Le borse merci - Dipartimento di Giurisprudenza

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Le borse merci - Dipartimento di Giurisprudenza
Elisabetta Bani
Le Borse Merci
Pisa 10 aprile 2008
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Capitolo 1
I mercati organizzati
1. Premessa
Le borse merci in Italia hanno rappresentato finora un fenomeno molto specifico e molto poco
studiato, per altro facilmente equivocabile e confondibile con altri: se infatti è chiara la distinzione
tra borse merci e borse valori, peraltro storicamente, disciplinate unitariamente nel nostro
ordinamento per un breve lasso di tempo sotto la comune denominazione di borse di commercio,
meno evidente è la peculiarità delle borse merci rispetto ad altri fenomeni talora denominati “borse”
ma da non confondere con le borse merci disciplinate dal legislatore, talora denominati nei modi più
disparati (sale contrattazioni, e-market place ecc..), ma che apparentemente svolgono le stesse
funzioni delle borse merci, talora infine equivalenti alle borse merci del nostro ordinamento, ma
profondamente diverse non solo e non tanto per rilevanza giuridica, quanto per rilevanza
economica.
Vero è che già di per sè il termine borsa crea qualche problema, dato che come è stato rilevato
anche in passato “Borsa è parola difficile a definire perché ha parecchi significati: indica il luogo
dove si radunano quanti vogliono trattare affari di commercio; il pubblico che vi si raduna; il
complesso delle operazioni fatte in un giorno; l’istituzione che agevola la negoziazione dei titoli e
delle merci” 1 .
In realtà il termine più vicino a Borsa è quello di “mercato” (parola di per sé polisensa) intesa come
luogo dove si incontrano i flussi di domanda e di offerta, si formano i prezzi, si consolidano prassi
commerciali che portano alla standardizzazione dei contratti; è per questa via che si passa da
mercati di fatto a mercati “organizzati” e sono questi ultimi quelli che trovano una emersione
giuridicamente rilevante, non necessariamente di stampo pubblicistico. Ad esempio nei Paesi anglosassoni prevale da sempre un modello organizzativo di stampo privatistico (di solito il mercato è
composto dagli stessi operatori del settore), mentre nei sistemi dell’Europa continentale ha prevalso
il modello pubblicistico, che è stato abbandonato, per quanto riguarda le borse valori (nel nostro
ordinamento) attraverso il recepimento di disposizioni comunitarie avvenuto con il c.d. Decreto
Eurosim (d. lgs. 23 luglio 1996, n. 415) e il modello permane invece per le borse merci tradizionali
e anche, per quanto riguarda la partecipazione al capitale da parte di soggetti pubblici in larga
misura legati al sistema delle Camere di Commercio, in relazione alla Borsa Merci Telematica.
A prescindere dal modello organizzativo, la rilevanza degli interessi coinvolti dalle attività che si
svolgono all’interno di questi mercati organizzati determina l’intensità e la tipologia dei controlli a
cui queste vengono sottoposte.
Le ragioni della disciplina legale dell’istituto dipendono dunque dalla valutazione che il legislatore
svolge degli interessi coinvolti dall’attività svolta dalla e nella “borsa-mercato”, che portano quindi
a regolare il fenomeno come istituzione e l’attività che in essa si svolge 2 .
Mentre delle borse valori si sa praticamente tutto, delle borse merci ci si chiede talvolta se ancora
esistano o se sostanzialmente continuino ad operare.
L’interrogativo riguarda le borse merci del nostro ordinamento, cioè quelle istituzioni, emanazione
delle Camere di Commercio, disciplinate dalla legge 20 Marzo 1913, n. 272 e dal relativo
regolamento di esecuzione approvato con r.d. 4 Agosto 1913, n. 1068, non certo le borse merci
estere, il cui operare è di riferimento mondiale, quali le storiche borse americane, alcune importanti
piazze europee (Londra, Parigi, Le Havre, Rotterdam, Liverpool) e quelle dei mercati di produzione
(Sidney per la lana, Singapore per la gomma lo stagno e il pepe, Yokoama per la seta, Buenos Aires
per i cereali e semi, Mumbay e Karachi per il cotone).
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VIVANTE C., Trattato di diritto commerciale, I, Milano, 1922, p. 248.
Peraltro, come vedremo, nel caso delle borse più che in altri campi il legislatore inizialmente si limita a dare forza di
legge a discipline nate dalle prassi commerciali.
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Per come sono andate configurandosi nel tempo, ci si potrebbe quasi chiedere se le nostre borse
merci abbiano ancora una propria rilevanza, tale da giustificare una struttura pubblica ed una
disciplina ad hoc.
Vero è che la disciplina legislativa era stata dettata originariamente – come detto – per disciplinare
tanto le borse merci che le borse valori. Ben presto queste ultime hanno preso una strada autonoma 3
e la disciplina originaria, soprattutto organizzativa, era rimasta in vigore – potremmo dire che è
sopravvissuta a sé stessa – per le borse merci, perciò il problema che si pone oggi è quanto siano
ancora attuali il fenomeno delle borse merci e la relativa disciplina.
È forse venuto il momento di chiedersi se avesse ancora un senso mantenere in vigore il sistema
delle borse merci così come disciplinate originariamente: premesso che, per comune consenso, così
come era venuto configurandosi negli anni il sistema era divenuto un fenomeno assolutamente
marginale, le strade che si sarebbero potute aprire erano tre: in un’ottica di semplificazione
strutturale e legislativa si sarebbe potuto pensare di sopprimerle, oppure, in una prospettiva di
rassegnato pragmatismo, decidere che fossero sì un fenomeno obsoleto e che l’interesse pubblico ad
una loro disciplina fosse divenuto praticamente inesistente, ma lasciare le cose così come stavano
perché era meno defatigante mantenerle in vita che tentare di sopprimerle, oppure, infine, si sarebbe
potuto ritenere che il sistema potesse avere ancora una sua utilità, ma previa una sua rivitalizzazione
ed attualizzazione, ciò che equivale a dire che si sarebbe dovuto porre mano a ripensarne il ruolo e
quindi la disciplina, come di fatto è avvenuto con la tortuosa via del partire dal progetto Meteora per
giungere alla Borsa Merci Telematica Italiana.
Il fine delle borse merci tradizionalmente è quello di agevolare e garantire la più ordinata, corretta e
funzionale libera commercializzazione delle merci e delle produzioni, nonché di rilevare
correttamente gli andamenti dei prezzi, fornendo anche tutte quelle indicazioni necessarie per una
valutazione anticipata delle possibili tendenze dei mercati sulla base delle previsioni dei raccolti e
dell’evoluzione della domanda e dell’offerta a livello nazionale e internazionale 4 .
Nel nostro ordinamento con il tempo queste istituzioni sembravano essere divenute dei semplici
punti di ritrovo per lo scambio di notizie e di opinioni, nei quali – nella maggior parte dei casi – il
numero di affari concluso era piuttosto modesto, così come le quantità effettivamente trattate.
Ben diversa è la situazione per le borse merci mondiali, mercati all’ingrosso internazionali dove si
formano i prezzi delle materie prime: si pensi per il settore agricolo al Chicago Board of Trade
(CBOT) la più grande borsa dei cereali al mondo, istituita nel 1848 per riunire agricoltori e
mercanti, al fine principale di standardizzare quantità e qualità del grano negoziato, e al Chicago
Mercantile Exchange (CME) di poco successivo (risale al 1874), all’inizio specializzato nei mercati
dei prodotti agricoli deperibili come uova, burro e pollame, poi (dal 1919) esteso a molte delle
merci che attualmente vi vengono trattate, come la pancetta di maiale, i bovini da macello, i bovini
da allevamento, i suini da ingrasso, mercati oggi unificati 5 .
Le borse merci estere non solo non hanno smesso negli anni di essere fiorenti, ma hanno anzi
registrato un dinamico aumento della circolazione verso la fine del XX secolo, insieme allo
sviluppo di moderne tecnologie ed all’afflusso globale di capitale 6 . Peraltro si noti che la
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La scissione tra le borse aventi l’obiettivo di trattare le merci e quelle aventi l’obiettivo di trattare i valori, è avvenuta
nel 1925 con R.D. del 7 marzo n. 222.
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L. AMADEI, Guida alle borse merci, Il Sole 24 Ore – Edagricole, …….., p. 30.
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Così come potremmo ricordare il Kansas City Board of Trade e il Minneapolis Grain Exchange
noti per i contratti sul grano duro o il canadese Winnipeg Commodity Exchange.
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A livello internazionale l'aumento dinamico dei prezzi delle materie prime più importanti (in
particolare, del petrolio, dell’oro, dell’argento e di metalli industriali come il rame, lo zinco e
l’alluminio) ha avuto un'enorme influenza sull’economia mondiale. I mercati delle merci, si sono
trovati al centro dell’interesse degli investitori, (che operano cioè sui mercati dei titoli e dei derivati
connessi alle materie prime), ma il fenomeno dovrebbe indurre a riflettere anche sul funzionamento
delle istituzioni che regolano il c.d. “sottostante”, come le borse merci appunto nelle quali i prezzi si
formano o dovrebbero formarsi.
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negoziazione sui mercati merci mondiali viene condotta sia nell’ambito di mercati borsistici regolati
che sul mercato Over-the-Counter, che peraltro è un mercato solo in senso molto particolare e
limitato.
La grande differenza tra questi mercati e le borse merci italiane, oltre ovviamente alla diversità di
volumi trattati, come da più punti di vista e in più passaggi vedremo, è che nei primi è praticata
anche la contrattazione a termine, mentre le borse merci italiane si sono strutturate come mercati
dell’effettivo, sebbene il legislatore non abbia espressamente vietato l’operatività a termine 7 .
Mentre le borse merci estere, dove si sono sviluppati i contratti future 8 9 , hanno attirato anche
“altri” attori (diversi cioè dai produttori ed acquirenti delle materie prime) come speculatori e
arbitraggisti, le borse italiane non hanno avuto analoga evoluzione, perdendo sempre più
importanza, svuotandosi di operatori e riducendosi l’attività a poco più che punti di incontro,
quindi configurandosi esclusivamente come luoghi di contrattazione che offrono in più (rispetto ai
mercati all’ingrosso e al minuto) la possibilità di contrattare senza la presenza fisica della merce 10 .
Per porre rimedio a questo stato di fatto che aveva relegato le nostre borse merci a piazze marginali,
localisticamente connotate, poco operative e ancor meno significative sull’andamento delle
contrattazioni (quantità contrattate e prezzi), si è puntato sul passaggio alla creazione di una rete
telematica di vendite, iniziato con l’instaurazione di Meteora e approdato alla realizzazione della
Borsa Merci Telematica Italiana.
Le borse merci italiane hanno la possibilità di divenire future market? È auspicabile questo
passaggio? E se ciò non avviene quale è il ruolo che le borse merci devono ritagliarsi e sviluppare
per non correre il rischio di divenire una sorta di ombellico, una cicatrice ricordo di una funzione
ormai non più svolta?
Dal punto di vista della regolazione i primi due interrogativi ripropongono il dilemma se sia
opportuno o meno consentire alle borse merci di operare in parallelo alle borse valori quando
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In Italia esiste una normativa base che consente teoricamente l’avvio di queste tipologie contrattuali, rinvenibile nel
D.M. 12 marzo 1981 ( G.U. n. 82 del 24 marzo 1981) e D.M. del 29 giugno 1984 (G.U. del 10 luglio 1984), seguito poi
dalla circolare n. 1/17 dell’Ufficio Italiano Cambi del 12 luglio 1984, che contiene le disposizioni per concludere
direttamente contratti a termine su Borse estere, ma la realtà è che le Borse italiane classiche non erano attrezzate
adeguatamente soprattutto in termini di quantità produttive.
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Dopo il 1972, con l’avvento delle contrattazioni elettroniche, si è assistito ad un’ulteriore
diffusione di questi contratti, che attualmente non sono più relegati agli Stati Uniti ma vengono
normalmente trattati sia in Europa che in Sud America.
In America latina il principale mercato merci è la Bolsa Mercadoria y Futuros (BMF) brasiliana
che tratta sia contratti su granaglie come soia, mais e frumento, che sul bestiame, che sui prodotti
chiamati coloniali (zucchero, caffè e cacao), che sull’alcol etilico utilizzato per l’auto trazione. In
Europa contratti futures su diverse produzioni agricole come frumento, orzo, mais e patate sono
stati trattati a Londra, Parigi e Amsterdam ed ora sono trattati su un unico circuito (Euronext), al
quale però le nostre borse merci non aderiscono.
In altri termini a livello internazionale –come vedremo – le borse merci non sono solo piazze di
scambio di materie prime, dove i prezzi si formano in ragione delle quantità offerte e richieste, ma
sono divenute ben presto negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo, anche piazze “finanziarie”.
Ciò ha avuto conseguenze differenziate, a seconda degli ordinamenti, sulle preesistenti borse merci “fisiche”
9 Il fenomeno dei future come accennato, e come vedremo meglio in seguito, si è sviluppato soprattutto negli Stati
Uniti, nella Borsa di Chicago nel 1860 e in quella di New York, per diffondersi velocemente in tutti gli altri mercati, da
Parigi, a Rio de Janeiro, a Londra, a Rotterdam, a Minneapolis, anche se la nascita e l’operatività di tale sistema
commerciale si fa risalire al mercato di Amsterdam intorno al 1605.
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Come vedremo la funzione non è comunque da trascurare perché consentendo di lasciare le merci
a disposizione per l’eventuale trasferimento nel magazzino, fa realizzare evidenti risparmi in
termini di costi relativi sia al trasporto che alla conservazione, senza contare le altre funzioni
accessorie che si sviluppano nelle borse merci tradizionali.
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vengono in questione quelle particolari operazioni che sono i contratti future o derivati su merci; nel
primo caso si sceglie di avere due mercati: uno “valori” per i derivati finanziari e uno merci a
termine per i derivati su merci: questa è la strada che dà più peso al “sottostante” e riconosce un
ruolo specifico alle borse merci rispetto ai mercati finanziari. L’alternativa è quella di trattare tutti i
derivati sul mercato “maggiore”, ossia quello finanziario, a prescindere dal sottostante.
Quest’ultima opzione dà ovviamente più peso al tipo di operazione finanziaria collegata alla merce
che alle caratteristiche della merce e quindi alle esigenze di tutela degli investitori e dei mercati
finanziari che alle esigenze economiche dei produttori e dei consumatori (secondo una tendenza che
ha portato negli ultimi anni alla prevalenza della finanza sull’economia reale).
Questa scelta è quella che è stata fatta in passato nel nostro ordinamento: concentrare le operazioni
finanziarie nella borsa valori e lasciare alle borse merci l’operatività non a termine.
Scegliere di sviluppare dei mercati merci specializzati nei quali si trattano anche i derivati collegati
a quelle specifiche merci viceversa indica una propensione a valorizzare le peculiarità di una
materia prima più che i profili finanziari dell’operazione ad essa collegata.
D’altro canto, come insegna la storia, i mercati merci in cui si opera a termine devono preoccuparsi
anche della tutela degli investitori e quindi devono darsi una regolazione finanziaria: con lo
sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche da un lato e degli strumenti finanziari
dall’altro, potrebbe essere inefficiente mantenere due distinte strutture e discipline per i mercati
finanziari e per i mercati merci a termine.
Come vedremo ad alcuni di questi interrogativi ha già risposto la normativa MiFID nella parte in
cui ridefinisce la nozione di strumenti finanziari derivati e di “merce”.
2. Borse merci – borse valori
La sovrapposizione tra borse merci e borse valori si trova già nella storia di questi istituti: ben prima
che il nostro legislatore ne dettasse una disciplina unitaria sotto la comune denominazione di borse
di commercio, le vicende storiche ci rimandano a epoche, anche remote, in cui le vie delle borse
valori, delle fiere e mercati e delle borse merci si sono intersecate, evolvendo poi autonomamente
per essere talvolta ricondotte ad unità dal legislatore, talaltra distinte nettamente.
Storicamente non si ritrova una “anteriorità” assoluta, ontologica, delle borse merci rispetto a quelle
valori, né tanto meno il contrario. Alcuni storici fanno coincidere la nascita delle borse con le prime
borse valori (per la collocazione dei titoli di debito pubblico), ma in epoche meno remote molte
borse nascono come borse merci e poi si sviluppano come borse valori.
In Italia ad esempio la Borsa di Trieste iniziò ad operare come "Borsa Merci" nel 1830 (istituita già
nel 1755 da parte di Maria Teresa con la prima sede nel palazzo comunale dove si riunivano gli
affaristi triestini), alimentata dal commercio del caffè e da una "Cassa di Liquidazione" costituita
dalla Banca Anglo-Austriaca, per passare poi ad operare come borsa valori (il primo valore quotato,
che risale al 1856, fu il "Prestito Città di Trieste") e in questa veste arrivare a conoscere momenti di
grandissimo sviluppo, tanto da far concorrenza a quella di Vienna (nel 1900) e a divenire nel 1925
la base per i titoli assicurativi e cantieristici.
La storia della attuale Borsa Italiana, ossia la borsa di Milano, comincia nel 1808, con il decreto
vicereale del 16 gennaio 1808 di Eugenio Napoleone sancisce la nascita della Borsa di Commercio
di Milano che apre presso il Monte di Pietà. Prima dell’istituzione napoleonica, l'attività di cambio e
la vendita all'incanto degli effetti pubblici erano già praticati sulla piazza milanese. La vera novità
introdotta in Italia dal Codice di commercio napoleonico è il regime pubblicistico delle Borse di
commercio che contraddistinguerà il mercato italiano fino ai tardi anni Novanta del secolo XX. Nel
giugno del 1813 vengono stabiliti per decreto il numero dei mediatori e i loro diritti per ciascuna
operazione.
Al ritorno degli austriaci, l’istituzione della Borsa di commercio viene confermata con un decreto
imperiale del maggio 1816. La Camera di commercio mantiene l’esercizio delle funzioni attribuite
dai decreti istitutivi del 1808, mentre l’elezione diretta dei Sindaci di Borsa da parte dei mediatori
resta inapplicata. Le nomine continuano ad essere effettuate dalla Camera di commercio, spesso
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anche al di fuori della categoria dei mediatori.
Il primo titolo azionario, la Società Ferroviaria del Lombardo Veneto, viene quotato nel 1859; con
l'unità d'Italia il volume dei valori contrattati conosce una sensibile crescita, ma quasi solo grazie
all’enorme offerta di titoli del debito pubblico che il Governo Italiano deve emettere per sostenere
l’unificazione del paese.
Negli anni Settanta compaiono i titoli delle prime compagnie ferroviarie e delle banche. Le società
manifatturiere invece, rimangono fuori dal listino per un lungo periodo, poiché le loro ridotte
dimensioni infatti consentivano di far fronte alle esigenze di sviluppo tramite autofinanziamento.
Solo al volgere del secolo che la rapida crescita industriale del paese porta anche questo settore a
cercare in Borsa i finanziamenti necessari e il numero di azioni quotate a Milano passa così da 23 a
54 tra il 1895 e il 1900, per raggiungere le 160 nel 1913. 11
La storia delle Borse Merci ha però radici ancora più lontane, infatti sin dal basso medioevo le
operazioni di scambio dei prodotti avvenivano in precisi punti di incontro, generalmente le piazze,
con la “stretta di mano”.
Nel corso degli anni l’aumento della domanda, conseguenza delle modificazioni demografiche e
urbane, ha spostato il fulcro degli scambi nei centri fieristici, risultati anch’essi ben presto
inadeguati ad incentivare i commerci, soprattutto in considerazione del fatto che la loro
organizzazione non avveniva con frequenza temporale ravvicinata.
A questo inconveniente si è sopperito creando le “riunioni”, luoghi di scambio con precisi fini
mercantili, programmati con la ciclicità necessaria e nei luoghi che di volta in volta risultavano più
adatti e favorevoli. Gli accordi stipulati al loro interno divenivano consuetudini riconosciute
vincolanti dalle stesse parti contraenti.
È così che si passa dai “mercati delle merci”, che sono tra i più antichi mercati al mondo (i loro inizi
risalgono all'antichità), ai mercati merci borsistici che risalgono all'inizio del secolo XII nei paesi
dell'Europa Occidentale.
Il termine “borsa” fa la sua comparsa nel secolo XIV in Fiandra (Fiandre), a Bruges: questa città era
un importante centro commerciale dalla fine del secolo XII. Una piazza di Bruges intitolata alla
famiglia Van der Buerse era il luogo di scambio per molti mercanti. Rapidamente si diffuse
l’espressione andare à la Buerse ogni volta che si regolava il lato finanziario di un affare. Nel 1309
il fenomeno si istituzionalizza con la creazione della Borsa di Bruges, ben presto seguita da altre in
Fiandra e nei paesi circostanti (Gand e Amsterdam). È sempre in Belgio che viene costruito il primo
edificio concepito espressamente per abritier una borsa, ad Anversa.
In Francia la prima borsa organizzata risale al 1540 e vide la luce a Lione, ma già nel secolo XII i
courratiers de change erano incaricati di controllare e regolare i debiti degli agricoltori per conto
delle banche: si trattava in pratica dei primi mediatori (courtiers). Questi si riunivano sul Grand
Pont a Parigi, che oggi mantiene nel nome il ricordo di quella esperienza (Pont au Change).
Prima ancora che si diffondesse il termine borsa, già nel secolo XIII in Italia a Pisa, Genova o
Firenze venivano scambiati i primi titoli di Stato.
Ma solo nel XVII secolo gli olandesi, per primi, utilizzano la borsa per finanziare le imprese
commerciali: la prima impresa a emettere azioni ed obbligazioni fu la Compagnia olandese delle
Indie orientali, istituita nel 1602; nel 1688 si comincia a quotare le azioni ed obbligazioni alla borsa
di Londra.
Nel 1774 alla Borsa di Parigi (creata nel 1724) i cours dovevano ormai essere obbligatoriamente
gridati, al fine di consentire la trasparenza delle operazioni: è la creazione del Parquet.
Nel secolo XIX la rivoluzione industriale permette il rapido sviluppo dei mercati borsistici, trainata
dai bisogni di capitali ingenti per finanziare lo sviluppo dell’industria e creare il sistema dei
trasporti.
A lungo dunque si sono avute borse, cioè mercati organizzati, in cui si trattavano indifferentemente
merci e valori: solo nel tempo la negoziazione dei titoli ha acquistato interesse specifico per
11
N. SUNSERI, Piazza Affari, Milano, Longanesi, 1998, pp. 7-15.
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l’economia, nel senso che ha acquistato rilievo autonomo da quando lo scambio dei titoli si è
rivelato essenziale per risolvere le esigenze delle imprese industriali (e queste sono divenute
primarie per il sistema economico) di ottenere finanziamento, mentre prima i titoli erano
sostanzialmente fungibile, a fini speculativi, rispetto alle merci.
Possiamo dire che le borse, in quanto mercati organizzati, nascono normalmente per lo scambio
delle merci e poi evolvono in luoghi che consentono anche lo scambio dei titoli; in rari casi nascono
direttamente per la negoziazione dei titoli.
Il momento di svolta dalla funzione originaria di borse mercati per lo scambio di merci a quella di
ridurre i rischi di controparte e poi di trovare finanziamenti per le imprese, si ha con il
perfezionamento dei profili delle borse in quanto mercati organizzati che offrono una serie di servizi
ed in particolare con la creazione ed il perfezionamento dell’organizzazione di stanze di
compensazione). Questa quasi assenza di rischi di controparte fa dei mercati organizzati un luogo
privilegiato per coprire una posizione e dunque un luogo privilegiato di speculazione. Così la quasi
totalità dei contratti (acquisto e vendita) dei mercati organizzati sono rivenduti prima del termine,
con ciò eliminandosi a coppie (acquisto/vendita), e quindi ne rimangono ben pochi che sono
effettivamente “liberati”.
Il momento di congiunzione tra borse merci e borse valori e dunque il passaggio dalla
contrattazione reale (ciò che oggi chiameremmo mercato cash) al sistema dei contratti a termine,
che pure nacque per lo scopo primario di vendere o procurarsi una merce. E questo fatto spiega
perché alcune borse merci sono divenute anche piazze finanziarie ed altre sono rimaste solo mercati
organizzati per lo scambio delle merci, come è il caso delle borse merci italiane
In Italia le borse merci erano mercati dell’effettivo: nonostante la dottrina abbia studiato il tema con
una certa frequenza 12 , non hanno svolto alcun ruolo rilevante come mercato a termine, attività
peraltro – all'inizio – non espressamente vietata da alcuna norma, e quindi il legislatore non ha
dovuto affrontare i problemi e le esigenze di maggiori controlli che il mercato a termine comporta,
in relazione all’attività speculativa che a quest’ultimo più si accompagna. È peraltro da ricordare
che il sistema degli ammassi e, in generale, il regime di economia pianificata e di Stato
interventista, erano inerentemente opposti alle condizioni per la creazione di un mercato a termine.
È anche da osservare che le borse merci italiane proprio per questo essere mercati dell’effettivo,
sono divenuti preponderanti altri aspetti quali l’offerta di servizi collaterali: logistica e magazzini,
ma anche standardizzazione dei contratti, possibilità di ricorrere ad arbitrati e pubblicazione di
listini prezzi, che funsero a lungo da riferimento per gli scambi, tanto che una traccia del ruolo
sopravvive ancor oggi nell'art. 1474, comma 2, c.c. .
Ferme restando le particolarità evolutive delle borse nei vari Paesi (per le quali rinviamo ai
successivi paragrafi), in chiave storica possiamo comunque rilevare come in generale le borse siano
nate come luoghi dove si favorivano gli scambi e si consolidavano prassi commerciali, e dopo una
prima organizzazione data dall’autonomia normativa dei privati, per l’importanza che acquistavano
proprio in virtù dell’organizzazione che si erano date, sono state oggetto di disciplina anche da parte
del legislatore che attraverso disposizioni normative ha dettato regole che tenessero conto oltre che
delle esigenze commerciali, anche di altri interessi generali: a seconda dei diversi contesti storici e
normativi, alcuni ordinamenti - tipicamente quelli continentali - hanno più o meno accentuato il
carattere pubblicistico di queste strutture mercantili.
È così ad esempio che nel Regno d'Italia nascono le prime Borse di Commercio, che possono
trattare tanto le merci quanto i valori, istituite con legge del 20 marzo 1913 n. 272, dotate di
personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposte a vigilanza pubblico/corporativa e addirittura
tutelate, rispetto ad altre strutture similari, dalla riserva di denominazione contenuta nell’art. 1 del
R.D. del 4 agosto 1913 n. 1068 (che dava piena attuazione al regolamento applicativo emanato
12
L. REGGIANINI, Le operazioni a termine delle merci, Torino, UTET, 1923; G. DELL’AMORE, I mercati a termine di
borsa delle merci, Milano, Giuffrè, 1940; G. MASCI, Il mercato a termine delle merci, con speciale riguardo alle borse
cereali in Italia, in Economia, 1931, 421; G. DE RICCIO, È attuale la ricostituzione del mercato a termine dei grani in
Italia?, in Riv. ital. sc. comm., 1949, 20.
7
immediatamente dopo la legge istitutiva), ai sensi del quale - con norma che ricorda quella che
verrà poi posta dalla legge bancaria e si ritrova ancor oggi nelle leggi di settore in tema di banca e
mercato finanziario - la denominazione di “Borsa di commercio”, di “Borsa di valori”, di “Mercato
di valori” o altra consimile è riservata esclusivamente alle Borse istituite a norma della legge
272/1913 (art. 1). Viene quindi vietato espressamente l’uso di tali denominazione, laddove non
venga seguita la procedura istituiva legislativamente determinata di stampo pubblicistico (e le
conseguenti norme di vigilanza), ancorché “risulti espressamente escluso ogni carattere ufficiale”.
Come si è detto, la disciplina era comune alle borse valori e alle borse merci, ma dalla lettura
dell’articolato legislativo e regolamentare originario si capisce agevolmente, anche se non consta
che sia mai stato espressamente rilevato, che la disciplina era dettata avuto riguardo essenzialmente
alle esigenze del mercato dei valori, di fatto estesa a quello delle merci: ad esempio il Capo III Ammissione dei valori alla quotazione; orario e contrattazioni alle grida mostra evidentemente il
ruolo marginale rivestito dalle merci. Infatti le norme contenute negli articoli che trattano dei titoli,
e si veda ad esempio l'art. 14, vengono resi applicabili “ad altre borse”, e quindi quelle merci, ad
opera del Ministro dell’agricoltura industria e commercio di concerto con quello del tesoro.
Peraltro piuttosto rapidamente, già alla metà degli anni Venti, furono adottati specifici
provvedimenti legislativi che distinsero nettamente le competenze e le attività delle Borse Merci e
delle Borse Valori fino ad allora univocamente raggruppate nelle Borse di Commercio, e la
differenziazione nella disciplina si accentua sempre più marcatamente nel tempo; la separazione tra
borse valori e borse merci ha iniziato a formalizzarsi nel 1974, con la l. 7 giugno 1974, n. 216, la cd.
miniriforma delle società, ed il “divorzio” è stato consumato nel 1996, con i d. lgs. 23 luglio 1996,
n. 415, cd. decreto Eurosim: da quel momento tutte le borse (valori) italiane sono state soppresse e
la gestione di tutti gli scambi (“valori”) fu concentrata nella sede di quella che era la borsa di
Milano, mentre la concentrazione non ha riguardato le borse merci. Si precisa che, sul piano
operativo, con l'adozione della trattazione telematica in continua, in luogo della trattazione alle
grida presso ciascuna sede, già da alcuni anni tutte le borse operavano in un unico contesto.
A chiusura, notiamo come la prima crisi borsistica documentata è olandese: si ha nel 1636 in
Olanda, con la c.d. bolla dei Tulipani. Negli anni trenta del XVII secolo, sui mercati di Amsterdam,
ma anche di Londra, si verificò un violento rialzo dei prezzi dei bulbi dei tulipani olandesi e degli
strumenti derivati che avevano come sottostante i bulbi di tulipano. La rottura che avvenne negli
anni 1636-1637 costituì probabilmente il primo dei crack borsistici su merci 13 . Altro aspetto
notevole è che la crisi scoppiò non tanto per un problema legato al commercio reale dei tulipani,
quanto per l'introduzione nel sistema di derivati, e la pratica fu soprannominata in modo
immaginifico il "commercio del vento", nonché per il fatto che nessuna corte di giustizia poteva
esigere che i contratti venissero onorati. Infatti i giudici considerarono questi debiti come quelli
contratti per gioco di azzardo. Il tema dell'ecczione di giuoco ricorrerà dai regolamenti sui contratti
differenziali del debito pubblico francese nel Settecento, passando per il dibattito italiano sui
contratti differenziali su titoli e su merci tra l'Ottocento e il Novecento 14 , alla nota sentenza resa nel
1991 dalla House of Lords, nel caso Hazell v. Hammersmith and Fulham London Borough
Council 15 , per giungere alle ordinanze del Tribunale di Milano che in più occasioni, tra il 1993 e il
1995 16 , ritenne applicabile ai contratti derivati, stipulati a soli fini speculativi e non di copertura di
13
M. DASH, Tulipomania: The Story of the World's Most Coveted Flower & the Extraordinary Passions It Aroused,
New York, Random House, 1999 (tr. it. La febbre dei tulipani, Milano, Rizzoli, 1999).
14
Sul quale cfr. E. FERRERO, Contratto differenziale, in Contratto e impresa, 1992, 475.
15
All England Report, 1991, I, 545; in Italia fu pubblicata in Banca, borsa e titoli di credito, 1991, II, p. 433 con nota di
R. AGOSTINELLI, Struttura e funzione dei contratti di swap, ivi, p. 437 e in Foro it., 1992, IV, c. 309, con nota di G.
CATALANO, “Swaps”: pregiudizi inglesi e (prospettive di) disciplina italiana, ivi, c. 310.
16
Trib. Milano (ord.) 24 novembre 1993, Fioroni c. Credito Italiano S.p.a., in Giur. comm., 1994, II, p. 455 e in Banca,
borsa e titoli di credito, 1995, II, p. 80, con nota di A. PERRONE, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione
di gioco, ivi, p. 82; Trib. Milano (ord.) 26 maggio 1994, Banec S.p.a. c. Fin. Ambrosiana S.p.a., ivi; di segno opposto
Trib. Milano (ord.) 21 febbraio 1995, Giardini di Zelo s.r.l. c. Imi SIM S.p.a. e Monte del Paschi di Siena, in Giur.
comm., 1996, II, p. 79, con nota di N. SQUILLACE, La l. 2 gennaio 1991, n. 1, e i contratti di swap, ivi, p. 85 e in Banca,
8
un rischio, l'eccezione di gioco prevista dall’art. 1933, secondo comma, c.c. e, quindi, che non fosse
azionabile l’obbligazione di pagamento nei confronti del debitore in quanto non degna di tutela. Il
problema, come è noto, fu poi risolto sia dal mutare della giurisprudenza” 17 , che dagli interventi
normativi 18 .
Il primo crack su titoli, invece, è probabilmente quello dato nel maggio del 1719 dallo scoppio della
bolla speculativa che si era formata sui titoli della Compagnia del Mississippi, l'equivalente
francese delle due note Compagnie delle Indie 19 .
3. Le “Borse” non borse merci in Italia
Come è noto e come abbiamo rilevato, il termine “borsa” può risultare non univoco. In ordinamenti
diversi dal nostro la corrispondenza di mercati organizzati con ciò che il nostro legislatore individua
come borse merci non sempre è agevole, come avviene ad esempio in Francia.
Ma anche all’interno del nostro ordinamento il termine borsa può far sorgere alcune perplessità.
Il termine borsa evidentemente ha una sua forza evocativa e fa sorgere delle aspettative rispetto a
chi può fregiarsene, al punto che sia nella disciplina originaria che in quella che l’ha recentemente
novellata è stabilita una riserva nell'uso della denominazione 20 .
Nonostante ciò esistono diversi fenomeni che vengono denominate “borse” e che borse non sono,
così come altri diversamente denominati (sale di contrattazione) nella sostanza lo sono sebbene
diversamente denominate perché carenti del crisma dell’ufficialità sotto forma di riconoscimento
ministeriale.
Tra le varie borse che incontriamo nell’ordinamento possiamo citare la borsa del miele, la borsa
filatelica, la borsa elettrica, la borsa immobiliare, la borsa dei diritti edificatori 21 ….
3.1 la borsa filatelica
La “Borsa Filatelica Nazionale” fu istituita a Milano nel 1943, senza limiti di durata. Dal punto di
vista giuridico, si tratta di un’associazione non riconosciuta senza scopo di lucro, alla quale
partecipano la quasi totalità dei commercianti filatelici operanti in Italia.
Ha sede a Milano, dove si svolgono settimanalmente anche le sedute, il giovedì mattina, ma lo
statuto attualmente vigente non esclude l’ipotesi che le riunioni si tengano anche in altre città; è,
altresì, previsto che in altre città possano essere create Sezioni autonome della Borsa, con statuti
borsa e titoli di credito, 1996, II, p. 442 con nota di A. PERRONE, ivi, p. 447, nonché il lodo arbitrale Milano, 26 marzo
1996, (Pres. Tarzia), in Banca borsa e titoli di credito, 1996, II, p. 680, e il lodo arbitrale Milano, 19 luglio 1996 (Pres.
Casella), in Riv. dir. priv., 1997, p. 573, con nota di G. CAPALDO, Contratto di swap e gioco, ivi, p. 587. Quest’ultimo
lodo rende conto di due ordinanze rese dal Tribunale di Milano in data 27 novembre 1993 e 26 maggio 1994, inedite, in
procedimenti tra le stesse parti del lodo, nelle quali è stato ritenuto che i contratti fossero stati conclusi con finalità di
gioco e, quindi, che fossero soggetti all’eccezione formulata dall’art. 1933, comma primo.
17
Trib. Milano, 2 febbraio 1997, Fioroni c. Credito Italiano, in Banca borsa e titoli di credito, 2000, II, p. 90, ove la
sentenza espressamente ricorda l’ordinanza, di segno opposto, resa nella stessa causa dal G.I. nel 1993.
18 Art. 23 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, TU delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
19
A.E. MURPHY, John Law, Economic Theorist and Policy-Maker, Oxford, 1997.
20
Si veda l’art. 11 del decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 6 aprile 2006, n.174 (Regolamento per il
funzionamento del sistema telematico delle Borse merci italiane, con riferimento ai prodotti agricoli, agroalimentari ed
ittici), che rinvia alle disposizioni di cui al Titolo I, Capo I, articolo 1 del regio decreto 4 agosto 1913, n. 1068.
21
Una Borsa per lo scambio dei diritti sulle aree edificabili è stata ipotizzata dal comune di Milano per sostituire il
Piano regolatore generale del 1980 entro il 2009, come prevede la legislazione regionale. L’idea è quella di sostituire al
precedente sistema di regolazione territoriale, uno strumento più flessibile, che comprende anche la creazione di un
mercato dei diritti edificatori, che dovrebbe funzionare come una borsa, nella quale i privati che hanno dei diritti
edificatori su terreni sui quali non possono edificare, possono cederli ad altri, sul modello di quanto avviene nel New
Jersey, dove già esiste una Borsa dei diritti edificatori.
9
anche parzialmente differenti da quello della Borsa milanese, ove ne sorga la necessità.
Le finalità perseguite dalla Borsa Filatelica sono enunciate al punto 3) dello Statuto e sono quelle di
“promuovere amichevoli relazioni tra commercianti e collezionisti di francobolli, periti e cultori di
filatelia, al fine di effettuare ed incrementare, sotto un comune indirizzo, la diffusione della filatelia
stessa”.
Possono divenire soci della Borsa Filatelica Nazionale non soltanto “i commercianti di francobolli
per collezione muniti di regolare licenza di esercizio” e “i commercianti o produttori di materiale
filatelico”, ma anche i periti filatelici, i giornalisti iscritti all’albo nazionale e gli editori filatelici, e,
addirittura dei “meri collezionisti”, purché nominati soci onorari o benemeriti dal Comitato
Direttivo, anche se senza diritto di voto. I requisiti richiesti per l’ammissione, sono il libero
godimento della cittadinanza italiana – in realtà è prevista anche la possibilità che siano ammessi
cittadini stranieri residenti in Italia o in stati i cui ordinamenti prevedano un pari trattamento per i
cittadini italiani – e la “notoria ed indiscussa correttezza commerciale”, qualità, quest’ultima, il cui
effettivo riscontro nel richiedente è rimesso a una valutazione discrezionale del Comitato Direttivo
della Borsa, unico organo chiamato a decidere insindacabilmente sull’ammissione delle domande,
di regola entro 60 giorni dalla presentazione, dopo che queste sono rimaste affisse all’albo sociale
per un periodo non inferiore a 30 giorni, termine entro il quale ciascun socio può avanzare
“eccezioni o reclami” relativamente alle singole richieste presentate.
La Borsa Filatelica Nazionale opera articolandosi in vari organi: l’Assemblea generale è composta
da tutti i soci con diritto di voto, si riunisce almeno una volta l’anno, entro il mese di febbraio, ma
può essere altresì convocata, “in seduta straordinaria”, sia dal Comitato Direttivo, ogni qual volta lo
ritenga necessario, sia su richiesta motivata di almeno un quinto dei soci.
Per lo svolgimento di funzioni “amministrative”, o, meglio, contabili, è prevista la nomina di un
Segretario, un Cassiere, scelto tra i componenti del Comitato Direttivo, e due revisori dei conti.
Le funzioni direttive sono attribuite al Comitato Direttivo, composto da un presidente, un vicepresidente e cinque consiglieri, ai quali sono eventualmente affiancati, qualora la questione trattata
lo richieda, dei rappresentanti regionali. I componenti permanenti del Comitato durano in carica tre
anni e possono essere riconfermati. Il Comitato si riunisce su convocazione del Presidente o dietro
richiesta motivata di ameno uno dei componenti e delibera a maggioranza. Tra il compiti più
significativi spettanti al Comitato ritroviamo il potere esclusivo di modificare il Regolamento di
Borsa e la più generale funzione di garantirne il buon andamento, compito che l'organo svolge
anche tramite l’adozione di deliberazioni, norme regolamentari e provvedimenti, anche di natura
disciplinare. Di fronte a questi poteri di amplissima portata, lo statuto prevede la possibilità di
proporre reclami e contestazioni, sui quali, tuttavia, preposto a decidere, e questa volta
insindacabilmente, è sempre lo stesso Comitato.
Accanto a questi organi, che seguono lo schema organizzativo più diffuso tra le associazioni, è
prevista la nomina di una Commissione di Vigilanza, composta da un Direttore e tre membri, con il
compito di effettuare “il controllo del materiale offerto o, comunque, ceduto nei locali della Borsa”.
Per il perseguimento della funzione sono attribuiti alla Commissione, tra l’altro, i poteri di
esaminare direttamente o sottoporre a perizia il materiale offerto, con l'eventuale facoltà
insindacabile di ritirare gli esemplari di prodotti filatelici ritenuti non autentici, alterati o comunque
non commerciabili; infine, la Commissione può autonomamente allontanare dai locali di Borsa il
socio colto ad offrire o cedere il materiale in questione, mentre ha solo un potere di proposta al
Comitato con riguardo all’espulsione dello stesso socio che abbia compiuto tali attività.
è interessante rilevare che in un soggetto privato, forse addirittura configurabile come organismo di
autotutela, i poteri riservati formalmente ai soci dallo statuto e dal regolamento siano veramente
limitati: la compagine sociale è convocata almeno una volta l’anno, ma non si precisa se per
l’approvazione del bilancio/rendiconto relativo all’anno di esercizio precedente (coincidente con
l’anno solare) o con quali altre eventuali funzioni; i poteri attribuiti ai soci sono costituiti dalla
facoltà di opporsi tramite la presentazione di opposizioni o reclami all’ingresso di nuovi soci e dal
potere di nominare – ma non è chiaro se vi sia anche il potere di revocare – i membri del Comitato o
10
della Commissione, il Segretario, il Cassiere e i revisori dei conti.
Quanto ai provvedimenti inibitori e sanzionatori adottabili dalla Commissione e dal Comitato, essi
sono eseguiti dai componenti degli stessi organi e sono opponibili o reclamabili solo di fronte agli
stessi organi che li hanno emessi e, infine, manca una polizia di Borsa.
Circa le modalità concrete di svolgimento dell’attività di Borsa, le riunioni si tengono ogni giovedì
mattina in locali appositamente designati e organizzati: ciascun socio è ammesso previo
riconoscimento anche tramite l’apposito tesserino che deve essere costantemente esposto e prende
posto ad un banco assegnatogli in via permanente ed individuabile nella dettagliata mappa delle
postazioni esposta all’ingresso e allegata, assieme all’elenco dei soci indicati con il numero
corrispondente alla relativa postazione, alla brochure recante anche lo statuto ed il regolamento di
Borsa, consegnata all’iscrizione e disponibile in copia all’ingresso.
Si deve tenere presente, per comprendere i numeri e la mole delle negoziazioni, che, a fronte dei
198 soci con diritto di voto, oltre 27 senza diritto di voto e 5 onorari, risultanti iscritti nel 2006, le
postazioni effettive non arrivano a 50; ciò si spiega in ragione del fatto che, dal momento che
l’unico “costo” per essere soci è rappresentato dall’obbligo di pagare una quota di iscrizione annua
piuttosto esigua, la presenza nell’elenco dei soci, pubblicato nella richiamata brochure cartacea, ma
soprattutto nel sito internet della Borsa, con possibilità di inserire links diretti ai siti dei singoli
inserzionisti, garantisce un buon grado di conoscibilità tra gli operatori e i collezionisti.
Quanto alla formazione del prezzo, ricordato che naturalmente le negoziazioni possono svolgersi
anche al di fuori dei locali di Borsa, il prezzo è determinato ad ogni seduta, tenendo come
riferimento il listino formato dal Presidente per la propria impresa. La prassi, alquanto inusuale,
parrebbe riconoscere ad un soggetto non terzo un ruolo preminente se non quasi impositivo nella
determinazione dei prezzi, ma diviene comprensibile tenendo presente che l’attuale Presidente è
anche titolare di una delle maggiori imprese operanti nel settore; se quindi questa impresa operasse
al di fuori della Borsa, la mole della domanda o dell’offerta potenzialmente gestibile dalla stessa
sarebbe sufficiente di per se sola a influenzare l’andamento generale dei prezzi.
Se per taluni aspetti, al di là del nomen, il mercato filatelico può presentare alcuni aspetti comuni
con le borse, mancano importanti elementi necessari per poter ricondurre questo mercato
"organizzato" (e sia detto in senso atecnico) a ciò che costituisce il modello minimio borsa. La
Borsa Filatelica Nazionale è un’associazione non riconosciuta senza scopo di lucro, quindi non è
neppure iscritta alla Camera di Commercio di Milano, se pur si è dotata di un regolamento
operativo, oltre che dello statuto, ove sono previsti organi interni anche con funzioni disciplinari e
sanzionatorie, è sprovvista di poteri coercitivi; soprattutto, mancano, come visto, le condizioni
minime per ritenere che il prezzo effettivamente si formi in Borsa: il presidente redige solo
periodicamente il listino citato, pur rivedendone in tempo reale le voci che presentano incisive
oscillazioni, e lo pubblica con principale finalità meramente commerciali, il fatto che gli altri soci
facciano volontariamente riferimento quasi esclusivamente a tale listino riduce significativamente il
peso delle negoziazioni effettuate in Borsa, che di fatto si riduce al mero luogo “fisico” in cui pochi
commercianti di maggiori dimensioni, che svolgono anche attività di ingrosso verso imprese più
piccole o geograficamente lontane da Milano, si incontrano periodicamente per perfezionare accordi
che potrebbero essere – e spesso effettivamente sono – realizzati anche altrove o con altri mezzi che
lo scambio verbale di proposta e accettazione.
Si deve peraltro osservare che la Borsa filatelica Nazionale, ancorché non riconducibile al modello
di borsa, rappresenta un caso unico nel suo settore a livello mondiale: non risultano al momento
esistenti altre borse filateliche che seguano il modello italiano, le sole ipotesi riconducibili ad esso
configurandosi nei casi, rari, in cui durante convegni internazionali si organizzino mercati
temporanei.
3.2 La borsa del miele
11
La produzione del miele sembra apparentemente ‘facile’, dal momento che ‘il grosso del lavoro’ è
svolto dalle api, che procedono alla raccolta e alla rielaborazione del nettare e della melata senza
particolari necessità di intervento umano, che potrebbe essere limitato alla predisposizione delle
arnie e alla raccolta del miele; tuttavia queste sole operazioni non possono essere sufficienti a fare
del miele prodotto un miele di qualità.
Di fronte ad un prodotto-base piuttosto semplice, in altre parole, il mercato si è nel tempo sempre
più orientato verso diversificazioni dirette alla produzione di mieli sempre più ‘raffinati’ e di qualità
differenziate, idonei a rispondere alle diverse esigenze di una clientela nel tempo educatasi ad
apprezzarne le varietà e gli innumerevoli tipi e gusti. Si sono, così, sviluppate le produzioni di mieli
mono o plurivarietali, raccolti in zone con caratteristiche naturali e climatiche molto diversi e capaci
di incidere anche profondamente sul gusto finale dei diversi prodotti; anche nella fase della
commercializzazione, inoltre, se ne sono notevolmente moltiplicate le potenzialità di impiego,
prospettando abbinamenti anche insoliti con altri alimenti o suggerendone innovativi impieghi
nell’elaborazione di altre pietanze. Infine, non si deve dimenticare che il miele ed i suoi derivati o
succedanei hanno tradizionalmente anche molteplici impieghi nei settori erboristico, farmaceutico e,
non ultimo, in profumeria.
Ben si comprende, quindi, come si possano essere susseguiti nel tempo molteplici interventi
perseguenti anche finalità diverse, ora di salvaguardia e incentivo dell’apicoltura, ora di disciplina
del mercato dei prodotti apicoli, anche attraverso l’istituzione dell’albo degli apicoltori, ora di
individuazione della caratteristiche minime che il prodotto deve avere per fregiarsi di particolari
titoli individuanti qualità aggiuntive, da rappresentarsi anche nell’etichetta.
Interventi in tal senso si sono avuti sia a livello italiano che, successivamente, comunitario; in
questo settore, infatti, si deve registrare un autonomo e di molto anteriore intervento del regolatore
italiano rispetto a quello comunitario, ancora lontano dal nascere, con la finalità di regolarne il
mercato.
È negli anni Venti del secolo scorso che, in attuazione delle disposizioni di cui alla L. 562/1926,
recante disposizioni per la difesa dell’apicoltura la nascita, in seno all’Università di Bologna, in
coordinamento con il Consiglio provinciale delle corporazioni di Bologna e la Confederazione
nazionale degli Apicoltori, dell’idea di dar luogo ad un organismo cui demandare funzioni di tutela
e incremento del settore. Con una convenzione tra questi soggetti venne istituito un primo
Consorzio il quale, sussidiato dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste e della Cassa di
risparmio di Bologna, negli anni Trenta promosse l’istituzione dell’Istituto Nazionale di Apicoltura
– INA, avvenuta con R.D. 16 giugno 1938, n. 1049.
L’INA, istituito presso l’istituto di Zoocolture della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di
Bologna, ha come finalità la ricerca e servizi per l’apicoltura, che persegue secondo il proprio
statuto e nel rispetto del Piano specifico di intervento per il settore apistico del Ministero
dell’agricoltura e delle foreste, approvato dal CIPE nel 1990. Sostenuto finanziariamente dallo
stesso Ministero, nel tempo ha visto aumentare il proprio organico e ha predisposto due nuove sedi
a Bologna e a Reggio Emilia; dal 2004 è, inoltre, entrato a far parte del Consiglio per la Ricerca e la
sperimentazione in Agricoltura – CRA.
Tra le funzioni ad esso ascrivibili, per quanto qui interessa le più rilevanti attengono allo
svolgimento di studi economici e di indagini e ricerche di mercato, soprattutto aventi ad oggetto le
diverse richieste dei consumatori e la corrispondente presenza nei prodotti offerti delle qualità
attese; nonché aspetti relativi alla formazione del prezzo di mercato, al rapporto qualità/prezzo e a
quello quantità/costo, e alle fasi di commercializzazione. L’Istituto svolge, inoltre, una costante
attività di ricerca per garantire un efficace supporto in tutte le fasi della produzione, predispone
corsi di formazione e di studio, realizza workshop anche a livello ultranazionale e tiene gli albi delle
diverse professioni regolamentate nel settore.
Accanto a questo soggetto pubblico sono stati istituiti nel tempo altri organismi, con strutture
organizzative e funzioni di volta in volta diverse; al riguardo si può ricordare, a titolo di esempio,
l’Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria – ISZA, istituito con D.P.R. 23 novembre 1967, n.
12
1318, in quanto una delle sue cinque sezioni ha competenze nel settore apicolo, ma con esclusivo
riferimento alle fasi della produzione e non anche della negoziazione del prodotto finito.
Tutti questi organismi sono stati raggruppati in una nuova struttura, istituita con il d. lgs. 454/1999,
denominata Consiglio per la sperimentazione e la Ricerca in Agricoltura – CRA.
Il CRA è un ente di ricerca di diritto pubblico, con autonomia statutaria, organizzativa,
amministrativa e finanziaria, soggetto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari
e forestali; opera attraverso la predisposizione di piani triennali, aggiornati annualmente, tenendo
conto dei programmi di ricerca elaborati sia a livello comunitario che regionale. Svolge le proprie
funzioni attraverso un’articolazione territoriale, in collegamento e cooperazione con le
amministrazioni pubbliche sia centrale che locali e con le imprese e le associazioni di categoria.
Collabora, inoltre, con le Università, il CNR, l’ENEA e gli altri enti di ricerca del comparto
agricolo.
Il settore apicolo del CRA svolge importanti funzioni sia nell’ambito della promozione e
dell’affinamento delle tecniche di produzione delle diverse varietà e tipologie di miele
commerciabili, sia delle modalità di commercializzazione delle stesse, a tali fini realizzando anche
continui rapporti collaborativi e di scambio di analisi ed informazioni sia con amministrazioni
pubbliche che con altri soggetti, anche privati, presenti sul mercato.
Un ruolo di almeno pari rilievo è, poi, svolto nel settore da un altro soggetto pubblico, l’Istituto di
Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare – ISMEA, istituito in attuazione del riordinamento del
sistema degli enti pubblici nazionali, a mezzo del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 419, dall’accorpamento
dell’Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo, già ISMEA, e della Cassa per
la Formazione della Proprietà Contadina. ISMEA è un ente pubblico economico che, tra i propri fini
istituzionali, collabora con le regioni per il potenziamento della proprietà fondiaria e per favorire il
ricambio generazionale in agricoltura, accedendo, per realizzare tali finalità, ad un particolare
meccanismo di aiuti consentito dall’Unione Europea; esso, inoltre, anche a mezzo di società
controllate, fornisce servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia
creditizia e finanziaria alle imprese agricole, ‘al fine di favorire l’informazione e la trasparenza dei
mercati, agevolare il rapporto con il sistema bancario e assicurativo, favorire la competitività
aziendale e ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato’.
In particolare, ISMEA rileva ed elabora le quotazioni dei prodotti alimentari in oltre trecento
mercati, elaborando anche un indice mensile dei prezzi di produzione; elabora scenari economici e
previsioni sul possibile futuro andamento dei mercati e le conseguenti evoluzioni dei diversi
comparti produttivi.
Per quanto, più nel dettaglio, interessa il mercato del miele, nel 1989 è stato istituito l’Osservatorio
del miele, un’associazione che riunisce istituzioni e organizzazioni attive nel settore sia a livello
locale che nazionale, con la principale funzione di svolgere per conto dell’ISMEA una rilevazione
mensile dell’andamento produttivo e dei prezzi all’ingrosso del miele e una relazione annuale sulla
produzione e sull’andamento del mercato del miele. Nell’ambito delle proprie competenze in
materia di analisi e di elaborazione dei dati e dei rilevamenti periodici relativi alla produzione e alla
commercializzazione del miele l’Osservatorio effettua previsioni circa il possibile futuro andamento
del settore, a nostro avviso idonee a condizionare l’incontro della domanda e dell’offerta almeno nel
breve periodo, ma soprattutto a condizionare la formazione del prezzo. Al riguardo, comunque, si
evidenzia che l’Osservatorio elabora anche tabelle mensili recanti i prezzi di mercato dei vari tipi di
mieli e organizza annualmente una ‘fiera e borsa del miele’ a Castel San Pietro Terme, città dove
l’organismo ha sede.
Se, quindi, è pur vero che nessuno dei soggetti descritti ha un ruolo in termini di organizzazione,
gestione, regolazione, vigilanza o anche solo indirizzo del mercato del miele, tuttavia questi soggetti
svolgono innegabilmente una funzione di primo piano nel settore, condizionando le scelte strutturali
e operative delle imprese produttrici e distributrici e rilevando e diffondendo i prezzi.
3.3 La Borsa Elettrica
13
Stante la rilevanza dell’argomento e l’ampia bibliografia disponibile sul tema, qui si accennano
solamente i lineamenti generali del tema.
Il mercato elettrico in Italia è nato a seguito del recepimento della direttiva 96/92/CE 22 del
Parlamento e del Consiglio, del 15 novembre 1996, recante le norme comuni dettate al fine di
consentire la liberalizzazione del mercato interno dell'energia elettrica: in altre parole, dato il punto
di partenza che vedeva il settore dell'energia in una situazione generalizzata di concorrenza ristretta,
la Comunità Europea, con la direttiva in questione, ha inteso dettare un complesso di disposizioni la
cui attuazione, pur tenendo conto della peculiarità del settore economico e delle differenze presenti
negli ordinamenti interni degli stati membri, fosse idonea a realizzare una libera concorrenza
effettiva a livello europeo.
La stessa direttiva, constatate le richiamate peculiarità del settore e tenendo conto delle possibili
difficoltà che almeno alcuni degli stati membri avrebbero potuto incontrare nell'attuazione prevista
in generale entro il 19 febbraio 1999, prevedeva la possibilità che questi introducessero giustificate
proroghe al momento della predisposizione della normativa interna di recepimento.
La direttiva 92/96/CE è stata recepita nell'ordinamento italiano con il D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79,
recante la disciplina per la liberalizzazione del mercato elettrico.
In base alle disposizioni di cui al citato decreto, “le attività di produzione, importazione,
esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere”, pur non venendo meno l'obbligo di
rispettare la natura pubblica del servizio, che resta disciplinato dallo stesso decreto, mentre “le
attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo stato”, che le attribuisce in concessione
al gestore della rete.
La gestione del mercato, ai sensi dell'art. 5, comma 2 del D.Lgs. 79/99, è affidata ad un gestore del
mercato, società per azioni costituita dal gestore della rete, cui è affidata la funzione di
regolamentare il mercato secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e libera concorrenza.
Il gestore della rete è il soggetto cui sono attribuite le funzioni di trasmissione e dispacciamento
dell'energia elettrica 23 , di gestione dei flussi di energia e dei relativi sistemi di interconnessione e
servizi ausiliari 24 .
Il Gestore acquista tutta l’energia elettrica prodotta sul territorio nazionale e la cede al mercato.
22
In GU L del 30 gennaio 1997, pag. 20.
Da svolgere nel rispetto de “l'obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano
richiesta, senza compromettere la continuita' del servizio e purche' siano rispettate le regole tecniche di cui al comma 6
del presente articolo e le condizioni tecnicoeconomiche di accesso e di interconnessione fissate dall'Autorita' per
l'energia elettrica e il gas”.
24
Il Gestore della rete di trasmissione nazionale svolge su concessione le funzioni di trasmissione e dispacciamento
dell’energia elettrica su base nazionale, con obbligo di connettere alla rete chiunque ne faccia richiesta, purchè presenti
tutti i requisiti richiesti, anche dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, garantendo continuità, sicurezza ed efficienza
del servizio (ai sensi dell'art. 3, comma 2 del D.Lgs. 79/1999, 'il gestore della rete di trasmissione nazionale gestisce i
flussi di energia, i relativi dispositivi di interconnessione ed i servizi ausiliari necessari; garantisce l'adempimento di
ogni altro obbligo volto ad assicurare la sicurezza, l'affidabilità, l'efficienza e il minor costo del servizio e degli
approvvigionamenti; gestisce la rete senza discriminazione di utenti o categorie di utenti; delibera gli interventi di
manutenzione e di sviluppo della rete, a carico delle società di cui al comma 8, in modo da assicurare la sicurezza e la
continuità degli approvvigionamenti, nonchè lo sviluppo della rete medesima nel rispetto degli indirizzi del Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Al gestore sono trasferiti competenze, diritti e poteri di soggetti privati e
pubblici, anche ad ordinamento autonomo, previsti dalla normativa vigente con riferimento alle attività riservate al
gestore stesso. Il gestore della rete di trasmissione nazionale mantiene il segreto sulle informazioni commerciali
riservate acquisite nel corso dello svolgimento della sua attività'). Le regole per il dispacciamento e le regole tecniche
per la progettazione e il funzionamento degli impianti di generazione, delle reti di trasmissione e delle apparecchiature
connesse sono adottate con delibere del Gestore, secondo le direttive dell’AEEG, ce ne verifica l’adeguatezza e la
legittimità (il Gestore può stipulare convenzioni con soggetti terzi per la manutenzione e lo sviluppo delle reti e delle
interconnessioni secondo una convenzione-tipo adottata con D.Min. Industria Commercio Artigianato, su proposta
dell’AEEG, sentita la Conferenza Unificata). L’AEEG determina il compenso dovuto al Gestore per l’accesso e l’uso
della rete, secondo criteri non discriminatori.
Il Gestore ha la forma della società per azioni con azioni interamente detenute dallo Stato (Min. Tesoro e Min.
Industria) ed è costituito per scorporamento dall’Enel spa.
23
14
La gestione delle rete attualmente in Italia è svolta dal Gestore dei Servizi Elettrici – GSE S.p.A.,
interamente partecipato dal Ministero dell'economia e delle finanze, capogruppo delle controllate
Acquirente Unico S.p.A. e GME S.p.A.
Le principali attività del GSE sono individuabili nella raccolta e collocamento dell'energia prodotta
da impianti e fonti rinnovabili e assimilate (CIP 6); nella gestione dei sistemi di incentivazione per
la produzione con impianti fotovoltaici; nella emissione dei certificati verdi e relativi controlli; nella
qualificazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (IAFR); nel rilascio della Garanzia
d'Origine dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili; nel riconoscimento di impianti di
generazione in cogenerazione 25 .
Sul mercato dell'energia elettrica e il gas vigila l'AEEG – Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas,
autorità indipendente istituita a tale scopo con la L. 14 novembre 1995, n. 481, in attuazione del
processo di privatizzazione di importanti enti pubblici avviato con il D.L. 333/1990 26
La regolazione del mercato è predisposta dal Gestore del mercato e adottata con d.m. Industria,
sentita l’AEEG. (dall’entrata in vigore del d.lgs. 79/99 si è applicato il dispacciamento passante per
passare, poi, entro il 1 gennaio2001, al dispacciamento di merito economico).
La domanda e l’offerta sono regolate dal Gestore del mercato; è prevista – ed è normale – la
possibilità di contrattazione bilaterale, autorizzata dal Gestore o, in caso di diniego, dall’AEEG. È
possibile anche la realizzazione di “piccole reti isolate”, il cui funzionamento è regolato con decreto
adottato dal Ministero dell’Industria, sentite l’AEEG e la Conferenza unificata.
La disciplina del mercato elettrico è stata adottata, in attuazione di quanto disposto dall'art. 5,
comma 1 del d.lgs. 79/1999, con D.M. Industria del 9 maggio 2001, successivamente modificato ed
integrato 27 , da ultimo con il D.M. Attività produttive 19 dicembre 2003, che, a decorrere dall’8
gennaio 2004, ha affidato la gestione del mercato elettrico al GME; ciò ha consentito la creazione,
anche in Italia, del primo mercato all'ingrosso organizzato dell'elettricità, con la duplice finalità di
potenziare la concorrenza nelle fasi di produzione e vendita dell'energia elettrica e di favorire la
massima efficienza nella gestione dei servizi di dispacciamento.
Il D.Lgs. 79/1999 ha previsto un limite massimo di produzione, al fine di garantire il rispetto della
libera concorrenza, per cui, a decorrere dal 1 gennaio 2003, a nessun soggetto è consentito produrre
o importare, neanche indirettamente, più del 50% del totale dell’energia elettrica prodotta e
importata in Italia. A tale limite è stata ovviamente assoggettata Enel S.p.A., costretta per tal motivo
a cedere entro lo stesso termine la parte della propria capacità produttiva eccedente il limite. Le
funzioni di controllo in riferimento al rispetto di questo limite sono attribuite all’AGCM, cui è
assegnato anche il compito di prevedere eventuali deroghe dilazioni temporali.
Le condizioni e le modalità per la costituzione di nuovi impianti o per il potenziamento o la
modifica di quelli già esistenti sono contenute in regolamenti ministeriali.
La distribuzione è svolta, in regime di concessione, che ha durata trentennale, dalle imprese
produttive già presenti e da eventuali nuovi soggetti, individuati tramite gara.
I contratti di fornitura sono stipulati e gestiti dall'Acquirente Unico, società per azioni costituita dal
Gestore, secondo criteri di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio e nel rispetto delle
condizioni di parità di trattamento, anche sul piano tariffario.
25
Cfr.: sito internet www.gsel.it/ita/index.asp.
Tra le funzioni attribuite all'AEEG assumono particolare rilievo i poteri inerenti la determinazione delle tariffe, delle
condizioni tecniche ed economiche richieste per l'accesso e l'interconnessione alle reti e dei livelli di qualità dei servizi.
Si tratta di aspetti che incidono su interessi primari di consumatori ed utenti, di cui il mercato, lasciato nel libero
funzionamento, non sarebbe in grado di garantire il completo rispetto, a causa delle caratteristiche intrinseche e
strutturali del settore, oltre che della scarsa concorrenza presente.
L'AEEG ha iniziato la propria attività il 23 aprile 1997; è composta da cinque membri, di cui uno con funzioni di
presidente (nominati con DPR su deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle attività
produttive, previo parere vincolante, espresso a maggioranza dei due terzi, delle Commissioni parlamentari competenti)
essi restano in carica 7 anni e non sono rieleggibili.
27
Il testo integrato della disciplina del mercato elettrico è reperibile sul sito internet dell'AEEG.
26
15
L'Acquirente Unico ha il compito di acquistare l'energia elettrica sul mercati alle condizioni più
convenienti per cederla, secondo i criteri ora visti, sul mercato ai distributori e alle imprese di
vendita al dettaglio, che la forniscono anche ai soggetti, tipo i consumatori, che non hanno accesso
diretto al mercato.
La normativa comunitaria, anche successiva, ed in particolare la direttiva 2003/54/CE del 26 giugno
2003, che abroga e sostituisce la precedente, prevede la realizzazione di un mercato elettrico
europeo in regime di concorrenza ad attuazione graduale, in ispecie dal lato della domanda. Al
riguardo si suole distinguere tra “attività libere” e “attività in concessione”: tra le prime rientrano le
attività di produzione, importazione ed esportazione e vendita di energia elettrica; tra le seconde la
trasmissione, il dispacciamento e la distribuzione.
Da osservare, quanto alla vendita, che la normativa ha distinto gli utenti in due categorie: i clienti
vincolati, cioè gli utenti finali legittimati a stipulare contratti di fornitura solo con i distributori di
zona, e i clienti idonei, persone fisiche o giuridiche legittimate a stipulare contratti di fornitura con
qualsiasi produttore, distributore o grossista, italiano od estero. La qualifica dell'idoneità si è
acquisita nel tempo secondo criteri diversi, in particolare, fino al 1 luglio 2004, i clienti finali
domestici non potevano rientrare nella categoria, mentre a partire dal 1 luglio 2007, in attuazione
del graduale processo di liberalizzazione, è qualificato idoneo ogni cliente finale, compresi i clienti
domestici.
Fino alla completa liberalizzazione del mercato dal lato della domanda, il fabbisogno di energia
elettrica dei clienti domestici è garantito dall'Acquirente Unico, mentre tutti gli altri soggetti
possono approvvigionarsi acquistando direttamente in borsa.
Il mercato elettrico, a causa della sua peculiarità costituita dalla impossibilità di immagazzinare il
bene, è diverso da ogni altro e si articola in tre segmenti: il Mercato del Giorno Prima – MGP, che
si chiude alle 9.00 del giorno prima rispetto a quello in cui si svolgono le offerte, che possono
essere presentate fino a 9 giorni prima di quello in cui si svolge la sessione di MGP cui si
riferiscono; il Mercato di Aggiustamento MA, che si apre alle 10.30, dopo la comunicazione degli
esiti del MGP, e consente agli operatori di apportare modifiche ai programmi definiti nel MGP, con
ulteriori offerte di acquisto o vendita; il Mercato per il Servizio di Dispacciamento – MSD, che si
apre alle 14.30, alla chiusura del MA, con la comunicazione degli esiti di questo, e si chiude alle
16.00. Nel MSD si svolge la negoziazione per il dispacciamento dell'energia.
Attualmente le funzioni di trasmissione e dispacciamento sono svolte da Terna S.p.A., proprietaria
della Rete di Trasmissione Nazionale, cui il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale – GRTN,
concessionario dei servizi, ha trasferito nel 2005 il proprio ramo di azienda relativo a
dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete.
Il mercato elettrico è un mercato telematico, al quale gli operatori accedono tramite rete. Gli
scambi avvengono utilizzando programmi informatici predisposti dal GME o tramite l'utilizzo di
moduli reperibili sul sito internet dello stesso gestore, attraverso strumenti di identificazione digitale
e smart card dotate di certificato digitale; il mercato è dotato anche di un “luogo fisico”, una sala in
cui il personale di borsa, tramite un sistema di apparati informatici, realizza concretamente la
raccolta, l'elaborazione e la gestione delle offerte relative ai mercati gestiti dal GME, consentendo
la realizzazione delle negoziazioni.
La “Borsa elettrica” è nata nel 2004, in attuazione delle prescrizioni di cui alla prima direttiva
comunitaria in materia di energia elettrica, direttiva 92/96/CE; la regolamentazione e la gestione è
attribuita al GME, le funzioni di controllo, anche tariffario, sono riservate all'AEEG.
Fino al 1 luglio 2007 erano ammessi alla negoziazione, dal lato della domanda, solo i clienti idonei,
che, a seguito di successive integrazioni della normativa originaria, ricomprendevano una tipologia
sempre allargata di soggetti, persone fisiche e giuridiche, dalla quale rimanevano esclusi, in fine,
solo gli utenti domestici; a partire da tale data, in attuazione della seconda direttiva comunitaria in
materia, direttiva 2003/54/CE, anche quest'ultima categoria di soggetti ha attualmente capacità di
accesso diretto al mercato borsistico. In realtà, tuttavia, l'accesso del singolo utente consumatore
domestico al mercato elettrico è molto difficile da realizzare e sicuramente priva di significato in
16
termini di efficienza economica, per cui questi soggetti sono costretti ancora a ricorrere ai
distributori per approvvigionarsi di energia elettrica, o, in alternativa, ad organizzarsi in forme
associate tra utenti.
Attualmente possono essere ammessi al mercato elettrico tutti i soggetti che siano dotati di adeguata
professionalità e competenza nell'utilizzo di sistemi telematici e sistemi di sicurezza relativi; non
siano stati condannati, con sentenza definitiva, o con sentenza che applica la pena su richiesta delle
parti, per il delitto di aggiotaggio, per uno dei delitti contro l'inviolabilità della segretezza delle
comunicazioni informatiche o telematiche, ovvero per delitto di frode informatica, non siano stati
precedentemente esclusi dal mercato elettrico.
L'accesso al mercato è subordinato alla presentazione della domanda di ammissione e alla
sottoscrizione del contratto di adesione. Con il provvedimento di ammissione il GME attribuisce al
richiedente la qualifica di operatore e lo inserisce nell'apposito Elenco degli operatori ammessi al
mercato.
Il d.m. 9 maggio 2001 aveva previsto la possibilità di creare derivati elettrici, allo scopo di fornire
agli operatori adeguate forme di copertura dei rischi e l'art. 66 bis nel testo unico della finanza,
inserito in attuazione della direttiva MiFID, aveva ricompreso tale tipologia di mercato tra i mercati
regolamentati disciplinati nell'ordinamento italiano; soltanto la scorsa estate, tuttavia, Borsa Italiana
S.p.A. ha costituito nel mercato IDEM (Italian DErivatives Market), riservato alla negoziazione
degli strumenti finanziari derivati, il segmento Idex, per i contratti future sull'energia elettrica. Ciò è
stato possibile a seguito dell'accordo, siglato tra Borsa Italiana S.p.A. e il GME, con il quale
quest'ultimo ha concesso a Borsa Italiana la licenza all'utilizzo del Prezzo Unico Nazionale per
l'acquisto dell'energia elettrica – PUN, necessario per calcolare il prezzo di settlement e quindi per
l'operatività stessa del mercato, che segue il meccanismo di cash settlement.
Sull'Idex, in attuazione della disposizione di cui all'art. 66 bis, comma 7 del testo unico della
finanza, vigilano congiuntamente, pur nell'esercizio delle rispettive competenze, la CONSOB e la
AEEG.
Mentre, quindi, il mercato elettrico è qualificabile come una borsa merci, sai pure profondamente
diversa da ogni altra, in cui oggetto delle negoziazioni è l'energia elettrica e gli operatori sono, dal
lato dell'offerta, produttori, importatori e distributori di energia, mentre dal lato della domanda si
ritrovano, a partire dal 1 luglio 2007, tutte le categorie di utenti, Idex è un mercato telematico dove
vengono scambiati contratti derivati standard, future, che hanno per sottostante l'energia elettrica.
Alle diverse tipologie di mercato corrispondono diversi gestori, GME S.p.A. per il mercato
elettrico, Borsa Italiana S.p.A. per Idex, e anche diversi, almeno in parte, risultano i soggetti
preposti al controllo: oltre alle rispettive società di gestione, infatti, la funzione di vigilanza sul
mercato elettrico è svolta dall'AEEG insieme al Ministro per le attività produttive, mentre sull'Idex
vigilano, per le rispettive competenze ma in rapporto di collaborazione, AEEG e CONSOB.
Volendo, quindi, effettuare delle considerazioni di carattere generale sullo stato attuale del mercato
elettrico italiano, non si può non partire dalla situazione iniziale, per cogliere le evoluzioni
successive e gli indirizzi succedutisi.
Secondo una larga parte degli economisti, il settore dell’energia elettrica rappresenta uno dei più
efficaci esempi di monopolio naturale, una di quelle situazioni in cui il massimo dell’efficienza
produttiva e il miglior rapporto tra costi di produzione e prezzo finale si realizzano in condizioni di
monopolio e sfruttando le economie di scala.
Di fronte a situazioni di tal genere, in Italia come in altri Paesi, in particolare quelli appartenenti
all’Europa continentale, la scelta seguita dal legislatore statale era quella di sancire un divieto
assoluto di produzione e scambio del bene o del servizio di volta in volta preso in considerazione,
per poi ricorrere al meccanismo dell’autorizzazione o della concessione a soggetti determinati,
risultanti in possesso di particolari requisiti, per gestirne e regolarne, direttamente o indirettamente,
la produzione e/o l’utilizzo. Per il settore dell’energia elettrica, così, in Italia Enel, nato in forma di
ente pubblico economico, ha avuto il monopolio nella produzione e nella distribuzione dell’energia
elettrica per alcuni decenni, fino alla rivoluzione imposta – come in altri settori della vita economica
17
– dalle direttive europee, volte a che si realizzassero anche nei settori dei servizi pubblici e
universali, le condizioni per l’instaurazione e l’applicazione dei principi di concorrenza.
Il primo passo consistitette nel mutamento della forma giuridica di Enel, da ente pubblico a società
per azioni, inizialmente a partecipazione interamente pubblica. Il passo successivo doveva tener
conto del fatto la produzione era (quasi) completamente controllata da Enel, così come la rete di
distribuzione; inoltre, trattandosi di un servizio universale, pur realizzando la privatizzazione del
soggetto coinvolto nella produzione e nell’offerta dell’energia e la conseguente liberalizzazione del
mercato, non venivano certamente meno le condizioni e le esigenze di tutela di interessi pubblici
primari, che erano state lo scudo ideologico ostentato ai tempi della nazionalizzazione. D’altro
canto, le istituzioni comunitarie chiedevano quanto meno l’adozione, anche a livello di ordinamento
interno, almeno di quelle norme che consentissero un’armonizzazione minima a livello comunitario,
condizione necessaria per fondare l’instaurazione di un libero mercato, agli inizi interno,
dell’energia.
La soluzione seguita è stata quella di separare la fase della produzione e dell’acquisto dell’energia
elettrica da quella della distribuzione e del dispacciamento; quindi, sia dal primo lato che dal
secondo si è cercato di eliminare le strutture monopolistiche originarie senza compromettere i diritti
e gli interessi degli utenti.
A tal fine è stata istituita l’Autorità garante per l’energia elettrica e il gas, con il compito primario di
vigilare sul corretto andamento del mercato e della formazione del prezzo, con particolari poteri in
materia di fissazione di prezzi e tariffe, per garantire il rispetto del principio per cui a condizioni
analoghe devono corrispondere trattamenti analoghi e per tutelare gli interessi degli utenti,
consumatori finali in primis.
Quindi si è proceduto creando il sistema incentrato su GSE e AU, sopra descritto, sotto la triplice
vigilanza del GME da un lato, e dell’AEEG e del Ministero delle attività produttive dall’altro, con
penetranti poteri di intervento e sanzionatori riconosciuti in particolare all’AEEG.
Il grande tema che si è posto, nella peculiarità nota del bene energia elettrica, era come regolare le
due diverse modalità di negoziazione, l’una con oggetto il bene “fisico” energia elettrica, l’altro il
derivato, tipicamente un future, che è impiegato sia a fini di speculazione, sia a fini di gestione del
rischio da parte degli stessi produttori, commercianti e utilizzatori del bene “fisico”. Le risposte
teoricamente sono due: la prima è che il mercato cash resta insieme a quello dei derivati, con il
rischio di dover estendere al mercato cash gli stessi requisiti, in termini di soggetti che possono
accedere al mercato, di vigilanza, di requisiti contrattuali, ciò che è normalmente richiesto in un
mercato di derivati finanziari. L’altra è che i derivati sull’energia siano trattati in un mercato dei
derivati, seguendone le regole.
L’Italia, dopo lungo dibattito, ha optato per la seconda soluzione, prevedendo che la merce energia
elettrica sia negoziata sul mercato gestito da GME S.p.A., secondo le regole che essa stessa detta,
congiuntamente con quanto prescritto dall’AEEG e dal Ministero per le attività produttive, e
disponendo che i future sull’energia elettrica siano negoziati, da intermediari autorizzati, in un
apposito segmento del mercato finanziario gestito da Borsa Italiana S.p.A., sotto la vigilanza
congiunta dell’AEEG e della CONSOB.
4. Le borse merci in altri ordinamenti
4.1 I mercati d’interesse nazionale nella Repubblica Francese
Gli studi in materia di diritto comparato sono concordi per tradizione ormai stratificata che
nell’attività di comparazione tra i diversi sistemi istituzionali e normativi che ne sono oggetto,
indipendentemente se tale comparazione sia effettuata in senso sincronico o diacronico, debba
prestarsi particolare attenzione agli oggetti ovvero ai soggetti normativi che rappresentano il
termine di paragone stesso proprio per evitare di porre in relazione elementi diversi e magari
incommensurabili. Tale problematica sussiste anche nel campo del diritto economico, che per molti
aspetti rappresenta la punta di diamante dell’integrazione ed assimilazione tra sistemi statuali ed
18
istituzionali diversi, proprio per il carattere di necessaria uniformità che deve sussistere tra
istituzioni di sistemi economici collegati, interdipendenti e comunicanti tra loro. Se questo è vero in
generale dobbiamo dire che nel caso di specie della individuazione delle figure omologhe alle
“borse merci” esistenti presso altri sistemi giuridici si pongono tutta una serie di problematiche
derivanti sia da una difformità di tipo linguistico sia dal fatto che l’elemento effettivamente
trasnazionale di questa tipologia d’attività economica nel corso degli ultimi anni normalmente è
stato assorbito, quantomeno nella parte di maggior peso sotto il profilo finanziario, dal sistema dei
mercati borsistico-finanziari in senso stretto attraverso l’utilizzo degli strumenti derivati e la loro
contrattazione su tali piattaforme (nel caso di specie si pensi al ruolo di Euronext che ha assorbito le
attività in precedenza svolte dal Matif). Pertanto occorre procedere ad un’analisi sistematica ed
accurata delle istituzioni residue presenti nel sistema di riferimento che per semplicità ma
impropriamente indichiamo come Repubblica francese visto che le vicende normative rilevanti
hanno un arco temporale di svolgimento che interessa sia l’ultima parte della IV Repubblica sia
l’intera vita della V Repubblica. Da tale analisi emergono fondamentalmente due figure: i mercati
d’interesse nazionale ed i marchés au cadran che in parte si sovrappongono ed incrociano tra loro
ma che possiamo affermare sintetizzino il “nocciolo duro” o la “parte residua” di quella che
possiamo indicare come “borsa merci”.
Nel sistema economico ed istituzionale della Repubblica Francese la questione della
commercializzazione della categoria di prodotti che rientrano nel novero di quelli che potremmo
definire sinteticamente, ma forse in modo impreciso, come “prodotti agricoli ed agroalimentari”
riveste un’importanza preminente stante il fatto che la Francia già da secoli ed in buona parte ancora
ai giorni nostri è grande produttore di una tale congerie di beni che si può qualificarla in modo
approssimativo come un’economia al tempo stesso industriale ed agricola. A conferma di
quest’affermazione di sintesi che può ben essere suffragata da una semplice analisi dei dati statistici
comunitari ed internazionali si può ricordare che la République gioca un ruolo centrale nella
definizione della Politica Agricola Comune (PAC) e rappresenta, anche dopo l’ingresso dei nuovi
partner comunitari, uno dei principali percettori delle sovvenzioni in agricoltura distribuite
nell’intera Unione.
Questi sintetici elementi sono solo un indice dell’importanza che il commercio dei beni
agroalimentari ha acquisito nel corso del tempo in quell’ordinamento, tanto che allo stato attuale,
nonostante la tendenza alla centralizzazione e dematerializzazione che caratterizza anche il
commercio dei beni primari, in Francia continuano ad esistere, spesso in forme giuridicamente
rivisitate ma non troppo diverse dal passato, strutture che svolgono in modo ormai consolidato la
funzione d’intermediazione tra domanda ed offerta dei beni di varia natura e provenienza che
rientrano nella categoria dei prodotti agricoli ed alimentari.
Appare sufficiente ricordare che il mercato della città di Parigi, spostato fisicamente dal centro della
città per evidenti ragioni di logistica, costituisce a tutt’oggi il più importante mercato fisco di
scambio di beni alimentari primari del mondo ponendosi in questo senso, seppur non a livello di
volume degli scambi stessi, al fianco del Chicago Mercantile Exchange.
Queste strutture mercantili d’interscambio continuano ad esistere e funzionare nonostante con il
passare del tempo ed il progredire della tecnologia e con l’evoluzione dei mercati gran parte del
commercio di beni e derrate alimentari si sia spostato dal piano dei mercati fisici ad immediata
esecuzione degli ordini verso sistemi che incentrano la commercializzazione dei beni nelle forme
degli strumenti finanziari derivati, con conseguente mancanza d’una vera e propria movimentazione
fisica del bene scambiato, almeno nelle fasi intermedie di contrattazione, e solo in fase di
esecuzione a termine. La presenza dei mercati “tradizionali” può a prima vista apparire quindi come
una sorta di relitto storico che sopravvive a sé stesso, ma a ben vedere - più in concreto - trova la
propria evidente giustificazione nel fatto che gran parte delle necessità che si pongono a base degli
scambi in materia di beni agroalimentari sono necessità reali, a breve termine, e tale indifferibile e
irrinunciabile necessità richiede anche commerci poco sofisticati ma diretti, efficaci e vicini al
bisogno da soddisfare.
19
Per meglio comprendere quindi questa figura di istituzione commerciale e quale ruolo essa
esattamente rivesta nel sistema francese dovremo analizzare l’evoluzione della configurazione
giuridica e della regolamentazione.
Nel sistema normativo d’oltralpe i mercati e le halles sono mercati fisici ove si scambiano
all’ingrosso oppure al dettaglio prodotti principalmente agricoli od alimentari; in quanto tali
pertanto essi debbono chiaramente esser distinti dai saloni, esposizioni e fiere in cui la caratteristica
“agricola” è sicuramente meno rilevante e centrale e le cui funzioni e scopi ultimi assumono più un
carattere informativo, promozionale e pubblicitario e quindi logicamente precedente rispetto al
commercio vero e proprio, piuttosto che direttamente commerciale in quanto tale. Inoltre queste
altre tipologie vedono normalmente la partecipazione di soggetti non professionali sia in qualità di
acquirenti che di venditori od ancora hanno una periodicità temporale significativamente variabile e
dilazionata (art. L 762-1 e ss. Code de Commerce).
Se questa è già una prima distinzione rilevante ai nostri fini, perché restringe il campo in modo
qualificato, si deve però procedere per gradi ed analizzare come si sia giunti all’attuale
regolamentazione di marchés et halles che è il frutto d’una progressiva stratificazione normativa
della quale si ritrova la causa nell’evoluzione che il commercio di prodotti agricoli ed alimentari ha
subito nel corso del tempo. Se in origine infatti la disciplina di marchés et halles era affidata
principalmente a forme di regolamentazione di carattere municipale che vedevano coinvolte le
Mairies, enti locali direttamente interessati che dovevano anche esercitare funzioni di polizia
annonaria paragonabili alle attività proprie dei nostri Comuni italiani, in epoca più recente, ossia a
partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, su tale impostazione di base si è venuta ad
innestare una regolamentazione nuova che ha inciso sia sui poteri attribuiti alle cosiddette
collettività territoriali, sia sulle modalità d’esplicazione in concreto del commercio in oggetto sia
infine sul soggetto gestore del singolo mercato e sulle modalità d’operare dello stesso ente, come
regolatore e soggetto economico rilevante. Eccezione rispetto alla disciplina del passato, che vedeva
coinvolti gli enti locali, era però proprio il mercato parigino, che sin dal suo sorgere in senso
moderno era regolato a livello statale anziché a quello locale-comunale proprio per la sua
rilevantissima ed eccezionale dimensione e per l’importanza che esso presentava sotto l’aspetto
economico-quantitativo.
La regolamentazione di queste particolari figure sin dalla loro origine in epoca moderna, ossia sin
dalla metà dell’Ottocento, ha visto la presenza dell’autorità pubblica quale soggetto in qualche
modo regolatore-controllore, forse potremmo dire addirittura vigilante, su queste strutture che
agevolno l’incontro tra domanda ed offerta e ciò in ragione del rilevante interesse pubblico
sottostante a tale tipologia di scambio; inizialmente si è agito con l’utilizzo dello strumento
dell’autorizzazione amministrativa e successivamente anche attraverso l’esplicazione del potere di
polizia annonaria e di controllo generale e ciò indipendentemente dal fatto che tali peculiari mercati
si trovassero su suolo pubblico ed in strutture di tal sorta oppure, cosa non vietata a priori ma in
realtà all’inizio piuttosto rara, insistessero su proprietà privata 28 .
L'aspetto rilevante ai nostri fini è che sin da quell’epoca, ormai lontana, in quel sistema normativo
appare chiara ed incontestata la preliminare necessità del rilascio d’un apposito provvedimento
amministrativo d’autorizzazione al mercato, quindi una sorta di limitazione o comunque di deroga
con finalità di controllo alla regola generale della libertà del commercio e dell’industria, cardine del
“mercatismo” ottocentesco: l’autorizzazione diviene infatti necessaria per procedere
all’installazione ed all’apertura d’un marché che presenti caratteristiche determinate in relazione
soprattutto al luogo fisico in cui esso viene ad impiantarsi ed in rapporto alla possibilità
dell’ammissione al mercato di categorie di soggetti che non presentino una materiale connessione
28
Sul punto della privatezza o pubblicità di questi luoghi di commercio e sulla loro effettiva qualificazione come
mercati pubblici di beni e generi agroalimentari a partire dalla seconda metà dell’Ottocento appare significativamente
ampia e variegata la nutrita giurisprudenza francese; non interessa tanto analizzarla nel dettaglio visto l’estrema
variabilità e complessità del tema che in concreto non incide sui profili economici del fenomeno di tali mercati in
quell’ordinamento.
20
con il luogo in cui lo stesso è sito oppure la partecipazione di soggetti che non svolgano in via
primaria e principale la funzione commerciale 29 .
Sempre nella configurazione tradizionale di marchés et halles si pone con tutta evidenza nella
giurisprudenza della Repubblica il problema della riconducibilità di questi alla mutevole nozione di
servizio pubblico, che pure in quel sistema normativo presenta risvolti e problematiche ancora in
parte in itinere e non sempre stratificate in modo certo e definito; per quanto diremo in merito ai
mercati d’interesse nazionale significativa appare comunque la possibilità di riconoscere che ai
mercati in oggetto sia attribuibile la qualifica di servizio pubblico, che porta con sé il
riconoscimento d’un interesse di natura collettiva o generale sottostante alla struttura di mercato e
che oggi, alla luce dell’esperienza comunitaria, definiamo anche “service d’utilité générale”.
A tale originaria impostazione riferita ai mercati ed alle halles, di stampo tradizionale e per
conseguenza più vicina e congrua rispetto ad economie meno sviluppate - nelle quali
l’intermediazione commerciale assume più che altro un carattere di rapporto tra singoli ed al
dettaglio - si è affiancata una regolamentazione di fenomeni commerciali di più ampia dimensione e
rilevanza economica e finanziaria che sono riconducibili all’affermazione della figura, su cui ci
soffermeremo più specificamente, del cosiddetto marché d’intérêt national, figura giuridica
peculiare sui generis nell’ottica comunitaria, che però acquista un significato peculiare nel quadro
sistemico francese proprio in questo particolarissimo campo del commercio di alimenti e prodotti
dell’agricoltura.
4.2 La nascita e l’evoluzione dei mercati d’interesse nazionale in Francia
Accanto a marchés et halles che in pratica non sono altro che mercati in senso tradizionale (seppur
in certi casi di dimensioni imponenti) ossia più che altro orientati alla commercializzazione al
dettaglio di un’ampia congerie di prodotti e beni anche di natura agricola ed alimentare, nel corso
del tempo si sono venute ad affiancare e ad innestare su questo tronco principale un insieme di altre
figure di mercato, che presentano invece caratteristiche peculiari tali da permettere sicuramente di
ricondurle alla figura del mercato all’ingrosso con contrattazione in tempo reale. Impropriamente,
ma efficacemente, possiamo indicarle come “borsa merci” secondo la dizione tradizionale risalente
addirittura al Settecento.
Come già detto il prototipo di questo modello di mercato-borsa nel sistema francese fu proprio il
mercato, detto Halle centrale, della città di Parigi, che sin dalla fine del secolo XVIII ricevette una
considerazione particolare sotto il profilo normativo. La giustificazione si trovava in numerose
motivazioni, non ultimo forse il fatto che la città di Parigi all’epoca era probabilmente l’unica vera
metropoli del pianeta ed aveva una centralità politica, militare, economica, commerciale e
finanziaria tale da richiedere interventi specifici vista appunto anche l’importanza eccezionale di
tale specifico mercato.
Non interessa tanto ricordare i numerosi interventi di regolamentazione che nel corso degli anni
hanno interessato questo particolarissimo contesto economico, 30 quanto soprattutto affermare la
specialità del mercato parigino, indipendentemente dal fluire della normativa che lo ha interessato e
dalle motivazioni che ne hanno ispirato l’adozione, ha continuato ad essere considerato una sorta di
genus autonomo e unico anche in quell’ordinamento.
Nel quadro dei marchés et halles descritto, importante punto di svolta appare essere il décret n. 62795 du 13 juillet 1962 che crea in Francia il primo marché d’intérêt national in un ambito
territoriale prossimo alla stessa città di Parigi (Rungis e Chevilly-Laure) e non più posto quindi al
centro della città, per ragioni logistiche intuibili; inoltre lo stesso decreto disciplina il trasferimento
delle Halles centrales su questa nuova piazza commerciale (rectius: mercato) e, grazie al collegato
arrêt du 31 mars 1967, regolamenta le operazioni e le transazioni relative ai prodotti che debbono
29
Conseil d’État, 11 mai 1938, DH 1938. 442.
Loi 11 juin 1896 et décret 8 octobre 1907; décret n. 53-944 du 30 septembre 1953 et loi n. 53-611 du 11 juillet 1953;
décret 54-484 du 11 mai 1954; décret n. 58-543 du 24 juin 1958 et décret n. 60-1277 du 2 décembre 1960; décret 26
avril 1958 et ordonnance n. 58-766 du 25 août 1958; ordonnance 59-44 du 6 janvier 1959.
30
21
esservi commercializzati, imponendo sostanzialmente per via amministrativa un accentramento
degli scambi di tipologie di beni primari e di prodotti agroalimentari.
Concretamente possiamo affermare che il trasferimento di piazza del mercato parigino, richiese un
lasso temporale non indifferente anche per gli efficienti standard transalpini, tanto che fu
effettivamente completato solo nel 1973 ad oltre dieci anni dal suo inizio formale fissato dal decreto
del 1963.
Questa forzata decentralizzazione, che sotto il profilo territoriale fu effettivamente tale, sotto
l’aspetto commerciale ed economico in realtà configurò una centralizzazione degli scambi nei
mercati all’ingrosso. Conferma di ciò si individua nel fatto che correlato al trasferimento delle
Halles de Paris, seppur attuato in tempi parzialmente diversi, si affiancò la definitiva chiusura del
mercato all’ingrosso delle carni installato nell’ambito territoriale della Mairie de La Villette a nordest di Parigi; la chiusura di questo mercato all’ingrosso che esisteva ormai da un secolo, essendo
stato istituito nel 1867, comportò da un lato una sorta di pseudo-liberalizzazione del commercio di
questa categoria di prodotti e per l'altro impose però il sostanziale trasferimento delle attività
proprio sul nuovo mercato di Rungis che rimaneva quindi l’unico dell’intera Île de France cui fosse
attribuita la qualifica di mercato d’interesse nazionale 31 .
Proprio questo primo intervento normativo che si concentra sul mercato parigino rappresenta la
chiave di volta per analizzare e comprendere la figura nuova dei mercati d’interesse nazionale.
L’esperienza di Parigi è centrale nell’evoluzione del sistema normativo ed economico in oggetto e,
ciononostante, la prima regolamentazione dei mercati d’interesse nazionale nasce agli inizi degli
anni Cinquanta del Novecento, con il décret du 30 septembre 1953, peraltro più volte modificato,
che per la prima volta nel sistema commerciale francese prevedeva la necessità di procedere alla
creazione ed all’organizzazione di quelli che venivano detti appunto marchés d’intérêt national i
quali avrebbero dovuto, nell’ottica del legislatore, essere organizzati con un sistema reticolare e
tendenzialmente posti all’interno o nelle immediate vicinanze delle stazioni ferroviarie più
importanti di riferimento per quel mercato. Scopo evidente ed espresso del legislatore era appunto
quello di centralizzare gli scambi commerciali all’ingrosso, di favorirne una riunificazione anche
sotto il profilo della logistica e dei trasporti e di permettere un significativo incremento
dell’efficienza nella circolazione delle merci stesse sia per via ferrata che con mezzi diversi, allo
stesso tempo elevando l'efficienza del sistema commerciale e contribuendo al contenimento dei
costi dei beni primari così commercializzati. In questo intento programmatorio e di
efficentizzazione di un commercio tanto importante per i singoli e la collettività si manifesta una
rilevante capacità prospettica della classe dirigente della République, che sicuramente lascia
impressionati coloro che provengono da sistemi vicini, sicuramente più conflittuali e meno
organicamente preposti alla gestione efficace/efficiente dell’interesse pubblico. Nel quadro così
individuato, peraltro, il legislatore francese intendeva anche introdurre criteri di cosiddetta
normalizzazione dei beni commerciati, di modo che gli standard fossero tali da renderli
definitivamente uniformi su tutto il territorio nazionale, passaggio necessario per procedere verso
una effettiva unificazione dei mercati nazionali all’ingrosso di prodotti agroalimentari che venisse a
sostituirsi alla frammentazione ed al particolarismo che avevano continuato a caratterizzare il
commercio sino ad allora.
Tale primitiva situazione normativa di regolamentazione dei mercati d’interesse nazionale, come
già ricordato, nel corso degli anni ha subito modifiche progressive ed aggiustamenti sia in sede di
normazione primaria che di normativa d’esecuzione e grazie anche ai numerosi atti provvedimentali
che ne sono scaturiti; solo però a partire dal 2004 si è iniziata effettivamente quell’attività di
reductio che nel sistema francese costituisce una sorta “attività normativa necessitata” ovunque
sussistano problematiche giuridiche complesse che vedano coinvolte fonti normative varie ed
articolate ossia l’attività di cosiddetta codificazione che in Italia, per differente tradizione giuridica,
definiremmo più come di redazione di Testo Unico ossia in pratica la realizzazione d’una collazione
31
Sotto il profilo giuridico si deve sottolineare che l’effettiva perdita della qualifica di MIN in oggetto per il mercato de
La Villette verrà formalizzata solo nel 1982.
22
delle regole ormai stratificate nel tempo ma disperse tra fonti giuridiche diverse ed eccessivamente
numerose.
In sostanza con l’approvazione di atti successivi 32 si è riusciti ad introdurre nel Livre VII del Code
de commerce il Chapitre Ier del Titre VI, ossia gli articoli da L761-1 a L761-11, che regola per
intero i mercati d’interesse nazionale razionalizzando l’esistente e ponendo le basi per rendere
adeguata alle necessità dell’economia contemporanea e della realtà commerciale francese
l’organizzazione ed il funzionamento di queste peculiari figure di mercati di beni primari.
Questi interventi, peraltro sostenuti anche dall’introduzione di nuove norme d’attuazione ed
esecuzione che sono contenute negli articoli R761-1 e seguenti dello stesso Code de commerce,
perseguono lo scopo di modernizzare il sistema dei mercati (borse) di commercio francesi e di
procedere ad una significativa liberalizzazione delle operazioni su questi mercati d’interesse
nazionale, di modo che si possano perseguire più efficacemente gli scopi ultimi posti dalle nuove
necessità e dall’integrazione dei mercati agroalimentari anche a livello internazionale.
Questi interventi hanno razionalizzato significativamente il sistema dei marchés tanto che oggi
nell’esagono ne esistono solo diciassette 33 ben integrati tra loro, anche se - ovviamente - la parte del
leone è svolta ancora dal MIN de Rungis, che rappresenta circa la metà dell’intero volume d’affari
complessivo dei mercati in oggetto e concentra la maggior parte degli acquirenti, mentre sul lato
dell’offerta interessa una “fetta” rilevante ma non monopolistica degli operatori. Nel complesso
questi diciassette mercati d’interesse nazionale occupano in modo permanente un numero pari a
circa venticinquemila persone, commercializzano oltre cinque milioni di tonnellate di prodotti
agroalimentari ogni anno per un volume d’affari di circa quindici miliardi di Euro e raggruppano
oltre duemila società operanti nei settori interessati o comunque nello svolgimento di attività
collegate ed accessorie alle attività di mercato vere e proprie. Da questi sintetici dati si può
comprendere il significato economico e non solo che tale complesso sistema di commercio
tendenzialmente all’ingrosso rappresenta oggi per l’economia della Francia e correlativamente
anche per le economie integrate per dei partners commerciali della République.
4.3 La disciplina dei mercati d’interesse nazionale
Per comprendere cosa siano nello specifico i mercati d’interesse nazionale e come questi si
inseriscano nel quadro della normativa francese dettata dal Code de commerce dobbiamo partire
dalla loro concreta definizione datane a livello di norme primarie: l’articolo L761-1 nel primo
comma li definisce come dei “servizi pubblici de gestione di mercati, il cui accesso è riservato ai
produttori ed ai commercianti, che contribuiscono all’organizzazione ed alla produttività dei circuiti
di distribuzione dei prodotti agricoli ed alimentari, alla promozione della concorrenza in questi
settori economici ed alla sicurezza alimentare dei cittadini”. Già questa sintetica definizione ha
posto problemi nella dottrina francese in quanto il primo riferimento appare essere legato al fatto
che i MIN configurino fattispecie di servizio pubblico che essendo figura giuridica ben definita in
quell’ordinamento, sicuramente più che nel sistema italiano, lascia dubbi sulla concretezza che tale
richiamo ad una figura di tal sorta possa presentare.
Il riferimento al servizio pubblico deve con relativa approssimazione essere quindi interpretato in
modo flessibile e non stricto sensu per il fatto che nei mercati d’interesse nazionale la “polizia
amministrativa” esercitata dal gestore o dal soggetto da questi delegato ha solo un carattere limitato,
che si rapporta alla regolamentazione dell’accesso al mercato e alla regolazione dell’attribuzione
delle piazze disponibili su ciascuno di essi; a questo si affiancano rilevanti poteri di controllo e
32
Ordonnance n. 2004-274 du 25 mars 2004 portant simplification du droit et des formalités pour les entreprises,
ratifiée par l’article 78-XV de la loi n. 2004-1343 du 9 décembre 2004; ordonnance n. 2006-673 du 8 juin 2006.
33
Agen (SOLGEMIN), Anger (SOMIMVAL), Avignon (SMINA), Bordeaux-Brienne (SAFEL), Cavaillon
(REMINCA), Châteaurenard (Régie autonome municipal), Grenoble (MIN de la ville de Grenoble), Lille (SOGEMIN),
Lyon (SOGELY), Marseille (SOMIMAR), Montpellier (SOMIMON), Nantes (SEMMINN), Nice (SOMI Nice), ParisRungis (SEMMARIS), Rouen (Sté du MIN de Rouen), Strasbourg (SAMINS), Toulouse (SEM du marché-gare de
Toulouse).
23
sorveglianza che sono però esercitati direttamente da amministrazioni e servizi dello Stato che noi
definiremmo centrali ma che, nell’ordinamento francese, non possono non essere tali stante il
rilevante accentramento del potere pubblico, come le attività di controllo di natura annonaria,
veterinaria, sanitaria, penale ecc.
A ciò si deve aggiungere che la qualifica di servizio pubblico attribuita al MIN tende in questo
frangente più che altro a confermare prassi propria di altre attività di natura economica su
concessione tipiche del sistema d’oltralpe, ossia il fatto che questa è attività esercitata in luoghi o
strutture che in qualche modo sono di proprietà pubblica nella forma dell’appartenenza delle stesse
al domaine public (demanio pubblico).
Queste scarne motivazioni appaiono già alla dottrina ed alla giurisprudenza di quel Paese ragioni
sufficienti ad escludere sostanzialmente i marchés d’intérêt national dal novero dei servizi pubblici
intesi in senso proprio e giuridicamente rilevante anche a voler considerare solo la definizione
ampia e generica del service public accolta dal diritto amministrativo francese ovverosia quella
d’una attività d’intervento in modo diretto od indiretto dello Stato o degli altri soggetti pubblici
(rectius personnes publiques) nella vita economica. Se effettivamente tale definizione ampia e
generica viene accolta in Francia come sintesi della figura del servizio pubblico non può non
condividersi la ricostruzione che esclude effettivamente che i MIN siano dei servizi di tal natura,
visto che secondo la stessa giurisprudenza sussiste un vero e proprio divieto per gli enti pubblici
coinvolti - ad esempio in qualità di titolari dell’immobile nel quale è esercitato il mercato - a
partecipare in qualunque forma alle attività commerciali che nel mercato stesso si svolgono 34 . A
tale affermazione d’esclusione del mercato d’interesse nazionale dal novero del servizio pubblico si
conforma peraltro la configurazione del MIN che detta lo stesso legislatore del Code de commerce
come modificato nel 2004-2006, definizione che appare ormai conforme alla nozione di servizio
d’interesse economico generale cui si collegano comunque potenzialmente anche obblighi di
servizio pubblico accessori.
Il problema di configurare i mercati d’interesse nazionale come attività di servizio pubblico
sicuramente presentava una particolare rilevanza all’epoca dell’introduzione delle prime normative,
stante il fatto che il décret n. 63-990 du 1er octobre 1963, modificato con il successivo décret n. 68658 du 10 juillet 1968, prevedeva in modo esplicito le modalità di finanziamento dell’installazione
e dell’impianto di questi mercati definendo quello che possiamo indicare come un vero e proprio
numerus clausus di modalità e soggetti finanziatori: se si fa eccezione in parte per i canoni derivanti
dalle concessioni d’installazione rilasciate, comunque dotate d’un substrato pubblicistico stante il
fatto che solitamente tali mercati sono posti su terreni di natura pubblica e demaniale, le altre
fattispecie di finanziamento e ristoro economico vedevano comunque coinvolti strumenti
strettamente pubblici tra i quali spiccava l’intervento della Caisse de Dépôt et Consigantions.
Proprio la fonte del finanziamento dell’installazione d’un marché, oltre che le altre caratteristiche
dianzi descritte, manifestavano in questa prima fase dell’esperienza dei mercati d’interesse
nazionale il carattere più o meno lato di servizio pubblico in senso almeno oggettivo che nel corso
del tempo si è però andato perdendo progressivamente.
Con la pressoché totale realizzazione sul territorio francese della rete dei mercati d’interesse
nazionale e con la conseguente restituzione dei fondi ricevuti per l’impianto dei mercati stessi da
parte dei soggetti gestori, che ha visto chiudersi definitivamente l’epoca dei rimborsi nella prima
metà degli anni Novanta del Novecento, l’ultimo baluardo di servizio pubblico è venuto
sostanzialmente a cadere anche perché, vista la dimensione logistica e la forza economica acquisite
da tali mercati e dai soggetti gestori degli stessi, oggi sono proprio questi a reperire in autonomia le
fonti di finanziamento che possano loro essere necessarie al fine di realizzare ad esempio interventi
d’adeguamento e di miglioramento dei servizi e della logistica del mercato o delle sue strutture e
servizi; conseguentemente il legame almeno finanziario tra il mercato ed il soggetto pubblico
centrale finanziatore e concedente è venuto a cadere definitivamente e quindi ne è sicuramente
34
CAA Bordeaux, 20 mai 1997, Régie autonome du marché d’intérêt national de Bordeaux-Brienne.
24
derivata un’attenuazione del potenziale legame di servizio pubblico che in origine poteva ancora
essere individuato in questo rapporto. A ciò si affianca inoltre il fatto che lo stesso Code de
commerce prevede che un mercato d’interesse nazionale possa essere installato anche su terreni di
proprietà privata, che siano nella disponibilità di singoli individui persone fisiche o giuridiche
oppure anche appartenenti a soggetti pubblici ma nella forma della proprietà privata e non del
domaine public.
Chiarito il punto circa la potenziale qualifica di servizio pubblico della figura del mercato
d’interesse nazionale dobbiamo analizzare le modalità attraverso le quali possono effettivamente
qualificarsi come MIN certi mercati e tentare di comprendere quali siano le procedure e quali
soggetti vengano coinvolti nella classificazione degli stessi appunto come mercati d’interesse
nazionale.
La procedura di classificazione d’un mercato come d’interesse nazionale deriva dalle riforme di
tendenziale decentralizzazione delle decisioni amministrative introdotte nell’ordinamento francese
nel corso degli anni Ottanta a seguito dell’adozione di limitati e parziali principi di trasferimento
delle competenze pubblico-amministrative ad organi di carattere locale o comunque subnazionale
parzialmente autonomi; questi primi riferimenti hanno successivamente trovato conferma e
stratificazione per quanto di nostro interesse nella riforma recentemente apportata al Code de
commerce che nel secondo comma dell’articolo L761-1 attribuisce la competenza circa
l’attribuzione della classificazione come MIN d’un mercato già esistente oppure l’autorizzazione
alla sua creazione all’autorità governativa centrale tramite decreto del Ministro competente
(Commercio ed agricoltura). Quest’affermazione può apparire a prima vista una contraddizione in
termini con quanto detto poco sopra circa l’importanza dell’autonomia locale: l’intervento
dell’autorità centrale però in questo frangente non costituisce l’espressione d’un autonomo potere
d’iniziativa del governo bensì deve essere giustificata da apposita richiesta proveniente in tal senso
proprio dall’organo amministrativo locale rappresentativo della collettività territoriale di
riferimento, ossia normalmente dal consiglio regionale interessato all’attribuzione della qualifica di
MIN che pare in questo caso esercitare una sorta di potere di richiesta obbligatorio e vincolante per
il governo nel rispetto di altre normative. I consigli regionali nell’avanzare istanza per l’attribuzione
della qualifica o per la costituzione d’un MIN debbono agire previo parere espresso dagli enti locali
che sono coinvolti nella vicenda (sostanzialmente le Mairies e gli altri organismi di coordinamento
e collaborazione tra enti locali) in quanto il loro territorio sia luogo fisico d’installazione del
mercato in oggetto oppure nei limiti in cui possano essere portatori d’interessi in materia.
Ovviamente come sussiste un potere di classificazione d’un mercato come d’interesse nazionale che
è definito da queste regole correlativamente si delinea anche un potere di cosiddetto
“declassamento” d’un mercato d’interesse nazionale nel caso in cui questo perda le caratteristiche
prima indicate previste dal primo comma dell’articolo L761-1 e che sono condizione
imprescindibile per il possesso della qualifica giuridica di mercato d’interesse nazionale. I poteri di
classificazione descritti, poteri opposti e correlati, evidenziano l’estrema attenzione che il
legislatore francese pone rispetto a questo tema della individuazione di mercati particolarmente
importanti in quanto conscio che la realtà economico-commerciale può mutare (rectius muta) e che
può apparire opportuno o necessario ristrutturare e variare la rete dei MIN già esistente sia
ampliandone il novero sia eventualmente ristringendolo.
Altro punto che deve essere sottolineato nell’analizzare la disciplina giuridica dei MIN è quello
dell’incidenza che i mercati d’interesse nazionale hanno sulla disciplina della concorrenza intesa
come regola generale di funzionamento di quasi tutti i mercati nel quadro dell’Unione Europea.
Originariamente era possibile determinare una sorta di tutela anticoncorrenziale a favore di un
mercato d’interesse nazionale: questa garanzia si configurava come decisione autonoma adottata dai
poteri pubblici che con decreto, magari proprio il decreto autorizzante l’istituzione del singolo
mercato, definivano un perimetro di protezione attorno al mercato autorizzato, all'interno del quale
venivano vietate le attività commerciali del genere di quelle svolte nel mercato d’interesse
nazionale al fine di garantirne il buon funzionamento e di permetterne lo sviluppo e la
25
stabilizzazione. Ciò senz’ombra di dubbio costituiva un’evidente lesione della concorrenza, anche
se all’epoca ciò appariva molto meno rilevante di quanto non sia considerato al giorno d’oggi e in
qualche modo trovava una contropartita nel riconoscimento di forme d’indennizzo di tipo
economico o materiali a favore delle imprese che eventualmente avessero subito un danno dalla
creazione del perimetro di protezione. Si segnala che normalmente il problema si risolveva
attraverso l’ingresso delle imprese in questione nell’ambito dello stesso MIN.
Tale situazione di potenziale incidenza antitrust, che peraltro ha dato luogo in diverse occasioni a
forme di contenzioso sia a livello nazionale che nel quadro della Comunità Europea, nel corso degli
ultimi anni si è modificata in corrispondenza del mutamento parziale della legislazione di
riferimento; infatti a partire dal 2003 si è proceduto sostanzialmente a restringere in modo
significativo l’estensione dei divieti commerciali eventualmente previsti a favore di taluni mercati
attraverso l’istituzione di zone d’interdizione e perimetri di protezione autorizzati. Questa riduzione
è stata operata in generale per quasi tutti i mercati d’interesse nazionale presenti sul territorio,
mentre costituisce una caso particolare quello del mercato per la città di Parigi. Il mercato di ParisRungis anche da questo punto di vista, come più volte ricordato, va in parte considerato come una
figura sui generis e per esso si è previsto che continui a sussistere per tutto il territorio dell’Île de
France un divieto al commercio all’ingrosso dei prodotti agroalimentari oggetto di contrattazione su
quel MIN salvo espressa autorizzazione in deroga adottata da parte dell’autorità amministrativagovernativa competente. Per tutti gli altri mercati d’interesse nazionale presenti in Francia invece
può essere adesso costituito attorno al mercato stesso solo un perimetro di riferimento negativo
ossia, previa valutazione autorizzativa da parte del Consiglio di Stato, si può impedire a soggetti
diversi da quelli impiantati ed operanti all’interno del mercato d’interesse nazionale di compiere
tutte quelle operazioni previste dagli articoli L761-4 e L761-5 ossia quelle attività commerciali ed
accessorie che abbiano ad oggetto i beni indicati dal decreto interministeriale che fissa l’elenco
delle merci oggetto di contrattazione sui MIN. A questa cornice di limitazione commerciale riferita
all’ambito d’interesse territoriale del marché d’intérêt national sono però sottratti quei soggetti che
in qualità di produttori o di associazioni e raggruppamenti di produttori abbiano la loro sede nel
perimetro territoriale di riferimento del mercato, così sostanzialmente permettendo ad una categoria
specifica di soggetti potenzialmente deboli di realizzare la commercializzazione diretta, anche
all’ingrosso, al di fuori della struttura del mercato senza incorrere in divieti e sanzioni (articolo
L761-5, II comma, Code de commerce).
Nella medesima logica della definizione del perimetro d’interdizione è previsto nel comma V dello
stesso articolo L761-4 del Code de commerce che tale limitazione commerciale ed il correlato
diritto d’esclusiva attribuito agli operatori del MIN possa costituire oggetto di modifiche circa
l’estensione territoriale od oggettiva dello stesso ed anche esser definitivamente soppresso in via
anticipata rispetto alla scadenza (normalmente trentennale) fissata in origine qualora non sussistano
più i motivi che ne avevano giustificato l’adozione ad esempio in seguito al raggiungimento d’un
maggior livello d’integrazione dei mercati interessati oppure per altre ragioni di qualunque sorta che
vengono lasciate al prudente apprezzamento dell’autorità amministrativa competente (cioè il
Consiglio di Stato), ragioni che stante la loro stringenza e limitatezza oggettiva, soggettiva e
territoriale non sono mai stati considerati come effettivamente lesivi del diritto antitrust, neppure di
quello nazionale. Inoltre, come una sorta di clausola di salvaguardia nell’articolo L761-7 dello
stesso Code de commerce, si attribuisce un potere di natura eccezionale all’autorità competente di
porre in essere provvedimenti autorizzatori in deroga al divieto introdotto, provvedimenti adottati in
generale dal prefetto del Dipartimento ove sorge il mercato eccezion fatta per il mercato di ParisRungis per il quale è competente il comitato consultivo dello stesso mercato: queste deroghe
nominative ai divieti fissati dal périmètre de référence sono adottate qualora ciò appaia necessario
per perseguire finalità di miglioramento della produttività e del commercio dei beni in oggetto e
comunque sempre nel rispetto di limiti e modalità fissati con apposito atto adottato dal Consiglio di
Stato e con obbligo di motivazione dei provvedimenti assunti nell’esercizio di questo potere
d’eccezione.
26
La stessa disciplina regola anche il caso in cui nel perimetro del mercato d’interesse nazionale sia
compreso un porto: in questo caso nel contemperamento dei diversi interessi in gioco il legislatore
d’oltralpe ha preferito, come era prevedibile, dare preferenza al commercio portuale prevedendo che
questo sia tendenzialmente esente, anche in ragione della dimensione quantitativa del singolo
commercio portuale, dall’applicazione del divieto derivante dalla fissazione d’una zona
d’interdizione e di protezione intorno al MIN (art. L761-6).
Definito che cosa in concreto sia un mercato d’interesse nazionale e quali ne siano le norme di base
si debbono analizzarne gli attori cominciando ovviamente da coloro che operano all’interno del
mercato stesso come acquirenti o venditori dei beni che ne costituiscono l’oggetto (usageurs) ed i
soggetti che svolgono le attività che possiamo definire come accessorie e complementari rispetto
alle attività commerciali vere e proprie. Sino ad un recente passato in questo ampio genus degli
attori del mercato confluivano una pluralità di soggetti differenti le cui attività era regolate in
maniera significativamente diversa; oggi in seguito all’adozione di modifiche normative in tal senso
questi attori sono stati ricondotti in pratica all’unica categoria degli operatori del mercato o
usageurs appunto i quali, proprio per poter svolgere tali attività, necessitano d’un apposito
provvedimento d’autorizzazione all’installazione nel mercato con il conseguente obbligo di
corrispondere un’imposta per ottenere tale autorizzazione ed al ricorrere delle condizioni stabilite
dalla legge e dalle conseguenti norme d’esecuzione. A questo primo e preliminare costo in senso
economico sopportato dagli operatori si affiancano anche le cosiddette redevances che debbono
essere pagate dall’operatore stesso al soggetto gestore del mercato ed a scadenze regolari e fisse e
che costituiscono in pratica una sorta di canone per la place nel mercato d’interesse nazionale. Tale
tipologia di provvedimento rientra nel novero delle autorizzazioni all’occupazione temporanea a
titolo particolare di dominio pubblico (régime d’occupation normale du domaine public) peraltro
rilasciata dal gestore del mercato e pertanto è sottoposta ad una serie di condizioni quali, oltre al
possesso di requisiti richiesti dalla legge, l’accordo con il gestore del mercato circa l’accesso
dell’usageur, la temporaneità del diritto, la limitata cedibilità e trasmissibilità del diritto stesso,
l’obbligazione di corrispondere il canone previsto ecc. In generale però questa particolare forma di
occupazione di spazio pubblico gode d’una tutela più strutturata e forte rispetto a quella
riconosciuta e garantita nelle ipotesi normali di occupazione di beni pubblici effettuate
legittimamente ad altro titolo e ciò proprio per le caratteristiche che sono insite nell’attività
commerciale d’utilità generale svolta dagli operatori del mercato d’interesse nazionale.
Particolarmente interessante appare la regolamentazione del soggetto gestore del mercato
d’interesse nazionale dalla quale possono essere tratti spunti in rapporto a soggetti analoghi presenti
nel nostro ordinamento. In origine il mercato d’interesse nazionale, sotto la vigenza dell’ordonnace
du 22 septembre 1967 e del décret du 10 juillet 1968, poteva essere gestito sia da un ente locale
interessato singolarmente o da più enti in consorzio tra loro utilizzando la forma dell’azienda
autonoma oppure affidandone la cura ad un soggetto dotato di personalità giuridica e costituito
appositamente (società ad hoc) oppure ancora ad opera di società miste pubblico-private a carattere
locale che vedevano la partecipazione primaria degli enti locali coinvolti. Nel corso del tempo, ed in
particolare a far data dall’ordonnance 25 mars 2004, questa impostazione originaria che in concreto
vedeva sostanzialmente la prevalenza di ipotesi di gestione diretta da parte degli enti locali e talune
società miste pubblico-private mentre esisteva un solo soggetto societario ad hoc gestore del
mercato parigino, ha lasciato il posto ad interventi di riforma più adeguati al nuovo quadro
comunitario della concorrenza, che vede o la gestione diretta del mercato da parte di entità
territoriali specifiche tramite azienda autonoma oppure l’attribuzione secondo criteri di convenienza
economico-finanziaria e capacità di gestione a società miste pubblico-private secondo il
meccanismo della concessione di servizi (articolo L761-2 del Code de commerce).
A prima vista l’orizzonte in cui appare volersi muovere lo Stato francese sembrerebbe quello di
un’apertura verso la gestione privata, ma se ci si spinge a guardare più nel dettaglio ci si può
rendere conto che l’apparente intenzione trova smentite, più o meno dirette, in una serie di elementi
da non trascurare.
27
Innanzitutto lo Stato non abbandona la gestione e l’organizzazione del MIN de Paris-Rungis (article
D761-2 Code de commerce) visto che procede alla nomina d’un proprio commissario presso il
consiglio d’amministrazione della società di gestione SEMMARIS che è la società titolare del MIN
di Parigi e ciò a differenza di quanto accade per gli altri mercati d’interesse nazionale francesi nei
quali la figura del commissario di governo è stata sostanzialmente soppressa proprio a partire dalla
riforma del 2004. A ciò va aggiunto che la partecipazione pubblica nel capitale di SEMMARIS
tramite lo Stato, la città di Parigi e la Cassa depositi e prestiti è tuttora non solo maggioritaria, ma
assolutamente predominante ammontando a circa l’ottanta per cento dell’intero capitale sociale; in
più continuano a sussistere rilevanti poteri d’intervento gestorio ed anche di carattere sanzionatorio,
che sono direttamente attribuiti al Ministro competente per materia, ossia il Ministro del commercio
e dell’agricoltura. Se a quanto detto si aggiunge che lo statuto della società SEMMARIS è stato
adottato direttamente dal Governo con il décret n. 2002-1265 du 16 octobre 2002, ciò ovviamente
in una logica di preminenza pubblica giustificata anche dal capitale sociale posseduto, si capisce
bene che dietro lo schermo della privatizzazione formale probabilmente si nascondono intenzioni
neppur velate di lasciare all’autorità pubblica la posizione di regista dell’intero sistema dei mercati
d’interesse nazionale, visto che quello di Parigi rappresenta il più importante da ogni punto di vista.
Peraltro il meccanismo di imposizione degli statuti alle società d’economia mista di gestione dei
mercati d’interesse nazionale trova una conferma ulteriore, attenuata rispetto al caso del
SEMMARIS, ma comunque rilevante, nel fatto che questi statuti sono approvati con appositi decreti
da parte del Conseil d’État previo parere dei Ministri dell’interno, dell’economia e finanze e
dell’agricoltura e quindi sono sicuramente conformi alle linee di politica economica e commerciale
dello Stato, come è previsto appunto dal Code général des collectivités territoriales – recentemente
modificato – in generale per la disciplina delle società locali d’economia mista cui le società di
gestione dei MIN non possono fare eccezione. Queste sono costituite nella forma di società
anonime con partecipazione pubblica maggioritaria e tale requisito di presenza pubblica non vale
solo per ciò che attiene al capitale sociale, ma anche per quanto riguarda l’esercizio della
maggioranza dei voti all’interno degli organi societari dotati di poteri di deliberazione e decisione,
cui si affiancano inoltre ampie e rilevanti fattispecie di deroga alle regole generali sull’attribuzione
della competenza giurisdizionale che è affida quasi esclusivamente al giudice amministrativo con
un evidente favor per l’amministrazione pubblica, parte forte del rapporto.
Se quanto detto vale per l’ipotesi della gestione tramite società mista pubblica locale, anche l’altra
fattispecie residua di gestione del mercato d’interesse nazionale costituita dall’utilizzo dello
strumento dell’azienda autonoma dell’ente locale o del consorzio tra enti locali evidenzia
sicuramente, anche per i residui poteri che possono essere esercitati su di essa tramite il prefetto
competente per territorio, come tale ipotesi tenda comunque a garantire un rilevante ed efficace
intervento delle autorità pubbliche in relazione alle problematiche che possono derivare
direttamente ed indirettamente dall’attività di gestione e pianificazione d’un mercato d’interesse
nazionale. Quindi, in questo senso, la volontà complessiva appare orientata verso una gestione
dall’alto e pubblicistica d’un peculiare settore economico, senza con ciò mortificare completamente
le istanze e gli interessi strettamente privati.
Di segno opposto agli elementi centralizzatori e statalistici descritti e maggiormente conforme ai
principi di decentramento ed autonomia parziale (décntralisation et déconcentration) cui
recentemente sembrerebbe ispirarsi la politica economica francese sembrano essere taluni elementi
che sono definiti nell’ordonnance du 25 mars 2004; ad eccezione del SEMMARIS di Parigi grazie
a questa ordinanza, infatti, si è progressivamente ridotto il potere di controllo anche preventivo
(quasi una gestione per interposta persona) affidato ai prefetti quali rappresentanti dell’autorità
statale a livello dipartimentale e regionale attribuendo loro funzioni che possono essere definite di
controllo a posteriori o di controllo di legalità ed in autonomia sui soggetti gestori dei mercati,
controllo che si appunta su elementi predefiniti a livello normativo e che ha ad oggetto soprattutto la
condizione d’equilibrio finanziario delle società di gestione e la vigilanza sulle attività di
28
autorizzazione in deroga rispetto al perimetro di riferimento del mercato d’interesse nazionale in
questione.
Accanto a questa riqualificazione del potere prefettizio si affianca una più certa definizione degli
obblighi di tipo finanziario gravanti sul soggetto gestore che è tenuto alla redazione di
documentazione di rendiconto dei risultati finanziari raggiunti cui significativamente si affianca il
rapporto annuale di gestione che deve essere trasmesso ai soggetti pubblici territorialmente
competenti (enti locali, regione, consorzi intercomunali, prefettura ecc.). Se tale documentazione
evidenzia elementi di squilibrio o cause di diseconomie capaci d’incidere significativamente sulla
stabilità finanziaria dell’ente gestore il prefetto è ora obbligato a rivolgersi direttamente agli enti
locali coinvolti, in qualità di partecipanti al capitale sociale quali garanti del gestore e se questi non
intervengono è obbligato ad informarne il Ministro del commercio e dell’agricoltura che può agire
finanziariamente a favore della società di gestione in crisi, realizzando così un intervento
economico diretto dello Stato, in apparente spregio della normativa sugli aiuti di Stato alle imprese.
4.4 I marchés au cadran
Accanto ai mercati d’interesse nazionale, che abbiamo descritto sinteticamente, si pone la figura,
difficilmente traducibile nella nostra lingua, del marché au cadran che è stata progressivamente
introdotta nell’ordinamento francese a partire dalle riforme adottate nel corso degli anni sessanta del
secolo scorso. I marchés au cadran sono nati su impulso dei produttori agricoli di frutta e di legumi
cui si sono ben presto affiancati gli allevatori di bestiame; questi complessivamente perseguivano lo
scopo comune di tutelare le imprese, anche di piccole dimensioni, presenti in questi mercati e
intendevano razionalizzare il commercio di questi beni agroalimentari non solo nel mercato
nazionale ma più in generale anche in quello interno della Comunità Europea.
Inizialmente furono create, con l’ausilio di soggetti pubblici quali i Comitati economici agricoli,
delle società dette Sociétés d’intérêt collectif agricole (SICA) che ancora oggi riuniscono produttori
ed acquirenti di beni agricoli e di bestiame con lo scopo di coordinare, anche attraverso l’intervento
delle cooperative agricole già esistenti, la totalità degli scambi dei beni prodotti ed acquistati dagli
aderenti.
Il marché au cadran è un mercato ad offerta di ribasso (sia al dettaglio che all’ingrosso), che vede
coinvolti i soggetti acquirenti e venditori dei beni agricoli ed alimentari interessati: questi si
impegnano a cedere e ad acquistare totalmente nel mercato cui partecipano in quanto membri della
SICA che gestisce il mercato di riferimento. Tale sistema tende a tutelare l’insieme dei soggetti
associati in quanto, indipendentemente dal prezzo d’aggiudicazione d’una singola partita, il prezzo
effettivamente pagato dall’aggiudicatario della partita stessa sarà comunque pari al prezzo medio di
quella tipologia di prodotto commercializzata su quel mercato in quella giornata di contrattazioni;
quindi attraverso questo meccanismo particolare di fissazione del prezzo si tenta di tutelare in forma
aggregata le posizioni di tutti i soggetti attori del mercato stesso sia in veste di acquirenti che di
venditori di beni, allo stesso tempo creando un’efficace leva a favore del sostegno alle produzioni
agricole e agli agricoltori stessi.
Attualmente i più importanti marchés au cadran sono quello organizzato dalla cooperativa agricola
di Guines et Saint-Omer nella regione di Nord-Pas de Calais per i legumi e in Bretagna i due
mercati gestiti tramite società d’interesse collettivo agricolo del SICAMOB e SOVIGEL per il
bestiame ed i legumi.
Deve aggiungersi che tale tecnica di mercato al ribasso di prezzo con correzione media giornaliera è
possibile anche per quanto riguarda le partite all’ingrosso e pertanto, vista l’ormai remota
abrogazione del divieto, che risale alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, anche nei
mercati d’interesse nazionale per i prodotti agricoli e per quelli ittici (i più importanti esempi di
cadran effettuati su mercati d’interesse nazionale sono quelli dei MIN di Nizza ed Avignone).
Dubbi possono sorgere in merito alla conformità di tale meccanismo di fissazione del prezzo di
mercato rispetto alle regole concorrenziali sia europee che nazionali, proprio per la funzione
intrinseca di tutela delle produzioni e dei produttori che sono insite in questo meccanismo
29
particolare; per quanto attiene alle disposizioni comunitarie queste non vietano in assoluto la
realizzazione di mercati au cadran ma, stanti le particolari modalità di fissazione del prezzo,
tendono ad agevolare l’esplicazione d’una effettiva vigilanza su questi sistemi a ciò che non
abbiano a configurarsi ipotesi di realizzazione d’intese proibite secondo le disposizioni comunitarie.
Sotto il profilo del diritto francese della concorrenza invece tali metodologie contrattuali e
commerciali rientrano nelle eccezioni esplicitamente previste dal Code de commerce (art. L420-4):
allo stesso tempo però si impone, nonostante la legittimità in astratto di questo sistema, il divieto di
introdurre clausole d’esclusiva nei contratti di adesione ad una società d’interesse collettivo agricolo
che gestisca un marché au cadran e si tende ad impedire che siano inserite nei contratti stipulati
fattispecie che comportino forme di dipendenza economica di taluni soggetti del mercato rispetto ad
altri e per rapporto alo stesso mercato ed all’ente di gestione.
La regolamentazione delle “nuove borse merci” che abbiamo delineato in precedenza e che è
incentrata sulle figure del mercato d’interesse nazionale e del mercato au cadran è stata sicuramente
determinata da scelte di politica economica e commerciale pienamente giustificate che si pongono
nell’ottica di individuare e centralizzare le transazioni aventi ad oggetto merci o tipologie di beni di
particolare interesse e rilevanza in quel sistema economico-normativo come ad esempio i prodotti
agroalimentari. In questa nuova ottica una sostanziale revisione dell’originario modello dei marchés
et halles appariva quantomai opportuna e conseguentemente la volontà di disciplinare il nuovo
modello di mercati di commercio all’ingrosso ha avuto grande lungimiranza: oggi si pongono a
questo modello di borsa commerciale di beni primari tutta una serie di problemi inattesi visto che va
emergendo la figura d’una temibile forma di concorrenza nuova che è attuata dalla rete della grande
distribuzione commerciale, molto sviluppata ed efficiente oltralpe, la quale si avvale sempre più per
ragioni di costo ed efficacia dell’approvvigionamento delle cosiddette centrali d’acquisto che
operano in modo coordinato nell’approvvigionamento a favore della grande distribuzione e che
rappresentano un elemento di destabilizzazione dei mercati d’interesse nazionale.
A questo primo aspetto problematico, di natura strutturale, se ne affianca anche un altro ovverosia
l’acquisizione di maggior importanza per le forme di mercato non strettamente fisico, nelle quali le
modalità d’acquisto e vendita sono sì riferite a beni primari, ma non comportano un materiale
trasferimento del bene commercializzato, attraverso l’utilizzo degli strumenti derivati.
L’insieme di queste problematiche ha fatto sì che si dettassero, nell’adozione degli atti normativi
correlati ai problemi del commercio e della correttezza nel settore dello scambio di beni e servizi35,
una serie di regole che impediscano l’utilizzo in forma abusiva del potenziale di forza contrattuale
che è proprio di taluni operatori economici sottolineando peraltro che proprio il sistema dei mercati
d’interesse nazionale più rappresentare un efficace strumento di garanzia contro il rischio dell’abuso
d’una posizione di preminenza in campo commerciale proprio per la centralizzazione che si realizza
nei MIN stessi.
Occorre ribadire che da tale complesso sistema emerge la volontà dello Stato francese di
razionalizzare il sistema degli scambi, soprattutto all’ingrosso, di quell’ampia e generica categoria
dei beni e dei prodotti agroalimentari che sono sicuramente centrali nell’ottica politica francese
stante l’importanza che per inveterata tradizione l’agricoltura ed i suoi operatori economici hanno
nel quadro di quell’ordinamento. A questa considerazione però si affianca forse non senza
contraddizioni anche la volontà di trasferire ampia parte del commercio di beni primari e
conseguentemente anche di prodotti agroalimentari verso il sistema dei mercati finanziari accentrati
in Euronext per volumi e quantità significativamente rilevanti: come esempio chiarificatore si può
menzionare l’introduzione nel listino di Euronext del future sul vino della regione di Bordeaux che,
indipendentemente dal carattere tendenzialmente elitario dello stesso prodotto, costituisce di per sé
35
Loi n. 96-588 du 1er juillet 1996; loi n. 2001420 du 15 mai 2001; loi n. 2005-882 du 2 août 2005.
30
un indice della volontà di accentrare il sistema del commercio per tutto ciò che non necessiti d’un
trasferimento in senso strettamente fisico del bene 36 .
4.5 Mercati delle commodity e dei future
Il termine commodity indica all’incirca le materie prime, identificabili come le merci o i beni
primari necessari alla vita e al benessere dell’uomo e il vocabolo trae origine dalla parola latina di
commòditas, che sta ad indicare “qualcosa di vantaggioso o utile”.
Inevitabilmente negli ultimi cento anni il significato della parola commodity ha subito una
evoluzione, ampliando il suo significato: là dove inizialmente ci si riferiva ai soli prodotti della
terra, perché l’economia era prettamente agricola, poi sotto il tetto dello stesso vocabolo vengono
posti anche i metalli e in generale i minerali, tra i quali spicca il petrolio, ma il cambiamento
logicamente più significativo avviene con il commercio di energia elettrica, quando per la prima
volta di decide di negoziare su un mercato un bene non immagazzinabile, per poi passare a beni più
immateriali (clima, certificati verdi). A questo ultimo proposito, si pensi che nel 2005 è stata creata
la Chicago Climate Future Exchange (CCFE), prima borsa al mondo per lo scambio di strumenti
derivati legati all’ambiente, la quale, in conseguenza alle modifiche apportate dalla legge sull’aria
pulita del 1990 (Clean Air Act), ha iniziato le contrattazioni connesse agli agenti inquinanti.
La CCFE è affiliata alla Borsa Climatica di Chicago (Chicago Climate Exchange, CCX), società
statunitense che nel 2003 ha lanciato la sua piattaforma di contrattazione su contratti standard e
compensati su quote di emissione e altri prodotti ambientali e che nel 2005 ha creato un’altra borsa
climatica, quella europea (European Climate Exchange, ECX), che oggi è la più importante realtà
coinvolta nel sistema di scambio delle emissioni gestito dall’Unione Europea.
La più diretta conseguenza legata all’ampliamento di significanza del termine commodity è stata il
sorgere di una triplice forma di mercati dove le esse vengono trattate.
Riferendoci al momento della consegna delle materie prime, si trovano i mercati spot, nei quali il
recapito della merce è immediato o a un certo tempo fisso, come nel caso del petrolio, la cui
consegna prevede un termine.
Con riferimento alla natura dell’oggetto scambiato, si possono invece individuare i mercati cash,
nei quali sono vendute e acquistate realmente i beni, a differenza dei mercati nei quali vengono
trattati solo gli strumenti, tipicamente i future e le opzioni, il cui valore deriva da quello delle
materie prime sottostanti contrattate nei mercati cash, situazioni nelle quali gli operatori sono
interessati non alla disponibilità del bene fisico, ma alle variazioni di valore, rectius: di prezzo, del
bene in un dato arco temporale.
Il termine cash non è, nel caso della classificazione dei mercati, riferito al denaro, ma solo al fatto
che l’oggetto dello scambio sia qualcosa di reale, indipendentemente dal fatto che il pagamento e la
consegna possano essere differite ad un momento successivo.
Il primo mercato a termine, ma su beni fisici, noto storicamente si ritiene sia una borsa giapponese,
sorta nel 1700 che trovò un primo riconoscimento legale proprio divenendo nel 1730 la Borsa del
riso di Osaka.
Solo nel 1833 la pratica del forward contracting ha cominciato ad essere usata a Chicago e nel
1848, a seguito della fondazione del CBOT (Chicago Board of Trade) è stata affiancata alle
transazioni cash.
Certo è che la pratica del forward contracting attenua i rischi di impresa sia per il venditore che per
il compratore, visto che il primo si garantisce la vendita della produzione dell’anno successivo e il
secondo contestualmente si garantisce la materia prima ad una cifra già stabilita.
36
È da dire che da secoli la fissazione del prezzo a Bordeaux è il primo mobile che determina la catena di fissazione dei
prezzi internazionali; cfr. R. CIPRESSO, Il romanzo del vino, Milano, Piemme, 2006. È quindi naturale la scelta del vino
di Bordeaux come future sul vino, per la sua valenza simbolica e per l'effettiva importanza economica.
31
Nessuna garanzia invece poteva essere prestata per la qualità della merce, né tanto meno per la data
esatta di consegna, ragioni per cui si pensa che, intorno al 1960 nel CBOT, siano stati inseriti i
contratti future.
Nascono così i mercati degli strumenti derivati nei quali, diversamente dalle altre strutture, si
scambiano contratti che di per sé non hanno alcun valore, ma lo derivano da quello del bene
sottostante, nel nostro caso la materia prima reale, scambiato nei mercati cash.
Quando cioè, si decide di comprare o vendere un contratto future, quello che in realtà viene trattato
non è la commodity, ma la variazione di prezzo del bene.
Si parla di mercati o borse future, che hanno proprio la funzione di regolamentare e controllare il
corretto funzionamento di tutte le operazioni di acquisto e vendita tra i vari membri, in particolare la
borsa decide gli elementi essenziali del contratto per ogni commodity trattata: la quantità, le
specifiche di qualità, il termine e il luogo di consegna e la possibile variazione minima di prezzo
(tick), restando alla libera contrattazione delle parti solo la definizione del prezzo. Ovviamente,
stante la determinazione standard dei quantitativi, le negoziazioni non possono essere per quantità
continue, come accade nei mercati reali al dettaglio, e per negoziare una quantità maggiore si
acquisteranno (o venderanno) più contratti, con il risultato che ciascun operatore potrà gestire la
propria posizione lunga o corta in modo modulato, comprando incrementalmente o vendendo
parzialmente, ma per quantità che, quindi, sono discrete. Non è da dire che il pregio di trattare per
quantità discrete è l’omogeneità nelle compravendite, elemento che le rende comparabili con
certezza.
Le borse sono nate per ridurre il rischio di controparte. Nel caso delle negoziazioni in derivati
l’operatore deve dimostrare di avere disponibili cassa o linee di finanziamento, il cui ammontare
determina il volume della sua operatività. A fronte della conclusione di ogni contratto l’operatore
versa un margine, che è una frazione rispetto al valore del contratto (nozionale). Ove il corso del
contratto porti ad una perdita il margine viene eroso e deve essere ricostituito. In mancanza, il
gestore del mercato “chiude la posizione”
Le borse delle commodity si trovano sparse in tutto il mondo, ma le principali sono il CBOT
(Chicago Board of Trade); il CME (Chicago Mercantile Exchange); il CSCE (Coffee, Sugar, and
Cocoa Exchange) che nel 1998 si è fuso con il NYCE (New York Cotton Exchange), la più vecchia
borsa di New York per formare il NYBOT (New York Board of Trade); il COMEX (Commodity
Exchange of New York) che è una divisione del NYMEX conosciuta perché vengono trattati i
metalli preziosi; il NYMEX (New York Mercantile Exchange) fondata nel 1872 per il trading su
uova, burro e formaggio è ora diventata la borsa più importante al mondo per i prodotti petroliferi.
4.6 Modalità di funzionamento delle borse statunitensi
Nelle Borse USA vengono utilizzati due strumenti derivati, quello delle opzioni e quello dei future.
Con il contratto di opzione viene scambiato il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere una
determinata quantità di un prodotto sottostante, in questo caso di una commodity ad un certo prezzo
e ad una certa scadenza o entro una certa scadenza.
Il fatto che questi strumenti derivati conferiscano al possessore solo il diritto di esercitare l’opzione
di vendita (opzioni put) o di acquisto (opzioni call) qualora ritenga di trarne una convenienza
economica, ma non lo obblighino in tal senso, fa sì che vengano definiti “titoli asimmetrici”.
L’opzione che viene impiegata nelle Borse USA è il tipo noto come americano, cioè quello che
permette di esercitare il diritto in qualsiasi momento, entro la data di scadenza, contrariamente alle
opzioni usate nei mercati Europei che consentono l’esercizio del diritto solo alla data di scadenza.
Lo strumento più usato all’interno delle Borse Merci Americane è comunque il future, contratto a
termine con cui si acquista o si vende un prodotto reale sottostante, speculando sulle commodity.
L’individuazione dei future sui giornali o su internet è abbastanza semplice perché ogni contratto ha
una sigla composta dall’abbreviazione della materie prime, dal mese e dall’anno di scadenza.
32
Per meglio chiarire, ad esempio, si può dire che il caffè è indicato con l’abbreviazione KC, il cacao
con CC ecc., alle quali vanno aggiunte la lettera alfabetica corrispondente al mese e la parte
numerica finale dell’anno.
KCZ08 indica che il contratto future sul caffè avrà scadenza a dicembre (Z) dell’anno 2008; CCH08
si riferisce al contratto future che scade nel mese di marzo (H) dell’anno 2008.
La Borsa in cui vengono trattati i future, per i motivi già esposti, determina sia la minima quantità
scambiabile con un contratto (es. con un contratto future sul grano si scambia la quantità minima di
1800 ettolitri c.d. bushel), sia la qualità (es. l’argento deve essere puro al 99,99%), sia la quotazione
perché il prezzo viene determinato in monete diverse a seconda della materie prime di riferimento
(es. l’oro è quotato in dollari e centesimi per oncia, i cereali in dollari e centesimi per bushel ecc..)
La determinazione del prezzo invece, resta alla trattativa dell’acquirente (chi va lungo) e del
venditore (chi va corto).
Il fatto che i future siano contratti standardizzati nei quali non deve discutersi né la quantità, né la
qualità, né le modalità di consegna, fa sì che se l’acquirente alla scadenza (i contratti future hanno
diverse scadenze durante l’anno dipendendo dalle materie prime e fanno riferimento al mese di
consegna della merce) non ha intenzione di ritirare la merce comprata potrà dire al proprio broker di
vendere un future sulla stessa materie prime, in questo modo si dice che ritorna ad essere flat, ossia
senza esposizione lunga o corta nel mercato borsistico, oppure potrà chiudere il contratto più vicino
e aprire quello con la scadenza successiva, compiendo così un’operazione detta rollover, con
l’unico rischio di realizzare una perdita dovuta alla differente quotazione dei due contratti.
Alcune caratteristiche contraddistinguono il mercato dei future, prime fra queste sono i c.d. margini
e l’effetto leva.
Il margine iniziale corrisponde ad una somma minima di denaro depositata per aprire la posizione,
appena ciò accade per mantenere la stessa è sufficiente tenere sul conto del trader una cifra ancora
più bassa, prevista per le varie materie prime, detta appunto margine di mantenimento.
L’altro effetto, strettamente connesso al margine, è detto leva o leverage e dà la possibilità di
ottenere grossi guadagni con poco investimento, motivo vero per cui i future risultano
particolarmente allettanti.
Ad esempio se si acquista un future di una materia prima del valore di 5000 euro, il margine iniziale
potrebbe essere di 250 euro, variando in genere dal 2 al 10% del valore totale del contratto.
Da ciò deriva che con la cifra totale del future, 5000 euro, si potranno acquistare 20 contratti di
quella materia prima.
4.7 Il Chicago Board of Trade e il Chicago Mercantile Exchange
Le Borse future americane possono presentarsi come associazioni no-profit i cui membri sono solo
persone fisiche, quindi non banche, né aziende e partecipano pagando una quota associativa, o come
corporation, cioé società con enormi capitali di base.
Il Chicago Board of Trade CBOT, fondato nel 1848 da un gruppo di 83 businessmen, per diversi
anni con le sue 50 differenti opzioni e future, con un volume di contratti che nel 2006 ha raggiunto
gli 805 milioni, circa 70.000 scambi di media al giorno, ha rappresentato la borsa dei future e delle
opzioni sui cereali più grande al mondo.
Al suo interno vengono trattate soprattutto derrate agricole come il mais, l’avena, la soia, la farina
di soia e il frumento, anche se nel 2001 c’è stato il lancio sui future di oro e argento e nel 2005 sono
stati introdotti gli ultimi prodotti da commerciare, i semi di soia del sud America e l’etanolo.
Per decenni il metodo primario di scambio al CBOT è stato attraverso le aste aperte, le quali
costringevano gli agenti ad incontrarsi faccia a faccia nei reparti di vendita dei future.
Per meglio venire incontro alle necessità di una crescente economia globale, il CBOT nel 1994 ha
lanciato con successo il suo primo sistema di scambio elettronico.
Essendo il mercato elettronico divenuto sempre più importante e prevalente, nell’ultimo decennio il
CBOT ha aggiornato il suo sistema di scambio diverse volte, fino a che il 12 ottobre 2005 ha
33
lanciato con successo la nuova piattaforma elettronica, e-CBOT, il cui sistema operativo è LIFFE
CONNECT.
Nel 1874 è stato fondato il Chicago Mercantile Exchange CME con il nome di Chicago Produce
Exchange specializzato nei mercati dei prodotti deperibili come uova, burro e pollame.
Nel 1919 il CPE venne riorganizzato per la negoziazione dei future e vennero introdotte molte delle
merci che ancora oggi sono trattate come la pancetta di maiale, i bovini da macello, i bovini da
allevamento, i suini da ingrasso e diviene il Chicago Mercantile Exchange.
Sia il CBOT che il CME sono nati come associazioni no-profit ma, nel corso degli anni, si sono
trasformati in società di capitali, fino a che il 17 ottobre 2006 hanno annunciato la loro fusione,
approvata dagli azionisti di entrambi e formalizzata ufficialmente il 12 luglio del 2007, dando vita
al CME Group.
Gli affari e le operazioni delle corporation così costituita sono regolati dal Delaware General
Corporation Law (DGCL), dal Certificato di Incorporazione (Certificate of Incorporation), dal
Regolamento (By Laws) e dalle regole (Rules), norme predisposte gerarchicamente, per cui
l’applicazione delle regole avviene solo a condizione che non siano incompatibili con le fonti
precedenti 37 .
In un congresso tenutosi negli Stati Uniti nel 1974 è stata creata un’agenzia indipendente
denominata Commodity Future Trading Commission (CFTC), con il preciso mandato di controllare
la corretta applicazione delle regole sui future e sulle opzioni nel mercato delle commodity.
Il CFTC nel 2000, con l’emanazione del Commodity Future Modernization Act, ha visto ampliati e
rafforzati i suoi poteri.
La fonte normativa della Commodity Future Trading Commission la si ritrova nello US Code i cui
contenuti sono disposti a matrioska.
Infatti è diviso per titoli, ogni titolo per capitoli e ogni capitolo per sottovoci numeriche.
Il titolo sette denominato Agricolture disciplina al suo capitolo 1 le Commodity Exchanges e alla
sottovoce due la Commodity Future Trading Commission.
In base all’articolo IV del certificato di incorporazione (certificate of incorporation) i membri del
CME Group sono suddvisi in due gruppi definiti A e B e questi ultimi in cinque serie.
I membri di tipo A hanno diritto di voto su tutto oltre che il diritto esclusivo di ricevere ogni
dividendo pagato o distribuito dalla corporation, mentre i 3681 membri di tipo B hanno il diritto di
commerciare e utilizzare le strutture della società.
Tra i principali organismi che compongono il CME Group troviamo il Board of Directors, scelto
dal Consiglio precedente tra gli appartenenti alla classe A e al gruppo del CME; le Commissioni e i
Dipartimenti (Committees and Departments), nominati dal Board con compiti non preordinati ma
delegati di volta in volta; i Funzionari (Officers) suddivisi in Presidente, Vice Presidente, Direttore
Generale, Funzionari, Segretari, Tesorieri e assistenti di questi ultimi.
Regola imposta è che le comunicazioni tra i membri e gli organismi, salvo particolari eccezioni,
debbano avvenire sempre per iscritto.
L’identificazione delle materie prime da trattare, la quantità, la qualità, il mese della consegna e
l’ora dello scambio sono determinate dal Board of Director.
I metodi di contrattazione all’interno della corporation sono condotti in due modi, uno aperto e uno
attraverso la piattaforma elettronica.
Il primo si svolge nel trading floor a cui hanno accesso soltanto i membri della borsa che si
posizionano nei pit, piattaforme poligonali simili ad un anfiteatro, abbassate per facilitare la
comunicazione o alzate a seconda del volume di scambio e nelle quali i commercianti si
posizionano in piedi per chiamare ordini, prezzi e quantità.
Ovviamente nelle adiacenze dei pit ci sono diverse lavagne elettroniche nelle quali alcuni addetti
inseriscono il prezzo in modo che sia visibile a tutti, oltre che i dati di quotazioni provenienti da
altre borse.
37
Amended and Restated By-laws of the Board of Trade of the City of Chicago, Inc., article I-Rules and Regulation.
34
Giubbotti di colore diverso sono indossati dagli operatori per indicare la loro funzione
(commercianti, corridori, dipendenti ecc..)
L’intenzione di vendere o acquistare è fatta usando una rappresentazione fisica con le mani.
Se ad esempio un operatore vuole acquistare dieci contratti al prezzo di otto nella buca urla otto per
dieci pronunciando il prezzo prima della quantità e tenendo il palmo della mano verso il suo volto
con l’indice sulla sua fronte ad indicare dieci.
Al contrario se un operatore vuole vendere cinque contratti al prezzo di otto deve indicare la
quantità prima del prezzo e mostrare la mano con le cinque dita aperte e rivolta con il palmo
all’esterno.
La combinazione di mano e segnali offre a chi svolge questa attività una protezione contro un’errata
interpretazione da parte di altri partecipanti al mercato.
Certo per uno spettatore il clamore con il sistema aperto può sembrare caotico e confuso, ma in
realtà è un accurato ed efficiente metodo di scambio.
Invece con il sistema elettronico la partecipazione alle contrattazioni è più agevole, potendo
avvenire anche seduti da casa o in ufficio e a migliaia di chilometri di distanza semplicemente
connettendosi alla piattaforma tramite il protocollo dati del mercato.
I partecipanti al floor che non siano membri del CME Group, possono accedervi solo tramite le
Future Commission Merchant, società a scopo di lucro che effettuano le transazioni a nome dei
clienti sia privati che istituzionali, le quali a loro volta devono essere membri della Borsa, altrimenti
sono costretti ad utilizzare una FCM che lo sia.
Le FCM operano anche una sorta di garanzia nei confronti della Borsa, nel senso che pagano per il
cliente che rappresentano nel caso sia insolvente e a sua volta la Borsa garantisce per l’eventuale
bancarotta delle FCM che siano suoi membri, attraverso un fondo con il quale tutela le posizioni di
tutti i suoi clienti e copre i loro conti.
Contrariamente se la FCM non è membro della Borsa quest’ultima tutela solo le posizioni e non i
conti degli investitori, perciò teoricamente questi ultimi potrebbero essere attaccati dai creditori
cosa che invece, nella pratica non accade perché il Commodity Exchange Act , (legge federale
emanata il 15 giugno del 1936 dal Governo degli Stati Uniti, in sostituzione della Grain Future Act
del 1922 che prevede il regolamento generale di tutte le commodity trattate nelle borse merci
americane), stabilisce più genericamente che la tutela debba comunque esserci indipendentemente
dal fatto che la FMC sia o meno membro della Borsa.
Se però la FMC non è componente dell’istituto finanziario tra questa e i clienti deve esistere un
intermediario, il Broker, soggetto che è obbligato ad essere iscritto alla National Future Association
(NFA), organismo federale fondato nel 1982 per regolamentare il mercato dei future il quale, a sua
volta, opera sotto il controllo della Commodity Future Trading Commission (CFTC) creata nel 1974
sulla base della Commodity Exchange Act.
In realtà sono i Broker a fare le offerte nei Pit tra grida e gesti delle mani e, una volta effettuata la
transazione, portano la scheda contenente le specifiche (prezzo, tipologia di contratto, orario della
transazione, nome del trader e della FMC per cui operano e del trader e della FMC opposti) alla
Clearing House o meglio detta stanza di compensazione.
La Clearing House ha dei membri che possono essere FMC, Istituzioni Finanziarie, Società di
Trading, chiamati Clering Firms.
Una volta che la FMC, direttamente o tramite il Broker, ha concluso una trattativa in Borsa, procede
ad inviare l’ordine alla Clearing Firm che a sua volta lo invia alla Clearing House la quale procede
alla compensazione (clearing), cioè accoppia ogni operazione di vendita con quella di acquisto,
ogni venditore con l’acquirente, monitorando il rischio delle posizioni assunte dai vari traders e
aggiornando l’estratto conto delle Clearing Firm sulla base della perdita o del guadagno di quel
trade.
Quindi la Clearing House acquista o vende dalla Clearing Firm alla quale l’ordine è giunto e
quest’ultima a sua volta è obbligata a depositare un margine (diverso da quello versato dal trader
per aprire la posizione) a copertura del rischio assunto dai suoi clienti.
35
Da ciò deriva che la reale controparte in ogni transazione è la Clearing House, nel senso che se
compro un contratto future l’impegno sarà con quest’ultima e non con il venditore.
Questo meccanismo permette ai partecipanti del mercato borsistico di non preoccuparsi di chi sia la
controparte visto che la Clearing House garantisce, attraverso dei fondi costituiti appositamente, sia
per traders che per le Clearing Firms nel caso dovessero fallire.
Altro compito della Clearing House è quello di preordinare la consegna fisica delle merci
contrattate, c.d. operazione di delivery.
Il recapito può avvenire solo a partire dal primo giorno in cui il venditore notifica la sua volontà di
fare il delivery, detto First Notice Day (FND), che ha inizio tre settimane prima della scadenza
contrattuale.
L’operazione di delivery inizia con la notifica da parte della Clearing Firm al Board Trade Clearing
Corporation (BOTCC) che il suo cliente (il venditore) è intenzionato alla consegna materiale della
merce.
Il BOTCC accoppia il compratore che ha la posizione più lunga, ossia quella aperta da più tempo,
con il venditore che vuole fare il delivery, procedendo a notificare il tutto ad entrambe le parti,
contestualmente la Clearing Firm invia la fattura del venditore al BOTCC in duplice copia perché
una sarà inviata da quest’ultimo all’acquirente.
L’operazione continua tra le Clearing Firm del compratore che spedisce l’assegno alla Clearing
Firm del venditore, la quale a sua volta invierà a quest’ultima i documenti per il ritiro della merce.
In realtà questa complessa e articolata operazione di conclusione di un future con l’effettivo
passaggio dei beni reali accade in media nel 2% dei casi; infatti la maggior parte degli investitori
nel CME Group sono dei veri e propri speculatori borsistici che non hanno alcun interesse per le
materie prime trattate, ma solo per i guadagni sottostanti.
Inizialmente nel Chicago Board of Trade poteva essere scambiato il mini NY-gold, cioè una
quantità minima di oro corrispondente a 33,2 once.
Infatti la piazza USA dove viene trattato l’oro è il Commodity Exchange (COMEX), branca del New
York Mercantile Exchange (NYMEX).
In questo mercato i lingotti commerciati hanno un peso di 100 once, e possono essere consegnati
ogni giorno feriale del mese di scadenza del future.
Novità è che il NYMEX, nel quale si negoziano alluminio, carbone, rame, petrolio greggio, energia
elettrica, benzina, oro, nafta, gas naturale, palladio, argento, propano, platino, il 17 marzo 2008 ha
accettato l’offerta del CME Group per l’acquisizione di una sua parte per la somma di $ 8,9
miliardi, mentre l’integrazione dei sistemi NYMEX CME Group dovrebbe essere pienamente
operativa ed effettuata a partire dal 30 settembre 2009.
4.8 Le principali Borse europee.
Tra le principali Borse merci europee si trova il London Metal Exchange (LME), che al momento
rappresenta la borsa più importante al mondo per i metalli non ferrosi.
Le sua nascita si fa risalire a diversi secoli fa, precisamente al 1571, quando è stato creato il Royal
Exchange nel quale veniva compravenduto solo il rame.
Nel 1877 si trasforma in London Metal Market and Exchange Company che vede nel corso degli
anni l’ampliarsi delle contrattazioni al suo interno, corrispondentemente all’inserimento dei diversi
prodotti metallici trattati.
Infatti nel 1920 sono stati inseriti ufficialmente il piombo e lo zinco, nel 1978 l’alluminio, il nickel
nel 1979, le leghe di alluminio nel 1992, mentre su alcuni materiali plastici le contrattazioni sono
iniziate nel 2005 e da ultimo è stato introdotto l’acciaio.
Nel corso degli anni lo sviluppo del mercato ha subito un arresto a seguito del secondo conflitto
mondiale, periodo in cui il LMMEC è stato chiuso per poi essere riaperto nel 1952.
Erroneamente spesso si crede che nel London Metal Exchange siano trattati i metalli preziosi come
l’oro e l’argento, in realtà questi sono commerciati nel New York Mercantile Exchange (NYMEX),
36
nel Tokyo Commodity Exchange (TOCOM) e nel London Bullion Market Association (LBMA) che
ne fissa le quotazioni ufficiali giornaliere.
Il platino e il palladio sono invece trattati nel London Platinum and Palladium Market (LPPM),
mentre i metalli minori sono oggetto di attività commerciale da parte di alcune compagnie riunite
nella Minor Metal Trade Association.
Il LBMA, così come il LPPM e il MMTA, sono mercati over-the-counter (OTC), ossia mercati in
un senso molto particolare, completamente diverso dalle istituzioni che normalmente sono le Borse,
essendo caratterizzati dal fatto di non avere un regolamento e nessun controllo sulle negoziazioni,
sia in termini di obblighi informativi quanto a prezzi e quantità, sai in termini di polizia sulle
operazioni svolte dai partecipanti al mercato.
Inoltre le trattative non si svolgono hanno dei parametri di riferimento come invece avviene nelle
Borse dove si contrattano future e opzioni le cui quantità, modalità e luogo di consegna, oltre che le
qualità sono predefinite restando, come già detto in precedenza, alla libera determinazione delle
parti solo il prezzo.
La quotazione nei mercati OTC avviene secondo il principio dell’incontro tra la domanda e
l’offerta, attraverso conversazioni bilaterali tra le parti in maniera telefonica o telematica.
Per quest’ultima forma spesso si usa creare una pagina in cui inserire le proprie quotazioni che
possono essere visualizzate e applicate da un qualsiasi altro utente di quel provider.
L’applicazione è l’atto con cui si esprime la propria volontà negoziale che, una volta accettata dal
proponente, sarà inviata dal sistema ad entrambe le parti, offerente ed acquirente, con i dettagli della
transazione ad indicare la conclusione della stessa.
Non esiste quindi un book di negoziazione in cui vengono raccolti ed abbinati automaticamente gli
ordini di acquisto e di vendita.
Conseguenza ancora più evidente del fatto che i mercati OTC siano fuori dai circuiti borsistici è che
il valore delle quotazioni cambia continuamente.
Le contrattazioni nel London Metal Exchange possono essere inter-office, o verbali.
Queste ultime si svolgono all’interno del c.d. Ring o circolo delle grida, in varie sessioni. Nella
seconda sessione della mattina sono stabilite le quotazioni giornaliere di tutti i metalli contrattati
(Daily Official Exchange Rates).
Al termine delle contrattazioni ufficiali si apre il Kerb 38 trading, cioè quindici minuti di c.d. dopo
borsa, in cui sul Ring vengono trattati simultaneamente tutti gli otto metalli.
Nel LME le trattazioni avvengono negoziando future che hanno una scadenza a tre mesi, ma
possono essere stabiliti anche con termini più lunghi o sul pronti, con le opzioni e con i Tapos,
particolare tipo di opzione asiatica.
Nel mercato sono coinvolte circa cento imprese, ma solo dodici, le Ring Dealing Member, hanno
l’esclusiva di trattare nel Ring, conseguenza diretta del fatto che sono anche membri sia della
London Clearing House che della FSA.
I dodici Ring Dealer Member sono dotati di un altro privilegio, quello di poter operare nella Borsa
sulle ventiquattro ore, operando con il secondo metodo di contrattazione, l’inter-office.
Questo diritto è riservato anche ad un altro gruppo di operatori, gli Associate Broker, che possono
operare sul mercato inter-office perché membri della FSA, e agli Associate Broker Clearing in
qualità di intermediari associati alla Clearing House.
Tra gli operatori del London Metal Exchange troviamo anche gli Associate Trade Clearing,
commercianti associati e membri della London Clearing House i quali però rivestono la posizione
di clienti per cui possono concludere le operazioni solo in proprio.
Ultimi nel pecking order, perché in realtà godono di ben pochi diritti non ne hanno essendo solo
clienti, sono gli Associate Trader.
38
Il termine Kerb trading deriva dalla storia antica del mercato a termine delle materie prime, nel quale le contrattazioni
dopo l’orario di ufficio venivano condotte sul marciapiede della strada. Peraltro all’epoca nella quale le contrattazioni
nelle Borse erano alle grida, e quindi si svolgevano in un limitato arco temporale, era frequentissimo l’uso di
contrattazioni fuori dal logo fisico e dall’orario del mercato, in Italia l’uso era noto come “fuori Borsa”.
37
Nel LME gli aspetti legati alla formazione e applicazione delle regole di mercato o all’inclusione di
nuovi membri, sono curati dall’Executive Director, composto da tredici direttori, mentre gli aspetti
legali riferiti alle relazioni che sorgono negli scambi sono materia del General Consel.
Esistono due altre figure di direttori con compiti precisi, il Commercial Director che è responsabile
delle comunicazioni relative agli scambi e il Director of Finance che si occupa delle questioni
finanziarie, delle risorse umane oltre che più in generale, della continuità del lavoro nella società.
Ultima figura è quella del Chief Technology Officer il cui compito è quello di assicurare il buon
funzionamento delle operazioni tecnologiche, argomento centrale in mercato telematico.
Le operazioni di mercato del London Metal Exchange sono oggetto di supervisione da parte della
Financial Service Authority, la quale disciplina e autorizza le condizioni degli scambi, oltre a
controllarne il corretto svolgimento.
All’interno del London Metal Exchange è altresì presente un dipartimento sotto la supervisione del
Direttore Esecutivo, denominato “Dipartimento per le regole e per la conformità”, al quale è
assegnato il compito di monitorare il mercato e i suoi membri, verificando il rispetto delle regole.
Come già accennato il mercato dei metalli si svolge anche nel London Bullion Market, nel Minor
Metal Trade Association, nel London Platinum and Palladium Market e nel Tokio Commodity
Exchange.
La London Bullion Market Association (LBMA) gestisce un mercato all’ingrosso per il commercio
dell’oro e dell’argento, dove le quantità minime scambiabili sono per il golden mille once e per il
silver cinquantamila once.
Essendo un mercato over-the-counter non esistono sistemi di mitigazione del rischio, e quindi ogni
rischio è addossato alle parti, che sono istituzioni finanziarie di metalli preziosi, produttori,
fabbricatori, raffinatori e in genere operatori del settore.
Il LBMA è stato formalmente registrato nel 1987 e regolato dalla Bank of England, passando nel
2000, con l’unificazione delle autorità di supervisione e vigilanza, sotto il controllo del Financial
Service Authority. Per l’esattezza, il mercato dei derivati ricade sotto l’autorità del Financial
Service Authority, in forza del Financial Services and Markets Act del 2000, mentre il mercato spot,
i forward e i depositi in oro e argento sono auto-regolati, secondo una risalente tradizione
britannica, dal London Code of Conduct for Non-Investment Products, essendo materia
“commerciale” e non “finanziaria”.
Gli operatori nel London Bullion Market appartengono a due categorie, i Full Member che sono
soggetti già coinvolti nel mercato e gli Associates che invece, mettono a disposizione i servizi per
quel mercato.
Quindi una banca con uno stabilimento in Gran Bretagna può essere Full Member, mentre i
compratori, i produttori, i trasformatori con sede fuori dal Regno possono solo essere Associates,
come ad esempio accade per l’Italpreziosi S.p.a di Arezzo.
I metalli preziosi sono anche trattati nel Tokyo Commodity Exchange, organizzazione no-profit così
come disposto dalla Commodity Exchange Law del 1950 che regola il commercio delle commodity
future e delle opzioni in Giappone.
L’autorità che controlla la Borsa è il Ministry of Economy, Trade and Industry, mentre le attività nel
TOCOM sono gestite da cinque commissioni 39 che operano sotto la diretta responsabilità del Board
of Directors.
Il Minor Metal Trade Association (MMTA) è invece un organismo no-profit, fondato nel 1973 da
diciannove membri che sono diventati centoventi per venti Paesi.
Gli scambi avvengono faccia a faccia tra gli operatori e riguardano i metalli minori 40 .
39
Le commissioni del TOCOM sono, il General Affairs Committee, il Membership Committee, il Market Management
Committee, il Delivery Quality Committee, il Market Trading Monitoring Committee.
40
I metalli minori trattati nel MMTA sono il Silicon, Manganese, Magnesium, Roasted Molybdenum Concentrates,
Ferro Molybdenum, Ferro Tungsten, Ferro Vnadium, Antimony, Chromium, Cadmium, Titanium, Bismuth, Cobalt,
Arsenic, Selenium, Tellurium, Indium, Germanium, Gallium, Mercury, Calcium, Hafnium, Lithium, Strontium,
Thallium, Tantalum, Zirconium.
38
Il MMTA ha un regolamento che stabilisce in modo specifico le condizioni per il commercio e il
contenuto dei contratti, nei quali deve essere obbligatoriamente indicata la purezza dei materiali, la
quantità, il confezionamento e la forma, l’origine, il prezzo, il posto e il tempo della consegna, il
termine per il pagamento, la documentazione e altre condizioni se la parti ritengano la necessità o
l’opportunità di applicarle.
Lo stesso regolamento nel paragrafo B del General al punto 2 stabilisce che per gli scambi tra Paesi
diversi sia applicato l’Uniform Law for International Sales under the 1980 United Nations
Convention.
Altri due materiali oggetto di contrattazioni sono il platino e il palladio, ma la loro storia è
relativamente recente, infatti il primo è stato scoperto nel 1751 e il secondo circa duecento anni
tanto che la prima quotazione si fa risalire solo al 1979.
Le compravendite di entrambi i materiali avvengono nel London Platinum and Palladium Market,
fondato nel 1987 e composto da tre tipologie di membri.
I Full Member, soggetti che prestano già dei servizi al mercato inglese per gli scambi del palladio e
del platino, gli Associate che sono compagnie riconosciute dall’Associazione come esperti nel
settore e con un certo capitale sociale, gli Affiliation che sono carenti dei precedenti requisiti, ma
comunque operano nel settore di scambio dei materiali in questione.
Il prezzo viene determinato dall’incontro tra la domanda e l’offerta nel c.d. Fixing price e viene
immediatamente diffuso da tutte le agenzie internazionali e usato da tutti gli industriali e i
produttori del mondo.
La partecipazione alle trattative è riservata alle compagnie appartenenti alla London / Zurich Good
Delivery list for platinum and palladium, lista che può cambiare di volta in volta, mentre la
consegna della merce è stabilito che avvenga nei due giorni successivi alla conclusione del
contratto.
Nel corso degli anni i sistemi di trading floor sono stati affiancati dalla negoziazione elettronica,
cioè da strutture automatizzate che consentono, mediante l’uso di terminali, la rapida diffusione di
notizie per la conclusione di vendite e acquisti.
Nella contrattazione di future ed opzioni tramite la negoziazione elettronica i vantaggi ottenuti dai
partecipanti al mercato sono diversi.
Innanzitutto possono negoziare simultaneamente più future o più opzioni o tutte e due insieme, con
l’ulteriore agevolazione di avere una riduzione sui costi fissi.
Infatti, tutti gli operatori che partecipano ai mercati alle grida o a quelli elettronici, sono costretti a
sopportare dei costi fissi e dei costi variabili.
Certo è che le spese strutturali che includono i fabbricati, il personale, i servizi tendono ad essere
più elevate nei mercati alle grida 41 che però, nella loro arcaica seppur complessa organizzazione,
offrono il beneficio di poter osservare il comportamento degli altri trader sul floor, cosa che gli
investitori nel trading elettronico non possono fare perché le controparti sono sconosciute.
Il 22 settembre del 2000 le principali borse merci e derivati europee, ossia il Matif, mercato a
termine francese, il britannico Liffe, la borsa di Amsterdam, quelle di Bruxelles, di Lisbona e Porto
si sono riunite in una struttura federativa formando una Borsa paneuropea, l’Euronext.
Nel 2007 la piattaforma paneuropea si è fusa con il NYSE, dando vita al NYSE Euronex, il più
importante mercato finanziario transatlantico e quello con la maggiore liquidità.
41
Il Chicago Board of Trade e il Chicago Mercantile Exchange hanno costruito delle nuove piattaforme per le
contrattazioni rispettivamente da centottanta e duecentoventtotto milioni di dollari.
39
Capitolo 2
Disciplina normativa e crisi delle borse merci in Italia
Le borse merci in Italia tra disciplina statale (legge 20 marzo 1913 n. 272) ed autonomia
normativa
Fino al 2006 le borse merci operanti in Italia, erano regolate sostanzialmente dalla disciplina
istitutiva delle “borse di commercio” del 1913 42 , disciplina che originariamente si proponeva il
duplice scopo di istituire ufficialmente dei luoghi fisici dove permettere agli operatori di incontrarsi
per commercializzare titoli e merci e consentire –al termine della giornata riservata agli scambi– la
formazione di un listino di borsa contenente le quotazioni dei prezzi dei prodotti contrattati in quella
specifica giornata di mercato.
Entro la categoria delle borse di commercio il legislatore in origine aveva dato scarso peso alla
distinzione tra borse merci e borse valori, anche se alcune norme erano dettate avuto riguardo al
mercato dei titoli e degli altri valori ammessi alla quotazione e al corso dei cambi.
La strada delle borse valori e delle borse merci iniziò a divaricarsi alla metà degli anni venti,
quando (con il R.D. del 7 marzo 1925, n. 222) venne sancita la scissione tra le borse aventi
l’obiettivo di trattare le merci e quelle aventi lo scopo di trattare i valori.
Il diverso “peso” delle due tipologie di borse di commercio non era ancora evidente (per
l’importanza che ancora potevano avere scambi su merci in ambiti locali ristretti e per la scarsa
espansione in Italia del mercato finanziario), ma la diversità di funzione divenne sempre più
tangibile, tanto che nel periodo fascista le Borse Merci furono soppresse con R.D. del 26 luglio
1935, n. 1494 (convertito con legge del 9 gennaio 1936, n. 12), in quanto ritenute incompatibili con
la politica degli ammassi, che a sua volta venne abolita con la legge 30 Maggio 1950, n. 374.
Questo episodio ci ricorda una delle caratteristiche essenziali delle borse merci e cioè di essere
istituzioni necessariamente connaturate a sistemi economici basati sul libero mercato, incompatibili
con economie pianificate.
Una vicenda storica, più vicina ai nostri giorni, che rappresenta molto bene il forte significato
sociale e ideologico, oltre che economico, che può avere l’istituzione di borse merci è quella dell’ex
Unione Sovietica all’inizio degli anni novanta43 . Erano gli anni in cui il settore privato iniziava a
svilupparsi a seguito dell’entrata in vigore della legge sulle cooperative del 1988; i legami verticali
tra gli organismi centrali della pianificazione e le imprese si indebolivano, ma stentavano a
svilupparsi quelli orizzontali tra imprese, la crisi del sistema di pianificazione centrale e la perdita di
potere di acquisto del rublo (che veniva accettato dalle imprese in cambio delle loro forniture solo
nella misura in cui poteva essere utilizzato per il pagamento dei salari e delle imposte)
costringevano le imprese (quando non potevano utilizzare come mezzo di pagamento merci a forte
domanda come carne, benzina o materiali da costruzione) ad allestire complesse ed onerosissime
reti di scambi indiretti per procurarsi materie prime, parti di ricambio e prodotti intermedi necessari
alla propria attività. É in questo contesto che vennero istituite in tutto il territorio dell’allora Unione
Sovietica numerose borse merci, nelle quali venivano offerti e domandati ogni tipo di prodotti
industriali e agricoli 44 . Risale al maggio del 1990 la registrazione della prima Borsa merci di Mosca
42
La disciplina dettata dalla legge 20 marzo 1913, n. 272 e dal relativo regolamento approvato con regio decreto 4
agosto 1913, n. 1068 è rimasta sostanzialmente immutata –se si eccettuano pochi interventi, peraltro riguardanti le borse
merci più di riflesso che direttamente, come ad esempio le norme sulla professione di mediatore (cfr. l. 21 marzo 1958,
n. 253 e relativo regolamento)– fino alla disciplina dettata dal decreto 6 aprile 2006, n. 174 che detta la disciplina per il
funzionamento del sistema telematico delle Borse merci italiane, sul quale ci soffermiamo oltre.
43
C. BOFFITO, Le Borse merci nell’U.R.S.S., in Economia e politica industriale, 1991, p. 133 e ss.
44
In alcuni casi si trattava più di “centri commerciali” che di vere e proprie borse merci, laddove per tali intendiamo
appunto luoghi nei quali non solo si incontrano gli operatori economici per acquistare e vendere beni, ma si richiede
anche che le contrattazioni si facciano per quantitativi minimi stabiliti, con precise caratteristiche e con modalità di
40
(Moskovskaja tovarnaja birza: Mtb) e all’ottobre dello stesso anno quella della borsa merci e
materie prime sempre nella stessa città (Rossiskaja tovarno-syrevaja birza: Rtsb) 45 . I fondatori di
queste borse merci si proponevano di ripristinare i normali rapporti di mercato tra produttori e
consumatori in un contesto nel quale le imprese che avevano abbandonato la strada dell’economia
di “comando” non trovavano né fonti di approvvigionamento di materie prime, né sbocchi per la
loro produzione; scopo degli ideatori quindi era quello di favorire lo sviluppo degli scambi tra unità
produttive e commerciali e così permettere la formazione di prezzi determinati dall’incontro tra
domanda ed offerta proprio nel momento in cui i prezzi fissati dalle autorità centrali avevano perso
qualunque possibilità di impiego.
Si noti che in quel contesto le borse merci erano percepite –correttamente– non solo come
organismi commerciali funzionali a stabilizzare l’economia, ma anche come i soggetti più
qualificati per indicare quali leggi e quali norme fossero necessarie ad assecondare lo sviluppo
organico del esistema conomico 46 .
Come sappiamo ci sono sostanzialmente due modelli organizzativi delle borse (ivi incluse le borse
merci) dal punto di vista del riconoscimento di queste da parte dell’ordinamento statale: quello
disciplinato dal legislatore e quello lasciato all’autonomia privata 47 . Di questi due modelli il
secondo è stato storicamente quello a cui per più tempo si è informata l’esperienza nazionale.
Quello che a volte non si sottolinea quanto meriterebbe è però il ruolo centrale che comunque hanno
sempre svolto le entità esponenziali degli interessi di categoria non solo nella gestione ma anche
nella disciplina e nel controllo di questi istituti, che nel nostro ordinamento, erano soggetti
contemporaneamente al controllo sia delle autorità statali che delle Camere di Commercio
(peculiarità che contraddistingueva le Borse Merci italiane tradizionali) e che da quando furono
ricostituite con la legge del 30 maggio 1950, n. 374 (una volta chiusa la parentesi fascistacorporativa), hanno seguito le disposizioni generali della legge costitutiva del 1913, che però
consegna determinati, cosa che permette non solo l’approvvigionamento/vendita del bene, ma anche la determinazione
del prezzo di mercato del bene stesso. Ancora per fare un paragone, un pò come in Italia quando, soppresse le borse
merci negli anni trenta, alcune di esse continuavano a funzionare non più nei luoghi pubblici e con il riconoscimento
statale, ma nelle piazze, nei caffè, nelle trattorie o in qualsiasi altro luogo commerciale che risultasse funzionale agli
scambi. Esistono altri casi in Italia di sostituzione del mercato ufficiale con un mercato spontaneo e buon paradigma è la
storia del Mercato Ristretto. Esso fu introdotto nell’ordinamento dalla l. 23 febbraio 1977, n. 49, al fine di creare una
struttura organizzativa ove potessero essere scambiati i titoli non quotati, prima negoziati nel c.d. mercatini, la cui
attività venne a cessare quando la giurisprudenza (Cass. pen. 7 marzo 1975, n. 578, Giur. comm., 1976, II, p. 17, con
nota di G. INSOLERA, Profili di responsabilità penale del presidente del comitato direttivo degli agenti di cambio)
ritenne illegittimo che ad essi partecipassero gli agenti di cambio (sul punto P. SCHLESINGER, Se gli agenti di cambio
possono partecipare alla contrattazione del c.d. mercatino, in Giur. comm., 1974, I, p. 591; A. DALMARTELLO, Gli
agenti di cambio e i c.d. mercatini, in Giur. comm., 1975, I, p. 151). La nascita del Mercato ristretto, ovviamente, fece
rinascere il fenomeno spontaneo, che si chiamò “terzo mercato”.
45
La primogenitura delle borse è contesa tra Mtb e Rtsb, quest’ultima infatti anche se è stata riconosciuta ufficialmente
dopo, aveva iniziato ad operare prima. Irina Khakhamada fondatrice, insieme a Konstantin Borovoj, della Rtsb ricorda
così l’esordio della borsa merci e materie prime: “La prima seduta fu praticamente una truffa. Io e Borovoj avevamo
fatto un sacco di pubblicità sui giornali alla nostra idea di un luogo deputato allo scambio di merci e prodotti, come
esiste nei paesi capitalisti, e ci erano rimasti soltanto i soldi per affittare tre ore l’auditorio del Museo Politecnico per la
seduta inaugurale. Ai quattro gatti che si presentarono per vedere cos’era questa Borsa, annunciammo che la sala era
nostra per un anno! Quella prima mattina, nessuno spese più di 30 mila rubli, ma bastarono ad affittare la sala per
qualche altro giorno. All’inizio andammo avanti così, in due, di notte Konstantin preparava i contratti, di giorno io
mentivo al telefono ai clienti, giurando che tutti i documenti erano pronti e la Borsa era un organismo pienamente
autorizzato. Non lo era affatto, invece. Ma nella confusione generale del tramonto della perestrojka, nessuno si curò di
proibirla. Più tardi arrivò anche l’autorizzazione formale” ed aggiunge “anche quando le cose cominciarono ad andare
benissimo per la nostra cooperativa, i miei amici intellettuali mi disprezzavano. Tu vendi il tuo cervello per soldi: come
se fosse stata una scelta riprovevole, equivalente a vendere il mio corpo. Fatto sta che nei giorni del golpe contro
Gorbaciov, agosto 1991, noi broker della Borsa Merci eravamo i primi sulle barricate a difendere la democrazia, mentre
i miei amici dell’intellighentzija restarono a casa a discettare sul da farsi” in E. FRANCESCHINI, Russia. Istruzioni per
l’uso, pp.61-71, Feltrinelli, 1998.
46
C. BOFFITO, Le Borse merci, op. cit., p. 138.
47
Con le varianti poi della diversificazione tra soggetti gestori pubblici e soggetti gestori privati e le diverse graduazioni
di vigilanza da parte di autorità terze rispetto ai mercati.
41
fungeva da mera legittimazione degli specifici regolamenti interni delle singole Borse 48 , costituenti
la spina dorsale della vera disciplina in base alla quale appunto le borse merci hanno operato fino
quasi ad oggi, creando regolamentazioni funzionali differenziate tra le varie “piazze”, cosa che nel
tempo ha reso inefficiente il sistema.
Non è stato questo l’unico motivo per cui negli anni l’operatività delle Borse merci italiane ha perso
spessore ed importanza: un altro elemento determinante è stato ad esempio il superamento del
sistema di contrattazione alle grida praticato nelle Borse merci rispetto all’evoluzione dei sistemi di
comunicazione e alla diffusione dei collegamenti informatici che, consentendo contrattazioni in
tempi reali e tra centri sia nazionali che internazionali, hanno determinato un allontanamento degli
operatori da queste piazze tradizionali. Questo evento ha innescato un meccanismo per cui la
disaffezione degli operatori nei confronti delle Borse Merci ha comportato l’ulteriore perdita di
importanza delle stesse nella misura in cui rendeva poco rappresentativi i prezzi realizzati e rilevati
durante le contrattazioni svolte sul mercato organizzato.
La risposta a questo stato di fatto è stata data sì, con la costituzione della Borsa merci telematica, da
un provvedimento legislativo, ma che in realtà ha solo “ratificato” le modifiche che gli operatori
avevano rilevato essere divenute necessarie e le soluzioni operative che gli stessi avevano già
sperimentato. Ci soffermeremo in seguito sul significato della costituzione della Borsa merci
telematica, che non comporta solo una innovazione nelle modalità di conclusione delle trattative,
ma anche un mutamento significativo nella tempistica e localizzazione degli scambi (che
avvengono in continuo e in modo accentrato, anziché periodicamente e su varie piazze) e un
ampliamento radicale dell’operatività nelle borse merci italiane, che passano da essere mercati “del
fisico” o “reali” a mercati anche “a termine”, nel senso che non si caratterizzano più solo come
mercati nei quali gli operatori si preoccupano di vendere o procurarsi al prezzo più conveniente
materie prime, ma possono anche tentare pratiche “speculative” collegate alle variazione del prezzo
delle stesse merci nel medio e lungo periodo.
Allo stato attuale si tratta di valutare l’impatto di questa nuova realtà sul sistema degli scambi
all’ingrosso su merci nel nostro ordinamento, senza dimenticare però da un lato che i mercati
internazionali già conoscevano questa realtà e dall’altro che la nuova disciplina sulle contrattazioni
telematiche nel nostro ordinamento ha sostituito quella dettata dalla legge del 1913 solo per i
prodotti agricoli agroindustriali, ittici e tipici.
Gli aspetti organizzativi delle borse merci tradizionali ed i rapporti con le Camere di
Commercio
Secondo una tendenza che era tipica degli ordinamenti dell’Europa continentale per le borse di
commercio il legislatore del 1913 predispose una struttura organizzativa di stampo pubblicistico,
che è lungamente rimasta in vigore per le borse merci ed è stata abbandonata solo alle soglie del
nuovo millennio per le borse valori 49 .
48
L’allora Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato a seguito della ricostituzione delle Borse Merci
con la circolare n. 673/C del 16 gennaio 1954, diramò uno schema di regolamento tipo, all’uopo predisposto da una
Commissione costituita presso l’Unione italiana delle Camere di Commercio, perché fosse recepito dagli Enti camerali
per le proprie Borse Merci. I regolamenti, ai sensi della citata legge n. 272/1913, erano soggetti all’approvazione del
predetto Ministero che vi provvedeva mediante decreto. Ogni Borsa Merci aveva quindi il proprio regolamento, che
escludeva dalle contrattazioni i beni le cui negoziazioni si svolgevano presso le borse valori e stabiliva che nei locali
delle Borse Merci si svolgessero le contrattazioni relative a trattative private su semplice denominazione o su campione
o in base a certificato d’origine o di qualità con l’adozione di contratti tipo e con patti liberamente convenuti.
49
F. VELLA - M. RAGNO, L’organizzazione e la governance dei mercati e dei sistemi multilaterali di negoziazione nella
nuova disciplina comunitaria, p. 87 e ss in M. LAMANDINI - C. MOTTI (a cura di), Scambi su merci e derivati su
commodities, (Quaderni di Giurisprudenza Commerciale), Giuffrè, Milano, 2006; F. CAPRIGLIONE Borsa (mercati di),
in Enc. del Diritto, V° Aggiornamento, Giuffrè, Milano, 2001; M. ONADO, Mercati e intermediari finanziari. Economia
e regolamentazione, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 48; C. DI NOIA, Considerazioni sull’evoluzione della” governance”
nelle borse e sul “self-listing”, in Analisi giuridica dell’economia, 2002, n.1, p. 58.
42
Come sappiamo l’ordinamento del ’13 intervenne su una realtà che aveva già assunto una propria
fisionomia ed era sorta spontaneamente per rispondere ad essenziali esigenze di chi aveva bisogno
di punti di ritrovo dove comprare/vendere o investire. In questi luoghi e nel corso di queste
periodiche riunioni si erano già sviluppati accordi tra gli operatori per agevolare gli scambi ad
esempio offrendo criteri generali o regole specifiche per singole merci, per fluidificare gli scambi,
ed al fine di prevenire le controversie o risolverle celermente.
Con la legge del 1913 venne dunque dato riconoscimento legislativo ad una serie di organizzazioni
mercantili già esistenti 50 , con una scelta –diremmo oggi– di governance di stampo pubblicistico,
ridimensionando gli aspetti di autoregolamentazione ed autoorganizzazione di questi mercati, da
quel momento ritenuti funzionali e conformati non più solo agli interessi degli operatori ma anche a
quelli generali.
Il ruolo determinante delle categorie economiche i cui interessi erano stati alla base della nascita di
simili istituzioni, permase però nella forma di una forte presenza delle istituzioni pubbliche
rappresentative di interessi economici, quali erano le Camere di Commercio 51 . A queste il
legislatore aveva affidato il compito di promuovere la costituzione delle Borse di commercio52 , di
provvedere all’organizzazione ed ai controlli e anche a fornire i locali delle riunioni ed il personale
necessario per il funzionamento delle borse stesse, nonché di individuare ed organizzare i servizi
tecnici di supporto.
Furono insomma in linea di massima gli Enti camerali ad amministrare le borse a substrato fisico
percependone le entrate e sostenendone le spese, salvo alcuni casi eccezionali nei quali la Camera di
Commercio territorialmente competente preferì dare la gestione in concessione a terzi, di solito
proprio ad associazioni di operatori.
Le Camere di Commercio furono dunque il momento di incontro tra pubblico e privato: enti
pubblici di controllo delle borse, garanti del loro buon funzionamento, ma anche enti esponenziali
degli interessi privati e quindi promotori delle iniziative volte a garantire i necessari adeguamenti
alle esigenze commerciali via via emergenti.
In altri termini la legislazione istitutiva delle Borse di commercio ha segnato il passaggio
dall’autodeterminazione dei privati alla disciplina statale, con la creazione di strutture pubbliche per
gestire i mercati, ma non ha dimenticato il ruolo dell’autonomia normativa ed organizzativa dei
privati in questo campo: infatti il soggetto pubblico che amministrava le borse era un soggetto che
rappresentava gli interessi economici dei fruitori del “servizio”. A differenza delle Borse valori, per
le quali nel tempo si sono inseriti sempre maggiori vincoli eterodeterminati a tutela di interessi
generali e di terzi (l’obbligo di concentrazione delle contrattazioni – almeno nel periodo tra la legge
2 gennaio 1991, n. 1 e l’attuazione della Direttiva MiFID -, le modalità delle contrattazioni, il
contenuto dei contratti…) le borse merci non hanno mai perso quel carattere iniziale di strutture sì
pubbliche, ma con una forte componente di “accettazione”, di partecipazione alle determinazioni da
parte degli operatori privati, cosa che si riscontrava sia nella composizione degli organi, che nella
disciplina delle attività di borsa merci, contenuta in regolamenti che dovevano essere accettati dagli
operatori quale condizione all’accesso.
Questo retaggio lo si riscontrava nel ruolo assegnato alle Camere di Commercio nei confronti delle
Borse rispetto alle quali gli enti camerali svolgevano funzioni normative (emanando i regolamenti
speciali, le delibere e adottando i provvedimenti necessari per il buon andamento), di vigilanza (su
tutta l’attività borsistica), consultive (quando davano parere al Ministero per lo scioglimento della
Deputazione, o per l’istituzione di una borsa), contenziose (nell’adottare le decisioni sui ricorsi
50
Alcune organizzazioni mercantili già esistenti vennero riconosciute legalmente, altre vennero istituite ex novo.
S. DAL CANTO, La rappresentanza di interessi economici, in M. GIUSTI, Diritto Pubblico dell’economia, Cedam,
Padova, 1994, p. 329.
52
Le Borse di Commercio dovevano essere istituite con decreto del Presidente della Repubblica, su iniziativa del
Ministro delle Attività Produttive, su proposta della competente Camera di Commercio: tale forma di costituzione
d’altro canto esclude che le borse abbiano un rapporto di dipendenza nei confronti degli Enti camerali; le borse
possiedono infatti finalità ed organi propri e anche se operano nell’ambito di questi ultimi, se ne differenziano
nettamente.
51
43
presentati avverso la Deputazione), di potestà tributaria (nell’applicazione di speciali diritti per
l’acquisto delle attrezzature di Borsa).
Anche nella strutturazione degli organi di borsa le categorie economiche giocavano un ruolo
primario, sia direttamente (nel Comitato di borsa), sia indirettamente attraverso la designazione
tramite l’ente camerale.
I due principali organi delle Borse Merci erano la Deputazione di Borsa ed il Comitato di Borsa 53 .
La prima, che era l’organo tecnico-amministrativo delle borse merci, veniva nominata annualmente
con decreto ministeriale 54 ed era composta da tre, cinque o sette membri, a seconda di quanto era
stabilito nel regolamento di ogni borsa 55 . Di questi (in base al regolamento di borsa appunto) due
dei deputati effettivi venivano nominati direttamente dal Ministro per le Attività Produttive, pur
nelle mutevoli denominazioni che questo Ministero ha assunto nel corso dei decenni, mentre la
designazione dei rimanenti deputati effettivi e dei membri supplenti era fatta su designazione della
Camera di Commercio.
Il compito della Deputazione era quello di sorvegliare l’andamento borsistico e di provvedere
all’osservanza delle leggi e dei regolamenti tecnico-amministrativi delle borse: a tal fine aveva ampi
poteri di vigilanza, disciplinari, di proposta e di arbitrato. Contro le deliberazioni di tale organo era
ammesso ricorso gerarchico, entro cinque giorni, alla Camera di Commercio, mentre avverso le
deliberazioni di quest’ultima si poteva ricorrere al Ministero di riferimento.
Ancora più incisiva era invece la presenza degli operatori nell’altro organo, cioè il Comitato di
Borsa, che era nominato annualmente dalla Camera di commercio, ed era composto da membri 56
scelti fra i mediatori, i commercianti, gli industriali e i produttori. Il Comitato svolgeva in primo
luogo compiti di vigilanza affinché gli operatori, nell’esercizio della loro attività borsistica, non
contravvenissero ai regolamenti (in particolare vigilava affinché i mediatori non eccedessero dai
limiti delle loro facoltà) e di denuncia alla Deputazione degli operatori che contravvenissero alle
leggi ed ai regolamenti; aveva poi compiti di proposta all’Ente camerale per la formazione dei
contratti-tipo (e dei regolamenti tecnici) e soprattutto provvedeva all’accertamento dei prezzi per la
formazione del listino di borsa.
I regolamenti delle borse merci
Come abbiamo detto non è tanto rilevante la natura pubblica o privata della struttura che gestisce il
mercato, quanto il controllo esercitato sull’attività che in esso si svolge; per le borse merci questa
regolazione è stata poco più che un recepimento delle prassi commerciali.
Le borse merci trovavano infatti disciplina, oltre che nella legge istitutiva del 1913 e nel relativo
regolamento esecutivo, nel proprio regolamento generale e nei regolamenti speciali 57 , cosa che ha
accentuato o comunque accompagnato la frammentazione del mercato nazionale in una pluralità di
53
Nella legge istitutiva è inoltre previsto anche il Sindacato dei mediatori, che però era indicato come obbligatorio per
le borse valori (sindacato degli agenti di cambio), mentre era previsto come facoltativo per i mediatori in merci e
derrate.
54
Ex art. 4 della legge 272/1913.
55
Oltre ai deputati effettivi, era previsto che fossero nominati anche dei supplenti: uno, due o tre a seconda che quelli
effettivi fossero rispettivamente, tre, cinque o sette.
56
Il numero dei membri era determinato dalla Camera di commercio, sentita la Deputazione.
57
Al tema della definizione gerarchica dei regolamenti delle Borse merci e alla posizione che questi assumevano
nell’ambito del sistema giuridico di riferimento la dottrina non ha dedicato alcuna attenzione. Comunque i regolamenti
generali delle singole borse merci richiamavano tutti espressamente le norme del 1913 e successive modificazioni, con
espressioni tipo: la borsa “è regolata dalle disposizioni della legge 20 marzo 1913, n. 272, dal relativo regolamento
approvato con regio decreto 4 agosto 1913, n. 1068, e dalle successive modificazioni, in quanto applicabili, nonché
dalle disposizioni del presente regolamento o dei regolamenti speciali di Borsa”. Con riferimento all’inciso “in quanto
applicabili” si noti che alcuni in dottrina hanno ritenuto che l’applicabilità sia “in linea generale da escludere” cfr. C.
COLTRO CAMPI, Borsa merci. I) Diritto commerciale, in Enc. giur. Treccani, Vol. V, Roma, 1988.
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mercati locali, che evidentemente è stata non solo geografica, ma in certa misura anche giuridica,
sebbene in concreto le singole discipline non si siano discostate tra loro significativamente 58 .
L’insieme delle norme statali e dei singoli regolamenti interni (ai quali gli operatori che
intendevano partecipare alle attività della borsa erano obbligatoriamente tenuti a sottoporsi)
sovrintendevano al corretto funzionamento delle varie attività che si svolgevano in borsa, sia con
norme di organizzazione e comportamento, sia predisponendo una contrattualistica di riferimento.
Infatti la regolazione predisposta da chi gestisce un mercato organizzato ha forte impatto
sull’efficienza del mercato stesso, stabilendo come è organizzata la definizione dei prezzi e
spaziando dalla determinazione degli orari di contrattazione a quella degli specifici requisiti per i
partecipanti, alla definizione delle condizioni di pagamento (anticipi, versamenti a garanzia) e di
risoluzione delle eventuali controversie.
I regolamenti generali in primo luogo determinavano le merci e i servizi 59 che potevano essere
trattati in Borsa Merci e le modalità effettive di contrattazione. La contrattazione era tecnicamente
predisposta da tutta una serie di contratti-tipo 60 , collegati ad una disciplina specifica che riguardava
la natura e le qualità di ciascuna merce, ai quali corrispondeva un puntuale regime giuridico circa la
loro conclusione ed esecuzione; gli elementi del contratto erano quindi quasi tutti predeterminati ad
esclusione del prezzo e della qualità. Per tutti i contratti conclusi nella Borsa Merci valevano, salvo
diversa pattuizione fra le parti, alcuni criteri riguardanti i termini di consegna, la consegna/ritiro
della merce, il pagamento e la costituzione in mora stabiliti dallo stesso regolamento.
Ricordiamo che ciò che caratterizzava le borse merci rispetto ad altri mercati all’ingrosso era
proprio l’assenza (adde fisica) della merce in quanto i beni scambiati comparivano solo al momento
dell’esecuzione del contratto, perciò le contrattazioni che si svolgevano nei locali della Borsa erano
compra-vendite a trattativa privata su semplice denominazione o su campione o in base a certificato
d’origine o di qualità, cioè secondo la logica del commercio su descrizione di partite omogenee di
merci in riferimento a categorie specificate a priori. Era conseguentemente indispensabile che le
merci fossero ben definite per quanto riguardava le caratteristiche merceologiche, perché chi
comprava non vedeva la merce al momento della stipula del contratto ma solo in epoca anche
significativamente successiva. Questa peculiarità permane in gran parte anche dopo l’introduzione
delle Borse telematiche stante l’impossibilità di visionare la merce al momento della negoziazione
se non al massimo per tipi o campioni.
In genere per prodotti, merci e servizi trattati venivano determinate nomenclature con le relative
caratteristiche merceologiche e tecniche e stabilite, in relazione a ciascuna di esse, le modalità di
esecuzione dei relativi contratti, salvo patto contrario61 .
In tal modo le borse contribuivano a favorire contrattazioni in condizioni di trasparenza.
In concreto nelle Borse merci classiche si trattavano, in primo luogo i cereali di produzione
nazionale e i relativi sottoprodotti derivati, i sottoprodotti delle lavorazioni delle barbabietole (la
quasi totalità), i foraggi e le mediche disidratate, i pannelli e le farine di estrazione proteiche
vegetali, le farine di pesce e i grassi animali 62 . Nel tempo si erano affermate piazze con vocazioni
58
Ricordiamo che al momento della ricostituzione delle Borse merci il Ministero competente (all’epoca quello
dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato) diramò uno schema di regolamento tipo perché fosse recepito dagli
Enti camerali per le proprie Borse Merci (circolare n 673/C del 16 gennaio 1954), schema che peraltro era stato
predisposto da una Commissione costituita presso l’Unione italiana delle Camere di Commercio. I regolamenti erano
poi soggetti all’approvazione del Ministero che vi provvedeva mediante decreto.
59
Le merci, i prodotti ed i servizi che formavano oggetto del listino erano determinati dalla Camera di Commercio,
Industria Agricoltura e Artigianato, sentita la Deputazione di Borsa. (Cfr. per es art. 23 reg. gen. Roma).
60
I contratti italiani interassociativi sono scaricabili dal sito internet www.agerborsamerci.it.
61
Di solito era la Camera di Commercio, Industria e Agricoltura, sentita la Deputazione di Borsa, che determinava le
modalità di esecuzione dei relativi contratti: cfr. ad esempio art. 17 reg. gen. Roma.
62
Alcune merci avevano già preso però ad essere trattate non nelle borse merci, ma seguendo altre vie commerciali con
trattative dirette fra imprese produttrici e utilizzatrici (ad esempio le farine dei frumenti teneri e le semole dei frumenti
duri) oppure venendo acquistate in quantità rilevanti anche direttamente sui principali mercati esteri, in tal senso: L.
AMADEI, Guida alle borse merci, op. cit., p. 58.
45
specialistiche, in genere nelle sedi vicine alle attività economiche sviluppate in quelle aree 63 : queste
avevano un carattere locale, e si erano affermate in relazione al prestigio delle tante produzioni
agro-zootecniche tipiche del nostro paese, come ad esempio i suini pesanti e gli ovini, gli
avicunicoli e le uova, i bovini da ristallo e da macello, i formaggi stagionati e freschi, il riso, le uve
ed i vini, gli oli di semi e di oliva.
Le modalità di contrattazione nelle borse merci tradizionali e gli strumenti di regolazione dei
contratti
Per quanto attiene alle modalità che caratterizzavano le contrattazioni all’interno delle Borse merci
si deve in primis distinguere tra operazioni cosiddette “a pronti” o “su effettivo” nelle quali
l’acquisto o la cessione della partita di merce oggetto della contrattazione trovava immediata
esecuzione grazie alla consegna pressoché contemporanea del bene che avveniva nella giornata
stessa, magari al termine delle operazioni di mercato, ed operazioni cosiddette “a termine” o “su
futuri” (recte fututres) che invece prevedevano la stipulazione dell’accordo negoziale tra le parti in
un certo giorno ed a condizioni contrattuali predefinite ma che individuavano diversa e successiva
data per l’esecuzione del contratto stesso, appunto alle condizioni economico-normative prefissate,
e quindi queste seconde operazioni strutturalmente caratterizzate dalla esecuzione differita nel
tempo che rappresentava in questo caso elemento contrattuale voluto dalle parti come caratteristica
basilare del sinallagma contrattuale 64 . Già questa prima distinzione tra le due tipologie contrattuali
che potevano teoricamente essere utilizzate nelle Borse merci italiane erano significativi indici della
differenza che poteva sussistere anche sotto il profilo economico in questo particolare ambito degli
scambi organizzati. Per solito le operazioni della prima grande tipologia (contratti a pronti) sono
tendenzialmente più legate alla contingenza del momento in cui il rapporto contrattuale sorge e
riceve esecuzione dalle parti ed in cui quindi più rilevanti possono essere le motivazioni d’ordine
contingente se non addirittura “personale” delle parti; invece la seconda categoria di operazioni (a
termine) –nonostante comunque un substrato di carattere potenzialmente anche speculativo che in
epoca recente è emerso con una certa forza ed evidenza– pare rispondere ad esigenze d’una più
razionale distribuzione dei prodotti e porta con sé la potenziale capacità di rappresentare
astrattamente una forma di garanzia contro i rischi derivanti dalla fluttuazione dei prezzi del
mercato stesso, prezzi che nel caso di specie dei beni trattati sulle Borse merci hanno grande
importanza visto il collegamento funzionale che solitamente sussiste tra i beni in esse
commercializzati e gli interessi pubblici, spesso primari e coessenziali alla stessa esistenza degli
individui e dei sistemi economico-sociali di riferimento.
In epoca risalente la tipologia dei contratti a termine o futures non rappresentava un modello
utilizzato in maniera generalizzata nelle numerose Borse merci sparse sul territorio nazionale in
quanto tale tipologia di contrattazione era applicata solo presso la Borsa merci di Milano che ne
prevedeva l’utilizzo nel proprio regolamento generale. Il sistema, prima del recente trasferimento
sulle piattaforme digitali-virtuali di contrattazione, era piuttosto complesso ma allo stesso tempo
efficace; innanzitutto il contratto era concluso tra parti offerenti ed acquirenti normalmente
ricorrendo al tradizionale sistema delle “grida” all’interno di recinti o corbeilles ed in taluni casi
anche al di fuori dei recinti stessi. Il Regolamento generale di ciascuna borsa prevedeva
63
Tra quelle di maggiore importanza ritroviamo la Borsa di Firenze (D.P.R. 16 luglio 1951) in cui il martedì di ogni
settimana si commerciava bestiame in genere, la Borsa di Perugia (D.P.R. 5 aprile 1961), specializzata nel commercio
di suini il martedì di ogni settimana, la Borsa di Verona (D.P.R. 18 marzo 1962) nella quale gli scambi avvenivano ogni
venerdì e avevano ad oggetto avicunicoli e uova, la Borsa di Vicenza (D.P.R. 27 ottobre 1966) in cui in due giorni delle
settimana, precisamente il martedì e il giovedì, si scambiavano bovini da macello, formaggi e burro, la Borsa di
Macerata (D.P.R. 17 ottobre 1966) in cui il mercoledì di ogni settimana le contrattazioni riguardavano il bestiame
bovino, suino, le uova e gli avicunicoli, la Borsa di Parma (D.P.R. 17 ottobre 1966) dove ogni sabato mattina si
commerciavano suini e carni fresche, oltre che pollame, uova, burro e formaggi, la Borsa di Vercelli (D.P.R. 11
settembre 1974) in cui il martedì si definivano i prezzi di prodotti caseari e animali da cortile, infine la Borsa di Modena
(D.P.R. 8 luglio 1980) in cui, nella seduta di ogni lunedì, si decidevano i prezzi di suini e carni suine, burro e formaggi.
64
M. VASELLI, Borse merci, in Enc. dir., Giuffré, Milano, 1959, p. 576.
46
normalmente come obbligatori elementi che erano riconducibili ad aspetti fondamentali
dell’operazione quali il numero dei lotti offerti o domandati, il prezzo unitario dei singoli lotti, il
termine fissato per la consegna degli stessi ed infine il premio da corrispondere per i singoli
contratti che prevedessero questa particolare modalità di contrattazione che non era obbligatoria ma
comunque largamente diffusa. A questi requisiti che erano considerati elementi essenziali del
contatto necessari per giungere alla conclusione del singolo rapporto e dai quali pertanto non si
poteva prescindere si affiancavano una nutrita serie di altri elementi potenziali (soprattutto nel caso
del contratto a termine) che non erano direttamente richiesti come obbligatori dal Regolamento
generale di quella specifica borsa merci ma che ciononostante erano significativamente importanti:
tra questi elementi in apparenza “accessori” ma in realtà “strutturali” al sorgere del contratto
avevamo la quantità di merce che forma il singolo lotto (detta anche “unità negoziabile”), le
caratteristiche basilari della merce scambiata dal punto di vista dei profili qualitativo-merceologici,
gli eventuali elementi di abbuono nel prezzo derivante da variazioni naturali di talune caratteristiche
del bene scambiato come il peso, la quantità od altro ecc.
Questa sorta di eterointegrazione della contrattazione attraverso l’utilizzo dei Regolamenti generali
e speciali delle borse merci rispetto a singoli beni commercializzati faceva sì che la categoria dei
contratti futures fosse in concreto ampiamente omogenea e quindi rendesse particolarmente agevole
e rapida la contrattazione stessa in modo da permettere al mercato borsistico in oggetto di essere
efficiente; da ciò conseguiva la possibilità di utilizzare meccanismi di compensazione, riconducibili
alla figura della Cassa di liquidazione e garanzia, presente alla Borsa merci di Milano come presso
molte borse merci estere. Tale particolare ente nasceva alla fine d’un lungo percorso d’evoluzione
della tipologia dei contratti a termine che, sin dall’origine, hanno rappresentato uno strumento di
tendenziale speculazione sul differenziale di prezzo dei singoli beni commercializzati. Infatti allo
scopo di evitare che si desse seguito all’esecuzione di tutti i singoli contratti alla loro scadenza,
visto che le singole parti contraenti erano normalmente titolari d’una pluralità di rapporti attivi e
passivi riferiti a categorie omogenee di beni che, se eseguiti interamente, avrebbero comportato il
trasferimento fisico di partite specifiche tra gli stessi operatori, nelle borse merci del passato si
introdussero strumenti giuridici di compensazione che tendevano ad evitare in via materiale quella
circolazione delle merci tra acquirenti e venditori che potremmo definire una semplice “partita di
giro” ovverosia il trasferimento da un operatore all’altro d’un quantitativo d’un certo bene ed il
correlativo e pressoché contemporaneo trasferimento di beni analoghi dal secondo al primo con
conseguente ed inutile impiego di tempo e risorse. Ciò avrebbe infatti generato solo un costo
attinente alla movimentazione fisica della merce senza che in concreto ne derivassero vantaggi di
sorta per nessuno stante il fatto che ciascun operatore al termine dell’esecuzione dei singoli contratti
si trovava a possedere la quantità finale del bene acquistato ma solo dopo una nutrita serie di lunghi
processi di scambio materiale costosi e difficili da eseguire. Si introdusse quindi pressoché
contemporaneamente in tutti sistemi giuridici che ricorrevano allo strumento della borsa merci “su
futuri” degli strumenti o titoli all’ordine –indicati con le più diverse denominazioni in ciascun
ordinamento filière, tender o transferable notice, Adienung– rappresentativi delle merci cedute
attraverso i quali si poneva a disposizione del compratore la merce stessa senza effettuare
movimentazioni intermedie. Tali titoli detti anche “foglietti bollati” ovviamente essendo all’ordine
potevano essere girati dall’acquirente prima di procedere all’esecuzione del contratto ad altro
soggetto partecipante alla borsa che quindi subentrava materialmente nel rapporto quale destinatario
finale del trasferimento e ciò in pratica all’infinito sin quando non giungeva la scadenza fissata per
l’esecuzione effettiva dell’ultima “girata” definita dal termine originariamente fissato. Solo con il
portatore finale il contratto sarebbe stato eseguito rapportandosi il cedente direttamente ad esso per
l’esecuzione ed accordandosi anche su elementi accessori quali gli eventuali abbuoni conseguenti
alla successione dei vari contratti. Onde rendere la procedura più agevole e snella ed al fine di
tendenziale garanzia sistemica furono designati dalle singole Borse merci dei funzionari (detti
“filieristi”) che avevano per incarico quello di “accompagnare la circolazione del titolo stesso”
47
provvedendo alla liquidazione a scadenza ed in caso di controversie sull’esecuzione annotando
l’eventuale rifiuto di singoli operatori.
Proprio da questo originario sistema di esecuzione degli ordini sui contratti futures si vennero
costituendo le Casse di garanzia e liquidazione quali luoghi, anche fisici, accentrati di esecuzione
degli ordini giunti a termine, Casse che furono costituite dai singoli gestori delle borse merci e che
divennero sostanzialmente obbligatorie vista l’imposizione tramite il regolamento della singola
borsa che vincolava i partecipanti a procedere all’immediata registrazione dei contratti su futuri
stipulati e consentendo così alla Cassa di compensare e liquidare i singoli contratti e di stabilire chi
alla scadenza del termine fosse l’acquirente definitivo della merce e che il cedente finale. Inoltre le
singole Casse si differenziavano sotto un certo aspetto particolare in due categorie: la prima che
vedeva le stesse agire solo come mandatarie degli operatori e quindi come dei soggetti terzi tra le
parti contraenti mentre l’altra categoria comprendeva le Casse che operavano in contropartita diretta
tra compratori e venditori ossia quali parti di specifici rapporti contrattuali in dare ed in avere e
quindi agendo come titolari di due distinti rapporti giuridici intrattenuti con due controparti diverse,
tanto che la dottrina aveva individuato nel peculiare modo d’operare di questa seconda categoria di
Casse non tanto una sostituzione delle stesse nella posizione contrattuale delle parti del contratto già
esistente bensì il sorgere di due distinti rapporti di nuova costituzione e quindi delineandola come
una fattispecie di renovatio contractus 65 . A questa seconda tipologia apparteneva la Cassa di
garanzia e compensazione della Borsa merci di Milano. Questa Cassa era costituita in forma di
Società per Azioni a capitale variabile; la titolarità del capitale azionario spettava ai soggetti abilitati
ad operare su quel mercato e l’iscrizione alla Cassa ossia l’acquisizione di almeno un titolo
azionario era obbligatoria per tutti coloro che venissero ammessi alle contrattazioni in qualità di
operatori. Inoltre era prevista anche l’obbligatorietà della registrazione di tutti i contratti entro il
termine delle ore 10 del giorno feriale successivo a quello della conclusione del contratto, anche di
quei contratti conclusi fuori dai recinti, e ciò con lo scopo da un lato di accentrare ed efficientizzare
le esecuzioni degli stessi e dall’altro di garantire il pagamento dei diritti spettanti alla Cassa e la
corresponsione d’un deposito cauzionale infruttifero che per ciascun contratto doveva essere
costituito presso la Cassa stessa con obbligo di reintegrazione nel caso fossero sopraggiunte
rilevanti variazioni nel prezzo della merce oggetto del contratto non ancora eseguito. A titolo di
garanzia circa il rispetto di questa peculiare obbligazione che gli operatori avevano nei confronti
della Cassa di garanzia era inoltre previsto che non potessero essere utilizzate le procedure di
carattere tendenzialmente monitorio-esecutivo per ottenere l’esecuzione di contratti non registrati
presso l’organo in oggetto (cosiddetta “esecuzione coattiva di borsa”), anche se ciò non incideva
sulla possibilità di utilizzare le regole dettate dal diritto comune essendo il contratto di borsa merci
non registrato un contratto valido a tutti gli effetti e quindi eseguibile coattivamente ma secondo le
regole del diritto comune appunto.
Particolare da non trascurare era che il trasferimento della proprietà della merce oggetto del
contratto regolato con l’intervento della Cassa avveniva al momento del pagamento del prezzo da
parte dell’acquirente alla Cassa stessa e della relativa consegna del cosiddetto “buono” da questa
all’operatore e ciò entro due giorni dalla comunicazione di messa a disposizione della merce
oggetto del contratto; alla Cassa di compensazione e garanzia era riconosciuto invece un termine di
cinque giorni per effettuare il versamento del prezzo ricevuto al momento della consegna del buono
in tal modo creando potenzialmente un meccanismo di accrescimento della base economicofinanziaria di questo ente, che era collegata alla produzione di interessi su questo capitale
temporaneamente trattenuto –peraltro in modo del tutto lecito– dalla Cassa: basti pensare non tanto
al vantaggio che poteva derivarne in relazione alla singola operazione ma guardando all’aggregato
delle attività complessivamente poste in essere in una borsa di rilevanti dimensioni.
65
G. SANTINI, La vendita per filière (Contributo allo studio delle borse merci), Cedam, Padova, 1951; G. SANTINI,
Borsa merci, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, Utet, 1958, 520 ss.; M. VASELLI, prec. cit.; G. DELL’AMORE, I
mercati a termine di borsa merci, Milano, 1949; G. CAPRARA, Borse, merci e mercati a termine di borsa, Milano, 1975.
48
Il sistema dei contratti a termine su merci richiedeva conseguentemente una rilevante
standardizzazione dei beni commercializzati che, come sopra ricordato, imponeva una serie di
requisiti per le merci stesse che erano fissati dal Regolamento delle singole sezioni della Borsa; si
individuava quindi un campione tipo detto contract grade, si definivano, con lo scopo di impedire
posizioni di particolare preminenza nell’acquisto da parte di taluni operatori, varie tipologie del
bene il cui prezzo variava secondo modalità prefissate, si individuavano le quantità di beni
negoziabili in base alla definizione del “lotto” di merce oggetto dei contratti che poteva essere
eventualmente ripartito in frazioni quando fosse troppo grande per essere negoziato singolarmente e
nel regolamento di settore si individuavano anche le regole per definire il termine stesso
dell’esecuzione che poteva variare in modo significativo essendo possibile la fissazione d’un
termine di carattere più generale grazie all’indicazione del mese di scadenza del contratto piuttosto
che del singolo giorno, lasciando in questo modo ampia libertà nell’esecuzione al soggetto cedente.
Il particolare genus del contratto a termine utilizzato nelle borse merci per la commercializzazione
di talune tipologie di prodotti aveva dato luogo in concreto, sino a tempi recenti, più a
problematiche interpretative della dottrina che non ha soluzioni efficaci tanto che, pur essendo
praticato ormai da tempo risalente ed in modo ampio presso le borse merci di altri ordinamenti
giuridici stranieri 66 , nel nostro paese aveva sempre trovato un limitato campo d’applicazione
“ufficiale” soprattutto presso la Borsa merci di Milano; in questa fu in uso come meccanismo
ufficiale d’un mercato specifico, quello del grano e del granoturco, sino alla metà degli anni
sessanta. Deve comunque aggiungersi che questa particolare tipologia di contrattazione rimaneva
prevalente nelle contrattazioni che i soggetti di borsa svolgevano tra di loro senza l’intervento vero
e proprio dell’organo di amministrazione del mercato. Accanto a quella che si può definire la
tipologia classica del contratto a termine su merci si affiancava anche una tipologia specifica che
prevedeva l’introduzione di una sorta di elemento o clausola accessoria rappresentato dal cosiddetto
“premio” ovverosia, al fine di garantirsi nel caso di variazioni significative di prezzo, tipologia o
quantità di merce nel tempo che intercorreva tra la stipulazione del contratto e la sua esecuzione,
ciascuna delle parti poteva risolvere unilateralmente il rapporto in oggetto pagando una sorta di
penale rappresentata appunto dal premio, in modo da potersi liberare dell’incombenza contrattuale
ormai stipulata ma non più conveniente.
La tipologia contrattuale pro futuro si distingueva come già detto da quella a termine per il fatto che
oggetto della contrattazione era una certa merce che veniva individuata attraverso il meccanismo
del ricorso a campioni, tipi di campioni ed in casi specifici anche per genere oppure ricorrendo allo
strumento del certificato d’origine o di qualità del prodotto. Si intuisce già da questa affermazione
la differenza con la contrattazione a pronti; appare evidente che tale tipo di rapporto di commercio
sia destinato non tanto a manovre anche speculative o comunque tendenzialmente di rischio quanto
piuttosto alla soddisfazioni di bisogni immediati ed imprescindibili dell’acquirente di quella
particolare merce oggetto del contratto. Ciò rendeva questa tipologia di contrattazione a pronti
nettamente prevalente nel nostro sistema fino ad anni recenti, in quanto significativamente orientata
alle necessità materiali più che al mercato inteso anche come luogo di “investimento delle risorse”.
Per conseguenza la contrattazione a pronti aveva trasformato le borse merci presso cui era praticata
più che altro in “sale di contrattazione” ossia luoghi fisici che permettevano un incontro immediato
e simultaneo di bisogni attuali di cui erano portatrici le due categorie di acquirenti e venditori:
veniva così a mancare quel requisito strutturale dell’alea potenziale che invece tipizzava il mercato
a termine nel quale al momento della conclusione del contratto non era possibile individuare con
certezza assoluta la parte che avrebbe tratto maggiori vantaggi in termini economici dall’operazione
conclusa. La dottrina richiamando la definizione adottata da quasi tutti i regolamenti delle varie
borse merci italiane definiva il mercato “dell’effettivo” quello delle “compravendite a trattativa
privata” che si svolgevano nei locali della borsa stessa tanto da condurre ad una sorta di
66
C. COLTRO CAMPI, Borsa merci. II) Diritto comparato e straniero, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988; G. SANTINI,
Borsa merci, in Digesto delle discipline privatistiche. Sez. commerciale, II, Utet, Torino, 1987, 295.
49
appiattimento sul modello del mercato tradizionale visto che questi contratti non si distinguevano
poi molto da quelli conclusi nel comune mercato, magari all’ingrosso.
Ai contratti di questo tipo, di solito oggetto di “contratti tipo” redatti dalle associazioni di categoria,
si applicavano ovviamente i regolamenti e gli usi di borsa salvo diversa indicazione delle parti
contraenti che potevano, entro certi limiti, derogarvi volontariamente; la disciplina di maggior
dettaglio aveva ad oggetto i termini fissati per effettuare la consegna, il ritiro ed il pagamento
collegato al singolo contratto stipulato che, appare opportuno ribadirlo, normalmente aveva ad
oggetto una singola partita ben definita ed individuata della quale pertanto le parti conoscevano le
caratteristiche sin nei più specifici dettagli. Si era soliti distinguere nella contrattazione a pronti
alcune tipologie specifiche in cui variavano i termini fissati per la consegna ed il ritiro della merce:
si avevano infatti consegne “immediate” o “prontissime” da effettuarsi entro il terzo giorno non
festivo successivo alla conclusione del contratto e consegne “pronte” da effettuarsi nel termine di
otto giorni lavorativi successivi; rilevante in entrambe le ipotesi era la decorrenza del termine di
otto giorni successivi a quello della scadenza contrattuale per la consegna o comunque decorrente
dalla diffida ad adempiere se già si era manifestato un inadempimento che generava una automatica
risoluzione del rapporto rimasto non eseguito. In questa ipotesi la parte adempiente aveva diritto a
sua scelta di chiedere l’esecuzione coattiva od il risarcimento del danno subito. Regole particolari
vigevano anche per la costituzione in mora della parte inadempiente nella consegna e l’introduzione
di clausole specifiche era affidata ai singoli regolamenti delle varie borse ed alla concorde volontà
delle parti contraenti le quali potevano ad esempio prevedere il pagamento anticipato della merce
oppure quello “contro fattura” od anche un particolare termine di pagamento da effettuarsi al
mercato successivo a quello della consegna della partita di merce.
Le categorie di soggetti agenti nelle borse merci: gli operatori ed i mediatori
Nelle borse merci tradizionali gli operatori potevano accedere per trattare direttamente con le
controparti o potevano avvalersi di operatori professionali 67 .
Per accedere ai locali delle Borse merci il richiedente doveva possedere i requisiti previsti dagli art.
8 e 9 della L. 272/1913 e dagli art. 19-25 del R.D. n. 1068/1913: cioè non essere stati dichiarati
falliti, né condannati per delitti contro la fede pubblica o contro la proprietà o per alcuni delitti
(quali peculato, concussione, corruzione, falsa testimonianza ecc…) e non essere stati esclusi dalla
Borsa con decisione specifica della Deputazione competente. Tra le cause di esclusione dai locali
della borsa c’era la mancata osservanza delle leggi e dei regolamenti riguardanti le Borse di
commercio e delle “norme emanate dalle autorità che vi sono preposte” e per i mediatori iscritti era
causa di esclusione l’operare per proprio conto o fare operazioni per conto di persone escluse.
Per accedere alle borse merci occorreva poi essere in possesso di una tessera personale –valida un
anno– che era rilasciata dagli uffici della Borsa stessa e dava diritto all’ingresso in tutte le borse
merci nazionali (le tessere riguardavano gli operatori personali, altrimenti per l’ingresso era
necessario munirsi di un biglietto “valido”).
Ovviamente l’accesso era consentito agli ispettori del Ministero dell’Industria (oggi dovremmo dire
del Ministero dello Sviluppo Economico), ai membri della Camera che gestiva la Borsa stessa
nell’esercizio delle loro normali funzioni di vigilanza ed ai membri della Deputazione di borsa.
Ultima ma fondamentale condizione per accedere alle borse merci era la dichiarazione di
assoggettarsi alle disposizioni del regolamento-tipo e, in particolare, alle norme relative all’obbligo
dell’arbitrato.
Infatti la regolamentazione delle controversie nelle Borse Merci avveniva, per la quasi totalità delle
volte e per scelte precise operate dalle parti già a livello contrattuale, a mezzo di arbitrato irrituale 68
e ciò per ragioni comprensibili che risiedevano innanzitutto nella lunghezza dei procedimenti
67
Sulla competenza a deliberare il diniego di ammissione M. CURTI, Sul diritto di accesso alle Borse Merci, nota a
Trib. Bologna, ord. 23.9.1999 in Le nuove leggi civili commentate, 2000, p. 2.
68
M. CURTI, Gli arbitrati amministrati nelle borse merci. Una forma di arbitrato obbligatorio? in Rivista
dell’arbitrato, 2000, p. 159.
50
ordinari, che di per sé era avversa agli obiettivi degli operatori che restavano sempre e comunque
quelli di concludere gli affari in modo rapido ed efficiente.
Nelle borse merci tradizionali non era prevista una riserva di attività a favore dei mediatori, infatti
la professione del mediatore era fondamentalmente libera 69 (salvo che per gli uffici pubblici: in
pratica le vendite all’incanto di merci e derrate). Ciò non toglie che questi operatori ricoprissero una
posizione centrale e delicata nell’ambito dei mercati borsistici, infatti erano professionisti il cui
ruolo era riconosciuto già nella legge del 1913. Questi avevano il compito di mettere in relazione le
controparti per la conclusione del contratto mantenendo, perciò, un rapporto di equidistanza.
Oltre che consultare i venditori e i compratori orientando le tipologie e l’entità delle vendite, i
mediatori contribuivano alla stesura dei listini dei prezzi creando una sorta di equilibrio che le parti
lasciate sole non avrebbero saputo raggiungere, con conseguenze negative soprattutto su tutti gli
operatori non presenti fisicamente alle sedute.
Il fatto che sostanzialmente, ai sensi della normativa all’epoca vigente, l’attività svolta nelle borse
merci non fosse in esclusiva riservata a soggetti specifici però non deve essere interpretata in
maniera assoluta visto che esistevano limitate sfere di attività che invece potevano essere svolte solo
da coloro che rivestivano la qualifica di “pubblici mediatori” 70 ossia coloro che risultassero essere
iscritti nei relativi ruoli speciali tenuti dalla stessa Camera di Commercio che gestiva la singola
borsa merci. Tali mediatori, che per similitudine tendenziale potevano avvicinarsi alle figure ormai
scomparse degli agenti di cambio, erano tenuti nello svolgimento di queste attività alla prestazione
di idonea cauzione e non potevano avvalersi di più di due procuratori debitamente autorizzati dalla
Camera di Commercio interessata oltre che obbligarsi ad aderire agli strumenti alternativi di
risoluzione delle controversie eventualmente insorgenti dallo svolgimento della loro attività. Più in
concreto l’attività di mediazione in borsa merci era riservata agli iscritti in riferimento al mercato a
pronti per la realizzazione delle contrattazione secondo il meccanismo delle cosiddette “grida”
evidentemente in ragione della particolare abilità tecnico-materiale che una tale tipologia di
contrattazione richiedeva e che si esprimeva in tutta la sua rilevanza solo che si rammentino le
immagini dei recinti delle contrattazioni che sino ad anni recenti caratterizzavano anche la borsa
valori. Inoltre la funzione di mediazione svolta da questi soggetti specificamente abilitati era
necessaria anche nelle ipotesi particolari riconducibili alla “esecuzione coattiva di borsa” procedura
di natura esecutiva e parzialmente derogatoria rispetto al diritto civile che richiedeva per questa
ragione una competenza tecnica maggiormente specifica che ben poteva essere svolta solo da
soggetti esperti ed in posizione di tendenziale terzietà rispetto alla parti in conflitto quali appunto i
mediatori.
La formazione del prezzo nelle borse merci: listini e mercuriali
Preme analizzare, prima di trarre conclusioni sulle problematiche che il sistema delle borse merci
aveva generato nel nostro Paese, come il prezzo –elemento cardine d’ogni mercato– venisse a
formarsi nell’ambito delle contrattazioni che si svolgevano nel mercato borsistico in oggetto e quali
fossero le procedure necessarie al suo accertamento con efficacia –potremmo dire– vincolante ossia
venata di risvolti pubblicistici. Occorre sottolineare che secondo la disciplina risalente alla legge 20
marzo 1913, n. 272 competente alla definizione del valore medio delle contrattazioni di ciascun
singolo bene su ciascun mercato era la Borsa merci presso la quale la merce veniva appunto
commercializzata. Ciò era in realtà più dedotto da una interpretazione estensiva e/o sistematica delle
disposizioni aventi ad oggetto la definizione del prezzo dei valori dei titoli nelle borse valori
piuttosto che da una chiara indicazione dettata dallo stesso legislatore con la legge 272/1913 e con il
r.d. 1068/1913.
69
Mentre nelle tradizionali Borse Merci era prevista la figura dei mediatori, ma non c’era riserva di attività di
intermediazione, questa è adesso prevista per la Borsa Merci Telematica dal D.M. 6 aprile 2006 n. 174 (che come
vedremo prevede la costituzione di intermediari ufficiali a partire dal 29 maggio 2008).
70
G. SANTINI, Borsa merci, in Digesto delle discipline privatistiche. Sez. commerciale, II, Utet, Torino, 1987, 294.
51
Il listino o la mercuriale, che in questo alveo debbono ritenersi sostanzialmente sinonimi dello
stesso fenomeno giuridico pur essendo il secondo termine più risalente nel tempo e legato alla
tradizione commerciale d’un passato più o meno antico, rappresentava in concreto uno strumento
che aveva una funzione che potremmo definire come sicuramente legata ad interessi pubblici
primari: svolgeva infatti la funzione basilare di far confluire un fenomeno economico di carattere
collettivo in una dato sintetico indicativo di necessità e mezzi che nel sistema economico di
riferimento potevano essere individuate ed utilizzate proficuamente ed allo stesso tempo, come
sostenuto da una corrente dottrinale risalente 71 , svolgeva il compito di tendere ad una sorta di
funzione uniformante, oggi diremmo calmieratrice, del prezzo d’un singolo bene sull’intero
territorio nazionale stante il fatto che questo “prezzo ufficiale” tendeva ad esercitare un’influenza di
uniformazione generalizzata del costo d’una particolare categoria di beni indipendentemente dal
fatto che questi fossero effettivamente commercializzati nella borsa di riferimento oppure venissero
scambiati tra parti in forma strettamente interprivata ossia fuori dalle contrattazioni di mercato
borsistico e magari in zone geografiche diversa da quella di competenza della borsa merci di
riferimento per quel bene. Si potrebbe dire che il prezzo definito dal listino come prezzo medio
della giornata di borsa rappresentasse una sorta di riferimento generalizzato per quel particolare tipo
di merce ovunque commercializzata.
Proprio per la ragione indicata si ritiene che il listino, nonostante le particolari modalità di
formazione, fosse un documento dotato di natura eminentemente pubblica e con un carattere che
potremmo definire astrattamente di certificazione del prezzo medio che l’articolo 1474 c.c.
definisce come “giusto prezzo”, definizione che in passato aveva avuto di sicuro rilevanza
particolare e generalizzata in regime di prezzi amministrati e che oggi invece ha un’incidenza
minore stante il fatto che sussiste il principio della libertà nel commercio; quindi l’incidenza del
prezzo di listino ha oggi solo una valenza indicativa esplicando i suoi effetti solo nella forma di
un’influenza, magari qualificata, sugli operatori d’un certo settore. Anche nelle ultime fasi di vita
delle borse merci fisiche nulla escludeva però che coloro che vi operavano agissero in giudizio per
far accertare l’erroneità nella definizione del prezzo di listino dovuta magari ad erronee
interpretazioni dell’autorità camerale-borsistica procedente, visto che in tal caso l’interesse alla
correttezza nell’individuazione del prezzo poteva avere un rilievo primario e diretto stante il
coinvolgimento e la partecipazione agli scambi dei soggetti agenti.
L’individuazione delle procedure concrete per la definizione del prezzo di listino lasciavano ampio
margine d’intervento agli organismi competenti presso le singole borse merci ma taluni elementi
potevano essere considerati come certi e stabili.
Circa le modalità per procedere alla identificazione o rilevazione del prezzo di mercato d’un certo
bene le Camere di Commercio competenti normalmente adottavano regolamenti in cui si prevedeva
l’affidamento della relativa funzione di rilevazione ad una commissione appositamente costituita
che avrebbe dovuto riunire i rappresentati delle categorie interessate e taluni soggetti indicati dagli
stessi organi camerali i quali avrebbero dovuto procedere alla raccolta dei dati e delle informazioni
necessari alla rilevazione del prezzo di mercato ove ciò fosse materialmente possibile; quando
invece per ragioni contingenti non si potesse eseguire la rilevazione la stessa commissione avrebbe
dovuto procedere alla definizione d’un “prezzo indicativo” risultante dall’acquisizione di altre
informazioni capaci di concorrere all’individuazione di quello che potremmo definire una sorta di
prezzo “tendenziale” e ove anche quest’attività risultasse impossibile ad esempio per l’esiguità delle
contrattazioni o per altre cause la commissione avrebbe dovuto in ultima istanza dichiarare il
cosiddetto “non quotato” ovverosia l’impossibilità di definire anche un prezzo solo approssimativo
e meramente indicativo. Ciascun regolamento camerale e borsistico, magari per specifici prodotti e
segmenti di borsa, doveva individuare poi specificamente tali concrete attività e le modalità per
procedere alle rilevazioni e determinazioni conseguenti.
71
W. D’AVANZO, Mercuriale, in Novissimo Digesto italiano, X, Torino, Utet, 1964, 574 e s.
52
Essendo quella indicata una attività di natura eminentemente pubblicistica ed in grado di
influenzare le tendenze dei prezzi sui mercati in maniera più o meno evidente e pesante si
richiedeva comunque la massima attenzione nell’esercizio di queste attività che, se svolte in
riferimento alla borsa valori, avrebbero manifestato una chiara connessione con la pubblica fede
oltre che evidenziare la necessità di non utilizzare queste procedure che avrebbero dovuto essere per
quanto possibili imparziali e asettiche al fine di controllare più o meno direttamente il mercato delle
merci o taluni suoi segmenti. In ultimo si ricorda che anche gli operatori singoli o i mediatori erano
coinvolti in queste funzioni di rilevazione gravando su di essi obblighi informativi circa le attività
contrattuali svolte.
La crisi delle borse merci in Italia
Prima dell’attivazione della Borsa merci telematica, erano operative in Italia una ventina di Borse
Merci 72 , di queste ormai nessuna poteva dirsi veramente un mercato all’ingrosso a livello nazionale,
salvo forse – curiosamente - quella di Bologna (principale mercato cerealicolo nazionale) e quella di
Milano. Diciamo curiosamente, perché entrambe sono delle “borse merci” sui generis: la prima
infatti era gestita non direttamente dalla Camera di commercio, ma da un’associazione di operatori,
l’Associazione Granaria Emiliana Romagnola (A.G.E.R), alla quale era stata affidata in concessione
con delibera della C.C.I.A.A. (nel 1960) e, unica in Italia, con Decreto del Presidente della
Repubblica (nel 1962); la seconda non era neppure una borsa merci, ma piuttosto una sala
contrattazione. Le sale di contrattazione, si distinguono dalle borse merci per il fatto di essere
svincolate dalla normativa statale sulle borse, per non avere, a differenza delle seconde, un
riconoscimento giuridico: vengono infatti istituite con una semplice deliberazione camerale da parte
di alcune Camere di Commercio, deliberazione che approva il regolamento per il funzionamento e
disciplina l’attività nella sala contrattazioni in tutti gli aspetti: dall’orario di apertura, alla logistica,
alla vigilanza, e alle tariffe.
Pur non essendo autorizzate ufficialmente a livello ministeriale e per non essendo sottoposte né a
disposizioni legislative nazionali, né a controlli da parte di organi disciplinati legislativamente,
perseguono di fatto i medesimi obiettivi delle Borse Merci, in primis quelli attinenti al rilevamento
e alla formazione dei listini prezzi, tanto che l’istituto nazionale di statistica spesso, ha riportato i
prezzi formatisi in tali istituti.
In particolare la sala contrattazioni di Milano è stata un chiaro esempio di come in questo campo
rilevi più l’operatività concreta, la capacità di influenzare il proprio mercato di riferimento, che non
il riconoscimento giuridico, tanto che la si continua a ricordare come uno dei pochi esempi di ciò
che avrebbero dovuto essere le borse merci (mercati all’ingrosso a livello nazionale) se non fossero
così decadute nel tempo riducendosi a mercati minori o a meri punti di ritrovo per gli operatori per
lo scambio di notizie e di opinioni, nei quali – nella maggior parte dei casi - il numero di affari
concluso è piuttosto modesto così come le quantità effettivamente trattate.
Una delle cause della diminuzione dell’operatività delle borse merci nostrane è legata alla
modificazione dell’operatività negli approvvigionamenti da parte delle imprese industriali, in
particolare di quelle operanti nella lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti
agricoli-zootecnici (che come abbiamo visto sono sostanzialmente le merci trattate nelle borse
merci nostrane).
72
Studi recenti (ma anteriori alla costituzione di BMT) avevano censito come operanti diciannove Borse merci, ubicate
prevalentemente nel Centro nord del Paese, ed avevano rilevato la difficoltà di quantificare, se non con larga
approssimazione, i volumi reali delle merci e delle produzioni compravendute nelle singole sedi borsistiche. Infatti le
Borse merci non rilevavano le transazioni commerciali perfezionate fra gli operatori e quindi non conoscevano
esattamente né il numero delle operazioni, né le quantità scambiate; né si poteva tentare di ricavare una valutazione
sugli affari portati a buon termine utilizzando il dato relativo al numero degli operatori che frequentavano le sedi delle
varie Borse merci, dato che spesso molte presenze non avevano più il peso e il significato che avevano un tempo, ma
erano soltanto il “trascinamento di abitudini consolidate e ben poco di interessi concreti”. L. AMADEI, Guida alle borse
merci,op. cit. p. 58.
53
L’affluenza alle borse merci è diminuita dovunque (negli anni) perché sono diminuiti gli spazi del
libero mercato in quei settori che utilizzano e producono le merci trattate nei mercati borsistici
nostrani e quindi in primo luogo nell’area delle lavorazioni agro-zootecniche industriali, dove si è
registrata una decisa diffusione della tendenza delle imprese industriali impegnate nei vari comparti
delle trasformazioni dei prodotti primari ad intervenire direttamente nella produzione, ad esempio
stipulando con gli agricoltori particolari contratti di coltivazione e di ritiro dei raccolti,
prestabilendo le “condizioni commerciali” (in genere premianti rispetto a quelle ufficiali di borsa) o
altri contratti di integrazione (in generale) o di soccida (accordi associativi fra chi immette il
capitale e chi fornisce il lavoro). Queste pratiche evidentemente sottraggono spazi ai mercati
specializzati dove tradizionalmente si incontravano produttori-venditori ed utilizzatori-clienti: più si
sviluppano i processi di integrazione verticale, più il mercato libero (delle materie prime) diviene un
fatto marginale (come ad esempio è avvenuto nel comparto degli avicoli).
Ma anche altri fattori hanno contribuito a rendere marginali le borse merci 73 , tra questi uno in
particolare merita di essere segnalato, perché è in un certo senso “interno” alle stesse e cioè la
scarsa rappresentatività dei prezzi che si formano in questi mercati.
Uno dei fini della creazione delle borse merci è proprio quello di consentire la quotazione delle
materie prime, o detto in altri termini di fornire prezzi indicativi e unificati dei beni trattati, cosa
che però è possibile solo a certe condizioni, come ad esempio che il prodotto sia omogeneo o di
vasto mercato. A questo fine legislatore, come abbiamo visto, ha disposto che il Comitato di Borsa
o la Commissione prezzi a fine giornata provveda all’accertamento dei prezzi per la formazione del
listino di Borsa e che una volta predisposto questo ultimo sia diffuso a tutti gli operatori presenti,
allo scopo di rendere pubblica l’informazione dei prezzi e di favorire la trasparenza del mercato.
Proprio per garantire questo ultimo aspetto sarebbe anche previsto che i funzionari camerali girino
in Borsa e, considerato la molteplicità di operatori presenti e le continue contrattazioni realizzate, si
possano formare un’idea generica dell’andamento del mercato. Ad ulteriore garanzia della
trasparenza, l’art. 29 della legge 272/1913 richiede che i mediatori dichiarino per iscritto al
Sindacato di Borsa tutti i contratti eseguiti con la loro mediazione
In realtà questa disposizione di legge è rimasta disapplicata (poiché di rado un mediatore dichiara
per iscritto tutti i contratti eseguiti con la propria mediazione) e il Comitato di Borsa o la
Commissione prezzi, hanno finito per stilare, a conclusione della giornata di borsa, un listino prezzi
che non nasce da un vero accertamento sui contratti e quindi sui prezzi realmente effettuati.
La non veridicità dei listini, e quindi la loro non corrispondenza ai reali prezzi del mercato,
allontana gli operatori dalle Borse Merci e gli stessi bollettini camerali perdono credibilità e sono
oggetto di contestazione 74 . A cascata, la scarsa frequenza di operatori, ha reso inefficaci anche i
controlli dei funzionari camerali, che girando in Borsa, avrebbero dovuto formarsi un’idea generica
dell’andamento del mercato controllando quindi la veridicità dei prezzi rilevati dal Comitato o dalla
Commissione.
73
Inutile sottolineare quanto l’innovazione dei sistemi di telecomunicazioni (fax e cellulari) abbia inciso sul fenomeno
di disaffezione nei confronti delle Borse Merci. La scarsa presenza di operatori ha comportato tra l’altro seri problemi
economici delle Associazioni o delle Camere di Commercio che gestiscono le Borse Merci, poiché non avendo un
numero adeguato di soci o di presenti sono diminuiti notevolmente il volume degli incassi e non si è riuscito più a
sostenere le spese fisse.
74
Emblematica è stata la vicenda che ha coinvolto la camera di commercio di Mantova chiamata in giudizio di fronte al
TAR da un gruppo di allevatori di suini della Provincia di Brescia per la verifica della conformità alla legge dei
procedimenti usati per arrivare alla formazione dei prezzi; dai verbali della Commissione prezzi, è emersa una
procedura generica e contraria alla normativa che regola le Borse merci. Il TAR ha in effetti ritenuto il procedimento
usato in quella piazza per arrivare alla formazione dei prezzi contrario alla normativa in vigore, nonché ai principi
fondamentali del diritto amministrativo, nello specifico all'obbligo di motivazione dei provvedimenti provenienti dalla
pubblica
amministrazione,
sottolineando
quindi
la
mancanza
di
trasparenza
e
legalità
e
il Consiglio di Stato, adito dalla ricorrente CCIAA, ha confermato integralmente la sentenza del TAR - Brescia evidenziando che i prezzi stabiliti dai listini della Borsa merci di Mantova “sono prezzi imposti e non rispecchiano il
mercato reale”. Sentenza del TAR Lombardia - Sezione staccata di Brescia, n. 354/2002 pubblicata il 27/02/ 2002 e
Sentenza del Cons. di Stato n.4206/03.
54
La mancanza di presenza di operatori ha reso impossibile il fine per cui il legislatore aveva
disciplinato le borse merci, cioè determinare prezzi reali scaturiti dalle contrattazioni precedenti; la
limitata frequenza degli operatori di mercato fa si che i contratti generati siano sempre di meno e
che le collusioni o le posizioni dominanti siano sempre più usuali in merito alla determinazione dei
prezzi 75 , cosa che chiaramente non aiuta la realizzazione di un mercato efficiente e razionale, dove
è necessario che i prezzi vengano determinati in modo trasparente dall’incontro della domanda e
dell’offerta.
Come vedremo una delle ragioni forti che hanno portato alla riforma della disciplina delle borse
merci, è stata proprio la necessità di garantire efficienza e trasparenza a prezzi e mercati, in particolare
sostituendo rilevazioni o stime di prezzo, con prezzi reali, cosa che è stata consentita con la realizzazione di
una Borsa merci telematica nella quale i beni sono trattati con un sistema di asta continua tra domanda e
offerta.
75
Pare che in alcuni casi limite gli operatori di mercato non siano entrati all’interno della Borsa Merci per non pagare
il costo del biglietto aspettando la fine della giornata di Borsa e la pubblicazione del listino prezzi per concludere i loro
affari ai prezzi stabiliti dal Comitato o dalla Commissione, ma in tal modo non è il mercato (le contrattazioni) a
determinare i prezzi ma sono gli stessi prezzi che determinano il mercato.
55
Capitolo 3 - L’informatizzazione delle borse merci
Il declino delle contrattazioni alle “grida”
All’inizio del nuovo millennio le borse merci nazionali si presentano indubbiamente come un
fenomeno anacronistico ed in declino: di sicuro non sono più in grado di svolgere il loro ruolo di
luogo in cui si concentrano gli scambi all’ingrosso su merci. Si assiste ad un sensibile calo dei
frequentatori e a una netta diminuzione degli affari conclusi nelle sedi delle borse merci.
Abbiamo già detto delle conseguenze che tale disaffezione degli operatori ha sulla rappresentatività
dei listini formati dalle borse merci e della apparente contraddizione rappresentata dal localismo che
caratterizza le borse merci nazionali a fronte di una generale globalizzazione dell’economia e
internazionalizzazione dei mercati, ma certo non si può dimenticare il peso che ha avuto, nella
perdita di ruolo delle borse merci nazionali, la diffusione delle nuove tecnologie, telematiche ed
informatiche, che hanno reso anacronistici i sistemi di negoziazione praticati nelle borse merci
tradizionali.
Le contrattazioni che avvengono nelle tradizionali borse merci non possono competere con i sistemi
di contrattazione telematica, non solo più veloci, ma anche in grado di moltiplicare il numero di
soggetti e mercati con cui si può entrare in contatto 76 . In questo nuovo contesto le borse merci
fisiche da strumento tecnico commerciale necessario per concentrare e favorire gli scambi (una
delle ragioni per cui appunto erano state organizzate), divengono addirittura un ostacolo da aggirare
per velocizzare e semplificare i rapporti di scambio. Non a caso gli operatori hanno cominciato a
cercare altri canali di scambio, di formazione dei prezzi e di reperimento di informazioni 77 .
Soprattutto negli anni d’oro della cosiddetta new economy sono proliferate le iniziative private
basate sull’applicazione delle tecnologie telematiche al mercato al fine di far incontrare in modo più
efficace domanda e offerta e migliorare la circolazione delle informazioni a disposizione degli
operatori.
Mentre queste esperienze si muovevano su un piano alternativo a quello delle borse merci,
l’adeguamento di queste ultime alle nuove tecnologie informatiche e telematiche è passato invece
da un esperimento promosso dalla Unione italiana delle Camere di commercio (Unioncamere) e da
alcune Camere di commercio, che avevano iniziato ad utilizzare un sistema informatizzato di
contrattazione, e poi da alcuni interventi legislativi, tra i quali fondamentale è stato il
riconoscimento della validità di un sistema di contrattazione informatizzato che si è avuto con l’art.
30 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228, per approdare infine alla creazione di una borsa merci
telematica con il decreto 6 aprile 2006, n. 174.
Le piazze telematiche
Prima che il legislatore e le Camere di commercio arrivassero a creare un’estensione telematica
delle borse merci tradizionali, gli operatori privati avevano iniziato ad organizzare delle piazze
76
Il fenomeno si era già presentato per le borse valori, sia a livello internazionale (a partire dagli anni Ottanta del secolo
scorso) che nazionale (nel corso degli anni Novanta): sui mercati finanziari l’introduzione dei sistemi di electronic
trading, ha portato una notevole razionalizzazione dei meccanismi di negoziazione e ha aperto la strada anche a nuove
modalità di investimento. Punti di forza dell’electronic trading si sono dimostrati la capacità di creare liquidità, la
capacità di ridurre i costi diretti per i partecipanti al mercato, la disponibilità di informazioni e l’efficienza operativa.
Sull’applicazione dell’information technology ai mercati finanziari; sulle problematiche giuridiche legate
all’informatizzazione delle borse (valori) in Italia: MARCUCCI, Profili giuridici dell’informatizzazione di borsa, in Dir.
inform. , 1990, p. 653.
77
Le classiche contrattazioni sono state ad esempio sostituite da “operazioni dirette sui circuiti fuori mercato presso
borse estere tramite brokers specializzati o primarie compagnie internazionali presenti in Italia con appositi uffici”.
AMADEI. cit., p. 181.
56
virtuali: di queste molte non hanno avuto il successo sperato, mentre alcune continuano ad
operare 78 .
Le finalità e l’operatività di queste organizzazioni di e-marketplace non differiscono
sostanzialmente da quelle perseguite oggi per mezzo della Borsa merci telematica italiana: si tratta
di intermediari “basati sul Web” creati per favorire l’incontro di compratori, venditori e
intermediari, con l’obiettivo, da un lato di aumentare la concorrenza tra i fornitori e, dall’altro, far
accedere i fornitori ad un più ampio pubblico di acquirenti, ma restano un fenomeno distinto, non
solo perché privo dell’investitura legislativa, ma anche perché in concreto si sono indirizzate più
all’attività di e-procurement 79 che al c.d. market discovery exchange (sistemi di “scoperta” del
mercato) 80 .
Quando si parla di e-marketplace si fa riferimento ad intermediari, che organizzano aste o offrono
cataloghi di prodotti e in più offrono ai propri “clienti” servizi aggiuntivi 81 quali l’accesso a servizi
informativi 82 , di logistica, di gestione dei pagamenti, di certificazione (che può essere sul prodotto,
78
Tra gli e-marketplace operanti in Italia nel settore agroalimentare possiamo ricordare Agrelma (www.agrelma.it), Il
Vino (www.il-vino.com), Naturabella (www.naturabella.it) e Bravo Food (www.bravofood.it). Mentre Il Vino,
Naturabella, Agrelma sono operatori di nicchia, Bravo Food è un e-marketplace multi prodotto, ossia un operatore che
si rivolge ad aziende del settore agroalimentare, trattando però prodotti e servizi appartenenti a diverse categorie
merceologiche. Bravo Food un e-marketplace verticale multiprodotto, lanciato nel 2001 da Bravo Solution una società
del gruppo Italcementi. che dalla data di inizio attività ha organizzato più di 10.000 aste. Tra le aziende partecipanti,
circa 15.000, troviamo alcune delle principali imprese italiane del settore agroalimentare come Barilla, Pam,
Parmacotto, Autogrill e Cremonini. Il-Vino un e-marketplace verticale di nicchia che agisce da intermediario tra
produttori e acquirenti che offre un’ampia gamma di vini soprattutto italiani e francesi e che subordina la registrazione
ad un processo di certificazione della qualità dei partecipanti da parte del gestore (le aziende registrate sono più di
1.000) soggetta all’approvazione da parte di un comitato dedicato all’assaggio del prodotto che sarà trattato attraverso
l’e-marketplace. Questo portale è aperto oltre che al business to business anche ai consumatori finali e si basa non su
aste ma su un catalogo on-line. Agrelma, infine rappresenta uno dei principali mercati digitali per il settore
agroalimentare, è stato realizzato nel 1999 in seguito ad uno studio realizzato dalla Commissione europea DG XIII, e
non a caso è focalizzato soprattutto sul mercato europeo.
79
Con il termine e-procurement si indicano quei processi interni ad un’impresa posti in essere per approvvigionare la
stessa di materie prime, semilavorati od altri beni in genere, che avvengono attraverso i canali telematici. Si tratta di
processi di approvvigionamento elettronico che richiedono pertanto una qualche forma di integrazione tra i sistemi
informativi delle aziende coinvolte, integrazione che può essere realizzata sia attraverso le piattaforme per gli acquisti di
proprietà delle aziende, sia attraverso piattaforma messe a disposizioni da terzi, quali consorzi di imprese e/o iniziative
di e-marketplace. Queste esperienze si sono sviluppate successivamente agli e-markeplace, spesso sulle ceneri di
fallimenti di intermediari on-line, ma hanno riscosso un ampio consenso tra gli operatori, e sono risultate uno strumento
utile per la gestione strategica dei rapporti di filiera e per la razionalizzazione dei costi.
80
Alcuni vedono nelle Borse merci telematiche un “nuovo modello di exchange”, emergente “dal modello generale
degli e-marketplace”. A. ZANLARI, commercio elettronico e settore agroalimentare, Maggioli, Rimini, 2006, p. 112.
81
Chi organizza una “piazza telematica” tende ad offrire oltre al servizio fondamentale di intermediazione – che è il
motivo primo per cui i market discovery exchange nascono: per favorire l’incontro di domanda e offerta, con lo scopo
di favorire la riduzione dei costi di transazione e di creare nuove opportunità di business per gli operatori – una serie di
servizi aggiuntivi quali i servizi di transazione (fanno parte di questa area tutti i servizi riguardanti la gestione dei
cataloghi digitali, il matching fra acquirente e venditore, i sistemi di generazione del prezzo (sia dinamici che
sistematici), l’organizzazione di aste e il controllo, servizi di informazioni (riservate ai partecipanti alla piazza virtuale)
che possono riguardare ricerche e notizie di mercato offerte da terze parti, oppure informazioni generate internamente
dall’elaborazione dei dati statistici sulle interazioni fra le organizzazioni; in un certo senso offrono anche servizi di
integrazione tra i diversi operatori che partecipano al mercato digitale grazie all’integrazione fra i sistemi di back-end
dei partecipanti e la piattaforma tecnologica del mercato: integrazione che può essere raggiunta attraverso diversi modi,
fra i quali: le scelte di standardizzazione tecnologica (ad esempio l’impiego del linguaggio XML) compiute dal gestore
del mercato digitate; l’adattamento del sistema informativo ai sistemi di back-end dei suoi partecipanti e soprattutto
spingendo i partecipanti ad integrarsi, anche con azioni di formazione. E infine servizi a valore aggiunto per rispondere
alle diverse esigenze dei partecipanti al mercato virtuale e collegati a tutte le attività che risultano necessarie alla
transazione: i servizi più comuni possono riguardare la logistica, i pagamenti on-line, la gestione dei contratti e la
gestione del magazzino.
82
Le informazioni disponibili sono molto variegate, e vanno dall’offerta di informazioni meteo, a informazioni sui
prezzi, ad articoli specifici organizzati per argomento, spesso per tipologie di mercati.
57
sulle modalità di produzione e sulle caratteristiche degli operatori83 ) e pare che proprio quest’ultimo
sia particolarmente richiesto 84 .
A differenza delle borse merci che non hanno fini di lucro, questi intermediari “guadagnano” dalle
quote di iscrizione e dalle percentuali pagate dagli operatori sulle operazioni concluse 85 ; in alcuni
casi può essere previsto che per partecipare le aziende debbano registrarsi e versare una fee di
iscrizione, oltre a compensi da corrisposta in modo percentuale su tutte le transazioni 86 , oppure può
essere previsto solo il pagamento di una percentuale sulle operazioni realizzate 87 .
Le iniziative di e-marketplace sono fiorite, anche nel settore agroalimentare, negli anni di grande
espansione della c.d. new economy, ma molte di queste non hanno conseguito i risultati sperati,
sebbene la particolare struttura del settore agroalimentare nel nostro Paese facesse pensare ad una
concreta utilità di questi intermediari. Infatti come abbiamo accennato parlando delle borse merci
tradizionali, il mercato agricolo ed agroalimentare è divenuto un settore sempre più concentrato e
caratterizzato dalla presenza di grandi multinazionali che hanno uno dei punti di forza nella loro
sempre più stretta integrazione verticale, ma contemporaneamente permangono in Italia tutta una
serie di operatori di piccole e medie dimensioni, e di successo, estremamente specializzati, che si
rivolgono prevalentemente a target di consumatori regionali o nazionali, ma che cercano altresì di
ampliare i loro confini di business.
Questa dicotomia, soprattutto dimensionale, ha ricadute sui modelli organizzativi e sui modelli di
approccio alla Rete da parte delle aziende, a queste (soprattutto alle piccole e medie) gli
emarketplace avrebbero dovuto portare una serie di vantaggi, sia in termini di visibilità su nuovi
mercati, sia in termini di miglioramento dell’efficienza interna all’azienda, favorendo l’adozione di
processi più evoluti ed una migliore gestione dei costi.
Gli e-marketplace sono dunque in teoria un ottimo strumento per il miglioramento dei processi di
gestione degli scambi delle piccole e medie aziende e per favorire l’integrazione a valle e a monte
della filiera anche da parte delle piccole e medie realtà, meno pronte a muoversi in questa direzione
rispetto alle grandi multinazionali, ma in pratica non hanno riscosso il successo sperato.
Applicando le tecnologie informatiche e telematiche alle pratiche commerciali tradizionali si era
inteso creare nuove opportunità di incontro tra domanda e offerta lungo tutta la filiera, per ampliare
per gli operatori i mercati di sbocco della merce e le opportunità di business, prospettiva
particolarmente interessante soprattutto nei settori caratterizzati – soprattutto a monte della catena
del valore – da un’alta o altissima frammentazione, come avviene appunto per i mercati dei prodotti
trattati usualmente nelle borse merci.
Nella prassi si sono delineate varie tipologie di piazze virtuali, catalogabili in base a vari criteri: a
seconda dell’architettura economica adottata, riguardo alla modalità di contrattazione e in base al
tipo di definizione dei prezzi.
Si può dunque distinguere in primo luogo fra sistemi verticali e orizzontali e si può notare come nel
settore agricolo ed agroalimentare non operino iniziative orizzontali che si caratterizzano per il fatto
83
Ad esempio Agrelma offre un servizio di certificazione, che prevede il controllo dell’iscrizione alle Camere di
commercio, nonché controlli della qualità (sia di prodotto sia dei processi di produzione) e controlli sulla “solidità”
finanziaria. Abbiamo già detto della “certificazione” effettuata da il Vino che subordina la registrazione delle imprese
ad un processo di certificazione della qualità dei partecipanti da parte del gestore.
84
La cosa dovrebbe far riflettere, così come dovrebbe far riflettere l’assoluta perdita di valore del connotato
pubblicistico del soggetto che svolge accertamenti e rilascia le certificazioni, ricordiamo infatti che i servizi offerti
dall’e-marketplace (che in genere comunque non ha natura pubblicistica) possono essere sia gestiti direttamente da
questo sia messi a disposizione ricorrendo ad operatori in outsourcing.
85
Come vedremo la società consortile per azioni che gestisce la Borsa Merci Telematica non ha scopo di lucro (art. 1
dello statuto), è richiesto ai soci il versamento di un contributo in denaro per il perseguimento dello scopo sociale
consortile (gestione della piattaforma telematica), per alcuni servizi ulteriori, che possono essere usufruiti anche da non
soci (definiti non obbligatori) è invece richiesto un pagamento.
86
Come è ad esempio il caso di Bravo Food.
87
Come è ad esempio il caso de il Vino.
58
di servire beni e servizi specifici ad operatori appartenenti a settori differenti 88 , tali mercati on-line
in genere sfruttano la possibilità offerta da Internet di ottenere economie di scala offrendo un
prodotto/servizio specifico che sia fruibile da più settori contemporaneamente. Sono invece presenti
alcuni marketplace verticali, cioè quelli che nascono con lo scopo di servire un particolare settore,
fornendo oltre al bene di scambio caratteristico del settore (vino, olio di oliva, ecc.), tutti una serie
di servizi aggiuntivi che risultano utili e indispensabili per agli operatori del settore.
Quanto ai meccanismi di contrattazione e di fissazione del prezzo si riscontrano varie tipologie che
variano anche in funzione del bene trattato e delle modalità di gestione della piazza virtuale.
In generale esistono due modelli di transazione: quello “spot” e quello “sistematico”. Nel primo
tipo di transazione il prezzo viene fissato in modo dinamico, ossia attraverso l’incontro tra domanda
e offerta o viceversa. Si tratta di modelli che funzionano bene quando il bene scambiato è
standardizzato o standardizzabile e presente in quantità limitata. I modelli “sistemici” richiedono
una standardizzazione ancora maggiore ed una volatilità di prezzo molto bassa. Il caso tipico è
rappresentato dalla vendita su catalogo e dalle richieste di proposta o di quotazione.
Per quanto riguarda infine e modalità di formazione dei prezzi sulle piazze virtuali 89 , si distingue
tra prezzo definito, prezzo negoziato e aste.
Il primo, il cosiddetto posted price, si ha quando, attraverso un catalogo, il potenziale venditore
offre un certo quantitativo ad un certo prezzo. È una modalità di determinazione del prezzo statica,
che può però diventare dinamica nel medio-lungo termine. Il principale vantaggio di questo
meccanismo è l’efficienza della trattativa.
Più complessa è la definizione dei prezzi attraverso la modalità “a prezzi negoziati”. Questi sistemi
di contrattazione offrono la possibilità a due o più parti di negoziare direttamente i prezzi delle
transazioni. Acquirenti o venditori fanno la proposta originale (price offering), a questo punto la
controparte fa la sua controfferta e il processo continua fino al raggiungimento di un accordo o alla
fine della trattativa. On-line questi meccanismi riducono i costi di ricerca e definizione degli
accordi, ma non eliminano i costi di comunicazione inerenti la trattativa, a parte il caso di impiego
di sistemi di negoziazione “automatica”. Questi meccanismi, rispetto all’asta, hanno maggior
efficienza dal punto di vista della formazione dei prezzi ma minor efficienza per quanto concerne i
tempi della trattativa. Una delle caratteristiche positive rispetto ai meccanismi di definizione “fissi”
consiste nel fatto che attraverso questi modelli di accordo è possibile contrattare altre caratteristiche
dell’accordo, come i modi, i tempi di consegna e le garanzie e modificare i prezzi in base a questi
fattori.
Infine abbiamo i meccanismi d’asta che sono i preferiti quando, oltre al prezzo, uno degli obiettivi
principali è l’efficienza nell’allocazione e nello scambio 90 . La grande potenzialità delle aste on line
risiede nella loro dinamicità attraverso la quale vengono di fatto superati alcuni effetti che rendono
statica la formazione dei prezzi nel mercato tradizionale e grazie alla quale vengono ridotte le
asimmetrie informative tipiche nel mercato di scambio.
Dai marketplace all’iniziativa del sistema camerale: la nascita di Meteora S.p.A.
88
Questo tipo di marketplace si rivolge tipicamente ad aziende che dispongono di un’elevata specializzazione che
possono facilmente spostare on-line la propria attività, sfruttando le competenze di cui dispongono. Si tratta di una
tipologia di operatori non presente nel settore agricolo ed agroalimentare.
89
Le modalità di formazione dei prezzi, che variano in maniera considerevole in base alle tipologie di contrattazione:
spot e/o sistematico, possono basarsi sia su modalità di contrattazione di tipo dinamico che su modalità di tipo statico.
In particolare, le modalità di negoziazione divergono in base alla tipologia di prodotto trattato, in base al target degli
operatori ed in base alla dimensione media dell’ordine. Nel caso di contrattazione di materie prime la negoziazione
prevalente è l’asta. Allo stesso modo tanto più l’offerta o la domanda è caratterizzata da piccoli operatori tanto più lo
scambio si basa sul catalogo. La scelta della modalità di formazione del prezzo dipende anche dalla dimensione media
dell’ordine, tanto questa è maggiore tanto più sono diffuse le aste e le richieste di proposta o di quotazione. ZANLARI,
commercio elettronico, cit., p. 116 e ss.
90
Molte ricerche e articoli di studiosi del mercato agroalimentare ed agricolo vedono nei meccanismi delle aste on-line
una delle cosiddette killer application dei mercati on-line dei prodotti agricoli, anche in considerazione del fatto che da
sempre le aste sono usate come meccanismo di scambio e vendita nel mercato agricolo.
59
In prospettiva astratta e teorica gli osservatori si aspettavano molto dall’applicazione
dell’information technology ai mercati delle merci: che potessero essere superate le inefficienze
derivanti dal sistema di scambio tradizionale (decentralizzato e chiuso), che venissero fatte
incontrare in modo più efficace domanda e offerta, che aumentasse la trasparenza dal punto di vista
della formazione dei prezzi praticati sui diversi mercati, che venisse migliorata la circolazione delle
informazioni a disposizione degli operatori e infine anche che migliorasse l’interconnessione tra
produttori, industria di processo e distributori.
Come abbiamo detto le iniziative di e-marketplace nel settore agroalimentare non hanno riscosso
gran successo, anche perché nascevano da esperienze imprenditoriali individuali e si scontravano
con un ambiente economico tendenzialmente poco propenso all’innovazione, ma l’esperienza è
stata utile per il rinnovamento delle borse merci nazionali. Innanzi tutto hanno dato un’indicazione
circa la direzione in cui non muoversi ed hanno confermato le perplessità di coloro che
sconsigliavano di ampliare l’operatività delle borse merci in settori diversi da quelli tradizionali
trasformandole in “supermercati dei commerci” 91 ; hanno richiamato l’attenzione sull’importanza
dell’attività di aggiornamento culturale degli operatori, che non poteva essere lasciata all’iniziativa
del singolo, ma doveva essere sostenuta da associazioni di categoria e da enti esponenziali 92 , e
infine, pur nella loro non ottimale riuscita, hanno dimostrato le potenzialità delle piazze telematiche
per superare i maggiori limiti del sistema delle borse merci tradizionali ed allargare gli orizzonti
delle contrattazioni.
In questo contesto si inserisce l’iniziativa assunta dal sistema camerale, che come un secolo prima
aveva giocato un ruolo decisivo per la creazione del sistema delle Borse merci, così all’inizio degli
anni Novanta si muove per rinnovarlo e traghettarlo, dapprima in via di fatto e poi anche con il
riconoscimento legislativo, verso una nuova operatività 93 .
Si deve infatti ad alcune Camere di commercio e a loro associazioni la creazione nel 2000 di una
società per azioni, denominata Meteora 94 , avente come oggetto la gestione e realizzazione di un
mercato telematico 95 dei prodotti agricoli, ittici ed agroalimentari standardizzati e/o tipici e di
qualità italiani, comunitari ed extracomunitari. L’obiettivo era quello di avviare la modernizzazione
del sistema di gestione delle Borse merci delle Camere di commercio, verificando la possibilità di
utilizzare modalità telematiche per le contrattazioni, cosa che avrebbero consentito anche una
miglioramento nel sistema di rilevazione dei prezzi.
91
L. AMADEI, cit., p. 183: “non è ampliando il ventaglio dei prodotti commercializzati ma invece settorializzando e
qualificando ancor più i singoli centri, specializzando i servizi ed estendendo i confini territoriali e operativi che si
potranno trovare le risposte concrete per rilanciare quei mercati che hanno già basi oggettive e che sapranno imboccare
questa strada”. La strada che si suggerisce è dunque quella di puntare sulla qualità delle tante produzioni nazionali e di
trovare il modo di favorire il collocamento anche di piccole partite su mercati diversi da quelli locali.
92
La vicenda fa tornare alla memoria la ricognizione di un maestro del diritto dell’economia che individuando le
funzioni pubbliche attinenti alle attività economiche, tra quelle di ausilio all’impresa agraria collocava le “funzioni di
assistenza tecnica agli imprenditori” e citava come primo esempio di queste le cattedre ambulanti di agricoltura: M.S.
GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, Il Mulino, 19893, p. 239.
93
Ricordiamo che da sempre le Camere di commercio hanno ricoperto un ruolo primario nella gestione e regolazione
delle Borse merci sancito poi anche dalla legge che aveva assegnato loro il compito di provvedere all’organizzazione, ai
controlli, ai locali delle riunioni e a tutto il personale occorrente per il funzionamento delle borse (tanto che una delle
peculiarità delle borse merci ufficiali italiane è stata proprio il contemporaneo assoggettamento all’autorità statale di
controllo e a quelle delle Camere di commercio. In tal senso ad es: AMADEI, cit., p. 27), ma soprattutto ricordiamo che
su questi enti si sono “depositate per sedimentazioni storiche, decine di piccole attribuzioni … che avendo un consiglio
eletto dalle categorie, tendono ad agire come enti corporativi, ma che per altro, in ragione di fattori diversi, hanno di
solito una conoscenza profonda delle situazioni economiche … onde, quando non subiscono la deformazione
corporativistica, sono in grado di fornire analisi e ragguagli precisi” GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, cit.,
p.247.
94
La società Meteora S.p.A. era stata costituita in data 26 gennaio 2000 con sede legale in Roma, promossa da 56
Camere di commercio, Infocamere, l’Unione regionale delle Camere di commercio della Puglia e l’Unioncamere, con i
requisiti di cui all'art. 2, comma 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
95
All’epoca l’iniziativa poteva iscriversi nella categoria degli e-marketplace, in tal senso: cfr ZANLARI, cit., p. 133.
60
Il 20 dicembre del 2000 il Ministro dell’(allora) Industria commercio e Artigianato firma un decreto
nel quale prende atto dell’iniziativa “Meteora” (di cui dà conto nel preambolo del decreto)96 e
autorizza la negoziazione dei beni di cui alla legge 272/1913 anche attraverso strumenti informatici
o per via telematica per un periodo sperimentale di 12 mesi 97.98
Il decreto99 attribuisce proprio alle Camere di commercio – coordinate da Unioncamere
sentito il parere del Ministro dell’industria. (art. 2) – il compito di adottare le norme tecniche
di attuazione, in pratica delegando a queste la funzione di dettare le regole sulle modalità di
gestione delle negoziazioni e la relativa vigilanza nonché sulle modalità di accesso alle stesse
da parte degli operatori. Il forte coinvolgimento degli enti camerali viene controbilanciato nel
decreto dal riferimento alle finalità che devono essere perseguite nella realizzazione del
sistema telematico di negoziazione, che deve – si dice – non solo andare incontro alle nuove
esigenze di negoziazione dovute alle mutate condizioni di mercato ed alle nuove tecnologie
informatiche e telematiche, ma anche garantire la trasparenza del mercato e la tutela dei
consumatori; finalità queste ultime che vengono richiamate oltre che nel preambolo anche
nell’art. 2 primo comma sull’adozione delle disposizioni di attuazione.
Non solo la regolazione, ma anche la realizzazione del sistema di negoziazioni telematiche è
attribuita agli enti camerali, sebbene indirettamente e con una formulazione un po’ oscura: il
secondo comma dell’art. 2 stabilisce infatti che per lo svolgimento delle attività di cui al primo
comma (modalità di gestione e vigilanza sulle negoziazioni, e modalità di accesso alle stesse ) le
Camere di commercio possano avvalersi di “strutture opportunamente costituite mediante la
partecipazione di soggetti pubblici o privati, secondo quanto disposto dall’art. 2 secondo comma
della legge 29 dicembre 1993, n. 580”. In pratica il riferimento è alla società Meteora S.p.A. che il
sistema camerale aveva appunto costituito nel gennaio di quell’anno.
Al Ministro si lascia il compito di valutare l’esito del periodo sperimentale100 e si apre così una
fase di osservazione preordinata alla revisione della l. 20 marzo 1913, n. 272 e all’adeguamento del
funzionamento delle borse merci alle nuove tecnologie informatiche e telematiche.
La transizione legislativa dal sistema delle borse merci fisiche al mercato telematico
Lo scopo iniziale del progetto Meteora era quello di porsi come intermediario digitale nei mercati
dei prodotti agricoli, agro-alimentari ed ittici, al fine di favorire l’incontro on-line della domanda e
dell’offerta in tali settori, superando il classico mercato “alle grida” e “per stretta di mani”,
consentendo in altri termini le contrattazioni per via telematica e, quindi, anche svincolando la
conclusione dei contratti dalla presenza fisica degli operatori in un unico luogo.
96
Nel preambolo si fa riferimento ad un’iniziativa coinvolgente un certo numero di Camere di commercio (o meglio le
Borse merci e le sale di contrattazione di cui a suo tempo le Camere di commercio avevano deliberato l’istituzione)
avente ad oggetto l’“esercizio di attività volta alla realizzazione del mercato telematico dei prodotti agroalimentari
standardizzati e/o tipici e di qualità su tutto il territorio nazionale ed nell’ambito dell’Unione Europea”.
97
Periodo decorrente dalla data di approvazione delle norme tecniche, la cui adozione era rimessa alle Camere di
commercio ex art. 2 dello stesso decreto.
98
La vicenda storica si è svolta di fatto in questi termini, ex post però ci si potrebbe chiedere se fosse realmente
necessario – da un punto di vista giuridico – il riconoscimento in itinere e l’autorizzazione ad operare con strumenti
informatici, da parte dell’autorità ministeriale e poi del legislatore.
I pochi commentatori della vicenda giuridica non fanno riferimento a questo aspetto: la mia impressione è che il sistema
camerale cercasse una sorta di “sponsorizzazione” più che un’autorizzazione del ministero, quasi una “investitura” per
la società Meteora.
99
Nel successivo decreto ministeriale del 9 marzo 2002 questo decreto del 2000 viene descritto come un provvedimento
che impegna le Camere di commercio a dotarsi di norme tecniche idonee a stabilire le modalità di gestione e di
vigilanza delle negoziazioni delle merci e delle derrate attraverso l'utilizzazione di strumenti informatici.
100
Nella norma finale del decreto (ambiguamente rubricata “Relazioni con le Borse merci”) si prevede che
Unioncamere, riferisca al Ministro dell’industria in ordine “ai problemi emersi e alle loro eventuali soluzioni, connessi
con le funzioni ascritte alle Borse Merci e dalle stesse attualmente esercitate”.
61
Il passaggio da iniziativa di e-marketplace alla creazione di una Borsa Merci Telematica viene reso
possibile dall’evoluzione dell’impianto legislativo, in particolare da alcune norme fondamentali
dettate per il settore agricolo ed agroalimentare.
La normativa che sancisce il passaggio dal mercato tradizionale a quello telematico prende avvio
dalla l. 5 marzo 2001 n. 57 e dal d.lgs 18 maggio 2001, n. 228 101 e passa attraverso il decreto del
Ministro delle Attività Produttive del 9 marzo 2002: questi provvedimenti legislativi e
regolamentari prevedono un periodo di osservazione e di sperimentazione, durante il quale viene
attribuito alla società Meteora S.p.A. il ruolo di gestore della Piattaforma telematica102 , e al sistema
camerale viene attribuito il compito di studiare e risolvere le problematiche connesse al passaggio
da un sistema in cui le merci vengono trattate con il sistema alle grida sulle singole piazze in cui è
istituita una borsa merci, a quello basato su contrattazioni effettuabili da postazioni remote
accedendo ad un’unica piattaforma telematica.
Più precisamente la legge 5 marzo 2001 n. 57 delega il Governo ad emanare uno o più decreti
legislativi contenenti norme per l’orientamento e la modernizzazione nei settori dell’agricoltura e
della pesca 103 , in attuazione di tale delega l’articolo 30 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228
ufficializza da un punto di vista legislativo il periodo sperimentale relativo alle negoziazioni
telematiche di cui al decreto del Ministro dell’Industria, del commercio e dell’Artigianato del 20
Dicembre 2000, stabilendo al primo comma che “Le contrattazioni delle merci e delle derrate di cui
alla legge 20 marzo 1913 n. 272 e successive modificazioni, sono svolte anche attraverso strumenti
informatici o per via telematica”; anche in questa sede si ribadisce la scelta di affidare alle Camere
di commercio il compito di elaborare 104 le norme tecniche sulle modalità di gestione, di vigilanza e
di accesso alle negoziazioni telematiche, le quali devono provvedere a ciò in conformità a quanto
stabilito dal precedente decreto del 20 dicembre 2000 105 .
Apparentemente si tratta solo di saggiare il terreno e di adottare le soluzioni “tecniche” più
opportune per consentire l’accesso alle contrattazioni da postazioni remote ad un’unica piattaforma
telematica, per un periodo sperimentale di 12 mesi106; sempre nello stesso arco di tempo si
prevede che venga adottato dal Ministero delle attività produttive un regolamento per il
funzionamento del sistema telematico delle borse merci italiane, una volta entrato in vigore il quale
cessano di avere applicazione le norme della legge 272/1913 sull’ordinamento delle borse merci,
anche se limitatamente ai prodotti fungibili agricoli, agroindustriali, ittici e tipici.
In realtà tutta la vicenda del passaggio dalle borse merci tradizionali alla creazione della Borsa
Merci Telematica è segnata da questa supremazia dei prodotti agricoli, agroindustriali, ittici e tipici:
non è un caso che l’esperienza pilota sia legata alle esigenze delle Camere di commercio in cui
prevalentemente si trattavano questi prodotti. È innegabile che tra le materie prime che possono
essere oggetto di contrattazione nel nostro Paese nelle borse merci queste siano decisamente le più
importanti e significative, ma resta da osservare che nel momento in cui si pone mano alla revisione
della disciplina generale delle borse merci, nell’ambito di un provvedimento normativo che dispone
l’adozione del nuovo regolamento generale “per il funzionamento del sistema telematico delle borse
101
"Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57, il cui art.
30 reca disposizioni per l'adeguamento delle Borse merci.
102
Inizialmente l’accoglienza riservata dagli operatori agroalimentari alla piazza telematica è stata abbastanza tiepida,
ma l’attività di negoziazione telematica ha trovato poi sempre più spazio e consensi tra gli attori del settore.
103
La legge 5 marzo 2001, n. 57, recante «Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati» al punto r)
dell'articolo 8 individua l'ambito della delega concessa al Governo per adeguare le borse merci alle mutate condizioni di
mercato, alle nuove tecnologie informatiche e telematiche, nonché per garantire la trasparenza del mercato e la tutela
dei consumatori.
104
L’art. 30 recita “al fine di rendere uniformi”…adottano ..apposite norme tecniche.
105
Ricordiamo che il decreto è composto solo da tre articoli e circa la regolamentazione si dice solo che deve garantire
la trasparenza del mercato e la tutela dei consumatori.
106
La decorrenza di questo periodo sperimentale, durante il quale le contrattazioni delle merci e delle derrate sono
svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica, verrà precisata nel successivo decreto del Ministero
delle attività produttive del 9 marzo 2002 e individuato nel quindicesimo giorno dalla pubblicazione dello stesso decreto
del 2002 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, che è avvenuta il 2 aprile 2002 (G.U. n. 77).
62
merci italiane” quindi – in astratto – per tutte le merci, di fatto poi si faccia riferimento non
all’abrogazione della legge originaria, ma più limitatamene alla cessazione dell’applicazione della
stessa solo per le contrattazioni di alcuni prodotti.
Di tutte le problematiche che potrebbero insorgere nella fase transitoria 107 , l’art. 30 del decreto
228/2001, si occupa direttamente solo delle comunicazioni e pubblicazioni in materia di prezzi: il
quarto comma della norma in questione dispone infatti che fino all’entrata in vigore del nuovo
regolamento generale “i prezzi di riferimento e di quantità delle merci e delle derrate negoziate in
via telematica” siano comunicati dalla società di gestione alle Deputazioni delle Borse merci e
pubblicate nel bollettino ufficiale dei prezzi (edito dalle Camere di commercio). Questa attenzione
particolare al raccordo tra rilevazione dei prezzi da parte della società di gestione e sistema
camerale non stupisce, dato che uno dei punti di maggior criticità nell’operato delle borse merci
nella fase precedente la riforma telematica era proprio la inattendibilità dei prezzi rilevati e diffusi:
il tema merita un attenzione particolare e perciò avremo modo di riprenderlo e approfondirlo in
seguito.
Nel novembre del 2001108 l’Unioncamere comunica al Ministero l’adozione (da parte delle
Camere di commercio interessate) delle norme tecniche di funzionamento delle negoziazioni per
l’avvio sperimentale del mercato telematico dei prodotti agroalimentari;109 e il ministero,
ritenendo sussistenti “idonee condizioni atte a rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza
e di accesso alle negoziazioni telematiche, nonché atte a garantire la trasparenza del mercato nella
fase di osservazione sperimentale”, procede ad attribuire la gestione della piattaforma telematica e
dei connessi servizi alla società Meteora S.p.A. (art. 2 del decreto del 9 marzo 2002), che dunque da
quel momento diviene formalmente la Società di gestione del mercato telematico agroalimentare
avviando la fase sperimentale delle negoziazioni da postazioni remote.
Si apre dunque un nuovo periodo di osservazione, durante il quale viene disposto che Meteora
effettui, alle deputazioni delle Borse merci, le comunicazioni relative ai prezzi di riferimento e alle
quantità delle merci e delle derrate negoziate in via telematica (di cui al comma 4 dell’art. 30 del d.
lgs. 18 maggio 2001, n. 228), e che l’Unione italiana delle Camere di commercio (Unioncamere)
riferisca al Ministero delle attività produttive, con periodicità mensile sull’andamento del complesso
delle negoziazioni, sulle eventuali disfunzioni del sistema telematico ed sulle interazioni con le
funzioni delle borse merci tradizionali.
La nascita ufficiale della Borsa Merci Telematica si ha con il decreto del Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali del 6 aprile 2006 n. 174, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 maggio 2006,
con il quale viene adottato il regolamento per il funzionamento del sistema telematico delle Borse
merci italiane 110 e viene disciplinato il soggetto che deve predisporre, organizzare e gestire la
Piattaforma Telematica, cioè la società di gestione 111 , che deve avere le caratteristiche indicate dal
107
Nel periodo transitorio si è sperimentato l’affiancamento della borsa telematica alle diverse borse merci ed alle Sale
di contrattazione presenti presso le Camere di commercio su tutto il territorio nazionale. In pratica gli operatori
accreditati potevano decidere di contrattare sia attraverso il sistema di contrattazione “alle grida” presso le borse merci
locali sia attraverso la piattaforma telematica.
108
Con lettera 16 novembre 2001, prot. 8950.
109
Segue a questa comunicazione una richiesta di chiarimenti da parte del ministero (prot. 515276 del 29 novembre
2001) in ordine alle modalità di svolgimento delle negoziazioni telematiche, con particolare riferimento alle
caratteristiche di standardizzazione dei prodotti, alla formazione del prezzo unico e di riferimento, alle modalità di
accesso ai dati ed alla loro conservazione, alla tutela dei dati sensibili, alla sicurezza del sistema, ai criteri di
interdizione di operazioni di mera speculazione finanziaria, all'organizzazione predisposta dal gestore della piattaforma
telematica, alla formazione del personale addetto, ai criteri di informazione al pubblico; richiesta alla quale
Unioncamere risponde con la lettera 17 dicembre 2001, prot. 9878 che evidentemente soddisfa il Ministero, il quale poi
provvede appunto ad adottare il decreto 2002.
110
Questo Regolamento disciplina il funzionamento della Borsa merci telematica italiana, individuando le modalità di
accesso, i soggetti abilitati all'intermediazione, le tipologie di contrattazioni telematiche e la regolamentazione dei
mercati e stabilisce le modalità di vigilanza e di supporto della Borsa merci telematica italiana tramite appositi organi.
111
Società di gestione definita “Organo” della Borsa Merci Telematica nel regolamento della BMTI: rilievo sulla
terminologia
63
regolamento (art. 8) e che è “autorizzata ad assumere la denominazione di Borsa merci telematica
italiana s.c.p.a.” 112 con tanto di riserva di denominazione espressamente prevista all’art. 11 dello
stesso regolamento 113 .
In ordine alla società di gestione il decreto ministeriale 6 aprile 2006 n. 174 richiede che questa sia
costituita ai sensi dell’articolo 2, comma 2 della l. 29 dicembre 1993, n. 580, esclusivamente da
organismi di diritto pubblico comprese le Unioni regionali delle Camere di commercio e i consorzi
e le società consortili costituite dai suddetti organismi114, che abbia (anzi la norma richiede che
“acquisisca”) la forma giuridica di società consortile per azioni ed abbia un capitale minimo,
interamente versato, non inferiore ad un milione di euro. Il legislatore inoltre dopo aver qualificato
le funzioni svolte da tale società, “di interesse generale”, riserva la partecipazione maggioritaria
nella società di gestione alle Camere di commercio.
Si noti che anticipando questa disposizione, il sistema camerale ha trasformato già a partire dal
novembre del 2005 la preesistente società per azioni Meteora in una S.c.p.A. ed ha avviato la
sottoscrizione di un aumento di capitale115.
Il soggetto che deve predisporre, organizzare e gestire la piattaforma telematica
Come si capisce abbastanza agevolmente ripercorrendo gli eventi che hanno portato all’adozione
del regolamento per il funzionamento telematico delle Borse merci italiane, la normativa non è stata
adottata dal legislatore autonomamente: questi ha piuttosto seguito le indicazioni provenienti dagli
operatori interessati. Di conseguenza il ruolo che di fatto ha acquisito la società creata dal sistema
camerale per gestire la piattaforma telematica ha fatto sì che la stessa si sia trovata ad essere il
gestore della piattaforma, con un riconoscimento legislativo di tale ruolo, ma senza che da alcuna
parte si sia dibattuto in ordine alla opportunità di disporre a suo beneficio, e in quali limiti, una
riserva di attività, di per sé una misura anticoncorrenziale, presa nel momento in cui ferveva il
dibattito sul presunto monopolio di fatto della Borsa Italiana S.p.A.
Il parallelo con la creazione della Borsa valori telematica porta ad osservare che “garantendo
l’unicità di funzionamento” ciò come sappiamo non presuppone necessariamente un monopolio, ma
l’accentramento è un modo per aumentare il volume degli scambi.
Ricordiamo anche che se nel nostro ordinamento ha “stentato” a decollare un mercato anche a
termine nelle Borse merci ciò si è dovuto in buona misura al dubbio diffuso che mancassero nel
nostro Paese i volumi necessari di materie prime con caratteristiche standard, anche di cereali, “che
possono rappresentare i prodotti di base su cui costruire e avviare questa pratica
commerciale”116 117 .
Una volta ufficializzata la nascita della «Borsa merci telematica italiana S.c.p.A. (BMTI S.c.p.A.)»,
il legislatore è intervenuto solo per imporre pochi correttivi, oltre alla forma consortile e al capitale
minimo. È da ritenere che abbia richiesto un capitale minimo, in analogia alle società di gestione dei
mercati finanziari, per garantire la sua capacità di operare, avendone i mezzi e si può pensare che
abbia imposto la forma consortile per renderne la proprietà non contendibile. Il legislatore ha
112
L’art.8 secondo comma del Regolamento dispone che la società di gestione “acquisisce la forma giuridica di società
consortile”.
113
Art. 11. Riserva nell'uso della denominazione. “L'uso della denominazione di «Borsa merci telematica», «Mercato
telematico di merci» od altra consimile è riservata alla società di gestione. Si applicano le disposizioni di cui al Titolo I,
Capo I, articolo 1 del regio decreto 4 agosto 1913, n. 1068”.
114
II soci di BMTI scpa sono Unioncamere, Infocamere, Unione Regionale delle Camere di commercio della Puglia,
Unione Regionale delle Camere di commercio della Lombardia, Unione Regionale delle Camere di commercio del
Piemonte e 72 Camere di commercio.
115
Il capitale sociale ammonta attualmente a 2.387.372,16 euro.
116
AMADEI, cit., p. 178.
117 All’inizio degli anni Duemila, Borsa Italiana S.p.A., soggetto da poco divenuto privato, studiò un progetto volto a
costituire un future sulle arance e poi lo abbandonò, in quanto si ritenne che il mercato non fosse – potenzialmente – di
sufficiente dimensione per giustificare la propria esistenza.
64
richiesto che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo della società
di gestione possiedano i requisiti di onorabilità di cui al Titolo I, Capo II, articolo 13 del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Ci si può chiedere per quale motivo non abbia richiesto anche il possesso dei requisiti di
professionalità, che per altro sono richiesti invece per i “soggetti abilitati all’intermediazione”, di
cui all’art. 21 del Regolamento Generale. L’ipotesi è che la gestione di questa Borsa sia più
semplice che quella delle “cugine” finanziarie, mentre per i “soggetti abilitati all’intermediazione”
sono necessari anche i requisiti di professionalità, operando essi per conto dei terzi 118 .
La società di gestione: funzioni e compiti
Le peculiarità strutturali della società di gestione, rispetto al modello societario “ordinario”,
dovrebbero essere giustificate dalle funzioni svolte. Queste – come abbiamo accennato sopra – sono
definite di interesse generale, in quanto volte a garantire l’unicità di funzionamento della
piattaforma telematica.
I compiti attribuiti a Borsa merci telematica scpa ed elencati all’art. 8 quarto comma del decreto
174/2006 devono dunque intendersi come funzionali al perseguimento di questo fine e sono infatti
quello di predisporre e amministrare la piattaforma telematica, assicurandone uniformità di accesso
e di gestione; proporre alla Deputazione nazionale i regolamenti speciali di prodotto (che deve però
predisporre secondo lo schema e i criteri generali formulati dalla Deputazione nazionale stessa);
adottare le prescrizioni “date” 119 dalle linee direttrici in materia di sicurezza informatica,
riconosciute idonee a livello nazionale e comunitario per i servizi della pubblica amministrazione, e
provvedere alla rilevazione e alla diffusione delle informazioni secondo criteri di correttezza e
trasparenza.
Inoltre essa deve verificare, anche con il supporto delle Camere di commercio, il possesso dei
requisiti richiesti per l’abilitazione all’intermediazione relativamente ai soggetti appartenenti alla
prima categoria di soggetti abilitabili (cioè agenti di affari in mediazione, agenti e rappresentanti di
commercio del settore agricolo, agro-alimentare ed ittico); fornire ai soggetti abilitati
all’intermediazione i servizi relativi all’accesso, alla negoziazione e alla rilevazione delle
informazioni presenti sulla piattaforma telematica; determinare i corrispettivi a essa dovuta dai
soggetti abilitati all’intermediazione; proporre alla Deputazione nazionale l’ammontare dei depositi
cauzionali infruttiferi che devono versare i soggetti abilitati all’intermediazione (ex art. 4, comma 1,
lettere a) e b) 120 ; fornire alle Camere di commercio i servizi in materia di prezzi, alla formazione,
alla promozione e al supporto organizzativo e tecnico; proporre alla Deputazione nazionale un
regolamento generale recante le modalità organizzative e di funzionamento per l’attuazione del
regolamento, dotandosi di un assetto organizzativo idoneo all’assolvimento dei compiti ad essa
attribuiti e delle direttive impartite dalla Deputazione nazionale.
Il Regolamento generale adottato dalla Deputazione Nazionale non solo specifica i compiti della
società di gestione, ma anche li corregge marginalmente, ad opera dell’art. 11: si aggiunge infatti a
quanto disposto dall’art. 8 del Regolamento ministeriale che la società di gestione deve dotarsi di un
118 È anche possibile ritenere che i funzionari camerali possano non essere in possesso dei requisiti di professionalità e
quindi richiederli significherebbe chiedere ai soci di rinunciare alla nomina negli organi direttivi di persone espressione
del loro mondo, ciò che costituirebbe un sacrificio forse eccessivo a fronte di un modesto ipotetico beneficio..
119
Così testualmente il decreto.
120
Si noti che nella fase iniziale corrispondente al periodo transitorio di 24 mesi disciplinato dall’art. 10 del
regolamento 6 aprile 2006 per promuovere l'utilizzo della piattaforma telematica parte degli operatori, i soggetti abilitati
all'intermediazione, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b) (cioè agenti di affari in mediazione e agenti e
rappresentanti di commercio del settore agricolo, agroalimentare ed ittico e società di capitali costituite da: agenti di
affari in mediazione e agenti e rappresentanti di commercio del settore agricolo, agroalimentare ed ittico, organizzazioni
professionali presenti o rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, gli imprenditori di cui agli
articoli 2135 e 2195 c.c., gli imprenditori della pesca, le organizzazioni di produttori agricoli di cui agli articoli 2 e 5 del
decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, le società cooperative e i loro consorzi delle filiere agricola, agroalimentare
ed ittica), sono stati esentati dal versamento del deposito cauzionale infruttifero a carico del bilancio dello Stato.
65
proprio codice di autodisciplina e di adeguate procedure interne cui gli organi di amministrazione,
direzione e controllo, i dirigenti, i quadri e i dipendenti devono attenersi (art. 11 lettera d); che deve
fornire ausilio alle attività di vigilanza della Deputazione Nazionale (art. 11 lettera e) e infine, forse
un poco pleonasticamente, che nell’esercizio della sua attività essa è tenuta a rispettare, ed eseguire
diligentemente, quanto previsto nel Regolamento generale e nelle disposizioni dettate dalla
Deputazione Nazionale (art. 11 secondo comma). Si ampliano anche le competenze in materia di
verifica del possesso dei requisiti richiesti per l’abilitazione all’intermediazione, che vengono
riferite non più solo agli agenti di affari in mediazione, agenti e rappresentanti di commercio del
settore agricolo, agro-alimentare ed ittico, ma a tutti i soggetti abilitati all’intermediazione, anche se
evidentemente le verifiche che la società può eseguire più ragionevolmente sono quelle relative ai
primi soggetti piuttosto che agli altri e ci riferisce non tanto le società di capitali costituite per
l’intermediazione telematica, quanto alle SIM e agli altri intermediari finanziari dell’ultima
categoria. La richiesta di verifica dei requisiti nei confronti di soggetti vigilati è, naturalmente, più
un tributo al desiderio di dare importanza al soggetto che la risposta ad un bisogno effettivo. Per
definizione gli esponenti aziendali delle imprese di investimento che abbiano perso i requisiti sono
rimossi dall’incarico, pena il commissariamento della società, quindi il controllo è già effettuato da
chi è più vicino ai soggetti.
La società consortile viene strutturata come uno strumento di rafforzamento delle competenze
camerali nell’ambito delle Borse Merci e dei prezzi 121 , ad essa lo statuto ed il regolamento
(chiamiamolo “interno/societario”) assegnano il compito – oltre che di realizzare e gestire una
Borsa Merci Telematica - di realizzare un unico archivio informatico nazionale denominato Area
Prezzi, dove raccogliere e valorizzare tutte le rilevazioni camerali dei prezzi e di Borsa dei prodotti
agroalimentari 122 .
La funzione di supporto della società alle Camere di commercio è evidente nell’offerta dei servizi in
materia di rilevazione e diffusione dei prezzi, formazione, promozione e supporto organizzativo e
tecnico. Le modalità ed i criteri in base ai quali il Consiglio di Amministrazione possa richiedere ai
singoli Soci consorziati il versamento di contributi in denaro commisurati alle finalità consortili
previsti dall’art. 2615 – ter cod. civ. per l’accesso a questi servizi sono determinati (ai sensi
dell’articolo 30 dello Statuto) con apposito regolamento, approvato dall’Assemblea su proposta del
Consiglio di Amministrazione. In proposito il regolamento distingue tra servizi obbligatori e servizi
a richiesta: tra i primi rientrano la fruizione di una unica piattaforma telematica di contrattazione dei
prodotti agricoli, agroalimentari ed ittici, a livello nazionale; la regolamentazione dei mercati,
attraverso appositi regolamenti speciali di prodotto, in materia di tutela del mercato e della
concorrenza; l’accreditamento gratuito, per tutto il periodo transitorio (di cui all’art. 10 del Decreto
del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali del 6 aprile 2006), previa verifica degli opportuni
requisiti, dei soggetti abilitati all’intermediazione e degli operatori iscritti presso le Camere di
commercio; la fornitura di accessi gratuiti alle contrattazioni telematiche da postazioni remote,
tramite una unica piattaforma telematica anche al solo fine di conoscere l’andamento del mercato
nazionale; la rilevazione degli scambi e dei prezzi realizzati, in tempi rapidi e in modo oggettivo,
con una conseguente maggiore efficienza e trasparenza dei mercati; le analisi statistiche sui
quantitativi scambiati e sui prezzi quotati relativi alle contrattazioni concluse tramite la piattaforma
telematica che consentono di ampliare l’offerta di strumenti di conoscenza dell’economia nazionale,
già in possesso della pubblica amministrazione camerale, unici per ampiezza di contenuti e
121
In tal senso si veda la premessa al regolamento interno e l’art. 1 dello stesso, nonché l’art. 1 dello Statuto della
società laddove si afferma che la società consortile è costituita per realizzare e gestire un mercato telematico e “tutti i
servizi informativi connessi, rafforzando così le competenze camerali nell’ambito delle borse merci e dei prezzi” e l’art.
4 comma 1 “la società consortile rafforza le competenze camerali nell’ambito delle borse merci e dei prezzi, creando un
mercato efficiente e razionale, determinando in tempo reale e in modo trasparente i prezzi e realizzando un’unica Area
prezzi dove raccogliere e valorizzare tutte le quotazioni camerali e di mercato dei prodotti agroalimentari”.
122
Nello statuto (art. 4) è previsto come oggetto della società oltre che la realizzazione e gestione di un mercato
telematico, anche la “progettazione e realizzazione di software necessari per la gestione del mercato telematico e servizi
connessi” .
66
accessibilità delle informazioni; formazione ed assistenza al personale camerale, in merito
all’accesso e all’utilizzo della Borsa Merci Telematica Italiana; la comunicazione per via telematica
degli estremi dei soggetti abilitati a operare attraverso la Borsa Merci Telematica Italiana, al fine di
inserire tale informazione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e la
comunicazione delle eventuali cessazioni o sospensioni.
Sono invece servizi a richiesta e quindi a pagamento quelli elencati all’art. 3, ai quali cioè i Soci,
possono accedere per il tramite della Società consortile, previa specifica richiesta di preventivo,
consistenti nella presenza in loco del personale della Società Consortile per informare,
sensibilizzare, formare e assistere i potenziali fruitori della Borsa Merci Telematica Italiana; il
supporto all’organizzazione di convegni, presentazioni ed altre forme di promozione della Borsa
Merci Telematica Italiana nei confronti di operatori, di associazioni di categoria ed altri soggetti
interessati; la messa a disposizione del materiale di promozione sulla Borsa Merci Telematica
Italiana, da personalizzare in funzione delle esigenze dei Soci e da distribuire al fine di informare i
soggetti interessati sui servizi erogabili; l’organizzazione di corsi marketing per l’acquisizione di
strumenti teorico-pratici relativi al marketing strategico e operativo, utili anche alla promozione
della Borsa Merci Telematica Italiana; l’inserimento, all’interno della Borsa Merci Telematica
Italiana, di un’ulteriore categoria di prodotto, che gli operatori accreditati potranno contrattare, e la
predisposizione di tutte le attività ad esso propedeutiche (studio di mercato ed analisi preliminare
sulla applicabilità della telematica per ciascuna categoria di prodotto richiesta, costituzione e
coordinamento di un Comitato di Filiera, eventualmente preceduto dalla costituzione di un
Comitato Tecnico Locale,etc.); la realizzazione di un sistema di gestione dei pagamenti interbancari
e un meccanismo di garanzia del credito, da applicare alle contrattazioni effettuate tramite la Borsa
Merci Telematica Italiana; la realizzazione di studi sull’utilizzo di ulteriori forme contrattuali (quali
ad esempio i future) e sui conseguenti adempimenti necessari (Cassa di compensazione e garanzia,
formazione di soggetti abilitati all’intermediazione, ecc.); l’applicazione della Borsa Merci
Telematica a livello comunitario ed extra-comunitario, a favore anche della promozione dei prodotti
tipici italiani all’estero; la realizzazione di un sistema di tracciabilità di formazione del prezzo, per i
prodotti che verranno scambiati all’interno della Borsa Merci Telematica, che consenta un
monitoraggio dei flussi commerciali dei prodotti scambiati, a favore di una maggiore trasparenza e
sicurezza alimentare.
Un discorso a parte meritano i servizi 123 connessi con la creazione da parte della società di gestione
e la tenuta dell’archivio informatico nazionale “Area Prezzi”, di questi alcuni rientrano tra quelli
obbligatori, altri invece tra quelli a richiesta 124 .
123
Si tratta dei servizi di i) accesso alla banca dati nazionale contenente le rilevazioni prezzi di tutte le Camere di
commercio tempestivamente aggiornate; visualizzazione grafica degli andamenti delle rilevazioni prezzi nel tempo per
singolo prodotto; confronti tra le rilevazioni prezzi delle Camere di commercio grazie al listino omogeneo che permette
di difendere le tipicità di prodotto e di rilevazione dei prezzi a livello locale, garantendo nel contempo la confrontabilità
a livello nazionale; confronti tra le rilevazioni prezzi camerali e le quotazioni della BMTI su tutte le piazze; analisi
statistiche dei dati relativi all’archivio nazionale dei prezzi del sistema camerale che consentono di ampliare l’offerta di
strumenti di conoscenza dell'economia nazionale, anche tramite strategiche integrazioni con la banca dati del registro
delle imprese; formazione ed assistenza rivolta al personale camerale in merito all’accesso e all’utilizzo dell’Area
Prezzi.
124
Ai sensi dell’art. 3 i Soci possono richiedere alla Società consortile i seguenti ulteriori servizi relativi all’archivio
nazionale informatico nazionale “Area Prezzi”, previa specifica richiesta di preventivo: creazione di listini “omogenei”
dei diversi comparti dell’agroalimentare consentendo così la confrontabilità e l’analisi dell’andamento delle rilevazioni
prezzi delle Camere di commercio, pur difendendo le tipicità locali e i particolari sistemi di rilevazione dei prezzi. Per la
creazione di ogni listino omogeneo verrà consultato un Comitato Tecnico di esperti coordinato dalla Borsa Merci
Telematica Italiana che risolverà le criticità emerse dall’analisi dei bollettini ufficiali e delle comunicazioni prezzi, quali
ad esempio le differenze del periodo di rilevazione, le diverse denominazioni, le caratteristiche qualitative collegate allo
specifico prodotto e i discordanti metodi di rilevazione; redazione mensile di report contenenti analisi aggregate delle
rilevazioni prezzi camerali ed informazioni esclusive su andamento dei prezzi, superfici coltivate, prodotti scambiati,
eventi che hanno condizionato le produzioni e aggiornamenti relativi alla legislazione nazionale e comunitaria del
settore agricolo. Verranno, inoltre, predisposti studi personalizzati in grado di rispondere alle diversificate esigenze di
interpretazione ed analisi delle dinamiche socioeconomiche del territorio, quali ad esempio analisi per prodotti/settori,
67
Il modello di business della società si basa sul pagamento da parte dei soggetti consorziati di un
contributo annuale che consente loro di avere accesso e di usufruire dei servizi denominati
“obbligatori”, messi a disposizione degli operatori dalla borsa telematica. La determinazione del
contributo alla società 125 (art. 30 dello Statuto), è rimessa, con cadenza biennale, all’Assemblea
ordinaria su proposta del Consiglio di Amministrazione secondo i criteri indicati dall’art. 4 del
regolamento interno. Questo prevede sei classi contributive: alla prima sono assegnate di diritto le
Unioni Regionali delle Camere di commercio, alla quarta i consorzi e le società consortili costituite
da Camere di commercio, da Unioni Regionali delle Camere di commercio e da organismi di diritto
pubblico e alla sesta l’Unione Nazionale delle Camere di commercio e i restanti organismi di diritto
pubblico. Ciascuna Camera di commercio consorziata invece dovrà il contributo in ragione del
numero di imprese registrate (e quindi a seconda della classe contributiva in cui rientrerà). Nel
determinare in concreto l’ammontare del contributo l’Assemblea della società dovrà valutare quanto
è prevedibilmente necessario al raggiungimento delle finalità statutarie ed adottare criteri “idonei a
salvaguardare l’equilibrio economico finanziario della Società, tenuto conto delle dimensioni, anche
in prospettiva evolutiva, delle attività svolte dalla Società stessa”.
Non sono coperti da questa entrata i servizi non obbligatori, per i quali i Soci devono corrispondere
alla Società un corrispettivo determinato in base allo specifico preventivo, presentato dalla Società
Consortile e accettato dal Socio stesso al momento della richiesta del servizio.
In pratica la borsa telematica è “sostenuta economicamente” dalla società consortile che la gestisce
e dunque dai soci che sono enti esponenziali delle categorie economiche a vario titolo interessate al
funzionamento della piazza telematica.
La differenza rispetto ai normali mercati borsistici consiste nella mancanza del pagamento di una
quota percentuale variabile su tutte le negoziazioni effettuate e concluse attraverso il canale
telematico. La scelta di non fare pagare una fee sulle contrattazioni concluse è stata dettata dalla
volontà di favorire, anche dal punto di vista dell’economicità l’accesso degli operatori alla borsa
telematica.
Probabilmente in futuro il modello di pricing verrà modificato, con l’introduzione di una quota
variabile in funzione del numero di mercati su cui l’intermediario intenderà operare ed in funzione
del numero di contrattazioni concluse 126 .
per provincia/regione/area geografica, ecc.; predisposizione di un sistema di indicatori in grado di evidenziare le
modalità di formazione del valore lungo le filiere, e il formarsi e lo svilupparsi delle capacità competitive, combinando i
diversi aspetti economici e non economici (organizzativi e sociali). Tali analisi verranno svolte anche grazie alla
collaborazione con Università e centri di ricerche italiani ed esteri, già sperimentata per alcune progetti; analisi e
valutazione dei fattori che favoriscono il contenimento o la crescita dei processi inflativi; elaborazione in una serie
storica del livello di prezzo per prodotto emergente dalle rilevazioni camerali e dalle quotazioni BMTI, rappresentabile
graficamente attraverso l’andamento dei livelli dei prezzi dell’anno corrente rapportati a quelli dell’anno precedente,
con aggiunta delle quotazioni della BMTI; costruzione di un indice sintetico nazionale per le categoria di prodotti
quotati dalle Camere di commercio, a partire dal comparto dei cereali; analisi e confronti con i principali mercati
internazionali soprattutto in funzione della grande trasformazione che sta vivendo nel corso degli ultimi anni il settore
agricolo in merito a questioni quali igiene e sicurezza alimentare, riforma PAC, mercato globale, prezzi, allargamento
dell’Unione Europea a Paesi dell’Europa Centro-Orientale, riforma all’interno del settore della ricerca, ecc.;
elaborazione di consensus panel finalizzati al reperimento di stime future su produzione, import, export e prezzi a
livello nazionale ed internazionale allo scopo di rispondere alla necessità degli operatori di avere a disposizione
informazioni di qualità che li aiutino ad assumere decisioni efficaci e efficienti. A tal proposito la Borsa Merci
Telematica si avvarrà anche della competenza di Istituti di Ricerca e Sviluppo, Università ed enti che operano nel
settore, con i quali ha già avviato rapporti professionali e scientifici; valorizzazione del patrimonio informativo sui
prezzi dei Soci, grazie alla diffusione di dati ed elaborazioni statistiche tramite importanti media di settore, e
conseguente predisposizione di una rassegna stampa delle pubblicazioni da inviare agli stessi Soci.
125
Le modalità di versamento del contributo sono comunicate ai singoli Soci con lettera raccomandata con avviso di
ricevimento o con altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento, quali il fax con conferma di
ricezione o la e-mail certificata.
126
Ad esempio sotto la veste di offerta di un servizio aggiuntivo, si è trovato il modo di far pagare agli operatori una
percentuale sul valore del contratto: si tratta del c.d. servizio “mercato telematico sicuro”: offre l’opportunità ai
venditori che operano sulla piattaforma telematica, di concludere contratti telematici sicuri, nel senso che viene
garantita la copertura percentuale dell’85% del valore del contratto telematico: trattandosi di un servizio che deve essere
68
Nel frattempo (fino al 31 maggio 2009) l’accesso alla Borsa telematica resta gratuito per tutti:
soggetti accreditati e soggetti abilitati e anche una volta terminata la fase interinale, dopo cioè che
rimarranno come unici operatori gli operatori abilitati, anche per questi è previsto che l’unico costo
da sostenere sia la tassa di concessione governativa (di 168 euro) dovuta per l’iscrizione all’elenco
dei soggetti abilitati all’intermediazione (SAI) tenuto dalla Deputazione Nazionale.
richiesto l’operatore può scegliere di non avvalersi di questa facoltà e quindi non pagare, ma chi lo richiede deve pagare
a favore del soggetti abilitato all’intermediazione un corrispettivo dello 0,23% sul valore del contratto (IVA inclusa, ma
esclusi gli eventuali costi di inserimento e di perfezionamento del contratto telematico da parte del S.A.I.).
69
Capitolo 4- la disciplina della borsa merci telematica
Il nuovo regolamento generale “per il funzionamento del sistema telematico delle borse merci
italiane”
Sulla falsa riga di quanto avviene per le borse merci tradizionali, anche nel caso della borsa merci
telematica si è prevista una regolamentazione basata su un regolamento generale (il già citato d.m. 6
aprile 2006 n. 174, duplicato poi dal Regolamento generale della BMTI approvato dalla
Deputazione Nazionale127 ), e una serie di regolamenti speciali di prodotto: con il primo si dettano le
norme sull’accesso e sul funzionamento del mercato telematico 128 , e con i secondi, emanati appunto
per ogni singolo prodotto 129 , si definiscono le condizioni di contrattazione per via telematica, le
caratteristiche merceologiche del prodotto, le condizioni di pagamento, le condizioni di consegna ed
eventuali eventi successivi alla conclusione del contratto che possano incidere sulla esecuzione del
medesimo.
La differenza fondamentale è però data dal fatto che ora Regolamento Generale e Regolamenti
Speciali di Prodotto non disciplinano più la singola piazza fisica, ma riguardano tutte le operazioni
svolte sull’intero mercato telematico130.
Poter quindi contare su un Regolamento Generale nel quale si definiscono sia la disciplina generale
del mercato borsistico che le regole per l’ammissione alle negoziazioni e, contestualmente sui
Regolamenti Speciali, tanti per quante sono le categorie merceologiche ammesse alla negoziazione,
permette di avere una disciplina uniforme in materia di formazione dei prezzi, modalità di
consegna, risoluzione delle controversie eccetera.
Il quadro delle “fonti” che disciplinano complessivamente la Borsa merci telematica è articolato sul
modello di quello delle borse merci tradizionali ed è composto a discendere dal d.m. 6 aprile 2006
n. 174131 e dal Regolamento generale della Borsa merci telematica italiana, adottato ai sensi del
d.m. 6 aprile 2006, n. 174 e approvato con delibera della Deputazione Nazionale (approvato nella
riunione dell’11 gennaio 2007 e modificato negli art. 26 e 38 nella riunione del 24 ottobre
2007)132.
127
Il Regolamento generale, ai sensi dell’art. 1 dello stesso, disciplina gli organi della Borsa Merci Telematica Italiana,
definendone i compiti; le condizioni e le modalità di ammissione alle negoziazioni sulla Borsa Merci Telematica
Italiana; le attività di vigilanza e di controllo e le modalità di accertamento delle violazioni e la pubblicazione e
diffusione delle informazioni e dei provvedimenti.
128 Anche se il regolamento si riferisce solo ai prodotti agricoli, agroalimentari ed ittici, di fatto copre l’intero
panorama delle merci tradizionalmente trattate nelle borse merci nazionali.
129
I Regolamenti Speciali di Prodotto adottati dalla Deputazione Nazionale sono quelli relativi a: Farine Vegetali di
Estrazione (24 ottobre 2007), Granoturco Secco (24 ottobre 2007), Semi di Girasole (24 ottobre 2007), Semi di Soia (24
ottobre 2007), Sfarinati di Frumento Duro (24 ottobre 2007), Cereali Minori (24 ottobre 2007), Frumento Tenero (24
ottobre 2007), Sottoprodotti della Macinazione (19 febbraio 2008), Farine di Frumento Tenero (19 febbraio 2008),
Frumento Duro (19 febbraio 2008), .
130
In tal senso credo debbano leggersi alcune affermazioni presenti nei documenti di presentazione di BMTI nei quali si
afferma che uno degli obiettivi o uno dei meriti della società di gestione è quello di “regolamentare i mercati del settore
Agricolo, Agroalimentare ed Ittico, attualmente privi di un inquadramento normativo”. In tal senso si vedano i vari
documenti presenti sul sito di BMTI. Ugualmente si è espresso Annibale Feroldi, direttore della Borsa Merci
Telematica Italiana, all’epoca dell’entrata in funzione di BMTI, affermando che “la Borsa merci telematica italiana si
propone di regolamentare i mercati del settore agricolo, agroalimentare ed ittico attualmente privi di un inquadramento
normativo”.
131
Le finalità del Regolamento ministeriale sono, ai sensi dell’art. 2, quelle di disciplinare il funzionamento della Borsa
merci telematica italiana, individuando le modalità di accesso, i soggetti abilitati all'intermediazione, le tipologie di
contrattazioni telematiche e la regolamentazione dei mercati e di stabilire le modalità di vigilanza e di supporto della
Borsa merci telematica italiana tramite appositi organi.
132
Oggetto del Regolamento generale, come precisa il primo articolo dello stesso, è quello di stabilire le condizioni e le
modalità di organizzazione e funzionamento della Borsa Merci Telematica Italiana ed in particolare di disciplinare: “a)
gli Organi della Borsa Merci Telematica Italiana, definendone i compiti; b) le condizioni e le modalità di ammissione
alle negoziazioni sulla Borsa Merci Telematica Italiana; c) le attività di vigilanza e di controllo e le modalità di
accertamento delle violazioni; d) la pubblicazione e diffusione delle informazioni e dei provvedimenti.”
70
La regolamentazione dei mercati telematici è completata dalle Disposizioni Generali, che
disciplinano le modalità di accesso e di negoziazione sulla piattaforma telematica. A questa
disciplina generale si aggiunge quella dettata per i singoli prodotti – come abbiamo detto – dai
regolamenti speciali133.
Infine, per avere un quadro completo della disciplina dell’operatività della Borsa merci telematica,
occorre fare riferimento al Regolamento della Borsa merci telematica italiana S.c.p.A., sistema di
norme che non trova un corrispondente nell’antico modello delle Borse.
Gli Organi della Borsa Merci Telematica Italiana
Il Regolamento ministeriale delinea al titolo terzo gli “organi” della Borsa merci telematica italiana
che vengono individuati in una Deputazione Nazionale (art.7), nella società di gestione (art. 8) e
nelle Camere di commercio (art. 9). Abbiamo già parlato della società di gestione, che si configura
come il soggetto che non solo predispone, organizza e gestisce la piattaforma telematica, ma anche
svolge un importante ruolo propulsivo, avendo il potere di proposta (sentiti gli operatori della filiera
riuniti in appositi comitati) in materia di regolamenti speciali di prodotto ( adottati poi dalla
Deputazione Nazionale).
Secondo quanto disposto dal regolamento ministeriale, La Deputazione Nazionale è l’organismo
che esercita funzioni di vigilanza e di indirizzo generale della Borsa merci telematica italiana, è
composta da sette componenti, di nomina formalmente ministeriale (Ministro delle politiche
agricole e forestali), ma tre rappresentanti sono designati dall'Unioncamere, in rappresentanza delle
Camere di commercio, socie della società di gestione134.
L’attività di indirizzo (come esplicitato nell’art. 28 del regolamento) si concretizza nell’adozione
del Regolamento Generale della Borsa Merci Telematica Italiana (nel quale vengono anche
disciplinate le modalità di funzionamento della Deputazione Nazionale), nella predisposizione degli
schemi e dei criteri generali di redazione dei Regolamenti speciali di prodotto, che dovranno
guidare la società di gestione nell’elaborare gli stessi ed infine nell’ adozione dei Regolamenti
speciali di prodotto proposti dalla società di gestione. Si ripropone un tipo di interazione tra soggetti
che ricorda quelli tra CICR e Banca d’Italia in materia di vigilanza regolamentare in ambito
bancario 135 anche se non è chiara la ratio.
Nella distribuzione delle responsabilità all’interno della Deputazione sembra si sia cercato un
continuo bilanciamento di poteri: la presidenza è stata attribuita ad uno dei due rappresentanti del
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, la sede e la segreteria è stato disposto che fossero
istituite presso Unioncamere e sia è scelta la via di richiedere che i compiti siano svolti
“collegialmente”. (art. 7 comma 4).
D’altra parte gli oneri derivanti dal funzionamento della Deputazione Nazionale gravano sugli
ordinari stanziamenti del bilancio dell'Unioncamere (art. 7 comma 5).
La Deputazione adotta i regolamenti, ma cooperando con diversificata intensità con la società di
gestione: adotta autonomamente solo il regolamento sulle proprie modalità di funzionamento (ed è
comprensibile); il Regolamento generale per l'attuazione del regolamento ministeriale, viene invece
adottato dalla Deputazione su proposta della società di gestione, e quelli speciali di prodotto
vengono adottati su proposta della società di gestione (sentiti i comitati di filiera), che però deve
133
I Regolamenti Speciali di Prodotto sono adottati secondo quanto disposto nell'art. 7, d.m. 6 aprile 2006, n. 174 dalla
Deputazione Nazionale, su proposta della società di gestione e descrivono le caratteristiche qualitative delle categorie di
prodotto negoziabili all'interno della piattaforma telematica. Il Regolamento generale li definisce “Disciplinari che
indicano le condizioni di negoziazione telematica, le caratteristiche merceologiche del prodotto, le condizioni di
pagamento e di consegna/ritiro e qualsiasi altro evento o fatto successivo alla conclusione del contratto che possa
incidere sull’esecuzione del medesimo.”
134
Gli altri componenti sono due rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali, uno dei quali con
funzioni di presidente, un rappresentante del Ministero delle attività produttive e un rappresentante della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. I componenti della
Deputazione Nazionale restano in carica tre anni e possono essere riconfermati.
135 Commento all’art. 53 del TUB ….
71
seguire lo schema e i criteri generali di redazione formulati dalla Deputazione. Infine, anche la
determinazione sull'ammontare del deposito cauzionale infruttifero spetta alla Deputazione
Nazionale, ma su proposta della società di gestione.
La Deputazione ha poi il compito di “omogeneizzare le modalità di negoziazione e di realizzazione
di forme di sicurezza e di garanzia delle transazioni sul territorio nazionale”. In questo caso essa
sembra svincolata dalla proposta della società di gestione, così come nella determinazione dei
provvedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti abilitati all'intermediazione che abbiano violato
il regolamento, i regolamenti speciali di prodotto, le disposizioni e/o la deontologia professionale.
Gli unici compiti “amministrativi” della Deputazione sono quelli attinenti alla tenuta dell’elenco dei
soggetti abilitati all'intermediazione e all’iscrizione nello stesso dei soggetti abilitati
all'intermediazione (limitatamente a quelli di cui all’art. 4, comma 1, lettere a) e b))
Nel Regolamento adottato dalla Deputazione queste indicazioni di massima vengono dettagliate: ad
esempio l’art. 5 stabilisce (lettera e)) che la Deputazione Nazionale adotti il codice interno di
comportamento della società di gestione e in ordine alla determinazione dei provvedimenti
disciplinari aggiunge, oltre a quelli nei confronti dei soggetti abilitati all’intermediazione che
abbiano violato il Regolamento generale, i Regolamenti speciali di prodotto, le disposizioni e/o la
deontologia professionale, anche quelli nei confronti della società di gestione.
Per la valida costituzione della Deputazione Nazionale è richiesto l’intervento della maggioranza
dei componenti e per deliberare è richiesta la maggioranza dei presenti (unica eccezione le ipotesi di
cui al successivo art. 28, per le quali è richiesto il voto favorevole di almeno cinque membri)136.
La convocazione spetta al presidente di sua iniziativa, ma può essere richiesta anche da almeno un
terzo dei componenti137, quindi, ad esempio, i tre membri designati da Unioncamere hanno il
potere di far convocare la Deputazione Nazionale e di determinare l’ordine del giorno ponendosi su
un piano di potere equivalente a quello attribuito al presidente, che è uno dei due membri di nomina
del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali).
L’ultimo tra gli “organi” della Borsa merci telematica italiana previsto dal Regolamento
ministeriale sono le Camere di commercio, alle quali viene dedicato un solo articolo (art. 9) 138 per
precisare quali sono i loro compiti in relazione alla BMTI: apparentemente non hanno un ruolo se
non sotto il coordinamento di Unioncamere; in realtà poi ciascuna decide autonomamente il livello
di partecipazione alla Borsa merci telematica (tant’è che non tutte le Camere di commercio sono
socie di BMTI S.c.p.A.). Il primo ruolo delle Camere di commercio è quello di socio della società di
gestione; a questo si aggiungono una serie di compiti in certo senso strumentali consistenti in
attività di supporto a favore della società di gestione (attività che è eventuale e da svolgere su
richiesta) in ordine alla verifica dei requisiti dei soggetti che accedono alla Borsa merci telematica
italiana; in attività di sostegno ai soggetti abilitati all’intermediazione nell’accesso ai servizi della
Borsa merci telematica italiana; nella pubblicazione attraverso i propri bollettini ufficiali dei prezzi,
degli esiti delle negoziazioni avvenute nella Borsa merci telematica italiana; e infine ultimo ma
importantissimo per l’affermarsi di una piazza telematica, specialmente tra operatori potenzialmente
poco avvezzi alle contrattazioni telematiche, nella promozione (anche attraverso le organizzazioni
imprenditoriali e le categorie professionali) di una specifica attività di comunicazione in favore
della Borsa merci telematica italiana.
Completano il quadro dei soggetti coinvolti nella regolazione della Borsa merci telematica i
Comitati di filiera, incidentalmente previsti nel Regolamento ministeriale e che sono poi disciplinati
nel Regolamento generale nella parte seconda, quella cioè dedicata alla disciplina dei mercati
telematici, dove si individuano appunto anche i compiti e il funzionamento dei Comitati di filiera.
Il motivo di questa collocazione è che le attribuzioni di questi comitati sono consultivi e propositivi
rispetto alla adozione della disciplina dei mercati, si è quindi accentuato il ruolo svolto da questi
136
Articolo 7 del Regolamento generale adottato dalla Deputazione Nazionale.
Articolo 6 del Regolamento generale adottato dalla Deputazione Nazionale.
138 Anche nel Regolamento generale a queste è dedicato un solo articolo (l’art. 12) che riproduce l’art. 11 del
Regolamento ministeriale.
137
72
organismi nell’attività di adozione dei regolamenti di mercato piuttosto che l’aspetto soggettivo,
tanto più che non essendo “Organi” della BMTI non si potevano far rientrare nella parte precedente
del regolamento. Sono piuttosto organi di supporto della società di gestione nella predisposizione
dei Regolamenti speciali (che la società predispone e propone alla Deputazione Nazionale al fine
della adozione), sono istituiti per ogni categoria di prodotto, dal Consiglio di Amministrazione della
società di gestione presso una Camera di commercio socia, indicata dalla società di gestione come
sede operativa del Comitato di filiera139. Questa deve prestare tutti i mezzi ed i servizi di
segreteria140 necessari al fine di garantire la buona funzionalità del Comitato medesimo, in
coordinamento con la società di gestione. Poiché la scelta di una Camera di commercio come sede
del Comitato di filiera non comporta solo per la stessa gli oneri di segreteria, ma anche assicura un
ruolo determinante nella regolazione del singolo mercato di prodotto, in quanto ad esempio è la
Camera di commercio sede del comitato che propone per la nomina sia il Presidente del Comitato di
Filiera che tutti i componenti (nominati poi dal Consiglio di Amministrazione della società di
gestione), la sede del comitato dovrebbe essere di norma stabilita presso la Camera di commercio
dove il prodotto per cui il comitato è competente è ritenuto strategicamente rilevante.
Una volta costituito, il Comitato di filiera svolge compiti di consulenza e di assistenza tecnica a
favore della società di gestione, con una connotazione decisamente “propositiva”: infatti è previsto
che proponga al Consiglio di Amministrazione della società di gestione il Regolamento speciale di
prodotto; che fornisca informazioni e pareri tecnici in merito alla funzionalità delle negoziazioni
telematiche; e che formuli proposte per la migliore organizzazione dei servizi della Borsa Merci
Telematica Italiana e lo sviluppo degli stessi. Vero che queste due ultime attribuzioni sono svolte
“su richiesta del Consiglio di Amministrazione della società di gestione” e non motu proprio, ma
non dimentichiamo il peso che le categorie economiche hanno nella storia delle Borse merci e di
quella telematica in particolare 141 .
Attualmente sono stati costituiti 25 Comitati Nazionali di filiera che hanno predisposto altrettanti
Regolamenti speciali validi a livello nazionale 142 .
139
Ex art. 15 del Regolamento generale ogni comitato è composto da un numero di membri non inferiore a cinque e non
superiore a venti. E sia il presidente che la società di gestione devono controllare che i componenti del Comitato
svolgano correttamente e diligentemente l’incarico affidato. La società può anche revocare l’incarico ai singoli
componenti dello stesso, ovvero revocare l’incarico all’intero Comitato in caso di difficoltà di funzionamento o di
inerzia. Il regolamento tace sul punto, ma i soggetti che vengono scelti per partecipare al comitato di filiera dovrebbero
essere operatori appartenenti a tutte le categorie della filiera ed esperti di mercato.
140
Direttamente o delegando il compito ad altra struttura.
141
Nel corso della fase sperimentale precedente alla creazione della BMTI era previsto un organo per certi versi simile
ai comitati di filiera (per nomina, collocazione, competenza per prodotto), ma con funzioni più vicine a quelle della
Deputazione Nazionale: infatti era denominato comitato nazionale di vigilanza, era nominato dal consiglio di
amministrazione della società Meteora per ciascuno dei prodotti trattati, era formato da persone (da 9 a 12) scelte tra gli
operatori di quello specifico settore e la sede del comitato era stabilita presso la Camera di commercio in cui il prodotto
di competenza fosse ritenuto strategicamente rilevante. I compiti del comitato erano di vigilanza e disciplinari, di
proposta e di regolazione: nel senso che il comitato avrebbe dovuto vigilare sul regolare andamento del mercato
telematico del prodotto di riferimento e sul rispetto della normativa in materia potendo adottare provvedimenti
disciplinari in caso di violazioni; inoltre aveva il compito di proporre al Consiglio di amministrazione della società il
regolamento speciale di prodotto e di “approvare” il calendario di mercato. Cfr. MATTEOLI, Commento, cit., p. 679, che
cita il sito di Meteora, ora non più visitabile.
142 Durante la fase sperimentale, diciamo nel periodo in cui la Borsa telematica è stata gestita dalla società Meteora era
previsto dall’art. 11 del regolamento generale che gli operatori al momento della sottoscrizione del contratto di
adesione, dichiarassero di accettare tanto il regolamento generale che i regolamenti speciali e si impegnavano a
sottoporre obbligatoriamente ad arbitrati, camere arbitrali e laboratori di analisi la risoluzione di eventuali controversie
sorte in dipendenza di compravendite, affari, commissioni, mediazioni svolte sul mercato telematico e a rispettare le
relative decisioni. Sul punto e sui regolamenti speciali di Meteora MATTEOLI, cit., p. 679 e MAZZO, Commento sub art.
30, nel Commentario al d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, a cura di COSTATO, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2001,
p. 870.
Oggi ex art. 21, comma 10, Regolamento generale “I soggetti richiedenti, al momento della sottoscrizione del contratto
di adesione,dichiarano espressamente di accettare il presente Regolamento ed i Regolamenti speciali di prodotto”.
73
Le attività di vigilanza e di controllo e le modalità di accertamento delle violazioni
Come abbiamo visto, le funzioni di vigilanza sulla Borsa Merci Telematica Italiana spettano alla
Deputazione Nazionale, che si avvale dell’ausilio della società di gestione (nel Regolamento – art.
29 – questo aiuto sembrerebbe funzionale ad “assicurare la trasparenza e la correttezza dei
comportamenti sul mercato”).
L’attività di vigilanza si esplica nel controllo costante sul funzionamento della Borsa Merci
Telematica Italiana che da luogo ad una sorta di vigilanza informativa, infatti l’art. 30 del
regolamento prevede che a tale scopo, possa acquisire i contratti conclusi sulla piattaforma
telematica di contrattazione e possa avvalersi anche di un resoconto periodico redatto dalla società
di gestione. La Deputazione inoltre controlla le modalità di Gestione e di accesso alla piattaforma
telematica e le procedure di accreditamento degli operatori.
Nel caso che a seguito dei controlli vengano accertate violazioni del Regolamento delle disposizioni
dettate dalla Deputazione Nazionale questa può adottare provvedimenti sanzionatori nei confronti
della società di gestione, che vanno dal richiamo scritto (nel caso in cui si tratti di una lieve
inosservanza e nei ventiquattro mesi precedenti non sia stata ravvisata la violazione della stessa
norma del regolamento) alla sanzione pecuniaria che può arrivare fino ad un massimo di diecimila
euro 143 , importo che appare decisamente di modesta entità.
La Deputazione procede di norma “di ufficio”, ma è prevista anche la possibilità (terzo comma
dell’art. 34) per i Soggetti abilitati all’intermediazione telematica (si noti non gli accreditati) di fare
segnalazioni sull’operato della società di gestione alla Deputazione Nazionale mediante
comunicazione scritta o mediante segnalazione sul sito della Borsa Merci Telematica Italiana (è
prevista un’apposita casella di posta elettronica), le segnalazioni possono consistere in semplici
lamentele o indicare presunte violazioni alle norme del Regolamento. Si noti però che i SAI sono a
propria volta soggetti all’attività di vigilanza della società di gestione che può adottare nei loro
confronti richiami scritti e sospensioni dell’accesso al mercato.
La Deputazione ha poteri sanzionatori anche nei confronti dei Soggetti abilitati alla intermediazione
telematica, i quali, in caso di inadempimento degli obblighi derivanti dal Regolamento o, in caso di
inosservanza delle norme di correttezza e diligenza che regolano la Borsa Merci Telematica
Italiana, possono incorrere nel richiamo scritto in forma pubblica; nella sospensione fino a 18 mesi
dall’accesso alla Borsa Merci Telematica (sospensione che si estende a tutti i mercati per i quali il
soggetto è abilitato a negoziare) e nei casi più gravi nella radiazione dall’elenco dei Soggetti
abilitati all’intermediazione telematica, a quest’ultimo caso provvede direttamente la Deputazione
Nazionale che è il soggetto che tiene l’albo (elenco) in cui sono iscritti i SAI, così come al richiamo
scritto che viene però reso pubblico mediante avviso sul sito della Borsa Merci Telematica Italiana,
perciò a questa fase procedurale provvede la società di gestione (alla quale la Deputazione deve
comunicare i provvedimenti adottati) così come per la sospensione dall’accesso ai mercati
telematici.
La collaborazione della società di gestione con la Deputazione nell’esercizio delle funzioni di
vigilanza non si limita alla fase esecutiva dei provvedimenti sanzionatori, infatti come si evince
dall’art 34 del regolamento la società è tenuta a vigilare sull’osservanza del Regolamento 144 da
parte dei Soggetti abilitati all’intermediazione e ad adottare i primi provvedimenti nella forma del
richiamo in forma scritta in via ordinaria, mentre in “caso di urgenza” (e dobbiamo sottintendere in
143
L’importo decisamente modesto induce a credere che non siano state ritenute necessaria misure deterrenti più dure,
probabilmente stimando bassa la propensione (o l’interesse) a violare il regolamento da parte della società di gestione.
Gli importi delle sanzioni pecuniarie sono destinati alle finalità istituzionali della Deputazione Nazionale.
144
I soggetti abilitati all’intermediazione sono tenuti in realtà non solo a rispettare il regolamento ma anche “i criteri
generali previsti dal Titolo II, Capo II, art. 21 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58”, ad attenersi alle disposizioni dei
regolamenti speciali di prodotto e alle disposizioni della Deputazione Nazionale e della società di gestione, a
comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nel rispetto della deontologia professionale e per l'integrità dei
mercati, oltre che a versare i corrispettivi determinati dalla società di gestione per i servizi della Borsa merci telematica
italiana da essa erogati (art. 4, Regolamento 174/2006). Probabilmente dunque le disposizioni del Regolamento generale
sui provvedimenti sanzionatori devono intendersi estesi alla violazione di tutti questi precetti.
74
caso di gravi rischi per il mercato in caso di mancata adozione immediata del provvedimento) la
società può (deve) inibire lo svolgimento delle negoziazioni su uno o più mercati per un periodo
non superiore a 90 giorni.
Si tratta evidentemente in questo caso non di una attività disciplinare-sanzionatoria, ma di una
misura di vigilanza. In ogni caso l’organo competente a decidere resta la Deputazione, alla quale
deve essere data immediata comunicazione del provvedimento assunto e deve essere trasmessa tutta
la documentazione necessaria, per procedere con l’ordinaria procedura di accertamento della
violazione (che deve essere avviata entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione) e la
Deputazione resta titolare del potere sanzionatorio anche per l’altra ipotesi di intervento immediato
da parte della società mediante richiamo scritto, che infatti (ai sensi del secondo comma dell’art. 34)
può essere revocato in ogni momento per ordine della Deputazione Nazionale. L’inerzia della
società di gestione nel reprimere prontamente condotte contrarie al regolamento da parte dei
soggetti vigilati è d’altro canto comportamento a propria volta sanzionabile dalla Deputazione,
posto che il regolamento impone alla società di supportare l’attività di controllo dell’organo di
vigilanza.
Non sono invece previsti strumenti di controllo nei confronti della Deputazione, per la quale nel
Regolamento non è prevista né la revoca né altra forma di controllo sull’operato (ad esempio
neppure nel caso in cui la Deputazione non assolva al dovere di riunirsi almeno quattro volte
l’anno). Ricordiamo che i componenti della Deputazione durano in carica tre anni e sono
rieleggibili solo una volta, è prevista la possibilità di rassegnare le dimissioni, ma non è
espressamente previsto l’istituto della revoca della nomina, che peraltro potrebbe colpire un
componente per responsabilità individuali, ma non per l’inerzia dell’intero organo.
Ciò detto non perde importanza la previsione di una disciplina specifica per l’accertamento delle
violazioni da parte dell’organo di vigilanza; infatti mentre è spesso difficile tutelarsi contro i
comportamenti omissivi, è sempre possibile reclamare contro l’irrogazione di misure afflittive
avvenuta al di fuori di un corretto procedimento e in particolare è previsto (ex art. 36 del
Regolamento generale) che contro i provvedimenti assunti dalla Deputazione Nazionale
nell’esercizio delle sue funzioni i soggetti interessati possano ricorrere alla “competente autorità
giudiziaria nei modi e nei tempi previsti dalla legge”.
La procedura da seguire per l’applicazione dei provvedimenti sanzionatori è la stessa tanto nei
confronti della società di gestione, che dei soggetti abilitati all’intermediazione: il termine entro cui
attivare la procedura è fissato in un anno dalla violazione, ovvero dalla data successiva in cui la
Deputazione Nazionale ne è venuta a conoscenza, ma in quest’ultimo caso comunque non oltre i
due anni dalla presunta violazione.
La procedura è avviata dalla Deputazione Nazionale con l’invio al soggetto interessato di una
comunicazione che deve contenere la descrizione dell’ipotesi di violazione e la fissazione di un
termine (non inferiore a 15 giorni per garantire il diritto di difesa) entro il quale può essere
presentata una memoria scritta e l’eventuale richiesta di audizione per un esame congiunto della
questione.
L’indicazione del provvedimento che la Deputazione Nazionale intende applicare è meramente
facoltativa e questo in realtà non agevola chi deve elaborare la propria linea difensiva e valutare
l’opportunità o meno di presentare memorie o richiedere l’audizione per l’esame congiunto.
Probabilmente questa scelta è stata operata per lasciare alla Deputazione la possibilità di decidere la
misura da adottare solo a seguito di quanto emerso dalla successiva fase di accertamento. Nel caso
la fattispecie sia già adeguatamente delineata è comunque conveniente anche per l’organo di
vigilanza indicare subito la misura che intende adottare, cosa che velocizza la procedura, perché
trascorso il termine dato per la presentazione delle memorie o per la richiesta di esame congiunto,
senza che il soggetto interessato abbia presentato una memoria scritta o la richiesta di audizione, la
Deputazione Nazionale può applicare il provvedimento se già indicato; nel caso non sia stato
indicato la Deputazione può scegliere se determinarlo in questo momento o fissare comunque una
75
data per un’audizione onde esperire l’esame congiunto della questione, comunicandola al soggetto
interessato.
Nel caso di mancata presentazione all’audizione, non dovuta da giustificati motivi, la Deputazione
Nazionale procede sulla base degli elementi sino a quel momento acquisiti.
L’interessato che richiede e/o che si presenta all’audizione ha un’ulteriore fase difensiva,
rappresentata dalla possibilità di chiedere alla fine dell’audizione un termine (che non deve essere
inferiore a 10 giorni) per la presentazione di un’ulteriore memoria scritta.
La fase decisionale, una volta acquisiti tutti gli elementi nell’ambito di una delle modalità appena
descritte (memoria scritta, audizione, ulteriore memoria successiva all’audizione) spetta come
abbiamo detto alla Deputazione che dovrà decidere entro 45 giorni (dall’audizione o dal successivo
termine per il deposito di un’ulteriore memoria ovvero, nel caso in cui tale audizione non venga
richiesta né fissata dalla Deputazione Nazionale, entro 45 giorni dalla scadenza del termine fissato
per la presentazione della memoria), concludendo una procedura nella quale la stessa si pone sia
come organo di accertamento che di decisione (doppio ruolo di dubbia legittimità).
L’Accesso al mercato
Il mercato telematico gestito da BMTI è composto da tutti gli operatori del settore e della filiera
agro-alimentare, soggetti che da sempre scambiano i loro prodotti attraverso le borse merci
tradizionali.
Mentre nelle tradizionali Borse Merci esiste la figura del mediatore, il d.m. 6 aprile 2006 n. 174,
prevede la costituzione di intermediari ufficiali che dal 29 maggio 2008 diverranno gli unici
soggetti autorizzati a svolgere le attività di intermediazione nella BMTI, rivestendo lo stesso ruolo
delle SIM nel mercato mobiliare e garantendo perciò maggiore stabilità e affidabilità ai commerci,
sulla scia di quanto avviene nei mercati borsistici internazionali.
Questa scelta di riservare l’accesso alla Borsa merci telematica esclusivamente ai soggetti abilitati
all’intermediazione 145 , è una delle novità più significative previste nella nuova disciplina della
borsa merci telematica nella quale gli operatori accreditati devono necessariamente rivolgersi per le
negoziazioni sulla Borsa Merci Telematica Italiana agli intermediari abilitati. Questi soltanto
(esaurita la fase transitoria) raccolgono e gestiscono gli ordini all’interno della Borsa Merci
Telematica Italiana, in particolare ricevono le proposte di acquisto e le proposte di vendita; le
inseriscono sulla piattaforma telematica potendole anche modificare e/o cancellare; tengono
costantemente informati gli operatori accreditati sullo svolgimento delle contrattazioni telematiche e
li assistono durante la fase della stipulazione e dell’esecuzione del contratto telematico (art. 20
secondo comma del Regolamento generale).
La scelta discende in parte dalla necessità di garantire che chi accede al mercato abbia le
competenze specifiche richieste per operare su un mercato telematico, in parte dall’adesione al
modello rappresentato dalla sistema delle borse valori che hanno preceduto le Borse merci nel
realizzare un analogo processo di informatizzazione 146 .
Mentre nelle Borse merci tradizionali si poneva il problema di disciplinare le modalità di accesso
fisico ai locali della borsa e veniva disciplinata la figura professionale del mediatore, per la Borsa
merci telematica viene disciplinato un sistema basato su operatori accreditati che devono utilizzare
per le negoziazioni i soggetti abilitati, salvo che per un iniziale periodo di 24 mesi, durante il quale,
145
Questa scelta è stata sancita dall’art. 3 del decreto 174/2006, è stato però previsto (art. 10 del medesimo decreto
174/06) un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, durante il quale “allo scopo di promuovere
l’accesso alla piattaforma telematica” è stato consentito l’accesso alla BMT anche a operatori “accreditati”.
146
Come vedremo all’interno dei soggetti abilitati si distinguono quelli che operano a termine; con l’introduzione delle
contrattazione a termine le esigenze di regolazione della borsa merci si avvicinano fino a sovrapporsi a quelle cui fa
fronte la disciplina della borsa valori e non a caso i soggetti abilitati che operano a termine operano anche nel mercato
finanziario e sono assoggettati (anche) alla disciplina del TUF.
76
sempre nella prospettiva di promuovere l’utilizzo della piattaforma telematica, è stato consentito
l’accesso alla piattaforma telematica anche agli operatori accreditati 147 .
Prima di commentare la scelta di far operare nella fase iniziale sulla piattaforma telematica
operatori che a regime dovranno invece necessariamente rivolgersi agli intermediari abilitati
chiariamo chi sono questi operatori accreditati e chi sono i soggetti abilitati all’intermediazione.
I primi sono quei soggetti che a regime devono operare tramite i soggetti abilitati, che nella fase
transitoria possono operare anche direttamente, ma che in entrambi i casi devono richiedere
l’accreditamento 148 , per ottenere il quale devono possedere alcuni dei requisiti: devono infatti avere
sede nel territorio italiano 149 , essere capaci di obbligarsi, non devono essere stati dichiarati falliti
(salvo l'eventuale riabilitazione), devono non essere stati condannati per delitti contro la fede
pubblica o contro la proprietà, ovvero per peculato, concussione, corruzione, sottrazione da luoghi
di pubblico deposito, falsa testimonianza e calunnia, devono non essere stati esclusi dalle Borse
merci né devono essere inclusi negli elenchi ufficiali dei protesti cambiari. Infine ai soggetti che
richiedono di essere accreditati è richiesta l’iscrizione nel Registro Imprese della Camera di
commercio (in alcuni registri specifici di determinate attività) 150 in modo simile, ma distinto
rispetto ai soggetti abilitati all’intermediazione ai quali è richiesta l’iscrizione nei ruoli formati dalle
Camere di commercio.
A parte comunque la parentesi della fase transitoria, durante la quale chiedere l’accredito può
servire anche per accedere alle negoziazioni, in via ordinaria la procedura di accredito è richiesta
per poter usufruire dei servizi dei soggetti abilitati.
Passando ad analizzare i soggetti abilitati all'intermediazione notiamo che la grande novità è
rappresentata dagli intermediari persone giuridiche: infatti sono soggetti abilitati
all'intermediazione, oltre agli agenti di affari in mediazione e agli agenti e rappresentanti di
commercio del settore agricolo, agroalimentare ed ittico151 , le società di capitali costituite da
147
L’art. 10 terzo comma del decreto 174/2006 non nomina però tra i soggetti che non sono tenuti a versare il deposito
cauzionale infruttifero stabilito dalla Deputazione Nazionale su proposta della società di gestione i soggetti accreditati
ma solo quelli abilitati (escluse anche le SIM).
148
“Agenti di affari in mediazione e agenti e rappresentanti di commercio del settore agricolo, agroalimentare ed ittico,
organizzazioni professionali presenti o rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, gli
imprenditori di cui agli articoli 2135 e 2195 c.c., gli imprenditori della pesca, le organizzazioni di produttori agricoli di
cui agli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, le società cooperative e i loro consorzi delle filiere
agricola, agroalimentare ed ittica.”
149
Tra i progetti da sviluppare, BMTI ne ha previsti alcuni espressamente rivolti all’internazionalizzazione, che si
propongono proprio (oltre che di adeguare i contratti alla normativa comunitaria, predisporre un sito multilingue e
provvedere alla realizzazione di un sito in italiano e inglese, di verificare il controllo dei requisiti per gli operatori
comunitari) di permettere l’utilizzo alla Borsa Merci Telematica Italiana anche ad operatori comunitari. Oltre a questo
programma di internazionalizzazione, meritano poi di essere ricordati anche quello sviluppato in collaborazione con
Uniontrasporti per lo sviluppo di servizi di logistica e quello patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali, denominato “Emergenza Mercati”, consistente in uno spazio web,finalizzato a favorire
l’incontro tra operatori professionali sui mercati caratterizzati da una eccedenza dell’offerta di prodotto. Tale progetto
dovrebbe consentire una rapida consultazione delle proposte di vendita e del relativo dettaglio, espresso in termini di
caratteristiche qualitative e di modalità di esecuzione contrattuale.
150
Per la precisione si richiede che siano iscritti nel registro delle imprese delle seguenti categorie professionali operanti
nel settore dei prodotti agricoli, agroindustriali, zootecnici, ittici e tipici:commercianti, utilizzatori compresa la grande
distribuzione, trasformatori, cooperative agricole, altri organismi associativi detentori della merce, produttori agricoli e
operatori della pesca.
151
I requisiti richiesti a questi soggetti sono: a) possedere regolare iscrizione nei ruoli formati dalle Camere di
commercio; b) essere capaci di obbligarsi; c) non essere stati dichiarati falliti, salvo l'eventuale riabilitazione; d) non
essere stati condannati per delitti contro la fede pubblica o contro la proprietà, ovvero per uno dei delitti seguenti:
peculato, concussione, corruzione, sottrazione da luoghi di pubblico deposito, falsa testimonianza e calunnia; e) non
essere stati esclusi dalle Borse merci; f) non essere inclusi negli elenchi ufficiali dei protesti cambiari, attestato da visura
nazionale dei medesimi; g) nel caso di agenti d'affari in mediazione, possedere la maggiore età, godere dei diritti civili e
politici e non esercitare il commercio relativo alla specie di mediazione da essi professata; h) non aver riportato
condanne con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione, alla reclusione per un tempo non inferiore a due
anni per un qualunque delitto non colposo; i) non essere stati sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità
giudiziaria ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive
77
soggetti operanti nel settore agricolo, agroalimentare ed ittico ed aventi determinate
caratteristiche 152 e le imprese di investimento (SIM, intermediari finanziari iscritti nell'elenco
previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario e banche autorizzate all'esercizio dei servizi di
investimento 153 ), a favore delle quali è disposta un’ulteriore riserva di attività. Infatti mentre le
prime due categorie di soggetti abilitati all’intermediazione possono generare e negoziare i contratti
modificazioni e integrazioni; l) versare un deposito cauzionale infruttifero stabilito dalla Deputazione Nazionale su
proposta della società di gestione.
152
Nel Regolamento generale si fa riferimento alle società di capitali, aventi ad oggetto attività di intermediazione
telematica, costituite in maggioranza, in termini di capitale sociale con diritto di voto in assemblea ordinaria, da: agenti
di affari in mediazione del settore agricolo, agroalimentare ed ittico; agenti e rappresentanti di commercio del settore
agricolo, agroalimentare ed ittico; organizzazioni professionali presenti o rappresentate nel Consiglio Nazionale della
Economia e del Lavoro; imprenditori di cui agli artt. 2135 c.c. e 2195 c.c.; società cooperative e loro consorzi, delle
filiere agricola, agroalimentare ed ittica; imprenditori della pesca; organizzazioni di produttori agricoli di cui agli art. 2
e 5, d. lgs. 27 maggio 2005, n. 102. Ricordiamo che l’art. 2 del decreto legislativo 2005, n. 102, disciplinando le
Organizzazioni di produttori stabilisce che:
“1. Le organizzazioni di produttori hanno come scopo principale la commercializzazione della produzione dei
produttori aderenti per i quali sono riconosciute ed in particolare di:
a) assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista
quantitativo che qualitativo;
b) concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati;
c) partecipare alla gestione delle crisi di mercato;
d) ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;
e) promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo
scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del
paesaggio e favorire la biodiversità, nonché favorire processi di rintracciabilità, anche ai fini dell'assolvimento degli
obblighi di cui al regolamento (CE) n. 178/2002;
f) assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di
vendita dei prodotti;
g) realizzare iniziative relative alla logistica;
h) adottare tecnologie innovative;
i) favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali.
2. Per la realizzazione di programmi finalizzati all'attuazione degli scopi di cui al comma 1, le organizzazioni di
produttori costituiscono fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al
valore dei prodotti effettivamente commercializzati, con possibili integrazioni di finanziamenti pubblici, in conformità a
quanto disposto in materia di aiuti di Stato, nell'ambito delle risorse allo scopo finalizzate a legislazione vigente”;
mentre l’art. 5, dedicato alle Forme associate delle organizzazioni di produttori stabilisce che: “1. Le organizzazioni dei
produttori riconosciute possono costituire una organizzazione comune, nelle forme societarie di cui all’art. 3, comma 1,
per il perseguimento dei seguenti scopi:
a) concentrare e valorizzare l'offerta dei prodotti agricoli sottoscrivendo i contratti quadro al fine di commercializzare la
produzione delle organizzazioni dei produttori;
b) gestire le crisi di mercato;
c) costituire fondi di esercizio per la realizzazione di programmi;
d) coordinare le attività delle organizzazioni di produttori;
e) promuovere e realizzare servizi per il miglioramento qualitativo e la valorizzazione del prodotto e progetti di
interesse comune per le organizzazioni associate allo scopo di rendere più funzionale l'attività delle stesse;
f) svolgere azioni di supporto alle attività commerciali dei soci, anche mediante la creazione di società di servizi.
2. Le Unioni nazionali delle organizzazioni dei produttori riconosciute alla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo, qualora perseguano gli scopi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), devono costituirsi nelle forme societarie
di cui all'art. 3, comma 1.
3. Spettano al Ministero delle politiche agricole e forestali i compiti di riconoscimento, controllo, vigilanza e sostegno
delle forme associate di organizzazioni di produttori, ai sensi dell’art. 33, comma 3, D.Lgs 30 luglio 1999, n. 300.
4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere definiti i requisiti minimi differenziati
delle forme associate di organizzazioni di produttori ai fini del loro riconoscimento”.
153
Su questi soggetti, ai quali è riservato dal testo unico sull’intermediazione finanziaria, l’esercizio professionale nei
confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento si veda R. COSTI, Il mercato mobiliare, Giappichelli,
Torino, 20085, p. 127 e ss.; M. PELLEGRINI, Le imprese di investimento, in L’ordinamento finanziario italiano a cura di
F. CAPRIGLIONE, Cedam, Padova, 2005, p. 514 e ss V. TROIANO, I soggetti operanti nel settore finanziario, ivi, p. 474 e
ss.
78
a pronta consegna e i contratti a consegna differita nel tempo, alle imprese di investimento (e agli
intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario e alle
banche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento) è ulteriormente riservata la negoziazione
dei contratti a termine.
Per le società di capitali di cui alla lettera b dell’art. 4 del decreto 174/2006 è ribadito che devono
adottare la forma di società di capitale, nel caso siano costituite nella forma di società per azioni,
devono possedere i requisiti di cui al Titolo II, Capo I, articolo 19, comma 1, punto g) del d. lgs. 24
febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza); in ogni caso devono possedere i requisiti di cui al
Titolo II, Capo I, articolo 19, comma 1, punti c), e), f) e h) del testo unico della finanza e devono
versare il deposito cauzionale infruttifero stabilito dalla Deputazione Nazionale.
Per la terza categoria dei soggetti abilitati all'intermediazione il decreto 174/2006 si limita a rinviare
ai requisiti richiesti nel testo unico della finanza, in particolare a quelli di cui al Titolo II, Capo I,
articolo 19 e di cui al Titolo II, Capo I, articoli 27, 28 e 29.
I requisiti per l’ammissione alle negoziazioni dei Soggetti abilitati all’intermediazione telematica
sono ribaditi e dettagliati nell’art. 21 del Regolamento generale 154 In pratica per la prima e l’ultima
categoria si ripete quanto stabilito dal Regolamento ministeriale. Colpisce invece come ci si
discosti dal decreto 174/2006 per la categoria di soggetti abilitati costituita dalle società costituite da
agenti e mediatori del settore agricolo, agroalimentare ed ittico e dalle associazioni agricole, per le
quali si richiedono una serie di requisiti (non previsti dal Regolamento ministeriale) ispirati al
modello rappresentato dagli intermediari finanziari la cui ratio chiara e sperimentata per gli
intermediari finanziari invero sfugge nel caso di specie (ad esempio avere la sede legale e la
direzione generale della società nel territorio della Unione Europea 155 ; presentare, unitamente
all'atto costitutivo e allo statuto, un programma concernente l'attività iniziale, nonché una relazione
sulla struttura organizzativa; i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e
controllo devono possedere i requisiti di professionalità, indipendenza ed onorabilità indicati
nell'art. 13 del testo unico della finanza e meglio specificati nel d.m. 11 novembre 1998, n. 468; la
struttura del gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare l'effettivo esercizio della
vigilanza sulla società stessa e siano fornite almeno le informazioni richieste ai sensi dell'art. 15,
comma 5, del testo unico della finanza; nel caso di società per azioni, i titolari di partecipazioni
devono avere i requisiti di onorabilità stabiliti dall'art. 14, d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.
154
Per i soggetti abilitati all’intermediazione telematica della prima categoria (persone fisiche agenti di affari in
mediazione e agenti e rappresentanti di commercio del settore agricolo, agroalimentare ed ittico) si richiede di:
a) avere la sede nel territorio della Comunità Europea;
b) essere iscritti nei ruoli formati dalle Camere di Commercio;
c) essere capaci di obbligarsi;
d) non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato
preventivo o di altra procedura concorsuale di insolvenza, e non avere in corso procedimenti per l’apertura di una di tali
procedure;
e) non essere stati condannati per delitti contro la fede pubblica o contro la proprietà, ovvero per uno dei delitti seguenti:
peculato, concussione, corruzione, sottrazione da luoghi di pubblico deposito, falsa testimonianza, calunnia e per reati
previsti dal D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231 e successive modifiche ed integrazioni, salvi gli effetti della riabilitazione;
f) non essere stati esclusi dalle Borse Merci;
g) non figurare negli elenchi ufficiali dei protesti cambiari, come attestato da visura nazionale dei medesimi;
h) non aver riportato condanna con sentenza irrevocabile alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per un
qualunque delitto non colposo, salvi gli effetti della riabilitazione;
i) non essere stati sottoposti a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria ai sensi della legge 27 dicembre
1956, n. 1423 o della legge 31 maggio 1965, n. 575 (disposizioni antimafia), e della legge 13 settembre 1982, n. 646, in
materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale, e successive modificazioni e integrazioni;
j) versare il deposito cauzionale infruttifero stabilito dalla Deputazione Nazionale.
155
Comunque il quarto comma dell’art. 21 stabilisce in via generale che tutti i soggetti abilitati all’intermediazione
telematica che hanno sede in uno Stato della Comunità Europea diverso dall’Italia devono fornire analoga
documentazione attestante l’idoneità a svolgere la loro attività sulla Borsa Merci Telematica Italiana nel rispetto del
presente regolamento.
79
Infine una condizione “operativa” per poter essere ammessi alla borsa merci telematica è prevista
dal quinto comma dell’art. 20 ed è quella di possedere una casella di posta elettronica certificata.
Il possesso dei requisiti (verificato dalla Deputazione Nazionale) consente l’iscrizione in un
apposito elenco, tenuto dalla Deputazione Nazionale, iscrizione che nel regolamento ministeriale
174/2006 era prevista solo per i soggetti abilitati all’intermediazione delle prime due categorie (non
per le società di intermediazione mobiliare, per gli altri intermediari finanziari e per le banche
autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento che sono già sottoposti all’iscrizione in elenchi
ed albi, rispetto ai quali l’iscrizione presso la Deputazione Nazionale della borsa merci telematica
era stata evidentemente ritenuta pleonastica), e che, a differenza di quanto avviene per altri soggetti
tenuti all’iscrizione in appositi albi, non comportava l’obbligo di indicare negli atti e nella
corrispondenza gli estremi dell'iscrizione nell'elenco, ma più semplicemente la possibilità di farlo.
Nel Regolamento generale la disposizione è stata inasprita (non si capisce quanto
motivatamente) 156 : infatti l’art. 31 prevede che la Deputazione Nazionale iscriva nell’apposito
elenco tutti i Soggetti abilitati all’intermediazione telematica (che il regolamento ripartisce in
quattro categorie, anziché in tre, perché distingue gli agenti di affari in mediazione del settore
agricolo, agroalimentare ed ittico e gli agenti e rappresentanti di commercio del settore agricolo,
agroalimentare ed ittico, che invece sono presi in considerazione in modo unitario nel regolamento
ministeriale). Inoltre l’art. 22 – che disciplina la procedura di iscrizione all’elenco per i Soggetti
abilitati all’intermediazione telematica – subordina l’ammissione alla Borsa Merci Telematica
Italiana, all’iscrizione all’elenco di cui all’art. 31 e, infine, l’art. 21, al sesto comma, impone a tutti i
soggetti iscritti nell’apposito elenco l’obbligo di indicare negli atti e nella corrispondenza i propri
estremi di iscrizione.
Per ottenere l’iscrizione all’elenco per i Soggetti abilitati all’intermediazione telematica i soggetti
interessati devono presentare una domanda alla società di gestione (compilando ed inviando
telematicamente un modulo di iscrizione scaricabile dal sito della BMTI), la quale esegue una
sommaria verifica circa la sussistenza dei requisiti richiesti ai fini della ammissione alle
negoziazioni sulla piattaforma telematica, acquisisce la dichiarazione sostitutiva di certificazione
(ex art. 46, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), con la quale il soggetto interessato dichiara di
possedere i requisiti richiesti dall’art. 21 del Regolamento e la ricevuta di avvenuto pagamento della
tassa di concessione governativa dovuta ai fini dell’iscrizione nell’elenco tenuto dalla Deputazione
Nazionale. Una volta ricevuta la documentazione necessaria ai fini dell’iscrizione, la società di
gestione, la invia “tempestivamente” alla Deputazione Nazionale, che provvede, entro il termine di
novanta giorni, decorrenti da quello in cui la documentazione è pervenuta alla Deputazione
Nazionale, a comunicare alla società Gestione se il soggetto richiedente è stato o meno iscritto
nell’elenco dei Soggetti abilitati all’intermediazione telematica 157 . La società di gestione, a seguito
dell’iscrizione nell’elenco dei Soggetti abilitati alla intermediazione telematica, invia al soggetto
interessato il contratto di adesione in duplice copia, che deve essere sottoscritto e inviato a mezzo
del servizio postale alla sede amministrativa ed operativa della società di gestione 158 .
156
A meno che non si voglia pensare che la giustificazione sia di carattere economico, cioè per ampliare il numero dei
soggetti tenuti a pagare la tassa di concessione governativa di 168 euro, dovuta perché l’elenco dei SAI tenuto dalla
Deputazione Nazionale è un albo pubblico.
157
La Deputazione deve verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dal Regolamento e l’adempimento da parte del
soggetto richiedente del pagamento della tassa governativa per l’iscrizione; qualora non siano rispettate le condizioni
richieste la Deputazione Nazionale respinge la domanda di ammissione alla negoziazione con provvedimento motivato
che deve essere tempestivamente comunicato all’interessato. Eventuali reclami contro i provvedimenti della
Deputazione rientrano nella previsione dell’art. 36 del Regolamento generale, ai sensi del quale avverso i provvedimenti
assunti dalla Deputazione Nazionale nell’esercizio delle sue funzioni il soggetto interessato può ricorrere alla
competente autorità giudiziaria nei modi e nei tempi previsti dalla legge. Inoltre La Deputazione Nazionale o, su
richiesta della stessa, gli uffici della società di gestione provvedono, con cadenza almeno annuale, alla verifica della
sussistenza dei requisiti, di cui all’art. 21 del Regolamento, in capo al soggetto abilitato e potranno allo scopo richiedere
ulteriore o più aggiornata documentazione.
158
Ai sensi del 15° comma “Tutta la documentazione di cui al presente articolo potrà essere acquisita e trasmessa dai
soggetti interessati e dalla società di gestione anche mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, di cui al D.Lgs
80
È in questa occasione cioè al momento della sottoscrizione del contratto di adesione, che – come
abbiamo accennato – i soggetti richiedenti, devono dichiarano espressamente di accettare il
Regolamento generale ed i Regolamenti speciali dei singoli prodotti.
Sottoscritto il contratto anche da parte della società di gestione questa perfeziona la procedura di
accesso alla Borsa Merci Telematica Italiana comunicando al soggetto interessato (per esigenze di
sicurezza con lettere separate), l’identificativo e la password.
Tutti i soggetti abilitati all'intermediazione devono rispettare i criteri generali previsti dal Titolo II,
Capo II, articolo 21 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, devono attenersi alle
disposizioni del regolamento ministeriale 174/2006, e dei regolamenti speciali di prodotto nonché
alle disposizioni della Deputazione Nazionale e della società di gestione; devono comportarsi con
diligenza, correttezza e trasparenza nel rispetto della deontologia professionale e per l'integrità dei
mercati e versare i corrispettivi determinati dalla società di gestione per i servizi della Borsa merci
telematica italiana ad essi erogati.
I mercati attivi all’interno della Borsa Telematica e le modalità di negoziazione
La contrattazione telematica, che all’epoca in cui è iniziata la sperimentazione gestita dalla società
Meteora riguardava solo sette mercati, è oggi attiva in più di trenta, e le caratteristiche dei prodotti
man mano aggiunti al novero di quelli negoziabili in borsa, hanno richiesto l’adozione di specifiche
misure sia tecniche che regolamentari 159 . Come sappiamo i beni trattati nelle borse merci (che in
genere non sono presenti durante le contrattazioni neppure nelle borse merci fisiche), devono in
linea di massima essere standardizzabili, anche perché una delle finalità della trattazione in borsa
merci di un bene è quella di poter arrivare ad una determinazione di mercato del prezzo dei beni,
cosa che avviene mediante un meccanismo di asta 160 e grazie alla disciplina dettata dai regolamenti
7 marzo 2005, n. 82. A tal fine la società di gestione comunicherà sul sito internet della Borsa Merci Telematica Italiana
l’indirizzo di posta elettronica certificata, presso il quale i soggetti interessati potranno effettuare le comunicazioni
previste nel presente Regolamento.”
159
I mercati telematici attivi sono: Frumento Tenero, Frumento Duro, Granoturco Secco, Cereali Minori, Sottoprodotti
della Macinazione, Semi di Soia, Semi di Girasole, Farine di Frumento Tenero, Sfarinati di Frumento Duro, Farine
Vegetali di estrazione, Risone, Suini Vivi, Tagli di Carne Suina, Carni Avicole Congelate, Carni Cunicole, Uova, Latte
Spot, Agrumi, Nocciola, Patate, Carote, Pomodoro, Concimi Minerali, Mitili e Molluschi Bivalvi.
Ulteriori mercati vengono attivati a richiesta delle singole Camere di Commercio (ed erano dato come di prossima
apertura: fiori e piante, Prosciutto di Parma DOP, Carni Bovine, Ciliegia di Vignola).
Dunque un numero elevato di mercati, che stando al volume degli scambi conclusi e al numero di operatori accreditati
sembrano aver riscosso un notevole successo. Il mercato potenziale dei prodotti scambiabili era stato stimato nel 2006
in più di 15 miliardi di Euro nei successivi 3-4 anni, i risultati di mercato reperibili sul portale di BMTI riferiti al
periodo dal 2002 al 30 settembre 2007 riportano 241.347.677 di euro transati , 6.376 contratti scambiati, 976.395
tonnellate scambiate e 1.000 operatori accreditati.
160
Le aste sono meccanismi nei quali i partecipanti fanno offerte per l’acquisto o la vendita di prodotti e servizi. In
genere il meccanismo che regola le aste on-line è speculare a quello delle aste tradizionali: viene stabilito un prezzo di
partenza, una cifra per il rilancio e tutti i partecipanti inviano le loro offerte.
I meccanismi più frequentemente usati, sono: l’asta olandese, l’asta inglese (o asta all’incanto), l’asta inversa (reverse
aucton), l’asta in busta chiusa e l’asta multiparametrale, ma nuove forme ad hoc vengono costantemente create,
soprattutto per lo scambio delle merci agricole.
Nell’asta olandese, che prende il nome dal tipico mercato dei tulipani dell’Olanda, il tempo assume un ruolo centrale
nella definizione del prezzo. Infatti in questo meccanismo è previsto che il prezzo di una determinata quantità di merci
si abbassi o si alzi, a seconda che l’asta sia gestita dal venditore o dall’acquirente, con il passare del tempo. Solitamente
il banditore fissa un intervallo temporale nel quale il prezzo aumenta di un valore predeterminato e il partecipante che
blocca il prezzo per primo si aggiudica l’asta. Se il prezzo non viene bloccato entro un certo tempo l’asta si conclude
senza “vincitori”.
Nell’asta inglese il prezzo parte da un certo livello ed aumenta o diminuisce a scadenze temporali prefissate a seconda
che il proponente intenda vendere o acquistare. Ad aggiudicarsi l’asta è l’operatore che ha fatto l’offerta migliore.
Durante lo svolgimento dell’asta è possibile mantenere l’anonimato dei partecipanti e tutti conoscono in tempo reale le
offerte inviate.
Mentre l’asta olandese e l’asta inglese sono aste dirette, dove il venditore dà il via alla vendita offrendo una certa
quantità di merce, nell’asta inversa il compratore origina l’asta elencando un prodotto che vorrebbe acquistare. Il
venditore sottopone offerte, abbassando il prezzo di vendita per ogni proposta.
81
di borsa, che da sempre stabiliscono e standardizzano caratteristiche dei prodotti trattati e
quantitativi dei lotti.
Con il passaggio alla Borsa merci telematica non si è però voluto rinunciare all’attivazione di
mercati aventi ad oggetto beni “di qualità”, per i quali quindi occorre tener conto di una serie di
requisiti (ad esempio chi sia il produttore), che sarebbero invece irrilevanti per beni fungibili.
Il tema è stato affrontato nella fase sperimentale, a partire da quando la piattaforma telematica era
gestita dalla società Meteora: è nota l’importanza che ha scelta in ordine alle modalità di
negoziazione consentite, ai fini della futura efficienza di un mercato organizzato e quindi a questo
aspetto è stata dedicata un’attenzione particolare, allo scopo di realizzare piattaforme e meccanismi
di negoziazione molto “flessibili” in grado cioè di venir incontro alle esigenze di tutti i potenziali
operatori.
Nel periodo sperimentale dunque sono stati gradualmente introdotti due diversi sistemi di
negoziazione alternativi e complementari: inizialmente era stato previsto solo un meccanismo di
contrattazione “molti a molti” (e a tal fine era stata sviluppata una piattaforma poi denominata
“Piattaforma 1”), basato su un’asta continua, in cui il sistema metteva a confronto tutte le proposte
di acquisto con tutte le proposte di vendita lanciate sulla stessa piazza e provvedeva
all’abbinamento automatico di domanda ed offerta in base al prezzo, alla quantità ed alla
disponibilità 161 , ossia il sistema di accoppiamento delle proposte in uso sui mercati gestiti da Borsa
Italiana.
Questa forma di negoziazione si attaglia alle esigenze degli operatori che contrattano i prodotti
fungibili, ossia quelle categorie di prodotto standardizzate a monte come granoturco secco
nazionale, grano tenero, grano duro, semi di soia, ecc. che infatti erano le prime categorie di
prodotto negoziate da Meteora S.p.A. .
In un secondo momento, a seguito dell’introduzione sul mercato telematico di altri prodotti, come
ad esempio quelli di qualità o comunque difficilmente standardizzabili, superate alcune difficoltà
tecniche presenti all’epoca dell’attivazione della prima piattaforma telematica, è stata sviluppata
un’ulteriore piattaforma, denominata “Piattaforma 2”, attivata nel 2004, basata su una tecnologia
che supporta un meccanismo d’asta uno a molti, che può meglio venire incontro alle esigenze degli
operatori che trattano beni di qualità o non fungibili per i quali la contrattazione anonima è
penalizzante vista l’importanza che riveste la qualità intrinseca di ciascun prodotto e la differenza
tra il prodotto di un operatore e il prodotto di un altro operatore. Il meccanismo uno a molti
introdotto in questo secondo momento consisteva sempre in un’asta continua, ma con un ulteriore
perfezionamento rappresentato dal meccanismo di asta a chiamata, al ribasso o al rialzo grazie al
quale ad ogni singola proposta inserita, gli operatori possono far seguire una controproposta di
prezzo differente al ribasso o al rialzo.
Come abbiamo detto l’evoluzione dei meccanismi d’asta è stata indotta dalla necessità di
assecondare le esigenze proprie delle negoziazioni relative a prodotti difficilmente standardizzabili:
per questo tra le innovazioni introdotte c’è stata quella di dare agli operatori la possibilità di
accompagnare la propria proposta di negoziazione con una scheda di prodotto, in cui descrivere
tutte le caratteristiche qualitative della partita di merce che viene offerta o che si domanda e
Nell’asta in busta chiusa i partecipanti conoscono solo il loro prezzo, ma non conoscono il prezzo degli altri
partecipanti. Questo tipo di asta elimina i comportamenti “strategici” dei partecipanti e impedisce di modificare il
prezzo in base alle altre offerte. È possibile inserire un prezzo di riserva e i fornitori possono inviare più prezzi, a
condizione che siano inferiori al primo, senza tuttavia conoscere gli unii prezzi degli altri.
Attraverso l’asta multiparametrale il prezzo della merce non è l’unico elemento discriminante, infatti l’acquirente può
valutare anche le caratteristiche qualitative della merce che acquista. Per andare al di là del prezzo viene attribuito un
peso alle diverse caratteristiche. che dipendono dall’oggetto dello scambio. Attraverso questo sistema si possono
valutare prodotti non omogenei e particolarmente difficili da standardizzare.
161
La conclusione di un contratto avviene automaticamente quando tra una proposta di vendita e una proposta di
acquisto coincidono in ordine aprezzo, quantità, piazza e modalità di consegna (franco partenza o franco arrivo, cioè
rispettivamente il contratto si conclude con il ritiro della merce da parte dell’acquirente, o con la consegna della merce
all’acquirente, in quest’ultimo caso il trasporto ed i rischi connessi sono a carico del venditore).
82
soprattutto – superato l’impedimento tecnico che impediva nella prima piattaforma di inserire
proposte se non in forma anonima – è stata prevista la facoltà di realizzare contrattazioni sia in
“chiaro” che in “scuro”, a seconda che gli operatori vogliano far riconoscere o meno la loro
identità 162 .
La conclusione del contratto avviene automaticamente quando una proposta di vendita e una
proposta di acquisto coincidono in ordine a prezzo, quantità (che devono essere pari o multiple del
lotto minimo negoziabile) e modalità di consegna (che possono essere franco partenza o franco
arrivo) 163 .
Tutte le esperienze maturate in ordine alle modalità di negoziazione nelle precedenti fasi
sperimentali sono poi confluite nell’esperienza di Borsa merci telematica italiana nella quale le
contrattazioni si svolgono quotidianamente 164 , secondo un meccanismo ad asta pubblica di tipo uno
a molti 165 a chiamata continua, che realizza l’abbinamento in modo automatico della domanda e
dell’offerta 166 , sulla base di parametri dati (prezzo, quantità e modalità di consegna), la cui
disciplina è dettata (oltre che dal Regolamento generale di BMTI) dalle “Disposizioni Generali per
la negoziazione nella Borsa Merci Telematica Italiana”, adottate dalla Deputazione Nazionale con
delibera n. 3 del 19 febbraio 2008 167 e dagli appositi Regolamenti speciali di prodotto 168 .
Le tipologie contrattuali
162
Operando sulla Piattaforma due, gli operatori potevano quindi ad esempio redigere una black list, ossia una lista di
controparti con le quali non desideravano negoziare.
163
Nel caso che la modalità di consegna concordata sia franco partenza il contratto si conclude con il ritiro della merce
da parte dell’acquirente, nel caso sia franco arrivo invece si conclude con la consegna della merce all’acquirente e
quindi in quest’ultimo caso il trasporto ed i rischi connessi sono a carico del venditore. A questo proposito è da
segnalare l’attenzione che il gestore della piattaforma telematica rivolge ai servizi complementari ed in particolare a
quelli logistici, proprio per aiutare gli operatori a superare uno dei maggiori problemi che ostacolano lo sviluppo delle
contrattazioni on line, derivanti dalle difficoltà associate agli accordi sul trasporto della merce. L’obiettivo è quello di
far abbassare un costo di transazione molto rilevante che ricade sugli operatori, relativo alla gestione del trasporto e
dello stoccaggio della merce e che rappresenta quindi un fattore critico che diminuisce i vantaggi derivanti dalla
conclusione dei contratti attraverso lo strumento telematico, soprattutto tra operatori che si trovano a grande distanza
geografica tra di loro.
Sono stati a tal fine sviluppati progetti di stoccaggio della merce e di gestione logistica per ridurre sia i costi
transazionali che i rischi connessi. Il servizio di stoccaggio in particolare offre una serie di opportunità, consentendo ad
esempio una certificazione ed un controllo della merce, oppure di tracciare e di garantire igienicamente il prodotto. Il
servizio potrebbe essere gestito da BMTI in collaborazione con alcuni consorzi agrari e la BMTI potrebbe anche
ricoprire un ruolo di garante nella consegna e nell’effettiva disponibilità della merce.
164
“Le negoziazioni hanno luogo, dal lunedì al venerdì, quotidianamente ed in trattazione continua, dalle ore 08.00 alle
ore 22.00”, come dispone l’art. 2 delle “Disposizioni Generali per la negoziazione nella Borsa Merci Telematica
Italiana”, adottate dalla Deputazione Nazionale con delibera n. 3 del 19 febbraio 2008.
165
Il Soggetto abilitato all’intermediazione inserisce una proposta (o controproposta) di acquisto o vendita selezionando
la categoria di prodotto ed il prodotto di proprio interesse e compilando i campi obbligatori, che secondo quanto
stabilito dall’art. 3 delle disposizioni generali sono: la piazza, il prezzo, la quantità massima e minima (espresse
nell’unità di misura indicata nei regolamenti speciali di prodotto) e la modalità di consegna (partenza o arrivo).
166
Ai sensi dell’art. 6 delle “Disposizioni Generali”, il contratto si perfeziona quando una proposta di vendita (o di
acquisto) trova adesione con una controproposta di acquisto (o di vendita) con gli stessi parametri identificativi (sia
quelli obbligatori che quelli facoltativi). Quando una proposta di vendita (o di acquisto), e allo stesso modo quando una
controproposta di vendita (o di acquisto), trova adesione, secondo le modalità di abbinamento o di inserzione di
controproposte, la Piattaforma Telematica genera automaticamente un contratto contenente i riferimenti delle rispettive
controparti, nonché tutti i parametri identificativi della proposta stessa che la società di gestione (BMTI S.c.p.a.) invia
immediatamente per via telematica a ciascuna delle Parti.
167
Le disposizioni generali disciplinano le negoziazioni all’interno della Borsa Merci Telematica Italiana per quanto
concerne le modalità di accesso e di negoziazione per via telematica e le modalità di esecuzione dei contratti e si
applicano a quei mercati telematici per i quali siano già stati adottati dalla Deputazione Nazionale i Regolamenti
Speciali di Prodotto.
168
Come abbiamo detto i regolamenti speciali disciplinano nel dettaglio per ogni prodotto (oltre alle caratteristiche
merceologiche del prodotto) le condizioni di contrattazione per via telematica Ad esempio per il prodotto suini vivi è
stato progettato un sistema telematico di contrattazione specifico, con una fase di pre-apertura del mercato.
83
All’interno della BMTI, ponendo mente all’art. 5 del decreto 174/2006 possono essere conclusi
contratti di compravendita di tre tipi: il primo è “a pronta consegna” e riguarda merci
immediatamente disponibili, che devono essere consegnate entro otto giorni.
La seconda tipologia di compravendita è quella “a consegna differita” e dà origine a contratti a
termine che hanno ad oggetto merci non ancora disponibili, mentre la liquidazione viene ritardata
ad un momento successivo, individuato su preciso accordo delle parti, fissando il prezzo dei beni al
momento di conclusione del contratto, rendendo quindi indifferente il prezzo contrattuale rispetto a
quello che avrà la merce sul mercato a pronti il giorno della consegna.
Il terzo tipo è costituito dai contratti a temine, modalità contrattuale non ancora resa operativa dalla
BMTI. Di per sé il contratto a consegna differita e il contratto a termine paiono due denominazioni
del medesimo oggetto. Le differenze sono nella struttura contrattuale: ove il primo è regolato al
momento della consegna attraverso il trasferimento del bene, il secondo è un contratto
eminentemente finanziario, che normalmente viene regolato per differenziale tra il prezzo del bene
alla data di conclusione del contratto e quello alla data di consegna. Se il primo risponde ad una
esigenza imprenditoriale (assicurarsi la vendita della produzione o l’approvvigionamento della
materia prima), il secondo ha utilità nella gestione del rischio (compro un future per assicurarmi
contro le variazioni di prezzo tra ora e il momento in cui dovrò comprare o vendere il bene).
La conferma dell’interpretazione viene dal fatto che la negoziazione del contratto a termine è
riservata alle imprese di investimento, regolate dal più volte richiamato testo unico della finanza, e
dal rinvio che il decreto 174/2006 opera alla definizione dei derivati ivi contenuta.
A mero titolo di memoria, si ricorda che l’art. 6 delle Disposizioni generali prevede, con
disposizione valida per la sola durata del periodo transitorio, che i Soggetti abilitati
all’intermediazione potessero scegliere di adottare il contratto ad efficacia immediata o il
“Prestabilito di contratto”, la cui efficacia era condizionata dall’accettazione delle Parti.
Il Prestabilito di contratto acquistava efficacia una volta trascorse ventiquattro dalla sua generazione
e sotto la condizione che entro tale termine una delle Parti non avesse espressamente manifestato la
volontà di non voler sottoscrivere il Prestabilito di contratto. La disdetta doveva essere inviata
all’altra Parte mediante una comunicazione scritta a mezzo telefax o altri mezzi rapidi a prova di
spedizione o mediante comunicazione scritta via e-mail con conferma di lettura alla Società di
gestione BMTI S.c.p.A.. Nel caso in cui le Parti convengano un prezzo e/o una quantità diversa da
quella concordata sulla piattaforma telematica il Soggetto abilitato alla intermediazione doveva
darne immediata comunicazione alla Società di gestione BMTI S.c.p.a. mediante comunicazione
scritta via e-mail con conferma di lettura. In caso di mancata comunicazione o segnalazione della
disdetta da parte del Soggetto abilitato alla intermediazione telematica, la società di gestione BMTI
S.c.p.a. ne avrebbe dato immediato avviso alla Deputazione Nazionale per i provvedimenti di cui al
Regolamento Generale.
La formazione dei prezzi sulla piattaforma telematica
Uno dei grandi pregi del passaggio dal sistema di contrattazioni “alle grida”, su cui si basavano le
borse merci tradizionali, al sistema telematico, è che quest’ultimo realizza l’abbinamento in modo
automatico della domanda e dell’offerta, sulla base del prezzo e della quantità e quindi consente di
determinare i prezzi in tempo reale e ciò non solo giova alla speditezza delle negoziazioni, ma
soprattutto ha permesso di incidere su uno degli aspetti più critici del funzionamento delle borse
merci fisiche e cioè sui meccanismi di definizione ufficiale dei prezzi delle merci.
Infatti, come abbiamo visto, benché uno degli scopi principali della disciplina dettata per le borse
merci, fosse quello di fornire prezzi indicativi e unificati delle merci trattate, in realtà mancava nel
nostro ordinamento un sistema di definizione nazionale ufficiale dei prezzi delle merci: in concreto
per ogni tipologia di prodotto si prendevano come riferimento le rilevazioni prezzi che si formavano
in una determinata borsa merci e anche queste, con il deteriorarsi dei meccanismi di funzionamento
delle borse merci, erano in realtà stime (più che rilevazioni) di prezzo ben poco attendibili.
84
Il complesso iter che ha portato all’istituzione della Borsa merci telematica italiana, in altre parole,
ha consentito di aggredire due fondamentali aspetti di efficienza e razionalità dei mercati nazionali
all’ingrosso di materie prime: garantire la trasparenza nella formazione dei prezzi e superare le
difficoltà di reperire tempestivamente tutte le informazioni di mercato dai listini pubblicati dalle
Camere di Commercio.
La formazione dei prezzi con il nuovo sistema di contrattazione telematica avviene infatti in modo
automatico ed il prezzo ufficiale per ciascuna delle tipologie di prodotti trattati viene fissato a fine
in base alle contrattazioni effettuate 169 ). In questo modo si formano i prezzi ufficiali delle merci,
che diventano i prezzi indicativi sulla base dei quale si baseranno le aperture della giornata
successiva.
Questo nuovo modo di determinazione dei prezzi ufficiali rappresenta un’innovazione molto
importante, grazie a questo sistema tutti gli operatori, accedendo al mercato telematico, ed anche
attraverso i mezzi di informazione, possono venire immediatamente a conoscenza dei prezzi
ufficiali di mercato dei prodotti, a livello nazionale, ai quali poter fare riferimento per le proprie
negoziazioni.
Dal punto di vista dell’ordinamento, possiamo dire che l’art. 30 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228,
ed il decreto del 6 aprile 2006, con il quale il Ministero delle politiche agricole ha sancito l’avvio
della Borsa Merci Telematica, possono essere letti anche in un contesto più ampio della mera
riforma del sistema di contrattazione delle borse merci e vanno ad aggiungersi a quei provvedimenti
legislativi assunti al fine di meglio regolamentare il sistema di costituzione dei prezzi dei prodotti
agroalimentari e di monitorare i processi di formazione del prezzo al dettaglio, al fine di garantirne
la massima trasparenza. 170
Gli obiettivi che si possono perseguire con il monitoraggio dei prezzi (ed in particolare di quelli dei
prodotti agroalimentari), sono molteplici e collegati fra di loro: di certo da un lato la maggior
trasparenza sul processo di formazione dei prezzi può rendere il consumatore più consapevole (sia
dei passaggi che i prodotti subiscono lungo la filiera sia dei costi correlati ad ognuno di questi
passaggi) e ciò anche grazie alla pubblicità che può essere accordata alle rilevazioni dei prezzi, ma
soprattutto può essere un valido strumento per contrastare la speculazione dei prezzi.
Sono quindi due gli aspetti per cui la creazione di BMTI si inserisce in questo più ampio impegno
dell’ordinamento in materia di prezzi: quello relativo alla formazione del prezzo, segnando il
169
È il sistema che provvede a fine giornata a fornire il fixing reale su quantitativi e prezzi in base ad una media
ponderata degli scambi avvenuti e delle quantità scambiate.
170
Tra i provvedimenti adottati negli ultimi venti anni per garantire la trasparenza dei prezzi (nel senso del
monitoraggio della formazione dei prezzi lungo la filiera e per la diffusione dei dati raccolti) possiamo ricordare il
decreto legislativo 114/98 (modificato con la legge 24 novembre 2003 n. 326 art. 23) che ha imposto alle regioni di
assicurare un sistema di monitoraggio dell’intera filiera produttiva, considerando quindi le fasi di produzione,
trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei beni e ha richiesto che il sistema di monitoraggio sia realizzato
in collaborazione con le camere di commercio, mediante la costituzione di osservatori in cui deve essere garantita la
partecipazione degli enti locali e delle associazioni di consumatori. L’importanza del tema ha indotto poi ad istituire un
Osservatorio nazionale dei prezzi presso il Ministero delle Attività Produttive e nel 2005 (d.l. 9 settembre 2005, n. 182)
è stato demandato alla Guardia di Finanza il controllo lungo le filiere produttive agroalimentari in cui si manifestino
andamenti anomali dei prezzi provvedendo anche alla rilevazione degli stessi in raccordo con l’Agenzia delle entrate e
con l’Osservatorio nazionale. L’art. 9 della l. 4 agosto 2006, n. 248 ha poi previsto la costituzione di un sistema
informativo integrato sui prezzi dei prodotti agroalimentari, disponendo che i sistemi informativi sui prezzi afferenti al
Ministero dello Sviluppo Economico (Infomercati, per i prezzi all’ingrosso) ed al Ministero delle politiche agricole e
forestali (Ismea, per i prezzi all’origine), agiscano in collegamento fra di loro potenziando il sistema della rilevazione
dei prezzi e garantendo maggiore trasparenza al consumatore. Il Consorzio Infomercati, è tenuto inoltre, su richiesta
delle amministrazioni pubbliche interessate, ad effettuare anche la rilevazione dei prezzi al dettaglio dei prodotti
agroalimentari.
Il provvedimento prevede poi che agli enti locali sia consentito il collegamento ai sistemi informativi ministeriali, per
permettere loro di monitorare le realtà di propria competenza. Sempre al fine di dare massima diffusione a tali
rilevazioni è infine previsto i Ministeri competenti oltre a pubblicare i dati aggregati raccolti sui propri siti internet,
stipulino delle convenzioni gratuite per la loro diffusione con testate giornalistiche, emittenti radiotelevisive e gestori di
telefonia.
85
momento di passaggio da stime dei prezzi a prezzi reali frutto della contrattazione della domanda e
dell’offerta, e quello relativo alla diffusione dei dati raccolti.
In questo secondo campo il gestore della piattaforma telematica ha investito molto, creando
apposite aree del proprio sito attraverso le quali rendere accessibili agli utenti tutta una serie di
informazioni essenziali o utili ai fini della comprensione dei mercati, come ad esempio è avvenuto
con l’istituzione del Fixing Indicativo Nazionale Camerale (FINC) 171 , un database che utilizzando il
patrimonio informativo dei prezzi delle Camere di commercio, consente di rendere disponibile, in
maniera sintetica e di facile lettura, valorizzandolo al meglio, il patrimonio informativo dei listini
camerali, permettendo di confrontare i bollettini pubblicati dalle diverse Camere di commercio.
Il FINC consente non solo agli operatori di confrontare i prezzi dei diversi prodotti e delle diverse
piazze italiane, ma essendo accessibile anche ai consumatori e alle loro associazioni dà a questi
ultimi la possibilità di essere informati sul costo del singolo prodotto nel primo passaggio della
catena dell'intermediazione (quello dell'acquisto diretto dal produttore) e quindi dà un'indicazione
sicuramente significativa per effettuare un monitoraggio attento di quanto avviene lungo la catena
dell'intermediazione fino alla formazione del prezzo finale al consumo.
Lo sforzo maggiore è stato quello effettuato per rendere possibile la confrontabilità a livello
nazionale dei listini camerali, senza rinunciare a difendere le tipicità di prodotto e di rilevazione dei
prezzi a livello locale, scopo che è stato raggiunto grazie alla creazione di un listino omogeneo (che
rende così confrontabili i bollettini ufficiali pubblicati dalle singole Camere di Commercio)
costituito da categorie standard di prodotto che rappresentano tutte le produzioni specifiche presenti
sul territorio nazionale.
171
Il FINC è il risultato di un progetto partito nel 2005, che si proponeva di creare una banca dati che fornisse
informazioni inerenti agli andamenti delle contrattazioni sulla borsa telematica quali: prezzi ufficiali, volumi di
negoziazione e controvalore scambiato. L’esigenza alla quale si voleva andare incontro era da un lato quella di poter
contare su di un sistema di registrazione delle informazioni ufficiali, che in quel momento non esisteva, e dall’altro
fornire agli operatori e agli investitori interessati una serie di informazioni quantitative e qualitative idonee a fornire una
panoramica sul mercato considerato ai fini di investimento.
86
Conclusioni
I mercati delle merci sono tra i più risalenti nel tempo: già all’inizio del XII secolo troviamo mercati
merci borsistici nei paesi dell’Europa occidentale e agli anni trenta del XVII secolo risale il primo
crack di un mercato borsistico delle merci passato alla storia, dovuto ad un violento rialzo dei prezzi
dei bulbi dei tulipani olandesi.
Rispetto ai mercati borsistici dei valori, quelli delle merci si distinguono per il fatto che questi
ultimi sorgono per favorire l’incontro di soggetti che intendono realizzare transazioni in relazione
alla reale attività economica da essi svolta in base alla merci oggetto di scambio, che sui mercati
borsistici internazionali sono in genere materie prime (petrolio, gas naturale, oro argento, metalli
industriali come rame zinco e alluminio), beni standardizzabili prodotti da un fabbricante (per
esempio memorie RAM), o utilizzabili per un’ulteriore produzione (frumento per le imprese
alimentari) o per altri fini (riso per un’ulteriore vendita). Accanto a questi soggetti (sempre se
guardiamo alla realtà internazionale) operano anche gli investitori finanziari, la cui presenza
aumenta da un lato la fluidità del mercato e dall’altro la variabilità delle quotazioni dei prodotti. In
particolare un forte afflusso di capitali sui mercati merci (sia borsistici che otc) si è avuta con lo
sviluppo di nuove tecnologie e con il passaggio dalle negoziazioni alle grida alle piattaforme
telematiche.
Da questo panorama internazionale sono rimaste assolutamente fuori le borse merci italiane,
regolate fino al primo decennio del nuovo millennio da una legislazione risalente al 1913, che le
configurava come enti pubblici senza fine di lucro, costituite dalle locali camere di commercio e
poste sotto la vigilanza sia di queste che dell’autorità ministeriale. Il compito dalle borse merci in
Italia era in primo luogo quello di organizzare le sedute di mercato (mettendo a disposizione anche i
relativi supporti logistici tecnici ed amministrativi) e soprattutto provvedendo a determinare le
condizioni generali e particolari di contrattazione delle merci oggetto di scambio; in realtà l’aspetto
che più rilevante dei servizi offerti da questi enti avrebbe dovuto essere la rilevazioni dei prezzi
formatisi nelle sedute di mercato e la conseguente elaborazione e diffusione dei listini; oltre a
questa attività principale poi le borse merci svolgevano una serie di altre funzioni, tutto sommato
accessorie anche se molto utili agli operatori, come ad esempio promuovere le amichevoli
conciliazioni delle controversie tra operatori fornendo (in realtà imponendo) un servizio di arbitrato;
formulare i contratti ufficiali per le singole categorie di prodotti; fornire assistenza per la corretta
interpretazione delle “norme mercantili”; studiare le problematiche di tipo commerciale che
riguardano i vari settori interessati individuando le possibili soluzioni tenendo rapporti con le
autorità competenti al fine di ottenere l’aggiornamento costante delle norme dell’ordinamento
generale che regolano i settori dei relativi commerci….
Insomma un po’ di attività di “lobbing”, e un po’ di attività proprie delle “associazioni di
categoria”: non a caso erano enti emanazione delle camere di commercio.
A differenza di quanto è avvenuto nelle borse merci di altre paesi in quelle italiane, sebbene non vi
fossero impedimenti normativi specifici in tal senso, non si è sviluppata la contrattazione a termine
e non c’è stato quell’affiancamento degli operatori finanziari agli operatori commerciali, che ha
consentito alle borse merci di altri ordinamenti di far crescere i propri mercati e poi -con l’avvento
delle contrattazioni telematiche- di procedere ad aggregazioni che hanno consentito loro
un’operatività transnazionale, come è avvenuto ad esempio in Europa con la creazione di
euronext……
Le borse merci italiane sono invece rimaste sempre legate alla loro tradizione di luoghi fisici di
incontro degli operatori di settore, ma con il tempo la mancanza di evoluzione ha portato ad un
irrimediabile deterioramento della capacità di svolgere anche la funzione principale ed essenziale,
diciamo “istituzionale”, per cui erano state disciplinate ed istituite: favorire la concentrazione delle
contrattazioni in condizioni di trasparenza; e sovrintendere alla rilevazione dei prezzi e alla
formulazione del listino.
87
Il segnale più evidente della crisi di questi istituti è stata la diserzione da parte degli operatori e la
diminuzione degli affari conclusi nelle sedi delle borse merci, con la conseguente scarsa o nulla
rappresentatività dei prezzi e dei listini lì formatisi.
Uno degli eventi che aveva contribuito al declino delle borse merci fisiche, l’avvento delle
tecnologie telematiche che avevano determinato l’affermarsi di altri canali di approvvigionamento e
di negoziazione, è stato anche lo spunto per una riforma drastica, anche se dissimulata, della
disciplina del 1913.
Come spesso accade in questi casi, l’innovazione non è stata frutto di un ripensamento da parte del
legislatore, ma è stata anticipata da una sperimentazione posta in essere dagli enti responsabili del
funzionamento delle borse tradizionali, cioè dalle camere di commercio, che non a caso sono anche
gli enti rappresentativi degli interessi economici delle categorie produttive interessate al
funzionamento delle borse merci. Alcune camere di commercio e loro associazioni (Unioncamere)
si sono attivate direttamente, creando una società alla quale far gestire una piattaforma telematica,
sulla quale poi far concentrare le negoziazioni tradizionalmente effettuate nelle borse merci fisiche,
facendosi così promotrici di quel processo evolutivo che anni prima avevano già percorso le borse
valori; il sistema camerale ha poi operato anche in via “mediata” stimolando il legislatore ad
intervenire.
Una volta infatti predisposta la piattaforma telematica ad opera della società creata ad hoc, arriva
anche una sorta di riconoscimento ministeriale, con il decreto del Ministro dell’Industria, del
Commercio e dell’Artigianato del 20 Dicembre 2000, che dispone che le contrattazioni delle merci
e delle derrate (di cui alla legge 20 marzo 1913 n. 272 e successive modificazioni) possono essere
svolte “anche attraverso strumenti informatici o per via telematica”; manca però una disciplina ad
hoc per regolare l’accesso alle contrattazioni da postazioni remote ad un’unica piattaforma
telematica e devono ancora essere messi a punto gli aspetti “tecnici” del funzionamento di
quest’ultima. Viene affidato agli enti esponenziali degli interessi economici coinvolti il compito di
saggiare il terreno e di adottare le soluzioni “tecniche” possibili e ritenute più opportune. Il
riconoscimento legislativo arriva con l’articolo 30 del decreto legislativo 18 Maggio 2001 n. 228,
che da un lato ufficializza, anche da un punto di vista legislativo, il periodo sperimentale relativo
alle negoziazioni telematiche, dall’altro preannuncia la fine dell’applicazione della legge 272 del
1913, stabilendo che la stessa cesserà di avere applicazione dal momento dell’entrata in vigore del
nuovo regolamento per il funzionamento del sistema telematico delle borse merci italiane, da
adottarsi con decreto del Ministero delle attività produttive: cosa che è avvenuta con il decreto 6
aprile 2006, n. 174.
La nuova disciplina del mercato merci borsistico in Italia è data da un insieme di disposizioni che
discendono dal decreto 6 aprile 2006, n. 174 (omologo al regolamento approvato con regio decreto
4 agosto 1913, n. 1068 per le borse merci fisiche e a propria volta legittimato dall’art. 30 del decreto
legislativo 228/2001), che viene poi dettagliato e “attuato” (e qualche volta superato) da una
composita disciplina, data da atti amministrativi generali adottati dagli organi della nuova borsa
merci (che sono in parte espressione del sistema camerale e in parte di nomina ministeriale), da
disciplinari, sostanzialmente elaborati da esperti ed operatori dei settori interessati ed infine anche
da “atti societari” quali lo statuto ed il regolamento della società consortile che è stata chiamata a
gestire la piattaforma telematica, erede dell’originaria società per azioni costituita dal sistema
camerale.
La nuova disciplina si modella dunque su quella precedente, come è evidente anche nella
terminologia usata per gli organi e per gli atti (deputazione, regolamenti speciali….), ma è
indubbiamente un giro di boa nettissimo e la prima differenza fondamentale è che con il passaggio
alle negoziazioni su piattaforma telematica, e quindi con la presenza sul territorio nazionale di un
unico gestore (almeno allo stato attuale e non pare che ci siano margini di espansione per altri
gestori), la disciplina delle negoziazioni ed i disciplinari speciali di prodotto, che prima erano
espressione delle locali borse merci, vengono ricondotti ad unità, così come la rilevazione dei
prezzi.
88
La seconda innovazione è il passaggio da mercati nei quali non era stabilita una riserva di attività di
intermediazione, ad un mercato sul quale gli operatori (che peraltro devono essere accreditati) per
operare, devono necessariamente rivolgersi ai cosiddetti soggetti abilitati all’intermediazione, che
devono essere iscritti in un apposito elenco tenuto dalla deputazione nazionale. A questi spetta di
raccogliere e gestire gli ordini all’interno della Borsa Merci Telematica Italiana, tenere
costantemente informati gli operatori accreditati sullo svolgimento delle contrattazioni telematiche e
assisterli durante la fase della stipulazione e dell’esecuzione del contratto telematico, comportandosi
con diligenza, correttezza e trasparenza nel rispetto della deontologia professionale e in modo da
garantire l'integrità dei mercati.
Nel novero dei s.a.i. viene aggiunta anche una categoria che tradizionalmente non operava nelle
borse merci italiane e cioè gli intermediari finanziari (s.i.m. banche ed intermediari iscritti
nell’elenco dell’art. 107 del testo unico bancario), a questi sono ulteriormente riservate le
negoziazioni a termine, che rappresentano l’ultima, ma molto importante novità della nuova
configurazione del mercato borsistico delle merci nel nostro ordinamento.
Il passaggio alle contrattazioni telematiche ha comportato insomma una trasformazione profonda
del sistema delle borse merci, che va ben oltre la mera sostituzione del sistema di contrattazione alle
grida con quello su piattaforma telematica e come tale quindi deve quindi essere studiato.
E’ ovvio che il passaggio ad un sistema di contrattazione telematico ed accentrato comporta una
serie di conseguenze, alcune semplici “sottoprodotti” dell’uso del mezzo informatico, come ad
esempio la maggior attendibilità e facilità di accesso ai servizi informativi sullo stato e sull’andamento dei
mercati. Di queste conseguenze forse la più evidente è anche quella relativamente meno significativa
dal punto di vista giuridico e cioè quella di rendere più veloci gli scambi. Indubbiamente dal punto di
vista economico non è marginale per gli operatori avere la possibilità di analizzare in tempo reale il maggior
numero possibile di proposte e di individuare quelle più affini alle proprie esigenze, e compito
dell’ordinamento è anche quello di agevolare le evoluzioni dei mercati, ma indubbiamente più direttamente
incidenti sull’interesse generale alla efficienza e razionalità del mercati, sono le ricadute che il passaggio al
mercato telematico comporta in ordine alla determinazione, in tempi rapidi e soprattutto in modo
trasparente, dei quantitativi scambiati e dei prezzi realizzati. E questo è ancor più vero rispetto alla
precedente situazione delle borse merci italiane, nelle quali ormai, anche per la scarsità delle negoziazioni, i
prezzi più che venir rilevati dalle apposite commissioni, venivano determinati, secondo criteri e procedure
tutt’altro che trasparenti.
Nel nuovo mercato telematico invece è il sistema che provvede all’abbinamento automatico di domanda ed
offerta confrontando tutte le proposte di acquisto con tutte le proposte di vendita e a fine giornata
determina il prezzo ufficiale per ciascuna delle tipologie di prodotti trattati in base alle contrattazioni
effettuate.
Il nuovo mercato borsistico delle merci è anche un mercato “più sofisticato”, che si apre anche ad operatori
non interessati solo allo scambio delle merci, ma anche a forme di investimento finanziario, e come abbiamo
visto conseguentemente l’intermediazione viene riservata a soggetti che abbiano determinati requisiti.
La doppia innovazione dovrebbe portare maggior liquidità al mercato e alcuni rischi aggiuntivi di
speculazione da un lato, ma controbilanciati dall’altro dalla necessaria presenza di intermediari abilitati ed
operatori accreditati (sottoposti a verifica delle condizioni di accesso dagli organi della borsa) che nel
complesso dovrebbe ridurre i rischi su tutte le filiere di mercato.
Con il superamento della disciplina dettata dalla legge sulle borse di commercio del 1913 e la creazione della
borsa merci telematica si è messo dunque a disposizione degli operatori un nuovo sistema di
contrattazione, che per le sue caratteristiche, favorisce la realizzazione di un mercato più liquido e
trasparente rispetto a quello ottenibile attraverso il sistema di contrattazioni tradizionale presso le
diverse borse merci locali, che prevede inoltre una regolamentazione uniforme delle merci trattate
ed una più adeguata rilevazione dei prezzi e quindi per questa via si è intervenuti sulla struttura di
mercato rendendo quest’ultimo più scorrevole e trasparente rispetto a quella che ha caratterizzato
per quasi un secolo le Borse merci del nostro ordinamento.
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