei casi (a seconda dei diversi studi) 2. 2.L’infiammazione esofagea tipica della EoE ha tutte le caratteristiche della flogosi atopica, cioè è di tipo T helper 2 (Th2) 1. 3.L’epitelio esofageo dei pazienti con EoE è predisposto geneticamente a secernere elevati livelli di linfopoietina timica stromale (TSLP), considerata uno dei principali promotori dell’infiammazione locale allergica 1. 4.L’infiammazione è scatenata da allergeni sicuramente alimentari e molto probabilmente anche ambientali. Nella maggior parte dei pazienti sia adulti che bambini, causa dell’EoE sono gli alimenti, che scatenano un’infiammazione locale eosinofila con un meccanismo non-IgE mediato 1. Latte, grano, uova, soia, carne di manzo e pollo si sono rivelati essere gli alimenti scatenanti in molte popolazioni studiate indipendentemente 1. 5.L’infiammazione cronica porta rimodellamento tissutale e fibrosi esofagea che sono la causa dello sviluppo di stenosi irreversibili e, nei pazienti adulti, oggi l’EoE è la causa più comune di impatto del bolo alimentare 1. 6.Come molte malattie atopiche l’EoE ha un andamento cronico-recidivante, con periodi di remissione ma mai guarigione completa 1. EGE Come per l’EoE la maggioranza dei soggetti con EGE ha altre patologie atopiche. Il fatto però che la maggioranza dei pazienti non risponda al trattamento dietetico, anche quello elementare, fa pensare che la disregolazione degli eosinofili sia dovuta a un’infiammazione Th2 di natura autoimmunitaria più che antigenica, che spiegherebbe anche la resistenza al trattamento steroideo riportata non raramente nelle EGE 6-8. TRATTAMENTO EoE La terapia attualmente considerata standard per la gestione dell’EoE si basa sull’uso di steroidi per sopprimere l’infiammazione (Tab. III) e/o diete di esclusione degli allergeni alimentari scatenanti l’EoE 2. Trattamento tradizionale Steroidi Steroidi orali risolvono rapidamente l’infiammazione esofagea eosinofila 2 (Tab. II). Come in tutte le patologie allergiche, non sono indicati nella gestione a lungo termine della malattia e vengono usati solo per i casi di emergenza, quali disfagia grave, ricovero in ospedale ed importante perdita di peso 2. Corticosteroidi tipicamente usati per via inalatoria, come fluticasone o budesonide, vengono invece somministrati per via orale e dal momento che hanno una bassa biodisponibilità e minimi effetti collaterali sistemici sono considerati “ad azione topica” 2 (Tab. II). È importante che dopo la somministrazione di steroidi per uso topico non venga assunto nessun cibo o bevande per 30 minuti, così 125 A. Cianferoni TABELLA II. Terapia farmacologica. Nome farmaco Dose < 10 anni Dose > 10 anni Max dose Inibitori pompa 6-8 settimane prima di ogni EGD e prolungata se c’è GERD coesistente Omeprazolo 1 mg/kg due volte al dì 1 mg/kg due volte al dì 40 mg due volte al dì Lansoprazolo 1 mg/kg due volte al dì 1 mg/kg due volte al dì 60 mg una volta al dì Esomeprazolo 1 mg/kg due volte al dì 1 mg/kg due volte al dì 40 mg una volta al dì Steroidi Almeno 6-8 settimane prima di ogni EGD di controllo e poi 1-2 anni-necessari talvolta per molti anni Fluticasone 220 mcg due volte al dì 440 due volte al dì 880 due volte al dì Budesonide 1 mg una volta al dì 2 mg una volta al dì 2 mg due volte al dì Steroidi orali 1 mg/kg due volte al dì 1 mg/kg due volte al dì 30 mg due volte al dì da evitare che il farmaco venga diluito o rimosso 2. Dieta Molti studi, sia in adulti che in bambini, hanno dimostrato che specifici alimenti causano la EoE e trattamenti dietetici sono efficaci per indurre una remissione clinica e istopatologica della malattia 2. I tre approcci dietetici usati nel trattamento della EoE sono i seguenti: 1.dieta elementare, cioè una dieta basata solo sull’assunzione di miscele di aminoacidi 2; 2.dieta specifica, in cui si eliminano alimenti specifici sulla base di test allergologici 4; 3.dieta empirica, in cui empiricamente si eliminano i più comuni allergeni alimentari (spesso chiamata eliminazione dei sei alimenti o SFED) 2 (Tab. III). 126 Durata Immunoterapie specifiche nel trattamento della EoE Dal momento che i trattamenti disponibili sono spesso aspecifici ed hanno molti effetti collaterali sono stati studiati trattamenti immunoterapici specifici per la EoE, che per lo si sono rivelati inefficaci o solo parzialmente efficaci. •Anti-Interleuchina (IL-5). IL-5 è la citochina più importante per lo sviluppo e il reclutamento degli eosinofili 1. Due trials clinici in doppio cieco con placebo con due anticorpi anti-IL-5 (Mepolizumab, SB240563, e Reslizumab, Sch55700) non sono risultati efficaci 1. •Anti-Tumor Necrosis Factor a (Infliximab) e Anti-immunoglobuline IgE (Omalizumab): -sono stati sperimentati in un numero estremamente limitato di pazienti e sono risultati inefficaci 1; - Anti-CRTH2 (OC000459). CRTH2 è un recettore altamente espresso sulle cellule tipiche dell’infiammazione Th2 quali linfociti Th2, eosinofili e basofili e determina la chemotassi delle suddette cellule in presenza della prostaglandina D2 (PGD2), specificamente prodotta dai mastociti durante la flogosi allergica. L’anti-CRTH2 (somministrato oralmente) ha indotto un miglioramento clinico e istiopatologico significativo senza provocare effetti collaterali significativi 5. Desensibilizzazione L’immunoterapia orale è un efficace trattamento delle allergie alimentari IgE mediate, ma ha come effetto collaterale frequente l’innesco dell’EoE per cui non viene usata nel trattamento della EoE 1. Nel futuro verranno probabilmente sperimentate terapie specifiche contro altri fat- GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia esofagite e gastroenteropatia eosinofila NEWS IN PEDIATRIC TABELLA III. Terapia dietetica della EoE. Vantaggi Svantaggi Uso Elementare Tutti, alimentazione si basa su formule di aminoacide Cibi eliminati Risoluzione dei sintomi e infimmazione esofagea nella stragrande maggiornza dei pazienti (> 95%) Bassa qualità della vita, isolamento sociale, necessità di somministrazione con tubo gastrico o sondino nasogastrico. Molto costosa • Per indurre rapida remissione in soggetto con patologia grave o resistente ad alter forme di trattamento • Per fare diagnosi di allergia alimentare SFED Latte, uovo, grano, soia, pesci, crostacei, nocciolini, frutti col guscio Efficace nel 70% dei pazienti Facile da prescrivere per il medico non allergologo Altamente restrittiva Impatto nutrizionale e sulla qualità della vita elevato Difficile da seguire per periodi prolungati Inefficace nel 30% dei pazienti • Usata epiricamente specialmente nell’adulto e dal medico non allergologo Mirata con ausilio di test allergologici Latte, grano, uovo, soia, Efficace nell’70-80% carni dei casi Spesso solo 1-2 alimenti vengono eliminate Test allergologici usati non standardizzati (patch test) Richiede l’ausilio dell’allergologo Inefficace nel 20% dei pazienti • Più spesso nei bambini • In pazienti motivate disposti a sottoporsi a molte EGD per trovare allergene responsabile tori chiave della patogenesi dell’EoE quali la linfopoietina timida stromale (TSLP). EGE Data la rarità della malattia non vi sono ampi studi e il trattamento delle EGE si basa per lo più su esperienze su singoli casi 6-8. A differenza della EoE, le EGE in generale non sono malattie molto facili da controllare e c’è una buona percentuale di casi (10-64% a seconda degli studi) che non è responsiva o lo è solo parzialmente a qualsiasi trattamento incluso l’uso di steroidi per via sistemica 9. Anche le forme responsive spesso richiedono la combinazione di 2-3 tipi di trattamento e i pazienti necessitano di ri- petute endoscopie durante il trattamento 9 (Tab. IV). Gli steroidi orali sono i più efficaci ma il trattamento a lungo termine non è auspicabile dati gli effetti collaterali 9, 10. È stato riportato con successo l’uso di steroidi topici quale budesonide viscosa o in capsule 9, 10. Il valore delle diete sia elementare che di esclusione dei più comuni allergeni è stata riportata in studi non controllati ma, sebbene sia risultata efficace in casi selezionati, il suo valore probabilmente è molto limitato 9, 10. Se in uno studio su pazienti pediatrici con gastroenterite eosinofila, la dieta elementare e SFPED si è rivelata efficace nella stragrande maggioranza dei pazienti, soprattutto con malattia limitata allo stomaco, altri studi hanno invece riportato successi molto più limitati (10-20%) senza differenza in efficacia tra bambini ed adulti 9, 10. Le EGE sono occasionalmente responsive al trattamento con PPI, antileucotrieni e stabilizzatori delle cellule mastocitarie 9, 10. Trattamenti con immunoterapia specifica anti-IL5 e altri farmaci biologici non sono riportati in letteratura. Conclusioni L’EoE è una entità clinico-patologica caratterizzata da sintomi di disfunzione esofagea ed eosinofilia limitata all’esofago, in assenza di reflusso acido gastro-esofageo. È caratterizzata da un’infiammazione cellulare 127 A. Cianferoni TABELLA IV. Classificazione EGE. A) Localizzazione tissutale Frequenza Sesso più frequentemente colpito Oragani interessati Frequenza Responsività alla terapia Muscolare + Vomito Diarrea Dolori addominali Malassorbimento Perdita di proteine Sanguinamento Anemia ++ Femminile Maschile Gastrite o gastroduodenite Stomaco or stomaco e duedeno Spesso Esofago è anche colpito + +++ di tipo Th2 spesso scatenata da allergeni alimentari in individui predisposti geneticamente. Ci sono due principali strategie di trattamento clinico clinicamente accettate per EoE: eliminazioni dietetiche e terapia con corticosteroidi. Con l’aumento della nostra comprensione della patogenesi dell’EoE, è logico prevedere che in futuro ci saranno opzioni più specifiche di trattamento per questa malattia che mostra un rapido aumento nella popolazione. Le EGE al contrario sono malattie poco conosciute e rare. Occorre fare un’accurata diagnosi differenziale prima di iniziare il trattamento di queste patologie, che è spesso empi- 128 Mucosale Distensione addominale Ascite Sintomi B) Localizzazione nel tratto gastrointestinale Serosica Gastroenterite Dolori addominali Crampi Ostruzione intestinale Perforzazione +/_ Maschile Ileite Colite Stomaco e diverse parti dell’intestino Ileo (ileo, duodeno, colon) +++ ++ Colon +/-i ++ + ++ rico e richiede terapie multiple. Le EGE hanno un andamento spesso cronico recidivante, poco responsivo alla terapia. Spergel JM, Brown-Whitehorn TF, Cianferoni A, et al. Identification of causative foods in children with eosinophilic esophagitis treated with an elimination diet. J Allergy Clin Immunol 2012;130:461-7. 4 5 Bibliografia Merves J, Muir A, Modayur C, et al. Eosinophilic esophagitis. Ann Allergy Asthma Immunol. 2014;112:397-403. 1 Liacouras CA, Furuta GT, Hirano I, et al. Eosinophilic esophagitis: updated consensus recommendations for children and adults. J Allergy Clin Immunol 2011;128:3-28. 2 Jensen ET, Martin CF, Kappelman MD, et al. Prevalence of eosinophilic gastritis, gastroenteritis, and colitis: estimates from a national administrative database. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2015. [Epub ahead of print] 3 Straumann A, Hoesli S, et al. Antieosinophil activity and clinical efficacy of the CRTH2 antagonist OC000459 in eosinophilic esophagitis. Allergy 2013;68:375-85. Straumann A, Safroneeva E. Eosinophils in the gastrointestinal tract: friends or foes? Acta Gastroenterol Belg 2012;75:310-15. 6 Furuta GT, Forbes D, Boey C, et al. Eosinophilic gastrointestinal diseases (EGIDs). J Pediatr Gastroenterol Nutr 2008;47:234-8. 7 8 Mukkada VA, Furuta GT. Idiopathic eosinophilic disorders of the gastrointestinal tract in children. Best Pract Res Clin Gastroenterol 2008;22:497-509. GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia esofagite e gastroenteropatia eosinofila NEWS IN PEDIATRIC Reed C, Woosley JT, Dellon ES. Clinical characteristics, treatment outcomes, and resource utilization in children and adults with eosino- philic gastroenteritis. Dig Liver Dis 2015;47:197-201. 9 10 Pineton de Chambrun G, Gon- zalez F, Canva JY, et al. Natural history of eosinophilic gastroenteritis. Clin Gastroenterol Hepatol 2011;9:950-956 e951. • L’esofagite eosinofila (EoE) è un’infiammazione eosinofila isolata dell’esofago, a patogenesi, modalità di diagnosi e trattamento definite. • Le gastroenteropatie eosinofile (EGE) costituiscono un gruppo di malattie rare, eterogenee e maldefinite, caratterizzate da infiltrazione di eosinofili in vari tratti dell’apparato digerente. • Nel caso dell’EoE, gli eosinofili sono una manifestazione di una tipica flogosi atopica. Nel caso delle EGE, la disregola- zione degli eosinofili è dovuta ad un’infiammazione T-helper 2 di natura probabilmente autoimmunitaria. • La terapia tradizionale per il trattamento dell’EoE si basa sull’uso di steroidi per sopprimere l’infiammazione e/o diete di esclusione degli allergeni alimentari scatenanti. Sono attualmente oggetto di studio immunoterapie specifiche, rivelatesi parzialmente efficaci. • Gli steroidi orali sono i farmaci più efficaci nel trattamento delle EGE, che tuttavia sono malattie non molto facili da controllare. Sono riportati risultati poco soddisfacenti con il trattamento a base di diete di esclusione. 129 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY a cura di Salvatore Oliva La via “alternativa” per l’alimentazione enterale: gastrostomia e gastrodigiunostomia percutanea endoscopica (PEG e PEGJ) in età pediatrica The alternative choice for enteral nutrition: percutaneous endoscopic gastrostomy and percutaneous endoscopic gastrojejunostomy (PEG and PEGJ) in paediatric age Pietro Betalli (foto) Mara Colusso Maurizio Cheli USC di Chirurgia Pediatrica, Azienda Opsedaliera Papa Giovanni XXIII, Bergamo Key words Percutaneous endoscopic gastrostomy (PEG) • Percutaneous endoscopic gastrojejunostomy (PEGJ) • Enteral nutrition • Children Abstract Percutaneous Endoscopic Gastrostomy (PEG) and its variation Percutaneous Endoscopic Gastrojejunostomy (PEGJ), has become the method of choice to achieve an enteral access route in patients who require long term enteral nutrition. The majority of PEG tubes are placed when poor oral intake is likely to persist for more than 3 months. PEGJ have since been used in children who are deemed too unfit for antireflux surgery or where fundoplication has failed. Such children include those with severe physical and neurological handicap who are at greater risk of surgical and anaesthetic complications and have an increased mortality from respiratory complications associated with gastrostomy tube feeding. Indirizzo per la corrispondenza Pietro Betalli piazza OMS 1, 24127 Bergamo E-mail: [email protected] Introduzione La nutrizione enterale rispetto a quella parenterale è un metodo di alimentazione pratico e facile per tutti quei pazienti che presentano l’apparato gastro-intestinale integro ma che sono incapaci di alimentarsi per via orale. È una pratica sicura, economica e ben tollerata dai pazienti. La maniera più semplice per attuare una NE è rappresentata dall’utilizzo di un sondino naso-gastrico (SNG). Il SNG è scarsamente accettato dai pazienti di età pediatrica ed è utile solo in caso di patologie che necessitano di un supporto nutrizionale di breve durata (< 3 mesi). Periodi superiori facilitano l’insorgenza di complicanze che ne sconsigliano la permanenza; per permettere alle sostanze nutritive di raggiungere comunque il tratto digerente, il confezionamento di una gastrostomia rappresenta una valida e indispensabile alternativa al sondino naso-gastrico. La gastrostomia può essere definita come la creazione di un tragitto fistoloso che mette in comunicazione lo stomaco con la parete addominale in modo da ottenere un accesso diretto al lume gastrico permettendo la somministrazione dei nutrienti alimentari direttamente in stomaco. M.W.L. Gauderer 1 alla fine degli anni settanta, osservò come pazienti pediatrici affetti da gravi patologie (neurolesi) sottoposti ad intervento di gastrostomia chirurgica, fossero più predisposti a sviluppare complicazioni post operatorie gravi. Nel 1980 ideò e applicò in collaborazione con J.L. Ponsky la prima PEG. Nel corso degli anni questa metodica ha subito numerose modifiche che ne hanno facilitato l’utilizzo, rendendo più raro il ricorso alla tecnica chirurgica. PEG La PEG è indicata per tutti i pazienti che hanno la 130 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:130-133 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY PEG e PEGJ in età pediatrica necessità di una nutrizione enterale per un periodo superiore a 3 mesi, dovuta a impossibilità di deglutizione (malattie neurologiche, malformazioni congenite, dismotilità oro-faringea, epidermolisi bollosa), inadeguato apporto calorico (fibrosi cistica, difetti cardiaci congeniti, insufficienza respiratoria cronica), particolari esigenze dietetiche (malattie metaboliche, assunzione di farmaci) e necessità di nutrizione entrale continua (malassorbimento) 2. La tecnica chirurgica della PEG si basa su tre principi fondamentali: •il controllo della zona gastrica dove verrà posizionata la stomia; •la sicurezza nell’evitare danni agli organi vicini; •la possibilità di contatto tra la sierosa gastrica e la parete addominale. Il passo iniziale della manovra consiste nell’endoscopia e nell’insufflazione dello stomaco. Per individuare il punto cutaneo in cui verrà inserita la gastrostomia, si effettua una pressione digitale dall’esterno verso l’interno. Questo punto corrisponde alla zona di luminosità della transilluminazione e rappresenta il punto chiave per poter eseguire con tranquillità una PEG. Viene posizionata quindi un’agocannula che oltrepassa la cute e la parete dello stomaco (Fig. 1). Attraverso l’agocannula viene inserito un filo guida che presenta all’estremità distale un anello, il quale viene afferrato dall’endoscopista con un’ansa per polipectomia. L’endoscopio viene rimosso con l’ansa da polipectomia che afferra il filo guida. La sonda FIGURA 1. Identificazione del corretto punto di inserzione. gastrostomica viene collegata al filo guida che fuoriesce dalla bocca. Si esegue una trazione attraverso l’estremità del filo guida che fuoriesce dalla parete addominale. Attraverso tale manovra la sonda gastrostomica dalla bocca, attraversa l’esofago, si posiziona in stomaco e fuoriesce dalla parete addominale. Essa viene quindi gentilmente trazionata fino a raggiungere la completa aderenza della parete gastrica alla parete addominale (Fig. 2). L’accollamento fibroso che si verifica tra la parete dello stomaco e la parete addominale, permette dopo circa 3 mesi, di sostituire in tutta sicurezza la sonda gastrostomica con un sistema a basso presidio. Presupposto indispensabile per la sua applicabilità è la pervietà esofagea, anche se viene comunque utilizzata in quei casi di stenosi esofagee transitabili dall’endoscopio. Il rischio ele- FIGURA 2. La procedura endoscopica. vato di perforazione esclude i pazienti affetti da varici esofagee. Creare una soluzione di continuità senza danneggiare altri organi addominali è fondamentale; questa procedura non è pertanto praticabile in pazienti gravemente obesi o che presentino un importante epato-splenomegalia. L’interruzione della continuità peritoneale senza la possibilità del controllo diretto che offre la tecnica open, rende inaccessibile la PEG ai pazienti con ascite massiva. Da recenti studi e dalla nostra esperienza risulta invece praticabile per quei pazienti in trattamento dialitico peritoneale 3. 131 P. Betalli et al. PEGJ La gastro-digiunostomia transgastrica (PEGJ) è una metodica che prevede l’introduzione di un tipo di sonda che permette una nutrizione artificiale diretta nel digiuno bypassando lo stomaco. Le principali indicazioni al posizionamento di una PEGJ sono rappresentate dal vomito incoercibile, dalla grave gastroparesi, da episodi recidivanti di polmoniti ab-ingestiis, grave reflusso gastroesofageo in bambini cerebropatici in attesa di intervento chirurgico di plastica antireflusso (terapia ponte) e difetti deglutitori 2. Le sonde digiunostomiche più utilizzate presentano due vie per la somministrazione di alimenti e/o farmaci sia per via digiunale che per via gastrica. Solitamente attraverso la via digiunale si ha la possibilità di alimentare il bambino somministrando diete polimeriche o semi-elementari mentre dalla via gastrica si possono somministrare farmaci o decomprimere lo stomaco in caso di sovradistensione (Fig. 3). La sonda può essere posizionata attraverso una preesistente gastrostomia intro- presente una gastrostomia: la tecnica è simile a quella della PEG e permette il diretto posizionamento di una sonda o bottone in sede digiunale. La gestione della PEGJ è sovrapponibile a quella della gastrostomia. CONCLUSIONI FIGURA 3. La sonda della digiunostomia trans-gastrica. ducendo l’endoscopio nello stoma gastrostomico. La metodica prevede il rilascio di un filo guida in sede digiunale sul quale si posiziona la PEGJ. La verifica del corretto posizionamento si ha aspirando dalla via digiunale secrezioni biliari oppure effettuando un controllo radiologico con iniezione di mezzo di contrasto attraverso la via digiunale. Una PEGJ può essere confezionata per via endoscopica anche se non è già PEG e PEGJ rappresentano le vie di accesso enterale a lungo termine più idonee in età pediatrica. La PEG è sicuramente la prima scelta per la facile gestione domiciliare mentre la PEGJ deve essere sempre considerata una seconda alternativa in quanto la gestione domiciliare non è sempre facile (Tab. I). Grande importanza nella scelta di questi due diversi presidi è data dalla presenza di reflusso gastro-esofageo patologico 4, 5. In Figura 4 abbiamo cercato di riassumere in modo schematico la nostra linea di condotta nel confezionamento di PEG o PEGJ tenendo conto delle condizioni cliniche del bambino e dalla presenza o meno di patologia da reflusso gastro-esofageo. TABELLA I. PEG e PEGJ: vantaggi e svantaggi. Vantaggi Svantaggi PEG Alimentazione in boli e/o continua Facile gestione domiciliare Eseguibile in sedazione Non risolve la malattia da reflusso Ab-ingestiis PEGJ Trattamento del vomito incoercibile Indicata nella grave malattia da reflusso Evita ab-ingestiis Eseguibile in sedazione Solo alimentazione in continua Epatopatia Gestione domiciliare meno semplice 132 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY PEG e PEGJ in età pediatrica FIGURA 4. Algoritmo decisionale nella scelta del posizionamento di PEG e PEGJ, in associazione alla chiurgia antireflusso. Bibliografia Gauderer MW, Ponsky JL, Izant RJ Jr. Gastrostomy without laparotomy: a percutaneous endoscopic technique. J Pediatr Surg 1980;15:872-5. gastrojejunostomy in psychomotor retarded subjects: a follow-up covering 160 patient year. JPGN 2001;33:488-94. 1 Mathus-Vliegen M, Koninig H, Taminiau JA, et al. Percutaneous endoscopic gastrostomy and 3 2 4 Khattak IU, Kimber C, Spitz L, et al. Percutaneous endoscopic gastrostomy in paediatric practice: complications and outcome. J Ped Surg 1998;33:67-72. NM. Endoscopic gastrostomy placement in the child with gastroesophageal reflux: is concomitant antireflux surgery indicated? J Ped Surg 2006;41:1441-5. Kakade M, Coyle D, Mc Dowell DT, et al. Percutaneous Endoscopic Gastrostomy (PEG) does not worsen vomiting in children. Ped Surg Int 2015;31:557-62. 5 Wilson GJ, van der Zee DC, Bax • La nutrizione enterale rispetto a quella parenterale è un metodo pratico e facile per tutti quei pazienti che presentano l’apparato gastro-intestinale integro ma che sono incapaci di alimentarsi per os. • Le tecniche più appropriate per la nutrizione enterale a lungo termine sono la PEG e la PEGJ. • Nonostante la loro semplicità di confezionamento, PEG e PEGJ possono avere controindicazioni e complicanze, che non devono essere sottovalutate. • Questi presidi sono facilmente gestibili sul territorio, anche dai genitori che devono però essere sufficientemente istruiti sul loro utilizzo e sulle complicanze che possono insorgere. 133 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE a cura di Teresa Capriati Linee guida ESPGHAN per la gestione della gastroenterite acuta nei bambini europei ESPGHAN Guidelines for the management of acute gastroenteritis in European children Teresa Capriati Unità Operativa Semplice di Nutrizione artificiale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Key words Gastroenteritis • Diarrhea • Dehydration Abstract The new ESPGHAN/ESPID guidelines update and extend evidence-based indications for the management of children with acute gastroenteritis in Europe. The main novelties are represented by the introduction of an entirely new section on the hospital management, the validation of clinical score to assess the degree of dehydration and an up-to-date of nutritional and pharmacological approaches to improve the outcome of children with acute gastroenteritis. Indirizzo per la corrispondenza Nel 2014 la Società Pediatrica Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (ESPGHAN) e la Società Pediatrica Europea di Malattie Infettive (ESPID) hanno sviluppato delle linee guida (LG) “evidence-based” con lo scopo di definire lo stato dell’arte sulla gestione della gastroenterite acuta in età pediatrica. La gastroenterite acuta (GA) è un problema di notevole importanza nei bambini di età < 5 anni e consiste in una riduzione della consistenza delle feci (molli o liquide) e/o un aumento della frequenza delle evacuazioni (tipicamente ≥ 3 evacuazioni nelle 24 ore) con o senza febbre e vomito e dura, in genere meno di 7 giorni e mai più di 14 giorni (una durata > a 14 giorni definisce una condizione di diarrea cronica). Il documento del 2014 riporta un update delle raccomandazioni con l’integrazione delle evidenze raccolte negli ultimi 5 anni ed è rivolto a medici di tutti i livelli di assistenza (medici di assistenza primaria, pediatri, medici di famiglia). Le raccomandazioni cliniche sono state sviluppate in base alla valutazione delle evidenze secondo il metodo GRADE (Tab. I), tuttavia per renderle più facilmente confrontabili con la precedente versione del 2008, le raccomandazioni sono state accompagnate da una misura della forza della evidenza e dal grado della raccomandazione secondo il metodo MuirGray & Cook (Tab. II). La sintesi completa delle raccomandazioni è parte integrante delle LG ed è disponibile all’indirizzo URL: http://links.lww.com/MPG/A317 In questo numero il professor Guarino e il dottor Lo Vecchio, che hanno partecipato alla stesura del documento originale, riassumono e commentano le principali novità di queste linee guida. Teresa Capriati piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma E-mail: [email protected] 134 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:134-140 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE ESPGHAN per la gestione della gastroenterite TABELLA I. Sistema Grading of Recomendations, Assessment, Development and Evaluation (GRADE) (da Guyatt et al., 2008) 1. SISTEMA GRADE Qualità dell’evidenza Grado della raccomandazione Qualità alta: ulteriori ricerche è improbabile che cambino la nostra fiducia nella valutazione dell’effetto FORTE quando gli effetti desiderabili di un intervento sono chiaramente superiori agli effetti indesiderabili o viceversa Qualità moderata: ulteriori ricerche è probabile che abbiano un importante impatto sulla nostra fiducia nella valutazione dell’effetto e possono cambiare la valutazione Bassa qualità: ulteriori ricerche è estremamente probabile che abbiano un importante impatto sulla nostra fiducia nella valutazione dell’effetto ed è probabile che cambino la valutazione DEBOLE quando le scelte sono meno certe (sia a causa della bassa qualità delle evidenze sia perché le evidenze suggeriscono che gli effetti desiderabili o indesiderabili sono perfettamente bilanciati) Molto bassa qualità: qualsiasi valutazione dell’effetto è estremamente incerta TABELLA II. Forza della evidenza e grado della raccomandazione (da Muir Gray, 1997) 2. Forza della evidenza Grado della raccomandazione I: forte evidenza da ≥ 1 revisioni sistematiche di studi clinici controllati, randomizzati A Sostenuta da evidenze di livello I, altamente raccomandata II: forte evidenza da ≥ 1 studio clinico controllato, ben disegnato B sostenuta da evidenze di livello II, raccomandata e di dimensioni appropriate C Sostenuta da evidenze di livello III; varie azioni cliniche III: evidenze di studi ben disegnati non randomizzati, confronto potenziali potrebbero essere considerate appropriate pre-post in un unico gruppo, studi di coorte, serie di misurazioni nel tempo, studi caso-controllo con appaiamento D Sostenuta da evidenze di livello IV e V; dovrebbe essere IV: evidenze da studi ben disegnati, non sperimentali in > 1 centro o gruppo di ricerca applicato il metodo del consenso Va: opinioni di soggetti autorevoli Vb: evidenze cliniche, studi descrittivi o rapporti di comitati di esperti 135 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Alfredo Guarino (foto) Andrea Lo Vecchio Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli Indirizzo per la corrispondenza Alfredo Guarino via Pansini 5, 80131 Napoli E-mail: [email protected] Raccomandazioni e commenti Nel 2014 è stata pubblicata la versione aggiornata delle linee guida per la gestione della gastroenterite acuta nei bambini d’Europa redatta in modo congiunto da esperti gastroenterologi dell’ESPGHAN e da infettivologi dell’ESPID 3. Il lavoro di aggiornamento è stato reso impegnativo sia per l’aggiunta di una nuova sezione delle linee guida dedicata alla gestione della gastroenterite in ospedale, sia per l’applicazione di un nuovo sistema di valutazione ossia il sistema GRADE che rappresenta attualmente il gold standard per i documenti di tipo evidence based. Le linee guida sono presentate in forma a cura di Teresa Capriati di “domanda e risposta” per facilitarne l’applicazione da parte di pediatri e medici generalisti. I fondamenti per la gestione del bambino con gastroenterite acuta sono riportate nei key points. Le indicazioni alla visita sono puntualmente indicate, nella convinzione che non sia possibile avere un intervento medico diretto per tutte le richieste di visita medica. Gli esperti forniscono quindi indicazioni (inevitabilmente “non evidence based”) per un triage telefonico e per l’identificazione dei pazienti che necessitano di una visita medica (Tab. III). Una novità riguarda la valutazione del grado di disidratazione. Le nuove Linee guida identificano nel “Clinical Dehydration Score” (CDS) il sistema di riferimento per la quantizzazione del grado di disidratazione (Tab. IV). Tuttavia un singolo segno, il tempo di riempimento capillare – peraltro non incluso nel CDS – è l’elemento clinico di maggiore affidabilità e un tempo di riempimento pari o inferiore a 2 secondi consente di escludere un livello GRAVE di disidratazione. Le linee guida confermano la NON necessità di esami di laboratorio e microbiologici, e ribadiscono la centralità della soluzione reidratante orale (ORS) nel rimpiazzo delle perdite idroelettrolitiche. La composizione della ORS è stata nel passato oggetto di dibattito, e anche le evidenze più recenti raccomandano la soluzione “ESPGHAN” con 60 mmoli/L di sodio. La palatabilità dell’ORS non è elevatissima, ma i bambini disidratati l’accettano bene, e le mamme non devono preoccuparsi se il bambino rifiuta di berne, perché questo indica che la disidratazione è modesta o assente. Composizioni diverse da quelle raccomandate non sono ottimali e vanno evitate bevande come the, coca cola e bevande per sportivi per l’elevata quantità di zucchero che può far peggiorare la diarrea per TABELLA III. Triage telefonico e indicazioni alla visita medica. Età < 2 mesi Patologie di base (es. diabete, malattie infiammatorie croniche intestinali) Inadeguata reidratazione orale Elevato output fecale (> 8 evacuazioni /die) Vomito persistente che ostacola la reidratazione Oligo/anuria Sintomi neurologici Segni di disidratazione severa riferiti dalla famiglia 136 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE ESPGHAN per la gestione della gastroenterite TABELLA IV. Clinical Dehydration Score (CDS). Caratteristiche 0 Aspetto generale Normali Occhi Membrane mucose (lingua) Lacrime Normali 1 Assetato, inquieto o letargico ma irritabile quando toccato Leggermente infossati 2 Sonnolente, freddo o sudato, comatoso Infossati Umide Appiccicose Asciutte Lacrime Diminuite Assenti Disidratazione assente: 0; disidratazione media: 1-4; disidratazione moderato-severa: 5-8 l’effetto osmotico. Sicuramente abbiamo opzioni efficaci per migliorare l’assunzione della ORS: possiamo somministrarla con il cucchiaino piuttosto che con il biberon, possiamo somministrarla fredda (più gradevole) e preferire l’aroma all’arancia o al miele. L’alimentazione non dovrebbe essere sospesa. Un’interessante dato nelle linee guida è l’osservazione che l’uso di formule prive di lattosio consente una riduzione della durata dei sintomi di circa un giorno. Gli esperti sottolineano che i dati a supporto dell’efficacia sono ottenuti esclusivamente in bambini ricoverati e non sono quindi suggerite modifiche della dieta in bambini visti in regime ambulatoriale. In pratica non ci sono prove che modifiche nutrizionali siano di qualche efficacia. La terapia attiva della gastroenterite è oggetto di attenta valutazione nelle linee guida. Il documento incoraggia un intervento attivo con forza maggiore rispetto alla precedente edizione. L’uso di alcuni probiotici e farmaci antidiarroici riduce l’intensità e la durata dei sintomi in modo significativo. Dati simili sono stati ottenuti con la diosmectite e con il Racecadotril. La scelta della terapia va fatta in modo oculato. Le evidenze disponibili indicano che a fronte delle decine di farmaci e probiotici proposti, solo pochi di essi hanno un’efficacia provata dai dati disponibili (Tab. V). Viene rilevato che per molti prodotti i dati di efficacia sono assenti o limitati ad un solo trial e quindi insufficienti per una raccomandazione all’uso. Le linee guida includono un puntuale e dettagliato elenco delle indicazioni al ricovero (Tab. VI). Queste meritano attenzione in quanto largamente disattese nella pratica medica. Un recente lavoro riporta dati ottenuti in ospedali italiani che TABELLA V. Terapia farmacologica della diarrea acuta. Lactobacillus GG Probiotici Saccharomyces boulardii Antiemetici Ondansetron* Antiperistaltici Loperamide Adsorbenti Diosmectite Antisecretori Zinco** Racecadotril (I A) (forte raccomandazione, moderato livello di evidenza) (IIB) (raccomandazione forte, basso livello di evidenza) (II B) (raccomandazione forte, basso livello di evidenza) (II B) (raccomandazione debole, moderato livello di evidenza) (I A) (raccomandazione forte, moderato livello di evidenza) (II B) (raccomandazione debole, moderato livello di evidenza) * In attesa dell’autorizzazione da Food and Drug Administration. ** Soltanto in pazienti malnutriti o nei casi in cui si sia mostrata una carenza di zinco. 137 A. Guarino, A. Lo Vecchio Tabella VI. Indicazioni al ricovero. Shock Disidratazione severa (> 9% del peso corporeo) Fallimento della reidratazione orale con soluzione reidratante Alterazioni neurologiche (letargia, convulsioni, etc.) Vomito intrattabile o biliare I caregivers non sono in grado di assicurare cure adeguate a casa Sospetta condizione chirurgica mostrano un largo eccesso di ricoveri non necessari 4. I dati del Ministero della Salute identificano nella gastroenterite acuta una delle più frequenti cause di ricovero nonché una delle aree più frequenti di inappropriatezza. Si stima che il numero di ricoveri per gastroenterite acuta sia intorno a 40.000 bambini sotto i 5 anni/anno, di cui almeno il 25% non necessari. Con i costi attuali, le spese sanitarie sarebbero gravate di non meno di 15 milioni di euro, cui vanno aggiunti i costi difficilmente quantizzabili delle infezioni nosocomiali. L’applicazione delle raccomandazioni sulle indicazioni al ricovero negli ambienti di pronto soccorso, i corsi disponibili anche online sulle linee guida (con l’e-learning) e l’implementazione della vaccinazione contro il Rotavirus sono iniziative che si sono dimostrate efficaci nel ridurre il numero di ricoveri non necessari 5, 6. L’uso di antiemetici è risultato efficace nel superare la fase di vomito e consentire un’efficace reidratazione per via orale di numerosi bambini in pronto soccorso 7. Gli antiemetici sono un problema non risolto nella pratica medica. L’ondansetron è efficace ed è stato in più studi proposto in 138 pronto soccorso per ridurre la necessità di reidratazione parenterale in lattanti e bimbi piccoli con vomito. Tuttavia l’ondansetron è gravato da un “warning” della Food and Drug Administration relativo ad un rischio di gravi, seppur rari, effetti collaterali cardiaci, fino ad un potenziale rischio di “Torsade de pointes” (torsione di punta, ndr) 8. Il rischio appare talmente basso da essere difficile da provare e alcuni autori 9 suggeriscono la somministrazione dell’antiemetico almeno in bambini in cui è necessario il ricovero per reidratazione per via endovenosa. Le linee guida per la gestione della gastroenterite in ospedale offrono tuttavia una interessante e “nuova” proposta nella reidratazione per via naso gastrica. La somministrazione di soluzione reidratante orale con regime rapido (40-50 ml/kg in 3-6 ore) consente un veloce ripristino dell’equilibrio idrolettrolitico ed evita la necessità di ospedalizzazione. Ci si chiede perché la reidratazione per via intestinale piuttosto che venosa sia così poco applicata nel mondo. Un lavoro recente mostra che sia il personale sanitario che i genitori dei pazienti considerino l’uso del sondino naso gastrico più invasivo del- la via venosa 10. In realtà non solo questa obiezione appare poco condivisibile, ma la via intestinale offre il vantaggio della maggiore efficacia e flessibilità rispetto alla via venosa ed un ridotto rischio di effetti collaterali. La reidratazione per via venosa è trattata con grande dettaglio e questa è un’altra novità delle linee guida. Molti lavori recenti mostrano che la reidratazione dei bambini con disidratazione moderato-severa (ma non con shock) può essere fatta a 20 ml/Kg/ora per 2-4 ore di soluzione fisiologica o ringer lattato. Per i pazienti che dopo la fase di reidratazione endovenosa rapida non sono ancora in grado di assumere per via orale la soluzione reidratante orale, è indicato un mantenimento con glucosata al 5% e soluzione fisiologica in parti uguali. Lo scopo è somministrare non meno di 0,45% o 77 mEq/L di Na+ per ridurre il rischio di iponatremia nelle prime 24 ore. È utile l’aggiunta di KCl (20 mEq/L) una volta che sia assicurato un normale flusso di urine e controllati gli elettroliti. Al contrario, la correzione dell’acidosi non è inclusa negli interventi routinari. Sono stati proposti anche schemi di reidratazione più rapidi con GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE ESPGHAN per la gestione della gastroenterite Tabella VII. Terapia antimicrobica. Basata sul patogeno Agente Shigella Campylobacter Salmonella Clostridium difficile E.coli Enterotossigeno Rotavirus Citomegalovirus Indicazioni Infezione certa o sospetta. Se i sintomi sono iniziati da meno di due giorni. Bambini ad alto rischio per ridurre il rischio di disseminazione extraintestinale. Infezioni moderate e severe, ed infezioni in pazienti a rischio. Sotto i 3 anni alto tasso di portatori sani. Diarrea del viaggiatore Forme severe in bambini ricoverati Se sintomi gravi in bambino a rischio Farmaco di prima scelta Azitromicina o Ceftriaxone Azitromicina Ceftriaxone Metronidazolo Azitromicina Immunoglobuline per via orale Ganciclovir Basata sui sintomi Età: neonati e bambini sotto i 3 mesi (se febbre) Da considerare anche in bambini con dissenteria (febbre + sangue + muco nelle feci) soprattutto se immunodepressi affetti da gravi malattie croniche l’infusione di 50-60 ml/kg/1 ora di liquidi 11. Tuttavia questi regimi sono associati a un maggiore rischio di ricovero dopo la dimissione dal pronto soccorso. In pratica i regimi ultrarapidi hanno il vantaggio di evitare i costi legati al ricovero (e sono quindi apprezzati dalle compagnie di assicurazione, i “payers” del sistema sanitario nordamericano), ma non hanno la sicurezza degli schemi tradizionali. L’ultima sezione delle linee guida è dedicata alla terapia antinfettiva e sottolinea l’opportunità di limitare l’uso di antibiotici. Le indicazioni alla terapia antibiotica includono le indicazioni basate sull’eziologia, sul quadro clinico e sulle condizioni basali del bambino. In pratica la terapia antibiotica è limitata a pochissimi casi. Esiste, inoltre, un’indicazione alla somministrazione orale di immunoglobuline in bambini ospedalizzati per gastroenterite da Rotavirus (Tab. VII). • L’approccio al bambino con gastroenterite prevede l’immediata valutazione del grado di disidratazione e l’identifica- zione di fattori di rischio per forme di diarrea severa o protratta. • Le indagini di laboratorio e microbiologiche vanno limitate a casi selezionati. • La reidratazione orale, ed eventualmente enterale o parenterale nei bambini severamente disidratati, va rapidamente promossa e somministrata. • L’allattamento al seno non va interrotto e l’alimentazione non va cambiata nella maggior parte dei casi. • Terapia attiva della diarrea con uso di farmaci dimostratamente efficaci può ridurre la durata e la severità dei sintomi. 139 A. Guarino, A. Lo Vecchio Bibliografia 1 Guyatt GH, Oxman AD, Vist GE, et al. GRADE: an emerging consensus on rating quality of evidence and strength of recommendations. BMJ 2008;336:924-6. Muir Gray JA. Evidence-based health care: how to make health policy and management decisions. London: Churchill Livingstone 1997. 2 Guarino A, Ashkenazi S, Gendrel D, et al. European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition/European Society for Pediatric Infectious Diseases Evidence-Based Guidelines for the management of acute gastroenteritis in children in Europe: Update 2014. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;59:132-52. 3 Lo Vecchio A, Liguoro I, Bruzzese D, et al. Adherence to guidelines 4 140 for management of children hospitalized for acute diarrhea. Pediatr Infect Dis J 2014;33:1103-8. Nicastro E, Lo Vecchio A, Liguoro I, et al. The impact of e-learning on adherence to guidelines for acute gastroenteritis: a singlearm intervention study. PLoS One 2015;10:e0132213 5 Vesikari T, Van Damme P, Giaquinto C, et al. European society for paediatric infectious diseases consensus recommendations for rotavirus vaccination in europe: update 2014. Pediatr Infect Dis J 2015;34:635-43. 6 Freedman SB, Ali S, Oleszczuk M, et al. Treatment of acute gastroenteritis in children: an overview of systematic reviews of interventions commonly used in developed countries. Evid Based Child Health 2013;8:1123-37. 6 MedWatch: The FDA Safety Information and Adverse Event Reporting Program. Zofran (ondansetron): Drug Safety Communication - Risk of Abnormal Heart Rhythms Posted 09/15/2011; 2011. 8 Cheng A. Emergency department use of oral ondansetron for acute gastroenteritis-related vomiting in infants and children. Paediatr Child Health 2011;16:177-82. 9 Freedman SB, Keating LE, Rumatir M, et al. Health care provider and caregiver preferences regarding nasogastric and intravenous rehydration. Pediatrics 2012;130:e1504-11. 10 Freedman SB, Parkin PC, Willan AR, et al. Rapid versus standard intravenous rehydration in paediatric gastroenteritis: pragmatic blinded randomised clinical trial. BMJ 2011;343:d6976. 11 CASE REPORT a cura di Mariella Baldassarre Soluzione del caso clinico di pagina 121 Sviluppo del caso clinico e risoluzione Per il persistere di ALT elevata, abbiamo proceduto a un workup addizionale, con i seguenti risultati: ceruloplasmina e cupruria normali; ANA, SMA e LKM assenti; alfa-1 antitripsina normale; sierologia dei principali virus epatotropi negativa; sierologia della malattia celiaca negativa. Viene consigliato anche un test del sudore, eseguito presso il Centro Regionale per la Fibrosi Cistica di Cesena con il metodo Gibson-Cooke: 1° campione Cl 57,9 mmoli/kg; 2° campione Cl 63,1mmoli/kg (normale < 40). Amilasi e lipasi pancreatica a norma, elastasi fecale normale. Alla coltura dell’espettorato si evidenziava la presenza di Stafilococco aureo. Spirometria indicativa di compromissione delle piccole vie respiratorie (Flow50 = 59%). Rx torace: discreto enfisema, diffusa accentuazione della trama interstiziale specialmente in regione perilare bilaterale. Sequenziamento del gene per ricerca mutazioni fibrosi cistica (FC): negativo. Sulla base del test del sudore patologico e del coinvolgimento dell’apparato respiratorio si pone diagnosi di fibrosi cistica a pancreas sufficiente. Sandra Brusa 1 Maura Ambroni 2 Fiorella Battistini Pediatria Ospedale S. Maria della Scaletta, Imola; Centro Regionale Diagnosi e Cura per la Fibrosi Cistica, Ospedale Bufalini, Cesena 1 2 PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE L’ipotesi diagnostica più verosimile di fronte a un ragazzo preadolescente obeso con ipertransaminasemia ed epatosteatosi è una NAFLD. La malattia grassa del fegato è la più comune malattia epatica cronica del bambino e dell’adolescente, presente nel 10% della popolazione pediatrica generale e nell’80% dei bambini obesi o sovrappeso 2. Oltre alla forma primitiva, generalmente associata ad obesità (NAFLD), ne esiste una secondaria, dovuta a cause tossiche, nutrizionali o metaboliche. Anche per Leonardo il primo orientamento diagnostico è stato quello di NAFLD, ma la mancata normalizzazione della ALT, dopo di 6 mesi di dieta ipocalorica e attività fisica, ha indotto a cercare altre cause, in particolare il morbo di Wilson e l’epatite autoimmune. Sono patologie potenzialmente fatali, se non prontamente riconosciute e trattate, ed entrambe possono presentarsi con una elevazione asintomatica della ALT 4. Nel nostro caso, la storia di diarrea cronica e scarsa crescita poteva orientare verso una patologia da malassorbimento, quale ad esempio la celiachia. Ipertransaminasemia e fegato grasso che non rispondono Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:141-142 2 alla dieta e persistono per più di 6 mesi devono far pensare anche alla fibrosi cistica e porre l’indicazione ad effettuare un test del sudore. Inoltre già da tempo erano presenti segni extraepatici, in particolare respiratori, che avrebbero potuto anticipare la diagnosi. La malattia epatica nella FC è frequente, ma solo raramente isolata, più spesso associata ad altri sintomi. Sono descritte forme “atipiche” di FC, circa il 2% di tutte le diagnosi; sono forme di malattia ad espressività lieve e variabile da apparato ad apparato; in molte di queste non si riscontrano mutazioni del gene 3. La malattia epatica associata a FC è inizialmente asintomatica e di solito diventa clinicamente evidente prima o durante la pubertà, con una prevalenza del 13-17%. La presentazione clinica più comune è l’epatomegalia, associata all’aumento degli enzimi epatici (transaminasi) a cui corrisponde un fegato più grasso e più grosso. La steatosi è la più comune lesione epatica associata alla FC, può essere rilevata nel 67% dei pazienti di qualsiasi età e correla con la malnutrizione 1. Bibliografia Colombo C, Russo MC, Zazzeron L et al. Liver disease in cystic fi- 1 141 S. Brusa et al. brosis. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2006;43(Suppl. 1):S49-55. Nobili V, Alkouri N, Alisi A, et al. Nonalcoholic fatty liver disease. A challange for pediatricians. JAMA 2 Pediatr 2015;169:170-6. Paranjape SM, Zeitlin PL. Atypical cystic fibrosis and CFTR-related diseases. Clin Rev Allergy Immunol 2008;35:116-23. 3 Vajro P, Lenta S, Socha P, et al. Diagnosis of nonalcoholic fatty liver disease in children and adolescents: position paper of the ESPGHAN Hepatology Committee. JPGN 2012;54:700-13. 4 • Bambini obesi con ipertransaminasemia ed epatosteatosi dovrebbero essere sottoposti ad un workup diagnostico completo per escludere tutte le cause di malattia grassa del fegato. • Una ALT marcatamente elevata, o comunque superiore al doppio del valore normale, soprattutto se persiste per più di 6 mesi, è riscontro raro nella NAFLD e pertanto è una indicazione a procedere nell’iter diagnostico. • Il 95% dei bambini con NAFLD presenta i markers di insulinoresistenza (iperinsulinismo con acanthosis nigricans, HOMA-IR > 2), in assenza di questi è opportuno pensare ad altre diagnosi. • Per escludere la FC è necessario eseguire sia il test del sudore che la ricerca delle mutazioni genetiche causa di FC. Ancor oggi, infatti, i criteri per la diagnosi di FC sono: il test del sudore positivo o il riscontro di due mutazioni note come causa di malattia (CFF consensus statement J Pediatrics 1988). 142 www.giornalesigenp.it è on line il SITO WEB DEDICATO ALLA RIVISTA Videogallery Approfondimenti multimediali Appuntamenti Informazioni per gli Autori Documenti ufficiali SIGENP TuTTO COmPLETAmENTE OPEN ACCESS E GRATuITO Iscriviti alla e-newsletter Diventa Fan della Pagina Facebook del Giornale SIGENP www.facebook.com/giornalesigenp Nuovi spazi. Stessa qualità. 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. DIOSMECTAL 3 g polvere per sospensione orale. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Una bustina contiene: principio attivo: diosmectite 3 g. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere per sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. Numerose sono le esperienze cliniche condotte con diosmectite nell’adulto e nel bambino, con affezioni del: - tratto digerente superiore, che sono di tipo prevalentemente funzionale o iatrogeno: ipersecrezione acida, associata a ridotta attività protettiva della mucosa gastroduodenale, reflusso gastroesofageo e/o duodeno-gastrico, discinesie, assunzione di farmaci potenzialmente lesivi a carico delle mucose; - tratto digerente inferiore, che sono di tipo prevalentemente infettivo: virulentazione della flora batterica saprofita e/o colonizzazione da parte di agenti patogeni. La patologia funzionale o iatrogena è più frequente nell’adulto, mentre quella infettiva è dominante nel bambino. I risultati di queste esperienze sono concordi nel riconoscere un’elevata incidenza di guarigioni o di miglioramenti marcati della sintomatologia ottenuti con diosmectite rispetto a quelli dei gruppi omogenei di confronto trattati con farmaci attivi di pari indicazione e, soprattutto, a quelli trattati in doppio cieco con placebo. 4.1. Indicazioni terapeutiche. • trattamento sintomatico orale della sintomatologia dolorosa delle affezioni esofago-gastro-intestinali, quali reflusso esofageo e sue complicazioni (esofagite), ernia dello hiatus, gastrite, ulcera gastroduodenale, bulbite, colite, colopatie funzionali, meteorismo. • trattamento delle diarree acute e croniche nei bambini (inclusi i neonati) e negli adulti, in aggiunta ai trattamenti con soluzioni reidratanti saline. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Posologia Trattamento della diarrea acuta: Bambini e neonati:- al di sotto di 1 anno: 2 bustine al giorno per 3 giorni, poi 1 bustina al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. - al di sopra di 1 anno: 4 bustine al giorno per 3 giorni, poi 2 bustine al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. Adulti:- la dose giornaliera raccomandata è di 6 bustine al giorno Trattamento delle altre indicazioni: Bambini e neonati:- al di sotto di 1 anno:1 bustina/die; - da 1 a 2 anni:1-2 bustine/die; - al di sopra dei 2 anni:23 bustine/die. Adulti: - in media 3 bustine al giorno. Modo di somministrazione: Il contenuto della bustina deve essere disperso in sospensione poco prima dell’uso. Si consiglia di somministrare preferibilmente dopo i pasti nella esofagite ed a distanza dei pasti nelle altre indicazioni. Bambini e neonati: Il contenuto della bustina può essere disperso in sospensione nel biberon in 50 ml di acqua e suddiviso in 2-3 dosi nel corso della giornata o mescolato con qualsiasi altra bevanda o alimento semiliquido. Adulti: Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare. 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni di impiego. La somministrazione di altri eventuali farmaci orali deve essere effettuata a distanza dall’assunzione di DIOSMECTAL. Usare con prudenza nell’adulto con storia pregressa di stipsi cronica grave. Il trattamento della diarrea acuta nei bambini deve essere associato ad una somministrazione precoce di sali minerali (integratori salini orali) per evitare la disidratazione. Negli adulti, il trattamento con Diosmectal non esime dalla reidratazione, quando questa appaia necessaria. L’entità della integrazione con sali minerali e della reidratazione, eventualmente anche per via venosa, deve essere adattata sulla base della gravità della diarrea ed in funzione dell’età e del quadro clinico del paziente. Il medicinale contiene glucosio monoidrato quindi i pazienti affetti da rari problemi di malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Il suo elevato potere adsorbente può interferire con l’assorbimento gastrointestinale di alcuni farmaci somministrati per via orale. Le altre eventuali terapie orali devono, pertanto, essere assunte a distanza da DIOSMECTAL. 4.6. Fertilità, gravidanza e allattamento. Diosmectal non viene assorbito. Pertanto, non presenta limitazione d’impiego nelle suddette condizioni. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non pertinente. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati riportati durante gli studi clinici con le seguenti frequenze, sono sempre stati lievi e transitori ed hanno interessato il sistema gastrointestinale: - non comune (≥ 1/1.000, ≤ 1/100): episodi di stipsi. Questi episodi sono migliorati dopo aggiustamenti individuali della posologia. Ulteriori informazioni derivanti dall’esperienza post-marketing includono casi molto rari (frequenza non nota) di reazioni di ipersensibilità, inclusi orticaria, rash, prurito o angioedema. 4.9. Sovradosaggio. Non sono segnalati casi di sovradosaggio o di intossicazione. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: adsorbenti intestinali, codice ATC: A07BC05. DIOSMECTAL possiede proprietà gastroprotettive in quanto interagisce con le glicoproteine del film mucoso che riveste la parete gastroduodenale, modificandone le caratteristiche fisico chimiche in modo tale da accentuare le funzioni protettive nei confronti dell’ipersecrezione acida, che è implicata nella patogenesi dell’ulcera gastroduodenale, degli enzimi proteolitici, di talune sostanze gastrolesive e di microrganismi patogeni. Possiede inoltre attività antifermentative, legate essenzialmente alla sua struttura cristallina in lamelle sovrapposte che gli conferisce un elevato potere adsorbente. Questo potere si esercita nei confronti di sostanze neutre o ionizzate, della flora e delle tossine microbiche, dei gas intestinali. Infine ha la proprietà di attivare alcuni fattori della coagulazione (VII, VIII, XII) che può risultare utile in sede locale in caso di sanguinamento da erosioni o ulcerazioni della mucosa. È radiotrasparente e non influisce sul tempo di transito gastrointestinale. I risultati dei dati combinati di due studi clinici randomizzati in doppio cieco controllati con placebo condotti su 602 bambini di età compresa tra 1 e 36 mesi con diarrea acuta ai quali è stato somministrato Diosmectal o placebo in combinazione con integratori salini orali, hanno mostrato una diminuzione significativa nelle prime 72 ore della emissione di feci nella popolazione complessiva: in media 94,5 (deviazione standard 74,4) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 104,1 (94,2) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0016). Nella sottopopolazione (n = 91) positiva a rotavirus, la media di emissione di feci (g / kg di peso corporeo) è 124,3 (deviazione standard 98,3) nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 186,8 (147,2) nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0005). Un terzo studio in doppio cieco controllato con placebo condotto su 243 bambini di età compresa tra 2 e 36 mesi con diarrea acquosa acuta trattato con diosmectite in combinazione con integratori salini orali non ha mostrato alcuna significativa differenza nell’emissione media di feci: la quantità media (± Deviazione standard) cumulativa nelle prime 48 ore è stata di 98.5 ± 78.0 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con diosmectite rispetto a 112.1 ± 91.8 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con placebo (NS). Tuttavia, l’endpoint secondario “diminuzione della durata degli episodi di diarrea” è stato raggiunto in maniera significativa nel gruppo trattato con diosmectite: mediana [range] 43 ore (10-289) nel gruppo trattato con diosmectite, 72 ore (12-287.5) nel gruppo placebo (p=0.0263). I risultati di uno studio randomizzato in doppio cieco effettuato su 329 adulti con diarrea acquosa acuta hanno evidenziato un significativo decremento della durata della diarrea nel gruppo di pazienti trattati con la diosmectite (mediana di 53.8 ore [3,7 – 167,3] rispetto al gruppo di pazienti trattati con placebo (mediana di 69 ore [2,2-165,2]), p=0.029. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che il preparato non supera la barriera gastroenterica neppure nei pazienti con alterazioni funzionali e strutturali della mucosa gastroenterica, che potrebbero costituire un fattore favorente sull’assorbimento. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi di tossicità cronica condotti nel ratto e nel cane per un periodo di un anno, dimostrano che il principio attivo del preparato anche a dosi 10-15 volte superiori a quella terapeutica non induce modificazioni ed alterazioni specifiche a carico di organi e funzioni, in considerazione anche del suo non assorbimento. Si sono registrate in alcuni animali modificazioni a carico del metabolismo lipidico in particolare aumento di trigliceridemia alle alte dosi che non trovano una spiegazione ragionevole ma che in ogni caso non sono mai dose-dipendente, spesso regrediscono nel tempo e non raggiungono livelli patologici. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarina sodica, glucosio monoidrato, aroma vaniglia, aroma arancio. 6.2. Incompatibilità. Nessuna, ad esclusione delle interferenze in fase di assorbimento nei confronti di alcuni altri farmaci somministrati contemporaneamente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni a confezione integra. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Astuccio di cartone contenente 30 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 20 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 10 bustine termosaldate da 3,760 g. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare regolarmente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. - Via Lungo l’Ema, 7 Bagno a Ripoli FI. Su licenza: SCRAS S.A. - Parigi (Francia). 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. AIC n. 028852010 (30 bustine). AIC n. 028852034 (20 bustine). AIC n. 028852022 (10 bustine). 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Data di prima autorizzazione: - 30 bustine: 31.10.1995. - 10 e 20 bustine: 18.11.1999. Data dell’ultimo rinnovo: 31.10.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Luglio 2011. CONFEZIONI: 3g 30 bustine PREZZO AL PUBBLICO: € 14,30 CLASSE C Concessionario per la vendita: F.I.R.M.A. S.p.A. - Via di Scandicci, 37 - Firenze Titolare A.I.C.: Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A., via Lungo l’Ema, 7 Bagno a Ripoli, Firenze. Su licenza SCRAS S.A. - Parigi (Francia) L’equilibrio interno accende il benessere generale KALE 14 09 Kaleidon (Lactobacillus rhamnosus GG ATCC 53103) il probiotico meglio studiato nel bambino, 1 che favorisce l'equilibrio della flora intestinale 2 1. Bousvaros A, et al. A randomized, double-blind trial of lactobacillus GG versus placebo in addition to standard maintenance therapy for children with Crohn's disease. Inflamm Bowel Dis 2005; 11(9): 833-9. 2. Foglietto illustrativo Kaleidon.