GUARDIA DI FINANZA COMANDO REGIONALE VENETO

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GUARDIA DI FINANZA COMANDO REGIONALE VENETO
GUARDIA DI FINANZA
COMANDO REGIONALE VENETO
SEZIONE STAMPA E RELAZIONI ESTERNE
RAPPORTO ANNUALE ANNO 2011
“COMUNICATO STAMPA”
TUTELA DEI MERCATI E DEL CONSUMATORE
AREE INTERESSATE:
TUTELA DEL
CONSUMATORE
TUTELA DEL
MERCATO DEI
CAPITALI
DIRITTO PENALE
COMMERCIALE E
FALLIMENTARE
VENEZIA, 13 FEBBRAIO 2012
Comando Regionale Veneto Guardia di Finanza
Sezione Stampa e Relazioni Esterne
Comunicato stampa
Venezia, 13 febbraio 2012
Al presente comunicato stampa si allegano:
Prospetto riepilogativo;
Comunicato stampa datato 6 dicembre 2011 del Comando
Provinciale di Verona (Allegato n. 1);
Comunicato stampa datato 11 febbraio 2011 del Comando
Provinciale di Padova (Allegato 2);
Comunicato stampa datato 15 giugno 2011 del Comando
Provinciale di Padova (Allegato 3);
Comunicato stampa datato 2 aprile 2011 del Comando
Provinciale di Vicenza (Allegato n. 4);
Comunicato stampa datato 2 dicembre 2011 del Comando
Provinciale di Verona (Allegato n. 5);
Comunicato stampa datato 7 dicembre 2011 del Comando
Provinciale di Vicenza (Allegato n. 6);
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TUTELA DEI MERCATI E DEL CONSUMATORE
ATTIVITÀ DELLA GDF VENETO
I RISULTATI 2011
CONTRAFFAZIONE – SICUREZZA PRODOTTI – DIRITTI D’AUTORE
- Violazioni
- Soggetti denunciati
- Soggetti arrestati
- PRODOTTI CONTRAFFATTI SEQUESTRATI
. numero pezzi
. euro
. kg.
- PRODOTTI NON SICURI SEQUESTRATI
. numero pezzi
per un controvalore di euro
. kg.
. litri
- PRODOTTI SOGGETTI A DIRITTO D’AUTORE
. numero pezzi sequestrati
787
555
11
4.068.350
32.416
16.760
703.531.248
21.343.670
343
2.519
105.783
MERCATO DEI CAPITALI
- Numero interventi
- Soggetti denunciati
- Soggetti arrestati
- Valuta sequestrata
- Numero banconote false sequestrate
952
389
21
€ 5.672.513
7.081
ESPORTAZIONE ILLECITA CAPITALI ALL’ESTERO
- Soggetti verbalizzati
- Ammontare valuta
139
€ 20.655.030
- Numero segnalazioni operazioni sospette
3
575
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Sezione Stampa e Relazioni Esterne
ALLEGATO 1
Comunicato stampa
Verona, 6 dicembre
OPERAZIONE “GATTO CON GLI STIVALI”
LA GUARDIA DI FINANZA DI VERONA SCOPRE
UNA GIGANTESCA FRODE ALIMENTARE (E FISCALE)
NEL SETTORE DELL’AGRICOLTURA “BIOLOGICA”
ARRESTATI 7 RESPONSABILI CHE HANNO IMMESSO SUL
MERCATO PRODOTTI ALIMENTARI FALSAMENTE BIOLOGICI
PER UN VALORE DI OLTRE 220 MILIONI DI EURO,
PARI A PIU’ DI UN DECIMO
DELL’INTERO MERCATO NAZIONALE DI SETTORE
Erano riusciti a quadruplicare i loro guadagni, a garantire come biologici milioni di quintali di
prodotti agricoli che biologici non erano mai stati, a far figurare come provenienti da produzioni
locali cereali che, tra l’altro, di italiana avevano solamente la destinazione finale.
Per anni avevano operato indisturbati; le loro aziende erano “biologiche” a tutti gli effetti;
“biologiche” erano altresì certificate le imprese dei grossisti che si sarebbero poi occupati di
piazzare sul mercato dei grandi acquirenti cereali ed altre produzioni agricole che biologiche
non erano -ma lo diventavano attraverso tutta una serie di falsificazioni documentali- ed il cui
destino finale era l’alimentazione animale e quella umana.
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Il tutto grazie alla costante e stretta compiacenza di funzionari e dipendenti degli
organismi deputati a certificare come biologica la produzione e la provenienza
dei prodotti agricoli che non esitavano a “trasformare” il prodotto
convenzionale in prodotto autenticamente “biologico”.
La Guardia di Finanza di Verona, dopo oltre un anno di serrate indagini coordinate
dalla dottoressa Maria Beatrice Zanotti, Sostituto Procuratore presso il Tribunale della
città scaligera, ha dato esecuzione stamane nelle province di Verona, Ferrara,
Pesaro Urbino e Foggia ad ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte dal
Giudice per le Indagini Preliminari, dottor Guido Taramelli, nei confronti di:
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MARINUCCI LUIGI, nato ad Angiari (VR) il 04/05/1948 ed ivi residente in via
Cason 1002.
SCAPINI DAVIDE, nato a Verona il 29/05/1968 e residente in Sona (VR), via
Grola 7.
SIENA ANGELA NAZARIA, nata a San Severo (FG) il 28/07/1972 ed ivi residente
in via Pietro Nenni Km 0 500.
GRASSI ANDREA, nato a Budrio (BO) il 04/01/1966 e residente in Argenta (FE)
via Alessandri Adolfino 4/1.
GROSSI MICHELE, nato a Fossombrone (PS) il 05/08/1975 e residente in Fano
(PU) via Marco Polo 00020.
SPADINI STEFANO, nato a Genova (GE) il 14/06/1965 e residente in Monte
Cerignone (PU) via San Donato 47.
ALBIERO CATERINA, nata a Zevio (VR) il 10/10/1964 e residente in Salizzole
(VR), via Zanon 4.
Interventi di perquisizione sono altresì in corso presso diverse aziende e altri soggetti
indagati in località delle province di Verona, Padova, Rovigo, Bergamo, Bologna,
Macerata e Foggia.
L’indagine condotta dalle fiamme gialle veronesi ha riguardato oltre 40 imprese, tutte
operanti nel settore della produzione e commercializzazione di cereali e frutta fresca e
localizzate in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Marche,
Abruzzo, Puglia e Sardegna.
Il volume delle transazioni scoperto dai militari della Guardia di Finanza è veramente
impressionante: oltre 200 milioni di Euro di fatture per operazioni inesistenti, più
di 2.500 tonellate di merce (frumento, favino, soia, farine, frutta fresca
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principalmente) sequestrata in quanto falsamente biologica, oltre 700 mila
tonnellate
di
prodotti
alimentari
dichiarati
falsamente
biologici
commercializzate.
La rilevanza dei volumi di merce che gli investigatori hanno accertato essere
“falsamente biologica”, il cui valore sul mercato all’ingrosso supera i 220 milioni di
euro, emerge anche se si considera che attualmente gli italiani destinano oltre 3
miliardi e mezzo di euro della loro spesa alimentare quotidiana all’acquisto di prodotti
da agricoltura biologica.
Il meccanismo di frode, perpetrato dalle società italiane ed avallato dagli organismi di
controllo è particolarmente complesso; le Fiamme Gialle di Verona hanno avviato
l’indagine supportati dai poteri di polizia economica e finanziaria attribuiti alla
Guardia di Finanza dal decreto legislativo n. 68 del 2001. Dopo aver individuato
lotti di merce falsamente biologica in tutta Italia, attraverso i canali internazionali di
polizia degli specialisti del II Reparto del Comando Generale della Guardia di
Finanza, hanno operato anche sull’estero congiuntamente ad Europol -l’Agenzia
europea delle forze di polizia-, dove sono riusciti a ricostruire le propaggini del traffico
internazionale di prodotti falsamente attestati come biologici dagli organismi di
certificazione operanti in Italia.
La merce in parte prodotta in Italia (Puglia, Marche, Emilia Romagna, Veneto) ed in
parte importata dalla Romania è poi stata rivenduta, oltre che in Italia, in Olanda,
Germania, Spagna, Francia Belgio, Ungheria, Austria e Svizzera e sono al vaglio
degli inquirenti le eventuali implicazioni di soggetti europei consapevoli di acquistare
un prodotto falsamente biologico che mediamente viene venduto al consumatore
finale almeno il quadruplo rispetto al paritetico prodotto da agricoltura convenzionale.
Molti gli artifizi posti in essere per trasformare sulla carta il prodotto agricolo
convenzionale in “biologico”; per esempio le farine e il frumento provenienti dalla
Romania ed introdotti in Italia come prodotto comunitario, grazie ad una società creata
ad hoc da soggetti italiani con la compiacenza di soggetti Romeni, non erano prodotti
con gli standard dettati dalla normativa dell’Unione Europea in materia di produzioni
biologiche, ma erano prodotti in Stati non appartenenti all’Unione Europea nei quali la
normativa sull’utilizzo di pesticidi et similia non è stringente come quella del legislatore
comunitario; per poi ottenere il “prodotto biologico” bastava intervenire sulla
documentazione fiscale che accompagnava il carico di prodotto: i compiacenti
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funzionari degli organismi di vigilanza si prestavano per l’alterazione ovvero integrale
nuova formazione della documentazione fiscale che accompagnava il carico, e il
prodotto “diventava biologico” e il suo valore di mercato quadruplicava.
Farine, cereali e frutta fresca ormai divenuti biologici venivano quindi acquistati da
grossisti dell’industria agro-alimentare per essere utilizzati nella produzione di
prodotti alimentari che, a questo punto, non potevano che essere venduti come
biologici a prezzi ben più alti rispetto a quelli dei prodotti alimentari convenzionali.
Le accuse nei confronti dei sette arrestati, e di tutti i 13 indagati, vanno dalla
Associazione a delinquere (articolo 416 del Codice Penale) e dalla Frode in
Commercio (articoli 515 e 516 del Codice Penale) ai reati fiscali di Dichiarazione
fraudolenta ed Emissione ed Utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti
(articoli 2. 3 e 8 del decreto legislativo 74 del 2000); non mancano le numerose
ipotesi di falsificazione che hanno riguardato la documentazione certificativa dei
carichi di prodotti alimentari (articoli 476, 477, 478 e 482 del Codice Penale).
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ALLEGATO 2
Comunicato stampa
Padova, 11 Febbraio 2011
In una ditta padovana, proprietario un cinese
RUBINETTI TOSSICI: DISINNESCATA IN TEMPO LA BOMBA
Cromo, piombo e nichel in quantità elevatissime
Trentottomila tra rubinetti, soffioni per doccia e raccorderie, stoccati in due
magazzini, sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza a Padova a un
extracomunitario di origine cinese.
La merce, tutta contraffatta e proveniente dallo stesso Paese asiatico, è stata
analizzata dal Dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica
dell’Università di Padova, rivelando valori di piombo, cromo e nichel ben
superiori alle soglie tollerate dalla legge, gravemente tossici per l’uomo.
Anche l’ulteriore perizia eseguita dagli esperti del Dipartimento di Processi
chimici dell’ingegneria dello stesso Ateneo, ha certificato come i campioni
esaminati, realizzati con criteri non rispondenti alle norme tecniche riconosciute
a livello nazionale ed internazionale, reagissero al contatto con l’acqua potabile
con modalità altamente pericolose, nel lungo periodo, per la salute umana.
Nei medesimi capannoni sono stati inoltre trovati e sequestrati altri 50.000
prodotti e utensili privi o recanti il marchio CE apposto in modo fraudolento
nonché 3700 metri di cavo elettrico sprovvisto di certificazione di sicurezza.
L’imprenditore cinese, titolare di entrambi i depositi e peraltro evasore totale, è
stato denunciato all’Autorità giudiziaria in quanto responsabile dei reati di
contraffazione e adulterazione di acque o sostanze alimentari e delitti contro la
salute pubblica, con una pena che oscilla tra i 3 e i 10 anni di reclusione.
Da quando è divenuto operativo il Piano provinciale per il contrasto alla
commercializzazione di prodotti contraffatti e pericolosi (oltre 205 milioni di
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pezzi finora sequestrati), la Guardia di Finanza di Padova ha riscontrato un
universo di irregolarità: merce contraffatta, giocattoli pericolosi, pennarelli
tossici, articoli privi di certificazione di sicurezza.
Un sottobosco di beni fuorilegge che cerca di ramificarsi in continuazione,
insidiando il tessuto imprenditoriale sano, mettendo talvolta in pericolo la salute
dei consumatori. Nulla poteva far pensare, però, che la totale mancanza di
scrupoli di alcuni operatori commerciali arrivasse a concepire di vendere al
pubblico prodotti potenzialmente cancerogeni, così numerosi da essere pari a
quasi un sesto della popolazione che vive nella città del Santo.
Le indagini proseguiranno, nelle prossime settimane, per ricostruire l’intera
filiera di produzione ed individuare l’azienda cinese che ha fabbricato i
manufatti.
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ALLEGATO 3
Comunicato stampa
Padova, 15 giugno 2011
MAXI SEQUESTRO DI
700 MILIONI DI PRODOTTI MADE IN CHINA
MESSI IN SICUREZZA ANCHE 9.000 ANELLI ED
ORECCHINI IN LEGA DI METALLO SPACCIATI PER
ARGENTO E POTENZIALMENTE TOSSICI
Non conosce sosta il contrasto al commercio di merce irregolare
da parte della Guardia di Finanza di Padova.
Seguendo le tracce contabili di un precedente sequestro, i
militari del Nucleo di Polizia Tributaria sono risaliti nella filiera
commerciale fino all’operatore economico con sede nel
capoluogo lombardo, destinatario dei carichi in arrivo dal Paese
delle lanterne rosse.
All’atto dell’accesso nei locali della ditta, la pattuglia si è trovata
di fronte ad un vero e proprio universo luccicante di bijoux di
tutti i tipi: accessori, collane, anelli, pendagli. Quintali su
quintali di merce con gli “occhi a mandorla”, priva però dei
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requisiti necessari per la vendita: etichettatura e indicazioni su
provenienza e canali d’importazione – oltre che distribuzione –
sul territorio nazionale. È così scattato il sequestro di pallets ed
interi scaffali e conseguente segnalazione alle autorità
competenti.
Di altra natura, e ancor più gravi, le violazioni relative a 9.000
articoli di gioielleria, rinvenuti in un emporio di Corso Stati Uniti
a Padova: presso il bazar – anch’esso gestito da
un’imprenditrice asiatica – i finanzieri hanno scovato anelli ed
orecchini che venivano spacciati per argento 925. Nulla di più
falso: sottoposti ad analisi con spettrometria a fluorescenza a
raggi X, i “gioielli” si sono rivelati essere realizzati in una lega
rame/zinco con rivestimento galvanico in nichel. Oltre al
deprecabile aspetto della frode in commercio, va ora verificata
anche la possibile nocività della composizione metallica del
materiale sequestrato, potenzialmente pericoloso per il
consumatore finale. Per l’ennesima volta, la domanda da porre è
se valga effettivamente la pena di barattare la propria salute
per un risparmio di alcuni euro e, per l’ennesima volta, la
risposta è contenuta nelle poche, scarne ma chiare righe degli
esiti agli esami di laboratorio.
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ALLEGATO 4
Comunicato Stampa
Vicenza, 02 aprile 2011
GUARDIA DI FINANZA:
ATTIVITA’ ANTIRICICLAGGIO:
INDIVIDUATE OPERAZIONI FINANZIARIE SOSPETTE PER
OLTRE 21 MILIONI DI EURO.
SOCIETÀ FIDUCIARIA RESPONSABILE DI NON AVERE
SEGNALATO I PROPRI CLIENTI
I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza, su delega del Nucleo
Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, hanno dato
esecuzione ad un’attività ispettiva finalizzata a verificare il rispetto delle norme
nazionali e comunitarie a contrasto del riciclaggio di denaro nei confronti di una
società fiduciaria di Verona.
Le Fiamme Gialle di Vicenza hanno contestato all’intermediario finanziario controllato
ed ai suoi rappresentanti di avere omesso di segnalare operazioni sospette di
riciclaggio per oltre 21 milioni di euro, realizzate per conto di propri clienti,
contestando sanzioni sino ad un massimo di 8 milioni di euro. Nell’ambito della
medesima ispezione, è stata anche riscontrata l’omessa registrazione di un
mandato fiduciario relativo ad un trust amministrato dalla medesima fiduciaria
veronese.
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La normativa antiriciclaggio obbliga gli intermediari finanziari - ma anche i
professionisti quali, ad esempio, avvocati, notai, commercialisti, o anche le società di
recupero crediti o le agenzie di affari in mediazione immobiliare - ad inviare alla Unità
di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia le segnalazioni di operazioni
sospette quando sanno o hanno motivi ragionevoli per sospettare che le transazioni
finanziarie poste in essere siano tentate, ovvero compiute, per riciclare i proventi da
reato ovvero per finanziare il terrorismo internazionale.
L’attenzione dei finanzieri di Vicenza si è focalizzata su alcuni mandati aventi ad
oggetto operazioni di versamento di denaro su polizze vita “anomale”, perché
chiaramente svantaggiose per i sottoscrittori, posto che la restituzione dei premi
versati (pari, in alcuni casi, ad oltre € 4.000.000,00) ovvero il pagamento del relativo
vitalizio si sarebbero realizzati, in misura del tutto inverosimile, al compimento
del 99° anno di età dei clienti. In realtà, la reale ragione sottostante a tali contratti
assicurativi doveva più verosimilmente individuarsi nell’esigenza di occultare al Fisco
cospicue disponibilità finanziarie, atteso che le polizze vita “anomale” prevedevano
il
trasferimento
del
denaro,
con
garanzia
dell’anonimato
(grazie
alla
interposizione della stessa società fiduciaria), in favore di una compagnia
assicurativa con sede nel Principato del Liechtenstein, che li avrebbe gestiti
attraverso depositi collocati in istituti di credito della Svizzera ovvero delle Bahamas,
vale a dire in Stati considerati dall’Amministrazione finanziaria italiana quali “paradisi
fiscali e finanziari”.
In un altro caso, l’attività sospetta posta in essere dalla fiduciaria veronese ha preso
in esame il rimpatrio di disponibilità finanziarie, detenute nel Principato di Monaco,
per mezzo del cd. “scudo fiscale”. Tali risorse avrebbero dovuto essere considerate
con maggiore attenzione da parte dell’intermediario ispezionato, perché riconducibili,
per il tramite di una terza persona, ad una persona già coinvolta in indagini
penali per evasione fiscale internazionale.
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I motivi di sospetto, legati a tali operazioni con l’estero, sono emersi con maggiore
evidenza nel momento in cui è stato possibile rilevare che i clienti della fiduciaria,
per conto dei quali erano state realizzate tali operazioni finanziarie (pari ad un totale di
oltre 21 milioni di euro), in molti casi avevano dichiarato al Fisco italiano dei redditi
del tutto risibili.
La società fiduciaria ed i relativi amministratori, cui sono state contestate pesanti
sanzioni amministrative, sono stati segnalati alla Direzione Antiriciclaggio del
Ministero dell’Economia e Finanze, per aver omesso di segnalare tali operazioni
finanziarie sospette di riciclaggio, così come previsto dall’art. 41 del Decreto
Legislativo 231 del 2007.
Del resto, l’intermediario oggetto di controllo è venuto meno ai doveri imposti dalla
normativa antiriciclaggio, i cui principi ispiratori sono legati alla necessità di monitorare
ed individuare le operazioni sospette così da impedire che il sistema finanziario venga
utilizzato per finalità illecite, quali la circolazione ed il reimpiego di denaro proveniente
dalla commissione di reati ovvero destinato al finanziamento del terrorismo
internazionale.
Ulteriori dettagli possono essere forniti dal Ten. Col. t.ST Paolo Borrelli, Comandante
del Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza.
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ALLEGATO 5
Comunicato stampa
Verona, 2 dicembre 2011
FALLIMENTO
DELLA SOCIETA’ “DIAF ITALIA SRL” DI VERONA
LA GUARDIA DI FINANZA
ARRESTA DUE IMPRENDITORI
La Guardia di Finanza di Verona, al termine di specifiche ed accurate indagini di polizia
giudiziaria, coordinate dal dottor Marco Zenatelli, Sostituto Procuratore presso la locale
Procura della Repubblica, ha tratto in arresto due imprenditori coinvolti a vario titolo nel
fallimento della società DIAF Italia Srl, attiva nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di
prodotti alimentari, con sede in via Tombetta 42 a Verona.
L’analisi dell’esigua documentazione rinvenuta dai finanzieri del Comando Provinciale di
Verona ha permesso comunque di portare alla luce numerosi comportamenti riconducibili
ad una sistematica volontà di depredare le risorse finanziarie della società per un
esclusivo arricchimento personale degli amministratori della stessa.
Dall’esame delle risultanze contabili la società aveva, all’apparenza, bilanci solidi e
pertanto non vi erano aspetti prodromici ad un eventuale stato di insolvenza.
Le indagini svolte dalle Fiamme Gialle hanno invece consentito di accertare diverse
fattispecie penali, tra le quali:
- - la distrazione, ai sensi dell’articolo 216 della vigente Legge Fallimentare,
dalle casse societarie dell’importo di circa 500.000 euro, somma incassata dai
due soggetti coinvolti, giustificata anche da documentazione contabile e fiscale
artefatta, nonché di 8 automezzi intestati alla società fallita;
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- - il ricorso abusivo al credito sanzionato penalmente dall’articolo 218 della stessa
legge fallimentare, per la cifra di oltre 255.000 euro, derivante dall’importo di false
fatturazioni emesse dalla DIAF Italia Srl nei confronti di vari operatori commerciali del
settore, estranei ai fatti;
- - false comunicazioni sociali ai sensi dell’articolo 2621 del Codice Civile, in quanto,
al fine di ingannare la clientela, gli odierni arrestati facevano apparire una situazione
societaria florida e solida, ancorché non reale;
- - un’ipotesi di truffa sanzionata dall’articolo 640 del Codice Penale, a seguito di
denuncia presentata da uno dei soggetti fornitori della DIAF Italia srl, per cessioni di
merce per euro 20.000 circa, non pagate.
I responsabili della società, ristretti presso le Case Circondariali di Verona-Montorio e di
Alessandria, sono due cittadini marocchini, rispettivamente di 45 e 35 anni, da tempo
residenti in Verona e legati fra loro anche da rapporti di parentela. Uno dei due
recentemente aveva trasferito la propria residenza nell’Alessandrino, dove i finanzieri di
Verona, con la collaborazione dei colleghi di Novi Ligure, lo hanno arrestato.
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ALLEGATO 6
Comunicato Stampa
Vicenza, 07 dicembre 2011
FALLIMENTO THERMOPLAST S.P.A. DI ORGIANO
(VICENZA)
8 INDAGATI TRA IL VENETO ED IL LAZIO
PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA
LA GUARDIA DI FINANZA SEQUESTRA VILLE,
APPARTAMENTI, CAPANNONI INDUSTRIALI, UNA SALA
CINEMATOGRAFICA, TERRENI AGRICOLI ED UN ESTESO
IMPIANTO FOTOVOLTAICO,
PER UN VALORE DI 18 MILIONI DI EURO
LE DISTRAZIONI, QUANTIFICATE IN 21 MILIONI DI EURO,
AVVENIVANO ANCHE ATTRAVERSO IL RICORSO
A SOCIETA’ SVIZZERE, STATUNITENSI, RUMENE E SERBE
Il Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza ha dato esecuzione - nelle
Regioni Veneto, Lazio e Piemonte - a 18 perquisizioni locali (di cui 10
presso abitazioni, 7 presso imprese e 1 presso uno studio notarile)
disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza
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nell’ambito di una attività di indagine diretta dal Sostituto Procuratore
dr. Luigi Salvadori ed avviata a seguito del recente fallimento della
THERMOPLAST S.p.a. di Orgiano (VI), società operante nel campo
della fabbricazione di articoli ed accessori per la casa, il giardino e
l’illuminazione in materie plastiche, che, nel 2010, ha conseguito un
volume d’affari di 18 milioni di euro e, in precedenza, ha realizzato
operazioni attive annualmente pari anche a 30 milioni di euro,
giungendo ad impiegare circa 80 dipendenti.
Nel medesimo contesto, i finanzieri hanno anche proceduto al
sequestro preventivo - disposto con procedura d’urgenza dal Pubblico
Ministero e successivamente convalidato dal G.I.P. del Tribunale di
Vicenza, dr. Stefano Furlani - di 2 appartamenti di pregio ed un’intera
sala cinematografica nel centro storico di Vicenza, n. 1 capannone
industriale di circa 20.000 metri quadri nel comune di Orgiano (VI) e
ulteriori n. 9 immobili (due locali commerciali per complessivi 1.400
metri quadri, una chiesetta e 6 appartamenti) nei comuni di Sossano
(VI), Poiana Maggiore (VI) e Altavilla Vicentina (VI). A tali beni vanno
aggiunti anche 30 ettari di terreni agricoli nei comuni di Altavilla
Vicentina (VI), Arcugnano (VI), Campiglia dei Berici (VI) ed Orgiano (VI),
oltre ad un esteso impianto fotovoltaico (tra i più grandi impianti
privati di produzione di energia solare in ambito europeo).
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Il valore complessivo dei beni oggetto del provvedimento di sequestro
preventivo è stato quantificato in € 17.830.644,00.
Le attività di indagine condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza
hanno preso avvio nei giorni immediatamente successivi al 17 ottobre
2011, quando il Tribunale di Vicenza ha certificato lo stato di
insolvenza della THERMOPLAST S.p.a.. Gli immediati riscontri
mettevano subito in evidenza gravi anomalie di gestione, soprattutto con
riguardo agli ultimi mesi di attività della fallita. Emergeva, infatti, che
THERMOPLAST S.p.a. aveva sistematicamente distratto risorse
finanziarie, beni strumentali, macchinari e materie prime in favore di
una società controllata serba. A tali rilevantissime distrazioni faceva
seguito la totale cessione delle quote di partecipazione detenute
dall’impresa di Orgiano in favore di una società svizzera, con sede a
Lugano: a fronte della cessione di tale partecipazione per un valore di
1,8 milioni di euro, non vi è stato, peraltro, il pagamento di alcun
corrispettivo.
Ad un tempo, THERMOPLAST S.p.a. si è anche spogliata di ulteriori
risorse finanziarie e di un importante asset, rappresentato dal citato
impianto fotovoltaico, in favore di una società immobiliare riconducibile
al medesimo amministratore della fallita, senza che a tale vendita
seguisse alcun pagamento. In questo modo, le condotte distrattive,
integranti il delitto di bancarotta fraudolenta, emergevano in tutta la loro
gravità fin dai primi giorni dell’indagine, con la quantificazione in via
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preliminare di distrazioni patrimoniali per circa 6,5 milioni di euro, cui
si aggiungono altri 2,8 milioni di fatture inesistenti, utilizzate
fraudolentemente per l’abusivo ricorso al credito bancario.
Ulteriori approfondimenti investigativi mettevano in luce un disegno
criminoso ben più ampio ed articolato, allorquando l’attenzione dei
finanzieri si spostava sulla società IL PALAZZETTO S.p.a., impresa
immobiliare riconducibile all’ultimo amministratore di THERMOPLAST
S.p.a.. Infatti, dagli approfondimenti emergeva che IL PALAZZETTO
S.p.a., vera e propria “cassaforte” dei beni di famiglia accumulati nel
corso degli anni di attività della fallita, si era integralmente spogliata del
proprio vasto patrimonio di fabbricati (stimabile in oltre 13 milioni di
euro) attraverso il conferimento degli stessi in favore di una S.r.l. neo
costituita, con capitale sociale di 10.000 euro e sede legale in Roma,
ottenendo in cambio quote di proprietà della medesima S.r.l., pari al
49 % del capitale, per un valore di 4.900 euro. Il restante 51 % del
capitale sociale veniva, invece, acquisito da una società anonima
elvetica, a fronte dell’impegno della stessa a sottoscrivere un
versamento di (soli!) 5.100 euro, di cui soltanto 1.275 euro
effettivamente versati alla data della costituzione. Allo stesso modo, i
vasti terreni detenuti da IL PALAZZETTO S.p.a., stimabili in un valore di
oltre 1,5 milioni di euro, venivano ceduti ad una neo costituita società
forestale con sede in Roma e gestita dal medesimo amministratore della
S.r.l. cui erano stati precedentemente conferiti i fabbricati.
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Terminate le operazioni di spoliazione, la società IL PALAZZETTO S.p.a.
variava denominazione e trasferiva la propria sede a Lugano
(Svizzera), presso il medesimo indirizzo della società elvetica che
risultava aver acquistato le quote di maggioranza detenute da
THERMOPLAST S.p.a. nella società controllata serba, beneficiaria di
macchinari e beni risultati oggetto di fraudolenta distrazione patrimoniale
in danno della fallita.
Il quadro accusatorio veniva, dunque, a delinearsi in tutta la sua
complessità con il coinvolgimento di imprese estere che, nel corso
degli approfondimenti investigativi, risultavano via via crescere di
numero sino a delineare una struttura di società svizzere,
statunitensi, rumene e serbe utilizzate dagli 8 indagati per portare a
termine un vasto disegno finalizzato a sottrarre beni all’attivo
patrimoniale delle società THERMOPLAST S.p.a. ed IL PALAZZETTO
S.p.a..
A fronte di tali circostanziate evidenze investigative il Pubblico Ministero,
dr. Luigi Salvadori, procedeva a formulare richiesta di fallimento della
IL PALAZZETTO S.p.a., perché ormai del tutto priva di beni ed
incapace, dunque, di far fronte ai propri debiti ed obbligazioni. L’udienza
per la dichiarazione di fallimento è stata fissata dal Tribunale di Vicenza
per il prossimo 16 dicembre.
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Peraltro, l’accertato stato di insolvenza della IL PALAZZETTO S.p.a.
rendeva anche possibile configurare il reato di bancarotta fraudolenta
con riguardo alle rilevanti cessioni immobiliari realizzate da tale S.p.a..
Proprio nell’intento di scongiurare possibili ulteriori distrazioni fraudolente
degli immobili e terreni di proprietà della IL PALAZZETTO S.p.a. il
magistrato inquirente si determinava ad emettere, in via d’urgenza, un
provvedimento di sequestro preventivo di tutti i beni oggetto di
distrazione patrimoniale. Tale provvedimento, eseguito dal Nucleo di
Polizia Tributaria di Vicenza, veniva successivamente convalidato dal
Giudice per le indagini preliminari, il quale attestava la fondatezza del
rilevante quadro accusatorio.
In sede di esecuzione del provvedimento di sequestro, i finanzieri
accertavano, tra l’altro, ulteriori e nuove condotte fraudolente. Emergeva,
infatti, che una parte degli arredi di THERMOPLAST S.p.a. era stata
distratta in favore di una società insediatasi presso la medesima
sede della fallita, in forza di un contratto d’affitto d’azienda, il quale,
tuttavia, non comprendeva i beni rinvenuti, che venivano, perciò,
sottoposti a sequestro, per essere successivamente messi nella
disponibilità del curatore fallimentare designato dal Tribunale.
Allo stato le indagini vedono il coinvolgimento di 8 indagati (tra cui due
imprenditori, un consulente finanziario, un commercialista e persone
ritenute dei meri prestanome) residenti tra il Veneto ed il Lazio,
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regione, quest’ultima, dove THERMOPLAST S.p.a. aveva cercato di
stabilire fittiziamente la propria sede, nel tentativo di rendere più
difficile la dichiarazione di fallimento. Sono, tuttavia, al vaglio degli
investigatori ulteriori condotte che potrebbero portare ad una estensione
del numero dei responsabili.
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