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1 THE BLACK BOOK 2011 version una produzione TheBlackParade ( http://moschenere.forumfree.it/ ) 2 INDICE: Prefazione.............................................................................p. 4 Savior, Blond In The Wind………………………………………………………………………………. p. 5 Sacchan . : Pride and … Plates………………………………………………………………….……….p. 7 Berty_Poppins: Piece of life………………………………….…………………………………………..p. 12 Tikkia: Una cosa è certa: in Paradiso non ci si sposa…………………………………………p. 174 DirtyCharity: Like a black Horse and a white Queen………………………………………….p. 177 Shatzy: Replica: I’m waiting for you………………………………………………………………..p. 184 michiyo1age: il compito di una kunoichi……………………………………………………………p. 200 Aphael: Smoking in the dark……………………………………………………………………………p. 221 Clahp: It’s Friday, I’m in love…………………………………………………………………………..p. 224 rolly too: Seven days………………………………………………………………………………………p. 246 Sakura Akaichi: Cespuglio……………………………………………………………………………….p. 291 .:(Hinata-Hyuga):. : Life goes on, capitolo 1……………………………………………………...p. 293 Appendici..............................................................................p.299 3 PREFAZIONE a cura di michiyo1age Questa raccolta si presenta come il così-detto “meglio del meglio” delle utenti del forum TheBlackParade. Si è arrivati a questo risultato tramite un sistema di votazione a sondaggio di tutte le fanfic (scritti prodotti da ammiratori di una certa serie, basandosi sulla serie stessa) ShikaxTema prodotte dalle scrittrici dall'inizio fino al 22 ottobre 2011 data che segna il primo compleanno del forum sopracitato. Il forum si concentra sulla coppia formata da Shikamaru Nara e Temari della Sabbia, personaggi appartenenti al mondo di Naruto (Masashi Kishimoto, Shueisha 1999). Se si volesse approfondire il tema è stata redatta un'enciclopedia che descrive e analizza tutto ciò che si deve sapere su questa coppia (http://theblackparademoschenere.jimdo.com/progetti/enciclopedia-nera/ ). Le fic partecipanti, inoltre, possono mostrare delle similitudini o un leitmotiv comune a causa delle iniziative mensili indette dall'utenza tra l'ottobre 2010 e l'0ttobre 2011: prima di ogni racconto è riportata una breve descrizione che servirà a chiarire il singolo pezzo. In appendice invece saranno rese noti il giorno di pubblicazione e la pagina di EFP dell'autore. Inoltre verranno illustrate le iniziative citate nella presentazione del racconto. La scelta è stata basata su sondaggi all'interno dell'utenza che hanno espresso la propria preferenza sui singoli pezzi candidati dagli stessi autori-utenti. Una volta decretato i vincitori, anche attraverso ballottaggio per i risultati a pari merito si sono raccolti tutti gli scritti in quest'opera variegata. Non vi sono limiti o caratteristiche: possono essere fanfic lunghe (che comprendono numerosi capitoli) o molto brevi (anche di poche pagine). Ognuno degli autori partecipanti può essere reperito sul sito EFP e alla fine del libro si possono trovare i singoli link che portano alla pagina dell'autore se se ne volesse approfondire la conoscenza. Lo staff formato da due fondatrici Sacchan e Clahp e quattro moderatrici michiyo1age, DirtyCharity, Selene e Tikkia, ha voluto far restare in modo tangibile e ufficiale il lavoro e la dedizione di ogni singolo membro in un mezzo imperituro quale il libro cartaceo. Se la prima edizione avrà buon esito, non si esiterà a riproporre l'iniziativa anche per l'anno seguente, eliminando però dai sondaggi la fanfic già oggetto di voto in questa edizione. 4 Savior Blond In The Wind La fanfic è stata scritta per l'iniziativa “Happy Birthday Mr Crybaby” . Si tratta di una one-shot ambientata durante la serie “Naruto Shippuden” contenente spoiler per tutti coloro che non hanno raggiunto il capitolo 342. La storia si dipana grazie al dialogo tra Shikamaru Nara e la coetanea Hinata Hyuuga. Una farfalla dalle ali cremisi volteggiava tra le margherite di una fioriera. Shikamaru dalla strada fissava immobile la scena, mentre stringeva sottobraccio la scacchiera da shogi. -Shikamaru-kun!Hinata gli stava venendo incontro dalla strada al suo seguito. –Hinata-chan…-Hai fatto visita a Kurenai-sensei?Lui annui pacato. –Già.Hinata sorrise e sistemò una ciocca di capelli. –Hai notato come Il pancione le cresce ogni settimana?Shikamaru abbassò lo sguardo ed annuì con un sorriso, avanzò di un passo lento e l’altra lo imitò seguendolo. C’era un pacifico silenzio mentre entrambi camminavano alla luce del Disegnato da Selene tardo pomeriggio, da un giardino di fianco la strada, un albero carico di arance lasciava pendere un frutto che dalla prospettiva del ragazzo si poneva proprio davanti al sole, conferendogli una strana aura. Hinata la colse dolcemente e cominciò a sbucciarla, dividendola con Shikamaru. Silenziosi, forse per la pigrizia nel cominciare un discorso di uno o la timidezza dell’altra, continuarono a camminare come se l’altro fosse assente. Non era un silenzio imbarazzante, ma una reciproca compagnia accondiscendente. Fu il ragazzo a spezzare il silenzio. –Hinata, mi si è stuzzicato l’appetito, prendiamo dei takoyaki?La ragazza intrecciò le dita e con un sorriso annuì. Dopo essere passati tra le vie commerciali di Konoha, consumarono le frittelle alle panchine del belvedere del villaggio fissando il crepuscolo. Un forte ronzio annunciò l’arrivo di una mosca nera che si posò sulla scacchiera posata al loro fianco, il tempo di percorrerlo in lungo e riprese il volo per scomparire. Shikamaru abbozzò un sorriso. –Hinata sai giocare a shogi?La ragazza si voltò aggiustandosi una ciocca. –Beh… conosco le regole…L’altro si mise a cavalcioni posizionando la scacchiera tra di loro e tirò fuori dalla tasca il sacchetto delle pedine per posizionarle. –Avevo intenzione di fare una partita con il maestro Kurenai, ma non è stata una buona idea.Alla ragazza sfuggì una risata. –Immagino che non fosse di buon umore.Mentre giocavano i minuti passarono in silenzio mentre il buio del cielo notturno si intensificava. –Hinata…5 -…Si?-Cos’è che vuoi dirmi?Arrossendo alzò lo sguardo verso l’altro ed incrociò i suoi occhi, aveva intuito da un pezzo che la sua presenza aveva un motivo. Tolse con grazia le mani dalla scacchiera e abbassò lo sguardo. –Shikamaru-kun…Chinò leggermente il capo in avanti nascondendo il volto con i fluenti capelli neri. –Ti sono grata per il sostegno che hai dato a Naruto… dopo la perdita del Maestro Jiraya.Strinse i pugni sulle ginocchia, la voce le si abbassò di tono –Io… non riuscivo a trovare una parola di conforto… che potesse…Il ragazzo allungò il braccio poggiandola sulla sua spalla. –Non mi devi ringraziare, ne devi sentirti in colpa di nulla.Hinata si voltò di lato. –Mi sento inutile…-Beh… l’essere stata vicina a Kurenai dopo la morte di Asuma dimostra il contrario.L’ atteggiamento di Hinata sembrò tornare rilassato, Shikamaru abbozzò un sorriso. – Tuttavia una cosa dovresti dirla a Naruto.-…e sarebbe?-Ciò che provi per lui.Lei arrossì violentemente e scattò in piedi dalla panchina coprendosi il volto con le mani. – Shi… Shikamaru…Ridendo anche l’altro si alzò mettendosi al suo fianco, rivolti verso le strade che cominciavano a risplendere delle luci delle lanterne. –Hinata, sappiamo benissimo quanto è breve la vita di noi shinobi, non dovremmo mai perdere l’occasione di rivelare i nostri sentimenti.Lei lo guardò di sottecchi. –Beh… dovresti tenerlo presente anche tu la prossima volta che Temari-chan viene a fare visita al villaggio...Lui imbronciò il muso e arrossì quanto l’altra. –Ma… di che stai parlando?Hinata alzò lo sguardo verso l’orizzonte. –Lo sai, Ino è una gran pettegola.L’ altro si grattò la nuca. –E’ complicato…-Allora puoi capire la mia situazione…Timidamente incrociarono gli sguardi, entrambi dal volto arrossato, ed insieme cominciarono a ridere. Shikamaru si risedette sulla panchina. –Devo ammettere che non è facile da gestire… lei… è come il vento.La ragazza alzò lo sguardo verso le prime stelle. –Lui è il vento…- Shikamaru abbassò lo sguardo verso la scacchiera, mosse la pedina del suo turno. –Scacco.Hinata si voltò portandosi una mano al mento. –Certo che sei davvero bravo a shogi…Lui abbozzò un sorriso. –A questo punto paghi penitenza, ti dichiarerai a Naruto.-Eeeeeh? Ma… ma… io… non c’erano queste condizioni all’ inizio.- -Spiacente, applicati di più la prossima volta.Hinata unì le mani sul petto. –Va… va bene… ci sto, alla condizione che anche tu lo farai con Temari-chan.Il ridere dell’ altro si fermò. –Ma era solo uno scherzo!Fu la ragazza a ridere stavolta. -Non mi interessa, adesso si va fino in fondo.-Uff… che seccatura.-Grazie per la compagnia Shikamaru-kun, buonanotte.Mentre l’altra si allontanava ricambiò il saluto alzando il braccio, continuando a fissare gli scacchi rosso come un pomodoro. 6 Sacchan . Pride and… Plates Il racconto è il primo ad essere pubblicato della raccolta “Pride and...”. La storia non prende forma in un determinato periodo del manga e in ogni episodio si scorgono spaccati della vita quotidiana dei due protagonisti. I temi trattati restano a livello degli avvenimenti giornalieri descritti con allegria e leggerezza. Temari inghiottì velocemente l’ultimo boccone del suo pranzo, cercando allo stesso tempo di vestirsi e di trovare quelle dannate pratiche che non si decidevano a saltar fuori. - Ehi crybaby! – urlò riemergendo frenetica dalla sala, fermandosi per un momento a squadrare con puro odio il suo più grande errore, - devo andare dall’Hokage e sono incredibilmente in ritardo, quindi i piatti lavali tu, capito? Shikamaru Nara, uomo terribilmente consapevole di avere un quoziente intellettivo pari a duecento e di non saperlo utilizzare –consapevolezza dimostrata nel momento in cui aveva deciso di accettare che le seccature entrassero a far parte della sua esistenza, danneggiandone la precedente, perfetta, tranquillità- si bloccò improvvisamente con la forchetta a mezz’aria, e squadrò la sua dolce metà con un sopracciglio lievemente sollevato. - Stai scherzando, vero? – proruppe scettico, osservando Temari correre per la cucina ribaltando tutto il ribaltabile, nel disperato tentativo di trovare una delle tante cose sepolte nel caos di quella casa. La kunoichi si fermò un momento e lo squadrò: doveva essere stata proprio masochista, a sposare quell’elemento. - Scusa Nara, non vorrei turbare la tua tranquilla routine, ma temo che dovremmo invertire i turni di lavaggio. Ti disturba così tanto? - Si che mi disturba! – si lamentò lui, allungandosi ancora di più sulla sedia e ficcandosi le mani in tasca, - Tu stasera tornerai a casa stanca morta, e mi costringerai a lavare i piatti anche se l’avrò fatto a pranzo. Ergo… - Se quando torno a casa non hai fatto ciò che devi, - sibilò lei assottigliando minacciosamente gli occhi, - rimpiangerai di avermi incontrata, Nara! – - Oh, quello lo faccio tutti i giorni. – borbottò lui aprendo leggermente un occhio. Temari lo ignorò sprezzante, e strappando alcuni fogli da una pila di carte di notevoli dimensioni, si avviò verso la porta. - Lo sai Shikamaru, perché non voglio avere bambini tra le scatole? Perché te basti e avanzi! Esclamò canzonatoria, prima di sbattersi la porta alle spalle. *** Era tardi e le strade erano ormai deserte, illuminate debolmente dalle luci delle case che la costeggiavano. Temari si soffermò a osservare attraverso una finestra le figure di due genitori giocare col figlio, e si ritrovò a sorridere e sfiorarsi la pancia con una mano. Un momento dopo sobbalzò e scosse infastidita la testa, per cacciare quella strana e per niente positiva punta di desiderio che aveva avuto, e ricominciò a camminare più veloce. Di una cosa era sicura: lei e l’istinto materno erano due universi separati e senza possibilità di incontro. *** 7 Aprì piano la porta, borbottando tra se qualcosa sul fatto che tutte le case vicine erano piene di vita e nella loro le luci erano già spente, il che stava a significare che qualcuno già dormiva, e si diresse a passi strascicati in cucina con tutta l’intenzione di trafugare qualcosa dal frigo e andare a riposare. I piatti… beh li avrebbe lavati con calma la mattina dopo, non c’era fretta. O magari avrebbe trovato un modo per convincere un certo Nara a farlo al posto suo, concluse con un ghigno. E accese le luci. E lo vide. I piatti del pranzo e della cena di quella sottospecie di ameba, graziata sì della facoltà di parlare, ma evidentemente non di quella di recepire quello che gli veniva ordinato, impilati nel lavello, sporchi come li aveva lasciati. Fu un attimo. Afferrò il ventaglio e si diresse a passo deciso verso la stanza da letto, meditando su quale fosse il modo più crudele e spietato di svegliarlo prima, e di ucciderlo dopo. Aprì la porta con tanta violenza che quasi la divelse dai cardini, ma si fermò furente sulla soglia. - Dove sei, Nara?! Vieni fuori e paga per le tue azioni! – urlò aprendo gli armadi, nel tentativo di scovare il suo nascondiglio. Inutile. Non c’era proprio, il vile. - Se vuole la guerra, guerra avrà! E poi non dica che non lo avevo avvisato! – sibilò dopo aver letto il biglietto che aveva trovato sul tavolo, sui cui era scribacchiato qualcosa riguardo un impegno improvviso e un “Lava pure i piatti tu, io in caso lo farò domani a pranzo al posto tuo”. Con uno sbuffo stracciò il pezzetto di carta, ed aprì il frigo. Oh sì, l’avrebbe pagata cara. *** Quello che Shikamaru Nara avrebbe dovuto fare, invece che starsene insieme a Chouji sdraiato su un prato fuori dal villaggio (e lontano dalla moglie), sarebbe stato pensare alla sola pecca della sua geniale idea: due anni prima aveva avuto la geniale idea di sposare la donna più terribile e vendicativa del globo. *** 8 Shikamaru aprì piano la porta di casa, e si azzardò a sporgere la testa all’interno, guardandosi intorno con fare circospetto. Le cose di Temari non c’erano, il che stava a significare che la seccatura era già uscita. Sollevato decise che poteva smettere di trattenere il respiro, e stiracchiandosi si diresse verso il suo tanto amato letto, su cui la notte precedente non aveva osato poggiare la testa temendo di risvegliarsi senza. Ma prima di arrivare alle scale si fermò, come folgorato. - Chissà se… Titubante si diresse verso la cucina e si accorse con orrore che la porta era chiusa, e attaccato vicino alla maniglia c’era un biglietto. Lo prese, se lo rigirò tra le mani, e con un sospiro lo gettò a terra. Sicuramente ci sarebbe stato scritto qualcosa che avrebbe turbato il suo prossimo sonnellino, quindi tanto valeva lasciarlo lì. Girò i tacchi per andarsene, ma dopo pochi passi si fermò; cercò di convincersi che ignorare la situazione non era codardia, ma puro istinto di sopravvivenza. Si riavvicinò piano al foglietto, e cautamente lo prese in mano e lo aprì. “Se non sbaglio, hai scritto che a pranzo lavavi tu. Buon lavoro!” Ormai non poteva fare finta di niente. Sapeva che lo aspettava qualcosa di terribile, ma aprì temerariamente la porta della cucina e guardò dentro. Cacciò uno strillo spaventato e la richiuse, stringendo gli occhi con forza e pregando tutti i Kami esistenti di potersi svegliare e rendersi conto di essere in un incubo. Con estrema cautela, la riaprì: poteva aver visto male, aver avuto una allucinazione… Ma in cuor suo sapeva che non era così, e squadrò triste il cumulo di piatti e stoviglie disseminati per tutta la stanza. Quella seccatura… aveva svuotato completamente la credenza! E magari si aspettava che lui avrebbe ceduto e lavato tutta quella roba! Si sedette contro il muro e ridusse gli occhi ad una fessura. - E così è guerra. – ghignò tra sé e sé. Ne era assolutamente certo. Non era ancora nata la donna capace di mettergli i piedi in testa. *** Quando, in tarda serata, la kunoichi della sabbia arrivò a casa, era certa che ad attenderla ci sarebbe stata una contromossa. Per questo si stupì, quando spalancò la porta della cucina e vide tutte le stoviglie sparite, volatilizzate. Corse al piano superiore, e si accorse incredula che c’era la vasca da bagno già pronta per lei, con tanto di schiuma e acqua calda. Marciò confusa verso la camera da letto, chiedendosi se fosse il caso di cominciare a ringraziare i Kami, ma notò con orrore che lui non c’era. E questo significava solo una cosa: aveva preparato un contrattacco. E se non se ne era ancora accorta, voleva dire che il crybaby aveva messo in moto il suo super quoziente intellettivo, e questo poteva essere un problema. La sua mente non smise un secondo di pensare, mentre lei si svestiva e si dirigeva verso il bagno. Fece per immergere un piede nell’acqua, e lo tenne lì a mezz’aria per un istante, pensando al perché del bagno caldo e a dove fossero spar- Nara! *** 9 - Cosa hai fatto?! – esclamò Choji con gli occhi sgranati, dimenticando di masticare la patatina che si era messo in bocca. - Cioè tu… hai riempito di acqua e detersivo la vasca da bagno e ci hai buttato dentro tutti i piatti?! – Shikamaru finì la contemplazione di una nuvola particolarmente interessante, quindi si girò lievemente verso l’amico. - Uhn, si, perché? *** Shikamaru aprì piano gli occhi, cercando di riattivare tutte le sue facoltà mentali che si erano addormentate nel momento in cui, sospirando, si era gettato sul suo amato letto. Guardò l’orologio, e decise che era ancora presto per il rientro della seccatura, quindi si girò sull’altro fianco e fece per richiudere gli occhi, quando lo vide. Poggiato sul comodino c’era un biglietto. Si mise velocemente a sedere, improvvisamente sveglio, e lo aprì tremante: “Dal momento che non ci sono più piatti puliti, io vado a mangiare fuori. Ah, dimenticavo… ho preso il tuo portafoglio.” - Cazzo! Shikamaru si vestì in fretta e furia, mentre i suoi duecento punti di quoziente intellettivo lavoravano come mai avevano fatto prima d’allora. L’obiettivo: colpire senza alcuna pietà, e distruggere. Sarebbe stato il colpo di grazia, il punto finale che avrebbe posto fine alla battaglia. Ovviamente, con la sua vittoria. *** Temari aprì piano la porta di casa, ed entrò il più cautamente possibile: da uno come Shikamaru doveva aspettarsi di tutto. Quindi salì al piano di sopra camminando rasente i muri, e solo quando giunse alla loro camera si azzardò a mettere la testa all’interno. E Nara non c’era. Allentò lievemente la presa sul ventaglio e rilassò i muscoli, ma senza abbassare la guardia: se il crybaby non c’era, significava che era fuggito, il che significava che aveva preparato un attacco. Ora doveva solo scoprire di cosa si trattava , per poter valutare se fosse il caso di ricorre a quello, per poi chiudere la questione definitivamente e dare una bella lezione al crybaby. *** - Comunque voi due non è che siate tanto normali, lasciatelo dire! – asserì Chouji scuotendo un pacchetto di patatine, nella speranza di individuare una qualche superstite. Shikamaru aprì pigramente gli occhi e mugugnò qualcosa che suonava molto come “sopravvivere” e “seccature”, e si girò su un fianco. Da quando era iniziato quello stancante combattimento aveva dovuto abbassare – e di molto – la media delle sue ore di riposo. - Beh, in ogni caso stai pur certo che è tutto finito! – annunciò, senza poter nascondere il sorriso di sadico godimento che gli era spuntato alle labbra. Aspettò un istante prima di raccontare, solo per gustarsi la faccia preoccupata ed incredula dell’amico, e infine, con non poca fierezza, rivelò: - Semplicemente, la seccatura arriverà a casa, e non trovandomi inizierà a cercare di smascherare il prossimo attacco che riceverà da parte mia, ovviamente più elaborato di quello della vasca. E il bello sta proprio qua: non ho fatto assolutamente niente. Quindi Temari perderà ore a cercare qualcosa che in verità non c’é. – Chouji aprì un nuovo pacchetto di patatine e sospirò. – Ricordami di non provare mai a sfidarti, Shikamaru. Non credo reggerei. – 10 *** Shikamaru Nara aprì tranquillo la porta di casa, ed entrò senza esitazione. Era dell’idea che nessuno potesse rispondere ad un attacco se non sapeva di cosa si trattava, ergo non avrebbe trovato brutte sorprese. Quindi attraversò con calma la sala, entrò deciso in cucina, e si fermò davanti al lavandino: i piatti erano immersi in acqua e detersivo, pronti per essere lavati. Subito nella sua testa scattò l’allarme, ed iniziò a perlustrare i mobili alla ricerca di un qualche biglietto, di una qualche provocazione, ma non trovò nulla. Si fermò a squadrare accigliato il lavello, interrogandosi sul subdolo inganno che poteva aver tramato la seccatura: magari era un sottile attacco psicologico, o forse… - Devo aspettare per molto? Una voce piena di sadico divertimento e terribilmente conosciuta gli fece gelare il sangue nelle vene. Si girò piano, pregando in cuor suo di aver avuto una spaventosa allucinazione, ma lei c’era: Yoshino Nara lo fissava dalla porta, le braccia incrociate al petto ed un ghigno spaventoso sul volto. Shikamaru iniziò a pensare freneticamente ad un modo per salvarsi: se solo fosse riuscito a raggiungere la finestra prima di lei avrebbe potut- E no, non pensare nemmeno all’eventualità di scappare da tuo padre. Lo sai che è troppo pigro per mettersi contro di me. - Oh cazzo! – esclamò il Nara lasciando cadere le braccia. Ora, era decisamente nella merda. *** Quando Temari era arrivata a casa, la sera prima, aveva cercato per ore di scovare il subdolo trucchetto che certamente il crybaby aveva piazzato per casa, ma non ottenne alcun risultato. Dunque aveva dovuto ricorrere alla sua ultima arma disponibile, nonostante avesse di gran lunga preferito evitarla: Yoshino. L’unica donna capace di assoggettare tutti i Nara con un solo sguardo e che evidentemente non aveva fallito nemmeno quella volta, pensò Temari con un ghigno, mentre osservava il marito chino a lavare tutti i piatti di casa. - Comunque giochi sporco, donna. Quello era un colpo scorretto, e tu lo sai bene! – si lamentò Shikamaru senza girarsi, avendo intuito la presenza della moglie dietro di lui. Temari sbuffò, roteando gli occhi: - Non ci parliamo da quasi quattro giorni, e questo è tutto quello che sai dirmi? – Il Nara si girò verso di lei, un piatto insaponato in mano e l’espressione tremendamente scocciata: Perché, tu hai di meglio? – - In effetti sì. Sono incinta, crybaby. E fu nel momento in cui vide il marito impallidire all’istante e il piatto frantumarsi a terra, che ne fu certa. Aveva vinto lei. 11 Berty_Poppins Piece of life Questa fic è una raccolta che consta di 22 capitoli tutt'ora in corso che si dipana per un lungo arco di tempo fuori dal contesto del manga. La storia racconta la vita della famiglia Nara, e non solo, in ogni momento della sua esistenza. Più capitoli possono riferirsi allo stesso anno o mese oppure distaccarsi completamente dal precedente. Gli stessi capitoli presenti non sono posti in ordine cronologico, dando proprio l'idea di vedere la vita dei protagonisti attraverso le fotografie sparse sul tavolo. I personaggi cardine sono Shikamaru e Temari a cui fanno capo però genitori, figli, amici, figli degli amici in un turbinio di personaggi molto spesso inventati dall'autrice con una loro personalità e storia originale. Capitolo 1: Troublesome women, lazy man… Quella mattina; ambulatorio, ore 9:48. - Non vuole uscire.Sakura roteò gli occhi al cielo mentre si lavava le mani - Sei soltanto all'inizio del nono mese.- Soltanto?, parli così perchè non hai niente dentro la pancia tu, a parte lo stomaco. Questo bambino deve uscire adesso!- In tutta sincerità Temari,- la guardò appoggiando le reni al bancone e incrociando le braccia al petto - qual è il problema?La bionda sbuffò più volte prima di lanciarle un'occhiata illuminante - Il problema è che la mia schiena urla di dolore, e non posso dormire in nessuna posizione. Sento caldo e mi avete portato via ventaglio e kunai!- Che c'entrano i kunai con il caldo?- Uccido e mi rinfresco.- borbottò gettando la testa indietro, si portò la mano sinistra sull'evidentissimo rigonfiamento che la faceva somigliare vagamente ad una palla e sbuffò ancora - Un rimedio qualunque, un taglietto, una pinza, qualcosa!Sakura si trovò a pensare che la gravidanza doveva essere una gran brutta cosa nelle ultime settimane se Sabaku no Temari era andata da lei in cerca di un qualsiasi aiuto. Che lei, purtroppo, non poteva darle - Non si possono accellerare le cose, la natura deve fare il suo corso...- Questo bambino,e s'indicò la pancia con un'espressione alquanto isterica, stava pure sudando da morire quindi l'immagine d'insieme non doveva essere molto rassicurante - è figlio del cry baby, ok? Non m'interessa del corso della natura o delle altre stronzate, va bene? Questo bambino mi sta deliberatamente facendo un dispetto!12 E Sakura dovette trattenersi per non scoppiarle a ridere in faccia - Non credo che...- Si!, è pigro, come suo padre, e siccome sa che io non lo voglio più dentro la mia pancia se ne starà bello comodo e tranquillo ad oltranza. Non voglio arrivare al periodo di gestazione delle balene è chiaro!?- Temari, sei isterica.- Non sono isterica!- e gemette perchè aveva appena tentato di mettersi a sedere troppo velocemente - Visto!- e la guardò con gli occhi sgranati e lucidi, cercò comunque di calmarsi perchè era consapevole di stare esagerando - Deve uscire.- Tra un mese uscirà.- No che non uscirà!.- ululò trucidando l'altra con lo sguardo. - Non vedo perchè non dovrebbe.- sospirò Sakura che di tutta quella situazione ne aveva piene le tasche - Non vuole farti un dispetto, non è colpa sua se ci vogliono nove mesi per partorire e non è di sicuro colpa sua il caldo; ti abbiamo tolto il ventaglio perchè hai cercato di uccidere Naruto...- Mi stava appiccicato manco fossi sua madre!-... E potresti mettere in pericolo il bambino usandolo, idem per i kunai e non fare quella faccia.- bofonchiò quando l'espressione tramortita di Temari la colpì in pieno - E' per il tuo bene.Più tardi, casa Nara - cucina. La seccatura più seccante di tutte le seccature seccanti viventi era che Shikamaru se ne sbatteva dell'umore nero della sua compagna, infatti continuava a guardarla come se nella sua faccia ci fosse qualcosa di molto interessante - o imbarazzante, a scelta. E Temari trovava quel suo ghignetto lì molto, molto irritante - Mi prendi per il culo, Nara?Il cry-baby sembrò risvegliarsi dal suo rimuginare e la guardò con noia - Non ho detto niente.- Gli occhi parlano.- disse tra i denti mentre strofinava i polpastrelli sul legno del tavolo; Shikamaru inarcò un sopracciglio - Ti hanno detto che ho sonno?Sbattè le mani sul tavolo e lo trucidò con lo sguardo - No, imbecille, tu mi stai apertamente criticando!- Io?- Si!- Sul serio?- sghignazzò sorreggendosi la testa con la mano - Senti seccatura, fatti una dormita.E, in secundis, la seccatura per eccellenza - Shikamaru l'aveva dimenticato - diventava un pericolo ambulante quando qualcosa non andava come lei aveva previsto andasse - Non dirmi quello che devo fare!- sbraitò alzandosi con qualche difficoltà, si portò una mano alla base della schiena e lo uccise, di nuovo, con lo sguardo - Non sono una qualche specie di...gesticolò con la mano libera - Di animale da compagnia!E allora Shikamaru strabuzzò gli occhi e la guardò - Eh?- Hai capito!- e s'indicò il pancione. Quindi fu davvero semplice per Shikamaru iniziare a ridere mentre il colorito di Temari cambiava man mano che l'uomo continuava; si arrivò al punto di rottura quando il bimbo scalciò obbligandola e prendere un profondo respiro. Shikamaru, nel frattempo, aveva rispreso la sua compostezza e adesso la stava guardando, di nuovo, come se tutto il suo corpo avesse qualcosa di veramente interessante - o imbarazzante, a scelta. - Smettila.- borbottò tra i denti mentre un distinto calore le si diffondeva sul retro del collo, distolse lo sguardo quando quello di Shikamaru si fece più torbido. 13 - Non ti prendo per il culo.- disse scrollandosi nelle spalle - Sei solo... tanto incinta.Lei tossì, guardò ovunque tranne che a lui e poi uscì ciondolando dalla cucina - Ho fame.gli disse prima di sparire. - Seccatura.Tempo dopo, salotto - gelato time; ore 18:25 Il periodo di gestazione delle balene durava dagli 11 ai 12 mesi e Temari non sapeva come facessero quelle povere bestie a sopportare qualcuno che ti prende a calci ( fastidiosi, tanto ) direttamente da dentro il loro stesso corpo. Ora, lei non era sicura che i balenotteri scalciassero, ma il suo lo faceva, soprattutto di mattina quando lei faceva colazione. E a volte anche di sera, tanto il dormire, ormai, era diventato un optional per lei; e c'erano quelle volte che si sedeva sul pavimento, fusuma* aperte e guardava fuori. Si era pure addormentanta qualche volta - e si era risvegliata in tarda mattinata con una coperta che lei non ricordava di aver portato con sè, ma Shikamaru non aveva mai aperto bocca quindi neanche lei l'aveva fatto. Ma questo che c'entrava con il periodo di gestazione della balene?, Temari si passò le mani tra i capelli e, gelato tra le grinfie, si sedette ( ovvero si distese poggiando il peso su un lato del corpo, la sua schiena la ringraziò ) cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri da dove l'aveva lasciato. Lei era al nono mese ed era sicura che suo figlio se la sarebbe tirata fino all'ultimo - piccolo pigro che non era altro. Con la prima cucchiaiata si sentì libera da ogni male, Shikamaru entrò in casa proprio in quel momento e la guardò tra il serio e il faceto - Com'è?Lei leccò il cucchiaio in risposta - Buono e mio, stai lontano.- E chi te l'ha chiesto?- si scrollò nelle spalle. - Dove vai?- Doccia.- replicò - Ah, Sakura ha detto che dovresti andare a farti controllare.Prese un'altra cucchiaiata e soppesò l'idea di ascoltare la ragazza in rosa - Vediamo, se sono dell'umore forse.- Mh.- la sua faccia era così vicina che Temari si domandò quando caspita si era mosso, le rubò un po' del gelato rimasto nel cucchiaio e si leccò le labbra - Magari ti faccio compagnia.Lei in risposta nascose la vaschetta dal prezioso contenuto e gli rifilò una linguaccia Puzzi.- Mhmh.-, la baciò, succhiando il labbro inferiore e strofinandole le dita sulla nuca sudata, 14 pressò la mano libera sullo schienale del divano e soffiò sulle sue labbra non appena si separarono, sghignazzò notando l'aria trasecolata della sua seccatura - Doccia.- Mhmh.- gli tirò un orecchino - Magari ti faccio compagnia.Due settimane dopo, sala d'attesa; ore 2:40 a.m. - Domenica. - Tieni.L'odore del caffè gli arrivò alle narici solo quando il bicchiere fu sotto il suo naso, guardò Choji prima di prenderlo - Grazie.- Da quanto è... - Non lo so.- E non ha...- Non ancora.Il respiro impaziente del suo migliore amico quasi lo fece sorridere, ma era decisamente troppo teso per permettere alla sua faccia una qualsiasi espressione - l'avrebbero chiamata parilisi facciale. Choji si sedette accanto a lui, un pacchetto di caramelle gommose alla frutta tra le grinfie e tanta fame nervosa - Ti hanno detto qualcosa?- Stanno aspettando che si...- fece un gesto con entrambe le mani, come se stesse cercando di aprire qualcosa, il respiro si fermò in gola quando quell'immagine gli colpì la testa Dilati.- concluse. - Ah,- tossicchiò per alleggerire la tensione - mh, Ino sta arrivando.- l'altro annuì - Credo sia andata a buttare giù dal letto gli altri, sai com'è è un tantino tardi...Annuì ancora e prese un sorso di caffè. In sincerità non aveva poi tutta questa voglia di fare conversazione; lui non era neanche a casa quando Temari era stata portata in ospedale - l'Hokage gli aveva rifilato una caterba di dossier sulle missioni svolte negli ultimi cinque mesi, gli facevano ancora male gli occhi per l'appunto. Choji era arrivato in ospedale un quarto d'ora dopo di lui, la divisa piena di briciole di patatine. La sua dispotica madre si era addormentata qualche sedia più in là - dopo averlo barbaramente rimproverato per non sapeva quale motivo - e suo padre se ne stava tranquillo fuori - ovvero era stato il più furbo di tutti. Stare ad aspettare che serviva?, si chiese prendendo un altro sorso di caffè. Le cose non si sarebbero di certo velocizzate con lui che guardava quella porta manco volesse scioglierla. Sakura era uscita due volte per avvertirli che ancora non se ne parlava, gli aveva pure chiesto se voleva entrare, ma lui sapeva che la seccatura l'avrebbe ucciso se fosse entrato, la conosceva, e Sakura era sembrata d'accordo con lui. - Ancora un po',- disse Choji - e diventerò zio!- e gongolò quasi mentre gli riservava uno sguardo luminoso, lui non ebbe la voglia di contraddirlo, e non c'erano motivi per farlo. - E tu papà.Shikamaru distese le gambe e scivolò sulla sedia, il bicchiere mezzo pieno sullo stomaco Mh.- Sei spaventato.- Non sono spaventato.- Hai ragione,- ridacchiò - sei fottutamente terrorizzato!- e rise sul serio quando il futuro padre si prodigò in un gemito dolorante - Hey,- lo colpì leggermente su una spalla - è normale sai?- indicò la porta che entrambi avevano guardato per chissà quanto tempo - Là dentro c'è la tua donna e tuo figlio sta per nascere, credo sia normale esserne terrorizzati.Non le ascoltò realmente quelle parole, perchè già lo sapeva. Gli fu comunque grato per lo sforzo. 15 - Se, normale.- si scrollò nelle spalle - Normalissimo.- si alzò - Vado un attimo...- Da tuo padre.- ... fuori a fumare.- bofonchiò. - Certo, certo.- sventolò una mano in aria - Se nasce butto un urlo.- Uhn, grazie.Fuori, ore 3: 04. - E' una seccatura.- Già.- Davvero.Shikaku guardò il figlio - Lo so.- continuò a guardarlo mentre si accendeva una sigaretta Il giorno più lungo di tutta la tua vita.- Eh, grazie.- sbuffò una densa nuvola di fumo - Grazie mille.- E' vero.- la sua grassa risata tolse un po' della tensione - Hai mangiato qualcosa?- Bevuto un caffè.Shikamaru si appoggiò alla parete, faceva caldo, ma ad agosto era normale che facesse caldo anche di sera, soprattutto lì a Konoha. Lui voleva rilassarsi un attimo, ma fumare non sortiva quell'effetto stranamente, e si ritrovò a pensare che fare conversazione fosse l'idea migliore. Pensò di tornare dentro e iniziare a parlare con Choji di qualsiasi cosa non implicasse Temari - perchè non gli piaceva essere preoccupato, assolutamente no, gli si corrodeva lo stomaco, non riusciva a dormire e i Kami solo sapevano quante anime riusciva a tirar giù dal cielo. - Potevamo giocare.- Già.- Perchè non hai portato...- Sono un tantino nervoso.- lo bloccò grattandosi il collo - In queste situazioni non si gioca bene, Shika.Tirò ancora maledicendo la sua cattiva sorte - Mh.- E quelle non aiutano.- e gli sbadigliò allegramente in faccia dopo averlo detto, poi sollevò gli occhi al cielo - Tua madre partorì verso quest'ora.- Bello.- ... L'hai stremata, non volevi proprio uscire.Shikamaru non lo voleva sentire, davvero, non c'aveva proprio voglia - Fa caldo.- e suo padre sorrise mentre lui corrugava la fronte, non si era mai sentito così scombussolato in tutta la sua vita - Anche tu stavi...- s'indicò con un gesto nervoso. - No.- si scrollò nelle spalle - Tua madre è sempre stata una gatta da pelare, una vera seccatura. In un certo senso sapevo che se la sarebbe cavata anche senza di me.- Non sei entrato?- Nah, non ne vedevo l'utilità.- rispose muovendo il collo. La sigaretta era finita, la calpestò infilando le mani nelle tasche - Fa davvero caldo.- E potevamo giocare, ho capito.Shikamaru si morse l'interno delle labbra, combattuto - Non è che, uhn.- guardò altrove Non sarà sempre...- Nah, dopo la tempesta c'è sempre il sole.- gli schiaffò la mano sulla testa e gli scombinò i capelli - Un bel sole.Sakura era uscita due ore dopo, un sorriso da un orecchio all'altro - E' un bel maschietto, Tsunade sta facendo i controlli per Temari, ma è andato tutto bene, non sembrava neanche che stesse partorendo.- lo aveva guardato maliziosa - Tra un po' te lo faccio vedere.16 Lui era riuscito ad annuire, poi era si era buttato sulla sedia e aveva respirato - la paralisi facciale accantonata, un sorriso da vero imbecille sulle labbra. Dopo, probabilmente mattina. Non gliel'avevano fatto vedere subito. Era rimasto salato come una sarda su quella sedia, incapace di cambiare espressione anche quando Ino l'aveva abbracciato - e poi preso a schiaffi. Quando Sakura era ritornata, però, era saltato sul posto e non aveva neanche ascoltato quello che lei diceva, l'aveva seguita lasciandosi dietro la folla che era arrivata in ospedale tra amici e parenti vari ed eventuali potevano riempire uno stadio. Gliel'aveva messo tra le braccia guardandolo seria - Non lo dovrei fare, se il primario lo viene a sapere mi degrada, quindi acqua in bocca!- bisbigliò. Lui ebbe qualche difficoltà per capire come tenerlo, Sakura mimò con le braccia e aspettò che lui eseguisse. Poi uscì dicendogli di non farsi notare. Era una cosa assurda, quanto poteva pesare tre kg?, anche meno per quanto ne capiva. Si sedette sul pavimento stando attendo a non fare nessun tipo di movimento con le braccia, non riusciva a sbattere le palpebre; era completamente catturato da quell'esserino lì, che se ne stava bello stranquillo con la testolina adagiata nell'incavo del suo gomito, respirò piano accarezzandogli con il pollice una guancia. Seppe immediatamente che si era rincoglionito. - Shirai, eh?Completamente rincoglionito. - Buongiorno.- accarezzò di nuovo la guanciotta e gli sfiorò la fronte con la punta del naso. - Non stai facendo una bella figura.- Stà zitto.Shikaku si chinò sulle ginocchia e guardò suo figlio, poi il nipotino - Shirai?- La mamma.- Capisco.Non l'aveva neanche guardato. C'era così tanto da dire eppure non riusciva a spiccicare parola, l'unica cosa che era in grado di fare era sorreggere suo figlio tra le braccia, accarezzargli piano la guancia e guardarlo, non gli importava l'espressione della sua faccia nè quello che suo padre poteva pensare, anche se credeva non gli importasse poi molto, a suo padre. - Questo è...- prese un profondo respiro - wow.- Ha i capelli.- considerò suo padre. - Sono quattro peli...- bofonchiò in risposta. - Bhè, anche tu avevi quattro peli in testa e qualcuno nelle orecchie, ma sono caduti poi.Finalmente Shikamaru lo guardò - Và via.- Fammelo tenere.- Non ci penso neanche.- Sono il nonno.- Sono il padre.- Io sono il padre del padre.Guardò di nuovo quel grande pezzo di vita che teneva tra le braccia, poi sospirò - Stai attento.- Che seccatura, lo so fare meglio di te non scassare...Quel pomeriggio. 17 - Ti dico che sto bene accidenti!- Temari hai appena partorito.- E quindi?, non sono mica un'invalida!- Non se ne parla!L'Hokage quando voleva poteva diventare davvero una rottura di palle, Temari lo stava appunto scoprendo - Ma...- Niente ma, l'Hokage sono io e non si discute.- Ma è il mio ventaglio!Tsunade le scoccò un'occhiata tra il seccato e il divertito - Mi sorprende che tu voglia avere il tuo ventaglio invece che tuo figlio.Boccheggiò senza aver biente da dire, strinse le dita sulle lenzuola candide e si adombrò Mi hanno detto che... per gli esami...- Shikamaru starà arrivando,- disse guardando la cartella clinica, poi guardò lei con un sorriso - Aspettiamo ventiquattro ore per allattare, eh?- Hai pianto!- Non ho pianto!Temari sghignazzò alla faccia sua - Hai dannatamente pianto!- e poi gemette respirando tra i denti, Shikamaru si avvicinò al letto con circospezione, in braccio suo figlio. Figlio loro. - Uhn, tutto ok?- Si, dolori insignificanti, ho sofferto di peggio.- i suoi occhi caddero inevitabilmente sul bambino infagottato in una copertina bianca - Morirà di caldo.- E' nato da poche ore...- Guarda, non lo sapevo!- lui arrossì e lei ridacchiò prima di allungare le braccia in un chiaro ordine a darle il suo bambino. E lui, al solito, obbedì - Sono arrivati i primi regali.- Ma và.- in tutta sincerità non le interessava, proprio no - C'è un ventaglio più grande?- Non per te.- Che cosa crudele.- fece melodrammatica, poi la sua attenzione fu catalizzata dal neonato. Quando gliel'avevano messo tra le braccia*, pochi minuti prima che iniziassero con i primi esami, era troppo distratta per capire l'emozione che le aveva liquefatto il petto, ora l'avvertiva in tutta la sua interezza. - Ti rendi conto?, tu... papà.- Si dice la stessa cosa di te là fuori.- Ah, sarei un padre migliore di te, questo è certo.Lui sbuffò - Accontentati di essere solo una mamma eh?, poi ne riparliamo.- Ah!- Che c'è?- Si è attaccato.- Vedo.- sua madre gli diede una manata. Shikamaru non sapeva più cosa dire, non che avesse detto molto, e vedere Temari che allattava, in sincerità, non poteva essere una cosa sminuita dalle parole - o almeno era quello che si sforzava a pensare. Si sedette vicino a lei e guardò - ricordiamo che era completamente rincoglionito. - Com'è?Lei respirò un po', soppesò le parole - Un po' fastidioso all'inizio.- Non ti fa male?18 - No, non ha i denti e comunque no, non mi fa male.- Lo sai che dovrai restare in ospedale si?Respirò di nuovo e lo guardò - Resti con me?- Mhmh, o gli infermieri impazziranno.- Stronzo.- riportò lo sguardo sul suo pigro e affamato bambino - Capito?, non osare diventare come tuo padre o assaggerai la potenza del mio ventaglio.Ventaglio che, per l'appunto, se ne stava appoggiato accando a Temari, minaccioso. Da morire. Capitolo 2: I like coffee so much… Al mondo ci sono molte cose che inducono a pensieri omicidi. Come le risse appena fuori da un locale; un imbecille ubriaco che non solo ti sbatte il muso della macchina in culo, ma ha anche l'ardire di giustificarsi perchè era ubriaco*; il pacchetto delle sigarette vuoto e via discorrendo. Solo uno, però, era capace di farti buttare tutti i tuoi buoni propositi fuori dalla finestra con un voglioso " Vaffanculo " stretto a stento tra le labbra : il lunedi. Il giorno della settimana che ti fa partire l'emicrania già prima che venga, il solo pensarci ti butta un masso mastodontico sulle spalle e qualche anima pia ben pensa di schiacciartelo ancora di più addosso con un piede ( leggesi : genitori indisponenti che buttano giù la porta della tua stanza con la sola forza dell'ugola ). E la sveglia del lunedi, non ne parliamo, perchè se pensi che la sera prima eri buttato tipo nababbo sul divano di casa tua, con in mano una birra e una sigaretta tra le dita, ti salgono i bollori alle orecchie; perchè non è concepibile vedere la porta dei tuoi sogni di conquista aprirsi il sabato per vederla chiudersi sul tuo naso la domenica sera. No, che non lo è, è una cosa masochista, un pugno sulle gengive, una sega fatta male. No, Shikamaru Nara proprio non lo digeriva l'inizio della settimana; non quando aveva un'emicrania post sbornia e una voglia matta di ricominciare a dormire, ma soprattutto non quando sentiva così caldo da pensare di far volare le lenzuola - calde - sul pavimento probabilmente caldo -, togliersi il pigiama umido ed eventualmente anche i boxer. Il problema, però, stava nel fatto che non poteva neanche muoversi. Restò ancora qualche minuto con gli occhi chiusi pensando che si, doveva smettere di uscire con Kiba perchè quel ragazzo aveva una strana tendenza ad infilarsi in tutti i locali del villaggio per bere quantità abnormi di alcolici, facendo impazzire i gestori che, puntualmente, vedevano le loro cantine svuotarsi nello stomaco dell'Inuzuka, manco fosse una spugna aliena. Strofinò la lingua sul palato e fece una smorfia disgustata subito dopo : il suo stomaco non aveva un buon sapore. La strofinò sui denti e corrugò la fronte muovendo appena le sopracciglia. Cercò di puntare i piedi sul materasso, ma non ci riuscì e fu allora che il suo sopracciglio sinistro si inarcò a dismisura. Avvertì una sensazione strana alla base della schiena, tipo un brivido, e socchiuse gli occhi ritrovandosi a fissare il soffitto della sua camera, sbattè più volte le palpebre e deglutì mentre cercava di non richiudere gli occhi infastiditi dalla fioca luce che c'era nella stanza. Una volta abituato alla fastidiosa sensazione di essere sveglio abbassò lo sguardo sulle sue gambe, colpevoli di averlo fatto svegliare, e il suo sopracciglio si inarcò di più. Nude; una sorta di panico s'insinuò all'interno del suo stomaco quando capì di essere nudo come mamma l'aveva fatto e che non c'era nessun lenzuolo a coprire le sue vergogne. Grugnì qualcosa di indefinito e mosse il braccio destro, scoprendolo troppo pesante. Mise sù un'espressione inebetita e sussultò quando avvertì un movimento contro il suo fianco sinistro. Voltando lentamente la testa e abbassandola di poco per riuscire a delineare i contorni, si rese vagamente conto che c'era una testa bionda sopra il suo braccio. Trattenne 19 bruscamente il respiro quando quella figura si mosse di nuovo, avvicinandosi ancora di più al suo corpo umido. La sentì emettere dei suoni incomprensibili mentre si ritrovava completamente sormontato dalle braccia della ragazza e irrigidì i muscoli del collo quando osservò quella testa bionda spostarsi dal suo braccio al suo petto, e restò così. Assurdamente imbarazzato e caldo e sudato da fare schifo. Si portò la mano libera al volto e la strofinò energicamente contro gli occhi, quando si rese conto che era realmente sveglio e che quello non era un fottutissimo scherzo abbassò di nuovo gli occhi e allargò le braccia sul letto. La mano destra penzolava fuori, quasi inerte, e la sinistra sfiorava casualmente l'altro cuscino, tastandone la superficie, sfiorando i punti più caldi come se ci fosse qualcosa di veramente importante lì, dove il tessuto era più stropicciato. Deglutì di nuovo e la guardò come se si trattasse di un nemico pericolosissimo e, senza volerlo veramente, sollevò la mano destra e con essa sfiorò alcune ciocche di capelli che gli solleticavano la pelle sopra il torace; avvertì un brivido quando la sentì schiacciare il naso contro quel punto e respirare, mugugnare debolmente per poi ricadere nel silenzio. Shikamaru studiò attentamente il profilo rilassato che aveva davanti, così diverso da quello che si vedeva quando era sveglia, ne tracciò leggermente i contorni con l'indice e sghignazzò mollemente quando quella arricciò il naso - Donna petulante.- borbottò abbandonando di nuovo la testa contro il cuscino, scivolò più giù in modo da far appoggiare completamente la testa sulla sua spalla, le circondò il collo con il braccio sinistro e schiacciò la guancia contro la sua tempia, sospirò - Vediamo di non fare troppo casino quando sarai sveglia eh, seccatura?- Tutta Konoha pensa che stiamo insieme!Sarebbe bastato lo sbattere della porta per far capire a Shikamaru Nara che quella non sarebbe stata una bella giornata, ma ovviamente c'era quella piccola, insignificante tonalità vocale altamente cancerogena a far pensare al Jonin di licenziarsi e darsi all'ippica. Per non parlare dei pugni sbattuti con violenza sulla sua scrivania, gli occhi spiritati e il colorito fiammeggiante che Sabaku no Temari aveva; sollevò appena lo sguardo dal fascicolo che stava completando - erano le valutazioni degli esami Chūnin, sarebbero bastati pochi minuti perchè lui lo finisse, perchè il mondo lo perseguitava a forza di seccature?- e la guardò con le sopracciglia terribilmente abbassate - Davvero?- e riprese a scrivere da dove si era fermato. - Si!- sbraitò quella strappandogli il foglio da sotto gli occhi, gli gettò un'occhiata e, appurato che la cosa di cui voleva parlare era più importante, se lo gettò alle spalle dopo averlo appallottolato. Shikamaru si rilassò sulla sedia, si accese una sigaretta e la riguardò, più annoiato di prima - Sul serio?- Si ti dico!, mi hanno pure fatto le felicitazioni, capisci? Felicitazioni!A dirla tutta e in completa buona fede... non lo capiva e non gli interessava neanche, a lui bastava lavorare quelle ore che aveva da lavorare, scrivere quello che aveva da scrivere e poi sparire dalla circolazione - Ah si?- SI!A quel punto Shikamaru non aveva più niente da dire e sperava che neanche lei avesse qualcosa da aggiungere - E ora che me l'hai detto puoi andare via?Temari lo fulminò con un'occhiata e sbattè di nuovo le mani sulla sua scrivania - Tu...sibilò ad una spanna dal suo viso e Shikamaru sentì l'istinto di scappare farsi impellente non capisci o vuoi farmi incazzare.- e non era una domanda, considerò il moro - Ti ho appena detto che il tuo fottuto villaggio crede che io me la faccio con te.20 Sbattè le palpebre cercando di allontanarsi il più possibile da lei - E non è così?- No.- ringhiò in risposta e allora Shikamaru non aveva davvero più niente da dire. - Davvero?- o quasi. Gli occhi di Temari scintillarono pericolosamente e le dita si chiusero a pugno sulla superficie legnosa della scrivania - Nara...- l'avvertì - Non sono dell'umore.- Temari, che c'entro io se il mio fottuto villaggio crede che tu te la fai con me?- replicò iniziando a massaggiarsi la base del collo - Sono tre ore che sto chiuso qui dentro, non venire a scartavetrarmi l'animo per questo, seccatura.- bofonchiò riprendendo la sigaretta tra le dita e infilandosela tra le gengive. - Devi fare qualcosa!- s'impuntò raddrizzandosi. E Shikamaru lo sapeva che non ci sarebbe stato verso di farla ragionare, lei non lo faceva mai, quindi si alzò infilandosi immediatamente le mani in tasca, colpì una gamba della sedia con il tallone e la sorpassò - Pausa.- Che vuol dire ' pausa '?!, Nara!!- Quindi secondo te se sistemo questo vaso all'entrata...- ... la intaserebbe.Ino si girò furente verso di lui, incrociò le braccia al petto e mosse le anche per sottolineare la sua incredibile irritazione - Prima hai detto che avrebbe creato più spazio da quella parte!- e indicò lo spazio lasciato vuoto dal vaso, Shikamaru si scrollò nelle spalle mentre lei iniziava seriamente a spazientirsi - Se hai avuto una brutta giornata, evapora. E in fretta.- Che significa, ti sto aiutando...- Ceeerto, come no -, e con sguardo sconsolato osservò i girasoli, poi guardò lui - E' vero?- Si, ti sto veramente aiutando.- ... che quando ci metteva impegno buttava il suo genio alle ortiche, in tutti i sensi. Dopo aver - più volte - roteato gli occhi al soffitto ed averlo - molte più volte - insultato, Ino pensò che era cosa buona che almeno Choji non fosse presente, onde evitare fini analisi psicologiche sul comportamento indifferente di Shikamaru. Una volta lei e il buongustaio erano arrivati a dire che il comportamento di Shikamaru era stato causato da una bruttissima, orribile e terribile esperienza non meglio identificata, ma che vedeva protagonisti il di lui padre e madre. Ovviamente Shikamaru se n'era lavato le mani e li aveva lasciati lì a rimuginare sulle sue fisime. - Dico, tu e la Sabaku?- Ah, si, l'ho vista poco fa.- Dico, tu e la Sabaku insieme?- lo aiutò e sperò che il tono malizioso della sua voce suonasse abbastanza malizioso alle sue orecchie. Shikamaru buttò la testa indietro, la fronte corrugata in profonda concentrazione Quando?E Ino scoppiò - Per tutti i tanga!- lui la fissò orripilato - Ti sto chiedendo se tu e la Sabaku siete andati a letto insieme!- Ah, quello.- tossicchiò leggermente, mediamente imbarazzato di stare parlando di quello con Ino ( insomma era una femmina! ) - Non lo so, tu che dici?Lei iniziò a sistemare alcuni fiori - Tutto il villaggio ne parla, la voce è arrivata pure a tua madre mi sà.- e ridacchiò - Sicuramente quando Temari lo sentirà darà di matto.- Già fatto.- Oh, bene.- Bene un cazzo.- bofonchiò grattandosi il collo - Senti, metti in giro la voce che è tutta una stronzata, eh?- Perchè scusa?, è così divertente!21 - E' una seccatura.Lei sospirò melodrammatica - Va bene, va bene.- e appena sentito quello che voleva sentire, Shikamaru sparì. Tre giorni dopo. Temari non aveva mai assistito ad una cosa del genere, davvero, era una cosa del tutto nuova. Il fatto era questo : lei era appena uscita dal tabacchino - doveva comprare le caramelle quando era stata letteralmente travolta da una figura a tratti arancione e a tratti bionda; non aveva fatto in tempo a porconare che la suddetta figura sclerotica si era attaccata a mo di polpo ai suoi fianchi, gemendo come un matto da legare. Non appena aveva alzato gli occhi si era ritrovata a guardare l'Haruno in tutta la sua rosea collera. Aveva sbattuto le palpebre, poi aveva lanciato uno sguardo indagatore all'Uzumaki - che nel frattempo si era nascosto dietro di lei - e in risposta aveva avuto un indice puntato contro l'Haruno, un borbottio indistinto da parte dell'additata e un ringhio animale da parte dell'additatore. In sintesi, non ci aveva capito una mazza, ma ormai era in mezzo e, anche se non aveva davvero mai assistito ad uno scambio così pittoresco di... cose strane che non riusciva neanche a classificare. - Uzumaki.- disse. - E' colpa sua!- Naruto...- sibilò Sakura ad un passo oltre la soglia della mera rabbia. - E' colpa tua e lo sai!, non andrò da Tsunade per dirle che sono stato io perchè non è vero!il biondo diventò rosso - E' colpa tua, Sakura-chan!L'Haruno, ahilei, divenne così pallida che avrebbe orgogliosamente sfidato una mozzarella, Temari era così stranizzata che non riusciva a muovere un muscolo. - Che è successo?- Oh, Shikamaru!,- esclamò Sakura esasperata - aiutami.Lui inarcò un sopracciglio, guardò Naruto dietro la schiena di Temari e rilassò le spalle L'Hokage ti cerca.- e con un cenno del mento indicò Temari - In fretta.L'Uzumaki mollò i suoi fianchi solo dopo essersi guadagnato uno sguardo omicida e non appena restò senza protezioni si dileguò a velocità impressionante, inseguito da Sakura che, in sincerità, non aveva un'espressione rassicurante; Temari li guardò allontanarsi sbattendo più volte le palpebre, poi indicò la via dove erano spariti con il pollice e si rivolse a Shikamaru - Stanno insieme?- Non che io sappia.- bofonchiò quell'altro, s'incamminò annoiato, mani in tasca e occhi rivolti al cielo. - Hey!.- lo trattenne per il braccio - Il palazzo degli Hokage è dall'altra parte!L'espressione sofferente di Shikamaru poteva anche essere divertente in determinate circostanze, ma Temari la trovava piuttosto fuoriluogo in quel preciso momento - Era una balla, non posso spiegarti sempre tutto, seccatura.E c'era da dire che loro due non passavano i giorni a guardarsi nelle palle degli occhi senza dire niente, perciò rispondere alla sua velata provocazione fu quanto mai semplice - Io non ho bisogno che qualcuno mi spieghi le cose, specialmente non ho bisogno che tu me le spieghi,- incrociò le braccia al petto - comincio a pensare che la tua mascolinità nascosta se ne sia andata.- Se, magari ha bussato alla tua porta, mh? Sei tu l'uomo mancato, non scassare.Gli si fece vicina per poi mettersi di fronte a lui, uno sguardo malizioso negli occhi e il suo proverbiale ghigno stampato sulla bocca - Non ti sei lamentato.- ricevette uno sguardo disattento, poi Shikamaru la sorpassò - Hey!22 - Io non me la faccio con te, seccatura.Assottigliò gli occhi, ma continuò a camminare dietro di lui, non abbastanza motivata per rispondergli, ma certamente incazzata per quello che le aveva detto. Era la coerenza fatta persona, lei. Stavano camminando ai margini del fiume, alcuni ragazzini ci si erano infilati dentro fino alle ginocchia mentre alcuni adulti tenevano la canna da pesca tra le gambe, un cappello calato sugli occhi e la pelle abbronzata dal sole. Andò a sbattere contro la sua schiena qualche secondo dopo e prese a massaggiarsi il naso prima di gettargli una serie di insulti e sguardi davvero poco femminili - L'hai fatto di proposito!- Non dovresti camminare così vicina all'acqua...- ponderò ad alta voce, si girò verso di lei, posizionò la mano destra al centro del suo petto - E dovresti anche sciacquarti la bocca...- e spinse. Le paroline carine che Temari gli urlò furono le più illuminanti che avesse mai sentito, la guardò divertito mentre cercava di rialzarsi, ma i vestiti le rendevano la cosa più complicata del previsto. - Quando finirai di fare la stupida vieni a cercarmi, magari ti offro un caffè.- VAFFANCULO!Lui rise. Era pomeriggio inoltrato quando Temari riuscì dal suo appartamento, asciutta e linda come doveva essere e abbastanza incazzata per far allontanare qualsiasi tipo di creatura nel raggio di un miglio. I suoi occhi non promettevano niente di buono quando raggiunse l'ufficio del Nara dannato Nara; come al solito sbattè la porta e camminò verso di lui con passo marziale, gli occhi fissi nei suoi ( molto annoiati e di conseguenza tanto irritanti ) e le mani rigide lungo in fianchi. Shikamaru sapeva cosa gli avrebbe urlato, all'incirca. E non ne era preoccupato, per niente. Quel tuffo se l'era meritato, punto. E si meritava pure un raffreddore, certo. Quindi lui non avrebbe spiccicato neanche una parola, non prima di lei sicuramente. - Intelligente?- anche lui era la personificazione della coerenza, non c'era che dire. - Sei un coglione.- disse d'un fiato - Se mi prenderò un raffreddore sarà colpa tua, quindi vedi di non essere nei paraggi quando questo accadrà.- Fino a prova contraria...- Fino a prova contraria il ragazzino sei tu, non io. Non mi è piaciuto lo scherzo e sono venuta qui per dirtelo, non per chiederti scusa o le altre stronzate che ti aspetti da me. Io sono questa, se ti piace bene. Se no, cazzi tuoi.- i suoi gli scrutarono freneticamente la sua faccia, il verde era oscurato dalla rabbia, era come se quella volta fosse davvero lui nel torto, e non gli piaceva per niente la sensazione di essere guardato come un ragazzino. Lui non era più un ragazzino, aveva già diciannove anni e fare il ninja non era una cosa da niente. Aveva imparato a prendere decisioni drastiche anche nelle situazioni più traballanti, ma quando si trattava di lei non sapeva mai come comportarsi se non nel solito modo, il modo che ormai tutti conoscevano. Non pensava che aver condiviso il letto con lei gli avrebbe procurato tutti quei problemi e tra l'intero villaggio che spettegolava e lei che negava l'accaduto, bhè, Shikamaru non aveva passato momenti rilassanti, proprio no. Il fatto che lei, adesso, si trovasse davanti a lui, affermando che o la prendeva per com'era o la lasciava in pace, diceva molto di quello che Shikamaru non voleva sentire. Che loro erano stati amici, una volta. Mise sù la solita espressione annoiata - L'hai negato tu.- Io non ho negato niente.- sibilò - E' successo una volta sola, quindi io non me la faccio 23 con te.- strinse le mani a pugno - Non ho negato niente, io.- e guardandolo con puro odio negli occhi, uscì. E Shikamaru ebbe di che pensare, nelle ore seguenti. Il modo che tutti conoscevano sparì nei seguenti giorni. Ino continuava a guardare quei due che s'ignoravano con un misto di divertimento ed impazienza nello sguardo; da quel poco che conosceva della Sabaku, si aspettava sfuriate e ventagliate nei posti dove non batteva il sol, ma non accadde nulla nei tre giorni seguenti La lite. Lite di cui lei non sapeva nulla, lite che Choji classificava come " Inutile tecnica di sfiancamento " e che, sicuramente, si sarebbe protratta a lungo se nessuno dei due abbassava la cresta. Cosa impossibile, a detta di Ino che, guarda caso, si trovò in rotta di collisione con la Sabaku proprio quella mattina - Buongiorno balena!- Gli stecchini si usano per pulire i denti, lo sai?- Oh, si, ma sia dia il caso che questo stecchino,- e s'indicò con entrambi gli indici - oggi abbia un appuntamento...Le scoccò uno sguardo iroso - Tante belle cose.- ... con un certo qualcuno che è più di tre giorni che non consideri.Temari sogghignò sfiorando con i polpastrelli il ventaglio sulla sua schiena, prese un silenzioso respiro e la guardò senza tradire nessun tipo di emozione - Ripeto : tante belle cose.- ... Si, hai ragione. Shikamaru è proprio bravo... oh, ma tu non puoi saperlo!- Come, scusa?- Ma si, Shika mi ha detto che non è successo niente tra voi due,- mosse la lunga chioma su una spalla - mi ha pure chiesto di smentire le voci che circolavano al villaggio.- si picchiettò l'indice sul labbro inferiore - Ci hanno subito creduto, sai? E' matematicamente impossibile che Shikamaru s'interessi ad una come te, non sei neanche di Konoha.- si scrollò nelle spalle mentre Temari irrigidiva i muscoli delle braccia. Aveva una voglia matta di spaccarle la faccia. - Sicuramente mi porterà al suo posto preferito, - le schiacciò l'occhio - così se la situazione lo richiede...- ma lei era già sparita. Ino roteò gli occhi al cielo, si guardò le unghie e sospirò - Cosa sarebbe il mondo senza di me?- Cosa faresti se io, adesso, andassi dal tuo amico grasso e me lo portassi a letto?- Pregherei per lui e per la sua anima, che cosa vuoi, seccatura?Temari sganciò il ventaglio e lo infilò con forza nel terreno tra le sue gambe, Shikamaru la guardò indifferente - Hai chiesto alla tua amica di rompermi i coglioni?- Quale amica?Lei fece una smorfia schifata e spinse il ventaglio più a fondo - Quella con cui hai un appuntamento oggi.- scimmiottò il tono di Ino e lui inarcò entrambe le sopracciglia. Appuntamento?, con Ino? Aaaah, certo. Ghignò - E anche se fosse?- Credo pregherei per te e per la sifilide che ti verrà.- Almeno Ino se la fa con me, a differenza tua.- Sai che bellezza...- bofonchiò trucidandolo subito con lo sguardo - Tienimela lontana.Shikamaru si sostenne sugli avambracci e sforzò il collo per guardarla - Diglielo tu, stavo dormendo.- Dirglielo io?, dico, sei completamente partito di cervello? Non sono stata io a dirle : " Vai 24 a rompere le palle a Temari ", quindi tienimela lontana!- Gelosa?Assottigliò le palpebre stringendo la presa sul ventaglio - Stà attento, cry-baby.- Se lo dici ti sentirai meglio, ma non adesso, sono stanco.- e si ributtò disteso sull'erba, le braccia incrociate dietro la nuca, l'espressione rilassata come se lei non fosse più lì. Non le piaceva, quindi gli diede un calcio e lui uggiolò di dolore rotolandosi su un fianco, rannicchiò le ginocchia, entrambe le mani a tenere la parte lesa e gli occhi stretti dal dolore come i denti. A Temari questo piaceva e sghignazzò disincastrando il ventaglio dal terreno per appoggiarlo al suo fianco; si gustò la scena come se stesse assistendo ad un film molto interessante, vagamente dispiaciuta per il ragazzo, ma molto più divertita dall'espressione dolorante dei suoi occhi quando voltò la faccia per guardarla - Stronza.- Grazie.- Sei davvero,- prese un profondo respiro - una stronza.- ringhiò tra i denti, le falciò le gambe facendola cadere e prima che lei avesse il tempo di lamentarsi per la botta al sedere le fu sopra; le bloccò i polsi, stringendoli con forza, e si avvicinò così tanto alla sua faccia che Temari cercò di affondare ancora di più nell'erba - Mi hai fatto male.- sibilò stringendo ancora di più i polsi, lei strinse le labbra in una smorfia dolorante, ma non disse nulla - sei davvero insopportabile. T'incazzi per la minima cosa, sei orgogliosa da far schifo, mi disturbi il sonno e sei così bugiarda...- scosse la testa - Sono veramente stanco di te.Si guardarono, lei neanche mosse i polsi, lui smise di stringere - tanto sapeva che non si sarebbe liberata e lui era troppo pigro per lasciarla andare. - Non te la fai con lo stecchino.- lui sghignazzò e scosse la testa - Non le hai neanche detto di rompermi le scatole.- assottigliò le palpebre irrigidendo le spalle - Però le hai chiesto di smentire le voci.- Sei piombata nel mio ufficio e lamentata come una ragazzina per quelle voci. Dovresti ringraziarmi.- Fanculo, Nara.- Questo tipo di relazione è una grande seccatura.- Non abbiamo nessun tipo di relazione...- bofonchiò chiudendo per un attimo gli occhi, giusto il tempo perchè lui si stendesse accanto a lei, gli occhi scuri rivolti al cielo - Hey, crybaby...- si stese di pancia, il capo sorretto dalle mani, lui neanche la guardò - Se più tardi vieni a casa mia, magari ti offro un caffè.- Me lo puoi offrire anche adesso, il caffè.Poco lontano Choji coprì gli occhi di Ino, rosso come un peperone. Aveva un disperato bisogno di cose salate - Andiamo a comprare le patatine?- Non possiamo rimanere?, magari è la volta buona che decidi di dimagrire...- Giammai, a me, le patatine, piacciono fritte.- Che bella analisi...Capitolo 3: Promises: buon sangue non mente! La scacchiera era come l'aveva lasciata la sera prima, imbronciò il labbro inferiore e ingogiò l'istinto di far volare pezzi e scacchiera fuori in giardino, non sarebbe stato un comportamento maturo. E lo sapeva che perdeva sempre, lo sapeva che non era bravo come suo padre o suo nonno, però gliel'aveva promesso. E le promesse si mantegono sempre, qualunque esse siano e a chiunque le si facciano. Shirai aveva cinque anni e non era certo un genio come il suo papà; certo, era intelligente e molto sopra la media rispetto ai suoi coetanei, ma non era un genio e non sapeva giocare a shogi. 25 In un certo qual modo lo infastidiva. Si sedette, imbronciato, a gambe incrociate sul tatami, le braccia serrate al petto e gli occhi scuri puntati sul giardino. Lui non era in casa. Sua madre entrò in quel preciso istante, il kimono leggero e ventaglio in spalla, stava uscendo anche lei. La guardò con un misto di rabbia e tristezza che mosse lo stomaco di Temari (era sua madre, in fondo, un po' d'istinto materno ce l'aveva). - Mamma...- bofonchiò a mo di saluto, e tanti saluti alla bella giornata, pensò Temari - Stai andando a lavoro?- Già.- E quando torni?La donna appoggiò il ventaglio sul tatami e s'inginocchiò a fianco al figlio - C'è qualche problema?Lui tirò su col naso e indicò la scacchiera, Temari non comprese il nesso tra il suo malumore e uno stupido gioco da tavolo, ma quando collegò lo shogi con suo figlio arrivò all'unica soluzione possibile: Shikamaru era un padre degenere. Sospirò, rinunciando immediatamente ad arrivare in orario al suo appuntamento con l'Hokage e osservò Shirai che stringeva le labbra per non piangere - Lo sai che non lo fa apposta.In risposta, il bambino annuì leggermente - E che in questo periodo è molto impegnato; tuo padre è sicuramente un idiota, ma non lo fa di proposito.- si scrollò nelle spalle, Temari, sorpresa da se stessa (stava difendendo il crybaby, dopotutto) - E' così e basta.- E a me non piace.Ok, a questo non era preparata, prese un respiro profondo e gli permise di rifugiarsi tra le sue braccia quando prese a piangere. Shirai non era un bambino debole e c'erano volte che sembrava più grande della sua età, ma quando c'era di mezzo Shikamaru diventava morbido e friabile. Lui adorava suo padre, lo venerava quasi, e non poteva fare a meno di voler sempre stargli attorno, ma questo non era possibile e avrebbe dovuto capirlo, prima o poi. - Shirai, non fare così!- disse perentoria, lo allontanò delicatamente, giusto lo spazio per guardarlo negli occhi dal taglio uguale al suo e scuri come quelli di suo padre - Tuo padre è un jonin, capisci? Ed è un bravo ninja e un bravo ninja deve fare tante cose, ci sei?- lui annuì con gli occhi ancora lucidi, lei sospirò, un sorriso appena accennato sulle labbra - E devi essere fiero di lui, non lamentarti perchè non gioca con te oggi. Tanto lo farà domani.- Davvero?- Si, davvero.Shirai sorrise e l'abbracciò. Era una bella sensazione, le piaceva proprio. Shikamaru picchiò la testa sulla scrivania, gli occhi gonfi e arrossati dal sonno; il chunin che aveva davanti l'osservò con le sopracciglia inarcate e un'espressiome mediamente sconvolta che avrebbe fatto innervosire un Uchiha, e tanti saluti alla buona educazione Che c'è?- L'Hokage ha detto...- Lo so, cos'ha detto, e ora sparisci.- bofonchiò riappoggiando la testa sulla scrivania, sbadigliò sonorosamente mentre il ragazzino arrossì di rabbia. - Ma...!- Ma un cazzo, le cose sono due: o ti accompagni fuori, o ti faccio uscire a modo mio. Comprendi?Si, una persona con parecchie ore di sonno arretrate può diventare parecchio acida/molesta/insopportabile e per niente di compagnia, Shikamaru ne era l'esempio 26 vivente; per questo, quando il ragazzino se ne andò rabbiosamente, Shikamaru pensò di prendersi almeno tre giorni di pausa, a partire da quel momento. Ma bussarono alla porta e, coprendosi la testa con entrambe le braccia, si preparò a sorbirsi un altro imbecille. - Colazione?Sua moglie non era un'imbecille, assolutamente no; sollevò lentamente lo sguardo, il mento appoggiato al legno. Doveva avere un'espressione molto divertente visto che Temari ridacchiò - Buongiorno.- Un corno.- lei ridacchiò ancora prima di chinarsi e baciarlo lievemente, lui seguì le sue labbra con noiosa soddisfazione - Non hai preso il caffè.- Lo prendo adesso.- replicò sedendosi sulla scrivania e scartando il pacchetto. Il forte odore del caffè riempì presto le narici di Shikamaru e, con un sospiro appagato, prese il bicchiere di carta che Temari gli aveva allungato, ne prese subito un sorso Shirai?- L'ho accompagnato da tua madre,- sorseggiò lentamente il caffè - e sono sicura che tuo padre lo porterà da qualche parte lontano da casa, di nuovo.- l'uomo sbuffò divertito e lei decise di parlare chiaro - Gli hai detto qualcosa?- A mio padre?, no, è tre giorni che non lo vedo...- Al bambino, Shika.Lui sembrò parecchio confuso, ma quell'espressione fu presto sostituita da una lieve preoccupazione - E' successo qualcosa?- Non lo so, dimmelo tu.- Che significa 'dimmelo tu'?, non so di cosa stai parlando, Tem.- Dimmi che non gli hai promesso niente.Shikamaru fece mente locale. Allora, quella settimana era stato a casa si e no sedici ore e la maggior parte del tempo aveva dormito; giusto ieri sera era riuscito a scappare dalle grinfie dell'Hokage schiavista e si era catapultato a casa dove aveva trovato suo figlio che guardava la scacchiera con sguardo meditabondo... ... O cazzo. - Lo sapevo.- sibilò Temari, e lui sospirò - Lo sai che ha pianto, si?- Non farmi sentire una merda...- Ma lo sei.- sbottò, per poi calmarsi - Senti, lo so che è complicato per te...E Shikamaru era troppo stanco mentalmente per sopportare una discussione con lei, anche solo ascoltare quello che lei aveva da dire era impensabile - Sentimi tu.- bloccò la ramanzina con un gesto seccato della mano - Sono stanco e devo lavorare, devi lavorare pure tu e con mio figlio me la vedo io.Gli occhi rabbiosamente socchiusi di Temari erano come fari, la piega incazzosa delle labbra era oltremodo presagio di cataclismi cosmici, ma lei si limitò a ghignare amaramente - Bene.- Bene.- fece lui. - Bene!- e rovesciò il caffè rimasto nel suo bicchiere dentro il cestino, gettò anche il bicchiere e quando uscì, si sbattè la porta alle spalle. I cardini tremarono e anche lo stomaco di Shikamaru: si era riportata i cornetti. Tornare a casa dopo una lunga e straziante giornata di lavoro era un cosa... aaah. Inserì impaziente le chiavi e trascinò i piedi fino alla cucina dove sgranocchiò uno dei biscotti di Temari, quelli al cioccolato, che ti si scioglievano in bocca e mille kcal al pezzo. Non che gli importasse ingrassare e non avrebbe potuto neanche, visto il lavoro da bue che faceva. L'Hokage, non appena aveva visto le profonde occhiaie che solcavano il volto di Shikamaru, gli aveva categoricamente vietato di presentarsi in ufficio, l'indomani, e lui non 27 si era mai sentito così felice in vita sua (tranne quando Temari aveva accettato di vivere con lui a Konoha e quando aveva accettato di sposarlo, la nascita di suo figlio...) e aveva lasciato il lavoro incompleto, tanto c'era Kakashi, forse. Si liberò della divisa e camminò per casa in boxer; libero da ogni pensiero si diresse verso il salone, aprì le fusuma e si distese. Il sonno non veniva e la scacchiera lo stava guardando con gli occhi di suo figlio, rotolò su un fianco ma non cambiò molto; Temari non sarebbe tornata presto e molto probabilmente suo figlio già dormiva a casa dei suoi, nella sua vecchia stanza. Si rivoltò, la schiena pressata sul tatami e la scacchiera lo stava fissando di nuovo - E' inutile che fai così.- mugugnò mogio - Io non mi alzo.- ma non la smetteva di fissarlo, era irritante - Ti ho detto che non...- Papà?Si sedette di botto, maledicendo la dannata scacchiera per avergli fatto fare la figura del pazzo che parlava da solo; perchè non c'erano dubbi, quella voce apparteneva a suo figlio (e, in vero, ne aveva solo uno, quindi fece finta di non aver pensato quello che aveva appena pensato), al suo unico figlio (appunto). - Uhn, ciao.- e sollevò una mano, indeciso su cosa dire - Come va?E c'era da dire che Shirai non era un bambino come gli altri, infatti sbarrò gli occhi tanto così, le sue labbra tremarono e Shikamaru avvertì la fine del mondo sopraggiungere - Non. Piangere!Ma, ovviamente, era anche figlio di sua madre e, dato che Temari era una disfattista nata, era impossibile che loro figlio ascoltasse quello che lui diceva, infatti pianse e lui entrò nel panico - No!, Shirai!- lo afferò per le spalle e gli coprì gli occhi con il suo braccio - Smettila immediatamnente!E c'era anche da dire che la sua autorità era pari a zero quando suo figlio si lasciava andare a quelle, rare, crisi esistenziali. Il bambino continuò a singhiozzare, parlando a tratti, le parole strozzate dai singhiozzi, il collo paonazzo e il corpicino tutto tremante. Shikamaru si sentì un animale, perchè per lui erano tutte seccature, ma più si diceva che non era niente, che i bambini imparavano, e più non riusciva a classificare quella come seccatura. E allora fece l'unica cosa che, sapeva, avrebbe fatto smettere tutto quello strazio - Lo dico alla seccatura.E Shirai s'irrigidì, deglutì e smise di piangere, con qualche difficoltà, ma smise. E poi lo guardò con rabbia, quella rabbia che nei bambini a volte sembra comica - Sei un bugiardo!Non sapeva perchè, ma, effettivamente, non aveva niente per discolparsi. Effettivamente lui era un bugiardo - Si, lo so.- disse roteando gli occhi al cielo - Ma non lo faccio apposta.- Ca...cavolate.- bofonchiò - Sei un bugiardo.- Si, lo so.- E io non ti voglio più bene.Shikamaru incrociò le gambe e lo guardò con il sopracciglio inarcato, si disse che era ora di fare il padre - Bugiardo.- a modo suo. - Non è vero!Fece finta di pensare mentre suo figlio lo guardava, rosso di rabbia - Quella volta che hai rotto quel vaso e hai detto che non eri stato tu,- e alzò il pollice - quella volta che hai coperto l'Uchiha di dentifricio, e non eri stato tu. Ah, e quando hai mangiato tutti i biscotti di tua madre, ma non eri stato tu...Shirai, man mano che le dita aumentavano, incassava la testolina tra le spalle e arrossiva. Nella sua testa non era stato lui a fare tutte quelle cose, nonono, lui non le faceva, quelle cose. Era che suo padre lo voleva far arrabbiare e basta, perchè il vero bugiardo era lui e punto. -... Shirai,- ma nel frattempo lui, l'innocente bambino, aveva abbassato gli occhi e stava per 28 piangere di nuovo - anche io posso sbagliare.- No.- bisbigliò negando ferocemente col capo - Tu sei papà.E grazie tante, la logica dei bambini, a parere di Shikamaru, era la cosa più pericolosa che esistesse - Non c'entra. Ci sono...- corrugò la fronte e sfiorò il braccio del bambino, lasciò le dita li - Tante cose che ancora non puoi capire.Tirò su col naso - Mi hai promesso di giocare, d'insegnarmi.Però non c'era e questo, suo figlio, lo capiva. Shikamaru non sapeva cosa significasse non avere un padre, perchè lui l'aveva avuto, un po' strano e incasinato, ma l'aveva avuto e l'aveva ancora, quindi non voleva far crescere suo figlio con la convinzione che il suo, di padre, fosse un bugiardo. Cosa che, in realtà, era, ma non era questo il punto. Lui non era patologicamente bugiardo, quindi la promessa che aveva fatto a suo figlio l'avrebbe mantenuta. Dopo aver tranquillizzato il bambino e dormito almeno otto ore, s'intendeva. Prese un respiro profondo - Io e tua madre... litighiamo?- dopo un momento di confusione, Shirai annuì - La facciamo la pace?- annuì ancora e Shikamaru si torturò l'interno delle labbra, profondamente imbarazzato - Vuoi fare pace?Shirai incrociò le braccia al petto, sollevò gli occhi al soffitto per qualche secondo, tamburellò il piede sul tatami e poi sorrise* - Solo se m'insegni a giocare...- A questo proposito...- Ora!- ... che seccatura.Capitolo 4: Voglio combattere! Chiedilo alla mamma… Non è difficile diventare padre. Essere padre : questo è difficile. Wilhelm Busch Si sentiva leggermente disturbato, come quando una mosca fastidiosa si avvicina all'orecchio o come quando Choji e Ino facevano comunella per fargli saltare i nervi, oppure quando la Seccatura decideva che era da troppo tempo che non gli fondeva i neuroni. Quel tipo di disturbo riusciva a riportarlo nel mondo dei vivi con una facilità insopportabile e lui che prendeva ogni occasione per sbracarsi in ogni luogo pianeggiante e non, la trovava una cosa più che fastidiosa. Socchiuse un occhio per poi abbassare repentinamente la palpebra, corrugò profondamente la fronte e strofinò la lingua sui denti non appena il suo giaciglio venne mosso da qualcun'altro. - Papà...E quasi si lasciò scappare un gemito dolorante quando il ginocchio di suo figlio si adagiò sul suo stomaco, respirò tra i denti e si costrinse ad aprire entrambi gli occhi che si rivelarono arrossati e gonfi e con una buona dose di intolleranza a renderli lucidi, ma il pargolo schiacciò i propri gomiti sul petto del padre e sghignazzò - Ohayou.*- Se, uhn, ciao.- borbottò strofinandosi gli occhi - Che ore...?Shirai allargò il ghigno - Non so leggere le ore.- Ah no?- il bambino negò col capo e Shikamaru capì che voleva più attenzioni del previsto quel giorno, - Vai dalla seccatura e fattelo insegnare.- ma lui non aveva nessunissima intenzione di dargliele. 29 - La mamma non c'è.- Mh.- ... Papà...- Mmh?- Voglio giocare.- Che ore sono?.Shirai assottigliò le palpebre e pressò con più forza i piccoli gomiti sul suo petto - Ti ho detto che non so leggere le ore!Cinque anni ed era già tale e quale la sua seccante genitrice, Shikamaru sentì distintamente il bisogno di riaddormentarsi - Allora, se la lancettacorta è su un numero prima del dodici è ancora presto.Il bambino s'illuminò - Davvero?- Se.- e richiuse gli occhi convinto di aver risolto il problema. - Quindi i numeri dopo il dodici significano che è tardi?- Mhmh.Si ritrovò la sveglia ad un palmo dal naso e non appena vide l'effettiva ora provò un istinto così omicida che avrebbe tanto voluto prendere il muro a testate - Allora puoi alzarti, vedi?- e indicò la lancetta corta che stava proprio sopra il numero tre - E' tardi papà!Quando un bambino si sbucciava le ginocchia, di norma, tirava giu dal cielo tutti i Santi, piangendo istericamente fino a quando la sua mammina non lo tirava su e lo consolava. Dopo cinque minuti il bambino correva di nuovo felice di qua e di la, fregandosene delle ginocchia sbucciate e delle raccomandazioni della madre. Shikamaru non li capiva proprio, i bambini; non che lui avesse tutta questa esperienza in fatto di bambini piagnoni visto che Shirai piangeva solo quando faceva comodo a lui. Il suddetto bambino, per l'appunto, stava dondolandosi in piedi sull'altalena, cosa alquanto rimproverabile per la maggior parte delle donne che gli passava davanti, ma Shikamaru, anche se sembrava guardare per aria, scoccava molte occhiate a suo figlio, una profonda ruga d'espressione sulla fronte e la sigaretta accesa tra le gengive. Shirai, d'altro canto, non aveva paura di cadere o di farsi male (era un bambino, non ci pensava a queste cose stupide!), anzi, si dava la giusta spinta per toccare le foglie più alte dell'albero con la testa. Ci fosse stata la seccatura avrebbero entrambi passato un brutto, orribile, terrificante quarto d'ora. Ma Temari era partita per Suna quella mattina presto, troppo presto per Shikamaru, che si ricordava di aver appena sollevato il braccio mentre lei usciva dalla loro camera. Venti minuti dopo era entrato suo figlio, che adesso si divertita come un matto. Era tutto contento per aver passato l'esame d'ammissione all'accademia e aveva rotto le palle mattina, pomeriggio e sera per avere i suoi kunai (di plastica, ma questo lui non lo doveva sapere). - Pà.- disse dondolandosi - Mi insegni a combattere?- Compito di tua madre.Il bambino bloccò progressivamente il moto dell'altalena per poi sedersi e piantare la punta dei piedi sul terreno - Ma la mamma è una femmina!- ... non esattamente.- bofonchiò senza essere sentito dal suo pargolo che guardò per aria in cerca di chissà quale risposta e quale domanda, a Shikamaru non piaceva quello sguardo, significava che stava per arrivare qualcosa che, a lui personalmene, non sarebbe affatto piaciuto. - La nonna è un ninja?- No.30 - Però fa paura.- considerò il bimbo, picchiettandosi l'indice sulle labbra - Posso farmi insegnare da lei?- A lanciare padelle e pentole?Shirai sbuffò pensando che, il suo papà, era davvero strano. Molto strano. - Ma Kyosuke e Ryo sono più piccoli e già scalano le pareti!Ah, ecco il problema. I due lattanti appena nominati da suo figlio non erano altro che i gemelli Uchiha. Ovvero una doppia tragedia, una doppia disgrazia, un doppio cataclisma, la coppia che non sarebbe mai scoppiata. I degni eredi di Sasuke, insomma. E suo figlio era geloso, tremendamente geloso. Shikamaru lo trovava divertente, molto divertente. Temari meno, ma non era quello il punto. - Anche tu scali le pareti.- Ma loro sono più piccoli!Ah, la logica dei bambini. - Non t'insegnerò a combattere solo perchè sei geloso.Shirai scattò in piedi, le mani ancora strette alle corde dell'altalena - Io non sono geloso!- No?- No!- Davvero?- Papà!E lui rise. Quando Temari era arrivata davanti la porta di casa, aveva già il sentore dei problemi sotto il naso, era entrata con una scrollata di spalle e un'espressione tutt'altro che tesa. Suo figlio era seduto sulle scale, la testa tra le mani e un broncio bambinesco sulle labbra. Non aveva neanche alzato gli occhi per salutarla. - Mà, mi insegni a combattere?- Compito di tuo padre.E allora Shirai aveva proprio sbroccato - Mettetevi d'accordo!- ed era corso in camera sua, probabilmente ad imprecare. Temari inarcò profondamente un sopracciglio e si liberò del ventaglio appoggiandolo alla parete e si diresse in cucina. Seduto su una sedia, la testa tra le mani, e un'espressione scocciata in viso, c'era Shikamaru. Non aveva neanche sbuffato per salutarla e lei aveva scrollato, nuovamente, le spalle mentre apriva il frigo. - Avete le vostre cose mensili, voi due?- Mh.- Perchè nostro figlio si comporta già come una ragazzina di quattordici anni?- Uhn.La bionda kunoichi sorseggiò il succo d'ananas con un ghigno divertito sulle labbra - Avete litigato?- Non abbiamo litigato.- bofonchiò. - Lui ha litigato con te?-... probabile.- E allora?, chiedigli scusa.Shikamaru l'aveva, finalmente, guardata e lei per poco non era scoppiata a ridere Seccatura...- Che ha fatto stavolta?-, l'uomo non aveva risposto - Si è rotolato nel fango?Lui aveva scosso la testa, divertito. 31 - Ha mangiato tutti i tuoi gelati?, ha riempito di briciole il letto? E' caduto, si è fatto male e ti ha dato la colpa?- E' geloso.- Oh, fantastico, nostro figlio è una femminuccia. La prossima volta che rimango incinta, vedi di non farti più vedere su questa terra.-... E vuole imparare a combattere solo per questo...Temari arricciò il naso, indispettita - Non vedo dove stia il problema.Anche Shikamaru aveva fatto una smorfia - Non è un gioco, Tem.- Certo che non lo è, ma lui è piccolo, non può capire.- Io sapevo per cosa dovevo combattere, alla sua età.Voleva essere confortato, per caso?, o preferiva un pugno in testa? Era più predisposta per la seconda, decisamente, ma con due poppanti in casa le riusciva difficile ubbidire ai suoi bisogni omicidi, almeno fino a quando Shirai era così piccolo Imparerà comunque, qui o in accademia.- si grattò il gomito, profondamente imbarazzata a parlare di quello. - Non è questo il punto...- borbottò grattandosi la testa. - Il punto è che Shirai non è te, non è me. Ed è ancora troppo piccolo per capire per chi e per cosa si combatte. E' normale che sia geloso, è un bambino, e quindi vuole imparare a combattere perchè altri lo sanno fare e lui no; se capirà per cosa combattere è un altro discorso che non puoi fargli adesso.Aveva riposto il succo d'ananas nel frigorifero, improvvisamente a corto di parole. - Quindi dovrei dargli dei kunai veri?- I tuoi primi kunai a che età li hai avuti?, io a cinque.- si era scrollata, di nuovo, nelle spalle mentre lui si alzava per arrivarle dietro e circondarla con le braccia. Aveva sistemato le mani sulla sua pancia, il mento nell'incavo del suo collo e aveva sospirato - Va bene.E lei si era rilassata immediatamente, quasi Shikamaru fosse un tranquillante. La stanchezza per il viaggio era sparita, sostituita dalla calda e confortante sensazione di casa che le sue braccia le davano; ma, questo, non l'avrebbe mai detto. - Che hai detto riguardo la prossima volta che resterai incinta?- Che te lo taglio, crybaby.- Ma io voglio una femmina.Temari si era crogiolata ancora un po' nelle sue braccia, reclinando la testa dietro e lasciando che lui le baciasse il collo un'infinità di volte - Adesso no.- Mmh?- Devi riportare tuo figlio dalla valle dei morti.Lui aveva sbuffato, borbottato e sbuffato di nuovo - Diventa mio figlio solo quando è incazzato?- No, diventa tuo figlio quando si comporta da ragazzina.- Fanculo, me la fai sempre.- corrugò la fronte - Comunque non avrà dei veri kunai.Temari roteò gli occhi al soffitto - E perchè mai?- L'altro ieri ha cercato di farsi i buchi alle orecchie con uno dei tuoi...- e lo disse come se fosse una cosa del tutto normale, ma Temari restò di sale e si voltò meccanicamente verso di lui. - Lui. Ha. Fatto... COSA?!- Capitolo 5: Perchè, i genitori, sono fatti per romperti le scatUHle! Quando Naruto Uzumaki aveva deciso che era meglio farsi gli affari propri, evidentemente 32 non aveva messo in conto un piccolo, trascurabilissimo particolare: lui odiava farsi i fatti propri. E questo lo portava sempre a finire con un piede nella fossa e l'altro all'Inferno, ma non per questo si sarebbe fermato. Naruto aveva smesso i panni del moccioso invadente per indossare quelli dell'uomo rompi coglioni e c'era chi, davvero, non riusciva a vedere la differenza palese tra le due cose. Sua moglie Hinata, tra l'altro, era sempre pronta a riportare il consorte con i piedi per terra ricordandogli che la grande pazienza del mondo, evidentemente, non capiva il suo senso dell'humor. Per questo il biondo shinobi si era alzato che il sole non c'era ancora e si era inoltrato nel villaggio addormentato, con le mani intascate e l'aria di chi è perso nei suoi pensieri. Aveva incontrato un suo allievo poco dopo le quattro e mezzo di mattina. - Che ci fai qui?- domandò con aria confusa. Era raro incontrare uno dei suoi tre allievi in giro a quell'orario indecente, soprattutto nel loro giorno di riposo e, gli sembrava di ricordare, che tre giorni prima avessero avuto una missione bella tosta, per questo si stranizzò tanto quando non vide le occhiaie sotto gli occhi di Shirai Nara - nella sua testa sottolineò Nara tre volte - e fu soprattutto per questo che quasi si strozzò quando il ragazzo gli rivolse un pigro sorriso. - Stavo per venirti a cercare.- disse il giovane diciottenne, si picchiettò il filtro di una sigaretta sulla gamba piegata e sbattè più volte le palpebre prima di riportare lo sguardo scuro sugli occhi azzurri del suo sensei - Devo consegnarti il rapporto.L'uomo arcuò un sopracciglio e alzò un angolo della bocca - E da quando ti svegli a quest'ora per portarmi il rapporto?- vide l'altro scrollarsi nelle spalle - E dov'è, tra l'altro?- L'ho dimenticato.- ghignò - Camminiamo?- chiese accendendosi la sigaretta - O sei troppo vecchio?Mentre il suo sensei scoppiava a ridere, Shirai pensò che forse aveva ragione, avrebbe dovuto dormire un altro po' prima di uscire di casa. Tra l'altro, era sicuro al centodieci percento che sua madre gli avrebbe tirato dietro il ventaglio quando sarebbe tornato a casa. Non aveva neanche avuto la voglia di mettersi a tavola la sera prima, quando era tornato dalla missione, era filato dritto nella sua camera, bofonchiando scuse incoerenti che non erano riuscite, comunque, a fermare lo sguardo ironico di suo padre e il ringhio inumano della sua genitrice. Tanto valeva scappare per il paese della liquirizia e non fare più ritorno. Il braccio pesante del sensei si sfracellò sulla sua spalla, infortunata, e lo distolse dolorosamente dai suoi pensieri - Oh, scusa tanto Shirai-chan.- cinguettò il biondo - Ti ho fatto male?- No.- alitò con le lacrime agli occhi e tossicchiando il fumo che aveva, ahimè, ingoiato Piuttosto,- cercò di riportare la sua voce a toni più consoni - Come sta Hinata-sama?presero a camminare per le strade deserte e quasi non sentivano il vento che trasportava polvere e foglie secche. Naruto si ritrovò a ricordare che c'era stato un momento, nella sua vita, in cui aveva creduto che non sarebbe mai più riuscito a rivedere il suo villaggio, a percorrere le stradine che lo avevano visto correre, crescere... Piangere. Uno strano sorriso sorse intrepido sulle sue labbra e pensò che, alla fine, quel villaggio era molto più forte di quello che credeva, che i nuovi shinobi erano molto più predisposti alla guerra di lui, quando aveva la loro età. Non sapeva spiegarsi se giudicare bene o male quel dettaglio e sapeva che, se le cose erano cambiate così tanto, era in parte merito, non riusciva a farsene una colpa, suo. E dell'Hokage, ma questo lei non lo doveva sapere. - Benone.- rispose e gli fregò il pacchetto di sigarette, ci guardò dentro e quasi non prese fuoco dai capelli - Tuo padre lo sa che fumi più di lui e me messi insieme?- bofonchiò portandosi una sigaretta alle labbra. - Certo che lo sa, non li esco io i soldi per le stecche.- replicò - Credo abbia perso le speranze.- continuò con un tono di voce meditabondo, alzò gli occhi al cielo che pian piano 33 andava schiarendosi; tossicchiò leggermente mentre il sensei si accendeva la sua sigaretta e roteò gli occhi al cielo quando lo vide fare una smorfia disgustata - Compratele, scroccone.ringhiò riprendendosi il pacchetto. Lui sbuffò una minuscola nuvola di fumo - Smetti, imbecille,- replicò - o almeno cambia sigarette, queste puzzano.- Ma puzzerà il tuo alito!- Se se,- sventolò una mano in aria - avanti, qual è il problema?Se c'era una cosa che infastidiva il giovane Nara più di tutte, questa era il fatto di essere prevedibile. Vero era che Naruto Uzumaki l'aveva visto nascere, il fastidio di sua madre quando ricordava quel giorno era abbastanza graffiante da portarlo a ritanarsi in camera sua, e che in seguito l'aveva fatto correre avanti e indietro per il villaggio con i suoi due compagni di squadra ma il fatto di risultare prevedibile lo faceva inalberare sempre e comunque anche quando si trattava di suo padre che, tra l'altro, era meglio non nominare visto che aveva la schifosissima abitudine di comparire ogni qual volta si pronunciava il suo nome invano. Sbuffò e gettò la sigaretta che si era pure spenta da sola - Ho... combinato un casino.Naruto incassò la testa tra le spalle, un broncio infantile sulle labbra e la fronte corrugata al massimo - Hai dato fuoco ai rapporti del mese scorso?- No.- Hai ucciso tua sorella!- e sbattè il pugno destro sul palmo sinistro - Lo sapevo che somigliavi troppo al teme per non cascare in queste cose...- Idiota,- ringhiò - non ho ucciso Aiko.- Ah, no?- No!Naruto, allora, guardò attentamente il ragazzo negli occhi, le sopracciglia vicinissime l'una all'altra. Se c'era una cosa che faceva combinare casini a Shirai e che lo obbligava a parlarne con lui invece che con suo padre, bè, quella era una ragazza. Una ragazza di due anni più piccola, la migliore amica di sua sorella, il cui cognome iniziava per I e finiva per nuzuka. Naruto si era fatto furbo, negli anni, anche se certe volte se lo scordava - Hai litigato con Kiba junior?-, il ragazzo chinò la faccia, le guance arrossate e le mani nascoste nelle tasche; il biondo roteò gli occhi al cielo e sbuffò. - Non solo... litigato.Alchè, Naruto, si dimenticò di essere furbo e adulto - Che?E Shirai, che in quanto pazienza faceva ridere le cornacchie, si bloccò in mezzo alla strada, lo sguardo acceso dalla rabbia e un ringhio a stento trattenuto dai denti. Somigliava vagamente ad un cane. - Hai litigato con la dolce nipote dell'Inuzuka?-, il ragazzo annuì - Però non ci hai solo litigato...- Shirai negò col capo - E' successo quando?Arrossì ancora più profondamente - I...ieri.- tossicchiò per ritrovare il contegno perduto Sera, a casa... mia.Naruto fece mente locale. Shirai era tornato da una missione importante tre giorni prima, non l'aveva visto fino a quella mattina. La sera prima Shikamaru e Temari erano stati invitati a cena dall'Hokage, e lo sapeva perchè era presente anche lui; per quanto ne sapeva, Aiko aveva dormito con Karen (la sua figlioletta adorabile, la sua Karen) e Shirai non si era visto in giro. Corrugò profondamente la fronte - Tu hai diciott'anni, giusto?- l'altro annuì e lui prese a grattarsi il mento e a battere un piede sulla strada. Avevano litigato, ma non solo, lui aveva diciott'anni e lei sedici... a casa da soli... soli... due adolescenti a casa da soli. Sbarrò gli occhi. 34 Lo guardò. Si schiaffò una mano sulla fronte. Gli diede una pacca sulla spalla - Hai dimenticato a comprarle i fiori, eh?, ma stai tranquillo, non si offendono mica!Shirai arrossì come un'aragosta - Lascia perdere, non è niente. Hai proprio ragione, non si offendono...Rientrò in casa con il morale sotto le scarpe, si grattò la nuca e poi passò entrambe le mani sui capelli che si scombussolarono ancora di più, ma lui aveva sempre avuto il punk nel sangue, visto che i suoi capelli o se ne stavano sparati o facevano schifo. Si liberò della maglietta, non pensando assolutamente che la sua adorabile sorellina potesse avere un infarto a vederlo a petto nudo (certe volte somigliava vagamente ad un'oca, ma la maggior parte delle volte era una tipa ok). Aprì il frigo, la maglietta arrotolata intorno al collo, e cercò in lungo e in largo qualcosa di dolce da bere - Il succo d'ananas è finito.- disse una voce assonnata alle sue spalle. - Quello alla pesca?- Ma che schifo.- Buongiorno anche a te, chibi*.Aiko gli stampò un bacio sulla guancia e poi gli sbadigliò in faccia - Hai fatto un casino quando sei rientrato, volevo dormire un altro po'...Il maggiore afferrò una bottiglia d'acqua e ne ingollò la metà in meno di due minuti - Tu perchè sei tornata?, potevi restare da Karen.- Nah, di mattina è logorroica, una gran seccatura e poi Hinata-san è incinta, mi fa impressione.- e suo fratello rise - La prepari tu la colazione?- E perchè dovrei?- Perchè ieri l'ho fatta io.- replicò con una scrollata di spalle, aprì uno sportello e arricciò il labbro inferiore - Ah, settimana prossima viene lo zio, mi prendi il miele?- Kankuro?, e come mai?- le porse il barattolo del miele e lei si diresse al tavolo, si sedette a gambe incrociate sulla sedia e lo guardò ironica, lui sbuffò - Lascia perdere, non sono in vena di tradurre i tuoi pensieri.Lei borbottò qualcosa riguardo biscotti e tè e lui eseguì, mettendole il tutto sotto il naso Non lo so perchè, il messaggio non diceva perchè e alla mamma non glielo chiedo.- Litigato?- Mh.Sospirò teatrale - Papà?- Doveva parlare di qualcosa con Neji, non ho ben capito cosa. Ah, mi spieghi perchè Murasakimaru* dormiva davanti casa nostra?Arrossì vistosamente per la terza volta in meno di due ore, tossì un paio di volte mentre avvitava la caffettiera e la metteva sul fornello - Che ne so, io?, quel cane è una piaga, lo sai.Addentò un biscotto con sopra il miele e si leccò le labbra - Secondo me, vuole ucciderti.- Grazie, chibi, mi serve proprio la tua comprensione.- Suki da*.- Watashimo*.La porta che sbatteva produsse un suono assordante, poco dopo suo padre entrò in cucina, uno sguardo assassino e stava fissando lui. Aiko alternò uno sguardo al fratello e uno al padre, si scrollò nelle spalle, prese biscotti e miele e, con un sorriso tutto sua madre, sparì. Shirai, rimasto solo con le sue disgrazie (perchè se suo padre si arrabbiava erano cazzi per mezza Konoha, lui compreso), deglutì e cercò di sorridere - Pà! Da quanto non ti vedo, accidenti! Sei più alto?35 - Sei un uomo morto.Sua madre entrò in quel momento, ventaglio in mano e occhi fuori dalle orbite Doppiamente morto.Lui indietreggiò, assolutamente terrorizzato, non sapeva cosa dire. E, siccome i ragazzi diventano particolarmente stupidi quando messi di fronte alle intemperie varie ed eventuali della vita, disse quello che nessun sano di mente avrebbe detto. - Che ho fatto?Tanti bernoccoli e un'ora dopo, Shirai sedeva imbronciato sul tatami, suo padre gli sedeva di fronte e sua madre camminava nervosamente in giro per la stanza, borbottando maledizioni e insulti verso di lui e i suoi geni Nara, perchè era sicura che, se avesse preso almeno la metà dei suoi geni, tutto quello, non sarebbe accaduto. Mai e poi mai. Shikamaru fumava e lo guardava dritto negli occhi. Shirai era molto, molto incazzato in quel preciso istante, perchè odiava essere trattato come il bambino che non era (aveva diciotto anni, mica sedici!) e il fatto che i suoi non volessero neanche ascoltarlo aggiungeva paglia al fuoco. Gli faceva male la testa e voleva chiudersi in camera e non uscirne per almeno due giorni (non era un bambino!), ma gli occhi di suo padre lo tenevano fermo, immobile e muto come una statua. Faceva anche più paura della mamma, quando era in quello stato, perchè almeno la mamma parlava e ti faceva capire di averla profondamente e tragicamente delusa, lui invece si limitava a fissare con costanza e non diceva una parola. Shirai era terrorizzato, pensava che suo padre fosse in grado di uccidere in quello stato e sapeva che aveva ucciso per molto meno. Non aveva ancora capito cos'aveva fatto per meritarsi uno strazio del genere, ma la cosa si sarebbe protratta per le lunghe, conoscendo i suoi. - Vuoi una sigaretta?Il tono di suo padre era calmo, senza nessuna nota rabbiosa, ma Shirai sapeva che c'era il trucco e lui non si sarebbe fatto infinocchiare così facilmente - No.- rispose. - Bene, perchè, appena ti vedo con una sigaretta in mano, ti sego le dita.- fece sua madre, le braccia incrociate al petto. - Ci parlo io con lui, Tem.Dopo un momento di sbigottimento generale, sua madre soffiò come un gatto (le si elettrizzarono anche i capelli) e uscì pestando i piedi e sbattendosi la porta alle spalle. E lui restò solo con il suo incubo peggiore, ma non lo diede a vedere e incrociò con fare sicuro le braccia al petto, inarcò un sopracciglio e guardò suo padre con un'espressione che tutto era, meno che intelligente. Ma Shikamaru non era un tipo che si infiammava per così poco, assolutamente no, altrimenti, con tutte le cose che i suoi figli gli avevano combinato, sarebbe già morto di infarto. Otto volte, minimo. Quindi gli lanciò il pacchetto di sigarette e non cambiò assolutamente espressione quando lui se ne accese una, gli avvicinò pure il posacenere e Shirai incurvò le spalle, colpito in pieno dal suo silenzio. - Hai fatto sesso con Kin?Il fumo gli andò di traverso, iniziarono a lacrimargli gli occhi mentre tossiva furiosamente, la gola gli bruciava e gli occhi si arrossavano, ma suo padre non cambiava espressione. Negò ferocemente col capo, tossì ancora - No...- alitò prendendo fiato - Cosa... che cazzo ti salta in mente! Accidenti a te!- Shirai, hai fatto sesso con Kin Inuzuka?- NO!36 Shikamaru assottigliò le palpebre - Shirai.- Ho detto di no!, perchè dovrei mentire? A te, poi!- spense la sigaretta appena iniziata con un gesto stizzito - Ma che vi salta in testa a tutti quanti!Lui non aveva fatto sesso con Kin! - Spiegami perchè Naruto è venuto da me a dirmi che ieri sera Kin ha passato la maggior parte della notte qui.Shirai arrossì, di nuovo, e distolse velocemente lo sguardo; Shikamaru iniziò a spazientirsi, non gli andava di ascoltare stronzate visto che Kiba, ora, voleva uccidere suo figlio perchè aveva deflorato la sua nipotina preferita. E se suo figlio doveva andare al patibolo, Shikamaru pretendeva una spiegazione, e anche esauriente. - E poi che t'importa?, saranno anche cose mie...- bofonchiò. - Le cose sono due: o me lo dici tu, così evitiamo omicidi e quant'altro, o vado a chiamare Kiba e il padre di Kin e te la vedi tu.Shirai incassò la testa tra le spalle - Non c'ho fatto niente con Kin. Ieri sera mi annoiavo, sono uscito cinque minuti e l'ho incontrata, siamo venuti qua, ci siamo fatti una partita a shogi e ho vinto. Abbiamo litigato...- borbottò torturandosi le mani - perchè lei dice che se non mi do una svegliata resterò single a vita,- si scrollò nelle spalle - e l'ho baciata, lei mi ha baciato, l'ho riaccompagnata a casa e non so come siamo rimasti. Il suo cane ha dormito davanti casa nostra perchè vuole uccidermi e ora scopro che tutto il villaggio vuole la mia testa come centrotavola. Che mondo di merda.Shikamaru sbattè le palpebre, mediamente confuso e abbastanza divertito, tirò un sospiro e si appoggiò sui gomiti - Baciata?- Se.- E basta?- Cos'altro ci dovevo fare, scusa?- chiese sfilando una sigaretta dal pacchetto. - Bè, sai com'è, due ragazzi da soli, in una casa grande e vuota, nessun adulto intorno...ridacchiò, poi prese un respiro profondo - Non morirai.- Grazie tante,- bofonchiò - non mi avete neanche fatto parlare, cazzo!- Bè, la cosa era molto... chiara.- ricevette uno sguardo seccato e sbuffò, molto, molto divertito - Tua madre sarà contenta di sapere che sei ancora vergine...Si strozzò, di nuovo, con il fumo, ma stavolta non per lo sconvolto. Stava ridendo. Ridendo da morirci, era rosso in faccia e i singulti del riso gli stavano facendo lacrimare gli occhi - Ve...- rise ancora, sbuffò una nuvola di fumo, tossì - Vergine?- altre risa - IO?Shikamaru sbattè le palpebre - Eh?- Io... ho perso la verginità... a...- rise - Sedici anni!Shikamaru sbiancò, si portò una mano alla faccia e... Sbottò a ridere. Con chi suo figlio avesse perso la verginità, non lo voleva assolutamente sapere. Capitolo 6: Patologicamente simili - o idioti, che dir si voglia... In accademia s'imparano tante cose. I sigilli, le tecniche, come lanciare uno shuriken senza mozzarsi il braccio e come lanciare un kunai senza ciecarsi. Lui aveva una mira fortissima, centrava sempre il bersaglio e non si era tagliato neanche una volta (tranne le orecchie, ma quello era un altro discorso). Non imparavi solo quello, però. Shirai era patologicamente curioso, patologicamente rompi palle e disgraziatamente silenzioso quando decideva di esserlo, per questo riusciva ad intrufolarsi nel bagno delle femmine manco fosse un ninja consumato, come Kakashi-sensei (lui adorava Kakashi37 sensei). Pochi minuti prima, aveva visto due alunni più grandi mangiarsi la faccia, era stato uno shock per lui. Non che non avesse mai visto una cosa del genere, visto e considerato che sua madre era una pervertita e suo padre le dava corda con molta facilità, ma almeno i suoi genitori lo facevano di nascosto, quando lui non c'era e, quando c'era, limitavano quelle cose orribili. E quei due ragazzini che aveva visto si stavano davvero mangiando la faccia! Battè ciglio più volte, largamente confuso e scombussolato, si sistemò la cartella in spalla e corrugò la fronte non appena uscì dall'accademia. Evitò in tutti i modi di farsi vedere dal maestro Iruka (lo terrorizzava, decisamente) e quatto quatto s'infilò nella strada principale, affollata come sempre. La gente che lo conosceva (era molto popolare, si si), lo salutava con un gesto della mano, ma stranamente lui non si sentiva dell'umore per scroccare qualche caramella all'idiota di turno. Era completamente assorto nei suoi pensieri quando andò a sbattere contro qualcosa di duro, di nero e di irritante. - Uh?- Ah,- rispose il bambino - ciao Sasuke-malefico.Dire che per Sasuke quell'incontro era tutt'altro che desiderato, era dire veramente poco. Guardò il bambino dall'alto, inarcò un sopracciglio e sghignazzò non appena vide l'espressione turbata che il bambino aveva. Il suddetto bambino, non era affatto turbato da lui, per la cronaca, stava solo pensando a come quei due ragazzi visti prima riuscissero a respirare. Quindi guardò l'Uchiha dritto in faccia, un'espressione impertinente sul viso - Scusa se ti ho fatto male.- disse riferendosi al loro incontro/scontro. Sasuke inarcò profondamente il sopracciglio precedentemente inarcato, il bambino sbuffò, l'Uchiha roteò gli occhi al cielo. Se la intendevano alla grande, non c'era che dire. - Ma non lavori mai, tu?- Sparisci, nano.- La mia mamma dice sempre che sei un raccomandato.- La tua mamma ha perfettamente ragione.Shirai rise - Ma lavori?- Evapora.Il bambino lo guardò con gli occhi più innocenti che Sasuke avesse visto, Shirai vide l'uomo rilassare le spalle e sorrise - Ce l'hai una caramella?-, Sasuke gliela porse e il bambino sorrise di nuovo, profondamente - Grazie!- e scappò via. - Shirai!Si raggomitolò su se stesso, coprendosi fino alla testa. - Shiraaaaaaaaai!Prese il cuscino e se lo schiacciò sulle orecchie, coperte dalla coperta; serrò gli occhi, borbottò qualcosa di incomprensibile e aspettò che la sua mamma la smettesse di scocciare. - NARA SHIRAI! SCENDI TU O SALGO IO?Scattò seduto, i capelli sparati in aria alla punk, l'espressione altamente confusa. Il contatto dei suoi piedi contro il freddo del pavimento lo costrinse, per forza di cose, a svegliarsi almeno un tantino. Scese le scale appoggiandosi al muro con una mano e strofinandosi gli occhi con l'altra, arrivò in cucina saltellando su un piede (aveva sbattuto). Sua madre lo guardò critica, la fronte corrugata - Che fine hanno fatto i pantaloni?Solo allora Shirai si accorse che si era perso i pantaloni del pigiama per strada - Ehm... bò.- Siediti e mangia.38 - Non ho fame.Temari lo guardo, di nuovo, le sopracciglia vicinissime l'una all'altra - Siediti. E. Mangia. Sei uno stecchino, non farmelo dire di nuovo.Shirai non la trovava una cosa giusta che sua madre dovesse trattarlo così di prima mattina, ma guardando le sue braccia sottili dovette ammettere che non aveva proprio torto, quindi si sedette buono buono e appoggiò il mento sul tavolo, guardando sua madre che spadellava. La mattina, loro, non parlavano quasi mai, non che a lui andasse, comunque. Si rilassava a guardare sua madre, questo era anche vero. - Che è 'sto casino?Suo padre era un altro discorso. Infatti, Shikamaru, trovava abbastanza divertente affondare la mano nei suoi capelli e scombinarglieli ancora di più. E l'aveva appena fatto. - Devo essere dall'Hokage tra mezz'ora, non rompere, siediti e mangia.- Non ho fame.Temari trattenne gli insulti spontanei in gola, e gli piantò il caffè sotto il naso - Seduto.Esattamente cinque minuti dopo, stavano mangiando come Temari comandava: in religioso silenzio. Shirai guardò attentamente i suoi genitori, profondamente turbato, ma quando sua madre incontrava il suo sguardo, lui, lo riportava immediatamente ai suoi biscotti. Questo accadde almeno otto volte prima che Temari sbattesse la tazza sul tavolo - Che c'è?- Eh?- si scopose, saltando sulla sedia, suo padre ridacchiò - Io?Lo sguardo della donna non era molto promettente - Cos'è successo?- Cos... niente!- Shirai...- Davvero!Si lasciò andare sulla sedia, chiudendo strettamente gli occhi, in attesa di una spiegazione convincente, che non arrivò - Cos'hai fatto?Shikamaru, nel frattempo, sorseggiava il caffè e mangiucchiava cereali. - Io non ho fatto niente!- Shirai...Il bambino incassò la testa nelle spalle, incrociò le braccia al petto e s'imbronciò, tanto sua madre tra poco sarebbe uscita, non poteva continuare a tartassarlo visto che odiava arrivare in ritardo, ma Temari sghignazzò - Bene, posso sempre arrivare dopo, dall'Hokage...E Shirai tremò dentro. Letteralmente terrorizzato - Ma se mi dici cosa c'è...- continuò sua madre - Può anche darsi che non lo faccia...Il bambino aprì la bocca, poi la richiuse. L'aprì di nuovo, e la richiuse; corrugò la fronte pensando a quello che doveva dire - Tu e papà quando vi...- e unì i suoi indici, avvicinandoli e allontanandoli - Quando vi...- Litighiamo?- il bambino negò col capo - Abbracciamo?- di nuovo no - Picchiamo?Shirai, roteando gli occhi al cielo, decise che era meglio se andava dritto al punto - Usate la lingua?Appunto. - E perchè la usate?Ahia. - E lo fate spesso?, e perchè? E' una cosa normale?Temari boccheggiò: troppe domande. Guardò l'orologio - Vado.- guardò Shikamaru (messo peggio di lei visto che si era completamente paralizzato) e strabuzzò gli occhi - L'Hokage, si, non posso arrivare...- si alzò dal tavolo mentre suo figlio la guardava stralunato - Ritardo, non posso...- si sistemò il ventaglio in spalla - Assolutamente no.- si bloccò un attimo, gli occhi fuori dalle orbite - No, no, no...- aprì la porta - Assolutamente, no!- e uscì. E Shirai non potè fare altro che guardare suo padre, che lo guardò di rimando. 39 L'uomo sembrò rabbrividire profondamente, strinse e allentò le mani, guardò ovunque e suo figlio non la smetteva di fissarlo - Non pretenderai che te lo spieghi io?!Sbattè le palpebre - Posso sempre chiedere a Sasuke-malefico.- NO!Il bambino sghignazzò. Lui era un genio. - Pà...- Eh?- Perchè mi hai portato qui?Shikamaru guardò per aria - Perchè mi andava.- Ah...- arricciò il naso - Ma... non ci potevi venire da solo?In quel momento uscì una cosa tutta verde, Shirai urlò terrorizzato, si andò a nascondere dietro il padre che mise su un'espressione scocciata, ma divertita - Ciao, Lee.- Che la giovinezza ti sia vicina.- Se, se, lo so.- borbottò - Mi serve un favore.- Sono sempre disposto ad aiutare un amico in difficoltà! Ah, mi ricorda tanto i vecchi tempi, quando correvamo felici inseguiti dai nemici, la giovinezza tra le dita...Shirai era molto, molto terrorizzato. Davvero tanto. Assai. - Si, certo, ricordo anch'io la felicità, possiamo entrare?- Ma certo!Uscirono da quella casa tre ore dopo. Tre ore. Tre ore per spiegare ad un bambino che cos'era un bacio. Tre maledettissime ore. C'era da dire che Shirai non avrebbe mai più fatto una domanda del genere, Shikamaru l'aveva portato da Lee proprio per raggiungere questo scopo. Il bambino strinse i pantaloni del padre, imbronciato. - Pà...- Mh?- Non lo fare più.Arricciò le labbra per fermare il riso, gli scompigliò i capelli e se lo caricò in braccio - Nah.- Papà...- sbadigliò - Perchè le femmine sono stupide?- Non sono stupide.- Quelle che conosco io si.- La mamma è stupida?Shirai sbattè più volte le palpebre, pensando che suo padre era veramente stupido - La mamma non è una femmina.- sbadigliò di nuovo, guardò il cielo - E poi le voglio bene.- Già.- E' strana anche lei, però.- corrugò la fronte - Però mi piace.- Facciamo che non fai più domande strane, così lei non si fuma i neuroni.- Neuroni?- Te lo spiego un altro giorno, eh?Accoccolò la testa nella spalla di suo padre, respirò e socchiuse gli occhi - Non sono pesante?- Tremendamente.- Non è vero.- Si che è vero, ti pesa il sedere, come a tua madre.40 - Non è vero!- un altro sbadiglio - Pà, non sono belle le nuvole?Shikamaru guardò per aria - Mh.- Sono morbide?- Si, sono morbide.Strinse le dita sulla maglia, gli occhi quasi chiusi - Come la mamma?Ma Shikamaru non fece in tempo a rispondere che già dormiva. Shirai aprì di scatto gli occhi e si guardò in giro confusamente. Sbadigliò forte, senza preoccuparsi di coprirsi con la mano, tanto la mamma non lo poteva vedere, e pensò che aveva sete. Pensò che aveva tanta sete e tanta fame, sbadigliò ancora e guardò fuori dalla finestra. Oltre le tende e il vetro era buio, sbattè gli occhi, poi si scrollò nelle spalle. Aveva fame uguale, quindi uscì silenziosamente dalla sua camera, i pantaloni del pigiama abbassati fin sotto il sedere e, di conseguenza, lunghi fin sotto i piedi; li riportò in sesto, saltellando. Entrò in cucina guardandosi attorno, era buio, ma non eccessivamente e lui non aveva paura del buio, assolutamente. Deglutì, la sua pancia brontolò e lui la massaggiò con la mano. Quando aprì il frigorifero socchiuse le palpebre, gli occhi disturbati dalla lieve luce. Si rese conto che non arrivava a prendere il prosciutto e corrugò la fronte. Non si poteva arrampicare, l'ultima volta si era rotto il sedere e un barattolo di non sapeva cosa gli si era rovesciato addosso. Ricordava, però, che aveva puzzato di aceto per giorni. Si grattò la pancia e sollevò lo sguardo e lo vide. Il budino. Al cioccolato. Di sua madre, ma lui aveva fame!, però il budino era molto più in alto del prosciutto. Si scrollò nelle spalle e corse a prendere una sedia, la trascinò con qualche difficoltà, ma il pensiero del budino consolò le sue pene. Sistemò la sedia davanti il frigo e vi salì sopra, la lingua tra i denti. Stava per raggiungere il tesoro... Si alzò sulle punte, c'era quasi... - Che fai?Si strozzò con la sua stessa saliva, il suo equilibrio vacillò, si voltò per vedere chi diavolo era e il suo equilibrio lo mandò a quel paese con tanti saluti. Shikamaru lo prese al volo, gli occhi arrossati e seccati rivolti a suo figlio - Si può sapere cos'hai in testa?- Il budino?- Si fotta il budino, sai che stramaledettissime ore sono?Shirai trovò il contatto con il pavimento molto confortante, ma gli occhi di suo padre non promettevano nulla di buono, si morse le labbra e incassò la testa nelle spalle - Non so leggere le ore.- bofonchiò. Shikamaru borbottò qualcosa che lui, fortunatamente, non colse e gli prese il budino - E' tardi.- E se lo sapevi perchè l'hai chiesto a me?- sbottò incrociando le braccia al petto, secondo lui la sua frase era molto giusta, secondo Shikamaru suo figlio voleva morire prima dei dieci anni. Se era così già a cinque anni, non osava immaginare come sarebbe stato a quindici; il solo pensiero lo rendeva nervoso. Risistemò la sedia e suo figlio si sedette, tutto contento per aver ottenuto il budino. Lui si accese una sigaretta e aprì la finestra - Potevi farti male...Lui affondò il cucchiaino e arricciò le labbra prima di infilarselo in bocca - Mi hai salvato.- Potevo non scendere.41 - Però sei sceso.- prese un'altra cucchiaiata - E non mi facevo male uguale, sono un ninja!L'uomo sbuffò una nuvoletta di fumo - Che non sa stare in equilibrio sulle sedie.- Ma comunque un ninja!- replicò, gli angoli della bocca sporchi di cioccolata - E poi avevo fame.- E ti sazi con il budino di tua madre?Shirai incassò la testa tra le spalle e lo guardò innocentemente - Non lo dici alla mamma, vè?In risposta schioccò la lingua al palato e poi guardò il bambino che mangiava quella cosa molle che lui detestava. - Come va in accademia?Inghiottì - Bene!, l'altro ieri ho centrato il bersaglio sette volte di seguito! E Kiba-san mi ha fatto fare un giro su Akamaru, Naruto mi ha insegnato a lanciare tre shuriken insieme e ho scroccato una caramella al malefico!- Ah, come sta Sasuke?- Non è Sasuke!, è malefico! E non lo so come sta,- si scrollò nelle spalle, allontanando il contenitore del budino, ormai sparito nella sua pancia - a me sembra sempre uguale.Shikamaru rise gettando la sigaretta fuori dalla finestra e poi appoggiò i gomiti sul davanzale - E com'era la caramella?- Alla menta, mi piace la menta, però non era quella menta...- gesticolò - Quella che prendo sempre, era più forte. Mi piace.- stropicciò l'orlo delle maniche - Pà, ma perchè malefico e Naruto litigano sempre?- Perchè si amano alla follia.- bofonchiò roteando, poi, gli occhi al soffitto - Storia lunga.Shirai dondolò i piedi e guardò il soffitto - Voglio andare dallo zio.E Shikamaru strabuzzò gli occhi - Che?- Si!, voglio andare dallo zio Gaara perchè quando viene lui, qui, sta sempre chiuso dall'Hokage e io non lo vedo, perciò se ci vado io deve per forza stare con me!- Gaara fa, uhn, lo stesso lavoro dell'Hokage a Suna, non ha mai tempo per niente.- Però io sono suo nipote.- Eeh, - tossì - ne riparliamo.- Il suo unico nipote.- Si, lo so che sei il suo unico nipote...- Il suo unico, bellissimo, intelligentissimissimo nipote.- Shirai, ho detto che ne riparliamo.- e il bambino si ammutolì, imbronciato - E poi io e tua madre abbiamo un sacco di lavoro, non c'è tempo, e tu devi andare in accademia.S'imbronciò ancora di più, ma non ce l'aveva con il suo papà, perchè il suo papà aveva sempre ragione o almeno era quello che pensava. E non era cattivo, il suo papà, quindi non era che non voleva che lui andasse dallo zio Gaara. E lui era un bambino comprensivo, dopotutto. - Voglio un altro budino.- Tu vuoi dormire.- e se lo caricò in spalla, ignorando i suoi lamenti e le sue gambe che gli colpivano l'addome - E stai fermo!- Ma io ho fame!- Hai mangiato il budino.-... ora voglio il panino col prosciutto.- Magari domani.- Papà!Shikamaru sbuffò sonorosamente - Ti giuro, Shirai, se svegli tua madre, il panino, te lo faccio uscire dal naso.- sibilò. Lui sbattè le palpebre, molto confuso - Si può fare? Come? Me lo insegni?, daidaidai!Gemette, letteralmente distrutto - Sei una seccatura.Stette zitto per tutto il tempo che suo padre salì le scale, poi fece un sorriso dentato, non 42 visto dall'uomo - Tanto lo so che mi vuoi bene.Shikamaru non rispose, ma quando lo ributtò nel suo letto non era più così infastidito, gli scompigliò i capelli - Dormi.- E tu dove vai?- A comprare il budino.- borbottò, Shirai chiuse gli occhi, coprendo le risate con la coperta mentre suo padre usciva. Nah, non era cattivo il suo papà. Capitolo 7: Pregnat, again (tanto lo so che è una femmina!) Ai suoi occhi tutto quel verde era impossibile da guardare e l'odore, Kami, quello era davvero insopportabile, ma era in missione - una missione complicata - e non poteva distrarsi con pensieri di quel genere. Si erano fermati nei pressi di una delle tante cascate presenti in quel territorio, l'umidità era lo spettro che infestava ogni angolo e i massi umidi gocciolavano sulla pozza - che proprio pozza non era, ma calzava comunque - davanti ai suoi occhi. Qualche erbetta svettava prepotente ai margini mentre il fitto della foresta, sotto la luce abbacinante del sole, splendeva alle sue spalle; qualche animale azzardava avvicinarsi per bere, ma spariva a velocità inaudita non appena qualcuno si muoveva e non si poteva certo dire che fossero un gruppo statico, loro. Temari si allacciò una garza sulla coscia, stringendo i denti, il taglio della ferita bruciò come la pressione del sangue venne bloccata. La pelle attorno al taglio era violacea, il taglio stesso, ai suoi occhi di consumata kunoichi, non sembrava neanche tanto grave, ma la perdita eccessiva di sangue poteva essere un problema. Gli occhi clinici di Sakura osservarono la ferita e Temari lo sapeva che l'arteria era sana e salva, perciò non capiva proprio lo sbattimento eccessivo per un taglietto; taglietto che, agli occhi degli altri, sembrava più una voragine, ma non era colpa sua se quelli erano deboli di stomaco o troppo sentimentali; fatto stava che quando era stata ferita durante lo scontro avvenuto venti minuti prima, Temari aveva notato una certa apprensione ingiustificata negli occhi del ninja medico - Sakura, appunto - e delle altre anime tormentate che l'Hokage le aveva affiancato. L'unico che se n'era altamente sbattuto era l'Uzumaki che, in vero, aveva un che di materno da quando, per l'appunto, era diventato padre, ma la kunoichi pensava che la ritenesse abbastanza forte da non preoccuparsi di un taglietto che dal lato destro della coscia si spostava fino al retro del ginocchio. Non che non fosse fastidioso, eh!, lo era eccome! Lei era semplicemente molto fortunata ad avere una soglia del dolore abbastanza alta, altrimenti si sarebbe messa a strillare come una donnetta. Sakura accostò la mano sinistra sulla ferita e il chakra verdino - che lei trovava insopportabile - iniziò a fare il suo lavoro e prudeva, la bionda aveva un impellente voglia di grattarsi e poco importava il fatto che la ferita si stesse richiudendo. - I fatti tuoi mai, eh?Gli occhi smeraldini di Sakura le scoccarono un'occhiataccia - Sono un medico.- si giustificò candidamente, ritornando a prestare attenzione alla sua gamba - Se la lascio così fino al ritorno, la cancrena è inevitabile, e in quel caso l'amputazione è d'obbligo. Vuoi perdere la gamba per un taglietto simile?Sicuramente l'Haruno conosveva i suoi polli, l'aveva considerata una ragazzina inutile prima di vederla realmente in azione, ora credeva che potesse anche servire a qualcosa, ma ciò non toglieva il fatto che quel chakra insopportabile prudeva; quindi bofonchiò un insulto davvero poco femminile e voltò il capo dall'altra parte. 43 - Pioverà.Sasuke Uchiha, il genio, il redento, aveva una propensione davvero singolare nell'attirare sulle persone un numero spropositato di sventure e il fatto che, a ventisei anni, non era capace di cambiare taglio di capelli, per lei, era un qualcosa di veramente insopportabile. Almeno non è verde, pensò con un ringio mal trattenuto - Non. Dirlo. Uchiha.Gli occhi di pece neanche la guardarono e si prodigò in un ghigno dei suoi, capace di far saltare i nervi anche ad un moccioso, e l'incofutabile fatto che la sua donna (e madre dei suoi figli, sottolineò mentalmente con un che di fatalistico) le stesse medicando una ferita aveva un che di derisorio, nell'insieme generale, e l'Uzumaki la pensava esattamente come lei visto che iniziò una raffica di insulti verso i capelli a culo di papera dell'Uchiha. Sakura si gettò uno sguardo alle spalle quando sentì un indistinto splash!, e, scuotendo la testa con amarezza, ritornò al suo lavoro con un accenno di rosso in più sulle guance e qualche gocciolina di sudore sulla fronte. Temari si ricordava che aveva consumato molto chakra, il giorno prima, per curare l'Uzumaki - che, per l'appunto, aveva la grazia di un babbuino ubriaco in una sala da tè - e anche se non le sembrava possibile, capiva che doveva essere uno sforzo più mentale che fisico riuscire a curare anche lei in pochi minuti. Per questo la scostò da sè con uno sbuffo insofferente - Va bene così.-, ma l'altra non era del suo stesso avviso. La bionda la chiamava distorsione professionale quella, a lei i medici non piacevano per questo. Avevano sempre la malsana idea di rendersi utili in ogni modo e quando capitava loro l'occasione di esercitare le loro abilità su qualche esimio essere umano, si sentivano così in dovere di scassargli le palle che proprio... Avevano pure l'ardire di dichiararsi assolutamente indifferenti - perchè i pazienti non sono persone, ma malati - e invece nel profondo sapevano di stare mentendo. Si facevano troppe paranoie e, al minimo graffietto, ecco che scattava l'impellente bisogno di fare qualcosa, Temari lo trovava seccante. - Ho detto,- ridisse con voce più sibilante - che va bene così, non si vede neanche più, pensa ai tuoi patetici compagni di squadra e ad Hatake che sta sanguinando dal naso...La rosa era riuscita a tramortire i due litiganti vomitando parole su parole, elargendo pugni di saggezza ora ad uno ora all'altro, mentre Kakashi era sulla via del dissanguamento e a Temari era sembrata una scena famigliare come quando lei litigava con Kankuro e Gaara stava lì, ghignante, a guardare i suoi due stupidi fratelli maggiori. Oppure quando la Yamanaka si prendeva il diritto di sbatterle in faccia dei fiori dicendole che, se non dimagriva, l'avrebbero scambiata per un dinosauro - maschio - incinto; o quando l'Hokage la invitava a bere del sakè o a la sfidava a carte. Poi, irrimediabilmente, pensò di essere una donna ormai, e a ventinove anni aveva tutto il diritto di definirsi tale. Kakashi le si sedette vicino, a sera, quando l'Uchiha e Naruto si erano sfidati a chi riusciva a stare sotto la cascata per più tempo e quando Sakura si era rassegnata dell'imbecillità del suo uomo e del suo migliore amico. - Perciò, come va?- Leggere porno ad ogni ora, alla sua età, è patetico.- rispose con una scrollata di spalle, l'uomo inarcò il sopracciglio visibile e lei si sentì un tantino presa in giro - Bene.- bofonchiò distendendo la gamba. E pensò che, davvero, stava bene. Cosa che non poteva dirsi per i due uomini sotto l'acqua, la faccia dell'Uchiha era sparita sotto i capelli e l'Uzumaki aveva sempre avuto dei problemi nel tenere la bocca chiusa, quindi il fatto che stesse vomitando acqua a fiumi era perfettamente normale. - Sakura è incinta.- le disse il sensei a voce bassa - Non è bene che le saltino i nervi.- L'Uchiha lo sa?E il sensei sbarrò l'occhio voltandosi a guardarla come se gli avesse appena dato del pudico 44 - Ovvio che no.Si scrollò nelle spalle iniziando a ripassare mentalmente tutti i sigilli - Felicitazioni.- Non lo sa neanche lei, in vero.- Questo la dice lunga su molte cose...- Però lo è.Si voltò finalmente a guardarlo, lo studiò a lungo mentre la notte calava - Lei è un impiccione.- Lo so.- Un pazzo.- quello annuì - Come lo sa?- Vomita.- Anche l'Uzumaki sta vomitando, non è mica incinto per questo.- Vomiti anche tu.Sbarrò gli occhi e sbiancò, si fece un conto mentale, corrugò la fronte quando qualcosa non le tornò e iniziò a contare da capo. Alla fine giunse alla conclusione che l'ultimo ciclo era passato da circa due mesi, ma poteva anche essere lo stress visto che era stata molto impegnata nelle missioni. E poi già ne aveva uno di moccioso per casa e le bastava e avanzava. Sfiorò il ventre con la punta delle dita - Nah, impossibile.Ma Kakashi sorrise - Felicitazioni.- Ho detto che è impossibile!- sbottò con il fuoco negli occhi. Lui si scrollò nelle spalle e riacciuffò il suo libro indecente - In ogni caso: felicitazioni.Stettero in silenzio, lei troppo nervosa per prendere sonno e lui troppo interessato alla lettura per fare lo stesso; era l'alba quando decisero di mettersi in marcia per Konoha e Kakashi l'affiancò quando erano a metà del cammino - L'ultima volta Shikamaru è caduto dalle scale, diglielo in un posto più pianeggiante stavolta, eh?Lei ingoiò il magone e aumentò l'andatura. Un altro no! Fare rapporto era sempre stata una rottura di palle per il semplice fatto che gli adetti erano così lenti a svolgere anche le faccende più semplici che i neuroni prendenvano il volo per lande desolate e desertiche, poi c'era l'incontro diretto con l'Hokage se la missione aveva avuto complicazioni; in definitiva, dall'ingresso nella città, erano passate su per giu quattro ore e lei aveva un assoluto bisogno di una doccia, anche veloce, bastava che la facesse. Tra l'altro le era venuta una voglia matta di tornare a casa, cosa che non avrebbe mai ammesso ad amina viva. Shikamaru si era sicuramente dimenticato del suo ritorno e in quel momento, lei ne era sicura, era insieme a Choji. Era pomeriggio inoltrato quando, finalmente, uscì dal palazzo degli Hokage, e si diresse a passo sostenuto a casa dei suoceri, anche se il doverlo fare la riempiva di imbarazzo; leggesi come : lei e Yoshino s'intendevano alla grande, ma lei non lo voleva ammettere anche se era sicura che la donna l'aveva capito da tempo. - Sei tornata.- Già.- Vuoi entrare?- chiese la donna con un sorriso malizioso - Shikaku dorme.Sbuffò - Lo immaginavo, no,- rispose alla sua domanda - il marmocchio?- Dorme,- si scostò per farla passare - entra.E lei entrò, aspettando che la donna la precedesse per togliersi gli stivali e nascondere, così, la fasciatura che le avvolgeva la coscia - Shikamaru l'ha portato verso le quattro, aveva una riunione con la squadra.- la informò non appena entrò in cucina - La prossima settimana andranno in missione.45 - Ah.- currugò la fronte, tossicchiò - Bene.La donna le posizionò davanti una tazza di tè fumante, che lei bevve con sorpreso piacere La missione?, è andata bene, presumo.- e adocchiò la fasciatura con un sorriso sarcastico a cui Temari rispose allo stesso modo. - Se, liscia come l'olio.- quando finì il tè il suo stomaco si contrasse, ma riuscì a frenare la nausea prima che la salivazione aumentasse e si sedette stancamente sul divano, la tazza vuota tra le mani ghiacciate. Il suo colorito non doveva essere dei migliori, visto che Yoshino le si avvicinò con un panno bagnato in mano, che poi passò sulla sua fronte e sulle guance - Come l'olio eh?, tsè, sempre a minimizzare, certe volte, ti giuro...- si bloccò a metà frase con un sospiro - Lasciamo perdere, và.- Ecco, brava.- replicò pressando con più forza il panno sulla fronte, sospirò appagata Tanto non è niente, mi si abbassa la pressione.- Si, come no.- Sveglia il marmocchio.Lo sguardo fulminante della donna la indusse a schiacciarsi contro il divano, senza essere notata, ovviamente, borbottò qualche insulto inconsistente anche alle sue orecchie e quando fece per alzarsi venne ributtata a sedere con una leggera spintarella - Risposa un attimino, non muore nessuno se resti.- Ma voglio andare a casa e farmi una sacrosanta doccia!- protestò - Andiamo, suocera, non farmi saltare il cervello.- Quale cervello?- lei ringhiò, sollevandosi - Puoi dormire nella vecchia stanza del mio unico, inutile figlio, c'è anche il tuo, se può interessarti.Anche Yoshino conosceva i suoi polli, si disse la bionda una volta entrata nella suddetta stanza dove, giustappunto, anche il suo, di marmocchio, stava dormendo; si concesse uno sguardo sommario alla figura placidamente addormentata e, sedendosi, passò due dita sulla nuca del bambino. Il fatto che si sentì subito al suo posto, quando il bambino sollevò appena le palpebre, passò subito in secondo piano quando la chiamò con voce impastata - Mamma,- sorrise, stringendo le dita sull'obi - dormi con me.Aveva ventitre anni quando si era scoperta incinta e se n'era rimasta paralizzata per una settimana a letto obbligando Shikamaru a dormire per terra o sul divano, non riusciva a capacitarsi della cosa, non riusciva a credere che dentro il suo ventre ci fosse suo figlio. Suo e del cry-baby. Lo sconvolto non l'aveva lasciata neanche quando l'esame medico l'aveva informata che era incinta di tredici settimane, non l'aveva detto a Shika, non subito. Man mano che la consapevolezza si faceva più forte, più radicata, aveva compreso che era cambiata, irrimediabilmente cambiata; stava attenta a dove metteva i piedi, si allenava di meno e mangiava più sano come Tsunade le aveva detto di fare. Aveva l'impressione che la sua pancia si fosse fatta più liscia e il toccarla la lasciava li, con la bocca socchiusa in una smorfia estasiata; aveva scoperto una sensibilità che pensava le fosse preclusa per principio. Kankuro era stato il primo a saperlo, dopo Tsunade, e l'espressione inebetita che aveva messo su era stata tutto un programma, poi era scoppiato a ridere come l'imbecille che era e lei l'aveva preso a pugni. Poi, per forza di cose e anche perchè non ce la faceva più a tenerselo per sè, l'aveva detto a Shika proprio nel momento peggiore. [ Stavano litigando, ovviamente, e, come sempre, per una cosa dall'importanza minima. - Sei un coglione.46 - E tu una seccatura.- aveva risposto mentre metteva a posto alcuni dossier sulle missioni, la sigaretta posizionata in bilico tra il posacenere e il tavolo si stava fumando da sola e Temari non era nelle condizioni per sopportare il fumo, ma no!, ovviamente, lui, faceva sempre quello che lei diceva di non fare. Quindi se Temari diceva di buttarsi dal tetto, lui continuava a respirare e camminare per farle dispetto; se gli chiedeva di smetterla una buona volta di avvelenare i polmoni di entrambi, lui, sempre per dispetto, fumava di più. - Spe gni la!- sillabò puntandolo con l'indice e pestò anche un piede a terra, cosa che lui classificò come ' molto divertente ' visto che prese a sbuffare con un cretino - Shikamaru!- Se, se.- dette un ultimo tiro alla sigaretta ormai consumata e la spense, le soffiò il fumo direttamente in faccia - Contenta?Inutile dire che gli scaraventò addosso tutto quello che trovò a portata di mano e, quando uscirono dalla stanza, Shikamaru sfoggiava un colorito che andava dal giallastro al grigio Che cazzo ti frega se fumo o bevo o respiro!- e, ovviamente, stavano ancora litigando. - Mi frega che casa puzza!- ringhiò iniziando a scendere le scale e le salì la nausea al solo pensare a quella puzza di sigaretta spenta e cenere. Terribile - E anche il tuo alito!- sbottò fissando la schiena di Shikamaru davanti a lei, lo vide prendere un'altra sigaretta nell'esatto momento in cui decise che doveva far valere le sue ragione. Shikamaru s'infilò la sigaretta tra le gengive, avvicinò l'accendino e mosse il piede per sorpassare l'ennesimo gradino - Sono incinta.Il piede si bloccò a mezz'aria lasciando così il proprietario in bilico, la sigaretta e l'accendino caddero e lui, mosso da non sapeva che istinto, fece per girarsi. E, ovviamente, perse l'equilibrio e ruzzolò giu, mentre Temari sghignazzava - Lo vedi che ho sempre ragione io?, fumare fa male!- ] In compenso aveva ricevuto nove mesi di totale liberazione da sigarette e puzza e una quantità abnormi di auguri e scongiuri; Shikamaru non era cambiato poi molto, dopo la notizia che sarebbe diventato padre, cercava sempre di nascondere l'espressione tra l'ebete e il terrorizzato (un marmocchio con le sembianze di Temari non era una bella immagine per nessuno, a suo dire) quando c'era lei in giro, ma era consapevole del fatto che la causa di quella pancia era da accreditarsi a lui. Non sapeva perchè, ma il pensiero non lo disturbava di striscio. Si era fatto aspettare, il marmocchio, e Temari era sempre sulla via della crisi isterica. Diceva che doveva spicciarsi da uscire fuori perchè sennò ci avrebbe pensato lei, e si lamentava. Si lamentava sempre. Poi era nato e Sakura gliel'aveva messo tra le braccia con gesti stanchi. Per i primi giorni aveva avuto paura di romperlo, non sembrava neanche vero che un essere umano potesse stare comodo sul suo avambraccio, anche se neonato, ad un certo punto Shikamaru aveva preso a ridacchiare come un pazzo. Temari era troppo esausta per prestargli la dovuta attenzione, l'unica cosa che voleva era dormire. E i punti tiravano porca vacca! L'avevano chiamato, o meglio Yoshino li aveva obbligati a chiamarlo Shirai, e ora aveva quasi sei anni. - Che significa ' non osare avvicinarti a me o ti eviro seduta stante e poi te lo faccio mangiare '?Certe volte capitava che Temari si sorprendesse ancora della terribile propensione degli uomini, specialmente di quell'uomo, a non sentire il malumore nell'aria, in quei momenti stentava a trattenere la rabbia. - Significa esattamente quello che pensi.- replicò aprendo e chiudendo le ante in cerca di 47 cosa non lo sapeva neanche lei, sapeva solo che aveva fame e non una fame di qualcosa in particolare, fame e basta, sarebbe riuscita a mangiare un'insalata insipida se solo l'avesse trovata una volta aperto il frigorifero ma, fortunatamente per il suo stomaco, non c'era alcuna traccia di quella cosa orrenda verde pallido. Con uno sbuffo da manuale prese ad armeggiare ai fornelli, sbattendo la padella sul ripiano e occhieggiando con fare melodrammatico le uova che aveva tirato fuori dal frigo - Vai a comprare...- Non mi muoverò da qui, seccatura.- ... è finito il latte.- lo fulminò con lo sguardo - Vuoi fare colazione col mio caffè?, non pensarci neanche!- lo puntò con il coltello. Per contro, Shikamaru aprì la finestra e prese a fumare sotto lo sguardo assassino della moglie e, ahilui, non notò la nota isterica nella vena che prese a pulsare sulla tempia della bionda - Neanche lo bevo, il latte.- bofonchiò il moro per difendersi, e allora Temari sembrò calmarsi. - Lo dici tu, a tuo figlio, che il latte è finito?In vero, Shirai aveva una fissazione per il latte da quando Ino gli aveva detto che se non lo beveva tutti i giorni sarebbe diventato brutto come Sakura, cattivo come Sasuke, scemo come Naruto e basso come Konohamaru. Non c'era da stupirsi che, se finiva il latte, l'impiastro non la smetteva di frignare inviperito per il resto della giornata e neanche il lancio del kunai sembrava consolarlo abbastanza a lungo. Shikamaru reprimette un lungo ed intenso brivido quando Temari l'occhieggiò con sarcasmo - Eh?, glielo dici tu?Masticò un isulto e gettò la sigaretta - Seccatura.Temari si morse il labbro superiore quando lui prese la porta - Shika!- Cosa!?- abbaiò visibilmente imbufalito. E, improvvisamente, le uova sembrarono un botto interessanti, a detta sua; si stropicciò le mani nel vano tentativo di smorzicare qualche parola, ma capì che era come chiedere all'Uzumaki di smettere di essere Naruto, quindi sospirò - Niente, l'ho dimenticato.- Seccatura...- inarcò un sopracciglio - a te le uova non piacciono.- Si, lo so.- si passò entrambe le mani sul collo, poi le posizionò sul ripiano della cucina e irrigidì le spalle - Lo so che non mi piacciono.Bè, non era che... si sentiva strana, ecco. Il problema era che, ancora una volta, non riusciva a capacitarsi della cosa e non era neanche sicura che lo fosse davvero, incinta, non era andata a fare l'esame anche se aveva preso appuntamento e il fatto che Sakura avesse annunciato giusto l'altro giorno che anche lei aspettava un bambino (di nuovo) non la faceva sentire meglio. Avere Shirai era stato un bel problema, anche se adesso non le importava più, ma non si poteva neanche dire che fosse una madre normale! Non era mai stata brava nelle dimostrazioni d'affetto, anche se si era scoperta molto predisposta verso il marmocchio (questo non significava che se lo sbaciucchiava ad ogni ora o che non vedesse l'ora di vederlo quando tornava a casa da una missione, sarebbe stato abbastanza sconvolgente un suo cambiamento così radicale e repentino). Il problema era che un'altra gravidanza... sono comunque nove mesi pesanti, anche se dopo si dimenticavano, rimanevano quello che erano e la sua prima gravidanza non era stata così facile da sopportare visto e considerato che lei odiava sentirsi inutile. Guardò Shikamaru, che evidentemente aveva intuito che qualcosa non gli tornava e si era appoggiato allo stipite della porta della cucina così che potesse guardarla da vicino, lei si morse ancora le labbra e allontanò le uova - E' che... ti sei dimenticato di fare la spesa.- Non la faccio io, la spesa.- si grattò l'orecchio sinistro - Senti, sei tornata due settimane fa da quella missione, non è che ci stai mettendo troppo per...- gesticolò muovendo leggermente il polso, poi scostò lo sguardo, rimuginando su quello che avrebbe voluto dire. 48 Il problema era che lui non era geneticamente fatto per fare il padre, ma chi lo era dopotutto? Uno per lui era già abbastanza e Temari sapeva che Shirai era la cosa più bella che avessero fatto insieme, ma un altro... Lei non poteva... Non avrebbe potuto continuare con le missioni con due bambini, e si sentiva già abbastanza in colpa a lasciare Shirai, Shikamaru aveva pure la sua squadra e le sue missioni. Nove mesi sono tanti, per non parlare del dopo. [ ma lei lo voleva quel bambino, se c'era, lo voleva ]. - Sono incinta, forse.- sbottò alla fine chiudendo le mani a pugno. Trepidante, spostò lo sguardo dalle sue mani a lui, ai suoi occhi chiusi. Lo vedeva respirare terribilmente piano, le spalle si alzavano così lentamente che quasi credette stesse per avere un collasso, poi però Shikamaru aprì gli occhi e annuì vagamente, si passò una mano tra i capelli e, portandosi la mano chiusa alla bocca, morse le nocche per nascondere il sorriso. Strinse il legno con l'altra mano, aumentando e allentando la presa come le sue emozioni uscivano fuori. Fece un passo verso di lei e Temari si sentì in dovere di ricordargli una cosa che, lui, sembrava non aver afferrato - Ho detto forse!- esclamò nel momento in cui lui scattava e l'abbracciava quasi sollevandola da terra - Accidenti a te!- ululò puntando le mani sulle sue spalle - Ho detto...- Ho capito, ho capito.- accostò la bocca alla sua fronte - Che seccatura che sei...- respirò forte e se la schiacciò addosso - Stavolta il nome lo decido io.- Forse.- Si, certo, ti piacerebbe.- Ho detto forse!Le mordicchiò il lobo dell'orecchio mentre le sue mani andavano a coprirle il fondoschiena - Mhmh, smettila di parlare.- Ma...- respirò tra i denti quando s'intrufolò tra le sue gambe - Shirai, che schifo, vuoi fare sesso con tuo figlio in casa?!- lo spintonò, ma non ottenne un risultato meritevole di nota visto che le si incollò al petto - Shika...- Shirai dorme, è tardi. E ora stà zitta, Nara.Temari roteò gli occhi al soffitto, buttò fuori un sospiro pesante e gli strinse la gamba sinistra su un fianco, non appena Shikamaru intrufolò le dita. Le reni spinte contro il piano della cucina, le uova dimenticate, la sua lingua ovunque. - E' una femmina...- ... forse...- Lo è.Si alzò sulle punte, seguendo il movimento del suo bacino, stringendosi alle sue spalle, impossibilitata ad articolare qualcosa di sensato - Possiamo... riparlarne?- lo baciò, bloccando la sua replica - Chiudi il becco e muoviti!- Capitolo 8: Just another day, just another life. My King. Scostò i capelli dal viso sudato e si guardò allo specchio. No, avere la nausea e filare in bagno non era il modo migliore per iniziare la giornata. Ed erano anche le tre di mattina. Ruotò il pomello del rubinetto, bagnandosi faccia e collo con l'acqua gelata, battè ciglio quando sentì il tocco delle dita di Shikamaru sulla sua schiena. - E' presto.- Non lo dire a me, crybaby.49 Shikamaru la osservò mentre continuava a sciacquarsi il viso. Si era svegliato quasi subito, quando lei si era alzata dal letto, e non perchè aveva fatto rumore; non gli piaceva quando Temari si alzava dal letto, se non quando dovevano farlo entrambi. Si grattò la nuca sudata, gli occhi gonfi, e le si avvicinò proprio quando Temari iniziava a strofinare lo spazzolino sui denti. Le circondò la vita, temporeggiando sull'evidente rigonfiamento, con le braccia e sistemò il mento sulla sua spalla, la comoda sensazione di poterla tenere così vicino senza il pericolo di perdere qualche arto era così tranquillizzante da indurlo al sonno. - Capita anche fuori?- le chiese, non appena la donna si sciacquò la bocca. Temari si rilassò contro il suo petto, abbandonando la testa sulla spalla muscolosa - Solo quando devo fare su e giu per le scale, velocemente e più volte.- si lamentò socchiudendo gli occhi - Ma no, di norma non mi da problemi. E le nausee sono anche diminuite.L'uomo le accarezzò piano il ventre, usando solo i polpastrelli, sollevò di poco la sua maglia che Temari usava per pigiama, e vi infilò entrambe le mani; ne posizionò una sotto l'ombellico e una subito sopra. Un piccolo movimento lo fece sussultare. - Stai diventando troppo sentimentale...- bofonchiò la bionda, non appena lui iniziò ad accarezzarle la pancia. - Mh,- aprì la bocca sul suo collo, mordicchiando appena per poi passare la lingua bollente sulla pelle arrossata, Temari seguì i suoi movimenti, chiuse gli occhi e intrecciò le dita sui capelli sciolti di Shikamaru, avvicinandolo - non tirarmi i capelli, seccatura.Temari ridacchiò - Hai ragione, meglio tirare altre cose.- s'inarcò contro di lui, sghignazzando maliziosa. Lui la morse con più forza. Shirai sfoggiava l'espressione più assonnata che Temari avesse mai visto. Suo figlio non era un mattiniero, specialmente di domenica, ma quando lei l'aveva chiamato per fare colazione (un sacramento, a casa Nara) era subito sceso, i pantaloncini del pigiama scesi fin sotto il sedere e gli occhi lucidi e rossi di sonno. - Hai dormito male?-... voglio il ventilatore in camera.- bofonchiò il bambino, appoggiando il mento sul tavolo Fa caldo.Temari appoggiò i gomiti al tavolo - Ti fa male la testa se stai tutta la notte col ventilatore acceso.- Ma fa caldo!, e io non riesco a dormire! Non mi piace stare sveglio!Temari sghignazzò e, girandosi per controllare il latte sul pentolino (suo figlio beveva latte caldo pure d'estate), prese la tazza e la colmò quasi fino all'orlo. Fece attenzione a non far uscire nessuna goccia di latte dalla tazza, onde evitare che suo figlio morisse di infarto, e la mise sotto il naso del bambino e gli affiancò i biscotti - Finisci la colazione e poi fila in camera da letto.Shirai si illuminò. La camera dei suoi genitori era decisamente la meno colpita dal sole, e c'era un ventilatore enorme che faceva circolare l'aria in una maniera impeccabile. Suo padre entrò in quel momento, si stava sistemando la cintura dei pantaloni, gli scompigliò i capelli e afferrò un biscotto - Ritardo.- Imbecille.- gli rispose Temari, senza neanche guardarlo. - Torno tardi, bevuta con Choji, tante belle cose.- e sparì. Durante la giornata, visto che l'Hokage le aveva espressamente vietato di lavorare nonostante fosse ancora al sesto mese di gravidanza, Temari si dedicò a pulire meticolosamente tutti gli angoli della casa, mentre Shirai aveva dormito botte di ore nel lettone dei suoi genitori, il cuscino di sua madre sulla pancia e quello di suo padre sotto la testa. Non faceva molto caldo, anche se l'aria umida era molto fastidiosa. Temari stese e stirò e, 50 non contenta, tirò giù le tende e le infilò in lavatrice. Stava pulendo, di nuovo, le finestre quando sua suocera entrò in casa e si guardarono con le fronti aggrottate. - Ti sembra il momento per fare la casalinga?- borbottò Yoshino, legandosi i capelli e afferrando un panno per aiutare l'indisponente kunoichi. - Ti sembra normale rompermi le scatole?- replicò la bionda, quando la donna iniziò a pulire l'altra finestra, gia così pulita che facevano male gli occhi. Yoshino sospirò pesantemente - Da quanto è che pulisci?- Non è che conto le ore, se pulisco, pulisco.Che risposta esauriente. - Ti rendi conto che sei incinta?- le scoccò un'occhiataccia - E se cadi, mh?- Non cadrò, il mio equilibrio è migliore di quanto tu pensi.- Questo non significa che non può succedere...Temari si voltò, scocciata, verso la donna - Se hai intenzione di tormentarmi, quella è la porta, Yoshino.- Dico solo quello che penso, Temari.- ah, che cosa bella la famiglia... - Non pensarmi troppo, mi consumo.- fece la bionda, sarcastica, osservando il giardino oltre la finestra e improvvisamente si sentì stanca. Stupida gravidanza del cavolo, pensò non appena la testa cominciò a girarle. Era sempre così, bastava un attimo e la sua pressione scendeva a livelli polari per poi risalire ai massimi storici. Odiava essere incinta, odiava star male e odiava non poter lavorare per questo. Certo, il pensiero che da li a tre mesi sarebbe diventata madre un'altra volta non era così odioso, ma trascorrere altri quattro mesi nell'inutilità più totale buttava il suo istinto materno fuori dalla finestra. Per non parlare della gente che, vedendola per strada, si lasciava andare ad auguri e vecchie storie che lasciavano Temari li li per una crisi esistenziale. E il tempo delle crisi isteriche non era ancora arrivato! Si ritrovò seduta sul divano ancor prima di averci pensato, reclinò la testa all'indietro mentre sua suocera roteava gli occhi al soffitto e bofonchiava insulti verso di lei che, più per il malessere che per altro, Temari non colse. - Acqua e zucchero.- disse Yoshino. Stranamente, Temari non si sentì meglio, sentendola, anzi. E arrivò un calcio che la fece sussultare. Ahia. Prese un profondo respiro e strabuzzò gli occhi quando al primo calcio, ne sussegurono altri due e poi Temari la sentì distintamente stirarsi. Sollevò la maglia e appoggiò la mano destra sul rigonfiamento e i movimenti dentro la sua pancia rallentarono. Respirò profondamente e afferrò il bicchiere che Yoshino le stava porgendo senza staccare gli occhi dal suo ventre Si muove.- disse, come se fosse la cosa più importante di tutte, sorrise lievemente - Si muove sempre.Yoshino imitò il suo sorriso e le accarezzò la pancia, avvicinò la testa - Ciao marmocchia, io sono la nonna.- Che se non la smette non ti vedrà mai.- ringhiò Temari, molto imbarazzata. - Oh, non fare la disfattista...- un movimento vicino la porta le fece girare entrambe e c'era Shirai che le guardava con gli occhi a palla. Della serie: "Quando tuo figlio ha l'intelligenza di un Nara, ma non riesce a collegare nulla". Il bambino, dopo un momento di completa immobilità, trotterellò fino a loro - Lo dico io che 'sta pancia è strana, visto nonna?- guardò la madre e sorrise - Io sarò il primo a tenere in braccio mia sorella, veroverovero? Diglielo tu, al nonno, perchè non mi da mai retta e, e, e poi voglio,- premette leggermente le mani sulla pancia di sua madre - voglio insegnarle a lanciare i kunai e a giocare a shogi, anche se non mi potrà mai battere. Hai sentito?!- la bionda non sapeva perchè, ma la scena era molto divertente, vedere Shirai che parlava con 51 la sua pancia, Shikamaru sarebbe morto dalle ghignate - Non mi batterai mai! Perchè io sono il più intelligente, fortissimoebellissimo fratello maggiore!- Credo sia meglio dargli una botta in testa.- bofonchiò la suocera, alzandosi lentamente Vado a prepare il pranzo.- Perchè?, mangi qui?- quell'esaltato di suo figlio non aveva la minima decenza, pensò Temari. - Il tuo inutile nonno, se non arriva entro sei minuti, dormirà per terra per i prossimi sei mesi.Un altro calcio fece capire a Temari che era ora di cambiare posizione. Stupida gravidanza del cavolo. - Ci siamo, eh?Temari guardò Tsunade e prese un profondo respiro, con qualche difficoltà visto che era all'ottavo mese e praticamente i suoi polmoni erano compressi, visto che l'utero era aumentato di volume. Dall'ecografia appena fatta, Tsunade si era accertata che la posizione della bambina era giusta* e che era lunga 43 centimetri, più tutte le altre cose che l'ecografia permette di appurare e gli altri esami* che, all'ottavo mese, sono obbligatori. - Ok, allora. Mangia più latticini che puoi e non m'interessa se il formaggio non ti piace,- la donna scoccò uno sguardo anche a Shikamaru - vedi di controllarla di più, ha problemi di pressione accidenti a te!Shikamaru abbassò le spalle - Mh.- E' bella tosta,- continuò l'Hokage riferendosi alla lunghezza della bambina - riesci a reggerla?Si scrollò nelle spalle - Nessun problema.L'Hokage roteò gli occhi al soffitto - Lo so che è pesante, sai?, è inutile che fai la dura perchè so anche che la schiena ti fa un male cane, che senti tutte le articolazioni al posto sbagliato e che il tuo ombellico tira. Quante contrazioni hai al giorno?Temari si grattò la nuca e fece mente locale - Non le ho contate.- Fantastico.-... ma non sono poche, se è questo che vuoi sentirti dire.- bofonchiò tetra. Dopo qualche altra frase, i borbotii indistinti di Shikamaru fecero capire ad entrambe che era cosa buona smettere di litigare. - Allora, ci vediamo in sala parto.- Com'è che mi sembra una minaccia?- Stavolta la vuoi l'epidurale?- No.Tsunade pensò che era meglio non tirare la corda, era sempre una donna incinta, quella che aveva davanti; si girò verso Shikamaru - Io e te dobbiamo fare una chiaccherata, prossimamente.- Riguardo che?- Se vuoi assistere al parto o no, devo spiegarti un po' di cose.Shikamaru non sembrò turbato dalla cosa e, dopo una scrollata di spalle, pressò la mano sulla schiena di Temari e uscirono. Camminarono in silenzio e Shikamaru osservò per bene la donna che gli camminava a fianco. Aveva notato quanta fatica le costasse camminare e fare troppi sforzi, Temari non riusciva a dormire e si lamentava del mal di schiena, diceva che si sentiva una mongolfiera in rotta di collisione con un iceberg e aveva la fissazione per la pulizia. Durante la fine del settimo e l'inizio dell'ottavo mese (ora era alla seconda settimana dell'ottavo mese, gliel'aveva ripetuto così tante volte che, ora, dimenticarlo non era possibile) si era dedicata alla sistemazione della nuova camera e guai chi diceva biz riguardo i suoi gusti. 52 Shikamaru non si ricordava che per Shirai fosse stato così complicato. Uscendo, finalmente, dall'ospedale non potè fare a meno di ripensare all'ecogafria. Non ci aveva capito molto, anche se Tsunade aveva cercato di essere chiara nelle spiegazioni, Shikamaru sapeva soltanto che quella li era sua figlia e si muoveva. - Vuoi andare a casa?Temari corrugò la fronte - Spesa, formaggio, che schifo.- l'uomo ridacchiò - Shirai lo va a prendere tuo padre, si?- disse alzando la testa per guardarlo. Di una cosa era sicura, non voleva assolutamente che sua figlia diventasse alta quanto suo padre. Non che Shikamaru fosse esageratamente alto, si era sviluppato bene, il crybaby e non era lei ad essere bassa! - Se,- svoltarono su una traversa e si affacciarono sulla strada principale di Konoha, trafficata di gente e ragazzini come al solito - cos'è che manca a casa?- Mmmh...- corrugò la fronte - E' finito il pepe, dobbiamo compare il pesce e... i biscotti,- gli strinse fortissimo la mano che giaceva immobile sulla sua grossa pancia, trattenendo il respiro per poi rilasciarlo a tratti; a contrazione passata, Temari allentò la stretta - la carne,- riprese - e il... dannato formaggio.- Posso farlo da solo, Tem.- provò a convincerla, non si sentiva tranquillo sapendo che stava male, ma, una volta che il pensiero di lasciarla a casa da sola fece capolino nella sua testa, decise che era molto meglio essere con lei per qualsiasi evenienza - Lascia perdere, è meglio che stai fuori.- Ti stai preoccupando per me, crybaby?- sghignazzò sollevando di nuovo la testa, lui roteò gli occhi e mosse le dita sulla sua pancia, lei ridacchiò. Dopo aver comprato quello che mancava a casa, formaggio incluso, s'incamminarono di nuovo e Shikamaru notò come le donne guardassero Temari. Era uno sguardo tenero che la maggior parte delle volte lo imbarazzò; alcune ragazzine, potevano avere quindici, sedici anni, ridacchiarono al loro passaggio, ma non era una cosa cattiva o cose del genere. - Voglio andare a casa.- Ci stiamo arrivando.- Se non vado a casa adesso, uccido qualcuno.- Tem...- No, ti giuro, è una cosa impossibile! Come fanno le persone a fare cose diverse, ma guardare me indipendentemente da cosa stiano facendo! Ma ti sembra una cosa normale?, non mi piace essere fissata, lo odio.- sibilò senza neanche prendere respiro, con il risultato che dovette respirare più volte per non avere il fiatone - Tra l'altro i miei polmoni sono messi peggio dei tuoi e io non fumo neanche!Shikamaru sbuffò leggermente, attirandola un po' di più a sè, cos'è che aveva detto Tsunade la scorsa visita? Ah, si: darle sempre e comunque ragione. - Hai ragione.- Non parlare!- Tem...- Chiudi il becco.L'uomo, esasperato, si guardò un po' in giro - Quello di Sasuke è maschio o femmina?- Non è di Sasuke, non è Sasuke che ha sopportato, di nuovo, nausee e mal di schiena, calci e notti insonni e non sei di sicuro tu che dovrai sopportare fottutissime ore per raggiungere la giusta dilatazione e spingerespingerespingere fino a farti uscire la trachea dal naso!- in tutto quello, Shikamaru aveva dovuto incassare la testa nelle spalle, come se davvero fosse colpevole di qualcosa. Poi Temari si calmò e cominciò a mordersi il labbro inferiore - Scusami.- bisbigliò. Lui, in risposta, la strinse di più, capendo al volo cosa c'era che non andava - Andiamo a prendere tuo figlio.- bisbigliò sulla sua tempia. Temari strinse di nuovo la sua mano - E' anche tuo.53 - Lo so.- e sghignazzò, orgoglioso, per tutto il tragitto da li fino all'accademia. Nove mesi e una settimana dopo - AAAAAHIAAAA!Tsunade osservò la donna sopra di lei, rossa di sforzo, sudata a mollo e con i denti stretti Non. Spingere.- ordinò perentoria, gettò un veloce sguardo a Shikamaru, completamente e stranamente padrone di sè - Parlaci.- Se ci parlo mi stacca la lingua a morsi.- replicò quello oltre la mascherina. In vero, Shikamaru non era affatto tranquillo. Era per lo più a corto di idee a terribilmente sconvolto dalla forza impressionante con cui Temari gli stava stritolando la mano. Stritolando, a dire la verità, era un eufemismo. Era tipo... una patata pressata da un'incudine o qualcosa di molto vicino a quello. Prese un veloce respiro mentre Temari rivoltava gli occhi e gettava la testa sudata all'indietro, respirando pesantemente e Tsunade lo guardò di nuovo come se volesse rimproverarlo - Recita una poesia, canta una canzone, ripeti una ricetta, qualunque cosa.Se ripetere una ricetta avesse tranquillizzato Temari, Shikamaru l'avrebbe di certo ripetuta, il problema era che Temari non si sarebbe tranquillizzata e lui non si ricordava assolutamente nessuna ricetta. Dov'era Choji quando serviva? Temari respirava tra i denti e cercava di trattenere lo stimolo di espellere la cosa che le stava facendo così male, sapeva di dover respirare regolarmente, ma i suoi muscoli si rifiutavano di obbedire agli ordini del suo cervello. Non era più padrona del suo corpo. E Shikamaru lo sapeva - Allora... facciamo che ad ogni cosa che dico... tu fai un bel respiro, ok?Temari lo guardò con la coda dell'occhio, non rispose e strinse ancora più forte la sua mano. Lui sussultò - Ci sei?- altra stretta, ecco, e ora cosa diceva? Pensapensapensapensapensacazzopensa! - Questa è una seccatura.- la sua donna respirò profondamente - E mi fa male la mano.- lei respirò ancora, due volte, almeno la cosa funzionava, si avvicinò al suo orecchio - Mi stai praticamente rompendo le dita, Tem.- lei tentò di ridacchiare, con scarsissimi risultati, e respirò dal naso altre due, profonde, volte - E quando quella dispotica li, ti dirà di spingere, lo farai.- Certo che lo farà,- ringhiò Tsunade - non possiamo stare qui tutto il giorno.Shikamaru roteò gli occhi al soffitto - Ed è anche tardi, saranno le quattro di mattina, respira Tem.- Non dirmi cosa cazzo!, devo fare!- s'inarcò sul lettino, tutti i muscoli del volto contratti, lui la vide stringere così forte i denti che temette di vederli frantumarsi, ma Temari respirò profondamente una, due, quattro volte - Ancora no?- Sopporta un altro po', ci siamo quasi.- Fa un male fottuto.- gemette ributtando la schiena sul lettino. Shikamaru corrugò la fronte, nuovamente a corto di idee, fece per parlare quando Temari gli lasciò improvvisamente la mano e si agganciò al lettino, buttando fuori respiri ritmici. Tsunade fece cenno al Shizune che l'affiancava - Eccola...- blaterò e Shikamaru non aveva nessuna intenzione di guardare in mezzo alle gambe di sua moglie per sincerarsi di quello che aveva capito fosse spuntata - Dammi una bella spinta.E Temari spinse, digrignando i denti e trattenendo il respiro, contrasse il collo e strinse il lettino sotto di lei. Ed era come se Shikamaru fosse sparito, lui le accarezzò la fronte sudata, prima di sistemare la mano sulla sua testa. Temari fece dei profondi respiri e, quando Tsunade glielo disse, diede due forti spinte consecutive e ringhiò forte. 54 Poi, evidentemente il parto non era una cosa tanto semplice, buttò un urlo liberatorio e soffocò tutte le parole insultanti che avrebbe voluto dire spingendo ancora. Tsunade, sotto la mascherina, non era minimamente turbata da quella vista. Due giorni prima c'era stata Sakura, su quel lettino, e in linea di massima, lei e Temari, stavano avendo le stesse reazioni, anche se Sakura aveva dato molti più urli liberatori di lei. Saggia donna, quella. - Altre due... forza e coraggio, uno, due, tre...- e Temari spinse, contraendo tutti i muscoli, dall'addome in su... e poi si sentì svuotata. Shizune, prendendo uno di quei panni verdi che usavano i medici, prese la neonata dalle mani di Tsunade, che nel frattempo si alzò per prendere l'occorrente che serviva a fermare il cordone ombellicale. Shikamaru guardò quella cosina leggermente cianotica, non sbattè neanche più le palpebre quando dette i primi vagiti. Ritmici, con lo stesso tono. Seguì tutti i movimenti di Tsunade, dal taglio del cordone fino a quando sistemarono sua figlia in un lettino grande abbastanza per farcela stare tutta. La pulì del sangue, mentre quella continuava a vagire, piangere o qualunque cosa fosse quel suono. Temari, quando Tsunade le diede la bambina, sorrise. Gli occhi lucidi e, accarezzando lievemente sua figlia che non aveva neanche per un momento smesso di emettere quel suono ritmico che erano i primi vagiti, lo guardò. Shikamaru, stanco anche lui e non capiva neanche perchè, sospirò pesantemente, sentì le ginocchia deboli come quando aveva preso per la prima volta Shirai in braccio. Appoggiò la fronte vicino alla testa di Temari, la mano che le aveva messo sulla testa non si era spostata di un millimetro. - Sssh, stai facendo un casino.- bisbigliò la donna, rivolta alla neonata. La voce debole, il corpo completamente bagnato di sudore, gli occhi stanchi, ma non una minima parte di quella stanchezza si rifletteva nelle sue iridi verdi, Shikamaru serrò gli occhi, umidi - Ti amo.- E ci scommetto che il sole sorge e tramonta per me...- bisbigliò ancora - Non lo farebbe ti ucciderei...Lui le strinse la testa, gli occhi ancora chiusi. Ecco chi erano, il Re*. Capitolo 9: I'm not a girl Il dolore fu lancinante. Era la sua prima volta; buttò la testa indietro, gli occhi serrati e il labbro inferiore trattenuto dai denti. Un ringhio fuoriuscì disperato attraverso i suoi denti e trucidò con lo sguardo chi le stava davanti - Fa male.- disse con un tono di voce vicininissimo al pianto. Degli occhi divertiti la guardarono - Se trattieni il respiro è peggio.- si limitò a rispondere. - Ma fa male!- miagolò, strinse le dita a pugno sul lettino, piegò un ginocchio e ringhiò quando quel dolore insopportabile giunse di nuovo, mandando scariche elettriche direttamente al suo ipotalamo. Un palmo si appoggiò sul suo inguine, premendo leggermente - Non esagerare...bofonchiò, l'altra serrò di nuovo gli occhi verdi, un'espressione dolorante sul volto - Sei una kunoichi, trattieniti.- Non possiamo smettere e ripensarci domani?- Il lavoro si comincia e si finisce.- replicò - E se continui a lamentarti, tua madre verrà a sapere che le tue prestazioni sono indecentemente scarse.Deglutì la rispostaccia che le era salita in gola, guardò il soffitto - Sbrigati.Gli occhi azzurri si sollevarono al soffitto, stese la cera su un'altra porzione di inguine e, posizionata la striscia, trattenne un ghignetto malefico prima di tirare; la ragazzina 55 sussultò. - Ouch!, ahiaahiaahia!Si sa che, per le donne, la cosa più terribilmente dolorosa, fisicamente parlando (oltre al parto naturale, oltre al mignolo destro sbattuto contro uno spigolo, ai dolori mestruali e alla prima volta in generale - anche se quel dolore variava da persona a persona), era la prima volta dall'estetista. Ovvero la prima ceretta inguinale e guai a chi diceva che la prima volta non faceva male! Aiko aveva quattordici anni e sua madre, viste le condizioni disastrose dell'inguine di sua figlia, aveva deciso che era giunta l'ora di porre qualche rimedio all'eccesso di peluria, assolutamente inaccettabile, a suo parere, per una femmina. Ad Aiko non importava molto dell'estetica, non le fregava assolutamente nulla se quasi tutte le sue coetanee avevano iniziato a pinzettarsi le sopracciglia da sole e giravano per il villaggio in gonnelline assolutamente indecenti e senza un pelo in vista. Lei, nelle gambe, ne aveva pochissimi, di peli e molti la ritenevano la ragazza più fortunata del mondo, visto che non aveva la necessità di cerettarsi tutta, dal polpaccio in su. Fortunata un corno!, pensò gettando un'occhiata al suo inguine e anche alle gambe (si, sua madre era sadica e non le importava un fico secco del fatto che sua figlia avesse quattro peli contati sulle gambe: dovevano sparire). Alcune puntine di sangue facevano capolino sulla pelle arrossata dell'inguine e, il pensiero che c'era ancora l'altro lato da fare, la gettò nella disperazione più totale. Quando sua madre l'aveva informata d'aver preso un appuntamento dall'estetista più brava di Konoha, suo padre l'aveva guardata da capo a piedi, le sopracciglia inarcate, con il dubbio scritto a caratteri cubitali sulla sua fronte. "Non è troppo piccola, per questa cosa?", aveva mollemente chiesto l'uomo (il suo papà era un uomo intelligente e altamente protettivo verso di lei, in quel momento l'aveva amato più del miele a colazione), ma sua madre li aveva fissati tutti e due e, dopo, aveva continuato a cucinare come se il marito non avesse parlato. "Una ragazza non può essere disordinata, per quanto riguarda il suo corpo," aveva replicato la donna, assaggiando il brodo di pesce con un'espressione meditabonda, aveva aggiunto un pizzico di sale "non è solo una questione di estetica, ma di igiene personale", aveva guardato il marito con un sopracciglio inarcato "Una cosa che tu non puoi capire, visto che vai in giro con la foresta amazzonica in mezzo alle gambe". E lì, la discussione, era finita. In quel preciso istante, Aiko, avrebbe tanto voluto essere nata maschio. Cercò di pensare a cose che le piacevano per arginare il fastidioso bruciore. Le classificò per ordine d'importanza nella sua testa, gli occhi chiusi in concentrazione: miele, nonno, mortadella, salame, pesca, sake, zio Gaara, papà, nonna, stupido fratello, mamma, prosciutto, onigiri, zio Choji, Sasuke-sensei, pranzo, colazione, cena e spuntino. Li pronunciò silenziosamente mentre l'estetista continuava la sua tortura e, quando avvertì il fastidioso bruciore propagarsi anche dall'altro lato, capì che aveva concluso. - Ora sistemiamo questi cespugli qua,- e toccò le sue sopracciglia, con un tenero sorriso sulle labbra - e poi abbiamo finito.Sospirò, la tensione scivolò via dalle sue spalle. Per quanto ne sapeva, le sopracciglia non davano problemi troppo grossi alla soglia del dolore. Certo, qualche lacrimuccia involontaria scappò via dai suoi occhi quando la pinzetta lavorò sulla parte inferiore, ma niente di particolarmente fastidioso. Uscì dal salone tutta accaldata, le gambe lucide a causa della creama idratante che l'estetista vi aveva applicato, onde evitare rossori indesiderati; scappò in direzione casa, consapevole del fatto che vi avrebbe trovato il suo stupido fratello con i suoi stupidi compagni di squadra e scommetteva che anche metà dei ninja di tutta Konoha era a casa 56 sua, visto che, e non sapeva spiegarsi perchè, casa Nara aveva un che di affascinante per quelle teste di rame. Sospirò abbattuta, forse era meglio dirigersi verso casa Uzumaki, almeno avrebbe parlato un po' con Karen che era da due giorni che non la vedeva visto che l'amica era stata costretta a letto da un brutto raffreddore. Ma se fosse andata a casa Uzumaki, vi avrebbe trovato l'altro fratello di Karen, quello di due anni, la cosa minuscola che sapeva correre, sbraitare, piangere, picchiare e insultare. Era un essere insopportabilmente adorabile e terribile allo stesso tempo. Per quanto riguardava il fratello maggiore di Karen, ovvero l'essere amorfo che era in squadra con suo fratello, Aiko sperava vivamente che fosse crepato. Era tre anni più piccolo di Shirai, ma era stato ammesso all'esame chunin nonostante l'età, insieme ai gemelli innominabili. Aiko non si capacitava della cosa. Minato, questo era il suo nome, non era certo un genio, ma aveva sviluppato il byakugan molto presto e aveva affinato le tecniche che esso permetteva sotto la guida di suo zio Neji. Era inutile dire che, oltre a quella abilità innata, Minato era la fotocopia sputata del padre, caratterialmente parlando, e lei non lo poteva soffrire anche se suo fratello Shirai cercava sempre un modo per farglielo piacere. Diceva che era un bravo ragazzo e un compagno di squadra affidabile, a lei non importava. In vero, Aiko detestava tutti e due i compagni di squadra del fratello, in maniera diversa. Per Minato provava una specie di repulsione, perchè non le piaceva il modo in cui si relazionava con gli altri e quegli occhi così chiari le mettevano fin troppa agitazione; era consapevole che l'Uzumaki non era una cattiva persona, perchè Naruto-bakasensei non era una cattiva persona (ed era pure l'Hokage, quindi non poteva essere una cattiva persona) e neanche Hinata-san lo era, però il figlio era di un insopportabile peggio di una zanzara. E poi c'era Mirai. Morino Mirai e il cognome era una garanzia, per cui era inutile, da parte sua, darsi un'ulteriore motivo per non sopportarla, visto che il padre l'aveva fatta uscire di cervello durante la prima parte del suo esame chunin. Pensò a chi altro poteva aver occupato casa sua e il pensierò volò ai gemelli innominabili. Kyosuke e Ryo e che i Kami se li portassero. Erano un misto tra arroganza, superiorità e intelligenza (anche se contro suo padre Shikamaru, suo nonno e suo fratello perdevano alla grande). L'educazione volava fuori dalla finestra quando c'erano quei due e lo stuolo di ragazze che svolazzava intorno a loro era veramente una cosa inguardabile. Aiko ammetteva di aver avuto una cotta tremenda per entrambi durante la sua permanenza in accademia, ma la cosa era scemata subito dopo averli conosciuti meglio. Non si poteva certo dire che fossero uguali in ogni aspetto. Ryo era quello che se la cavava meglio nei rapporti con gli altri, era anche simpatico certe volte, mentre Kyosuke, il più delle volte, si limitava a scrutare chiunque gli stesse parlando con uno sguardo che descrivere indifferente era poco. Aiko ci aveva fatto un'unica conversazione seria, durante la quale avevano pure litigato, e, da quel giorno in poi, i loro rapporti si erano fermati al ciao e al crepa bastardo/stronza; Ryo la trovava una cosa divertente. Dei due, Ryo era il più grande (se si poteva dire così) e nelle occasioni peggiori tirava fuori un comportamento da pazzoide che Temari additava al suo gene materno; in quei casi era meglio lasciarlo sbollire e allontanarsi il più velocemente possibile. La sua migliore amica, Karen, era innamorata persa di Kyosuke, il quale non la degnava di uno sguardo neanche a pagarlo oro e questo era uno dei principali motivi che avevano portato Aiko ad odiare più lui che il suo pazzo gemello. La ragazza sospirò, diminuendo l'andatura, sempre meno propensa ad andare a casa. Sicuramente ci sarà Kin, pensò fermandosi davanti una macelleria. A lei piaceva Kin, era una tosta ed era una sua amica, sempre pronta a far casino. 57 Apparentemente, piaceva a suo fratello e, di conseguenza, Kiba, che era suo zio, attentava alla vita di Shirai ogni volta che lo vedeva insieme alla nipote. Da quello che sapeva, non era mai successo niente di serio tra loro, forse neanche ne avevano parlato, visto che suo fratello diventava un imbecille ogni qual volta Kin entrava in una stanza. Senza neanche accorgersene, si ritrovò davanti casa sua e la prima cosa che vide fu un enorme cane*, dal pelo lungo e marrone, con riflessi rossicci sotto la luce. Il cane se ne stava tranquillamente accucciato sotto l'ombra del balcone, gli occhi socchiusi si mossero verso di lei quando si avvicinò. Murasakimaru era il cane di Kin e ad Aiko aveva sempre ricordato più un leone, che un cane. Si piegò sulle ginocchia e affondò la mano sinistra sul folto pelo, il cane socchiuse di nuovo gli occhi e la lasciò fare, lei sorrise - Ti piace il mio giardino, mh?- le orecchie del cane si mossero leggermente. - Adesso parli anche con i cani?La ragazza non cambiò espressione - Sempre meglio che parlare con gli idioti.- replicò, accarezzando delicatamente il pelo sul collo del cane. Alle sue spalle, sua madre sghignazzò, una cesta vuota tra le mani indicava che aveva appena finito di stendere la biancheria dall'altra parte del giardino. La donna si chinò sulle ginocchia e guardò prima il cane, poi la figlia - Ah, finalmente vedo la tua faccia.- disse, riferendosi alle nuove sopracciglia della figlia - Somigliavi più a lui che ad un essere umano.- continuò riferendosi al cane, il quale mosse leggermente il muso in evidente indignazione. - Il tuo supporto rinvigorisce lo spirito, mà.- la donna rise al tono offeso della figlia e le scompigliò i lunghi capelli neri prima di rialzarsi. - C'è un po' di casino, dentro.- le disse con un tono per niente promettente - Questa casa diventerà un'associazione a delinquere prima di sera.- Come se non lo fosse già, con te e papà.- bofonchiò guardando la madre in faccia, sorrise Visto che c'è casino, posso andare da un'altra parte?- Chiedilo a tuo padre.Roteò gli occhi al cielo - Mi dirà di no.- Appunto.Aiko si rialzò, scoccò al cane uno sguardo disperato, ma l'animale sembrò essere sulla stessa lunghezza d'onda di suo padre quando dormiva: encefalogramma piatto, nessun segno di vita. Sospirò affranta - Non capisco perchè ti ostini a gettare tutte le responsabilità su papà. Sinceramente, sei mia madre o cosa?- borbottò seguendo la donna all'interno della casa, si liberò degli scarponcini saltando alternativamente sui piedi per non cadere. - Certo che sono tua madre, da chi credi aver preso il tuo lato migliore, eh?, da quella cosa inutile di tuo padre no di certo.- Tsk, se è inutile perchè è sempre lui a vietarmi o permettermi le cose?- Perchè è divertente.- si scrollò nelle spalle - E anche io ti vieto o permetto le cose, sei tu che, comunque, corri sempre da tuo padre quando io ti dico di no.Ecco, ora si sentiva una mocciosa. Sbuffò e incrociò le braccia al petto - Questo perchè... perchè...- arricciò il labbro inferiore, incapace di continuare. Temari la guardò oltre la spalla, un ghigno divertito sulle labbra - Perchè sono la mamma migliore del mondo.La ragazza incassò la testa nelle spalle, arrossendo furiosamente e, sentendo la risata di sua madre, s'imbronciò ancora di più - Vado a mangiare.- Attenta a non inciampare sulla tua stessa lingua.Che seccatura. Era quasi arrivata sulla soglia del salone, quando il rumore assordante le colpì le orecchie e 58 capì per quale motivo Murasakimaru non aveva osato entrare in casa. Sbarrò gli occhi, completamente sconvolta dalla quantità di voci che sentiva, i toni si accavallavano formando un'armonia orribile e, con un passo indietro, decise che era meglio andare a farsi una doccia, nella speranza che, quando ne fosse uscita, se ne fossero tutti andati a casa. - Non ci sperare.- disse sua madre con un piccolo sbuffò - Quell'idiota di Akimichi s'è messo in testa di fare una grigliata.Aprì e chiuse la bocca, deglutì quando la risata sguaiata dell'Uzumaki le raggiunse - Pe... perchè?La donna si scrollò nelle spalle, gli occhi verdi mandavano lampi di indignazione - Si festeggia l'anniversario dell'indecenza, a quanto pare.- Eh?Sua madre gesticolò con una mano - Ovvero: il primo giorno in cui, tuo padre e l'Akimichi, hanno condiviso la culla con solo il pannolino addosso.Aiko gonfiò le guance, ma cercò di trattenere la risata e si limitò a sghignazzare nella stessa identica maniera di Temari, la quale roteò gli occhi al soffitto, molto probabilmente chiedendosi il motivo che l'aveva spinta a sposarsi con il crybaby - Sembra una... cosa divertente.- E non hai ancora visto le foto.- ghignò. - Allora... forse è meglio...- trattenne ancora le risate - Che m'infilo nella doccia...- Se. E non affogare.- le strinse la punta del naso tra le dita e la mosse a destra e sinistra, mentre Aiko rischiava di morire asfissiata. Shikamaru guardò il soffitto bianco della macelleria, l'odore di carne cruda gli aveva fatto perdere la sensibilità al naso e, con uno sguardo che scocciato era dire poco, guardò il suo migliore amico che ciarlava di costolette di maiale e salsiccia con l'uomo dietro il bancone. Sinceramente, cos'è che si doveva festeggiare?, quello era il suo giorno libero dopo una lunga, lunghissima settimana di sfacchinamenti vari ed eventuali, visto che Naruto si era messo in testa di farlo lavorare non-stop per quanto riguardava fascicoli, rapporti e coordinamento delle nuove squadre. In verità, Shikamaru doveva lavorare insieme a quel buontempone di Kakashi, ma era palese che il cavaliere mascherato si era fatto vivo si e no tre volte in tutta quella settimana, giustificandosi con balle altamente impossibili (come l'atterraggio di una navicella spaziale nel cortile di casa sua che aveva disgraziatamente rovinato i cespugli a cui, oh!, teneva così tanto; oppure dicendo di essere stato disgraziatamente rapito dal fantasma libertino di Jiraya, il quale l'aveva portato alle terme per spiare le donne e altre cose così). Shikamaru, quindi, oltre a doversi sorbire ore ed ore di scartoffie, aveva stoicamente accettato il fatto che il suo collaboratore fosse inaffidabile, almeno per quanto riguardava il lavoro dietro la scrivania. Il solo pensare che Naruto aveva voluto Kakashi come suo secondo, mandava i neuroni del Nara in pappa. Gli ultimi due giorni, fortunatamente, l'Uchiha, mosso a pietà, si era praticamente offerto di aiutarlo, il che era già una cosa impossibile e che trasgrediva ad almeno otto regole dell'universo. In seguito, si era venuto a sapere che l'Uchiha si stava deliberatamente nascondendo dalla dolce consorte, incazzata nera per non si sapeva che cosa (l'Uchiha aveva avuto la brillantissima idea di litigare con il suocero). Inutile dire cosa Shikamaru avesse intenzione di fare, durante il suo sacrosanto giorno libero: dormire, dormire, dormire come un orso in letargo. Ma no!, perchè Choji aveva avuto la bellissma idea di festeggiare il loro anniversario. Anniversario!, neanche lui e Temari festeggiavano l'anniversario (e non era vero, perchè lo festeggiavano, non con le costolette di maiale e, di sicuro, non stavano in piedi durante i festeggiamenti - ma a volte capitava, doveva ammetterlo). 59 - Secondo te, sei kg di carne sono pochi?Sbattè gli occhi più volte, si fece due conti mentali e, sapendo che almeno quattro kg se li mangiava tutti Choji, concluse che si, erano pochi. L'omone che aveva posto la nefasta domanda sorrise e, voltandosi verso l'altro uomo dietro il bancone, aprì tutte e due le mani. Il macellaio strabuzzò gli occhi - Dieci?- Choji annuì - Dieci kg di carne?- ridisse, sperando che il suo cliente stesse scherzando. - Si!, dieci kg di carne. Sa, siamo tanti stasera e non vorremmo restarne senza. Mia moglie è pure incinta, ah! Metta anche due petti di pollo, così non dice che a lei non ci penso... e, a che c'è, anche un po' di tritato, così Temari fa le polpette, che come le fa lei non le fa nessuno e anche...Shikamaru buttò la testa all'indietro, si coprì gli occhi con le mani e allungò le gambe: sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata. Uscì dal bagno già vestita, i capelli coperti da un asciugamano blu scuro e il viso arrossato dall'acqua calda. Ciabattò nel corridoio e si trovò davanti suo fratello, i capelli legati in una coda bassa, ma disordinati come al solito. Il piercing sul suo sopracciglio sinistro si mosse appena, quando la vide - Hey!- Uhn.- rispose, continuando a frizionarsi i capelli - Il bagno è libero.- Tranquilla, mi sono lavato prima di te.- la guardò attentamente e lei inarcò il suo nuovo sopracciglio - Aaah, certo. Estetista?Aiko roteò gli occhi al soffitto - Fai una battuta e ti depallo.Lui ridacchiò - Sono salito a prendere le sigarette, perchè non scendi?- Ora?, nah, scendo quando arriva papà.- suo fratello si scrollò nelle spalle e prese le scale. Aiko sospirò e, una mano sull'asciugamano, aprì la porta di camera sua, certa di potersi fare un pisolino, visto che conosceva lo zio Choji e sapeva che era impossibile per lui sbrigarsi quando si parlava di cibo. Ma le sue aspettative vennero tragicamente smontate quando vide un suo compagno di squadra, quel compagno di squadra, spaparanzato sul suo letto, un suo libro tra le mani. Era un film horror, una cosa orribile&terribile. Che cazzo ci faceva lui, in camera sua? - Prima che la tua testa prenda fuoco, bakaiko, non ho toccato niente a parte il tuo letto e questo libro.- Uchiha...- sibilò chiudendo la porta con un calcio - Che ci fai tu qui?Gli occhi neri del coetaneo la guardarono pieni di sarcasmo - Mi rilasso?- Rilassati da un'altra parte, magari su un palo della luce...Uchiha Ryuichi aveva la sua stessa età e avevano frequentato l'accademia insieme, sempre a litigare. Al loro ultimo anno, quel sadico di Iruka li aveva messi nella stessa squadra, anche se Aiko sapeva che c'era lo zampino dell'Hokage, in mezzo (allora era Tsunade-hime, e Tsunade-hime aveva un senso dell'humor tutto particolare). Il fatto che non si sopportassero a vicenda, divertiva da morire l'altro compagno di squadra, Chojiro Akimichi (perchè le tradizioni son dure a morire). Aiko guardò Ryuichi, Ryuichi continuò a leggere - Vattene. Via.- Ma anche no.- fece quello, molleggiandosi un po' sul letto all'occidentale - E' comodo.- Ti ammazzo.Sollevò ironicamente un angolo della bocca - Ti piacerebbe.Aiko sospirò pesantemente e camminò verso il compagno di squadra, lo sguardo temarinesco avrebbe spaventato un leone affamato, ma gli Uchiha erano delle personcine tutte particolari e dedite allo scazzamento altrui, quindi il ragazzo non si stupì quando il libro che teneva in mano gli venne violentemente a mancare. Ryuichi sollevò lo sguardo su di lei - Resterai zitella a vita.- Almeno io non sono impotente.- sibilò in risposta, sistemò il libro sul suo posto legittimo e 60 incrociò le braccia al petto, battendo la punta del piede sul pavimento, le sopracciglia profondamente inarcate. L'Uchiha sghignazzò e sollevò i fianchi - Vuoi vedere?- Sparisci.- Eeh, poi non dire che nessuno ci prova e che nessuno ti vuole, però.Aiko sentì la rabbia montarle dentro lo stomaco - Non l'ho mai detto.- ringhiò. - Ma lo pensi ogni volta che una tua amica esce con qualcuno.- E da quando, di grazia, riesci a leggere le menti delle persone?, non sei neanche capace di fare due più due senza la calcolatrice.- e aveva appena detto una balla colossale, visto che Ryuichi era uno dei ragazzi più intelligenti diplomatisi all'accademia durante il loro anno, ma non poteva certo restare zitta e tranquilla di fronte una delle sue provocazioni! Sarebbe stato uno smacco al suo orgoglio e lei ci teneva, al suo orgoglio. Certo, non si poteva dire che il più piccolo (e caustico) degli Uchiha fosse brutto (e come poteva, con un padre che era praticamente un porno che camminava?), ma Aiko non lo sopportava soprattutto per quello. Perchè Ryuichi dava per scontanto il fatto che chiunque l'avrebbe seguito, in qualsivoglia circostanza, perchè era sempre stato circondato da ammiratrici assatanate che superavano anche quelle dei suoi fratelli. Per lui era una cosa normale, e Aiko non lo sopportava. Il moro si portò le mani sulla nuca e incrociò le caviglie, il ghigno non era ancora scomparso dalle sue labbra (Aiko avrebbe voluto strapparglielo con la ceretta) quando parlò - Sei una perdente.- Asino che dice cornuto al toro...- roteò gli occhi al soffitto e spostò il peso dalla gamba sinistra, alla destra - Adesso che hai espresso te stesso, puoi andare via?- Nah, è comodo...- Dannazione, Uchiha!- ringhiò sbattendo un piede - Devo sopportarti tutti i santissimi giorni e questa è camera mia e io deciso chi o cosa può entrare e tu... tu perchè non vai a martoriare l'animo a qualche animale o cosa?!Quello non sembrò minimamente colpito da quello scoppio d'ira, anzi. La guardò piuttosto divertito, la stava prendendo per il culo! Aiko sentì la voglia di uccidere farsi impellente e aprì la bocca per avvertirlo di quanto male gli avrebbe fatto da li a pochi minuti, quando la testa di suo fratello fece capolino dalla porta. Shirai guardò prima il volto paonazzo di sua sorella e poi il ragazzo tranquillamente spaparanzato sul letto di quest'ultima. Inarcò profondamente il sopracciglio sinistro, con la mano stava cercando i kunai, ma non li aveva. Cosa ci faceva Uchiha-malefico junior nella camera di sua sorella? Corrugò la fronte e poi decise di lasciar perdere visto che sua sorella sapeva cavarsela anche da sola (e, lui lo sapeva, se Aiko avesse avuto bisogno di un kunai in più gliel'avrebbe di certo detto senza troppe paranoie). - E' arrivato papà,- guardò il ragazzo - e il malefico ti vuole immediatamente al suo cospetto.- ed era una mezza verità, visto che Sasuke-malefico l'aveva veramente chiesto (le esatte parole erano state: "Dov'è mio figlio?", Shirai aveva pensato che, nella domanda, vi fosse l'ordine preciso&conciso di trascinare suo figlio al suo cospetto, e non aveva tutti i torti. Li capiva bene, lui, gli Uchiha). Shirai stette un attimo immobile, quando sua sorella riprese a respirare e gli fece cenno di aver afferrato il concetto, scoccò un'occhiata seccata a Ryuichi e si defilò. Il ragazzo si alzò dal letto e si rassettò i pinocchietti scuri, senza dire una parola arrivò alla porta, ma, prima di aprirla, si girò verso di lei con ancora quel ghigno insopportabile stampato in faccia - Giusto perchè tu lo sappia: non te lo farei mai vedere.- e si riferiva alla sua, tristissima, battuta. La guardò da capo a piedi e inarcò un sopracciglio - Tu sei... un maschio con i capelli 61 lunghi.Aiko non rispose, lo guardò con rabbia e sdegno e aspettò che lui chiudesse la porta, prima di abbassare testa e spalle. Chiuse le mani a pugno, un distinto e fastidioso bruciore agli occhi. Si disse che era il fresco che li aveva infiammati e, passandosi entrambe le mani sui capelli umidi, pensò che era quello il principale motivo del suo odio verso l'Uchiha. Perchè lui colpiva sempre dove faceva più male. Iniziò a tagliare i pomodori subito dopo aver messo le patate nel forno, dal giardino provenivano le voci dei loro ospiti, tanti ospiti e tanti marmocchi. L'ultimo di casa Uzumaki si era addormentato sul divano subito dopo aver mangiato, perchè, da che mondo e mondo, i bambini mangiavano sempre prima solo per levarseli di torno il più in fretta possibile. Purtroppo, questo non si poteva fare con quelli più grandi di otto anni e in quel momento l'età media era di quattordici. Temari guardò il pomodoro che aveva tra le dita e, con un sospiro, riprese a tagliarlo. - Che seccatura.-, la donna neanche lo guardò e continuò a lavorare di polso sul pomodoro Dov'è il sale?- C'è l'aveva tuo figlio, s'è messo in testa di purificare gli Uchiha.Shikamaru appoggiò un fianco al bancone della cucina, proprio accanto a lei, e la osservò mentre tagliava meticolosamente quella cosa immonda che i più chiamavano pomodori Insalata?, chi è morto?Temari lo guardò appena - l'Uchiha e l'Uzumaki sono a dieta.- Mh.- ... e dovresti farla anche tu.- continuò buttando uno sguardo al ventre dell'uomo - Hai dei rotolini...- Più belli dei tuoi.- replicò circondandole il collo con un braccio - Io non mi lamento, anche se sei pesante quando stai sopra.- ricevette una gomitata e le sghignazzò sulla guancia. - Dillo di nuovo e non la vedi più, crybaby.- Ne parli come se fosse la cosa più bella del mondo...- bofonchiò, respirando l'odore dei suoi capelli, affondando il naso sulla sua tempia. Temari si rilassò all'istante e lasciò perdere il dannato pomodoro - Shika...- Ciao.- fece lui, appoggiò le reni al bancone, divaricò le gambe e la sistemò in mezzo, le mani sui suoi fianchi, il volto affondato nel suo collo. - Shika...- l'avvertì allontanando un po' il collo, ma lui la riprese stringendo una mano sulla sua nuca, lei sbuffò - Dovrebbero chiamarti allupato mannaro, accidenti a te.- Mhmmh, Ai?- Non l'ho vista scendere.Shikamaru strofinò il naso nell'incavo del suo collo e respirò - Vado a riprenderla.- Mi sembra proprio il caso.Le morse la pelle sensibile sotto l'orecchio - Tanto ti lego al letto, stanotte.- disse, accarezzandole ancora un po' i fianchi, prima di lasciarla andare. Temari inarcò un sopracciglio, le guace arrossate - Ti piacerebbe.- Anche a te.- Voi due mi preoccupate.- Oh, qual buon vento?- sbottò la donna, voltandosi di tre quarti verso la figlia. Aiko si grattò il collo e deviò il suo sguardo da quello della madre - Ho sistemato l'armadio.Shikamaru e Temari batterono ciglio più volte, Aiko li guardò altamente imbarazzata e, capendo che era meglio sparire, corse in giardino dov'erano gli altri, l'espressione terrorizzata sul volto. La donna inarcò profondamente un sopracciglio, Shikamaru abbassò tragicamente le spalle 62 - 'azzo le è successo?- ringhiò osservando la moglie, la quale non aveva la minima idea di quello che fosse successo alla figlia. - Avrà litigato con qualcuno, no?L'uomo la guardò fissa - E chi?Temari sghignazzò - Non ne ho la più pallida idea.- e aveva un'espressione così innocente in volto, che Shikamaru non le credette neanche per un secondo. Le donne erano tremende. - Prendi la costoletta.- No zio, non mi va, sono piena...- Prendi. La. Costoletta!- gli occhi corrucciati di zio Choji facevano sentire in colpa chiunque e Aiko non era l'eccezione che confermava la regola, con un sospiro prese la costoletta dalle enormi mani del suo adorato(e adottato) zio e, tanto per farlo contento, staccò un po' di carne con le dita e se lo portò in bocca. Choji sorrise e le scompigliò i capelli, trascinandosela contro per torturarla a suo modo - Sei un manichino!- sbottò pizzicandole le braccia - Devi mettere su qualche kg, se non vuoi sembrare un manico di scopa.E, ovviamente, si riferiva anche al suo seno (seno?, quale seno?) che faticava a crescere, eppure i geni della mamma non erano così scarsi, in quel frangente. Aiko sorrise appena, pensando che, anche se puzzava di fumo e anche se la circonferenza del suo corpo era veramente esagerata, era veramente bello abbracciarlo. E a lei piaceva veramente tanto abbracciare le persone, testimoni suo fratello, suo padre e Murasakimaru. - Dov'è Chojiro?- Mah, l'ho visto otto costolette fa...- borbottò l'omone, ritornando a prestare attenzione alla sua adorata carne - Se lo vedi, digli che se ha ancora fame è meglio se si sbriga.Lei roteò gli occhi al cielo, limpido e pieno di stelle. Si allontanò, notando che il giardino cambiava completamente, quando c'erano tutte quelle persone ad occuparlo. Kin e Murasakimaru si erano strategicamente appostati vicino al tavolino che sorreggeva le bevande analcoliche, visto che i minori di diciotto anni, a casa sua, potevano bere solo acqua (naturale o gassata), tè (obbligatoriamente preparato dalla mamma, visto che Shirai, a sedici anni, aveva ben pensato di correggerlo un tantino con la vodka - stupido fratello) e tutte le altre cose prive di qualsiasi tipo di alcol o caffeina (neanche il caffè, nono). Si avvicinò a lei, osservando i suoi capelli corti sulla nuca e quelle poche ciocche castane che le ricadevano sulla fronte. Kin aveva provato a portare i capelli lunghi, ma non era una cosa per lei. Se li era pure tagliati da sola, chiudendosi in bagno tutta la notte una sera che Aiko era rimasta a dormire; lei si era addormentata nella vasca da bagno e la mattina aveva trovato l'amica con i capelli cortissimi e un sorriso impertinente sulla bocca. Hana, la madre di Kin, era quasi morta d'infarto non appena aveva visto cosa aveva fatto suo figlia. La reazione di suo padre (un ninja medico specializzato in chirurgia toracica) era stata, in ordine cronologico: fissare la figlia da capo a piedi, bere un po' di caffè, inarcare un sopracciglio e dire che, forse, il lato destro era più lungo del sinistro. Dannata distorsione professionale. - Hey!- ululò l'Inuzuka, non appena Aiko le fu davanti - Kami!, non ti fai vedere da una vita!- Missioni e cose del genere.- le si sedette accanto, la costoletta dimenticata tra le sue mani venne ceduta sentitamente a Murasakimaru. - Se, se. Missioni un cazzo!- le circondò il collo con il braccio - Sei una dannata pigrona!- Perchè devo venire sempre io, mh?- replicò la giovane Nara, inarcando un sopracciglio e facendo arrossire l'altra - Solo perchè ti piace mio fratello...- la sua bocca venne tappata dalla mano dell'altra prima che potesse terminare la sua fantastica frase sarcastica. 63 Kin le scoccò un'occhiataccia - Non lo dire e non fare quell'espressione. A me, tuo fratello, non fa nessun tipo d'effetto.- le liberò la bocca mentre Murasakimaru accucciava l'enorme testa tra le zampe e socchiudeva gli occhi. Sembrava sghignazzare. - Comunque,- fece Aiko, roteando gli occhi al cielo - settimana prossima ho un sacco di missioni.- incassò la testa nelle spalle, mentre Kin appoggiava la testa nelle braccia incrociate sulle ginocchia - Due molto fuori Konoha.Kin socchiuse le palpebre - Livello A?Si scrollò nelle spalle - Dicono che non siamo ancora pronti per quelle di livello S, una seccatura in meno; non ci tengo a morire a questa età.- Bè, prima o poi capiterà...- Se capiterà verrò da te e mi farò rompere un braccio, così non ci vado.Kin corrugò la fronte - Non ti facevo così codarda.- il suo cane rizzò le orecchie e Kin affondò una mano sul folto pelo dell'animale, tranquillizzandolo. - Non sono codarda, non ho paura di farmi male o cosa,- prese un profondo respiro - le missioni di livello S richiedono tempo e io non sono mai stata lontana da qui per più di due settimane.- sbadigliò rumorosamente - Non so come potrebbero reagire i miei neuroni, sotto pressione e la cosa non mi piace.Kin la guardò attentamente, poi sorrise - Siete troppo diversi.- Eh?- strabuzzò gli occhi all'improvviso cambio di argomento. Di che stavano parlando adesso? - Tu e Shirai, dico.Aaaah, certo. E a lei, suo fratello, non faceva nessun effetto, mh?, Aiko scosse la testa e decise che voleva studiare - Davvero?- Uhn, si.- accarezzò la testa del cane, uno sguardo docile - Cioè, tu pensi.- Anche quello stupido pensa.- considerò - E non è neanche tanto stupido, non sono ancora riuscita a batterlo a shogi, quel disfattista...- disse tra i denti, risentita. - Nel senso...- sghignazzò - tu ci perdi del tempo, a studiare cose e persone, lui sembra... più sciolto.Aiko non ci aveva mai fatto caso, per lei suo fratello era suo fratello e lo conosceva, quindi quando una persona evidenziava un solo aspetto del suo carattere si trovava un tantino in difficoltà. Perchè, secondo lei, non si potevano classificare le persone in base ad un singolo particolare; le persone si dovevano studiare in toto e nel loro ambiente naturale, altrimenti era come esaminare un calamaro dentro la tana di una volpe. Era vero che lei e suo fratello avevano delle differenze, perchè Shirai era un minestrone tra sua madre e suo padre, c'erano le volte in cui era più Nara e volte in cui era tutto Temari. Lei, da suo padre, aveva preso solo l'abilità di esaminare velocemente le cose e di studiare, altrettanto velocemente, una strategia per non restare schiacciata da esse. Il resto del suo carattere era il risultato della convivenza con sua madre, suo padre e suo fratello, anche se ammetteva di essere molto vicina al carattere calmo di sua madre (quando non c'erano Uchiha attorno). Ma era una che sapeva adattarsi, altrimenti non sarebbe riuscita a sopravvivere senza uscirne pazza. Reclinò il capo indietro, guardò le stelle e il cielo scuro - Non lo conosci così bene, mio fratello.- Mh?Sollevò un angolo della bocca - L'hai mai visto, che so, triste o arrabbiato?- la guardò seriamente - Hai mai pensato che...- scosse la testa - Lascia stare.- Cos'è, un rimprovero?- replicò l'Inuzuka, il collo rigido. - No,- scosse di nuovo la testa - non ne ho motivo.- E allora che volevi dire con "Hai mai pensato che..."?- le fece il verso, non riuscendoci. Arricciò il labbro inferiore - Non lo so neanche io, sai? Chissà cosa volevo dirti...A Kin caddero le braccia - Sei più strana dell'Hokage.64 - Adesso non essere offensiva, per cortesia.- bofonchiò la giovane Nara. Si guardarono e scoppiarono a ridere, Murasakimaru le guardò con la lingua di fuori, prese a scodinzolare. Cinque minuti dopo, Shirai raccattò la sorella per le orecchie, bofonchiando di ossa che si vedevano e salsiccia arrostita, Aiko si lasciò trasportare, annoiata a morte e quasi sbadigliò in faccia a suo padre quando l'uomo le piantò un piatto di plastica ricolmo di carne tra le mani - Mangia.- le disse, un forchettone nella mano sinistra che, in quel momento, sembrava molto minaccioso. - Non ho fame, pà, non scassare...- Vado a prendere l'imbuto?- replicò quello, un sopracciglio inarcato. Lei sbuffò - Che seccatura...- alzò gli occhi e si ritrovò a guardarne un altro paio. Scuri, ghignanti, che la stavano di nuovo sminuendo. Arricciò il labbro inferiore mentre gli occhi si inumidivano di nuovo e distolse lo sguardo, abbassandolo sui piedi di suo padre che, per contro, intercettò gli occhi dell'Uchiha. Corrugò la fronte, guardando la figlia con un filino di preoccupazione - Devi dirmi qualcosa?- Vado dalla mamma.Subito dopo, Shirai affiancò il padre, le braccia toniche incrociate al petto - Facciamo così pà, prendi questo forchettone e ci infilzi i malefici in fila, poi li diamo a zio Choji e se la vede lui!- Certo che quando ti ci metti ne dici di cazzate...Era sera, sera tardi e il giardino era tornato vuoto. Aiko se ne stava seduta su una sedia lasciata fuori, le gambe divaricate e una bottiglia di limonata tra le mani, gli occhi erano puntati sul cielo scuro e non si muovevano da lì da più di dieci minuti. I piedi nudi pigiavano sui ciottoli, qualche volta li muoveva per non farli intorpidire. L'aria era fresca; le piaceva stare così, di sera. - Ai...Non si mosse neanche alla voce di sua madre che, trascinando una sedia con sè, si sistemò accanto a lei, piegandosi sul busto, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il volto girato verso di lei. - L'estetista ha fatto così male?- Non scassare, mà.- bisbigliò, guardando come il bagliore latteo delle stelle si confondeva con il nero del cielo. Era una cosa meravigliosa, la rilassava, la faceva sentire in pace col mondo e con se stessa. Sapere che ovunque il cielo è uguale, che piova o ci sia il sole, era un pensiero bellissimo che non poteva essere sminuito da niente. Si stupiva quando la gente le chiedeva perchè le piacesse il cielo, non era normale amare quella distesa inconsistente? C'era ma non c'era, era un limite che solo in pochi riuscivano ad oltrepassare. Quanti uomini avevano desiderato stare lì in mezzo, volare alto? A lei sarebbe piaciuto, solo che lei non sarebbe più voluta scendere. Sospirò, distogliendo finalmente lo sguardo - Non ha fatto tanto male.- Giusto perchè tu lo sappia, non sarà l'ultima volta che ci andrai...- fece Temari, un ghigno impertinente sulle labbra. - Giusto perchè anche tu lo sappia: farti odiare da tua figlia non porterà belle cose.- replicò con una smorfia alla Nara di cui suo padre e suo nonno sarebbero stati certamente orgogliosi - Perchè ti impunti?Temari aspettò un attimo prima di rispondere, come se fosse in un certo qual modo difficile trovare una risposta giusta - Io non ho un istinto materno degno di essere definito tale, Ai,65 disse con voce tranquilla - ma questo non significa che non lo posseggo. Mandarti dall'estetista, negarti le cose e permetterti altre, sono tutte cose che so fare. Quindi non brontolare se non ti piace, dimmelo in faccia e ne parliamo.Aiko fece una smorfia - E' che non mi piace essere sbattuta in giro.- Seriamente Ai...- Sono seria, non m'importa essere... carina o qualunque cosa sia, non lo voglio essere. Sono un ninja, non mi serve essere carina!E sua madre la guardò in faccia - Abbiamo un bel problema qui...- Non farti i film...- gemette buttando la testa indietro. - Che ti ha detto?E Aiko s'irrigidì. Delle cose che non sopportava di sua madre, quella era la peggiore di tutte. Il fatto che riuscisse a capire sempre e comunque cosa non andava o se aveva litigato o se aveva fatto a botte o se aveva voglia di piangere, sua madre lo sapeva sempre prima. E diceva di non avere l'istinto materno? Stronzate! - Niente.- sviò, arrossendo furiosamente. E Temari sghignazzò com'era solita fare nei momenti peggiori - Facciamo che, se me lo dici, da domani il tè te lo fai da sola.Inarcò un sopracciglio, guardando sua madre con la coda dell'occhio - E il caffè la domenica.- Andata.Sospirò - Ha detto che sono un maschio con i capelli lunghi e ci può anche stare perchè, dai!, mi vedi no?- e s'indicò - Niente tette, piatta come una tavola da surf, per non parlare del sedere!- respirò profondamente - E' che non mi piace essere giudicata per il mio aspetto e lui me lo sbatte sempre in faccia, sai cosa voglio dire no? Quando sai che vali più di un suo dito indice, però non riesci a dimostrarlo quando se ne esce con certe frasi. Non sembrerò una ragazza, ma lo sono...- bofonchiò infine. - E il problema è tutto qui?- ricevette un'occhiataccia in risposta, così ridacchiò e si rilassò sulla sedia - Le tette cresceranno, Ai e non hai un brutto sedere, hai detto che non ti piace essere giudicata per l'aspetto,- si scrollò nelle spalle - fottitene.Incassò la testa nelle spalle. Sua madre aveva ragione, dannatamente ragione e ce l'aveva sempre. - E' che l'Uchiha ti piace!Sbarrò tanto così gli occhi, la bottiglia le cadde dalle mani e sentì la sua testa prendere fuoco - No... non... no!- Oh, si.- Ti sbagli!- ululò, fosforescente dall'imbarazzo. Temari sbuffò e scoprì i denti - Dicevo anch'io così per tuo padre.Stettero in silenzio, una troppo sconvolta per parlare, l'altra, se avesse di nuovo aperto bocca, sarebbe scoppiata a ridere e non si sarebbe più fermata. Aiko mosse i piedi sui ciottoli, si morse il labbro inferiore e adocchiò sua madre - Non lo dici a Shirai, ne?- No.- E neanche a papà.Corrugò la fronte, pensando che Shikamaru forse l'aveva già capito, ma meglio non gettare benzina sul fuoco - No.E Aiko si lasciò andare ad una risata quasi isterica - Lo odio, lo detesto, lo voglio morto, impiccato, legato come un salame e buttato giù da un ponte. Lo odioodioodio!Che aveva detto riguardo il carattere calmo di suo padre? Ah, giusto:non gli somigliava per niente. 66 Capitolo 10: Concern - Don't do it anymore... Suo figlio non era ancora rientrato. Esco un attimo, tempo due ore e torno. Un attimo 'sto cazzo! Si che aveva diciassette anni, si che ormai era più alto di lei e riusciva a sollevarla da terra con un braccio solo, ma questo non significava che poteva prenderla per il culo. Shikamaru, steso sul tatami, sfumacchiava alla faccia sua, i capelli scompostamente legati; Temari non riusciva neanche a guardarlo senza provare un impellente bisogno di ucciderlo, appenderlo a testa in giu e ucciderlo di nuovo e continuare all'infinito. Perchè era tutta colpa dei suoi geni se Shirai era quello che era (e non era vero, visto che Shirai somigliava più a lei che a Shikamaru)! - Dove cazzo si è andato ad infilare?- Nelle mutande di qualcuno?- biascicò l'uomo, la sigaretta tra le labbra, Temari lo fulminò con lo sguardo e sbattè con violenza il bicchiere che teneva in mano sul tavolo, Shikamaru preso un respiro profondo - Mai sentito parlare di pazienza, seccatura?- Vuoi litigare?- sibilò lei, le palpebre pericolosamente assottigliate - No, perchè è tutta colpa tua se succedono cose come queste!La sigaretta si mosse appena quando lui strinse i denti sul filtro e tirò, per poi buttare fuori fumo e respiro - Seccatura...- E non chiamarmi seccatura, coglione!Shikamaru si tirò su a sedere, le braccia mollemente buttate in avanti, i polpacci scoperti si contrassero, mettendo ancora più in evidenza i muscoli che li modellavano - Diventa mio figlio solo quando fa cazzate...- bofonchiò allontanando la sigaretta dalle labbra - Lascialo vivere.- Tsè, sai dove arriveremo di questo passo?- Felici e contenti?- replicò con sarcasmo, alzandosi e sbadigliando sonorosamente - Vado a letto.- disse avvicinandosi a lei, che, rigida come una statua, lo trucidò con lo sguardo più trucidante che possedeva. Le passò una mano tra i capelli biondi, stando attento a non tirare troppo (perchè le donne erano pur sempre donne e si facevano male quando un uomo non moderava la forza), lei non si rilassò neanche per un momento - Vieni?- le chiese. E lei stette ferma, immobile contro le dita sui suoi capelli, che le massaggiavano la testa con movimenti quasi impercettibili, sentì un po' della tensione scivolare via, ma non era in vena di andare a letto, non con quel nodo nello stomaco - Lascia le sigarette.E, c'era da dire, quando Temari si metteva a fumare le cose erano due: 1) o era ubriaca e quindi impossibilitata a capire dov'era, chi era, che giorno era e tutte quelle belle domande esistenziali che ti colpiscono quando hai il sangue nell'alcol; 2) o era così incazzata da non riuscire ad incanalare la tensione da nessuna parte. Nel caso in cui era l'ultima ad avere la meglio, le cose erano tre: 1) Shikamaru avrebbe passato un orribile giornata; 2) era preoccupata, ma tanto preoccupata, molto preoccupata. Ma proprio assai; 3) Shirai. E non c'era bisogno di aggiungere nulla all'ultimo punto, visto che in quel nome stavano in allegria tutte le calamità del mondo. C'era da ammettere che gli adolescenti erano le creature più infime e pericolose sulla faccia della terra, e non solo perchè provocavano con una facilità assurda le ire dei propri genitori, ma anche per l'inconfutabile fatto che non avevano la ben che minima concezione del giusto 67 e dell'opposto; il che portava ad ore ed ore di patemi d'animo da parte dei loro genitori e affini, ramanzine al limite della decenza quando tornavano a casa (in ritardo) e punizioni di settimane o più indipendentemente dall'errore commesso (leggesi come: hai ritardato per due minuti, due settimane a casa; hai bevuto così tanto da non reggerti in piedi?, benissimo! Scordati la libertà di espressione per almeno tre mesi o più, e se ti lamenti, non vedrai mai più la luce dello strobo e del sole per il resto della tua infima vita). Gli adolescenti non avevano il senso della misura, e adolescenti lo siamo stati tutti, chi più e chi molto di più, quindi non c'era da stupirsi, se Shirai se ne stava coricato su uno scivolo, così ubriaco da far vomitare un sobrio e con un sorriso così storto che è meglio non dilungarsi su questo punto. Accanto a lui, in ordine di altezza, stavano Kyosuke Uchiha (quattordici anni di cristiano, alto quanto un albero secolare - era un'ingiustizia), il suo gemello (che nascondeva il gin dal Nara), Minato Uzumaki (che cercava invano di far alzare il compagno di squadra, gli occhi lattei mandavano scintille di rabbia a destra e a manca) e Mirai Morino (l'unica femmina e l'unica diciassettene oltre Shirai in quel gruppo di scoppiati). - Gli diamo una botta in testa, per cortesia?- sbottò lei, dopo l'ennesimo tentativo andato a male dell'Uzumaki, il quale le scoccò uno sguardo incazzoso e altamente infastidito, i capelli scuri, legati in una coda bassa ancora troppo corta per meritare il nome di 'coda', si mossero appena quando voltò stizzito il volto sul suo compagno di squadra moribondo. - Chiudi il becco, stronza.- replicò l'Uzumaki. La figlia di quel figuro tanto simpatico che era il torturatore di Konoha si scrollò indifferentemente nelle spalle - Guarda che alzandolo e abbassandolo ci rimetti solo tu.- E perchè?- Vomito?- fece sarcastica, sollevando un fine sopracciglio. Shirai ridacchiò, o almeno sembrò ridacchiare, mentre la sua testa cozzò di nuovo contro lo scivolo - Ha rrraaaggione 'ei.- masticò appena, continuando a ridacchiare. Minato inorridì e si allontanò di tre passi. - Botta in testa.L'Uzumaki si voltò verso l'Uchiha che aveva aperto bocca, ovvero Kyosuke - Tu lo ammazzi, altro che botta in testa!Quello roteò gli occhi al cielo scuro - Come ti pare.- Che cazzo di risposta è 'come ti pare'!? Ma ci provi gusto?Il degno erede di Sasuke Uchiha se la ghignò alla grande - Lo porti a casa tu, in braccio?Minato ammutolì. - Non per fare lo scassapalle, ma è tardi anche per noi, eh...In quel momento, Shirai decise che era cosa buona e giusta rimettere tutto l'alcol che aveva ingerito; Kyosuke lo guardò disgustato, il suo gemello si pizzicò teatralmente il naso mentre Mirai e l'Uzumaki continuarono ad osservare il loro (al secolo) compagno di squadra. Minato abbassò le spalle, troppo combattuto per muoversi di più - Botta in testa, ma appena finisce...Nessuno di loro si era immaginato che la signora Nara fosse ancora sveglia, per questo, quando Temari apparve davanti ai loro occhi, sigaretta accesa tra le labbra, sguardo omicida e kunai in mano, Minato rischiò un collasso. Ma Temari se ne strafotteva di quei ragazzini, la cosa che aveva attirato la sua attenzione era stata suo figlio, svenuto, sulla schiena dell'Uzumaki. Nel suo cervello scattarono così tanti meccanismi che nominarli era impossibile, men che meno descriverli. L'unico pensiero coerente era stato quello di ucciderli. Tutti. Strinse le dita sul kunai e assottigliò le palpebre - Dentro.- sibilò, la sigaretta si mosse, il cuore di Minato si fermò. 68 - Uscire di casa senza dire niente a nessuno, siete usciti dalla finestra!, avete la minima idea di che cosa mi è passato per la testa!? Vi sembra modo di comportarsi? E guardatemi in faccia quando vi parlo, Uchiha!Ryo e Kyosuke incassarono contemporaneamente la testa elle spalle e guardarono la loro genitrice - Scusa...- bisbigliarono insieme. Sakura diventò ancora più rossa - Scusa un cazzo! Siete in punizione!- Ma io ho solo nascosto la bottiglia!- protestò veementemente Ryo. Sakura lo ammazzò con lo sguardo - Doppiamente in punizione.- sibilò truce. - Non abbiamo mica ucciso qualcuno...- fece Kyosuke. - In punizione, per tre settimane. - Ma!- sbottarono entrambi. - Quattro!- sbraitò, gli occhi quasi fuori dalle orbite - E tu,- si voltò verso il marito - non provarci neanche a farli uscire senza il mio fottuto permesso, o è la volta buona che chiedo il divorzio!Sasuke la guardò impassibile - Hmpf.Naruto sospirò, Hinata lo guardò, Karen sbadigliò mentre Minato chiuse strettamente gli occhi - Sono in punizione?Suo padre si grattò la nuca - Bè, si.Minato chinò il capo - Per quanto?- E tu per quanto ci vuoi stare?- replicò Naruto. - Tu per quanto me la vuoi dare?- Tu per quanto puoi sopportare?- Insomma!- sbottò Karen - Due settimane, facciamo tre, più lavori forzati a casa, che c'è il rubinetto del bagno che perde!Naruto annuì - Concordo.Sua moglie lo guardò con la coda dell'occhio: sbagliava o Naruto aveva trovato il modo di riparare il rubinetto senza alzare un dito? Mirai non ottenne nessuna punizione, anzi. Suo padre sembrava piuttosto divertito. Aveva un mal di testa da buttarsi fuori dalla finestra a calci, il sapore orribile che aveva in bocca lo indusse a filare in bagno in cerca dello spazzolino da denti e del dentifricio, ma appena vi entrò, la nausea lo colse come un pugno in pieno stomaco. Si chinò sulla tazza del water, sentendosi il cervello pulsare contro il cranio, lo stomaco sottosopra e tutti i muscoli indolenziti. Respirò pesantemente dalla bocca, gli occhi gli lacrimavano e ci vedeva appannato. Alzò un braccio per strofinarlo sulla fronte e si rese conto di quanto i suoi movimenti fossero goffi e provocassero una specie di disturbo a tutti i muscoli del suo corpo. In poche parole: postumi da sbornia abbastanza pesante. Sentì un rumore e voltò la testa, solo per trovare suo padre, lo sguardo altamente scocciato, un piatto enorme con... era frutta quella? Lui non mangiava frutta, lui la detestava, la frutta. Che schifo, la frutta. - Uhn...- Lavati i denti, coglione, io sono qui,- e indicò la stanza di suo figlio, si voltò e prima di 69 uscire definitivamente dal bagno, lo guardò da sopra la spalla - solo a scopo informativo:sei in punizione.Shirai fece appena in tempo a registrare le ultima parola che un nuovo attacco di nausea lo colpì. - Mangia.- Non... non mi piace la frutta.- bofonchiò buttandosi sul suo letto, dove stava anche suo padre. Shikamaru lo guardò, una sigaretta spenta tra le dita, indicò la frutta con un movimento leggero del polso - Mangiala.Il ragazzo deglutì e guardò il piatto enorme che gli stava davanti con occhi lucidi e sconsolati - Non posso bere un caffè amaro come fanno tutti?Shikamaru prese un profondo respiro - Perchè non lo chiedi al tuo stomaco?, quanto vuoi vomitare, eh, Shirai?Lui incassò la testa nelle spalle e afferrò una mela già sbucciata - Il caffè non aiuta*?- No.- disse soltanto - E' una leggenda metropolitana.- Shirai mordicchiò la mela e quando il padre lo guardò con la fronte corrugata si decise a strappare un grosso morso - Perchè?Shikamaru non aveva mai pensato che, un giorno, si sarebbe ritrovato a gestire una situazione del genere. Credeva di essere stato chiaro riguardo il consumo di alcolici e credeva che suo figlio fosse più furbo e intelligente di quello che, adesso, si trovava davanti. Lui non era un santo, sapeva cosa significava sbronzarsi e sapeva cosa significava affrontare i postumi, ma c'era sempre stato un motivo per bere, e non l'aveva fatto più di tre volte. Certo, sapeva che il desiderio di risolvere i problemi con l'alcol non portava da nessuna parte (e, a volte, non si tornava neanche più a casa), ma quando si hanno sedici/diciassette anni non si capisce a cosa si va incontro. Potevano succedere un casino di cose, mentre si era sbronzi. Quanti ragazzi erano finiti in ospedale in coma etilico?, e quanti non erano stati soccorsi in tempo? Suo figlio sapeva cosa significava avere il tre per mille di etanolo nel sangue? Shikamaru scosse lievemente la testa, cercando di cacciare via quei pensieri dal suo cervello. Non era successo quello, fortunatamente, ma ciò non toglieva che suo figlio era uscito di casa con l'intenzione di farsi stare una merda. Non gli andava bene. Shirai masticò un altro pezzo di mela e inghiottì senza guardare il padre in faccia - Non lo so.E Shikamaru annuì, prima di dargli un pugno così forte in testa che Shirai sentì il suo cervello uscire fuori dalle orecchie - Fallo di nuovo e ti spezzo tutte le ossa. Tua madre è rimasta sveglia tutta la fottutissima notte ad aspettarti e non credere che io abbia dormito, perchè non l'ho fatto.- e le occhiaie parlavano per lui - Non puoi fare di testa tua, non puoi ridurti così per un motivo che neanche conosci.Shirai si morse, colpevole, il labbro inferiore e abbassò la mela - Hai ragione.- Non pensare di fregarmi, non sono un tuo amico.- sibilò, gettandogli uno sguardo così deluso che Shirai si sentì la terra mancare da sotto i piedi - C'è un motivo per il quale abbiamo uno stomaco e un fegato, e non hai nessun diritto di distruggerli. E non venirmi a dire che quello,- e indicò rabbiosamente il figlio - è il tuo corpo, perchè ci sono anche io lì dentro.- Scusami.- bisbigliò, gli occhi lucidi di lacrime - Non volevo... farvi star male, sul serio non...- si bloccò e chiuse strettamente gli occhi - mi dispiace, papà.Shikamaru prese un silenzioso, ma profondo, respiro e incrociò le gambe sul letto - Mangia 'sta cazzo di frutta.Temari non si era mai sentita così stanca in vita sua, neanche il bagno era riuscito a 70 rilassarla un po', per questo si buttò sul letto subito dopo essersi infilata una maglietta larga di Shikamaru che le arrivava dieci dita sopra le ginocchia. Sbattè le palpebre pesanti, eppure non aveva sonno. La preoccupazione circolava ancora nelle sue vene, più amara dell'amaro stesso, così totalizzante che faticava a ricordarsi le cose basilari. Shikamaru la trovò così, distesa sul letto, le mani che coprivano gli occhi e il petto che si alzava ad abbassava veloce. - Come sta?- chiese Temari, la voce appena udibile talmente era fiacca. - Come vuoi che stia, Tem?Lei deglutì amaro - Vorrei picchiarlo così forte che, cazzo!, lo ucciderei...Shikamaru si sedette sul letto - Mh.- Che c'è?!- Sono cose che capitano...Temari tolse le mani da sopra gli occhi e si alzò sui gomiti, guardandolo come se gli fossero spuntate delle antennine fosforescenti sulla testa - Oh, non ci provare Shika.- disse tra i denti stretti - Non osare difenderlo!Shikamaru incassò il colpo stoicamente, conscio che quello che stava facendo non era la soluzione migliore, ma aveva guardato Shirai negli occhi, lui conosceva suo figlio e sapeva che era davvero dispiaciuto - Non lo difendo, dico che sono cose che capitano, le ho fatte io come le hai fatte tu.Lei si alzò furente - Io non sono mai uscita di casa con la precisa intenzione di svuotare una bottiglia di alcol!, non provarci nemmeno, Shika, ha fatto una cazzata e questo perchè gli abbiamo dato fin troppa libertà!- Ok,- annuì - sulla libertà ci siamo, ma che vuoi fare?, tenerlo a casa?- Legato al letto e imbavagliato.- Tem...E lei contrasse e rilassò le spalle a quel tono, sembrava che la bambina della situazione fosse lei, aprì la bocca per dire qualcosa mentre lui si alzava e le si avvicinava - Non mi piace.- bisbigliò la bionda. Lui si scrollò nelle spalle - Vaglielo a dire...- Oh! Ci puoi giurare che glielo vado a dire!Shikamaru respirò profondamente quando lei uscì dalla loro stanza, si lasciò andare di nuovo sul letto, la testa affondata nelle lenzuola fresce - Seccature, seccature, seccature. Fottute seccature.- e strinse le dita sulla faccia pallida - E chi cazzo dorme più, quando escono*?- La vedi questa?!Shirai sbattè più volte le palpebre, adocchiando la bottiglia (vuota) di un alcolico che sua madre gli aveva piazzato davanti agli occhi. Si chiese chi non riusciva a vederla, prima di decidere che era meglio non tirare troppo la corda - Ehm... si... ?- E' l'ultima che vedrai.- sibilò sua madre ad una spanna dal suo viso, alzò il cestino dell'immondizia che aveva strategicamente prelevato dalla cucina e vi buttò la bottiglia, la fronte profondamente corrugata - La prossima volta che fai una cosa del genere, non ti faccio più entrare a casa. Non mi piace che i miei figli bevano e non mi piace che esagerino, sono stata chiara?- disse minacciosa come un cobra davanti un topolino. Lui deglutì - Cristallina.Temari annuì, prima di far schiantare il suo poderoso pugno contro la testa vuota del figlio, che si afferrò la parte lesa, lacrime che scendevano sulle sua guance - Se devi andare in bagno, mi devi chiedere il permesso e non m'interessa se stai per pisciarti sotto. Vai agli allenamenti e, quando finiscono, ti rivoglio a casa cinque minuti dopo; non esistono passeggiate nè chiaccherate per strada. Se vuoi parlare con qualcuno di diverso da me, c'è 71 tua sorella e non guardarmi così perchè se tuo zio Gaara fosse qui, sta sicuro che ti avrebbe strizzato così forte le palle con la sua fottuta sabbia da non farti più capire se sei femmina o maschio. Tutto chiaro?Shirai, al nome dello zio, era impallidito così velocemente da far schifo, annuì vigorosamente mentre Temari lo guardava con un ghigno sadico sulle labbra - A scopo informativo:sei in punizione.- Capitolo 11: Della serie: la mamma fa paura, ma papà è più subdolo! Quello che stava per fare poteva costargli la vita, ma a quasi diciotto anni non t'importa poi molto delle conseguenze e Shirai non era mai stato un tipo che si fasciava la testa prima di essersela rotta. Prese un profondo respiro, ben sapendo che, da lì a poco, gli sarebbe servito molto coraggio. Era appena tornato dal suo allenamento serale (ovvero la lunga corsa che si faceva ogni sera da quando aveva quattordici anni, seguita da tre serie di piegamenti prima sulle braccia e poi sulle gambe) e sapeva che, forse, era meglio farsi una bella doccia prima di entrare e mangiare, ma era impaziente. Così impaziente che il suo stomaco tremò e non solo per la fame. Prese un altro lungo respiro, si passò una mano tra i lunghi e disordinati capelli e buttò all'aria le preoccupazioni. Entrò nella sala da pranzo con il solito sorriso scanzonato che piaceva tanto a sua nonna e alle ragazze in generale - Ciao mà, pà...Suo padre sbuffò in risposta, senza neanche muoversi dalla posizione scazzata che aveva (ovvero con il sedere quasi fuori dalla sedia e le mani dentro le tasche dei bermuda leggeri), sua madre lo adocchiò un attimo, prima di inarcare un sopracciglio - Niente doccia?- Ho fame.Sua sorella, che sembrava una di quelle bambine dolci e graziose a cui non si vuole far nulla oltre che abbracciarle e tirar loro le guance, lo guardò dall'alto della sua superiorità intellettuale, e lo era, intelligente. Sicuramente non quanto lui, non ancora visto che non era ancora riuscita a batterlo a shogi (e se non riusciva a battere lui, era una cosa inutile provarci con loro padre o, peggio, con il nonno). - Che vuoi?- sbottò, appoggiando il gomito sul tavolo e la testa sulla mano, era mezzo voltato verso di lei così che la potesse guardare negli occhi. Occhi verdi come quelli di Temari, grandi e con le ciglia più lunghe che lui avesse mai visto, sembrava che avesse messo il mascara, ma le aveva così di natura. Shirai si domandava spesso da chi le avesse prese, perchè nè Temari nè Shikamaru avevano ciglia così lunghe, ma lasciava cadere sempre l'argomento quando sua sorella apriva bocca. - Niichan,- disse con voce stucchevolmente falsa - puzzi.- Non è colpa mia se hai il naso sempre sollevato, chibi.Lei inarcò immediatamente un sopracciglio, lo guardò dal basso verso l'altro, poi perse interesse - E sei anche una seccatura.Lo sbuffo di Shikamaru seguì quella sentenza sacrosanta, mentre Temari sistemava in tavola le cibarie (ovvero carne e insalata per lei e i pargoli, e insalata per Shikamaru che di sera non mangiava) Come Shirai sapeva da tempo immemore, a colazione, pranzo e cena non si parlava. Era tipo l'undicesimo comandamento di casa Nara, visto che entrambi i suoi genitori avevano la stranissima abitudine di cominciare a litigare, sbraitare dal profondo dello stomaco e prendersi a schiaffi; non era una bella vista, anche perchè i suoi genitori se ne sbattevano altamente della presenza dei loro figli e continuavano ad oltranza fino a quando o Shirai, o 72 Aiko, decidevano che era meglio chiamare la protezione civile. Lui ricordava che, una volta, erano piombati in casa loro gli Anbu, capitanati da Capitan Malefico-sono-un-figo-da-stupro-Uchiha; avevano creduto che si stesse svolgendo una strage (Shirai l'aveva sempre saputo che il Malefico soffriva di qualche tipo di disturbo compulsivo-ossessivo, ma da lì a credere che in tutte le famiglie ci fosse un maniaco omicida che sviscerava indifferentemente corpi e tende, bè, gli sembrava un po' eccessivo. Tanto più che i suoi avevano sempre litigato, ma che problema ti fai, Capitan Malefico?) In sintesi, comunque, per i pasti non si doveva aprire bocca. Sapeva di stare commettendo un crimine dei più efferati nella storia dei Nara (Hidan escluso), ma doveva per forza sputare quello che aveva in testa, quindi masticò lentamente la carne che aveva appena infilato in bocca e scoccò uno sguardo strategico a suo padre (impegnato e litigare con un chicco di mais) e poi lo spostò a sua madre. E Temari gli restituì lo sguardo e lui sobbalzò. Seriamente, ma leggeva le menti?, come faceva a sapere sempre dove lui avrebbe guardato, come, quando e, soprattutto, perchè?! Sua madre era un'associazione a delinquere, decisamente. Inghiottì rumorosamente e chinò lo sguardo sul tavolo - Ecco... io volevo...- Parlare di te?- lo bloccò sua madre, le sopracciglia inarcate e un ghigno alla Sabaku no stampato sulle labbra - Lo fai a ruota continua...- No, mà.- fece, abbattuto ancor prima di cominciare. Sua sorella alzò gli occhi verdi su di lui, odiandolo per averla distratta dal suo cibo (influenza di zio Choji) - Secondo me, vuoi morire.E lui incassò la testa nelle spalle, sperando che almeno sua sorella non gli leggesse nella mente, altrimenti era veramente fottuto - Chiudi il becco, nana.- Hn, seccatura.- replicò quella. - Comunque!- sbottò, stanco di tutto quel girare intorno la questione - Ho deciso che voglio il piercing.Silenzio. Shirai iniziò a temere (temere-Temari, erano sinonimi!) per la sua vita (e non li aveva ancora fatti, diciotto anni). Ancora silenzio, doppiamente silenzio, fottuto silenzio. Aiko sbattè le palpebre - Ma te le programmi prima 'ste cose, o ti vengono sul momento?lui non rispose e non sapeva neanche come rispondere, in realtà. Sua madre chiuse lentamente gli occhi e sembrò pensare seriamente alla cosa, chinò un po' il capo, come a concentrarsi di più, corrugò anche la fronte e Shirai sentì accendersi un lumino di speranza. - No.... che scoppiò in tante bolle blu quando suo padre decise che era ora di mettere fine alla questione - Eh!? Perchè?E il quinto comandamento di casa Nara (ovvero il comandamento del no) era: "Quando papà dice di no, non chiedere perchè; quando lo fa mamma, vai da papà e chiedigli perchè la mamma ha detto no, ma non chiedergli il permesso per la cosa e/o cazzata che volevi fare - ti dirà di no uguale". - Perchè no.- Ma non ti ho neanche detto dove voglio farmel...- Quale parte di no non hai capito?,- bofonchiò suo padre, il gomito appoggiato al tavolo e la forchetta che infilazava lattuga e mais - La n, la o, o la parte in cui mi alzo e ti faccio il piercing dove so io?Shirai sparì letteralmente sotto il tavolo, mentre sua sorella tagliava la carne con uno sguardo sadico e divertito. 73 Ah, ma Shirai non si arrendeva così facilmente. Una volta era riuscito a pedinare per quattro giorni consecutivi ero-Kakashi-san, e solo per farsi spiegare perchè l'erba del prato non si fumava mentre quella che vendevano per strada si. E una volta era riuscito a far incazzare Naruto-sensei (si, Naruto era stato il suo sensei prima di diventare Hokage) così tanto che al biondo erano uscite corna e code, e, in fondo, lui non aveva mica detto niente di male. Aveva solo ricordato al biondo che lui e l'Uchihamalefico litigavano sempre perchè si amavano alla follia (gliel'aveva detto suo padre). Non contento, aveva continuato a ripeterlo così tante volte che al futuro Hokage erano girati i... si(gin)gilli. Quindi, premettendo che Shirai non era più un bambino, lui non era un tipo che si spaventava o si ritirava. Rigirò tra le dita un kunai, pensieroso e scomodo, visto che stare sui talloni per mezz'ora non era una cosettina che tutti farebbero a base giornaliera, ma stava aspettando la sua vittima, ovvero suo zio Kankuro che si trovava a Konoha come guardia del Kazekage (si, c'era pure lo zio Gaara). Sapeva che sarebbe passato di lì perchè lui era un genio e lo sapeva per forza di cose. Appena intravide la grande testa di suo zio, balzò giu dall'albero, trovandoselo proprio di fronte; sperava in una qualche reazione spaventata e/o sorpresa, ma suo zio sbadigliò mollememte, una lacrimuccia gli scivolò per la guancia prima che lui decidesse di asciugarla con il palmo della mano callosa - Cosa vuoi, mentecatto?- Ciao zio!- e sorrise. Ah, sapeva fingere così bene! Kankuro lo guardò dall'alto e incrociò le braccia al petto - Ti devo soldi?- No!- Tu li devi a me?- Zio...E quello sbuffò - Falla spiccia.- Allora, mi serve il tuo aiuto perchè voglio farmi il piercing al sopracciglio, e sto per fare diciotto anni quindi non capisco perchè la facciano tanto lunga, ma comunque! Lo voglio, e siccome mamma e papà sono stupidi, mi servi tu dato che non sono ancora maggiorenne e ci vuole il permesso di un mio parente, che non deve per forza essere mamma o papà e, visto che sei mio zio, mi puoi accompagnare?Kankuro corrugò la fronte e lo guardò da sopra a sotto, le braccia ancora incrociate al petto e poi sghignazzò - Ti sembro stupido?- Assolutamente no!- Sei un leccaculo, lo sai, si?- e suo nipote si scrollò indifferentemente nelle spalle - No.Shirai si schiaffò una mano sulla fronte - Perchè?- gemette, la disperazione dilagò e Shirai seppe perchè gli Uchiha erano psicopatici: se uccidevi chiunque si mettesse sulla tua strada, evitavi problemi, seccature e paranoie. Erano furbi, gli Uchiha. - Perchè tua madre è terribile e io sono troppo giovane per morire.- Hai paura di Ino...Kankuro voltò il capo dall'altra parte - Ognuno ha la sua.Quando sui zio se ne andò, Shirai capì che gli era rimasta l'ultima possibilità. Zio Gaara. E che i kami lo benedissero. - ... - Si zio, lo so che sono un coglione...- bisbigliò, gli occhi socchiusi, rossi e lucidi a causa della sabbia che suo zio ci aveva amorevolmente soffiato sopra (era il suo modo di trasmettere il suo amore, visto che il tatuaggio non sembrava sortire effetti visibili nelle 74 persone che lo fronteggiavano). Gaara, nelle vesti di Kazekage, sedeva su una sedia, la caviglia della gamba destra appoggiata sul ginocchio sinistro, le braccia incrociate al petto e gli occhi chiari puntati sul nipote. Socchiuse le palpebre e sollevò un angolo della bocca. Erano due ore, due fottutissime ore, che Shirai cercava di convincerlo a fare quella ragazzata, ed erano due fottutissime ore che Gaara si divertiva come un pazzo (e non lo era più, nononono). - Tuo padre ha detto di no.- e non era una domanda. Il Kazekage si alzò e Shirai restò dov'era mentre suo zio lo sorpassava e apriva la porta - ... - Si, zio, mi alzo zio, grazie zio.Gaara roteò gli occhi. Tutte quelle formalità per un buchetto. E poi era lui il folle. - ... così, quello è tuo zio...Shirai quasi scavalcò il bancone per strozzare l'uomo che doveva soltanto fargli un fottutissimo buco al sopracciglio, infilargli la barretta e avvitare i pallini, e invece sembrava che quel... quell'essere fosse piuttosto interessato al suo albero genealogico. Sentì distintamente la rabbia montagli nello stomaco e strinse i pugni - Si,- sibilò - lui è mio zio, il Kazekage, il fratello di mia madre, ora può gentilmente dirmi quello che voglio sentirmi dire?L'uomo, che doveva avere su per giu ventisette, ventotto anni, lo guardò con il sopracciglio (con due piercing) sinistro inarcato, il suo braccio (tatuato dalla clavicola in giu) pescò qualcosa da sotto il bancone - Mettiamo la barretta curva, puoi scegliere il colore o lo vuoi classico?- Classico.Quello annuì e gli fece cenno di seguirlo nella saletta, dove Shirai (tampinato da suo zio) trovò una poltrona reclinabile, tipo quelle che usavano i dentisti (o tortura cinese, come Shirai le chiamava) e vari tavolinetti dove erano sistemati tutti gli attrezzi. - Siediti.E lui lo fece, avvertendo una scarica di adrenalina percorrergli la spina dorsale quando l'uomo si lavò le mani e indossò i guanti in lattice. Lo guardò quando gli si avvicinò, un pinza* in mano - Quale sopracciglio?- Sinistro.- replicò, trovando difficoltà a stare fermo. Gaara guardò con un certo interesse l'uomo che si reclinava appena, stringeva la pelle del sopracciglio e chiudeva la pinza su di essa; non doveva far male, visto che Shirai non fece nessuna espressione di sorta, ma l'uomo stava stringendo sia con la pinza che con le dita e Shirai lo osservava. Il piercer si allontanò per prendere della garza e uno spray per insensibilizzare ancora di più la parte, sistemò la garza sull'occhio per evitare che lo spary lo colpisse, poi prese la cosa (Gaara non sapeva come chiamarla, visto che sembrava un'asticella appuntita che, ovviamente, l'uomo avrebbe usato per fare il buco, ma non era in metallo) e guardò Shirai Respira.E il ragazzo lo fece e contemporaneamente l'uomo esercitò la pressione necessaria per perforare il sopracciglio - Espira.Con una pinza chirurgica (una di quelle lunghe, in sintesi) tagliò l'estremità dell'ago, se così si poteva chiamare, e adocchiò Shirai, prima di afferrare la barretta, togliere l'ago e sostituirlo con essa. Avvitò i pallini e poi passò un creama lucida sulla parte. Il sopracciglio si era arrossato e anche un po' gonfiato, ma non eccessivamente, e Shirai non aveva assolutamente sentito nulla. - Per ora non toccarlo, non pensarci neanche,- gli disse l'uomo, una volta ch'ebbe pagato vai in farmacia e prendi questa crema,- gli passò un foglietto - mettitela tre volte al giorno 75 per quattro settimane.Shirai era troppo euforico per pensare a come nascondere il sopracciglio gonfio e il piercing. Ma a quasi diciotto anni le conseguenze sono solo cazzate, almeno fino a quando qualcuno non ti dice che il cazzone sei tu. Temari stava controllando che Aiko non uccidesse a mazzate suo suocero, quando sentì il rumore della porta d'ingresso che si apriva e chiudeva. Quella mattina Shirai era uscito presto per tornare solo adesso, che erano le sei di pomeriggio; tra l'altro anche suo fratello era praticamente svanito nel nulla e Temari non era una stupida. Immaginava che Shirai avesse costretto Gaara a sorbirsi le sue lamentele riguardo il 'no piercing' della settimana prima, e pensava che Gaara avesse ucciso il nipote e trasportato il suo cadavere da qualche parte fuori da Konoha. Con un sospiro aspettò che Shirai entrasse, ma sentì solo il rumore del frigorifero che si apriva e qualcuno che cercava di uscire sileziosamente dalla stanza. Battè ciglio, avvertendo la solita scarica di rabbia trapassarle il cranio da parte a parte. Che cazzo aveva combinato, stavolta? - Shirai?- Si, mamma!?Troppo veloce, troppo nervoso - Dove sei stato?- Ah, sono andato ad allenarmi, ho chiesto a zio Kankuro se voleva farmi compagnia, ma non ha voluto, così ho chiesto a zio Gaara.- Ah.- fece Temari, sentendo la rabbia scivolare via - E chi ha vinto?- Lui, ovviamente, ma perchè bara!- sbottò Shirai e sembrava davvero addolorato - Vado a farmi la doccia, quando è pronto mi chiami, ok?Temari non ebbe il tempo di dire 'no' che lui era già sparito. Aiko sbadigliò in faccia al nonno - Ho vinto.Shikaku sbuffò, pensando che sua nipote fosse un demonio incarnato - Sento odore di seccature...- Shirai non morirà, ho scommesso anche su quello con Sasuke-san, non posso perdere!Lui era cresciuto amando le cose semplici e questo era risaputo; per lui, divertirsi, significava stendersi sull'erba e guardare le nuvole, e non pretendeva neanche che la gente capisse perchè non faceva come tutti gli altri che si sbattevano notte e giorno per ottenere dei risultati, tanto, se voleva, lui otteneva quello che voleva con il minimo sforzo (come era successo con Hidan e con Temari poi). Quindi, per lui, desiderare che qualcuno ti bucasse la pelle del viso... era una cosa assurda. E non gli fregava un tubo se moda e massa pubblicizzavano a iosa i piercing, non esisteva che suo figlio si facesse bucare la faccia; o, almeno, era quello che aveva pensato prima di vedere suo figlio entrare in quel salone, con Gaara. E l'aveva visto uscire con una cosa metallica sul sopracciglio. Dire che era incazzato da far paura ad un Uchiha, era veramente, veramente poco. Sul serio, cosa c'era di così complicato nel monosillabo no? Shirai era riuscito a nascondere il piercing per due giorni interi, ed era già tanto visto che l'occhio di sua madre sembrava possedere una qualche specie di Sharingan a raggi X. Suo padre non gli aveva rivolto la parola in tutti e due i giorni, e la cosa era abbastanza strana visto che non aveva fatto niente per meritarsi quel silenzio (piercing escluso, e suo padre 76 non poteva neanche saperlo!), ma aveva pensato che il lavoro con i fascicoli gli stesse rubando troppo tempo e aveva fatto correre la cosa. Quando, il terzo giorno, era sceso a colazione con il piercing in bella vista, c'era solo sua madre che beveva il caffè, altra cosa strana. Di mattina erano sempre, sempre, a casa; tutti quanti, tranne quando Shikamaru o Temari partivano per una missione, o se lui stesso andava in missione, ma, normalmente, c'erano sempre tutti. Aiko, pensò, avrà dormito dai nonni, dato che lei era praticamente un gallo e si svegliava col sole, ma suo padre? E perchè sua madre era ancora in pigiama?, non andava a lavorare? - 'ngiorno, mà.Lei non rispose, continuò a bere il suo caffè, gli occhi puntavano la porta finestra del salone e sembravano voler dar fuoco al vetro, Shirai corrugò la fronte e le si piazzò davanti Mà...?E Temari puntò lo sguardo smeraldino nei suoi occhi scuri, poi fissò l'affare metallico che adornava il suo sopracciglio - Tuo padre ti ha visto quando sei entrato in quel salone e ti ha visto uscire con quello...- e indicò il piercing. A Shirai si abbassò la pressione, aprì la bocca per dire qualcosa, una stronzata qualsiasi, ma l'unica cosa che gli riuscì fare, fu sbattere le palpebre e aprire e chiudere la bocca. Temari scosse la testa, e con essa i codini - Quando uno dice no, Shirai, non significa 'fai quello che cazzo ti pare', quante volte vuoi sentirtelo ripetere ancora?- ... Dov'è papà?- Non lo so dov'è papà,- sibilò la bionda - ma Shikamaru Nara è uscito ieri sera.- Seriamente Shika, cosa ti ha fatto quella patatina?Alla sua domanda non seguì nessun tipo di suono, ch'esso fosse sbuffo o grugnito. Solo il silenzio accolse la frase sarcastica che Choji aveva rivolto al suo migliore amico da tempi immemori. Un migliore amico che, in quel momento, era di pessimo umore e pronto a sbriciolare una patatina tra le dita come se quella fosse il collo di qualcuno. Shikamaru era piombato a casa sua verso le tre di notte e aveva trovato Choji nel suo spuntino pre-colazione; il fatto che trovare uno Shikamaru sveglio a quell'ora fosse classificabile come catastrofe ambientale non aveva colpito neanche il cervelletto dell'amico, il quale gli aveva sbattuto una ciotola (o, per meglio dire, insalatiera) ricolma fino all'orlo di gelato a tre gusti (cioccolato, fragola e panna) con un fiume di nutella sciolta a bagnomaria sopra. C'era da dire che sotterrare i dispiaceri nel gelato e/o dolci, non erano solo le ragazze a farlo, quindi era una cosa normalissima, per Choji, lamentarsi della moglie che, da quando Chojiro era nato, gliela faceva vedere solo su richiesta firmata, imbustata e spedita minimo una settimana prima (perchè lei doveva organizzare l'agenda, mica per niente) e, mentre lui si faceva il monologo, Shikamaru diventava minuto dopo minuto più taciturno, e il gelato non aiutava la sua rabbia a sparire. Così, la mattina dopo colazione e conseguente rimprovero della consorte (una kunoichi del villaggio delle nuvole che lui aveva conosciuto durante il summit organizzato dal Raikage) per non averla svegliata quando Shikamaru era arrivato, erano usciti relativamente presto, visto e considerato che sia Shikamaru che Choji avevano il giorno libero. E, in quel momento, Shikamaru guardava le nuvole con le briciole della patatina appiccicate alla mano e Choji guardava le suddette briciole con sguardo dispiaciuto, pensando sicuramente che quella patatina avrebbe fatto una fine migliore se si fosse sbriciolata sotto i suoi molari. - Hai litigato con Temari?- chiese, infilandosi quattro patatine in bocca e masticando rumorosamente. 77 - No.- e sembrò che la sua voce provenisse direttamente dallo stomaco, vista la sfumatura roca e tremante che quel no aveva. Choji continuò a sgranocchiare patatine per i successivi minuti, aspettando che la rabbia di Shikamaru cambiasse rotta e andasse lontano da lì; lui lo conosceva bene, Shikamaru, e sapeva che quando la rabbia offuscava la sua ragione, era meglio trovarsi molto, molto lontani da lui. Con i nemici era diverso visto che il Nara incanalava la rabbia per raggiungere uno scopo ben preciso (ovvero l'annientamento del nemico), ma quando si trovava ad essere incazzato nero con qualcuno della sua famiglia, c'era poco da fare. Perchè non poteva annientarli, non poteva combatterli nè a suon di ninjustu nè con il taijutsu, e Choji sapeva quanto desse fastidio a Shikamaru dover usare la forza fisica per farsi rispettare. Ma anche il Nara era un essere umano, e s'incazzava, voleva picchiare qualcuno, voleva sbattere la testa di Temari contro il muro quando la moglie s'impuntava, voleva appendere suo figlio a testa in giu e cose del genere. Choji guardò pensieroso il cielo e inghiottì per poi spazzolarsi la bocca - Qualunque cosa sia, Shika, non è così grave.- e l'amico chiuse gli occhi con un ringhio a stento trattenuto in gola - Dico sul serio. Ci sono un sacco di cose nel nostro lavoro che una persona normale non si sognerebbe mai di fare.- Quando uno dice no, è no.- borbottò tetro, i muscoli delle gambe contratti, come quelli delle braccia. Choji annuì - Quando Asuma-sensei ci diceva no, noi facevano l'opposto di ascoltarlo...- e sospirò - Fare il padre è più di un no, Shika.Non era stato facile, per lui, guardare in faccia suo figlio e trattenersi dallo strappargli quel coso a mani nude e Shirai era veramente troppo spaventato per guardarlo negli occhi. La guancia si suo figlio era gonfia, quindi Temari aveva fatto il lavoro sporco prima che lui tornasse a casa, e Shikamaru voleva pensare che la bionda l'avesse fatto per proteggere il figlio dalla sua ira, piuttosto che pensare all'enorme piacere che Temari aveva provato. E in fondo Choji aveva ragione. Nessuno ascoltava i no all'età di Shirai o di Aiko, ma questo non significava che lui era meno incazzato. Shikamaru strinse forte i pugni, sotterrati nelle tasche - Domani mattina ti aspettano all'ufficio degli anbu,- Shirai s'irrigidì appena - dato che sei abbastanza grande per fare quello che cazzo ti pare, ho pensato che sostenere l'esame anbu ti avrebbe fatto piacere.continuò con un tono indifferente - Se lo passi puoi tenere quell'affare, se non lo passi ti farai quattro mesi a Suna, ad allenarti con Gaara.Shirai incassò la testa nelle spalle - Va bene.- Non mi serve il tuo permesso per farti fare quello che voglio io, Shirai.- replicò ancor più indifferente e quasi si scrollò nelle spalle per sottolineare il suo apparente disinteresse L'esaminatore sarà Ibiki Morino.- e uscì dal salone. Temari tornò a casa un'ora dopo, stanca morta. Naruto, ovvero l'Hokage (era difficile ricordarselo), l'aveva chiamata perchè suo fratello Gaara esigeva la sua presenza per far capire al biondo che era inutile inviare shinobi della Sabbia a Konoha, visto che già c'era lei che faceva per mille. Si liberò del ventaglio non appena mise piede in casa e il silenzio l'avvolse come una coperta. Salì le scale, convinta che in casa non ci fosse nessuno, e partì spedita per la sua camera da letto, pensando già alla doccia che si sarebbe fatta. Ma, una volta entrata in camera, trovò Shikamaru, la faccia sepolta dal cuscino e dalle coperte e non stava dormendo visto come borbottava riguardo seccature, cazzate e cazzoni. Temari pensò di uscire e occupare il bagno di suo figlio, quando la faccia di suo marito riemerse dalla montagna che lui stesso si era costruito sopra - Non si dorme...- ringhiò, gli 78 occhi mezzi chiusi. - Camomilla?- fece lei, spogliandosi della divisa per restare in magliettina intima e pantaloncini - E, per inciso, se la vuoi te la devi andare a prendere.E lei non voleva assolutamente creare un malinteso, assolutamente no. Perchè era stanca e non era veramente dell'umore per rotolarsi sul letto con lui in mezzo alle gambe e soprattutto non lo voleva fare per conciliargli il sonno! Ma quando l'imbecille la capovolse sul letto, le sfilò la maglia e pantaloncini e allineò il volto proprio lì, l'unica cosa che Temari riuscì a fare fu... gemere. E' inutile dire che Shirai non passò l'esame e che fu costretto a partire con i suoi zii per Suna, dove sudò e sudò e sudò, visto che suo zio Gaara aveva la stranissima abitudine di inseguirlo comodamente seduto su un'onda di sabbia, mentre lui correva per non morire soffocato. E quello era solo l'addestramento di base. Ma il piercing non se lo toglieva, ormai si era impuntato. Assolutamente no! Capitolo 12: When a word doesn't mean anything (just an happy birthday) [Quando una donna è turbata, diventa pericolosa. E' un dato di fatto innegabile che il genere femminile sia quello più meschino, perchè le femmine agiscono sempre per un secondo fine. Per non parlare del fatto che usano il sesso come la chiave di ogni porta, e, in vero, ci riescono a circondarti di cazzate fino a quando tu sei troppo stanco per batterti o far valere le tue inutili, zoppicanti e altamente urtanti opinioni. Perchè, se vuoi far cambiare opinione ad una donna, non servono i fiori. Puoi anche portarglieli, ma sta sicuro che all'interno del suo cervello starà pensando a cento e più modi di farteli mangiare con tutto lo stelo. E tanti saluti all'orgoglio maschile. Orgoglio che, in vero, serve a poco visto come i maschi si fanno sfruttare. Dicono che una donna innamorata sia davvero uno spettacolo; ebbene, l'uomo innamorato lo è ancora di più, la ragazza per cui il cuoricino di un maschio batte, può essere la peggior specie di essere umano, può avere la reputazione più orribile esistente, può vestirsi alla stessa maniera per tre giorni di fila, può bere meglio di lui e reggersi sulle sue gambe, non è importante. Perchè il ragazzo, quando s'innamora, si rimbambisce. Le donne mirano a questo e guai se il suddetto ragazzo fa parte di quella stretta categoria di maschi a cui va bene anche un cesso all'aria aperta. Guai se il ragazzo non presta abbastanza attenzioni, guai a lui. Perchè poi la donna inizia a farsi le paranoie, inizia a porsi domande pericolose fino a quando non lo diventa lei, pericolosa. Non esiste che, al primo appuntamento, ognuno si paga il suo: o paghi tu, o stai sicuro che ti guarderà come il più orripilante insetto esistente; amara se non le fai i complimenti: perchè l'esemplare femmina diventa altamente cancerogeno in quelle circostanze; se le proponi di farle conoscere i tuoi, pensaci minimo ottocento volte più una, visto che la femmina tende a pietrificarsi all'idea, anche se, a te, non lo darà mai a vedere. Per me, che sono un maschio, le donne non sono complicate. Sono assurdamente difficili, 79 vero; e non importa quante volte dici 'ti amo', non ti crederanno mai fino in fondo; le donne sono quell'incognita che non sai mai quanto vale, neanche dopo anni. E, io, ci litigo facilmente, con le donne. Perchè fanno un sacco di cose stupide. Tipo rosicare dalla gelosia quando non serve; fasciarsi in vestitini imbarazzanti solo per fare bella figura e camminare con tacchi indecentemente alti per slanciarsi. Come se il loro ego non fosse già abbastanza alto di per sè. Hanno una strana tendenza all'introspezione, le donne. Alcune non le capisci sul serio quando si mettono a ragionare sul mondo e sul genere maschile in generale. Di una cosa sono assolutamente sicuro: le donne non sono tutte uguali. C'è quella con il carattere più simile ad un trattore, quella timida, quella eternamente vergine, quella svampita, quella snob, quella viziata, quella politicamente scorretta, quella che non si fa problemi a piantarti un paletto nel cuore alla prima occasione, quella tendenzialmente portata per il tradimento. Quella che puttana lo è, e basta; quella stronza e quella che, stronza, lo è nelle occasioni migliori. C'è quella che occuperà sempre uno spazio nel tuo petto, nonostante ti abbia fatto male e quella che sarà sempre la tua migliore amica e non potrà mai aspirare a qualcosa di più. Poi ci sono quelle che non sopporti a pelle, quelle che non ti degneranno mai di uno sguardo, quelle che stanno sempre con il tipo giusto e con la compagnia giusta. E sono tutte, indipendentemente dal carattere, una seccatura abnorme. E tutti, tutti, hanno la sua. Che puoi anche amare, ammirare o idolatrare, non fa nessuna differenza. Sono una seccatura in ogni caso.*] Guardò con occhi annoiati la torta che gli era stata piantata davanti, la panna era così abbondante che, sciogliendosi, stava sporcando il tavolo; poi Shikamaru alzò lo sguardo sulle due Seccature più seccanti che avesse mai avuto l'onore di possedere. - E' un buon compleanno?- chiese a labbra quasi socchiuse, gli occhi scuri che vagavano dall'una all'altra. La più piccola aveva le mani intrecciate sotto il mento e ostentava un'espressione vagamente seccata e indifferente al tempo stesso; la madre, invece, se ne stava con le gambe divaricate, le mani pressate sui fianchi e un ghigno impertinente sulle labbra piene - Sono trantadue, crybaby, puoi davvero piangere adesso.- e ghignò di più - Buon compleanno!La cosa più sensata che Shikamaru riuscì a fare fu assaggiare la torta, spingendo l'indice sulla panna e fino in fondo il ripieno di cioccolato. Si leccò le labbra subito dopo e, senza neanche pensarci due volte, afferrò la torta con entrambe le mani e gliela lanciò addosso, colpendo anche sua figlia che non ebbe neanche la forza di bestemmiargli dietro, dato che il cioccolato le piaceva tanto. L'urlo inumano si propagò per tutta Konoha, rompendo i timpani ai più sensibili e quelli di Shikamaru, ovviamente, che, in barba al decoro, lasciò che La Seccatura gli saltasse addosso, sporcandolo di torta e lui, nel frattempo, cercava di non farsi soffocare. Sputacchiò un po' di panna, roteò gli occhi al soffitto e sbuffò quando un po' di cioccolato gli colò lungo la guancia - Che noia, seccatura.- Shirai schivò appena in tempo un piatto volante e si andò a nascondere dietro il divano, dove trovò anche sua sorella tutta presa a leggere un libro di matematica (ma come 80 faceva?!); il pupattolo battè ciglio quando un forte rumore sancì la morte di suo padre, Nara Shikamaru. - Si può sapere cosa... cosa...- Auguri.- Che?Aiko sollevò appena gli occhi verdi dal libro e lo guardò con una smorfia deliziosamente derisoria sulle labbra - La mamma gli sta facendo la festa, no?Evidentemente, Aiko non aveva afferrato il reale concetto di quella frase, ma sempre meglio di niente; Shirai sbuffò e incrociò le braccia al petto, le labbra imbronciate - Non è possibile che ad ogni compleanno distruggono la cucina, ma ti sembra una cosa normale?- Sei una seccatura.- Chiudi il becco, chibi.Aiko lo riguardò - Tanto ho ragione io.- No!-... si.- sbadigliò e si stropicciò gli occhi assonnati - Uhn, nii-chan?- Eh?- bofonchiò altamente seccato. - Poi gliela cantiamo 'Tanti Auguri' a papà?- Capitolo 13: Understand what!? Non che lei avesse tutta questa voglia di setacciare ad oltranza, sia chiaro; il problema era che, lei, non riusciva a capacitarsi della cosa. Detto in sincerità, l'amore vero non può esistere e visto che la sua età non era propriamente avanzata poteva candidamente dire che lei non ci credeva nell'amore a prima vista, non credeva nell'amore dopo due settimane, non credeva nei 'ti amo' davanti un tramonto sembrava una cosa abbastanza costruita a suo parere, per essere originale, ormai, bastava dirlo davanti una pizza e una birra. La ragazza guardò il sole, socchiuse gli occhi a causa della profonda luce e si coprì la fronte con la mano quando si rese conto di avere la fronte sudata. Si, per chi non l'avesse ancora capito, faceva un caldo fottuto e si, lei aveva molto tempo da perdere. Distese le gambe e resse il peso del suo corpo con i gomiti, reclinandosi quanto bastava per non avere la luce del sole sbattuta in faccia; e il fatto che avesse indossato quella che suo nonno definiva 'moda mare' non aiutava a diminuire il calore. I pantaloncini di lino, infatti, sembravano volersi fondere con la pelle delle sue gambe e la maglietta attaccata al collo - che con sommo orrore di suo fratello le lasciava una minuscola porzione di schiena scoperta; Shirai doveva riscrivere la lista delle sue priorità - era maledettamente fastidiosa in quel preciso istante. Lei, comunque, non sarebbe neanche voluta uscire di casa, ma sua madre aveva tanto battuto sul fatto che la sua vita sociale somigliasse vagamente a quella di un cavallo azzoppato, che Aiko non aveva proprio avuto la forza di contraddirla - a che pro, comunque?, la mamma è la mamma. Prese un profondo respiro e guardò il cielo di un celeste così violento da far male agli occhi, non c'erano nuvole in vista e quelle che lei vedeva erano così piccole e trasparenti da non attirare la sua attenzione. Suo padre, in quel preciso momento, doveva essere l'uomo più infelice del globo e sua madre, invece, la donna più realizzata visto che il fatto rendeva infelice papà. Erano una coppia strana, si. Tanto che Aiko si chiedeva come ci fossero finiti insieme. 81 Aveva pure azzardato a chiederlo, una volta, ricevendo sbuffi e frasi del tipo 'quando sarai più grande, fattelo spiegare dal nonno/da Choji/da Ino/da qualcuno'. Mosse le labbra, canticchiando una canzone sentita da qualche parte. Presente quelle canzoni che le ascolti una volta e ti resta sempre qualcosa?, che magari la canzone in sè è stupidissima e non piace alla maggior parte della gente, però ti ritrovi ad imitare la melodia, canticchiare una parola, facendo irrimediabilmente la figura della pazza scappata dal manicomio; una di quelle canzoni lì, comunque. Lei aveva pure disertato l'allenamento e, con quel caldo, era meglio se Neji-sensei non venisse a prenderla per i capelli - cosa abbastanza improbabile, il suo Sensei era l'emblema dell'indifferenza in casi come quelli, e lei lo amava per questo, cosa che lasciava suo padre con tanti punti di domanda sulla capa e uno più grande dell'altro. Evidentemente, pensò quando vide la chioma corvina di Karen, non era stata la sola ad avere quella geniale pensata. La mezzana di casa Uzumaki, oltre ad essere la sua migliore amica per un motivo ancora sconosciuto, era pure la tipica ragazza che non avresti mai giudicato fuori dal coro. Era un tipo normale, che pensava normale, parlava normale e agiva ancor più normale. L'emblema della normalità insomma, e non fosse stato per quegli enormi occhi celesti, che andavano sul blu quasi, uguali a quelli del padre sarebbe stata considerata una tra le tante. Quegli occhi, invece, l'avevano sempre distinta. Era il suo tratto distintivo: "Karen dagli occhi blu". Alzò pigramente una mano per salutarla quando l'altra fu abbastanza vicina per vederla Yo.- Ciao.- salutò piantandosi davanti a lei, coprendola dai raggi del sole con sua somma gioia Che ci fai qui?- Guarda, potrei farti la stessa domanda, ma dato che ho molto tatto, io, non te la faccio o tuo padre potrebbe materiallizzarsi qui.Come d'abitudine, Karen arrossì furiosamente. Altro suo tratto distintivo: il suo perenne colorito violaceo, molto vicino al rosso aragosta, che molte persone consideravano ereditario per chissà quale motivo; sua zia Anabi, Santa Donna, pregava sempre affinchè la nipote non prendesse la stessa strada della madre, causando risate generali e, per l'appunto, l'enorme imbarazzo di Karen e Hinata. Fortunatamente gli occhi non erano l'unica cosa che Karen aveva preso dal padre, viva Dio; infatti vantava una serie infinita di ragazzate, quali appostarsi su un tetto e bagnare i passanti, o abbassare pantaloni e mutande di suo fratello Minato mentre parlava in mezzo alla strada, terrorizzare bambini indifesi usando la Sexy no jutsu e altre cose carine di quel genere. Ma, oltre a questo, la stranissima propensione ad arrossire era radicata in lei, come Aiko stava, giustappunto, nuovamente scoprendo. Riprendendosi dall'imbarazzo, la ragazza le si sedette accanto, avvicinò le ginocchia al petto, se le abbracciò da sotto le cosce e sistemò la guancia su di esse. - Neji-san non sarà contento.- bofonchiò l'Uzumaki, le parole le uscirono così piano che Aiko dovette accendere il suo traduttore simultaneo incorporato per capire cosa stava dicendo. Quando afferrò il concetto, ovvero neanche tre secondi dopo, roteò gli occhi al cielo - Si, sentirà così tanto la mia mancanza che mi farà un altare...- E' che la tua sta diventando un'abitudine...- Di disertare, dici?- Mhmh.Aiko gonfiò un po' le guance, più per fare qualcosa che per altro, e poi si scrollò nelle spalle - Non che m'interessi molto; è davvero una seccatura allenarsi con l'Uchiha mentre Chojiro mangia a manetta.82 Gli occhi di Karen si illuminarono di una luce ironica - A te piace Ryuichi.- Come il manico di una scopa ficcato nel sedere...- Tanto lo so, e lo sai anche tu.Arma letale numero due: imbarazzare la migliore amica così che chiuda la bocca; stato: attivo. - Ecco, vedi?, è così che ti voglio: aggressiva! Quando vedi Kyosuke, vai dritta al punto, saltagli addosso e fagli una profonda ispezione delle tonsille!Ovviamente ottenne un risultato immediato: a Karen stava per scoppiare la testa. - Ma... ma... ma cosa vai dicendo!?- La verità.- la scrutò attentamente - Tanto lo so, e lo sai anche tu.- e sghignazzò diabolica. Le era tornata di nuovo in mente quella canzone, arricciò le labbra cercando di ricordarsi le parole, ma l'unica cosa che le veniva in mente era il ritornello. - Fottuta canzone, esci fuori, esci fuori, esci fuori, esc...- Che cosa stai facendo?Ecco come far pensare a tuo fratello che sei partita di cervello: parlare da sola e insultare una canzone. Aiko sorrise radiosa, cosa che fece sgranare ancora di più gli occhi di Shirai - Assolutamente nulla!- Chibi...- Dimmi!Shirai inarcò il sopracciglio - Ci sono i due imbecilli giu.- Papà e zio Choji?- ... gli altri due...- Ah, lo zio e l'altro zio?- Aiko...Ed ecco come fare scoppiare le cellule cerebrali a tuo fratello: fare la scema. Rise mentre Shirai corrugava profondamente la fronte, ovviamente chiedendosi come facevano, loro due, ad essere parenti. Se lui non avesse personalmente visto la pancia enorme di sua madre sedici anni prima, avrebbe sicuramente pensato che Aiko non fosse sua sorella. Era decisamente più stupida di lui e lui, decisamente, era un idiota. - Comunque la canzone che vuoi farti uscire fuori... se vuoi dopo te la passo.- No grazie.Lui sghignazzò - Scendi. E poi ti passo la canzone.- la guardò dall'alto al basso - Non puoi metterti qualcosa addosso?, sei praticamente nuda!- Adesso non esagerare...- Io non esagero mai!- e gonfiò il petto come un pavone. - Se, come no, infatti sono io quella che dorme nuda con solo due gocce di profumo e sono sempre io quella che la domenica esce in giardino con i gingilli di fuori per fargli prendere un po' d'aria. Capisco che le tue possibilità di liberare i tuoi, ehm, semini siano molto scarse al momento, ma far penzolare quell'affare ogni giorno in giardino spaventa i vicini.- lo guardò da sotto in su, gli occhi ironici tanto simili a quelli di Temari - E me, oserei aggiungere. Praticamente a undici anni sapevo già come fossero fatti i genitali dei maschi, non è un bell'esempio, sai?Lui, che aveva una faccia tosta assurda, fece un sorriso tutto denti, ma così acido che lo stomaco di Aiko si contorse dal dolore - Fin tanto che i gingilli sono i miei non devi preoccuparti.- Sei un porco.-... e, tra parentesi, se qualcun'altro vuole farteli vedere, chiamami.83 La ragazza roteò gli occhi al cielo - Tu e papà dovete riscrivere le vostre priorità, te ne rendi conti, mh?Quello sventolò la mano in aria, l'altra era strategicamente sprofondata nella tasca anteriore dei pantaloni - Quisquiglie.- Due palle...- Ne avessimo tre, sarebbe un vero supplizio.Sembrava dolorante; Kin, pensò Aiko, doveva aver colpito di nuovo il suo orgoglio maschile. E non in senso figurato. Certe volte suo fratello le faceva proprio pena. Tornando al discorso dell'amore: Aiko proprio non riusciva a concepire il fatto di essere fottutamente innamorata di un Uchiha. Se quell'Uchiha fosse stato Sasuke-malefico, lei, non avrebbe di certo protestato! Chi l'avrebbe fatto, dopotutto? Quell'uomo era l'incarnazione dei sette peccati capitali, aveva la parola sesso incisa a caratteri cubitali non solo sulla fronte, ma ovunque. E lampeggiava pure! Che poi, Sakura-san era una donna veramente fortunata. Tutta la popolazione di Konoha si chiedeva come si sentisse ogni mattina quando, al risveglio, si trovava quell'uomo accanto, o sopra, o incastrato tra le gambe. Ma no! Lei non solo non si era innamorata dell'uomo sposato, ma di suo figlio! Il più giovane per essere fiscali e che era pure un suo compagno di squadra. Temari, che aveva un senso dell'umorismo tutto particolare, le aveva detto che quella cosa era normale, che prima di Aiko c'era stata un'altra tizia che si era innamorata di un Uchiha e quell'Uchiha era pure un suo compagno di squadra; Aiko non aveva propriamente afferrato il senso di quell'affermazione, ma aveva capito che gli Uchiha portavano rogne. Quell'Uchiha, poi, era l'incarnazione di tutto quello che lei odiava! Era supponente, tremendamente sicuro di sè, era così pieno di ego che tra un po' scoppiava. E, ovviamente, era un ottimo ninja, bravo in tutto e, quindi, corteggiatissimo. Aiko lo odiava, davvero, quindi non riusciva davvero a capire perchè, oltre ad odiarlo, lo amava (usiamo questa parola per comodità - anche se l'autrice si sta stancando di scriverla) pure! Bò, non si capiva neanche lei! E, in vero, lei stava giustappunto litigando furiosamente con il fetente. Nel vero senso della parola, infatti lo mandò, oltre a quel paese, pure a sbattere contro il muro - Tieni le tue chiappe lontane da me, Uchiha!Quell'altro, massaggiandosi la spalla, la guardò con gli occhi assottigliati - Almeno io le ho, le chiappe!Chojiro si riempì la bocca di patatine per avere la bocca occupata e, così, evitare d'interrompere la loro milionesima lite. Ma erano stupidi o semplicemente orbi? No, perchè lui vedeva tensione sessuale ovunque quando quei due erano vicini. - Le mie chiappe, fottuto Uchiha, sono più grandi di quell'uccellino che tu hai in mezzo alle gambe!- sbraitò la ragazza, la faccia congestionata dalla rabbia. Ryuichi sghignazzò - Sono anni che te lo ripeto, bakaiko: non te lo faccio vedere!- E chi lo vuole vedere!?- Tu, ovviamente.- Oddio, quanto sei idiota Uchiha!Temari passò di lì per puro caso e, sempre per puro caso, tenne lontani Shikamaru e Shirai dal giardino (è che, entrambi, avevano qualche problema con il fattore 'padre-fratelloproteggiamo-insieme-la-più-piccola'... o qualcosa del genere). - ... e scusami se la tua impotenza non mi fa frignare di dolore!84 - Bakaiko!- Uchiha!- e, per lei, chiamare lui Uchiha era il peggiore degli insulti. Che lui non la vedesse così era irrilevante. - Affogati!- ululò il ragazzo, i pugni chiusi. - Impiccati!- Ammazzati!- Smembrati!- Ah!, la tua vaga somiglianza ad una ragazza mi fa vomitare!Aiko assottigliò gli occhi - Non passare le tue frustrazioni a me!, lo sappiamo tutti che sotto sotto sei più di la che di qua!- COSA!?- LO SAI!- TI UCCIDO!E, quella dannata canzone, non si era ancora cancellata dalla sua testa. Canzone che l'avrebbe perseguitata per anni, con sommo piacere di suo fratello. Capitolo 14: O. M. D! Aiko sfoggiava un broncio che si trascinava sul pavimento, la cosa poteva essere vista come una manna dal cielo visto che Temari non aveva nessuna intenzione di pulire casa quel giorno, ma l'altro fatto (quello che Temari aveva classificato come 'catastrofe - attenzione a tutti i neuroni: vostra figlia è triste, quindi molto instabile, di conseguenza molto, molto, molto, molto pericolosa per voi') era quello che lei stava vedendo in quel preciso istante... ovvero la testa di sua figlia accasciata sul tavolo della cucina, il broncio che penzolava. Temari ingollò il tè che avrebbe tanto voluto godersi in santa pace (ma in quella casa, la pace, non esisteva neanche con l'Hokage in ginocchio e le mani giunte in preghiera - alla fine era sempre colpa di Naruto) e posò il più silenziosamente possibile la tazza nel lavello, sperando che Aiko non si fosse accorta della sua presenza. Guardò con occhi felini la porta che dava sul giardino e si leccò le labbra, pensando di poter riuscire a correre fino a lì senza palesare la sua presenza. Fece un passo strategico e scoccò un'occhiata a sua figlia con ancora la testa abbandonata sul tavolo, iniziò a contare mentalmente e si preparò allo scatto non appena in dieci si disegnò nel suo cervello. - Lo sai che i genitori che lasciano i propri figli in queste condizioni sono la causa dei disagi psicologici e fisici degli stessi?La bionda ingurgitò gli epiteti che le erano saliti in gola, qualcuno fuoriuscì dai suoi denti serrati mentre sua figlia appoggiava il mento al tavolo e la guardava con quegli occhi verdi che le ricordavano maledettamente qualcuno - Ma dai...- bofonchiò, rinunciando alla ritirata, tanto ormai la frittata era fatta. Aiko la guardò con le palpebre socchiuse e si morse il labbro inferiore - Ti lamenti sempre che noi due non si parla, poi quando ho bisogno che tu mi parli, che mi dica qualsiasi cosa, scappi.- sibilò la ragazza. Temari non era sicura di aver ben capito che diavolo stesse dicendo sua figlia, ma era sicura che volesse litigare. Litigare quando si è già infastiditi da qualcos'altro non è mai una bella cosa, più per le cazzate che potrebbero uscirti dalla bocca che per altro; tra l'altro Temari era fottutamente brava a litigare e non voleva certo far piangere sua figlia. Che secondo lei, Aiko aveva qualche problema ai condotti lacrimali, visto che l'ultima volta che aveva pianto era stata... quando aveva furiosamente litigato con suo fratello, un anno fà. 85 - Bè, scusami se il tuo broncio non mi fa vedere rose e fragole.- Quale broncio?, non ho nessun broncio io. Questa è l'inconfutabile dimostrazione che tu, papà e Shirai vi immaginate le cose.La kunoichi più grande inarcò profondamente il sopracciglio destro e appoggiò le reni al bancone della cucina, le mani che stringevano il bordo del marmo - Che succede?- Niente.- replicò - Voglio solo scavare una buca, infilarmici dentro e riempirla, magari perfezionerò la Moltiplicazione del Corpo, visto che due cloni mi vengono sempre piccoli come fagioli.- le parole uscirono smorzicate, dato che Aiko non sembrava voler staccare il mento dal tavolo. Ma vuoi vedere che le è saltato il ciclo?, pensò la bionda. Oddio, pensò ancora, ma ha diciassette anni! Non può saltarle il ciclo a diciassette anni! - Dì un po'...- No, mamma, non mi è saltato il ciclo. E si, prima che i tuoi flash mentali brucino i tuoi neuroni, sono vergine, così vergine che lì dentro ci sta stretto pure uno stuzzicadenti.bofonchiò chiudendo gli occhi per qualche secondo. Oh, questa era una bella notizia... bè... non proprio, ma almeno adesso sapeva la sua unica figlia femmina era ancora sana, pulita, vergine come era quando lei l'aveva fatta uscire dal suo utero. Si chiese se quella cosa dello stuzzicadenti fosse stata provata, poi, rendendosi conto che una madre non dovrebbe fare dello spirito sulle (dis)grazie della propria figlia, scosse la testa e arricciò il naso. Era una madre degenere, Yoshino lo diceva sempre. Poi un flash le trapassò il cervello. Guardò Aiko attentamente e realizzò che il problema stava tutto lì. Sbarrò gli occhi tanto così, arrossì come un pomodoro e un peperone rosso messi insieme e aprì la bocca per dire qualcosa di intelligente. -...- al primo tentativo, e lo sapete anche voi!, non si riesce mai - Oh. Mio. Dio!... certe volte neanche il secondo funziona. Ma lei sfidava chiunque a reagire quando una figlia ti chiedeva implicitamente di parlare di... quello! Shirai aveva le orecchie piene di fischi, gli prudeva il naso e non riusciva a starnutire, gli stavano lacrimando gli occhi anche se era all'ombra e anche se nessuno gli aveva calciato le palle dentro il suo corpo, i suoi capelli non stavano al loro posto e quella mattina sua sorella l'aveva guardato come una condannata al patibolo. E forse il problema stava tutto lì. Il fascicolo che teneva in mano sembrava così pesante che il ragazzo ebbe l'istinto di buttarlo all'aria, fregandosene altamente di Sasuke-malefico, strategicamente appostato (come un uccello del malaugurio) di fronte a lui. E c'era da dire che Shirai non aveva mai avuto nessun problema ad ignorare quello lì, ma quel pomeriggio sembrava tutto così difficile che anche l'Uchiha number uan riusciva ad essere interessante. La labbra dell'Uchiha si mossero leggermente, ma i fischi nelle sue orecchie gli impedirono di sentire quello che stava dicendo; quindi corrugò la fronte mentre Sasuke prendeva un grosso, enorme respiro - E' che non ci sento bene oggi.- si giustificò Shirai, mentre l'Uchiha tentava invano di sgonfiare la vena sulla sua tempia. - Sei un coglione.- Hey!- ululò in risposta. - E' che il tuo cervello sente solo quello che vuole sentire, microbo. Ora lascia quel fascicolo sopra la mia scrivania e vatti a buttare sotto qualche treno.Shirai non aveva mai capito quale grande tragedia avesse trasformato un bell'uomo come 86 quello in un cubetto di ghiaccio circondato da bombe atomiche. Si, il Nara sapeva benissimo che il clan Uchiha era stato tragicamente distrutto dal fratello ancora più pazzo di Sasuke-malefico, ma questo giustificava solo metà di quello che l'Uchiha number uan era. Il ragazzo pensava che purificare tutti gli Uchiha con il sale avrebbe risolto il problema; anche appendersi dell'aglio al collo poteva allontanare la loro nera aura e un paletto di legno e/o argento sempre dietro era una cosa buona. L'acqua santa non serviva a niente: aveva provato ad affogare il più giovane degli Uchiha nella tazza del water, benedetta da lui stesso con del sale giustappunto, ma era riuscito solo a far incazzare Ryuchi come un politico accusato di frode (ogni riferimento è puramente casuale; nessun politico di Naruto e/o del nostro mondo è implicato in problemi vari ed eventuali, blablabla). Sasuke guardò il ragazzo con la sua solita boria. Ma vuoi vedere che il microbo si è finalmente reso conto della sua inutilità?, pensò con una punta di soddisfazione l'uomo. - Posso chiederti una cosa?- No.- E' che mio padre è in missione, mia madre ha le sue cose,- Sasuke fece una smorfia disgustata - e tu sei l'unico con il quale posso parlare di... qualcosa.- il Nara posò il fascicolo e si sedette con grande dispiacere dell'Uchiha, il quale si vide costretto a chiudere ermeticamente i suoi timpani - E' che credo...- Shirai corrugò profondamente la fronte Veramente lo so, ma la speranza è l'ultima a morire, no?, comunque credo/so che mia sorella e tuo figlio abbiano/hanno litigato.Sasuke non battè ciglio. E cos'avrebbe potuto dire?, suo figlio e Aiko Nara litigavano sempre e comunque, anche mentre dormivano e Ryuichi si era praticamente abbonato al pronto soccorso da quando la seconda femmina dei Nara aveva scoperto che anche gli Uchiha avevano un organo genitale, pensiero che, anni prima, non l'aveva sfiorata di striscio. - Hn.- Il fatto è che questa cosa non può andare avanti! Litigano da quando si sono visti la prima volta, nelle missioni è tanto se non si fanno gli attentati a vicenda! Aiko è sempre piena di lividi, ma come diavolo lo stai educando, si può sapere?- una vena sul collo dell'Uchiha si gonfiò pericolosamente - Non si picchiano le donne, anche se sono kunoichi, sono sempre donne e Aiko è mia sorella. E se un giornò le farà del male sul serio?, guarda, sei avvisato Malefico, te lo faccio diventare femmina se le fa davvero male!Un'altra pericolosa pulsazione e l'Uchiha diventò così pallido che Shirai dovette unirsi alla sedia per evitare l'aura maligna e assassina che l'Uchiha stava egoisticamente allargando. Poi qualcosa sembrò calmarsi quando la sua dolce, tenera consorte entrò nel suo ufficio senza neanche bussare. Sakura li guardò entrambi, poi incrociò le braccia al petto e scoccò uno sguardo così deluso e infastidito all'Uchiha number uan che anche il Malefico dovette appiattirsi sulla sedia Non so cosa stia accadendo e non lo voglio sapere, ma il fatto che tu continui a comportarti come un pazzo uscito dal manicomio dopo anni e che continui a distribuire la tua fottuta aura in giro come se fosse una torta al cianuro, mi fa leggermente schifo, Uchiha.Sasuke rabbrivì e serrò le labbra per non rispondere, mentre Shirai le serrava per non scoppiare a ridere. Dieci minuti dopo Sakura uscì, Sasuke sembrava così esausto che il Nara ne ebbe quasi pena; fece per alzarsi e lasciare il Malefico alle sue macchinazioni (paranoieseghe mentali-ancora paranoie e propositi omicidi/suicidi), ma l'Uchiha gli scoccò uno sguardo molto serio (come se il Malefico possedesse altri tipi di sguardo, bà!) che lo inchiodò sul posto. - Sesso.Quell'altro sbattè le palpebre, molto confuso - Eh?Sasuke sospirò, affranto (affranto!!!!) - E' il sesso.- Non voglio conoscere i tuoi problemi sessuali con Sakura-chan, Malefico.87 Ancora una volta, la vena sul collo si gonfiò; era incredibile come quel microbo riuscisse a farlo incazzare, gli sembrava di avere un altro dobe a cui dedicare la tua pazienza, come se Naruto non facesse per otto! - Sei un coglione, microbo. Quei due,- e fece La pausa, quella che serve a creare suspance o a far incazzare qualcuno, dipende dai casi - vogliono scopare.Oh. Mio. Dio! - UCHIHA!Se qualcuno si chiede ancora quale sia l'insulto più maledettamentefottutamente insultante che esista, eccolo servito su un piatto d'argento. - DANNATO, MALEDETTO, STRAFOTTUTISSIMO UCHIHA!Infatti, Aiko Nara era molto propensa agli insulti... letteralmente. Il problema era che l'insultato in questione non sembrava neanche tanto sorpreso di essere, per l'ennesima volta, preso di mira da quella strega impossibilitata a tenere la bocca chiusa. E che aveva fatto stavolta? Non le aveva tirato cose addosso, non le aveva neanche rivolto la parola in effetti; non aveva inavvertitamente sfiorato il suo Santissimo e Purissimo braccio nè spalla nè piede; non si era premurato di ricordarle, per l'ennesima volta in diciassette anni, quanto lei fosse maschia invece che femmina; non aveva, di certo, sparso, di nuovo, in giro la voce che la piccolateneradolce Nara se la faceva con mezza Konoha; non le aveva assolutamente ficcato la testa sotto l'acqua per farla stare zitta e, assolutamente no, non l'aveva neanchepensata morta... quindi che cazzo voleva quella lì, da lui, non lo sapeva e non lo voleva sapere. Infatti non la cagò manco di striscio. Ah, ma quella era più dura del diamante, quindi Ryuichi si aspettava l'enorme sasso che gli venne scagliato contro, esso, infatti, si posò delicatamente vicinissimo ad un bambino di appena tre anni e la di esso madre (che lo guardò malissimo. A lui!). Alchè si girò, le braccia incrociate al petto e gli occhi inespressivi (vanto della sua razza, davvero, la sua stessa madre era terrorizzata dalla somiglianza tra lui e suo padre: Ryuichi non riusciva a spiegarsi perchè) che neanche la stavano guardando. Tanto sapeva cos'avrebbe visto: un tizio (bugia, Uchiha) con i capelli lunghi, le gambe lunghe e due protuberanze che non potevano neanche definirsi protuberanze (bugia, imbecille), con gli occhi verde marcio e la bocca digrignata che mostrava i denti storti. Quella era Aiko Nara per lui. L'Anticristo. - Cosa vuoi, bakaiko?La ragazza, rossa di rabbia, lo trucidò con lo sguardo - L'hai fatto di nuovo!- ululò, spaventando i bambini. Visto?, aveva sempre ragione, lui - Sebbene trovi abbastanza rivoltante il fatto che tu, esimia cosa, mi cerchi ogni qual volta capita qualcosa nella tua assolutamente eccitante vita, giudico ancor più rivoltante il fatto che non so di cosa tu stia parlando.Lei divenne ancora più rossa e si avvicinò di cinque passi - Sei entrato in camera mia e mi hai...mi hai!- strinse così forte i pugni che l'Uchiha sentì le unghie graffiare la pelle - Mi hai distrutto l'armadio!Ah, quello, se l'era dimenticato. E' che si annoiava!, ma cosa pretendeva quella, mh? - Non sono stato io.- Balle!- Lo giuro sul mio onore.- replicò alzando il mento, la ragazza ghignò malefica. - Quale onore, Uchiha?- sibilò, infatti, fece un altro passo avanti, adesso erano a minimo 88 otto centimentri di distanza. Stava occupando il suo spazio vitale, se ne rendeva conto, si? Solo perchè erano compagni di squadra non significava che lei poteva stargli così vicino senza il suo permesso! Era rivoltante, per essere fiscali. - Quella cosa lì, che tu non conosci neanche perchè tu sei, apparentemente, una donna e, di conseguenza, l'unica traccia di onore che avevi l'hai persa quando ti sei scopata l'Uzumaki? Si, bakaiko, io ce l'ho ancora a differenza tua.Gli occhi verdi della ragazza persero per un attimo la loro nota limpidezza, ma riacquistarono subito vita quando qualcosa scattò all'interno del suo stomaco: la rabbia. - Tu, l'onore, non sai neanche dove abita, Uchiha e sai perchè?Lui inarcò un sopracciglio e alzò un angolo della bocca - Illuminami.- perchè ad una provocazione si risponde sempre. - Perchè insultando me, Uchiha, insulti anche tua madre. E questo fa di te un bastardo ingrato, ed è per questo,- sputò mandando lampi dagli occhi - è per questo che se tu crepassi, io sarei la donna più felice del mondo!Ryuichi prese un respiro profondo e incrociò le braccia al petto e, stranamente, cominciare a fumare non gli sembrò più una cattiva idea, anche se lui odiava profondamente il fumo, l'odore, il sapore che lasciavano e la tosse che procurava, ma Aiko Nara riusciva a fargli salire il sangue al cervello e non per il desiderio, ma per la rabbia fottuta che gli procurava Senti un po', Nara, non m'interessano le tue fisime.- bofonchiò, già stanco di discutere. - Certo che non t'interessano!- ululò gesticolando con le braccia - Non t'interessa niente!- E ora di che diavolo stiamo parlando?- chiese guardandola dritta negli occhi. Lei boccheggiò un po' prima di ricomporsi - Del mio armadio distrutto.- Te ne compro uno nuovo, anzi, te ne compro due così la smetti di scassare. Kami, sei una seccatura.Lei diventò così rossa che anche un'aragosta sarebbe impallidita a confronto - Non chiamarmi seccatura, seccatura!- Cretina.- Imbecille!- Stupida.- e roteò gli occhi al cielo quando la madre con il bambino lo guardò ancora più male di prima. - Non sono stupida, razza di vegetale!- Un cactus o un' altra pianta ornamentale?- sghignazzò in allegria quando lei fumò dalle orecchie. Aiko chiuse strettamente gli occhi e voltò il capo dall'altra parte - E' inutile discutere con te.- Perchè?, io mi sto divertendo.- ghignò ancora di più - O devo pensare che andare a letto con l'Uzumaki abbia fottuto anche i tuoi neuroni?Lei si morse le labbra e respirò più volte prima di guardarlo ancora, gli occhi lucidi, ma lui pensò fosse per la discussione appena avuta. Aiko non disse niente, trattene il labbro inferiore tra i denti obbligando gli occhi dell'Uchiha a focalizzarsi lì, poi gli voltò le spalle - Domani non ci sarò agli allenamenti, dillo tu a Nejisensei.- Non ci penso neanche, bakaiko, sono fatti tuoi e io non ci guadagno niente, in ogni caso.- Già,- disse lei - lo immaginavo.Le sue orecchie continuavano a fischiare. Era una cosa maledettamente fastidiosa, come se una mandria di mosche si fosse arbitrariamente infilata nelle sue orecchie e non volesse più uscire, neanche l'allenamento serale era riuscito a far calmare quella cosa. 89 Shirai si asciugò il sudore sulla fronte con l'asciugamano che sua sorella gli aveva lanciato. ... 'spetta n'attimo... - Oddio! Quando sei arrivata?- si sconvolse da solo quando focalizzò sua sorella per bene, era proprio lei e non si stava immaginando le cose. - Da un po'.- E come mai sei qui?, non dovevi essere da un'altra parte?La discussione con l'Uchiha l'aveva scombussolato giusto un po', ma un pochinoinoinoino. Aiko sbadigliò e appoggiò i gomiti alle ginocchia unite - Sono a casa.- Si, lo so che siamo a casa, ma io ho una valida motivazione per starci, tu no!Sua sorella sbattè le palpebre - Hai fumato?- No!- Non arrabbiarti, accidenti! Perchè non dovrei stare qui?, è casa mia!Shirai boccheggiò, gesticolò incoerentemente e poi fermò ogni muscolo del suo corpo Lascia stare... malefico, Uchiha, seccature. Tu non c'entri assolutamente niente.Se mai una cosa del genere fosse stata possibile, Aiko non capì un tubo, ma in verità non era così - Che c'entra Sasuke-san?- Non chiamarlo san!- Senti, non è colpa mia se le tue manie ossessive/compulsive non sono riuscite a traviarmi; ora, che diavolo c'entra Sasuke-san?Lui bofonchiò qualcosa e roteò gli occhi al cielo - Ma niente! Cosa vuoi che c'entri il Malefico?, praticamente è un agnellino che si immagina le cose, altrimenti non so proprio spiegarmi perchè sto qui a segarmi il cervello.- Nii-chan...- sospirò - Secondo me dovresti ascoltare Tsunade-sama e chiamare uno strizzacervelli.- Non insultarmi, per cortesia.- E chi t'insulta, ti ho solo dato del folle, non è un insulto, ma un dato di fatto!- Come non è un insulto?!, e io non sono pazzo!Aiko sorrise, scoprendo i denti - Dicono tutti così, anche lo zio Gaara.Lui ringhiò e gettò l'asciugamano per terra in un gesto stizzito, poi l'additò con un'espressione ombrosa sul viso - Tu non andrai a letto con nessuno, segnati queste parole! Specialmente, non andrai a letto con nessun Uchiha e quando papà torna, troverò il modo di tenerti a casa e allontanarti dalle tentazioni malefiche dei Malefici, chiaro?!Lei, superato lo sconcerto, trattenne la risata che le era salita in gola - Ad una condizione, fratellone.- Quale?!- Devi picchiare Minato.Lui strabuzzò gli occhi - Eh?, non posso picchiarlo!Si guardò le unghie con le palpebre socchiuse, un'espressione anonima in viso - Ha messo in giro la voce che io e lui...- e usò quelLa pausa lì, che serviva a creare suspance, a far incazzare qualcuno e, contemporaneamente, a ridurre qualche neurone in poltiglia abbiamo fatto sesso.Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Shirai era sparito in direzione ovest, ovvero verso la residenza dell'Hokage. Aiko si chiese se Naruto-l'Hokage-scemo avesse la minima idea di come si combatteva un fratello geloso/pazzo/ossessivo e paranoico; con un sospiro Aiko pensò che Shirai era davvero scemo. Ma uno scemo utile. Quando Shikamaru tornò a casa, tre giorni dopo Quello Che Nessuno Voleva Dirgli Era Successo, si trovò davanti una scena che mai in 90 vita sua avrebbe scordato. Suo figlio con due occhi neri (il terzo chissà dov'era fuggito), il labbro gonfio e un sorriso da folle stampato sulle labbra; sua moglie con un mestolo bollente in mano che minacciava di morte un gatto che aveva avuto la fantastica idea di rovesciarsi la farina addosso e ora sgambettava per la cucina mentre Temari se ne stava immobile, le gambe leggermente divaricate e il braccio sollevato con il mestolo fumante che tremava tra le sue dita; Minato Uzumaki, noto rompi coglioni come ai tempi lo fu suo padre, con un livido enorme in fronte e annesso bernoccolo, il naso fasciato e le lacrime agli occhi. E in ultimo sua figlia, che stava violentemente stringendo il naso fasciato (e probabilmente rotto) dell'Uzumaki. Il Nara number ciu (perchè Shikaku era ancora vivo, a differenza di Fugaku che, ahinoi, era spirato tempo addietro, costringendo il suo unico figlio sano di mente ad impazzire, cercare vendetta e blapuntinipuntinipuntinibla) battè ciglio più volte, fino a quando le parole che sua figlia stava sibilando al figlio dell'Hokage non raggiunsero il suo cervello. Nello stesso momento in cui Temari scattava per uccidere l'ignaro micio, Shikamaru ululò alla luna mentre Shirai continuava a sghignazzare tutto contento. In un'altra casa, vicino alla residenza dell'Hokage (Il Malefico si era premurato di mettere tra lui e Naruto un muro alto dieci metri, con il filo spinato e trappole per topi sul terreno, così che ogni dobe capace di scavalcarlo trovasse una morte certa e dolorosa), Ryuichi Uchiha faceva rimbalzare una pallina da tennis sul soffitto, per poi riprenderla e ricominciare da capo almeno fino a quando o suo padre, sua madre e i gemelli non l'avessero minacciato di infilarlo in lavatrice insieme alle loro mutande. Le cuffie ficcate nelle orecchie, che mandavano le canzoni che Shirai Nara aveva aggiunto alla sua già numerosa playlist. Il rock non era proprio il suo genere, ma ammetteva che certe canzoni... bè, erano ascoltabili. Mosse appena le labbra, canticchiando la canzone che in quel momento gli affollava le orecchie. Your tears don't fall, they crash around me; her conscious calls, the guilty to come home. Your tears don't fall, they crash around me; her conscious calls, the guilty to come home... (Bullet For My Valentine - Tears Don't Fall) E chissà perchè, mentre l'ascoltava, pensava alla femmina-uomo-per-metà-Nara. Lee avrebbe avuto tante, tantissime cose da dire... e pure Sasuke, ma lui era un uomo con dei solidi principi. Infatti non avrebbe mosso nessun muscolo fino a quando suo figlio non si fosse fatto intelligente... poi lo avrebbe picchiato per i guai che giornalmente gli procurava... e poi si sarebbe congratulato, forse... sicuramente l'avrebbe fatto dopo che Sakura avesse smesso di torturare suo figlio... ma forse. Capitolo 15: To Pretend Lei non stava facendo dei pensieri erotici sul suo fidanzato. Lei non stava, assolutamente no, immaginandosi il suo fidanzato in una qualsiasi posizione anche lontanamente erotica. Non stava neanche pensando di non pensarci. Lei non si stava immaginando pressata contro un muro e/o superficie dura o morbida (avrebbe nettamente preferito la prima, ma, visto che non ci stava pensando, il problema non sussisteva), pressata da lui, ovviamente, e non stava pensando a quelle labbra, quei capelli, quel meraviglioso culo e quel fantastico, fenomenale, fantasmagorico, mozzafiatante caz... Però non ci stava pensando, quindi il problema non sussisteva, no? Sabaku no Temari non stava pensando a Shikamaru Nara in nessun modo, men che meno sessuale; infatti, lei, se ne stava giustappunto andando quando lui era entrato nel chiosco. 91 Certo, non che il fatto di pensare cose sessuali sul suo fidanzato fosse sbagliato, ma una scommessa è una scommessa e lei non aveva intenzione di perdere; e poi c'era l'eventualità che Shikamaru crollasse prima di lei, o almeno così sperava molto segretamente, così segreto che neanche lei sarebbe riuscita a trovarlo se solo quel pensiero non fosse stato, bè, suo. Il fatto era che odiava sentirsi debole per qualcosa, e lei e il Nara avevano praticamente battezzato (non nel modo tradizionale, certo che no, altrimenti non si sarebbero contati i Santi scesi in terra per ucciderli--o anche Naruto che, da quando l'Uchiha aveva detto 'si'all'Haruno navigava nella più patetica emosità, tanto che la sua dolcissima consorte aveva iniziato a farsi qualche domadina, e si sentiva in diritto di spallificare qualsiasi essere vivente sorpreso a fornicare fuori dalle mura domestiche o del villaggio. Temari lo aveva sempre pensato che quel tizio era più qualificato per fare lo scassaballe che l'Hokage) ogni superficie esistente e resistente presente in casa e nel Villaggio (tranne le dimore altrui, anche se Temari avrebbe tanto voluto visitare casa Uchiha, più per vedere se c'era ancora del sangue, ma nel frattempo una poteva sbizzarrirsi). Ciò non toglieva che lei non ci stava assolutamente pensando, no. Neanche quando Shikamaru le si sedette accanto, precludendole ogni via di fuga, sfiorandole casualmente la gamba con il suo ginocchio e, contemporaneamente, pizzicandole il braccio per verificare quanto grave era la cosa. - Non ci sto assolutamente pensando.- grugnì e si maledisse subito dopo, visto che il tono della sua voce risultò più ansimato del previsto. Shikamaru sollevò un sopracciglio e la guardò attentamente per qualche secondo. Nessun pensiero sessuale, nessun pensiero sessuale, nessun pensiero sessuale. Shikamaru chinò appena la testa, le sue labbra che sfioravano appena il suo orecchio. Proprio nessuno, non ci sto assolutamente pensando. Il suo respiro vicino al collo e quelle strafottutissime labbra che non si muovevano da dove lui le aveva messe. Nessuno. La mano di Shikamaru scivolò casualmente sulla sua gamba e lo fece in un modo così casuale che, Temari ne era convinta, nessuno nel chiosco se ne era accorto. Quella mano scivolò lentamente in su, poi in giu. Quando le dita si chiusero sull'interno coscia, Temari si lasciò sfuggire un rantolo che poteva essere interpretato in svariati modi, Shikamaru scelse il più ovvio e ridacchiò piano, le labbra ancora vicinissime al suo orecchio. Ah, questa gliel'avrebbe pagata, oh se gliel'avrebbe pagata. Il bicchiere volò dalle mani di Temari fino alla parete opposta, Sakura non fece una piega, ma sospirò, probabilmente per la perdita prematura del suo bicchiere. - Ci tengo ad informarti che le cose non sono mai così gravi come sembrano.- Non me lo dà!La bocca di Sakura formò una perfetta 'o' mentre il suo volto arrossiva, abbinandosi orribilmente ai suoi capelli - Ah...- tossicchiò un po' prima di ritrovare la serietà perduta, se mai l'aveva avuta - Bè, magari è stanco per le missioni, sai come vanno queste cose, noi non possiamo pretendere la luna quando il loro...- Cazzo!Sakura tossì di nuovo - Stavo per dire 'quando il loro lavoro li sfianca', ma se vuoi metterla in questi termini...La bionda le scoccò uno sguardo assente, come se non avesse ascoltato una sola parola di quello che lei aveva detto - Tu che cosa faresti?92 Quella roteò gli occhi al soffitto e incrociò le braccia al petto - Intendi chiedermi che cosa farei io se Sasuke si rifiutasse di fare sesso con me per un tempo indeterminato?- Esattamente.- replicò lei, aspettandosi una risposta sensata. - Quello che faccio da un mese: metterlo all'angolo e abbassargli i pantaloni, funziona sempre.A Temari venne quasi da ridere - L'Uchiha si rifiuta di fare sesso?- Se, vuole tenersi lindo per il matrimonio, ma stai sicura che se non la smette resterà zitello a vita.- Come se l'idea lo terrorizzasse.- bofonchiò strofinandosi gli occhi con due dita - Non posso certo mettere all'angolo un Nara.- protestò dopo qualche minuto di silenzio - Men che meno riuscire ad abbassargli i pantaloni, è come se lui sapesse sempre che cosa mi passa per la testa!- Bè, questa è una cosa buona.- No che non lo è!- sbottò livida - Io voglio fare sesso, capisci?, è quella stupida scommessa che non me lo permette e se io dovessi, ammettendo che qualcuno ci sia mai riuscito a parte Yoshino, riuscire a metterlo all'angolo, non potrei comunque fare più di questo perchè perderei!Sakura si chiedeva che problema avesse quella donna. Prima accettava una scommessa che non poteva vincere, poi si lamentava perchè sapeva di non poter usufruire degli angoli visto che, poi, l'abbassamento delle mutande l'avrebbe fatta perdere. Non capiva, bà. - E dormiamo insieme!- E che problema c'è?, spediscilo sul divano.- Non gli farei nessun danno,- ringhiò - dormirebbe comunque e io voglio farlo soffrire.Sakura cominciava seriamente a stancarsi, quindi si scrollò nelle spalle e disse la prima cosa che le passò per la testa per togliersi quella seccatura di torno (doveva pur cercare di trovare Sasuke, disperso da ore chissà dove e chissà perchè) - Provocalo.- Certo,- annuì - mi metterò a camminare mezza nuda per casa e lui mi guarderà con la solita espressione da... da Nara e il mio orgoglio andrà fuori dalla finestra, no!, dai confini!- Oh, come sei esagerata.- Provaci tu a vivere con un Nara. Facciamo una cosa, tu mi dai l'Uchiha per tre giorni e io in cambio ti presto il Nara.La neo-medico inarcò profondamente un sopracciglio - Tu odi Sasuke.- Appunto, non c'è pericolo che mi vengano pensieri sessuali mentre lo guardo.- argomentò, in maniera molto spiccia e coerente come suo solito. - A me Shikamaru non ha mai fatto schifo...- fece l'altra, accavallò le gambe e sollevò il mento come se stesse pensando - E più di una volta mi sono accorta di quanto siano large le sue...- Vuoi morire?Lo sguardo sbigottito di Sakura somigliava più agli occhi di una sardina appena pescata No, veramente no.- e si stava pure divertendo! - Aaaaaaaaah, tanto è inutile. Dovrò fare i conti con il periodo più orribile di tutta la mia vita, e neanche quando Gaara era nel suo momento più nero ho mai pensato una cosa del genere. Secondo te dovrei tornare a Suna?- Ti serve un medico.- Tu sei un medico, guariscimi.Il sopracciglio di Sakura s'inarcò di nuovo - E' una proposta indecente?- Bà, vedila un po' come ti pare, basta che risolvi il problema sono aperta a tutto.- Pure allo stetoscopio?, ho una specie di fetish...- Oddio, non così aperta.- Bè, possiamo sempre usare la katana.Temari rabbrividì - Hai un fetish per lo stetoscopio? Ew.93 - Ho detto una specie, non me lo sogno mica la notte.- Scommetto che ne hai uno sul comodino e nel momento clue lo guardi perchè sennò non concludi.Sakura rise apertamente, reclinando la testa indietro - Si, certo, e il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi è immaginare come sarebbe se, insieme allo stetoscopio, ci fosse anche la katana.- Ma il manico, intendi?- Di che cosa stiamo parlando?Temari mise su un'espressione saggia - Del manico della katana dell'Uchiha.- Ah, allora ho molte cose da dire.Temari fece una smorfia orripilata, seguita da un singulto disgustato. Sakura ridacchiò - Scommettiamo che la katana di Sasuke batte quella di Shikamaru.- Ti pentirai di questa affermazione, fiorellino.[Per la cronaca: Sasuke in quel preciso istante era fuori dalla porta che ascoltava, con uno sguardo che andava dall'orripilato, al perplesso, al compiaciuto, al terrorizzato. Ovviamente, nessuno avrebbe capito quale espressione avesse l'Uchiha nè che tipo di sguardo stesse lanciando alla porta, ma Kakashi, la quarta volta che passò di lì, si chiese che cosa diavolo stesse facendo il suo pupillo, fermo come una statua di marmo, di fronte casa sua]. Alle otto meno venti tutta Konoha sentì l'urlo sofferente di Naruto la cui unica colpa era quella di esistere e Ibiki Morino gliel'aveva, giustamente, ricordato dopo averlo rincorso per mezz'ora per chissà quale giustissimo motivo. Hinata, quando l'urlo si propagò, stava in bilico su una scala... inutile dire che fine indecorosa fece; TenTen era troppo occupata a mangiarsi con gli occhi Neji che lottava nell'acqua con Lee mentre Gai delirava al solito suo per accorgersi di altro; Sakura aveva finalmente trovato Sasuke e quando Naruto aveva urlato, lei aveva casualmente gettato uno sguardo su una katana a caso, mentre Sasuke si chiedeva perchè, oh perchè!, la sua mamma l'aveva fatto così bello. Temari, che non stava veramente facendo nulla, guardò con perplessità fuori dalla finestra e si scrollò subito dopo nelle spalle quando vide Kakashi entrare a parabola nel suo campo visivo per poi cadere orgogliosamente in piedi e iniziare a correre. Per lei Konoha era sempre stata una colonia di pazzi fumati e sclerotici, basti pensare che il D. N. A. di Orochimaru proliferava ancora grazie all'Uchiha, che il futuro Hokage era un pazzo ossessivo e che l'attuale Hokage era, in ordine d'importanza, un'accanita giocatrice d'azzardo, un'alcolizzata e una donna alla quale il botox faceva il baffo. La bionda kunoichi si passò stancamente una mano sul collo, districando con le dita i riccioli sudati e, contemporaneamente, cercare di non guardare il suo fidanzato amabilmente sbracato sul divano, mezzo nudo e sudato. Cosa poteva fare una donna? - Senti, io la prossima settimava vado a Suna.- Salutami i granelli di sabbia, uno per uno, mi raccomando.Temari roteò gli occhi al soffitto e gli si avvicinò per guardarlo in faccia. Lui, ovviamente, aveva gli occhi chiusi, una mano sulla nuca e l'altra sulla pancia; Temari si sedette sul pavimento e incrociò le braccia sul divano - Ti chiederei di accompagnarmi...- No.- Quanto sei dolce.- grugnì. Ma quello non mosse neanche un muscolo, lei voleva picchiarlo e violentarlo insieme, e la cosa era illegale in ogni continente a lei conosciuto - Ho un casino di lavoro, seccatura. Tre giorni per andare, i tuoi fratelli ti trattengono sempre per una settimana o due, tre giorni 94 per ritornare...- Si dice che per amore si scalano le montagne.- bofonchiò. - Certo amore, ma io non ce la voglio l'Hokage a seguirmi mentre scalo questa fantomatica montagna.Lei borbottò qualcosa che neanche il più bravo traduttore sarebbe riuscito a comprendere e nascose la testa ricciuta tra le braccia, più per nascondere il sorriso che per altro - L'Uchiha ce l'ha più grande.Ma neanche qui ebbe una reazione degna di questo nome, infatti il Nara sbadigliò e poi inarcò un sopracciglio - Non mi dire...- No, davvero, cioè, lo so che Sakura esagera sempre quando c'è di mezzo l'Uchiha, ma qui si parla di...- distanziò i palmi e sospirò - una cosa di questo genere.Shikamaru voltò il capo e socchiuse gli occhi, solo per richiuderli come se qualcuno gli avesse puntato uno strobo in faccia - Non stiamo parlando dell'Uchiha in quel senso, mh?Lei ebbe la faccia tosta di sghignazzare - Non stiamo parlando dell'Uchiha, ma del piccolonontantopiccolo Uchiha.- incrociò di nuovo le braccia sul divano e sospirò - E poi è tutta colpa tua.- Ma non mi dire...- E della fottuta scommessa...Il Nara sghignazzò apertamente - Sei una ninfomane.- Ha parlando la vergine sacrificale!- Dai seccatura, un mese, cosa vuoi che sia per te, oh somma valchiria?- le parole uscirono ovattate dalla sua bocca, visto che aveva metà della faccia pressata sul cuscino - Non è colpa mia se sei fatta male, Tem.- Certo, tanto alla fine è sempre colpa mia.- sbuffò dando un piccolo pugno sui cuscini del divano, poi, ricordandosi che sentiva decisamente troppo caldo, optò per una doccia rinfrescante che aiutava sempre, quindi si alzò, tanto il Nara sarebbe stato fuori uso per tutto il giorno, visto che si era appena addormentato. Shikamaru fu esiliato dalla camera da letto quella stessa notte, non tanto per la scommessa, sia chiaro, ma Temari aveva sentito l'esigenza di avere il letto tutto per sè. Inutile dire che, per Shikamaru, non faceva nessuna differenza dormire sul divano, quindi Temari non ebbe la soddisfazione di sentirlo brontolare. La bionda si chiese cosa potesse veramente fare una donna con un cretino come quello per fidanzato, e gli chiese quella stessa domanda la mattina seguente, mentre facevano colazione. Shikamaru nascose la bocca con la mano, esibendosi in uno sbadiglio degno di un tricheco affamato e si asciugò la lacrimuccia appena formatasi con il dorso della mano - Cos'è che vuoi, seccatura?- Sapere cosa devo fare?- rilanciò mentre guardava con estrema attenzione la tazza di caffè. Lui gemette e si passò entrambe le mani sui capelli sciolti - Riguardo a cosa, Tem?Tutte quelle domande di prima mattina non facevano bene, Temari avrebbe dovuto saperlo che il cervello di Shikamaru sarebbe andato in fumo, ma non si dette certo per vinta - Al sesso, Nara.- Ah, si, quello.- battè ciglio, sicuramente per schiarire la visuale ancora appannata; aveva un'espressione apertamente vulnerabile in quel preciso istante - Esperienza bellissima, devo dire, un po' stancante però.- Shika...- Il sesso è bello, volevi questo, mh?Lei sospirò affranta e, prendendo la sua tazza ormai vuota, si alzò e raggiunse il lavello. Con occhi amareggiati e la bocca che formava una linea sottilissima, riempì la tazza d'acqua, 95 impugnò la spugna già insaponata e si mise al lavoro cercando di non pensare troppo all'idiota seduto. Temari sapeva che non poteva offendersi, dato che quella scommessa, lei, l'aveva accettata, ma non poteva neanche restare indifferente alle risposte di lui che, in sincerità, avrebbero fatto imbestialire anche un sasso. Quindi non voleva veramente ferirlo quando lui le accarezzò la schiena, ottenendo solo uno scatto stizzoso che lo lasciò lì, sopracciglia corrugate e labbra socchiuse. Temari adagiò la tazza sul ripiano, si morse il labbro inferiore e, come se lui l'avesse appena insultata, uscì da quella stanza mentre Shikamaru chiudeva i pugni e guardava fisso davanti a sè. Lui stava guardando fuori, fumava in silenzio. Lei si mordeva le labbra e aspettava che l'acqua bollisse, guardava le foglie di tè nel contenitore di porcellana e pensava a quanto stupida, inutile e ironica fosse l'azione dell'aspettare. Aspettare che le scuse riuscissero ad uscire dalle sue corde vocali, per farlo finalmente girare e guardarla. Perchè a sbagliare, questa volta, era stata lei. Ed era stupida perchè sarebbe bastato un fiato, un singolo, minuscolo respiro. Era inutile perchè non ci riusciva, nonostante lo volesse tanto. Ironica, si. Lo era perchè lei riusciva a chiedere scusa quando lo colpiva troppo forte, quando lo spingeva per sbaglio, quando lo toccava con le dita bagnate, quando per sbaglio lo mordeva e, si, anche quando il silenzio era troppo e la prima a cedere era lei. Ma non riusciva a scusarsi per essersi offesa. Ironico, mh? Temari deglutì e strinse le labbra in un blando tentativo di palesare la sua frustrazione. Azione inutile dato che lui non la stava guardando. Ed erano passati due giorni. Due. Giorni. Non l'aveva chiamata seccatura neanche una volta in quei due giorni. Lei non voleva partire per Suna con loro in quello stato. Non senza chiarire, senza almeno litigare; perchè se lui litigava significava che gl'importava, che lei per lui contava. E invece niente, non ci riusciva. Chiuse le mani a pugno mentre il vapore dalla pentola saliva fino alla sua faccia, le lacrimarono gli occhi, spense il fornello, spostò la pentola, prese il mestolo e riempì una tazza. Tutto così schematizzato che Temari si vedeva quasi. Metallica. Robotica. Fredda. La cosa buffa era che grazie a quella stupida scommessa era venuto fuori un lato del loro rapporto che lei non aveva mai creduto esistesse. Il loro rapporto era fragile come la porcellana. Non era bello capirlo, lei non avrebbe mai voluto capirlo. Lei lo sapeva che Shikamaru conosceva quel lato da molto tempo; era sempre stato lui a parlare di cose veramente serie, a dubitare della reale serietà nei rapporti di coppia e di quanto fragili potessero essere i rapporti tra un uomo e una donna. Lei non aveva neanche pensato che il loro rapporto fosse normale, perchè non lo era. Erano diversi come l'acqua e il fuoco, volubili, instabili. E se una scommessa era riuscita a farlo incazzare, Temari non voleva sapere cosa potessero aspettarsi in futuro. Lui era placido come l'acqua. Lei lo faceva ribollire. 96 Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, raccolse ogni molecola di ossigeno nei polmoni, trattenendolo dentro fino a quando non iniziarono a pulsarle le orecchie. - Il tè è pronto.- disse a voce abbastanza alta, così che, se lui l'avesse ignorata, il dubbio che non l'avevesse sentita non sarebbe stato un'optione valida. - Lasciamelo sul tavolo, ora non ne ho voglia.- giunse la risposta, ma era come se qualcuno gliel'avesse presa con le pinze, non era neanche strascicata, era forzata. - Bè, se ti piace il tè freddo...- protestò piano, passandosi una mano sulla faccia per coprire gli occhi che bruciavano, bruciavano, bruciavano, bruciavano, ma tanto lui non la guardava giusto? Che problema si faceva?, non c'era nessun bisogno di nascondersi. [Non l'aveva chiamata seccatura in quei due giorni, mai. Nemmeno. Una. Volta]. - Quando vai?La sua testa ricciuta scattò verso di lui - Dove?- A Suna.- e non la stava guardando cazzo! - Martedi mattina. Presto, perchè?La sua scrollata di spalle fu un pugno in pieno stomaco - Così, per sapere.Lei deglutì una seconda volta e guardò le foglie di tè dentro la sua tazza - Tu cos'hai fatto oggi?- Il solito.E la kunoichi, semplicemente, scoppiò - Hai intenzione di continuare a far finta di non conoscermi?Shikamaru mosse appena il collo per poterla guardare, un sopracciglio inarcato anche se non c'era nessuna traccia di ironia nella sua espressione - Certo che no.- E allora tagliala!- ruggì - Non lo sopporto.Il ragazzo prese un breve respiro e annuì - Certo, guai a chi infastidisce Sabaku no Temari...- borbottò come se stesse parlando ad un muro di mattoni, poi Shikamaru scosse la testa come se un'improvvisa realizzazione l'avesse investito - Tanto è inutile. Lascia perdere il tè: sto uscendo.Temari lo seguì con gli occhi fino a quando non si disse che non era giusto, e allora gli si avvicinò con poche falcate e, una volta ch'ebbe le sue spalle davanti agli occhi, lo spinse così forte che se Shikamaru non avesse posseduto un equilibrio invidiabile sarebbe finito a gambe all'aria; la bionda assottigliò le palpebre, succhiò il respiro tra i denti - Io non lo so perchè sono così, ficcatelo in testa dannato Nara. A me non piace perdere, a me non piace sistemare le cose che sistematicamente sparpaglio in giro e odio quando tu mi fai sentire come un minuscolo, essere inutile e se non inizi a guardarmi ora, Shikamaru Nara, giuro sul mio strafottutissimo orgoglio che sarò io ad uscire!Ma Shikamaru scosse di nuovo la testa, aprì le braccia e, contemporaneamente, si scrollò di nuovo nelle spalle - Cosa vuoi che ti dica, resta?, non lasciarmi?- Bè sarebbe un inizio!- Hai sbagliato pollo.Lei prese letteralmente fuoco - Hai perfettamente ragione, sei un pollo! Ma cosa pretendi che faccia, eh?- Lascia perdere.Shikamaru fece un mezzo tentativo di voltarsi, ma le dita di Temari serrate sulla sua spalla lo bloccarono con una distinta voglia di scaraventarla contro la parete opposta e farle uscire l'umiltà a forza; quindi le circondò il polso con le dita, stando comunque attento a non farle troppo male. - Non voltarmi le spalle mentre parliamo.- gli disse con un tono che era quasi tranquillo, un po' turbato, che gli graffiò la ferita ancora aperta del suo orgoglio sbrandellato (perchè quando un uomo si innamora, diventa cretino, ma non abbastanza per permettere ad una donna di prendere a calci la sua dignità o il suo amor proprio o qualsiasi altra cosa che gli appartiene; Temari era davvero brava a distruggere le cose) facendolo sentire un po' in 97 colpa, ma era incazzato. Lo era. - Non stiamo parlando. Tu non sai neanche che cosa stai dicendo, apri la bocca solo per giustificarti dato che non puoi sbagliare, tu. Non sei umana, non commetti errori, sei sempre nel giusto e nessuno deve venirti a rompere le scatole per le cavolate che fai. Non stiamo parlando, Temari. Tu vuoi solo, per l'ennesima volta, mettere le mani avanti e dire che non è colpa tua. Non è mai colpa tua. E sai cosa?, mi sono rotto. E pretendo le tue scuse Temari. Le voglio, ti è chiaro il concetto?detto questo le mollò il polso, le voltò le spalle, e uscì. Temari si chiese come mai, quando qualcosa si incrinava, le persone si muovevano come se avessero qualche bullone arrugginito. Era come se, quando qualcosa si spostava senza il loro permesso, loro stesse si arrugginissero. Così meccaniche. Robotiche. Fredde. Capitolo 16: To Forgive [Non è amore quell'amore che muta quando trova un mutamento.] William Shakespeare Suo padre diceva sempre che la mattina è il momento migliore per litigare, Temari aveva sempre creduto che suo padre fosse un tantino fatalista, un tantino assai per essere fiscali. Per non parlare di tutte le volte che il suo amato padre aveva tentato di accoppare lei, il suo ventaglio e la sua colazione. C'era da dire che, nonostante la pazzia dilagante nella sua famiglia, lei e i suoi fratelli (più o meno) erano venuti su bene, vuoi per il loro sensei, vuoi per l'istinto di sopravvivenza; quindi non c'era da stupirsi se Sabaku no Temari diventava una personcina caustica quando s'inalberava per benino. Testimone l'albero che aveva appena abbattuto e un gruppetto di genin poco lontano, ai quali tremavano le ginocchia e lacrimavano gli occhi (sembrava che l'albero appena deceduto fosse il loro punto di ritrovo-Temari non trovava dentro sè il dispiacere per i piccoli vedovi). Chiamatela isterica, chiamatela mostro, ma lei sfidava chiunque a restare calmi e pacifici quando il vostro ragazzo (e amico, amante, convivente, ombra) vi piantava in asso a casa vostra, pretendendo le vostre scuse perchè voi siete fatte male. La bionda kunoichi si passò la mano sinistra sulla bocca, la sua fronte era sudata e i capelli sulla nuca si erano attaccati ovunque riuscissero ad attaccarsi. I suoi occhi erano sbarrati, le pupille piccolissime che facevano risaltare il verde dell'iride. Incazzati pure quelli, e anche turbati, forse più turbati che altro. Il dubbio provoca sempre strane reazioni, strani battiti, strani pensieri. Temari, nella sua vita, aveva dubitato tanto su tante cose. Su suo fratello Gaara in primis, poi sul Suono e poi anche su Konoha. Aveva dubitato di se stessa quando Kankuro era stato avvelenato, pensando che se ci fosse stata lei, con lui, magari il danno sarebbe stato minore. 98 Aveva dubitato della sanità mentale di suo padre e di quell'istinto paterno che, forse, era stato dimenticato oppure mai posseduto. Sabaku no Temari aveva dubitato dell'Uzumaki, di Sakura, dell'Uchiha, di tutta Konoha. Mai di lui. Di Shikamaru mai. Neanche adesso ci riusciva, eppure avrebbe dovuto e invece no, perchè Shikamaru era così statico, i suoi atteggiamenti sempre gli stessi, anche il modo in cui la guardava non cambiava mai, neanche quando erano in missione, neanche quando lei doveva partire. In quel momento Temari dubitava, ancora una volta, di se stessa, della sua capacità di adattarsi, di adeguarsi ad un'altra persona. Dubitava che sarebbe riuscita a fare le sue scuse, ora che lui le aveva pretese. Le pretese fanno male, era come essere traditi dal tuo migliore amico, come un ultimatum che tu non vuoi e non puoi accettare. Un compromesso. O così o niente, è orribile sentirselo dire, soprattutto se sei una con un carattere particolarmente forte, particolarmente orgoglioso, particolarmente tutto. Il brutto dei dubbi e delle pretese è che nessuno, tranne te, può darti un motivo per accettarli, perchè se qualcun'altro avesse le risposte che ti servono non esisterebbe nè l'uno nè l'altro. E, in fondo, abbiamo tutti bisogno di un motivo per credere, per convincerci che quello è sbagliato è quell'altro è giusto. Lei non li trovava questi motivi, nenche dopo due giorni senza parlargli, senza guardarlo negli occhi, senza lui nel letto. Neanche dopo tanto li trovava. E allora era normale dubitare della realtà dei suoi sentimenti, perchè quando una cosa ti fa male è normale allontanarla, ma quando la mancanza di quella cosa, quella persona, non ti fa dormire la notte (e ti fa male lo stomaco, ci pensi a ruota continua anche quando non dovresti) è altrettanto normale cercare di riprendersela, no? E allora perchè lei non ci riusciva? Il dubbio ti fa marcire dentro, ti corrode il fegato tanto che lei certe volte credeva di non riuscire a respirare. Guardò l'albero che aveva abbattuto, poi pensò ai piccoli genin, voltò la testa per cercarli e ne era rimasto solo uno. Un marmocchio di appena undici/dodici anni, gli occhi grandi di un marrone che era quasi vivo, la fronte aggrottata, la bocca socchiusa come se volesse dire qualcosa. Aveva i pugni chiusi con così tanta forza che Temari catalizzò il suo sguardo lì, credendo che da un momento all'altro si sarebbe rotto le dita. Lei aprì la bocca, poi la richiuse. Perchè lei non ci riusciva? Si morse a sangue le labbra, respirò dal naso, il sudore si ghiacciò sulla sua pelle. Mi dispiace, era così difficile da dire? Ad un bambino per di più. Era davvero impossibile?, così complicato? Il bambino non le stava neanche chiedendo niente, nessuna pretesa. Perchè non ci riusciva? Prese un respiro profondo, cercò di districare i capelli attaccati sulla nuca con gesti nervosi delle dita e fece un passo avanti, guardò il bambino negli occhi che adesso avevano un non so che di stupito. - Ti va un frappè?- - Chi è morto?Di una cosa il mondo intero era sicuro: Naruto era stupido, ma uno stupido divertente la maggior parte delle volte. Shikamaru non lo guardò neanche, ma la rigidità dei suoi muscoli facciali si intensificò quando il biondo si sedette di botto al suo fianco - Sai, sono passato per la via principale e ho visto questo negozio qui, quello nuovo hai presente? Quello che ha aperto il figlio di 99 quella donna, quella amica di tua madre, presente? Comunque ci sono passato davanti ed è davvero interessante!, non credi anche tu che sia interessante?- Vendono arredamenti, Naruto.- Appunto! C'era questo, come si dice?- pressò due dita sulla fronte, in profonda concentrazione - Cesso!- Water...- E' uguale. Comunque c'era questo 'water' con un programma! Praticamente ti parla mentre tu... bè, espelli.- Oddio, ha appena usato 'espelli'...- gemette il moro. Naruto strabuzzò gli occhi, poi arrossì - Non si può?- Dovremmo festeggiare invece. Chi te l'ha insegnata?- Sakura poco fa, mi stai prendendo in giro, Mister Genio?- il Nara, più per noia che per altro, decise che era cosa buona e giusta lasciare l'Uzumaki nel dubbio, quindi non rispose. Tra l'altro aveva problemi ben più grossi di Naruto per la testa, tipo una bionda kunoichi testarda che sarebbe partita per Suna, il loro rapporto che vacillava e l'incazzatura. Si, erano problemi ben più grossi di Naruto e del suo water parlante, cos'avesse da dire poi... Il biondo staccò un filo d'erba e se l'infilò tra le gengive, poi si sorresse sui gomiti e guardò il cielo con una ruga sulla fronte (segno divino, ovvero: stava veramente pensando). - Sai...- Non l'ho visto.- replicò il Nara, sperando che l'omino arancio capisse che non aveva proprio voglia di stare a sentire i suoi vaneggiamenti. - Non lo sto mica cercando, quel pervertito fedifrago.E fedifrago chi gliel'ha insegnata, l'Uchiha? - Comunque stavo pensando che potrei andare con Temari-san a Suna, sai... per Gaara.quando il Nara non rispose, Naruto pensò che non gli interessava la sua opinione in merito, poi un pensiero orribile, come un fulmine, gli folgorò i neuroni e arrossì - A-ah, ma non... cioè io non sono, voglio dir...urgh!- sbarrò gli occhi e Shikamaru lo guardò solo per sincerarsi che non stesse soffocando, ma Naruto, una volta che incrociò i suoi occhi, arrossì ancora di più e voltò il capo mentre si grattava la nuca - Cioè, non... non mi piace Temarisan...- il Nara arcuò profondamente un sopracciglio, Naruto sembrò ancora più imbarazzato, era totalmente arancione adesso - Bè si, mi piace come... come la porchetta, non come ramen e porchetta...Le sue similitudini stavano via via diventato umanamente insostenibili. Shikamaru si chiedeva spesso se il DNA della volpe non si fosse legato a quello di Naruto, visto che il biondo somigliava sempre più ad un animale quando cercava di puntualizzare un concetto. Tipo quando l'Uchiha si era rotto il migliolo del piede (aveva brutalmente sbattuto contro uno spigolo mentre Sakura e Naruto lo stavano inseguendo, di nuovo, per evitargli di scappare, di nuovo) e Naruto aveva ben pensato che era cosa buona e giusta far fare ad un cane la pipì sul suddetto mignolo, perchè Tsunade aveva detto che in caso di morso, l'unica soluzione era l'ammoniaca, se non c'era, si usava la pipì -- no, Naruto non faceva nessuna distinzione tra una medusa ed un cane o un comodino -- (l'Uchiha dormiva eh, altrimenti avrebbe attivato sharingan e affini per accoppare, finalmente, il suo migliore amico). Ma dato che non c'interessa nulla del mignolo dell'Uchiha, diremo che Naruto aveva un istinto particolare e basta. In quel momento la priorità vitale di Naruto era far sapere a lui, Nara Shikamaru, che Temari non gli piaceva come gli sarebbe piaciuta un'Hinata ricoperta di ramen e porchetta, o qualcosa del genere. - ... quindi non essere geloso!- concluse il biondo mentre Shikamaru tentava di cancellare l'immagine di ramen e porchetta cosparsi su un'Hinata compiacente. - Hn.- rispose piantando bene i piedi sull'erba e incrociando le dita sulla nuca. 100 Sollevò il busto e, infine, appoggiò i gomiti alle ginocchia, passandosi una mano tra i capelli sfuggiti alla coda - Ci tieni proprio, mh?Quello arricciò il naso e corrugò le sopracciglia - Eh?- Per il Kazekage...- Ah, si. Bè, è da un po' che non ci si vede. Mi brucia, perchè vorrei andarci da Hokage una buona volta, però è un po' che non ci si vede, così...- si grattò il mento - Non è che potresti chiederlo tu a Temari-san?- Ti spaventa?Naruto sembrò scandalizzato, e forse lo era - No!, posso andare io se tu sei spaventato!- il Nara reprimette la risata - Però Sakura-chan dice sempre che tra moglie e marito non bisogna metterci caval donato... o qualcosa del genere...- gesticolò incoerentemente mentre il filo d'erba che aveva tra le gengive si muoveva - E poi Temari-san mi è sembrata... non lo so, un po' diversa in questi giorni...- sputò il filo d'erba e si leccò le labbra Cooooooomunque,- battè le mani sul terreno e si alzò spazzolandosi i pantaloni - spero che non sia grave come sembra, Mister Genio.- Cosa vai blaterando?- bofonchiò, disegnando con l'indice cerchi e quadrati sui pantaloni. - Bè, se Temari-san va a Suna...- si scrollò nelle spalle - Voglio dire, se va a Suna senza nessun motivo per ritornare, quella mica torna! Te lo dico io!, magari è stanca...- si bloccò all'improvviso, le mani a mezz'aria - Bè, non ha molto senso, è solo che... ho questa sensazione eh? Non offenderti, ok? Ci vediamo!Tsunade sentiva il fetore dei guai poco prima che questi bussassero alla sua porta; era grazie a questo sesto senso che riusciva ad evitare i membri del Consiglio ed Iruka la maggior parte delle volte. In quel momento il quinto Hokage rabbrividì dalla punta dei piedi fino alla nuca e fece per togliere i piedi dalla scrivania quando Sabaku no Temari entrò dalla finestra. Quella lì, pensò Tsunade, aveva capito tutto di lei ed era una cosa molto preoccupante. - Non mi guardi così.- grugnì la kunoichi piantando i piedi sul pavimento - Non sono mica Umino.Tsunade roteò gli occhi al soffitto e fece cenno alla donna di accomodarsi davanti a lei, tanto per essere sicura che la Sabaku non volesse ammazzarla - Qual buon vento ti porta qui?- a quest'ora indecente, avrebbe voluto aggiungere, ma lei era l'Hokage, doveva conservare un minimo di autorità! - Il permesso.- Permesso?, quale permesso?Temari chiuse pazientemente gli occhi e prese un respiro profondo contando fino a dieci Non posso partire per Suna senza il suo permesso, scritto di suo pugno, con la sua firma sopra.- Ah.- fece tetramente - Già.- replicò altrettanto tetramente l'altra bionda. Un pesante silenzio piombò su di loro, come se stessero preparando uno scontro, Tsunade tossì, Temari spostò il peso da un piede all'altro. L'Hokage si grattò il mento e battè ciglio - Te lo farò recapitare al più presto.- Mi serve adesso.Una vena pulsò sulla tempia della sennin - Sono impegnata ora.- Aspetterò.- Sabaku...Quella digrignò i denti e la guardò con la parola testardaggine stampata a caratteri gotici sulla fronte. Passarono i minuti e Tsunade reprimette la voglia di chiamare Iruka e far scrivere a lui il 101 permesso (perchè lo faceva sempre e aveva una bella grafia, sapeva anche usare il punto e virgola senza andare in iperventilazione come accadeva sempre a Kakashi. Un leader deve saper usare al meglio le capacità dei suoi sottoposti e non è abuso d'ufficio o di potere!, ma semplice buon senso), ma lo sguardo fermo della kunoichi le diceva che non avrebbe accettato un permesso proveniente da altre mani. Che palle. Al limite dell'esasperazione (erano minimo dieci minuti che stavano a guardarsi negli occhi, anche un topo si sarebbe esasperato!) battè le mani sul tavolo, riposizionò i piedi sul pavimento e afferrò rotolo e calamaio, rischiando di rovesciare l'inchiostro sul suo vestito nuovo (costato un patrimonio perchè, sapete, il suo petto aveva bisogno di misure speciali e c'era assolutamente bisogno della migliore sarta di Konoha), per poi cominciare a scrivere Sabaku no Temari...- recitò con tono irritato - è autorizzata a lasciare i confini di Konoha sotto il...- bagnò il pennino con l'inchiostro - permesso ufficiale dell'Hokage, la quale predispone il ritorno della sovracitata Ambasciatrice,- avrebbe voluto scrivere trita ovaie, ma, ovviamente, il suo buon senso la fece desistere - dieci giorni dall'arrivo a Suna. La firma,- sigillò il rotolo con un'espressione iraconda - e ora che ho adempiuto ai miei compiti, evapora.- poi qualcosa le passò per la testa - Vai a Suna?- Si, il permesso per favore.Tsunade non ricordava di averle ordinato di andare a Suna. Perchè andava a Suna?, eh, senza un motivo non poteva mica lasciarla andare! Diamine, quella voleva il suo permesso ufficiale senza un motivo?! - Perchè vai a Suna?E Temari non aveva una risposta valida a quella domanda, l'Hokage lo capì quando la kunoichi distolse lo sguardo dal suo - Sabaku, non posso lasciarti partire se non mi dai un motivo.- affermò autoritaria, rizzando la schiena e stringendo le dita sui braccioli della poltrona. - Voglio assicurarmi che vada tutto bene.- Non sono arrivati messaggi allarmanti da Suna, i vostri confini sono sorvegliati.La kunoichi non replicò. L'Hokage roteò indolentemente gli occhi al soffitto e le porse il permesso - Se uccidi qualcuno dirò che non sono stata io a scrivere questo permesso.- Che gentile.- Faccio quel che posso per adempiere ai miei compiti.- Di paraculismo?- Soprattutto quelli!- si massaggiò le tempie con gli occhi socchiusi, e chissà a quale catastrofe stava pensando - Da quando l'Uchiha è tornato il Consiglio mi sta addosso peggio di una cozza allo scoglio, quindi non fare stupidaggini perchè non possiamo certo incolpare lui se ammazzi qualcuno. Porta i miei rispetti al Kazekage e torna per il tempo prestabilito o ti manderò dietro il Team 7, cani, volpi e...- gesticolò incoerentemente - hai capito.Inutile dire che, quando Naruto si presentò nel suo ufficio entrando, pure lui, dalla finestra, Tsunade si sentì un po' presa per il culo quando capì che il marmocchio pretendeva, pure lui, un permesso ufficiale per andare a Suna; ovviamente Tsunade non scrisse alcun permesso, nonostante Naruto scalciasse per ottenerlo; in cambio gli disse che cercavano un ninja qualificato per trasportare ramen nei vari, piccoli villaggi dentro i confini. Perchè Tsunade conosceva i suoi polli e sapeva come tenerseli fuori dai piedi senza darlo a vedere. La prima cosa che notò fu lo sguardo della Yamanaka che si puntò sulla sua faccia come i 102 fari di un camion che stava per investire qualcuno. Si, quando l'unica femmina del Team 10 non era dell'umore si vedeva. Della serie: "Se osi avvicinarti ti faccio a fette, poi ti ricompongo e ti sbrandello e infine ti sputo pure nell'unico occhio sano che ti ho lasciato", insomma si vedeva lontano un miglio che Ino Yamanaka non era affatto contenta di vedere lei, Temari Sabaku no, nel negozio di suo padre. Cos'avesse fatto di male per meritarsi tanta ostilità era riassumibile in due semplicissimi concetti: 1. Shikamaru e Ino erano amici e compagni di squadra; 2. Temari aveva fatto incazzare Shikamaru che era un amico e compagno di squadra di Ino. In sintesi era come se Temari avesse detto all'Uzumaki che l'Uchiha non meritava di essere vivo. Morale?, non era molto sicura di aver scelto il negozio giusto, vuoi perchè non aveva voglia di litigare con una donna, vuoi perchè non aveva davvero tempo per quel genere di divertimento. E si, diciamo pure che non voleva macchiare il pavimento con il sangue della Yamanaka o lasciare che lo stecchino affilasse i suoi artigli sulla sua pelle, sporcando il pavimento. C'era da dire che Temari non sapeva davvero dove andare altrimenti, e se avesse anche solo potuto scegliere di ignorare il senso di colpa, non sarebbe, in qualunque caso, riuscita a dormire quella notte; quindi tanto valeva uccidere il problema ed andare avanti. Avanti in senso figurato, s'intende, dato che in quella particolare situazione si poteva solo fare dietro front, impacchettare armi e mutande e ritornare definitivamente a casa (non che ci avesse pensato sul serio, eh). Ino continuava a fracassarle il cranio con quello sguardo tra l'omicida e il tremendamente offeso, Temari sbuffò e borbottò fino a quando Ino non inarcò un fine sopracciglio e appoggiò entrambi i gomiti al bancone, reclinando il busto in avanti, mettendo in risalto la scollatura e le ossa delle clavicole (ma quanto era sottile quella lì?). Era come se la Yamanaka si aspettasse qualcosa da lei... - ... ciao?E in quel preciso istante (si, quando le guance lattee della fioraia diventarono bordeaux e gli occhi ancora più chiari perchè le pupille si assottigliarono, si, in quel preciso istante quando sembrò che un'aura maligna s'impossessasse del suo esile corpo, proprio in quel momento...) Temari comprese che aveva scelto la parola errata. Dicono: "Ritenta, sarai più fortunato". - Ciao?!- gracchiò l'altra bionda - Tu dici a me 'ciao'?!- Bè, cosa dovrei dirti?- Cosa dovres... ascoltami bene tu, brutta infingarda fedifraga... traditrice!, come osi?- Tecnicamente non ho ancora osato niente, ma se ci tieni...- replicò socchiudendo gli occhi e stringendo le labbra in una linea sottile. Ino non sembrò affatto disturbata - Tu...- sibilò e gesticolò incoerentemente, poi prese un respiro, si passò una mano sulla fronte, chiuse gli occhi e poi fece un gesto con entrambe le mani, come se stesse buttando via qualcosa - Ok, va bene, cosa vuoi?- Sei pazza?Sulla tempia di Ino pulsò una vena - Cosa. Tu. Volere?- Si, sei fuori peggio di un citofono scassato...- e prima che il cervello dell'altra scoppiasse, decise che si era stufata - Un albero che cresce in fretta?- Il pioppo* e ci tengo che tu sappia che sono assolutamente dalla parte di Shikamaru!Lei sospirò - E dove lo trovo un pioppo?- E' pieno di pioppi qui in giro, cretina. Ah, e sappi che sono assolutamente convinta che se non ti scusi ti mollerà!- E se, diciamo, ne prelevassi uno? Non ci vuole un permesso?Ino sgranò i suoi occhioni - Vuoi prelevare un pioppo?103 - Ipoteticamente parlando.- bofonchiò, arrossendo appena. La fioraia battè ciglio, poi si ricordò che era assolutamente, profondamente, irrimediabilmente, tragicamente arrabbiata con Sabaku no Temari e incrociò le braccia al petto - Un pioppo non si preleva ipoteticamente, e Shikamaru ha sempre ragione.- Ti offendi se ti dico dove te la puoi infilare questa ragione, tesoro?- Ti offendi se ti infilo l'ipotetico pioppo su per il retto, amore?Accidenti. - Ok,- e dire che, se fosse rimasta a Suna, il problema 'albero abbattuto -> bambino infelice' non sarebbe mai esistito - ho accidentalmente abbattuto un albero che era il punto di ritrovo di un gruppo di bambini...- Sei un mostro.- ... e voglio... sistemare le cose quindi sono venuta qui perchè sei la fioraia più vicina e mi veniva di passaggio perchè io stavo casualmente passando di qua e mi serve sapere se posso o non posso sradicare un pioppo dalla foresta di pioppi e scaricarlo lì dove l'altro albero stava così quel bambino dormirà sereno la notte.- prese silenziosamente respiro e la guardò dritta negli occhi - Ma se non puoi aiutarmi, vado da qualche altra parte.Ino roteò gli occhi al soffitto, slegò il grembiule e lo buttò di lato, si sistemò i capelli guardandosi allo specchio e aggirò il bancone - Ci servirà Lee.- poi si ricordò che era assolutamente, avete capito, arrabbiata con Temari Sabaku no e praticamente attaccò il naso a quello dell'altra, piantandole pure l'unghia dell'indice sul collo - Ma sappi che se non ti scusi con Shikamaru e lui finisce col vegetare ad oltranza come stamattina, io ti giuro che il pioppo finirà dritto dritto dentro il tuo intestino crasso!La riccia inarcò un sopracciglio - Nara ti ha fatto qualcosa?Ino si voltò rabbiosa verso l'uscita - Quel fetente doveva aiutarmi a scaricare fiori e vasi stamattina!- Doveva?- la seguì. - Si, doveva!, perchè invece di portare il suo culo qui è rimasto tutto il giorno a poltrire in un prato, mentre io mi rompevo la schiena!- poi Ino ringhiò - Ma sono comunque dalla sua parte!- Se, se, ho capito.- Sono seria!Tornò a casa che erano le undici e mezza di sera passate e aveva ancora le mani sporche di terra. Sentiva la schiena protestare e le ginocchia reclamare a viva forza un sostegno, ma con uno sguardo schifato alle sue mani, Temari si rese conto che la sua priorità era preservare la sua salute dai batteri e non riposare le sue povere, vecchie membra. Una volta che aprì il rubinetto e vide che nel lavello non c'erano nè piatti nè posate, capì che molto probabilmente Shikamaru non era in casa. Alzò per un attimo gli occhi al soffitto, poi li chiuse e, una volta che la temperatura dell'acqua si aggiustò, iniziò a rimuovere la sporcizia nelle sue mani usando una quantità industriale di sapone che bruciò i tagli che aveva su entrambi i dorsi e i palmi delle mani. Una volta finito, prese la spugna e pulì il lavello per tenersi occupata. Lo pulì per mezz'ora tanto che anche l'acciaio, adesso, implorava pietà. Era strana la facilità con cui riusciva ad evitare pensieri scomodi quando era fuori ed era strano il fatto che non riusciva a non pensarci quando era circondata dai confini di casa sua. E poi quella postazione, il lavello, aveva qualche cosa di particolare. Creava una reazione in lei che neanche il più bravo psicologo... o Shikamaru stesso riuscivano ad ottenere. Respirò dal naso - Ok. Doccia.Ma le sue ginocchia la inchiodarono lì, tremando in protesta tanto che Temari si vide 104 costretta a stringere le dita sui bordi del lavello, così forte che le nocche diventarono bianche. Si, venne mandata al diavolo anche dai suoi muscoli, decisamente stanchi di assecondare i pensieri folli della loro padrona (perchè non era normale trasportare un pioppo da un posto ad un altro) e stremati per la giornata in generale. Temari borbottò una sequela di insulti destinati a nessuno in particolare, poi afferrò una sedia e ci buttò il proprio culo sopra. Se doveva morire sarebbe morta comoda. Non si aspettava di trovarla sveglia, vuoi perchè era veramente tardi e vuoi perchè lui sperava vivamente di trovarla addormentata. Perchè se si dovevano ignorare era meglio farlo quando uno dei due non era in grado di sentirsi ferito, dato che nessuno dei due era veramente masochista. In quel caso, Shikamaru aveva fatto tardi di proposito, monopolizzando il suo migliore amico fino a quando quest'ultimo non si era addormentato, per evitare un confronto diretto con Temari. Non perchè aveva paura, ma perchè le parole che aveva detto Naruto avevano, in qualche strano modo, disturbato la sua tranquillità mentale. E c'era da dire che Naruto, negli anni, era diventato un esperto nei brutti presentimenti. Quindi era con quella punta di dubbio e trepidazione che era entrato in casa; e se Temari non fosse stata sveglia, lui sarebbe sicuramente entrato nella loro camera da letto solo per sincerarsi che lei c'era e stava dormendo. Si era psicologicamente preparato a non fare rumore prima di entrare, poi l'aveva vista. Sveglia. Seduta. Immobile. Gli aveva fatto un po' impressione a dire la verità. E si era bollito nel dubbio di chiamarla o ignorarla, di avvicinarsi o andarsene, di perdonarla o punirla. L'amore è crudele, ci sono volte che non ti lascia neanche il tempo di pensare e volte che di tempo te ne lascia o troppo o troppo poco. E' un po' una presa per il culo. Shikamaru aveva pensato, davvero, ci si era messo d'impegno perchè capiva che il loro non era un problema risolvibile con un mazzo di fiori o un abbraccio, no. Ed era arrivato alla conclusione che, nel loro rapporto, non esisteva un'equità. Ma questa equità non era mai esistita, neanche quando erano soltanto colleghi, e gli andava bene prima, sul serio. Lui non voleva cambiarla, l'aveva amata così com'era, se l'era presa così com'era conoscendo i limiti che potevano e non potevano sorpassare. Non l'aveva scelta per una cosa sola, ma tutta. Non aveva messo in conto il suo carattere, perchè se lui dava venti, chiedeva almeno dieci. Ed è inutile che si continua a dire che in amore e in amicizia non si pretende nulla e non si può chiedere nulla. Lui dava, lui chiedeva di rimando. Era una cosa naturale. Erano naturalmente entrati in conflitto, loro due, per un motivo stupido che aveva fatto affiorare problematiche pesanti che entrambi non avevano mai pensato di poter avere nè sopportare. Lui sperava che il loro rapporto fosse di più. Un più generale. E adesso non sapeva cosa cazzo fare; e se davvero lei non fosse più tornata? E se lei non aveva intenzione di chiedergli scusa? E se la situazione fosse andata avanti, cosa sarebbero diventati? Si sarebbero odiati? Dubbio. Roba brutta il dubbio. 105 Poi Temari alzò la testa e lo guardò, anche lei sembrava abbastanza sorpresa di vederlo; da quella distanza Shikamaru non sapeva dire con certezza che gli occhi di lei fossero davvero rossi come sembravano, in realtà non era neanche sicuro di volerlo sapere visto che si sarebbe subito sentito male, perchè se lei aveva pianto (e lui sperava che non fosse successo niente del genere) la colpa sarebbe stata completamente sua. Camminò fino al frigo, che aprì subito così che l'anta nascondesse la sua faccia - Non riesci a dormire?- le chiese, afferrando una bottiglietta d'acqua per poi riposarla ed optare per una birra. - ... Non ne ho voglia.- la sua risposta arrivò solo quando Shikamaru stappò la bottiglia di birra e si sedette su una delle sedie; osservò Temari deglutire e grattarsi il palmo della mano destra, quello con il maggior numero di taglietti, alcuni avevano arrossato la pelle attorno, stava per chiederle cos'aveva combinato quando Temari coprì come meglio poteva la mano - Cos'hai fatto oggi?- gli chiese per fargli distogliere l'attenzione. - Niente di nuovo, il solito, noioso lavoro.- prese un lungo sorso di birra senza neanche gustarla, la inghiottì come avrebbe inghiottito una fetta di limone - Tu hai litigato con un cactus?- Un pioppo.- Un pioppo?Lei annuì, lui la copiò. - E cosa ti ha mai fatto di male un albero, mi chiedo...Temari ridacchiò piano, si passò una mano tra i capelli ignorando il lieve bruciore che ogni movimento provocava - E sono stata dall'Hokage,- guardò attentamente la reazione di Shikamaru, come se si aspettasse uno scatto di rabbia, quando non vide alcun segno negativo continuò - per il permesso.- E come motivazione per il viaggio? Cosa le hai propinato, mh?- inquisì, e nonostante sentisse la birra rinfrescare la sua gola, sentì improvvisamente caldo come se qualcuno gli avesse infilato un fiammifero acceso nelle orecchie. Temari si ritrasse appena sulla sedia, mordendosi le labbra - Che intenzioni hai?- gli chiese, infastidita. - Nessuna.- Perchè a me sembra il contrario?- lo fulminò con lo sguardo. - Massì, dimmi pure quali intenzioni devo avere Temari, illuminami.- cercò di non fare troppo rumore quando appoggiò la bottiglia sul tavolo, ovviamente fallì nell'intento e il rumore del vetro che sbatteva contro il legno sembrò il piombare di un macigno sul cristallo. - Smettila.- disse, guardando lui e la bottiglia come un nemico. - Perchè?Respirò pesantemente mentre Shikamaru stringeva le dita sul vetro e la guardava Smettila.- disse lei a denti stretti. - Io mi sento preso per il culo.- la bloccò, nonostante lo sguardo che gli lanciò, la fermò, neanche lui sapeva perchè - Perchè continui a volere andare a Suna nonostante tutto, è una presa in giro.- Non ne voglio parlare.- Perchè?- lei si alzò, ma non rispose, preferì aprire e chiudere le mani visto che le si erano addormentate, scelse di riempire un bicchiere con l'acqua del rubinetto, bere un po' e poi svuotarlo nel lavandino. Shikamaru continuava a fissarla, la birra dimenticata, non sentiva neanche il bisogno della sigaretta tanto era livido; a lui non piaceva svicolare, non in quelle circostanze. In ogni caso non voleva e non poteva più aspettare. Tutta quella situazione era una stronzata, e se Temari non riusciva a chiedergli scusa lui non le voleva più. Davvero. 106 Si passò una mano sul collo sudato e chiuse gli occhi - Quindi andrai a Suna.- e lo disse a denti stretti, come se pronunciare quella sentenza gli costasse troppo ossigeno. Si alzò, lasciando la bottiglia ancora piena sul tavolo e accarezzò la schiena di Temari con gli occhi prima di sospirare - Io vado a dormire,- lei annuì lentamente, Shikamaru sospirò ancora sali anche tu quando ti senti.E la lasciò da sola; non sapeva in quale altro modo gestire la situazione. Temari non imparava nè con le buone e neanche con le cattive, doveva per forza sfarinarsi il cervello per capire veramente dove stava sbagliando e perchè stava sbagliando. Shikamaru non poteva davvero farci niente, lei era così e, da come stavano le cose, le possibilità di un cambiamento erano nulle, o all'incirca tali. Dirle di salire non era un tattica per farla crollare, lui voleva farle capire che nonostante la rabbia l'avrebbe sempre accolta, sempre ripresa. E forse Temari era troppo orgogliosa per accettare una tregua del genere, forse il compromesso non le stava bene e magari questa volta voleva davvero portare la loro relazione ad un altro livello e voleva seriamente capire dove, come e perchè aveva sbagliato. In un certo senso la capiva, era una donna dopotutto, e le donne sono esseri fantasticamente mentali e terribilmente introspettivi; capiva che, forse, a lei serviva solo altro tempo (che lui, in onor del vero, le aveva ampiamente lasciato); certo questa sua consapevolezza non cambiava il fatto che lui era arrabbiato e offeso, no che non la cambiava, ma Shikamaru era sempre stato un uomo paziente, certo che poteva aspettarla. E non si addormentò tranquillamente come al solito quella notte, aspettò per due ore che Temari salisse, ma quando la sveglia segnò le quattro di mattina il sonno e la stanchezza presero sopravvento e si addormentò con un braccio fuori dal letto e l'altro che stringeva un cuscino che non era il suo. Così, come un bambino. Temari, invece, non dormì affatto. E si, ci aveva provato, ma il divano non le sembrava più così comodo. E dire che Shikamaru ci dormiva così bene, o almeno così credeva. La tentazione di salire da lui era così forte che le gambe spasimavano di muoversi nonostante la stanchezza. Salire quelle scale, aprire quella porta ed infilarsi in quel letto... non poteva. Quindi sospirava stringendosi le mani sugli occhi, sfregandosi la fronte sudata con il braccio e cambiando posizione ogni due secondi. Alle cinque di mattina sfoggiava due occhiaie che erano una meraviglia e quando qualcuno bussò delicatamente alla porta fu tentata di non aprire e far credere a chiunque ci fosse la fuori che no, Nara e Sabaku non erano in casa, ma sarebbe stato infantile e irresponsabile. Se fosse stato Kakashi o Yamato, venuti a cercare uno di loro due per una missione o qualsiasi altra cosa inerente il villaggio (Shikamaru era a capo di una squadra dopotutto, e lei era ancora un'ambasciatrice), cos'avrebbero pensato non trovandoli a casa? Si alzò svogliatamente dal divano, i codini sfatti che mostravano quanto in realtà fossero lunghi i suoi capelli ricci, e aprì la porta con decisione. Si trovò davanti Choji con il braccio alzato, pronto a bussare un'altra volta. Quando la vide sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, uno di quelli che gli trasformavano il viso e illuminavano una stanza intera - Heylà, Temari!- disse spostando il peso del corpo da un piede all'altro - Mi fai...?- e indicò l'interno della casa con un gesto della mano; Temari si fece da parte e chiuse la porta una volta che l'altro entrò. - Volevi qualcosa?- sempre dritta al punto, lei, non le piaceva perder tempo. - Ah,- Choji si diresse verso il frigorifero, sempre con il sorriso stampato in faccia, lo aprì e afferrò i quattro budini al cioccolato che lei adorava mangiare il pomeriggio, e lo fece come se fosse a casa sua (ed effettivamente lo era, visti gli anni di amicizia che lo legavano sia a Shika che a lei, figuriamoci, non la chiamava più Temari-san da anni) - in realtà mi sono svegliato troppo presto ed Ino è ancora al settimo sonno,- borbottò mentre apriva un budino - pensavo che Shikamaru fosse sveglio, quindi...- si sedette e Temari lo imitò - Scusa 107 l'irruenza eh, ma non ho ancora fatto colazione.Temari lo liquidò con un gesto della mano, non poteva arrabbiarsi con Choji, sarebbe stato come lanciare kunai ad un bambino - C'è anche una torta...L'espressione di Choji s'illuminò ulteriormente e si alzò subito. Lei si lasciò scappare un sorriso intenerito quando Choji le voltò le spalle per aprire di nuovo il frigorifero. - Mmmmmh, al cioccolato...- aveva quasi la bava alla bocca quando si risedette con la torta davanti agli occhi. - Vuoi caffè o qualcosa?Choji negò col capo e prese un'abbondante cucchiaiata di torta, alla terza però Temari iniziò a sentirsi scrutata e, alzando gli occhi, notò che Choji non aveva smesso di fissarla da più di dieci minuti. - Ho qualcosa in faccia?- A parte le occhiaie?- replicò senza mezzi termini il ragazzo, posò il cucchiaio e si grattò una guancia imbarazzatissimo - Scusami.- Tranquillo. E' vero. Non ho dormito.- lo guardò di rimando, ma le parole che erano uscite dalla sua bocca erano più meccaniche di quello che avrebbe voluto; Choji ovviamente se ne accorse, ma era un tipo troppo gentile per farle notare quanto forzata era la sua voce. - E non avete fatto pace.- sospirò - Siete due testoni.- Non credo che questi siano fatti tuoi.- poi chiuse gli occhi e respirò profondamente - Forse lo sono, ma non è con me che dovresti parlarne.- Io non devo parlare con nessuno, Temari.- strabuzzò gli occhi - Al limite ascolto, e sono giorni che non faccio altro che ascoltare, vuoi la mia opinione?- Non te l'ho mica chiesta...- Secondo me,- appoggò entrambi i gomiti sul tavolo - tutto questo è stupido e voi due testoni.- Choji...- Ma non sono venuto qui per sistemare le cose, Shikamaru si è dimenticato le sigarette a casa mia e lo sappiamo tutti e due che la sigaretta mattutina è un sacramento.- sbuffò infilando la manona nella tasta anteriore dei pantaloni, sfilò il pacchetto di sigarette e lo posò sul tavolo - Non volevo sbafarmi la tua torta...- e abbassò gli occhi molto più imbarazzato di prima. Se quello era un modo carino per farsi perdonare, bè, c'era riuscito - Ne farò un'altra, ho molto tempo da perdere in questi giorni.Choji gettò uno sguardo esasperato al soffitto, ma Temari finse di non averlo notato. Dopo cinque minuti buoni di silenzio (durante i quali lei aveva messo via i budini e buttato il vassoio dove un tempo riposava la sua bellissima torta al cioccolato) Temari si sentì toccare leggermente la spalla - Non devi per forza chiedergli scusa, sai?- lei si morse il labbro inferiore - Non essere nervosa, sii te stessa, digli tutto quello che ti passa per la testa come hai sempre fatto, lui capirà.- E le cose torneranno esattamente come prima.Choji si scrollò nelle spalle - Non lo puoi sapere davvero Tem.- e si raddrizzò (perchè si, era molto, molto più alto di lei) - Ah, mi sento pieno di buone intenzioni oggi, dai le sigarette al ghiro e poi spediscimelo, ok?, dobbiamo allenare i poppanti oggi.- era quasi uscito dalla cucina quando si voltò di nuovo, il labbro inferiore trattenuto nervosamente dai denti Temari,- lei lo guardò in risposta - qualche volta, non sempre, qualche volta bisogna trovare...- schioccò le dita - un punto d'incontro, un compromesso accettabile per entrambi e non deve essere per forza un limite e non per forza deve far star male o fuori posto.- gettò uno sguardo alle scale che portavano al piano di sopra - Lui capirà.- E se il problema non fosse lui? Sono io quella da raddrizzare!- sbottò e strinse le mani, mentre Choji la scrutava con quegli occhi troppo belli, troppo umani, non si poteva mentire a quegli occhi. 108 - In questo villaggio c'è solo una persona che deve essere raddrizzata, e non sei tu. Shikamaru non ha mai detto che ti vuole diversa, lui vuole solo essere un normale ninja poltrone con una donna kamikaze accanto,- si scrollò nelle spalle - non vi ho mica capiti, io.- e lei rise. Quando Choji uscì, tutto sorridente e compiaciuto (perchè aveva di nuovo salvato il culo al suo migliore amico senza darlo a vedere), Temari si appoggiò di fianco alla porta e si accorse che stava fissando le scale solo quando iniziarono a bruciarle gli occhi. Con un sospiro e i denti che torturavano le labbra, salì il primo gradino cercando di fare il più piano possibile. Si fermò a metà della scala quando Shikamaru entrò nel suo campo visivo, già vestito per uscire. Da quanto era sveglio?, non che fosse un problema, lei e Choji non avevano detto niente di nuovo (il fatto che Choji le avesse detto quello che già sapeva funzionava come un incoraggiamento a fare quello che doveva fare, ovvero abbassare la testa e ammettere che lei era una cretina e che lui aveva ragione a pensare che la causa di tutte le disgrazie mondiali fosse lei), ma il piano non era quello. Lei doveva salire tutte le scale, per cominciare, entrare in camera da letto e svegliarlo. Perchè lui era già sveglio quando lei era ancora a metà delle scale? Perchè doveva sempre rovinarle il gioco, accidenti a lui?! Shikamaru aveva ancora la vista appannata dal sonno, ma la vide. E non sapeva cosa fare (perchè lui, ovviamente, non aveva sentito nulla). Certo, l'idea di prendere la palla al balzo e spingerla giu dalle scale risparmiandosi così altri anni di tragedie gli aveva solleticato il cervello. Il problema era che la voleva troppo per ammazzarla, poi magari con gli anni uno cambia idea, e a quel punto sarebbe stato lui a lanciarsi da un ponte. - Buongiorno.- disse, così tanto per tastare il terreno, ma Temari strinse le labbra in una linea sottile, corrugò le sopracciglia e arrossì, inutile dire che Shikamaru inarcò entrambe le sopracciglia, ma lasciò perdere con un sospiro - Ho dimenticato...- Le sigarette.- finì per lui - Sono sul tavolo, Choji è passato, è appena andato via.Sbagliava o Temari era nervosa? - Hn, mi ha risparmiato il viaggio.- bofonchiò a bassa voce e fece per sorpassarla, eppure lei non si muoveva, gli bloccava il passaggio e si limitava a guardarlo. Shikamaru, ormai, aveva perso ogni speranza. Conosceva troppo bene Temari e poteva tranquillamente dire che, a quel punto, ogni cosa sarebbe ritornata come prima senza che lei facesse nulla per migliorare la situazione. E gli andava bene, davvero, gli andava benissimo; probabilmente l'avrebbe uccisa nel sonno, ma gli andava bene. Era un uomo paziente, e checchè se ne dicesse, amava la donna che gli stava davanti. La amava, chiaro?, con tutti i suoi difetti e i suoi dolori (perchè non aveva avuto una vita facile, la seccatura, e di sicuro non era così insopportabile perchè ci era nata con quel carattere; l'avevano indotta a costruirsi una corazza, ad essere diffidente e arrogante e vanitosa, si era vanitosa. Una persona che si crede la migliore può essere solo due cose: megalomane o vanitosa). E lui la amava... - Smettila di pensare, non serve.- certo, qualche volta pensava che non si meritava tutto quello... che cosa gli aveva detto? Temari alzò il mento e puntò gli occhi sul muro - Credo di... aver sorpassato il limite.Riuscì a non strabuzzare gli occhi solo perchè aveva ancora sonno. Lei prese un profondo respiro, era difficile scusarsi dopo tutto quel tempo, la prossima volta non avrebbe più lasciato correre. Era troppo difficile dormire sapendo che lui era arrabbiato con lei, non lo sopportava - E' che mi sono impuntata e...- le parole le morirono in gola - Non voglio che le cose tornino come prima, perchè non mi sta bene e non ce lo meritiamo, Nara.- o, almeno, lui meritava molto di più, molto di più. 109 Lo guardò dritto in faccia - Non succederà più, Shika.Aveva uno strano modo di scusarsi, la seccatura, eppure non riusciva a lamentarsi come suo solito - Lo pensi?, che non succederà più dico.- lei non rispose - Certo che succederà di nuovo, seccatura.Temari strinse il davanti della sua maglietta, arrivandogli sotto il mento e gli sussurrò le sue scuse senza mollare per un secondo i suoi occhi. E lui che, davvero, stava bene così non ci riuscì, proprio non ci riuscì. Sorrise con le labbra appoggiate sulla tempia di Temari e le mani che tremavano dalla voglia di prenderla, strangolarla, sbatterla al muro e schiacciarsela addosso. E non riuscì a trattenere anche quella, di voglia. Capitolo 17: Nakama Alle nove e mezza di sera, dopo aver sopportato per un'intera giornata i deliri di mezza popolazione Kohoniana mocciosi inclusi, Temari se ne stava distesa nel suo letto, con addosso il pigiama di qualcun'altro, ovviamente. E, ovviamente, stava ancora lavorando per evitare che quella dispostica donna, che era l'Hokage, impazzisse. Quel giorno, verso le quattro di pomeriggio, Tsunade-Hokageillustrissima-rompi-coglioni si era catapultata da lei sbraitando su sake, ritardi vari ed eventuali, ancora sake e-perchè quel disgraziato di Kakashi non è ancora arrivato? E il mio sake?, doveva arrivare questa mattina, perchè non è arrivato accidenti a te!?- Temari sentiva, giustappunto, ancora la sua voce dentro la testa. Il che portava alla sua attuale occupazione, ovvero tenere la mente occupata con documenti ufficiali riguardanti la politica di mezzo Paese del Fuoco e, nel frattempo, si chiedeva che cavolo stesse combinando in quel preciso momento il suo, come definirlo, convivente? Pistolino a domicilio?, futuro marito? Qualcosa del genere, comunque. Si lasciò scappare un sospiro stanco e pensò anche di alzarsi e preparare qualcosa da mettere sotto i denti, ma il letto era veramente, veramente comodo e lei era davvero, davverodavvero stanca morta/stecchita/sepolta/consumata/polverizzata. Certo, non si sarebbe mai immaginata che fare la kunoichi a Konoha sarebbe stato così seccante. A Suna faceva su per giu le stesse cose, eppure non tornava mai a casa con il preciso intento di commettere uno sterminio; sarà anche stata l'umidità, che a Suna era un enorme presagio di sventure, oppure quell'odore lì che infestava le strade e che faceva diventare l'omino arancio un ammazzo di cose mollicce, simili a gelatine con la bava in cima. Lui lo chiamava 'raaaaaaaaaamen', lei preferiva sempre cambiare strada e, stranamente, veniva sempre seguita dall'Uchiha. Parlando dell'uomo sono-un-traditore-incallito-lasciatemi-in-pace-ma-nutritemi, Temari non era ancora riuscita a capire la sua effettiva utilità, perchè oltre a litigare silenziosamente con tutti (tranne con l'omino arancio e lì c'era da strapparsi i capelli) non faceva niente. E magari era solo lei a pensarla così (anche se Tsunade-sama proponeva sempre di dare all'Uchiha una botta in testa, soffocarlo prima che si riprendesse e occultare il cadavere), ma anche Shikamaru sembrava abbastanza contento del ritorno del morbo. E morbo lo era sul serio, visto che ogni essere vivente che gli si avvicinava finiva sempre con il cadere a terra morto stecchito, o a camminare per giorni come un'anima in pena. In definitiva Konoha era un covo di pazzi, c'era pure chi aveva fatto soldi scrivendo filastrocche sull'argomento, e lei non ne conosceva nessuna, per inteso...aveva solo sentito voci di corridoio su un tizio che aveva scritto un libro pieno di cose del genere, per lo più prese in giro, sberleffi più o meno veri e ironia a volontà. 110 Le voci dicevano che fosse stata la stessa Tsunade a realizzare suddetta opera, più per ripagare i suoi debiti che per reale senso di giustizia nei confronti di chi, come Temari, credeva che Konoha fosse il ventre di ogni male. Basti pensare che Itachi Uchiha era di Konoha, Madara idem e la volpe a nove code non era stata di certo pagata per attaccare Konoha, era la profonda e nera sfiga che circondava il villaggio ad aver fatto ben pensare al demone di spazzarla via. Di sicuro Suna sarebbe diventata la nuova capitale se tale meravigliosità fosse accaduta, ma Temari conosceva pure l'enorme culo che i Kohoniani avevano. Basti pensare che Itachi Uchiha aveva fatto vivere il suo fratellino, tale Sasuke Uchiha, redento (?) traditore. Tale morbo aveva accoppato Orochimaru che, Temari ne era profondamente convinta, non sarebbe mai passato a miglior vita se l'Uchiha non fosse scappato, dato che aspettare una mossa dai due Sennin rimasti fedeli era come aspettare che Elvis Presley cantasse little boxes in chiave rock 'n roll, mosse annesse; anche Kakashi era di Konoha, nonostante i suoi capelli ricordavano vagamente i capelli/o fili/o qualsiasi altro modo d'angelo che si mettono sull'albero di Natale (ma Kakashi non poteva certo essere un angelo, e non era neanche un albero di Natale, quindi Temari credeva che Kakashi fosse stato rapito da un uomo rosso, grosso e barbuto. I motivi del rapimento erano ancora sconosciuti), e Kakashi era un bravo ninja che aveva più volte salvato il deretano a molte persone. Si, Konoha aveva un culo enorme. E com'era che i ninja più forti stavano tutti lì? Insomma, la volpe a nove code era stata sigillata in un minuscolo esserino petulante con i capelli biondi e gli occhi blu, tale essere sarebbe diventato Hokage e quando si scordava di avere un demone in corpo gli spuntavano le code e si ricopriva di pustole che gli bruciavano la pelle (e non moriva!) ed era capace di creare maremoti, buchi nelle strade, tragedie varie ed eventuali e cose così. Faceva pure fumo da tutte le parti, come se lo stessero bollendo! Temari aveva letto molti libri fantasy nei suoi rari momenti di noia profonda e in nessuno di loro aveva mai trovato una cosa del genere! Si, c'era un tizio che sventolava la bacchetta in giro e nessuno gli diceva che poteva provocare seri danni agli occhi di chi, disgraziatamente, gli fosse passato accanto-e il cattivo di quel libro era uguale identico ad Orochimaru, dato che non voleva morire e aveva un colorito leggermente grigiastro e si portava a spasso un serpente lungo metri, albino e parlante; poi c'erano quelli sugli esseri dai denti aguzzi, quelli sulle fate, sugli alieni e in nessuno di quei libri era presente un tizio che fa fumo e, nel frattempo, si ritrova con nove code poco sopra il sedere. Vogliamo parlare della banalità della cosa? La bionda chiuse strettamente gli occhi per un lungo attimo, riportando quei pensieri da dove li aveva presi e ritornando lucida e coerente in men che non si dica; gettò uno sguardo arrossato alle scartoffie che corprivano il letto, cartelle di ogni tipo e colore sparse sul copriletto e tanti, troppi fogli a completare il quadro. Lei lo sapeva che non avrebbe dovuto portarsi il lavoro a casa, soprattutto dopo la giornata che aveva avuto, ma non voleva stare a pensare troppo a lungo mentre cercava di addormentarsi. Certo, se mentre lavorava si metteva a pensare a cretinate, allora il problema non sussisteva. Sospirò ancora e decise che era cosa buona e giusta chiedersi dove diavolo si era andato ad infilare il Nara, perchè lei era sicura che il fetente non era a lavoro, visto che aveva firmato il registro quando era uscito. Oh, se si era messo a guardare il cielo con quell'altro amico suo, mentre lei stava lì a fondersi il cervello per colpa sua (perchè se lui non fosse stato di Konoha, lei, non ci avrebbe mai, assolutamente mai messo piede), gliel'avrebbe fatta pagare salata. Ma tanto. 111 Disgraziatamente, il fetente in questione, non stava guardando il cielo, anzi. In quel preciso istante Shikamaru si trovava in una posizione alquanto scomoda, e non nel senso letterale del termine, no, era proprio una situazione che lui non era mai riuscito a gestire, quindi era una seccatura. E lui ci si trovava molto scomodo. Choji gli lanciò uno sguardo affranto prima di infilarsi un pugno di caramelle gommosse tutti i gusti più una patatina e sparire, possibilmente molto, molto lontano. Shikamaru Nara, noto stratega e, quindi, molto bravo a ideare vie di fuga approssimative, guardò apatico il ninja che gli stava davanti. Kankuro lo guardò negli occhi, Shikamaru spostò lo sguardo sul cielo; Kankuro grugnì per avere la dovuta attenzione, Shikamaru roteò gli occhi al cielo; Kankuro sfiorò la marionetta, Shikamaru tossì - Hai visto...- Non cambiare argomento, misogino traditore che non sei altro!Il Nara, più che seccato, affondò le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni - Argomento?- Si, stiamo parlando proprio di lui!- sbottò il micio. - Hn.- Sai cosa dovrebbe fare un misogino?E io che ne posso sapere, pensò di rispondere, c'è tua sorella nel mio letto, possibilmente con il mio pigiama addosso, possibilmente molto incazzata e tu mi vieni a chiedere cosa dovrebbe fare un misogino? Ma starle alla larga, ovviamente! - Mi sono perso qualche pezzo per strada,- disse invece - perchè non so assolutamente di quale argomento stiamo parlando.- ...il fatto è che non capisco perchè c'è sempre una donna dietro ogni casino della vita. Pensaci! La maggior parte dei serial killer ha avuto un'infanzia molto brutta, possibilmente con una madre che lo trascurava...- La madre dell'Uchiha era molto dolce...- ...cioè, guarda mio fratello Gaara!- e gesticolò come se Shikamaru non avesse appena smontato le sue supposizioni. E continuava a non sapere di cosa stavano parlando, ma decise che era meglio non disturbare il gatto che dorme - Anche mia madre non è poi così male.- bofonchiò, cercando in lungo e in largo le sigarette, inspiegabilmente introvabili nelle sue tasche. Kankuro sgonfiò il petto - Tu non sei un serial killer.Trovate! - Ma ho ucciso parecchie persone.- strascicò facendo scattare l'accendino. - Balle.Vero. Erano balle, solo una decina o poco di più. - Senti...- cercò di mettere fine a quel delirio prima che il pensiero di uccidere il fratello della sua fidanzata diventasse una necessità. - No, sul serio, com'è che funziona?- L'accendino?, ma niente, fai ruotare il cosino e...- Con le donne, idiota!- ululò. Il vento dell'est portò l'odore del ramen, l'urlo di gioia di Naruto e poi un forte tonfo (probabilmente l'Uchiha aveva fatto crollare un edificio con la sola forza della sua irritazione). Shikamaru sbattè le palpebre più volte - Eiochennesò.- Tipo: vedi una per strada, la segui e la sbat...- Non credo funzioni così.- lo bloccò prima che qualche femmina sentisse le eresie che l'imbecille stava ululando. - Come no?- Te l'ho detto: non lo so come fuziona, funziona e basta, non è che ci vuole la scienza. E' 112 una seccatura, tu sei una seccatura.Kankuro sembrava molto confuso (e che ci faceva a Konoha, comunque?) anche se il trucco mascherava alla perfezione il suo sconvolgimento interiore, come se si fosse fatto un bagno nel botulino - E tu e mia sorella come diavolo...?- Bò.- di sicuro non gli avrebbe detto che lui e Temari erano finiti a letto insieme dopo una bella sbronza, non era uno stupido, lui - Ha fatto tutto lei.- Che casino...- Già.- E io adesso come faccio?- T'interessa qualcuno?Quello arrossì, e Shikamaru riuscì pure a vedere il rosso tra il viola. Oddio, era una cosa raccapricciante. Kankuro balbettò qualcosa, gesticolò mentre Shikamaru inarcava un sopracciglio e poi si diede alla fuga. Naruto urlò, di nuovo, di gioia giusto quando Kankuro centrò un palo della luce; Shikamaru era sicuro che qualcuno, lassù, se la stesse ridendo. E lui come diavolo la spiegava alla seccatura una cosa del genere? Tuo fratello voleva consigli sulle donne da me e poi si è spiaccicato su un palo della luce mentre scappava? - Embè?- Cosa?- Oh, scusami tanto se disturbo la tua tranquillità, dannato di un Nara!Il dannato in questione trattenne a stento lo sbuffo esasperato, si alzò a sedere e appoggiò la schiena ai cuscini dei divano incrociando le gambe su un altro cuscino che prima aveva riposato sulla sua pancia - Cosa ti è andato storto oggi, mh?- Tutto!, ma da quando sto con te le disgrazie hanno questa particolare predisposizione a piombarmi addosso!Eccola che comincia, pensò il Nara abbassando leggermente la testa - Hn.- E no, grazie, non ho assolutamente bisogno di nulla!Shikamaru la guardò reclinando la testa indietro, sospirò leggermente e fece finta di non notare il rossore sulle guance di Temari - Che cosa vuoi da me, seccatura?- Intanto dove diavolo sei stato?- sbottò dopo qualche secondo, si portò le mani ai fianchi pieni e assottigliò le palpebre, Shikamaru comprese che la sua vita dipendeva dalla risposta che avrebbe dato. Era una seccatura, come poteva un uomo sopravvivere a quel genere di pressione psicologica? Ora non poteva neanche più dire quello che voleva senza temere (temereTemari) che gli saltasse via qualche arto o qualche organo! Sperava vivamente che non tutte le donne fossero così, seriamente, iniziava a capire perchè gli omosessuali erano sempre sulle nuvole. Liberi da ogni male, che delizia. Nessun'arpia che li tormentava perchè 1) aveva le mestruazioni e le facevano male, in ordine, testa, schiena e pancia; 2) aveva lavorato tutto il giorno e non aveva nessuna intenzione di muoversi dal divano; 3) aveva troppi impegni per prendersi cura di loro; 4) stava troppo male per fare sesso. Le donne erano una seccatura vivente. Un'enorme seccatura da sprangata sulle gengive. - A lavoro e in giro.- iniziò a giocare con il cuscino subito dopo averlo detto - E tuo fratello è qui.- Lo so.- Mh.- si morse il labbro inferiore quando sfilacciò la fodera del cuscino, poi si scrollò nelle spalle e guardò l'orologio - E' tardi.Temari si passò una mano tra i capelli sciolti e annuì - Vai a casa: la mamma si preoccupa.113 e sghignazzò tutta soddisfatta quando lui la trucidò con lo sguardo. - Sei proprio una seccatura.Ridacchiò, ma ad un certo punto Shikamaru la vide rabbuiarsi e inarcò un sopracciglio in confusione, Temari si sedette sul divano tra le sue gambe e si morse per un po' le labbra - Ti ricordi quando avete riportato l'Uchiha qui?- lui annuì, ora serio e con la fronte aggrottata Il Consiglio lo voleva morto,- continuò Temari guardando davanti a sè, prese a giocherellare con la maglia di Shikamaru, molto probabilmente non se ne stava neanche accorgendo - poi hanno deciso di metterlo sotto torchio e io...- Me lo ricordo.- la bloccò, i denti stretti, lo sguardo ombreggiato da qualcosa molto simile alla furia. Lei prese un respiro - Bè, i Kage s'incontreranno domani, ecco perchè Kankuro è qui, Gaara è arrivato questa mattina, gli altri Kage arriveranno entro stasera o domani mattina presto.Shikamaru le strinse leggermente il polso, allontanandole la mano dalla maglia - Cosa vengono a fare?- L'Uchiha è sotto esami continui da quando è stato riportato indietro, non era in buone condizioni quando l'avete preso,- ed è per questo che tu e quell'idiota di Naruto siete ancora vivi, ma non lo disse ad alta voce - il suo fisico era devastato, è un miracolo che Tsunadesama sia riuscita a salvarlo dalla ciecità.- lo guardò dritto negli occhi, sospirò di nuovo Vengono per sapere se Sasuke Uchiha è in grado di... recuperare e vivere in questa città e...guardò dall'altra parte. - Pensano che scapperà di nuovo.- e non era una domanda, Temari intuì. - Non sono i soli.- strinse i denti - Lo sai come la penso...- E quindi, visto che tu eri presente a tutti gli interrogatori che Ibiki gli ha fatto, vogliono anche un tuo giudizio.- bisbigliò, e improvvisamente non seppe più come guardarla. Lei si limitò ad annuire. - E cosa dirai?- Non mi farò influenzare da te, Shikamaru, nè da nessun altro.Lui annuì lentamente - Il Kazekage valuta molto la tua opinione. E se anche solo un kage va contro la riabilitazione di Sasuke gli altri lo seguiranno. L'Hokage non potrà fare molto a quel punto.- la guardò - Non lo fare.Temari si alzò dal divano e prese a camminare avanti e indietro - Lo so che ci avete messo anni per riportarlo indietro e lo so che hai quasi perso la tua squadra. C'ero anch'io, ma Sasuke Uchiha è un traditore, ha ucciso così tante persone per motivi futili. E ha seri problemi Shika. Dentro la sua testa è tutto marcio.- prese fiato - Tsunade-sama lo ha accettato per Naruto, Sakura e Kakashi, ma è ovvio che niente potrà tornare come prima. Kami, lo hai guardato in faccia?!- esplose - Lo hai mai veramente guardato negli occhi? Porterà solo guai...- E quindi tu farai in modo che il morbo venga debellato.- sibilò, strinse il suo naso con l'indice e il pollice, respirò profondamente - Sasuke ha solo bisogno di tempo.- Non lo vuole il vostro fottuto aiuto!- urlò a pieni polmoni - Non lo ha mai voluto, non ve l'ha neanche chiesto! L'hai mai sentito pregare di essere aiutato? Ibiki non c'è andato leggero, Shika, eppure lui non era neanche turbato! Non gl'importa di vivere o morire, è un fantasma!- Tu non lo conosci.- Perchè tu si?- e lui strinse le labbra, incapace di replicare - Ha avuto un anno, Tsunade ha mosso mari e monti per fargli avere tutto l'aiuto possibile, ma non puoi aiutare chi non vuole essere aiutato. L'Uchiha non ha mai allungato un'unghia,- alzò l'indice che tremò leggermente - una... per afferrare tutto quello che gli avete inutilmente portato.- si passò entrambe le mani sul viso - A me basterebbe una sua parola, davvero, basterebbe che parlasse.- lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi - Ed è per questo che nè tu nè nessun altro potrete influenzarmi: perchè Uchiha Sasuke, per una volta nella sua fottuta vita, deve 114 salvarsi da solo.- e, nel frattempo, ricordava quel giorno. Si accorse con un brivido che provava ancora l'impellente bisogno di vomitare... [Temari non s'immaginava certo che la missione sarebbe andata a buon fine, più che altro vedeva la Squadra dei Sognatori (come ironicamente lei ed Ibiki l'avevano battezzata) sterminata dalla furia dell'Uchiha, s'immaginava i funerali e le lacrime ed aveva tutto il diritto di pensarlo, visto che i ragazzi erano spariti da un mese. Non era preoccupata dell'andamento della missione, a lei dell'Uchiha non fregava un tubo e, da quello che aveva appreso leggendo i vari fascicoli riguardanti il suo caso, a suo parere una Konoha senza Sasuke Uchiha era una Konoha migliore. Quando erano tornati (Neji era mezzo svenuto e Lee lo stava praticamente trascinando -uno Hyuuga, capite?, uno degli shinobi migliori di Konoha e delle terra del fuoco --; Choji e Kiba reggevano Sai e Sakura, mentre Naruto e Kakashi reggevano l'Uchiha, Shikamaru si trascinava da solo, una sigaretta accesa tra le labbra che, però, non fumava) era iniziato il via vai di messaggeri, i civili erano stati tenuti all'oscuro della faccenda (dopotutto gli idioti avevano avuto il buon senso di non entrare a Konoha dall'entrata principale, altrimenti sarebbe scattato il panico) e l'Uchiha era stato praticamente strappato da Naruto e Kakashi, inviato il più gentilmente possibile in ospedale sotto le cure di Tsunade e dichiarato 'vivo e caustico' tre ore dopo. Temari aveva fatto avanti e indietro per ore nello studio dell'Hokage, in attesa di ordini sia da Konoha, che da Suna. Sperava che Gaara non decidesse di partire per Konoha in pompa magna per ammazzare l'Uchiha con le sue stesse mani, ma più di tutto sperava che il Consiglio non si facesse vivo, non ancora. Non aveva avuto il tempo per controllare i ragazzi, non sapeva assolutamente nulla delle loro condizioni, ma Choji e Kiba erano già stati dimessi, quindi andare a chiedere non era sembrata una cattiva idea, peccato che Ibiki li avesse già presi per la collottola e portati nel quartier generale degli ANBU per interrogarli. Secondo Temari era una gran cazzata, non avrebbero detto nulla neanche sotto tortura cinese ed Ibiki avrebbe dovuto saperlo che dai ragazzi non avrebbe cavato un ragno dal buco. Alla fine era stata Tsunade a dirle di filare in ospedale, ma Temari non aveva fatto neanche un passo verso la porta che era arrivata la risposta del Kazekage. Chiedeva all'Hokage di far presenziare la sua ambasciatrice ad ogni interrogatorio al quale l'Uchiha sarebbe stato sottoposto e ordinava a sua sorella di fare rapporto prima a lui e poi a chiunque altro. Aveva il cuore a mille, era agitata e non sapeva dove guardare, ma l'Hokage ripiegò il messaggio e le disse che nessuno avrebbe interrogato l'Uchiha per il momento, quindi lei poteva andare da Shikamaru. Eppure c'era ancora qualcosa che si muoveva nel suo stomaco: era l'ansia. Da anni non prendeva parte ad un interrogatorio e non aveva mai assistito ad un interrogatorio fatto da Ibiki ad un nukenin. Sentiva la nausea aumentare, ma ricacciò dentro ogni tipo di emozione. Dentro sapeva, sentiva, che l'Uchiha, delle sue emozioni, non se ne faceva un bel niente. Il primo interrogatorio, Temari non avrebbe mai dimenticato quel giorno, venne fissato dopo due settimane dalla cattura del traditore. Temari aveva preso l'abitudine di chiamarlo così dopo aver appreso il modus operandi di Ibiki, se si metteva in testa che quello lìnon era una persona e non aveva un nome, riusciva a pensare alla cosa senza la nausea. Non sapeva perchè rischiava di vomitare lo stomaco ogni volta che s'immaginava quello lì davanti ad Ibiki e alla sua squadra, non voleva neanche saperlo, non era da lei provare qualcosa nei confronti di un traditore, uno che aveva tentato di ammazzare il suo fratellino e che aveva 115 quasi ammazzato Kankuro cercando nello stesso momento di far crepare lei. Certo, a quel tempo quello lì aveva avuto tutte le ragioni per cercare di ammazzarli tutti e tre, ma il concetto era quello in qualsiasi modo la si metteva. Era in 10 di settembre ed era una giornata calda, Temari si era fissata il ventaglio sulla schiena già alle tre di mattina ed era rimasta appollaiata sul tetto della sua abitazione fino alle cinque, pensando a niente, gli occhi chiusi. Shikamaru era stato dimesso due giorni prima ed aveva fatto amicizia con le bende e le stampelle, Temari gli aveva detto che lei avrebbe assistito all'interrogatorio insieme agli altri ambasciatori degli altri villaggi, ma il Nara non le aveva neanche risposto, forse neanche l'aveva sentita. E, mentre scendeva dal tetto per incamminarsi, se lo trovò proprio davanti, stampelle annesse e connesse. - Gli farai domande, Tem?- era sorpresa, credeva che non l'avesse ascoltata il giorno prima, lasciò passare qualche minuto nel silenzio più totale visto che Shikamaru apriva e chiudeva la bocca come se volesse dire qualcos'altro - Gaara...- Kazekage.- lo corresse a bassa voce. - ... gli farai delle domande per lui?- Questo non ti riguarda, ho trasgredito agli ordini ieri, non avrei dovuto dirti nulla e non ti azzardare ad aprire bocca con gli altri Nara, è una questione seria.Shikamaru si guardò ironicamente la gamba ingessata - Guarda, non lo sapevo.- soffiò. - Dovresti essere a letto a riposare.- borbottò passandosi una mano sul collo gelato nonostante il vento caldo che soffiava - E come diavolo sei riuscito ad uscire, Kami, tua madre dovrebbe legar...- Parteciperai attivamente all'interrogatorio?- la bloccò con voce ferma, ma bassa. - Se la situazione lo richiede...- Che risposta è?- L'unica che avrai.- Sasuke deve ancora...- Non è 'Sasuke'!- ringhiò stringendo i pugni e Shikamaru fece quasi un passo indietro, Temari si rese conto che aveva gridato e si asciugò con il dorso della mano il sudore che si era accumulato tra il suo naso e le labbra - Vado e tu fila a letto, quella gamba non guarirà altrimenti.Non. Parlava. Temari non riusciva a crederci, l'ostinazione di quella persona, Kami, l'orgoglio, la rabbia. Non ci credeva, eppure lo stava vedendo con i suoi occhi e lo sentiva con le sue orecchie. Il rumore dei denti che si stringevano, scricchiolavano, qualcuno doveva dargli un pezzo di cuoio o un qualcosa da mordere, Kami, si sarebbe rotto i denti di quel passo. Non parlava. Respirava piano, certe volte dal naso, molte altre dalla bocca, sudava e non parlava nonostante... Temari distolse lo sguardo e strinse i denti. Gli avevano bendato gli occhi o meglio, Tsunade li aveva minacciati di morte lenta se avessero anche solo pensato di togliergli le bende che lei stessa gli aveva messo, dopo l'intervento. Stavano lì dentro da ore e quello non aveva spiccicato una parola. Ora Ibiki stava utilizzando una tecnica che Temari non aveva mai visto nè sentito nominare, non che le importasse, ma quell'interrogatorio andava avanti da troppo, non avrebbero raggiunto nessun risultato. Ibiki doveva pensarla allo stesso modo, infatti sciolse il ninjutsu e Sasuke si piegò in avanti, respirava a tratti - Vorrà dire che staremo qui tutta la notte a guardarci negli occhi, Uchiha.- si tolse il cappotto lo sistemò sul pavimento per poi sedercisi sopra con le gambe incrociate - Vuoi qualcosa? Un caffè magari?- fece segno ad uno dei suoi che uscì di volata dalla stanza, in cerca di un carico intero di caffè - Possiamo stare svegli per mesi,- ma l'Uchiha non dava nessun segno - oppure possiamo usare il vecchio metodo, barbaro che 116 sia, i pugni fanno più male del ninjustu, ma tu che sei un esperto potresti anche dissentire?nessuna risposta, quel ragazzo se ne stava piegato in avanti, le mani legate dietro la schiena, i muscoli delle braccia che si contraevano a scatti, distrutti dai crampi - Non tradiresti nessuno se rispondessi... Orochimaru l'hai ammazzato, hai mollato l'Akatsuki una volta ottenuti gli occhi di tuo fratello...- e il ragazzo alzò la testa, probabilmente lo stava guardando e stava cercando di ucciderlo con gli occhi, ma la benda faceva il suo sacrosanto lavoro - Cos'è?, ti infastidisce?- parlò normalmente, gesticolò pure nonostante la temporanea cecità dell'Uchiha - Parlare di tuo fratello è proibito? Ma non l'hai ucciso tu?- Zitto.- Ah-ah, il rapporto lo diceva, vero?- si rivolse ad un suo collega che si limitò a non fare assolutamente nulla - Itachi Uchiha, eh?, me lo ricordo, era davvero un ottimo Anbu, il migliore che avessi mai visto. Tu devi essere altrettanto bravo se sei riuscito ad ammazzarlo e dimmi, ora che hai i suoi occhi ti senti realizzato?- questa volta non gli giunse risposta e vide che il ragazzo si stava mordendo a sangue le labbra, qualche goccia gli colava già sul mento e gli colorava i denti, altrimenti bianchissimi - Hai paura di Madara Uchiha?, sul serio?- a quel punto decise di chiudere la bocca per un bel po', nella speranza che quel ragazzino decidesse la strada giusta.] Temari si lasciò alle spalle i due ANBU che sorvegliavano la residenza dell'Uchiha, l'alba non si era ancora levata nel cielo. Ogni volta che entrava in quella casa si sentiva sotto esame, come se qualcosa del passato fosse rimasto impresso nelle molecole del legno sotto i suoi piedi. Trovò Naruto e Sakura in cucina, l'Uchiha era seduto e sembrava ascoltare quello che Sakura gli stava dicendo. Naruto sorrideva. Poi il biondo la guardò, seguito da Sakura. L'Uchiha non mosse un muscolo. Era quell'atteggiamento che Temari non riusciva a capire, quel modo tutto suo di tenere lontane le persone, quella freddezza patetica. - Uscite.- disse, rivolgendosi ai due veterani del TEAM 7 con voce piatta, per sottolineare l'ordine indicò la porta con un gesto del capo; vide Naruto stringere le labbra in una linea sottile e Sakura chiudere i pugni guantati. La sorpassarono in silenzio e, ancora, Sasuke non si muoveva. Quando la porta si chiuse alle sue spalle e Temari fu sicura che i due appena usciti si fossero allontanati abbastanza, si avvicinò alla sedia che fronteggiava il moro e si sedette sfilando via il ventaglio dalla sua sicura e appoggiandolo al tavolo. Sasuke la guardò in faccia, ma Temari l'aveva inquadrato anni prima, quindi sostenne quegli occhi neri anche se sapeva che l'Uchiha non ci vedeva bene in quel preciso istante. Gli esami di Tsunade parlavano chiaro, Sasuke era stato a tanto così dal diventare cieco quando era stato catturato che gli shinobi presenti all'evento non avevano neanche avuto il coraggio di colpirlo a morte. Poi era arrivato Ibiki. - Ti fa male la testa?- quello sollevò un angolo della bocca, Temari roteò gli occhi al soffitto - Lo so che ti fa male, scommetto che Sakura non ha smesso di blaterare un attimo da quando è entrata.- ancora nessuna risposta - Lo sai cosa succederà oggi? No, perchè gli ANBU che sono la fuori, - e indicò la finestra alle sue spalle con il pollice - sembrano tutto fuorchè svegli, magari hanno dimenticato di dirtelo, sempre che con te ci parlino e sempre che tu esca da quella porta almeno cinque minuti, sai, per respirare...- Parli troppo.117 - Tu non parli affatto.- sghignazzò - Scommetto che il marcio che c'è dentro la tua testa si espanderà fino alla tua lingua, un giorno di questi.- appoggiò casualmente il gomito sul tavolo - Oggi si decide se vivi o muori, comunque.- Hn, non ti fai mai sconvolgere tu.- Non c'è nessun motivo per essere sconvolte,- biascicò - è un dato di fatto, so già qual è il tuo destino Uchiha.- raddrizzò la schiena - Non sei per niente dispiaciuto? Per il tuo TEAM intendo.- Non è il mio TEAM.- Allora non ci sarà nessuno che piangerà sulla tua tomba, domani?E finalmente Sasuke Uchiha la guardò sul serio - Sei rumorosa per essere una shinobi.- Piantala Uchiha, non hai il diritto di tenere coltelli in casa, mangi con le posate di plastica da un anno e mezzo, non fare l'eroina rinascimentale.- oh, si, vedeva i muscoli facciali del morbo contrarsi, sicuramente voleva ucciderla. Però non aveva più tempo, pensò quando si accorse che l'alba era sorta. Abbassò gli occhi sul tavolino per qualche minuto, pensando se quello che stava facendo fosse giusto o sbagliato. Anche i condannati a morte hanno diritto ad un ultimo desiderio, e, pensando questo, appoggiò la fiala che aveva appena pescato dalla sua tasca sul tavolo. Sasuke guardò prima quella e poi lei - E' veleno.- sembrava un tantino sorpreso - Non voglio averti sulla coscienza, ma non voglio neanche vederti vivo, perchè non hai mai chiesto di essere capito o graziato o tutte queste stronzate. Oggi i Kage si riuniranno e,- guardò la fiala - se non ti vedo arrivare dirò che sei un soggetto instabile, che non merita fiducia e mio fratello sarà contro di te, gli altri Kage meno Tsunade lo seguiranno, ma quando gli ANBU entreranno qui, tu sarai già morto. Almeno avrai la soddisfazione di non essere stato ammazzato dalle persone che professi di odiare. Ma se verrai,- alzò le mani - non avrò nessun motivo per buttarti nella fossa.- si alzò dalla sedia, risistemò il ventaglio e lo guardò ancora - Ti sto facendo un favore, Uchiha, un giorno ti chiederò di pagarmelo.[Era appena entrata nella stanza e si trovò davanti una scena umanamente insostenibile. Cinque Anbu con le maschere ancora addosso che picchiavano l'Uchiha. A calci. Lo stavano prendendo a calci e non c'era traccia di Ibiki e Sasuke non si muoveva, accidenti. Agì d'istinto, non ci pensò neanche a dire la verità, e prese uno degli Anbu per i capelli e lo scaraventò dall'altra parte della stanza, attirando su di sè l'attenzione degli altri che, però, una volta che l'ebbero guardata in faccia, non mossero un singolo muscolo. Temari si chinò immediatamente sull'Uchiha. Non respirava. Mentalmente buttò giù tutti i Santi del cielo, ma con voce ferma chiamò la kunoichi che, sentito il trambusto, era entrata. Le chiese se avesse qualche nozione sulla respirazione artificiale e quella annuì, terrorizzata dallo sguardo freddo e impassibile che Temari le rivolse - Se non riesci a fare forza,- e guardò con scetticismo le esili braccia della ragazza usa i pugni.- In... che senso i pugni?- Dagli dei colpi sul petto con il tuo pugno. Forti, intesi?- cercarono di rianimarlo per due minuti buoni, Temari era razionale ed efficiente, non pensava neanche che, accidenti, stava praticamente baciando la persona che, fino a quattro giorni prima, non aveva avuto corpo e nome, per lei. Sapeva solo che non era giusto, no, nessuno aveva ordinato a quegli Anbu di picchiare il nukenin e nessuno aveva mai veramente pensato a quel tipo di soluzione per farlo parlare. E se fosse stato un tentativo per farlo parlare, magari Temari non sarebbe stata così incazzata, quei calci non erano stati dati per senso del dovere, ma per puro piacere personale. L'Uchiha non aveva potuto difendersi e non era giusto. Perchè non respirava, comunque?, forse, prima dei calci, se l'erano giocata con qualche tecnica? 118 La kunoichi che Temari aveva richiamato, vedendo che non ottenevano nessun tipo di reazione, alzò il pugno per aria e lo calò con tutta la forza di cui disponeva, inglobando un po' di chakra sul suo pugno chiuso e colpì la parte sinistra del petto, il corpo di Sasuke si scosse e Temari ebbe appena il tempo di allontanarsi dalla sua faccia che l'Uchiha sputacchiò saliva mista a un po' di sangue, girandosi un po' su un lato. A quel punto, dato che la sua vita non era più in pericolo, Temari si alzò proprio quando Ibiki entrava, seguito a ruota da alcuni shinobi che non facevano parte del corpo speciale degli Anbu. L'uomo le scoccò uno sguardo interrogativo, ma la sua attenzione era tutta per i cinque Anbu responsabili di quel macello - Qualcuno vi ha ordinato di prendere a calci quest'uomo?- e indicò l'Uchiha che, in quel preciso istante, si issò sui gomiti per mettersi in una posizione più dignitosa - Se si,- continuò Temari - voglio sapere il suo nome, così l'Uchiha non sarà l'unico ad essere condannato per tradimento.- nessuno dei cinque Anbu rispose e la bionda sentì la rabbia ribollire nelle sue vene. Fosse stata la sua città, fosse stata sotto gli ordini di Gaara, Temari non si sarebbe fatta scrupoli e li avrebbe uccisi senza neanche chiedere, perchè era quello che Gaara le avrebbe ordinato di fare: non si prendevano a calci i nukenin che, ancora, non avevano spiattellato tutte le informazioni che possedevano; non si rischiava di ammazzare un prigioniero, chiunque esso fosse e qualcunque peccato avesse mai commesso, solo per divertimento. Temari non lavorava così, non le piaceva vedere certe cose soprattutto da persone che, ipoteticamente, avrebbero dovuto conoscere a memoria il codice dei ninja. Aspettò che qualcuno di loro aprisse bocca, aspettò davvero, ma quelli chinarono la testa. Chinarono. La. Testa. Non era a lei che dovevano chiedere scusa. Schioccò la lingua al palato e si rivolse agli shinobi che stavano al fianco di Ibiki - Arrestateli.- quando tentennarono, Temari rilasciò un respiro tremulo e li guardò con un'espressione incommentabile, fragile quasi. Ibiki si avvicnò a Temari e le mise una mano sulla spalla - Farò rapporto all'Hokage...- Vado a parlarci io con l'Hokage.- sibilò fulminandolo con lo sguardo - Tutto questo è colpa tua. Dov'eri? Il tuo compito era quello di stare qui e cercare di farlo parlare, perchè, Morino, non c'eri?- Lui non è l'unico da interrogare.- Ma ha la priorità anche sulla tua vescica.- sputò tra i denti e indicò con un movimento secco del capo l'Uchiha - Lo voglio in ospedale tra cinque minuti, considerati fuori da questo incarico, tu e la tua squadra siete stati solo in grado di farlo morire per tre minuti, roba che neanche Orochimaru.- Solo l'Hokage può toglierci l'incarico.- sbottò un tizio alto quanto un albero secolare, ma Temari sorrise. - Esattamente.Tsunade era talmente infuriata che niente era riuscita a calmarla. Tutta quella situazione stava velocemente scadendo nel ridicolo. Anbu che picchiavano un nukenin che ancora non aveva aperto bocca?, ma stiamo scherzando?! Aveva mandato tutti a quel paese, Ibiki compreso, ma almeno lui aveva riconosciuto i suoi errori e non gli dispiaceva neanche tanto essere stato estromesso da quell'incarico (era un sentimentale, in fondo, e si ricordava veramente Itachi, ma ricordava anche il Sasuke dodicenne, dolorante per il marchio che gli era stato inflitto e nonostante tutto pieno di talento). Sasuke era stato sistemato in una stanza dell'ospedale lontana dagli altri pazienti, davanti alla porta non più Anbu, ma i cani di Kakashi se non Hatake stesso, ma l'Hokage non aveva ancora trovato una soluzione al mutismo di Sasuke. Detta in maniera spicciola: erano alla frutta. Per questo Temari si era offerta di trovare una soluzione accettabile che consisteva in una sedia, un tavolo, Tsunade, Sasuke e Shikaku. Lei avrebbe ascoltato (nel caso in cui l'Uchiha 119 si fosse fatto intelligente) e registrato ogni parola. Riguardo al salvataggio dell'Uchiha, Temari aveva chiesto a tutte le persone presenti di non farne parola con nessuno, Uchiha soprattutto, pena la castrazione. Comunque, dopo molte sedute con l'Uchiha (che aveva veramente bisogno di ben altre sedute -- dallo psichiatra) e molti nulla di fatto, erano riusciti ad arrivare ad un compromesso. Il Consiglio faceva pressione su Tsunade da quando l'Uchiha era stato riportato a Konoha, ovviamente volevano la sua testa su un vassoio platinato, ma Tsunade era riuscita, in qualche modo, a prendere tempo. Sasuke sapeva perfettamente che, se avesse spiccicato una sola parola, nulla avrebbe più salvato la sua testolina (aggiungere orgoglio Uchiha, rabbia cieca verso ogni abitante di Konoha perchè, fottuti loro, suo fratello aveva sacrificato la sua vita e la sua famiglia e tutto il resto per salvaguardare la loro pace interiore... dannando quella sua per l'eternità e non stava neanche entrando nei particolari) quindi no, non avrebbe aperto bocca. - Sasuke,- lui continuò a guardare oltre le spalle della donna, sentiva la sua ombra bloccata da Shikaku che se ne stava comodamente appoggiato alla parete, dietro di lui per ogni evenienza, mentre la bionda (ricordava fosse la sorella di Sabaku no Gaara... Kazekage... la sua memoria aveva un sacco di buchi, accidenti) di Suna se ne stava accanto all'Hokage e lo guardava dritto negli occhi nonostante lui non guardasse da nessuna parte in particolare posso levarti dai piedi il Consiglio, per ora.- quasi sghignazzò, erano veramente alla frutta per arrivare a quello, pensò il moro - Ma non pensare che sarà facile, nel caso in cui decidessi di parlare.Non parlò più, probabilmente stava aspettando una sua reazione - Hn.Tsunade prese un respiro - Pretenderanno i domiciliari, non so per quanto tempo, e non potrai usare nessun tipo di arma. Le tue abilità saranno sigillate per tutto il tempo in cui starai in casa, ma questa è un'ottima cosa, Sasuke, i tuoi occhi sono troppo stressati dopo tutta la merda, scusate il termine, che gli hai fatto sopportare. Hanno bisogno di riposo, quindi niente Sharingan, niente armi, in cambio non morirai... per ora.- lo guardò tranquillamente - E, comunque, se deciderai di parlare, saremo solo io e te.Lui assottigliò gli occhi e la guardò - E come vuole tenermi fermo?- Con chi credi di stare parlando, pulce?-] Stava violando così tante regole che, se l'avessero scoperta, l'Uchiha non sarebbe stato l'unico a crepare l'indomani, ma Temari era una faccia di bronzo, nessuno avrebbe capito niente a meno che il morbo non avesse fatto la spia, cosa che sicuramente non avrebbe fatto. Temari non conosceva ogni buco dell'Uchiha, ma sapeva che era orgoglioso e superbo. Che onore c'era nel dire che una donna gli aveva dato la possibilità di scegliere? La sua opinione sul morbo, comunque, non cambiava. Meritava di morire, non c'erano giustificazioni. Orochimaru non l'aveva obbligato a seguirlo, Itachi era solo la punta dell'iceberg secondo Temari. A suo parere (e li aveva letti i fascicoli riguardanti gli Uchiha, tutti) nessun assassino meritava di morire tanto quanto l'Uchiha. Quel ragazzo era stupido e nichilista, un ateo materialista che non aveva il diritto di camminare su quella terra. Si, lo odiava, ma i suoi fottuti amici avrebbero smosso mari e monti per salvargli il culo ancora una volta. Non erano bastate le urla di Naruto contro Tsunade-sama, non erano bastate le lacrime di Sakura quando Ibiki aveva trascinato l'Uchiha via dall'ospedale e non erano bastati gli sguardi schifati degli altri verso chiunque mostrasse astio nei confronti del moro. A quel punto era stato facile per Tsunade aggirare le decisioni del Consiglio e posticipare quell'incontro nella speranza che un anno fosse abbastanza. Non lo era ovviamente, Sasuke Uchiha non era mai stato una persona facile, e se non era 120 mentalmente stabile quando suo fratello era ancora vivo, come poteva esserlo ora che quello stesso fratello imputridiva per mano sua? Certo che non era abbastanza e la prima psichiatra che Tsunade aveva chiamato era corsa via piangendo. Il secondo aveva cercato di ammazzare il morbo, assicurandosi un bel po' di tempo in gattabuia. Il terzo non si capiva ancora come facesse a sopportare l'Uchiha, ma forse era più pazzo del suo paziente. Temari chiuse strettamente gli occhi. Aveva pensato molto prima di prendere quella decisione, dare la possibilità di scegliere all'Uchiha, e non negava che quell'azione la faceva sentire potente, ma aveva pensato anche alle due scelte che l'Uchiha avrebbe potuto prendere. Vivere o morire. Nel primo caso non c'era nessun problema: il morbo si presentava davanti ai kage, lei affermava che era guarito (e gli altri che erano stati chiamati per dare un giudizio avrebbero detto la stessa identica cosa solo per non incappare nell'ira funesta di più jonin) e i kage avrebbero deciso di conseguenza. Erano state preparate due versioni opposte della cartella clinica, tutto dipendeva da Sasuke: se si presentava ai kage sarebbe stata mostrata la cartella bella, se no quella brutta (che era pure quella ufficiale) e fine della fiera. Il secondo caso era più complicato, perchè se l'Uchiha si ammazzava lei non avrebbe avuto il tempo di entrare in casa sua e far sparire la fiala; gli ANBU non erano stupidi, avrebbero controllato i registri delle visite e il cerchio si sarebbe chiuso su Naruto, Sakura, lei e Kakashi, infine avrebbero controllato chi di loro fosse stato vicino ai laboratori tanto da fregare una fiala di veleno e sarebbe saltato fuori il suo nome. Tanti saluti alla carriera e alla vita. Non c'era da stupirsi se sperava che l'Uchiha facesse la scelta giusta. La bionda kunoichi guardò dritta davanti a sè senza neanche sbattere le palpebre, forse era un modo per distrarsi e non pensare a quello che sarebbe potuto succedere se il morbo avesse scelto di suicidarsi. Pensò alla rabbia di Gaara e al conseguente conflitto (perchè nessuno metteva a morte la sorella del Kazekage senza crepare per primo), pensò alla delusione sulle facce dei suoi amici. Non pensò a Shikamaru visto che lui avrebbe fatto la stessa identica cosa se fosse stato al posto suo (forse l'avrebbe fatta un po' prima ad essere sincere). Invece iniziò a pensare a quello che avrebbe detto e si rese conto che le veniva meglio la prima (quella bella che vedeva il morbo sano e salvo e tutti felici e contenti meno lei), non si chiese perchè. Era umana anche lei dopotutto e nonostante tutto non voleva davvero avere sulla coscienza quel tipo di persona. Una persona che si batteva solo per cause personali non era degno di essere chiamato ninja, e in quella terra, in quel mondo e in quel paese se non eri un buon ninja eri feccia. Si scontrò con suo fratello Gaara un'ora prima dell'incontro. Il Kazekage indossava la sua veste ufficiale, Temari chinò leggermente il capo in segno di riconoscimento. Ovviamente a Gaara non fece nessun effetto, non la salutò neanche - Spero che le cose vadano bene.- le disse nel bel mezzo del corridoio. - Andranno bene, le guardie sono in posizione e i confini sono sorve...- Parlavo di te.- Ah.- Mh.Tossì portandosi il pugno chiuso (con troppa forza) alle labbra - Si, vanno bene. Tutto va bene, andrà-va, tutto bene, si.Gaara non fece nessun tipo di espressione, si limitò ad osservare i suoi pugni chiusi e poi sollevò un angolo della bocca - Sono certo che sarà-è così.La stava scimmiottando, per caso? 121 Lo sapeva. Lo sapeva. L'Uchiha si era ammazzato e lei era morta. Fantastico, meraviglioso, esaltante. Tanto valeva trovare il ponte più vicino e fare un bel salto. Stavano aspettando l'Uchiha. Che era in ritardo. Un ritardo lungo -- circa quindici minuti. Temari già lo vedeva violaceo e morto sul tatami di casa sua. Orribile. E lei stava inspiegabilmente tremando, tremando dentro. Ansia. Di nuovo. Accidenti. Gaara la stava guardando, Tsunade la stava guardando, a suo parere pure i muri la stavano guardando e piano piano le sue ginocchia cominciarono a cedere. Kami se aveva bisogno di Shikamaru, cazzo. Respirò profondamente mentre i quindici minuti diventavano venti, poi venticinque, trenta... si sentiva il cappio al collo. Uno dei consiglieri tamburellò le dita sul lungo tavolo, un altro lo seguì, Tsunade tossicchiò e Gaara scivolò un po' sulla sedia mentre Kankuro, dietro di lui, cercava di nascondere lo sbadiglio. Tic-tac; tic-tac. Andiamo Uchiha, non puoi essere morto, pensò, facendo un sorriso di circostanza allo shinobi che le stava di fronte. Ansia. E, una volta scoccati i quaranta minuti di ritardo, uno dei consiglieri aprì la bocca Evidentemente questa riunione non ha importanza per il tuo pupillo, Tsunade.L'Hokage fece per ribattere, ma in quel momento le grandi porte si aprirono e... Temari quasi strillò, perchè l'Uchiha non era morto. Grazie al cielo. - Scusate,- ansimò un Anbu - abbiamo avuto un piccolo, ehm, contrattempo.- chiamato Uzumaki Naruto aggiunse mentalmente. - Bene!- cinguettò l'Hokage - Cominciamo!Il Consiglio grugnì con disapprovazione. - Sabaku.Ora, cosa voleva l'Uchiha da lei? - Cosa vuoi?Quel ghigno, quel fottuto ghigno insopportabile... oh, se lo voleva uccidere - Sono immune ai veleni.Cosa?!, cazzo si era bruciata un'occasione per chiedere dei favori all'Uchiha. Merda. - E per quel favore,- le bisbigliò molto vicino all'orecchio e si, sembrava un serpente, che schifo - vedi di chiederlo il più in fretta possibile, mi hai fatto o no quella respirazione bocca a bocca?Lo ammazzava! 122 Capitolo 18: Màmà!, poi me la sposo io zia Ino!? Le ragazze di Suna crescono più in fretta; a Suna, la percentuale di belle ragazze era così alta da far paura; le ragazze di Suna non avevano bisogno di spendere una fortuna in lampade e trattamenti per la pelle -- loro avevano il sole... e l'aloe vera in abbondanza; le kunoichi di Suna erano le più pericolose della terra del fuoco -- erano forti, aggressive, furbe e non si facevano problemi a mettere in mostra più pelle del solito se la situazione lo richiedeva; le rispettabili cittadine di Suna, la maggior parte delle quali kunoichi, non conoscevano il significato delle parole 'discrezione', 'gentilezza', 'tolleranza' e 'umiltà', infatti erano le combattenti più seccanti sulla faccia della terra, capaci di strangolarti nel sonno ed erano in grado di farti capire con pochi, studiati gesti che la distanza tra l'amore e la violenza era minima. Per dirla spiccia un uomo avrebbe dovuto baciare la terra sulla quale camminavano. Per loro fortuna Shikamaru e Shirai avevano da tempo rinunciato a cambiare Temari nella speranza che il tempo facesse il suo lavoro; ma cosa poteva fare il tempo contro una donna, kunoichi, di Suna, moglie e madre, sorella di Sabaku no Gaara e, dettaglio irrilevante, dura come il diamante? Giusto, assolutamente nulla. Si, Temari non era la stessa, era cambiata. Cresciuta e maturata non poteva più permettersi di fare il bello e il cattivo tempo, era una donna con dei solidi principi come tante, che prima di andare a lavoro preparava la colazione per la sua famiglia, che si faceva il mazzo tanto per far quadrare le cose in ufficio e che si sbatteva il doppio di chiunque altro perchè lo stesso Hokage si fidava di lei ad occhi chiusi. Era una donna rispettata, a Konoha avevano imparato a volerle bene e a fidarsi, nessuno metteva in dubbio la sua buona fede nonostante avesse aiutato l'Uchiha a restare, nonostante avesse un trascorso complicato e nonostante non fosse nata a Konoha. Sotto sotto Temari non si era mai abituata a quel tipo di riconoscimento, non era una sua priorità farsi voler bene da tutti, non le interessava ed aveva accettato quelle attenzioni non ricercate con una stoica rassegnazione. Le ragazze di Suna crescono più in fretta, una frase non era mai stata così vera e tangibile quando riferita ad un villaggio e ai suoi abitanti in generale. Temari era tutto, ma non facile. Non era neanche difficile a dire il vero, era solo più complicata di altre; non era unica visto che di ragazze come lei, con un passato come il suo, ne esistono in ogni luogo. Si, complicata era l'aggettivo giusto. Costretta a crescere con il solo aiuto del suo sensei, costretta ad aver paura del suo fratellino e obbligata a tenere insieme i pezzi dell'altro fratello che non avrebbe voluto altro che andare da loro padre e piangere ed essere accettato come il bambino che era. Cresciuta troppo in fretta... molte ragazze vantavano quel fatto, vantavano una maturità che in realtà non esisteva, parlavano di vita, di decisioni prese con coscienza, svilivano chi, a differenza loro, aveva un supporto. E in realtà era l'invidia che le faceva parlare, invidia di quella bambina lì che se ne andava via dall'accademia in braccio a suo padre, invidia di quell'altra che parlava con sua madre. Gelosia per quei fratelli che litigavano per una caramella e poi facevano pace senza neanche chiedersi scusa. Essere cresciuta troppo presto non era un vanto, non per lei, non quando quella crescita era stata un'ancora di salvezza, perchè se non cresceva lei, chi l'avrebbe fatto? Temari non augurava a nessuno di crescere in fretta, perchè il fatto di essere già mature a quindici anni non significa non commettere errori, non significa essere protetti dal dolore. Lei aveva commesso errori così gravi che certe volte si chiedeva come facesse suo fratello 123 Gaara a non ammazzarla. Lui era stato il suo primo errore, quello che bene o male non ti scordi più perchè è così radicato dentro te che proprio non ce la fai a dimenticarlo. Lei aveva ignorato il suo stesso fratello. Non aveva pensato a lui, ne aveva avuto timore, un terrore così forte che era stato difficile ammettere di avere il suo stesso sangue nelle vene. Lo aveva guardato, si, sempre, aspettandosi un attacco alle spalle, credendolo il male incarnato per la maggior parte della loro vita. Lei, la sorella maggiore. Avete idea di cosa significa essere la più grande? Lei non parlava di numeri e degli anni che la separavano dai suoi fratelli. Lei parlava di fratellanza vera. Avrebbe dovuto proteggere suo fratello Gaara non perchè era l'elemento debole della catena, ma perchè era suo fratello, semplice, ma non l'aveva fatto; avrebbe dovuto aiutarlo, parlare con lui anche a costo di farsi spezzare le ossa da quella sabbia maledetta. Ironicamente aveva accettato suo fratello solo quando Gaara si era appoggiato a lei, sfinito, distrutto, ma una colpa resta sempre una colpa e il pensiero di non essere stata in grado di alleviare le colpe di Gaara -- anche con un semplice gesto, una parola, un 'buongiorno' -l'aveva uccisa e la uccideva anche adesso che Gaara era un uomo. Gli era devota non perchè era capo del suo villaggio, non come un ninja è devoto al suo credo. Aveva messo la sua vita nelle sue mani ben sapendo che Gaara era anche più complicato di lei, ma forte nella certezza che suo fratello avrebbe smosso mari e monti per salvarla. Gaara era morto. Era ritornato, va bene, ma era... Sapeva solo che non sarebbe riuscita a sopportare la morte di uno dei suoi fratelli, anche il solo pensiero la riempiva di una paura anche più grande del terrore stesso. Temari sapeva che sarebbe stata in grado di uccidere a sangue freddo chiunque avesse attentato alla vita della sua famiglia. Per questo non le interessavano i complimenti degli altri, per questo essere accettata da Konoha non era niente. Konoha l'accettava per quella che era adesso, e il passato dove lo mettevano? Le sue colpe dove erano finite? Sembrava che l'unica a ricordarsi di lei come nemica fosse la Yamanaka, l'unica ad averla accettata soprattutto per il suo passato. Lei, Ino, del suo passato aveva visto tutto, aveva ficcato le sue mani dentro la sua testa e Temari non aveva potuto far niente se non sopportare e sopportare e sopportare. Ino, che della vita vera conosceva ogni colore, l'aveva mandata al diavolo subito dopo aver frugato nel suo cervello. Lucida, dritta al punto, facile da decifrare. Temari si era chiesta come una donna come Ino fosse in grado di guardarla con il suo stesso orgoglio. Non aveva mai chinato la testa, neanche davanti l'assoluta certezza che Temari era forte tanto quanto qualsiasi altra donna e, quindi, tanto quanto lei. Ino, la ragazzina dei mille limiti, l'unica che l'aveva guardata per quello che era. E chi l'avrebbe mai detto? Ino, la donna che aveva messo in riga suo fratello Kankuro, lei, la zia adorata dai suoi figli. Ino Yamanaka, la più bella di Konoha, civettuola ma lucida, onesta e... - Per le palle di tutti i Kami, come accidenti ti sei vestita?!Scassaballe. - Chiudi il becco gallinaccia!Non che Temari fosse da meno, chiaro. - Ma... ma... - gesticolatrice professionista per la gioia di tutti gli uomini - Non vorrai presentarti così spero!- Smettila di strillare accidenti!- Temari si chiedeva come facesse Ino Yamanaka ad avere un così grande apparato vocale in una gola così piccola, fragile e facile da tranciare. - Se tu mi facessi la grazia di essere meno alternativa non strillerei!124 - Ma vaffanculo!- Eh no, eh, col cavolo che mi fai da damigella vestita in questo modo!- Il sentimento è reciproco!, non precederò mai una meringa scaduta! Hai messo il cotone nel reggiseno, vero?Quella ebbe almeno la decenza di arrossire - Vai a cambiarti!- Non darmi ordini!- E' il mio matrimonio!- Sarà il tuo funerale se non la smetti di gracchiare!- Sei vestita di nero!- strombazzò pestando i piedi e desiderando la morte istantanea della sua futura cognata. Temari ringhiò sventolando le braccia in aria - E come credi mi sarei dovuta vestire? Stai condannando mio fratello ad una vita ignobile!La (quasi cadavere) sposa le piantò il suo bel dito medio (fresco di manicure, attenzione) davanti la faccia - Dovevi metterti il vestito che io ho scelto per il mio matrimonio!- E' blu!- ringhiò quasi tirandole una scarpa dal tacco dodici in testa. - Deve piacere a me!- Vai a farti fottere cornacchia!- Cornacchia?- era così congestionata dalla rabbia che il suo vestito minacciava di esplodere, insieme a lei ovviamente - Senti balenottera, o ti cambi o io pianto tuo fratello seduta stante!Temari spalancò le fauci, pronta ad ucciderla. Fuori dalla porta si era formato un gruppo di idioti, terrorizzati dalle urla i ragazzi non osavano neanche bussare alla porta per avvertire la sposa che la cerimonia stava per cominciare e che Kankuro era sull'orlo di entrare in quella stanza e tirarle fuori per i capelli, vestite o meno. Gaara guardava con molto interesse il soffitto, sua nipote Aiko in braccio che mordeva la stoffa (costosissima) del suo completo e ci sbrodolava sopra (aveva già cinque anni, ma non appena la mettevano in braccio a lui ridiventava una neonata per chissà quale motivo -Temari diceva che la bambina lo vedeva come un antistress...) e suo nipote Shirai attaccato alla cintura (nel vero senso della parola, una piccola quantità di sabbia lo teneva letteralmente incollato ai pantaloni dello zio, visto che il bambino aveva minacciato di far cadere il lucernario in testa a tutti quanti e Yoshino, consapevole che suo nipote era capace di far venir giu il cielo, aveva pagato -- con i soldi di suo marito ovviamente -- Gaara per tenere il pupo buono) che scalciava e sibilava parole che un bambino di dieci anni non doveva assolutamente conoscere. Naruto aveva posizionato un bicchiere sulla porta ed era intento a dare il meglio di sè con un orecchio appoggiato al bicchiere (anche se non c'era bisogno del bicchiere per sentire quello che le due cretine si stavano urlando contro, ma siccome Naruto aveva il pallino della spia...), Sakura lo stava giustappunto trucidando con lo sguardo. Il padre della sposa era sparito con Shikaku e Choza mezz'ora prima (sicuramente, aveva detto Yoshino, si erano infilati in un bar a bere sake per far riprendere Inoichi, depresso da morire per quel matrimonio), la stessa Yoshino aveva mandato tutti a quel paese ed era andata a fare compagnia allo sposo per esasperazione. Shikamaru sfumacchiava in libertà accanto ad un Choji delirante perchè a stomaco vuoto, mentre Sasuke teneva fermi i suoi figli con sguardi al limite dell'umana sopportazione. I gemelli malefici sbuffavano in sincronia, picchiettavano i piedi sul pavimento e mostravano un atteggiamento scazzato che era un amore guardarli, mentre il più piccolo si strofinava gli occhi, morto di sonno, e si teneva vicino a suo padre stringendolo per i pantaloni. In quel momento qualcosa dentro la stanza andò in pezzi. 125 - Oca!- Balena!- Meringa!- Vuoi metterti questo vestito si o no?- Baciamelo amaca!Oh mamma... Shirai ridacchiò mentre tutti gli altri iniziavano a perdere la pazienza. Gaara si liberò del peso di Aiko mettendola giu, la bambina si rassettò a gonna del vestitino e poi si fece prendere in braccio da Choji. Il Kazekage si avvicinò alla porta in due falcate, Shirai che arrancava per non inciampare, spinse Naruto di lato e bussò con delicatezza estrema (la porta quasi si scardinò) sconvolgendo quasi tutti. Evidentemente la pazienza di Gaara era stata messa a dura prova - Voi due,- il silenzio che seguì gli fece capire che lo stavano ascoltando - smettetela. Temari, cambiati. Non è una richiesta e se non vuoi che tuo figlio si ritrovi con una mano in meno...- Shirai spalancò la bocca e gli pestò un piede - Esci immediatamente.- detto quello che doveva dire si eclissò portandosi dietro il nipote, terrorizzato a morte, ma con ancora la forza di lamentarsi. Dentro la stanza Ino guardava con molto interesse il pavimento mentre Temari si adoperava alacremente nell'obbedire al suo Kazekage dispotico. Non era il vestito in sè il problema. Era un bell'abito, senza spalline fasciava tutta la parte superiore del corpo per poi cadere morbido fino ai piedi, nessuna pailettes, nessun Swarosky. Semplice, elegante. Blu. Questo era il problema. Temari odiava il blu con passione infinita. Ironicamente era il colore preferito di Ino. Con uno sbuffo seccato si avvicinò alla futura sposa, dandole le spalle non appena fu abbastanza vicina. Non le disse una parola, neanche quando Ino l'aiutò a tirare su la cerniera, Temari strinse subito i denti - E' stretto.- Deve essere stretto.- bofonchiò quella roteando gli occhi al soffitto - Non lamentarti balena, te l'avevo detto di mangiare meno, ora non scassare.- Spero di crolli una trave in testa.- sibilò quando Ino le sistemò un fermaglio orribilmente femminile tra i capelli che Temari aveva lasciato liberi dai codini per quell'occasione. Ino picchiettò leggermente le dita sul fermaglio, poi sorrise - Tra meno di mezz'ora saremo parenti.- Fottiti.- I tuoi figli mi chiameranno zia.- Kami, aveva un sorriso diabolico quella lì - E i miei figli chiameranno te zia.- Mamma che orrore.- afferrò con stizza il pacchetto di sigarette lasciato lì dalla sempre previdente Yoshino, se ne accese una sotto lo sguardo divertito dell'amaca. Tirò profondamente, l'aria si tagliava con il coltello - Non sei incinta vero?- Non sono mica stupida!- ridacchiò in risposta, poi si fece seria, guardando Temari intensamente come quando le aveva frugato nel cervello (cosa segreta a tutti, neanche Shikamaru lo sapeva, il che era tutto dire), forse, pensò la Sabaku, non era stata poi una cattiva idea permetterglielo. - Eri nervosa quando hai sposato Shikamaru?Temari ciccò in un posacenere - No.- Davvero?- aveva il sopracciglio destro inarcato ed era chiaro che non ci credeva. La Sabaku roteò gli occhi al soffitto - Eravamo già una famiglia, non avevamo bisogno di sposarci. Shikamaru è mio marito da molto più di due anni.Ino annuì, carpendo l'importanza di quelle parole che sulla bocca di Temari non sembravano altro che frasi dette tanto per occupare la lingua. Aprì la bocca, ingoiando 126 l'ossigeno e poi si passò un dito sotto l'occhio sinistro, gli occhi puntati sull'orlo del suo vestito - Io mi sto facevendo la pipì addosso.- Ti prego no.- Non so neanche perchè lo sto facendo...Temari si picchiò una mano sulla fronte - Yamanaka, avresti dovuto avere questa crisi ore fa!- Guarda me e guarda lui... e se andasse tutto male?- Yamanaka sei in ritardo per la crisi di panico!- sbottò sospingendo la cretina su una poltrona e ficcandole la sigaretta in bocca - Tiè, rilassati, respira, sospira, pensa al sesso dopo la cerimonia.Ino tossì il fumo che aveva inalato, ma continuò a fumare senza neanche toccare la sigaretta con le dita, Temari si schiaffò di nuovo una mano sulla fronte quando la ragazza cominciò a ridacchiare - Yoshino!- strombazzò - Sakura!- Lo sai? Io e Kankuro non abbiamo mai fatto sesso...- e scoppiò di nuovo a ridere. Temari chiuse strettamente gli occhi - Io, privata del sesso da due anni, ma ci credi?continuò Ino. La Sabaku prese la porta, la spalancò e si trovò davanti l'Uchiha, Naruto, suo marito e suo suocero. Shikaku battè ciglio quando lui e Naruto vennero afferrati per il bavero della camicia e tirati dentro la stanza. - Aggiustatela!- ululò puntando il dito su Ino che ora stava fottutamente piangendo! - Io vado a ripescare le vostre infide mogli perchè col cazzo che questa ritorna a casa senza una fede al dito!- raccolse la gonna del vestito, in modo da lasciare le sue gambe libere di correre - Vedete di farla divertire, non m'interessa come! Potete anche abbassarvi le mutande e fare la danza della banana sbucciata, ma fate qualcosa!- e sparì lasciandosi dietro un'Ino in lacrime da panico, uno Shikaku mortalmente tediato e un Naruto con un enorme punto interrogativo sopra la zucca. - Cos'è questa cosa della banana sbucciata?- chiese il biondo, circondando le spalle tremanti di Ino con le braccia, ottenendo così l'effetto opposto, infatti la ragazza pianse ancora più forte. Shikaku sbuffò - Ti sembro una banana?, non rispondere, ti prego.Rimessa in sesto la sposa grazie ad una serie di schiaffi (tanto il trucco era rimasto miracolosamente intatto e nessuno si sarebbe accorto dell'eccessivo rossore delle guance) alla Yoshino, il matrimonio riuscì ad essere quantomeno iniziato tra singulti e piagnistei. Temari fumava dalle orecchie, non poteva fare respiri profondi perchè rischiava di strappare il vestito, suo fratello Gaara si era rifiutato di liberare Shirai, il che era un bel problema visto che il pupo non la smetteva di scalciare, e suo marito era felice come una Pasqua mentre lei soffrira le pene dell'inferno. Dello stesso avviso erano tutte le altre donne presenti. Chi minacciava un'emicrania per colpa dell'acconciatura e delle forcine che sembravano voler bucare le loro teste, chi si muoveva a scatti a causa dei tacchi che facevano tremare a tutte, indistintamente tutte, le caviglie. Temari cercava di stare ferma il più possibile anche se i suoi allenati polpacci minacciavano la resa mentre le sue caviglie non la smettevano una attimo di tremare. Ino si era rimessa a piangere quando aveva realizzato che si era sposata, Kankuro era arrossito, bofonchiato e sudato. Le foto erano state una tortura, i bambini erano stati una tortura. Finite le foto di rito gli sposi erano spariti (i maiali) e gli invitati si erano tutti diretti nel giardino dietro il Palazzo dell'Hokage dove la cena avrebbe preso luogo. Soliti convenevoli anche lì, i pargoli che scalciavano per andare a giocare facendo venire i capelli bianchi a 127 tutti. I più saggi si erano liberati delle cravatte, molte donne avevano partecipato al lancio del tacco rischiando di ammazzare qualcuno, in linea di massima dovevano solo restare vestiti fino al ritorno degli sposi e poi chi s'è visto s'è visto... Temari si accostò a Sakura e TenTen, sedute ai bordi della fontana nel giardino dell'Hokage con i piedi a mollo per evitare che gonfiassero, Temari le imitò subito raccogliendo la gonna del vestito fin sopra le ginocchia e buttando quasi le scarpe oltre il muro - Aaaaaaaah.buttò la testa indietro, deliziata - Non vedevo l'ora di liberarmi!- A chi lo dici, guarda qua!- Sakura sollevò un piede dall'acqua e Temari vide tutte le dita arrossate - Mi serve un fisioterapista...TenTen ridacchiò - Io sono contenta, per Ino dico.- Si fotta l'amaca!- sibilarono in coro Sakura e Temari. - Dico solo che adesso mancano solo Lee, Kiba e Shino, poi saremo tutti accasati.Sakura le scoccò uno sguardo ironico - E tu sei sposata da quanto?- l'altra ebbe la decenza di arrossire - Quando deciderai di prendere lo Hyuuga per la gola sarà sempre troppo tardi.- E' complicato.- bofonchiò. - Uccidi Hyuuga senior.- ah, viva la pace. Shirai, liberatosi dallo zio a forza di calci negli stinchi, trotterellò da loro con Aiko che gli correva dietro - Màmà, l'Uchiha grande mi rompe!Il sibilo seccato del morbo fece accapponare la pelle al pupo che, voltando appena il capo, se lo trovò dietro. Il delinquente sorrise mettendo in mostra i suoi incisivi - Ciao santino!Scoppiarono tutte a ridere mentre Aiko si sedeva tra Sakura e sua madre, che se la mise subito in braccio sapendo che sua figlia era capacissima di buttarsi a pesce nella fontana. L'Uchiha disse a tutte che se volevano potevano andare ad arenarsi all'ombra dove il buffet stava per cominciare. L'uso del verbo 'arenare' non sfuggi a nessuna, infatti l'Uchiha sparì subito dopo averlo detto. Sakura sospirò - Meglio che vada a controllare quei mentecatti...- si riferiva ai suoi figli Sono capaci di sbafarsi un intero tavolo di fritture.- Ti seguo.- bofonchiò Temari - Shirai mi prendi le scarpe?, Aiko non mi strapazzare il vestito e per l'amor dei Kami dove ti sei rotolata, mh?Shirai saltellò accanto a sua madre dalla fontana al buffet, delirando come suo solito di cose sceme mentre faceva volare in aria le scarpe di sua madre per poi riprenderle e ricominciare da capo. - Màmà, lo sai che Lee-san non si è tolto quella tutina verde che mette sempre? L'ha fatta vedere a tutti poco fa! Ce l'ha sotto il vestito! E lo sai che zia Ino si è messa a piangere quando io le ho fatto gli auguri?, mi ha detto che sono bellissimo!- e gonfiò il petto come un pavone - Màmà, poi me la posso sposare io zio Ino?Temari si riprese le scarpe - Vuoi farti male?- Non mi faccio male io!Aiko gonfiò le guance - Bugiardo.Suo fratello aprì la bocca, letteralmente sconcertato - Io non dico bugie!Aiko sorrise - Bugiardo, bugiardo, bugiardone, bugiardo!- canticchiò. - Ora le prendi!- strombazzò alzando i pugni. Temari contò fino a due, non era mai stata una donna paziente - Smettetela tutti e due.- Ma ha cominciato leeeeeeeeeeeeeh...- si ritrovò sollevato a mezz'aria, un braccio gli circondava lo stomaco e lo teneva ben saldo contro un fianco, il pupo guardò con un broncio tenerissimo il suo assalitore, che altri non era che suo padre, e sbuffò - Ciao pà.Shikamaru sbuffò il fumo - Hai finito di gridare?- Io non grido!128 - Bugiardo!- Smettila tu, cretina!- Se non la smetti ti riporto a casa.- disse suo padre in quel suo modo calmo che faceva salire i nervi alla mamma. Un momento di silenzio, Shirai pensò e pensò e pensò - Va bene...- e lo disse come se stesse facendo a suo padre un grandissimo favore - Ora mi metti giu?, mi viene da vomitare...Aiko scappò via quando suo fratello fu in grado di camminare, ma Shirai aveva ben altro da fare, infatti si eclissò in direzione del vino, dove l'Uchiha stava, suo padre lo seguì con lo sguardo mentre Temari si rimetteva le scarpe - Ha fatto il bravo fino a poco fa...- bofonchiò una volta che sua moglie si raddrizzò, inarcò un sopracciglio e la guardò da capo a piedi Sei sempre più bassa di me.- Ti pianto un tacco in fronte.- Brucia eh?- E comunque non sono io che sono bassa...- bofonchiò passandosi una mano sulla gonna del vestito che si mosse come un'onda attorno a lei. Shikamaru le afferrò un ricciolo con la punta delle dita, sorrise alla sua espressione curiosa - Sei bassa, Tem, fattene una ragione.- Non ci credo che stai qui a sindacare sulla mia altezza, quanti anni hai, dodici?- Come ti suona la parola 'invidia'?- Come ti suona la parola 'divorzio'?Lui buttò la testa indietro e rise, le passò la mano tra i capelli, ravvivandoli, poi le accarezzò la nuca con gesti misurati fatti per rilassarla, Temari si abbandonò a quel tocco e sospirò chiudendo gli occhi - Mi piace come hai sistemato i capelli.- sussurrò. - Mhmh, ringrazia tua madre.- Anche il vestito mi piace...Lei fece una smorfia - E' blu e non mi fa respirare.Shikamaru si avvicinò e le circondò i fianchi con le mani, saggiando quella morbidezza che gli apparteneva - Ibiki, Kakashi e Konohamaru non ti tolgono gli occhi di dosso.- le bisbigliò all'orecchio. - Oh?Lui schioccò la lingua al palato - Già.- Allora dovrò andare a salutarli, non credi?- Muoviti da qui e non risponderò delle mie azioni.Lei allontanò il volto dal suo petto e sghignazzò - Oh, ma quanto siamo gelosi.- Non sono geloso.- Bugiardo.- Dico solo che sei mia moglie.- e si scrollò nelle spalle. - Ahah, quindi staresti marcando il territorio?Shikamaru sorrise ampiamente - Per quello basta nostro figlio, guarda...- e quando lei si girò, vide il pupo che sgridava quei tre, le mani sui fianchi e un'espressione da eroe rinascimentale sul viso. Shirai diede un calcio alla gamba di Konohamaru che, oltraggiato, si mise a correre per inseguirlo. Temari chiuse strettamente gli occhi, mentre suo marito scoppiava a ridere. Figlicidio. Per grazia dei Kami riuscirono a far sparire gli infanti. Per essere più precisi l'anima buona di Iruka ebbe pietà dei loro cervelli e decise di raggruppare i bambini ed organizzò un servizio di animazione provvidenziale con la somma indignazione di Shirai e la venerabile indignazione dell'Uchiha grande che di vedere i suoi figli comportarsi come plebei non ne voleva sapere manco a pagarlo in natura; era nata una discussione senza fine, il povero Iruka insisteva sul fatto che a tutti i bambini piacevano palloncini, palle e palline e cose che 129 facevano rumore,mentre Shikamaru e Sasuke continuavano a lamentarsi dicendo che, nel caso ad Iruka fossero scoppiate le palline, non volevano essere considerati responsabili delle azioni dei loro rispettabili eredi. L'insegnante era brutalmente arrossito e si era accontentato della presenza degli elementi meno irascibili, dopo di che aveva osservato i due papà trascinare via per il collo i loro scalcinanti figli, pensando che la paternità era una cosa da non prendere sotto gamba. Ino era stata felicissima di riavere Shirai a tavola, il bambino aveva un modo di fare che la faceva ridere e visto che comunque Gaara non era tipo da chiacchere, era stata contenta di avere almeno una persona logorroica accanto -- Shirai per l'appunto. Il pupo si era seduto tra la sposa e lo sposo, tutto ghignante ed elettrizzato, aveva ignorato gli sguardi assassini di suo zio Kankuro e quelli seccati di sua madre, pensando che era un vero e proprio onore sedere al tavolo dei grandi già a dieci anni. Sotto il suo sedere erano stati sistemati tre cuscini, ma questo perchè il tavolo era esageratamente alto, non perchè lui non arrivava ad appoggiarci i gomiti sopra! - Màmà, me lo pulisci il pesce?- sua madre gli prese il piatto senza rispondergli, presa com'era a ciarlare con il suocero. Il pupo mosse ritmicamente i piedi e tamburellò le dita sul tavolo, Ino gli scompigliò i capelli - Dov'è tua sorella?- Nuota con i pesci.- Shirai...- la voce di suo padre gli fece incassare la testa nelle spalle. Ma che orecchie aveva? Uffa, uno non poteva neanche scherzare! - Voglio dire che gioca con...- corrugò la fronte alla ricerca di un termine appropriato - i marmocchi, si.Suo zio Kankuro ridacchiò per poi spiaccicargli la sua manona sulla testa, rovinandogli i capelli e mandandolo quasi a faccia in giu sul tavolo - Si, noi qui abbiamo un vero e proprio gigante!Il pupo gli scoccò un'occhiataccia ed imbronciò le labbra - Tu sei più basso del mio papà.- Compenso in altre cose.- ghignò quello, Ino arrossì e tossicchiò, Shirai non comprese, ma pensò che suo zio si riferisse al cervello, quindi ridacchiò pure lui e prese a fare battute sul cervello minuscolo di suo zio fino a quando sua madre non gli piazzò il piatto (con il pesce ora pulitissimo, senza una lisca o altro) davanti. Solo allora si dedicò alla sacra attività del tenere occupate le fauci mentre i grandi continuavano a ciarlare tra un boccone e un sorso di vino bianco. Shikaku ascoltava con l'orecchio destro quello che Temari gli diceva e con il sinistro quello che gli diceva sua moglie, mentre gli occhi sorvegliavano sua nipote che in quel momento stava giocando con la figlia di Naruto accanto agli annaffiatoi, fatti spegnere per evitare qualsiasi incidente. Osservò la figlia di Ibiki separarsi dal gruppetto per infilarsi dietro un cespuglio... forse aveva perso qualcosa. Shikamaru, che il pesce lo sopportava poco visto il tempo che uno ci metteva per togliere le lische, si era sbafato tre bistecche alla faccia di chi ingrassava al solo pensiero e ora guardava il cielo con un braccio attorno la sedia di Temari e l'altro su quella di Choji. - ... Comunque non mi sono preso tanti giorni,- stava dicendo Kankuro - solo una settimana.- Kami, potevi approfittartene!- lo rintruzzò sua sorella - Nessuno ti avrebbe detto nulla.- Come no, mio suocero mi vuole morto anche quando lavoro, figurati cosa mi farebbe se gli portassi via sua figlia per più di una settimana!Ino fece una smorfia - Mio padre non ti vuole morto...- Hai ragione,- cinguettò giulivo - mi vuole solo venti metri sotto terra.- sua moglie roteò gli occhi al cielo e ritornò a mangiare - Stronzate a parte...- Ino tappò le orecchie a Shirai - Ma cosa tappi a fare?, questo qui è mio nipote, ha imparato il linguaggio dei veri uomini a sette anni!130 - Il linguaggio dei cavernicoli, intendi.- sibilò Temari sorseggiando il suo vino con fare distratto - Comunque sei un cretino.- Concordo.- sussurrò Ino - Io volevo prendermi almeno due settimane...- Donna saggia.- Che rottura...Shikamaru si accese una sigaretta - Lascia perdere micio, è una partita persa.- Ha parlato quello che si è preso un mese intero...- ridacchiò il suo migliore amico mentre Kankuro annuiva veementemente. - Sotto minaccia,- tirò socchiudendo gli occhi - e quei giorni mi spettavano, quindi finitela.- Solo perchè sono ligio al dovere non significa che sono stupido.Ci fu chi si strozzò col vino (Ino), chi trattenne le ghignate (Shikaku, Temari e Yoshino) e chi si limitò ad un silenzio pieno di significati (Gaara, Shikamaru e Choji), costringendo così il neo-sposo a sbuffare e chiudere lì in discorso onde evitare ripercussioni di ogni tipo, anche perchè suo nipote aveva finito di mangiare ed era meglio trovargli un'altra occupazione prima che desse aria all'ugola. Qualcosa tipo lo sgozzamento... - Màmà, posso bere un po' di vino?- No.- Però lo fanno tutti...- E tu no.- Che palle!Ci mancò poco che sua madre allungasse le mani per strozzarlo - Modera il linguaggio.sibilò, invece. - Ma Kyosuke e Ryo lo stanno bevendo!- piagnucolò indicando i gemelli che, effettivamente, stavano bevendo di sgamo mezzo dito di vino, sotto il permesso di loro padre ovviamente. - Ti sembro Sasuke io?- No, infatti sei peggio!- suo padre sollevò un angolo della bocca a quella frase, mentre sua madre sembrava prossima al travaso di bile - E dai, solo un dito!- No, Shirai.- Ma perchè?!Ino prese ad accarezzargli la testa sotto lo sguardo disgustato di suo marito - Sei ancora piccolo.- Eh, io lo voglio comunque!- che logica... A quel punto Shikamaru spiazzò tutti e gli mise davanti un bicchiere con un filo di vino dentro, il pupo esultò tutto felice e, una volta bevuto, quasi lo risputò - Che schifo!- uscì la lingua, incrociò gli occhi e pretese un bicchiere d'acqua. - Dovrei rompertelo in testa!- sbraitò sua madre, ma lui se ne fregò altamente e decise che ne aveva abbastanza dei grandi. Saltò giu dalla sedia e trotterellò verso sua sorella e Karen, immediatamente anche Kyosuke e Ryo si staccarono dai santi pantaloni di Sasuke e tutti furono più felici. Si... fino a quando gli annaffiatoi non si riaccesero magicamente. Mirai uscì dal cespuglio fischiettando, mentre Shirai ululò al mondo la sua opinione, facendo sbiancare i capelli di suo padre e suo nonno per quel linguaggio da scambista. Solo pochi eletti si bagnarono sul serio, Shirai era riuscito a tirare via sua sorella appena in tempo ed aveva pagato il suo gesto eroico bagnandosi tutti i pantaloni; ora se ne girava in mutande mentre sua nonna lo inseguiva. Aiko si era fatta prendere in braccio da suo padre quasi subito, lanciando sguardi seccati a destra e a manca, aveva pure dato un calcio in testa ad uno dei gemelli che ovviamente era andato a lamentarsi da chi di dovere. Sasuke si era avvicinato a Shikamaru con un bicchiere pieno fino all'orlo di vino rosso in mano, gli aveva fregato una sigaretta e se l'era accesa mentre Ryuichi gli rompeva l'anima perchè anche lui voleva essere preso in braccio. 131 Piuttosto mi sniffo il pepe, pensò il morbo accendendosi la sigaretta e facendo subito una smorfia perchè detestava fumare, lui, ma la situazione lo richiedeva (guardò Shirai cadere di culo, rialzarsi e cominciare a saltellare canticchiando una tarantella), decisamente. - Tuo figlio è...- Ubriaco.- Stavo per dire stupido.- tirò leggermente e piantò la mano sulla zucca di suo figlio per tenerlo fermo almeno due secondi. Aiko approvò accoccolando la testa sulla spalla di suo padre, Ryuichi la guardò con rabbia e pestò i piedi - Papà!- lo disse con così tanta autorità che Sasuke chiuse strettamente gli occhi. - Dagli una botta in testa...- bofonchiò il Nara. - Pensavo a di fargli un bagno nel vino.- grugnì cedendo alla richiesta di suo figlio - Non puoi rompere a tua madre eh?- Nah.- Figlio scemo.- Prrr!Al momemto dei saluti anche Temari si lasciò sfuggire una lacrima mentre abbracciava suo fratello. Sperava che in un modo o nell'altro lui avrebbe capito quello che non era stato detto, in un certo senso sperava pure di vederlo più felice di lei. - Ti voglio bene.- Lo so.- Non metterla incinta.- Ok.- Fai il test per l'AIDS, mi raccomando.- ... - ora però stava esagerando! - E usa tutte le protezioni possibili e immaginabili.- Smettila.- Niente sesso orale, quella te lo...- Temari!- Guarda che se vuoi un testicolo in meno sono sempre e comunque cazzi tuoi!Kankuro sospirò - Quanto sei premurosa...- Sappi che puoi annullare il matrimonio se eviti di farci sesso.- Ehm...- Lo sapevo!- grugnì stritolandolo nel suo abbraccio, recitando perfettamente la parte della sorella triste e sconsolata - L'avete già fatto!- Bè, è mia moglie...- balbettò. Lei sorrise tutta zucchero e melassa - Condoglianze, palle di Kankuro!- - Pà...- Mh?- Cosa è 'erezione'?132 - Chiedilo all''Uchiha.- bofonchiò, nella speranza che suo figlio chiudesse la bocca. Ovviamente sbagliò i suoi calcoli, perchè tempo due secondi e Shirai era scattato verso il morbo sotto lo sguardo sempre più allucinato di suo padre che per evitare una catastrofe gli andò dietro, arrivando tardi. - Hey, Uchiha, cos'è 'erezione'?Sasuke lo guardò con un ghigno diabolico dei suoi stampato sulle labbra, neanche Sakura riuscì a tappargli la bocca - Pisello duro.- Eh?, ma si mangia?... Capitolo 19: Life is a Cabaret! [Le Disgrazie di Lei] Chiunque da fuori poteva vedere la luce che si accendeva e spegneva, Aiko lo sapeva eppure non riusciva nè a cambiare posizione nè a smettere di giocare con l'interruttore dell'abatjour. Luce, buio, luce e buio. Aveva smesso di guardare l'ora da un bel pezzo, si rendeva conto che stare in quella posizione (schiena curvata in avanti, testa appoggiata alle ginocchia unite e attaccate al petto) per così tanto tempo non era salutare, sicuramente la mattina non sarebbe neanche riuscita a fare un passo, non che ne avesse tutta questa voglia, avrebbe sabotato l'allenamento. Accesa, spenta, click-clack. Anche il suo pollice protestava e lei avrebbe tanto voluto mandare a quel paese pure lui. Non stava neanche pensando, che ne sapeva di cosa le stava accadendo, non era successo niente, non aveva niente per giustificare quella voglia di non dormire e di accendere e spegnere la luce. Sul serio, non aveva litigato con nessuno, neanche con l'Uchiha e cosa accadeva? Tornava a casa e tutto le era sembrato improvvisamente così pesante ed insopportabile. Erano cinque giorni che si sentiva così, accidenti. Anche la faccia di suo fratello era orribile, la voce di sua madre fastidiosa e i mugugni di suo padre non avevano fatto altro che peggiorare la situazione. Si era chiusa in camera sua per paura di poter dire qualcosa di veramente ingiusto. Odiava non sapere le cose, soprattutto quelle che la riguardavano personalmente perchè a lei dei fatti degli altri fregava relativamente poco. Avrebbe voluto uscire e camminare scalza in giardino, ma suo padre sarebbe morto d'infarto nel vederla in quello stato, per non parlare delle spiegazioni che avrebbe dovuto dargli. Non lo sapeva cos'aveva, non ne aveva la più pallida idea e sicuramente sarebbe suonato troppo strano alle orecchie di suo padre, suonava strano persino alle sue, di orecchie. Respirò profondamente e cercò di deglutire il nodo che le bloccava la gola. Forse era metereopatica, forse era solo cretina, magari era metereopatica-cretina e pazza perchè non sapeva neanche perchè accendeva e spegneva la lampadina. All'alba era ancora nella stessa identica posizione, la lampadina si era fulminata e le saliva il vomito ogni volta che pensava di alzarsi dal letto. Lo giurava, se era una di quelle crisi adolescenziali di cui aveva tanto sentito (s)parlare, uccideva qualcuno. Le fortune di avere per madre Sabaku no Temari erano molteplici, in quel preciso istante 133 Aiko stava ammirando con quanto savoir faire sua madre fosse riuscita a buttare fuori di casa marito&figlio, non che il suo umore fosse migliorato, anzi, provava l'istinto irrefrenabile di mettersi a strillare ogni volta che qualcuno le chiedeva/diceva qualcosa; sua madre, comunque, sembrava aver capito l'antifona e non le rivolgeva la parola da almeno diciassette ore. Comunicavano a sguardi e tanto bastava. Non si era presentata all'allenamento, Chojiro era entrato in camera sua dalla finestra per assicurarsi che stesse bene ed era quasi morto soffocato dal cuscino che lei gli aveva sbattuto in faccia con tanto amore; Neji-sensei aveva fatto sapere a suo padre che la prossima volta sarebbe stato lui ad entrare dalla finestra e che un cuscino di sicuro non l'avrebbe salvata dal suo fato. L'Uchiha, al solito suo, giocava a fare il VIP (ovvero: faceva finta di essere completamente indifferente alla sua assenza, ma nel frattempo faceva domande made-in-Uchihas a Chojiro) causandosi solo un gran mal di testa. Shirai poteva giurare di aver visto Moscio-Moscissimo (perchè secondo lui il mini Uchiha non sarebbe mai riuscito a far funzionare il pistolino -- e non sapeva quanto si sbagliava) bighellonare vicino casa loro (gli Uchiha, aveva detto loro madre, non bighellonano da nessuna parte, semmai strisciano lasciando dietro di loro litri di bava verdastra) come un'anima in pena (anima?, aveva continuato Temari con una sghignazzata ironica). A lei non fregava un tubo. No, ok, un po' le importava, ma non così tanto da uscire di casa per appurare che l'informazione di Shirai fosse fondata oppure no, non era così disperata. Comunque sembrava che, per Aiko, stare a casa fosse la migliore cura. Si, stare in panciolle per tutta la mattina a non fare assolutamente niente era un ottimo toccasana, infatti poteva dire con tranquillità assoluta che avrebbe potuto vivere in quel modo per l'eternità. Non avrebbe risolto il problema (che ancora non aveva identificato, ma aveva quindici anni e aveva tutto il diritto di sentirsi diversa, fuori dal mondo, incompresa, stanca e, soprattutto, depressa) standosene sul divano, ma almeno non era invasa da istinti omicidi/suicidi. Tra l'altro le facevano un male cane la pancia, la schiena e le gambe sembravano fatte di gelatina, come se gli innumerevoli allenamenti non fossero serviti a nulla. Verso le quattro di pomeriggio cominciò a sentirsi veramente male, non riusciva neanche a muoversi e non si accorse neanche di sua madre china su di lei che le tastava la fronte. - Sei gelata.Lei invece sentiva caldo e freddo allo stesso tempo, magari stava covando una bella influenza (la finestra della sua camera era rimasta aperta tutta la notte dopotutto) e tutti quei crampi al ventre erano le reazioni del suo corpo. Decise di andare in bagno visto che la nausea non stava affatto diminuendo e non voleva costringere sua madre a fare l'infermiera. Si sciacquò la faccia e la bocca sperando di lenire i fastidiosi brividi senza apparenti risultati, a quel punto tanto valeva espellere tutto quello che c'era da espellere anche se non le scappava assolutamente niente. E la risposta era lì. Ovviamente non nel water ma sulle sue mutande. Le scappò una bestemmia crudissima e maledisse i suoi genitori per averla fatta femmina. Scappò in camera sua di volata, pescò un paio di mutandine pulite ed entrò nel bagno dei suoi genitori. Lavarsidovevalavarsi. La ricerca di un assorbente normale fu alquanto tragicomica (come diavolo faceva sua madre ad infilarsi quei cosi?, Kami c'erano pure le istruzioni e i disegnini che schifo!), ma alla fine ne pescò uno spesso un dito e con le ali. Uscì dal bagno guardandosi il sedere, rischiando di rompersi l'osso del collo. Ora che il Problema era stato scoperto, doveva trovare un rimedio per far passare i dolori. Quando entrò in cucina sperò con tutta se stessa che sua madre fosse uscita ed ovviamente 134 non lo era. Uhn, ora doveva dirglielo per forza. Accidenti. Temari stava bevendo il suo caffè delle cinque meno venti quando sua figlia si sedette a peso morto sulla sedia davanti a lei - Stai megl...- Mi sono venute le mestruazioni e sto morendo di dolore.- Ah.- sbattè ritmicamente le palpebre, ma si alzò subito dirigendosi verso il mobiletto che conteneva tutte le medicine. - Già.- Sappi,- disse Temari pescando una scatoletta - che non è colpa mia. Tuo padre ha messo il semino, tuo padre voleva una femmina, tuo padre, chiaro?- Si, ok, papà, me lo ricorderò.- Congratulazioni, tesoro.- e sghignazzò in allegria - Non vedo l'ora di dirlo a tuo padre e a tuo nonno!- Prozac, mi serve del Prozac.[Le Disgrazie -- molto più grosse -- di Lui] Guardava Kin dormire con un fiume di pensieri in testa. Nessuno dei quali intelligente o anche solo degno di essere considerato tale. Aveva appoggiato la schiena alla testata del letto, si era infilato i boxer cercando di fare il meno rumore possibile, poi aveva iniziato a guardarla; non con quegli sguardi che tipicamente si fanno dopo del buon sesso (c'era quello dell'ebete, quello del 'mi serve una sigaretta', quello del 'ne voglio ancora' e la lista proseguiva fino ad arrivare allo sguardo della soddisfazione più primordiale), la fissava quasi confuso, come se non fosse certo di aver fatto quello che aveva fatto, come se in realtà non gli importasse. Ogni maschio ha una percentuale di bastardaggine, chiunque ce l'ha, chi più chi meno. Shirai era sempre stato convinto che la sua percentuale non arrivasse ai quaranta, ora sapeva che era molto, molto più alta di un misero quaranta. Non si era mai reputato un bastardo, un po' stronzo lo era com'era giusto che fosse (lui diceva che era normalmente stronzo come sua madre, suo zio, l'altro suo zio...), ma bastardo... Credeva di averci fatto l'amore con Kin. Il fatto che per lei fosse la prima volta aveva come innescato un qualcosa nel suo cervello molto simile al possesso, poi però se n'era completamente dimenticato, non era un tipo che dava molta importanza a certi dettagli. Se lei voleva e desiderava perdere la verginità con lui, Shirai sicuramente non aveva niente in contrario, ma oltre a quello... non erano mica fatti suoi! Tra l'altro lui non considerava la verginità un valore. Non era un valore, era un dato di fatto, era un qualcosa che c'era dalla nascita e che prima o poi sarebbe andato via. A quindici, a venti a quaranta, chi se ne fotte, ad un certo punto della vita la perdiamo tutti la verginità. Secondo lui non era un concetto puramente anatomico, ma anche mentale. Un quarantenne con tutte le stronzate che aveva visto e fatto in vita non poteva considerarsi vergine anche se ce l'aveva ancora chiuso nel cellophane. No, Shirai non dava importanza alla verginità -- non aveva considerato importante la sua, di verginità, figuriamoci quella di qualcun altro --, perchè erano altre le cose importanti. Con Kin, comunque, era stato diverso. Le andava dietro da anni, ci aveva provato mille e mille volte rischiando di essere ammazzato da Kiba ogni due-tre, ma lei era una fortezza inespugnabile... in tutti i sensi. In accademia le avevano affibbiato il nomignolo di 'profumiera', perchè, dicevano, la faceva odorare e poi andava via. Ora, lui non l'aveva mai odorata (non la sua e mai fino a quella sera), ma il nomignolo calzava. 135 E se ne fregava di risultare volgare, seriamente, aveva avuto le palle così gonfie che era stato difficile anche dormire senza far qualcosa per... avete capito. Kin era diversa perchè Shirai le voleva davvero bene. Bene. E qui entrava il fattore 'bastardaggine'. Ora che tutto era finito, ora che lei dormiva, Shirai non provava assolutamente niente. Era un fottuto bastardo, si sarebbe preso a pugni da solo. Si era reso conto di aver confuso l'amore con il semplice desiderio adesso che l'aveva illusa. Kami... Tornare a casa era stato un calvario, non aveva sollevato gli occhi da terra neanche per un momento e aveva tenuto la schiena piegata in avanti per tutto il tragitto, completamente distrutto dal senso di colpa. In casa aveva trovato Aiko che farfugliava epiteti a faccia in giu sul tatami e suo padre che sfumacchiava in allegria davanti una tazza di caffè fumante. Sua madre, per sua fortuna, non c'era. - Ciao.- disse a voce abbastanza alta perchè anche sua sorella lo sentisse - Mamma?- A comprare gli assorbenti.Il disgraziato (da poco promosso a bastardo) inarcò entrambe le sopracciglia e aprì il frigorifero, ne tirò fuori una lattina di birra (doppio malto, così gli veniva sonno e non pensava a niente) che poi poggiò sul bancone tanto per avere una scusa di stare così vicino a suo padre - Non era in menopausa?- Se, magari...- roteò gli occhi al soffitto e ghignò divertito - Sono per tua sorella.- Ah,- prese un lungo sorso di birra - che sfiga, ora ne abbiamo due.- Guarda che ti sento!- Tappati le orecchie se non ti sta bene, nana!- si leccò le labbra guardando ovunque tranne che a suo padre - Non dovevi andare in missione?- E' stata cancellata, perchè, ti serviva la casa vuota?Lui ghignò sollevando appena gli occhi, sperando di ottenere un effetto " Sono troppo cool" (in realtà la sua era una povera imitazione dello sguardo che Sasuke offriva al mondo quando si parlava di sesso fra marito e moglie) che, ovviamente, si trasformò nell'effetto "Sono troppo scemo" in meno di un secondo - Non ho bisogno di avere la casa vuota per fare quello che mi pare.- anche questa era una cosa molto Uchiha da dire, sisi. Evidentemente sui Nara aveva l'effetto opposto (di solito orde di donne urlanti si riversavano nelle strade ogni volta che uno degli Uchiha se ne usciva con un frase del genere) visto che suo padre scoppiò quasi istantaneamente a ridere - Mhmh, infatti è tornato adesso perchè ieri notte aveva così tanto da fare...- giunse la replica di sua sorella, sollevatasi giust'ora dal tatami per andare alla ricerca di un'aspirina. - Senti pupa...- Chiamami di nuovo pupa e te lo frullo.- sibilò uccidendolo con lo sguardo. - Oddio, ti sono venute davvero!- lei gonfiò capricciosamente le guance visto che suo fratello era una roccia e non veniva mai toccato da nessuna delle cattiverie/minacce/stronzate che lei gli urlava dietro. Era svilente non riuscire a litigare con una persona proprio quando avevi bisogno di sgolarti... Li mandò tutti e due a quel paese sventolando in aria un suo bel dito con l'unghia mangiucchiata, per poi uscire dalla finestra come una ladra tanto per fare la drama-queen come ogni adolescente mestruata che si rispetti. Shirai ridacchiò a manetta fingendo di non notare lo sguardo di suo padre (che sembrava tanto quello di un cane pronto a mordere) puntato come un kunai avvelentao sulla sua 136 faccia - Ho parlato con Kiba.Oh, lui odiava i parenti delle regazze, li odiava, specialmente gli zii delle ragazze che lui frequentava o aveva frequentato (che anche adesso lo guardavano come se lui avesse violentato le loro rispettabili nipotine). - Si?- Mi è piombato addosso quando sono andato a buttare la spazzatura.- Che cosa romantica...- sorseggiò lentamente la birra - Quindi?- Quindi un cazzo Shirai, ne ho abbastanza di avere a che fare con le tue grane...- bofonchiò seccato. Lui arricciò il naso e trattenne una risposta sgarbata per amor di pace - Non sono io che mi creo problemi, se lui è geloso di sua nipote sono fatti suoi, non miei.- E' sua nipote e ha tutto il diritto di interessarsi a lei.- Fino a prova contraria non mi sono invintato da solo a casa di Kin.Suo padre sbuffò sonorosamente - Conoscendoti direi che sei pure entrato dalla finestra...- Dopo che lei mi ha invitato.- puntualizzò. - Shirai...- Vuoi davvero parlare della mia vita sessuale?A quel punto suo padre diventò, non a caso, un cane - Non sono un tuo amico, non so ancora quante volte dovrò ripetertelo perchè tu lo capisca, ma ne ho fin sopra i capelli delle tue minchiate! Non m'interessa la tua vita sessuale, avrei vissuto benissimo sapendoti ancora vergine, e non m'interessa se Kin ti ha invitato o meno in camera sua!- suo figlio incassò la testa nelle spalle e arrossì d'imbarazzo come suo solito - Mi rompo i coglioni quando qualcuno viene da me a scassare per colpa tua, questo m'interessa, mi spiego o no?lo disse in tono perentorio, definitivo quasi, e Shirai intuì che non gli necessitava rispondere - Hai ventun anni, vuoi essere indipendente e le studi tutte per farmela sotto il naso, ma la prossima che capita e ti giuro che come ti ho creato ti faccio sparire.- Va bene.- E da quando puoi bere davanti a me?- ... scusa, non lo faccio più.Parecchie ragazze a Konoha avevano pensato che formare fan-club di vario genere sarebbe stato carino; nel corso degli anni i sunnominati fan-club si erano moltiplicati come pane&pesce, visto che i bisogni e le esigenze di quelle sclerate erano molteplici e, più di tutto, invasati. Prima anche il quotidiano di Konoha era considerato un giornale serio, pieno di informazioni utili per chiunque volesse sapere di più riguardo la situazione sociopoliticaindustriale della Terra del Fuoco, ma le fenz erano riuscite a farsi dedicare uno spazietto dopo notti di appostamenti davanti la redazione (che si trovava proprio accanto al Palazzo dell'Hokage) e altrettante notti di cori da stadio che avevano fatto impazzire negozianti, gatti e fatto piangere rampolli di buona famiglia. Qualcuno giurava di aver visto Minato Uzumaki dare testate ad un muro, altri si scommettevano dita di mani e piedi quando dicevano che anche uno degli Uchiha era stato visto bofonchiare nell'ombra come un imbecille. Cavolate a parte, lo spazietto che era stato dedicato alle fenz, dove poteva trovarsi se non alla fine del giornale? Due pagine piene zeppe di vaccate: una classifica di gradimento con tanto di foto del contendente e commenti vari ed aventuali -- colui che arrivava primo poteva considerarsi il ragazzo più bello/sexy/desiderato/hot di Konoha --; al vincitore, poi, era dedicato un testo scritto preferibilmente dalla capa delle fenz, che mostrava al mondo la sua bravura nell'usare aggettivi improponibili giustappunto riferiti al vincitore; e, inoltre, c'era la pagina delle coppie, ovvero l'incubo di tutti i bravi ragazzi che aveva commesso 137 l'errore di nascere belli o affascinanti; infine le fenz avevano saggiamente deciso di commentare anche le ragazze che gironzolavano attorno i loro idoli, non importava se suddette disgraziate erano solo le compagne di squadra o, addirittura, le sorelle del fortunato, alle fenz non interessava un tubo e si esibivano in commenti al limite della volgarità e, solo qualche volta, dedicavano parole di comprensione e dolcezza alle disgraziate. Quella settimana, manco a dirlo, il vincitore di quella cretinata era Shirai. Lui non sapeva spiegarsi come una cosa del genere fosse potuta accadere (in vero lui vinceva sempre, gli Uchiha, almeno in quel frangente, arrivavano sempre secondi... si, tutti insieme al secondo posto, per non offendere nessuno, spiegavano le fenz), non che a lui importasse molto di essere considerato il più bello di Konoha (il gruppetto di ragazze che lo seguiva ovunque avrebbe dovuto fargli capire che essere bello era una cosa molto, molto pericolosa), semplicemente non capiva come fossero riuscite quelle squinternate a fargli così tante foto in una settimana sola. Si, perchè del vincitore non venivano scoperti soltanto gli altarini, ma venivano a lui dedicate (e rubate) foto su foto che poi venivano stampate e appese alle vetrine dei negozi. Una volta Shirai aveva trovato la sua gigantografia (in quella foto lui stava bevendo il caffè con un'espressione meditabonda in viso -- come riuscissero le ragazze a trovare sexy una cosa del genere era un mistero) proprio accanto la faccia del sesto Hokage, sulla montagna. Gli Uchiha l'avevano preso in giro ad oltranza, e continuavano ancora a farlo, mentre i suoi genitori si erano limitati ad una scrollatina di spalle subito seguita da ghigni indecenti. Aiko aveva dovuto sopportare le lagne delle fenz che la consideravano indegna di camminare accanto al loro Dio, il fatto che lei e Shirai fossero fratelli non sembrava essere un dettaglio degno di nota. Comunque, vedere le sue foto ovunque nel villaggio non era certo quello di cui aveva bisogno in quel momento. Non appena uscì di casa riuscì appena a fare un passo fuori dal cancello che si trovò davanti venti idiote truccate come ci si trucca per Carnevale e vestite peggio, tutte sorridenti e con la bava alla bocca. Il Nara incrociò le mani dietro la testa (loro sospirarono alla vista dei suoi avambracci e del suo petto -- quest'ultimo era pure coperto) e sbuffò con impazienza - Questa è proprietà privata.- strascicò senza guardarne nemmeno una (ottenne un'altra serie di sospiri, evidentemente la sua voce era meglio degli avambracci). - Volevamo chiederti...- cominciò quella che doveva essere la più cretina di tutte, ovvero la capa - cosa ne pensi delle foto?- Niente.- quella scribacchiò qualcosa in un block-notes pieno di strass e porporina. - E dell'articolo?- Non l'ho letto.- E...- Oh, ciao Uchiha!!- strombazzo guardando oltre le loro spalle. Il gruppo si girò in sincrono con gli occhi a cuore, ma, quando misero a fuoco lo spazio vuoto davanti a loro, sbuffarono (sempre in sincronia). - Shirai-kun, stupidino, non c'è nessuno!Infatti quando si rigirarono, non c'era effettivamente nessuno. [Le Loro Disgrazie, messe insieme, fanno un cabaret Life is a Cabaret, old chum, so come to the cabareeeeet!] Aiko non fece una piega quando Yoriko (La capa) tentò invano di farla cadere dalle scale due ore dopo. La giovane Nara si limitò a lanciarle addosso un kunai (che si piantò con 138 molta grazia ad un millimetro dalla sua faccia, ma sfortunatamente colpì il muro dietro di lei) che terrorizzò non solo il bersaglio mancato, ma anche l'innocente bambino che stava giustappunto passando di lì. - Sei pazza o cosa?!- gracchiò quella con le lacrime agli occhi. - Mestruata, grazie.- e optò per un'uscita ad effetto, infatti saltò su un tetto e le fece ciaociao con la mano. Aiko prese a sbuffare a manetta una volta scesa, trovandosi così nella folla che riempiva le strade, il rumore e, si, il mal di pancia. Trovò suo fratello mezz'ora dopo. Stava parlando con Mirai e, dall'espressione che aveva in faccia, doveva trattarsi di una questione molto seria, visto che la Morino lo stava ascoltando e di solito non lo faceva mai. Si scrollò nelle spalle, decidendo che non le fregava assolutamente niente e che, se stavano parlando di qualcosa che lei non doveva sapere, avrebbero comunque cambiato discorso non appena lei si fosse avvicinata. Mirai la guardò con la coda dell'occhio e subito Shirai distolse gli occhi dai suoi assumendo un'espressione felice e spensierata - Wow, sei uscita! Che colpo nana!Fece finta di non averlo sentito - Una delle tue ammiratrici ha cercato di ammazzarmi poco fa...- Perchè sei ancora viva?- replicò Mirai. Seriamente, pensò Aiko, come faceva una ragazza come quella a sopravvivere in squadra con suo fratello e Minato? Era di una negatività pazzesca, vestiva sempre di nero, teneva i capelli cortissimi (quel giorno aveva scelto di alzarli tutti con il gel) e gli unici trucchi che usava erano rossetto e mascara. Era stata definita in un sacco di modi, da dark a depressa, da depressa ad assetata di sangue e da serial killer e puttana, ma non importava in quanti modi la chiamassero, lei era troppo in alto per esserne turbata. Aiko preferiva definirla una snob, Mirai definiva Aiko una puritana. Era stato amore a prima vista, si. - Perchè tu non ti sei ancora tagliata le vene?- le disse incrociando le braccia sotto il seno. Mirai sollevò un angolo della bocca e la guardò dall'alto al basso mentre Shirai decideva che era cosa buona e giusta ordinare un caffè corretto per sua sorella - Io non ho problemi tesoro,- sghignazzò, gli occhi scurissimi illuminati dal divertimento - a differenza tua. Come sta Ryuichi?Colpita e affondata, incassò senza darlo a vedere - Perchè non me lo dici tu come sta? Ho sentito che ti dai da fare...Mirai annuì, ma quando rispose fu come se Aiko non avesse detto una sola parola - Si, lo so che tu dai molta importanza a quello che dice e pensa la gente. Non è per questo che non sei ancora riuscita a combinare niente?, o vuoi dare ancora la colpa ad altri?- Sparisci.- sibilò socchiudendo le palpebre e stringendo i denti. Mirai le si avvicinò e la giovane Nara notò che, nonostante i sei anni che le separavano, la Morino era della sua stessa altezza. Nonostante questo, però, ogni volta che Mirai le era così vicina Aiko sentiva come l'istinto d'incassare la testa nelle spalle, come se l'aria intorno alla Morino fosse molto più pesante. - Oi, Nara, la piccoletta è gelosa!- disse ad alta voce, dietro di lei Shirai sventolò una mano, ma era troppo preso dal proprietario del bar per darle le dovute attenzioni, quindi Mirai si chinò su di lei, facendola diventare di sale - Il tuo principe sta per entrare,- le sussurrò con un tono irriverente e languido al tempo stesso - ci vediamo pupa.Kami, le era venuta la pelle d'oca... - Ti dico che quella lì ha qualcosa che non va!Suo fratello sorseggiò la sua birretta senza dare molto peso alle sue parole, si limitava a scandagliare il bar con quegli occhi verde scuro che si ritrovava, a volte salutava qualcuno, 139 altre mandava gesti affettuosi a Ryuichi, seduto dall'altra parte del locale insieme a Minato e Chojiro, che ovviamente ricambiava con altrettante carinerie. - Mirai vuole solo divertirsi.- le rispose poco prima di chiamare un cameriere ed ordinare un milkshake al cioccolato per Aiko che, tanto per fare la preziosa, roteò gli occhi e bofonchiò 'non sono più una bambina, voglio la birra', ma suo fratello si limitò a ridere di gusto e a lanciarle una pallina fatta con un tovagliolo. - Dico sul serio!- Che non sei più una bambina l'ho capito, ma non sei maggiorenne, quindi stai buona.- Non parlavo di questo!- gemette chiudendo per un attimo gli occhi, spostò il ciuffo di capelli che aveva davanti gli occhi da destra a sinistra e nel frattempo scoccò un veloce sguardo al tavolo che le interessava. Giocò per un po' con i braccialetti che aveva ai polsi, tirandoli e attorcigliandoli per alleviare la tensione - Mi ha sussurrato all'orecchio...- strascicò imbronciando le labbra - E mi ha chiamato pupa.- Sicuramente le piaci.Sua sorella strabuzzò gli occhi e lo guardò con la bocca aperta - Che cosa?!- Shh!- ridacchiò - Scherzo, scherzo, Mirai non è quello che pensi...- Mi ha sussurrato all'orecchio!Shirai prese un altro sorso di birra e giocò con i suoi capelli che ormai gli arrivavano ben oltre le spalle - Si diverte così, che ci vuoi fare? Comunque posso dirti che non le piacciono le donne.Ecco, questa era una delle cose che lei non avrebbe voluto sapere. Suo fratello era andato a letto con la Morino, ma che bello! Appena le portarono il milkshake affondò tutti i suoi dispiaceri nel cioccolato, di tanto in tanto guardava verso Ryuichi, poi sospirava, lo riguardava di nuovo e sospirava ancora. Era un concerto straziante secondo Shirai, visto che vedere sua sorella correre dietro un coglione non era il suo passatempo preferito. - Comunque eri da Kin ieri, giusto?- Si, ero da lei.- rispose dopo aver bevuto ancora. - E...?- cercò di fare la vaga mescolando il contenuto del suo bicchiere, appoggiò un gomito sul tavolo e si passò la mano tra i capelli che si riversarono da una spalla all'altra, ma i suoi occhi tradivano una certa curiosità. - E... non te lo dico.Non si scompose neanche - Allora l'avete fatto.Per poco lui non si strozzò con la birra e la guardò in cagnesco - Aiko...- Nii-chan...- canticchiò. Shirai stette in silenzio per molto, così tanto che Aiko ebbe il tempo di finire il milkshake ed ordinarne un altro. Lei capì che c'era qualcosa che non andava quando Shirai ordinò la terza birra. Lui non era tipo da birra, al massimo ne beveva una quando era in compagnia o quando a casa non aveva niente da fare. A lui piacevano le cose forti, andava in brodo di giuggiole per la grappa ad esempio, e per il gin. E il vino, qualsiasi vino. - Non avete litigato, tu e Kin, vero?Lui si leccò le labbra e guardò immediatamente dall'altra parte - E' complicato.- Con te non c'è mai niente di complicato.- ringraziò il cameriere e guardò per un attimo il suo secondo milkshake - Sei troppo semplice per le cose complicate...- bofonchiò pensando che era lei quella che si faceva il bagno nelle complicazioni. Kami, se Shirai era equilibrato, lei era un cocktail di eccessi e mancanze. - Lo pensavo anch'io...- ridacchiò - L'ho fatta veramente enorme stavolta.Aiko si morse le labbra - Mh, qualunque cosa sia, anche se Kin è una mia amica...- guardò il tavolo e arrossì - Io... se vuoi... accidenti...140 Suo fratello la guardò con un sorriso tenero stampato sulle labbra - Non sono così buono come tu mi credi.- Lo so che non lo sei, però sei meno stronzo e bastardo degli altri. E sei mio fratello.- Anche se ti dicessi che sono andato a letto con Kin, ma non l'amo?Lei corrugò la fronte e distolse lo sguardo, puntandolo su Ryuichi che in quel momento stava baciando una tizia sconosciuta, ma l'Uchiha aveva gli occhi neri puntati su di lei. Aiko sentì l'acido raccogliersi sotto la lingua, pronto ad essere sputato, ma il suo self-control decideva di funzionare nei momenti in cui lei aveva bisogno di salvarsi la faccia, infatti si piantò un sorriso da iena sulla bocca e sventolò in aria il dito medio che Ryuichi accolse con un sopracciglio inarcato. - Saresti mio fratello anche se mi dicessi che sei andato a letto con Mirai, amandola.Shirai sorrise - Si?- Si, ma non me lo dire mai, il mio stomaco non è così forte!- Io al tuo posto,- le disse guardando anche lui l'Uchiha - gli avrei già tagliato tutto.- Zitto!, Kin potrebbe fare lo stesso con te, non tirarti addosso le disgrazie!- Capitolo 20: Ushiro sugata wa waratte iru Neji-sensei era un maestro esigente, tirannico e insensibile; non conosceva il significato di democrazia ed era capace di farti svegliare alle quattro e farti correre per miglia due minuti dopo, senza neanche lasciarti bere il caffè o fare colazione in generale. Il caffè inibisce, diceva, quello di cui avete bisogno è una bella sfacchinata all'aria aperta. Aiko ricordava con perfezione e lucidità il giorno in cui lei, Chojiro e l'Uchiha erano stati assegnati a lui: era un mercoledi e faceva un freddo cane, lei si era presentata con una sciarpa più pesante di lei e gli scarponi da neve (perchè sentiva freddo a prescindere, le bastava un filo di vento o tre gradi in meno che già partiva a rotta di collo verso la borsa calda) ai quali mancava solo la parola, altrimenti avrebbero avuto pure un'anima critica. Neji-sensei l'aveva guardata, aveva abbassato tragicamente gli angoli della bocca e li aveva fatti correre per due ore intere. Si, due ore a correre avanti e indietro per il campo di addestramento, due ore a fare come le palline pazze -- pingpongpingpong, pong e pingeccetera, eccetera, eccetera. E, ci potete scommettere, Aiko aveva perso minimo quattro kg, si era beccata il raffreddore e si era irritata la gola e le erano venuti i crampi alle gambe. Quindi no, il loro primo incontro non era stato per niente idilliaco. Se poi si aggiungeva l'Uchiha che non sprecava tempo a prenderla in giro per qualsiasi cosa (corri come una papera; ma con tutti quei capelli ci fai la minestra?; il tuo sedere è piatto come il tuo petto; hai le dita grosse, corte e brutte come te; e la chicca, quella che diceva sempre - Il tuo cervello può anche essere grande quanto un'anguria, ma stai sicura che a culo e tette stai messa peggio di una nocciolina rinsecchita- ah, cosa devono sopportare le donne...) si poteva anche dire che Aiko detestava svegliarsi la mattina per andare agli allenamenti. Proprio per questo aveva fatto del segare un'arte, avrebbe potuto scrivere un Metodo, davvero. Con gli anni, comunque, Aiko aveva cominciato a vedere i risultati di quegli allenamenti sfiancanti e irritanti; per prima cosa riusciva a correre per più di due ore senza avere il fiatone, in secundis il suo sedere non era più così piatto. Per il seno si era dovuta accontentare di una misera (ma portata orgogliosamente) seconda, ma non si può avere tutto dalla vita. All'età di diciassette anni, Aiko aveva capito che non era nè piatta nè brutta, quindi si era rimboccata le maniche a aveva cercato d'imparare ad usare le sue "Armi" come meglio 141 credeva. Aveva le gambe lunghe, questo poteva anche essere un punto a suo vantaggio se l'esemplare maschio non aveva il pallino delle cosce piene (e c'erano, oh se c'erano -- suo padre amava le cosce di sua madre, ad esempio, e Naruto non aveva sposato Hinata solo per la sua faccia). Era alta, quello si. Forse era esageratamente alta visto che a soli diciassette anni misurava sul metro e settantotto (si, sua madre e sua nonna erano la più basse della famiglia, lei e Shirai avevano preso dai Nara in quel frangente, infatti suo fratello per entrare in cucina doveva per forza abbassare la testa sennò dava certe capocciate che neanche Homer Simpson da sobrio), quindi aveva sempre avuto problemi, soprattutto quando frequentava l'accademia; era sempre la più alta tra le ragazze ed erano pochi i ragazzi che la superavano o eguagliavano in altezza. Ryuichi era uno di quelli che non le arrivavano neanche al mento, ma si sa, appena il maschietto cresce...cresce e non lo ferma più nessuno; infatti Ryuichi aveva preso tutto quello che di bello c'era in suo padre e all'età di diciotto anni era altoquasi quanto Shirai (che misurava la bellezza di un metro e ottantotto, si, un gigante). Stessa cosa era accaduta con Chojiro. Lei, invece, a un metro e settantotto era arrivata e lì si era fermata. Non era neanche una ragazza particolare, il suo viso era normale, i suoi capelli erano lunghi... ma normali. Lei era normale, la sua bellezza non era chissà che cosa e tutti i ragazzi che le andavano dietro erano sempre più piccoli di lei (eredità materna, quella) e più stupidi di chiunque altro. Il fatto che Aiko fosse perdutamente innamorata di un Uchiha non migliorava la situazione, visto che quello non la calcolava neanche di striscio se non per provocarla e farla sentire tremendamente inadeguata in ogni situazione. I suoi unici aiuti morali e psicologici erano suo zio Kankuro, suo fratello e suo padre. Sua madre, per sua sfortuna, tendeva sempre a dirle di continuare per la sua strada senza dare adito alle stronzate, consiglio molto giusto e pertinente, ma completamente inutile. Quindi... cosa fare per farsi guardare con una luce diversa? Iniziare a fumare era fuori questione, riempirsi di piercing idem, rasarsi i capelli uguale e ammazzare qualcuno non rientrava nelle sue priorità. L'ispirazione era arrivata guardando Mirai. Più precisamente il tatuaggio di Mirai. L'enorme tatuaggio di Mirai: partiva dal fianco sinistro, percorreva una parte della schiena e finiva sulla scapola sinistra. Doveva aver fatto un male del diavolo, aveva pensato, ma era bellissimo e su di lei stava d'incanto. Forse farsi tatuare le sarebbe servito come spunto per avere più stima in se stessa, per rispettarsi di più e per comprendere che, se riusciva a farsi bucherellare la pelle, niente l'avrebbe più spaventata. Ovviamente ne aveva parlato con i suoi (lei non era come Shirai e sapeva come ottenere quello che voleva facendo il minimo sforzo), una domenica a tavola. C'erano pure i suoi nonni, zio Kankuro e Ino (incinta di sette mesi del primo pargolo). Per un momento era caduto il silenzio più totale: sua madre aveva cominciato a guardare il vuoto, Ino si era quasi strozzata con l'insalata, Shirai aveva sghignazzato come un pazzo. Gli unici a non fare una piega (perchè probabilmente avevano perso le speranze tanto tempo prima) erano stati i nonni, suo padre e Kankuro; quest'ultimo aveva continuato a mangiare come niente fosse. Ad un certo punto Temari aveva riempito il suo bicchiere e quello di suo marito di vino -fino all'orlo -- e l'aveva ingollato senza neanche prendere il respiro - E sentiamo: perchè?Aiko era superiper pronta a rispondere - Credo che mi aiuterà ad avere più autostima.disse convinta, suo zio aveva nascosto il sorriso coprendosi la bocca con il tovagliolo - E sono sicura di aver provato tutto quello che c'era da provare per non avere più il timore di non essere accettata.Suo padre si era versato altro vino e aveva preso un profondo respiro - Hn.- proferì 142 battendo ciglio. Ino, ripresasi dal principio di soffocamento, guardò in cagnesco suo marito (che mentre lei stava soffocando non aveva alzato un'unghia per salvarle la vita) prima di rivolgere un sorriso comprensivo ad Aiko - Io sono assolutamente favorevole.- Chiudi il becco, cretina!- sibilò Temari. - Io penso che la nana abbia tutto il diritto di fare quello che le pare.E ti pareva che Shirai fosse contrario. - Anche io.Idem per Kankuro. Shikaku sbadigliò - Te lo pago io.- Non farti fare cose blasfeme, per cortesia.- Temari guardò sua suocera come se le fossero appena spuntate antenne e pustole giallastre sulla testa. Shirai continuò a sghignazzare come un imbecille mentre tagliuzzava la carne arrosto che aveva nel piatto (seriamente, quella fetta di carne pesava minimo tre kg!) e osservava il volto di sua madre variare dal rosso al verde acido - Guarda mà,- l'additò con la forchetta se sei così preoccupata l'accompagno io!- tanto lui conosceva il tizio giusto e aveva già dei tatuaggi dei quali i suoi genitori ignoravano l'esistenza. Per non esagerare diremo che Temari non spalancò le fauci e non diventò blu, non prese a fumare dalle orecchie e NON guardò Shikamaru come per chiedergli la cortesia di fare qualcosa molto padre-padrone. Quello non se la filò neanche a pagarlo in letti e continuò a guardare il vuoto mentre i meccanismi del suo (sviluppatissimo e incompreso) cervello si muovevano senza sosta all'interno della sua scatola cranica. Aiko aspettò speranzosa (tanto sapeva che le avrebbe detto di si) fingendosi afflitta, triste e sconsolata; di quel passo la sua faccia si sarebbe sgretolata di sicuro se suo padre non si spicciava a prendere una decisione. - Hn, va bene.Quando Konoha tremò e una colonna di fumo che finiva a fungo fuoriuscì dal tetto (ora sbilenco) di casa Nara, Naruto Uzumaki, venerabile Hokage del sunnominato villaggio della foglia, stava proprio iniziando a mangiare; salvò per miracolo le costolette di maiale e insultò a manetta l'Uchiha (ospite in casa sua ogni maledettissima domenica solo perchè si era sposato Sakura e non perchè lui, il venerabile Hokage, era perdutamente innamorato di lui, il Bastardo, come qualcuno continuava ad asserrire) che per una volta non aveva fatto niente a parte fulminare con i suoi sguardi macabri i figli di tutti (pure i suoi). Quando l'Hokage vide il fumo-a-forma-di-fungo, o il fungo-a-forma-di-fumo, battè ciglio e indicò il cielo con le fauci spalancate, ma non aveva parole per descrivere il suo sconcerto (o era meraviglia?). - Teme lo vedi?!- Hn.- Minchia quanto ti somiglia... AHIA!- Aiko se la stava facendo sotto, ma dove diavolo l'aveva portata suo fratello? Kami, il tizio seduto di fronte a lei aveva la testa completamente tatuata, un braccio completamente tatuato e una marea di piercing in faccia (uno per ogni sopracciglio, due agli angoli della bocca e uno sulla sua fottuta guancia), poteva anche essere bello, ma quando uscì la lingua e prese a giocare con il piercing che aveva pure lì, Aiko spalancò gli occhi e distolse lo sguardo. 143 Shirai tornò da lei con un bicchiere di cappuccino in mano (era uscito dieci minuti prima per comprare le sigarette e ora si stava scusando a modo suo per averla lasciata sola, il lecchino), salutò con una poderosa pacca sulla spalla l'uomo dei piercing (che Aiko scoprì chiamarsi Izumi) e le si sedette quasi subito accanto porgendole il cappuccino fumante. - Sei bianca come un lenzuolo...- le bofonchiò sistemandosi meglio sulla sedia. - Ho bisogno di zuccheri.- si limitò a bisbigliare. Nonostante cercasse in tutti i modi di non guardare Izumi, Aiko non riusciva a staccare gli occhi da lui. Era un bell'uomo, su questo non c'era dubbio, che non poteva avere più di vent'anni e tutti quei piercing e la spropositata grandezza dei suoi tatuaggi non risultavano volgari o oppressivi su di lui. Aiko non si sentiva a disagio, guardandolo. Avvertiva come tanti brividi su braccia e gambe perchè chiaramente aveva appena trovato l'uomo della sua vita, ma non sentiva paura o ribrezzo. Izumi sollevò gli occhi (grigi, accidenti aveva gli occhi fatti d'argento quello lì) su di lei e le sorrise, come per rassicurarla. Lei non voleva essere rassicurata, lei voleva che Izumi si spogliasse adesso, ora, subito! Sentì suo fratello ridacchiare sottovoce - Dal tuo sguardo direi che hai bisogno di ben altro!- Stai zitto!- sibilò. - Hai deciso cosa farti?- sua sorella lo guardò con gli occhi spalancati, quindi si sentì in dovere di specificare prima che le venisse un attacco di panico - Il tatuaggio, nana...- Perchè t'interessa accidenti?! E' da quando siamo usciti che rompi!Lui si leccò le labbra e sghignazzò - Perchè ho intenzione di farmelo anch'io.- Un altro?- Un altro.- E non puoi, che so, sceglierne uno invece di scassare i maroni a me?- Non hai capito,- si piegò in avanti e appoggiò i gomiti sulle ginocchia - voglio farmi il tuo stesso tatuaggio.Lei quasi non si strozzò con il cappuccino - Eh?- Come un marchio, sai? Ci pensavo da un po', prima o poi ti avrei portata qui, ma tu mi hai preceduto.- Se, magari ce lo facciamo nello stesso punto...- bofonchiò tra un sorso e l'altro. - Perchè no? Dove vuoi fartelo?Aiko (oltre ad arrossire come un pomodoro, perchè, andiamo, 'dove vuoi fartelo'?, ma la voleva uccidere?!) perse le speranze di convincerlo a togliersi dalle scatole quando lo vide sorridere. Accidenti, non gli si poteva proprio dire di no a quello lì! Okay, era vero, faceva male, ma non così tanto male. Aiko lo giurava e lo sottoscriveva, ma era di un fastidioso... Era come se la sua pelle stesse bruciando di un fuoco leggero che via via andava spegnendosi. Shirai sembrava completamente a suo agio, si era sistemato sulla poltrona pieghevole con le braccia incrociate dietro la testa, le gambe allargate (il tatuatore si era sistemato tra di esse per lavorare meglio; Aiko trovava quella posizione alquanto esilarante, visto che anche lei l'aveva adottata per comodità e praticità) e gli occhi aperti che guardavano passo per passo i tre aghi bucherellargli la pelle come se non avesse mai visto niente di più bello. Aiko era di diverso avviso, infatti riusciva a guardare il lavoro che il collega del proprietario del salone stava facendo solo per pochissimi minuti. Aveva deciso di non strafare, non voleva un tatuaggio complicato e non lo voleva colorato perchè non voleva stare lì dentro tutto il giorno o peggio, ritornare per finire il lavoro. Non le era piaciuto nessuno dei tatuaggi illustrati nei book e quasi aveva abbracciato il titolare quando le aveva detto che gliel'avrebbe disegnato lui. 144 Era un cervo con la testa piegata verso il basso e le corna che puntavano dritte davanti a sè. Posizione di attacco. La testa del cervo consisteva soltanto nell'ombra della stessa, come una sfumatura dall'interno verso l'esterno, erano le corna ad essere molto particolareggiate, poco sfumate. Sotto il tatuaggio principale (quella era stata un'idea di suo fratello) sarebbe stata tatuata una frase che Aiko ancora non conosceva. Shirai le aveva solo detto che "Ci sta da morire, devi fidarti di me!" e lei si era fidata. Ed aveva fatto dannatamente bene! Una volta usciti dalla stanza, Aiko non riusciva a smettere di sorridere. Izumi era ancora lì con una rivista aperta sulle ginocchia, sollevò appena il capo quando li sentì uscire e Aiko, grondante di felicità, fece la prima cosa che le venne in mente. Si sollevò la maglietta (Izumi sgranò gli occhi e spalancò la bocca) e spostò la benda che era stata posta sul tatuaggio (situato poco più sotto del seno, all'incirca sulle ultime costole) senza smettere un attimo di sorridere - Com'è?Izumi scoppiò a ridere e la guardò con gli occhi argentei illuminati dal divertimento - Ti si addice, è molto bello.- Vero?!- e saltellò fuori tutta contenta mentre Shirai si fermava per pagare. Una volta che anche lui uscì dal salone, Aiko s'incamminò tutta contenta verso casa. Cavolo non riusciva a smettere di sorridere! - Ushiro sugata wa waratte iru.- sussurrò puntando gli occhi al cielo. Era la frase del loro tatuaggio. La frase di un Nara. La tua ombra sta ridendo. E lei rideva, oh se rideva! Capitolo 21: Murder Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano nelle canzoni, che l'amore poteva tutto. - E' vero - le rispose lui - ma farai bene a non crederci.Dell'amore e di altri demoni, Grabriel García Marquez. I suoi figli erano cresciuti magnificamente, erano ragazzi sani con dei valori nelle vene, mai avevano disobbedito ad un ordine, mai avevano tradito la fiducia dei loro sensei e dei loro compagni di squadra. Avevano commesso degli errori nei loro percorsi, Temari li aveva visti tremare di rabbia e tristezza tante, troppe volte. Li aveva visti affrontare i sensi di colpa, le responsabilità, i vari problemi che avevano bussato alle loro porte. Aveva visto Shirai crescere, diventare uomo sotto i suoi stessi occhi, l'aveva aiutato a scegliere casa quando lui aveva deciso che era arrivato il momento di afferrare la propria indipendenza, l'aveva guardato prendere in mano la sua vita e, Kami, quanto era orgogliosa di lui per la persona che era diventata. Aveva visto e ancora vedeva Aiko diventare donna piano piano, giudiziosa, paziente e appassionata al tempo stesso, orgogliosa e buona, bella da morire ma insicura da fare schifo. Era tanto più dei suoi coetanei e non solo perchè era sua figlia, lo era veramente e su tutti i fronti, comunque la si guardasse. Erano entrambi amanti del pericolo. Shirai lo era sempre stato, Aiko lo era diventata 145 crescendo, non aveva più paura di farsi male. Temari quando li vedeva partire per una missione di qualsiasi livello e priorità veniva sempre punta da due diversi sentimenti: la preoccupazione e l'orgoglio; stranamente quando quella stessa mattina aveva visto Aiko uscire di casa in divisa per raggiungere Shirai e gli altri ragazzi scelti per intraprendere una missione di livello S, si era sentita male. Era un presentimento, un mal di testa, era lo stomaco aggrovigliato e il sudore freddo. Era nausea. Shikamaru l'aveva guardata strano per tutto il giorno visto che lei aveva deciso di rimanere a casa dopo aver avuto un capogiro proprio mentre scendeva le scale. Credeva fosse un semplice malore dovuto alla pressione bassa o allo stress, quando il malore si era protratto il giorno seguente e il seguente ancora aveva cominciato a dormire terribilmente male. Non dormiva affatto in realtà e nel bel mezzo della colazione, quando Shikamaru guardava fuori dalla finestra con una sigaretta accesa tra le dita gli aveva detto che era preoccupata per i ragazzi; gliel'aveva detto con un nodo in gola, la voce bassa quasi a non volersi far sentire, ma lui l'aveva sentita, lui ascoltava sempre, sempre. - Staranno bene seccatura,- le aveva detto tra un tiro e l'altro - c'è Sasuke con loro e nonostante tu lo detesti ancora, io mi fido, mi fido di Sasuke e non permetterà che accada qualcosa, perchè anche suo figlio fa parte del team, mi capisci? Devi fidarti di lui.L'istinto di una mamma non sbaglia mai; sanno sempre quando qualcosa non è come dovrebbe essere, lo sentono nell'aria, se lo sentono nelle vene che qualcosa si è inceppato. Temari sarebbe immediatamente partita per raggiungere i suoi figli e sincerarsi che tutto era come lei l'aveva lasciato, che tutto era come lei lo aveva fatto. Non si ascoltò quella volta. Si fidò della sicurezza di suo marito, si fidò dell'esperienza di Sasuke Uchiha. Si fidò di altri, mentre l'unica cosa che avrebbe dovuto fare era ascoltarsi. Quel giorno si svegliò alle quattro, presto si, ma si sentiva riposata come non mai. Era come se tutte le notti insonni fossero state rimpiazzate da dodici ore di sonno profondo. Stava bene dopo tre settimane di patemi d'animo. Si prese il suo tempo rilassandosi ancor di più in un lungo bagno caldo, poi preparò la colazione ed aspettò che Shikamaru si svegliasse pulendo le stoviglie che non aveva avuto il tempo di lavare la sera prima. La principessa sul pisello si svegliò che erano le otto passate, presto per i suoi normali standard da giorno di riposo, lei non vi prestò poi così tanta attenzione. Suo marito sembrava sfatto, stropicciato quasi, come se qualcuno durante il sonno l'avesse tenuto accartocciato nel pugno della propria mano. - Hai dormito male?- Malissimo,- brontolò massaggiandosi il collo - ho la schiena bloccata.- Questo perchè dormi in posizioni improponibili.Shikamaru si sedette schioccando la lingua al palato e facendo una smorfia dolorante - Ma se sei tu quella che di notte scalcia come una giumenta in calore!La manata in fronte ci stava tutta dopo quella battuta infelice - Io non scalcio.- replicò piazzandogli davanti la tazzona di caffè e i biscotti di pasta frolla che sua madre aveva fatto giusto il giorno prima. - Seh, i lividi sul fianco me li son fatto da solo.- strascicò guardandola malissimo. 146 Lei si sentì quasi offesa, stava così bene quella mattina... perchè lui voleva rovinarle la giornata con le sue seghe post-risveglio traumatico?, ovviamente capiva che per lui era una seccatura immane svegliarsi con tutta la schiena dolorante, non era fatta di pietra! - Vuoi litigare per caso?Quello per tutta risposta ingollò il caffè, masticò in fretta e furia un biscotto e si alzò facendo stridere fastidiosamente la sedia sul pavimento - Sono fin troppo scoglionato per starti dietro Tem, ci vediamo a pranzo, mangiamo fuori.- Come vuole maestà.- canticchiò roteando gli occhi al soffitto. Uscito Shikamaru lei si accorse di aver stretto con così tanta forza il biscotto (che aveva tenuto in mano per tutta la durata del loro scambio di battute) nella sua mano che questo si era sbriciolato. La nausea ricominciò subito dopo. Questo mondo è pieno di cose rotte: cuori spezzati, promesse infrante, persone a pezzi. Il mondo stesso è una costruzione fragile, un luogo dalla struttura a nido d'ape dove il passato penetra nel presente, dove il peso di colpe di sangue e di vecchi peccati devasta le esistenze e costringe i figli a giacere con i resti dei loro padri nelle intricate rovine delle conseguenze. Io sono spezzato e ho a mia volta spezzato. Ora mi chiedo quanto dolore possa essere inflitto al prossimo prima che l'universo intervenga, prima che una qualche forza esterna decida che è stato sopportato abbastanza. Un tempo pensavo fosse una questione di equilibrio, adesso non ci credo più. Penso che quanto ho fatto sia sproporzionato rispetto a ciò che è stato fatto a me, ma questa è la natura della vendetta. Si intensifica. Non può essere controllata. Una sofferenza chiama l'altra, e così via, finché il dolore originario è praticamente dimenticato nel caos di quello che segue. Un tempo ero un vendicatore. Non lo sarò più. Ma questo mondo è pieno di cose rotte. Anime Morte - John Connolly Shirai non si era mai preoccupato delle ferite, dei pericoli durante una missione particolarmente ardua da completare, non aveva mai avuto paura del sangue. Gli piaceva il sangue in realtà; da bambino capitava spesso che cadesse o che si tagliasse un dito, lui non si vergognava a dire che aveva succhiato via il sangue dal suo dito senza fare una smorfia. Non aveva mai sofferto di nausee improvvise quando aveva visto il sangue sgorgare dalle gole tagliate dei nemici o da una ferita al ventre, non aveva neanche fatto una piega quando aveva ucciso per la prima volta. Lui non aveva paura della morte, perchè avrebbe dovuto averne del sangue suo o degli altri? Era un ninja addestrato per uccidere, a che pro sentirsi nauseati da una gola tagliata? Ora aveva paura, era raggelato dentro, sentiva i battiti del suo cuore impazzito dentro le orecchie ed aveva vomitato bile. Aveva permesso al Malefico di dargli un pugno in faccia senza fare una piega, perchè sapeva che non era questo il momento delle crisi e della paura, lo sapeva. Aiko lo guardava, non sapeva se lo vedesse davvero considerato il volto quasi interamente coperto di sangue a causa di una ferita alla testa (Shirai non aveva visto il taglio, non vedeva niente oltre al sangue e si odiava perchè non l'aveva coperta, perchè non l'aveva protetta), ma i suoi occhi erano puntati verso di lui. Velati, quasi neri, ma puntavano lui come se 147 volesse dirgli qualcosa. Quando l'aveva vista accasciarsi sul fango, il sangue che sgorgava dal suo addome, e dopo quando l'aveva sollevata e l'aveva sentita emettere un suono animalesco... Shirai aveva pensato 'se sto con lei non succederà niente, la proteggerò io perchè nessuno può farlo meglio di me', irrazionalmente sapeva che era troppo tardi per pensieri del genere. Lui non c'era quando era stata ferita, no? Non sembravano neanche respirare, lei e Kyosuke, Kiba rantolava e cercava di rassicurare, oltre al suo cane, anche gli altri. Sasuke non aveva messo fine alla sua vita perchè troppo occupato a trascinarsi dietro i due prigionieri, gli occhi sanguigni e così dannatamente infernali da obbligare Shirai a stargli a debita distanza onde evitare un altro pugno in faccia. Aiko lo guardava, sbatteva appena le palpebre, ma guardava lui diamine! - Konoha è vicina.- gorgogliò Kiba, sputò il sangue nel vano tentativo di articolare meglio le parole - Sento l'odore.- Come fai a sentire odori con il naso rotto imbecille?- blaterò TenTen appesantita dalle ferite alle gambe. - Che vuoi che ti dica dolcezza, sono un prodigio della natura!- fece una smorfia e cercò di appoggiarsi meglio sul dorso di Akamaru che guaì - Si, si, lo so Akamaru.Sasuke strattonò i prigionieri e si affiancò a Shirai - Devi andare avanti.- No.- Avverti le guardie che abbiamo dei feriti.- quando il ragazzo fece per discutere Sasuke perse la sua dose quotidiana di umanità e gli afferò la mandibola con forza - Fallo, Shirai, veloce.- Come on skinny love just last the year. Pour a little salt we were never here. My, my, my, my, my, my, my, my. Staring at the sink of blood and crushed veneer... Raido Namiashi non sopportava fare la guardia a cose inanimate, lui affiancava gli Hokage per amor del cielo, quindi quando veniva assegnato dallo stesso Hokage (per il quale avrebbe felicemente sacrificato la sua vita) a stare di guardia al portone, in sincerità, tratteneva a stento la frustrazione. Genma, che quel giorno condivideva il suo stesso destino (-> sorvegliare il portone come se fosse un nukenin che da un momento all'altro avrebbe potuto spalancare le fauci e mangiarli tutti e due), non sembrava particolarmente infastidito dai suoi borbottii, si limitava a mangiucchiare il suo onnipresente stecchino e a guardare la foresta con uno sguardo apatico e un sorrisetto irritante che Raido non digeriva proprio. Kakashi li aveva raggiunti verso le dieci, la sua andatura scanzonata e l'immancabile libricino arancione avevano fatto sfuggire un ghigno a Raido, Genma sembrava semplicemente costipato. - Yo!- Sei in ritardo.- disse Genma muovendo appena le labbra - Dovrò scriverlo nel rapporto.L'occhio di Kakashi sorrise - Fai, fai.- Giuro che certe volte non sembri neanche un jonin.- Ahi, questa l'ho sentita.Continuarono a pizzicarsi fino a quando Raido non scorse una figura traballante avvicinarsi al portone, colpì la spalla di Genma e nonostante l'occhiata che gli venne rivolta indicò un punto indistinto davanti a loro - Quello non è...148 - Sembra l'Uchiha.- borbottò Genma. - Porca... è Shirai!- ululò Raido saltando giu dalla torretta e teletrasportandosi lì dov'era il ragazzo. Kakashi sollevò lentamente il suo occhio dal libro che venne chiuso stizzosamente quando Shirai cadde a terra; il jonin afferrò Genma per il braccio e prese un profondo respiro prima di parlare - Avverti l'ospedale, che mandino tutti quelli reperibili.- e sparì in una nuvoletta di fumo. Shirai stava respirando dalla bocca, prendeva grandi boccate d'aria come se i suoi polmoni si fossero trasformati in pistoni, era gelato e non concentrava lo sguardo da nessuna parte. Genma aveva provato a rimetterlo in piedi così da poterselo caricare in spalla, ma il giovane Nara non collaborava. Kakashi arrivò proprio nel momento in cui Shirai disse 'andateli a prendere per favore'. - Shirai dobbiamo portarti in ospedale.- gli disse Genma poggiandogli una mano sulla schiena, lui si limitò ad abbassare la testa fino a quando la sua fronte non toccò la strada sterrata. - Andatela... a prendere.- strascicò tra saliva e respiro affannoso. Kakashi sparì quando gli altri shinobi e i ninja medico arrivarono, il sangue nelle sue vene aveva cominciato a scorrere nel verso sbagliato. La sigaretta aveva un sapore stranamente acido, il fumo gli bruciava la gola come del whisky mandato giù troppo in fretta. Choji lo guardava sbuffare via il fumo con una smorfia schifata che da tempo non gli aveva più visto in volto. Quella mattina era strana. Sua moglie (santa donna che dalle sue origini, la Nuvola per essere precisi, aveva ereditato calma e dolcezza a non finire) si era svegliata con un diavolo per capello perchè improvvisamente si era resa conto che il giardino doveva essere pulito, i pavimenti di tutta la casa dovevano essere lucidati, la cucina doveva essere disinfettata minimo otto volte e le tende dovevano essere lavate, stese e lavate di nuovo perchè erano una pietà a guardarle. Yoshiko, sua moglie per l'appunto, aveva cominciato a sbraitare alle sette del mattino, Choji e Chojiro credevano che stesse soffrendo di un incredibile mal di pancia perchè non l'avevano mai vista in quello stato, ma quando la donna aveva puntato i suoi occhi marroni su loro due sputando veleno dalla bocca per levarseli di torno si erano dovuti ricredere: ce l'aveva proprio con loro. Per questo motivo Choji aveva deciso di fare un salto in ospedale, erano mesi che rimandava i controlli di routine ed ogni tanto la schiena gli procurava fastidiosissimi dolori che quasi lo bloccavano a letto per giornate intere, gli era sembrata una buona idea approfittare di quella tragedia familiare per occuparsi di se stesso in maniera responsabile in attesa che aprisse il negozio di caramelle. In ospedale aveva trovato Sakura. Di solito la degna consorte dell'Uchiha era tutta sorrisi e bonari rimproveri, quella mattina non le si poteva parlare: era nervosa, isterica e le tremavano le mani. Choji l'aveva vista ingollare tre caffè di seguito (evidentemente, aveva pensato l'uomo, le mancavano così tanto figlio e marito che la poveraccia non era riuscita a dormire in quelle tre settimane). L'Haruno gli aveva rivolto un debole sorriso quando l'aveva visto in sala d'attesa e Choji si era reso conto di quanto piccola la sua figura fosse sotto quel camice in disordine. - Hey, da quanto tempo...- gli aveva debolmente detto nascondendo le mani nelle tasche del camice. - In effetti non esco molto, ti vedo stanca Sakura, tutto bene?Lei aveva distolto lo sguardo per un attimo, la fronte era corrugata e la bocca formava una smorfia infastidita - Mi sono svegliata male.- Ah,- si grattò la nuca con un sorriso imbarazzato - anche Yoshiko non ha dormito bene, sembrava una banshee affamata... vi siete messe d'accordo?, anche Temari è stata 149 intrattabile in queste settimane.Riuscì a farla rilassare un po', ma la smorfia rimase - Effettivamente sono stati giorni strani, anche stamattina molti si sono svegliati dal lato sbagliato. Yoshino è venuta qui ieri pregandomi di darle qualcosa per il mal di testa, ci credi?, Yoshino...- a quel punto aveva guardato il corridoio come se avesse visto qualcosa - Ho... come l'impressione di non aver...- si era bloccata serrando le labbra, lo sguardo fisso sul corridoio. - ... tempo?- le aveva suggerito con naturalezza, non aveva neanche pensato di dirlo, l'aveva semplicemente detto come se fosse ovvio. E Sakura si era come risvegliata da un lungo sonno, l'aveva guardato come se non l'avesse mai visto prima - Si.- sospirò pesantemente - Scusami, è da giorni che corro, non so cosa dico. Devi fare le analisi?, dai ti accompagno io.E ora Shikamaru con quegli occhi freddi, quella rigidità che a Choji sembrava innaturale. Che cavolo stava accadendo al mondo quella mattina? - Shika.- Mh.- Come siete rimasti con Temari?- Le ho detto che avremmo pranzato fuori, vuoi venire anche tu?Impassibile, glaciale. Con un sospiro Choji scosse la testa - No, pranzerò dai miei.- Se sai di non poter venire perchè diamine mi fai domande stupide?- sibilò accendendosi una nuova sigaretta, poi chiuse gli occhi, sospirò e lo guardò dispiaciuto - Scusa amico, mi sono svegliato male.Visto?, che cavolo stava accadendo al mondo, eh? - Tranquillo fratello, lo capisco, è una mattina strana.- Seh, una rottura.- fece una smorfia dopo aver fatto un lungo tiro - Anche le sigarette hanno un sapore diverso...- Sempre veleno è.- Oggi è più... pungente, fa quasi male.- borbottò tirando di nuovo. - Sei un grandissimo masochista.Shikamaru non fece in tempo a rispondere che vide un'intera squadra di shinobi e qualche ninja-medico correre a rotta di collo verso l'entrata principale - Che cazzo...- si alzarono contemporaneamente e corsero loro dietro nel caso avessero avuto bisogno di due shinobi di riserva. I tell my love to wreck it all, cut out all the ropes and let me fall My my my – my my my – my my my my – my my … Right in the moment this order’s tall. And I told you to be patient, I told you to be fine, I told you to be balanced, I told you to be kind; in the morning I'll be with you but it will be a different "kind", I'll be holding all the tickets and you'll be owning all the fines... 150 Alle nove spaccate Temari si presentò al Palazzo degli Hokage, doveva rivedere alcuni documenti riguardanti le transizioni economiche e commerciali avvenute tra Konoha e Suna negli anni successivi alla guerra, sperava anche di riuscire a convincere Naruto nel far ritornare a casa i ninja di Suna di stanza a Konoha perchè quei ragazzi non vedevano le loro famiglie da più di due anni, il che per lei era inconcepibile, e come Ambasciatrice era suo dovere attenzionare il problema onde evitare che a Gaara venisse l'ansia. La nausea non era passata, ma riusciva a controllare le continue ondate senza dare spettacolo e, soprattutto, senza far notare il suo effettivo disagio a nessuno. Kami era come essere incinta di Aiko un'altra volta. Passò circa due ore nell'archivio, ma centoventi minuti non erano abbastanza per visionare tutti i documenti che avrebbe dovuto e voluto controllare, decise su due piedi di portarsi il lavoro a casa quindi firmò il registro davanti il jonin che stava di guardia e una volta finito ritornò nel suo ufficio, mise le cartelle sulla scrivania e uscì di nuovo chiudendo la porta a chiave per evitare che occhi curiosi rovistassero tra i documenti. Entrò nell'ufficio dell'Hokage che erano le undici e un quarto e la prima cosa che notò fu lo sguardo pesante di Naruto. Pesante nel senso che i suoi occhi non sembravano neanche blu tanto erano velati da non sapeva che cosa. - Anche tu hai dormito male?Il biondo le indirizzò un breve sorriso che non riuscì a ridare chiarezza ai suoi occhi - Eh, ho dormito poco e male in effetti. Come sta Gaara?Temari si passò una mano (che notò essere gelata) poco sotto il collo e sospirò cercando di rilassare le spalle - L'ultimo messaggio diceva che stava bene, che tutto andava bene e che non c'era niente di diverso dal solito.- a questo Naruto ridacchiò - Si, è un paese piuttosto monotono in questo periodo, dovremmo preparare un'altra guerra per tenere Gaara fresco e arzillo.- Non credo che tuo fratello sia più quel tipo di persona.- sbadigliò corrugando profondamente la fronte - Accidenti sono troppo... troppo...- Stanco?, si vede.Naruto scosse il capo e con un gesto quasi stizzito si tolse il copricapo da Hokage e si passò con frustrazione entrambe le mani fra i capelli biondi - Nah, ho le palle gonfie così e non so perchè.- Sarà perchè l'amore della tua vita è in missione?- Hinata non è in missione.- L'Uchiha.- Ah, quell'amore,- sghignazzò - lui mica mi preoccupa, non lo ha ammazzato lo sharingan figuriamoci una missione di livello S!- Vedi un po' la sfiga eh?Lui sorrise grattandosi le guance - Allora... qual è il problema?- I ninja di Suna. Mi sembra ora che tornino dalle loro famiglie.- Io li farei andare anche adesso Temari, ma hanno cominciato lavori e missioni che ancora non hanno terminato.- Konoha è piena di ninja Naruto, possono sobbarcarsi anche il loro lavoro.Sospirò - E glielo dirai tu a quegli altri che oltre ai loro compiti devono portare a termine anche quelli che non gli spettano?- Sono l'Hokage io?- ghignò facendogli l'occhiolino. Naruto sembrò voler dire qualcosa ma si irrigidì subito dopo e Temari lo vide voltare il capo verso la finestra due minuti prima che Genma vi si materializzasse sopra. Lui, Naruto, sembrava congelato sulla poltrona, lei si sentiva pesante come non mai. - Cosa diavolo ci fai qui?, dovresti stare di guardia al...- cominciò il biondo, quasi subito interrotto dal jonin. - Hokage-sama in team di Uchiha Sasuke è tornato.151 - E quindi il teme vuole essere ricevuto in pompa magna?- grugnì socchiudendo le palpebre, Temari prese un profondo respiro pronta a calmare il biondo nel caso in cui Genma non fosse stato abbastanza veloce a trasmettere l'informazione. Erano tutti di umore nero quella mattina. - Hokage-sama credo ci siano feriti,- lei vide gli occhi del ninja saettare verso di lei, le si gelò il sangue nelle vene - Shirai Nara sta per essere trasportato in ospedale.Naruto si passò entrambe le mani sul volto, sembrava volersi strappare via la pelle - Chi sono i feriti?- Suppongo lo siano tutti Hokage-sama...Temari provò a sentire i battiti del suo cuore, ma niente, non c'era niente. Come on, skinny love, what happened here? Suckle on the hope in lite brassiere My my my – my my my – my my my – my my … Sullen load is full so slow on the split. Sakura stava applicando gli ultimi due punti al braccio di un uomo-armadio che aveva avuto la sfortuna di cadere su un pezzo di vetro quando la caposala del reparto era entrata bianca come un lenzuolo. L'Haruno non sopportava certi comportamenti, soprattutto quando di turno c'era lei e ancora di più quando era con un paziente già nervoso per i cavoli suoi, per questo non le degnò più di un'occhiata sfuggente con tanto di smorfia infastidita Sto lavorando Chiaki.- Haruno-san è meglio se...- Chiaki,- disse con una nota minacciosa nella voce mentre con mano ferma tirava il filo per cortesia, esci.La caposala, che era una donna molto educata e a modo -- non come l'arpia che bazzicava nel reparto di cardiologia -- indurì la sua espressione e rizzò le spalle - Sakura la squadra di tuo marito è appena tornata a Konoha. Tsunade-sama sta preparando le sale operatorie...- Come hai detto scusa?- alitò fermando ogni movimento, solo i suoi occhi sembravano essere in grado di muoversi visto come guardavano la donna. - Tuo marito è tornato, due della squadra sono gravi, Tsunade-sama sta preparando le sale operatorie...L'Haruno guardò il suo attuale paziente, non sentiva più le braccia - Devo finire qui.- Sakura, sono molto gravi, ci penso io qui.- No, sto finendo, ci penso io.- Devi seguire le direttive di Tsunade-sama,- disse duramente - qui ci penso io, vatti a preparare e non farmelo ripetere.Sakura sapeva che suo figlio era uno dei gravi, Tsunade non l'avrebbe fatta chiamare per niente e la caposala non si sarebbe offerta di finire il suo lavoro per un capriccio. Lei sapeva. Stranamente non sentiva nulla. Camminò fino a quando le sue gambe cedettero e si vide costretta ad appoggiarsi al muro con la schiena. Non sapeva per quanto tempo restò congelata in quel punto, vedeva infermieri correre a destra e a sinistra, sentiva ordini e chiamate dall'interfono -- il suo nome era stato ripetuto più e più volte -- e provava un senso di impotenza quasi. Sakura amava il suo lavoro con tutta se stessa e la cosa era normalissima visto che nessun essere umano provvisto di un esageratissimo istinto di conservazione personale (e un ego ancora più grande) avrebbe scelto di intraprendere la carriera del medico senza provare per 152 quella specifica professione un amore sconfinato. Perchè? Ferite da ricucire, sangue da lavare, urla di dolore, iniezioni, flebo, operazioni e, nei casi peggiori, interiora sparpagliate a destra e a sinistra, morti violente che non potevi nè prevenire nè fermare. Era un lavoro per pochi e chi credeva di poterlo fare senza passione, dedizione e serietà cascava come una pera cotta la prima settimana di specializzazione. Lei aveva avuto la fortuna di avere la migliore insegnante che la Terra del Fuoco poteva offrire, Tsunade, e non avrebbe mai smesso di ringraziarla per gli insegnamenti, gli accorgimenti e le lezioni di vita che le aveva impartito negli anni della sua maturità personale. Sakura era fottutamente brava, che dovesse curare un ferito in battaglia o disinfettare il ginocchio sbucciato di un bambino, in qualsiasi situazione si trovasse non perdeva mai di vista il suo scopo: salvare vite, aiutare la gente. Lei amava il suo lavoro... - Sakura...Deglutì e battè ciglio più volte per dissolvere il velo che le copriva gli occhi, davanti a lei c'era Kakashi, lo vedeva, sentiva la sua presenza e sapeva -- l'aveva sentito -- che l'aveva chiamata. La stavano chiamando, avevano bisogno di lei... - ... Devo...- deglutì amaro, bile, era bile - Andare in sala operatoria, io devo andare.Lui la guardò in faccia e le afferrò una spalla - Non puoi operare tuo figlio, lo capisci?- Certo che posso, sono sua madre.- bisbigliò stringendo le dita sul polso del suo vecchio sensei - Posso farlo.- Lo opererà Tsunade-sama, è già deciso.- le disse senza la minima vergogna. E lei si sentì male - E io cosa farò, eh?, starò in pena qua fuori ad aspettare? Non voglio impazzire, non posso stare qua fuori e non fare niente...- respirò profondamente fissando lo sguardo sulla parete alle spalle di Kakashi. Sakura Haruno in sala tre, ripeto, Sakura Haruno... Corrugò la fronte e raddrizzò la schiena allontanandosi così dal muro - Chi c'è in sala tre?- Credo Aiko, Sakura.Lei si fece di pietra. Suo figlio, la figlia di Temari... - Dov'è mio marito?- l'uomo non rispose - Dov'è?- Lo stanno medicando, devi...Non gli lasciò neanche finire la frase. Gli strinse con forza estrema il polso e gli allontanò la mano dalla sua spalla - Se nostro figlio...- strinse le labbra - Se i ragazzi dovessero morire Kakashi o se dovessero accadere delle complicazioni, coma, amputazioni o... se accadesse loro qualsiasi cosa Kakashi... se Sasuke ha fatto prigionieri,- lo guardò con il sangue negli occhi - interrogateli mentre io sono in sala operatoria perchè non avrete più tempo poi.- I told you to be patient, I told you to be fine, I told you to be balanced, I told you to be kind; Pioveva quando Temari si era fiaccamente trascinata all'interno dell'ospedale; l'infermiere assegnato all'accettazione l'aveva subito riconosciuta e non c'era stato bisogno che lei desse i suoi dati personali per avere le dovute indicazioni. Tutti sembravano sapere che Kyosuke e Aiko erano sotto i ferri, tutti sapevano cose che lei non avrebbe mai voluto neanche pensare. Ed era successo quello che lei non avrebbe mai 153 voluto accadesse. Non sapeva come stesse suo figlio, non sapeva dove fosse suo marito, sapeva solo che sua figlia era in sala operatoria ed era grave. Sua figlia. In quel momento l'unica cosa che riusciva a farla pensare lucidamente era il senso di colpa. Avrebbe dovuto ascoltare il suo istinto e andarli a prendere, dovunque fossero, avrebbe dovuto mandare al diavolo marito&Uchiha, non avrebbe dovuto fidarsi dell'insulso istinto degli altri. Perchè se lei fosse andata dove il cuore le diceva di andare, forse, magari i suoi figli non sarebbero finiti in ospedale; uno ferito, l'altra grave. Non vedeva neanche dove metteva i piedi, sentiva i capelli umidi pesarle sul cranio come un'incudine -- anzi mille incudini. E respirare faceva così tanto male... Credeva, anzi sapeva che la gente la stava guardando. Sentiva i loro occhi puntati sulla nuca come kunai affilati, non aveva neanche la forza d'animo di ammazzarli tutti insieme. La prima persona che vide fu TenTen fasciata dalle cosce in giu, stava parlando con Neji, in piedi di fronte a lei che stava seduta con un'espressione di pura stanchezza sul viso. Intravide gli altri due figli di Sakura, li guardò a lungo mentre loro ascoltavano Kakashi senza muovere un muscolo o un capello. Ryo era grigio, letteralmente grigio come la cartapesta. Ryuichi era semplicemente assente. Ad un certo punto si vide Yoshiko -- moglie di Choji -- davanti. Dei grossi lacrimoni le scendevano lungo le guance ed era paonazza con i capelli in disordine e la bocca piegata in una smorfia innaturale che Temari, dopo due secondi, non riuscì più a sopportare. Si limitò a farsi avviluppare nel suo abbraccio, in un certo senso la ringraziò per non averle detto nulla e aver agito -- perchè con lei le azioni funzionavano di più, solo per questo. Yoshiko singhiozzava stringendo le mani sui suoi vestiti umidi, era come se stesse piangendo pure per lei che cercava di non sentire niente, di chiudersi e di lasciare tutto il resto fuori, lontano. Non riuscì più a tenere alta e immobile la maschera quando vide Shikamaru e Shikaku arrivare a passo lento. Suo marito teneva una mano sugli occhi, suo padre gli aveva messo una mano sopra la spalla, ma in realtà lo stava tenendo in piedi. Temari lo sapeva che qualcosa non andava, se lo sentiva, lo sapeva, lo sapeva. Chiuse gli occhi e nascose il volto nell'incavo del collo di Yoshiko che la strinse più forte quasi sollevandola da terra. E pianse, digrignò i denti, pianse più forte e provò il desiderio di passare più volte le nocche sulla carta vetrata per sanguinare e farsi male e morire perchè non lo poteva sopportare. Quello che stava accadendo era tanto più grande di lei ed era la cosa più dolorosa che le fosse mai capitata anche se non sapeva cosa sarebbe accaduto nè cosa stava succedendo nelle sale operatorie. Piangere era come affogare, per questo lei odiava piangere. Morire affogati era la morte più crudele al mondo per lei; tu sai nuotare -- altrimenti perchè andresti dove la boa ti dice di non andare?-- ma ad un certo punto te lo dimentichi e vai giu, l'acqua ti sommerge ed è così fluida che pensi 'è facile tornare su, è facile tornare su', non ci riesci e le vene nel cervello pulsano, gli occhi ti bruciano ed entri nel panico -- ti muovi, ma non ottieni niente, vai giu, così. E vuoi così disperatamente e dannatamente respirare che ti bruciano i polmoni, ma sai che non puoi perchè andresti a fondo più veloce di prima, quindi stringi le labbra, mavuoidannatamenterespirare. E quando i polmoni non ce la fanno più... singhiozzi ed ingoi acqua. Muori perchè quel fluido è così tanto più grande di te da mandarti nel panico più totale, facendoti scordare come si nuota -- come si vive. Piangere è affogare. Lei odiava piangere. Dentro pensava -- un pensiero da bambina quasi -- che se pioveva era perchè lei stava piangendo, perchè lei era così potente da obbligare il cielo a far cadere giù secchiate d'acqua, solo per lei. La realtà, sapeva, era ben diversa, quindi decise che... basta, non voleva piangere, basta, basta. 154 E non si rendeva conto di stare sussurrando quella parola all'orecchio di Yoshiko. - Basta, basta... basta...E lei, la donna che era diventata la 'zia adorata' dei suoi figli, poteva solo piangere e accarezzarle i capelli - Lo so,- disse con voce strozzata - tesoro lo so.now all your love is wasted then who the hell was I? Cause now I’m breaking at the britches and at the end of all your lines... Who will love you?, who will fight? And who will fall, far behind? (Birdy -- Bon Iver cover -- Skinny Love) Kakashi era sparito un'ora dopo. Sembrava che lui e Naruto si fossero dati il cambio perchè cinque minuti dopo la sua frettolosa dipartita l'Hokage aveva fatto capolino mostrando un sorriso patetico che era sparito non appena aveva adocchiato i figli dell'Uchiha. Vedendo il biondo Ryosuke si era fatto piccolo piccolo e si era lasciato andare ad un sospiro pesante quando l'Hokage gli aveva circondato le spalle sedendosi accanto a lui. Sasuke, Temari aveva sentito delle infermiere borbottare poco prima, si era arbitrariamente alzato dal letto nel quale era stato letteralmente legato ed era uscito nel corridoio che univa le due strutture ospedaliere. Dall'esterno sembrava un tunnel interamente sorretto dai vetri, in realtà era un corridoio adibito a zona fumatori. Suo marito doveva essere lì insieme a suo suocero e al piccolo di casa Uchiha. Yoshiko era tornata a casa per cucinare qualcosa visto che nessuno di loro voleva veramente mangiare alla mensa dell'ospedale. In quel momento Naruto le puntò gli occhi addosso e lei ricambiò lo sguardo nonostante fosse consapevole che i suoi occhi non erano un bel vedere in quel preciso istante - Usciamo Temari?, si soffoca qui...Lei annuì leccandosi le labbra gonfie, si avvicinò al biondo con la schiena dritta e le spalle rigide; non voleva veramente parlare, chiaro, ma vedere Ryosuke (che in fondo era un bravo ragazzo, lo sapeva benissimo perchè l'aveva visto crescere) in quello stato le metteva una tristezza in corpo che non le era umanamente possibile far finta che non esistesse. Gli passò una mano gelata sulla fronte portando indietro alcune ciocche di capelli e facendogli contemporaneamente reclinare la testa indietro per guardarlo in faccia - Vieni anche tu, non voglio restare sola con l'idiota.Ovviamente non gli strappò neanche una smorfia, ma almeno riuscì a fargli muovere il culo dalla sedia dov'era sprofondato un'ora prima. Arrivati nel corridoio (Naruto aveva circondato le spalle di Ryosuke con un braccio per tutto il tragitto mentre lei si era limitata ad accarezzargli la schiena) erano stati colpiti dall'odore acre del fumo. Niente da dire, gli uomini sapevano proprio come gestire lo stress post-traumatico. Sasuke gettò uno sguardo apatico all'indirizzo di Naruto, poi la braccio che circondava le spalle di suo figlio, poi guardò suo figlio e alla fine quando riguardò Naruto grugnì. - Si, Teme, sto consolando il tuo bimbo.- ... Non mi sta consolando nessuno...- Ecco, questa sembra la lamentela di un pupattolo che vuole essere coccolato!- Biondastro...- borbottò Ryosuke tremendamente pallido (= tremendamente imbarazzato). - Dobe.Così un po' della tensione scemò, sentiva ancora freddo e aveva una voglia matta di 155 vomitare ma sentì i muscoli rilassarsi. Naruto era sempre stato un anti-stress formidabile dopotutto. In realtà cercava con tutta se stessa di pensare con la testa, il cuore adesso non le serviva. Anzi avrebbe voluto poterlo guardare per vedere se era ancora intero e non rotto come se lo sentiva perchè a cosa serve un cuore rotto? E' un moncone, è una parte di un tutto che non esiste più, è una protuberanza corporea che non serve, è inutile. Il suo cuore era inutile. Vide Ryosuke appoggiare la fronte sulla ringhiera d'acciaio, con la coda dell'occhio notò Sasuke e Naruto accendersi una sigaretta l'uno e guardarsi. Si guardavano quei tre, non dicevano nulla. Naruto aveva la capacità di decifrare le frasi interiori degli Uchiha, era un traduttore di cazzate ambulante il loro Hokage, ma in quel momento Temari lo invidiò e apprezzò molto non per quello che riusciva a fare senza in realtà fare niente di speciale, ma per come lo faceva e per come ti guardava mentre lo faceva. Naruto in fondo non era una persona, Temari non credeva che lo fosse mai stato; lui era un posto dove sedersi e guardare alla vita in maniera totalmente diversa, era un'isola di certezze incrollabili, era un paradiso per chi non riusciva a dormire. E pensava questo perchè lei lo guardava e osservava da anni, sapeva che Naruto non era stato sereno, sapeva che non era stato amato come si sarebbe meritato, sapeva che aveva sofferto come un cane, ma a guardarlo adesso mentre con quegli occhi blu parlava agli Uchiha... non vi era traccia di rabbia o rancore in quegli occhi, e dire che ne avrebbe avuti di motivi per odiare a morte Sasuke. Lei avrebbe voluto essere al posto dell'Uchiha, ad essere capita e consolata e obbligata ad accettare quello che le si parava davanti. Perchè Naruto si limitava a farti accettare la verità dandoti anche delle buone motivazioni per farlo. Shikaku le si affiancò, odorava di pulito e liquore e Temari si ricordò di quando Shirai era piccolo con la febbre a quaranta e lui, il nonno, era rimasto sveglio a sorvegliare sia lui che lei -- addormentatasi sulla sedia. Ricordava di essersi svegliata con lo stesso odore di pulito e di casa e di liquore sotto il naso. Anche suo suocero era un mondo a parte in un certo qual modo, vuoi perchè era un uomo vero, vuoi perchè lo adorava così tanto da vergognarsi a dirlo ad alta voce. - Sono stato da Shirai poco fa. Dorme.- le disse spingendola con il braccio - Perchè non...- Voglio guardarlo negli occhi e voglio che lui guardi me.- sospirò odiandosi per la voce rotta che le era uscita - Mi capisci?- Seh.- guardò di fronte a sè - Però Shikamaru è sveglio.- Lo vedo che è sveglio.- Non l'hai guardato in faccia neanche una volta da quando sei arrivata.- lei non rispose Non puoi avercela con lui per quanto è successo.- non rispose di nuovo - Credi che lui non stia...Temari sollevò esasperata gli occhi e aprì la bocca per dire che non erano affari suoi, ma una volta che Shikaku la guardò non riuscì a dirlo, perchè gli avrebbe mentito. Disse l'unica cosa che sapeva essere vera - Lo so che lui sta peggio, l'ha convinta lui ad accettare la missione. Lo so come sta.- Ma tu non vuoi andare lì,- ed indicò il figlio poco lontano da loro - e stargli vicino, mh?- Si che voglio andare da lui Shikaku,- sbottò passandosi entrambe le mani tra le ciocche disordinate di capelli - ma non so... non so cosa dirgli per...- aprì e chiuse i pugni come se la risposta fosse lì in mezzo. E Shikaku si rese conto per la milionesima volta di quanto quella donna amasse suo figlio Non dovrei essere io a dirtelo,- disse circondandole le spalle con un braccio - perchè è da quando vi siete conosciuti che si sa.- la strinse un po' a sè e schioccò la lingua al palato - A mio figlio non servono parole Temari, non gli servono frasi, moralismi o perle di saggezza. Non le vuole da nessuno, men che meno da te; però tu, a differenza degli altri, sei la madre 156 dei suoi figli, sei sua moglie. Gli necessiti Temari, ha bisogno di te come presenza, non come parole al vento.Tutti gli uomini della sua vita alla fine finivano per darle lezioni ontologiche. [La testa di Shikamaru era così pesante sulla sua spalla, le sue braccia la stringevano per la vita come in una morsa ed era così doloroso starlo a sentire -- ascoltare quelle parole sbagliate uscire dalle sue labbra come veleno 'è colpa mia, è colpa mia'come un mantra e lei non lo poteva sopportare perchè erano bugie -- che ad un certo punto gli prese con entrambe le mani la testa e gliela strinse così forte che lui dovette zittirsi per forza. - Non fare il ragazzino, ci sei già passato, andrà tutto bene. Stai zitto.- ci sono io era ovviamente sottinteso.] Tsunade uscì per prima dalla sala operatoria, li guardò tutti come se non li vedesse e non aveva una bella espressione. Fece segno a Sasuke di seguirla e lui lo fece senza nessuna smorfia o parola, perchè forse era preoccupato pure lui. Arbitrariamente lo seguì anche Naruto (sono lo zio putativo!) e nessuno sentì Tsunade strillare. Shikamaru (con la testa -- che gli faceva un male fottuto -- appoggiata sulla spalla di Temari) delle parole che Naruto disse in seguito capì soltanto che Kyosuke era vivo, che aveva perso troppo sangue e quindi sarebbe stato k.o per chissà quanti giorni e che aveva perso un occhio. Dopo dieci minuti si alzò per andare in bagno e lì dentro vide Sasuke prendere a pugni la parete. Non si dissero niente, non servivano parole. Sakura uscì un'ora dopo, stanca, si vedeva che era esausta dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Lui e Temari si alzarono senza che lei dicesse nulla. E lui capì che un polmone di sua figlia era collassato (emo-pneumatorace aveva detto Sakura, fortunatamente Temari le aveva chiesto di parlare chiaro),che l'operazione era stata complicata (aveva detto che l'avevano quasi persa -- persa nel senso che non c'era stato battito per un tempo che Sakura aveva specificato ma che Shikamaru non ricordava, essendosi lui bloccato alla parola persa) e che non sapeva per quanto tempo sarebbe rimasta incosciente o per quanto sarebbe rimasta in vita. Dipendeva tutto da come il corpo di Aiko avrebbe reagito alla massiccia perdita di sangue e alla mancata erogazione di ossigeno in quei pochi minuti di ECG piatto, aveva detto Sakura con gli occhi rossi e si vedeva, si capiva che la rosa non voleva essere lì, Temari la capiva. Aiko sarebbe stata aiutata a respirare, sarebbe rimasta in terapia intensiva e loro avrebbero potuto vederla solo oltre il vetro. Shikamaru si era seduto immediatamente dopo, Temari era rimasta in piedi a guardare la parete come se il cemento contenesse tutte le risposte alle sue domande. Ed improvvisamente si trovò con un'enormità di cose da fare. Doveva mandare un messaggio ai suoi fratelli, doveva tornare a casa e prendere dei vestiti puliti per i suoi figli, doveva cucinare e doveva chiedere a Yoshino -- cosa dovesse chiedere a sua suocera non era ben chiaro neanche a lei, ma sentiva di doverle dire un sacco di cose -- e avrebbe dovuto correre in ufficio prima che chiudesse ed avvisare che non sarebbe stata reperibile per un 157 tempo indeterminato e doveva farsi una doccia, bisognava che anche Shikamaru si facesse una doccia perchè puzzava di posacenere pieno e doveva... doveva sapere che sua figlia ci sarebbe stata per quando lei sarebbe tornata. E quando Yoshino e Yoshiko tornarono in ospedale, la prima con i vestiti e la seconda con le cibarie, Temari si sentì vuota. Quando Shikaku le disse che aveva provveduto ad inviare i messaggi ai suoi fratelli, Temari si sentì inutile. Ora doveva solo aspettare. Aspettare non si sapeva che cosa. L'attesa negli ospedali è la più pesante da sopportare, perchè in quelle circostanze il tuo cervello si scollega e fai cose che non sono proprio nella tua indole, perchè i medici ti urtano con le loro frasi ambigue e perchè le infermiere passano e passano ma non sembrano mai interessate a niente che non sia il loro compito, anche se questo è trasportare un carrello vuoto. E l'odore di alcol, disinfettante e malati ti resta sotto il naso per giorni, te lo sogni pure la notte se riesci a dormire e Temari odiava quell'odore sentito fin troppe volte durante la sua vita, specialmente nell'adolescenza quando un braccio o una gamba rotti erano all'ordine del giorno, quando operazioni e dolore erano i suoi migliori nemici. Shikamaru sembrava semplicemente fuori di sè, nel senso che non c'era. Parlava poco, non che di solito fosse logorroico ma normalmente diceva più di tre parole in croce, al massimo annuiva e se ne stava seduto con il busto piegato in avanti, i gomiti sulle ginocchia divaricate e le mani tra i capelli. Ad un certo punto l'attesa diventa parte di te, addirittura speri che la risposta non arrivi mai perchè stai bene, sei tranquillamente seduto sulle scomodissime sedie dell'ospedale e ti senti stranamente in pace per il fatto stesso di non sapere assolutamente niente. Pensi a tante cose, non ti concentri su nessuna; guardi in faccia chiunque ti parli, non capisci quello che ti dicono. Mangi e quasi non mastichi perchè non ha senso masticare qualcosa che un gusto non ce l'ha. Checchè se ne dica, in ospedale (almeno in quello) si fuma tanto non per il piacere di fumare, ma per occupare le mani che senti intorpidite. Vedi qualcuno alzarsi, questo qualcuno ti fa un cenno inconfondibile e tu lo segui come un robot perchè oltre a stare seduto non hai nient'altro da fare. A parte chiuderti in te stesso e vedere gli altri fare lo stesso non sai cos'altro fare. Guardi tua moglie e soffri nel vederla pallida, vorresti dirle tante di quelle cose ma riesci soltanto a starle fisicamente vicino -- in realtà non sai neanche perchè dovresti dirle qualcosa visto che lei non ha bisogno di parole per capire. E dopo ore -- o minuti -- vuoi solo vedere tua figlia. Dopo ore sei stanchissimo, ti senti pesante e vuoi solo dormire, ma non puoi. L'attesa è sempre una puttana. Capitolo 22: Murder - you won't be leaving here unharmed Murder I've been around these vicious lies too. Too long to be neglecting the truth. I'm getting closer and I'm fully armed. [...] You don't believe what all the signs say I don't believe in judgment day but you won't be leaving here unharmed... 158 I'm killing them all, I put my soul on the line, I purify sins that I committed in life. I'll follow them all and I'll be bringing them down, wherever they go I'm right behind. There's nowhere to go, your head on the line! There is no rope, you're running out of time... So where will you go when I will murder your soul? [Murder - Within Temptation] Negli anni seguenti la sua elezione ad Hokage Naruto aveva dovuto far fronte ai problemi e alle merdate che il Consiglio aveva causato e perpetrato nel corso dei secoli; non era stato un compito facile riuscire a sistemare le cose ed era stata una fortuna avere accanto amici che si erano improvvisati consiglieri e politici per dargli una mano. Naturalmente non esistevano solo i problemi vecchi, anche quelli freschi dovevano essere presi in considerazione e con le pinze, primo fra tutti il fattore 'migliore amico'. Dire che il ritorno di Sasuke era stato preso un po' troppo sul personale dalla maggior parte dei cittadini era una minimizzazione, infatti c'erano voluti anni per convincere non solo Konoha ma l'intero Paese che Sasuke Uchiha non era una bomba ad orologeria in procinto di esplodere. Ovviamente nessuno poteva anche solo pensare di credere ad una cosa del genere, vuoi perchè Sasuke non era proprio un raggio di sole splendente sociale e a modo, vuoi perchè l'Uchiha tradito (da suo fratello in primis e dal suo stesso villaggio poi) viveva ancora in lui e tutti sapevano che questa certezza avrebbe prima o poi causato degli scontri. Naruto aveva, per così dire, elargito la sua neo-acquisita autorità da Capo del Villaggio affinchè questi scontri non avvenissero (più per salvaguardare la vita dei suoi concittadini che per salvare il culo all'Uchiha), naturalmente non aveva potuto evitare la scontrosità che era stata rivolta a Sasuke, come non aveva potuto evitare i pugni e le palle di fuoco che Sasuke aveva generosamente diviso tra i cittadini come pane e pesce. Sakura aveva fatto molto in questo frangente. Ironicamente la rosa era diventata Il medico, L'amica, La consigliera, La fidanzata, La moglie. Il rispetto che tutta Konoha le dimostrava per queste sue qualità era indefinito ed inimmaginabile, automaticamente se Il medico che aveva salvato la vita al 97% della popolazione decideva che era cosa buona, giusta e assolutamente non pericolosa sposare l'Uchiha, generare figli con l'Uchiha e minacciare di morte atroce quello stesso 97% di popolazione che lei stessa aveva salvato solo perchè non voleva che il suo compagno fosse anche solo lontanamente guardato in un modo che a lei non piaceva, allora effettivamente perchè continuare a dare aria alle ugole solo per principio? C'erano voluti anni affinchè Konoha capisse che Sasuke Uchiha, fin tanto che rimaneva sotto le grazie dell'Hokage e Del Medico, non era un pericolo così grande. Voi chiamatela pure raccomandazione se volete, fatto sta che il matrimonio era veramente stato fatto. Molti lo consideravano ancora una farsa per evitare inutili persecuzioni ai danni del Morbo, la verità era molto più semplice: Sakura aveva semplicemente informato Sasuke che si sarebbero sposati, niente più e niente meno. I genitori di lei erano stati tutt'altro che felici per il lieto fine della loro unica figlia perchè comunque la si metta sposare un traditore redento non è un onore per molti. Era come essere sposati con un criminale, sapere di avere sposato un criminale e far finta di non sapere assolutamente nulla delle azioni illecite del proprio marito. Era una puttanata, ecco 159 cos'avevano pensato i più. Ovviamente a Sakura non era importato un beneamato cetriolo e se l'era sposato comunque, il criminale. Uno pensa che un Uchiha più in basso di così non può arrivare e invece no!, aveva addirittura figliato. Proprio così, aveva avuto l'ardire di mettere incinta la propria moglie -che disonore -- non una, ma ben due volte. Arrivati i bambini qualcosa era cambiato. Nessuno voleva commettere gli stessi errori che erano stati fatti con Naruto, era una fortuna che a Konoha qualcosa l'avessero capita negli anni, quindi avevano smesso di parlare dietro le spalle dell'Uchiha, avevano mitigato il loro astio e anche se avevano continuato a guardare quell'uomo con diffidenza cercavano sempre di non far capire assolutamente nulla ai suoi figli per quel minimo rispetto che è dovuto ad ogni essere umano, ch'egli sia un vagabondo, un assassino, un falso o un pazzo. In seguito i giovani Uchiha avevano capito che qualcosa non andava tra il villaggio e loro padre -- non che per loro la cosa avesse importanza sia ben chiaro -- e avevano cercato segretamente di capire. Trovare i fascicoli dedicati al clan Uchiha non era stata cosa facile, ma i gemelli erano talentuosi e i loro due cervelli messi insieme ne facevano venti quindi, una volta apprese le innumerevoli informazioni, avevano deciso che non erano fatti loro e che potevano vivere tranquillamente le loro vite perchè loro padre era vivo, era a Konoha e non sembrava poi così invasato e ossessionato come i fascicoli lo dipingevano. Ryuichi, d'altra parte, aveva una personalità completamente diversa dalla loro che erano un'anima in due corpi ed equilibravano di conseguenza pregi, difetti e fissazioni. Il fratellino si era incazzato quando anche lui aveva accidentalmente tramortito il jonin di guardia all'archivio ed era inciampato sul cemento finendo provvidenzialmente sopra i fascicoli Uchiha. Precisiamo che anche lui vedeva suo padre come un Dio sceso in terra per portare morte e distruzione (quindi gioia e pace) e che niente del suo passato avrebbe potuto scalfire l'enorme ammirazione che Ryuichi provava nei suoi confronti. Lui si era incazzato perchè non solo papà caro non aveva mai accennato a tali... servizi perpetrati contro Konoha, e neanche perchè non aveva avuto la decenza di bruciare le prove che lo tacciavano di insubordinazione, tradimento, terrorismo, omicidio e altre accuse in generale. Lui, Ryuichi, si era incazzato come un toro perchè era venuto a conoscenza di queste cose non quando aveva aperto il fascicolo e aveva letto ciò che vi era scritto, no. L'aveva saputo tramite un suo esimio compagno di classe (che era subitamente stato massacrato di botte nel bagno dei maschietti nell'ala ovest dell'Accademia) troppo cretino per tenere la bocca chiusa. Lo scontro padre/figlio dodicenne era stato tanto inevitabile (si, a dodici anni Ryuichi era perfettamente in grado di stendere un jonin incompetente) quanto inconcludente. Sasuke non è il tipico personaggio che alla nascita dei figli cambia registro come per magia, certo era consapevole che quei tre cosi fossero in parte suoi e che gli somigliavano in maniera impressionante (parlavano come lui, si vestivano come lui, mangiavano come lui, si lavavano come lui e, si, amavano come amava lui), ma questo non era importante, non per il Morbo. Per questo non aveva mosso un muscolo quando Ryuichi l'aveva affrontato, per questo aveva ascoltato con un interesse pari a zero le parole del ragazzino (lui sapeva quello che era scritto nei fascicoli perchè era lui quello che avevano processato in pompa magna quindi li aveva letti i maledetti fogli e qualcuno l'aveva addirittura autografato quindi suo figlio non gli stava dicendo nulla che lui non sapesse già) e per questo aveva lasciato che lo sfogo avesse luogo. Poi l'aveva trascinato fuori in giardino per la collottola ed era stato comodamente seduto in veranda mentre suo Ryuichi stava inginocchiato sui ciottoli a meditare sulle sue azioni. Per ottenere una civile convivenza con Sasuke Uchiha bisognava tenere a mente due semplici regole: 160 1) anche se Sasuke non parlava molto e non si esibiva in gesti eclatanti di affetto e amore incondizionato dentro le mura domestiche, fuori le mura domestiche e fin quando loro, i figli, erano dentro i confini del Paese del Fuoco la sua autorità era indiscutibile e non solo perchè era loro padre; 2) Disciplina, Ordine e Pulizia, perchè loro erano shinobi e l'albero viene raddrizzato quando è giovane, non si sgarrava in casa Uchiha in qualsiasi frangente, dall'ordine nelle loro stanze alle pulizie di casa. Tutto questo non significava che Sasuke non... amasse i suoi figli, anche lui aveva i suoi momenti (certamente più silenziosi di un normale padre e molto più rari di un temporale in pieno luglio) ma sulla disciplina non transigeva e nessuno, neanche un figlio, poteva prenderlo di petto e parlargli come se lui, Sasuke Uchiha, non fosse nessuno. Ryuichi aveva imparato la lezione (infatti era diventato un albero dritto-dritto, alto-alto e stronzo-stronzo) e aveva creduto che suo padre era e sarebbe rimasto prima di tutto uno shinobi e poi tutto il resto. Non aveva messo in conto il fattore 'missioni finite male'. In meno di una settimana la regola numero due era stata cancellata dalla lista. Non esistevano più ordine, disciplina e pulizia in casa loro e non perchè fossero una famiglia pigra e disordinata e il motivo per quel repentino cambiamento si riassumeva in una semplice frase: suo padre non dormiva a casa. Da quando Kyosuke era stato operato all'occhio e da quando loro madre aveva deciso che era meglio lasciarlo in ospedale per fargli inglobare meglio tutta la situazione, Sasuke non dormiva a casa, ma in ufficio. Automaticamente la loro modesta dimora, da ordinata e linda, si era trasformata in un bordello di cristallo perchè neanche Sakura aveva il tempo per sistemare. Non si poteva entrare in cucina a causa del lavello colmo di piatti e scodelle che sembravano non finire mai (ne lavavi due e si raddoppiavano), le stanze di Ryuichi e Ryosuke erano impenetrabili, vestiti usati come suppellettili, divise sporche gettate sul pavimento, futon disfatti e lasciati in quel modo dalla mattina alla sera. Era come se il mondo si fosse spostato dall'asse e a Ryuichi i cambiamenti non piacevano. Quella mattina si era svegliato con il torcicollo e tutti i nervi accavallati; il giorno prima si era dedicato ad un allenamento spacca-ossa con Kakashi solo perchè voleva prendere a pugni qualcosa ed è obbligatorio precisare che lui non era un tipo emotivo, il più delle volte la sua indifferenza era da ammirare tra l'altro, ma tutti quei cambiamenti (suo fratello maggiore in ospedale con un occhio solo, l'altro suo fratello che viveva praticamente per osmosi da una settimana, sua madre perennemente incazzata e suo padre che non c'era) lo infastidivano più di ogni altra cosa al mondo. Non c'era più ordine, non esistevano più routine e abitudini. Suo padre non tornava a casa neanche per onorare i suoi genitori, il che era tutto dire. Aprì il frigorifero con un gesto nervoso, la tentazione di cominciare a fumare era forte e le sigarette che suo fratello Kyosuke aveva lasciato a casa prima di partire per la missione lo tentavano ancora di più visto che erano messe in bella vista sulla mensola sopra il lavello. E lo rivide proprio lì, in piedi con la sigaretta tra le labbra e le mani insaponate sulla sua tazza da caffè blu scuro con il suo nome scritto sopra in stampatello. Generalmente non era una persona emotiva e suo fratello non era neanche morto, quindi tutto quel sentimentalismo non sapeva da dove fosse uscito. Sicuramente era da attestare al modo in cui i suoi genitori stavano affrontando la cosa. Richiuse il frigorifero con un cartone di succo di frutta e pescò una mela dalla cesta di vimini sul tavolo; si issò sul bancone della cucina e mangiò con gli occhi neri rivolti fuori dalla finestra e sul giardino dove suo padre li aveva allenati tutti e tre. Ricordava che Kyosuke era stato il primo a sviluppare lo sharingan, ricordava la sua boria onnipresente, l'orgoglio negli occhi di suo padre. Non si poteva dire che Kyosuke fosse un ragazzo a modo, era scontroso e freddo, non aveva paura di niente e non amava uscire e 161 socializzare a differenza di Ryo che trovava tutte le scuse per uscire fuori di casa, ma allo stesso tempo era quasi sensibile, ovviamente non in senso lato. Era empatico, capiva le persone, le inquadrava con un solo sguardo e non diceva mai una parola di troppo o una in meno, parlava il giusto e diceva sempre le cose giuste. In più era un ninja con le palle. Ryuichi l'aveva un po' preso ad esempio. Ingollò il succo di frutta e lanciò il cartone nella spazzatura facendo un canestro perfetto, finì la mela in due morsi e appoggiò la nuca al vetro della finestra chiudendo gli occhi; anche in quella posizione le sue gambe quasi toccavano il pavimento a testimonianza della sua altezza. Socchiuse gli occhi e il suo sguardo venne catturato dalla pila di piatti sporchi, grugnì pensando al casino che sua madre avrebbe fatto una volta tornata a casa e non voleva che le sue orecchie fossero nuovamente violentate dai suoi strilli da banshee. Fu con la più totale boria che si alzò e cominciò a lavare i piatti, in meno di un'ora aveva riordinato l'intera cucina ed era piuttosto soddisfatto dell'odore di pulito che ora si respirava. A quel punto adocchiò le sigarette di suo fratello e con una scrollata di spalle decise che provare una sigaretta non aveva mai ucciso nessuno, quindi si issò nuovamente sul bancone, sigaretta e accendino in mano e aprì strategicamente la finestra, il vento gli scompigliò i capelli portando alcune ciocche corvine sulla fronte, li spostò con un gesto fluido della mano destra. Accese il bastoncino-killer e il primo tiro gli bruciò letteralmente la gola, causando dei colpi di tosse secchi che gli fecero lacrimare gli occhi. Persistette a fumare nonostante l'orribile sapore e ad ogni tiro il suo viso si esibiva in una smorfia al limite dello sconcerto. Ryosuke lo trovò così, seduto a gambe quasi penzoloni sul bancone della cucina, sigaretta infilata tra le gengive e occhi arrossati dalla tosse. Lo guardò per una frazione di secondo, poi notò la cucina pulita e inarcò un sopracciglio riportando lo sguardo sul suo fratellino adorato - E' passata la nonna?- Ho pulito io.- Carino.- Una sega.- Ovviamente era implicito, otouto.- bisbigliò appoggiando le reni al tavolo. Ryuichi odiava quell'appellativo, non l'aveva mai potuto sentire, quindi gli lanciò un'occhiata velenosa e continuò a fumare anche se gli faceva schifo - Sento la puzza di sudore da qui, aniki.Il gemello simpatico sghignazzò e lo guardò dalla testa ai piedi - Tu puzzi ancora di latte.Ryuichi roteò il medio - E sei viziato.- a quel punto il fratellino afferò un coltello ancora bagnato e glielo puntò contro tanto per fare scena, Ryosuke non era impressionato - Non puntarmi mai un coltello addosso se non intendi usarlo Ryuichi.- Non tentarmi.- Hn.- fece un mezzo sorriso quando il piccoletto ripose il coltello - Tutto bene?Ryuichi lo guardò come se gli fosse spuntata un'altra testa - Tu stai male.- suo fratello inclinò la testa sulla spalla e lo guardò con entrambe le sopracciglia inarcate - Non mi piace questa cosa...- grugnì saltando giù dal bancone. - Cosa non ti piace?Quello indicò lo spazio che li divideva - Questo non mi piace, tu che fai domande stupide non mi piace.Ryosuke si scrollò nelle spalle - Ogni tanto fa bene avere qualcuno che si preoccupa per te.- Questo... fa più schifo della sigaretta.- disse sentendosi letteralmente nel posto sbagliato nonostante fosse a casa sua. - Come speri di trovare una fidanzata con quest'attitudine?- gli domandò con tono sarcastico. - Non la voglio una fidanzata.- grugnì afferrando un'altra mela dalla cesta, l'addentò come se vi fosse impressa la faccia del suo fratellone adorato. 162 - E perchè no?- Preferisco vivere.- Profondo...- roteò gli occhi al soffitto e anche lui prese una mela perchè, in vero, non aveva nient'altro da fare per tenere le mani (e la bocca) occupate - Però un giorno troverai...- Quella giusta?, ma per favore.Ryosuke lo guardò malissimo - Com'è stato per mamma e papà.- Nostro padre non voleva sposarsi, l'hai scordato? Kami, perchè stiamo avendo questa conversazione? Naruto ti ha imbottito di stronzate ancora una volta?- Dico solo che se continui a comportarti come una puttana alla fine anche quella giusta ti vedrà come tale.Ryuichi ponderò le parole del fratello, le recitò nella sua testa ancora e ancora e contò fino a tre per ritrovare la sua pazienza - Non sono una puttana,- disse puntandogli il dito contro e ignorando lo sguardo divertito che il maggiore gli lanciò - inoltre, nel remoto caso in cui quella giusta dovesse vedermi come una puttana senza andare oltre ciò che gli altri, o le altre, credono che io sia... allora non sarebbe quella giusta. Ora smettila di tritarmi i coglioni.- Tu non sei andato da Aiko, vero?- Ovviamente no, non me la farei mai, è una compagna di squadra, non si fa sesso con le compagne di squadra.- e lo disse con così tanta innocenza che Ryosuke si dimenticò che la sua domanda non era riferita al sesso, ma solo per un momento visto che poi si lasciò andare ad una risata cristallina mentre suo fratello lo guardava terribilmente male. - Non in quel senso, idiota, Kami sei fissato con il sesso...- bofonchiò l'ultima parte - No, mi chiedevo se tu fossi andato, sai, a trovarla in...- lo sguardo di suo fratello si fece duro questi...- e le sue labbra si piegarono in una smorfia crudele - giorni.- per non parlare dello sharingan che baluginò per un momento nei suoi occhi, per poi svanire in un istante così com'era venuto. E Ryosuke fu certo del fatto che, se non avessero sentito la porta principale aprirsi, Ryuichi gli sarebbe saltato al collo e non per mostrargli il suo affetto fraterno, ma per fargli male. E prima che Sasuke entrasse, Ryuichi aveva circondato il collo di suo fratello con il braccio, aveva accostato le labbra al suo orecchio e aveva stretto la presa come avrebbe fatto un pitone, come se suo fratello l'avesse appena offeso - Aniki,- sussurrò spostando lo sguardo da lui alla porta della cucina, in attesa che entrasse chiunque avesse aperto la porta d'ingresso - tu sei andato a trovare nostro fratello da quando si è svegliato?- Ryosuke contrasse i muscoli e serrò i denti, Ryuichi ghignò premendo forte la guancia contro la sua Non farmi la morale, non lo fare mai, io non sono te.- e gli schioccò un bacio sullo zigomo dandogli una pacca sulla spalla prima di mollarlo del tutto - Ciao papà.- bofonchiò come se niente fosse successo e Sasuke lo guardò attentamente prima di ricambiare il saluto Mangio fuori con Chojiro.Suo padre reagì alle buone nuove come faceva sempre: non reagendo affatto. Solo con suo padre Ryosuke sentì un'enorme pressione, era come se la stessa aura di Sasuke lo stesse spingendo in basso, perchè suo padre sapeva che non era stato in ospedale da quando Kyosuke si era risvegliato. - Buongiorno pà.Silenzio, ma sentiva suo padre muoversi nella cucina, aprire il frigo, richiuderlo, aprire scaffali e richiudere anche quelli e all'improvviso c'era solo il tavolo a dividerli, Ryosuke gli dava le spalle e Sasuke stava scavando un buco con il suo sguardo proprio in mezzo alle scapole di suo figlio. Passarono minuti, nessuno dei due parlò. Ryosuke non aveva le fottute palle per girarsi e guardarlo in faccia e Sasuke lo sapeva. - Non farmi venire lì.- strascicò e non usò un tono particolarmente duro o autoritario, si era 163 limitato ad aprire la bocca e ad usare la lingua, ma era bastato per far prima irrigidire la schiena del ragazzo e poi a farlo girare - Guardami.- non ottenne una reazione degna di nota, quindi cambiò totalmente tono e questa volta anche i peli delle braccia di suo figlio si rizzarono - Guardami.- e Ryosuke lo guardò con nervosismo - Io non sapevo di aver generato un codardo.- sibilò guardandolo dalla testa ai piedi - O un mezz'uomo.- Io...- Silenzio.- quasi ringhiava tanto profonda era la sua voce - Andrai in ospedale.- Ma...- Non mi interessano i tuoi sentimenti sulla faccenda Ryosuke, andrai in ospedale e non lo dirò una terza volta.- Io non so cosa dirgli.- ringhiò sbattendo il pugno sul tavolo - Abbiamo la stessa faccia e ora lui ha un occhio solo!Sasuke sembrò implodere - E allora dagli il tuo occhio!- sibilò facendo letteralmente uscire il cuore di suo figlio dalla cassa toracica - Strappati l'occhio, ammazzati, ma vai in quel cazzo di ospedale Ryosuke!- il rumore del legno che si spezzava arrivò dritto al cervello del ragazzo. Guardò il tavolo spezzato, le schegge taglienti come rasoi e gli occhi neri di suo padre che gli perforavano la testa come un trapano, gli tremavano tutti i muscoli. Sasuke si passò una mano sul collo, sfiorò la spalla sinistra con gesti misurati e il suo respiro tornò normale - Sparisci dalla mia vista.- sibilò. E l'autorità di Sasuke non si discuteva. Murder [murder]; Assassinio [as-sas-sì-nio] s.m. Omicidio, delitto, uccisione. v.tr. 1. To kill brutally or inhumanly. Uccidere brutalmente o inumanamente; 2. To put an end to; destroy. Porre fine a - distruggere; 3. Mutilate. Mutilare. v.intr. To commit murder. Commetere un omicidio. Ora, Shirai odiava gli ospedali perchè odiava le punture e non c'era il latte caldo nel menu della colazione e per un lattomane come lui una tale privazione possedeva una magnitudine pari a quella del crollo di una diga. Il fatto stesso di non potersi alzare dal letto -ovviamente a causa degli antidolorifici che l'avevano esponenzialmente rincoglionito -- era immensamente seccante perchè a lui camminare piaceva. Tanto. Voleva vedere sua sorella e Kyosuke, voleva sapere dove cavolo fossero andati a finire tutti i suoi dannati parenti e voleva una sigaretta alla menta, anzi voleva farsi direttamente una canna così prendeva il toro per le corna. Suo padre era stato con lui per ore senza neanche sbattere le palpebre, il che era molto preoccupante dal punto di vista fisiologico, e gli aveva spiegato per sommi capi cos'era 164 successo nelle sale operatorie e quali erano le conseguenze della loro missione fallimentare. Per la prima volta in tutta la sua vita Shirai non diede la colpa di ogni cosa all'Uchiha, in effetti non sembrava neanche normale che per una volta la disgrazia non fosse stata causata dal Morbo, però Shirai non lo accusava e il perchè era molto semplice: il Morbo era con lui quando Il Fatto era accaduto; questo significava che Shirai non sapeva con precisione assoluta cosa fosse accaduto in quei pochi minuti che lui e l'Uchiha erano stati via, quindi il Nara si sentiva doppiamente un idiota perchè non era stato presente quando sua sorella aveva avuto bisogno di lui. Il fatto che insieme a Kyosuke e Aiko ci fossero anche TenTen, Akamaru e Kiba non faceva testo perchè, in tutta sincerità, Shirai si fidava poco degli shinobi old school. In realtà il senso di colpa lo stava divorando vivo, questo era il problema. Lui capiva tutto, anche i protocolli inutili, ma più ore passavano e più pensava che non gli volessero far vedere Aiko e se non volevano che lui la vedesse allora le condizioni di sua sorella erano più gravi di quello che i suoi genitori gli avevano fatto intendere. Alle undici Sasuke Uchiha era entrato nella sua stanza mostrando il solito sguardo da pesce lesso ancora più accentuato dalle occhiaie imbarazzanti che mostrava quasi con disinteresse. Shirai aveva saputo dell'occhio di Kyosuke da poche ore e in un certo senso capiva perchè il Morbo non fosse il ritratto della salute. Ironicamente si chiese se, nel caso in cui Kyosuke avesse perso un arto piuttosto che l'occhio, Sasuke avrebbe provato lo stesso dispiacere, ammesso che avesse mai provato qualcosa di diverso del rancore. - Ciao santino, qual buon vento?Quello chiuse brevemente gli occhi al sentir pronunciare il vezzeggiativo con il quale Shirai lo chiamava da anni - Il rapporto.- strascicò sbattendo indelicatamente un plico di fogli sul letto dell'invalido. - Elabora santino.- sghignazzò pur sentendo numerose fitte di dolore dal collo in giù e guardando dubbiosamente i fogli. Sasuke lo guardò impassibile, la sua carnagione sembrava più pallida del solito colpita dalla luce del sole che entrava dalla finestra - Firmalo.- Oh, certo. Fammelo leggere un attimo...- Devi solo firmarlo Nara.Lui capiva tutto, anche e soprattutto quando qualcuno stava per aggirare le regole di base di una buona società di shinobi indefessi. Sinceramente parlando non gli fregava molto di che cosa fosse stato cambiato nel rapporto, ora che sapeva che qualcosa non era stata scritto come sarebbe dovuto essere gli interessava ancora di meno. Sasuke Uchiha era un capitano ANBU, era un suo diretto superiore e lavorava a stretto contatto con l'Hokage quindi se lui riteneva opportuno non fargli leggere il rapporto prima di farglielo firmare, chi era Shirai per disobbedire ad un ordine? Scrisse disordinatamente il suo nome su tutti i fogli che aveva davanti agli occhi (erano troppi, si disse, quei fogli non appartenevano solo al rapporto, ma non chiese niente perchè non gli interessava -- a meno che il Morbo non gli stesse facendo firmare delle cambiali) e glieli porse con un ghigno impertinente sulle labbra - Senti...- prima che potesse finire l'Uchiha gli lanciò un pacchetto di sigarette e Shirai si illuminò - Quando ti deciderai a scoparmi, eh, santino?- Ti farò il favore di cancellare quello che hai detto dalla mia memoria.- sibilò guardandolo malissimo. Shirai sbuffò una risata prima di ritrovare la sua perduta (e mai rimpianta) serietà - Hai visto Aiko?- al silenzio del Morbo si aggiunsero altre domande - Come sta?, è sveglia?guardò l'Uchiha con occhio clinico quando non sentì nessuna risposta, neanche uno sbuffo d'aria, niente di niente - Sasuke...- No.165 - No?, che significa 'no'?Venne guardato come se fosse di nuovo un bamboccio alle prime armi - Aiko non è sveglia.e uscì dedicandogli un ultimo sguardo oltre la spalla. Circa venti minuti dopo arrivò Sakura con le braccia piene di fascicoli e di cartelle in equilibrio precario e una faccia che definire cinerea era un eufemismo - Allora... Nara, Nara...- cominciò mentre sfogliava velocemente le cartelle in cima al mucchio e tirandone fuori una che portava il suo nome - Shirai Nara!- schioccò la lingua al palato e lesse quello che le stava sotto il naso per poi corrugare profondamente la fronte - Perchè sei ancora qui?- Ehm...- No guarda questa è la goccia che fa traboccare il vaso!- Shirai la guardò con gli occhi a palla - Non solo mi riempiono di pazienti che pretendono di essere ricoverati per un banalissimo raffreddore, ma mi ritrovo anche con gente ricoverata che potrebbe benissimamente uscire dalle palle!- ora era diventata bordeaux, Shirai persistette a guardarla con gli occhi a palla. - Sakura-san io...Lei grugnì e lo guardò malissimo - Senti Shirai, non hai niente di grave se non si contano le costole ammaccate e non è niente che tu già non abbia sopportato, questo non è un albergo e a me serve il tuo letto per un'appendicite, quindi...- gli scaricò due pillole per il dolore e una bottiglietta d'acqua - prendi queste, rivestiti e sparisci.- Ma...- Ti voglio fuori da quest'ospedale entro dieci minuti.- affermò impietosa, poi si voltò verso la porta che aveva lasciato aperta e sbraitò ai quattro venti - Chiaki!, se trovo un altro fintoinvalido giuro sui miei figli che te la faccio pagare!- e uscì nelle imprecazioni generali. Il Nara si prese del tempo prima di scendere dal letto, era un po' traballante sulle gambe e respirare faceva un male cane, ma sapeva che Sakura-san aveva ragione -- non poteva rubare il letto a chi ne aveva più bisogno di lui -- e di conseguenza non avrebbe mai fatto storie per un motivo del genere. Vestirsi fu difficoltoso, ringraziò sua nonna che invece di portargli la divisa (piena di bottoni e lacci e decisamente troppo ruvida per un feritograve come lui) come da prassi aveva scelto una tuta consistente in pantaloncini al ginocchio e la maglia indecente (sopra vi era scritto "Sex instructor: first lesson free") che lui e suo zio Kankuro avevano comprato durante una gitarella nel paese delle Cascate; non potendo piegarsi più di tanto si era limitato ad infilarsi le scarpette senza allacciarle -- cosa che a lui dava molto fastidio perchè non sopportava sentire le scarpe scappare via ad ogni passo. Raccolse disordinatamente i capelli sulla nuca e uscì dalla stanza a passi controllati e lenti; le infermiere del piano lo salutarono con sorrisi e rimproveri, qualcuna gli guardò pure il sedere come se non avessero mai visto un bel culo in vita loro. Decise arbitrariamente di andare a trovare il neo-guercio e, sapendo bene di non potersi far vedere da Sakura, accellerò più che potè il passo (quasi svenendo nel farlo). Avrebbe voluto poter andare da sua sorella, lo voleva con tutto se stesso in realtà, però il reparto di terapia intensiva era una cosa seria, gli orari erano rigidi, gli infermieri e i dottori che vi bazzicavano lo erano ancora di più e quasi avrebbero preferito non far entrare nessuno, di conseguenza anche per uno shinobi bello&affascinante come lui sarebbe stata una missione suicida (anche perchè Tsunade dirigeva terapia intensiva e lei sentiva il rumore di uno spillo che cadeva, perciò non se ne faceva niente). Kyosuke era stato in terapia intensiva fino al momento del suo risveglio, l'avevano trasferito da quattro giorni in un reparto più... luminoso e meno pesante da sopportare. Ovviamente si prendevano cura di lui come tante mamme (il che era imbarazzante) o così aveva sentito dire dalle infermiere. Si domandò cos'avrebbe potuto dirgli nel caso in cui il suo umorismo non avesse 166 funzionato, automaticamente si chiese cos'avrebbe detto ad Aiko quando si sarebbe risvegliata -- e si sarebbe risvegliata, di questo ne era certo, per la sua sanità mentale, per la sua integrità, per tutto quello che erano. Ora, lui non sapeva esattamente in quale stanza avessero messo Il Guercio, di conseguenza vagò un po' alla cieca fino a quando non vide Ryuichi con la schiena appoggiata accanto ad una porta; fece per salutarlo, ma l'Uchiha gli intimò di stare zitto con un dito appoggiato sulle labbra. Avvicinandosi vide che la porta non era completamente chiusa e notò che Ryuichi sembrava parecchio interessato a quello che stava accadendo all'interno della stanza; si scrollò nelle spalle si sistemò dall'altro lato della porta cercando di distinguere le parole che sentiva. Sembrava Ryosuke... no, era Ryosuke capì e si domandò il motivo per il quale il piccoletto di casa Uchiha non fosse entrato con lui. - ... ora dovrai camminare con la benda.- Si.Shirai sentì il rumore di una sedia che veniva spostata, poi la voce di Ryosuke - Alle ragazze piacciono queste cose, le cicatrici dico, le trovano sexy.- Sono fidanzato.- Parlo in generale.- Fai prima a star zitto.Shirai trattenne a stento la risatina e anche Ryuichi roteò gli occhi al cielo in una chiarissima dimostrazione di divertimento - Ad ogni modo,- continuò Ryosuke - come stai?, a parte l'occhio che... bè, non c'è più un occhio del quale preoccuparsi...- Ti distruggo quando voglio, con due occhi o con uno non fa differenza.- grugnì il suo gemello. - Non in quel senso... noi siamo gemelli.- E?- E io ho due occhi e tu no.Ryuichi si pizzicò il naso con due dita - Non è colpa tua.- ringhiò Kyosuke. - E non è neanche da te.- Perdere un occhio non è da me?- Shirai quasi lo vedeva guardare il fratello con la fronte corrugata. - Farti battere non è da te.- e da come annuì anche Ryuichi sembrava approvare quell'ultimo punto, Shirai stesso, sotto sotto, la pensava allo stesso modo - Quel ninja era così forte?Kyosuke non rispose subito, restò in silenzio contemplativo per parecchi minuti, poi svuotò il sacco e Shirai capì perchè Ryuichi non era entrato con il fratello. Certe cose si dicono ad una sola, determinata persona dopotutto. - L'occhio mi dava noia già prima di partire, le gocce non hanno risolto niente. Era come avere qualcosa sotto le palpebre che graffiava l'occhio ogni volta che lo muovevo. Nostro padre non lo sa, quindi muto.- Che gran coglione.Kyosuke non sembrò registrare il commento del gemello - Quando ci hanno attaccati... erano veloci, il tipo era veloce. Mi ha scambiato per papà,- grugnì - 'Uchiha-san' diceva ed era incazzato. Ho dovuto attivare lo sharingan, ma sai cosa succede quando lo attivi con gli occhi che ti fanno male.Shirai vide Ryuichi fare una smorfia infastidita, chiaramente anche lui capiva quello che il fratello stava dicendo. - La situazione lo richiedeva?- Ovvio.- Quindi tu hai rischiato e perso l'occhio consapevolmente? Sei un coglione.- e da lì presero a parlare a bassa voce, sicuramente si stavano reciprocamente insultando e Shirai capì che 167 in quella missione più di una cosa era andata storta. Il fatto stesso che avessero scambiato Kyosuke per Uchiha senior era un dato che il Nara non poteva non notare -- perchè cambiava ogni cosa; i ninja non erano shinobi vagabondi in cerca di documenti riservati o denaro, ma avevano attaccato con consapevolezza visto che conoscevano il nome di Sasuke e per qualche motivo ce l'avevano con lui. Il suo cervello prese a lavorare, collegava fatti, segni, odori in un vano tentativo di ricordare cos'aveva visto quando era arrivato nel loro perimetro e aveva visto quei ninja sconosciuti. Ricordava le posizioni di ognuno, ma non era sembrato un attacco premeditato -- il campo era in uno stato troppo confusionale, i ninja che li avevano attaccati sembravano loro stessi confusi oltre ogni dire. - ... avresti fatto lo stesso.- No, io mi sarei salvato il culo!- Ce l'avevano con me, lo vuoi capire?, mi attaccavano a destra e a sinistra!In effetti Shirai non sapeva in quale altro modo l'Uchiha avrebbe potuto gestire la cosa, anche sapendo di rischiare un occhio aveva dovuto attivare la sua abilità innata. - E quindi l'occhio ti è caduto da solo?- No, idiota, mi ha colpito con il kunai.- E come ha fatto ad arrivarti così vicino?, ci vedevi male anche con il sinistro?- ... mi sono distratto.Questa volta sia Ryuichi che Shirai approvarono il 'sei un fottuto coglione' di Ryosuke. Ancora silenzio. La situazione in sè era quasi paradossale. - Ne, Ryosuke... la Nara è viva?Shirai si irrigidì all'istante, Ryuichi si pizzicò di nuovo il naso con due dita e chiuse gli occhi. - ... è più di là che di qua.- Devi ringraziarla da parte mia. Mi ha salvato la vita.- Non vedo come sia possibile visto che l'hanno infilzata come uno spiedino.L'Uchiha avrebbe preso tanti di quei pugni da non ricordarsi più il suo nome. - Quello infilzato dovevo essere io.- replicò atono Kyosuke - Si è messa in mezzo, mi ha salvato il culo.A quel punto Ryuichi reclinò la testa indietro e guardò il soffitto con le labbra strette tra i denti. - E fratello...- la voce di Kyosuke era così piatta da non sembrare neanche umana - Quei ninja erano del Suono.- Impossibile.- So quello che ho visto, erano di Oto.- [...] you won't be leaving here... Negli anni seguenti la sua elezione ad Hokage, Naruto aveva dovuto far fronte a problemi politici e sociali, ma non era mai stato un capo ingiusto e non avrebbe mai voluto esserlo. Purtroppo accadevano delle cose nella vita, cose che non immaginavi potessero mai accadere a te, che irrimediabilmente ti facevano crescere, cambiare e insieme al cambiamento arrivano altre cose: nuove opinioni, diversi modi di vedere la vita. 168 Lui non era più un ragazzino, doveva prendere decisioni ogni giorno della sua vita, non aveva quasi più una vita matrimoniale (se sua moglie non fosse stata Hinata sarebbe stato un padre single) e dava importanza al suo Villaggio, a ciò che voleva il suo Villaggio. Ironicamente Konoha voleva i prigionieri morti, perchè avevano inutilmente ferito due shinobi e non si scherza con Konoha, nè con gli Uchiha e men che meno con i Nara. Sembrava che tutti gli screzi passati fossero stati nuovamete cancellati da quell'avvenimento e Naruto aveva preso la cosa sul personale visto che aveva quasi cresciuto Kyosuke (e checchè ne dicesse Sasuke, i ragazzi lo adoravano più come parente che come Hokage) che era anche il fidanzato di sua figlia e Aiko era la sorellina di un suo allievo. Lui non era mai stato un capo ingiusto, ma sentendo i prigionieri parlare (avevano confermato la loro appartenenza ad Oto, avevano confessato di essere stati cresciuti dai loro genitori -- scappati dal Suono prima che Sasuke uccidesse Orochimaru -- che gli avevano insegnato a combattere e ad odiare l'Uchiha che apparentemente aveva rovinato loro la vita; una volta abbastanza grandi per fare ciò che erano stati addestrati a compiere erano partiti all ricerca della persona che gli era stato insegnato a detestare e appena avevano trovato uno che gli somigliava avevano attaccato, ignoranti del fatto che l'Uchiha non era più uno, che aveva avuto dei figli e che quindi i bersagli erano di più. Non erano pentiti di ciò che avevano fatto, continuavano ad insistere che 'abbiano cavato l'occhio ad uno di loro, ammazzare gli altri non è un problema', il che buttava Naruto nella più totale ira) sentiva di dover affrontare tutta la faccenda in maniera secca e autoritaria. Giusto o meno, se volevano gli Uchiha, Naruto glieli avrebbe dati. Stava guardando Sasuke in quel momento, lo fissava come aveva sempre fatto e l'altro si limitava a guardarlo di rimando, quasi annoiato. Naruto sapeva benissimo che era stanco, lo vedeva dalla piega dolorosamente sottile delle sue labbra, lo sentiva dal respiro lieve e dalla puzza di bruciato che proveniva dall'Uchiha, come se avesse giocato con le sue palle di fuoco per ore, bruciando alberi ed erba. C'era molto di più in Sasuke che in qualsiasi altro uomo. - Che vuoi fare?, entri?- gli domandò strofinandosi gli occhi stanchi, sentiva le spalle pesanti e aveva una voglia matta di dormire. Sapeva che Sasuke dovesse sentirsi allo stesso modo, alla fine non erano cambiati poi molto loro due - Ho chiuso con Oto.- replicò semplicemente l'Uchiha. - Ovvero: quei due non valgono cinque minuti del mio tempo.- ghignò il biondo roteando gli occhi al cielo - Qualcuno di voi Uchiha dovrà pur entrare, dovete restituire un po' di favori.- Hn, da quando risolvi le cose in questo modo?- Da sempre, teme, da sempre.L'Uchiha piegò un lato della bocca all'insù e lo guardò con la coda dell'occhio - Chiama i ragazzi.E Naruto prese un profondo respiro - Non hanno mai ucciso qualcuno su commissione, Teme.Sasuke ghignò - Seguono gli ordini perfettamente, UsuratonkachiSbuffando come una locomotiva Naruto trattenne a stento le risate - I tuoi forse, quelli dell'Hokage sono facilmente scavalcabili per loro.Il suo migliore amico, suo fratello, l'estensione della sua stessa anima si pizzicò il naso con due dita e nascose il ghigno divertito con la mano. ... unharmed. 169 Ryosuke era pronto ancor prima che l'ordine venisse dato, Ryuichi si era semplicemente trasportato al quartier generale Anbu con la tuta da ginnastica e la katana di suo fratello Kyosuke legata sulla schiena. Ibiki li aveva guardati entrambi dall'alto in basso, pensando che quel compito poteva benissimamente essere considerato come un esame per entrare a far parte della sua squadra (aveva perso quattro uomini il mese scorso, era a corto di personale), ovviamente Naruto sapeva che Sasuke ed Ibiki si erano giocati la cosa a carte e in sincerità non trovava niente di sbagliato nel sottoporre i ragazzi a quell'esame improvvisato. Voi chiamatela pure raccomandazione, però gli Uchiha erano fatti per essere Anbu, tenetelo bene a mente. Ovviamente Ryosuke aveva scelto il ninja che aveva ferito il suo gemello, Ryuichi, d'altro canto, non aveva mai dato molto importanza a certe quisquiglie come età e sesso, quindi non aveva fatto una piega quando aveva visto che il suo avversario non solo non sembrava avere neanche diciotto anni, ma era persino femmina. Ryosuke, prima di entrare nella stanza a lui assegnata, l'aveva confrontato di petto (più per chiarezza che per altro). - L'ho sempre saputo che eri un violento.- Generalmente non picchio le donne.- Vallo a dire alla Nara.Ryuichi aveva sghignazzato - Bakaiko non è mica femmina.- Ad ogni modo,- glissò guardandolo in tralice - tra noi è tutto risolto?Quello aveva aperto la porta con ancora il ghigno sulle labbra - Liscio come l'olio aniki.- Il cuore di sua sorella cedette il giorno dopo e lui sentì tutto il suo essere crollare in tanti pezzettini. Lo capì dal suo stesso corpo che tutto stava cambiando, il suo corpo gli aveva sempre parlato; di rabbia, dolore, di amore o lussuria, gli aveva sempre comunicato qualcosa. In quei momenti, quando Sakura cercava di salvare la vita a sua sorella, il suo corpo si spezzava in continuazione. Non faceva male, non era una cosa dolorosa, era un semplice dato di fatto. Quello che faceva male era pensare, perchè se pensi ci sei; non è un pensiero così tanto filosofico come ci insegnano, è ovvio che se pensi esisti, perchè perder tempo su questa cosa? C'è una grossa distinzione da fare, tra pensare e pensare. Anche quando sei ubriaco pensi, ma mentalmente sei da un'altra parte, non sei totalmente in controllo di te stesso; quando sei arrabbiato pensi e straparli, ci sei ma allo stesso tempo non sei tu a dominarti. Quando pensi a cose come la vita, la felicità, la morte e sei lucido e consapevole -- nel senso che decidi tu cosa pensare e come formulare il pensiero -- è tutta un'altra cosa. Ovvia anche, molti la sottovalutano. Lui non sapeva quante persone avessero sopportato quel supplizio, di pensare lucidamente in una situazione che di lucido non ha neanche la faccia. Pensieri e ricordi si accavallano, ironicamente non ricordi molto perchè sei troppo occupato a pensare (non la rivedrò più?, morirà!, no che non morirà, non può morire! E io senza di lei cosa farò?, che faccio!? Da chi vado?), sei totalmente preso da te stesso, tutti i tuoi pensieri sono incentrati su te e lei/lui, perchè niente ha più importanza, di conseguenza neanche il tuo corpo che si sbriciola ha più importanza. Quindi non è un male fisico, è il cervello che ti fotte. Se ne stava lì, davanti le porte che lo dividevano da lei e guardava oltre i vetri, forse sperava di vederla uscire di lì con le proprie gambe. Sua madre gli stringeva il braccio, 'siediti' gli 170 diceva. Suo padre era nella sua stessa identica posizione. Entrambi sapevano che in quel modo innervosivano Temari, ma era un istinto, non riuscivano a stare seduti come lei, che dominava meglio le situazioni difficili. Ryuichi e Chojiro erano più in là, il primo se ne stava con la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate al petto, il secondo si passava continuamente le mani sulla testa pelata. In qualche modo Shirai si aspettava il peggio. In qualche modo Sakura e Tsunade riportarono indietro sua sorella. E sempre in qualche modo Aiko riaprì gli occhi quando con lei c'era solo sua madre, due giorni dopo. Parlare le risultava difficile per via del tubo che aveva tenuto in gola per tutto quel tempo, la sua voce usciva fuori bassa e quasi graffiata, non che parlasse molto -- era molto confusa, ricordava poco della missione e non aveva il pieno controllo dei suoi muscoli. Si era messa a piangere come una poppante quando aveva visto suo padre e Shikamaru si era limitato a standersi accanto a lei (fregandosene altamente delle lamentele di infermiere seccanti) e ad accarezzarle i capelli - Dovevi proprio morire per ritornare, mh?- le aveva detto a bassa voce, così che solo lei potesse sentirlo. Era una cosa strana ritrovare la speranza proprio quando la si era persa, Shirai non credeva di poter essere lo stesso dopo averla sentita così lontana. Anche sua madre, i nonni, erano esausti e Sakura aveva dovuto somministrare (segretamente) del sonnifero ad entrambe le donne per farle dormire, il nonno si era semplicemente appostato come un gufo su una sedia e lì era crollato. Lui... lui voleva piangere ogni volta che la vedeva muoversi. In genere Shirai non piangeva, non ci riusciva più da anni e non perchè avesse avuto qualche trauma, semplicemente anche quando si emozionava da morire non piangeva. Gli diventavano gli occhi lucidi, ma non piangeva. E Aiko lo stava guardando dritto in faccia in quel momento, stavolta Shirai li vedeva benissimo i suoi occhi. - ... 'orno.- gli disse piano per non svegliare nè loro padre nè il nonno. - Ciao,- le scostò alcuni capelli dalla fronte - hai guadagnato un po' di cicatrici in questi giorni.- Sono sicura che sono valse la candela.- lo guardò con il sorriso negli occhi - Oppure mi preferisci morta?- Kami no!- borbottò pizzicandole il naso - Per la cronaca: fallo di nuovo e faccio scoppiare una guerra.- Mi dispiace, per la cronaca...La situazione era così paradossale che se non ci fosse stata sua sorella nel letto dell'ospedale sarebbe scoppiato a ridere - Non è colpa tua, ma dei ninja che vi hanno attaccato.Aiko corrugò la fronte e rivolse un veloce sguardo a loro padre - Cosa faranno a loro?Si scrollò nelle spalle con fare indifferente - Sono morti Aiko...- Erano giovani Shirai.- sussurrò - Fin troppo giovani... quindici, diciassette anni al massimo.- Aiko...- Erano troppo giovani.- Senti,- le disse a mo di rimprovero - se scegli di fare lo shinobi non c'è età che tenga: se muori, muori; tra l'altro uno di quei tipi ti ha quasi ammazzata e si è meritato tutto ciò che gli è stato fatto.Sua sorella prese un respiro profondo prima di aprire di nuovo la bocca - Ma...- Aiko per favore, smettila di fare la santa.- grugnì passandosi entrambe le mani sul collo. - Dico solo la verità.- L'Uchiha non avrebbe mai permesso una seconda chance, neanche l'Hokage, erano già stressati per i fatti loro, questa faccenda ha solo aggiunto benzina al fuoco.- bofonchiò 171 mollemente - E comunque tu dovresti riposare.- Ma ho fame!- Niente cioccolato per almeno un mese, ordini del medico.- Ma vai a quel paese Shirai, il cioccolato fa bene!- Si, al culo fa bene!- Il mio culo...- Io non ho nominato il tuo culo!- ... sta benissimo e non farmi strillare Shirai, che se papà si sveglia son cazzi tuoi!- Ora lascia stare i miei cazzi per cortesia...- Io non ho nominato i cazzi di nessuno!Andarono avanti a bisticciare fino a quando Shikamaru non si svegliò; praticamente, dopo aver dato un bacio sulla fronte di sua figlia, uscì dalla stanza trasportandosi uno scalcinante Shirai per le orecchie, borbottando di sonno, rompi palle e cazzoni, il nonno si svegliò dieci minuti più tardi e dopo averle promesso una barretta intera di cioccolato uscì alla ricerca di una birra. Sola, Aiko provò a muoversi, ma capì che senza l'aiuto di qualcuno mettersi a sedere era un'impresa quasi impossibile. Si rese conto con rammarico che ogni movimento le portava via fin troppe energie e più tentava più i punti tiravano e più i punti tiravano più respirare era difficile. Nel profondo della sua mente realizzò che non sarebbe stato facile tornare ad essere una shinobi, non voleva neanche pensare alla riabilitazione che avrebbe dovuto affrontare. Si chiese se Neji-sensei sarebbe stato disposto ad allenarla in solitaria. Kami aveva una fame da lupi... fu tentata di chiamare un'infermiera, ma decise che aspettare suo nonno con il cioccolato era la cosa migliore da fare anche se avrebbe di gran lunga preferito mangiare in quel momento. - Nara.Quasi sobbalzò alla voce e, girando il capo, si portò una mano al petto e prese un respiro profondo - Stupido Uchiha, vuoi ammazzarmi di nuovo?!- quello rise - Non c'è niente da ridere!, Kami...- sbottò infastidita, lui continuò a ridacchiare - Senti, renditi utile e aiutami a mettermi seduta!Ryosuke si avvicinò appoggiando una bottiglietta d'acqua sul comodino accanto al letto, si chinò su di lei sollevandola appena appena dal materasso, circondandole il busto con un braccio mentre l'altro sistemava i cuscini - Dovresti stare distesa.Lei respirò tra i denti - Ho la schiena a pezzi, se sto distesa un altro po' mi spezzo in due.sibilò odiando ogni momento di quello spostamento improvvisato, lasciò andare il respiro solo quando la sua schiena fu comodamente appoggiata ai morbidi cuscini, sospirò appagata - Grazie.- Grazie a te.Lei lo guardò confusa - Da quando gli Uchiha ringraziano?- Lo faccio quando una mediocre kunoichi salva il culo del mio unico gemello.- sghignazzò all'espressione sconvolta della ragazza - Me l'ha chiesto Kyosuke in realtà, non lamentarti.- E chi si lamenta.- bofonchiò. Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stava succedendo che Ryosuke si era chinato su di lei e le aveva schioccato un bacio umido sulla bocca. Lo shock fu tale che Aiko riuscì soltanto a sbattere le palpebre e a pensare che, diamine, la stava baciando l'Uchiha sbagliato!, non fu neanche un bacio degno di nota visto che Ryosuke si era limitato a premere le labbra sulle sue, Aiko non lo ricambiò neanche. L'Uchiha si sollevò dopo una frazione di secondo sghignazzando come un pazzo - Questo era il mio grazie.- ... prego.Ryosuke lanciò un'occhiata alla porta - Di niente,- ghignò ancora di più - è stato un 172 piacere.- le dette le spalle e Aiko vide Ryuichi guardare il fratello con entrambe le sopracciglia inarcate, dire che lei diventò un semaforo era dire poco, ma gli Uchiha non sembrarono notare questo particolare - Ciao fratellino, ci vediamo a casa.- Hn.- replicò quello. Nel frattempo Aiko cercò di riconquistare la sua dignità insultando mentalmente tutti gli Uchiha. - Tuo fratello mi ha baciata.- grugnì coprendosi la faccia con le mani - Che razza di stronzo opportunista, ingrato e... Uchiha!Ryuichi la guardò impassibile - Vedo che sei viva.- Per te deve essere una dannazione...- Mi lascia totalmente indifferente.- Quindi sei qui perchè?Lui la guardò negli occhi per un momento, sembrava volersi imprimere quello che vedeva nella mente, si avvicinò al letto di un passo, poi ne fece altri e si fermò quando toccò il letto con la mano - Ho passato l'esame Anbu.- lei lo fissò con la bocca socchiusa, un'espressione allibita in faccia e gli occhi sgranati - Non siamo più compagni di squadra, bakaiko.E lei sentì i punti tirare quando prese un respiro fin troppo profondo, si passò una mano sulla bocca, poi si portò indietro i capelli che le erano ricaduti sul viso - Congratulazioni Uchiha, lo volevi da tanto.- Si.- sollevò un angolo della bocca e Aiko vide tutto quello che Ryuichi Uchiha era in quel momento ed era così lontano da lei che le sembrò aver perso tempo per tutta la sua vita. L'aveva sempre saputo, non c'era speranza per lei di fargli capire che non era importante il ruolo sociale, il prestigio. Lo guardò dritto in faccia e non potè far finta di non provare niente per quel viso e per tutto quello che c'era dentro quegli occhi. Si morse l'interno della guancia e sorrise - Bè sono... fiera di te?, credo...- Sei fiera di me in ogni momento della tua vita, Nara.- replicò guardandola dal collo in giu Io non posso dire lo stesso di te.- Non mi serve la tua approvazione Ryuichi, sei tu quello che ha bisogno di essere adorato.- Ottima analisi, pecca di presunzione però, come al solito.- adocchiò le bende che sporgevano dalla tunica ospedaliera che copriva il suo corpo - Sanguini.- Si, tua madre dovrebbe cambiare le bende e... controllare i punti suppongo.- lui annuì meditabondo. - Buona riabilitazione bakaiko, non ci vedremo più tanto.- Felicità.E Ryuichi rise - Sei una pessima bugiarda.- Vaffanculo Uchiha.- [- Quindi... non si scopa con le compagne di squadra, mh?- No, aniki.- Oh, che carino che sei!, allora stai tranquillo, fratellino, non te la porterò via!Ryuichi grugnì e appiccicò suo fratello al muro, ottenendo solo una risata divertita Idiota...-] 173 Tikkia Una cosa è certa: in Paradiso non ci si sposa. La fic è stata scritta in occasione dell'iniziativa “Amore e tosse non si possono nascondere” in una one-shot. Shikamaru e Temari sono sposati da molti anni quando la scena prende vita. Entrambi vivono a Konoha in un'apparente tranquillità familiare che si dimostra turbolenta a causa dell'indole dei due coniugi. A far da sfondo, ci sono i ninja di Konoha e le loro famiglie. “Non sappiamo cosa fanno uomini e donne in paradiso. Sappiamo soltanto che non si sposano. “ Shikamaru non ricordava chi aveva detto questa frase, ma era comunque certo che l'amico avesse ragione da vendere. Da quando si era sposato, la sua adorabile Temari gli aveva reso la vita un'unica, gigantesca, stancante ed eterna seccatura. Nara svegliati, Nara prepara il caffè, Nara sparecchia la tavola, Nara non stare sempre sul divano, Nara perchè non usciamo mai? Queste erano le frasi che la sua mogliettina era solita pronunciare più spesso. E lui che poteva fare? Annuire, grugnire, sbuffare. Obbedire. Alla fin fine non gli dispiaceva e, con gli anni, aveva imparato a convivere con la sua energia e con le sue bizzarrie. Come quella di chiamarlo per cognome anche da sposati. Avevano avuto un litigio su quell'argomento, Shikamaru se lo ricordava bene: aveva rischiato di essere decapitato da un piatto, quella sera. E, soprattutto, aveva visto Temari arrossire e vergognarsi veramente per la prima volta da quando la conosceva. Aveva detto che si comportava così perchè le sembrava strano iniziare a chiamarlo con il suo nome di battesimo di punto in bianco, diceva che era troppo intimo. Lui le aveva fatto notare che a)erano sposati da 6 mesi e fidanzati da 7 anni, quindi non vedeva il problema dell'intimità e b)lo chiamava per nome. Eccome se lo chiamava. Anche piuttosto insistentemente, quando erano sotto le coperte. Lei si era ovviamente arrabbiata ed aveva cercato di ribattere, ma lui aveva intrappolato quella pericolosa bocca con le sue labbra, salvando la situazione. Di lì al letto il passo era stato corto, molto corto. Soprattutto perchè al letto non ci erano arrivati, si erano arrotolati l'uno sull'altra proprio in cucina, contro il muro. Un ottimo modo per fare pace. Qualche mese dopo lei aveva iniziato a chiamarlo per nome, ma fu l'unico cambiamento reale che il ragazzo potè constatare: Shikamaru svegliati, Shikamaru prepara il caffè, Shikamaru sparecchia la tavola, Shikamaru non stare sempre sul divano, Shikamaru perchè non usciamo mai? Poi al terzo anno di matrimonio avevano passato un periodo di crisi. Lui doveva lavorare un sacco e lei pure, così si vedevano poco (nonostante abitassero nella stessa casa) e sempre di malumore. Temari aveva iniziato a diventare gelosa, ed un giorno aveva decisamente esagerato. Shikamaru aveva invitato Ino e Choji a casa loro per cenare tra amici e sua moglie si era offerta di cucinare la cena. Aveva evitato un incidente diplomatico per un soffio, quella sera. Anche quell'episodio non se lo scorderà mai perchè, per quando pericoloso possa essere stato, era anche drammaticamente divertente. -Temari, perchè c'era del veleno nella zuppa di Ino?- le aveva chiesto in cucina, lontano dagli altri. -Oooh, cavoli, ma com'è potuto succedere?- aveva risposto lei con falso sconvolgimento. Lui l'aveva presa per le spalle e le aveva chiesto se fosse impazzita, e lei era esplosa. -No, non sono impazzita! Semplicemente le cose le vedo, Nara, vedo quanto tu ti sia riavvicinato a quella strega tinta e vedo quanto ti sia allontanato da me! Ma sappi che prima che quell'involucro vuoto della tua amica metta le mani su di te, dovrà passare sul mio e sul tuo cadavere!!- non l'aveva mai vista così alterata e così gelosa. All'inizio era rimasto interdetto e confuso, poi una felicità immensa si era impadronita del suo corpo: lei lo amava. Lei lo amava almeno quanto lui amava lei, quei frequenti litigi che avevano avuto negli ultimi tempi non significavano nulla. L'aveva abbracciata e le aveva fatto una carezza sulla guancia, promettendole che ne avrebbero parlato poi. Quella sera, dopo che gli ospiti se ne furono andati, Shikamaru e Temari avevano aperto il loro 174 cuore l'uno all'altro. Lei aveva mostrato un lato insicuro che lui non si sarebbe mai aspettato di vedere. Lui aveva mostrato un alto possessivo di cui lei non aveva mai nemmeno sospettato l'esistenza. Dopo quella notte il loro matrimonio si era ristabilito, ma avevano entrambi rischiato la carriera: si erano chiusi in casa per 4 giorni di fila, senza mai mettere il naso fuori, neanche per far sapere agli amici che non si erano uccisi a vicenda per un qualche futile motivo. Tsunade era impazzita. Era stata privata di due dei suoi più bravi jonin e chuunin e le scartoffie andavano accumulandosi. Avrebbe mandato 2 squadre ANBU a casa Nara, se non fosse stato per Kakashi. Il jonin, con tutta la sua flemma, era riuscito a calmare la prosperosa Hokage e si era occupato personalmente della questione, piombando in camera dei due piccioncini per chiedergli gentilmente di tornare al lavoro. Aveva avuto la fortuna di trovarli in un momento di pausa, quindi relativamente coperti e presentabili. Gli aveva spiegato la situazione, convincendoli a porre fine alla vacanza improvvisata prima che Tsunade li spedisse agli antipodi per tenerli lontani. Ma non poteva finire tutto così, ovvio. Quel matrimonio non sarebbe stato così seccante, sennò! Ok, questa volta era anche un po' colpa sua, ma la vera colpevole di quella seccante vicenda era, ovviamente, Temari. Shikamaru sorrise. Due anni dopo il quasi-fattaccio, infatti, anche Naruto ed Hinata si erano sposati ed avevano avuto una bella bambina. Inizialmente Shikamaru non aveva fatto commenti, anche se era perennemente a casa Uzumaki insieme a Temari, da quando il biondo era diventato Hokage: non poteva lasciarlo da solo a gestire Konoha, li avrebbe condotti alla rovina in meno di un'ora, se non fosse stato là ad aiutarlo. Così i Nara andavano spesso e volentieri dai neo-sposini/neo-genitori. E visto che la loro casa non era poi così enorme, tutti e 5, Naruto, Shikamaru, Temari, Hinata e la bimba, stavano nella stessa stanza. Il moro lanciava di tanto in tanto occhiate furtive alla moglie, cercando una qualunque reazione alle boccacce della piccola Kushina, ma non era mai riuscito a desumere alcunché. Un giorno lui aveva accennato l'argomento alla moglie, che aveva chiaramente capito le intenzioni del marito e, a quanto pareva, voleva far capire anche le sue. -So dove vuoi andare a parare, Shikamaru, e la mia risposta è no, no e ancora no!-Ma se non sai neanche cosa voglio chiederti...-Ti ho detto di no.-Ma...-No!-Temari...-No, no e no! Categoricamente, assolutamente no! Non voglio gonfiarmi come una mongolfiera e soffrire come un cane per spararti fuori un piccolo e sicuramente lamentoso Nara che non farà altro che farmi dannare fin da quando sarà solo un feto!- e se n'era andata sbattendo la porta e facendo cadere un quadro. Non era arrabbiata, era solo seccata. Shikamaru era contagioso. E lo era veramente: non si era arreso e aveva continuato ad insistere giorno per giorno, finchè non aveva notato un minimo cedimento. Da quel momento in poi l'uomo più pigro del mondo mise tutte le sue forze per portare a termine l'opera di convincimento della moglie. E alla fine ci era riuscito. Temari una sera gli si era avvicinata e l'aveva abbracciato da dietro, respirandogli sulla spalla per un po'. Lui era rimasto pazientemente ad attendere, sapeva che quando faceva così stava per dirgli qualcosa di importante. Dopo qualche minuto di silenzio, lei l'aveva baciato con una dolcezza decisamente poco da Temari ed aveva acconsentito a diventare madre di suo figlio. Durante il concepimento del sopracitato erede, però, tutta la strana ed inusuale dolcezza era sparita per far spazio alla solita passione bruciante tipica della bionda di Suna. A Shikamaru era venuta voglia di avere subito un altro bebè. E che dire dell'orgoglio che si era impadronito del suo pigro corpo quando, qualche giorno dopo, la moglie gli aveva mostrato il test di gravidanza positivo? Impareggiabile. 9 mesi, et volià: il piccolo Shito Nara era effettivamente stato “sparato fuori” da Temari nelle pronte braccia di Sakura, che quel giorno fungeva da ostetrica. Shikamaru ricordò la sensazione di calore che gli aveva sciolto le budella e fatto tremare le gambe, quando aveva preso tra le braccia per la prima volta suo figlio. E lo sguardo di Temari quando lo guardava era così... Le sue elucubrazioni vennero bruscamente interrotte dall'oggetto dei suoi pensieri: sua moglie si era lasciata cadere di faccia sul letto, finendogli con la testa sullo stomaco e provocandogli non poco dolore. 175 -Dann...seccatura! Un po' di attenzione!- si lamentò. -Sta un po' zitta, principessa, sono distrutta. Tuo figlio non voleva più addormentarsi, voleva che gli insegnassi a tirare gli shuriken. Ha 3 anni, caspita, 3 anni! Perchè non è un bimbo tranquillo come Kushina? Perchè non è pigro come te?!- urlò esasperata. -Perchè è anche tuo figlio, Temari, quindi ha preso da te la parte energica. Congratulazioni!ghignò. Lei gli tirò un pugno e si girò a fulminarlo con gli occhi. -Che facevi?-Pensavo.-A?-Che seccatura...tante cose.-Ad esempio?-Che palle, donna!Il ringhio della moglie lo costrinse a raccogliere un po' di forza per parlare. -Pensavo a quanto sia seccante la mia vita da quando ti ho sposata, a quanti problemi abbiamo avuto, a quante seccature mi ha causato, a quante crisi di nervi ho sfiorato, a quanto ti amo e a quanto sono impaziente di vedere nostro figlio crescere.- esalò circondandole le spalle con un braccio. -...E tu mi stai dicendo che sei stato qui a non fare nulla mentre potevi venire ad aiutarmi e svolgere un po' il tuo lavoro di padre con quel mostriciattolo di Shito?!- inquisì lei. Shikamaru le scoccò uno sguardo perplesso quando la vide sottrarsi da l suo abbraccio e girarle le spalle. Ma non gli era sfuggito il sorrisino soddisfatto che le pervadeva il volto, né il leggero rossore delle sue guance. Capì che sua moglie voleva fare la riottosa per avere un po' di coccole post giornata pesante. Con uno sbuffo, la fece girare a pancia in giù ed iniziò a massaggiarle la schiena, mentre lei si scioglieva sempre di più sotto le sue abili mani. -Sono perdonato?- le soffiò in un orecchio. -Mmh, non ancora...ti ci devi applicare di più.- ridacchiò. Eh già, pensò lui alzando gli occhi al cielo con un sorriso, sicuramente in paradiso non ci si sposa! 176 DirtyCharity Like a black Horse and a white Queen Il racconto ha partecipato all'iniziativa “Amore e tosse non si possono nascondere” scegliendo il prompt “L'unica vittoria in amore è la fuga” (Napoleone). In una Konoha pacificata con i villaggi limitrofi si tiene il consueto esame dei Chunin. Sono presenti tutte le delegazioni straniere e Shikamaru Nara prende la parola davanti all'enorme pubblico. L'intreccio è basato sulla similitudine con il gioco degli scacchi dove i due protagonisti vengono a trovarsi irrimediabilmente l'uno contro l'altro anche nelle questioni cuore. Più di 300 ninja erano stipati in un'enorme palestra allestita a festa per quell'evento. Tra giovani allievi pronti a battersi per salire di grado e dimostrare le proprie capacità ed abilità, tra i relativi maestri che seguivano i loro alunni con consigli, strategie e un pizzico di apprensione, tra gli ambasciatori e gli organizzatori dell'evento, tra gli spettatori curiosi, quella sala imponente ora non sembrava che una piccola scatola piena di formiche. Disegnato da Sacchan Dopo la cruenta e dura guerra che avevano dovuto affrontare, i legami tra le cinque nazioni si erano stretti e si era giunti a un equilibrio di pace come mai era stato raggiunto. Perciò a quell'ennesima selezione chunin ci fu più partecipazione e coinvolgimento rispetto alle precedenti. Quell'anno era stato aggiunta alla cerimonia di apertura anche la lettura di un giuramento; ad ogni partecipante era stato dato un foglietto con scritte poche righe. Molti lo ritennero solo una noiosa forzatura, un modo melenso per ricordare i sacrifici e le vittorie riportate insieme; altri, soprattutto i ragazzini che fremevano nell'impazienza di iniziare quegli esami dalla terribile fama, lo reputavano solo uno stupido modo per allungare quella stupida cerimonia pomposa. Furono in ogni caso costretti, i più rumorosi e agitati, a rimanere composti e silenziosi dalle occhiatacce che gli esaminatori stavano loro mandando. Così 300 ninja si ritrovarono a recitare unanime parole dal profondo significato, parole che li legava insieme, indipendentemente dalla nazione di provenienza. Erano trascorsi mesi da quando la parola fine fu scritta su quel lungo scontro sanguinoso, mesi passati a ricostruire, a ricucire profonde ferite fisiche e morali. Troppi uomini e troppe donne avevano dovuto scontrarsi con il passato, o subire importanti perdite affettive e di certo non sarebbero bastati pochi mesi per curare tutto quel caleidoscopio di emozioni. Ma si sa, gli shinobi sono nati per combattere e sopportare, per andare avanti e tramandare la volontà del fuoco. Tra le fila degli organizzatori si trovavano un giovane alto, dai capelli neri raccolti in un 177 codino sparato in aria e una ragazza dai singolari quattro codini biondi. Lui con la sua solita posa tranquilla con una mano in tasca e l'altra a reggere il foglietto con scritte quelle solenni parole, sembrava si annoiasse mentre recitava, a memoria, quelle frasi. Lei aveva la schiena rigida, un braccio sotto al seno morbido e l'altro a sostenere il famoso foglietto, lanciò un'occhiata al suo compagno a fianco. Si sorprese nel notarlo così rilassato ed apatico, in fondo quel discorso lo aveva scritto lui. Sotto minaccia è vero, ma era comunque farina del suo sacco e sulla sua testa pendeva una responsabilità enorme. Quando infine l'ultima sillaba si spense, calò un silenzio pesante, non un battito di ciglia, non uno sbattere d'ali, non un sospiro sommesso. Solo, silenzio. Dall'ultima parola, futuro, il cuore di un ninja in particolare iniziò ad accelerare. Era la parola d'ordine, quella che lo avrebbe spinto a fare una cosa che mai avrebbe pensato di voler fare. Un pesante sospiro attirò l'attenzione di metà spettatori che si girarono per vedere chi avesse avuto il coraggio di rompere quella solennità. Nemmeno il più scapestrato studente avrebbe avuto l'ardire di richiamare l'attenzione di tutta quella gente, soprattutto in quel momento, nemmeno Naruto ai tempi d'oro lo avrebbe fatto. La vicina dell'impavido giovane si voltò sorpresa, non tanto per il sospiro, così abituale per lui, più per la ricerca dell'interesse di tutti. Perché era quello l'intento di Shikamaru; non faceva mai niente senza motivo. Lo vide prendere fiato, probabilmente anche coraggio, e la guardò negli occhi. Fu in quel momento che sentì le gambe farsi pesanti, il cuore stava esplodendo per la pressione notevolmente aumentata, il fiato le mancava, non riusciva a capire se doveva espirare od inspirare, la mente le si svuotò. Capì tutto in quello sguardo, lo implorò con gli occhi di non farlo, ma non fece in tempo o semplicemente non venne ascoltata. -Temari, sposami!- disse con forza e sicurezza Nara, quasi urlando così che tutti potessero sentirlo. Ripiombò il silenzio e fu come se nessuno avesse detto niente, come se nessuno avesse messo nelle mani di una donna il suo cuore e il suo futuro. Temari abbassò la testa, in modo che nessuno potesse leggere nel suo sguardo la risposta. Si ricordò infine di dover respirare e bisbigliò un “merda”. Infine chiuse gli occhi e ritrovò l'abituale sangue freddo e lucidità di quando era in battaglia. Tutti i presenti, chi a bocca aperta e chi con le dita incrociate faceva il tifo per il proprio compagno ed amico, erano protesi in avanti, per sentire il responso. -No, non posso- esordì infine lei secca, guardandolo glaciale. Poi si voltò e spintonò le persone che le erano davanti e le ostacolavano la fuga da quel luogo diventato così sovraffollato e stretto, per poi scomparire dietro ad una uscita. 178 L'attenzione di tutti si rifocalizzò sul giovane rimasto immobile, nessuno osava parlare, non dopo quel netto rifiuto. La maggior parte dei presenti, che conosceva i protagonisti e la loro storia erano pronti ad esultare, a fare apprezzamenti sulla bella sposa, a maledire lo sposo, ad urlare: “Era ora!”, a sorridere maliziosamente e ad aggiungere un ennesimo lieto fine a quel periodo di pace. Invece non ci furono felicitazioni, urli goliardici e complimenti. Solo aspettativa e una triste curiosità rivolta a Shikamaru ancora intento a fissare la porta. Dopo qualche momento, il giusto per riprendersi dallo smacco, il giovane sospirò pesantemente e senza badare a nessuno, ai sussurri sorpresi e alle occhiate piene di compassione, seguì il percorso fatto da Temari, mani in tasta e solita camminata strascicata. Solo una manata sulla spalla gli fece perdere quell'apatia che aveva sul volto. -Vedrai che cambierà idea- lo rassicurò il suo amico più caro, che ben sapeva interpretare le persone, soprattutto Shikamaru. -Ci conto Choji, ci conto- Rispose con un piccolo sorriso sincero, per poi voltarsi verso l'uscita, e sparire alla vista di tutti. -Ehm, bene. La cerimonia d'apertura finisce qua, la prima prova si svolgerà tra qualche giorno. Maggiori informazioni vi verranno date dal vostro accompagnatore al momento opportuno. Ora potete lasciare ordinatamente la sala- Prese in mano la situazione Shizune, cercando di non sollevare un polverone per la dichiarazione mancata. Poi fece un inchino e sperò che quella ressa di gente non combinasse disastri. La ritrovò qualche minuto dopo, nascosta dietro un albero, poco fuori le mura di Konoha. I custodi delle porte furono ben felici di aiutare un eroe di guerra nel trovare la sua bella. Tutti avevano capito già da tempo cosa legava i due alleati, e anche se ancora la notizia del netto rifiuto alla pubblica dichiarazione di lui non era giunta alle loro orecchie, avrebbero parteggiato per il connazionale in ogni caso. Era seduta a terra, la schiena contro il solido sostegno, una gamba stesa, l'altra piegata ed il ginocchio faceva da sostegno al braccio. Il volto era in ombra, ma la direzione dello sguardo portava a Suna. Senza dire niente si avvicinò alla pianta, sempre senza togliere le mani dalle tasche e vi si appoggiò. Strinse i pugni, se avesse lasciato fare all'istinto si sarebbe catapultato su di lei e l'avrebbe scossa o l'avrebbe riempita di baci finché, stremata, non gli avrebbe detto di si. Ma dovevano parlare, chiarirsi una volta per tutte. Poi l'avrebbe trascinata davanti al primo sacerdote che avesse trovato e senza perdere tempo l'avrebbe legata a sé per sempre. Si era stancato di quel tira e molla, partire e restare. Aspettò che prendesse l'iniziativa, solo allora avrebbe detto la sua. Se l'avesse attaccata subito avrebbe perso la sua possibilità di spiegarsi. Per l'ennesima volta. -Sono una kunoichi di Suna, una delle migliori ninja che la Sabbia abbia mai avuto. Forte e 179 in grado di proteggere la città da ogni pericolo. Per lo meno è quello che vanno dicendo le vecchie cornacchie che campeggiano davanti al palazzo di Gaara. Sono il fiore più bello e pungente di tutta Suna, così raro e prezioso come un'oasi nel deserto. Questo lo pensano i principi dei paesi vicini, e i giovani del posto. Sono la sorella del Kazekage, la sua consigliera, la sua ambasciatrice, colei di cui si fida di più. Sono come una madre che non ha mai avuto, un pilastro che non crollerà mai per lui. Sono la sorella e la migliore amica del marionettista più dotato di Suna, che ha battuto perfino il genio di Sasori della Sabbia Rossa. Sono una semplice ragazza che ha avuto per culla sabbia bollente, l'amore di una madre mi è mancato fin da subito, quello del padre non è mai esistito. Mi hanno spronato ad essere un'abile assassina e rispondere subito agli ordini, non commentarli mai, a non provare emozioni, ad amare solo ed unicamente la figura del Kazekage e Suna. Sopra ogni cosa, Kankuro, Gaara, me. Ad affidarmi solo al mio ventaglio e alle mie capacità. E per quanto possa essere cambiata continuo ad amare il mio Kazekage e Suna, con l'unica differenza che ora ho dei fratelli, da proteggere ed amareLui incassò ogni parola, deglutendo un po' nervoso. Non credeva che fosse così attaccata ai fratelli. E a quella dannata sabbia. Nella sua scacchiera mentale i pedoni avversari si erano aperti un varco troppo facilmente. I veloci fanti della Regina avevano accerchiato il suo Re. Una solida torre bianca aveva schiacciato il suo cavallo, mandato avanti in precedenza. Aveva fatto Scacco. Si era scelta per avversaria una donna temibile, dalla spiccata intelligenza, dal temperamento fiero e leale. Fin troppo leale. Più di una volta l'aveva lasciata vincere, ma questa... no decisamente questa volta avrebbe vinto lui. Si lasciò scivolare lungo il tronco dell'albero, spostò il peso sulla punta dei piedi e congiunse le dita delle mani, nella tipica posa che assumeva per pensare. Chiuse gli occhi e focalizzò l'attenzione sulla regina bianca. L'unico pezzo veloce e mortalmente pericoloso che ad ogni turno poteva arrivare dalla parte opposta della scacchiera come se niente fosse. Volubile come il vento, non si potevano prevedere le sue intenzioni o fermarla facilmente. Quella dannata, impettita e orgogliosa Regina era proprio come Temari. Li riaprì poco dopo, prese la sua torre nera e mangiò un alfiere bianco. Avrebbe fatto fuori tutti i pezzi più importanti, tutti gli ostacoli insormontabili, per poi arrivare al cuore della scacchiera, e vincere la partita. -Non sei la madre di Kankuro e Gaara, sei la sorella. Maggiore, ma pur sempre sorella. Hai intenzione di tenerli per mano fino all'altare, fino al talamo? Preparare loro pasti immangiabili per sempre? Rammendare i loro vestiti, sprimacciare loro il cuscino e raccontare la favola prima di andare a dormire? Potresti farlo con i nostri figli, non sarebbe una cattiva ideaNon poteva vedere le sue reazioni, era dalla parte opposta di lei, ma sapeva che i due alfieri bianchi che sempre accompagnavano la Regina erano caduti. Le lasciò il tempo di incamerare quella provocazione mista a rivelazione. Mai le aveva accennato al suo desiderio di diventare padre, mai avevano parlato di un futuro insieme. Quando lui ci provava lei cambiava sempre discorso o non rispondeva. 180 Poi puntò dritto verso quella maledetta e solida torre. L'avrebbe distrutta a suon di carte bomba se avesse potuto, e magari avrebbe anche falciato quel dannato cavallo. Ma prima la torre, almeno una doveva eliminarla. Fece velocemente il conto delle sue truppe. Gli rimaneva qualche sperduto pedone intrappolati ed inutilizzabili, le due torri, il Re (che mai avrebbe messo in pericolo, se non in caso di estrema necessità), un alfiere ed un solo cavallo. -Non hanno bisogno delle tue costanti cure, e men che meno della tua protezione. Sono cresciuti, maturati ma soprattutto sono forti. In guerra hai visto anche te cosa sono stati in grado di fare, lontani da te. Smettila di attaccarti a loro come una sanguisuga. Ma soprattutto smettila di usarli come scusa solo perché hai paura.Prese fiato e riprese la sua crociata, spingendo l'alfiere contro la torre. -Ci sono decine di shinobi che amano Suna pronti a difenderla fino alla morte. E ti assicuro che Gaara è più che sufficiente anche da solo. Al massimo potrebbe scomodare Kankuro, ma solo perché testa calda com'è non rimarrebbe a guardare. Eh no, non c'è bisogno che trovi loro delle compagne, credo sia una ricerca che faranno volentieri da soliLa sentì ritirare anche l'altra gamba contro il corpo e vide fuggire di nuovo la Regina dalla parte opposta della scacchiera. Sospirò e un piccolo sorriso si affacciò sul volto di Shikamaru. Come immaginavo, scappi ancora. Fece sua la candida torre e la sbriciolò mentalmente. Fece avanzare una torre a difesa del Re, così da aver tutto il tempo e l'attenzione per la caccia alla Regina, quel suo essere volubile e inavvicinabile lo stava facendo innervosire. Con ancora più enfasi spostò l'alfiere sul cavallo bianco, sperando in una contro mossa avversaria. -E Suna è solo una città, di sicuro non le mancherai, le vecchie megere non sentiranno la mancanza delle tue prese in giro e del tuo tono saccente, i principi dei paesi vicini e i giovanotti che se ti guardano ancora con certe intenzioni possono dirsi morti, non sentiranno mai perduti nel non aver vicino il tuo corpo caldo e morbido steso ogni mattina vicino al proprio, non proveranno mai l'ebbrezza di un tuo bacio o di una carezza un po' più audaceIl cavallo bianco era caduto, la trappola era stata innescata. -Cosa ne sai te?- Ribatté sprezzante Temari, distendendo le gambe e abbracciandosi il busto con le braccia nude. La Regina imperiosa torreggiò sull'alfiere nero e lo distrusse. Shikamaru sorrise soddisfatto, aveva chiuso la Regina in un angolo, come da programma. Ora non l'avrebbe fatta scappare per niente al mondo. 181 Un piccolo pedone le impediva la fuga da un lato, una torre svettava in una possibile scappatoia. -So che dormi scoperta la notte, al mattino quando ti svegli inizi a borbottare frasi incomprensibili, so che senza il tuo caffè zuccherato non ingrani fino a pranzo. So che ami le piante, guardarle e stenderti sopra un tappeto di foglie ( e ti ricordo che abbiamo anche fatto l'amore tra quelle maledette che si infilavano ovunque). Sappiamo entrambi che a Suna non ci sono piante, solo cactus e nessuna foglia. So che ami il tuo paese, adori i tuoi fratelli e moriresti per loro. So che ami Konoha in autunno perché adori le castagne arrostite, quando sei sola e sei impegnata in qualcosa canticchi, dovresti farlo più spesso, mi piace la tua voce. E so che hai una voglia sotto il seno destro a forma di nuvolaTerminò di dire il ragazzo. -Non è una nuvola! Sembra solo un brutto pastrocchio- Protestò lei, mormorando. -Sei perfetta per un Nara come me- Continuò non badando ai suoi borbottii. -E sarai una madre inappuntabile per i nostri due figliIl cavallo nero si spostò vicino all'imponente Regina, mettendola sotto scacco. Matto. Shikamaru infine si alzò, a forza di rimanere in quella posizione poco comoda sentì protestare tutte le articolazioni, ma non ci badò. Aggirò l'albero, che aveva fatto da scacchiera imparziale tra i due sfidanti e raggiunse quella donna così testarda e seccante che aveva scelto di far sua. Rimase di pietra quando fu accolto dal solito ghigno furbo e superiore così tipico di lei. Ghigno che aveva imparato ad amare, ma non in quel momento. Si sentì umiliato e svergognato, all'improvviso sulla scacchiera erano scomparsi il pedone e la torre neri. C'era solo un Cavallo al cospetto di una Regina. -Lo so- Disse semplicemente lei, ridendo. Poi lo prese per una mano, e con forza lo trascinò vicino a sé. Lui la lasciò fare, ancora inebetito dalla sconvolgente verità. Lei lo aveva preso in giro. Era stata tutta una farsa quello sguardo glaciale, quel suo scappare da lui e dalla sua proposta. Si era umiliato per niente. -Naaah il tuo orgoglio tornerà lucido e splendente tra qualche giorno, stai tranquillo. Nessuno saprà mai che ti ho messo nel sacco- Continuò lei ridente, capendo il suo filo dei pensieri. -Avrei voluto vederti in faccia mentre mi dicevi tutte quelle cose. Non me le hai mai dette, stupido riccio silenzioso. Anche se in effetti non mi sarei mai aspettata una dichiarazione pubblica, non alla cerimonia di apertura delle sele... 182 Fu interrotta bruscamente da Shikamaru che la prese con forza, stringendole le braccia. -Mi sposi o no!?- Le chiese quasi urlando, gli occhi assottigliati e il fiato corto. Con quel suo chiacchierare lo aveva mandato fuori dalle staffe. Da che aveva il gioco in mano, dalla sicurezza della vittoria si era ritrovato con un pugno di nere mosche in mano e una fottuta paura di un ennesimo rifiuto, il definitivo. Il taglio felino degli occhi di lei tornò serio, e le labbra morbide coprirono i bianchi denti. Lui cercò la risposta nel verde-acquamarina delle iridi di Temari, aspettando l'assoluzione o la condanna da quelle fragole rosse che più e più volte aveva baciato. -Si- Disse infine lei, convinta. Ma non ebbe modo di vedere la reazione del suo promesso sposo perché le venne a mancare il fiato. Shikamaru l'aveva stretta a sé talmente forte e con così tanto sentimento da lasciarla smarrita. Un brivido la scosse quando il respiro caldo di lui si fermò sul suo collo. -Sei una terribile seccatura. Mi hai fatto morire di paura, lo sai? Rifallo un'altra volta e ti sculaccio sul serio.- mormorò nell'orecchio di lei. Lei rise divertita e lo abbracciò di rimando anche se chiese, contro la sua reale volontà, di lasciarla visto che non sarebbe più scappata. -Non ci penso nemmeno, non ci si prende gioco di Shikamaru Nara per due volte. Oh che combinazione, guarda quante belle foglie comode!- Così dicendo la stese su quel tappeto rosso e arancio, tempestandola di baci, e l'aria si riempì di sospiri e risa d'amore. -Quindi ti dovrei sfornare due marmocchi?- Temari bloccò Shikamaru mentre le stava togliendo quelle dannate calze a rete che si impigliavano ovunque. - Esatto, e vedi di non protestare, dopo il tiro mancino davanti a mezza popolazione mondiale non hai più diritto a sollevar questioni. Ora zitta e lasciami fare- 183 Shatzy Replica: I’m waiting for you Questa fanfic ha partecipato al l'evento di EFP “Dream contest” nel 2009 e nello stesso anno è stata pubblicata per lo ShikaTemaDay non indetto dalla BlackParade. Prende come base la canzone degli Oasis “Wonderwall” che serve molto spesso per ritmare le scene che si svolgono a metà trai ricordi e pensieri di Temari e metà nel presente a Suna. Si sente la presenza malinconica e preoccupata dei fratelli, soprattutto di Kankuro, con il loro andirivieni continuo. Giocata sui piccoli scorci, la storia non ci permette di vedere la fine sino alle ultime battute. “Che ci fai qui?” “Secondo te?” Temari non si mostrò nemmeno troppo sorpresa di vedere Shikamaru attenderla appoggiato alle mura esterne del Villaggio. Si limitò solo a sbuffare, e ad avvicinarsi. “Tu non eri quello che non doveva presentarsi, stamattina?” “Ho detto solo che non ti avrei salutata, non che non sarei venuto” le fece sapere, alzando le spalle. “E allora che vuoi? Non dirmi che è per il quinto motivo…” “No” sorrise. “Voglio fare pace.” Lei lo guardò scettica. “Tu?” “Io. Abbiamo già sprecato questa settimana, non voglio perdere altro tempo.” Temari lo scrutò, cercando di capire la serietà oltre quelle parole. “E quindi? Vuoi cancellare quello che mi hai chiesto? Far finta di niente?” “Voglio solo far pace, poi hai tutto il tempo che vuoi per decidere.” “D’accordo” accettò sconfitta. Shikamaru sogghignò. “Allora… Temari” cominciò, mentre lei lo guardava scettica. “Come stai?” chiese, e lei alzò gli occhi al cielo. “Propensa a lasciare questo Villaggio, in ritardo per tornare nel mio, e infastidita da questa conversazione.” “Mh… La mattina sei sempre nervosa” scherzò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di lei. “E hai mangiato bene in questi giorni? Non sei più stata alla tua locanda preferita…” “Curioso di sapere dove ho mangiato o geloso di sapere con chi?” lo provocò. “Preoccupato della tua salute alimentare, dovresti farci più attenzione” precisò, mentre lei sorrideva soddisfatta. “Ci vediamo, eh” lo salutò poi. “Oggi è una bella giornata” dichiarò lui, fermandola di nuovo. “Sei finito a parlare del tempo… Non hai altri argomenti?” lo prese in giro. “Intanto tu sei ancora qui” evidenziò. “Comunque sì, bella giornata. Ora posso andare?” “Di già? Devo ancora parlarti delle nuove ricette culinarie di mia madre, dei progressi di Kurenai con la bambina, mi devi far sapere cosa hai fatto nel tuo tempo libero e come hai dormito senza di me. Ah, e devo chiederti il resoconto di quello che ti ha detto l’Hokage in questa lunga settimana” enumerò. “E va bene, pace fatta” capitolò, esasperata. “Ora devo proprio andare però” disse, sorridendogli velocemente e muovendo un paio di passi verso il bosco. “Temari” la richiamò subito, afferrandole il polso. “Hai tutto il tempo che vuoi, ma… Il mese prossimo verrò a Suna, ho già controllato la lista delle missioni nel tuo Villaggio” chiarì, guardandola seriamente negli occhi. “Non avrai problemi con il tuo Kage se perdi tempo nel mio Villaggio?” chiese. 184 “Ho già pensato anche a questo” disse. “Ho accettato una stupida missione burocratica nel confine a Nord, mi terrà occupato almeno un paio di settimane, così Tsunade sarà contenta e io sarò libero di passare le mie ferie dove voglio.” Lei sorrise, sinceramente. “Hai pensato a tutto…” notò. “Va bene.” Shikamaru si avvicinò al suo viso, provando a baciarla. “Ho detto che ti aspetto a Suna, non che puoi baciarmi” precisò lei. “E perché no? Abbiamo fatto pace…” domandò deluso e frustrato. “Perché ho bisogno di tempo per perdonarti del tutto” ghignò, notando la sua espressione infastidita. “E perché un bacio sembra tanto un saluto… che tu non devi darmi, no?” Shikamaru mise le mani in tasca, mentre borbottava qualcosa come un “donne…” Lei ridacchiò. “Ci vediamo” lo salutò. Il ragazzo rimase a guardarla mentre si allontanava nel bosco, poi Temari si girò all’improvviso, pensierosa. “Dimenticavo una cosa…” disse. “Cosa?” chiese lui. “Avrai il tuo bacio tra un mese” chiarì. “Insieme alla tua risposta.” E lui stava sorridendo quando lei si voltò. Today is gonna be the day That they're gonna throw it back to you By now you should've somehow Realized what you gotta do Illustrazione 1: Disegnato da Yangrine 185 Se c’era una cosa che restava impressa davvero negli occhi di uno spettatore, era il fascino che esercitava il Villaggio di Suna. Era lì, nascosto nel deserto, con le sue costruzioni brune e tonde, le strade impolverate, la gente schiva ma che non rinunciava a un sorriso sincero di fronte a chi riteneva alleato. E il sole caldo, le urla dei bambini che giocavano all’aperto, l’aria pulita. E il Kazekage e la sua famiglia. Belli, forti, quasi splendenti, come uno specchio illuminato da uno spiraglio di luce, quasi accecanti. Kankuro aprì leggermente la porta di legno, infilandosi all’interno della stanza. “Temari…” chiamò, mentre la sorella si voltava a guardarlo, allontanandosi dalla finestra a cui era appoggiata mentre il sole arancione del tramonto rendeva visibili i vortici dei piccoli granelli di sabbia, sospesi all’interno della camera. “Kankuro” lo salutò lei. “Come stai?” domandò, avvicinandosi. “Benissimo” gli sorrise radiosa. “Oggi non ci siamo visti…” “No…” “E credo nemmeno domani” e si perse in un sospiro, lanciando un ultimo sguardo fuori dalla finestra. Lui si sedette sul letto, facendole segno di seguirlo. “Hai mangiato bene a pranzo?” “Uhm? Sì, mi pare di sì” rispose, sedendosi accanto a lui. Il ragazzo la guardò appena, per poi farsi coraggio. “Perché domani non vieni ad allenarti con me? Ce ne andiamo nel deserto come ai vecchi tempi e-” “Domani non posso” lo fermò. “Né domani, né nei prossimi giorni…” precisò, guardando il sole scomparire oltre le mura del Villaggio. Kankuro sbuffò seccato. “Temari, non-” “Sei geloso?” domandò con un ghigno. “Ma figurati” negò. “Mi prometti allora che lo tratterai decentemente?” provò, più seria. “Lui mi vuole bene davvero” precisò. L’altro sospirò, tentando di trovare una posizione più confortevole. “Perché non te lo dimentichi una volta per sempre? Sarà solo un bene per tutti, credimi!” Lei rise sinceramente, per poi tornare immediatamente seria. “Non cambierà nulla, vedrai. Saremo una famiglia come le altre, tornerò a Suna ogni mese, e anche tu potrai venire a trovarmi quando vuoi. Andrà tutto bene, fidati” lo rassicurò. E mai quegli occhi erano stati tanto limpidi e felici. “No, Temari, ascoltami, non è così che deve andare, lo capisci?” “Non ti credevo così geloso!” lo prese in giro ridendo. Lui sospirò, alzandosi. “Lascia perdere.” “Te ne vai di già?” gli domandò stupita. “Immagino vorrai provare a riposare un po’…” “Non riuscirò a dormire! Kankuro, non credevo di potermi mai sentire così agitata per qualcosa, secondo te è normale?” “Va tutto bene” la rassicurò. Va tutto bene. “Stanotte resterai sveglia fino a tardi e poi crollerai verso l’alba, sognando il tuo bel matrimonio.” “Stai bene?” chiese perplessa. Lui le sorrise. “E’ tutto a posto. A domani” la salutò, avviandosi verso la porta. “Buonanotte” rispose, sorridendogli ancora. Kankuro si richiuse la porta alle spalle, mentre un’ombra scura passava sul suo viso. No, non era possibile. 186 Andava tutto bene. * “Qual è il quarto motivo?” Temari sembrava quasi minacciosa piantata in mezzo alla via con le braccia incrociate e lo sguardo fiero. Shikamaru si stupì di trovarla là, sulla strada di casa. E si stupì anche di come i raggi del sole si rifrangessero gradevolmente sui suoi capelli, che sembravano così morbidi ora… “Allora?” insistette lei, decisa. Il ragazzo si riscosse dal torpore in cui era caduto. Quel tono non faceva decisamente parte di un sogno. Sorrise, sbuffando piano. “E da quando sei così curiosa?” “Da quando non hai fatto altro che assillarmi con questa storia nei giorni passati” rispose. “Questo è l’ultimo, quindi sbrigati e lasciami tornare a casa mia.” Lui prese tempo, soppesando le parole. “Ah, torni a Suna domani, vero…” “Già.” “Non ci siamo visti mai in questa settimana…” si lamentò, quindi. Lei alzò gli occhi al cielo. “Nel caso non te ne fossi accorto, noi due stiamo litigando.” “Lo so, lo so… Inutile sperare che ti sia passata, giusto?” “Sì. E ora dimmi il quarto motivo.” “Ma poi perché abbiamo litigato?” chiese, più a se stesso che alla ragazza. “Me lo vuoi dire o attendi il mio ritorno al tuo Villaggio? Perché il tal caso non so quando-” “Qualcuno è impaziente?” Shikamaru ridacchiò. Temari s’imbronciò, pestando con il piede la terra. “Sì, tu. Di sposarmi. Quindi dimmi il quarto motivo per cui dovrei accettare la tua proposta.” Il ragazzo si fece serio, avvicinandosi a lei. “Il tempo stringe e tu vuoi una scusa che ti faccia mettere da parte l’orgoglio, o no?” Lei sbuffò seccata, assottigliando gli occhi. “Shikamaru!” “Perché mi ami” rispose secco. Temari restò a fissarlo per qualche secondo, incapace di formulare una risposta a quel motivo così… così stupido. Poi si decise a chiudere la bocca e a sbattere le palpebre. “Amo anche i miei fratelli, se è per questo” gli fece notare, con una punta di divertimento. “Non nello stesso modo” dichiarò lui, muovendo un altro passo verso la ragazza. “Spero” aggiunse con un sorriso. “Potrei innamorarmi di qualcun altro, sai?” “Nessuno ti sopporterebbe come faccio io” evidenziò. Temari sospirò, sollevata. “Quanta sicurezza…” scherzò. “Non hai alcuna certezza.” Shikamaru sorrise. “No” dichiarò, scendendo su di lei. “Ma a volte basta l’istinto” sussurrò. “Buon rientro a Suna” la salutò poi, baciandole piano una guancia. Temari rimase per un attimo immobile, per poi riprendersi. “Se mi saluti ora, domani che scusa inventerai per farti trovare fuori le mura del Villaggio all’alba?” lo prese in giro. “Domani non passerò a salutarti, abbiamo litigato, no?” le fece sapere, voltandole le spalle e incamminandosi verso casa. “Ci sarai!” gli ordinò. Ci sei sempre. Shikamaru si limitò ad alzare una mano per salutarla, lasciandola lì in mezzo alla strada con un piccolo sorriso soddisfatto sulle labbra. 187 * “Temari!” Kankuro tuonò, entrando nella stanza con passo pesante. La ragazza spostò la sua attenzione dalla finestra alla porta. “Che succede?” Il fratello si piantò in mezzo alla stanza, con le braccia incrociate al petto e uno sguardo minaccioso. “Che vuol dire che non hai fame?” Temari lo guardò alzando gli occhi al cielo. “Kankuro, sono abbastanza grande per badare a me stessa, lasciami in pace.” “Non puoi saltare il pranzo.” “Sì che posso, non succede niente se per un giorno mangio di meno.” Lui sbuffò spazientito, andando a sedersi sul suo letto. “Va bene, ma promettimi che a cena mangerai qualcosa…” “D’accordo, mamma” lo prese in giro. Kankuro si limitò a guardarla di sbieco. “Almeno dimmi come stai oggi…” “Uhm, come al solito” scrollò le spalle. “Agitata?” “No.” “Esuberante?” “No.” “Nervosa?” “Kankuro, la smetti di farmi il terzo grado? Sto bene.” Lui si calmò, riflettendo. “Come vuoi… però non hai risposto all’ultima-” “Kankuro!” lo richiamò, fintamente arrabbiata. “D’accordo, ho capito” dichiarò lui, alzando le braccia in segno di resa. Temari si sedette accanto al fratello, sospirando pesantemente e lasciando nascere un piccolo sorriso sulle labbra. “L’allenamento come è andato oggi?” Il fratello la guardò stupito. “B-bene… Come sempre” si vantò poi. “Mi piacerebbe vedere i tuoi miglioramenti, sai?” gli fece sapere. “Come ai vecchi tempi.” “Beh, domani puoi venire insieme a me, andiamo al vecchio campo di addestramento, saremo solo noi due” propose entusiasta. Lei rise. “Domani non posso.” E lui si fece ad un tratto serio. “Che vuol dire che non puoi?” “E’ passato un mese, domani lui arriverà qui” spiegò. L’altro sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. “Temari, ascolta… Tutto questo non ha senso.” “Kankuro, io voglio dargli quella risposta, è giusto così.” “No che non lo è!” si alterò lui, alzandosi in piedi. “Non è giusto, non ha senso, lo capisci?” sbottò, ritrovando la calma subito dopo, incrociando gli occhi tranquilli di lei. “Temari, ascoltami…” “No, ascoltami tu” lo fermò. “Andrà tutto bene, te lo prometto. Non hai niente di cui preoccuparti, sarò felice, me lo sento.” “Perché non lo dimentichi?” riprovò. “Non posso. È tutto a posto” lo rincuorò sorridendogli. E quel sorriso non faceva altro che fargli salire ancora di più la rabbia. Quel sorriso che non doveva essere per lui. Kankuro sbuffò, avviandosi verso la porta. “Non lo è” affermò, prima di richiuderla alle spalle con forza. Temari sentì il suo “a domani” attutito a malapena dal legno. “Buonanotte” sussurrò, prima di tornare a guardare fuori dalla finestra il giorno che si spegneva lento. 188 * Il sole del mezzogiorno picchiava forte sulla tettoia di legno della locanda, ma l’ombra ricavata era davvero piacevole, il luogo adatto per pranzare in pace. O almeno così pensava Temari. “Buongiorno” Shikamaru si sedette sulla panca di fronte a lei, tenendo in mano il pranzo appena comprato. Temari si limitò a far scivolare il pezzetto di carne dalle bacchette, stupita. “Oggi sei mattiniero” lo prese in giro fintamente seria. “Come mai da queste parti?” “Mh, avevo voglia di mangiare qualcosa di diverso” commentò atono, alzando le spalle. “Casualmente proprio nella mia locanda preferita…” ironizzò lei. “Già…” si limitò a dire, aprendo la carta e scrutando l’interno della confezione. Lei lo ignorò, riprendendo a mangiare, tanto in fondo lo sapeva che sarebbe successo… “Hai sentito che buoni questi funghi?” chiese lui, indicando il suo piatto. “Sì, chissà che qualità sono…” conversò lei. “Possiamo chiederlo al proprietario” propose Shikamaru, indicando l’uomo dietro al bancone. “Forse al mercato li troviamo.” “A saperli cucinare…” “Mia madre lo sa fare” evidenziò lui. “Ah…” E il discorso cadde, mentre i due riprendevano a mangiare. “Oggi fa caldo, eh?” disse Shikamaru. “Sì” confermò. “La giornata ideale per riposare sotto un albero…” “Mh.” Mangiarono in silenzio qualche altro boccone, fino a quando Temari non proruppe in un: “dimmi questo terzo motivo e vattene a casa.” Shikamaru sorrise vittorioso, posando le bacchette sul tavolo e sistemandosi meglio sulla sedia. “Curiosa?” “Seccata.” “Ma guarda il caso, lo sai che anche io di solito-” “Shikamaru! Non è il momento di giocare” lo riprese. Il ragazzo si fece serio improvvisamente, inspirando. “Non posso lasciare Konoha.” “Se è ancora per la storia del clima…” “Temari, fosse per me ti seguirei a Suna anche ora, così la facciamo finita con questa sceneggiata.” “Ah, certo…” s’imbronciò, incrociando le braccia. “Però non puoi.” “No” confermò, guardandola con un sorriso. “Ho una promessa da mantenere, lo devo al mio sensei.” Temari lo guardò per un attimo, poi chiuse gli occhi ed espirò. “Lo so.” “Mi dispiace” disse a mo’ di scusa. “Immagino tu non possa chiedere a Kurenai e alla bambina di trasferirsi a Suna con te, vero?” provò. “Sarebbe un po’ complicato” ci pensò su. “Non posso portarle via dal ricordo di Asuma.” La ragazza sorrise amaramente. “Giusto… E non puoi lasciarle.” “No. Ma non voglio lasciare nemmeno te” le disse seriamente. “La tua risposta, quindi?” Temari sospirò. “E’ ancora no.” Lui ridacchiò, nascondendo la delusione, e si alzò dalla panca, pronto per andarsene. “Per ora” precisò poi lei, fermandolo. 189 Shikamaru sorrise, lasciando i soldi del pranzo per entrambi sul tavolo. “A domani, Tem” la salutò, avviandosi verso l’uscita. “A domani” sussurrò lei, contenta. * “E così alla fine ho completato la missione nella metà del tempo previsto!” Temari sgranò gli occhi dopo il discorso del fratello. “Non ci credo!” “E’ vero!” Kankuro si batté una mano sul petto, borioso. “E dovevi vedere la principessa come era entusiasta dei miei servigi! Sono sicuro che richiamerà me come scorta la prossima volta che dovrà spostarsi dal suo Villaggio…” ammiccò. “Ah… a questo non credo nemmeno se lo vedo” scherzò lei, ferendo l’orgoglio del ragazzo di fronte a lei. “Come no?” “No.” Kankuro però sorrise. “E non vuoi sapere che è successo dopo?” chiese, mentre lei annuiva. “Allora prima finisci di mangiare il riso” ordinò pacato, indicando la scodella che lei teneva tra le mani. “Non sono una bambina!” sbuffò lei. “E non sono nemmeno malata!” “Lo so. Ma se non lo mangi me lo dovrò finire io, e se ingrasso nessuna principessa mi vorrà più come guardia del corpo…” chiarì fintamente triste. Temari ridacchiò piano. “Ti salvo io” propose, portando le bacchette alla bocca. “Tu va’ avanti.” Kankuro si prese un momento per guardarla mangiare, sorridendo. Poi ritrovò la sua euforia. “Beh, sappi soltanto che Gaara si è congratulato con me di fronte a tutto il consiglio riunito!” “Cosa?!” e rischiò di strozzarsi, stupita. “Te lo giuro! Dovevi vedere le facce di quei vecchiacci!” rise forte. “Non so che avrei dato per esserci!” ammise sincera, ridacchiando. “Tu finisci quel piatto, e magari la prossima volta ci sarai pure tu” si accordò, indicando il vassoio di carne accanto a loro. “E non rompere…” “Ehi! È così che ti rivolgi al tuo fratello venerato dal consiglio dei vecchi?” scherzò. Temari rise. “E amato dalle principessine, non lo dimentichiamo.” “E come potrei farlo?” evidenziò. Temari sospirò, rimanendo con il sorriso sulle labbra. “Gaara… Da quanto è che non lo vedo? Da ieri?” chiese pensierosa. Lui la guardò serio, soppesando le parole. “Da ieri, sì. È molto occupato, lo sai.” “Mi sembra così tanto…” E Kankuro decise che era il momento di cambiare discorso. “E non ti ho ancora detto dei miglioramenti dei miei allievi all’Accademia!” “Davvero?” “Se continuano così saranno Chuunin entro l’anno! Ma in fondo, con un maestro bravo come me…” si vantò. Lei sorrise appena. “Mi piacerebbe vedere i tuoi progressi sul campo.” “Stavolta ti batterei subito, Tem!” “Questo lo dici tu! Non mi batterai mai, scordatelo” precisò. “Vogliamo scommettere?” Temari lo guardò seriamente, con un sorriso amaro. “Mi mancheranno i nostri scontri.” “No!” sbottò lui. “Non ci provare nemmeno, mi avevi promesso che non saresti entrata nel 190 discorso.” “Ti ho promesso che avrei cenato davanti a te, mentre tu mi raccontavi le ultime novità” precisò. “Beh, continua a mangiare, non hai finito.” “Ma sei così geloso?” ridacchiò lei. “Non è una questione di gelosia” si difese. “Temari, se non ne parli, domani ti porto anche Gaara, va bene?” propose. “Domani non posso, lo sai. Sarò impegnata” chiarì, guardando il cielo scuro di Suna oltre la grande finestra. Kankuro sbuffò. “D’accordo… Allora perché non mi dici come stai oggi? Io in cambio ti porto un bel gelato dopo, che ne dici?” propose. “Al cioccolato?” “Sì.” “Io sto bene, contento? Vai a prendermi quel gelato, ora” ordinò. “Ma come vuoi che stia? Sono un po’ nervosa perché domani accetterò di sposarlo, ma-” “No. Avevamo detto niente argomento spinoso” la bloccò lui. Temari sbuffò, un po’ infastidita da tutta quella gelosia fraterna. “D’accordo. Ora che ho finito la cena mi lasci dormire? Se avrò le occhiaie dubito che mi vorrà ancora” ridacchiò. Kankuro si alzò dal letto, notando con piacere che la ciotola di riso era vuota. Stanotte resterai sveglia fino a tardi e poi crollerai verso l’alba, sognando il tuo bel matrimonio. Come ogni sera. Recuperò il vassoio della cena, per poi salutare la sorella, che si stava sedendo sul balcone a guardare il cielo. “Ehi, Tem?” la chiamò, ormai sulla porta. Lei lo guardò incuriosita, facendogli cenno di continuare. “Se torno qui anche domani, mi prometti che andrà tutto bene?” Temari annuì. “Sì.” Andrà tutto bene. “A domani, allora.” E lei sorrise. “Buonanotte.” * Temari uscì dal palazzo dell’Hokage dirigendosi a passo svelto e deciso verso il suo albergo. Il lavoro era terminato, la giornata svolgeva al suo termine, e quel leggero venticello fresco sembrava darle maggior vigore. Konoha era un bel Villaggio al tramonto, mai quanto le distese arancioni delle dune di Suna, ovvio!, ma anche la Foglia aveva il suo fascino, con tutti quei colori vivaci e le costruzioni imponenti. Svoltò a un angolo, e si trovò di fronte Shikamaru con le braccia incrociate e la schiena poggiata al muro. Lei si irrigidì e camminò oltre, ignorandolo. “Ti aspetto da almeno mezz’ora …” la richiamò lui. Temari si fermò, senza voltarsi. “Nessuno te l’ha chiesto.” Il ragazzo sbuffò, scostandosi dalla parete e muovendo qualche passo verso di lei. “Hai avuto problemi con la burocrazia?” “Non sono affari tuoi” troncò il discorso, stringendo i pugni. Ma Shikamaru non desistette. “Temari, è da ieri che mi eviti…” “E chissà perché, eh?” ironizzò, voltandosi a guardarlo. “Nel caso stessi dormendo in quel momento, noi due abbiamo litigato.” Lui alzò gli occhi al cielo mentre infilava le mani nelle tasche. “Lo so.” “E allora che vuoi?” chiese brusca. “Farti sapere il secondo motivo.” 191 Temari si calmò per un istante, stupita. Poi incrociò le braccia sul petto e piantò lo sguardo a terra, imbronciata. “D’accordo, sentiamo…” Shikamaru sorrise, avvicinandosi a lei. “Stai bene, vero?” “In che senso?” si mise sulla difensiva. “Qui a Konoha. Tu ci stai bene, è inutile che lo neghi” precisò con un sorrisetto di sfida. “A Suna si sta molto meglio” commentò lei sicura di sé, non volendo dargli ragione. “Ma questo clima ti piace di più” evidenziò, mentre si alzò un’altra folata di vento che li avvolse dolcemente. Temari si lasciò accarezzare per un attimo dalla brezza, prima di rispondergli. “Questo clima è soltanto diverso. E almeno io so adattarmi ovunque, tu non sopravvivresti un solo giorno a Suna.” Shikamaru ghignò soddisfatto. “Esatto. Non sono in grado di abituarmi al clima del tuo Villaggio, quindi è più logico che tu ti trasferisca qui, o no?” La ragazza perse per un attimo la concentrazione, sgranando gli occhi per il tranello in cui era caduta, ma si ricompose subito, guardandolo con aria di sfida. “No” ribatté soltanto, prima di allontanarsi minacciosa da lui a grandi passi. Shikamaru la guardò andare via, sapendo di aver fatto centro. Sorrise. Domani avrebbe continuato con il suo piano. * “Avanti” disse, sentendo bussare sul legno. Temari spostò lo sguardo dal cielo rossastro di Suna alla porta della sua camera, notandovi la figura del fratello. “Kankuro, come mai qui?” Il ragazzo richiuse l’uscio alle sue spalle, piano, e si spostò accanto a lei sul balcone, fin troppo lentamente. “Non posso venire a trovare mia sorella?” “Oggi non ci siamo visti, è vero” ci pensò su lei. “Come stai?” E lui non disse nulla. “Tu piuttosto” si limitò a chiedere. Ma il sorriso raggiante di Temari stavolta si specchiò in quello amaro del fratello. “Domanda stupida, eh?” “Sì” ridacchiò lei. Ed entrambi rimasero a fissare il tramonto, e quei colori sempre più scuri scendere su Suna. “Ti sei allenato oggi?” domandò curiosa. Lui rimase a fissare il Villaggio davanti a sé. “No.” “No?!” Temari alzò la voce, stupita. “Che vuol dire?” “Che non ne avevo voglia.” La ragazza lo guardò pensierosa, chiedendosi forse quanto a lungo insistere per comprendere la stranezza del fratello. “Tem, non c’è niente di strano, domani sarà tutto come sempre.” Purtroppo. “D’accordo…” commentò. “Non ci sarà una ragazza in mezzo, vero?” s’informò curiosa. E Kankuro rise di cuore. “Non nel senso che intendi tu.” “Ah…” Temari si fece pensierosa, tornando poi a guardare il cielo con un sorriso. “Io ho quasi fame. Ceniamo insieme?” propose allegra. “No… Non mi va molto, stasera” ammise piano. “Cosa?” si stupì lei. “Sicuro che non sia un problema di cuore, eh? Perché in tal caso verrai con me a Konoha, e lì troverai qualche ragazza degna di te” dichiarò sicura. Lui sorrise appena. “Temari, parlami un po’ di lui.” “Davvero?” chiese stupita. “Non credevo ti piacesse più di tanto…” “Non mi piace, ma voglio che me ne parli. Cosa ti attrae in lui, perché funziona così bene 192 tra voi, come ti ha chiesto di sposarlo…” chiarì. E lei sorrise apertamente. “Ah, per quello abbiamo litigato una settimana! Lo sapevo che non era tipo da proposta con tanto di anello e fiori, e lui sapeva che non sono tipo da accettare tanto facilmente una cosa del genere.” “Lo hai fatto patire?” “Veramente non gli ho mai detto sì” ci pensò. “E se domani non verrà perché si è stancato di aspettarmi e si è trovato un’altra?” chiese insicura. “Dove pensi che possa esistere un’altra in grado di sopportarlo? E poi è passato solo un mese!” Solo un mese… “Vedrai che domani ci sarà.” “Lui c’è sempre” sorrise. “Temari, non credo che stanotte riuscirai a dormire, perché non mi racconti tutto?” propose, sistemandole una ciocca dietro l’orecchio. “Quanta gentilezza stasera… Secondo me c’è qualcuna” continuò, maliziosa. Kankuro sbuffò, prima di prenderla per mano e rientrare nella stanza. Temari si sdraiò sul suo letto, invitando il fratello a fare altrettanto. “Che vuoi sapere? Le cose più piccanti non te le dico” precisò ghignando. “Sono io a non volerle sapere!” evidenziò lui arrossendo. “D’accordo…” E poi si persero in racconti e discussioni fino a notte fonda, ripensando a come Temari e Shikamaru si fossero conosciuti, a come facilmente si fossero innamorati e a come avessero rinchiuso quei sentimenti dentro di loro per anni, prima di trovare il coraggio di viverli. Parlarono di quanto fosse bella Konoha in primavera, con tutti quei colori, e di come affascinasse anche in inverno, con i toni di grigio. Risero di quanto quei quattro motivi fossero assurdi, ma a modo loro romantici. E litigarono sul modello di abito che Temari avrebbe indossato per il suo matrimonio, per finire a sognare quello di Kankuro con qualche bella principessa lontana. E non ricordarono di aver mai passato tanto tempo insieme in modo così spensierato. Fino a che Temari non si addormentò, con un sorriso sulle labbra, e Kankuro si limitò a coprirla con il lenzuolo e ad osservarla ancora per un po’, in pace. Le passò una mano sui capelli, in un’impacciata carezza, e le sussurrò la buonanotte, prima di alzarsi e uscire dalla camera. Sarebbe andato tutto bene, si disse. Peccato che il domani non volesse più arrivare. * La finestra aperta lasciava entrare i raggi del sole del pomeriggio che si andavano a riflettere ai piedi del letto, l’aria era calma e non c’era il minimo rumore udibile dalla strada, un paio di piani sotto. Temari si rigirò tra le lenzuola, lasciando che una gamba fuoriuscisse da quell’involucro, per raffreddare un po’ la pelle; si ritrovò quindi a fissare il soffitto per poi dedicarsi alla figura accanto a lei. “Che c’è?” chiese curiosa e incerta, notando che Shikamaru la stava fissando. “Niente” sospirò lui, rivolto con il viso nel cuscino. Fuori si stava alzando un venticello che faceva frusciare le fronde di un albero. “E allora non mi guardare così.” “Come ti starei guardando?” domandò assonnato. Temari arrossì un po’, tornando a fissare il soffitto. “Non eri stanco?” “Sì.” 193 “Beh, dormi allora.” L’aria era così tiepida a Konoha, sarebbe stato bello se davvero tutto si fosse fermato in quel momento, nel silenzio statico del primo pomeriggio. “Stavo pensando…” cominciò Shikamaru, allungando una mano fino a tirarle piano una ciocca di capelli, spostando l’attenzione di lei su di sé. “Forse se ci vedessimo tutti i giorni io mi stancherei di meno, e tu smetteresti di lamentarti… almeno su questo” aggiunse, mentre le sfiorava la guancia con le dita, in una delicata carezza. Temari sorrise. “E questa cosa sarebbe? Una pigra proposta di convivenza?” lo prese in giro. “Di matrimonio. E preferisco pensarla come originale” spiegò calmo, mentre lei gli baciava debolmente la mano. Temari sorrise ancora di più. “Dovrai ingegnarti meglio, se vuoi sentire un sì dalle mie labbra.” Shikamaru espirò, ma in fondo la sua risposta non era niente che non avesse già calcolato. Si avvicinò a lei, stringendola con un braccio. “Non credo tu abbia molta scelta.” “No?! Spiegami perché dovrei accettare” sussurrò, contenta della sua vicinanza. “Per quattro motivi.” “Quattro?” ridacchiò lei. “Sentiamo…" “Primo, perché i nostri figli saranno belli e intelligenti” spiegò, baciandole una tempia. “Non stai correndo un po’ troppo? Non ho ancora accettato la tua mano” lo prese in giro. “Saranno forti e coraggiosi…” continuò, scendendo a sfiorarle la guancia. “Se prenderanno da me” appuntò lei, spostando la testa da un lato e permettendogli la più totale libertà mentre passava a baciarle la pelle sensibile del collo. “… E saranno ottimi candidati per diventare Hokage. O Kazekage” aggiunse, dopo il pizzico che ricevette sul braccio. “Già li vedo con la veste azzurra da Kage” ammise lei, perdendosi in quel piccolo sogno. “Rossa casomai, dato che cresceranno qui a Konoha” le fece notare. E Temari si irrigidì di colpo, spostandolo per guardarlo negli occhi. “E questo chi lo dice?” Lui la guardò spaesato, e aggiunse con tono sicuro: “E’ la scelta più logica.” “Ma io potrei voler vivere nel mio Villaggio, non ci hai pensato?” “Temari, Suna è un deserto, mi sembra più normale costruirci una vita qui, dove l’aria è almeno respirabile” cercò di farla ragione. “Che stai dicendo? Sei tu che non ti sai abituare, io al mio Villaggio mi trovo benissimo, è qui che sto male” alzò la voce, portandosi a sedere e tenendo le lenzuola sul suo corpo. “Non mi sembra che poi te ne lamenti più di tanto” sussurrò, riavvicinandosi al suo viso. Ma lei lo fermò, seria. “Shikamaru, non sto scherzando.” E lo gelò con i suoi occhi profondi. Lui espirò, sedendosi di fronte a lei. “Non posso muovermi da Konoha, mentre tu sei libera. Che ti costa?” spiegò. “Inoltre qui il clima è vivibile, e i nostri figli sapranno che colore sia il verde” scherzò, accarezzandole una mano. Che lei ritirò subito. “E’ così quindi?! Poi sono io quella egoista!” s’infuriò, spingendolo lontano con un braccio, mentre cercava di alzarsi dal letto. “Bene!” “Temari, ma che-” “Non ho intenzione di crescere i miei figli senza che conoscano il mio Villaggio” ammise, alzandosi in piedi e tentando di vestirsi, ma i nervi saltati non aiutavano. “Non ho mai detto questo, solo che-” “Lo so benissimo cosa hai detto. Anzi, te la dico io una cosa: trovati un’altra!” s’infuriò. “E dai, smettila…” sbuffò esasperato, poggiando le spalle sui cuscini. “La smetto subito, certo. Figurati, non avrai più a che fare con me. Non ci sarà nessun matrimonio!” gridò, infilandosi la camicia da notte. “E nessun bambino. Niente di niente!” puntualizzò infine, sbattendo poi la porta del bagno dietro di sé. 194 Shikamaru sospirò infastidito, scalciando le lenzuola dal suo corpo. Iniziò a rivestirsi in silenzio, passandosi più volte le mani tra i capelli, in un gesto seccato. C’era sempre qualche piccola cosa che mandava tutto all’aria, mai una volta che qualcosa andasse nel verso giusto. Assurdo come fosse impossibile avere un po’ di pace nella sua vita, da quando stava con lei. E sapeva che Temari avrebbe accettato la sua proposta, un giorno, come sapeva che sarebbero vissuti a Konoha. Ma lei doveva sempre dire di no, come prima risposta, e complicare tutto. A volte pensava che prima o poi sarebbe successo qualcosa che le avrebbe fatto capire quali fossero le cose importanti della vita. Lui l’avrebbe amata sempre, e lei lo sapeva, ora doveva solo aspettare che Temari si calmasse e ponesse fine a quello stupido litigio. Doveva solo attendere un po’ di tempo. Tempo… quello che i ninja proprio non avevano. * “A domani, Temari” la salutò, uscendo dalla stanza. Si sentì un leggero “buonanotte”, prima che Kankuro si chiudesse la porta alle spalle e sospirasse appoggiando le spalle ad essa, come ogni sera. Anche per quel giorno era finita. “Come sta?” Kankuro si voltò di scatto, sorpreso da quella presenza discreta nel corridoio alla sua sinistra. “Come sempre” lo informò. “Temari, la smetti?” “Di fare cosa?” “Di sorridere in quel modo!” sbottò Kankuro. La sorella lo guardò freddamente e in tono minaccioso aggiunse. “Che c’è che non va nel mio sorriso?” “Mi dà fastidio.” Temari lo aggredì. “Ah, è così?! Gaara, hai sentito?” “Sto lavorando” chiarì il fratello, non perdendo tempo nemmeno ad alzare gli occhi dai fogli che stava leggendo, comodamente seduto alla sua scrivania. La ragazza accavallò le gambe, affondando meglio la schiena nel divano. “E comunque non stavo sorridendo.” “No infatti, è solo da stamattina che hai quell’espressione stupida stampata in faccia” Kankuro la prese in giro. “Non è vero!” “Sì! E solo perché domani arriva quell’idiota…” precisò borbottando. “Quell’idiota sarà presto un tuo parente.” “Non lo farai!” “Sì che lo farò!” “Scordatelo!” “Kankuro, non rompere!” “Cosa?! Gaara!” si lamentò, guardando speranzoso il fratello, in cerca di appoggio. “Sto lavorando…” Gaara rimase immobile con le spalle contro la parete, osservando silenziosamente il 195 fratello. “Ha mangiato oggi?” “Perché non glielo chiedi di persona? Potresti anche vederla ogni tanto!” lo aggredì. “Tu vai a trovarla ogni giorno.” “Adesso è colpa mia?!” “Il medico ha detto di non affaticarla troppo” spiegò. Kankuro sbottò: “e io continuo a dire che uno shock forte potrebbe solo farla stare meglio!” “Kankuro, non possiamo rischiare.” “Tu non vuoi rischiare. Tu te ne stai tutto il giorno chiuso nel tuo ufficio a pensare al Villaggio, dimenticando di avere una sorella che ha bisogno anche di te!” “Se vuole sposarlo non possiamo impedirglielo.” “Cosa?” Kankuro si ribellò, mentre Temari sorrideva vittoriosa. “Sei solo geloso” lo rimbeccò la sorella. “Non è vero!” “Non cambierà niente, te lo assicuro” provò poi, in tono più dolce e sincero. Kankuro sbuffò. “Intanto non sarai più qui…” borbottò. “Puoi venirmi a trovare quando vuoi.” “Non sarà la stessa cosa. Tem, non sarà mai più la stessa cosa! Perché non vi trasferite a Suna? Si sta bene” provò. Temari alzò gli occhi al cielo. “Lascia perdere… Ho ben quattro stupidi motivi per vivere a Konoha.” “Kankuro, lasciala in pace” lo rimproverò mite Gaara. “Certo, tanto a te non importa!” lo aggredì. “Smettila!” lo sgridò lei, notando l’occhiata furiosa del minore. “Siamo una famiglia, non puoi andartene ora! E non per uno stupido matrimonio inutile! ” si ostinò. “Ti stai comportando come un bambino, Kankuro” si alterò, passandosi le mani tra i capelli, esausta. “Non mi importa come, ma farò di tutto per tenerti qui!” Gaara si scostò leggermente dal muro, assottigliando gli occhi. “Se il consiglio sapesse le sue condizioni non si farebbe scrupoli a prendere provvedimenti, e allora non potresti più vederla nemmeno tu. La difendo ogni giorno, da un mese” sibilò. “Non osare dirmi che non penso a lei.” “Le sue condizioni? Non riesci nemmeno a dirlo, Gaara?” La porta risuonò per due volte sotto un battito deciso e forte. La guardia s’intromise veloce nello studio del Kazekage, trafelata. I tre fratelli la guardarono tra un misto di curiosità e preoccupazione… Non aveva atteso il permesso di Gaara per entrare. Gaara indurì lo sguardo, stringendo impercettibilmente i pugni. “Ha solo bisogno di tempo.” 196 “Kazekage-sama, ho bisogno di parlarle in privato.” Gaara lo guardò serio, indurendo i lineamenti. Pessimo presentimento. “Non c’è niente che i miei fratelli non possano sapere.” “Ma…” “Parla.” “Tempo?!” ironizzò Kankuro, sorridendo amaramente. “Ne ha fin troppo.” I giorni non passavano, Temari aveva cristallizzato i suoi sentimenti di attesa nell’attimo in cui li aveva persi del tutto. Il domani non sarebbe sorto mai più. “Sono appena arrivate notizie da Konoha.” “Non c’è niente che non vada in lei” chiarì freddo Gaara, voltando le spalle al fratello ed incamminandosi lungo il corridoio. “Il fronte a nord della Terra del Fuoco è stato attaccato. Era del tutto inaspettato.” Kankuro lo guardò tristemente andare via e percorrere lentamente quei passi che lo separavano dalla realtà, e notò come la sua schiena fosse appena incurvata, appesantita. Come forse anche la sua… “Non puoi negarlo, Gaara. Lo so bene, è tutto inutile” gli fece sapere. “Come è inutile arrabbiarsi, patteggiare o deprimersi. Puoi solo accettarlo.” “Ci sono state delle perdite, abbiamo la lista dei nominativi.” Ma l’altro continuò a camminare, ad allontanarsi, mentre Temari rimaneva chiusa nella sua stanza, nell’immobilità del suo tempo. Kankuro sentì qualcosa incrinarsi dentro di lui, ritrovandosi a metà tra i due fratelli e non sapendo chi seguire. Appoggiò le spalle contro la porta della camera della sorella, urtando il legno con la testa. “Nara Shikamaru è morto da eroe, salvando la sua squadra.” E quel qualcosa si ruppe quando capì che era la sua famiglia che stava andando in pezzi. E Temari si accasciò a terra. Perse la forza di parlare, di muoversi, o anche solo di respirare. Sentì a malapena le urla di Kankuro che le ordinavano di alzarsi, e percepì il tocco di Gaara che la sollevava. Rivolse un’ultima occhiata alla finestra, il sole stava tramontando lento. Domani gli avrebbe detto il suo orgoglioso sì. E poi non vide più nulla. “Peggio di così non può andare, Gaara” sussurrò appena. 197 *** Temari amava davvero il suo Villaggio. Suna era sempre stata considerata da tutti un luogo inospitale, nascosto nel bel mezzo del deserto, dove la gente era schiva e prevenuta, non abituata agli stranieri, e le urla dei bambini che giocavano nelle piazze, i colori troppo accesi del mercato, l’aria afosa, il sole troppo caldo, erano fattori che giocavano a suo svantaggio. Ma Suna aveva fascino. E una volta entrati oltre le mura si rimaneva abbagliati da quanto quel piccolo Villaggio fosse attaccato alla vita. Temari ogni sera si sedeva sul balcone della sua camera, poggiava le braccia sopra la balaustra, e fissava il sole tramontare oltre le dune. Le dava pace e serenità vedere la normalità con cui il giorno terminava, per poi rinascere poche ore dopo. Era in qualche modo rilassante sapere che quel ciclo non l’avrebbe abbandonata mai, e sarebbe continuato incurante di qualsiasi cosa fosse accaduta nel mondo. I bambini nascevano, i vecchi morivano, le ragazze amavano incondizionatamente e gli uomini costruivano una società sempre migliore. Ogni giorno. Uno dei suoi fratelli non si arrendeva nemmeno davanti l’evidenza, mentre l’altro, quello considerato un mostro di spaventevole forza, non aveva il coraggio nemmeno di guardarla. E lei semplicemente non aveva voglia di continuare. Ogni giorno. Pensò che fosse stupido lasciarsi morire per amore, e fu certa che fosse ancora più stupido morire per salvare qualcun altro. Però lui lo aveva fatto. E allora forse questo cambiava tutto quanto. Adesso voleva che uno dei suoi fratelli accettasse la realtà, e voleva che l’altro dimenticasse di aver avuto una sorella. Per non farli soffrire più. Guardò il sole sparire dietro le mura rocciose del Villaggio, l’orizzonte era una sottile lama arancione. Sentì il vento fresco della sera accarezzarle i capelli, e si sporse per lasciarsi sfiorare ancora. Notò le strade impolverate sotto di lei, e qualche timida ombra che vibrava appena per l’afa. Il mondo sarebbe andato avanti lo stesso, a qualunque costo. E sorrise. 198 Today was gonna be the day But they'll never throw it back to you By now you should've somehow Realized what you're not to do 199 michiyo1age Il compito di una kunoichi La fic pubblicata a capitoli, è stata presentata su EFP per il primo compleanno del forum “Happy Birthday Black Parade”. La storia non segue la trama normale del manga per quanto personaggi, ambientazioni e strutture politiche e sociali siano identiche. Konoha e Suna sono in continua lotta tra loro, uno scontro che le sta logorando entrambe sia dal punto di vista umano che quello economico. Temari della Sabbia, figlia del Quarto Kazekage, viene inviata in una missione sotto copertura nel villaggio nemico. Il racconto si articola tra scontri meccanici, riflessioni etiche e razionali, ma l'accento è posto nell'inspiegabile attrazione sensuale trai protagonisti e i suoi sviluppi. Le avevano assegnato quella missione da ormai un mese, ma per Temari, Capitano della Sabbia, era stato difficile rendersi più femminile. La femminilità, diciamo, è qualcosa che le donne hanno a prescindere, ma possiamo anche affermare che, molto spesso, alcuni esemplari la perdono a causa della loro educazione o del loro carattere. Non si può pensare che una ragazzina che vive con i suoi due fratelli, che fin da piccola è stata allenata ad uccidere e a sopportare la fatica, si preoccupi per sopracciglia, taglio di capelli, cicatrici, unghie, insomma per l'aspetto fisico. Ed essere una bella donna, un'avvenente ospite, era il ruolo chiave della sua missione. Normalmente avrebbero mandato le kunoichi più esperte in questo settore, non di certe delle bestie da macello come lei, ma era troppo importante che la missione riuscisse. Temari si era sempre distinta per le sue ottime capacità in battaglia , insomma era la persona giusta. Caratterialmente. Aveva dovuto passare le scorse settimane a, letteralmente, cancellare ogni prova del suo passato e far diventare la sua pelle liscia e morbida con unguenti e creme di vario genere che la facevano assomigliare a una campo di fiori. Non solo, una signora aveva passato un intero pomeriggio a toglierle ogni pelo superfluo che avesse sul viso e la giornata successiva sull'intero corpo. Non pensava neanche che in certi posti servisse davvero. Aveva dovuto abituare il viso ai cosmetici e le mani avevano sopportato giorni nel ghiaccio per diventare più morbide. I piedi erano stati privati da abrasioni, calli o vesciche, mentre imprecava ogni secondo per tutte quelle cose assurde che doveva fare. Un altro affronto al suo gargantuesco orgoglio le era stato fatto quando le avevano detto che avrebbe dovuto prendere lezioni per conversare! Come se fosse una mocciosa a cui la mamma dovesse ancora pulire il c... Ecco appunto, Temari non sfoggiava il miglior vocabolario possibile, né le maniere ed espressioni più affascinanti. E la sua missione era catturare un uomo. Da molti anni ormai, il Villaggio della Sabbia era in lotta con quello della Foglia. Questioni territoriali e vecchi rancori costringevano i due villaggi a combattersi in una guerra perpetua che si fermava per brevi instabili momenti di pace. Il padre di Temari, il Quarto Kazekage l'aveva scelta come unico membro della missione per rapire il giovane, ma abile stratega del villaggio nemico. Purtroppo non avevano potuto permettersi molti uomini e in più la missione era decisamente rischiosa. I ninja ottengono i loro migliori risultati in segretezza, senza kunai o spade, ma con l'ombra e l'oscurità. Le kunoichi molto spesso erano usate per adescare i loro obiettivi e una volta soddisfatta la loro libidine, gli sgozzavano nel sonno. 200 C'erano squadre apposta atte a compiti come questi, maestre nell'arte della seduzione, ma purtroppo non abbastanza forti per trasportare uno shinobi vivo fuori dalle mura del suo villaggio dove si sarebbe tenuta pronta una squadra che l'avrebbe portato a Suna. Ed era stato così che era venuto fuori il suo nome. Lei avrebbe dovuto interpretare Kochiyo Ken, una nipote del loro infiltrato, ai festeggiamenti per il matrimonio dell'eroe della Foglia, Naruto Uzumaki. Essendo Shikamaru Nara,l'obiettivo, grande amico del festeggiato, avrebbe partecipato alla cerimonia dove Temari avrebbe dovuto incontrarlo e sedurlo. Sotto il pesante kimono indossava la più bella biancheria intima ricamata che avesse mai visto e nella piccola borsetta qualche strano strumento se l'obiettivo si fosse mostrato propenso a dei giochi pervertiti. In quel momento strinse con rabbia proprio quella borsetta. Lei aveva fatto tutti quei sacrifici per quello? Le si parò di fronte un uomo, ragazzo insomma, piuttosto alto con i capelli raccolti in una strana coda che sfidava la legge di gravità. La sua espressione era talmente da ebete che Temari non dubitò di metterlo nel sacco in breve tempo. Forse erano quei suoi occhi da cane addormentato, carichi di occhiaie e con una luce poco intelligente o la propensione della sua bocca a rimanere imbronciata, corrucciata quasi fosse un peso esistere. Si chiedeva se mai qualcosa l'avesse eccitato nella sua vita. Questo era il grande genio che doveva affrontare? Beh, che spreco di tempo. Il signor Ken, l'infiltrato, li aveva presentati e lui (che sorpresa) non si era neanche degnato di rispondere. Un affronto alla decenza! Aveva sopportato pinzette, c'era calda sul linguine per quel coso?! Oh quanto sperava di essere la responsabile della sua tortura. Scosse la testa contrariata, non era il momento di pensare a quello. Andò a fare gli auguri alla sposa, una donnina fragile dai capelli lunghi, che le parve molto cortese. Lo sposo per quanto aveva visto, era un idiota, ma suo fratello Gaara, che l'aveva incontrato in battaglia numerose volte, ne aveva il pieno rispetto. -Di solito si mette negli angoli per starsene tranquillo- le sussurrò il signor Ken, guardando nella direzione dell'obiettivo che stava parlando con un amico molto grosso, dall'aria gioviale. Aspettò che se ne andasse, per avvicinarsi con fare casuale. Secondo le lezioni, avrebbe dovuto essere spontanea e naturale, ma nessuno si sarebbe sentita in quel modo con il kimono da cerimonia. Insomma lo sapevano tutti che per essere a proprio agio bisogna avere il meno possibile addosso. Pensava che fosse una verità universalmente riconosciuta. -Posso sedermi?- chiese con voce più acuta del normale. Quel cane si limitò a grugnire. Lei, non sapendo cosa prescrivesse il bon-ton, nel caso in cui il tuo interlocutore sia un completo idiota, si sistemò accanto a lui. -Sei qui per lo sposo o per la sposa?- riprovò sempre con fare lezioso. Stava guardando dall'altra parte, non dandole neanche un minimo sguardo. Peccato che non le avessero insegnato come controllare la rabbia. Fu servito da mangiare e Temari, infischiandosene e delle buone maniere e della missione, cominciò a mangiare per gusto e per malumore. “Dovrai mangiare come un uccellino” le avevano detto “Non nella maniera canina a cui sei abituata. Devi fare piccoli sorsi quando bevi e piccoli bocconi quando ti servi.” 201 Fu questo che attirò l'attenzione di Shikamaru. Non aveva immaginato che una damina così compita avesse un tale appetito. E si godeva tutto quello che le passava davanti, senza ipocrisia. -Da dove vieni?- le chiese a bruciapelo. Aveva notato tratti differenti rispetto a quelli delle sue parti. Aveva la pelle più scura e gli occhi più stretti, nonostante la cipria e l'ombretto. -Non si usa prima presentarsi?- ribatté la bionda prendendo un gamberetto. Il tono brusco di certo non l'avrebbe fatta entrare nelle sue grazie e quando già lui stava roteando gli occhi in segno di noia, aggiunse: -Io sono Kochiyo Ken e vengo dal Paese dei Fiumi-Ken, Ken...ho già sentito questo nome- mormorò sovrappensiero. -Ah si! Il signor Ken!- esclamò ad un tratto. -E' mio zio- rispose Temari tornando al suo tono mieloso. Shikamaru non l'aveva sentita, aveva passato in rassegna le varie persone della sala fino a trovare il signor Ken, che si inchinò brevemente quando incrociarono gli sguardi. Questo Shikamaru doveva essere una persona davvero importante vista le deferenza del gesto. -Non mi hai ancora detto il tuo nome- disse posando le bacchette. Avrebbe dovuto abbandonare il banchetto per entrare nelle grazie del vicino, che non sembrava minimamente interessato al cibo, Lui non si perdeva niente. Lei, molto, pensò con rammarico. -Shikamaru Nara del Clan Nara- rispose controvoglia. -Appartieni ad un Clan? Nel mio villaggio non ci sono-Si, ma non uno di quelli importanti come gli Hyuuga o gli Uchiha. Anche se tutti ti diranno il contrario. Siamo più tizi di supporto...Temari fu sbalordita dalla modestia, ma quale modestia? Stava gettando il suo clan nella più nera mediocrità. Eppure lei si era documentata. Suo padre era a capo della squadra Jonin e membro del consiglio della Foglia, la sua famiglia aveva prodotto una lunga serie di valenti shinobi che grazie alle tecniche tramandate da padre in figlio erano elementi fondamentali delle squadre di attacco e in più erano anche ricercatori e si occupavano della fabbricazione delle medicine. -Ma ho sentito tanto parlare di te!- lo interruppe. -Sono una pedina sacrificabile, solo che molti danno troppo importanza a ciò che faccio. È una terribile seccaturaAnche qui, Temari non riusciva a capire il suo comportamento. Era il cocco dell'Hokage, che lo teneva in grande stima, era stato convocato dal Daimyo del Paese del Fuoco che lo voleva nella sua guardia personale, eppure non aveva visto una sola briciola di superiorità nel suo sguardo. -Ma sarà un onore per te servire il tuo villaggio! Se le persone ti reputano un bravo ninja, tu dovresti lavorare per guadagnarti la loro stima- il falso tono femminile era sparito, Kochiyo era stata seppellita, ed era Temari e il suo tono implacabile a parlare. -No, è una seccatura. Sono loro che hanno fatto un errore di calcolo, mica io. Non capisco perché ne debba pagare le conseguenze-Perché non si sta parlando di te, ma della salvezza degli abitanti del villaggio che servirispose quasi disgustata, il motivo per cui era lì, dimenticato ormai da anni. -Io non sto pensando a me stesso-Non mi sembra proprio. Non muovere un dito e lasciare che altri paghino per quello che non tu non fai- 202 -Non credere che io non mi preoccupi del bene dei mie compagni- questa volta fu più duro, come se l'avesse ferito. -Ci penso costantemente, potrebbe essere proprio la mia inettitudine a causarne la morte-Inaspettatamente fragile- borbottò Temari voltandosi dall'altra parte. -Hai detto qualcosa?- le chiese Nara -Nulla- il sorriso della ragazza non poteva essere più finto. Non sapeva se essere delusa o colpita da questo shinobi. Il fatto era che non ne aveva mai conosciuto uno così. Di solito erano uomini forti dai pochi pensieri dai molti atti, sempre desiderosi di essere utili e nel mezzo dell'azione. Non serve che ci rimugini sopra si disse Devi solo andarci a letto. Però ora era arrivata ad un punto morto. In quale modo avrebbe potuto riprendere il discorso senza sembrare forzata? Il silenzio era calato tra di loro già da molti minuti e sarebbe sembrato strano riprendere con i modi da signorina che non era. -Certo che sei una seccaturaSi voltò sgranando gli occhi. -Prego?- alzò un sopracciglio, quasi come un segno di minaccia. -Una seccatura- ripeté quello impunemente. -Ed una brutta cosa per te?-Assolutamente-Allora sono contenta- e ghignò come sapeva fare solo lei. Shikamaru in quell'espressione ci trovò un non so che di irresistibile come l'esca per un pesce. -Non vorrei mai rientrare nella stima, di un tale crybaby- aggiunse. -Ed è una brutta cosa?-Assolutamente- rispose Temari facendogli una linguaccia. Shikamaru abboccò. Parlando in tutta sincerità, Shikamaru non sapeva proprio come ci fosse arrivato lì. Ok, fino ad un certo punto riusciva a ricostruire il percorso: era andato al matrimonio di Hinata e Naruto, aveva mangiato accanto ad una bionda un po' enigmatica, seccante, e poi gli avevano offerto una stanza dell'enorme villa dove passare la notte. Ma il suo percorso logico finiva qui. Infatti non si sarebbe mai riuscito a spiegare il fatto di avere la strana Disegnato da Clahp bionda tra le gambe, attaccata alle sue labbra e le sue stesse mani dappertutto sulla ragazza in questione. Non sapeva neanche spiegarsi quest'urgenza che provava nel volerla toccare e stringere e neanche l'irruenza di questi suoi sentimenti. Durante la serata l'aveva intrigato sempre più, fino a quando lei non 203 si era dimostrata sempre più affascinante, amicante. Aveva uno sguardo che incatenava. Ma lui non avrebbe fatto nulla, se lei non avesse dischiuso quelle morbide labbra sulle sue. Doveva essere in quel momento che quella strega aveva fatto il suo sortilegio e aveva risvegliato in lui desideri sconosciuti. Per Temari invece, tutto stava andando a meraviglia. In molte occasioni aveva disperato sulla riuscita della missione, ma non si sa come, il ragazzo aveva continuato a darle corda per tutta la sera e da lì, al baciarlo in un angolo buio, il passo era stato breve. Molto breve, ma anche piacevole. E visto che non le aveva fatto schifo si era gettata su di lui appena aveva raggiunto la sua camera. Non sapeva se l'atterraggio sul fuuton fosse stato duro, ma doveva comunque pagargliela e non solo con un ematoma sul sedere. Aveva subito slacciato le cinture e gli obi dei primi due strati del kimono, ora aveva solo quello di seta semitrasparente che così bianco e latteo contrastava stupendamente con la sua pelle ambrata. Fece per liberare l'ultimo obi, ma mordendosi il labbro si alzò, lasciando Shikamaru con una delle sue migliori espressioni da ebete e un'erezione più che visibile. Aveva camminato lentamente verso la caraffa e nel lavabo si era sciacquata tutte quelle inutili polveri che le ricoprivano il viso. Aveva capito che Shikamaru l'avrebbe apprezzata senza. Piccole goccioline le scendevano sul collo mentre si avvicinava da dietro alla sua preda. Cominciò a sfilargli lentamente i vestiti, passando le mani con decisione su ogni singolo muscolo, scoprendo ogni volta un nuovo brivido di piacere che le infiammava il bassoventre. E ora si trovava lì, davanti a questa schiena larga, ben formata. Si passò la lingua sulle labbra e cominciò a fargli i massaggi, come le avevano insegnato. Qualche volta alternava la lingua maliziosa. Shikamaru si lasciava sfuggire gemiti di piacere o si irrigidiva socchiudendo gli occhi quando lei strusciava il prosperoso seno contro la sua schiena. Ad un certo punto le bloccò la mano che gli stava massaggiando le spalle. La cecità era stata terribile, sotto i kimono non aveva visto nulla del suo seno, ma, aveva sentito abbastanza per voler approfondire la conoscenza con quelle due gemelle intriganti. Si girò verso di lei, tutto trepidante le sue aspettative non furono disattese. Ma chiaramente non era soddisfatto: c'erano ancora troppi ostacoli tra di loro. Agguantò la cintura e gliela slacciò con una sola mano, stava per liberala dal leggero kimono quando lei si fece avanti, baciandolo lentamente, facendolo nuovamente distendere e strusciando tutto il suo corpo contro quello del ragazzo. Lui la stringeva convulsamente, lei gli accarezzava il viso, mordendogli il labbro. Ad un certo punto, Shikamaru non ce la fece più. Ribaltò le posizioni e si trovò a cavalcioni di quella dannata bionda. Non vide la sua espressione per un attimo persa, era troppo concentrato a strapparle quella maledetta veste che gli aveva ormai dato sui nervi. Il reggiseno sembrava qualcosa di ancora più superfluo. Disperò per un momento realizzando che sarebbe stato faticoso farla rigirare per liberarla dai gancetti. Ma Temari con un sorrisino di superiorità gli disse: -Vediamo se ci arrivi genioLui la guardò inebetito, non capendo a cosa si stesse riferendo e lei ancora più subdola, lo catturò in un altro di quegli interminabili baci che gli piacevano tanto. Lui si distaccò dalla sua bocca per percorrerle il collo con le labbra frementi, baciarle la clavicola e poi infilare il naso in mezzo al seno come si annusa un mazzo di rose. Le sue mani disperate non sapevano come togliere da quelle catene di stoffa il suo premio, anzi i suoi premi , e allora continuava a sfregare ed agguantare il seno. Temari, forse esasperata dalla sua ricerca, forse curiosa di sapere quali altre emozioni le avrebbe trasmesso una volta libere, volle rivelargli l'arcano. Mise le dita in mezzo alle coppe et voilà, i suoi seni rifluivano come due belve lasciate libera dalla loro gabbia. 204 Shikamaru emise un rantolo euforico, cominciò a tastarne una con la mano destra mentre l'altro era stata catturata dalle sue labbra. Sembrava un bambino al seno, ma Temari dubitava fortemente che un bambino l'avrebbe fatta impazzire così. Si fece sfuggire un gemito colpevole e lui allora, rinfrancato, continuò con più violenza. Inarcò la schiena, ormai il desiderio forte anche in lei come prima bruciava in lui. Voleva di più, molto di più. Ma lei era la sua puttana, lei doveva far godere lui. Non poteva chiedere. Ma un sospiro troppo eloquente la tradì. La mano libera del ragazzo scivolò in basso e elusa la sorveglianza delle mutandine entrò dentro. Sembrò un gesto da niente, ma per lei fu tutto. Fu come se le porte del paradiso si fossero aperte. Tutto il corpo era fremente e impaziente e lei gli prese la testa tra le mani. Lo baciò con molta più irruenza, non più calcolata, ma spericolata. Le lingue danzavano in un ballo frenetico e i corpi smaniavano il contatto più intimo. Shikamaru le bloccò le braccia sopra la testa e la guardò ansimante cercando di riprendere fiato. Era una tigre, o era lui il predatore? Riprese l'attacco con piccoli baci che le percorsero tutto il corpo dal seno tonico e tondo lentamente, ogni centimetro venne percorso fino all'ombelico e dopo, con fremito, più in basso, molto più in basso, quasi senza staccarsi dalla sua pelle. E quello fu il punto di rottura: -Basta- esclamò con voce rauca. Gli tolse i pantaloni, l'erezione in vista e pronta, forse quanto lei, ad arrivare all'atto finale. Temari lo avvolse, la situazione le era sfuggita completamente, non avrebbe saputo dire come si chiamava. C'erano solo lui e lei. Con fremito più grande Shikamaru la penetrò, facendo molta attenzione. Non ci fu niente da fare. Erano totalmente persi. I movimenti divennero ritmici le cosce di lei che sfregano la sua pelle erano insopportabili: avrebbe voluto baciarle, accarezzarle, ma non poteva fare tutto così. Ma voleva fare tutto. Dentro di lei divenne più forte e impetuoso e lei non riusciva a trattenere gorgoglii insensati uscire dalla sua bocca. Mentre lui cercava di riprendere fiato, Temari glielo toglieva con le sue labbra. Aumentarono il ritmo, la bionda seduta sopra di lui inarcò la schiena così da offrirgli nuovamente il suo seno. -Si!Strepitò Temari. -Si!Ripeté. E finalmente vennero entrambi. Contemporaneamente. L'urlo di lei bloccato da una bacio più dolce e stanco di Shikamaru che la strinse mentre sentiva i muscoli rilassarsi. Non è stato difficile pensò Temari mentre veniva sballottata di qua e di là nel carretto che li avrebbe portati a Suna. Si erano staccati e mentre lui già cadeva tra le braccia di Morfeo, Temari si era alzata e aperta la borsetta aveva preso l'occorrente. Una volta addormentato Shikamaru, si era vestita abbandonando finalmente tutti i fronzoli e indossando il suo equipaggiamento da battaglia. Per decenza rivestì anche il suo ostaggio, non senza fermarsi maliziosa su alcuni particolari del suo corpo. Il ragazzino pesava un po', doveva ammetterlo e caricarselo in spalle non fu un gioco da ragazzi. Fortuna che gli Hyuuga aveva la tenuta proprio ai confini del villaggio anche se nella parte all'estremo est. Cercò di trattare bene il prigioniero senza fargli sbattere la testa 205 da qualche parte, anche se naturalmente non poteva decidere lei dove i rami sarebbero apparsi all'improvviso provocandogli graffi sugli arti. Qualche metro oltre le mura, fu accolta dalla squadra di quattro elementi che avrebbe trasportato l'ostaggio fino al carro sulla via principale. Dovettero percorrere almeno un quarto del perimetro del villaggio per riuscire finalmente ad arrivare alla loro destinazione. Temari era esausta è una volta adagiatasi contro il telo che copriva la parte superiore del veicolo, si addormentò. Al suo risveglio diede il cambio ad uno dei ragazzi che sedevano a cassetta e si godette il sole e la foresta, mentre oltrepassavano i confini del Paese del Fuoco. Arrivati a Suna, si disinteressò completamente del “pacco” e stilò subito il rapporto omettendo naturalmente i particolari della notte. Non pensava proprio che suo padre si sarebbe mai interessato ad una cosa del genere, non che si interessasse molto di lei, di solito. -Com'è andata la missione?- chiese il Quarto Kazekage mentre dava un'occhiata veloce al documento che gli aveva appena consegnato. -E' andata liscia come l'olio- rispose mentre in quel momento si chiedeva quali sentimenti potesse avere un padre che aveva appena mandato a prostituire la figlia. Sono solo ordini si ripeté Non posso avere privilegi solo perché siamo imparentati. Non cambia nulla. -Bene, sei congedataNon cambiava assolutamente nulla nel comportamento di suo padre, che fosse lei o fosse Kankuro a pararsi davanti, nulla cambiava. Gaara era speciale invece, avendo un Bijuu dentro, aveva valore per il Kazekage, cose che lei e suo fratello, in quanto comuni essere umani, erano privi. Se la meschinità propria dei marmocchi li aveva allontani da quel fratello prediletto, dopo, crescendo, si erano sempre più riavvicinati al piccolo Gaara. In realtà erano tre orfani con il padre ancora in vita. Nulla di più. Rientrò nella sua stanza, non avendo niente da fare. Si gettò sotto le coperte provando la bella sensazione delle gambe lisce contro il lenzuolo. Dopotutto l'opera di purificazione aveva avuto i suoi vantaggi. Stava già per addormentarsi quando bussarono alla porta. Entrò Kankuro e dietro di lui un genin che sembrava fargli da assistente. -Abbiamo bisogno di te a basso con il prigioniero- il suo tono era neutro, come se anche per lui Temari fosse una collega, una compagna d'armi insomma. Lei borbottò qualcosa mentre lasciava il morbido giaciglio. -Arrivo subito- disse contrariata che quel ragazzo dovesse ancora infastidirla: maledetto Shikamaru Nara e tutta la sua specie! -Ti aspetto- Kankuro era stato intransigente e con un gesto imperioso fece andare via il genin. Rilassò i muscoli e con aria più bonaria e amichevole le chiese: -Com'è andata la missione?-Una bazzecola, con chi pensi di parlare, eh?- sorrise lei mentre finiva di sistemarsi i sandali. -Non avrebbe dovuto mandarti. Sarebbe bastata qualsiasi persona. Non può trattarti come se fossi una prost...Temari lo interruppe bruscamente: -E invece si, può, io sono un subordinato e lui è il mio Kazekage. Non è che mi sia proprio divertita, ma sono gli ordini.-Ma...-Zitto Kankuro. Sono più grande di te, non ho bisogno di protezione. E ora andiamoLa cosa già le puzzava. In quella cella, il prigioniero, stava sorridendo tranquillo e beato, guardando fuori dalla 206 feritoia che gli permetteva di vedere il cielo. In più non c'era nessuno della Squadra per Gli Interrogatori, ma solo Gaara che in silenzio stava appoggiato al muro guardando torvo i suoi piedi. -Buongiorno Nee-san- la salutò nel suo mirabile tentativo di suonare amichevole. Il prigioniero si distolse dalla sua visione e osservati un secondo i suoi tre carcerieri disse: Sapete una cosa? Voi tre non sembrate per niente fratelli- Il tono era noncurante, quasi leggero, per niente preoccupato o sorpreso di trovarsi in cella in mani nemiche, quando l'ultima volta che si era addormentato aveva appena fatto l'amore a casa Hyuuga. -Buongiorno seccatura- disse rivolgendosi a Temari con un mezzo ghigno. -Devo dire che ti preferisco così-Mi chiamo Temari, non seccatura-Non Kochiyo? Temari, mmm, si Temari mi piace di più- concluse sempre con quell'irritante sorrisino. -Vuoi smetterla, è con mia sorella che stai parlando! Piantala di fare l'idiota- Kankuro sembrava avercela già con lui quando Gaara alzò la mano in segno di pace. -E' un nostro alleato, vediamo di andare tutti d'accordo-Alleato?- sbottò Temari sgranando gli occhi. Gaara le fece segno di sedersi. -C'è un motivo per il quale ho suggerito a nostro padre che Shikamaru Nara sarebbe stato l'uomo giusto da togliere a Konoha. Era proprio perchè è l'uomo giusto per togliere di mezzo il Kazekage a SunaTemari lo guardò sbigottita, l'ostaggio si era rimesso a guardare le nuvole, come se la cosa non lo toccasse. -Sai bene- riprese -Che il villaggio non può più sopportare l'andare della cose. La guerra che sta perpetrando ad oltranza e non serve a nessuno. Sia continuando a respingere le richieste di pace dell'Hokage con falsi pretesti e scuse insopportabili, sia mantenendo lo stato di allerta al massimo, sta danneggiando tutti gli abitanti. La popolazione viene continuamente oppressa, con il cibo razionato e i figli sempre al fronte. È da molto ormai che il malumore serpeggia tra gli shinobi. Nessuno ha osato fare niente fino a quando non è giunto alle nostre orecchieSi interruppe per far continuare Kankuro. -Nessuno ci aveva detto niente perché pensavano che noi fossimo dalla parte del Kazekage e solo per caso ne sono venuto a conoscenza . Una volta che hanno visto che potevano fidarsi di noi, ci hanno permesso di prendere parte alle loro riunioni. Quello che abbiamo trovato è stata solo confusione. Non erano nemmeno organizzati e oltre a lamentarsi non facevano null'altro- fece un profondo respiro- Evidentemente non si può spodestare il potere con le chiacchiere e io e Gaara, abbiamo cercato di mettere in luce le debolezze della loro organizzazioneSbuffò come se trovasse la cosa veramente ridicola: -Ci hanno eletto capi, nonostante la nostra parentela. È saltato fuori il tuo nome e noi ti abbiamo dato per scontata. Ci occorreva creare un'immagine di solidità del potere. Non te ne abbiamo mai parlato sin'ora, perché pensiamo che il Kazekage ti stia facendo controllare. Pensiamo che sia questa il motivo che l'ha spinto a mandarti in quella missione. Sospetta già di me, mentre pensa che Gaara non abbia alcun alleatoIl fratello minore si staccò dal muro guardandola con i suoi occhi seri-Eravamo certi della tua completa approvazione. Ma è meglio chiederlo apertamente: Sei con noi o contro di noi?Temari si alzò, uno strano brillio le illuminava gli occhi -Non dubitate mai di me, farò tutto ciò che è in mio potere per concludere questa guerra!207 Kankuro le diede un buffetto di approvazione sulla spalla, mentre Gaara si limitò a sorridere leggermente. Divenne subito pratica e si fece spiegare cosa esattamente era stato fatto e cosa c'era ancora da fare. Da fare non c'era molto, tutti gli shinobi sovversivi aveva fatto proseliti, così da vedere di chi ci si poteva fidare e soprattutto quanta resistenza avrebbero incontrato nel loro cammino. La maggior parte della popolazione avrebbe preferito un cambio di reggenza, mentre gli shinobi furono più difficili da smuovere dalle lor posizioni. I soldati di Suna sono degli uomini fedeli per natura e preferirebbero morire pur di non rispettare l'ordine di un loro superiore. Ciechi di fronte l'evidente ingiustizia, non avrebbero mancato alla parola data. Soprattutto la squadra ANBU. -Non mi avete ancora spiegato cosa ci fa questo qui- disse indicando il prigioniero ancora perso in contemplazione di chissà cosa -Perchè ci servirebbe un ninja di Konoha per sistemare i problemi di Suna?Gaara riprese allora con l'esposizione del suo piano:- Dovevamo assicurarci che mentre noi ci fossimo occupati del Kazekage, la Foglia non ci avrebbe attaccato. Quindi abbiamo inviato dei messaggeri all'Hokage per spiegare la situazione e chiedere una tregua. - Fortunatamente si è dimostrato disponibile ad aiutarci e a stringere un'alleanza. Naturalmente non può fornirci molti uomini e neanche privarsi delle sue armi, ma ha cercato di venirci incontro. Pone molta fiducia in Nara Shikamaru. Ce l'ha consigliato per le sue doti di strategaL'interpellato si mosse e per la prima volta Temari colse un'espressione che rasentava la serietà. -E' stato lui a proporre di venire a Suna come ostaggio così da non destare sospetti. Il signor Ken, che fa da informatore per la Sabbia, in realtà ha sempre lavorato per Konoha e Konoha solaTemari fissò per un momento il supposto genio della Foglia e poi sbraitò: -Ma se davvero sapevo tutto della missione, non avrebbe potuto informarmi e non farmi...non farmi...- la voce le si spense: non aveva la forza per dirlo ad alta voce. Il pugno di Kankuro tremò: -Questo...questa è colpa del signor Nara qui presenteQuesti un po' nervoso e sempre con quella smorfia che alcuni chiamavano sorriso, rispose: Non ho visto perché fermarci...stava andando tutto così bene. Naturalmente non sapevo che mi avessero mandato la sorella dei...- Temari si alzò di colpo e dopo avergli assestato un possente schiaffo sulle guancia, gridò: -PORCO!E detto questo lasciò la cella indignata, non prima di essersi scusata con i fratelli. Temari camminava nervosa sul cornicione in cima al palazzo. Ribolliva ancora di rabbia al sul pensare l'espressione da idiota che aveva quel ragazzo. Non sapeva forse chi era lei? Quale era la sua fama? No! L'aveva umiliata così, come se fosse una qualsiasi puttana. Non dissimile, davvero, da come la trattava suo padre. Forse lo era veramente, visto che tutti continuavano a trattarla in quel modo. Avrebbe voluto spaccargli il muso, solo per la faccia tosta con la quale le aveva risposto così davanti ai suoi fratelli. Del resto, non poteva mandare tutto a monte per una cosa del genere. Erano solo ordini. Avrebbe dovuto collaborare, nonostante l'offesa arrecatale. Era uno dei migliori shinobi a disposizione dell'Hokage, li avrebbe aiutati. Era questo che continuava a ripetersi l'indomani mentre scendeva le rampe di scale che la separavano dalla sua cella. Non si era aspettata di trovarsi sola con lui, che sembrava non aver cambiato posizione 208 dalla sera precedente. Sempre con l'espressione vacua, guardava il cielo. Come aveva potuto smaniare di essere incatenata a lui per sempre? Come aveva potuto gemere sotto la sua lingua? Divenne rossa, ma scuotendo appena la testa entrò nel suo campo visivo. Gli riservò uno sguardo di disprezzo, ma fu lui il primo a parlare, sembrava combattuto: Mi vorrei scusare per il mio comportamento-I miei fratelli ti hanno messo già abbastanza paura, eh?- ribatté lei girandosi di spalle. -Anche- aggiunse sbuffando -Sanno seccare quasi quanto teLa ragazza rimase zitta, facendo finta di interessarsi alle scritte che i prigionieri avevano lasciato negli anni sul muro. -Vorrei salvare il mio onore aggiungendo solo che non mi era mai capitato. L'ho fatto solo perché...sinceramente...è una cosa un po' stupido da dire...ma il piano originale era quello di dirti tutto, appena ci fossimo separati dalla calca. Ma...dopo mi hai...non lo so. Non ho voluto fermarmi. È che io e te, siamo in qualche modo legati. Non sono uno di quelli che crede nel destino, ma mi riesco a spiegare la mia...attrazione E ciò non è possibile perchè le donne sono delle seccature e tu sei peggio di tutte le altre messe assieme. Non volevo che accadesse. Ma non lo rimpiango. Volevo solo chiarire.Anche a questo non rispose, desiderosa più che mai di negare a se stessa la verità. Avresti potuto fermarti molto prima anche tu. Le disse una vocina. Non sarebbe stato necessario andare avanti. Ti è piaciuto. In qualche modo il ragazzo è attraente. Scosse la testa brevemente e con tono duro, proruppe: -Non parliamo di cose assurde, vediamo invece di darci una mossaNel colloquio che seguì Temari non poté fare a meno di notare le straordinarie capacità di analisi del suo interlocutore, e la chiarezza delle sue idee. Ma anche come il suo sguardo si fermava alcune volte sul suo colle o sulle sue labbra, mentre lei gli spiegava la complessa geografia del palazzo del Kazekage. Dalle informazioni che erano in suo possesso, aveva capito che un colpo di stato sarebbe stato inutile e che la lotta aperta avrebbe causato più danni che altro. I rischi di una guerra civile erano da scongiurare, mentre i problemi maggiori risiedevano, non tanto nella persona del Kazekage quanto nella cerchia dei vecchi guerrafondai, che erano gli anziani che costituivano il potere decisionale del villaggio. Secondo Shikamaru sarebbero bastate poche unità per destituire il regime dittatoriale. Dopotutto la forza degli shinobi risiedeva nella segretezza. Quindi l'operazione avrebbe di sicuro dovuto svolgersi di notte. Molto probabilmente piccoli gruppi avrebbero dovuto infiltrarsi nelle camere dei governatori e sgozzarli nel sonno. Temari rifiutava lo spargimento di sangue, ma era necessario. In prigione, avrebbero ancora avuto il sostegno dei loro fedelissimi e avrebbero avuto una via per ritornare al potere. Del resto l'assassinio avrebbe macchiato per sempre la storia di Suna. La destituzione avrebbe potuto funzionare. Ma le questione sulla giustizia della Sabbia, non erano argomento di cui lui si sarebbe dovuto occupare. Quello ci avrebbero pensato lei e i suoi fratelli. Dopotutto si stava parlando di uccidere il loro padre. Arrivò Kankuro e di fretta le consigliò di sloggiare. Troppi sospetti avrebbe causato una sua più lunga permanenza insieme all'ostaggio. Quel pomeriggio stesso Shikamaru venne davvero torturato, nel tentativo di estorcergli informazioni vitali per la vittoria di Suna. La ribellione purtroppo non vantava membri 209 influenti nella Squadra per Gli Interrogatori, se non qualche chunin che gli risparmiò le punizioni minori. Fu trascinato in cella, sanguinante, con un'espressione scocciata dipinta sul viso gonfio. Era stata colpa sua. Lui si era offerto per la missione e l'aveva ideata lui, quindi ogni imprecazione contro terzi sarebbe stata inutile. Sperava soltanto che quella storia non avrebbe richiesto troppo tempo, perché non gli andava di finire come un polpettone: sarebbe stata una seccatura. Temari della Sabbia poteva essere una spietata avversaria in battaglia, ma, stranamente, possedeva una grande umanità e sensibilità quando si trattava delle sofferenze degli innocenti. E Shikamaru Nara, pur avendo approfittato della situazione per una notte, secondo la sua distorta visione delle cose, era un innocente. Si era sacrificato per un villaggio che non era il suo, sempre sotto gli ordini del suo Kage, ma comunque era stato torturato dalla gente che doveva aiutare. Quindi sgattaiolò nuovamente in prigione quella notte, con un po' di bende e disinfettante. Prese qualche pastiglia di antidolorifico. Shikamaru non era riuscito ad addormentarsi, la schiena gli pulsava forte a causa dei colpi di frusta, mentre il petto segnato dalle coltellate sanguinava ancora, incapace cicatrizzarsi. Entrambi i lati erano inagibili e non si poteva spostarsi di fianco se no la pelle lacerata si sarebbe tirata. Questa era la tortura più subdola: non tanto il dolore istantaneo quanto l'impossibilità di riposo. Aveva deciso che, al diavolo, la schiena si sarebbe infettata a causa dei germi, ma almeno non si sarebbe spremuto come un limone sullo spremiagrumi. La maglietta era inzuppata del suo stesso sangue e molto spesso il tessuto entrava nelle ferite più profonde. Sentì la porta cigolare leggermente e alla luce della luna riuscì a riconoscere quattro codini cenerei. -Non una parola- sentì intimare dalla voce di Temari della Sabbia. Appoggiò qualcosa accanto a lui e poi sempre con lo stesso tono forzatamente secco. -Riesci ad alzarti?Fece un gesto di assenso, ma dopo emise un gemito diverso da quello che Temari ricordava. Fece forza su stesso e finalmente un po' curvo, ma almeno era seduto. La ragazza passò delicatamente la mano sulla sua schiena e la sentì inumidirsi di sangue. Aveva capito quale delle procedure era stata attuata. -Mi dispiace- mormorò. -Non essere stupida...sapevo cosa andavo incontroLei non disse nulla. Cominciò a togliergli i vestiti, lentamente sperando di non provocargli troppo dolore o fare danni peggiori. Non era un ninja medico e comunque non poteva dargli una medicazione adeguata sarebbe stato lampante che qualcuno lo stesse aiutando. Terminata l'operazione gli somministrò qualcuna delle pastiglie. Era un peccato vedere come fosse ora deturpato quello che pochi giorni prima aveva apprezzato. Non riuscì a ricordare nulla di quelle sensazioni, proprio perchè l'aspetto non era più lo stesso. Passò tutti i tagli con le garze impregnate di disinfettante e bendò il suo silente paziente con un po' di goffaggine. -Ti toglierò tutto appena me ne sarò andata. Non se ne accorgeranno e non dovrai preoccuparti per domani. Gaara sarà a capo dell'interrogatorio e cercherà di alleviarti la penaSi stava lavando le mani nel lavabo sudicio della cella. -Perchè fai tutto questo?- chiese infine Shikamaru. -Ci servi funzionante, NaraSi era avvicinata nuovamente gli aveva toccato la fronte: era più calda del normale e umidiccia di sudore freddo. Gliela tamponò, asciugando poi tutto il viso. Gli occhi erano allo stesso livello, mentre lei controllava che non ci fossero altri segni di una probabile 210 febbre a causa dell'indebolimento. Lo shinobi invece stava pensando a tutt'altra cosa, o meglio, non stava pensando a niente osservando quelle belle labbra contratta per la preoccupazione. Mentre Temari si sentiva in colpa per quello che era successo, lui ricordava tutte le sensazioni piacevoli di quella bocca quando ancora non sapeva nulla di lei. Non sapeva perché in presenza di quella donna, doveva sempre fare qualcosa di stupido e alogico, dettato dai più bassi istinti dell'uomo che allora, per la prima volta nella sua esistenza, avevano il sopravvento. Sarà stato per quella strana forza di attrazione irresistibile o forse per le ferite o per il mezzo delirio, sta di fatto che, affrontando la promessa di un altro schiaffo, la baciò in mezzo alla bocca, muovendo le labbra lentamente in profondità. La sensazione gli dava troppo sollievo, più di qualsiasi medicina e il profumo di quella bionda, terribile, seccante, lo drogava meglio della più raffinata morfina. E Temari? Non si staccò, un po' perchè era stata presa di sorpresa, un po' perchè non voleva infierire su un corpo già così malandato e un po' perché percepì un'ondata indicibile di affetto proveniente da quel ragazzo. È come quel bacio gli servisse per sopravvivere. Dimenticò cosa stava facendo e gli mise delicatamente le dita affusolate sulla guancia. Cosa stai facendo?! Spalancò gli occhi e si tolse delicatamente dalla sua presa. -Non dovresti farloEra la prima volta che usava il condizionale con lui. Di solito erano ordini chiari e perentori. Ma questa volta la sua voce si era ammorbidita. Shikamaru l'aveva indebolita. Non lo guardò negli occhi. -Riposati- e andatasi a posizionare nell'angolo più buio della stanza aspettò che lui si addormentasse. Alle prime luci dell'alba, lo fece alzare e disfò il suo lavoro notturno, gli rimise la maglietta e gli altri indumenti, mentre lui senza fiatare la guardava con uno sguardo enigmatico. Era ormai la seconda volta che cercava un contatto più intimo con quella donna. La seconda volta ne aveva voluto di più. La seconda volta che avrebbe voluto che durasse di più. Non ci poteva cascare, non lui. Suo padre si, perchè non aveva avuto il coraggio per sfuggire a suo madre, ma lui non era così stupido e smidollato da farsi imprigionare dalle prepotenze delle donne. E se fosse un altro il modo per imprigionare gli uomini? E se non avesse spiegazione? Quella seccatura, Temari, non voleva come lui, che quelle cose accadessero, ma, come lui, non riusciva ad inibire quel dato desiderio irrazionale. Se ne accorgeva nel modo in cui aggrottava le ciglia, lo toccava, arricciava le labbra, lo guardava e nel modo forzatamente distaccato con cui si preoccupava di lui. -Io ho finito- proferì raccattando le sue cose -Ti ho lasciato delle pasticche in un involucro sotto il lavandino, prendile se ti brucerà ancoraTemari si soffermò su quella figura distesa, immobile, come un morto, chiedendosi se avrebbe avuto mai risposta a quello che stava accadendo. E mentre si girava sentì un sommesso, gracchiato: -Grazie- Temari era stata impegnata con le missioni ufficiali come con quelle non. Era preoccupata da troppe cose contemporaneamente, caratteristica delle donne d'altronde, di voler prendersi cura di tutto. Dei fratelli, degli shinobi che gli avevano dato fiducia, ma anche del prigioniero che veniva torturato giornalmente e giornalmente rimaneva in silenzio verso i suoi aguzzini. Aveva proposto di farlo fuggire, il piano ormai 211 era stato preparato e lui non serviva a niente. Ma purtroppo dovevano badare a non dare nell'occhio e sinceramente, nessuno pensava che sarebbe stato capace di andare tanto lontano ridotto com'era. Temari gli portava ogni volta tutto il soccorso possibile, con integratori e le migliori pastiglie ninja in circolazione per permettergli di non deperire. Non poteva pensare ad un piano congegnato peggio. Diventare carne da macello solo per evitare che loro venissero scoperti. Le vie di comunicazione verso Konoha erano, naturalmente, sorvegliate e quindi il genio aveva pensato che sarebbe stato meglio per lui essere sul posto. Il rischio del precedente metodo era quello di essere scoperti e naturalmente Gaara e Kankuro e tutti i loro amici sovversivi sarebbero stati nei guai. Forse adesso, Temari capiva qual'era il suo concetto di pedina sacrificabile. E la kunoichi non voleva proprio sacrificare nessuno. Lo sapeva che i morti sono inevitabili nelle missioni del loro lavoro, ma era convinta che uccidendo i vecchi consiglieri si sarebbe solo fatto peggio. Fece presente ai fratelli questi suoi dubbi. Anche loro pensavo che non sarebbe stata la mossa giusta, ma la ribellione voleva vedere scorrere il sangue dei loro oppressori. Voleva farsi ripagare con gli interessi di tutti i cari, morti, di tutte le famiglie, dilaniate. Il popolo voleva vendetta. Ma il popolo era una testa calda. C'era, inoltre, l'altra parte della popolazione, quella fedele al Quarto che non avrebbe preso di certo bene il loro piano. Dopo avrebbero dovuto essere i reggenti di un intero popolo, non solo di metà. Era troppo rischioso. Gli avrebbero destituiti e riuniti tutti davanti un equo processo. Questo avrebbe potuto funzionare secondi i tre fratelli. Una giuria imparziale avrebbe soppesato le loro colpe e, dopo il giusto giudizio avrebbe deciso cosa ne sarebbe stato di loro. Mentre decidevano questo Temari fu fatta chiamare dal Kazekage, lasciando così il compito agli altri di parlare con i ribelli. Era da qualche giorno che percorreva quei corridoi, i suoi corridoi, come un'estranea, come se non ci vivesse fin da quando aveva memoria. Forse era stata la decisione finale di staccarsi da quel padre insensibile e non curante, da quel mondo accettato com'è solo a causa dell'educazione impartitele. Arrivò all'ufficio quasi senza accorgersene e vi trovo come al solito il padre, chino sulle carte che non la degnò di un saluto. -Tu che ci hai passato più tempo prima della cattura, sai per caso se Nara Shikamaru sia un tipo fedele e leale?O per caso se è attaccato a qualcosa in particolare o meglio, se ha paura di qualcosa?- la domanda a bruciapelo ebbe una risposta altrettanto neutra e priva di sentimento. -No- mentì Temari prontamente. -Perché abbiamo tentato di tutto, non solo con i soliti metodi, ma anche offrendogli denaro, quindi mi vedo costretto a tentare un'altra strategia. Non sai quanta fatica cavargli anche un solo suono da quella bocca schifosaSembrava di umore piuttosto ciarliero, quella volta e Temari sempre sull'attenti aspettava il momento di liberarsi da quella prigione invisibile. Ad un certo punto con un po' di carte da consegnare e un gesto della mano, la congedò. -Ah, Temari,- e lei fece mezzo giro per vederlo -Visto che comunque la missione è andata bene, sarebbe meglio che lasciassi il fronte e ti dedicassi a questo genere. Dopotutto ci sono migliori shinobi per quel ruolo212 Chiuse la porta alle spalle con delicatezza, prima di entrare nella prima stanza deserta dove lanciò i fogli in aria a cacciò un urlo rabbioso. Sbatté più volte il pugno contro il muro, ferendosi alle nocche e facendole sanguinare leggermente, così che ad ogni nuovo colpo, l'intonaco si sporcasse di rosso. Le scesero stupide lacrime di rabbia che non si adattavano a lei. Erano troppo femminili, troppo frustrate. Un padre che non ti conosce, un padre che non ti vuole, un padre che non ti valuta. Un padre che ti manda a fare la puttana togliendoti l'unica cosa in cui eri brava. Ogni volta che ricercava di ricomporsi le veniva in mente quella faccia inespressiva che la riduce a peggio di zero e nuovamente riprendeva a sfogarsi anche contro gli altri oggetti inanimati. Sentì di colpo delle persone parlare in corridoio e asciugando il viso e le mani cercò i fogli sparsi che avrebbe dovuto consegnare. Tra quei documenti che suo padre aveva firmato ce n'era uno con su scritto il nome di Shikamaru. Lo lesse velocemente con gli occhi che saettavano da una parte all'altra. Il giorno seguente, Shikamaru sarebbe stato sottoposto alla punizione che veniva impartita solo a Suna, diciamo una sorta di usanza del villaggio. Il tutto consisteva nel legare il prigioniero con quattro corde e poi appenderlo sul muro più esposto al sole del palazzo, lasciarlo così per l'intera giornata a bruciare sotto i raggi incandescenti di quella terra. La notte invece avrebbe dovuto sopportare l'escursione termica e solo se, sopravvissuto, l'avrebbe interrogato nuovamente. Bisogna muoversi, assolutamente, anticipare l'operazione se no, nessuno avrebbe rivisto Shikamaru a Konoha. -Gaara, non capisci che non resisterà neanche un giorno in quelle condizioni?- stava urlando Temari al fratello che non voleva sentire ragione. -E' un uomo forte- aveva risposto con quella calma che lo faceva assomigliare a suo padre alle volte. -Lo era, capito, lo era. Forse prima avrebbe resistito ma sono settimane che è chiuso in quella cella malnutrito e ferito, non ce la potrà fare. Dobbiamo farlo stanotte- ribatté la sorella sbattendo la mano fasciata sulla scrivania in camera del fratello. -Da quanto ne so io, non è messo così male come lo dipingi tu- fu Kankuro questa volta a parlare con una strana espressione, a metà tra il preoccupato e l'acido -Shinji ti ha visto parecchie volte mentre lo medicavi. Dovresti stare più attenta. Fortunatamente non sembra che nessuno se ne sia accortoLa sorella girò la testa dall'altra parte rossa di vergogna. -Perchè lo aiuti? Mi sembrava che ti avesse trattato con una puttana e tu invece lo aiuti-Perché è un essere umano, Kankuro, ecco cos'è. Si sta facendo maciullare come la più immonda delle bestie per liberare NOI da questo peso. Non mi importa come mi abbia trattato o non mi abbia trattato, non merita nulla di quello che ha subito- era furente un'altra volta: molto spesso anche i suoi fratelli erano più guerrieri che essere umani. -Ma non vedete che state diventando più simili a lui?! Non vi accorgete che andando avanti così penserete alle persone solo per il loro scopo?Entrambi abbassarono gli occhi, quasi imbarazzati dalla sfuriata della sorella. Però era vero quello che diceva: avevano contato Shikamaru solo come uno strumento utile per il loro piano, avevano pensato solo al bene più grande. Non si erano soffermati a pensare che stavano sacrificando una vita umana, cercavano certo di aiutarlo in prigione, ma non quanto Temari. Era sempre stata l'anima più sensibile e caritatevole dei tre, anche se molto spesso non sembrava, era lei che faceva da insegnante a tutti. Lei era più umana. 213 -Se volete mettervi a capo di Suna è meglio che lo impariate perché non basta saper dare ordini o far quadrare un bilancio.Tra di loro non avevano mai litigato e Temari si pentì del suo eccesso, ma troppo spesso aveva dovuto ingoiare e obbedire agli ordini degli altri e lei, non era una che si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Cercò un approccio più gentile: -Possiamo anticipare l'operazione?I due si guardarono, cominciarono a controllare le carte, tutte le informazioni che aveva raccolto per mettere in atto il loro piano. -Questa sera è impossibile, Temari- esclamò Kankuro scuotendo la testa -Il tuo amico dovrà sopportare almeno un giorno-Ma...-Ha ragione, l'unica cosa che ti posso promettere è che domani sera andrebbe bene perchè sono di turno Shinpachi e Usui- sfogliò altre carte -anche Naoko e Chiki- diede un altro rapido sguardo -si domani notte potrebbe andare beneForse la ragazza sembrò ancora perplessa e infatti Gaara aggiunse: -Non vuoi mica fallire? Sai cosa comporterebbe, non solo per noi, ma anche per tutti gli altri. E inoltre, non penso che Shikamaru sarebbe contento di essersi sacrificato perché noi rovinassimo tuttoQuesta volta, erano loro ad avere ragione. Non aveva usato il cervello, si era fatta trasportare troppo. Come si ripeteva tutte le volte che c'entrava Shikamaru, si disse “Non sarebbe dovuto succedere.” Quella notte, Temari scese ancora nei sotterranei per portare sollievo al “suo amico” come lo chiamava Kankuro. Che il fratello, con quell'appellativo pronunciato a mezza bocca, dimostrasse di essere geloso di quel ragazzetto pigro e svogliato? “Ridicolo” si disse mentre, apriva di nuova la porta della cella. -Sei di nuovo venuta trovarmi seccatura?- chiese a mezzavoce il solito tono strascicato di sempre. -Era da un po' che non mi facevi visitaSfoggiava la posa rilassata di tutte le visite precedenti: un braccio dietro alla nuca mentre l'altro, quello a cui avevano spezzato le dita, era disteso sul lenzuolo perpendicolarmente al busto. -Zitto, Nara, preferisco quando stai buono-Anch'io ti preferisco così. Anzi preferisco tutte le persone, in particolare le donne, che stanno buone, in silenzio- rivolse gli occhi sognanti al cielo -Chissà se mia madre è mai riuscita a stare zitta in vita....Temari tirò fuori il suo “kit”, cominciando a disinfettare qualche taglio sui piedi che aveva visto subito. -Tua madre deve essere una santa donna, per sopportare una piega come te. Da bambino devi essere stato impossibile.- commentò tamponando il sangue rappreso. -Tua madre ti deve aver legato al letto per farti stare buona allora. Scommetto che eri un tornado. Quelle bambine che sono proprio una pigna in...- Shikamaru fu interrotto bruscamente dalla ragazza che andava a lavandino. -Ero troppo piccola per ricordarmi com'era mia madre. È morta quando è nato GaaraSapeva cosa sarebbe arrivato ora: la compassione per la poverina bambina senza madre, vissuta sempre da sola, con i fratellini da badare. Percepiva il silenzio imbarazzato di chi sa di aver fatto una gaffe. -Quindi sei più vecchia di me?La bionda si voltò sconvolta e poi dopo averlo fissato per un secondo, scoppiò a ridere. Non 214 aveva mai sentito una risposta del genere. -E' logico che io sia più grande di te. Non hai visto la distanza che c'è fra noi due?Si avvicinò nuovamente per fasciare strette le dita rotte, infatti ogni volta che veniva, cercava di sentire la posizione delle ossa per evitare che la situazione peggiorasse. Era ormai diventato un rito: disinfettare le ferite ancora aperte, pulire quelle vecchie, badare alle ossa rotte e poi lavare il busto. Dopo c'era sempre il momento della “pappa” e alle fine la sua infermierina lo lasciava dormire mentre lei, in un angolino, riposava gli occhi pronta a levare le tende alle prime luci. Lui non parlava mai molto, la osserva spesso prendersi cura di lui con tanta decisione, sulle prima volte con imbarazzo, ma poi ci si era abituato. Capiva che lei lo sentiva come un dovere, impartitole dalla sua morale. Eppure qualche volta gli raccontava qualcosa o, più seccante, gli chiedeva di Konoha: del suo paesaggio, della sua storia e della sua organizzazione. Interessanti e buffe descrizione fatto da quello strano ragazzo che usava come intercalare “che seccatura” e come virgola uno sbuffo. Sembrava divertirsi nel suo villaggio con i suoi compagni di team Ino e Choji e aveva molta fiducia in Naruto, anche se, pure lui, lo riteneva molto spesso un idiota. Quella sera non sembrava aver la stessa sporadica curiosità e gli medicava la mano destra con il capo chino sulle dita. Finalmente quando la visuale fu libera dagli strani quattro codini biondi che le aveva visto sempre portare a Suna, notò che anche lei aveva una mano fasciata. -Che ti sei fatta?- chiese indicandola con il naso. -Niente-E allora perchè hai le bende?- riprese l'altro che non era stato incantato dal tono noncurante e secco. -Per farti compagnia-Ah ahUsò la mano libera per scuoterla un po' pregandole nuovamente di dare una risposta al suo quesito. La sua deliberata tenacia o non dirglielo l'avevo incuriosito, quanto basta a un Nara per essere seccante. Cominciò a stuzzicarla, a darle deboli pizzicotti anche a tirarle i capelli con la mano sinistra, mentre lei accennava un breve sorriso a quel comportamento assolutamente infantile. Esasperata ormai distratta dai pensieri tetri, gli rivelò di aver picchiato il muro e la calma e il silenzio del suo interlocutore la spinsero a confessargli anche il motivo di quell'atto irragionevole. -...perchè, non so te, ma io non ho mai visto un padre che tratta la figlia così. Lo so che è il Kazekage, lo so che io valgo quanto gli altri. Ma penso di essermi meritata il mio ruolo, di aver adempiuto i miei obblighi senza lamentarmi e avere avuto una buona percentuale di successi. A lui è bastato niente per calpestarmi e umiliarmi. Una puttana è cosa sono. La pedina lasciva nella sue mani. Sono una ridicola sgualdrina che ancora si interessa di quello che pensa il padre degenerato, che ancora pensa che, dimostrandogli il suo valore, possa essere considerata da lui. Ma invece no...ora sono diventata una che è solo buona per aprire le gambe. Una puttanaTemari aveva concluso il monologo con la voce rotta, ma Shikamaru non le badò, prese il mento tra il pollice e l'indice e le alzò il viso, guardandola negli occhi. -Io non penso che tu sia una puttana- le parole erano sincere e Temari con la bocca semiaperta lo fissò per un momento prima di chiudere gli occhi e inclinare il viso verso di lui. Incontrò la bocca di Shikamaru con uno schiocco. Il ragazzo le passò la mano fasciata fra i capelli, mentre la sana le prendeva il viso. Continuarono a baciarsi per un po' fino a quando Temari, nuovamente in colpa si liberò dalla sua presa. 215 -Domani verrai legato al sole tutta la giornata. Lo scopo è quello di ucciderti il più lentamente possibile o farti confessare, non sono riuscita ad impedirlo, mi...Shikamaru l'aveva ascoltato, come se stesse parlando di un altro e non lui, infatti mormorò: -L'unico modo per uccidermi più lentamente è non baciarmi ora- e le prese il viso nella sua morsa. Il futuro sembrava essere svanito, ora esisteva solo il presente. Forse era la sua ultima notte, l'ultima notte della sua intera esistenza e aveva solo un pensiero in mente: Temari. Non potè resistere e si fece trasportare in quel bacio irruento e bisognoso. Ben presto divenne lei schiava delle sue stesse richieste e molto lentamente, con grande attenzione gli sfilò la maglietta sporca . Non si era dimenticata dei suoi doveri e infatti prese la bottiglia di crema che aveva prelevato dal suo armadio. Secondo Temari, gli avrebbe idratato la pelle e l'avrebbe protetto dal sole. Non sapeva quanto potesse funzionare, ma era meglio tentare tutto. L'aprì e dopo averne fatto sgorgare un po' sul palmo della sua mano la fece assorbire sulla sua pelle. Ogni centimetro sano del suo corpo veniva spalmato di crema da quelle mani lente e inesorabile che, con una leggera pressione gli massaggiavano ogni parte del suo corpo. Sempre tutto con una sensualità che aveva poco a che fare con le voluttuose forme della ragazza. Era lei stessa, con il suo modo di essere ad attrarlo, non il suo seno prosperoso che si sfregava contro la schiena mentre lei gli ricopriva le spalle con la pomata o le sue cosce brune intraviste sotto la gonna corta. Non che Shikamaru rifiutasse quello che i kami gli avevano donato: non perdeva occasione di cercare di toglierle la maglietta, ma con una mano sola era difficile e non smetteva di accarezzare le gambe appena queste fossero state vicino a lui. Però era sempre quell'indefinibile essenza che Temari emanava a farlo andare su di giri, facendogli perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Presto la rivolette tra le sue braccia e con gesto deciso le prese il polso per riportarla in mezzo alle sue gambe, di fronte a lui. Come la kunoichi aveva immaginato, ogni gesto troppo affrettato lo avrebbe fatto soffrire e con gemito mal celato ricominciò a baciare la sua bionda. -Sei uno scemo- bisbigliò Temari trai suoi baci -Dovresti riposarti- Venne bloccata. -Non fare il cretino con una povera ragazzaShikamaru non si fermava, ma quasi sorridendo disse -Hai ragione...ma...se vedi...la povera ragazza...fammi...un fischio- Le morse il labbro superiore -Qua io vedo solo una bellissima seccaturaEra così dolce che non seppe resistergli e ne assaggiò ancora. Sempre con più foga si muovevano su quel lettino sudicio, anche se la ragazza non dimenticava mai le ferite di Shikamaru, mentre a lui pareva di essere rinato. La mise sotto di sé e finalmente le tolse quegli indumenti scomodi che lo infastidivano tanto. Ora alla luce della luna che filtrava dalla grata riusciva a vedere meglio che premio gli era stato offerto. Un regalo, tutto scartato, che ora bramava i suoi pantaloni. Non riusciva a liberarsi da solo e Temari si ripeté che non era saggio fare una cosa del genere con uno nelle sue condizioni. Ma era un essere umano anche lei e il suo bassoventre gridava quasi dalla frustrazione di vedere Shikamaru così troppo lontano. Lo aiutò con calma mordicchiandogli il lobo dell'orecchio o baciandogli il collo inframmezzato da graffi. Una volta conclusa l'operazione, lo shinobi cercò di tentare la ragazza sensibilizzando la sua femminilità, ma una sola occhiata di quella bionda seccante lo rimise al suo posto. Entrò lentamente visto che Temari continuava a sussurrargli con voce roca “piano, ti fai male”, alle volte sembrava quasi incrinarsi dalla preoccupazione. Il movimento ondulatorio faceva gemere il letto, ma non potevano essere più dimentichi della loro situazione come in quel momento. 216 Shikamaru non riusciva a non pesare contro di lei, purtroppo non era riuscito a reggersi troppo a lungo e quindi con la sola forza delle gambe, contraeva le natiche. Erano letteralmente corpo a corpo, ora sudati, i corpi talmente uniti da rischiare la simbiosi. Lei continuava da passargli la mano sul viso a guardarlo mentre ce la metteva tutto per soddisfare entrambi. Il ragazzo vide gli occhi di Temari baluginare vero l'alto e in quello momento seppe che il momento stava per giungere, l'intrappolò in un nuovo bacio e il grido fu soffocato dalla lingua di Shikamaru, che birichina si faceva il giro della sua dentatura. Si separarono con un profondo e lungo sospiro: Shikamaru disteso per tutta la lunghezza del letto, mentre Temari si abbarbicò sul suo petto tenendo gli occhi fermamente chiusi. Voleva imprimersi quel momento per sempre nella memoria. Shikamaru le accarezzava la schiena lentamente con le falangi libere dalle bende. Chissà se domani, in quel preciso momento sarebbe stato vivo o no? Oppure sarebbe impazzito prima per il caldo e l'insolazione? Avrebbe ancora potuto guardare il cielo con le soffici nuvole dalla veranda di casa sua? Avrebbe potuto salutare Choji o Ino, lamentarsi di sua madre e mangiare al BBQ? Avrebbe mai avuto l'occasione di stringere Temari nuda mentre facevano l'amore? Ci pensò per un po': a tutto quello che aveva avuto e a tutto quello che poteva avere. Ad un certo fu percorso da un fremito, come ricevere una scarica elettrica. Ribaltò velocemente la situazione tirando tutte le ferite e facendo urlare ogni fibra del suo corpo. Temari ora era sotto quasi impaurita da quello scatto repentino, gli occhi spalancati che si allargavano sempre più osservando l'espressione di intensa disperazione del suo amante. Forse non si sarebbe stato più passato né futuro. Baciò Temari con tutta la forza che aveva in corpo e poi ricominciarono a fare l'amore. Questa volta più forte, più deciso, più selvaggio. C'era solo il presente. Salve a tutti! Lo so che questo capitolo doveva essere l'ultimo, ma purtroppo non è così. Ho voluto non pesare tanto con il numero di pagine su di voi e lascio la fine (una sorta di epilogo) per la prossima volta. Ho visto che il secondo capitolo è stato più apprezzato e mi ha fatto notevolmente piacere visto che la fic è nata come una lemon autoconclusiva che si fermava al primo, ma dopo la storia mia ha preso così tanto che mi è piaciuta svilupparla ancora per un po' non trascurando naturalmente l'IC e l'obiettivo. Ma vorrei evitare che venga classificata come solo una lemon perchè ho voluto metterci un po' di " virtù" estranee al puro tema amoroso o sessuale. Si vede qui soprattutto: il valore di una persona e il riconoscimento di questo valore, il senso di giustizia e di pietà umana. Negli anni a venire, Temari non riuscì proprio a ricordarsi come avesse fatto a comportarsi normalmente il giorno dopo. Non solo c'era l'ansia per la missione che sarebbe cominciata a notte fonda, ma anche la preoccupazione per le sorti di Shikamaru, issato contro la parete a metà mattinata. Quando gli avevano chiesto se sarebbe stato in umore di confessare, sorridendo aveva risposto: -Sarebbe una seccaturaAveva lanciato un'occhiata indecifrabile a Temari e poi non l'aveva più visto. Era sorvegliato da parecchie guardie, che si accertavano che nessun alleato o amico potesse avvicinarsi a lui, ora che era così in vista. Molti passanti distoglievano gli occhi quando si accorgevano di quella figura immobile che a tratti guardava il cielo e a tratti la terra. Qualcuno pensò pure che ad un certo punto di fosse addormentato, il petto che si alzava e abbassa ritmicamente. Altri invece dicevano che aveva perso conoscenza, la testa ciondolante sulla spalla destra. Temari non vedette nulla di tutto ciò. La sua impotenza le pesava enormemente. 217 Sul far della sera cominciò a prepararsi con metodo, quasi in modo meccanico. Una volta pronta misurò a lunghi passi il perimetro della stanza ripetendo ogni singolo dettaglio. Ad un certo punto di strinse i lacci del coprifronte: -OK!Arrivò nel punto convenuto, c'erano solo i due fratelli ad aspettarla. Il loro obiettivo era il Kazekage : solo loro avrebbero potuto entrare indisturbati nei suoi appartamenti. Gli altri, sempre in team di tre o massimo quattro persone, avrebbero fatto lo stesso con tutti i membri del consiglio. Si avviarono e arrivata di fronte alla porta trovarono due dei loro alleati per attenderli, con un basso “Buona fortuna” li lasciarono passare. Anche nella seconda stanza erano stati appostati dei Jonin. Temari e Kankuro si appiattirono contro il muro e lasciarono procedere Gaara. -Devo vedere il Kazekage- disse con il suo solito tono calmo. -Non mi sembra l'orario adatto Gaara-sama- rispose una delle due sentinelle. -Ho bisogno di vedere il Kazekage ora- il suo tono si era fatto più gelido e una delle guardie fece ritrarsi. Però l'altra rimase ferma dov'era. -Non è proprio possibile, Gaara-samaIl rosso strinse il pugno e allora Kankuro mosse le dita nell'ombra. Attaccò dei fili alla mano della guardia più vicina. Questa alzò il braccio contro il suo volere e tirò un pugno al compagno inebetito. Temari scattò e arrivata alle spalle del suo nemico, gli fece perdere i sensi colpendolo alla nuca. Quello a terra subì la stessa fine per mano del fratello più piccolo. Richiamarono i due ninja di prima che si occuparono di legarli il più stretto possibile. Ora ci sarebbero stati solo gli ANBU nascosti nel buio. I tre entrarono con molta circospezione nel salottino prima dell'effettiva camera del padre. -Non è questa l'ora per dare il bacetto della buona notte al papà, signorina Temari- un uomo l'aveva presa per la gola con il kunai, percepiva il freddo gelido del metallo contro la sua carotide. La stanza era ancora immersa nella più profonda ombra, ma capì che anche gli altri due si trovavano nella sua stessa situazione. -Non farei tanto il figo, se fossi te- gli rispose Temari avvertendo un lieve formicolio che saliva sulla gamba. -Perchè? Tre topi in trappola e...- lo sproloquiare dell'ANBU fu fermato dall'aiuto tempestivo della sabbia di Gaara che dopo averlo distratto, lasciò finire il lavoro alla forza bruta di Temari che terminò l'opera con un bel calcio in mezzo alle gambe. -Non pensare che, solo perchè non siamo i cocchi del Kazekage, valiamo zeroMa non erano soli, Kankuro percepì altri ninja muoversi nell'ombra e un po' goffo cercò di fermarli come poteva. Ad un certo punto Temari gridò a Gaara: -Ci occupiamo noi di loro, cattura il Kazekage prima che scappi!Non capì bene se fosse andato o no, ma le continuava ad essere presa per le braccia o per il collo da mani nel buio a cui prontamente rispondeva con tutta la ferocia di cui era capace. Ad un certo punto prese per le spalle il suo avversario era pronta tirargli una ginocchiata quando fu la voce di Kankuro a fermarla. -Hey! Sono io!-Ce ne sono altri in giro?-Ma che ne so! Non ci vedo nienteTemari prese qualcosa dalla tasca e gettò per terra una pallina che con un lampo illuminò tutta la stanza per pochi secondi. Sembrava esserci il via libera e allora proseguirono fino alla stanza del Kazekage. Questa fortunatamente era illuminata. Gaara stava soccombendo alla sabbia d'oro del padre, mentre cercava di tenere a bada Shukaku. Non poteva far uscire il mostro proprio in quel momento, per il bene di tutti i 218 presenti, ma anche del loro piano. Kankuro tirò fuori immediatamente Karasu, ma i primi spilli velenosi furono bloccati da una barriera di sabbia. -Anche tu! E tu!- stava rantolando il Kazekage vedendo i figli tutti riuniti -I miei figli! Come potete farmi questo?Temari spazzò con il ventaglio la sabbia che teneva stretta la gola di Gaara. Non c'era momento di sincerarsi su come stesse, aprì il ventaglio completamente e lo mise come scudo tra loro due e la sabbia del padre. Kankuro si era fatto più agguerrito, ma non tirava fuori anche le altre due marionette. Gaara si rialzò e allora Temari si gettò nel corpo a corpo. Mentre lei lo distraeva in questo modo, il più piccolo riuscì a bloccargli i piedi con due braccia di sabbia e Karasu finalmente lo colpì con degli spilli anestetizzanti. -Maledetti- fu l'ultima parola che disse il loro padre, prima di cadere dentro la pancia di Kurori fatta apparire apposta. I tre fratelli si sorrisero. Ora bisogna accertarsi di tutte le altre postazioni, ma proprio in quel momento cominciarono a comparire i capi degli altri gruppi, non tutti ma una buona percentuale. -Gaara-sama, la missione è compiuta- diceva uno, mentre l'altro faceva il rapporto a Kankuro. Bisogna andare in cerca o in aiuto dei pochi assenti, però la situazione poteva dirsi sotto controllo. Almeno così era parso a Temari che non si voltò del bene e guadagnò l'uscita. Corse più velocemente che poteva fino al piano terra dove, una volta superata la porta fu finalmente all'aria aperta. Le sentinelle erano ancora al loro posto, nonostante, pensò Temari, ci fossero stati rumori di battaglia provenienti dai piani di sopra. -Il Kazekage vi vuole tutti al piano di sopra, sta richiamando tutte le unità- gridò con veemenza. -Ma il prigioniero, signora?- protestarono indicando Shikamaru ancora appeso a quella maledetta parete. Per la kunoichi fu involontario l'alzare gli occhi dove loro avevano indicato e per un momento ebbe l'impulso di sventrare quei due uomini che le facevano perdere tempo prezioso. -Ci bado io al prigioniero. Muovetevi- urlò nuovamente. I due, ancora interdetti, si avviarono verso la porta con una lentezza che a Temari parve insopportabile. Una volta scomparsi dalla vista saltò sul muro e raggiunse Shikamaru. La crema della sera precedente aveva fatto qualcosa. Il viso era tanto arrossato quasi bollente, ma non somigliava a quella carne grigliata dei precedenti ostaggi. Avvicinò l'orecchio al petto, ma forse a colpa del suo che batteva in maniera forsennata non fu certa di averlo sentito. Allora lo spostò sulla bocca e rinfrancata sentì il suo respiro infastidirle il timpano. Questo per ora bastava. Prese un kunai e molto lentamente tagliò le corde che lo tenevano issato. E come la prima volta se lo issò in spalle. Doveva sbrigarsi e portarlo via da là. Sapeva che non tutti poteva essere sistemato così velocemente e Konoha era ancora un nemico. Fece il più presto possibile per portarlo fino in camera sua. Una volta dentro lo appoggiò sul lenzuolo bianco, lui così sporco e scuro. Chiuse la porta a chiave. Gli tagliò i vestiti con una forbice che aveva preparato facendolo rimanere solo in mutande e poi con una spugna imbevuta d'acqua, cominciò tamponargli in ogni parte per pulirlo ed evitare infezioni. Gli rifece la fasciatura alle mano e cominciò cospargerlo di una strana lozione che avrebbe dovuto dargli sollievo alla pelle e allo stesso tempo evitare che si staccasse. Era diviso in due zone: quella dove il sole l'aveva colpito e quella dove c'erano stati gli indumenti a proteggerlo. 219 Una volta terminato il possibile, Temari si sentì impotente. Non aveva più nulla da fare. Tutto ciò che era stato nelle sue conoscenze e nelle sue possibilità l'aveva fatto. Gli mise un altro lenzuolo leggero sopra e sperando che non peggiorasse e di aver fatto il meglio per lui, lasciò la stanza per prendere in mano la situazione I giorni seguenti furono giorni caotici. Nessuno sapeva cosa fare chi seguire e lei e i suoi fratelli si affaccendavano per ristabilire l'ordine nel villaggio. Tutti i protagonisti del vecchio regime giacevano in prigione, mentre i ribelli ricoprivano i loro incarichi alla guida. Fu il momento dei discorsi alla folla e della legittimazione del potere di Gaara che era stato scelto da tutti come nuovo Kazekage. L'opinione pubblica pareva ben volere questo cambio di regime e uno dei primi messaggi che fu inviato fu quello al Quinto Hokage. Pochi giorni dopo, la pace veniva fissata. Temari doveva essere sempre accanto ai fratelli e molte cose ora le venivano richieste, ma non smetteva di occuparsi di Shikamaru che ancora giaceva nel suo letto. L'aveva fatto vedere dai medici che gli avevano messo la flebo e avevano curato con il chackra le ferite causate dalle torture. Non c'era voluto molto per steccare le dita rotte e la pelle anche se morta, aveva un aspetto migliore. Si cominciava a spelare pian piano, ma i medici continuavano a dire che era stato un miracolo che non si fosse ustionato più gravemente e si complimentarono con Temari per l'uso di quei prodotti. Gli aveva fatti lei. Era un'appassionata di botanica e nelle serre di Suna, si era divertita a creare creme e unguenti per le funzioni più disparate. Era felice che fossero state d'aiuto. Purtroppo nessuno le aveva potuto dire come sarebbe stato Shikamaru al risveglio. Poteva essere diventato pazzo o aver subito gravi disturbi al cervello e la ragazza a volte era combattuta se sperare o no che si svegliasse. Molto spesso pensava alla famiglia del ragazzo, che a guerra finita e tra pochi giorni, sarebbe venuta a cercare il figlio. I pochi racconti di Shikamaru le giravano per la testa e la angustiavano. Chissà se sarebbe riuscita consegnarglielo come gliel'avevano dato. Una mattina, prima di andare in riunione, Temari gli stava accarezzando il viso, togliendo le pellicine dell'epidermide morta che era stata esposta al sole. Il medico aveva detto che poteva farlo e solamente dopo avrebbe dovuto mettergli qualcosa per proteggerlo. Le tende come al solito era tirate e stava distesa accanto a lui nella penombra. Aveva una mano appoggiata sul petto e con l'altra si stava muovendo leggera sul viso. Ad un certo punto, Shikamaru strizzo gli occhi e borbottò qualcosa come la bocca impastata. Scosse la testa lentamente e subito Temari si staccò da lui, impaurita. Lo vide aprire gli occhi lentamente, vagarono un po' per la stanza e poi si fermarono sul suo viso. -Shikamaru, come stai?- mormorò lei. Lui la fissò ancora per un po', sbatte le palpebre e poi con un lagnoso suono, le disse: -Che seccatura. Perché mi hai svegliato?E lei prontamente: -Non puoi mica poltrire tutto il giorno!- sorrideva in maniera buffa, pensò lo shinobi: aveva strizzato gli occhi e allargato la bocca così che si vedessero le due file di denti bianchi. L'altra cosa che fece fu quella di chinarsi su di lui e baciarlo. -Tra qualche giorno arriverà la tua famiglia. Gli dovrai parlare di me- fece scaltra mentre lo aiutava a mettersi seduto su una pila di cuscini. Quello la guardò sgranando gli occhi e poi sorridendo, sconsolato e sconfitto si lamentò: -E chi la sente mia madre!- 220 Aphael Smoking in the dark La fanfic viene scritta per lo ShikaTemaDay 2011 indetto dalla BlackParade. La relazione tra Shikamaru e Temari viene vista sotto una luce più tormentata e reale. Osservando le scene dal punto di vista del ragazzo riusciamo a capire i suoi sentimenti e le sue frustrazioni verso un letto sempre troppo vuoto. L'atmosfera viene resa perfettamente dal buio della notte e dalla solitaria sigaretta accesa che innalza un triste pinnacolo di fumo. Una porta si chiuse nella notte con un leggero cigolio. Il sonno di Shikamaru si interruppe ed il suo corpo da ninja ben addestrato era pronto a recepire qualsiasi segnale di pericolo. Asuma gli aveva insegnato a simulare il sonno profondo ed a far scivolare velocemente una mano sotto il cuscino per sfiorare il metallo del pugnale. Ma, quella sera, Nara rimase immobile lasciandosi sopraffare dal pesante torpore del dormiveglia come se fosse una voluminosa coperta invernale. Dopotutto non aveva alcun bisogno di concentrarsi per sapere chi avesse chiuso la porta: era stata Temari che, dopo esser stata con lui, sgattaiolava via prima che facesse giorno. Ormai non sarebbe più riuscito a raggiungerla, ed aveva smesso di provarci. Non era da considerarsi come una minaccia per la sopravvivenza, solo per il proprio orgoglio. Nessun altro nel villaggio si sarebbe accorto di quel rumore e la cosa lo infastidiva. Rotolò sul lato opposto del letto e nascose il volto nell'altro cuscino schiacciandolo sotto di sé, profumava ancora di gelsomino; solo l'odore del suo shampoo rimaneva a fargli compagnia fino al mattino. Avrebbe desiderato che ci fosse ancora lei sul quel cuscino e non solo il profumo di fiori. E, senza rendersene conto, sfiorò la stoffa perdendosi nel ricordo di Temari che sorrideva maliziosa al tocco delle sue carezze. Quell'immagine fu talmente vivida da farlo di nuovo eccitare ed invece di goderne lo rese ancora più frustrato. Stizzito si sollevò sui gomiti ed 221 accese una sigaretta per cancellare quella dolce presenza. Non si sarebbe torturato un attimo di più. La debole luce del fiammifero mostrò per un istante la stanza solitaria poi tutto tornò nell'oscurità, nulla provava che ci fosse stato qualcun altro insieme a lui: a terra c'erano solo gli abiti di Shikamaru gettati alla rinfusa, in bagno c'era solo uno spazzolino e sul lavello della cucina c'era solo un bicchiere in attesa di essere lavato. Era da solo a fumare nel buio dove prima erano stati insieme. La loro prima volta era stata talmente inaspettata che lei era scappata via per l'imbarazzo del giorno dopo, la seconda volta avevano litigato piuttosto furiosamente e se era andata sbattendo la porta, la terza volta era entrata di nascosto sorprendendolo nel sonno ed allo stesso modo era scomparsa. Aveva contato da allora 16 notti passate insieme ma nessuna mattina. Inalò una profonda tirata di tabacco riempiendosi la bocca e la gola. Lei odiava che fumasse a letto e non faceva che lamentarsi che non gradiva il sapore dei suoi baci, eppure poteva scommettere che alla fine non le dispiacessero per niente. Chiuse gli occhi e non poté evitare di ricordare di come lei lo aveva svegliato quella notte. La luce era appena stata spenta ed il libro di strategia militare era stato abbandonato sul comodino e lui stava aspettando di addormentarsi abbracciando il cuscino. Ed ecco che Temari aveva chiuso la porta dietro di se il più silenziosamente possibile, ma non abbastanza per un ninja come lui. Aveva comunque finto di dormire ascoltandola spogliarsi: trovava il fruscio ovattato del tessuto come un perfetto preludio alla grande sinfonia a seguire. La ninja voleva sempre svestirsi da sola e doveva essere lei a volerlo per prima, era come se nell'oscurità si sentisse padrona di se stessa e pure di lui. Ed a Shikamaru non dispiaceva quel gioco di potere. Senza fare rumore aveva gattonato sopra il letto fino a raggiungerlo al suo fianco. - Lo so che sei sveglio Nara, non ci provare a prendermi in giro. - Aveva detto in un sussurro baciandogli le spalle nude. Adorava il suo modo di parlare schietto ed un poco impertinente, da lei non sarebbero arrivate bugie e non si sarebbe persa in chiacchiere inutili, Temari era una donna genuina. Forse in pubblico un po' rigida nelle dimostrazioni d'affetto ma in privato molto calda ed appassionata. Non c'erano mai parole di troppo tra di loro, specialmente di notte. Se all'inizio erano impacciati e silenziosi per l'imbarazzo adesso erano come in simbiosi e le parole erano superflue, l'uno sapeva già cosa desiderava l'altro ed ogni sperimentazione era accolta con curiosità ed entusiasmo. Non avevano pianificato di arrivare a quel punto ma la situazione l'aveva reso quasi inevitabile. Da una parte c'era l'età: Temari scherzava spesso sotto le coperte che lui fosse ancora minorenne e mantenere segreta la loro storia rendeva tutto più divertente; dall'altra parte c'era la guerra, tra il Villaggio della Foglia e quello della Sabbia non c'erano problemi, ma nessuno dei due aveva voglia di ufficializzare la cosa per poi essere sfruttata come tramite politico. 222 Shikamaru aveva ben analizzato la situazione e se pur razionalmente sapeva che non aveva senso cambiasse nulla, emotivamente stava iniziando a stufarsi. Non avrebbe mai creduto di essere un tipo possessivo o geloso eppure aveva desiderato sempre più spesso di rendere chiaro a tutti che stavano insieme. Eppure, ancora una volta, era da solo a fumare nell'oscurità. 223 Clahp It’s Friday I’m in love Il racconto è stato presentato per l'iniziativa “Amore e tosse non si possono nascondere” a tema libero. È stata affiancata la canzone dei The Cure “Friday I'm in love”, infatti il filo rosso della storia è la descrizione dei venerdì di Temari e Shikamaru durante la guerra. Diversamente dal manga, non si tratta di uno scontro rapido, ma invece la lotta contro Madara Uchiha si protrae per mesi separando i amanti destinati a missione diverse. Solo il fatidico giorno del venerdì riescono a stare insieme e vivere la loro agitata vita di coppia. Queste scorci ci vengono fatti pervenire non in ordine cronologico, espediente che aiuto il lettore a rimanere con il fiato sospeso fino al termine. I don't care if Monday's black, Tuesday, Wednesday heart attack Thursday never looking back… It's Friday, I'm in love. [Sesto venerdì] I due ragazzi urlavano sempre più; le loro grida avrebbero ben presto fatto scoprire la loro posizione al nemico –non bisognava fidarsi di nessuno, in quei tempi, di nessuno, nessuno-, tanto che i più anziani del reggimento iniziarono a storcere il naso mentre erano a cena nelle proprie tende. Ma il gruppetto di persone lì presenti non poté proprio fare a meno di osservare la stessa scenetta che si presentava, puntualmente da sei venerdì a quella parte, fra il loro comandante e la sorella dell’altro comandante. Avevano urlato nella tenda di lui per una buona mezz’ora –per quanto fosse incredibile, i due erano insieme da qualche mese ormai- e adesso s’erano trasferiti nella piccola radura di erba dove i soldati più giovani erano soliti riunirsi all’ora di cena, intorno a un fuoco. «Oh, e pensare che questo è il nostro capo!» osservò lei, ridacchiando, e beandosi del fatto che tutti là attorno guardassero il suo pieno trionfo. Aveva assunto la sua solita posa saccente e beffarda: braccia incrociate al petto, sorrisino superbo e sopracciglio alzato… quella posa che a lui dava così tanto fastidio… e lei lo sapeva, e lo faceva proprio a posta… «Lui, questo ragazzino! La mamma ti ha dato da mangiare, tesoro?» Shikamaru rimase dov’era, sbracato sull’amaca, a sonnecchiare. E questo suo modo ameba e indifferente di comportarsi la faceva così tanto arrabbiare… e lui lo sapeva, lo sapeva, sì, e proprio per questo non reagiva e non rispondeva… «E neanche risponde!» berciò l’altra, iniziando a scaldarsi sul serio. Kiba ridacchiò, strizzando l’occhio a Naruto, che tuttavia non rispose con la solita allegria di sempre; sembrava preoccupato. Scambiò un veloce sguardo d’intesa con qualcuno fra la folla. «Oh scusa» borbottò Nara dopo un po’, come se si fosse appena svegliato «hai detto qualcosa? Il mio cervello non capisce il gallinese…» E rise, soddisfatto… Lei allargò le narici, e gli occhi le dardeggiarono. «Gallinese?» chiese, a denti stretti. «Oh sì, sai» blaterò lui, per poi fermarsi a causa di un enorme sbadiglio «la lingua delle galline, insomma.» Temari s’avvicinò; Naruto, se possibile, impallidì ancora di più. «Ma che strano» boccheggiò la ragazza «io non vedo proprio galline qui…» Lui la guardò, gli occhi impastati di sonno, e la voce monotona. 224 «Be’, vuoi uno specchio?» Alcuni ragazzi, ancora di più, risero. Temari strinse i pugni; no, quel dannato idiota non avrebbe avuto l’ultima parola, no… La ragazza sapeva essere glaciale quando voleva esserlo; e, con una o due parole, lo avrebbe messo in riga senza problemi. «…Una gallina brufolosa, per di più» continuò senza problemi l’altro, dandole una rapida occhiata al volto. «Temari, hai un’emorroide sul volto, per caso?» domandò poi, molto serio, indicando il (grosso) brufolo proprio al centro del mento della ragazza. Lei non si scompigliò né s’intimorì di fronte allo scoppio di risa dei ragazzi; anzi, allargò il sorriso maligno e si avvicinò al ragazzo. «Probabilmente sì, ma… tu, Nara, hai un’emorroide per volto?» ribattè. Le risate dei ragazzi aumentarono; i due continuarono su questo tono per un buon quarto d’ora, lui sbadigliando e borbottando qualcosa, e lei rispondendo a tono, causando l’ilarità generale in quei giorni tanto bui e tristi… ci furono schiamazzi, urla, risate e variopinte pacche sulle spalle; qualcuno mandò perfino un fischio per quella bella ragazza. Shikamaru s’infastidì (per le ripetute risposte intonate, per l’umiliazione subita da parte di una ragazza o per il fischio alla sua ragazza, difficile dirlo): s’infervorò di colpo e scese dall’amaca con una velocità impressionante, guardandola adesso arrabbiato. «Ti diverti a fare uno spettacolino davanti a tutti, Temari? Ti diverte, questa cosa?!» Lei aveva ancora impresso sul volto il sorriso beffardo di prima, e non aveva ancora registrato il repentino cambio d’umore di lui. Sbatté le palpebre per qualche secondo, perplessa; alle sue spalle, Ino schioccò pesantemente la lingua, guardando male l’amico. «Scusa?» chiese poi lei, evidentemente non ancora in sé. Gli altri ragazzi, conoscendo bene quanto potesse essere funesta la sua ira, trattennero il respiro. «Oh, andiamo, Temari!» fece Nara, quasi esasperato, gettando gli occhi al cielo e allargando le braccia per aria. Sembrava frustrato e angosciato per qualche motivo, e sembrava inoltre che questa fosse la prima volta che ne parlasse da molto tempo. «Non ci vediamo da una settimana, ci vedremo oggi solo per quattro ore, e tu fai così?! Fai così?!» Non aveva niente della solita flemma di Shikamaru Nara; non aveva la sua calma, la sua logica, il suo raziocinio. La ragazza lo guardò, ancora convinta che stesse scherzando; e anche lei, stranamente, non aveva parole per rispondergli adesso. Qualcuno tuttavia iniziò convulsamente a ridere; e pian piano, dalla folla lì presente sbucò Naruto, che si avvicinò alla coppia, sempre ridacchiando. «Questo cretino!» disse, mentre il suo viso infantile si contorceva sempre di più. «Ok, ok, Shikamaru, hai vinto. Tieniti i soldi, che palle.» E così dicendo estrasse dal solito portamonete a forma di rana qualche spicciolo e una banconota rattrappita. Temari lo fulminò con i suoi occhi chiari: se uno sguardo avesse potuto uccidere, Naruto sarebbe morto all’istante. «Soldi?» chiese solamente, fredda. «Oh, sì» blaterò, avvicinandosi all’amico e dandogli una poderosa pacca sulla schiena. «Devo dire che non avrei pensato che l’avrebbe fatto…» e qui ridacchiò ancora «ma ha avuto coraggio… sì, questo bisogna dirlo, ha avuto coraggio.» Il diretto interessato, nel frattempo, era come se fosse tornato in sé; ora respirava molto profondamente, guardando l’amico in maniera imperscrutabile. «Coraggio?» fece ancora, sempre più gelida. «Oh, Temari, era una cosa da ragazzini» continuò l’altro «avevo detto che non avrebbe mai avuto il coraggio di farti fare una figuraccia eclatante davanti a tutti… invece, a quanto pare, ce l’ha avuto. Ho perso, eh.» Shikamaru ora era proprio pallido; la guardò, deglutendo. Parlò solo dopo qualche secondo. «Che palle che sei Naruto… stava andando così bene…» disse poi, sbuffando. 225 Un lieve pizzicore al gomito fece girare la ragazza interessata; Sakura s’era appena messa al suo fianco. «Sono uomini» le ricordò. E rise. Ma Temari guardò Shikamaru, ancora e ancora. Che cosa stava succedendo? Quanto era idiota… era tutta una messinscena! Ma sì, erano i loro soliti battibecchi fra fidanzati, né più né meno della normale routine settimanale… «Bene» disse infine, calmissima «perché adesso non scommettete su quanti venerdì non gli parlerò?» E detto questo girò i tacchi; era talmente arrabbiata che i ragazzi antistanti all’uscita aprirono immediatamente un varco per farla passare. Shikamaru la stava ancora guardando, quando lei varcò la soglia di quella tenda; Naruto ancora rideva. [Dodicesimo Venerdì] «Sai che ci vuole, per rilassarsi?» disse Sakura, allegra, alzandosi di scatto dalla tavola. «Fronte Spaziosa, ma dici a lei o a te?» commentò Ino, per poi ridacchiare. Sakura socchiuse comicamente gli occhi. «Maial-Ino, almeno io dei consigli sensati li do…» ribatté, orgogliosa. «Ma per favore!» la bloccò l’altra, alzandosi a sua volta di scatto e guardandola molto seriamente. «Non ti stai ferma due secondi, parli in continuazione, sei isterica, inoltre non ti si può parlare… e sarei io quella che non dà consigli sensati?!» «Per tua informazione, in quella maledetta Squadra Speciale c’è il mio fidanzato, che sfortunatamente è anche il fulcro di –» «Oh, ma certo, che idiota! C’è Naruto in quella missione, c’è solo Naruto! Che strano, avevo sognato ci fossero anche i miei due migliori amici, nonché compagni di squadra, a fargli compagnia, e invec–» «Sakura, Ino!» urlò Temari, satura di quella discussione. Lei non urlava mai: bastava il suo sguardo o il suo tono a far raggelare le persone. Le due si zittirono, e si sedettero, borbottando scuse più o meno sentite. «…Dicevo» riprese dopo qualche minuto Sakura, come se niente fosse accaduto «… sai cosa ci vorrebbe per calmarsi? Un po’ di te.» E si alzò dal tavolo per andare nella cucina antistante a preparare qualcosa. «Ah, Fronte Spaziosa, sei proprio una brava donnicciola di casa» disse poi Ino, a voce alta, affinché lei la sentisse da dietro la leggera tenda che divideva le due piccole stanze. «Quel biondino lì avrà proprio una buona e brava mogliettina…» Evidentemente Sakura s’era imbarazzata per la battuta; si sentì roteare un cucchiaino e la teiera. «Stupida bionda senza cervello… E tu rimarrai zitella, col carattere che ti ritrovi» borbottò l’altra da dentro la cucina. Continuarono su questa riga per un po’; erano evidentemente entrambe molto contente che fosse di nuovo venerdì. Se durante la settimana (soprattutto il sabato o la domenica) non facevano altro che litigare o rimbeccarsi, il venerdì mattina andavano d’amore e d’accordo –per come potevano andare d’amore e d’accordo Sakura Haruno e Ino Yamanaka, ovviamente- ed erano perfino di compagnia. Sakura entrò con un vassoio contenente tre tazzine di tè e una teiera fumante; sorrideva. La posò sul tavolino, si inginocchiò sul suo cuscino e diede le tazze alle sue amiche, 226 premurandosi di servire Ino per ultima. Bevvero in silenzio, ognuna pensando ai proprio problemi. «Ti fa ancora male la ferita?» chiese poi medic-ninja, guardando l’altra con apprensione. «La benda ieri era insanguinata, e oggi tu sei abbastanza pallida…» Temari rispose che no, non le faceva più male, che andava tutto benissimo, e che la testa non le doleva più da qualche giorno. Il discorso morì lì. Calò ancora il silenzio; era piuttosto imbarazzante. «Temari-san, su, oggi è venerdì» interruppe di nuovo Sakura, ostinata. «Non dovresti essere felice? Saranno qui fra mezz’ora.» E guardò Ino, affinché anche lei potesse aggiungere qualcosa. «Mi duole dirlo, ma lei ha ragione» incalzò quest’ultima. «Avete anche fatto pace…» Temari le guardò entrambe. Obiettivamente, erano molto gentili a prendere tanto a cuore la sua situazione; ma tutto ciò le dava un tremendo fastidio. Erano tutte e due nella sua stessa condizione; e allora perché sembrava che fosse lei ad aver bisogno di aiuto? Anche loro due vedevano il rispettivo fidanzato o amico una sola volta a settimana, e per sole quattro ore; anche loro combattevano quella folle guerra, e anche loro aspettavano il venerdì con ansia… ma perché era lei quella che veniva costantemente compatita ed aiutata dalle altre due? No, no, il suo orgoglio non gliel’avrebbe permesso: non si sarebbe ancora mostrata debole, no… «Sì» rispose, tentando di mantenere la dignità e la calma «ma non capisco perché voi due vi preoccupiate tanto. Va tutto bene, vi ripeto.» E proprio mentre diceva queste pacate parole Sakura le versò una seconda tazza di tè nel bicchierino… che si crepò. Le altre due stavano parlando e non se n’erano accorte; ma Temari vide chiaramente una secca crepa nel bordo del contenitore. Si morse un labbro. Ma che diamine… [Secondo venerdì] Quindi, quella sarebbe stata la sua vita da quel giorno a quindici settimane; quella sarebbe stata, più che altro, la vita di tutti e sei. Non che lei fosse addolorata o preoccupata… be’, a parte quel piccolo scatto totalmente imprevisto della settimana prima… ma quello, insomma, era stato causato dalla novità della cosa e dal tono grave di quel cretino del suo ragazzo, non da altro… ora era tranquilla, posata; era tornata sinceramente la Temari di sempre. Ma a discapito di tutte queste sue rassicurazioni interiori, non poteva non essere felice che quel giorno fosse venerdì… un perfetto, meraviglioso e stupendo venerdì. Il cielo era terso, non c’era una nuvola; e anche la loro guerra, a quanto pare, procedeva davvero bene. In quella settimana, stando ai più recenti bollettini di guerra, l’altra divisione dell’Esercito dell’Alleanza aveva sconfitto un’enorme parte di quello nemico che si trovava al confine fra Roccia e Sabbia. I grandi Shinobi resuscitati da Madara continuavano ad attaccarli, ma in 227 misura minore e con personaggi sempre più carenti rispetto a sei mesi prima; e fra tutti gli Alleati iniziava ad aleggiare una certa aria di speranza. Era come se si trovassero vicino alla fine di un tunnel molto lungo e molto buio; era come se quasi ne vedessero la luce. I morti, al quinto mese di guerra, erano stati talmente tanti da costringere i Cinque Kage a ridurre le iniziali cinque divisioni e tre squadre speciali in due sole divisioni (la loro, capitanata dall’Hokage e dallo Tsuchikage, e la Seconda, comandata dai restanti tre) e una squadra speciale, guidata da Kankuro; così essi si trovavano ora in una zona intermedia fra Foglia e Suono, dove avevano stabilito il loro quartier generale in un enorme accampamento composto da appena cinquemila tende. Se le loro perdite erano state tante e gravi, non meno erano quelle dell’esercito nemico: la gran parte di shinobi del passato era stata sconfitta, e la guerra pareva procedere a loro netto vantaggio. La ragazza non l’avrebbe mai ammesso, ma l’incarico di Shikamaru la riempiva di orgoglio; la missione sua, di Naruto e Choji era segretissima, e solo loro tre, le tre ragazze e i cinque Kage ne erano a conoscenza… e proprio il suo ragazzo, Shikamaru, era stato scelto per quella missione… Shikamaru… era un eroe. Se nelle prima parte della guerra lui era stato di fatto il Comandante, adesso era il Vice della Prima Divisione. Lei era così contenta… Si sarebbero visti solo quattro ore a settimana, in mezzo a una guerra e a molteplici pericoli, era vero; ma non erano più ragazzini, le sorti dell’intero mondo ninja erano letteralmente nelle loro mani, e loro non si sarebbero di certo tirati indietro… L’aveva presa bene, dopotutto. E insomma, non era niente di preoccupante… quattro ore a settimana erano tante, davvero… «Sarà, Temari, ma a me non pare che tu sia particolarmente felice di questa situazione…» commentò lui, quando lei gli fece notare la tranquillità della sua vita –a parte continui attacchi nemici e qualche copia di Zetsu squartata, s’intende- anche senza la sua figura accanto. Lei sbuffò, tignosa. Erano sbracati sull’amaca preferita del ragazzo, in quella che era la “sala dello svago” delle truppe della Prima Divisione. Shikamaru era appena arrivato, stanco e sudato; sarebbe dovuto ripartire solo tre ore dopo. «Non sei così tanto importante nella mia vita come pensi, Nara» replicò ancora. «E ti ricordo che stiamo insieme da ben poco.» Era vero: i due formavano una coppia da circa due mesi. Avevano entrambi avuto la follia di mettersi insieme proprio durante una guerra; i più anziani avevano commentato in modo molto maligno questa novità del loro comandante, cosa che a lui aveva dato parecchio fastidio, ma che a lei non faceva né caldo né freddo. «Ah sì? E come mai allora la scorsa settimana hai iniziato ad urlare quando ti ho detto della nostra missione?» …E anche questo era altrettanto vero. «Ma andiamo, Shikamaru» disse lei, alzando gli occhi al cielo «credi davvero che abbia urlato per te? Ero sotto pressione, ero molto stanca, e avevamo litigato, e così non ho capito bene quel che mi hai detto… e mi sono semplicemente sfogata…» Lui abbozzò; non aveva molta voglia di discutere –o, almeno, adesso stranamente non aveva molta voglia di avere ragione per la prima volta dopo tanto tempo… Temari notò tutto questo; e tacitamente lo ringraziò… Era così bello stare stravaccati su un’amaca, con lui, in quella guerra, in quel dolore, che tutto il resto perdeva importanza, era vuoto, era inutile, in confronto… E sarebbe andato tutto bene… lui… era il suo eroe… e il venerdì non erano concessi brutti musi o rancore… 228 [Terzo venerdì] Pioveva. Starnutì per la milionesima volta; le sue scarpe affondarono nella milionesima buca ricoperta dal fango; ed emise la milionesima imprecazione. Ma era a casa, a casa, era a casa… Varcò quella tenda a lui tanto cara; e non fece in tempo a mettervi un altro piede dentro o a dire qualcosa che una folta chioma bionda si buttò su di lui. Era bagnato, puzzava e la sua tenuta ninja era impastata di fango e polvere; ma Temari sembrava non preoccuparsene affatto. Lo baciò appassionatamente; e il suo cervello si svuotò di tutto, finalmente, si svuotò… «Se mi saluti sempre così» borbottò lui non appena si staccarono, le mani incollate alla schiena della ragazza, il viso a pochi centimetri da quello dell’altra «prometto di non finire mai questa missione…» Lei sorrise, furba; si strinse ancora di più a lui. «Ma non sapevi della mia fissa per gli uomini che puzzano? Quando sei pulito neanche ti guardo…» commentò. Rise; ed era anche solo quel sorriso che rendeva stupendi un’intera settimana così brutta e una giornata così piovosa… «Allora neanche mi vado a lavare» continuò l’altro, soffiandole nell’orecchio. Lei arrossì e piegò la testa di lato; ma ancora i loro occhi si incontrarono, e ancora le loro labbra si unirono. Sì… sarebbe andato tutto bene. Non era poi così poco il loro tempo a disposizione…! Insomma, quattro ore ogni sette giorni… andava bene, sì. Ce l’avrebbero fatta… avrebbero restitito… O perlomeno, lui sapeva che ce l’avrebbe fatta; lui doveva farcela. Era un uomo, oramai. Ma lei… Nara ricordava ancora la tremenda scena che gli aveva propinato non appena le aveva raccontato della missione affidata loro dall’Hokage; era come se Temari fosse impazzita, come se non fosse più stata in lei. Gli aveva urlato di non andare, di non partire, di lasciare Naruto da solo, visto che tanto lui aveva il Kyuubi a difenderlo, di disertare, di non lasciarla… ma quando lui aveva risposto negativamente, allora lei aveva detto di farla venire con loro, e che quella missione non poteva certo essere più pericolosa dello stare continuamente di guardia all’accampamento. E così avevano litigato, e lui era partito con un enorme peso sul cuore; ma la settimana prima, in quelle uniche quattro ore di pace, era andato tutto benissimo, tutto meravigliosamente… probabilmente aveva urlato quelle cose perché era stanca, sì… erano tutti stanchi, insomma. Lui non le aveva ancora detto quel particolare che… ma no, sarebbe andato tutto bene, insomma. Era inutile rovinare un così bell’ingresso… Ma quel giorno era venerdì: sarebbe andato tutto bene. Sì, davvero… E fu quando le loro labbra si incontrarono ancora e ancora su quella beneamata amaca che Shikamaru pensò seriamente che, a guerra finita, avrebbe fatto santo il venerdì. 229 [Settimo venerdì] E come ogni benedetto venerdì, varcò quella soglia lacera e polverosa; come ogni volta, era zuppo di fango e di pioggia, e come ogni volta si tolse il giubbotto e lo buttò sul suo zaino; maquesta volta, non camminò con il sorriso sulle labbra, né fu contento come al solito di vedere l’abitudinaria testa bionda. Lei lo guardò e lo salutò, fin troppo tranquilla per essere credibile; lui sorrise. Si diresse verso la sua tenda; si spogliò, si cambiò, si pulì e si lavò. Uscì fuori dopo un po’; lei era sull’uscio del suo tendone. L’ultima volta avevano litigato più o meno scherzosamente; se non fosse stato per Naruto, tuttavia, la cosa sarebbe stata molto più grave e… «Come stai?» Quella era la domanda che Temari gli rivolgeva sempre per prima. Lui la guardò: era dimagrita moltissimo, pallida, e i soliti codini erano legati in un’austera crocchia. «Bene…» rispose Shikamaru, grattandosi rozzamente un lato del collo, e guardandola di soppiatto. Calò il silenzio. «Non sembra.» replicò l’altra, stizzita. Seguì, ancora, un lungo silenzio. Shikamaru si sedette e si accese una sigaretta; era stremato, aveva gli occhi gonfi di sonno, ma doveva parlarle. «Mi dispiace per l’altra volta.» disse dopo un po’. Lei inspirò profondamente e gli si sedette accanto. Quanta pazienza… «Sbaglio, o Naruto ti ha provvidenzialmente salvato?» incalzò. Lui deglutì e, molto lentamente, annuì. «Ero… ero stanco, confuso, e avevo sonno… Temari, mi dispiace averti detto quelle cose… ecco, mi dispiace…» mormorò ancora. Temari lo guardò di sbieco… non era arrabbiata, ma era ancora molto perplessa dallo scatto di ira del ragazzo. C’era qualcosa che non le aveva ancora detto su quella missione, di questo era sicura; ma non l’avrebbe perdonato per come le si era rivolto. «Perché… perché ti stai scusando? Non era una delle nostre liti normali? Non era… il nostro solito modo di fare?» Nel suo tono c’era quasi una certa speranza; lui deglutì, ancora. «No. Io… io, Temari… e se…» prese un profondo respiro «se, insomma, mollassimo un po’… mollassimo un po’ la presa? Se… be’… ci calmassimo un po’?» Era proprio lì che voleva arrivare: era quello il nodo centrale della questione. Lei s’alzò di scatto, quasi il pavimento sotto di lei fosse diventato bollente; impallidì. «Che cosa?» Non sembrava arrabbiata; ma lui doveva essere un uomo, un uomo, come gli aveva sempre detto suo padre, e come mai era stato. «Allentare un po’ la presa… è una cosa ancora più folle, con questa missione… andare avanti, ecco…» Non aveva il coraggio di guardarla; e fu questo a farle battere un piede a terra e a scuoterlo. «Parlami diretto, non fare giri di parole! Non osare prendermi in giro, Shikamaru, non osare!» 230 Una nuova rabbia s’impossessò di lui, la stessa rabbia che gli si era stranamente montata addosso esattamente una settimana prima. Si alzò a sua volta di scatto, e a sua volta iniziò ad urlare. «Ma non capisci?! Guardaci! Ci vediamo sì e no quattro ore a settimana, e stiamo insieme! E’ una guerra, è già stata una follia mettersi insieme, che senso ha continuare ancora?!» Sembrava che lui l’avesse schiaffeggiata; avanzò ancora, collerica, urlando: «Ah, ora ti sembra una follia, ora?! Non mi parevi della stessa idea, quando insistevi così tanto!» pestò ancora un piede a terra. «Che cosa ti credi, che io qui stia ai fornelli o al cucito?! Non hai idea di com’è stare qui dentro, non hai proprio idea di quant’è angosciante! Non sei l’unico che rischia la vita, dei due! Tu devi solo accompagnare Naruto o sbaglio?! E con voi c’è Yamato!» «Oh, certo, deve essere terribile! Ma si dà il caso che tu sei qui dentro e non sei costretta a cambiare topaia una volta a settimana, per venire mandato chissà dove con altri tre! Sei tu, tuche non hai idea di com’è la vita lì!» Lei si riprese: stava boccheggiando. Non era da nessuno dei due urlare così tanto; ma che diavolo stava accadendo…? «Cosa vuoi dirmi, Shikamaru?» chiese infine, con voce bassa. Ma per lui fu come se gliel’avesse urlato; si prese la testa fra le mani, le passò fra i capelli, scompigliandoseli; come diavolo poteva andare avanti…?! «Lasciamoci.» Non attese una risposta; deglutì ancora, riprese le sue poche cose, e oltrepassò la solita soglia –non prima di averla guardato la ragazza che ancora era lì, a bocca aperta. [Ottavo venerdì] Era buio. Sentiva voci lontane e flebili, e un lieve pizzicore alla testa; ma dove era? E dove era quel buono a nulla del suo fidanzato quando serviva? Ma gliel’avrebbe suonate non appena l’avrebbe visto, oh, sì –stupido idiota di un Nara, buono solo a dondolarsi su quella stupida amaca… «Temari?» Fannullone, testardo, pigro, che cosa diavolo se l’era scelto a fare… «Va tutto bene. Sta inveendo contro Shikamaru, è tornata in sé» borbottò Ino, ridacchiando. Stupido ragazzo, e lei che si angosciava così tanto per lui, e lui che la ricambiava così… Urlarle quelle cose, in pubblico! A lei, poi! Se Kankuro avesse saputo qualcosa… «Certo però che ha proprio una brutta faccia. E guardale i capelli, quante doppie punte…» «Mai visto uno specchio, tesoro?» s’intromise la diretta interessata, aprendo gli occhi. Ino sorrise, rivolgendo a Sakura uno sguardo di superbia. «Visto? Ti avevo detto che stava bene.» 231 E si sedette, soddisfatta. Temari stava per replicare qualcosa –non le era andata giù quella battuta sulla sua faccia- ma lo sguardo indagatore di Sakura la bloccò: iniziò a farle una visita medica accurata. Nel frattempo, Temari si guardò intorno: erano nella tenda dove lavorava la Haruno. Molti pazienti erano distesi alla bell’e meglio su alcune brandine, e così anche lei; un leggero lenzuolo la copriva. In effetti, in sei mesi di assidua guerra Temari non aveva potuto non domandarsi come ancora non fosse finita in un ospedale. Il giorno prima –ma che giorno era quello, in effetti?- la loro divisione aveva subìto un enorme attacco a sorpresa da parte delle truppe nemiche; era dalla sera precedente che continuavano a combattere nelle immediate vicinanze dell’accampamento. Sakura e Ino avevano combattuto a contro due potenti ex Mukenin della Nuvola ricomparsi grazie all’incantesimo di Madara; lei e altri ragazzi se l’erano invece vista con circa cinquecento copie di Zetsu. Il suo ultimo ricordo era di Kamatari, la sua donnola, che faceva razzie di umani e copie… «E’ tutto apposto… più o meno. Ti sei rotta una costola e un braccio, ma te li ho aggiustati con il mio chakra; hai però perso moltissimo sangue alla testa, è per questo che sei svenuta… Hai preso una bella botta, Temari-san» disse infine Sakura, distogliendo il fastidioso sguardo su di lei e rimettendo le bende a posto. La ragazza si tastò il capo lì dove le faceva male: vi trovò una grossa benda che copriva quella che sembrava una sutura. Non aveva minimamente male al braccio o alla costola, sebbene a ben guardare fosse coperta di lividi proprio in quei due punti. Temari guardò l’altra: ancora una volta, la sua esperienza aveva salvato un membro della famiglia Sabaku… da quando aveva avuto quella conversazione privata con lei, Sakura le andava molto più a genio. «Grazie, Sakura.» mormorò solamente. L’altra sorrise; aveva un labbro spaccato e un profondo livido sotto l’occhio sinistro… pareva anche molto pallida e meno vivace del solito. «Oh, mi è parso di sentire anche un “grazie Ino per avermi trovata e portata dal maiale rosa”! Sakura, non l’hai sentito anche tu?» Temari assottigliò gli occhi… e rise. Era un fenomeno talmente raro e inaspettato, soprattutto in guerra e nelle condizioni in cui la ragazza versava, che Ino rimase a bocca aperta. «Be’, prego, Ino» mormorò poi. E anche Ino, in fondo in fondo, doveva ammettere che non era tanto male… voleva spesso apparire frivola e capricciosa, ma molto meno di quanto in realtà lo fosse; litigava con chiunque, da Temari a Sakura a Shizune, ma sapeva –in un qualche modo bizzarro e incomprensibile- farsi volere bene; e inoltre era… Ma perché Sakura era così pallida? E perché non aveva risposto alla provocazione di Ino? E poi… «Insomma, mia cara rivale, ci hai fatto stare così tanto in pensiero! Ah, io e la cozza rosa abbiamo sconfitto i due rozzi, ovviamente, e senza tanti pensieri; e adesso godiamoci un po’ i festeggiamenti, che ne dici…? » blaterò Ino, a una velocità impressionante, continuando a guardarla e a sorridere. Afferrò poi una piccola bottiglia vicino a lei, si alzò dal cuscino su cui era seduta e le si avvicinò. «Abbiamo vinto una grande battaglia! Saranno stati almeno cinquecento! Prendi il sakè, te ne ho portato un po’…» Temari non ne aveva molta voglia, ma accettò di buon grado: il sakè le piaceva… inoltre aveva parecchio mal di testa, e sapeva che Ino –che era testarda quasi quanto lei- non l’avrebbe mollata finché non avrebbe bevuto quel liquore che lei le aveva portato a discapito dell’integrità dello smalto delle sue unghie… la cicatrice sulla nuca le pizzicava da morire… era parecchio intontita… Un lieve rumore lontano indicava che i festeggiamenti per la vittoria erano ancora in atto; si sentiva la musica, gli schiamazzi dei suoi compagni, il pavimento calpestato per le danze… 232 Bevve il sakè dato da Ino: un lieve benessere si diffuse nel suo corpo malconcio: avevano davvero vinto una battaglia, e lei aveva dato una valorosa mano alla situazione… Guardò la finestra: era notte fonda… Già, era notte… era notte… notte, ma di che giorno? «Sakura» fece d’un tratto, tornando improvvisamente pallida come un quarto d’ora prima «ma che giorno era oggi?» Sakura e Ino impallidirono. Era evidente che era proprio quella la domanda che meno volevano fosse fatta. «In… in che senso, Temari, scusa?» borbottò Ino, arrossendo lievemente, e sorridendo. «In quale senso, secondo te?! Ho dormito per parecchio tempo… e adesso è notte. Che giorno è stato, oggi? Oggi, il giorno della battaglia, che giorno era?!» Le due si guardarono velocemente. «Be’, non lo so, non… non ricordo…» continuò la prima, sempre guardandola con cortesia; Sakura sembrava incapace di parlare. Temari andò su tutte le furie: odiava essere presa in giro, e ancora di più odiava essere trattata come una debole… voleva riscuotersi da quella sonnolenza… «Non prendermi in giro, idiota! Era venerdì, oggi, non è vero?!» sbottò. Ino stavolta non resse: ammutolì. Il suo silenzio fu per Temari più pesante di un insulto: si prese la testa fra le mani, intontita. «Sì… sì, era venerdì. Ma… loro… non sono tornati.» annunciò infine Sakura, sempre più pallida. Fu allora che Temari fu attanagliata dalla paura: dov’era Shikamaru, che fine aveva fatto? Perché quel venerdì non erano tornati come sempre, per poi sparire dopo quattro maledette ore? Perché, perché non era passato da lei…? L’ultima volta che si erano visti avevano litigato, si erano anzi proprio lasciati: e se l’ultima cosa che lei gli avesse urlato erano quelle brutte parole, e se lui fosse…? «Ma… ma non vuol dire niente» ribattè Ino, rivolta a se stessa e a entrambe «domani manderemo un messaggio all’Hokage… e… e vedrete che ci dirà che lei stessa aveva programmato questa cosa, insomma, e che questa settimana non dovevano proprio tornare. Vedrete…» [Quarto venerdì] «…E un brindisi alla mogliettina più brava di tutte, nonché la più brutta!» Ino non fece in tempo a finire la frase che Sakura le diede un poderoso calcio sotto il tavolo. «Cozza, zitta!» borbottò poi, facendole una linguaccia, e riprendendo a ridere. Lei, Ino e Temari si erano concesse un pomeriggio di riposo dagli obblighi dell’accampamento, e adesso stavano brindando nella piccola cucina (situata accanto alla tenda che le tre dividevano) con il poco sakè rimasto loro. 233 «Ah, ma se continui così, cara mia, tu e il biondino sarete secondi solo a Temari e Shikamaru come pucci pucci… E’ o non è vero, eh?» disse poi Ino, vivace come ogni venerdì, guardando la diretta interessata. Quest’ultima sbuffò e fece un ironico sorriso, che non si allargò tuttavia agli occhi freddi. «Non volevo farti ridere, volevo farti parlare» ribatté la prima, civettuola. «Ma neanche per sogno, mia cara…» fece lei, continuando ancora a sorridere falsamente. «Oh, andiamo, Temari-san!» fece poi Sakura, alzando gli occhi al cielo. «Potresti anche confidarti un po’!» Temari la guardò. Ma come diavolo le era venuto in… «Guardi sempre me e questa qui» e rivolse una breve occhiata di sfida alla biondina accanto a sé «come due spine nel fianco. Ma si dà il caso che anche noi siamo coinvolte in questa dannata storia almeno quanto te… o non è vero?» Lei la guardò. Non era un ragionamento del tutto arbitrario… e non ci aveva mai pensato; aveva sempre reputato che fosse l’unica a star male, e parecchio, per quella situazione. Non disse niente; il suo orgoglio però urlava. «Sappiamo di essere casiniste, ecco» continuò il ninja medico, tranquillamente, mentre sorseggiava un po’ di sakè «ma è l’unico modo per non… farsi risucchiare da questo ambiente, e da questa atmosfera… che bisogno c’è di tenere il muso? Già siamo in guerra, e già va abbastanza male la situazione in generale… non è meglio distrarsi fra amiche?» «Fronte Spaziosa ha ragione» confermò l’altra, continuando a mangiare cioccolata (la sua dieta quel giorno aveva deciso di prendersi una pausa). «Per carità, siamo parecchio diverse, ma ci conosciamo da tanto, e si dà il caso che tu sia la ragazza del mio stupidissimo migliore amico, perciò è come un dovere per me essere gentile con te… più o meno.» Lei le guardò ancora. In effetti, non c’era proprio alcun motivo per cui dovesse ostentare quella superbia o freddezza nei loro riguardi… no, non c’era proprio motivo. Sakura aveva ragione: già la situazione andava tanto male, che bisogno c’era di peggiorarla volutamente? Era anche vero che lei non aveva mai avuto amiche strette o intime relazioni femminili; inoltre le due erano piuttosto diverse da lei… Ino era frivola e sciocca, Sakura infantile e spesso inutile; però… forse, erano entrambe qualcosa in più… Sakura aveva salvato la vita di suo fratello una volta, e lei se lo ricordava ancora benissimo; senza di lei, Kankuro sarebbe morto. E non era stata la Foglia ad essere attaccata proprio da loro? Gaara non aveva causato molti guai, quando ancora era incontrollabile? E, volente o nolente, Shikamaru voleva davvero molto bene a Ino… «Be’…» mormorò, distogliendo lo sguardo da entrambe. Per la prima volta in vita sua, era totalmente a corto di parole. Decise di prendere il toro per le corna, e così abbozzò un sorriso (era venerdì, doveva essere felice, che diamine, il suo amore sarebbe arrivato da lì a due ore) e disse: «Ino, che diavolo è questa storia del pucci pucci mio e di quell’altro?» L’altra capì al volo e sorrise, radiosa. «Andiamo, siete sempre incollati! Non vi si può separare un minuto, e o vi sussurrate paroline dolci oppure litigate come due tredicenni!» Se avesse saputo come si facesse, Temari sarebbe arrossita del tutto; invece, le sue guance si tinsero di un leggero rosa. «Ma te le sogni, certe cose?!» disse, prendendo altro sakè. «Oh, andiamo, è quel che dicono tutti! Siete sdolcinati e zuccherosi da far venire il diabete… e poi…» E continuò così per un buon quarto d’ora; e Temari non sapeva se era il sakè, il fatto che fosse venerdì o l’aver trovato due amiche, ma non negò né smentì; risero, si presero in giro e continuarono a mangiare finché non si alzarono di scatto, avendo sentito i soliti passi pesanti che varcavano la soglia della tenda vicino a quella cucina. 234 [Nono venerdì] Varcò ancora quella maledetta tenda lisa, ancora zuppo e sporco e stanco; ma dentro non trovò la solita testa bionda ad aspettarlo. C’erano invece decine e decine di ragazzi che giocavano a freccette, a carte o a shoji; ma lei lì non c’era. Richiuse velocemente i lembi e andò altrove, sbirciando più e più volte dentro altri tendoni… finché non la trovò in una stradina laterale dell’accampamento. Lei, vedendolo, evidentemente si forzò a non corrergli appresso o a non buttargli le braccia al collo; lo fissò, sperando in qualcosa… e in effetti fu proprio lui a correre verso di lei e ad abbracciarla. «Come stai?» le chiese. Lei si sottrasse dall’abbraccio e lo studiò, ancora. «Ho… ho sentito che eri stata ferita…» continuò Shikamaru, quasi fosse una scusa. «Sto benissimo.» replicò lei, ferma. «L’altra volta mi volevi lasciare, e ora solo perché sono stata ferita fai così? Io la tua pietà non la voglio.» Fece per girarsi e andarsene; lui la trattenne per un polso. «L’altra volta abbiamo subito un’imboscata… stavo per morire.» continuò lui. Lei notò che tremava visibilmente; era pallidissimo e veramente molto magro. Ma cosa aveva? Perché non si confidava con lei, non… non le parlava? Aveva un problema, e questo era evidente… e se… «Io… io, io ho sbagliato… io… in quel momento ho pensato a mio padre, a mia madre, ad Asuma… e ho pensato a te… io non ce la faccio, non ce la faccio, non posso… stare… senza di te.» Lei guardò altrove… ma perché diamine era dovuto accadere tutto a loro? L’Hokage non poteva scegliere qualcun altro per quella banale missione? E… e non poteva scegliere anche lei? D’altra parte facevano solo la guarda a Naruto, no? Perché, perché le cose dovevano andare così… «Ti amo, Tem.» Che strano: adesso la sua spalla era zuppa, ma quella era una delle rare giornate di sole… 235 [Quinto venerdì] Naruto gli si sedette davanti e lo guardò, con i suoi occhi grandi e sinceri; lui deglutì. «Gliel’hai detto?» Shikamaru sospirò. Era mattina, e loro tre erano nell’unica stanza di quel vecchio edificio ammuffito; Yamato era andato in giro. Odiava quel posto, odiava quella missione, odiava quei continui viaggi, e odiava lo stress… «Non ancora.» Anche l’altro sospirò. «Dovresti.» «Non ce la faccio, Naruto.» L’altro sorrise, piano. «Non ce la fai a dire alla tua ragazza che forse morirai per la guerra? Ogni ragazza sogna di sentirselo dire… è una cosa molto eroica.» Ma l’altro s’alzò di scatto e prese a battere ripetutamente un piede a terra; non ce la faceva, non ce la faceva, che diamine… e quei due lì continuavano a rimbeccarlo, e… e lui non si stava per niente comportando da uomo… aveva un groppo al cuore, e non riusciva a capacitarsene; se l’avesse visto suo padre, o Asuma, che cosa – «Shiakamaru, sei un codardo.» disse tranquillamente Choji, alla destra di Naruto. L’interessato si girò di scatto, fulminandolo. «Codardo?!» «Oh, sì.» replicò l’omone, pacato. «Io e Naruto abbiamo detto a chiunque che questa missione era pericolosa, e che con tutta probabilità ci avremmo rimesso le penne… e tu l’hai detto a tutti, tranne a tuo padre, tua madre, e Temari. I primi due sono al Quartier Generale della Foglia, e va bene… ma a Temari, perché non dirglielo?» «Non… non voglio che si preoccupi… ha già due fratelli nella guerra, non le serve un fidanzato che… che…» “…che probabilmente morirà”, pensò. «Questo ragionamento è perfetto» intervenne Naruto «io stesso a Sakura ho solo accennato della pericolosità della nostra missione, ma… ma tu di tutti sei quello che rischi di più… e sei tu che ti sei proposto, no? Tu combatterai in prima linea, e dietro avrai me… in versione Kyuubi. E, insomma… perché almeno non le hai accennato quanto può essere pericoloso? Praticamente le hai detto che tu e Choji semplicemente mi controllerete come un cane!» Ma Shikamaru aveva un presentimento, un brutto presentimento, che non lo faceva dormire, respirare o vivere: era perennemente inquieto, di malumore, ben lontano dal vecchio Shikamaru che dormiva su un prato… Forse doveva lasciarla… era stata una follia, una follia a mettersi insieme durante la guerra… e pensare che aveva insistito lui! Che idiota… non se la meritava proprio… Per quale motivo continuare ancora la loro relazione, se tanto si vedevano e così poco –no, anzi, se lui sarebbe morto? Non aveva nessun senso, proprio nessun senso… doveva prendere una decisione in fretta… era giunto il momento di comportarsi da uomo. Doveva lasciarla, per il suo bene. «Promettimi che glielo dirai.» parlò poi Naruto: era serissimo. Shikamaru digrignò i denti. «Lo farò.» «La prossima settimana.» «Cercherò…» 236 [Primo venerdì] «Siamo sicuri che sono proprio loro i ragazzi di cui parlavi?» L’Hokage si girò verso i tre ragazzi di fronte a sé; li guardò, tutti e tre. Era orgogliosa di loro. «Raikage, questi sono i nostri migliori elementi» proruppe lei, sorridendo con compiacenza. «Nara, Akimichi e Uzumaki, le sorti della guerra sono nelle vostre mani.» A queste parole, i tre impallidirono; Shikamaru abbandonò l’espressione annoiata, Naruto smise di prenderlo in giro e Choji finì di sbadigliare. «Hokage… sapevamo che dovevi parlarci di una certa missione… ma non pensavamo fosse così importante» disse Naruto, quasi per scusarsi per il loro aspetto trasandato o per il loro ciondolare. Il Raikage lo guardò; lui sostenne il suo sguardo senza timore. Tsunade si alzò e si approssimò loro; sembrava così tanto più vecchia rispetto all’inizio della guerra… «Voi tre formerete un gruppetto speciale» disse «che viaggerà di settimana in settimana. Naruto, tu sarai la punta di diamante della missione… e voi due lo accompagnerete, insieme a Yamato, e sconfiggerete Madara. Questo è il piano.» Choji tossì, impacciato. «Madara? Madara Uchiha?» chiese, boccheggiando. «Voi volete davvero che noi tre sconfiggessimo Madara?» «Tsunade, è una follia, è solo una follia!» s’intromise il Raikage, battendo un pugno sulla scrivania davanti a sé. «Non ce la faranno mai a sconfiggere Madara, anche se –come vai ripetendo tu!- sono forti! E’ fuori discussione, dobbiamo mandare un gruppo di ninja più anziani ed esperti! E poi…» Ma lei lo fulminò con uno sguardo e lo fece zittire; si rivolse di nuovo ai tre. «Abbiamo trovato dove si nasconde. Abbiamo già inviato due truppe a combatterlo… ma entrambe le squadre non hanno avuto sopravvissuti. Siete la nostra speranza…» «Cosa dovremmo fare?», disse Shikamaru, che fino a quel momento era rimasto in silenzio; guardò intensamente la donna, e annuì, piano. «Abbiamo una tattica. Voi tre vi muoverete una volta a settimana… Madara ha inviato un enorme battaglione, che sarà qui fra due mesi circa, perché sa che qui si nasconde Naruto… è lui che Madara vuole» spiegò la donna, soffermando lo sguardo ora sull’uno, ora sull’altro. «Vi sposterete in continuazione, e tornerete qui una volta a settimana, diciamo di venerdì, cosicché Madara non sappia dove si nasconda il cercoterio; e, qualora venisse a saperlo, non riuscirà a muoversi abbastanza in fretta, perché cambierete continuamente postazione ogni due o tre giorni. Noi saremo qui e attenderemo la parte dell’esercito; di questo voi non dovete preoccuparvi.» E fin qui, non c’erano problemi; ma come avrebbero fatto a sconfiggere Madara? Shikamaru tamburellò le dita su una coscia, nervoso. «Vi allenerete tutti e tre insieme per superare al meglio la missione… Naruto, tu riesci già a controllare il Kyuubi, grazie all’aiuto di Killer Bee, non è vero?» 237 Il ragazzo annuì, guardando poi il fratello del suo mentore; erano uguali. «Ho fatto notevoli passi avanti… ma non riesco a controllarlo ancora completamente. Ogni tanto, specie se sotto pressione, perdo il controllo… e… e Nonna, io ho paura di non farcela. Io odio quell’uomo.» digrignò i denti e si morse un labbro, pensando ciò che gli aveva raccontato sua madre tempo addietro. «Ha ucciso i miei genitori… ed è stato lui a causarmi questa maledizione. Ho paura che vedendolo perderò il controllo…» Sia Shikamaru che Choji rimasero a bocca aperta: Naruto non aveva mai parlato dei suoi genitori... ma che diav– «Yamato sarà lì per questo» rispose Tsunade, sfoderando un sorriso materno. «Voi tre combatterete assieme, e sconfiggerete Madara… in quindici settimane… io so, lo so che ci riuscirete. Shikamaru, tu sarai il capitano» e fece uno scatto con la mano per bloccare l’intervento del ragazzo, che aveva aperto la bocca «e non accetto scuse. Choji, tu segui ciò che Shikamaru ti dirà e andrà tutto benissimo: voi due siete compagni da piccoli, vi conoscete alla perfezione, e sapete l’uno i punti deboli dell’altro. Naruto, tu combatterai Madara nella versione Kyuubi; Shikamaru lo immobilizzerà con la sua tecnica e tu lo stenderai.» Calò il silenzio. «Tutto qui? Sarebbe questo il piano?» criticò Nara, aspro. Lei lo fissò: evidentemente, era proprio la reazione che si aspettava da lui. «Oh, be’, per quanto mi riguarda, il piano è davvero tutto qui… ma altrimenti tu a cosa serviresti, Shikamaru?» Il raikage schioccò la lingua contro il palato, evidentemente ancora scettico; il ragazzo sbuffò. Si profilava all’orizzonte una rogna di dimensioni incredibili, ben più grande, forse, di tutta quella guerra… si grattò la testa, stanco; sapeva che le settimane successive sarebbero state di fuoco. «Prima che entri nei dettagli della strategia da utilizzare, tuttavia» riprese l’Hokage, tornando alla sua scrivania, e assumendo adesso un’espressione molto seria «voglio che conosciate i rischi cui andrete incontro. E’ una missione di livello ben più alto della S… dovrete lottare contro una leggenda.» deglutì, appoggiando i gomiti sulla superficie del tavolo e incrociando le braccia al petto. «Probabilmente… uno di voi, o forse di più, morirà. Pretendo che avvertiate tutti i vostri cari della pericolosità della missione… mi sono spiegata?» Li guardò ancora; e… Shikamaru si era sbagliato, o i suoi occhi chiari avevano indugiato su di lui un secondo di più rispetto agli altri? Un’ora dopo, Shikamaru uscì dalla tenda dell’Hokage, salutò Choji e Naruto (pallidi almeno quanto lui) e si diresse verso la sua abitazione. Girò un po’ per le vie dritte e parallele dell’accampamento, le mani in tasca e la sigaretta in bocca, per trovare ispirazione; di tanto in tanto si fermava per osservare il cielo e per sbuffare. Si grattò un lato della testa, impacciato… diamine… questo sì che sarebbe stato un problema… Non ci voleva, non ci voleva proprio. Non che non ne avesse voglia; era anzi allettante(e non seccante) escogitare una strategia per sconfiggere Madara, ma… La veduta dell’oggetto dei suoi pensieri bloccò il suo monologo interiore. Si trovava proprio fuori la tenda che condivideva con Ino e Sakura. «Seccatura» esordì, accostandosi a lei «devo parlarti.» Ella si girò col solito sorrisetto ironico. «Sei incinto?!» borbottò, per poi ridacchiare; la vista della sua faccia tuttavia le gelò il sorriso. Shikamaru le raccontò del colloquio con l’Hokage; era quasi arrivato alla questione centrale che lei lo bloccò. 238 «Devi partire?!» fu solamente capace di dire. «Per andare dove? Ma che storia è questa?! …Tu che cosa le hai detto?» Egli si rabbuiò. Ma che andava farneticando? «Io le ho detto che andrò, è ovvio» rispose, cauto. Lei sgranò gli occhi. «Sei impazzito?! Siamo in guerra, e voi ve ne andate a zonzo?! Ma così vi prenderanno molto più facilmente!» berciò. Aveva alzato la voce: non era da lei. «Per fare cosa poi, la guardia a Naruto? Lui ha il kyuubi dentro di sé, non c’è alcun bisogno che vi preoccupiate per lui, sa badare a se stesso splendidamente!» In effetti, lui non aveva finito il suo discorso, e in questo modo sembrava proprio che lui e Choji dovessero semplicemente scortare Naruto da un posto all’altro, onde evitare che Madara scoprisse dove fosse; e così lei aveva capito. Shikamaru esitò… doveva andare avanti, doveva dirle che in verità si sarebbero allenati e avrebbero affrontato proprio la causa di tutti i loro problemi e di quella guerra? Oppure… «Lo so benissimo, e lo sa anche lui» ribatté il ragazzo, mentre ragionava freneticamente «ma è così che l’Hokage vuole, e… e vuoi che Madara lo prenda, vuoi che arrivi al suo progetto finale prendendo tutti i cercoteri? Bee è al sicuro, ma Naruto no. Dobbiamo proteggerli entrambi, Temari.» Lei pestò un piede a terra. Ma che le stava accadendo? Sembrava inquieta e ansiosa; non era da lei scaldarsi così tanto; lo stava guardando male… Shikamaru ansimò. «Ma che cosa diavolo ti prende?!» chiese poi, disdegnando il suo comportamento. «Tu non puoi partire! Non puoi… lasciarmi sola, qui, in questo schifo!» iniziò lei, spalancando le braccia. «Che sciocchezza è questa? Avevamo detto che avremmo combattuto in guerra insieme!» «Lo avevamo detto, è vero… ma ora la situazione è ben diversa! Ma non capisci? Naruto è uno dei miei migliori amici! E c’è Choji con lui!» Lei girò in tondo, frenetica; sembrava incapace di star ferma. «Temari, Temari…» mormorò lui, piano, prendendola per le spalle. «Ma che cos’hai?» Parve calmarsi un po’; sospirò, appoggiando la fronte sulla sua spalla. «Io… io non ho nessun altro a parte te, i miei fratelli sono chissà dove… e chissà se sono vivi…» e di nuovo si arrabbiò, guardandolo male. «E io qui sono fottutamente sola! Non puoi partire, Shikamaru, non puoi!» Lui rise, una risata amara. «Sei sola?! Ma se sono secoli che Sakura o Ino tentano di fare amicizia con te! E tu le disdegni, o non è vero? E comunque, non mi pare che tu abbia mai avuto problemi a farti amici! Ma che cos’hai, Temari, che cos’hai?» ripeté. «Quelle due sono due ragazzine, non voglio averci niente a che fare» iniziò, iraconda, per poi riprendere fiato e bloccarsi. Si passò una mano fra i capelli sciolti; chiuse gli occhi ed espirò. Era stanca. «Hai… hai ragione tu…» Calò il silenzio. I due non si guardavano. «Partiremo fra due giorni» disse l’altro, tanto per allentare la tensione «e torneremo venerdì… Temari, sono solo sei giorni di lontananza, non è niente di che. Ci vedremo una volta alla settimana, e durerà solo per quindici settimane, insomma… probabilmente sarà più pericoloso per te stare qui.» Deglutì, e si sforzò di sorridere. «Io devo solo fare la guardia a un deficiente, non è proprio niente di che.» Lei s’avvicinò e lo abbracciò; sbuffò. «Portami con te» mormorò. Lui l’abbracciò a sua volta; aveva un nodo alla gola. «Non è possibile, lo sai.» 239 Temari neanche provò a ribattere; rimasero un bel po’ così, semplicemente abbracciati, senza dire niente. «Preferivo quando litighiamo. Almeno lì ho ragione io.» Lui sorrise. Eh già... [Decimo venerdì] Quei baci, quegli abbracci, quelle parole sussurrate… che cos’altro potevano significare? Lei lo amava, lo amava davvero. Aveva ventuno anni, era giovane… ma lui, lui era l’uomo della sua vita. Lo amava più di se stessa… era così perfetto, così meraviglioso, così bello… eraShikamaru… era tutto per lei. E anche se c’era una guerra, anche se questa sarebbe continuata per ancora molto tempo, anche se nelle ultime dieci settimane a conti fatti non lo aveva visto per neanche quaranta ore… a lei, incredibilmente, andava bene così. Aveva cambiato la sua vita… Era stata spesso fredda, insensibile, spietata, cattiva… ma da sei anni a quella parte, da quando aveva aiutato quel dodicenne in quella folle missione (o forse quando era stata battuta da lui qualche mese prima) era cambiata. Non aveva mai pensato che avrebbe mai potuto bisbigliare al buio certe parole, ma… Lei lo avrebbe amato per sempre… perché per sempre sarebbe durato… [Undicesimo venerdì] Era vero, ancora non gliene aveva parlato, ed era passato un mese ormai dalla promessa (o insomma, quel che era) fatta a Naruto; e tuttavia… come diavolo poteva dire a quegli occhi gonfi e affaticati che la missione di cui lui aveva parlato era in realtà molto più complicata e pericolosa di quel che sembrava? Non poteva farcela… E inoltre, insomma, mancavano solamente quattro settimane… quattro settimane, e la guerra sarebbe finita. Naruto andava alla grande negli allenamenti; procedeva davvero 240 bene… e chissà, magari ce l’avrebbe fatta… magari avrebbero davvero vinto, magari la sua sensazionale strategia avrebbe funzionato… Ogni volta che oltrepassava quella porta, poteva lasciare indietro i suoi guai; in quelle quattro ore, in quel magnifico giorno, poteva essere davvero un altro… Quando era partito la prima volta per quella missione, non sapeva ancora bene quanto sarebbe durata ancora la sua vita; ora, invece, era pienamente convinto di tutto… aver solo pensato di lasciarla era stata una scelta straziante… ci aveva provato, aveva davvero cercato di lasciarla andare… ma non era più possibile, era troppo… immischiato in quella situazione –e con enorme piacere… Era cocciuta, testarda, orgogliosa, tignosa, superba e arrogante… ma era Temari. Era la cosa più bella del mondo, era l’unica cosa vera… l’unica cosa per cui ancora valeva la pena combattere. La amava, non c’erano altre parole… e il venerdì era un giorno così perfetto, e così meraviglioso… [Tredicesimo venerdì] «Shikamaru, dai, dobbiamo andare…» Come ogni maledetto venerdì, era stato il suo buon vecchio Choji a riscuoterlo dal paradiso di quelle quattro ore; lui s’alzò dall’amaca, lasciando sola la ragazza con cui la condivideva, si stiracchiò e raccolse le sue poche cose. Andò alla sua tenda, si lavò, si sistemò un attimo e uscì; era pronto a partire. Trovò Temari proprio fuori al suo uscio, come ogni volta. «Ci vediamo fra una settimana» mormorò lui, fintamente annoiato. «Non darti troppo alla pazza gioia, eh.» Ma lei non rispose alla provocazione. Era strano; ultimamente le cose stavano andando davvero molto meglio. Da quando, un mese prima, avevano fatto pace, il loro rapporto era come rinato: erano tornati la vecchia coppia che si sfotteva e che scherzava continuamente; e lui aveva creduto che ce l’avrebbero potuta fare… ma quel giorno Temari era più bianca del solito, e si stava torturando il labbro inferiore; non lo guardava. «Non andare, almeno per stavolta» gli disse improvvisamente, guardandolo negli occhi. «Almeno stavolta, ti prego… ho… ho un brutto presentimento.» Lui sbuffò. «Oh, ancora la tazza da te che si è crepata? Andiamo, l’avrai stretta con la tua solita grazia, e si sarà rotta» borbottò, ridendo. Ma perché la situazione si era capovolta? Di solito era lui che cercava di essere serio, e lei che scherzava; adesso invece lei sembrava mortalmente preoccupata. «Dimmi che andrà tutto bene.» disse poi. «Temari, ma mi stai gufando, per caso? Guarda che se mi porti jella –» Lei non ci vide più; lo prese per la collottola e lo strattonò, forte. «Shikamaru, sono seria. Dimmi che andrà tutto bene.» Lui distolse lo sguardo, e deglutì. 241 «Manca poco, dai» disse invece «…tre settimane, e sarà tutto finito. Pensa a questo, e…» «Dimmelo.» Lei lo guardava, sostenuta. «…Tem, ti amo, lo sai?» disse solo. E la baciò; fu come rinascere, come se fosse ancora la prima volta… la strinse a sé, la avvolse con le sue spalle… e quanto avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre… Restarono così per un po’, finché la voce di Choji non si fece più insistente. Egli prese il suo zaino e si avviò; un po’ di vento sollevò la sabbia dal pavimento sporco dell’accampamento, soffiandogli nelle orecchie. Temari lo guardò andare via. Shikamaru pensò che non le aveva detto quelle parole che sperava sentirsi dire. [Quattordicesimo venerdì] Pioveva, ancora. Lei pensò che in quegli ultimi mesi non aveva fatto bel tempo che in qualche giorno: aveva continuato a piovere ininterrottamente, continuamente, senza sosta… Era così bello stare sotto lo scroscio dell’acqua, senza dover parlare o sentire o pensare… Naruto la guardò, pallido. Era zuppo dalla testa ai piedi; aveva un braccio fasciato, una orrenda cicatrice sotto l’occhio, un labbro spaccato; tuttavia, pur con il viso così tumefatto, le sorrise. «Temari» disse «entriamo dentro, dai…» Lei lo guardò. Non ne aveva proprio voglia… Da lontano, si udirono i fischi e le grida provenienti dal capannone principale, lì dove una volta c’era la sua amaca preferita; stavano tutti festeggiando la fine della guerra, cantando, ballando, urlando… Quello era un venerdì, era vero; doveva essere un giorno bello… ma non lo era, e non lo sarebbe mai più stato. E allora perché tutti festeggiavano e cantavano e ballavano? Perché il mondo non si era fermato, perché il cielo non era imploso, perché tutto continuava ad andare come sempre, quando niente sarebbe più andato per il verso giusto? Che senso aveva? Naruto e Choji erano appena tornati; e, con loro, Kankuro, Gaara, gli altri due Kage e tutti i sopravvissuti della Seconda Divisione. I primi due, quando lei un’ora prima era corsa loro incontro, l’avevano semplicemente guardata, e l’avevano semplicemente abbracciata; lei s’era accasciata al suolo… allora era vero, era vero quel che le avevano detto… Shikamaru… «Temari, Temari» aveva urlato Sakura nel suo orecchio, scuotendola, cercando di superare il frastuono della pioggia «va… va tutto bene, va bene, dai…» 242 Lei non la guardava: osservava Naruto. Stava piangendo con tutte le sue forze, in ginocchio sul fango, battendo i pugni per terra; urlava, singhiozzava e imprecava. Era come se avesse perso un fratello, come se Sasuke se ne fosse andato di nuovo… Un tocco leggero alle spalle la ridestò dai suoi pensieri: fu issata in piedi da Choji. Kankuro la guardava, preoccupato. «Devi essere orgogliosa di lui» disse il primo, pallido almeno quanto lei, e tumefatto al volto più di Naruto. «E’ morto da eroe. Ci ha salvato tutti.» E poi fu un turbinio di grida, di suoni, di pacche sulle spalle, di carezze e di sguardi apprensivi; Temari pensò che non avrebbe retto, che il cuore le sarebbe esploso; e invece resse benissimo, e le ore passarono, e le lacrime in qualche modo furono riassorbite, sostituite subito da nuove… Ma era venerdì. Doveva andare tutto bene. Disegnato da Tikkia 243 [Quindicesimo venerdì] Temari non ricordava molto di quella settimana passata. Aveva un gran mal di testa… In quel momento avrebbe dovuto essere in una riunione con i suoi due fratelli, e invece c’era andato solo Kankuro, dopo averle preparato la colazione ed averle schioccato un bacio sulla fronte; in quel momento avrebbe dovuto festeggiare la fine della guerra, visto che Madara era morto –l’aveva ucciso proprio lui… Naruto le era accanto; lui, Sakura, Ino e i suoi fratelli non la mollavano mai. Un tempo, questo le avrebbe dato fastidio; adesso, invece, la faceva stare molto meglio… «Com’è accaduto?» gli chiese quel giorno, d’improvviso, mentre sorseggiava il tè verde preparato da Kankuro (era ottimo, ma non l’avrebbe mai e poi mai ammesso). L’altro strabuzzò gli occhi. «Sei… sei sicura di…?» iniziò, ma lo sguardo fermo e sostenuto di lei dardeggiò; capì che sarebbe stato inutile temporeggiare. Così, le raccontò di quel che era successo esattamente una settimana prima: che loro, come da missione, avevano veramente trovato Madara, e che Shikamaru l’aveva bloccato con la sua tecnica d’ombra, mentre Naruto si trasformava. Raccontò del piano preparato dall’amico in quei lunghi mesi d’agonia, mentre erano sbattuti da una parte all’altra del mondo, e di come l’avevano messo in pratica; raccontò di come avesse salvato lui, Choji, Yamato e la squadra speciale venuta appositamente per loro, distraendo Madara e facendo da esca… E vedendo che Temari non rispondeva, un dubbio lo assalì. «Lui… non te ne aveva parlato?» «No.» Non era arrabbiata o triste; aveva capito da sola, in quei lunghi mesi, che la missione di cui Shikamaru le aveva parlato era molto più di quel che lui aveva detto. Era un comportamento così da lui che non se ne stupì: non avrebbe mai sopportato causare noie, proprio lui che le odiava mortalmente. Anzi, in quel momento lo ringraziò mentalmente – chissà, magari poteva vederla, dovunque fosse, o forse era solo una sciocca speranza- per non averla fatta angosciare ancora di più di quanto non fosse stata ansiosa e intrattabile. «E… senti, prima che noi partissimo per la missione… mi ha detto di darti questo. Non so cosa sia, non l’ho letto.» Le mostrò un bigliettino stropicciato, sporco e bagnato; neanche finì la frase che la ragazza già lo aveva afferrato. Temari lo accarezzò con cura… quasi potesse accarezzare la suamano… per la prima volta da una settimana, provò un unico momento di eccitazione: aveva gli occhi lucidi, tremava, era bianca… lo aprì immediatamente. Seccatura, oggi è venerdì. Quindi, “oggi” deve andare tutto bene… intesi? Guarda che sennò chiamo il caro Kanky… e sai che come rompe lui non rompe nessuno, e sai anche che io ti terrò d’occhio. E adesso smettila di piagnucolare e ritorna la solita rozza, eh? Che sennò poi sei troppo femminile e mi fai senso. Mi raccomando. Oggi è venerdì. Crybaby. 244 Rise. Ma che idiota, insensato, stupido ragazzo che si era scelta… stupido lui o cretina lei, difficile dirlo. Ma quel giorno era venerdì. E il venerdì andava tutto bene. Monday you can fall apart Tuesday, Wednesday break my heart Thursday doesn't even start… It's Friday, I'm in love. 245 rolly too Seven days La storia si dipana in otto capitoli, il primo dei quali pubblicato per il contest di EFP “Storie Edite”. Le ambientazioni del manga vengono lasciate intatte, ma nel villaggio di Suna la pace viene scossa da disordini continui. Il Kazekage viene deposto e condannato a morte. Mentre il fratello maggiore cercherà di chiedere aiuto a Konoha, Shikamaru e Temari si occuperanno del salvataggio del minore. I dialoghi sono un alternarsi tra “Mendekuse” e “Crybaby” ,un'intesa che si fa sempre più forte. Capitolo 1: Prologo “Fammi capire.” borbottò Kankuro, osservando la sorella. “Vuoi che lui resti qui?” La ragazza gli lanciò uno sguardo cattivo e annuì con vigore. “Ma certo! Dove vuoi che vada, conciato così? Deve rimanere fino a che non si sarà ripreso.” Il giovane scosse più volte il capo. “Perché non possiamo semplicemente portarlo in ospedale?” esclamò, esasperato. “Perché” ringhiò Temari “è un ninja della Foglia. Konoha, lo capisci? Lo uccideranno.” “Sì, ma a noi cosa importa? Siamo in guerra con Konoha...” “Ma abbiamo un debito con loro. Naruto ha salvato Gaara. E ora, non voglio più sentirti discutere. Vai dal Kazekage, ti vuole parlare.” concluse Temari, inginocchiata accanto ad un ragazzo privo di sensi. Gli puliva le ferite con un panno umido, ogni tanto glielo passava sul volto sudato. “Come vuoi” replicò Kankuro alzandosi e dirigendosi verso la porta. Uscì, sbattendola alle sue spalle. Temari sospirò. Gli avvenimenti degli ultimi mesi stavano rendendo tutti troppo nervosi. Quando Gaara era diventato Kazekage, Suna aveva goduto di un periodo di pace. Poi, però, il Consiglio aveva deciso che quel ruolo non era adatto ad un ragazzino che, per l'altro, aveva passato anni ad uccidere senza alcun motivo. Al suo posto era subentrato un uomo crudele e avido, che ben presto aveva trascinato il villaggio sul lastrico, e aveva dichiarato guerra a Konoha. Gli abitanti non avevano trovato il coraggio di ribellarsi al suo dominio, ma i tre fratelli della Sabbia, di nascosto, aiutavano i ninja della Foglia ad entrare clandestinamente nel Paese del Vento, e fornivano loro informazioni in cambio di cibo e farmaci, che scarseggiavano sempre più. Tre settimane prima erano riusciti a riportare Choji, che era stato ferito, nel Paese del Fuoco, e proprio in quel momento Temari si stava occupando di Shikamaru, che era stato coinvolto in un'esplosione che aveva devastato gran parte del Villaggio. Il ragazzo si mosse lievemente quando Temari prese a chiudergli un taglio con dei punti di sutura. “Shikamaru...” provò a chiamarlo, ma lui non rispose. La kunoichi chiuse per un secondo gli occhi. Non era un ninja medico e al villaggio non ne era rimasto neppure uno che non agisse per conto del Kazekage. Le ferite che il giovane aveva riportato sembravano gravi, e lei non sapeva come comportarsi. I ninja di Konoha non sarebbero tornati per tre settimane, e lei non poteva chiedere aiuto a nessuno. Gaara era stato mandato in missione da qualche parte, lontano. Kankuro invece si era lasciato trasportare troppo dalla situazione, era stato messo sotto pressione dal Kazekage ed aveva reagito male, diventando irascibile e scontroso. Continuò a medicarlo per ore, fino a che non le sembrò che il suo volto avesse ripreso colore. Si alzò, e si avviò verso la cucina. Kankuro sarebbe arrivato, sperava, di lì a poco, dato che era già sera, e avrebbe voluto qualcosa da mangiare. 246 Aveva appena iniziato a cucinare che la porta s'aprì. Andò nell'ingresso, e vide il fratello avanzare verso di lei, pallido e barcollante. Gli corse incontro, e lo aiutò a raggiungere la cucina. “Gaara...” mormorò Kankuro, facendole cenno di sedersi. “Cosa? Cosa è successo a Gaara?” domandò la ragazza, preoccupata. “L'hanno arrestato per sospetto di tradimento, e l'hanno condannato a morte. Senza processo. C'è un mandato di cattura anche per te. Credo che abbiano scoperto che nascondi Shikamaru. Io sono agli arresti domiciliari.” spiegò il fratello. Temari impallidì. “Cosa facciamo?” sussurrò. “Cosa facciamo?” “Ho pensato a tutto. Abbiamo una settimana per salvare Gaara, sarà impiccato tra sette giorni... Tu e Shikamaru dovete andarvene stanotte. Ho parlato con Baki, vi aiuterà a superare il deserto. C'è un posto dove sarete al sicuro... Starai lì. Io invece andrò a Konoha. Parlerò con l'Hokage, le chiederò aiuto.” Temari approvò il piano del fratello, nonostante vi trovasse ancora delle enormi falle. Sicuramente sarebbero stati entrambi sorvegliati, come avrebbero fatto ad allontanarsi dal Villaggio? Come sarebbero riusciti a portare Shikamaru, che era ferito e privo di sensi, al di là del deserto? Come avrebbero salvato Gaara? Era stata una volta soltanto nelle prigioni del Villaggio della Sabbia. Era impossibile scappare. Il caldo soffocante, la mancanza di aria e di acqua debilitavano i prigionieri, e c'erano centinaia di guardie ad ogni accesso. Tuttavia, bisognava tentare. “Quando partiamo?” chiese la ragazza, alzandosi. “Tra dieci minuti. Prendi solo l'essenziale.” ordinò Kankuro, e si alzò a sua volta. Iniziarono a preparare silenziosamente i bagagli. Presero ben poco; Kankuro si accontentò di un abito di riserva e delle sue marionette, Temari invece prese un abito per sé e uno per Shikamaru, dei farmaci e del cibo. Alla fine, afferrò il suo grande ventaglio. “Andiamo?” “No, bisogna aspettare Baki. Come pensi di fare a trasportare Shikamaru, altrimenti?” Rimasero entrambi in silenzio, seduti accanto al ragazzo di Konoha, che giaceva a terra. Temari respirava a fondo per mantenere la calma. Le pareva di vedere, fuori dalla finestra con le serrande sbarrate, la squadra speciale di Suna che la veniva a prendere. Le sembrava di sentire la voce di Gaara che implorava aiuto. Cosa stava facendo in quel momento suo fratello? Era solo, forse al buio... Magari non l'avevano neppure fatto mangiare, forse lo stavano torturando. Aveva letto da qualche parte, tanti anni prima, che le prigioni del Villaggio della Sabbia erano famose per la severità dei suoi carcerieri. E se Gaara avesse perso il controllo, se avesse distrutto tutto con la sua potenza? Scosse la testa. Gaara amava il suo villaggio ed ogni suo abitante, non avrebbe mai fatto male a nessuno. Guardò Kankuro. Il ragazzo fissava un punto imprecisato davanti a sé, corrucciato. Cosa sarebbe successo a lui? Era agli arresti domiciliari, e quindi era più al sicuro sia di lei che di Gaara, ma se il Kazekage avesse cambiato idea? Se avesse saputo che miravano a farsi aiutare da Konoha, che erano dei traditori, che avrebbe fatto? Aveva assistito ad un processo fatto ad una famiglia di traditori qualche mese prima. Tutto il popolo era presente. Una madre con due ragazzini, il più grande dei quali non poteva avere più di una decina di anni. Erano stati accusati perché avevano accettato del cibo dai ninja della Foglia che avevano occupato una parte del Villaggio. Prima avevano ucciso i due ragazzini, obbligando la madre a guardare. Poi l'avevano rinchiusa in carcere. Avrebbero fatto lo stesso anche con loro, se li avessero scoperti? Avrebbero ucciso Gaara e Kankuro davanti ai suoi occhi, per poi costringerla a vivere con il ricordo della morte dei fratelli? Un rumore sordo la fece sussultare. Qualcuno aveva bussato pianissimo alla porta sul retro. 247 Kankuro corse ad aprire, e si trovò davanti la figura altera di Baki. Senza dire una parola, lo fece entrare. Si avvicinarono in silenzio a Shikamaru, e Baki gli diede un'occhiata veloce. “Penso che possiamo arrivare al di là del deserto, se ci sbrighiamo, in una notte. Dobbiamo cercare di evitare di esporlo al calore eccessivo, se possiamo. Non gli farebbe per niente bene.” constatò. Non aspettò una risposta da parte di uno dei due fratelli. Si inginocchiò e lo sollevò; le braccia e la testa caddero all'indietro, come prive di vita. Si voltò verso la porta. “Andiamo, Temari.” ordinò. La ragazza abbracciò frettolosamente il fratello, poi seguì il suo maestro fuori dalla casa. La strada era deserta. Temari si sarebbe aspettata un gran numero di guardie a controllare lei e la sua famiglia. Incrociò lo sguardo di Baki solo per un istante, e la sua espressione le fece capire quello che temeva. Erano state eliminate. Una morsa le strinse lo stomaco, come accadeva sempre quando uccideva qualcuno. Quante vite era costato il tentativo di salvare lei, i suoi fratelli, e un ninja della Foglia? Baki si fermò improvvisamente, interrompendo i suoi pensieri. Anche Temari aveva sentito. Qualcuno veniva dalla loro parte. Si nascosero dietro al muro di una casa, in silenzio. La ragazza pregò perché, chiunque fosse quella persona, non si accorgesse del respiro un po' affannoso di Shikamaru e non venisse a controllare. Il cuore le batteva furiosamente in petto, nonostante apparisse tranquilla. Si tranquillizzò un po' quando le venne in mente che nessuno avrebbe potuto udire il rumore del suo cuore, a meno che non le avesse poggiato l'orecchio sul petto, cosa che lei non avrebbe certamente permesso. Sorrise lievemente a quel pensiero. Baki le fece un cenno con il capo, indicandole che si poteva proseguire. Lo seguì. Avvicinandosi alle porte del Villaggio notò un corpo insanguinato a terra. Era evidente che il suo maestro aveva già provveduto a sgomberare la strada. Arrivarono al deserto senza intoppi. Iniziarono a correre più velocemente che potevano, senza parlare, senza guardarsi, preoccupandosi soltanto di non lasciare tracce. Quando era ormai l'alba, Baki si fermò. Erano nel bel mezzo del deserto di Suna, ed entro poche ore sarebbe sorto il sole. Si avvicinarono ad un'oasi. Temari ricordava quel posto. Era lì che aveva scoperto ciò che era Gaara. Era lì che aveva visto per la prima volta Shukaku. “Baki...” mormorò. “Qui non possiamo nasconderci.” L'uomo scosse il capo. Posò a terra Shikamaru, e si avvicinò ad un'alta palma. “Neppure io sapevo che esistesse. Me ne ha parlato Gaara appena lo hanno catturato.” Temari annuì. Dopotutto, Baki era diventato una delle guardie della prigione. “Lo ha costruito lui. E' un rifugio sotterraneo, veniva qui da piccolo per non farsi trovare.” Si inginocchiò accanto al fusto della pianta, e si mise a muovere la sabbia con le mani, febbrilmente. Continuò la sua operazione fino a che non scoprì una piccola botola di legno. Temari sgranò gli occhi, stupita. Suo fratello, quando era ancora un bambino, si nascondeva sotto alla terra? Stava solo, sepolto dalla sabbia? Quanto poteva essere sicuro quel rifugio, se Gaara non poteva essere ferito? Quanto erano state curate le sue difese? Baki aprì la botola. Infilò le mani nell'apertura, e cercò a tentoni una scala, una corda, qualcosa con cui poter scendere. Alla fine, sorrise trionfante. Prese Shikamaru e iniziò a scendere. Quando fu sotto, Temari lo raggiunse. Baki estrasse una candela dalla tasca e l'accese. Aveva posato a terra Shikamaru, che si agitava nel sonno. Si guardò intorno fino a quando non individuò un interruttore della luce. Lo premette e una piccola lampadina illuminò l'ambiente. Gaara aveva avuto così tanto tempo da passare solo da essere riuscito a portare l'elettricità in mezzo al deserto? Temari osservò a lungo il luogo in cui si trovava. Il rifugio era composto da un'unica stanza, con le pareti, il soffitto e il pavimento rivestite di spesso legno chiaro. In un angolo erano sistemati alcuni orsacchiotti di peluche; compagni 248 di giochi e unici amici di un Gaara bambino che si era costruito un mondo a parte, lontano dalla sua famiglia. Nonostante la povertà dell'arredamento, che consisteva in un tavolino di legno traballante e un vecchio fornello elettrico, il posto le dava uno strana sensazione, a metà tra un profondo senso di solitudine e di accoglienza. Spostò lo sguardo su un fu ton colorato piegato in un angolo. Gaara non poteva dormire, e allora perché quello era lì? “Rimarrete qui.” disse Baki. “Quando uscirò da qui, coprirò di nuovo la botola con la sabbia, in modo che nessuno la veda. Tu togli la scala, in questo modo, se mai doveste essere scoperti, il nemico partirà svantaggiato. Vi porterò cibo ogni notte, non uscite da qui. Gaara mi ha assicurato che di giorno è fresco e che da quel rubinetto” lo indicò con il dito “esce acqua potabile.” aggiunse. “Devo andare, adesso. Mi aspettano alla prigione per il mio turno.” “Baki? Se vedi Gaara... digli che andrà tutto bene. Lo tireremo fuori di lì.” L'uomo annuì. La ragazza si morse un labbro, mentre osservava uscire. “Aspetta!” esclamò. Baki mise la testa dentro. “Che vuoi ancora? E' tardi.” “Digli anche che gli voglio bene.” Temari si sedette accanto a Shikamaru. Gli sfiorò la fronte con una mano. Era caldo, e il sudore gli imperlava la fronte. Non era sicura che fosse stata l'esplosione a causargli quella febbre alta. Tuttavia, importava poco perché gli fosse venuta, quello che era fondamentale era rimetterlo in sesto. Durante il viaggio gli si era riaperta una ferita sul petto. Il sangue scuro gli macchiava la maglietta. Temari sospirò, prese uno straccio pulito, ago e filo. Aprì il rubinetto che le aveva indicato Baki, sperando che avesse detto la verità. Inizialmente caddero solo poche gocce, poi, con immenso sollievo della ragazza, il flusso dell'acqua si regolarizzò, e lei riuscì a bagnare completamente la stoffa. Richiuse il rubinetto e si avvicinò a Shikamaru. Gli tolse la maglia, strappandogli un gemito di dolore, e si chinò sulla ferita. I punti si erano strappati. Levò quello che rimaneva del filo, pulì bene il taglio, ed iniziò a cucirlo nuovamente. Ogni volta che l'ago passava attraverso la pelle del ragazzo veniva colta da un senso di nausea, ma cercò di resistere. Da quando Gaara era stato deposto, aveva dovuto imparare a fare anche quello. Quando ebbe finito, aprì il futon e vi si sdraiò sopra. Pensò a Kankuro. Forse era già partito per Konoha. E se l'avessero preso? Se se ne fossero accorti? L'avrebbero ucciso, l'avrebbero torturato? L'avrebbero costretto a rivelare dove lei si stava nascondendo? Un gemito di Shikamaru la distolse dai suoi pensieri. Si alzò e lo raggiunse. “Ti sei svegliato...” mormorò, incrociando gli occhi scuri del ragazzo, che si tirò a sedere. “Dove sono? Cosa è successo?” domandò guardandosi intorno. “C'è stata un'esplosione al villaggio.” spiegò Temari. “Questo me lo ricordo.” replicò il giovane. “Ma poi? Cosa è successo poi?” “Ti ho trovato e ti ho portato via di lì. Ma ora hanno arrestato Gaara e l'hanno condannato a morte,” la voce le si incrinò appena “Kankuro è agli arresti domiciliari, ma è diretto a Konoha per cercare aiuto, io invece sono ricercata, quindi siamo nascosti. Siamo sotto al deserto.” “Dov'è Choji? So che quando è stato ferito l'hanno portato da voi...” “A Konoha. Siamo riusciti a riportarlo indietro.” Il giovane sospirò, sollevato. “Quindi ora io e te dobbiamo rimanere nascosti qui finché non ci saranno novità?”chiese dopo un po'. Temari annuì. “Che seccatura...” “Senti un po', cry-baby, pensi davvero che a me faccia piacere rimanere qui ad aspettare che i miei fratelli si facciano impiccare?” esclamò la ragazza furibonda. 249 “N-no...” farfugliò Shikamaru, spiazzato dallo scatto d'ira della giovane. “E allora non iniziare con i tuoi lamenti, la situazione è già abbastanza incasinata senza che ti ci metti anche tu.” Gli ci vollero pochi secondi per capire ciò che stava succedendo. La fissò; era rossa in volto per la collera, ma i suoi occhi avevano una luce di disperazione che non era riuscita a nascondere. Credeva davvero che i suoi fratelli non ce l'avrebbero fatta? A Shikamaru sembrava di sentire la preoccupazione della kunoichi, gli sembrava di poterla toccare, di poterla provare sulla sua stessa pelle, tanto era forte. Cosa voleva dire per lei essere rinchiusa sotto al deserto, senza sapere ciò che stava succedendo fuori? Cosa significava temere per la vita dei propri cari? Chiuse gli occhi. A lui non era mai capitato di temere per la vita dei suoi famigliari. Suo padre era spesso in missione, certo, ma per qualche strano motivo l'idea che morisse non gli era mai sembrata particolarmente reale. Per Temari invece era diverso, proprio in quell'istante, mentre lui, con gli occhi chiusi, ascoltava il suo respiro accelerato, stava pregando perché sia Gaara che Kankuro si salvassero. Se Ino fosse stata lì, certamente gli avrebbe consigliato di dire qualcosa che potesse tranquillizzarla, un parola gentile per assicurarle che i due ragazzi non correvano nessun rischio. Eppure, gli sembrava stupido farle notare che i suoi fratelli erano i due ninja migliori di Suna proprio quando uno dei due era in carcere e l'altro in fuga. Avere un quoziente intellettivo superiore a duecento non gli serviva a nulla, in quel momento. Aprì gli occhi quel tanto che bastava per notare che la ragazza si stava asciugando frettolosamente gli occhi con la manica del kimono. Fece finta di non accorgersene, si alzò lentamente e le si avvicinò. “L'Hokage aiuterà Kankuro, e si sistemerà tutto.” le assicurò posandole una mano sulla spalla. Lei lo fissò qualche istante, gelida. Dopo un po' lo sguardo le si addolcì, e gli occhi le si riempirono di lacrime. Tuttavia non pianse, le ricacciò dentro, si fece forza ed annuì. “Ma Gaara? Cosa può fare l'Hokage per Gaara?” A quella domanda Shikamaru non seppe trovare risposta. Sapeva benissimo che le probabilità di sopravvivenza del ragazzo erano bassissime. Per qualche strano motivo era certo che la sabbia non sarebbe intervenuta, in caso di un'impiccagione. Dopo l'estrazione di Shukaku, la sua difesa si era mostrata sempre più inefficiente. Inoltre, gli shinobi di Konoha non avrebbero fatto in tempo a fare nulla. Anche Temari sembrava averlo intuito. Shikamaru sapeva perfettamente che non era una sciocca, probabilmente aveva già calcolato le probabilità che aveva suo fratello di sopravvivere. Erano infinitesimali, a conti fatti. Un violento capogiro costrinse il ragazzo a sedersi a terra. Lei gli si inginocchiò accanto, preoccupata. Non disse nulla, gli portò una mano alla fronte. “Scotti, cry-baby.” constatò. “Dovresti riposare.” Ma il giovane non la stava ascoltando. Era talmente diversa dalla Temari che aveva conosciuto agli esami di selezione dei chunnin, dalla ragazza che lo aveva salvato da Tayuya... Non sorrideva più, aveva perso peso, era pallida e stanca. Eppure aveva l'energia di sempre. Come ci riuscisse, per Shikamaru era un mistero. Forse proprio la situazione critica le dava la forza di continuare, forse soltanto la speranza che si sarebbe sistemato tutto le dava il coraggio di guardare avanti. “Cry-baby? Mi stai ascoltando?” Shikamaru scosse il capo. “Possiamo andarci noi a salvare Gaara.” propose, incerto. “Noi?” ripeté Temari. “Ma tu non sei ancora in grado di combattere...” “Non ha importanza” replicò il ragazzo. “Se agiremo con cautela non ci sarà bisogno di combattere. Stammi a sentire un attimo, Mendekouze; io e te siamo perfettamente in grado 250 di tenerci lontano dai guai, se tu non ti fai prendere dalla situazione.” “Io farmi prendere dalla situazione?!” ripeté alterata la giovane. Shikamaru annuì, mostrandosi molto più serio e risoluto di quanto Temari l’avrebbe mai potuto immaginare. “Senti un po’, Mendekouze, io non voglio litigare con te; a quanto pare, ti devo la vita. Mi hai curato, quindi mi devo sdebitare. Quello che sto cercando di dirti è che la situazione è molto delicata, e quindi è abbastanza normale farsi prendere dalla situazione.” spiegò pacatamente. Avrebbe voluto aggiungere che, però, essendo ninja, avrebbe dovuto mostrarsi più fredda, ma non lo fece. Sapeva perfettamente che un simile intervento gli sarebbe costato la vita. La ragazza lo fissò per un po’, con l’aria di star meditando sulle sue parole. Alla fine sospirò, sorrise lievemente e si sedette a gambe incrociate accanto a lui. “D’accordo, cry-baby.” lo incitò. “Sentiamo un po’ il tuo piano.” *** Kankuro si fermò qualche istante per riprendere fiato. Non era stata per nulla una buona idea partire da solo. Sentiva attorno a sé il fruscio sommesso delle foglie, e in ogni ombra gli sembrava di vedere la Squadra Speciale di Suna che gli annunciava la morte dei suoi fratelli e la sua imminente carcerazione. A ripensarci, neppure offrire aiuto ai ninja di Konoha era stata una buona idea. Tutto era nato a causa loro, in fondo. Sapeva perfettamente che, dopotutto, ciò che avevano fatto era giusto e che in quel modo avevano salvato delle vite, ma non gli importava. Sentiva un nodo alla gola. Il sorriso compiaciuto del Kazekage gli era impresso nella mente, gli appariva davanti, mentre le sue parole gli rimbombavano nella mente. “Tuo fratello Gaara è stato arrestato” Scosse il capo, riprendendo a correre. Non gli sarebbe successo nulla. Si sarebbe salvato. Certo, ma come? Lui stava andando a Konoha, e non era detto che il Villaggio accettasse di aiutarlo. Sapeva che, se avesse chiesto a Naruto, si sarebbe fiondato a Suna, ma quanto era prudente? “Sarà impiccato per tradimento tra sette giorni.” Aveva bisogno di un aiuto più qualificato che un ragazzino esuberante e impulsivo come il biondo. Doveva trovare qualcuno che riuscisse a riportare la faccenda su un piano diplomatico, che riuscisse a trattare la liberazione di Gaara. “Senza processo.” Ma alla fine, a cosa sarebbe servito trattare? Avrebbe organizzato un colpo di Stato, se fosse stato necessario. Avrebbe trovato ninja disposti ad aiutarlo, li avrebbe istruiti, avrebbe ucciso il Kazekage e rovesciato il governo. E l’avrebbe fatto in sette giorni. Capitolo 2: Primo giorno Shikamaru, seduto sui talloni, guardò Temari, che dormiva accanto a lui. Si agitava nel sonno, mormorando parole senza senso. Non gli era mai capitato di pensare a lei come ad una persona in grado di perdere il controllo, piangere e disperarsi. Eppure, era proprio quello che era successo. La sera prima, quando aveva finito di illustrarle il suo piano, che la ragazza aveva approvato incondizionatamente, era corsa in bagno. Aveva aperto l’acqua, e dopo un po’ il ragazzo aveva sentito chiaramente dei singhiozzi soffocati. Quando era tornata, la kunoichi aveva gli occhi lucidi di pianto, ma lui aveva deciso di ignorarlo. 251 Improvvisamente la giovane si rizzò a sedere, e si portò istintivamente una mano sul volto. Lui distolse lo sguardo. Non aveva mai visto Temari perdere il controllo, si sentiva a disagio ad osservarla. Da uno spiraglio sul soffitto, dove si trovava la botola, entrava un fascio di luce chiara e della sabbia sottile. “E’ giorno, Mendekouze.” la informò quando lei si voltò a guardarlo. “Lo so perfettamente.” replicò quella. “Ma avevi detto che ci saremmo mossi di notte, se non sbaglio.” “Sì, ma stavo pensando che sarebbe troppo rischioso.” La giovane aggrottò le sopracciglia. “E cosa vuoi fare, allora?” “Andare al villaggio. Tu sei la sorella del Kazekage e ti conoscono tutti, ma io non sono nessuno; sono sicuro che passerò inosservato.” spiegò. “Loro si aspettano che ci muoviamo di notte, perché tutti lo farebbero.” “E’ rischioso.” obiettò la ragazza, accigliata. “Anche penetrare nelle prigioni del Villaggio per liberare Gaara lo è. Però, se non sbaglio, è tra i tuoi progetti, Mendekouze. E’ una seccatura enorme, preferirei rimanere a dormire, ma ho un debito con te.” si alzò e si avvicinò alla botola. “Sei ferito.” gli ricordò Temari. “Cerca di non esagerare, e soprattutto, cry-baby, non metterti nei guai. Nessuno ti verrà a salvare.” e rimase ad osservarlo mentre, con una smorfia contrariata, apriva la botola e usciva dal rifugio. Shikamaru si guardò intorno. Era nel bel mezzo del deserto di Suna, come Temari gli aveva spiegato, e, se ne rendeva conto solo in quel momento, non aveva idea di dove fosse il Villaggio. Aguzzò la vista, cosa difficile sotto al sole accecante di quel Paese, ma non gli sembrò di scorgere nulla di particolarmente rilevante. Fu tentato di tornare nel rifugio e chiedere indicazioni a Temari, ma sicuramente la ragazza lo avrebbe deriso e sbeffeggiato per l’eternità, una volta che quel disastro fosse passato. D’altra parte, nonostante fossero passati quasi due anni, lo chiamava ancora ‘cry-baby’, anche se, in effetti, il suo tono era molto diverso da quello che utilizzava tempo prima. Si incamminò verso sud, pregando che fosse la direzione giusta. Quando si accorse che era in vista delle porte del Villaggio, rallentò il passo. Procedeva lentamente, riflettendo. Non aveva mai avuto, in tutta la sua vita, un’idea tanto azzardata come quella che l’aveva invaso la sera prima, e che l’aveva convinto ad esporre un piano decisamente folle a Temari, che, dal canto suo, ancora sconvolta per le sorti dei due fratelli e incapace di mantenere il pieno controllo di sé, aveva accettato. Erano entrambi ninja dotati di grande logica e astuzia, che non guastava, ma rimaneva il fatto che erano due contro tutte le forze armate del Paese, che, a giudicare dal nuovo regime, non si facevano scrupoli ad uccidere e torturare chiunque, in cambio di una lauta ricompensa dai propri superiori. Come avrebbero fatto, inoltre, se fossero riusciti ad entrare nelle prigioni, a portare fuori Gaara? Nella migliore delle ipotesi l’avrebbero trovato sfinito, forse affamato o ferito, ed era troppo ovvio il fatto che sarebbero stati seguiti e che li avrebbero attaccati. Dubitava che Kankuro sarebbe riuscito ad aiutarli. Forse Konoha poteva intervenire in campo diplomatico, ma cosa sarebbe successo all’Hokage se le altre Potenze Ninja avessero scoperto che aveva dato ordine di assassinare il Kazekage? A poco sarebbe servito spiegare che si trattava di un ribelle, che sottometteva il popolo con il terrore e la violenza, che aveva sperperato il denaro del Villaggio e che aveva deliberatamente corso il rischio di far annientare tutto il Paese dichiarando guerra a quella che probabilmente era la maggiore potenza militare. In molti Paesi era così. Arrivò alle porte del Villaggio, e una guardia gli corse incontro. “Straniero! Che fai qui? Cosa vuoi fare in questo Villaggio?” gli domandò. Shikamaru lo 252 squadrò per un istante. “Straniero?” esclamò, indignato. “Vivo qui da più tempo di te, e hai il coraggio di chiamarmi straniero? Fammi passare, il Kazekage mi ha fatto chiamare e verrà a ringraziare te se arriverò in ritardo.” A quelle parole, la guardia impallidì, e si fece da parte. Il ragazzo di Konoha non osò immaginare le punizioni che erano riservate a quegli uomini. S’incamminò nella parte ovest del Villaggio. Si avvicinò all’edificio delle carceri. Era per metà sotterraneo; la parte che si vedeva era rivestita interamente di metallo, che sicuramente rendeva l’interno troppo caldo per essere sopportato. C’era un’unica apertura, una minuscola finestrella al livello del terreno. La fissò per un po’. Se si fosse avvicinato, le guardie che controllavano l’edificio l’avrebbero fermato ed interrogato, e avrebbero scoperto che non era un abitante di Suna. Tuttavia, se non avesse controllato... Forse quello era l’unico modo per entrare. Forse quella era la chiave per la salvezza di Gaara. C’erano due guardie. Come poteva fare ad allontanarle entrambe? Si inginocchiò a terra, mormorando “che seccatura”, e congiunse le mani, come era solito fare, per pensare meglio. Afferrò un kunai, e vi legò una carta bomba. Attento a non farsi vedere, in quella zona sovraffollata del Villaggio, lo lanciò contro una parete rocciosa. Dopo qualche istante, quella esplose. Le persona, per strada, iniziarono a gridare. Le guardie si allontanarono correndo, gridando tra la polvere, cercando chi avesse causato un disastro simile. Shikamaru non si lasciò scappare l’occasione. Si inginocchiò accanto a quella apertura, e guardò all’interno delle prigioni. Uomini, donne, bambini, tutti in un’unica stanza. Erano sudati, sporchi, stremati; cadevano al suolo uno dopo l’altro, i bimbi piangevano, qualcuno gridava. Si sforzò di cercare qualcosa che potesse aiutarlo. All’improvviso, una figura lo fece sobbalzare. Un ragazzo con i capelli rossi e le vesti strappate, accasciato a terra, stava immobile nella parte più lontana della grande stanza. Cercò di sporgersi un po’ per distinguerlo meglio, ma era impossibile, con tutte quelle persone accalcate una sull’altra. Si allontanò dall’edificio quando realizzò che le guardie sarebbero tornate di lì a poco. S’incamminò nuovamente verso il deserto, attento a non farsi seguire. Avrebbe dovuto dire a Temari quello che aveva visto? Quel ragazzo poteva essere Gaara, ma se invece fosse stato qualcun altro? Avrebbe avuto senso darle una falsa speranza? Ma se invece non fosse stata una falsa speranza... Ma solo una ragione in più, una motivazione più forte... Incapace di trovare risposta ai suoi ragionamenti, arrivò davanti alla botola. Si guardò attentamente intorno, cercò di tendere l’orecchio per avvistare eventuali inseguitori, ma gli sembrava tutto tranquillo. Nell’oasi non c’era nessuno, ed era circondato dal deserto. L’unico modo per seguirlo sarebbe stato quello di rendersi invisibili, ma era pressoché certo che non esistesse una tecnica simile. Aprì lentamente la botola e si calò all’interno. “Allora, cry-baby?” fece la voce di Temari da sotto alle coperte. “Scoperto qualcosa di interessante?” Shikamaru rimase zitto per un po’, pensieroso. Non sapeva cosa fare. La ragazza lo guardò. Le sembrava di sentire la mente del giovane lavorare freneticamente. Cosa cercava di tenerle nascosto? “Ho visto all’interno delle carceri.” spiegò alla fine. “Ho visto un ragazzo che avrebbe potuto assomigliare a Gaara.” Lei scattò in piedi e gli si avvicinò, scrutandolo, indagatrice. “Era lui?” domandò in un sussurro. “Credi che fosse lui?” Shikamaru annuì. 253 “Credo di sì.” “Come stava?” “...” “Cry-baby...” il tono di lei si fece più minaccioso. “Male. Sembrava privo di sensi.” Rimasero in silenzio. Shikamaru osservò la ragazza, ma non aveva idea dello scompiglio che le aveva creato nel cuore. Lei si voltò, dandogli le spalle. “Era ferito?” la voce le uscì più tremolante di quanto avrebbe voluto, ma non era sicura che gliene importasse. “Non lo so.” Batté con violenza il pugno contro la parete di legno. Si sentiva arrabbiata, delusa, spaventata, preoccupata. Se Kankuro non fosse riuscito a farsi aiutare? Se l’Hokage avesse rifiutato una missione così pericolosa, una missione che avrebbe potuto uccidere molti dei suoi ninja? Se anche lui fosse rimasto vittima della violenza del nuovo Kazekage? Forse l’avevano già catturato... E lei era lì, a fare nulla, a stare nascosta. A rimanere protetta. Era davvero ciò che le avevano insegnato? Una grande kunoichi, c’era chi la riteneva la migliore del villaggio, eppure in quel momento era rinchiusa sotto al deserto in attesa di farsi salvare. Come le principesse di quelle storie sciocche che, da bambina, non le erano piaciute. Anche poche ore prima, aveva lasciato che fosse Shikamaru ad avventurarsi al villaggio, che fosse lui a rischiare di farsi uccidere. Non era quello in cui credeva. “Voglio andare al villaggio. Voglio andare subito da Gaara.” disse, ostinandosi a non guardare il ninja di Konoha. Avrebbe voluto Kankuro accanto a lei. Si sentiva stranamente a disagio insieme a quel ragazzo perennemente svogliato che, però, le aveva proposto di andare a salvare suo fratello, e che aveva spontaneamente creato un piano d’azione. “Non possiamo andarci adesso.” replicò Shikamaru. “E’ giorno, e, come ti ho già spiegato, ti noterebbero. Ci muoveremo di notte.” La ragazza annuì, e si andò a sedere in un angolo. Cinse le ginocchia con le braccia e vi affondò il volto, immobile. Shikamaru la fissò per un po’, indeciso sul da farsi. Era quasi certo che stesse piangendo, ma era altrettanto sicuro che una sola parola fuori posto gli sarebbe costata la vita. Cercò di concentrarsi. Cosa avrebbe fatto un altro al suo posto? Se non avesse avuto davanti una ragazza terribilmente orgogliosa e violenta, l’avrebbe consolata. Ignorò il fatto che Temari rispondesse perfettamente a quella descrizione, e fece un passo in avanti. Alla fine, le si avvicinò cautamente e le si sedette accanto. Non era sicuro che lei gliel’avrebbe permesso, ma provò lo stesso a posarle una mano sulla spalla. Considerò un buon segno il fatto che lei non si fosse ritratta. “Andrà tutto bene...” le sussurrò dolcemente, accarezzandole la schiena, scossa da singhiozzi. Lei non rispose, così il ragazzo decise di continuare. “Sono sicuro che Kankuro stia benissimo. Tra due giorni sarà a Konoha, lì troverà qualcuno che lo aiuterà...” Temari tirò su col naso, ma non si mosse. “Per quanto riguarda Gaara... lui è forte. Lo salveremo, lo tireremo fuori di lì.” non trovò null’altro da dirle. Fare promesse che, lo sapevano entrambi, non potevano essere mantenute, non era saggio né tanto meno consolatorio. Si guardò intorno, cercando un’ispirazione che lo potesse aiutare, inutilmente. Avrebbe voluto poter fare di più. 254 Non si sarebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile. Di solito, nella loro squadra, era Ino quella che piangeva. Il più delle volte per rabbia o frustrazione, ma generalmente era Choji a consolarla. Glielo diceva sempre, il suo amico, che non sapeva come comportarsi con le ragazze, soprattutto quelle in lacrime. E solo in quel momento si accorgeva di quanto fosse vero. Aveva avuto occasione di incontrare Temari solo poche volte, e gli aveva sempre dato l’impressione di una ragazza forte e del tutto estranea al pianto e alla disperazione. Era stato molto stupido pensarlo. Avrebbe dovuto immaginarlo. Quando Gaara, durante l’esame di selezione dei chunnin, gli aveva raccontato la propria vita, non si era preoccupato di pensare a ciò che volesse significare vivere accanto a lui. Forse, tra Gaara e i suoi fratelli, erano loro quelli che avevano sofferto di più. D’altro canto, stavano a contatto con un bambino psicolabile, con una potenza al di là della concezione umana, che provava piacere nell’uccidere le persone. Erano cresciuti nel terrore di essere i prossimi? Era per quello che si erano allontanati da lui, che avevano deciso di abbandonarlo? Mentre era immerso nei suoi pensieri, si accorse che Temari gli si era poggiata addosso, ed ora piangeva con il volto premuto contro la sua maglia. Gli sembrava di sentire la sua sofferenza, e avvertì una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Le cinse le spalle con un braccio, e la strinse a sé. Con l’altra mano le carezzò i capelli ricci e spettinati, lasciando che si sfogasse, che ritrovasse da sola l’autocontrollo. Gli sembrava che fossero passate ore quando Temari si scostò da lui. Aveva gli occhi rossi e gonfi, era pallida, tremava. “Credo che sia quasi il tramonto, Mendekouze.” la informò quando realizzò che era abbastanza tranquilla per poter intavolare una conversazione sensata. Lei annuì, incapace di parlare. “Andiamo, su, dobbiamo fare il girò più lungo se vogliamo passare inosservati.” si diresse verso la botola, e lei lo seguì. Uscirono dal rifugio, il volto colpito dall’aria fredda del deserto. Il sole stava tramontando ad ovest, e le lunghe ombre delle rocce che proteggevano Suna si stagliavano sulla sabbia rossastra. Arrivarono fino ad una di queste, lontani dalle porte del Villaggio. Si arrampicarono in silenzio fino in cima, attenti a non farsi vedere né sentire dalle centinaia di guardie che sorvegliavano l’ingresso. Quando sentirono una di loro che si avvicinava, si nascosero insieme in una stretta insenatura nella parete rocciosa. Immobili, vicini, potevano sentire l’uno il respiro dell’altro, e a Shikamaru parve di avvertire anche il cuore della ragazza, che batteva furiosamente. Quando la guardia se ne fu andata, camminarono lentamente fino alla porta del Villaggio. Distrassero le sentinelle con una carta bomba, e riuscirono ad arrivare senza intoppi fino alle carceri. Shikamaru le indicò la finestrella da cui aveva visto il ragazzo che sembrava Gaara. Temari si avvicinò cautamente, e guardò dentro. Un forte odore nauseabondo le arrivò prepotente alle narici, facendole salire alla gola un conato di vomito. Ignorò la nausea e continuò a cercare il proprio fratello. Alla fine, lo vide. Sdraiato nella parte più lontana della stanza, circondato da alcune donne che si stavano prendendo cura di lui, fissava il soffitto immobile. C’era una macchia di sangue che si allargava intorno a lui, gli abiti erano inzuppati del liquido scarlatto. La ragazza chiuse gli occhi. Non era possibile. Gaara, il neonato con gli occhi azzurri; l’esperimento mal riuscito del quarto Kazekage; il bambino che doveva essere ucciso; l’arma segreta di Suna; il ninja più forte del Villaggio; il quinto Kazekage; suo fratello minore, ridotto ad un ragazzino sanguinante, pallido come 255 cenere, immobile a terra. Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo, medicare le sue ferite, invece era costretta ad osservarlo da una finestrella larga poco più di dieci centimetri, che probabilmente era stata creata da qualche prigioniero e che le guardie non avevano ritenuto abbastanza rischiosa perché meritasse di essere chiusa. Si allontanò dalla finestra, e guardò Shikamaru. “Come possiamo fare?” sussurrò. “Ci verrà in mente qualcosa.” replicò il ragazzo. “Dovremmo procurarci una pianta della prigione, però.” “E anche cercare di capire quando sono i momenti migliori per tentare di entrare. Perché suppongo che tu non voglia tendere un’imboscata, vero?” aggiunse lei, inarcando un sopracciglio. Le avevano sempre insegnato ad attaccare, sempre e comunque, per ottenere qualcosa. Era stata semplicemente la sua indole a condurla sulla via del ragionamento e della strategia, che a volte, però, non le pareva più così efficace. “Infatti. Sarebbe un suicidio. Le guardie sono molto più forti di noi, e sono certo che non si farebbero problemi ad ammazzarci.” “Sono entrata nelle prigioni una volta soltanto.” rifletté la ragazza. “Le celle si trovano in fondo a dei corridoi stretti, bui e bassi.” “Un pessimo posto, dunque.” “Già. All’ingresso di ogni corridoio ricordo che c’erano delle guardie.” “Non ricordi altro?” “La prigione è costruita su cinque piani, di cui tre sotterranei, uno semi-sotterraneo e uno sotto al tetto.” recitò lei. “L’ho studiato a scuola” spiegò, davanti allo sguardo interrogativo di Shikamaru. “Però non so dove sia l’entrata.” aggiunse. “Ci lavoreremo. Adesso cerchiamo di capire quali sono i punti deboli di questo posto.” Iniziarono a osservare attentamente l’edificio. Shikamaru misurò lo spessore delle pareti, Temari cercò dei punti meno controllati, ma senza successo. L’unico accesso a quell’edificio sembrava essere proprio quella minuscola finestrella. “Se facessimo saltare la parete, però, probabilmente crollerebbe tutto.” constatò il ragazzo, sovrappensiero. “E non possiamo mica farci arrestare per andare dentro, no... Che seccatura.” concluse, sedendosi a terra. “Cry-baby...” la voce di Temari non gli era mai sembrata così minacciosa. “Se ripeti ancora una volta ‘che seccatura’, io ti giuro che non rispondo più di me.” Si accoccolò accanto a lui, e lo guardò. Il giovane non rispose. Improvvisamente, l’unico pensiero che il suo cervello sembrava essere in grado di formulare riguardava gli occhi verdi di Temari, e sicuramente spiegarle che gli piaceva molto il modo in cui la luce fioca della una si rifletteva nelle sue iridi, facendo brillare quel colore così intenso, sarebbe stato senza dubbio il modo più semplice, veloce ed efficace per perdere all’istante la facoltà di respirare. Alla fine, però, rifletté che in fondo non era necessario metterla al corrente dei suoi pensieri, e che quindi poteva tranquillamente continuare a fantasticare. La osservò mentre si alzava, e nuovamente guardava in quella finestra. L’unico modo per avvicinarsi a suo fratello. Per lei era l’unica cosa che la spingeva a continuare con quel piano folle, ma per lui? Che cosa aveva convinto Shikamaru a impiegare le sue energie per aiutarla? Sospirò, ben consapevole della risposta. Il ricordo delle vecchia Temari, con quella scintilla maliziosa che le illuminava gli occhi quando lo chiamava ‘cry-baby’; i suoi capelli ricci, stretti in quei quattro codini troppo ridicoli per non risultare semplicemente perfetti, su di lei; il profumo della sua pelle, che sapeva di sabbia; il suo carattere forte e deciso, che l’aveva aiutata a tenere insieme quella famiglia caduta a pezzi, che l’aveva portata a sopravvivere alla solitudine, alla tristezza, alla paura, ma che in quel momento non la stava aiutando. 256 Sembrava che stesse lentamente cadendo a pezzi, che stesse lasciando crollare quella maschera che si era costruita in quegli anni. Per quanto avrebbe potuto sopportarlo? Quanto avrebbe resistito, prima di impazzire, di dover sfogare tutti i sentimenti repressi da anni; la voglia di piangere, di gridare, di essere consolata anche lei, per una volta? E lui, Shikamaru, sarebbe stato in grado di rincuorarla, se ce ne fosse stato bisogno? Si era già dimostrato incapace una volta... Alla fine, giunse alla conclusione che l’unico modo per aiutarla fosse liberare Gaara. Improvvisamente tutto gli sembrò incredibilmente assurdo. Dovevano agire la notte, e il tempo non sarebbe mai bastato per elaborare un piano decente. Si alzò. Il sole sorgeva all’orizzonte. Rimanevano soltanto sei giorni. *** Gaara si lasciò cadere in ginocchio, stremato. Si piegò su sé stesso per il dolore. Un ennesimo pugno lo colpì alla testa, mandandolo a sbattere contro il pavimento freddo con il volto. Una delle guardie lo prese per le braccia e lo costrinse a mettersi nuovamente in piedi. Il ragazzo barcollò, e puntò gli occhi chiari su quelli neri della guardia, che lo afferrò per i capelli per tenerlo fermo e lo colpì all’addome con un ginocchio. La sabbia aveva smesso ormai da un po’ di proteggerlo, e se ne stava immobile a terra, rossa di sangue. Da quanto tempo era lì? Non ne aveva idea; non riusciva neppure a capire se fosse giorno o notte. Un ennesimo colpo al torace lo fece annaspare. Cadde a terra, in ginocchio, mentre una guardia gli si avvicinava e con un calcio lo costringeva a guardarlo. “Ne hai abbastanza?” gli domandò. Gaara non rispose. Sì, ne aveva abbastanza. Voleva andarsene da lì, voleva rivedere i suoi fratelli. Nonostante fosse difficile ammetterlo, gli mancavano immensamente. Desiderava sentire ancora la voce rassicurante di Temari, che prima gli parlava dolcemente e poi lo sgridava perché doveva finire tutto ciò che aveva nel piatto; voleva ancora sentire Kankuro frignare perché aveva rifiutato di mandarlo in missione a Konoha, dove doveva incontrare una persona misteriosa di cui né lui né Temari erano ancora riusciti a scoprire l’identità, o ricordargli che certo, aveva avuto paura di lui in passato, ma che ora aveva capito di volergli bene; voleva ancora sentirlo dire che dovevano recuperare il tempo perduto, mentre lavavano insieme i pavimenti in seguito ad una delle numerose punizioni della sorella. Avrebbe fatto qualunque cosa per sentirli ancora quando lo chiamavano “fratellino” solo per farlo innervosire... Se fosse uscito vivo di lì, decise che non si sarebbe mai più arrabbiato per una sciocchezza simile. Che lo chiamassero come preferivano, purché fossero insieme a lui. Perché in quel momento era solo, di nuovo, con il peso di una condanna a morte sulla testa. Non gli importava più di tanto, per qualche strano motivo non aveva preso in considerazione la possibilità di essere ucciso. Non si era ancora del tutto rassegnato all’idea che la sabbia non riusciva più a proteggerlo come un tempo, nonostante fosse ancora un valido aiuto, per lui. Il chakra a disposizione influiva sempre di più sul controllo di quell’elemento che per tanti anni era stato scudo e arma, vita e morte. “Dove sono i tuoi fratelli?” il pugno arrivò veloce e preciso. Sentì un dolore acuto, e il sangue che dal naso gli colava sul volto e sui vestiti. “Da me non saprai niente.” replicò, fissando il suo aguzzino, che emise un suono basso simile ad un ringhio. Chissà quanto doveva essere frustrante, per lui, sentirsi ripetere la stessa frase da ore, ad ogni colpo, ad ogni minaccia. “Dove si sono nascosti?” 257 “Da me non saprai niente.” Un altro colpo, allo stomaco. “Va bene, fai a meno di dirmelo. Ma sappi una cosa: quando li troveremo... e accadrà presto, vedrai... li ammazzerò personalmente davanti a te. Anzi, tua sorella è una bella ragazza, magari...” “Stai zitto.” lo interruppe Gaara, preso da una collera improvvisa. “Stai zitto.” ripeté, facendosi forza e raddrizzandosi. Fissò il soldato negli occhi, e per un momento a quell’uomo parve di vedere la stessa scintilla di cattiveria che aveva imparato a riconoscere tanti anni prima in un Gaara ancora bambino, quando ancora era agli ordini del Quarto Kazekage. Indietreggiò quando la sabbia, a terra, si sollevò, e con un guizzo si scagliò contro di lui, mentre il ragazzo sembrava aver ripreso un po’ della sua energia. Fu colpito solo poche volte, prima che il giovane si accasciasse a terra, privo di sensi. Lo afferrò e lo trascinò fino alla cella dove lo tenevano insieme agli altri prigionieri. Lo gettò all’interno, con le gambe che ancora gli tremavano per la paura. Aveva davvero temuto che il ragazzo perdesse il controllo. Si allontanò, portandosi una mano sulla guancia, dove il sangue rosso colava da un profondo taglio. Gaara aprì gli occhi. Era a terra, vicino alla porta della cella. Cercò di respirare profondamente. Il caldo era insopportabile, e quando si portò una mano sulla fronte la scoprì madida di sudore. Gli abiti intrisi di sangue gli si erano appiccicati addosso, gli mancava l’aria, aveva sete. Si passò la lingua sulle labbra screpolate, guardando fuori da quella piccola finestrella che costituiva l’unico contatto con il mondo esterno. Certo, i piedi dei passanti non erano particolarmente interessanti né utili, ma quel pezzetto di cielo che riusciva ad intravedere gli diceva, almeno, se fosse giorno o notte. In quel momento riusciva a scorgere persino la luna... Gli sembrava di sentire, in lontananza, la voce della sorella che diceva qualcosa riguardo alla missione, chiamare “cry-baby”... Chiuse gli occhi, aspettando che la fatica e il sonno prendessero il sopravvento su di lui. Le parole di Baki gli risuonarono nella mente ancora una volta, come era successo per tutto il tempo in cui era stato sotto tortura. “Temari mi ha chiesto di dirti che ti tirerà fuori di qui.” Era seguito un attimo di silenzio. “E che ti vuole bene.” Solo un sospiro, e tutto divenne nero. Capitolo 3: Secondo giorno Temari fissò con evidente disapprovazione Shikamaru, che dormiva beatamente in un angolo della stanza. Da quando erano tornati al rifugio, lei non era riuscita a chiudere occhio. Il ricordo del volto pallido di Gaara le tornava in mente ogni volta che cercava di addormentarsi, causandole una forte fitta allo stomaco, così, alla fine, aveva deciso di rinunciare. Ma ascoltare il respiro un po’ pesante del ninja di Konoha le dava fastidio. Avrebbe voluto svegliarlo, e gridargli che non c’era motivo di essere così tranquilli, ma sapeva che sarebbe stato stupido e alquanto infantile. Non erano suoi i fratelli che rischiavano la pelle. Cosa poteva importargli se uno dei due era lontano chilometri, ed un altro era stato torturato? Si alzò, ed iniziò e camminare avanti e indietro per la stanza. Non poteva certo fargliene una colpa, dopotutto lui si stava già impegnando molto per aiutarla... “Stai un po’ ferma, Mendekouze, mi fai venire il mal di testa...” la voce svogliata del giovane 258 le giunse come uno schiaffo. Si voltò velocemente verso di lui, che si era tirato a sedere e la fissava stancamente. “Cerca di startene tranquilla, e prova a dormire, invece che agitarti tanto.” la rimproverò con un sorriso appena accennato. Sapeva perfettamente che non era stata in grado di chiudere occhio per tutto il tempo, e che era rimasta a rimuginare sulla sorte dei suoi fratelli, sentendosi in colpa per ciò che stava accadendo. Si alzò e le si avvicinò. Le posò una mano sulla spalla, e lei chinò lo sguardo. “Dai, Mendekouze. Sforzati di dormire almeno un po’. Io adesso vado al villaggio, cerco di capire dove sia l’entrata di quel carcere. Mi è venuta un’idea. Tu nel frattempo riposa. Pensa che Kankuro è forte come un toro, e Gaara, anche se forse non sta proprio bene, è vivo.” Le portò due dita sotto il mento e le sollevò dolcemente il capo, in modo da poter incrociare il suo sguardo. Gli occhi le brillavano, lucidi di lacrime che, Shikamaru lo sapeva benissimo, non avrebbe mai versato. Le spostò una ciocca di capelli ricci da davanti al volto, e le indicò il futon. “Forza.” la incoraggiò. “Se non dormi, voglio proprio vedere come farai ad aiutarmi. Dobbiamo salvare Gaara, ricordi?” lei annuì, cercando di sorridere. Non ci riuscì, ma acconsentì comunque a sdraiarsi, senza dire una parola. Aveva un nodo alla gola che le impediva di parlare, a meno di non far risultare la sua voce estremamente fioca e tremula, così rimase zitta quando il ragazzo aprì la botola e sparì nella luce accecante del deserto. Shikamaru si diresse a passo spedito verso il Villaggio, con una nuova determinazione in corpo. No, quella Temari non gli piaceva neppure un po’. Era deciso più che mai, e, per una volta, decise che alla fine, forse, era una gran seccatura, ma che se serviva a riavere indietro quella ragazza prepotente e orgogliosa che aveva incontrato agli esami di selezione dei chunin, ne valeva la pena. Aveva smesso già da un pezzo di cercare di convincersi di non provare nulla per la kunoichi. Mentre la osservava, fingendo di dormire, si era accorto che stare insieme a lei gli provocava una strana sensazione di sfarfallio nello stomaco. Si sentiva bene accanto a lei, felice. E con un cervello come il suo, non poteva non capire cosa fosse accaduto. Temari aveva semplicemente preso il sopravvento nella sua mente, ed era diventata la destinataria di tutte le sue attenzioni. Si concesse di fantasticare sulla ragazza fino all’entrata del Villaggio, quando una guardia lo fermò, esattamente come il giorno prima. Lo fissò per qualche istante. “Chi sei e che vieni a fare a Suna?” “Devo vedere il Kazekage.” rispose il giovane, impassibile. “E sono già in ritardo.” aggiunse con tono eloquente. La guardia si fece da parte senza fiatare. Non sembrava del tutto convinto, ma non indagò oltre. Shikamaru rifletté che, probabilmente, nel dubbio, era meglio scegliere la soluzione che l’avesse tenuto ben lontano dal nuovo Kazekage e dalle sue punizioni. Una volta entrato al Villaggio, si fermò a respirare l’aria che profumava di sabbia. Quanto era cambiato da quando Gaara era stato deposto... Per un po’, prima di quella guerra, aveva dovuto fare la spola tra Suna e Konoha per organizzare gli esami di selezione dei chunin. Allora Suna era un luogo pacifico, con i bambini che giocavano in strada, i venditori ambulanti che lo fermavano per offrirgli le loro mercanzie e un forte profumo dolce nell’aria. Ora, invece, nelle strade deserte si avvertiva soltanto l’odore metallico del sangue, che contribuiva a rendere estremamente temibile quel nuovo governatore che nessuno aveva mai visto. Era stato un colpo di Stato piuttosto abile, che non aveva scatenato rivolte del popolo e che 259 era passato praticamente inosservato. Tuttavia, Shikamaru era convinto che nessuno, al Villaggio, non avesse notato che pochi giorni prima delle deposizione di Gaara, molti dei consiglieri erano scomparsi nel nulla, e che erano stati proprio i nuovi arrivati a proporre il suo allontanamento dalla carica di Kazekage. Ed ora, quel ninja che aveva terrorizzato tutti, solo pochi anni prima, all’esame di selezione dei chunin, non poteva più far paura a nessuno. Era un prigioniero come tanti, che attendeva pazientemente il momento della sua esecuzione sopportando torture, sete e fame. Si fermò quando giunse davanti alla casa dei tre fratelli della Sabbia. Era evidente che il Kazekage l’aveva fatta perquisire; tutto era sottosopra, e la porta giaceva abbandonata in angolo della strada. Diede le spalle all’abitazione e vide, in lontananza, ciò che stava cercando. Lungo il perimetro del Villaggio, nelle rocce che fungevano da confine, aveva notato, mesi prima, una piccola porta scura. Si mimetizzava quasi perfettamente con l’ambiente, ma ad un occhio attento come quello del ragazzo non era sfuggita. In linea d’aria era perfettamente allineata con il carcere, e la sera prima gli era venuto il sospetto che fosse proprio quello l’accesso dell’edificio. Dopotutto, era una delle strade meno affollate di Suna, e non sarebbe stato difficile trascinarvi un prigioniero senza farsi notare. Forse era proprio per aumentare la sensazione che fosse solo una porta messa lì a caso, ma non c’era nessuna guardia all’esterno, cosa di cui Shikamaru fu estremamente grato. Certo era una seccatura in meno, ma il problema era che non aveva idea di quello che avrebbe trovato all’interno. Nella migliore delle ipotesi, sentinelle e carcerieri. Nella peggiore, avrebbero dovuto affrontare una delle Squadre Speciali del Villaggio. Rimase fermo lì davanti a lungo, indeciso sul da farsi. Per scoprire se la sua ipotesi era vera, l’unico modo era entrare. Ma quanto Disegnato da MahoUchiha sarebbe stato prudente? Non era stato lui stesso, dopotutto, ad affermare che non sarebbero mai dovuti arrivare ad uno scontro? Si sentiva estremamente combattuto. Una parte di lui era ancora recalcitrante all’idea di aiutare Temari e sfidare apertamente il nuovo Kazekage, e tutto ciò implicava che ritenesse anche decisamente fuori luogo penetrare in quella che era a tutti gli effetti una fortezza, da solo, con soltanto tre tecniche a sua disposizione e il fisico ancora molto provato dall’esplosione che l’aveva ferito e dalla febbre, che non era certo gli fosse passata del tutto. Eppure, era perfettamente consapevole che trascinare anche Temari lì dentro sarebbe equivalso a consegnarla alla giustizia; c’erano tantissime possibilità che venisse catturata, e cosa le avrebbero fatto, una volta scoperto che aveva abbandonato abusivamente il Villaggio ed aveva tramato alle spalle del Kazekage con la complicità di un nemico? Si sedette e congiunse le mani nel suo gesto abituale. 260 Cercò di concentrarsi il più possibile, ma, con suo grande disappunto, scoprì che era un’operazione che gli riusciva impossibile. Le immagini che si susseguivano nella sua mente certo non lo stavano aiutando a prendere una decisione razionale e ponderata. Temari accoccolata in un angolo che piangeva; Temari che radeva al suolo un’intera foresta con un colpo solo, Temari che scendeva nell’arena sul suo grande ventaglio. Temari, che seccatura. Gli impediva persino di pensare. In quel momento, l’unico istinto che aveva era di tornare al rifugio e guardarla mentre dormiva -aveva scoperto che era estremamente dolce quando era addormentata, e bella oltre ogni sua immaginazione-, oppure abbracciarla e lasciarsi cullare dal suo profumo. Ma, si disse, facendo tutto questo, l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato un biglietto di sola andata per il cimitero. Piuttosto, doveva tornare a concentrarsi sulle sue possibilità riguardo al carcere. Cercò di rallentare il ritmo dei suoi pensieri. Quando si accorse che non serviva a nulla, respirò a fondo e si avvicinò alla porta lentamente, controllando che nessuno lo stesse osservando. Abbassò lentamente la maniglia con il cuore in gola e un forte senso di nausea, lo stomaco contratto in una morsa di terribile terrore. Se si fosse fatto ammazzare, come avrebbe fatto Temari ad aiutare i suoi fratelli? Non sapeva quando sarebbe riuscito a tornare Kankuro, e i tempo che avevano per salvare Gaara era davvero poco. Lei, da sola, non sarebbe mai riuscita a sopraffare le proprie emozioni per ragionare a mente lucida, non sarebbe riuscita ad ideare un piano sicuro. Si sarebbe fatta catturare... La porta si aprì con un cigolio che lo fece sobbalzare. Se ci fossero state delle guardie, l'avrebbero sicuramente sentito. Mosse un passo incerto all'interno di quello che sembrava un corridoio buio e stretto. La porta si chiuse alle sue spalle, e lui fu inghiottito dall'oscurità. Dovette aspettare diversi minuti prima che i suoi occhi riuscissero a distinguere la luce tenue di una fiaccola. Cercando di fare meno rumore possibile, avanzò cautamente, stando all'erta. Sentiva, in lontananza, le voci di alcuni uomini che discutevano e ridevano. Tese le orecchie, distinguendo due voci, più un gemito sommesso di sofferenza. Camminò fino a che non scorse la fine del corridoio. Rimase abbastanza lontano dai due uomini, sperando che non si voltassero e non si accorgessero della sua presenza; non c'era nessuno spazio dove nascondersi e l'unica via di salvezza era quel corridoio che si era lasciato alle spalle. Aguzzò la vista. Dietro ai due uomini c'era una porta di metallo. Il gemito che sentiva, probabilmente, veniva da lì. Mosse un altro passo per cercare di capire cosa stessero dicendo le due guardie, e si fermò quando si accorse di riuscire a cogliere le loro parole. “Non dice dove sono.” stava raccontando la prima guardia, e l'altra annuì. “Sì, lo so. Non cede. Continuano a torturarlo, e non gli danno da mangiare né da bere, ma continua a tacere.” “Non mi stupisce affatto. Dopotutto, lo abbiamo sempre saputo che era un osso duro.” “Già, ma se non scopriamo dove sono gli altri due ragazzini, il Kazekage ci fa impiccare. Non c'erano a casa.” “Se tu fossi stato al loro posto non ti saresti fatto trovare. E poi sono i tre ninja migliori del Villaggio. Secondo me ci porterà soltanto un sacco di guai, questo arresto. Se Gaara perde il controllo, siamo finiti.” concluse la prima guardia con un sospiro. “E se cercassero di tirarlo fuori?” ipotizzò dopo qualche istante di silenzio l'altro. “Non credo. L'unico accesso è questo qui ed è troppo ben nascosto. Se proveranno ad entrare, li uccideremo.” Shikamaru trattenne il fiato. Esattamente come aveva previsto, quello era l'ingresso della 261 prigione. Ritenne di aver visto abbastanza. Iniziò ad indietreggiare cautamente, sperando che il suo respiro non fosse udibile per quelle guardie, così impegnate nella loro conversazione da non essersi accorte della sua presenza. Tuttavia, sapeva benissimo che non poteva essere fortunato per sempre. Quando fu abbastanza lontano da loro da rendersi conto che non l'avrebbero più potuto sentire, cominciò a correre. Raggiunse la porta e l'aprì di scatto, convinto che non ci sarebbe stato nessuno fuori ad aspettarlo. “Ciao, ninja della Foglia.” fece una voce beffarda davanti a sé. Guardò l'uomo che aveva parlato. Era la guardia che il giorno prima l'aveva fatto entrare al villaggio, davanti a lui con una katana. “Credevi davvero che non mi fossi accorto che sei uno straniero? Ti ho visto, qualche giorno fa, insieme ai ninja di Konoha.” spiegò sorridendo. “Ora ti catturerò e ti porterò dal Kazekage, e lui mi premierà per aver preso un nemico tutto da solo...” A quelle parole, Shikamaru si riscosse. Tutto da solo? Significava forse che non aveva avvertito nessuno? Se fosse stato realmente così, quello che aveva davanti era uno degli shinobi più stupidi che avesse mai incontrato. Era davvero convinto che sarebbe riuscito a catturarlo da solo? In fin dei conti, se era stato mandato in guerra lontano da Konoha, era proprio perché non era uno dei ninja più sprovveduti che si trovavano al Villaggio. Sospirò. Per liberarsi di lui, avrebbe dovuto ucciderlo. E in quel deserto, con il sole alto nel cielo, non sarebbe stato difficile farlo. Shikamaru agì talmente in fretta che l'altro quasi non se ne accorse. Lo catturò, legando la propria ombra a quella dell'uomo, che lo fissò terrorizzato, conscio di aver fatto un passo falso e di essersi lasciato abbindolare come un bambino. “Hai detto a qualcuno della mia presenza?” chiese svogliatamente il ragazzo. “Perché, se l'hai fatto, sarebbe davvero una grande seccatura.” “N-no.” balbettò la guardia. “Perfetto, allora. Ti ammazzo subito. Non ti preoccupare, non sentirai nulla.” aggiunse, fissandolo. La vicinanza con il suo nemico gli permise di ucciderlo molto velocemente. Lo guardò mentre si afflosciava a terra, poi lo scavalcò ed iniziò a correre verso il rifugio. Ormai era pomeriggio inoltrato; aveva dormito fino all'ora di pranzo ed era rimasto in quel lunghissimo corridoio per quasi due ore. Uscì dal Villaggio senza farsi vedere, aiutato da una bomba che era stata fatta esplodere nella parte nord del Villaggio. Guardando la Squadra Speciale che correva in quella direzione, pensò con rammarico che in quella zone si trovavano anche i ninja di Konoha. Improvvisamente tutto gli sembrò stupido. Perché non si erano fatti aiutare da loro? In quel gruppo si trovavano anche Neji e Kiba, e loro non avrebbero mai rifiutato di aiutare Gaara. Sarebbero stati molto più utili di lui. Eppure, in qualche modo, sentiva che chiedere a loro sarebbe stata la scelta sbagliata. Quando entrò nel rifugio, si avvicinò a Temari, in silenzio. La ragazza era sdraiata sul futon e teneva gli occhi chiusi, ma era evidente che non stava dormendo. “Mendekouze...” la chiamò dolcemente, posandole una mano sulla spalla. Lei si voltò e lo guardò. Aveva gli occhi lucidi e rossi di pianto, come sempre quando in quei giorni la lasciava sola. Quella vista lo fece star male. Era davvero così incapace da non riuscire a consolare una ragazza disperata? “Ho trovato l'ingresso.” disse. A quelle parole, lei scattò a sedere. “Dov'è?” domandò. “Proprio di fronte a casa tua.” 262 “La porta nella roccia...” mormorò Temari, e Shikamaru annuì. “Sono entrato.” “Folle!” Lui la ignorò e proseguì. “C'è un corridoio molto lungo, stretto e basso, proprio come avevi detto. L'ingresso è costituito da una porta di metallo, davanti a cui ci sono due guardie. Le ho sentite parlare, si aspettano che qualcuno cerchi di tirare fuori Gaara e sono pronte ad ammazzare chiunque ci provi.” Seguirono dei lunghi minuti di silenzio, durante i quali la ragazza spostò lo sguardo su un orsacchiotto impolverato abbandonato in un angolo. Lo fissava con intensità, persa in chissà quali pensieri. Ad un tratto, puntò gli occhi verdi su quelli scuri del giovane, che rimase senza fiato davanti a quel colore che lo faceva impazzire. “Ma noi ci proveremo lo stesso, vero?” chiese con un filo di voce. Shikamaru annuì. “Certo.” “Questa notte?” Il ragazzo tentennò, incerto. Dopo aver visto il luogo in cui dovevano entrare, era sempre più convinto che non ce l'avrebbero mai fatta. Tentare quella notte stessa sarebbe stato un suicidio, e sapeva che Temari ne era perfettamente a conoscenza. Quanto era disposta a rischiare pur di abbracciare suo fratello? Perché, alla fine, poco importava che fosse una grande kunoichi. Qualcuno, tempo prima, gli aveva detto che un ninja era soprattutto una persona con dei sentimenti. In quel momento non gli erano sembrate parole di così grande valore; lo sapeva perfettamente. Ma ora, davanti a lei, aveva capito ciò che quella persona intendeva. Temari era cambiata radicalmente, soffocata e torturata dalle sue stesse emozioni, sepolte da anni, con chissà quale sofferenza e sacrificio. L'aveva fatto per amore dei suoi fratelli, che non sarebbero stati in grado di andare avanti senza di lei, che aveva svolto la funzione di collante nella famiglia, ma che era quella che per prima avrebbe avuto bisogno di consolazione e di supporto. Una ragazza cresciuta troppo in fretta in un mondo crudele che non aveva orecchie per il pianto di quei bambini, traditi dalle ambizioni del padre, che era stato disposto a sacrificare la vita della moglie e, in qualche modo, anche quella di suo figlio, pur di creare un'arma potente e temibile. In quel momento, per la prima volta, Shikamaru si era accorto di quello che era Temari per i suoi fratelli, pur non avendo praticamente mai parlato con loro. Temari per loro era un'amica, una sorella, una madre. In quella famiglia dai ruoli confusi, dove chi era fratello poteva essere anche figlio e padre contemporaneamente, dove era importante mantenere un equilibrio perfetto al fine di garantire la stabilità delle loro vite. Erano tre fratelli vissuti in solitudine, che erano riusciti ad avvicinarsi solo da pochi anni e con molta fatica. E lei, che era il punto di congiunzione tra i due maschi, che avevano un carattere più freddo, in quel momento cosa stava passando? Terrorizzata all'idea di vedere il giorno della morte di Gaara, in ansia per Kankuro, che era da qualche parte, lontano, doveva trovare la forza di reagire, di svolgere anche lei il suo compito. “Cry-baby...” mormorò improvvisamente lei, distogliendolo dai suoi pensieri. “Ti è mai capitato di pensare che tutto quello che hai fatto è sbagliato?” Lui rimase silenzioso. “No.” ammise infine. Lei abbassò il capo. Sembrava sfinita. “Io credo, invece, che tutto quello che ho fatto non sia servito a nulla. Vedendo questo posto... quello che Gaara ha fatto, da solo, penso che avrei potuto stargli più vicino, 263 aiutarlo. So che è una follia cercare di salvarlo questa notte, ma io voglio tentare, lo capisci? Devo impedire che gli sia fatto ancora del male, dopo che io gliene ho fatto tanto.” “Non dire così. Hai fatto tanto per loro, e sono sicuro che lo sanno e te ne sono riconoscenti.” le sussurrò, carezzandole la schiena. Contrariamente a quanto aveva immaginato, lei lo lasciò fare. “Non possiamo andare lì stanotte.” tentò di convincerla il giovane. “Non siamo pronti.” La scrutò attentamente, e aggiunse, con tono di rimprovero: “E poi, tu devi dormire.” Con un mano la costrinse a sdraiarsi nuovamente, e la coprì fino alle spalle. “Dormi, Mendekouze.” le sussurrò. “Chi vuoi salvare, se non sei neppure in grado di reggerti in piedi?” *** Kankuro maledisse per l'ennesima volta la pioggia che scendeva inesorabile, e gli bagnava i vestiti e i capelli. Il trucco gli si era sciolto e gli era colato sul volto, causandogli un immenso fastidio. Lui odiava la pioggia, ma la sua presenza voleva dire che era riuscito a mettere una considerevole distanza tra sé e il Villaggio. Cercò di accelerare ancora, ma un senso di vertigine lo invase, costringendolo a fermarsi definitivamente. Il giorno prima non aveva pranzato, pur di non perdere tempo, ma in quel momento la fame gli stava facendo perdere le forze. Rassegnato, si sedette nel bel mezzo della pianura in cui si trovava, e prese un po' del cibo che aveva portato con sé. Mangiò in fretta, ignorando l'acqua che lo inzuppava. Sollevò lo sguardo quando si accorse che c'era qualcuno, nelle vicinanze. Due ninja si stavano avvicinando minacciosi, con le armi in pugno. Li osservò attentamente. Non sembravano affatto pericolosi. Vestiti di stracci e con il volto coperto, segno che non erano intenzionati ad uccidere il loro avversario. Probabilmente, dunque, dei briganti. Si alzò, deciso ad evitare lo scontro, se fosse stato possibile. “Non porto ricchezze con me, né denaro.” disse a quello che si trovava più vicino, mettendo comunque mano ad un kunai. “Non voglio combattere.” aggiunse. “Lo sai quante persone ci hanno detto così, e poi abbiamo scoperto che in realtà avevano con sé molti oggetti di valore?” fece quello più lontano. “Meglio verificare!” esclamò, iniziando a correre verso di lui. La velocità con cui gli si scagliò contro sorprese Kankuro, che fu costretto ad indietreggiare per evitare di cadere. Si riprese subito, e con il kunai fermò l'attacco del nemico, mentre l'altro lo afferrava alle spalle. Sbuffò. Erano più forti di quello che sembravano, in fondo. O forse, più semplicemente, era lui ad essere esausto per il viaggio che stava affrontando. Lo stavano rallentando, e questo non andava bene. Non aveva molto tempo per arrivare a Konoha, doveva salvare Gaara, non poteva certo perdere tempo con quei due! Scivolò in una pozza di fango, mentre lottava violentemente per toglierseli di dosso. Per evitare di cadere si aggrappò al collo di uno dei due, mandandolo a terra. Facendo appello a tutte le sue forze, afferrò quello che gli stava alle spalle per i capelli, e, facendo leva sulle propria spalla, lo fece crollare sopra al compagno. Quell'espediente gli consentì di allontanarsi da loro. Iniziò a correre verso Konoha. Lo scontro non gli interessava, doveva giungere a destinazione il prima possibile. Una fitta improvvisa alla gamba lo fece cadere rovinosamente. Finì col volto nel fango, gemendo per il dolore. Guardò la gamba sinistra e si accorse che uno dei due ninja era riuscito a trafiggerlo con un kunai. Lo estrasse con violenza, inghiottendo il dolore e rialzandosi. Quella complicazione lo avrebbe rallentato non poco, e la cosa lo innervosiva molto. 264 Perché non volevano capire che non aveva nulla di valore con sé? Perché non lo lasciavano andare? Scosse il capo, ripetendosi che quei pensieri erano inutili e non facevano altro che ritardare il suo arrivo a Konoha. Senza indugiare oltre, decise che sarebbe ricorso alle sue marionette. Bastarono poche, mosse per imprigionarli entrambi all'interno di Kuroari. Le grida disperate dei due uomini si persero nello scrosciare della pioggia. Quando la tensione per lo scontro si allentò, fu costretto ad inginocchiarsi, incapace di reggersi in piedi. La ferita non era grave, e probabilmente neppure profonda, eppure gli doleva molto e lui non aveva nulla per curarsi. La osservò a lungo. Forse sarebbe riuscito a raggiungere il villaggio della Foglia prima di dissanguarsi. In fondo, mancava poco più di un giorno. Si rialzò, appellandosi a tutta la sua volontà. Si rimise a correre, stringendo i denti, deciso a non abbandonare Gaara se prima la vita non avesse abbandonato lui. Avrebbe proseguito con le unghie e con i denti, se fosse stato necessario. Doveva correre e non pensare al dolore. Mancavano solo cinque giorni. Capitolo 4: Terzo giorno Shikamaru sbuffò, prendendo uno dei mantelli che Temari gli stava porgendo. Aveva rinunciato ormai da un po' a cercare di farla dormire, dato che la ragazza non sembrava per nulla propensa ad abbandonarsi al sonno, ed era riuscita persino a convincerlo a portarla dal fratello. Certo, secondo lui non era molto prudente addentrarsi nel Villaggio di notte, in due, senza un piano preciso e sapendo di avere le guardie armate di Suna alle calcagna, ma lo sguardo cattivo che la ragazza gli aveva lanciato gli aveva fatto abbandonare ogni tentativo di protesta. Uscì dal rifugio prima di lei, tirandosi il cappuccio fin sugli occhi, e affondando il mento nel bavero rialzato del mantello nero. Non sapeva come avesse fatto Temari a procurarseli; forse li aveva semplicemente trovati lì, ma, più probabilmente, li aveva sottratti a qualcuno mentre lui non c'era. Non appena lei lo raggiunse, si avviarono insieme verso il Villaggio. Era buio, e la notte era decisamente troppo fredda per i gusti di Shikamaru, che sentiva il gelo penetrargli fino alle ossa. Sperava vivamente che la giovane si accorgesse del pericolo che stavano correndo ben prima di dover arrivare ad uno scontro con la Squadra Speciale, ma qualcosa gli diceva che niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea. Sbuffando, strinse il kunai che teneva in mano. Il contatto con il metallo freddo dell'arma gli ricordò che, ripensandoci, non avrebbero assolutamente dovuto trovarsi costretti a combattere con chicchessia. Già un uomo si era accorto di quello che stavano cercando di fare, e lui aveva dovuto ucciderlo. Sperava soltanto che avesse detto la verità, quando gli aveva confessato di non aver avvertito nessuno della sua presenza. Giunsero alle porte del Villaggio dopo poco tempo di cammino. Seminascosti dalle rocce che costituivano il confine, osservarono attentamente l'ingresso. C'erano soltanto due guardie. Probabilmente, il conflitto con la Foglia stava causando più problemi di quelli che il Kazekage si aspettava, o non avrebbe avuto altro motivo per ridurre così drasticamente la 265 difesa del Villaggio. Temari gli rivolse uno sguardo eloquente, e mise mano al suo kunai. Aveva dovuto rinunciare al ventaglio per evitare di essere riconosciuta, con quell'arma così visibile e rara. Shikamaru annuì. Si mossero insieme, come una persona sola; giunsero alle spalle dei due uomini e cinsero loro il collo con le braccia, senza dar loro il tempo di realizzare cosa stesse accadendo. Con un movimento veloce e deciso affondarono i kunai nella carne, tagliando la gola alle due guardie senza troppi complimenti. Quando quelli caddero riversi a terra, senza vita, Shikamaru li afferrò ognuno per un braccio, e li trascinò più lontano, nel deserto, mentre Temari spostava la sabbia per cancellare le tracce che il sangue aveva lasciato. “Speriamo che ci mettano tanto a trovarli.” commentò il giovane, mentre si dirigeva nuovamente verso il Villaggio. Lei lo seguì senza rispondere. Era pallida e tesa, ma sembrava più che mai risoluta e assolutamente decisa a finire ciò che aveva iniziato. Camminarono silenziosi fino alla casa dove Temari viveva con i fratelli, tendendo le orecchie e aguzzando la vista, per quanto possibile, cercando di scorgere ogni minima presenza, in quella notte senza luna. Si avvicinarono cautamente alla porta nella parete. La aprirono piano, sperando di riuscire ad evitare un cigolio che, senza dubbio, avrebbe messo in allarme le guardie. Entrarono uno dietro l'altro, lentamente. Shikamaru sentiva il cuore battere in gola. Cercò di deglutire, ma aveva la bocca completamente asciutta per la tensione. Come aveva fatto a lasciarsi convincere a quel suicidio? Bastava un solo passo falso, un solo sussurro, un rumore un po' più forte, e tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi. Temari sarebbe stata messa a morte all'istante, e lo stesso avrebbero fatto con lui. Anzi, forse con lui sarebbero stati più duri. L'avrebbero torturato per trovare informazioni suoi ninja di Konoha che combattevano al fronte, e lui quanto avrebbe resistito prima di raccontare tutto? Lui, che per sua stessa ammissione era uno dei ninja più vigliacchi del Villaggio? Decise di non pensarci. Non li avrebbero presi. Non vivi, almeno. Il corridoio sembrava deserto, esattamente come la prima volta in cui era entrato. Dunque, a rigor di logica, in fondo avrebbero trovato due guardie armate fino ai denti, che avrebbero fatto la stessa fine di quelle all'ingresso del Villaggio. Certo, ma dietro a quella porta di metallo? Le celle? Un altro corridoio? Sicuramente, altre sentinelle, con molta probabilità decisamente più esperte e capaci di quelle che si trovavano a pochi metri da loro. Ad un cenno della ragazza accanto a sé, uscirono allo scoperto, rinunciando a quel poco di protezione che il buio del corridoio poteva offrir loro. Le guardie ebbero un'esclamazione di sorpresa non appena li videro, illuminati dalla luce di una delle torce appese alla parete. Non fecero in tempo ad imbracciare le armi, che i due ninja erano già su di loro. Il kunai di Temari si piantò, preciso, nel petto del più basso tra i due, mentre Shikamaru aveva reciso la gola all'altro, riservandogli la stessa fine dei suoi compagni di guardia alle porte del Villaggio. “Sei sicura di quello che stiamo facendo?” le domandò il ragazzo in un sussurro. “Se entriamo, potremmo non riuscire a tornare indietro.” Lei esitò qualche istante prima di rispondere, poi lo guardò dritto negli occhi ed annuì. “Voglio vedere Gaara.” decise, e aprì la porta con mano tremante. Davanti a loro si snodava un altro lungo corridoio, ma, a differenza dell'altro, il soffitto era immensamente alto ed era ben illuminato. Lungo le pareti si trovavano altre porte di metallo, che, probabilmente, conducevano ad altri corridoi. Non sembravano esserci guardie. Probabilmente, rifletté Shikamaru, in quel posto non c'era davvero nulla che valesse la pena di essere protetto. Chiunque fosse giunto lì, avrebbe incontrato dei problemi solo dopo aver scelto una di quelle porte ed averla aperta. 266 Una di quelle li avrebbe condotti da Gaara, ma quale? Come avrebbero fatto a sceglierne una? Fissò la ragazza, che si stava guardando intorno corrucciata. “Da quando sono stata qui è cambiato tutto.” mormorò Temari, quando si accorse del suo sguardo. “Non so dove dovremmo andare.” “Proviamone una a caso e speriamo che sia quella giusta.” propose lui alla fine, ma aspettò prima di aprirne una. Cercò di ricordare nella sua mente l'esatta ubicazione dell'edificio carcerario, e di ricostruire nel modo più preciso possibile la planimetria sotterranea di Suna. Alla fine, titubante, prese la sua decisione. Uno sguardo scambiato in fretta con Temari gli fece capire che lei era giunta alla stessa conclusione, e questo lo rilassò. Inspirò profondamente e si avvicinò alla porta che, secondo i suoi calcoli, si trovava più a sud. L'aprì, trattenendo il respiro per l'agitazione. Se avesse sbagliato, non era certo che sarebbero riusciti a sopravvivere alla Squadra Speciale di Suna. Perché, naturalmente, erano loro che controllavano il carcere, proprio come a Konoha quel compito era affidato agli ANBU. Anche Temari, dietro di lui, era nervosa. Improvvisamente furono assaliti da un nauseabondo odore, intriso di sudore, sangue e sporcizia, ampliato dal caldo opprimente che li avvolse. Shikamaru deglutì a vuoto, nauseato. La ragazza si era portata una mano alla bocca, reprimendo un conato di vomito. Il giovane non sapeva cosa lo stesse spingendo a continuare, ma era perfettamente a conoscenza del fatto che entrare in quel posto era di estrema importanza per Temari, che, in fondo, voleva soltanto vedere suo fratello. Mosse un passo all'interno della stanza che gli si parava davanti, e si sentì mancare. Il caldo, insopportabile, gli toglieva il respiro. Si accorse in quel momento che tutte le pareti erano di metallo, e questo lo rassicurò. Alla fine, aveva scelto la porta giusta. Il carcere non era molto grande, e non c'erano guardie in giro. Probabilmente, rifletté Shikamaru, ritenevano che mandare delle forze armate in un luogo così debilitante fosse uno spreco. Ma per quale motivo, allora, c'erano soltanto due soldati a sorvegliare l'intero edificio? Come era possibile una cosa del genere? Il Kazekage confidava così tanto in sé stesso da credere che nessuno avrebbe tentato di entrarvi? Forse sarebbero stati più fortunati di quello che pensavano. Forse sarebbero riusciti a portare via Gaara quel giorno stesso. Dalla stanza si diramavano diversi corridoi, da cui provenivano lamenti, pianti e gemiti soffocati. Temari si diresse verso il più vicino, e scomparve nella penombra, senza attendere che Shikamaru la seguisse. Il ragazzo fece appena in tempo a raggiungerla, che sentì chiaramente il tonfo sordo di un corpo che cadeva a terra. Le si avvicinò, e si sporse oltre di lei per vedere cosa fosse accaduto. Ai piedi di Temari giaceva un cadavere insanguinato, colpito alla schiena, con un unico colpo preciso. Una guardia. Nessuno dei due disse nulla. Alla loro destra si trovava una delle celle. La parete era costituita interamente da una grata di metallo, che permetteva di vedere bene all'interno. Decine di persone, ammassate l'una sull'altra, troppo sfinite persino per accorgersi della loro presenza. In un angolo, un bambino piangeva disperato, tra le braccia di una donna immobile con gli occhi chiusi. “Non è qui.” mormorò Temari dopo un po', scrutando la cella con apprensione. Il giovane annuì, e la seguì fino ad un'altra cella. Non appena riuscirono a scorgerne l'interno, Temari impallidì visibilmente, barcollò, fece qualche passo traballante in avanti, poi corse accanto alle sbarre. Anche Shikamaru l'aveva visto. Gaara era a terra, lì accanto, con gli occhi chiusi ed il 267 respiro affannato. Aveva il volto impolverato, incrostato di sangue, con rivoli di sudore che gli correvano sulla pelle fino a gocciolare sul terreno sabbioso. Temari allungò una mano fino a sfiorargli la fronte, e il giovane aprì gli occhi stanchi. Riuscì a voltare la testa fino a scorgere la figura della sorella, aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo. “Gaara...” mormorò la ragazza, ignorando Shikamaru, che li aveva raggiunti per verificare le condizioni del giovane Kazekage. “Gaara... cosa ti hanno fatto?” lui non rispose. Si mosse leggermente, poi, con evidente fatica, in un rantolo, riuscì a sussurrare: “Acqua...” Shikamaru si allontanò nuovamente, mentre la kunoichi bagnava un fazzoletto e, attraverso le sbarre, bagnava le labbra screpolate del fratello. Certo, aveva immaginato che non avrebbero trovato Gaara in condizioni ottimali, ma non si aspettava un simile spettacolo dopo soli tre giorni di prigionia. Evidentemente, il nuovo Kazekage aveva deciso di non perdere tempo. Che strazio doveva essere, per Temari, vedere il fratello minore in quelle condizioni, dopo che il ragazzo aveva dovuto patire la fame, la sete, e, probabilmente, a giudicare dalla quantità di sangue, anche le torture spietate dei carcerieri di quel Paese che, da quel punto di vista, era sempre stato estremamente barbaro? Gaara non era certo in grado di muoversi, quindi, l'unico modo per tirarlo fuori di lì era portarlo via di peso. Ma come potevano fare? Avrebbero avuto il coraggio di lasciare indietro tutti gli altri prigionieri? Come potevano spiegare loro che Gaara era l'unica speranza di salvezza che avevano? Improvvisamente un rumore lo fece sobbalzare. Tese l'orecchio, e udì chiaramente un gruppo di persone che correvano nella loro direzione. Li vide svoltare l'angolo, accorgersi della sua presenza. Corse da Temari. “Corri! Ci hanno scoperti, dobbiamo andarcene subito da qui!” gridò, afferrandola per un braccio e costringendola ad alzarsi. “Non posso lasciarlo qui...” protestò lei, ma Shikamaru non la ascoltò. La prese per le spalle, la scosse con violenza. “Se ci prendono, ci ammazzano! Come pensi di essergli utile da morta? Lo porteremo fuori di qui, ma non adesso!” le mise in mano un kunai, che lei afferrò con poca convinzione. “Vai... corri...” la voce roca di Gaara le arrivò debolissima, ma per lei fu come uno schiaffo. Si riscosse immediatamente, e si scagliò con violenza contro i tre ninja che li avevano raggiunti, imitando Shikamaru, che ne aveva già impegnati due in un corpo a corpo serratissimo, che lo vedeva in netto svantaggio. Si diresse decisa verso quello che la stava puntando. Armata solo di un kunai, mentre quello stringeva tra le mani una katana, non si perse d'animo; sentiva la rabbia ribollirle nello stomaco ripensando ai tagli e alle abrasioni sul volto del fratello, i lividi sui polsi e sulle caviglie, la pelle secca per il caldo e la disidratazione. Voleva scoprire chi l'aveva ridotto così, chi era stato a fargli del male. Poco importava chi avesse dato l'ordine di farlo, a lui sarebbe toccato per ultimo, e la sua fine sarebbe stata la più violenta tra tutte. Ma quello che l'aveva torturato, che non aveva avuto il coraggio di ribellarsi, di pensare che, in fondo, nonostante fosse un Kazekage ed un grande ninja, Gaara era solamente un ragazzino, che non avrebbe meritato quelle sevizie; anche lui avrebbe dovuto pagare. E se non era il ninja contro cui stava lottando, e che l'aveva già ferita con quella spada che sapeva utilizzare tanto bene, allora sarebbe stato un altro; forse uno di quelli che combattevano con Shikamaru, forse la guardia che lei aveva ucciso di fronte all'altra cella o magari quelle che facevano la guardia alle porte del Villaggio... In un momento di cieco furore, piantò il kunai nel petto dell'avversario, e lo lasciò lì, senza 268 curarsi di controllare se fosse vivo o morto; colpì con un potente pugno alla nuca uno degli avversari di Shikamaru, che tagliò la gola all'altro. Con la vista appannata per le lacrime, seguì Shikamaru lungo il corridoio, sentendo le voci delle guardie dietro di loro. Improvvisamente, la consapevolezza di aver lasciato lì Gaara la avvolse, e le gambe le cedettero sotto il peso di quella rivelazione. Non appena Shikamaru se ne accorse, però, tornò indietro per raggiungerla, inginocchiata a terra; la sollevò, la rimise in piedi, e tenendola per una mano continuò a correre, disperatamente, fino a farsi bruciare i polmoni, cercando di evitare i kunai che i ninja lanciavano loro. Uno lo colpì di striscio ad un braccio, ma nella fretta di mettersi in salvo non se ne accorse. Quando Temari vide il graffio, però, aumentò il passo, ritrovò sé stessa. Correndo, lanciò indietro degli shuriken, senza controllare se fossero andati a segno oppure no; accelerò finché poté, ma non lasciò la mano di Shikamaru, che stava qualche passo davanti a lei. Aprirono di botto la porta nella roccia, e delle frecce sibilarono intorno a loro. Il ragazzo le scansò tutte, aiutando anche Temari, che ne aveva deviate alcune con un kunai. “Maledizione...” borbottò la giovane tra i denti, saltando per evitare che una freccia la colpisse alla gamba. Arrivarono alle porte del Villaggio. C'erano decine di guardie ad aspettarli, e insieme realizzarono che non sarebbero mai riusciti ad uscire senza fare una strage. Mentre il ragazzo impegnava alcune di loro in combattimento, cercando di impedire che arrivassero a Temari, lei avvolse le sue armi in delle carte bomba, poi le lanciò contro le pareti rocciose, facendole esplodere. I massi crollarono sull'intera Squadra Speciale, mentre Shikamaru era riuscito a fare un salto indietro e ad evitare la frana. Corsero sopra ai detriti, passando sui cadaveri delle guardie che avevano cercato di fermarli. Arrivarono al rifugio, sfiniti. Passarono dalla botola uno dietro all'altro, silenziosi. Non appena furono dentro, Shikamaru si lasciò crollare a terra, portandosi una mano al cuore, che batteva furiosamente nel petto sanguinante. Non si accorto di quelle ferite durante la fuga. A osservarle bene non dovevano essere più che tagli, anche se bruciavano in modo terribile. Spostò lo sguardo sulla ragazza e si accorse che anche lei sanguinava, dalle gambe, dalle braccia e da un taglio che le attraversava la fronte, anche se sembrava non essersene accorta. Tremava violentemente, era più pallida che mai e aveva gli occhi lucidi e rossi. Rimase ferma in mezzo al rifugio per un po', senza muovere un muscolo, poi, all'improvviso, barcollò e cadde in ginocchio, accasciandosi a terra. Shikamaru si alzò di scatto, maledicendo i lividi, i tagli e la stanchezza, e le si avvicinò. Le circondò le spalle con le braccia, ignorando le sue proteste, e la tenne stretta a sé. Lei cercò di divincolarsi, disperata, ma Shikamaru non lasciò andare. Le portò una mano alla testa e le Disegnato da Aphael 269 carezzò i capelli. “Calmati, Temari, cerca di calmarti. Torneremo, torneremo a prendere Gaara non appena sarà possibile.” Lei posò le mani sul petto del ragazzo, sporcandole di sangue, lo allontanò con forza, lo guardò negli occhi con le lacrime che le correvano lungo le guance. “Tu non capisci! Sai che cosa vuol dire per me tutto questo? Avremmo dovuto portarlo via prima, ne avevamo la possibilità, e invece non ci siamo riusciti! E' sempre lui, sempre lui! Perché? Perché tutto questo? Cos'ha fatto la mia famiglia di tanto sbagliato per meritarsi così tanta sofferenza? Cos'ha fatto Gaara di così sbagliato per meritarsi una vita così crudele?” Il ragazzo chinò lo sguardo. “Non sto dicendo che per te non sia una sofferenza, cerca di capire. Credi davvero che Gaara sarebbe riuscito a sopravvivere ad una fuga come quella di prima? E' un miracolo se noi siamo vivi. Lui non ce l'avrebbe fatta, lo sai. Non odiarmi perché ti ho portata via, non l'abbiamo abbandonato. Lui lo sa.” “Mi sento così in colpa...” la ragazza si allontanò da lui, e si mise a cercare qualcosa nella sua borsa. Alla fine, ne estrasse delle bende. Si avvicinò a Shikamaru, gli levò la maglia senza troppi complimenti ed iniziò a medicargli le ferite. Lui le portò una mano al volto, asciugandole le lacrime con un dito. “Non piangere, Temari. Ce la faremo sicuramente. Mancano ancora quattro giorni.” *** Gaara chiuse gli occhi e cercò di deglutire, invano. Circondò le ginocchia con le braccia, e vi affondò la testa. La vista della sorella, poche ore prima, gli aveva dato la forza di mettersi seduto. Sapeva che di lì a poco sarebbero arrivate le guardie, lo avrebbero preso e picchiato nuovamente, per sapere come avessero fatto Temari ed il ninja della Foglia ad entrare nelle carceri, ad uccidere gli shinobi di Suna, a trovarlo e parlargli. Nonostante tutto, il ragazzo si sentiva estremamente soddisfatto. Aveva sentito alcuni uomini parlare, poco tempo prima, quando avevano portato via i cadaveri delle guardie che Temari e Shikamaru avevano ucciso. Sembrava che avessero iniziato a dubitare della forza del nuovo Kazekage. Quando si erano avvicinati alla cella del giovane, lui aveva potuto notare dei lividi sui loro volti spaventati. Forse anche loro erano stati torturati, per aver fallito così miseramente un compito semplice come quello di sorvegliare il carcere. Quando si erano accorti del suo sguardo, uno dei due gli aveva lanciato un veloce sguardo di incoraggiamento. Si era allontanato, ed era tornato poco dopo con una brocca piena d'acqua, che aveva usato per pulirgli del sangue il viso pallido, e per dissetarlo. Gaara sapeva che quegli uomini odiavano il nuovo Kazekage almeno quanto lui, ma la paura li teneva soggiogati, proprio come il resto del popolo. In quel momento, la cella s'aprì. Entrarono due di quelli che gli erano stati fedeli, mentre lui era al potere. Erano due uomini giovani e ancora inesperti, totalmente alla mercé degli scagnozzi del nuovo Kazekage. Gli si avvicinarono e lo afferrarono per le braccia, facendolo alzare. Si muovevano in fretta, eppure sembrava che stessero cercando di trattare il ragazzo con il maggior riguardo possibile. Lo portarono in una stanza fortemente illuminata, dove lo attendeva il suo aguzzino, con un ghigno sadico negli occhi. “Bentornato, signor Kazekage.” Il ragazzo lo fissò qualche istante, con la testa alta, senza paura. L'uomo prese una frusta da terra. “Ciò che ha fatto tua sorella è molto grave, ragazzino, e adesso il popolo l'ha saputo, e per le 270 strade non si fa altro che insultare il nuovo Kazekage, che è molto dispiaciuto per questo comportamento.” Il suo ghigno si allargò. “Pertanto, mi ha pregato di darti una lezione coi fiocchi, che sia di monito per tutti. Inutile dire che mi farà enormemente piacere.” Senza dire altro, gli si avvicinò, lo prese per un braccio e lo trascinò fino ad un angolo della stanza, dove si trovava un pilastro di legno scuro. Gli strappò la maglietta sporca e lacera, la gettò da una parte. Lo costrinse ad appoggiarsi col petto al palo, e gli legò le mani in modo che non potesse muoversi. Infine, con calma esasperante, srotolò la frusta. Non appena la frusta gli toccò la schiena per la prima volta, il giovane non riuscì a reprimere un urlo di dolore. Il secondo colpo arrivò talmente in fretta che la voce gli morì sulle labbra, il respiro gli si mozzò e la vista si appannò. Al terzo colpo, iniziò a non capire più ciò che gli accadeva attorno. Avvertiva il dolore lancinante della pelle che si lacerava sotto a quelle sferzate così violente, ma ciò che vedeva era troppo offuscato per poterlo distinguere, e un fischio ininterrotto nelle orecchie non gli permetteva di ascoltare ciò che il carceriere gli stava dicendo. Nella sua mente riusciva ad elaborare solo immagini confuse di ciò che era accaduto quella notte, quando Temari gli si era avvicinata con le lacrime agli occhi. Mai, in tutta la sua vita, l'aveva vista piangere. Era sempre stata una ragazza forte. Certe volte, Gaara era riuscito persino a pensare che tra i tre fosse proprio lei quella in grado di sopportare più dolore. Aveva imparato bene a nascondere i propri sentimenti, forse anche inconsciamente, per potersi occupare di due fratelli che da soli non sarebbero riusciti a sopravvivere. Era a lei che dovevano tutto. Il ragazzo si ripromise che, una volta uscito di lì, avrebbe trovato un modo per sdebitarsi con lei, che in quel momento si stava affannando per aiutarlo, stava collaborando con un nemico, mettendo a repentaglio la propria incolumità, per tirarlo fuori di lì. “Bene, ragazzino.” lo canzonò il carceriere, dopo quelle che sembravano ore, slegandogli i polsi. “Direi che sei pronto.” Lo sollevò senza difficoltà, in malo modo. “Adesso la tua gente vedrà che cosa succede a chi si oppone al Kazekage.” Lo portò su una delle rocce, nel punto dove il villaggio era più popolato. A metà altezza erano state fissate delle corde, e quando le vide, Gaara capì cosa gli avrebbero fatto. Non reagì quando la guardia gli legò i polsi in alto sopra alla testa, né quando gli passò una corda intorno al torace per fare in modo che non cadesse. “Rimarrai appeso qui tutto il giorno, moccioso.” spiegò compiaciuto l'uomo, prima di andarsene. Gaara rimase immobile. Sentiva il sangue che colava dalla schiena ferita sulla roccia bollente, e il sole cocente che gli illuminava il volto, impedendogli di aprire gli occhi. Trasse un respiro profondo, si fece coraggio. Avvertiva che le forze lo stavano abbandonando, ma non si diede per vinto, respirò di nuovo, risentì nella mente ciò che la sorella gli aveva detto, poche ore prima. “Resisti, Gaara. Resisti.” Capitolo 5: Quarto giorno Shikamaru sbuffò per l'ennesima volta, scostando un ricciolo biondo dal volto di Temari, che dormiva, stesa sul futon. Quella missione che si erano prefissati si stava dimostrando più complessa di quanto avesse immaginato. L'avventura della notte precedente aveva tolto loro ogni altra possibilità di entrare al Villaggio liberamente, come, almeno lui, aveva sempre fatto. Inoltre, nessuno gli garantiva che il Kazekage non avesse deciso di uccidere Gaara, in seguito a quegli avvenimenti che erano costati così tante vite umane. 271 Infine, spostò lo sguardo su Temari. La ragazza, in quei giorni, aveva dimostrato più di una volta di aver perso la lucidità che di solito la caratterizzava. E ciò significava semplicemente che ora era lui a dover pensare ad un piano alternativo per entrare al Villaggio ed anche ad un modo per farla rimanere tranquilla quel tanto che bastava per evitare di essere scoperti. Non poteva rischiare nuovamente come la sera prima, ma non voleva neppure allungare la sofferenza di Temari e dei suoi fratelli. Non avrebbe mai creduto di poter provare pietà per Gaara, eppure quel ragazzino sporco, pallido e sanguinante aveva ben poco del crudele ninja con cui avevano avuto a che fare durante l'esame di selezione dei chunin. In quel momento, la giovane si mosse. Aprì gli occhi ancora lucidi, si mise a sedere e si passò le mani sul volto esangue. Rimase immobile qualche istante, poi si stese nuovamente, senza dire una parola, chiuse gli occhi e si riaddormentò. Shikamaru si sdraiò accanto a lei, sfinito. Da quando erano tornati non era riuscito a chiudere occhio. Il terrore che lei, una volta sveglia, tornasse al Villaggio da sola, gli impediva di rilassarsi. Se l'avessero catturata non avrebbero tardato ad ucciderla o a torturarla. La guardò. Le ciglia lunghe e arcuate erano bagnate di lacrime, che erano cadute sul cuscino, lasciando una macchia chiara accanto al suo volto; le labbra carnose socchiuse erano secche e screpolate. Nonostante tutto, però, il ragazzo sentiva di non aver mai visto niente di più meraviglioso, da che poteva ricordare. Temari si svegliò dopo quelle che a lui parvero molte ore. Si alzò, iniziò a girare per la stanza, nervosa. “Mendekouze, stai calma.” il ragazzo sbuffò. “Stai calma?!” ripeté la giovane in un grido. “Non dirmelo mai più. Non dopo aver visto Gaara in quelle condizioni.” sibilò fissandolo truce. “Sto cercando di pensare ad un altro modo per tornare al Villaggio senza passare per la porta.” spiegò Shikamaru pazientemente, alzandosi e raggiungendola. Le posò le mani sulle spalle e la fece sedere a terra. “Ho bisogno del tuo aiuto, perché io non conosco il Villaggio.” continuò, scrutando la sua espressione torva. “Non ci sono altre entrate.” lo informò subito la ragazza. “Quello è l'unico accesso; però potremmo provare a scalare le rocce del perimetro. Quelle nella zona nord non dovrebbero essere sorvegliate. Anche se da quelle parti rischiamo di incontrare la guarnigione di Konoha.” s'interruppe. Shikamaru sapeva a cosa stava pensando. I ninja della Foglia non avrebbero fatto del male a lui, ma non poteva garantire che non se la sarebbero presa con la ragazza, nonostante lei li avesse aiutati. L'umore dei combattenti era a terra, e non si sarebbero fatti scrupoli a sfogare la propria rabbia su una persona qualsiasi. “Non possiamo passare di lì. Sarebbe rischioso.” commentò allora. “Che ne dici della zona est?” “E' la più sorvegliata.” replicò Temari. “Perché ad est c'è Konoha, i nemici arrivano da lì.” “Giusto...” convenne il ragazzo, seccato. Come aveva fatto a non pensarci? Gli sembrava di aver perso la facoltà di ragionare. “Forse nella parte ovest.” tentò. “Anche se è vicina alla porta del carcere, potrebbero pensare che torneremo da lì...” “Sicuramente sarà così. Dobbiamo tentare nella parte nord. Tu sei di Konoha, non ti attaccheranno. Ci sono meno rischi.” considerò la giovane, guardandolo negli occhi. Il suo sguardo parlava chiaro. Era l'unica scelta che avevano, nonostante per lei fosse molto rischioso. Quanto era disposta a spingersi oltre per salvare suo fratello? Sembrava che avesse perso il senso del limite, che non riuscisse più a distinguere ciò che era 272 estremamente pericoloso da ciò che non lo era. La ragazza aveva intuito i pensieri di Shikamaru. “I miei fratelli sono tutto quello che mi rimane.” spiegò, con una nota di tristezza nella voce. “Non amici né parenti, e sono le persone con cui ho trascorso tutta la mia vita. Kankuro è lontano e io non posso fare niente per lui, ma Gaara è qui vicino a me, ed io devo almeno provare. A costo di farmi uccidere.” Il giovane si limitò ad annuire. “Proviamoci, allora.” si avvicinò alla botola, l'aprì, uscì. La ragazza lo seguì immediatamente. Camminarono veloci, in silenzio, fino alla parte nord. Iniziarono ad arrampicarsi, e subito Shikamaru si lasciò sfuggire un'imprecazione a mezza bocca. Le rocce scottavano a causa del sole cocente. Tolse in fretta la mano, e concentrò il chakra sui piedi. Lo stesso fece Temari, quando si accorse che non era in grado di toccare la roccia senza scottarsi. Arrivarono in cima sfiniti, con il volto imperlato di sudore. Avanzarono lentamente, fino a scorgere l'interno del Villaggio dal punto in cui si erano fermati. Un gruppo di persone era fermo davanti alla parete rocciosa nella zona ovest del Villaggio. Shikamaru strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio. Temari, invece, aveva già capito. Lo afferrò per un braccio, lo avvicinò a sé. “E' Gaara!” gemette, improvvisamente pallida. “Hanno legato Gaara alla parete di roccia!” Il ragazzo la guardò stralunato. Scesero insieme nel Villaggio, sperando che nessuno li vedesse. La giovane si coprì il volto con un velo leggero, come erano solite fare le donne di Suna per proteggersi dalle tempeste di sabbia. Shikamaru si tirò il cappuccio del mantello che aveva indossato fin sugli occhi, e camminò a testa bassa finché non raggiunsero quel gruppetto, che andava via via infoltendosi. Alzarono lo sguardo e lo videro. Davanti a loro, a metà altezza, sulle rocce del Villaggio, legato con delle corde, c'era Gaara. Temari barcollò, si aggrappò a Shikamaru. Senza maglietta, il sangue era colato dalla schiena fino a terra, macchiando il terreno sabbioso. Nel petto molti lividi e tagli facevano bella mostra di sé, il volto appariva come una maschera di sangue. Alcuni dei cittadini parlavano a bassa voce tra di loro. Ad un certo punto, uno di loro si allontanò dagli altri, e si avvicinò al ragazzo. “Kazekage-sama!” lo chiamò. Il ragazzino non si mosse. “Kazekage-sama!” ripeté l'uomo, più forte. Gaara socchiuse gli occhi,, si tese per un istante, poi sembrò perdere i sensi nuovamente. “Resistete, Kazekage-sama!” gridò un ragazzino tra la folla. In quel momento arrivò una guardia. “Avete visto cosa succede a mettersi contro il Kazekage?” urlò alle persone, mentre altri due shinobi allontanavano l'uomo che si era avvicinato alla parete rocciosa. “Guardate bene!” continuò la guardia. “Questo è quello che si meritano i traditori. Il vostro ex Kazekage aiutava gli shinobi della Foglia, che stanno distruggendo il nostro Villaggio. Merita tutto questo. E tra tre giorni, all'alba, sarà impiccato come un traditore.” Nessuno osò ribattere. Sopraggiunsero anche altre guardie, con dei lunghi bastoni. Una di loro colpì Gaara all'addome, all'improvviso, con violenza. Shikamaru sentì Temari irrigidirsi, accanto a sé. Le prese la mano e la strinse. La giovane tremava, con lo sguardo fisso a terra. Il secondo colpo arrivò dopo pochissimo. La ragazza sussultò, sentendo il rumore sordo del legno a contatto con il corpo martoriato del fratello. Rimasero immobili sotto il sole cocente per ore, fino a che le guardie non smisero di picchiare Gaara. Solo allora Shikamaru osò alzare lo sguardo sul ragazzo. Aveva riaperto gli 273 occhi, e fissava dritto davanti a sé. Aveva la bocca piena di sangue, che sputò a terra dopo un colpo di tosse. Tremava violentemente, e appariva privo di forze. Nonostante tutto, però, guardò le persone che erano immobili davanti a lui, ad una ad una, con una luce di riconoscenza negli occhi. Si soffermò qualche istante in più quando si accorse della presenza di Temari, che aveva puntato su di lui gli occhi verdi pieni di lacrime. Una delle guardie si arrampicò sulla roccia, fino ad arrivare accanto al giovane. Tagliò le corda che lo teneva legato all'altezza del petto, ed iniziò a tagliare anche quelle dei polsi. Quando Shikamaru capì cosa stesse per accadere, guardò Temari, che, pallidissima, teneva gli occhi puntati sul fratello. All'ultimo momento, la costrinse con una mano a voltare il viso e ad appoggiarlo sul suo petto. Gaara cadde al suolo con un tonfo sordo ed un gemito di dolore. Shikamaru sentì Temari chi si afflosciava tra le sue braccia, inerme. Senza farsi notare dalle guardie, la sollevò delicatamente e si diresse, senza pensare, verso la parte nord del Villaggio. Doveva uscire più in fretta possibile, o avrebbe attirato troppo l'attenzione. Se l'avessero visto, sicuramente gli avrebbero chiesto che cosa ci faceva con una ragazza svenuta in braccio. E se solo l'avessero vista, l'avrebbero riconosciuta all'istante. “Shikamaru!” una voce improvvisa alle sue spalle lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto, riconoscendo davanti a sé la figura scarna di Neji Hyuuga, che lo fissava severo. “Che cosa ci fai qui? Ti abbiamo dato per morto quattro giorni fa.” domandò, accigliato. Il ragazzo si morse un labbro, stringendo con più forza Temari. Quanto poteva fidarsi di Neji? Chi gli garantiva che poi l'altro non avrebbe avvisato i jonin di competenza? L'avrebbero di certo costretto a combattere, e non era sicuro che avrebbero risparmiato a Temari la sorte che toccava ai nemici di Suna. “Non c'è tempo di spiegare. Devo andarmene subito.” “Scappi? Noi qui combattiamo da mesi, e tu te ne vai con una della Sabbia? Lo sai che cosa ti fanno se ti scoprono?” lo apostrofò lo Hyuuga, provocatorio. “Io conto sulla tua discrezione.” replicò Shikamaru. “Ti prego, Neji, è importante.” “Anche il tuo Paese lo è.” lo rimbeccò subito Neji, e si avvicinò. “Sarai considerato un traditore. Sei in combutta con quelli di Suna?” “Devo aiutarla.” fece un cenno col capo alla ragazza che teneva tra le braccia. “Vuole soltanto salvare suo fratello. Se Gaara venisse liberato, credi davvero che lascerebbe in vita il nuovo Kazekage? Il popolo non si ribellerà, la guerra finirà e tu potrai tornare a casa, come tutti gli altri.” “E' così importante questa cosa per te?” “E' lei che è importante per me.” Neji lo fissò qualche istante, silenzioso. Sembrava stesse riflettendo. Alla fine, indicò a Shikamaru un passaggio che i ninja della Foglia avevano scavato nella roccia. “Esci, e fai in fretta. Io non ho visto né sentito niente.” Il giovane non se lo fece ripetere. Lo salutò con un cenno del capo, e corse fuori dal Villaggio. Arrivò al rifugio, premurandosi di cancellare le tracce, e, una volta dentro, stese Temari sul futon. Quello svenimento improvviso era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da una ragazza forte come lei. Eppure, pareva che in qualche modo la sofferenza dei fratelli la rendesse più vulnerabile. Shikamaru si chiese quanto le fosse costato vedere Gaara in quelle condizioni, senza la possibilità di fare nulla. Si sentiva colpevole per quello che era successo, forse? Si rammaricava di non poter fare di più? Shikamaru avrebbe dato qualunque cosa per alleviare quel dolore, per garantirle che Kankuro stava bene, e che anche Gaara si sarebbe salvato senza difficoltà. In qualche modo, sapeva che in quel momento Kankuro non era in pericolo. Sarebbe 274 dovuto giungere a Konoha di lì a qualche ora, sempre che non vi fosse già arrivato, e presto sarebbe stato di ritorno. Ma non era certo che Gaara avrebbe resistito per altri tre giorni. L'avevano trovato molto più mal ridotto di quello che si aspettavano, e nel giro di un giorno era stato sottoposto a torture che avrebbero ucciso chiunque. Sperava soltanto che il ragazzo si dimostrasse abbastanza forte da poter sopravvivere. *** Kankuro barcollò fino alle porte del Villaggio della Foglia, premendo una mano sulla ferita alla gamba. L'aveva medicata come aveva potuto, utilizzando come benda un pezzo della sua tuta, e non aveva certo rallentato il passo per quello che riteneva un semplice taglio. Maledisse più e più volte i ninja che l'avevano attaccato. Se non fosse stato per loro, certo in quel momento non avrebbe avuto la vista così annebbiata per il dolore, e, soprattutto, avrebbe evitato di indebolirsi per la perdita di sangue. Imprecò energicamente quando inciampò su una radice, perdendo l'equilibrio e sbilanciandosi in avanti. Entrò nel Villaggio, e subito i due guardiani gli furono addosso. Lo esaminarono per un po', in silenzio, probabilmente chiedendosi che cosa mai ci facesse un ninja della Sabbia, ferito, nel loro Villaggio, nel bel mezzo di una guerra. “Sei Kankuro?” domandò dopo un po' uno dei due. “Il marionettista di Suna?” Il giovane annuì. “Devo parlare con l'Hokage.” spiegò. Si rizzò in piedi come meglio poté, ripetendo: “Devo parlare con l'Hokage.” “L'Hokage non può certo ricevere ninja nemici in un momento come questo!” ribatté Izumo. “Devo parlare con l'Hokage.” ribadì allora il giovane, più minaccioso, nonostante sentisse che le forze stavano per venirgli meno. “Ti abbiamo detto di no.” replicò Kotetsu, poi aggiunse: “Ma tu sei ferito. Ti portiamo in ospedale.” Kankuro fece per protestare, ma una fitta particolarmente forte gli fece abbandonare ogni tentativo di ribellione, e si lasciò portare via senza fare troppe storie. Quando arrivarono in ospedale, la prima persona che vide fu Sakura. Improvvisamente capì che lei era l'unico modo per arrivare all'Hokage. La chiamò ad alta voce, pregandola di raggiungerlo. Lei gli corse vicino, guardò prima Izumo, poi Kotetsu, infine parlò. “Kankuro! Che cosa ci fai qui? E perché sei ferito?” “Devo parlare con l'Hokage, subito.” la implorò, fissandola negli occhi chiari. “Ma... Kankuro, l'Hokage adesso non può...” tentò di dissuaderlo lei, ma il ragazzo la interruppe furibondo. “Lo so che siamo in guerra, e che vengo dal Villaggio nemico, ma, Kami-sama, io odio il Kazekage almeno quanto voi! E se non mi aiutate, ucciderà Gaara!” gemette, esasperato. L'espressione della giovane s'indurì. “Ti metto a posto quella gamba e poi ti porto da Tsunade-sama.” decise, e senza aspettare iniziò a guarirlo. Pochi minuti dopo stavano correndo verso il palazzo dell'Hokage, ignorando gli sguardi stupefatti che gli abitanti lanciavano al ragazzo di Suna. Giunsero davanti ad una porta di legno scura. Sakura bussò con foga. La voce della donna la invitò ad entrare. Kankuro rimase ad aspettare fuori qualche istante. Si guardò intorno, nervoso. Se l'Hokage non avesse accettato di aiutarlo, cosa avrebbe fatto? Con che coraggio sarebbe tornato da Temari, per confessarle che non era riuscito nella sua impresa? Già, Temari... Chissà come stava. Sperava davvero che non si fosse messa nei guai, che fosse 275 rimasta al sicuro, e che, soprattutto, si fosse sbarazzata di quell'assurdo ninja della Foglia. Se l'avessero trovata in sua compagnia, l'avrebbero giustiziata senza troppi complimenti, con l'accusa di complicità con il nemico e attentato alla patria. E Gaara? Come stava lui? Deglutì a vuoto. Baki gliel'aveva spiegato bene. Le torture erano estremamente comuni nelle prigioni del loro Villaggio, e sicuramente il Kazekage non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di seviziare Gaara. In quel momento, la porta s'aprì. “Vieni dentro.” lo invitò Sakura, facendosi da parte per lasciarlo passare. Una volta all'interno, Kankuro si ritrovò faccia a faccia con l'Hokage, che lo fissava seria. Era la prima volta che si trovava in presenza di una persona importante come quella. Da che era nato, il Kazekage era sempre stato uno dei suoi famigliari, eccezion fatta, ovviamente, per quell'usurpatore che secondo lui non aveva assolutamente nulla di importante. “Hokage-sama...” iniziò, titubante. Poi, vedendo che la donna non lo interrompeva, continuò più deciso: “Hokage-sama, sono venuto qui per chiedervi aiuto. Il Kazekage ha catturato Gaara, lo impiccherà tra tre giorni perché ha aiutato i ninja della Foglia. Io lo so che siamo in guerra, ma né io né Temari siamo in grado di aiutarlo... Siamo ricercati anche noi, e rischieremmo soltanto di aggravare la situazione. Vi prego...” “Basta così. Ho capito la situazione. Tu capisci, però, che noi siamo a corto di uomini. Non posso mandarti in aiuto una squadra particolarmente abile, perché qui sono rimasti soltanto genin e chunin. Se credi di poterti accontentare, potrei anche concederti un paio di persone...” “Un paio di persone andranno benissimo.” replicò subito Kankuro, colpito da tanta disponibilità. “Allora ho chi fa per te. Intanto verrà Sakura, in caso Gaara avesse bisogno di un medico. E poi, c'è un'altra persona... Sì, qui al Villaggio ci dà un sacco di problemi, è troppo agitato.” Improvvisamente la porta si spalancò. “Kankuro! Cosa ci fai tu qui?” Il giovane guardò il ragazzo che era entrato e accennò un sorriso tirato. Forse sarebbero davvero riusciti a salvare Gaara. Capitolo 6: Quinto giorno Temari scagliò con violenza il bicchiere contro la parete, mandandolo in frantumi. Non appena aveva riaperto gli occhi, ed aveva ricordato ciò che era successo quella mattina, aveva iniziato a sfogare la sua rabbia sugli oggetti che le erano passati tra le mani, e tutti erano finiti in pezzi. Sotto lo sguardo vigile di Shikamaru, solo l’orsetto di peluche con cui Gaara doveva aver giocato da bambino era stato risparmiato. Ma il futon era stato ridotto a brandelli di stoffa, le pareti erano solcate da profonde incisioni che la ragazza aveva fatto con dei kunai. Il giovane, da che aveva iniziato, non aveva avuto il coraggio di dire nulla. L’aveva lasciata fare, sperando che prima o poi la sua ira scemasse, ma per il momento si vedeva costretto ad ammettere che, di quel passo, avrebbe distrutto l’intero rifugio. L’orgoglio della kunoichi era stato ferito quando, solo poche ore prima, lei gli era “miseramente crollata in braccio, come una stupida ragazzina qualsiasi.”Shikamaru aveva tentato di convincerla che avrebbe potuto capitare a chiunque, ma lei gli aveva risposto con un ringhio furioso, così aveva lasciato perdere. Tuttavia, riconosceva che la situazione gli stesse decisamente sfuggendo di mano. Se per qualche istante, il giorno prima, aveva pensato che sarebbero riusciti a salvare Gaara, in 276 quel momento le sue speranze erano ridotte all’aiuto che avrebbe dovuto arrivare da Konoha entro qualche giorno. “Mendekouze...” mormorò, quando la giovane sbatté il pugno contro la parete con talmente tanta violenza da tagliarsi. Le si avvicinò, consapevole del fatto che lei aveva ormai imparato ad accettare di avere un contatto fisico con lui, la cinse da dietro, la afferrò le mani e le strinse, poggiando il mento sulla sua spalla. “Basta, Mendekouze, basta così. Finirai per ammazzarti, se continui.” “Lasciami.” sibilò lei, truce. “Tu non capisci.” Lui scosse il capo, costringendola a voltarsi verso di lui e a guardarla negli occhi. “No. Spiegamelo tu, allora.” la guardò, e riconobbe un lampo di stupore negli occhi verdi. “Quello che provo non ha importanza.” replicò lei, chinando lo sguardo. “Dobbiamo solo cercare di salvare Gaara.” “Ti sbagli.” ribattè Shikamaru. “Quello che provi ha molta importanza. Perché se io devo combattere insieme a te, se dobbiamo passare ancora molto tempo insieme, allora vorrei sapere cosa ti passa per la testa.” “Lo dici perché non sai più come fare per farmi stare ferma o perché ti interessa davvero?” “Mi interessa davvero.” Temari si sedette a terra ed incrociò le gambe, sospirando. Si spostò una ciocca di capelli dal volto, mentre Shikamaru si accoccolava accanto a lei, attento. “Da quando sono nata, mi hanno sempre detto che un ninja non deve aver paura di nulla. Ed è la stessa cosa che hanno ripetuto anche a Kankuro. Ma poi, quando è nato Gaara, mi hanno insegnato che di lui era giusto aver paura. Ero abituata a vedere gli shinobi del mio Villaggio come delle persone coraggiose, che non temevano di gettarsi nella battaglia, né di cadere uccisi durante le missioni. Ma poi, quando Gaara ha iniziato a capire che con il suo potere poteva fare molto più di quanto non possano fare i ninja normali, allora loro hanno iniziato ad avere il terrore di lui. E cosa potevo pensare io di mio fratello, vedendo che i più grandi shinobi ne erano terrorizzati? L’idea di stare insieme a lui mi faceva star male, se era in casa non lo guardavo neppure, ed ho spinto Kankuro a fare lo stesso. “Vedi, Kankuro, all’inizio, non capiva cosa ci fosse di strano in Gaara. Diceva che era persino più piccolo di noi, che non dovevamo averne paura. Ma poi, quando avevo sette anni...” sospirò “Gaara ha cercato di uccidere Kankuro. Non so perché. Ci siamo spaventati a morte entrambi, e non volevamo più avere nulla a che fare con lui. Così mio padre l’ha affidato a Yashamaru. Credo che avesse capito che lo odiava, nonostante cercasse di dimostrarsi gentile. Fatto sta che ci siamo persi di vista. Tuttavia, avevamo ancora molta paura di lui, e il fatto di non vederlo mai peggiorava la situazione.” S’interruppe, e si voltò verso il ragazzo. Gli occhi erano lucidi, ma sembrava del tutto non intenzionata a piangere di nuovo. “Me ne vergogno così tanto...” mormorò. “Era soltanto un bambino, se l’avessimo amato di più forse tante cose si sarebbero potute evitare...” Il ragazzo scosse il capo. “Anche tu eri soltanto una bambina. La colpa di quello che è successo non è né tua né dei tuoi fratelli.” con lo sguardo la invitò a continuare. “Dopo che Gaara ha ucciso Yashamaru, è tornato a vivere con noi. Credo che in quel periodo lo odiassi. Gli stavo lontano, lo ignoravo. Qualche volta, all’inizio, lui ha cercato di avvicinarsi a noi, ma non gliel’abbiamo mai permesso. Aveva sempre avuto un carattere piuttosto instabile, con la scusa che era nato da un jutsu, ma in quel periodo è peggiorato moltissimo. Mio padre lo teneva chiuso nella sua stanza con dei sigilli che gli impedivano di uscire, e lo rendevano ancora più nervoso. Quando credevo che ormai sarebbe impazzito del tutto, c’è stata tutta la questione degli esami di selezione dei chunin. 277 Da allora abbiamo cercato di riavvicinarci a lui, ma più ci riusciamo e peggio mi sento...” Si passò una mano sugli occhi, ricacciando le lacrime, e lasciò che Shikamaru si avvicinasse di più a lei. “Mi sento in colpa per quello che gli ho fatto. Ed ora che è in pericolo, che è solo, vorrei poter fare di più. Vorrei fargli capire che gli voglio bene, che ci tengo davvero a lui.” “Gaara ne dubita?” chiese il ragazzo, accigliato. “Non ne sono sicura.” ammise Temari, scrollando le spalle. “Ma mi sembra che faccia fatica a comprendere il nostro cambiamento. Credo che pensasse che fosse solo un suo problema, che fosse l’unico a non riuscire a relazionarsi con gli altri.” “Cosa intendi dire?” “Gaara era convinto di essere l’unico a non avere amici, e questo perché, se vedeva me e Kankuro, capiva che io e lui ci aiutavamo a vicenda. Non ha neppure mai immaginato, suppongo, che uno di noi due potesse avere dei problemi a interagire con gli altri.” “Credeva che riusciste a comportarvi con gli altri esattamente come vi comportavate tra di voi?” “Sì. Ma non è così. Quindi lui si è trovato piuttosto spiazzato. Era confuso, io ho cercato di aiutarlo e non ci sono riuscita come avrei voluto. Soffre ancora molto, e io non riesco a fare a meno di pensare che sia tutta colpa mia.” “Non è colpa tua.” “Sono stata io a convincerlo ad aiutare voi della Foglia. Lui non ne era convinto. Diceva che c’era il pericolo che il nuovo Kazekage se la prendesse con il popolo, che non c’entrava nulla.” Una lacrima le affiorò all’improvviso dagli occhi, le cadde lungo una guancia, per poi finire sulla maglietta, subito seguita da un’altra, e un’altra ancora. Shikamaru le passò un braccio sulle spalle, e lei, senza aspettare che lui, come faceva sempre, la stringesse a sé, poggiò il volto al suo petto, piangendo silenziosamente, aggrappandosi alla stoffa della sua maglia, cercando conforto tra le braccia di quel ragazzo che in pochi giorni aveva imparato come consolarla e come comportarsi con lei. Lui non disse nulla. Si limitò e carezzarle i capelli, tenendola stretta a sé, ripensando a quanto lei gli aveva detto. Quanto le era costato quel racconto? Lei, che era sempre stata abituata a tenere tutto per sé, a soffocare i propri sentimenti, quanto aveva sofferto nel raccontargli quelle cose? Certo, non poteva dire che gli avesse confessato granché, ma in qualche modo, sapere che lei aveva accettato di aprirgli il suo cuore, di condividere con lui ciò che la faceva star male, gli dava una strana sensazione che non sarebbe mai stato in grado di descrivere. “Credo che Gaara sappia che gli vuoi bene.” mormorò dopo qualche minuto. “Anzi, ne sono certo.” “Come puoi dirlo?” chiese la ragazza con voce tremante, senza accennare a volersi allontanare da lui. “Dal modo in cui ti ha guardata questa mattina, quando si è accorto della nostra presenza. Sono sicuro che lui non prova nessun rancore nei tuoi confronti.” Lei non rispose. Rimase immobile, allentando la presa sulla maglietta, lasciandosi consolare dal ragazzo. Shikamaru si mosse leggermente. Temari si era addormentata ancora stretta a lui, in una posizione davvero scomoda per il giovane, che cercava in tutti i modi di spostarsi lievemente, senza svegliarla. Dopo vari tentativi, rinunciò all’impresa. Si avvicinò con il volto ai capelli ricci della ragazza, perdendosi nel suo profumo dolce e caldo. Improvvisamente gli venne da sorridere. Se Choji l’avesse visto in quel momento... l’amico che da anni gli ripeteva che non era assolutamente normale che lui non avesse interesse per le ragazze, cosa avrebbe detto se avesse saputo che in quel momento Shikamaru teneva 278 stretta a sé una ragazza che aveva imparato a definire, nella sua mente, come splendida? Se solo avesse sentito il cuore del suo amico che batteva furiosamente nel petto, o la piacevole sensazione che l’aveva preso alla bocca dello stomaco... Si ritrovò a pensare ad una discussione che avevano avuto prima di partire per quella folle guerra, quando Choji gli aveva detto che avrebbe dovuto imparare a distinguere una ragazza bella da una brutta. E Shikamaru gli aveva risposto che non era la bellezza ciò che cercava. Guardò Temari, che ancora dormiva, e sorrise. La ragazza che faceva per lui era tra le sue braccia. Era intelligente, astuta. Capace, ne era certo, di amare con passione, e di odiare con altrettanto accanimento. E amava il suo profumo, che sapeva di dolce, di sabbia; il calore della sua pelle abbronzata dal sole cocente del suo Paese; il colore dei suoi occhi; e anche quel corpo non proprio perfetto che a lei non piaceva. In quel momento la ragazza si mosse. Aprì gli occhi, lo guardò, si allontanò da lui. Non disse nulla, si limitò a voltarsi con lo sguardo verso la parete e a restare immobile nel silenzio del rifugio. Shikamaru si alzò. Doveva tentare di rientrare al Villaggio, non appena avesse fatto buio, ma questa volta non avrebbe portato Temari con sé. L’avrebbe costretta a rimanere al sicuro con la forza, se fosse stato necessario. “Mendekouze...” la chiamò dolcemente, avvicinandosi di un passo a lei. “Che vuoi?” fece brusca la giovane, voltandosi con un bagliore furioso negli occhi. Shikamaru sospirò. Si sentiva forse umiliata per quello che era successo? Perché non capiva che mostrare i propri sentimenti non era segno di debolezza? “Ho intenzione di tornare al Villaggio, stanotte. Ma non voglio che venga anche tu.” lo disse lentamente, temendo la reazione della giovane, che non tardò ad arrivare. “Vuoi lasciarmi qui come se fossi una stupida ragazzina da proteggere? Posso venire anch’io!” esclamò, furibonda. “No, invece. Perché tu adesso sei troppo sconvolta. Devi restare qui e riposare.” “Non voglio riposare.” “Non m’importa. Non verrai. A costo di legarti e di impedirti di uscire di qui con la forza.” “Non puoi farlo!” “Ti ho detto di no.” Lei attese qualche istante prima di rispondere. “Perché? Io non capisco.” “E’ proprio questo il punto!” sbottò il giovane, felice del fatto che lei gli avesse dato un appiglio con cui argomentare le sue intenzioni. “Adesso tu sei troppo sconvolta per ragionare, ed è normale, dopo aver visto tuo fratello in quelle condizioni. Ma non possiamo rischiare di metterci in pericolo in questo modo. Lo capisci?” “Non trattarmi come se fossi un idiota.” “Non lo sto facendo.” Seguirono alcuni attimi di teso silenzio. Per un po’, Shikamaru temette che Temari l’avrebbe ucciso. “Allora vai.” concluse lei, dopo un po’. “Ma se ti fai ammazzare, non è colpa mia. E vedi che non se la prendano con Gaara.” “Farò attenzione.” le assicurò lui, prima di aprire la botola con circospezione. Uscì con fare deciso, facendo capire che aveva un piano ben preciso in mente. In realtà, non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare. Tornare all'interno del carcere avrebbe significato combattere, mettersi in pericolo, uccidere o essere uccisi. D'altro canto, dopo tutto quello che era successo di sicuro le difese dell'edificio erano state aumentate, anche se forse ci si poteva ancora avvicinare alla 279 struttura esterna senza farsi notare troppo. Alzò gli occhi al cielo. Da quando era arrivato a Suna, non aveva mai avuto il tempo di fermarsi ad osservare le nuvole. I combattimenti, prima, e poi la sua fuga forzata con Temari, gliel'avevano sempre impedito. Presto il sole sarebbe tramontato, e allora avrebbe potuto cercare di entrare nuovamente al Villaggio. Iniziò a dirigersi lentamente verso la porta principale, cercando un modo di entrare che non desse nell'occhio. Non avrebbe potuto mentire ancora, come aveva fatto nei giorni precedenti, perché era sicuro che le guardie l'avrebbero riconosciuto. Decise di deviare, e di avvicinarsi alle rocce di confine. Sarebbe entrato da lì. Sarebbe stato molto più sicuro, anche se, con suo rammarico, gli sarebbe costata molta più energia. Si sedette, poggiando la schiena alla parete rocciosa, e attese il calare del sole. Il Villaggio era stranamente in agitazione, quella sera. Non si vedeva nessuno per le strade, eppure si sentivano gruppi di voci che confabulavano animatamente. Shikamaru suppose che gli abitanti del villaggio si fossero riuniti in una delle case lì vicino, oppure che fossero rimasti talmente indignati dal terribile spettacolo che era stato offerto loro la mattina da far dimenticare il terrore di infrangere le regole che prevedeva il coprifuoco. Sicuramente, rifletté Shikamaru, un eventuale appoggio del popolo sarebbe stato molto utile per la liberazione di Gaara. Sperava che quel clima, che preannunciava i preparativi per una rivolta, sarebbe durato almeno fino alla mattina dell'impiccagione, quando, con l'aiuto di Konoha, o, nel peggiore dei casi, del solo Kankuro, avrebbero dovuto sfidare apertamente le forze militari di Suna e salvare finalmente Gaara. “Sperando che sopravviva fino ad allora.” sussurrò poi, rivolgendosi a sé stesso. Dopo le torture subite quella mattina, in effetti, non ci sarebbe stato da stupirsi più di tanto se il giovane fosse morto. Intravide, dietro all'angolo, la struttura carceraria. Come aveva previsto, all'esterno non c'erano guardie. Approfittando del buio, si avvicinò alla finestrella nella parete. Si inginocchiò e sbirciò all'interno. Gaara era lì, nel mezzo della stanza, adagiato per terra. Qualcuno lo aveva ripulito dal sangue, e a Shikamaru venne il sospetto che fossero stati gli altri carcerati. Una donna gli stava bagnando le labbra, mormorandogli qualcosa, ma il ragazzo aveva tutta l'aria di non sentirla. Il ragazzo di Konoha cercò di scorgerlo meglio per controllare che almeno respirasse. Il petto nudo dell'altro, in effetti, si alzava e si abbassava, seppur in modo impercettibile. Shikamaru sospirò. Tornato al rifugio, avrebbe avuto almeno una buona notizia da portare a Temari. In quel momento un uomo, che lo aveva visto, si avvicinò alla finestra. Il ragazzo cercò di allontanarsi, ma quello lo afferrò per una mano, sporgendosi verso di lui, per quanto possibile. “Il Kazekage sta molto male” disse con voce roca. “Tu devi aiutarlo! Io ti ho visto, so che sei un suo amico, ho visto che eri con Temari-sama, voi potete farlo, potete salvarci tutti...” s'interruppe per riprendere fiato “Noi qui ci occuperemo del Kazekage, ma non possiamo fare molto, è debole e noi non siamo medici. Ti prego...” Chiuse gli occhi in una smorfia di sofferenza, poi lasciò andare il giovane di Konoha e tornò a mischiarsi alla folla che si era disposta attorno a Gaara. Shikamaru si voltò in fretta. Iniziò a correre alla massima velocità che riuscì a raggiungere, e ben presto fu di nuovo al rifugio. Temari lo stava aspettando con gli occhi pieni di ansia. 280 “Allora?” chiese con impazienza quando lo vide. “E' vivo, per il momento.” si limitò a rispondere il ragazzo. “Ma dobbiamo muoverci.” La ragazza annuì, incapace di parlare. Shikamaru la fissò, e realizzò in un istante che mancavano soltanto due giorni, e a quel punto non era più sicuro che sarebbero riusciti a salvare il giovane. *** Gaara si mosse leggermente, avvertendo la sabbia bollente sul proprio volto. La caduta era stata talmente veloce che quasi non se n'era accorto, ma l'impatto con il terreno era stato terribile. Poteva sentire, vicino a sé, i mormorii spezzati della gente del suo Villaggio, che era rimasta tutta la mattina a guardarlo soffrire sotto il sole cocente. E non potevano comprendere l'umiliazione e il senso di impotenza che in quel momento lo affliggevano. Era stato il ninja più forte del Villaggio, lo shinobi più temuto. Ma in quel momento, si riconosceva soltanto come un ragazzino come tanti altri, distrutto dalle lunghe torture e dagli interrogatori disumani a cui veniva regolarmente sottoposto. Non avrebbe mai parlato, e, in fondo, cosa avrebbe mai potuto dire? Non sapeva dove fosse Kankuro, né cosa stesse combinando Temari. L'unica cosa di cui era certo era che la sorella aveva cercato di portarlo via di lì, con l'aiuto di quel ninja di Konoha che non gli aveva mai ispirato fiducia, ma che in quel momento sembrava essere pronto a morire per aiutare qualcuno che non aveva mai fatto nulla per lui. Dallo sguardo che aveva lanciato a Temari, due giorni prima, Gaara aveva intuito che quello strano shinobi stava facendo tutto ciò solo per Temari, ma non poté fare a meno di essergliene comunque molto grato. Avvertì delle mani che lo afferravano rudemente, e si sentì trascinare fino alla cella. Soffocò un gemito di dolore mentre lo scagliavano sul pavimento bollente. Alla fine, riuscì a socchiudere gli occhi e a guardare un po' intorno a sé, distinguendo gli altri carcerati che gli pulivano le ferite e gli bagnavano le labbra. Entro due giorni, si ripeté, in un modo o nell'altro, sarebbe finito tutto. Capitolo 7: Sesto giorno Shikamaru guardò impassibile i corpi delle due guardie che cadevano a terra con un tonfo sordo. Temari, accanto a lui, stringeva in mano un kunai insanguinato. Senza dire nulla, entrarono lentamente nel Villaggio, nascosti dall’oscurità della notte. Sapevano che non potevano più fallire. Quella sarebbe stata la loro ultima occasione. Se avessero fallito, Gaara avrebbe pagato il loro errore con la vita. Sentivano la tensione crescere ad ogni passo, ad ogni minuto che passava. Non erano sicuri che Kankuro sarebbe riuscito a tornare in tempo per aiutarli, e non sapevano neppure se Konoha gli aveva effettivamente dato aiuto. La situazione tra Konoha e Suna stava precipitando, e da qualche giorno a quella parte i ninja di entrambe le fazioni si stavano dimostrando quanto mai spietati e privi di scrupoli. Temari si voltò verso il palazzo del Kazekage. Si accigliò. Nonostante fosse notte fonda, c’era una luce accesa in una delle stanze dove, lei lo sapeva bene, il Kazekage riceveva il capo delle guardie. “Cry-baby” chiamò piano, e il ragazzo si voltò verso di lei, avvicinandolesi “Andiamo lì. Potrebbe esserci il Kazekage.” Shikamaru la seguì. Non era certo che fosse una buona idea; se il Kazekage si fosse accorto della loro presenza, forse non sarebbero morti molto prima dell’esecuzione. Tuttavia, non 281 protestò. Temari sembrava estremamente decisa e quasi imprudente, ma Shikamaru sapeva che era riuscita a ritrovare il senno e che non si sarebbe messa in pericolo inutilmente. Si appostarono sotto alla finestra aperta, ringraziando il colpo di fortuna insperato. Forse, il Kazekage confidava talmente tanto nelle sue guardie da non curarsi di proteggere il palazzo, che, evidentemente, era ben custodito dall’interno. “Kazekage-sama, tutto è pronto per domani mattina. Come dobbiamo procedere?” la voce del Capo delle Guardie li raggiunse dopo qualche istante, più limpida e chiara di quanto non avessero mai sperato. “Fate in modo che tutti lo vedano.” replicò il Kazekage con voce divertita. “Voglio che il popolo sappia che anche lui è un essere umano. Picchiatelo, prima di impiccarlo. Davanti a tutti, che vedano. Cosa penseranno quando si accorgeranno che il grande Gaara non è nemmeno in grado di difendersi?” “Non credete, signore, che questo potrebbe scatenare una rivolta?” domandò preoccupata la guardia, ma per risposta si udì una risata falsa e malvagia. “No. Uccidete tutti quelli che si mostrano contrariati. Il popolo non deve intromettersi. Ma fate attenzione. Cercate fra di loro, potremmo trovare i traditori.” “Intendete... I due fratelli del ragazzo?” “Proprio loro.” convenne il Kazekage. A quelle parole, Temari e Shikamaru si fecero più attenti. “Se li vedete, catturateli.” “Che cosa dobbiamo farne?” “La ragazza è molto carina.” commentò malevolo il Kazekage. “Credo che alle guardie potrebbe piacere un bottino simile. Fatene ciò che volete, ma quando avete finito ammazzatela.” Shikamaru guardò Temari e la vide impallidire paurosamente, eppure lei non si mosse, né diede segno d’essere spaventata da ciò che aveva sentito. Il Capo delle Guardie schioccò la lingua, divertito. “Certo, Kazekage-sama. Siete molto generoso.” aggiunse, e Shikamaru sentì lo stomaco contrarsi dolorosamente all’idea di ciò che avrebbe atteso Temari se si fossero fatti catturare. “Ma se troviamo il fratello, invece, che cosa dobbiamo fare?” Seguirono alcuni istanti di silenzio. “Uccidetelo, ma prima raccontategli di come avete torturato Gaara. Sono sicuro che gli farà molto piacere.” scoppiò a ridere. “So che c’è anche un ninja della Foglia con loro.” aggiunse dopo un po’. “Se lo vedete, uccidetelo senza esitazione. Siamo in guerra e sono certo che all’Hokage non interesserà più di tanto perdere un ragazzino che si è schierato contro il proprio Paese per aiutare tre fratelli di Suna.” “Sì, signore, certamente. L’esecuzione è fissata per domani mattina all’alba. Volete che vi venga a chiamare, quando saremo pronti?” Avvertirono un rumore di sedie che si spostavano, poi dei passi pesanti sul pavimento. “No, chiamatemi prima. Voglio parlare con quel ragazzino prima che venga portato davanti al popolo.” Shikamaru, sentendo che qualcuno si avvicinava alla finestra, afferrò Temari per un braccio e la condusse lontano, giusto qualche secondo prima che il Kazekage si affacciasse e guardasse fuori. “Non dobbiamo farci prendere, Mendekouze.” mormorò guardandola negli occhi. “Cerca di ricordartelo. Salveremo Gaara, ma non dobbiamo farci prendere. Niente di affrettato, dunque. Interverremo solo quando saremo sicuri che non ci saranno rischi.” “Se lo tortureranno, non puoi chiedermi di rimanere a guardare.” replicò pianissimo lei. “Non puoi. Gaara non sopporterà un’altra cosa simile, morirebbe. Se quelli si mettono a picchiare mio fratello, io con che coraggio posso restare ferma ad aspettare che finiscano? 282 Porterei via un cadavere, e non è quello che voglio. Se devo dare la vita per salvarlo, allora lo farò, cry-baby.” Shikamaru rimase in silenzio, contemplando lo sguardo deciso della ragazza. Lo capiva, certo, ma lui non le avrebbe mai permesso di compiere un simile, folle, gesto. Non avrebbe sopportato di saperla prigioniera tra uomini privi di morale che le avrebbero recato ogni tipo di offesa, prima di ucciderla. “No, Mendekouze. Niente vittime, in questa missione. Nemmeno Gaara. Lo salveremo, costi quel che costi, ma non ti permetterò di sacrificarti così. Adesso ci conviene andare. La guardia che parlava con il Kazekage uscirà da lì, suppongo” e indicò con la mano la porta principale del palazzo del Kazekage “e sarebbe un bel guaio se ci trovasse qui.” Si allontanarono di corsa, facendo attenzione a non fare rumore. Arrivarono sino alla piazza del Villaggio, e lì, seminascosta dall’oscurità, si trovava una struttura che non avevano mai visto prima. Distinguendola meglio, si accorsero che si trattava del patibolo su cui Gaara sarebbe stato impiccato, all’alba del giorno seguente. Shikamaru osservò Temari. La giovane era immobile, e fissava inorridita la corda che il giorno dopo avrebbe ucciso suo fratello. “Andiamo via.” mormorò d’un tratto, voltandosi verso Shikamaru. “Cerchiamo un posto dove nasconderci. Ci conviene restare all’interno del Villaggio, o potremmo non fare in tempo, domani, ad arrivare. Dobbiamo sistemare il nostro piano, e riposare.” Shikamaru annuì. “Sì, hai ragione.” “Non credo che la mia casa sia ancora sorvegliata. Ormai l’hanno distrutta, penseranno che non ci torneremo più.” Senza attendere una risposta del ragazzo, imboccò una strada laterale, la stessa che Shikamaru aveva percorso, giorni prima, cercando l’entrata del carcere. La casa, come si aspettavano, era stata completamente distrutta. Metà del tetto era crollata, e la porta, scardinata, era stata posta in malo modo davanti all’ingresso, che era stato sbarrato, simbolicamente, con due travi di legno. Shikamaru e Temari riuscirono ad entrare senza difficoltà. La ragazza si guardò intorno per un po’, le mani riverse poggiate sui fianchi. “Ci sarà da lavorare un bel po’, prima di riuscire a vivere qui dentro.” sussurrò, non del tutto certa che al di fuori non li avrebbero sentiti. “Vuoi tornare in questo posto, Mendekouze?” chiese Shikamaru, stupefatto. Lanciò un’occhiata sbieca alle pareti, su cui facevano bella mostra di sé delle scritte oscene e dei disegni altrettanto immorali il pavimento era coperto di legno, sabbia e pezzi di mattone e vetro; le finestre erano state murate e ogni mobile era stato dato alle fiamme. Sui muri si vedevano ancora le macchie scure lasciate dal fuoco, che evidentemente era stato appiccato volontariamente e controllato meticolosamente, perché, in caso, contrario, Shikamaru dubitava che l’incendio avrebbe risparmiato gli arredamenti più costosi e quel tappeto pregiato che, arrotolato, era stato appoggiato al muro. “Sì, ci tornerò quando avremo salvato Gaara.” replicò la ragazza sedendosi per terra. “Ma per il momento non è questa la mia preoccupazione, cry-baby. Dobbiamo decidere che cosa fare domani, tenendo in considerazione che Kankuro potrebbe non arrivare in tempo.” sospirò, afferrando il ragazzo, che era in piedi accanto a lei, per un braccio e costringendolo a sedersi. “Sì, Mendekouze.” mormorò, convinto che se avesse osato dire una sola parola di più la ragazza l’avrebbe ucciso. La guardò di sottecchi. Anche se Temari era tornata a comportarsi come sempre, con il suo carattere ostile e scontroso, Shikamaru le leggeva negli occhi l’ansia e la preoccupazione di 283 non riuscire a fare nulla per Gaara. Accigliandosi, pensò che in fondo le probabilità di portare a termine quella folle missione che avevano intrapreso erano infinitesimali. Loro erano soltanto in due, e le guardie del Kazekage, se non aveva sbagliato i conti, erano nove, più un intero esercito al suo servizio. La guerra in corso rendeva tutto ancora più complicato. Se Konoha avesse deciso di attaccare Suna proprio quel giorno, lui sarebbe stato fatto passare per traditore, mentre Temari, probabilmente, sarebbe stata uccisa o catturata. Sapeva che i suoi amici non l’avrebbero maltrattata, ma non era certo di ciò sarebbero stati in grado di fare gli altri ninja, in particolare quelli che appartenevano alla squadra Anbu e che facevano fatica a comprendere il significato della parola ‘pietà’. “Cry-baby? Mi stai ascoltando?” la voce di Temari lo riportò improvvisamente alla realtà. La ragazza sbuffò, lanciandogli un’occhiataccia seccata. “Stavo dicendo, cry-baby, che dovremmo aspettare che lo portino fuori. Se entrassimo nel carcere combineremmo un disastro.” “Sì.” approvò Shikamaru, che aggiunse: “Dobbiamo uccidere il Kazekage, Temari. Dobbiamo ucciderlo per primo, e lo farò io. In questo modo, le sue guardie mi attaccheranno e tu avrai tutto il tempo che ti serve per salvare Gaara. Contro un tal numero di ninja, credo di non poterti offrire più un minuto e mezzo, a meno che tuo fratello non si faccia vivo insieme ai rinforzi. Ce la puoi fare, vero?” “Non ho il mio ventaglio.” soffiò la giovane, chinando il capo, e il seguente sguardo che lo shinobi intercettò era di rassegnata ovvietà. “No, non ce la puoi fare.” disse lentamente il ragazzo, facendosi pensieroso. “Dobbiamo ammazzarlo, però, e la mia forza non può aumentare da oggi a domani. Se ci mettessimo troppo, farebbero in tempo a ucciderci prima che riusciamo a salvare perlomeno lui.” “Dobbiamo tentare, quindi?” lo interruppe lei, fissandolo seria. “Sì.” annuì Shikamaru, serio. “E avremo una sola possibilità. Dobbiamo farcela, Temari, dobbiamo farcela al primo colpo, o siamo tutti morti.” “Manca un solo giorno, cry-baby. Ed ho come l’impressione che non ce la faremo.” *** “Kankuro! Kankuro, ti prego, rallenta!” Sakura incespicò su una radice, ma si rialzò in fretta e cercò di raggiungere lo shinobi di Suna, che correva quanto più veloce glielo consentissero le gambe e la volontà. “Kankuro! Se corri così ti sfinirai prima ancora di arrivare al Villaggio, e non sarai in grado di aiutare Gaara!” “Non ti sta ascoltando.” la interruppe Naruto, che l’aveva raggiunta. “Ha ragione! Non possiamo lasciare Gaara da solo. Morirà, se quello che Kankuro ha detto è vero.” “Lo so.” si adirò la ragazza. “Ma non è questo il modo di...” “Non è questo il modo di salvare Gaara?!” Kankuro, che si era fermato di botto, si portò davanti a lei, pallido di collera, gridando. “Io non lo so qual’è il modo di salvare Gaara, ma so che devo salvarlo. E se non ce la fai a correre, se ti vuoi fermare, allora fallo. Ma non cercare di fermare me, perché non ci sto. Devo essere al Villaggio entro domani mattina all’alba.” “Manca ancora un giorno di viaggio...” mormorò scoraggiata la ragazza, chinando il capo. Il combattimento a cui erano stati costretti il pomeriggio prima li aveva rallentati non poco, e lei si rendeva perfettamente conto che, di quel passo, sarebbero arrivati a esecuzione conclusa. Tuttavia, l’istinto le diceva che la rabbia e la disperazione di Kankuro li stavano conducendo in una missione suicida, e nessuno sembrava essere in grado di farlo tornare in sé. “Devi cercare di calmarti, Kankuro!” sbottò, consapevole del fatto che non era affatto semplice come voleva far credere. “In questo modo ci farai ammazzare tutti.” 284 “Lo so che dovrei calmarmi” ringhiò il ragazzo, puntandole il dito contro, minaccioso. “Ma tu hai una vaga idea di come mi sento? Mio fratello in questo momento è prigioniero, ed io non so dove l’hanno portato né cosa gli hanno fatto o cosa gli hanno detto. E Temari? Tu sai dov’è Temari, o come sta? So che c’è quell’idiota col codino con lei, ma non mi fido di lui, e per quanto ne sappiamo potrebbero già essere morti tutti quanti, e noi, in questo caso, correremmo soltanto per fare la loro stessa fine. Quindi, mi dispiace, ma non sono disposto a fermarmi. E non farmi più perdere tempo!” Ricominciò a correre, più veloce di prima, con la rabbia che gli cresceva in corpo e la disperazione che aumentava ad ogni passo. L’ultima traccia di speranza che aveva avuto sino a quel momento era scomparsa nel nominare i fratelli. E mai come in quel momento si era reso conto di quanto potessero mancargli, di quanto li amasse in realtà. Se l’idea che Gaara era prigioniero lo atterriva, il non sapere dove fosse né cosa stesse facendo Temari lo faceva impazzire. Sentì gli occhi inumidirsi, un po’ per la corsa, un po’ per la rabbia e per la disperazione, ma non aveva nemmeno il tempo di piangere; doveva arrivare al Villaggio, e il più in fretta possibile. Avrebbe ucciso tutti quelli che si fossero messi in mezzo, si fosse trattato anche di donne e di bambini. Nessuno avrebbe potuto fermarlo. Per la prima volta nella sua vita, sentiva che la sua famiglia, o quello che restava di essa, veniva prima di ogni cosa. Sollevò leggermente gli occhi al cielo, che stava già cominciando a schiarirsi. Accelerò fino a che non sentì che non gli sarebbe stato possibile aumentare ancora l’andatura, e proseguì tra le dune sabbiose che finalmente erano comparse attorno a lui. La stanchezza parve passare, e le forze parvero tornargli. Gaara, Temari, sto arrivando. Capitolo 8: Ultimo giorno Per Shikamaru, quella era stata una notte senza sonno. Temari non aveva fatto altro che girare senza sosta per la casa, mormorando tra sé e sé, sfiorando quei pochi oggetti che erano rimasti intatti, ripetendo il piano che avevano preparato insieme. “Cry-baby” lo chiamò piano quando il sole iniziò a sorgere. “E’ ora.” La voce le tremò appena, mentre col capo accennava alla folla che già si stava dirigendo verso la piazza, fuori dalla finestra. “Andiamo.” sospirò lui, alzandosi dal pavimento sporco e afferrando i kunai. Le si parò davanti e la fissò negli occhi. “Cerca di mantenere la calma, Mendekouze. So che è difficile, ma cerca di mantenere la calma. Dobbiamo uccidere il Kazekage, ed avremo un colpo soltanto, uno. Non possiamo permetterci di sbagliare. Tu non preoccuparti dei ninja, se non puntano a te. Prendi Gaara e vattene. Ricorda.” La ragazza annuì decisa, ma dentro di sé sapeva che, una volta che fosse cominciato, non avrebbe saputo ignorare il combattimento. Certo, avrebbe per prima cosa portato in salvo Gaara, ma poi? Avrebbe avuto il coraggio di lasciare che lo shinobi di Konoha se la cavasse da solo contro un intero esercito? Sarebbe stata in grado di restare a guardare mentre lui si esponeva in quel modo alla morte? Conosceva già la risposta, ma preferì ignorare i propri pensieri e seguire Shikamaru in strada. Più si avvicinavano alla piazza, più la giovane si sentiva invasa da un senso di nausea. Per la prima volta dopo una settimana si rese conto della situazione in cui si trovavano. Prima non aveva pensato al fatto che il Kazekage avesse molte guardie al suo servizio, mentre loro erano soltanto in due. Non aveva considerato che Gaara era talmente debole da rischiare di morire in ogni secondo, forse tra le sue braccia, se fosse riuscita a strapparlo al 285 patibolo. E il popolo? Che ne sarebbe stato del popolo se loro avessero fallito, se non fossero riusciti ad uccidere il Kazekage? E se anche avessero portato a termine la loro missione, chi assicurava che le guardie non avrebbero attaccato la popolazione civile per vendetta? “Sarà un’ecatombe” mormorò sconvolta quando realizzò cosa avrebbe potuto comportare quello che avevano in mente. Shikamaru annuì. “Forse. Ma qualunque cosa accada, ricordatelo: mantieni la calma e stai lontana dal combattimento.” Temari sollevò lo sguardo lentamente, sperando che nessuno dei militari lì presenti le prestasse attenzione. Si voltò verso Shikamaru e lo vide concentrato e attento. Gaara non era ancora stato portato allo scoperto, e l’esecuzione era continuamente ritardata. Il Kazekage si muoveva impaziente sulla sedia che gli era stata riservata, mentre la corda che avrebbe dovuto uccidere Gaara oscillava macabramente, mossa da un lievissimo vento. “Che seccatura.” borbottò Shikamaru muovendo impercettibilmente le labbra. S’accigliò. “Se ritardano così tanto significa che c’è qualcosa che non va.” rifletté, e la ragazza annuì. “Forse Gaara...” mormorò, ma non aggiunse altro. Sapeva che Shikamaru avrebbe capito. “No.” replicò quello sottovoce. Mosse impercettibilmente la mano e le indicò due soldati che stavano avanzando in quel momento. “Eccolo lì.” Temari sentì un nodo alla gola. Portato a braccia da due shinobi, privo di sensi, pallidissimo, coperto da qualche abito lacerato e sporco di sangue; Gaara, nient’altro che un prigioniero, uno dei tanti, che non sperava altro che farla finita in fretta. Lo fecero cadere sul legno della forca, poi uno dei due prese un foglio che il Kazekage gli porgeva ed iniziò a leggere. “Il qui presente Gaara... citato in giudizio per...” Temari non ascoltava. Si guardava intorno attenta, cercando di capire quante persone si sarebbero trovati addosso una volta ucciso il Kazekage. Quando il ninja ebbe finito di leggere, la ragazza si voltò verso Shikamaru. Lui annuì. Si fece largo tra la folla, che arretrò alla vista delle armi che il ragazzo teneva tra le mani. Prese la mira e attese un solo istante; una goccia di sudore gli scivolò dalla tempia al collo e lui, sentendo l’ansia che aumentava, scagliò il kunai con tutta la forza che riuscì a trovare. Il Kazekage si afflosciò con un grido, e le due guardie che si trovavano sul patibolo gli corsero vicino per aiutarlo. Temari, vedendo che si allontanavano, si affrettò a raggiungere Gaara. Nel frattempo, gli altri shinobi avevano circondato Shikamaru. Avvertì una stretta allo stomaco, ma cercò di ignorarla. Cercò di sollevare il fratello come meglio poteva, passandosi il braccio inerme del ragazzo intorno alle spalle e tenendolo per i fianchi; con pochi balzi lo portò fuori dal campo di battaglia. Gli shinobi ancora non si erano accorti del suo gesto, e ne fu sollevata. Osservò qualche istante Gaara. Era sporco, emaciato, pallido, eppure respirava ancora. Temari sospirò, portandogli una mano alla fronte. Scottava. Quanto avrebbe potuto resistere ancora? La prigionia l’aveva indebolito molto più di quanto si fosse aspettata. E dov’era Kankuro? Perché non era ancora tornato da Konoha? Ormai avrebbe dovuto essere lì, ad aiutare Shikamaru, a soccorrere Gaara, a consolare lei. Ma in fondo, che cosa poteva fare Kankuro? Forse avrebbe potuto dare man forte a Shikamaru, che combatteva, circondato da nemici, mentre, pochi metri più in là, il Kazekage moriva, ma non era certa che sarebbe bastato. Quante possibilità avevano di sconfiggere quegli shinobi? Erano ben più esperti di loro, e 286 molto più numerosi. Prese la mano di Gaara e la strinse. Si voltò a osservare la battaglia. Shikamaru pareva in netto svantaggio. Cercava di difendersi utilizzando armi, pugni, calci e morsi, ma era inutile contro così tante persone. E il popolo, per quale motivo stava a guardare, immobile? Perché gli uomini non correvano ad aiutarlo? La ragazza osservò qualche istante il volto del fratello, mordendosi il labbro. Come poteva lasciare che Shikamaru si facesse ammazzare, lì in mezzo? E allo stesso modo, con che coraggio avrebbe abbandonato Gaara in quelle condizioni, dopo che avevano rischiato tanto per salvarlo? Shikamaru era stato categorico, su quel punto; lei non avrebbe dovuto avvicinarsi al combattimento, e, soprattutto, non avrebbe dovuto attirare su di sé l’attenzione. “Temari!” la ragazza si voltò di scatto, stringendo tra le mani un kunai. Quando riconobbe la persona che stava correndo verso di lei, lo lasciò cadere, stupefatta. Sgranò gli occhi e sentì che c’era ancora qualche speranza. Kankuro accelerò all’improvviso, e con un ennesimo scatto superò Sakura e Naruto, che da poco l’avevano raggiunto. “Il Villaggio!” esclamò. “Gaara...” Si avviarono velocemente verso le porte, cercando di vincere la stanchezza, la sete, la fame; Kankuro non aveva accettato di fermarsi nemmeno un istante, il giorno prima, e in quel momento sentivano che avrebbero avuto bisogno di una pausa. “Kankuro, dove si terrà l’esecuzione?” domandò Sakura guardandosi intorno. Per quale motivo non c’era nessuno di guardia all’ingresso del Villaggio? Kankuro allungò un braccio e lo puntò dritto avanti a sé. “Là.” mormorò. Poteva sentire chiaramente un gran frastuono provenire dalla direzione in cui erano diretti. Forse erano arrivati troppo tardi, forse Temari non era riuscita a salvare Gaara, forse anche lei era stata catturata... e quel ninja della Foglia, che cosa ne era stato di lui? Era morto? Era stato vicino a sua sorella, come Kankuro sperava? O forse l’aveva consegnata agli shinobi di Konoha, o al Kazekage in persona? Che cosa stava succedendo in quella piazza? Imboccò una stradina secondaria che l’avrebbe portato nel centro del Villaggio in meno tempo, seguito da Naruto e Sakura. E finalmente, eccola. Kankuro trattenne il fiato. Il patibolo era vuoto, e distinse, lì accanto, un gruppo di persone che si agitavano attorno a qualcosa. Nel bel mezzo della piazza, qualcuno combatteva, solo contro l’intera guardia del Kazekage, composta da una decina dei ninja più esperti di Suna. Strizzando gli occhi, Kankuro si accorse che era Shikamaru. Sentendo che il cuore saltava un battito, si mise alla ricerca di Temari. E infine, eccola, in disparte, un po’ lontana dal combattimento, accanto ad una persona stesa a terra, inerme... Corse in quella direzione. Era Gaara, Gaara quello che non si muoveva, a terra? E allora, che fosse già morto? Era arrivato troppo tardi? Sentì la rabbia ribollirgli nello stomaco e gli occhi iniziarono a pizzicare. Era così incapace da non riuscire a salvare il proprio fratello? “Temari!” chiamò, ma le urla dei ninja sovrastarono la sua voce. Vide Naruto gettarsi nel combattimento, mentre Sakura lo stava seguendo. 287 Quando fu più vicino, gridò nuovamente: “Temari!” E fu solo allora che lei si voltò. Temari si alzò in piedi di scatto e corse verso Kankuro, che la prese per le spalle e la guardò qualche istante. “Nee-chan....” mormorò. Aveva gli occhi lucidi, velati di lacrime. “E’ vivo, Kankuro, è vivo.”sussurrò lei voltandosi verso Gaara. “Vivo...” ripeté il ragazzo, poi annuì convulsamente, passandosi una mano sugli occhi. Quando la ritrasse, le lacrime iniziarono a segnargli il volto, ma lui non ci fece caso. “ E tu, Temari, tu come stai? Che cosa è successo? Perché quel ninja della Foglia sta combattendo da solo in mezzo alla piazza?” La giovane annuì. “Sto bene, ma non è questo il momento. Dobbiamo occuparci di Gaara, subito. E’ debole, e...” “Temari-san.” Sakura, già china su Gaara, la interruppe. “Non ti preoccupare, lo curerò io.” Un grido, seguito da un boato, li fece sobbalzare. Si voltarono appena in tempo per vedere Shikamaru e Naruto correre verso di loro, mentre la folla afferrava le guardie del Kazekage. Un gruppo di uomini ne trascinò uno sul patibolo che avevano preparato per Gaara. Uno di loro urlò qualcosa, poi strinse la corda attorno al collo dello shinobi, che cercava di divincolarsi e ruggiva qualche ordine ai suoi compagni, anche loro intrappolati dalla furia del popolo. Temari smise di guardare, e si concentrò sui due ninja che li avevano raggiunti. Shikamaru aveva un lungo taglio sulla guancia, e avanzava lentamente, coperto di sangue. “Cry-baby!” esclamò la ragazza. “Sei ferito?” Lui scosse il capo, passandosi un dito sulla ferita al volto. “No, un taglietto.” indicò le vesti impregnate di sangue. “Non è mio.” spiegò, poi si voltò a guardare Gaara. Naruto era già corso vicino a Sakura e fissava con un’espressione di terrore il volto dell’altro ragazzo, che ancora non accennava a riprendersi. “Sakura-chan... è grave?” domandò con voce rotta. “Gaara è forte.” si limitò a replicare la ragazza con espressione seria. Temari si avvicinò a Kankuro, si appoggiò a lui. Non aveva mai sentito il bisogno, prima, di stargli accanto, di farsi rassicurare da lui. Ma in quel momento le sembrò di essere incredibilmente debole, stanca, di necessitare di un conforto più profondo delle semplici parole, che in quel momento poco potevano fare. Kankuro, con un gesto un po’ goffo, le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé. Le sussurrò qualche parola d’incoraggiamento all’orecchio, poi si allontanò da lei e s’inginocchiò accanto a Gaara. “Ho bisogno di portarlo in un posto più tranquillo per poterlo medicare.” disse Sakura dopo un po’. “Casa nostra...” rispose Temari. “Lì non ci disturberà nessuno.” §§§ Shikamaru si avvicinò a Temari e le lanciò un’occhiata indagatrice. Era seduta a terra, in un angolo, e sembrava serena. Con l’aiuto di Kankuro e Naruto aveva riordinato la casa, e in quel momento i due ragazzi si stavano dando da fare per cancellare le scritte dai muri e raccattare ciò che non era stato distrutto dai militari. “Cry-baby.” lo chiamò alzandosi. Lui piegò un po’ la testa da un lato. 288 “Sì?” “Perché mi hai aiutata?” Shikamaru rimase in silenzio per un po’. Si era posto quella domanda tante volte, in quei giorni, e non era mai riuscito a trovare una risposta. Non era certo che si trattasse solo di bontà d’animo, perché, in effetti, non avrebbe mosso un dito se fosse stato qualcun altro in quella situazione. E allora, forse, l’unica cosa che potesse fare era ammettere la verità. “Non lo so.” sospirò sedendosi accanto a lei. “Credo... no, non lo so. L’ho fatto e basta. Non fare domande complicate, Mendekouze, è seccante.” Temari sbuffò. “Sei impossibile, cry-baby.” sentenziò alzandosi e raggiungendo Sakura che, nell’altra stanza, si stava occupando di Gaara. Shikamaru la seguì. “Come sta?” “Si riprenderà.” rispose Sakura sorridendo. “E’ forte, ma ha bisogno di riposo, di cibo e acqua. E’ disidratato e probabilmente è stato picchiato varie volte, ma non è in pericolo di vita. In questo momento è solo molto, molto debole.” spiegò asciugandosi il sudore della fronte con il braccio. Si voltò verso Shikamaru. “Tu sei ferito? Ho visto che combattevi.” “Sto benissimo.” replicò il ragazzo alzando le spalle. Temari sospirò e sollevò gli occhi al cielo limpido. Era uscita di casa in cerca d’un po’ d’aria, e Shikamaru l’aveva seguita, sebbene nemmeno lui comprendesse appieno il motivo di quel suo gesto. “Non hai mai guardato le tue amate nuvole, durante questa missione.” commentò con un ghigno la ragazza. Shikamaru si corrucciò, pensieroso. In effetti, non ne aveva mai sentito il bisogno. Certo, era stata una settimana estremamente impegnativa, ma le occasioni per osservare il cielo non erano mancate, eppure... “No, pensavo ad altro.” “A come evitare di farti ammazzare?” “No, a come evitare che ammazzassero te, Mendekouze.” ribattè serio lui, e Temari sgranò gli occhi, per poi ridurli a due fessure. “Che cosa intendi dire, cry-baby?” sibilò, già sulla difensiva. Shikamaru scrollò le spalle, alzando le mani in segno di resa. “Ah, ti scaldi per niente, Mendekouze. Non sto dicendo che sei un incapace. Sto dicendo che ero preoccupato per te. Avevo paura che facessero del male a te.” Improvvisamente si sentì un idiota. Come gli era saltato in mente di dire una cosa simile ad una kunoichi come Temari? Come minimo, ora lei avrebbe messo mano al suo famoso ventaglio e avrebbe messo fine alla sua sofferenza. “Mi stai prendendo in giro, cry-baby?” domandò invece lei, tesa e sospettosa. “No, Mendekouze, sono serio. In verità, rispondendo alla domanda che mi hai posto prima... Ti ho aiutata perché non sopportavo di vederti in quello stato. Non potevo vederti soffrire così. Ecco tutto.” Si passò una mano tra i capelli e la guardò di sottecchi, in attesa del colpo di grazia. Invece, la ragazza sembrava pensierosa. Rimase qualche attimo silenziosa, poi, all’improvviso, gli si avvicinò e gli scoccò un leggero bacio sulla guancia. Il giovane arrossì e si portò una mano al volto, mentre lei si voltava e rientrava in casa. “Sai, cry-baby, sei insopportabile. Durante questa missione, credimi, ti avrei strangolato almeno una volta al giorno, soprattutto se ti dimostravi più razionale di me, ma se ci sarà un’altra vita, credimi, voglio incontrarti ancora.” 289 Gli strizzò l’occhio e chiuse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo in giardino. Il ragazzo chiuse gli occhi e lasciò che il vento gli carezzasse dolcemente il volto. Inspirò a pieni polmoni e sorrise. “Anch’io, Mendekouze.” Disegnato da Aphael 290 Sakura Akaichi Cespuglio Piccola fic dal gusto allegro e leggero, concentra tutta la sua attenzione su un unica scena dal pieno gusto shikatemaresco. Riassume in poche righe l'intesa e ironia della coppia nella sua ambientazione naturale, divisa fra le colline e gli arbusti di Konoha e l'ufficio dell'Hokage. Temari e Shikamaru stavano camminando in mezzo al deserto da un giorno ormai. Stavano ritornando sa Suna per andare a Konoha dopo che Shikamaru era stato mandato come ambasciatore dall'Hokage. Per il ritorno però Temari aveva insistito per accompagnarlo, destando il sospetto dei fratelli maggiori che si erano premuniti di minacciare il povero Nara di morte assoluta se avesse toccato la sorella. Finalmente al terzo giorno cominciarono a intravedere il verde della terra del fuoco e ben presto entrarono nella foresta che circondava Konoha. Fu a quel punto che Temari cominciò a avere degli strani sintomi di nervosismo. Continuava a blaterare qualcosa che sembrava "Cespuglio". Che le scappasse la pipì? Ma di certo Shikamaru non glielo avrebbe chiesto: ci teneva alla pelle lui. Ma intorno a loro c'erano solo alberi e qualche felce, niente cespugli, perciò la ragazza portò avanti la sua cantilena mordicchiandosi un'unghia finché non uscirono dalla foresta. Esattamente, appena fuori dalla foresta c'era un grosso cespuglio verde, rigoglioso e senza spine. E sopra c'erano delle bacche nere. Non appena lo vide Temari bloccò la sua cantilena, ma non gli si avvicinò, però, non appena gli passarono accanto, la ragazza afferrò Shikamaru per la coda e lo scaraventò oltre il cespuglio, andandogli sopra a cavalcioni. Disegnato da Tikkia -Mendekouze, che diamine stai facendo?- le urlò lui rossissimo -Naaaara, sai come si fanno i bambini? Certo che lo sapeva, ma in preda alla vergogna e cercando di capire quello che stava succedendo stette zitto. -Bene, allora te lo mostro io- rise lei infilandogli la mano nei pantaloni. Quando arrivarono nell'ufficio dell'Hokage, Shikamaru era spettinatissimo e aveva un'espressione tra il beato totale e il sorpreso. 291 Tsunade Senju, viste le sue condizioni, lo rimandò a casa, ma poi, curiosa, chiese alla ragazza di Suna cosa avesse fatto. -Cespuglio- rispose semplicemente lei alzando le spalle. Tsunade annuì soddisfatta. -Brava ragazza. 292 .:(Hinata-Hyuga):. Life goes on Primo capitolo di una raccolta che racconta la vita a Konoha dopo la Quarta Grande Guerra Ninja. Tutto ruota intorno ai personaggi della serie e in queste capitolo ci si sofferma su Shikamaru e Temari ancora increduli che l'inferno si finito e che la loro vita possa andare avanti. La loro relazione prosegue sul piano dell'ironia e la continua sfida che però suggella un dolce amore. Capitolo 1 Pace. La fine della guerra era giunta finalmente. La ricostruzione di Konoha era stata quasi ultimata e per le strade si potevano già sentire le risate dei bambini e il profumo che saliva dai ristoranti all'aperto. Una grande folla occupava le strade e gridava a gran forza la voglia di vivere di quel piccolo villaggio che fino a poco tempo prima aveva perso innumerevoli giorni nel buio e nell'angoscia. Temari guardava in silenzio lo scorrere degli avvenimenti fuori dalla finestra. Le sembrava quasi surreale, faceva fatica ad abituarsi a tanta serenità dopo un periodo così buio, anzi, le veniva spontaneo stare sempre all'erta. Il vento trascinava pigro la polvere sulla via affollata fino alle nuvole e il brusio arrivava indistinto alla sue orecchie distratte. -A cosa pensi? Temari si voltò appena a guardare il suo interlocutore mentre si passava pensierosa le dita sul collo liscio e chiaro. -E' tutto veramente tornato normale? La gente riesce davvero a ridere e a tornare a vivere come se non fosse successo nulla? Il ragazzo alle sue spalle la guardò perplesso, poi comprensivo. Temari era sempre stata difficile da capire, da anticipare. Poteva essere una furia o fingerlo soltanto e la differenza era minima; oppure poteva mostrare quel suo lato sensibile e puro, che ben pochi avevano avuto il privilegio di conoscere. Shikamaru si alzò dal letto sfatto e attraversò la piccola stanza in boxer schivando ora il grande ventaglio della sua ragazza, ora la sua giacca da jonin, gettata a terra la sera prima senza molti riguardi. Temari indossava solo una vestaglia semitrasparente rossa e aveva lo sguardo perso sulla strada sottostante. Il giovane Nara approfittò della sua distrazione per abbracciarla da dietro, godendo del suo corpo magro e molto forte nonostante fosse una ragazza. Le appoggiò il mento sulla spalla per poterle sussurrare meglio all'orecchio. -Non è il momento per essere tristi Temari... forse fare l'amore con me ti ammorbidisce a tal punto? Temari sorrise beffarda sbuffando e agitandosi nella presa, irrequieta. -Chi credi di essere Shikamaru? tu... Shikamaru provò a zittirla con un bacio, ma Temari lo consumò velocemente, con ingordigia, per poter continuare. Non le era mai piaciuto quando comandava lui. Si spostò dal davanzale tenendolo per mano e con un gesto del braccio che le scoprì il seno giusto l'attimo di essere notato, lo gettò sul letto dove Shikamaru cadde, in attesa di capire cosa volesse fare quella ragazza così selvaggia e, per questo e molto altro, speciale. 293 Temari si stese accanto a lui, strappandogli allo stesso tempo dalle mani la sigaretta che Shikamaru stava per accendere. -Ascoltami. Fumi dopo e solo se voglio. Non volevi sapere a che pensavo?- Lui la guardò curioso. -Dimmi Seccatura- e chiuse gli occhi. Temari fissò il soffitto indecisa su dove iniziare. Giocherellò con i capelli che le ricadevano sulle spalle, liberi dai grossi codini in cui li costringeva, ma dall'aspetto altrettanto ribelle. Poi finalmente lo costrinse a guardarla negli occhi, girandogli il viso con una mano. -Tu sei mio.- Puntualizzò con un tono tanto perentorio da attirare l'attenzione di Shikamaru che le scostò deciso il polso. -Non sono il tuo schiavo. Io sto con te perchè lo voglio. Sono qui con te perchè ho voluto farlo. Sarebbe una vera seccatura essere di proprietà di qualcuno... fare tutto quello che mi dice... basta mia madre per questo. -E perchè vuoi passare del tempo con me? Ti sono forse... necessaria? Disegnato da Selene Si guardarono sfidandosi nella luce soffusa che filtrava dalla veneziana e che a lei incorniciava il volto, le spalle e il seno fino alla vita magra, mentre a lui delineava le ombre del viso e dei muscoli sul petto quanto quelli sul basso ventre, tanto che guardarsi negli occhi divenne una necessità per non cadere vittima del fascino dell'altro. Del resto erano due ninja e avevano un forte autocontrollo... anche più forte del normale, perchè si stuzzicavano a vicenda, in un gioco di sguardi e doppi sensi. Le parole spesso erano superflue, e fin da quando si erano conosciuti il loro legame era stato molto forte e ora premeva così tanto tra loro che l'aria sembrava addensarsi e appesantirsi quando si guardavano -E se anche fosse?- chiese Shikamaru, sospettando un capovolgimento della situazione. -Non voglio che stai con altre ragazze. Non come siamo stati noi questa notte Nara, non so se mi intendi...- 294 Quello sguardo color acquamarina ,che sembrava voler trapassare ogni forma di incertezza pur di dimostrare di essere superiore, lo stava fissando deciso. I loro respiri si scontravano a pochi centimentri di distanza e il calore aumentava per entrambi. -Voglio essere l'unica a stare con te. Del resto tu hai bisogno di me perchè senza saresti solo un Crybaby annoiato. -E da quando lo hai deciso? -Da ora. In avanti. -Ma non può essere una decisione solo tua... sbaglio o devo avere anche io voce in capitolo? Mendokuse, Temari...- Shikamaru le accarezzò il profilo affilato della guancia - E se avessi già altre ragazze per la mente? Un lampo d'ira passò negli occhi della ragazza che strinse le unghie sul petto di lui al punto da fargli male. - Ti basta come risposta?- Gli sibilò all'orecchio. Shikamaru sorrise, perchè sapeva fin troppo bene ciò che il cuore orgoglioso di Temari non voleva dirgli a voce alta. Lei lo amava, e lui non aveva bisogno di altre parole per capirlo, nonostante quel fiore della sabbia cercasse fino all'ultimo di mostrarsi indipendente da tutto e da tutti. Il Nara sbuffò, fingendosi seccato anche se quelle attenzioni mal celate gli garbavano non poco. Cercò di rabbonirla -Ora la guerra è finita. Suna e Konoha torneranno all'alleanza che le aveva unite e presto gli scambi ricominceranno...Ma lo sguardo vivido di Temari si oscurò ancora di più -Non mi basta vederti agli esami chunin, non lo capisci, cazzo?!?- Sbottò, arrabbiata. Si alzò dal letto e prese a cercare con furia le proprie cose per la stanza mentre tratteneva lacrime che non avrebbe fatto vedere neanche morta; finchè la mano fresca di Shikamaru non le si posò sul collo coperto dai suoi capelli spettinati. -Neanche io. Temari si girò con aria di sfida. -Che cosa vuoi fare allora? -Proporti come ambasciatrice e portavoce di Suna in stato permanente a Konoha. In quanto sorella del Kazekage e membro del consiglio puoi farlo e l'Hokage...bhè...mi ha già firmato l'autorizzazione. Temari rimase in silenzio, il sopracciglio alzato, e un espressione scettica. Shikamaru le sventolò un foglio firmato davanti al viso e lei spalancò gli occhi, sorpresa, arrabbiata, felice... le parole le erano morte in gola davanti all'iniziativa che quel Nara aveva preso da solo... Indecisa se sentirsi offesa o lusingata Temari trattenne a stento un sorriso, stringendo le labbra come a fingersi veramente arrabbiata. L'effetto fu così bizzarro per lei che Shikamaru scoppiò a ridere e l'abbracciò. -Scusa, avrei dovuto dirtelo, questa non potevi saperla... -Hai fatto tutto senza dirmi niente! e se non avessi voluto??? -Bhè su una cosa avevi ragione... mi annoierei troppo senza di te. Neanche lei sapeva bene perchè era attratta da quel ragazzo, più piccolo in età per giunta. Forse era il suo modo di fare annoiato ma non per questo disinteressato, che sembrava sempre aver la meglio su di lei, cosa che non poteva accettare. Forse era il fatto che nessuno la guardava come Shikamaru, come una donna. Tutti in lei vedevano solo il maschiaccio che era mentre combatteva, la grinta che mostrava nel fare le cose o la voglia prepotente di mostrarsi superiore a tutto. Shikamaru non solo apprezzava questo suo lato, ma vedeva il resto. Non si riusciva mai a capire chi tra di loro era il migliore. E nemmeno Shikamaru riusciva a prevederla, solo a comprenderla: gli piaceva il suo lato ribelle e menefreghista. Gli piacevano quei codini sfrontati e il suo modo grezzo di 295 dimostrargli affetto. Gli piaceva trovare nei suoi gesti una naturalezza femminile e sensuale quanto le altre se non di più. Il loro orgoglio era pari e per questo Temari lo colpì forte sul petto, piena di sentimenti mai detti, eppure così chiari... poi lo prese per la nuca, appena sotto la grande coda di capelli che gli aveva meritato il titolo di Ananas oltre che di Crybaby, e lo baciò con passione, decisa a mostrare che, nonostante tutto, il capo era lei. Gli tenne ferma la testa mentre le loro lingue si intrecciavano e anche Shikamaru la strinse a se respirando a pieni polmoni la felicità che gli dava quel gesto. Quando si staccarono lei aveva già una domanda pronta, come a nascondere quel breve attimo di debolezza. Era forse Shikamaru l'unico uomo che riusciva a piegarla? - Come hai fatto a convincere Tsunade in così poco tempo? -Bhè... se fosse stata Tsunade ci avrei messo di più in effetti... -Cosa intendi dire? Non è stato l'hokage a firmar... Oh...-Ecco, vedo che hai capito, ma non dirlo a nessuno, lo sarà pubblicamente solo tra una settimana e per allora è un segreto.-Capisco... come sta? non l'ho più visto dalla fine della battaglia. -E' combattuto... ora ha molti altri problemi da risolvere. -Gli dobbiamo tutti moltissimo... spero che mio fratello possa dargli qualche dritta. Chissà cosa sta facendo ora... Shikamaru si ridistese sul letto e con le mani incrociate dietro alla testa e, per riportare la sua attenzione in quella stanza, disse con fare insignificante -Lo sai che ho convinto anche Gaara a firmare il contratto?Temari lo guardò con gli occhi socchiusi e uno sguardo che non prometteva niente di buono, tanto che Shikamaru temette di averla fatta arrabbiare per non si sa quale motivo. Lei si avvicinò al suo orecchio minacciosa mentre gli afferrava i polsi con le mani, interrompendo il Nara che cercava di accarezzarle la spalla. -Molto bene Crybaby, a questo punto non puoi più sfuggirmi...- 296 APPENDICI Iniziative della Black Parade Halloween – The Black Night Prima iniziativa del forum del 31 ottobre 2011, le autrici dovevano semplicemente inventare una storia shikaxtema con il tema di Halloween. http://moschenere.forumfree.it/?t=51685262 All I want for Christmas is Black Iniziativa che copre tutto il mese di dicembre 2010, dal 1 al 25 sono state postate fic una al giorno come calendario dell'Avvento. Si seguivano dei prompt a tema natalizio. http://moschenere.forumfree.it/?t=51685262 Amore e tosse non si possono nascondere Per San Valentino 2011 si è deciso di dividere l'evento in fic che avrebbero seguito prompt e storie a tema libero. http://moschenere.forumfree.it/?t=53490782 White Day Il 14 marzo per giapponesi e coreani si tiene il White Day dove sono i ragazzi e non le ragazze a consegnare il cioccolato come segno di affetto. La missione delle autrici era quella di creare una ShikaxTema estremamente dolce e smielata. http://moschenere.forumfree.it/?t=54009439 Black Day Ad accoppiare al 14 marzo c'è il 14 aprile dove invece si festeggiano i single. Per questa occasione inceve era quella di creare una storia parodica. http://moschenere.forumfree.it/?t=54009439 ShikaTemaDay Tradizionale evento per le mosche nere, il 23 di giugno è il giorno di raccolta di tutte le sostenitrice della coppia. Il tema, come tutti gli anni, è libero. http://moschenere.forumfree.it/?t=55827521 Happy Birthday Temari! Semplice regalo all'eroina: il 23 agosto si doveva postare una storia con il compleanno di Temari di mezzo. http://moschenere.forumfree.it/?t=56964990 Happy Birthday Mr Crybaby Analoga situazione per il compleanno di Shikamaru, questa volta era il 22 settembre. http://moschenere.forumfree.it/?t=57404123 Halloween is BLACK as night it seems Ripetizione dell'iniziativa dell'anno precedente svolta con le stesse modalità. http://moschenere.forumfree.it/?t=58194814 Happy Birthday BlackParade! Per festeggiare il primo anno di vita del forum, il 22 ottobre è stato il giorno in cui sia autrici, che disegnatrici o cosplayer sfornato un prodotto per celebrare l'evento. Tema libero. http://moschenere.forumfree.it/?t=57966231 297 Pagine degli autori Seguendo i link si può accedere alla pagina di ogni autore, a lato è riportata la data di pubblicazione della fic presente in questa raccolta. Savior 24/09/2011 Sacchan23/08/2009 Berty_Poppins17/06/2009 – 09/12/2011 Tikkia14/02/2011 DirtyCharity14/02/2011 Shatzy23/06/2009 michiyo1age22/10/2011 – 06/11/2011 Aphael23/06/2011 Clahp14/03/2011 rolly too13/04/2008 – 10/09/2008 Sakura Akaichi29/03/2011 .:(Hinata-Hyuga):.02/07/2011 298 299