La storia di me Ho 33 anni, una moglie, 2 figli, un terzo in arrivo e il

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La storia di me Ho 33 anni, una moglie, 2 figli, un terzo in arrivo e il
La storia di me
Ho 33 anni, una moglie, 2 figli, un terzo in arrivo e il cancro.
Non è facile parlarne. Non riesco a dirlo nemmeno a me. La sera ascolto il mio corpo che
nonostante tutto vive e si trasforma. Lentamente si lascia invadere. Oppone una debole
resistenza. A volte di più. A volte di meno. Ho consultato medici, sperimentato terapie,
ingoiato capsule, iniettato liquidi dagli effetti devastanti. Sempre con uno sguardo a metà.
Immerso nella paura, instancabile compagna, ho imparato a muovermi a vista. Mia moglie
inaugura ogni giorno un’espressione nuova. Ma gli occhi la tradiscono. Il suo ventre gonfio
parla di una vita in arrivo. La sua mano stringe una vita in partenza.
Mi sentivo stanco, affaticato “è lo stress” una formula più che una diagnosi. Un modo di
riscrivere pagine di letteratura medica e psicologica. Il sintomo diventa la malattia. La
malattia della psiche si cura con rimedi alternativi. Globuli bianchi, globuli rossi, il
conteggio di piastrine. Ferro basso, un’anemia. Un’alimentazione più ricca, frutta e verdura
fresca, Niente caffè, ridurre il lavoro, più passeggiate nel verde e “si goda i figli e la sua
bella moglie”.
Ho da poco acquistato la casa e sto finendo di arredarla. La macchina nel garage.
Monovolume, se no la famiglia non ci sta. Ho un figlio di 5 anni che è la mia ombra. Una
figlia di 3 anni capricciosa ed adorabile. Un altro figlio in arrivo. Mia moglie interpreta
l’attesa. Aspetta che il cancro si fermi, che il medico mi dia un rimedio rivoluzionario, che
avvenga un miracolo, che nasca il nostro terzo figlio.
Ho un aspetto sano. Chi mi incontra si complimenta per la floridezza. Il cortisone regala
chili e distende le rughe.
Sento i noduli sotto le dita, perle di male. Mi sottopongo alla chemio settimanale sfogliando
il giornale. Notizie sportive, la mia squadra del cuore – la seguo da quando avevo 15 anni
– gli eventi culturali – la presentazione di qualche libro, scrittori in aumento nonostante la
crisi dell’editoria – il teatro e le previsioni meteorologiche. Da giorni i gradi oscillano solo di
½ grado in su, o in giù. Fa caldo. Io sudo e avrei voglia di bere. Una birra. Ghiacciata.
“Stia fermo, per carità!”. L’infermiera controlla l’ago. Divento impaziente, mi muovo. La
macchina manda un suono, un segnale. Anche lei è stanca di essere usata. Lasciateci
morire in pace. Sento la vita fluire via attraverso quel tubicino. Resto a guardarlo e mi
prende la smania. Perdo tempo oltre che capelli.
Dopo la mia dose chimica ho bisogno di silenzio. Assenza di rumori per contemplare il mio
corpo. Mi muovo a rilento. Mi fa male la pelle, le articolazioni, le ossa.
La chemio mi toglie età, mi toglie vigore. Mi restituisce vecchio ed affaticato.
Lo scambio avviene con regolarità settimanale. 1 volta alla settimana, per 3 settimane di
seguito, per 5 mesi.
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Poi di nuovo liquidi e parti solide in esame. Inoperabile! Senza appello, senza scampo,
senza futuro, senza domani. Nessun corteo, nessuna fiaccolata, nessuna sollevazione
popolare per fermare una sentenza crudele. Manifesti con la mia foto, candele, canti.
“Dead man walking”. Condannato a morte, sentenza inappellabile. Nessuna grazia.
Come sarà quando accadrà? Di che colore avrà gli occhi? Per tutti la morte ha uno
sguardo (leggevo Pavese, ora non più).
Sfoglio Diabolik. Un travestimento per sfuggire al mio destino. Una calzamaglia per irridere
la mia sorte. Eva mi sorveglia e non ride delle mie battute. “Sei acido di chemio” mi dice.
Ho 33 anni, 3 mesi, 20 giorni e un sacchetto di ore e minuti. Mi figlia mi ha chiamato
papino e mi ha messo le mani sul viso. Ho pianto lacrime disperate. Un dolore nuovo,
desolante. Ricorderà la mia faccia? La mia voce? Il mio passo? Il mio odore? Ricorderà
che le ho dimezzato il nome e che la notte rubo il suo fiato? E mio figlio? L’ometto di casa
come lo chiama mia moglie. E’ pronto a prendere un posto che non gli spetta? E lui? Quel
cosino che cresce ovattato? Non riuscirò a vedere il tuo viso, non vedrai il mio. Foto,
faccio foto. Un’eredità di immagini. Basterà a tenere vivo il mio ricordo? “Hei piccolino, lo
sai che ci sei già per me?”
Una mano d’insistenza sull’addome gonfio. Un impercettibile movimento – forse un piedino
chissà – un’angoscia tremenda.
Un corpo di carne, un corpo d’essenza. “La tua essenza non ci abbandonerà”. Mia moglie
prega – è fidente, è credente – prega per me.
Sto meglio – così mi sembra - mi alzo. In bagno ispeziono il mio volto. Mi rado, non amo il
mio aspetto disordinato e grigio. Offuscato lo sguardo. Stampella umana. Respiro a fatica.
Mi sorregge mia moglie. Steso di fresco. Le stringo la mano “sto andando via… non ti
vedo più”. Ho chiuso gli occhi come si fa per dormire. Senza rantoli, senza sovra fiato.
Così, all’improvviso. Mia moglie mi ha vestito. Ha trattenuto le lacrime. Ha chiamato i miei
fratelli e pochi amici. Sono venuti di corsa ed hanno portato via i miei bambini. Mia moglie
mi è stata vicina, ha mischiato lacrime e preghiere. Ha vegliato il mio corpo, ha pregato la
mia anima. Sono rimasto a guardarla. Ero sereno, in pace. Ho visto i miei bambini giocare,
ignari. Di lì a poco sarebbero cominciate le domande, soprattutto del più grande. La
piccola no. Avrebbe vissuto la sua vita dimenticandomi con forza. Accantonandomi.
L’avrebbe aiutata a soffrire di meno. L’ultimo è nato 3 mesi dopo. Gli hanno messo il mio
nome. E’ la mia foto vivente. Mia moglie ogni anno mi porta 7 rose rosse. Me l’ha
promesso per ricordare i 7 anni vissuti insieme. Ho lasciato cose in sospeso, a metà, da
completare. Le rate della casa, della macchina, l’arredo. Volevo che mia moglie si
comprasse la pelliccia, qualche gioiello. Volevo lasciarla ricca di oggetti. Ma lei ha preferito
me. Riusciva a distrarmi da queste mie ossessioni sigillando il suo cuore oppresso.
Ho 3 figli che camminano nel mondo. Passi incerti a volte. Più decisi altre volte. Li ho visti
crescere, li ho visti scegliere, li ho visti sbagliare e piangere. Li ho visti gioire.
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Ho condiviso le loro passioni, i loro timori, le loro incertezze. Le mie immagini hanno
tenuto vivo il ricordo. Fermo nel tempo. Immortale.
La mia piccola oggi è una donna. Pochi anni fa mi ha cambiato di posto. Ero ancora
avvolto in un telo di lino. Intero. Sagoma di cartapesta, uno scheletro di fasce muscolari
con ciuffi di capelli alla base del cranio. Mi ha riconosciuto subito. Mi ha visto, ha
individuato il disegno del viso, l’espressione del volto, quasi un movimento ed ha detto
d’impeto “questo è mio padre!”. C’era anche mio fratello, oggi proprio anziano, che
piangeva come un bambino. Mia figlia no, ha tenuto il groppo. Stringeva fiori di campo. “Sì,
è lui!” ha ripetuto con forza Mi hanno sollevato e portato via. Lei mi ha seguito. Un fremito
di labbra, un sorriso appena accennato – finalmente! – mi ha sussurrato parole di cuore
“ora so che sei stato per davvero, che eri vero, che sei vero per me!”.
Quanto è lunga la vita di una farfalla? Attimi di eterno…
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