La sequenza del Dna dell`Islanda

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La sequenza del Dna dell`Islanda
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Pianeta scienza
MARTEDÌ 7 APRILE 2015 IL PICCOLO
Fare il giornalista oggi significa
anche saper maneggiare (e raccontare) dati: cercare le fonti
giuste, destreggiarsi con le statistiche, creare infografiche, ma
non solo. Anche quest’anno il
master in Comunicazione della
Scienza “Franco Prattico” della
Sissa propone una scuola dedicata al data journalism. Le iscrizioni (che si effettuano online
alla pagina. http://ics.sissa.it/
dataj/domanda-ammissione)
sono aperte fino a domani e il
corso è utile al conseguimento
dei crediti formativi previsti
per assolvere all’obbligo della
formazione professionale con-
Data journalism: le iscrizioni entro domani
tinua dei giornalisti.
Le notizie talvolta si nascondono in mezzo ai numeri. Specialmente grazie a internet oggi
è facile per un giornalista avere
accesso a grandi collezioni di
informazioni su salute, ambiente, politica, consumi e molto altro. Saper costruire una
narrazione da questi grandi archivi di dati però richiede, oltre
al talento, anche conoscenze e
capacità specifiche che talvolta
non entrano nella formazione
“tradizionale” del giornalista.
La Scuola di Data Journalism,
alla seconda edizione, intende
fornire al giornalista gli strumenti all’avanguardia in questo campo.
La scuola, che si svolgerà nella sede di via Bonomea 265, a
Trieste, dal 6 all’8 maggio, si articola in attività pratico-teoriche che permetteranno ai partecipanti di acquisire le competenze necessarie a realizzare
un prodotto concreto di data
journalism. Le lezioni tratteranno gli aspetti fondamentali di
statistica e le principali tecniche di elaborazione dei dati utili alla produzione giornalistica
nel contesto più ampio dei mutamenti del sistema dell'informazione contemporaneo. Tra i
docenti: Luca De Biase giornalista del Sole 24 Ore, Guido Romeo, giornalista di Wired, Elisabetta Tola, giornalista e comunicatrice scientifica fondatrice
dell'agenzia Formica Blu.
La quota di iscrizione alla
scuola è di 200 euro e c'è tempo
fino a domani a mezzogiorno
per effettuare l’iscrizione, che
si può fare online alla pagina:
http://ics.sissa.it/dataj/domanda-ammissione. Si accetteranno fino a un massimo di 30
partecipanti. La scuola dà accesso ai crediti previsti per assolvere all'obbligo della formazione professionale continua
dei giornalisti. La frequentazione della scuola darà diritto a
dieci crediti. La Sissa è ente terzo autorizzato dall'Ordine dei
Giornalisti per la formazione
professionale continua.
Progetti reali ma con la realtà virtuale
Un’azienda che lavora da anni nell’Area di ricerca si è specializzata in rendering “in tempo reale”
di Federica Marchesich
La realtà virtuale anticipa sempre più la realtà tangibile. Come? Ad esempio con i
mock-up digitali che si rivelano di grande utilità nella progettazione industriale, grazie
al rendering real-time. Da questa breve descrizione e dai termini tecnici usati, nel gergo
perlopiù inglesi, può sembrare
una tecnologia oscura, ma così
non è. Oggi è sempre più frequente che l'industria delle costruzioni faccia ricorso a rendering (resa o restituzione grafica) statici o animati, con lo scopo principale di mostrare anteprime al cliente. Ma per verificare già in fase di sviluppo gli
aspetti legati alle funzionalità
del progetto si ricorre a modelli fisici in scala reale o ridotta
(mock-up) di parte delle funzionalità previste. Prendono il
nome di mock-up digitali
(Dmu) e vengono elaborati grazie alle attuali graphic processor unit, sviluppate soprattutto per il mercato dei videogiochi, ma che hanno notevoli potenzialità di utilizzo anche altrove. «La geometria del modello 3D può essere molto complessa» spiega Pietro Miceu, responsabile di Arsenal in Area
Science Park, società che sviluppa software per la simulazione.
“Proxima drillship”, una delle anticipazioni in tempo reale di un progetto (Courtesy of Fincantieri)
Fondata nel 1998 da ingegneri provenienti dall’industria Rpv - remote piloted vehicle - e simulatori volo (settore
militare) in questi 17 anni Arsenal si è proprio specializzata
nel tipo di rendering "in tempo
reale" e al momento l’azienda
sta sviluppando «una piattaforma di realtà virtuale che sia di
ausilio alla progettazione e alla
presentazione. Da noi si realiz-
zano modelli digitali dotati di
logica gestibile - cinematica e
dinamica - con cui si interagisce come con un modello fisico funzionale - per questo vengono indicati con Dmu (digital
mock-up). Gli utenti sono immersi nei modelli virtuali grazie a caschi o proiezioni 3D e vi
interagiscono per mezzo di diversi dispositivi wireless. I campi di applicazione di questi mo-
delli vanno dal navale, ai grandi impianti, dalle costruzioni
civili all’architettura.»
Per il controllo si usano interfacce virtuali, ad esempio tablet, ma anche fisiche, come
pannelli di comando identici a
quelli previsti nella realtà operativa.
«Per quanto riguarda prestazioni e funzionalità, i margini
di miglioramento sono ampi. Il
Nodi molecolari, come quelli dei velisti
Fra Trieste ed Edimburgo uno studio sulle forme dei “mattoncini” che facilitano gli assemblaggi
Trifoglio, Savoia, semplice… come si costruisce un nodo
“molecolare” con una di queste
forme? O ancora meglio, quali
sono i pezzetti più adatti per far
sì che il nodo si auto-assembli?
Un team di scienziati ha studiato e catalogato che forma devono avere i “mattoncini” molecolari per potersi assemblare
spontaneamente in nodi con
forme specifiche, ognuna con
una sua possibile utilità nelle
nanotecnologie. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Lo sanno bene velisti e alpinisti: ogni nodo ha una sua fun-
zione. C’è quello che scorre,
quello che “galleggia”, quello
che si scioglie con un solo gesto. Anche nell’ambito delle nanotecnologie è utile avere a disposizione diversi tipi di nodi
molecolari da sfruttare per
esempio come nano-gabbie
meccanicamente resistenti per
trasportare composti chimici,
oppure per confinare e controllare reagenti tossici. Finora i nodi molecolari sono stati prodotti esclusivamente per sintesi
chimica, ottenendo costrutti su
scala atomistica.
Nello studio coordinato da
Cristian Micheletti, professore
della Sissa, il team di ricercatori
(provenienti anche dall’Università di Edimburgo e dall’Università di Padova) ha affrontato
una sfida finora inesplorata: ottenere nodi di scala ben maggiore partendo da tasselli molecolari con forma specifica ed
estremi “appiccicosi” che permettono ai frammenti di auto-assemblarsi spontaneamente. Questi tasselli lasciati liberi
di muoversi e interagire in una
soluzione si appiccicano l’uno
con l’altro e formano delle unità tridimensionali complesse.
Come si fa a ottenere un nodo
di forma precisa con questo
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
processo? «È necessario studiare con precisione la forma del
tassello - spiega Micheletti, coordinatore dello studio -. Noi lo
abbiamo fatto usando le simulazioni al computer e abbiamo
stilato un “catalogo” di tasselli
per ogni uso». Il risultato del lavoro è stato appena pubblicato
su Nature Communications.
Nello studio è stato simulato
l’autoassemblaggio di tasselli di
varia foggia che interagiscono
in una soluzione virtuale, variando di volta in volta dei parametri specifici nella forma dei
frammenti. «In questo modo
abbiamo selezionato le forme
ricco mercato dei video giochi
3D induce un forte sviluppo di
tecnologie hardware e software specifiche di cui ora può beneficiare anche la simulazione. Fino a 10 anni fa era materia per grandi budget, militare
soprattutto, mentre adesso è
alla portata di molte aziende
ed istituzioni.»
E Miceu racconta anche un
simpatico caso pratico occorso in passato: un cliente di Arsenal necessitava di un progetto di architettura in digital
mock-up per un locale di ristorazione. L'architetto aveva interpretato i desideri dei proprietari, marito e moglie. Giunti nel laboratorio in Area Science Park, la coppia tramite occhialini 3D si trovò immersa
nel ristorante virtuale nella sua
dimensione reale, nel quale ci
si poteva muovere esaminando gli spazi da qualunque punto di vista e si scatenò una discussione accesa tra marito e
moglie, che si sentivano già
operativi in quell'ambiente, come fosse reale.
«La lite fu reale e il progetto
venne bocciato – dice divertito
Miceu – ma, superato il momento di delusione, l'architetto ammise che quella del digital mock-up era stata un'ottima idea, che aveva evitato probabilmente più gravi dispiaceri futuri...».
migliori per assemblare vari tipi
di nodo» spiega Micheletti.
I nodi possono trovare applicazioni nel campo delle nanotecnologie, per costruire nano-dispositivi con diverse funzioni. «Il nostro studio - conclude Guido Polles, primo autore
dello studio - dovrebbe fungere
da guida per gli sperimentali
che ora possono scegliere quali
nodi molecolari produrre tenendo conto della loro facilità o
difficoltà di assemblaggio spontaneo».
«Finora, gli sforzi di “design”
dei nodi molecolari - continua
Micheletti - hanno seguito la
naturale progressione della
complessità matematica dei nodi. Noi abbiamo scoperto che
questa scala naturale di complessità non correla necessariamente con la facilità di assemblaggio».
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AL MICROSCOPIO
La sequenza
del Dna
dell’Islanda
di MAURO GIACCA
E
ra l'870 dopo Cristo quando i primi coloni misero
piede in Islanda. La maggior parte venivano dalla penisola Scandinava; altri invece erano
di origine celtica, nati in Scozia e
Irlanda. Il numero dei migranti
fu modesto, dell'ordine di
10-20mila individui. Rimasero
poi isolati per i successivi mille
anni.
Nel 1996, Kari Stefansson,
islandese, medico, professore di
neurologia negli Stati Uniti, fondò a Reykjavík quella che oggi è
una delle più dirompenti aziende di biotecnologie, la DeCode
Genetics, che si è preposta lo
scopo di determinare la sequenza del Dna di tutti gli islandesi attuali, circa 325mila. Semplice il
ragionamento: visto il suo isolamento, il pool genetico dell'isola è relativamente omogeneo, e
quindi dovrebbe risultare facile
identificare mutazioni rare associate a malattie frequenti. Sulla
rivista Nature Genetics sono stati pubblicati quattro articoli in
cui vengono riportati i primi risultati basati sulla sequenza
completa del Dna di 2,636 islandesi, il più grande studio di questo tipo mai condotto finora. Negli oltre 20 milioni di variazioni
genetiche trovate, molte sono
interessanti: ad esempio, varianti del gene Abcb4 sono associate
alla calcolosi epatica, del gene
Abca7 all'Alzheimer, di Myl4 alla fibrillazione cardiaca.
Ma l'impresa della DeCode
Genetics non è priva di feroci detrattori. Molti sono infastiditi
dall'aggressività dell'operazione: all'inizio del 2014, la DeCode
aveva mandato con la posta a
ogni cittadino un kit per il prelievo del Dna, informando che dei
corrieri si sarebbero fatti vivi per
ritirare i campioni. Ma i corrieri
reclutati risultarono essere nientemeno che i volontari dell'omologo islandese del nostro Soccorso Alpino, un'organizzazione
molto amata e quindi in grado
di mettere una grande pressione
psicologica sui cittadini (la DeCode aveva promesso 20 dollari
all'organizzazione per ogni prelievo). E poi: chi sarà il depositario dell'informazione generata?
Inizialmente, l'azienda aveva stipulato un accordo con il governo islandese, che aveva promesso di mettere a disposizione i dati medici di tutti i cittadini. Ma
molti non vorrebbero che il governo entrasse in possesso di informazioni private riguardanti
non soltanto la salute, ma anche
le propensioni sociali e le abilità
intellettive e fisiche. E infine:
che fare se l'analisi genetica rivela la presenza di mutazioni associate a malattie gravi? E' lecito
rompere il vincolo della privacy
e comunicare forzatamente l'informazione all'individuo?
Nonostante le polemiche e i
questi irrisolti, DeCode continua imperterrita la sua operazione: più di un terzo del Dna dell'
isola è già in suo possesso, e sono ora 10mila i genomi già sequenziati.