Presentazione Pierre Riches

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Presentazione Pierre Riches
Presentazione
Pierre Riches *
Il libro che qui si presenta affronta un problema attualissimo. È
un’introduzione e uno sprone alla riflessione su uno dei problemi
forse più rilevanti per l’Europa odierna, vale a dire: come si colloca
e come si collocherà la sempre più numerosa presenza musulmana
nel contesto della millenaria civiltà europea ispirata dal cristianesimo? Come va affrontata? Come va interpretata? Come si può renderla pacifica e non fonte di disordini locali e di disordine per tutto
l’assetto civile, a scapito non solo nostro ma anche degli immigrati?
Non è il fondamentalismo religioso islamico o il cosiddetto «terrorismo islamico» che qui si studia, ma la possibile integrazione giovani e di lavoratori musulmani in Europa. Le rivolte a Brixton in
Inghilterra, e più recentemente quelle nelle banlieues di Parigi e di altre città francesi sono esempi dello scompiglio cui ci troviamo di
fronte. Coppola studia il problema partendo dall’azione dei preti
francesi che durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato
dopoguerra hanno lavorato a fianco di operai appunto anche nelle
banlieues di parecchie città francesi, e prima ancora hanno vissuto
come prigionieri o lavoratori coatti nella Germania nazista a fianco
di altri operai o prigionieri. Dopo un excursus nella storia del cattolicesimo francese che, nonostante la presenza di un’élite intellettuale
di primo piano, era portato all’intransigenza sul piano dottrinale e si
trovava su posizioni conservatrici in politica – vedi l’Action françai* Pierre Riches, ebreo di Alessandria d’Egitto, sacerdote e teologo, ha insegnato
teologia e filosofia in Italia, Stati Uniti, Uganda e Pakistan. È stato l’esperto del
cardinale Tisserant al Concilio Vaticano II, e ha pubblicato per Mondadori Note di
catechismo per ignoranti colti e La fede è un bagaglio lieve.
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se di Maurras e poi l’adesione di gran parte del clero e della gerarchia cattolica al regime di Vichy del marechal Petain –, Coppola ci
introduce agli insegnamenti di due visionari preti francesi: Henri
Godin e Yvan Daniel. Pio XI, Papa dal 1922 al 1939, rimarcando
l’inadeguatezza della Chiesa tradizionale a proclamare il Vangelo nel
mondo moderno, teorizzava e spingeva per un rinnovamento della
Chiesa attraverso i laici. L’Azione cattolica, nei suoi vari rami, doveva esserne lo strumento. In Francia vi era ancora un forte attaccamento alla Chiesa, sia nelle campagne sia in parecchi ceti sociali e
intellettuali, ma il proletariato francese dall’inizio del secolo e specialmente dopo la prima guerra mondiale, aveva abbandonato la
Chiesa in massa. Questo fenomeno era anche legato all’urbanizzazione del paese, cominciata allora, e che qui è già percepita come significativa e densa delle importanti conseguenze che conosciamo.
Aiutati dall’insegnamento di Pio XI, Godin e Daniel, con un famoso e dirompente libro, La France, pays de mission?, pubblicato nel
1942, in piena guerra, ponevano il problema della conversione del
proletariato al cristianesimo e ne proponevano una soluzione anche
di fronte alla minaccia del comunismo ateo. Uno dei frutti del libro
di Godin e Daniel fu la Mission de France e in seguito la Mission de
France, approvate dalla gerarchia e formate da un gruppo di preti
che si impegnavano a lavorare come preti-operai.
Alcuni di essi erano reduci dai lavori forzati nei campi di concentramento nazisti, dove avevano vissuto fianco a fianco con operai
francesi e ne avevano condiviso tutte le esperienze; altri avevano
vissuto la clandestinità con i partigiani. Tutto ciò li portò a rivedere
e a rivalutare i comportamenti tradizionali del prete, le sue attività e
addirittura della sua missione. Sostenuti dai cardinali Suhard e Gerlier, e con una almeno tacita approvazione di Roma, questi sacerdoti
lavorarono esattamente come gli altri operai in fabbriche, cantieri,
porti e altri luoghi di lavoro. Sorsero presto delle difficoltà, in parte
perché certi preti diventavano esistenzialmente più comunisti che
cristiani, ma soprattutto perché il lavoro estenuante impediva loro
di avere una vita spirituale, di recitare per esempio regolarmente il
Breviario (preghiera che ogni prete è obbligato a dire giornalmente),
di adempiere altri doveri attinenti alla vita interiore di un sacerdote,
e di dare l’importanza dovuta alla vita sacramentale. In poche parole, la specificità del prete veniva compromessa dalla sua attività di
operaio. Istruzioni e decisioni dal Vaticano negli anni ’53 e ’54 tar12
pano le ali a questi sacerdoti: certuni si ribellano, ma la maggioranza
segue le direttive, e così ha termine l’esperienza dei preti-operai, ma
non senza che abbia profondamente marcato in positivo la Chiesa
francese e il cristianesimo in generale.
La vicenda dei preti-operai è anche utile per farci capire meglio
un’altra recente vicenda ecclesiale: cioè lo sviluppo e poi la condanna della cosiddetta «teologia della liberazione» come si è manifestata
nell’ultima metà del secolo scorso nell’America del Centro e del
Sud. Le pertinenti osservazioni di Coppola in proposito, cioè la difficoltà di conservare pienamente il ruolo di prete in un clima dove
le esigenze sociali primeggiano sulla vita spirituale, aprono la via a
riflessioni che ci aiutano a comprendere in parte le ragioni delle prese di posizioni di Roma al riguardo, prese di posizione e condanne
che spesso parrebbero oscure o soltanto arbitrarie. In modo simile,
le riflessioni dell’autore sull’abbandono nelle periferie della classe
operaia da parte del governo e dalla società, nell’immediato dopoguerra, richiama l’abbandono degli immigrati musulmani del quale
ci parla nella seconda parte e nelle conclusioni. Oltre ad essere interessante per la storia che racconta, il libro presenta paradigmi istruttivi per il problema dell’integrazione delle comunità islamiche in
Francia. Questa è palesemente l’intenzione dell’autore, come si evince dal sottotitolo dell’opera. Di grande interesse sono pure le
due interviste, quella a monsignor Brunin, vescovo di Ajaccio, che
ha vissuto in prima persona la vicenda dei preti-operai e poi si è occupato dei musulmani in periferia, e quella a padre Couvreur, preteoperaio anche lui in seguito coinvolto nella soluzione delle difficili
situazioni degli immigrati musulmani. La storia insegna. Il libro intelligente di Coppola ci può aiutare a prevedere e a imparare a gestire con più comprensione, e soprattutto apertura, gli inevitabili momenti difficili dell’integrazione nelle nostre società di centinaia di
migliaia di musulmani – e, perché no, anche di asiatici – senza dover abbandonare o perdere elementi che ci paiono essenziali del nostro vivere civile.
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