Speciale Pesca (06 luglio 2012)

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Speciale Pesca (06 luglio 2012)
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ANNO L - N. 200
venerdi’ 6 luglio 2012
SPECIALE PESCA
L’Economia e la politica della pesca nel mondo
GERMANIA: RIPRESA DEGLI STOCK NELL’ATLANTICO NORD-ORIENTALE
E NEI MARI DEL NORD E BALTICO – "DIE WELT"
29 giugno 2012 – Nei mari dell’Europa del Nord gli stock di passera di mare, merluzzo nero
e aringa sono nuovamente aumentati. Solo nell’Atlantico nord-orientale, nel Mare del Nord e
nel Mar Baltico quest’anno la quota di sovrasfruttamento delle riserve e’ calata dal 94 per
cento del 2005 al 47 per cento. Lo ha reso noto venerdi’ ad Amburgo l’Associazione tedesca
della pesca, in riferimento a quanto recentemente comunicato dalla Commissione europea
presso il Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (Ciem).
Grazie alle norme piu’ severe introdotte dall’Unione europea, ha evidenziato il Presidente
dell’associazione Holger Ortel, oltre la meta’ delle catture e’ stata effettuata nel rispetto di
criteri sostenibili. Tra i principali fattori che hanno contribuito alla ripresa, l’introduzione di
piani di gestione a lungo termine, la fissazione di quote di cattura, il rafforzamento dei
controlli e la riduzione delle flotte in nazioni di pesca, quali la Danimarca, la Polonia e i Paesi
Bassi.
Per il 2012 l’Ue ha dunque potuto aumentare i volumi di cattura, che potrebbero generare
135 milioni di euro di entrate [supplementari].
Secondo i dati, la popolazione di passera del Mare del Nord sarebbe stimata a 600.000
tonnellate: un record che supera quello segnato nel 2011. Le riserve di merluzzo nero - ha
affermato Ortel - sarebbero nuovamente cresciute, e sempre nel Mare del Nord le aringhe
avrebbero raggiunto un peso complessivo pari ai 2,30 milioni di tonnellate. Anche gli stock di
merluzzo bianco del Mare del Nord, che nel 2006 si erano vertiginosamente ridotti, sarebbero
da sei anni in fase di ripresa, mentre le riserve di sogliola avrebbero registrato una
diminuzione di un quarto, rispetto allo scorso anno.
"Complessivamente siamo sulla strada giusta nell’affrontare i problemi di gestione" ha
dichiarato Ortel. Lo dimostra anche l’aumento della quota di pesce con eco-certificazione
proveniente dalla pesca tedesca. Il presidente ha inoltre smentito i recenti dati forniti da
alcuni scienziati della pesca, secondo cui nel Mar Baltico cinque delle sette principali specie
da allevamento sarebbero a rischio. [dapd, quotidiano - a cura di agra press]
BULGARIA: ARMONIZZARE I DIRITTI - IL LAVORO
NEL SETTORE DELLA PESCA - "SAMUDRA"
18 Giugno 2012 - Il Comitato consultivo scientifico (SAC) della Commissione generale per
la pesca nel Mediterraneo (GFCM), nella sua quattordicesima riunione che si e’ svolta a Sofia,
dal 20 al 24 febbraio 2012, ha preso una storica decisione, che potrebbe dimostrarsi
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fondamentale per la gestione delle risorse ittiche nel Mediterraneo. La SAC ha approvato la
proposta, presentata dalla sua sotto-commissione per le Scienze economiche e sociali
(SCESS) nel gennaio 2012 nel corso dell’undicesima sessione che si e’ svolta a Roma, di
studiare e analizzare la legislazione nazionale dei suoi membri in relazione ai diritti dei
lavoratori della pesca.
Nel 2010, il ministro italiano delle politiche agricole, alimentari e forestali ha incaricato
l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari (IAMB) e il Centro internazionale degli alti studi
agronomici mediterranei (CIHEAM), organizzazione partner della GFCM, di portare avanti un
progetto dal titolo "Sviluppo delle Cooperazione nel settore ittico del Mediterraneo: mondo
del lavoro. organizzazioni di produttori, associazioni di consumatori, formazione"
(PESCAMED). (…) Oltre alle riunioni e ai seminari svolti nel 2011, il progetto ha avuto come
obiettivo quello di raccogliere e analizzare le legislazioni relative ai diritti dei pescatori negli
undici paesi coinvolti: Albania, Algeria, Croazia, Egitto, Italia, Libano, Marocco, Montenegro,
Siria, Tunisia e Turchia.
Durante l’incontro di Sofia la UILApesca, sindacato italiano che rappresenta i lavoratori del
settore ittico, ha fatto una presentazione sia delle leggi nazionali dei paesi partecipanti sia
delle importanti convenzioni e raccomandazioni della ILO (Organizzazione Internazionale del
Lavoro), tra le quali la "Convenzione sul lavoro nel settore della pesca" del 2007 (C188). Nel
2011, PESCAMED ha pubblicato uno studio dettagliato sulle relazioni dei vari paesi, sul
contesto di lavoro e sulle associazioni di produttori.
Durante la sua undicesima riunione lo SCESS ha discusso un certo numero di questioni
relative agli aspetti socio-economici della pesca nella regione. Il segretario della UILApesca
ha presentato lo studio PESCAMED, e ha brevemente illustrato la storia, gli obiettivi e i
risultati del progetto. Sulla base di questa presentazione e delle discussioni che ne sono
seguite, lo SCESS ha deciso di includere nel suo futuro programma di lavoro il tema dei diritti
dei lavoratori del settore ittico negli stati membri del GFCM, decisione che e’ stata approvata
dalla SAC nell’incontro di Sofia del febbraio 2012. (…)
Il progetto PESCAMED ha dimostrato che c’e’ stata una mancanza di impegno da parte dei
membri dell’ILO per la ratifica delle convenzioni specifiche e generali che riguardano i
lavoratori del settore ittico approvate sin dal 1919. L’unico accordo che e’ stato ratificato e’
quello che riguarda l’eta’ minima per lavorare, nel 1973 (C138). (…) Si sperava che
l’approvazione della "Convenzione sul lavoro nel settore della pesca" del 2007, avrebbe
incoraggiato un maggior numero di Stati Membri a ratificare un semplice e unico accordo che
tratta un’insieme di questioni precedentemente oggetto di accordi separati.
Bisogna sottolineare che l’accordo include per la prima volta sotto il termine "pescatore"
coloro che lavorano nel settore ittico, definiti come "persone che lavorano a bordo, che sono
remunerate con una quota del ricavato della catture …". (…).
Il riconoscimento dei diritti dei pescatori, e il fissare questi diritti in una legislazione, per
una professione ritenuta dalla ILO tra le piu’ pericolose, permettera’ di salvaguardare i
legittimi diritti dei pescatori e di lottare contro lo sfruttamento di cui sono vittime in molti
paesi, che avviene sotto forma di impiego illegittimo e illegale. Pratiche del genere hanno
indebolito, e continuano ad indebolire, gli sforzi sia delle autorita’ nazionali che delle
Organizzazioni regionali per la gestione della pesca (RFMO) volti all’implementazione di
misure atte a garantire la conservazione degli stock ittici e la loro gestione. Chi e’ implicato in
pratiche illegali non fornisce infatti dati sulle catture e spesso e’ anche coinvolto in attivita’ di
pesca illegale, non dichiarata e non regolata (INN). E’ piu’ difficile che un pescatore che
lavora legalmente, i cui diritti sono garantiti dalla legge, sostenuti e rappresentati da un
sindacato della pesca, entri a far parte di attivita’ illegali di gestione delle risorse ittiche. (…)
Dall’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare (UNCLOS) nel
1982, una serie di strumenti internazionali hanno messo in rilievo l’importanza della piena
partecipazione dei lavoratori del settore ittico e dei loro rappresentanti nell’approvazione e
implementazione di misure per la conservazione e la gestione delle risorse. Ma fino alla
recente decisione da parte del GFCM, nessun altra RFMO aveva sollevato la questione. (…)
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L’Agenda 21 della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo economico (UNCED)
svoltasi nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, stabilisce un legame diretto fra lo sviluppo
sostenibile e il ruolo dei lavoratori e dei loro sindacati. (…)
[Il programma di azione] sottolinea anche che "… I sindacati sono un attore fondamentale
per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile vista la loro esperienza nell’indirizzare i
cambiamenti del settore, vista l’altissima attenzione che riservano alla protezione
dell’ambiente di lavoro e a quello naturale ad esso legato, e per la loro promozione di uno
sviluppo responsabile dal punto di vista economico e sociale…". (…)
Dal 1982 c’e’ stato un aumento delle richieste da parte della comunita’ internazionale per
la conservazione e la gestione delle risorse ittiche, e affinche’ le Organizzazione regionali per
la gestione della pesca siano piu’ efficaci nell’adempiere al loro mandato. Le richieste fatte a
molte delle RFMO sono spesso troppo ambiziose e irrealistiche, visto che richiederebbero
molte piu’ risorse economiche e umane, e un forte sostegno da parte della politica. (…)
La recente decisione della GCFM di ampliare l’ambito e l’area del progetto PESCAMED per
includere la raccolta e l’analisi della legislazione nazionale dei propri membri va lodata per
diverse ragioni. Prima di tutto, la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo e’ la
prima Organizzazione regionale per la gestione della pesca a riconoscere il ruolo dei
pescatori nella gestione delle risorse ittiche attraverso lo studio dei regolamenti che
assicurano i loro diritti. Uno studio del genere fornira’ un quadro regionale su diversi aspetti
legati ai diritti dei pescatori, e fornira’ alla Commissione maggiore chiarezza quando approva
e raccomanda misure di gestione. Non ci puo’ essere un’efficace e significativa
partecipazione dei pescatori e dei loro sindacati se soltanto una piccola parte della forza
lavoro dell’industria della pesca e’ invitata a partecipare a questioni che riguardano la
conservazione e la gestione delle risorse ittiche visto che la maggior parte dei paesi non ha
leggi adeguate e regole che forniscono sicurezza e diritti ai lavoratori del settore. L’assenza
di un’adeguata e importante legislazione mostra che la maggior parte dei pescatori dell’area
mediterranea lavorano senza la giusta tutela, questo tipo di impiego puo’ quindi essere
considerato illegale. Il problema e’ come le istituzioni nazionali e le RFMO pensano di poter
ricevere dati da coloro che svolgono attivita’ illegali.
Lo studio dimostra poi la necessita’ non solo dell’introduzione di una legislazione ma
anche dell’armonizzazione della stessa su base regionale. La mancanza di armonizzazione
dei diritti dei pescatori fara’ aumentare l’immigrazione clandestina, lo sfruttamento e in alcuni
casi addirittura la riduzione in schiavitu’ dei lavoratori. (…)
Si spera e ci si attende che l’iniziativa del GFCM incoraggi altre RMFO a portare avanti
degli studi simili per poter poi essere in grado di scambiarsi informazioni e punti di vista sul
modo in cui utilizzare i dati per migliorare i diritti dei pescatori e la loro partecipazione nella
gestione del settore in diverse regioni. Gli studi PESCAMED mostrano che non c’e’ nemmeno
un paese che abbia una legislazione coerente riguardo ai diritti dei lavoratori del settore
ittico. (…)
Il riconoscimento dei diritti dei lavoratori del settore ittico e l’armonizzazione delle leggi
nazionali potrebbe rivelarsi l’elemento piu’ importante per affrontare il problema della attivita’
di pesca illegale, non dichiarata e non regolata (INN) e della disponibilita’ di dati per le
istituzioni regionali e nazionali, responsabili della conservazione e la gestione delle risorse
ittiche. Per tutti questi motivi, non puo’ essere sottovalutata l’importanza del compito assunto
dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo, che mostra la via da seguire per
assicurare un futuro migliore sia alle risorse ittiche che ai lavoratori del settore. [S.H. Marashi
and Fabrizio De Pascale, rivista - a cura di agra press]
GRAN BRETAGNA: L’UNIONE EUROPEA SI DISFA
DEI RIGETTI IN MARE - "THE GUARDIAN"
13 Giugno 2012 - Per la prima volta, da quaranta anni a questa parte, in Europa si porra’
fine alla rovinosa abitudine di rigettare in mare pesce sano e commestibile, grazie a quella
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che sembra una vittoria parziale dei movimenti ambientalisti che considerano il divieto ai
rigetti di pescato in mare una tappa fondamentale per la conservazione degli stock ittici.
Ma la data in cui tale divieto entrera’ in vigore e’ ancora in dubbio e cio’ solleva timori
rispetto al fatto che l’implementazione arrivera’ quando sara’ ormai troppo tardi per salvare
alcune specie.
Ogni anno piu’ di un milione di tonnellate di pesce sano viene rigettato in mare, morto, dai
pescatori, per via delle regole dell’Unione europea o per massimizzare i profitti. E’ probabile
che dal 2014 sara’ vietato il rigetto di pesce, come lo sgombro e l’aringa. Ma per altre specie
sovrasfruttate, come il merluzzo, l’eglefino, la platessa e la sogliola il divieto potrebbe essere
introdotto gradualmente a partire dal 2015 e non entrare completamente in vigore fino al
2018. Gli esperti sostengono che potrebbe essere troppo tardi.
Mette Gjerskov, il ministro per la pesca della Danimarca, paese alla presidenza dell’Unione
europea, ha detto: " Oggi il Consiglio [europeo] ha dichiarato per la prima volta che il divieto
al rigetto in mare diventera’ realta’".
Maria Damanaki, commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi, ha dichiarato: "Si
tratta di un compromesso, che rappresenta comunque un passo importante nella giusta
direzione, un passo avanti realizzabile". Sebbene la sua proposta per una riforma totale della
Politica comune della pesca, la piu’ grande riorganizzazione di questa Politica ormai datata,
non sia stata implementata come Damanaki desiderava, il commissario si ripromette di
continuare a combattere, affermando che la palla dovrebbe passare al Parlamento europeo,
che discutera’ le decisioni del Consiglio e potrebbe provare a rafforzare le proposte.
Richard Benyon, ministro della pesca della Gran Bretagna, che si e’ sempre dichiarato a
favore del divieto ai rigetti ma che ha dovuto affrontare l’opposizione dell’amministrazione
decentralizzata scozzese sui tempi della sua attuazione, ha detto: "Sono anni che faccio
pressione per eliminare la pratica degli scarti, ho sempre avuto come obiettivo quello di far
approvare dal Consiglio la fine di questa rovinosa abitudine. Sono deluso per il fatto che il
Consiglio non abbia trovato un accordo sulle date definitive, [ritengo pero’ che] l’impegno a
porre fine agli scarti e’ un primo passo nella giusta direzione".
Il problema centrale e’ quindi decidere quando il divieto ai rigetti per le specie sensibili
sara’ messo in pratica. Gli ambientalisti avvertono che prolungare inutilmente la possibilita’
di rigettare pesce in mare potrebbe dare il colpo mortale a molti stock ittici europei a rischio
di estinzione.
L’accordo di compromesso e’ stato raggiunto dopo una seduta fiume del Consiglio in
Lussemburgo, durante la quale i ministri europei per la pesca hanno discusso
dell’opportunita’ di vietare i rigetti in mare; quando farlo, e come stabilire il "rendimento
massimo sostenibile", attraverso il quale le risorse ittiche sarebbero gestite seguendo i
pareri scientifici relativi a quante catture possono sostenere [gli stock]. Dopo piu’ di diciotto
ore di negoziazione, la decisione finale e’ stata salutata dalla presidenza danese dell’Unione
europea come "un passo molto importante verso una politica della pesca completamente
nuova, una politica della pesca sostenibile".
Gjerskov ha posto l’accento sulla battaglia che si e’ dovuta combattere per arrivare fino a
questo punto: "Non era detto, otto mesi fa, [che l’Unione Europea avrebbe approvato un
divieto ai rigetti in mare]". Molto stati membri, tra i quali la Francia, hanno combattuto contro
il divieto ai rigetti, perche’ l’attuale sistema permette ai pescatori di compensare le loro
quote, selezionando solo le specie di maggior valore e gli esemplari migliori, gettando via il
resto, massimizzando cosi’ i profitti ma distruggendo un gran numero di pesce sano e
commestibile.
E’ stato raggiunto un accordo di compromesso anche sul "rendimento massimo
sostenibile", in genere misurato in tonnellate. Questa e’ una politica fondamentale per
assicurare che gli stock non siano sovrasfruttati. Ma anche in questo caso, il tempismo
potrebbe essere l’elemento chiave. La Commissione europea avrebbe sperato di far partire
una politica del "rendimento massimo sostenibile" dal 2015, ma secondo l’accordo di
compromesso cio’ dovrebbe avvenire nel 2020; troppo tardi, secondo gli esperti, per
preservare stock ittici che a quel punto saranno decimati dopo decenni di sovrasfruttamento.
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Da parte degli ambientalisti ci sono state reazioni differenti. La campagna "Fish Fight" di
Hugh Fearnley Whittingstall ha twittato: "Dopo 18 ore di dure discussioni c’e’ un programma
per il divieto ai rigetti e l’impegno a seguire il parere scientifico sugli stock ittici".
Greenpeace invece si e’ detta delusa dall’esito del Consiglio. Willie Mackenzie, che si
occupa delle campagne relative agli oceani, ha detto: " Cio’ che e’ successo stanotte
dimostra che c’e’ una resistenza testarda a un cambiamento di strategia e lascia in sospeso
la riforma della pesca dell’Unione europea. La tabella di marcia e’ vaga e le scadenze sono
troppo a lungo termine; su questioni chiave, come il rendimento massimo sostenibile, il testo
e’ incredibilmente debole. Ed esiste il rischio reale che i pesci e i pescatori debbano
affrontare altri dieci anni di sovrasfruttamento e declino degli stock, con conseguenze
disastrose". [Fiona Harvey, portale - a cura di agra press]
AUSTRIA: WWF, UE DETIENE IL TRISTE RECORD
DELLA PESCA ECCESSIVA – "DER STANDARD"
8 giugno 2012 - L’8 giugno, data in cui si celebra la Giornata mondiale degli oceani, il
gruppo ambientalista Wwf ha voluto mettere in guardia sull’irrefrenabile pratica del
saccheggio ai danni degli oceani. Se la pesca non verra’ limitata, ha avvertito
l’organizzazione, entro il 2050 la pesca commerciale a livello mondiale potrebbe arrivare al
tracollo [...].
Secondo lo stesso Wwf, una particolare responsabilita’ in questo processo sarebbe da
attribuire all’Ue, a cui spetta "il triste record di pesca eccessiva. Nell’Unione tre dei quattro
stock ittici utilizzabili commercialmente sono sovrasfruttati". "In nessun altro posto al mondo
i mari vengono sfruttati in modo cosi’ massiccio", ha osservato l’associazione.
Greenpeace ha anche chiesto il ritiro della flotta da pesca dell’Ue da tutte le aree marine in
Africa Occidentale. [...] Cio’ che e’ particolarmente allarmante, fa notare il Wwf, e’ il fatto che
il 40 per cento delle catture mondiali siano delle "catture accessorie", e che vadano a finire in
gran parte nella spazzatura. "La cattura accidentale [bycatch] e’ uno dei piu’ grandi scandali
del settore della pesca", ha dichiarato Heike Vesper, esperta di pesca della stessa
organizzazione. "Ogni anno solo nel Mare del Nord vengono rigettati in mare circa un milione
di tonnellate di pesci e di animali marini morti o moribondi".
"L’attuale riforma della politica comune della pesca dovrebbe porre fine una volta per tutte
allo sfruttamento dei mari". Il Wwf chiede in particolare che vengano creati piani di gestione
a lungo termine per tutti gli stock ittici, che si ponga un limite alle catture accessorie e che si
riducano al minimo i rigetti.
A Berlino, davanti alla Porta di Brandeburgo, Greenpeace ha protestato a bordo di un
peschereccio realizzato per l’occasione, contro la politica della pesca dell’Unione europea, la
cui flotta da pesca ha una capacita’ fino a tre volte superiore rispetto alla popolazione ittica
dei mari. Greenpeace ha inoltre presentato al Ministero tedesco per l’Alimentazione 65.000
firme, da consegnare al Ministro Ilse Aigner, affinche’ la prossima settimana, nell’ambito del
vertice speciale dei ministri europei della pesca, si impegni a favore di una riduzione della
flotta da pesca dell’Unione. [Apa /red, quotidiano – a cura di agra press]
FRANCIA: GLI STATI UNITI CONSIGLIANO ALL’UE LA PRIVATIZZAZIONE
DEI DIRITTI DI PESCA – "ROMANDIE NEWS"
3 maggio 2012 – Bruxelles – Gli Stati Uniti hanno esortato venerdi’ l’Ue ad istituire, come
propone la Commissione europea, un mercato delle quote di pesca, un provvedimento che,
sostengono, e’ stato collaudato oltre Atlantico. Molte delle misure proposte dalla
commissaria europea, Maria Damanaki, sono simili ai cambiamenti che abbiamo fatto e dai
quali stiamo ottenendo enormi benefici, ha detto alla Afp Jane Lubchenco, sottosegretario di
Stato al commercio incaricato per gli Oceani, a margine di una visita a Bruxelles.
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Mentre si avvicina una cruciale riunione, prevista per il 12 giugno a Lussemburgo, con i
ministri europei del settore, Maria Damanaki ha avvisato che non rinuncera’ ai grandi principi
della sua riforma, dicendo che occorre introdurre reali cambiamenti.
L’esperienza negli Stati Uniti dell’introduzione delle concessioni di pesca trasferibili, vale
a dire di un mercato dei diritti di pesca che i pescatori possono monetizzare se vogliono
lasciare il lavoro, ci ha permesso di porre fine alla pesca eccessiva in numerosi casi, ha
sottolineato Lubchenco, che di formazione e’ una biologa. (…)
Denunciato dai suoi critici come una forma di privatizzazione dei mari, il progetto di
mercato delle concessioni di pesca trasferibili si scontra con la reticenza di una quindicina di
Stati, tra cui la Francia. (…) [portale – a cura di agra press]
SPAGNA: UN’OMBRA CINESE
SU TONNO ROSSO – "EL PAIS"
1 giugno 2012 – La Commissione europea sta verificando se due flotte pirata, almeno una
delle quali proveniente dalla Cina, sta catturando illegalmente tonno rosso nel Mediterraneo.
Il caso parte da una denuncia del Wwf, secondo cui una prima flotta sta incrociando tra Suez
e Gibilterra, nel bel mezzo della stagione di pesca con movimenti sospetti e con
disconnessioni del sistema di posizionamento. Un’ altra sta seguendo navigando nei bacini
di pesca e anche in acque spagnole, secondo il Wwf. Il governo spagnolo e l’industria del
tonno ritengono improbabile che sia cosi’, dal momento che nessuna delle navi spagnole ha
sentito o visto nulla.
Raul Garcia, responsabile della Campagna pesca del Wwf, assicura che il sospetto ricade
su due flotte di palangari. La prima flotta, battente bandiera della Cina e con 10 vascelli
chiamati Fu Yuan Yu (e numeri successivi), ha attraversato il Mediterraneo dal canale di Suez
verso la Mauritania. Ha attraversato lo stretto (di Gibilterra) il 26 maggio. L’organizzazione ha
dei dubbi perche’ per due giorni nel Mediterraneo (la flotta) ha scollegato i sistemi di
localizzazione. In questo periodo i tonni si riuniscono in grandi branchi nel Mediterraneo per
deporre le uova, ed e’ proprio adesso che le navi da pesca li circondano pescando grandi
quantita’ in una volta sola.
Oliver Drewes, portavoce della Commissione Europea per la pesca, ha detto ieri al
telefono che apprezza il rapporto del Wwf, che e’ stato trasmesso alla Spagna: "Le navi
hanno gia’ lasciato le acque europee e sono ora in Mauritania. Hanno avanzato rapidamente,
il che potrebbe essere un indizio del fatto che non abbiano pescato". La Commissione resta
neutrale. Sostiene di aver dato un avvertimento a Las Palmas per realizzare un’ispezione, se
le navi si fossero fermate ma non e’ stato possibile. Non si puo’ accusare la Cina senza prove
e non c’e’ stato il controllo di queste navi.
Il Wwf sostiene che c’e’ "una seconda flotta pirata, battente bandiera sconosciuta, che e’
stata ripetutamente rilevata ad ovest del Mediterraneo, compresa la zona di pesca protetta
spagnola intorno al Mar delle Baleari". Sarebbero sette imbarcazioni che sono state
localizzate "anche sulla costa occidentale dell’Algeria, vicino al mare di Alboran", e che da
mercoledi’ hanno disattivato i sistemi di rilevazione, secondo il Wwf. (L’organizzazione) porta
come prova che il palangaro LHUYU2029 ha spento il suo localizzatore in quel giorno alle
15.15 e non ha il codice dell’Organizzazione marittima internazionale. Gli ambientalisti
credono che la flotta potrebbe avere la bandiera di Taiwan.
L’eventuale pesca cinese nel Mediterraneo avrebbe un impatto enorme, proprio ora che lo
stock di tonno sta recuperando. Nel 2007 e’ stata vietata la pesca di esemplari di meno di 30
chili, tra le altre misure. Sono finiti gli anni in cui i banchi di pesci erano inseguiti da aerei per
circondarli, con gravi riduzioni della popolazione. Dal 2009, le rilevazioni delle tonnare e dei
pescherecci suggeriscono che ci sono piu’ tonni. La societa’ Balfegó (di Tarragona) ha
annunciato lunedi’ scorso che la sua flotta ha completato il suo contingente di tonno rosso
(700 tonnellate) in soli cinque giorni (ne aveva 30 a disposizione per raggiungerla). Juan
Serrano, direttore generale dell’azienda, ha dichiarato: "Abbiamo avuto circa 15 barche nella
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zona e non hanno visto nulla. Saremmo i primi interessati a denunciare la presenza di
pescherecci cinesi". Anche l’impresa Fuentes (Cartagena) non ha visto nulla.
Il ministero dell’agricoltura ha detto in una nota che "mantiene la traccia delle flotte che
operano nelle zone di pesca del tonno rosso" e che include "navi di bandiera cinesi". Fonti
spagnole dubitano che il raid si sia verificato: "Sarebbe come mettersi nella tana del leone".
Ma l’ombra delle navi da pesca cinesi nel Mediterraneo e’ abbastanza allarmante per
mettere tutti in allerta. [Rafael Mendez, quotidiano - a cura di agra press]
SPAGNA: MADRID E LONDRA DEFINISCONO "LOCALE"
LA DISPUTA SULLA PESCA A GIBILTERRA – "EL PAIS"
29 maggio 2012 - Il ministro degli esteri spagnolo, Jose’ Manuel Garcia-Margallo, e il suo
omologo britannico, William Hague, hanno concordato martedi’ scorso di declassare a
disputa "locale" il conflitto tra il governo di Gibilterra e i pescatori della baia di Algeciras, a
cui da due mesi la polizia della Rocca impedisce di pescare in acque che entrambi i paesi
rivendicano come proprie.
"Il Regno Unito e la Spagna incoraggiano le due parti, cioe’ il governo di Gibilterra e i
pescatori di La Linea e di Algeciras, a trovare un accordo che sia soddisfacente e che
permetta ai nostri pescherecci di pescare dove hanno pescato da sempre" ha detto il
ministro Margallo dopo l’incontro, che e’ durato poco piu’ di un’ora e ha incluso un pranzo,
tenutosi a Carlton Gardens, la residenza ufficiale del ministro degli esteri britannico, nei
pressi di Buckingham Palace.
Interrogato dai giornalisti, il ministro degli esteri spagnolo ha insistito sul fatto che non
esiste un Forum tripartito in cui siedano come pari a pari Regno Unito, Spagna e Gibilterra, e
che pertanto i due governi si limitano a chiamare "le due parti a ricercare un accordo. La
palla passa ora alle autorita’ di Gibilterra e ai pescatori ", ha detto.
Molto piu’ laconico si e’ mostrato Hague, che si e’ limitato a diffondere una dichiarazione.
"Ribadiamo il nostro sostegno per una soluzione locale nella controversia in corso sulla
pesca a Gibilterra. Chiaramente le nostre opinioni [sulla sovranita’ delle acque] sono diverse,
ma entrambi riconosciamo l’importanza di stabilire un dialogo tra le parti ", si legge nel testo.
E’ tutto quello che ha potuto ottenere Margallo, che alcune ore prima della riunione, in
dichiarazioni a Telecinco, aveva annunciato che avrebbe chiesto al governo britannico di
esortare le autorita’ di Gibilterra a "mostrarsi ragionevoli" e "a raggiungere un accordo che
rispetti i diritti dei pescatori". Aveva aggiunto che i pescatori "non hanno nulla da offrire" nei
negoziati e che "gli inglesi hanno capito che siamo disposti a proteggerli e che continueremo
a farlo. Questo governo non ha intenzione di arrendersi. Quando sono in gioco gli interessi di
alcuni spagnoli, siano essi pescatori o imprese, li difenderemo", ha detto.
L’origine del conflitto risale alla decisione del nuovo ministro principale di Gibilterra,
Fabian Picardo, di annullare l’accordo in vigore dal 1999 che permetteva ai pescatori di
Cadice di pescare a una distanza minima di 225 metri della roccia, ritenendo che le loro
attrezzature di pesca violano una legge di tutela ambientale di Gibilterra del 1991.
"Le relazioni tra Gran Bretagna e Spagna sono ottime e non devono essere oscurate da
una controversia concreta", ha detto ieri Margallo dopo l’incontro con Hague, che ha avuto
luogo in un "clima amichevole" e "di apertura", come si addice a due alleati " cosi’ stretti".
[Maruxa Ruiz Del Arbol, quotidiano - a cura di agra press]
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