MASTRO MILITARI new - Il Nuovo Giornale dei Militari

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MASTRO MILITARI new - Il Nuovo Giornale dei Militari
GMilitari
iornale
Il nuovo
dei
PERIODICO MENSILE DI INFORMAZIONE
DELLE FORZE ARMATE FORZE DI POLIZIA E PUBBLICO IMPIEGO
SPED. IN ABB. POST. d.l. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 4) ART. 1 COMMA 1 - DCB
Anno XII - n. 11 - 15 dicembre 2010 - Euro 5,00 - www.ilnuovogiornaledeimilitari.it
E’ vietata la riproduzione parziale o totale dei testi pubblicati
Diritti
dei militari e
Costituzione
in un Paese
che si dice
democratico
a pagina 4
Costituzione
e
giuramento
militare.
Le ragioni di
un principio
a pagina 6
AI LETTORI
Viviamo in un contesto editoriale in cui almeno l’80% delle pubblicazioni sono
fatte da case editrici poste sotto il controllo di gruppi dominanti. Se consideriamo le pubblicazioni da edicola (giornali, riviste, periodici) la percentuale sale ancora. E’ evidente che in un contesto del genere parlare di pluralismo è abbastanza inappropriato. Cosa succede a chi vuole produrre informazione in modo del tutto indipendente rispetto al potere dominante? Ovviamente emergono grosse difficoltà, in primis quella di trovare il sostegno finanziario per svolgere
tale attività. Il sistema attuale è congegnato in modo tale da scoraggiare
chi orienta la propria scelta verso una informazioni libera ed autonoma dai gruppi di potere e dai partiti.
Noi crediamo che il controllo dell’informazione e della cultuFondo per l’efficienza dei servizi
ra da parte del gruppo egemone abbia l’obiettivo di creare e mantenere una “cultura di massa”, in cui l’opiistituzionali: chiarimenti della Difesa
nione pubblica è manipolata e le persone
a pagina 14
sono indotte a credere che le cose non potranno mai cambiare. In realtà ciò che accade nella politica e nel settore economico e finanziario dipende moltissimo dalle nostre scelte e la vera informazione risulta importante per comprendere la realtà e indirizzare meglio le nostre opinioni e scelte.
Altra questione: negli ultimi tempi sul web si sono fatti conoscere personaggi e strutture dell’ultim’ora che si sono
EQUARIPARAZIONE
proposte come Paladini dei diritti dei militari, che scrivono su
tutto e di tutto.
Altri indennizzi
Certamente crediamo nel pluralismo delle idee e riteniamo opportuno che sulla rete si esprimano quante più opiai ricorrenti
nioni possibili, ma spesso notiamo che certe persone
a pagina 11
diventano “personaggi” molto autoreferenziali, che non
hanno alle spalle una vera organizzazione e non rispondono che a sè stessi. L’inconveniente è che, in tal
modo, si creano gli stessi meccanismi della cultura di
massa e si innesta la tendenza ad utilizzare le inforIndebiti pensionistici:
mazioni per sfogare la propria rabbia o per mettere al
bando qualcuno che non la pensa come noi… o, magacosa fare?
ri per porre rimedio alla noia o creare un gruppo pronto a
a pagina 9
seguire il “personaggio” anche quando sostiene cose improbabili.
A noi non interessa diventare “soggetti mediatici”. Non ci interessa che si
parli di noi ma piuttosto delle informazioni e degli argomenti che trattiamo.
Il giornale o il sito è soltanto un mezzo, quello che conta è il messaggio che
si comunica.
Dopo oltre 14 anni, noi crediamo che la lunga tradizione che ci accompagna, nonchè l’indipendenza del nostro lavoro e gli “amici”
con cui abbiamo condiviso in questi
anni il nostro impegno in difesa dei diritti della categoria, siano la migliore
“propaganda” per continuare a dare il nostro contributo per poter continuare a produrre informazione indipendente, oggi assai rara quanto utile.
Un grazie a tutti i lettori che ci sosterranno
con il proprio abbonamento anche per il nuovo anno.
IL DIRETTORE
Antonella Manotti
I N P D A P
LE NOVITÀ SULLA LIQUIDAZIONE
DELLA BUONUSCITA
a pag. 18
ASSEGNI ACCESSORI AI TITOLARI DI
PENSIONE PRIVILEGIATA
Nell’inserto
Lo pi ni one
2 • NOVEMBRE 2010
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
DIFESA SERVIZI S.P.A.,
SEGNALE DI DÉBÂCLE ETICA
Sud Spa, della Protezione
Civile Spa e la Difesa Servizi Spa. Tutto in un anno e tutper salvare regimi politici to all’insegna dell’aggiramento
pseudoliberisti (con i soldi dei della responsabilità amminicontribuenti), per ingrassare strativa degli organi istituziogli speculatori e per far gra- nali. La Banca del Sud Spa
vare sulle fasce meno protet- dovrà gestire gli aiuti al Mezte e più tartassate i costi del- zogiorno d’Italia con le logiche
la crisi e del salvataggio del si- della Banca, ma senza un mistema. I governi di tutto il nimo rischio.
mondo hanno adottato prov- (…)
vedimenti più o meno drasti- L’orgasmo della Protezione
ci attribuendo allo Stato nuo- Civile spa è stato fermato da
vi ruoli di reun elemengolazione e
to di prote“A fronte degli ipotetici introiti,
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tutti da verificare e che comunque zione: un
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e far ricadere i costi sui cittadini,
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veva insegnare qualcosa. Al- (…)
cune attività prettamente pub- Innanzitutto non è quella babliche sono state sottratte al nale semplificazione burocontrollo e alla tutela dello Sta- cratica presentata dallo stesto. O meglio, il Governo ha co- so capo di Stato Maggiore
stituito strumenti operativi della Difesa (SMD). In Senaeconomico-finanziari di na- to egli aveva lamentato come
tura privatistica che consen- «la grande evoluzione che
tono ai propri organi politico- ha interessato le Forze aramministrativi (i ministeri) di mate negli ultimi 15 anni non
eludere le procedure ed i sembra, infatti, essere stata
controlli dello Stato. Questo è accompagnata da una simiavvenuto in particolare con lare crescita delle modalità
l’istituzione della Banca del amministrative e gestionali
di Fabio MINI *
Un giorno dovremo ringraziare la crisi economica in atto
per aver messo allo scoperto
le incongruenze ideologiche,
politiche ed economiche che
ci hanno governato per oltre
mezzo secolo. Per ora la lezione non sembra appresa. Il
capitale si è dimostrato inefficace nel contenere i suoi
stessi prodotti: la speculazione e la logica del profitto prevalente su quella dell’equilibrio
sociale. L’impresa privata si è
dimostrata fallimentare e soprattutto legata a filo doppio
con la speculazione e la corruzione, l’autorità pubblica
non ha saputo né voluto controllare e intervenire in tempo
fingendo di salvaguardare il
cosiddetto libero mercato, il
comunismo di mercato cinese, quello che si basa sul capitalismo di Stato, è diventato il salvatore dell’umanità e il
capitalismo di Stato (una volta detto statalismo) è corso in
aiuto di banche e imprese con
l’acqua alla gola versando
fondi pubblici nel pozzo senza fondo del debito privato.
Siccome, comunque, neppure gli Stati hanno un centesimo da sciupare, tutti gli interventi anticrisi si sono risolti nell’aumento del debito pubblico.
E questo è sembrato l’unico
sistema per impedire il fallimento di altre banche, la
chiusura del credito alle imprese e la disoccupazione
mentre in realtà si è rivelato il
mezzo per perpetuare le incongruenze e le inefficienze,
che presiedono al loro impiego». Forse è sfuggito il fatto
che la “grande evoluzione” degli ultimi 15 anni, se mai avvenuta, è stata ottenuta esattamente con quelle norme
obsolete, applicate con intelligenza e sotto la responsabilità e il controllo degli organi preposti. È vero comunque
che le procedure della contabilità di Stato appaiono sempre come dei lacciuoli a coloro che non vogliono assumersi la responsabilità, a coloro che non firmano, che
non prendono decisioni e che
non rischiano nulla. Sono anche molto ingombranti per
coloro che vorrebbero avere
la benedizione e una medaglia per delle vere e proprie
porcherie. Non sembra neppure che la SpA sia necessaria per sopperire ad una carenza di norme. Ogni comma
che la riguarda fa riferimento
a norme di legge preesistenti.
(…)
Dice il Capo di SMD: «La società Difesa Servizi S.p.A.
potrebbe essere la base sulla quale costruire la possibilità di concorrere – nel tempo
e secondo un livello finanziario che solo l’eventuale pratica attuazione del provvedimento potrà indicare – al sostegno delle esigenze operative. Ciò attraverso la prefigurata remunerazione degli
assetti patrimoniali disponibili e dei servizi erogabili, che liberi indirettamente parte delle risorse finanziarie a bilancio da indirizzare verso le attività operative ed addestrati-
ve prioritarie…».
Ed infatti ben quattro commi
della legge finanziaria sono
dedicati ad una fonte ricca ed
inesauribile di fondi: la commercializzazione degli stemmi e dei simboli delle Forze
Armate. Vengono invece citate en passant quisquilie
come la gestione degli immobili e dei servizi. È lo stesso Capo di SMD a citare l’affitto di terreni militari a enti produttori di energia o l’affitto di
aeroporti militari ad uso civile. A fronte di questi ipotetici introiti, tutti da verificare e che
comunque finiscono per depauperare il patrimonio pubblico e far ricadere i costi sui
cittadini, la SpA ha la facoltà
di spendere buona parte dei
fondi assegnati al funzionamento e all’ammodernamento delle forze armate adottando procedure privatistiche
e, quindi, eludendo i controlli della pubblica amministrazione.
La ragione vera della SpA,
così come emerge da quella
della Difesa, ma che si nasconde anche nelle due precedenti, è infatti la realizzazione di un progetto generale di delegittimazione e depotenziamento delle istituzioni pubbliche, di depenalizzazione degli abusi e di mistificazione di alcuni concetti gestionali. È anche il segnale di
débâcle etica da parte di coloro che l’hanno proposta e
sostenuta.
(…)
* Da Voglia di SpA, di Fabio
Mini in , pp. 155-158, 160-161
rivista Eurasia.
NOVEMBRE 2010 • 3
Europa
IL GOVERNO ZAPATERO APPROVA LA RIFORMA
SUI DIRITTI CIVILI NELLE FORZE ARMATE
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ilitari
Il nuovo
dei
LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE
PER I MILITARI SPAGNOLI
Il primo esecutivo Zapatero approvò nel 2007 il “Regolamento
organico dei diritti e dei doveri
dei membri della Guardia Civil”,
frutto di un serrato e duro confronto tra il governo e l’associazione delle Guardie Civil
(AUGC) che si spinsero addirittura a in divisa contro il Governo.
Le proteste erano rivolte soprattutto contro l’allora Ministro
della Difesa, contestato per
non ottemperare alle promesse
fatte in campagna elettorale
per quanto riguardava una riforma progressista a favore del
personale della Guardia Civil
spagnola (che ricordiamo essere in una Forza di Polizia ad
ordinamento militare).
Tre anni dopo quella prima e
mirata riforma militare, e dopo
la riconferma alle elezioni del
2008, il governo socialista si
appresta ora a porre mano ad
una legge che riguarda stavolta
il personale di tutte le Forze Armate spagnole: si tratta del
progetto di legge “sui diritti e
doveri dei membri delle Forze
Armate”,
presentato
il
02/07/2010 al Congresso dei
Deputati.
In queste ultime settimane è
iniziato un vivace dibattito tra i
militari spagnoli sul progetto
governativo; la loro maggiore
associazione (AUME) ha manifestato a Madrid per esprimere
disappunto per il disegno di
legge proposto dalla prima
donna ministro della difesa,
Carme Chacón, in quanto giudicato insufficiente anche da
EUROMIL, l’Organizzazione
europea delle Associazioni militari, ancorché valutato come un
“buon punto di partenza”.
La riforma ricalca molti aspetti
di quella già emanata a suo
tempo per la Guardia Civil; le
maggiori critiche si concentrano sulle disposizioni relative
all’applicazione dei diritti civili
dei militari, mentre per quanto
riguarda le proposte relative ai
nuovi strumenti di rappresentanza del personale, da basarsi
sul sistema del cd. doppio binario (associazionismo libero e
rappresentanza interna) il mondo associativo non ha eccepito
nulla, non proponendo alcuna
modifica nella parte specifica
del disegno di legge.
Sinteticamente, per quanto riguarda la tutela del personale
militare spagnolo, la riforma
prevede tre capisaldi:
la regolamentazione della libertà d’associazione;
l’istituzione di un Consiglio del
personale;
la creazione di una sorta di Garante dei militari.
Anche la Spagna quindi, come
la maggior parte delle nazioni
europee avanzate, ha deciso
di estendere a tutti i cittadini in
divisa le tutele già positivamente sperimentate per la Guardia
Civil, segno che in questi tre
anni l’introduzione della libertà
associativa non ha affatto minato la coesione della Forza Armata che anzi è “uno dei modi
per incoraggiare la partecipazione e la collaborazione dei
membri delle forze armate nella
configurazione del loro regime”,
come si legge nella parte della
relazione governativa di seguito
tradotta.
Nel contempo in Italia, come è
già stato rilevato molte volte su
questo sito, la politicia continua
a scegliere la strada opposta
cioè quella di separare il cittadino in divisa e le strutture militari
dalla società civile, in nome di
una famigerata che nasconde
invece solamente un pericoloso progetto isolazionista.
(di Simone Sansoni)
PROGETTO DI LEGGE ORGANICA DEI DIRITTI E DEI
DOVERI DEI MEMBRI DELLA
FORZE ARMATE
Progetto di Legge 121/000082
Autore: Governo
Esposizione dei motivi
(omissis)
Le novità principali sono la
regolazione del diritto di associazione, la creazione del
Consiglio del personale delle
Forze Armate e l’Osservatorio
della vita militare.
Il primo è un passo importante
per disciplinare l’esercizio di
questo diritto fondamentale nel
campo professionale, uno dei
modi per incoraggiare la partecipazione e la collaborazione dei membri delle forze armate nella configurazione del
loro regime.
I militari potranno costituire e
partecipare ad associazioni, ai
sensi della Legge Organica 1 /
2002 del 22 marzo sul diritto di
associazione.
Il riferimento alle ordinanze
Reali delle Forze armate, approvato con legge 85/1978, 28
dicembre, è superata dalla presente legge nello stabilire le
specialità del diritto di fondare
una associazione professionale fondandosi sugli articoli 8,
22 e 28 della Costituzione, con
interpretazione derivata dalla
sentenza della Corte Costituzionale 219/2001 del 31 ottobre.
In questo senso, si disciplinano
le associazioni professionali
composte da membri delle
forze armate per difendere e
promuovere i loro interessi
professionali e le condizioni
economiche e sociali, si fissano le norme relative alla sua costituzione ed al sistema giuridico e crea un apposito registro
per queste associazioni al Ministero della Difesa.
Le associazioni possono fare
proposte ed presentare richieste e suggerimenti, oltre a ricevere informazioni su questioni
per promuovere l’attuazione dei
loro scopi statutari. A seguito
della giurisprudenza costituzio-
PER CHIEDERE IL RISPETTO DEI DIRITTI
RICONOSCIUTI AI CITTADINI DELL’UNIONE
C O M E S I FA
Come cittadini dell’ Unione Europea, si hanno alcuni diritti, spesso ignoti ai più, come quello di avere assistenza all’estero da una qualsiasi delle ambasciate nazionali degli Stati
membri, oppure quello di proporre una legge
d’iniziativa popolare presentando un milione
di firme, ovvero quello di stabilirsi in uno qualsiasi degli stati membri.
Pochi, tuttavia, sanno che è possibile rivolgere,
DIRETTAMENTE E SENZA ALCUNA ASSISTENZA TECNICA, istanze, lamentele e denunce alle istituzioni della UE, diverse dalla
Corte di Giustizia o dal Tribunale di Prima
Istanza (istituzioni ormai note ai più). Ho personalmente adito sia alla Commissione e sia
al Parlamento europei, ottenendo sempre risposte adeguate ed in tempi certi. Ecco,
dunque, un rapidissimo sunto sul come fare
e a chi indirizzare le istanze, a seconda del tipo
di problema:
• Commissione: il governo statale non applica la legislazione europea o nega un diritto previsto dalla normativa europea? In tal caso è
possibile presentare per posta ordinaria od anche per sola via elettronica una denuncia alla
Commissione, la quale, se riterrà violata la norma europea, aprirà un’inchiesta formale, richiedendo alla Corte di Giustizia l’emissione
di una sanzione, sanzione che cesserà solo
quando verrà ripristinata la legalità – potete trovare, ai seguenti link, le semplici istruzioni ed
anche un fac-simile (non obbligatorio) di denuncia:
http://ec.europa.eu/community_law/your_ri
ghts/your_rights_it.htm ovvero qui
http://ec.europa.eu/community_law/your_ri
ghts/your_rights_forms_it.htm ;
• Parlamento: se il vostro problema riguarda
l’attuazione della normativa europea ed in par-
ticolare il riconoscimento delle qualifiche professionali o dei vostri diritti, la protezione dei
consumatori, il mercato interno, questioni
ambientali o l’occupazione e la politica sociale,
può essere fatta una petizione direttamente al
Parlamento UE, anche in questo caso nelle forme più semplici o per sola via elettronica –
maggiori informazioni qui: http://www.europarl.europa.eu/parliament/public/staticDisplay.do?language=it&id=49 ;
• SOLVIT: si tratta di una rete creata per la risoluzione dei problemi inerenti la scorretta applicazione delle norme del mercato interno e
quindi del mancato rispetto delle quattro libertà
fondamentali riconosciute dalla UE (libertà di
soggiorno, di stabilimento, di movimento di
merci e di movimento di capitali) – questo il link
all’istituzione: http://ec.europa.eu/solvit/site/about/index_it.htm ;
• Mediatore (Ombudsman): se, infine, si ha
avuto un problema proprio con le istituzioni amministrative della UE, si può rivolgersi al mediatore in forma molto semplice ed in via esclusivamente elettronica, tramite il relativo sito
(cliccare su “presentare una denuncia”) questo il sito internet: http://www.ombudsman.europa.eu/home/it/default.htm .Ovviamente mi auguro che non ne abbiate mai
bisogno, ma qualora ciò avvenisse, valutate
concretamente la possibilità di esercitare i vostri diritti di cittadinanza. La mia piccola esperienza, ribadisco, è stata finora molto positiva.
Per ultimo, vi segnalo un altro link istituzionale,
in cui vengono riassunte le suddette opportunità http://europa.eu/eu-life/rightsadvice/index_it.htm .
LUCA BARTALONI
Direttivo nazionale Ficiesse
nale, queste forme di partecipazione non possono attivare procedure o atteggiamenti di natura sindacale come la contrattazione collettiva o l’esercizio del
diritto sciopero.
Quelle con una certa percentuale di membri partecipano al
Consiglio del Personale delle
Forze Armate e possono contribuire, attraverso relazioni o
consultazioni, al processo di
sviluppo di disegni di legge
che interessano il regime del
personale.
Con il Consiglio si istituiscono e formalizzano i rapporti
tra il Ministero e le Associazioni per la difesa dei membri
di carriera delle forze Armate
e si pongono in atto meccanismi di comunicazione e consultazione sul sistema proposto per il personale militare.
Si è inteso che questa via sia
un’adeguata rappresentanza
istituzionale che viene esercitata attraverso la catena di comando militare e canali forniti
dalla presente legge per la presentazione internamenteda parte dei membri della Forze Armate di iniziative e denunce.
La presente legge stabilisce i
criteri sostanziali in materia di
funzionamento del Consiglio del
Personale, la sua composizione, i canali per la presentazione
delle proposte da parte delle associazioni e l’organizzazione in
plenum o per commissioni di,
Esercito, Marina, Aeronautica e
gli organi comuni di Forze Armate.
In ottemperanza alla terza disposizione finale della Legge
organica della Difesa Nazionale
è stato creato un Osservatorio
della vita militare, che si configura come un organo collegiale, con funzioni consultive
che analizza le questioni che
interessano l’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali dei membri delle Forze Armate per favorire quelle attività che contribuiscono alla migliore condizione dei militari.
L’Osservatorio sarà composto
da un numero ridotto di personalità di spicco nei settori della
difesa e delle risorse umane, la
cui nomina deve essere da parte del Congresso Deputati e dal
Senato.
Ciò consentirà di diventare un
organismo di base nell’analisi
della condizione militare e garante dell’equilibrio tra doveri e
diritti per le Forze Armate che
sono in grado di soddisfare adeguatamente i loro compiti, al
servizio della Spagna e della
pace e sicurezza internazionali.
La sua analisi e gli studi avranno un carattere generale e pertanto, non è l’organo competente a trattare o risolvere i reclami
su base individuale. Tuttavia
sarà in grado di ricevere segnalazioni su singoli casi poiché, il suo sindacato e raccomandazioni, possono portare
a soluzioni generali per i
membri delle Forze Armate.
(omissis)
4 • NOVEMBRE 2010
Questi nostri eroi silenziosi, o meglio silenziati da una stampa svagata e da una legge di disciplina
militare emergenziale che risale al
1978, vivono in una condizione di
malessere e di negazione dei diritti
che non fa capolino in alcun discorso pubblico, ma che sovente li
conduce a gesti estremi se si considera che, secondo una statistica,
ogni mese in Italia si suicida un
Carabiniere.
Molti ignorano che alcuni caduti
delle missioni internazionali erano
semplici lavoratori precari, personale cioè chiamato ad una prestazione professionale rischiosissima
(difatti sono stati ammazzati), senza nemmeno contare sulla stabilità
del proprio posto di lavoro. Non
solo, molti degli odierni disoccupati
sono ragazzi che ci hanno (si fa
per dire) rappresentato all’estero:
loro con un mitragliatore in mano,
noi col telecomando a casa. Usati
dallo Stato e gettati via dopo l’uso,
magari con qualche particella di
uranio impoverito in corpo che, a
breve, li divorerà.
Ho conosciuto giovani militari contaminati che hanno preferito curarsi tumori alla tiroide in silenzio (e,
quindi, rinunciando ad ogni risarcimento) per non essere dichiarati
non idonei nei concorsi di stabilizzazione del loro rapporto di lavoro.
L’abolizione (o, meglio, la sospensione) della leva obbligatoria era
stata trionfalmente acclamata nel
2005 come il passaggio ad un
DIRITTI
&
COERENZA
IN UN PAESE
DEMOCRATICO
esercito di professionisti, efficiente
ed economico, salvo poi servirsi di
lavoratori a tempo determinato che
prestano indossano la divisa per
un anno o per quattro e poi sono
restituiti alle loro famiglie. Me lo ricordava quel genitore pugliese
che, spaventato, mi chiedeva la
settimana scorsa se l’imminente
partenza del figlio per l’Afghanistan gli avrebbe quanto meno assicurato il posto fisso. E’ stato imbarazzante spiegargli che il ragazzo né avrebbe potuto rifiutarsi di
partire, né avrebbe conseguito il
passaggio al servizio permanente.
Soprattutto, però, pochi sanno che
i militari italiani sono i più bistrattati
d’Europa. Difatti, non hanno diritto
ad organizzarsi in sindacato e an-
che solo per associarsi o riunirsi in
circolo devono chiedere l’autorizzazione al Ministro. Un’illegittima
circolare del ministero gli vieta di
accedere a qualsiasi edificio parlamentare senza esserne previamente autorizzati gerarchicamente
in riferimento allo specifico motivo
della loro iniziativa. Il loro diritto ad
iscriversi a partiti politici, pur riconosciuto dalla Costituzione, viene
loro sovente associato alla minaccia di eventuali sanzioni disciplinari. La vetusta disciplina militare fa
di loro dei sudditi ed i loro diritti
elementari di tutela della salute, di
opinione e di parola sono negati,
visto che abbiamo militari sottoposti a procedimento disciplinare di
rigore per essersi rifiutati di sotto-
Giornale
Militari
Il nuovo
dei
porsi al vaccino influenzale, di
dubbia efficacia e di sospetta pericolosità.
Ancora nel 2000, abbiamo Carabinieri trasferiti perché sospettati di
avere relazioni extraconiugali o
perché la coniuge invano si candida alle elezioni comunali e riceve
la bellezza di 4 voti. Altri carabinieri sono sottoposti a procedimento
disciplinare perché durante una ripresa televisiva hanno osato guardare verso la telecamera o perché,
nella concitazione di un intervento
in strada, non hanno prima indossato il berretto (noblesse oblige!).
Non a caso, l’Italia si è distinta per
essere l’unico Stato europeo che
non ha risposto al questionario
predisposto dall’ODHIR - un’istituzione specializzata dell’OSCE che
si occupa di elezioni, diritti umani e
democratizzazione - mediante il
quale è stato realizzato il manuale
per i diritti umani e le libertà fondamentali del Personale delle Forze
armate.
Ebbene, sono proprio questi uomini in divisa, senza diritti e spesso
precari, che noi inviamo in giro per
il mondo ad esportare, armi in pugno, la democrazia ed ha instaurare la cultura dei diritti civili in terre
lontane.
Quei diritti che, però, loro stessi
non conoscono né possono esercitare in Patria. La coerenza di un
Paese, è il caso di dirlo, si misura
anche da questo.
avv. Giorgio Carta
CAMPAGNA ABBONAMENTI 2011
Investi sulla stampa.
Un giornale, si legge e si rilegge
Un giornale non è come tutti gli altri mezzi. Un giornale lo compri, lo
apri, lo sfogli e lo leggi dove vuoi. A casa, in ufficio, in autobus, in
treno, al parco, in sala d’attesa. Ogni volta che hai un po’ di tempo, lo
riprendi in mano e vai a leggere altri articoli o altre rubriche.
Perché il giornale lascia il tempo di riflettere.
Giornale
Militari
Il nuovo
dei
Il militare, che contragga
un’infermità o subisca una lesione, può ottenere dalla propria Amministrazione, ove ne
ricorrano i presupposti, il riconoscimento della “causa
di servizio”.
Le condizioni per il riconoscimento della causa di servizio possono, pertanto, essere così individuate: esistenza del rapporto di impiego; accertamento di una
patologia; nesso di causalità
tra la patologia e gli adempimenti svolti attendendo ai
propri doveri d’ufficio.
Il danno, oggetto del riconoscimento, può essere determinato da una malattia professionale (danno da causa
prolungata) o da un infortunio
(danno da causa violenta).
Ricorre la prima ipotesi quando una patologia sia contratta nell’esercizio e a causa dell’espletamento della propria
attività lavorativa.
L’infortunio è invece l’evento
provocato da una causa fortuita, violenta ed esterna che
elimini o riduca, permanentemente o temporaneamente, la capacità lavorativa della persona.
La Corte di Cassazione (sentenze n. 15068 del
28.11.2001 e n. 995 del
17.01.2007) ha stabilito che
sia riconoscibile la causa di
servizio anche nell’infortunio
in itinere, cioè l’infortunio occorso al lavoratore nel tragitto tra l’abitazione ed il posto
di lavoro. Purché sussista un
nesso tra l’itinerario seguito e
l’attività lavorativa (nel senso
che il primo non sia stato percorso per ragioni meramente personali) ed in caso di infortunio occorso durante l’uso
del veicolo privato, l’uso di
tale mezzo sia stato imposto
dalla inadeguatezza di altri
mezzi di locomozione.
Ulteriore elemento indispensabile al riconoscimento della causa di servizio è il rapporto di causalità.
Il Testo Unico delle norme sul
trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari
dello Stato, approvato con
D.P.R. 29.12.1973 n. 1092,
all’art. 64 , prescrive che tra
i fatti di servizio e le infermità o lesioni debba sussistere
un rapporto di tipo causale
ovvero concausale efficiente
e determinante.
Ciò significa che il nesso
causale è escluso quando
l’evento si è verificato per
dolo o colpa grave dell’interessato.
Il riconoscimento della causa
di servizio è pronunciato dalla Pubblica Amministrazione
a conclusione di un apposito
IL RICONOSCIMENTO
DELLA CAUSA
DI SERVIZIO
procedimento amministrativo, che può essere iniziato
per atto di parte - o d’ufficio
allo scopo dell’accertamento,
da parte dell’Amministrazione, che il danno subito dal lavoratore sia dovuto all’attività lavorativa svolta - può essere finalizzato ad ottenere
benefici economici e/o pensionistici.
Il procedimento normalmente ha inizio a seguito di domanda del dipendente, redatta in carta semplice, che
può essere presentata all’Amministrazione “presso la
quale il dipendente ha prestato l’ultimo servizio”, anche dopo la cessazione del
rapporto d’impiego.
Il riconoscimento può essere
richiesto anche dagli eredi
dell’impiegato o del pensionato deceduto, entro sei mesi
dal decesso. Il procedimento
può anche essere avviato
d’ufficio dall’Amministrazione.
La domanda, che va redatta
in carta semplice indicando la
diagnosi e le cause che
l’hanno prodotta, può essere
limitata al semplice accertamento dell’infermità o lesione
da causa di servizio, oppure,
come normalmente avviene,
può essere finalizzata all’equo indennizzo e/o alla
pensione privilegiata.
Perché possa darsi luogo
alla concessione dell’equo
indennizzo, deve essere presentata dal dipendente entro
il termine, perentorio, di sei
mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da
quella in cui il medesimo ha
avuto conoscenza dell’infermità o della lesione.
La domanda può essere corredata dalla documentazione
sanitaria e da ogni altra documentazione idonea a dimostrare il nesso causale tra
la patologia e il servizio.
La domanda di equo indennizzo può essere presentata
contestualmente all’istanza
intesa ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio, oppure entro sei mesi
dalla notifica del provvedimento di riconoscimento.
L’ufficio dell’Amministrazione che cura l’adozione del
provvedimento finale trasmette alla Commissione medica, il fascicolo contenente la
domanda e la documentazione prodotte dall’interessato, dandone comunicazio-
ne allo stesso, nonché il foglio
matricolare ed eventuale altra documentazione che si ritenga necessaria (ad es. precedenti verbali di visita medica collegiale, precedenti
provvedimenti di riconoscimento di causa di servizio,
ecc).
Su richiesta dell’ufficio competente all’istruttoria, il comandante del Reparto, presso la quale il militare ha prestato servizio nei periodi interessati al verificarsi di fatti
attinenti all’insorgenza o all’aggravamento di infermità o
lesioni, trasmette un rapporto informativo contenente gli
elementi informativi (mansioni lavorative effettivamente espletate, condizioni ambientali, presenza nell’ambiente di lavoro di elementi
che possano avere influito
sulle condizioni di salute del
dipendente) che verranno
esaminati dal Comitato di
Verifica per le Cause di Servizio per l’emissione del parere sul nesso causale tra infermità e fatti di servizio.
Durante la visita medico legale che la Commissione
medica competente effettua,
l’interessato può essere assistito, senza oneri per l’Amministrazione, da un medico
di fiducia che non integra la
composizione della Commissione.
In occasione di detta visita
medico legale è prevista la
verifica dell’idoneità del dipendente al servizio. In conseguenza di ciò, il dipendente pubblico può essere adibito, così come avviene anche per le invalidità non dipendenti da causa di servizio,
a mansioni compatibili con il
suo stato di salute, tali da evitare l’aggravarsi della malattia.
Nei casi più gravi, può disporsi il collocamento a riposo anticipato.
Il verbale della visita medica
è trasmesso, entro quindici
giorni, all’Amministrazione
competente, che lo invia al
Comitato di Verifica per le
Cause di Servizio, insieme ad
una relazione nella quale
sono riassunti gli elementi
informativi disponibili, nonché la rimanente documentazione (rapporto informativo,
ecc) fino a quel momento
acquisita.
L’Amministrazione, inoltre,
notifica il verbale della visita
medica al militare interessato affinché possa esercitare la
facoltà di impugnare il giudizio di idoneità al servizio,
contenuto nel verbale stesso,
presentando ricorso davanti
alla Commissione di Seconda Istanza del Ministero della Difesa, per il tramite dell’Amministrazione, nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del verbale.
Al Comitato di Verifica per le
Cause di Servizio, che ha
sede in Roma, è demandato,
in via esclusiva, per tutte le
Pubbliche Amministrazioni, il
compito di emettere parere
motivato in merito al rapporto causale tra i fatti di servizio
e l’infermità o lesione.
In caso di parere negativo il
medesimo va reso noto, all’interessato che, entro dieci
giorni dalla notifica, può formulare osservazioni e produrre ulteriore documentazione all’Amministrazione.
Quest’ultima, sulla base delle osservazioni ricevute, potrà richiedere un riesame del
parere emesso dal Comitato,
come del resto farà in ogni
ipotesi in cui, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere.
L’Amministrazione adotta il
provvedimento motivandolo
conformemente al nuovo parere del Comitato.
Il provvedimento finale è adottato ed è notificato o comunicato, anche per via amministrativa, all’interessato nei
successivi quindici giorni.
Salvo comprovate necessità
emergenti nel corso dell’istruttoria, l’Amministrazione non può chiedere pareri,
anche d’ordine tecnico, ulteriori rispetto a quelli previsti
espressamente dal regolamento né disporre accertamenti o acquisire atti.
Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione
costituisce accertamento definitivo anche nell’ipotesi di
successiva richiesta di equo
indennizzo e di trattamento
pensionistico di privilegio,
nonché di successiva domanda di riconoscimento dell’aggravamento.
Entro cinque anni dalla data
di comunicazione del provvedimento di liquidazione dell’equo indennizzo, il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione
dell’integrità fisica, psichica o
NOVEMBRE 2010 • 5
sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può, per una sola volta,
chiedere all’Amministrazione, con apposita istanza, la
revisione dell’equo indennizzo già concesso.
Il pensionato può inoltre chiedere, in ogni tempo, che venga riconosciuto l’aggravamento delle infermità o lesioni
per le quali gli è stato attribuito
il trattamento di pensione privilegiata.
Nel caso in cui il dipendente
riporti, per causa di servizio,
altra menomazione dell’integrità fisica, si procede alla liquidazione di nuovo indennizzo se la menomazione
complessiva che ne deriva
rientri in una delle categorie
superiori a quella in base
alla quale è stato liquidato il
primo indennizzo. Dal nuovo
indennizzo andrà detratto
quanto in precedenza liquidato.
I provvedimenti devono essere motivati, ai sensi dell’art.
3 della L. n. 241/1990. La motivazione si deduce dalle valutazioni espresse dalla Commissione medica per quanto
riguarda l’intempestività della domanda e dal parere
emesso dal Comitato per
quanto riguarda la non dipendenza da causa di servizio.
Il procedimento si conclude
(ai sensi dell’art. 2 L.
241/1990 e dell’art. 14 comma 2 D.P.R. n. 461/2001)
con un provvedimento.
I provvedimenti che negano il
riconoscimento della causa di
servizio, l’equo indennizzo o
la pensione privilegiata, sono
tutti atti definitivi.
È al provvedimento finale
che vanno imputati gli effetti
giuridici della fattispecie, quindi è il provvedimento finale
che può essere impugnato in
sede giurisdizionale e non
gli atti emessi dalla Commissione Medica o dal Comitato,
che sono alla base, rispettivamente, del provvedimento
di negazione dell’equo indennizzo e di quello negativo
della causa di servizio.
Contro il provvedimento di
non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate, o di negazione dell’equo
indennizzo per intempestività della domanda, il militare
può far valere le sue ragioni
proponendo ricorso davanti
alla competente autorità giurisdizionale del T.A.R., che
deve essere adito, a pena di
decadenza, entro il termine di
sessanta giorni dalla notifica
del provvedimento.
C. IA.
O pi ni oni
6 • NOVEMBRE 2010
GMiornale
ilitari
LA COSTITUZIONE
E IL GIURAMENTO MILITARE
Il nuovo
dei
LE RAGIONI PER CUI I PADRI COSTITUENTI HANNO VOLUTO CHE L’ORDINAMENTO DELLE
FORZE ARMATE SI UNIFORMASSE ALLO SPIRITO DEMOCRATICO DELLA REPUBBLICA
di Cleto IAFRATE
Il giuramento, in generale, costituisce il veicolo di una promessa, a cui corrisponde un
impegno, che si concretizza attraverso la pronuncia di una formula di rito.
Con la pronuncia della formula, l’azione promessa esce dalla sfera della volontà del promittente per collocarsi in quella di colui che è il destinatario
del giuramento.
In particolare, il giuramento
militare è un “vincolo personale” che impegna ciascun militare e riveste un ruolo fondamentale per l’assunzione dello status militis; in effetti, si diventa militari solo dopo aver
pronunciato la formula del giuramento.
Il militare nel prestare il giuramento, previsto dall’art. 2 della legge 382/78, assume ben
quattro impegni con la seguente formula: “Giuro d’essere
fedele alla Repubblica Italiana,
di osservarne la Costituzione e
le leggi e di adempiere con disciplina ed onore a tutti i doveri
del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni“.
Tale formula riassume e sintetizza il disposto di due articoli
della Costituzione: quello dell’art. 52, secondo il quale “la difesa della Patria è sacro dovere
del cittadino“ e quello dell’art.
54, secondo il quale “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le
leggi … i cittadini cui sono state affidate funzioni pubbliche
hanno il dovere di adempierle
con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi
stabiliti dalla legge“.
Appare evidente, che, dei quattro impegni che il militare assume con il giuramento, ben tre
siano comuni a ciascun cittadino: la fedeltà alla Repubblica,
l’osservanza della Costituzione
e delle leggi ed il dovere sacro
della difesa della Patria.
Quindi l’impegno che distingue
il militare dal cittadino è il quarto, cioè quello di adempiere con
disciplina ed onore tutti i doveri
connessi allo “stato militare”.
Per comprendere la natura e
l’utilità del quarto impegno, che
distingue il militare dal cittadino, in rapporto alle istituzioni, è
necessario fare luce sulle origini del giuramento militare.
Il primo giuramento militare di
cui si ha memoria, è raccontato da Tito Livio in un suo scritto, si tratta di un antico giuramento sannita, che risale al 293
avanti Cristo.
In una valle del Sannio, indicata
col nome di Aquilonia, in se-
guito ad un bando di leva, in vista di quella che sarà la seconda guerra sannitica contro
Roma, vi sono raccolti circa
sessantamila uomini. Nel mezzo dell’accampamento viene innalzato un tempio che consiste
in un recinto chiuso ai quattro
lati e coperto da un panno di
lino.
All’interno, il sacerdote, un certo Ovio Paccio, ripetendo un rituale già celebrato dai Sanniti
nell’impresa militare per la conquista di Capua agli Etruschi,
officia un sacrificio cruento di
animali, secondo il rito descritto nel sacro libro.
Celebrato il sacrificio, il Comandante convoca i più nobili
e coraggiosi fra i convenuti.
Uno ad uno essi vengono introdotti all’interno del tempio e
portati all’altare. A ciascuno
viene chiesto di giurare che non
avrebbe riferito ad alcuno quanto visto e udito. Dopo di che,
ciascuno viene obbligato ad un
ulteriore, terribile, giuramento
mediante il quale, sotto minaccia della propria persona, di
quella dei parenti e della propria
stirpe, assume l’obbligo di fedeltà nei confronti della persona del Comandante: deve promettere solennemente di combattere in qualsiasi posto fosse assegnato, di non allontanarsi dalla schiera e di abbattere a vista chiunque volesse
fuggire.
Nonostante il tempio fosse disposto in modo da prevenire o
vincere ogni eventuale resistenza, i primi chiamati, frastornati, tentano di opporre un
rifiuto e, istantaneamente, vengono raggiunti dalla spada dei
centurioni che, all’interno del
tempio, sono in piedi lungo le
pareti a presidiare l’adempimento del rito. I cadaveri degli
uccisi, insieme con le carcasse degli animali sacrificati, giacciono accanto all’altare, come
spaventoso monito per gli altri.
Poi, fra coloro che hanno prestato giuramento, il Comandante designa dieci uomini e affida loro il compito di scegliere
ciascuno un altro e così via, fino
a quando viene formato un
corpo di sedicimila uomini.
Questo procedimento è detto
Vir virum legere ed, in seguito,
tale espressione verrà ripresa
per indicare uno specifico
modo di combattere dei romani.
L’autore conclude il racconto
precisando che il ritus sacramenti sannita, in qualche modo
equiparabile ai riti degli iniziati, è il mezzo mediante il quale viene creato, con il favore degli dei, un nuovo stato personale: lo status militis.
Il rito proseguirà in epoca successiva per opera dei romani,
esso assumerà il nome di sacramentum militiae romano; in
quanto anche i Romani ricollegavano a tale rito, oltre alla
funzione che era propria del comune giuramento, una funzione propriamente sacramentale.
I milites romani, infatti, erano
chiamati anche “sacrati”. Essi,
mediante il giuramento solenne, si legavano per sempre al
Comandante, ed, a seguito
del rito sacro, ricevevano un
supplemento di forza, di coraggio e di purezza. Da questa
atmosfera ammantata di sacralità e di rinnovata purezza
trovò facile accoglienza la regola dell’onore militare come
prerogativa dello status militis,
che ancora oggi sopravvive in
alcune norme che regolano
avanzamenti, trasferimenti,
sanzioni di corpo e note caratteristiche.
Queste sono le origini del giuramento militare.
Orbene. E’ evidente che, in
tempo di guerra, uno stretto legame della volontà di ciascun
militare a quella del suo superiore, e così via, fino a legarsi
tutti a chi ha la responsabilità
strategica dell’evento bellico, è
una condizione necessaria per
contrastare, in modo efficace,
qualsiasi minaccia esterna rivolta verso la Patria; ciò in
quanto, in simili scenari, tutti i
bisogni individuali retrocedono
di fronte al bisogno collettivo di
difesa dei confini nazionali.
In guerra, un tale stretto sodalizio, rappresenta una potentissima spada sguainata nelle
mani dei capi delle nazioni;
ma, una volta ristabilita la pace,
se quella spada non venisse riposta nel fodero, a quali rischi
sarebbe esposta quella nazione?
Quello stesso sodalizio di uomini
in armi, che in guerra è uno strumento potentissimo, in tempo di
pace, quando i confini tra i bisogni individuali e quelli collettivi sono meno definiti, se non
venisse informato dallo spirito
democratico, sarebbe una fragile preda esposta a rischi di
strumentalizzazione e ad insidie
di diversa natura.
Alcuni versetti del Vangelo,
che ritengo fonte di verità na-
CASSA DI PREVIDENZA DELLE FF.AA.:
COMUNICATO DELLA DIFESA
La Cassa di Previdenza delle FF.AA. (Cassa) è stata istituita a decorrere dal 1° luglio
2010 ed ha accorpato le preesistenti Casse ufficiali e sottufficiali di Esercito, inclusa
l’Arma dei Carabinieri, Marina ed Aeronautica come disposto dal D.P.R. 211/2009.
Nelle more della piena operatività del previsto organismo gestionale, in carica dal 15
ottobre u.s., tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, inevitabilmente sospesi a decorrere dal 1° luglio 2010,
saranno tempestivamente portati ad esecuzione a seguito de propedeutici incombenti amministrativi, tra cui principalmente la chiusura delle gestioni preesistenti e
dei relativi conti consuntivi, a loro volta soggetti all’approvazione dei Consigli di Amministrazione di riferimento nonché della
Corte dei Conti.
Ciò posto mentre l’Ufficio di Gestione del-
la nuoca Cassa, in armonia con le indicazioni fornite dal Consiglio di Amministrazione, sta svolgendo dette operazioni strumentali ai fini della piena ripresa dell’operatività amministrativo-contabile, il Consiglio di amministrazione, recentemente insediatosi, sta alacremente operando per la
complessa fase ordinativa transitoria, per
dare corso, con ogni possibile celerità, alla
riprese delle attività erogative che, per quanti hanno maturato il relativo diritto, potranno pervenire alla fase di liquidazione entro
la fine del corrente anno.
Dal 1° gennaio 2011, a seguito di intesa con
il Centro amministrativo Esercito italiano le
sedi provinciali e territoriali Inpdap provvedono al pagamento delle pensioni provvisorie del personale militare appartenente al Ministero della difesa, che ha concluso
il periodo di permanenza in ausiliaria.
scoste, costituiscono un primo
documento storico da cui trapelano rischi e insidie.
Si legge che subito dopo la resurrezione del Figlio di Dio, i militari posti a guardia del sepolcro si recarono dai capi giudei
a riferire la verità dei fatti cui
avevano assistito, cioè che
Gesù era risorto e loro avevano visto un angelo scendere
dal cielo e rotolare la pietra della tomba, che era vuota.
I capi giudei, dopo aver consultato gli anziani, dissero ai militari: “DICHIARATE: i suoi discepoli sono venuti di notte
e l’hanno rubato, mentre noi
dormivamo. E se mai la cosa
venisse all’orecchio del Governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni
preoccupazione“. (Mt 28, 13
– 14).
I capi giudei temevano che la
diffusione di quella notizia costituisse un rischio per la stabilità del loro potere.
A quell’epoca, il potere dei
capi giudei non era legittimato da un “contratto a tempo indeterminato”, pertanto, la loro
prima preoccupazione era il
controllo dell’informazione finalizzato alla conservazione
ed al consolidamento del potere.
I padri della Costituzione, probabilmente, avendo vissuto gli
orrori della guerra e della carestia, erano consapevoli di
tali umane preoccupazioni, a
motivo di ciò, nel regolare i rapporti tra l’Ordinamento militare
e quello statuale, scrissero:
“L’Ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.
Non a caso, in quella sede,
venne esclusa un’altra locuzione linguistica (riflette), in
quanto avrebbe dato l’idea dell’esternità e separatezza dell’Ordinamento esistente rispetto
a quello nascente.
Se l’Ordinamento delle Forze
armate fosse separato dallo
Stato e posto al di fuori della
sua logica, il libero articolarsi
della dialettica democratica,
attraverso cui si stabiliscono i
fini dello Stato ed a cui tutti
sono subordinati, non sarebbe
esente da rischi e minacce.
Probabilmente, molti dei tentativi di limitare, in tempo di
pace, i diritti costituzionali dei
militari, in nome della tutela dell’efficienza delle Forze Armate,
sono poco sinceri ed, a volte,
ispirati a secondi fini.
Ritengo che una giusta soluzione di compromesso risieda
nell’emanazione di un Regolamento di Disciplina Militare di
Guerra ed un R.D.M. di Pace,
il primo si dovrebbe occupare
di disciplina militare ed il secondo di disciplina del militare.
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
Sche de
NOVEMBRE 2010 • 7
IL TRATTAMENTO ECONOMICO
DI TRASFERIMENTO SPETTANTE
AL PERSONALE MILITARE
E CIVILE DELLA DIFESA
DIRITTO ALL’ INDENNITA’
Compete al personale trasferito
d’autorità da una ad altra sede permanente di servizio. (art. 17 L.
836/73).
L’indennità NON spetta:
per i trasferimenti nell’ ambito dello stesso comune;
per i trasferimenti a domanda (art.
22, ultimo comma, L. 836/73).
INDENNITA’ DI TRASFERTA
(art. 18 L.836/73)
per il tempo impiegato nel viaggio,
compete anche se la durata è inferiore alle 4 ore.
titolare e familiari conviventi :
aventi diritto
i figli legittimi, i figliastri, i figli legittimati e quelli naturali legalmente
riconosciuti, i figli adottivi e gli affiliati,
di età > ai 25 anni;
le figlie nubili anche se di età > ai
25 anni e quelle rimaste vedove;
il coniuge;
i genitori;
gli affini in linea retta ascendente;
i fratelli minori e le sorelle nubili;
la persona di servizio.
sosta intermedia
per i trasferimenti in località distanti più di 800 chilometri, per raggiungere le quali occorra impiegare con
treno diretto almeno 12 ore è consentita, anche per le persone di famiglia, una sosta intermedia non superiore a 24 ore in località dall’ordinaria sede di servizio, , con titolo all’indennità di trasferta, per i primi 800
chilometri e altra sosta con pari trattamento, dopo ogni ulteriore tratto di
600 chilometri.
INDENNITA’ E RIMBORSI SPESE
(art. 19 L.836/73)
rimborso spese di viaggio
(dipendente e familiari)
costo del biglietto di viaggio in ferrovia, in piroscafo o mezzi di linea su
percorsi non serviti da ferrovia, nel
limite della tariffa d’uso e della classe spettante al dipendente; Le spese di viaggio potranno essere rimborsate su presentazione dei relativi biglietti di viaggio.
indennità chilometrica, pari ad 1/5
del prezzo della benzina super,
rimborso del pedaggio autostrada-
le, qualora il dipendente effettui il
viaggio con vettura privata.
Il rimborso della spesa per il pedaggio autostradale potrà essere
rimborsata su presentazione del
relativo documento giustificativo e la
distanza chilometrica dovrà essere
attesta dall’ ACI.
indennità supplementare
10% del costo del biglietto a tariffa
intera per i viaggi effettuati su mezzi di trasporto in servizio di linea, terrestre o marittimo;
Rimborso per trasporto bagagli,
mobili e masserizie
sono rimborsate le spese sostenute per il trasporto di un bagaglio, entro il limite massimo di un quintale,
per ogni persona trasferita. Tale limite è elevato, per il solo personale militare capo famiglia, entro i limiti
di peso di cui alla sottoelencata tabella:
Generale di Corpo d’Armata Kg. 900
Generale di Divisione Kg. 800 Generale di Brigata Kg. 600 Colonnello Kg. 500 Ten.Col. e Maggiore Kg.
400 Capitano Kg. 300 Ten. e S. Ten.
Kg. 200 Marescialli Kg. 150 Serg.
Magg. e Sergente Kg. 100 Militare
di truppa Kg. 100
sono rimborsate le spese per la spedizione dei mobili e masserizie, al lordo dell’ imballaggio, per un peso non
eccedente i 40 quintali. In tale limite di peso non va ricompresso il
quintalaggio stabilito per i bagagli.
Le spese per il trasporto del bagaglio deve risultare dal prescritto
scontrino e quelle per il trasporto dei
mobili e delle masserizie dal bollettino di consegna rilasciato da una
pesa pubblica riconosciuta.
TRASPORTO MOBILI E MASSERIZIE SU FERROVIA
E’ dovuto il rimborso delle spese
sostenute entro i limiti suindicati.
TRASPORTO MOBILI E MASSERIZIE CON VETTORE PRIVATO
Ove non si faccia uso della ferrovia,
previa autorizzazione dell’Amministrazione, le spese per il trasporto dei
mobili e masserizie e del bagaglio,
entro i limiti suindicati, vanno rimborsate come segue (D. M.
11/04/1985) :
indennità chilometrica di € 0,16
per l’intero percorso per quintali, ove
lo stesso non sia servito da ferrovia;
indennità chilometrica di € 0,16
per il tratto non servito da ferrovia per
quintali e rimborso della spesa che
si sarebbe sostenuta per il trasporto ferroviario sul percorso servito da
ferrovia, nei casi in cui l’itinerario sia
costituito da più tratti di ferrovia, separati da almeno un tratto di via ordinaria;
indennità chilometrica di € 0,065
per l’intero percorso per quintali, ove
lo stesso sia servito da ferrovia;
La liquidazione dei rimborsi, relativi al trasporto di mobili e masserizie
mediante vettore privato, non potrà
eccedere l’importo della spesa effettivamente sostenuta e dietro presentazione di regolare fattura, rilasciata dal vettore, tenendo conto anche dell’ ammontare dell’ IVA.
TRASPORTO MOBILI E MASSERIZIE CON MEZZI GRATUITI
Qualora il trasporto venga effettuato con mezzi forniti gratuitamente
dall’Amministrazione NON compete alcuna indennità chilometrica né
il rimborso spese per imballaggio,
presa e resa a domicilio.
RIMBORSO DI SPESE PER IMBALLAGGIO, PRESA E RESA A
DOMICILIO
(art. 20 L.836/73)
Il compenso è fissato in € 3,10 a
quintale per un massimo complessivo di 40 quintali di mobili e masserizie trasportanti ivi compreso il bagaglio.
Detto rimborso NON compete per:
il bagaglio a mano;
le scorte di viveri e combustibili;
le automobili, i motocicli;
ogni altra cosa che non possa essere considerata come facente parte dell’arredamento di una abitazione.
Qualora la famiglia si trasferisca nella nuova sede di servizio da una località diversa dalla precedente sede
di servizio del dipendente trasferito,
le indennità previste dalla norma
spettano in misura non eccedente
l’importo dovuto qualora il movimento fosse avvenuto fra le due sedi
di servizio.
INDENNITA’ DI PRIMA SISTEMAZIONE
(art. 21 L.836/73)
Viene corrisposta sulla base di una
quota fissa e di una variabile:
QUOTA FISSA € 103,29 per il personale con qualifica di dirigente
generale e qualifiche corrispondenti
(Generale Corpo d’ Armata e Generale di Divisione); € 87,80 per il ri-
manente personale.
QUOTA VARIABILE ammontare
di tre mensilità della indennità integrativa speciale vigente all’ atto
della movimentazione.
E’ RIDOTTA:
½ per i dipendenti che, alla data del
provvedimento, NON abbiano persone di famiglia conviventi ed a carico;
½ per quelli che NON abbiano trasferito la famiglia nella nuova sede
di servizio. L’altra metà sarà corrisposta all’ atto del trasferimento
della famiglia, purchè il movimento
venga effettuato entro tre anni dalla data di decorrenza del provvedimento;
di 2/3 qualora il dipendente fruisca di alloggio gratuito di servizio.
Tale riduzione è applicabile anche
sulle misure di cui ai due punti precedenti.
TRASFERIMENTO DELLA FAMIGLIA IN COMUNE VICINIORE
ALLA NUOVA SEDE DISERVIZIO
(art. 22 L.836/73).
Al personale trasferito che, per riconosciuta impossibilità di trovare alloggio nella nuova sede di servizio
è costretto a trasferire la famiglia in
un Comune viciniore, competono le
indennità ed i rimborsi inerenti al trasferimento semprechè la distanza
dalla casa municipale del Comune
viciniore alla nuova sede di servizio
non superi i 90 chilometri (art. 8
D.P.R. 394/95).
TRASFERIMENTO NELL’AMBITO DELLO STESSO COMUNE
(art. 24 L.836/73)
Per i movimenti nell’ ambito dello
stesso comune, a seguito trasferimento d’ autorità da uno ad altro alloggio di servizio o da un alloggio di
servizio ad altro privato o viceversa,
al dipendente compete una indennità di € 0,82 a quintale fino a un
massimo di 40 quintali di mobili e
masserizie trasportati.
TRASFERIMENTI ONEROSI PER
IL PERSONALE
(co. 8 art.19 L. 836/73) - (art. 11
L.417/78) - ILE -NL-1200-0057-1200801
Nei casi onerosi per il personale,
segue a pag. 8
8 • NOVEMBRE 2010
segue da pag. 7
l’amministrazione valuti l’opportunità di intervenire con idonei mezzi
propri per il movimento dei mobili e
delle masserizie.
Il trasferimento è oneroso quando le
indennità e i rimborsi, esclusa l’ indennità di prima sistemazione, non
coprono le effettive spese che il dipendente deve sostenere.
L’ amministrazione, ove NON disponga di mezzi idonei, provvede a
stipulare apposite convenzioni con
trasportatori privati. Gli oneri del
predetto trasporto sono a carico dell’
amministrazione fino ad un massimo di 120 quintali (comma 1, art.
12, D.P.R. 52/2009).
RIMBORSO CANONE ALLOGGIO
(commi 2-3, art. 12, D.P.R. 52/2009).
Il personale trasferito d’autorità che
ha titolo all’alloggio di servizio in relazione all’incarico ricoperto può
chiedere, dietro presentazione di formale contratto di locazione, il rimborso del canone alloggio per un importo max mensile di € 775,00, fino
all’ assegnazione dell’ alloggio di servizio e, comunque per un periodo
max di 3 mesi.
Nelle stesse condizioni di cui sopra
il personale può optare per la riduzione dell’importo mensile ivi previsto in relazione all’ elevazione proporzionale dei mesi e, comunque,
NON oltre i sei mesi.
ESEMPIO per un canone mensile di € 775,00
- Per nr. 1 mese di proroga riduzione di ¼ pari a € 193,75 misura mensile pari a € 581,25
- Per nr. 2 mesi di proroga riduzione di 2/5 pari a € 310,00 misura
mensile pari a € 465.00
- Per nr. 3 mesi di proroga riduzione di 3/6 pari a € 387,50 misura
mensile pari a € 387,50.
INDENNITA’ DI TRASFERIMENTO
(comma 5, art. 12, D.P.R. 52/2009)
Al personale trasferito d’ autorità che
NON fruisca di alloggio di servizio o
alloggi forniti dall’Amministrazione è
dovuta in un’ unica soluzione una
indennità pari a:
€ 1.500,00 all’ atto del trasferimento del nucleo familiare nella
nuova sede di servizio o nelle località viciniori consentite;
€ 775,00 al personale senza famiglia a carico o al seguito (in questo caso sarà liquidata una prima
tranche all’ atto del raggiungimento
della nuova sede di servizio ed una
seconda tranche all’atto del ricongiungimento con la famiglia, che, comunque, dovrà avvenire entro i tre
anni previsti dalla norma – circolare nr. DGPM/IV/12/087623/10/C.34
datata 7/7/2003 di Persomil).
Con circolare nr. M D GMIL 05 IV 15
1 110864 datata 26/2/2008 di Persomil è stato disposto, a titolo cau-
Sche de
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
IL TRATTAMENTO ECONOMICO DI TRASFERIMENTO / SEGUE
telativo, LA SOSPENSIONE della
corresponsione dell’ indennità nel
caso di fruizione, anche , di alloggi
ASC, APP, SLI o alloggiamenti di
Reparto .
Tale disposizione è stata ribadita,
dalla Direzione di Amministrazione,
con la circolare nr. 29/12 prot. nr.
MD-E23499/0003479
datata
15/03/2010.
RAGGIUNGIMENTO DOMICILIO
ELETTO
(art. 23 L.836/73)
di servizio o dopo il collocamento a riposo, spettano le indennità ed
i rimborsi previsti negli artt. 18, 19,
20, 21, 24 della L. 836/73 per il trasferimento dall’ ultima sede di servizio a un domicilio eletto nel territorio
nazionale.
Il trattamento economico NON è attribuito nei confronti del personale
cessato dal servizio “a domanda”,
a qualsiasi titolo, (circolare nr.
DGPM/IV/12/124379/10/C.17 datata 11/10/1999 di Persomil) compreso il personale militare cessato
dal servizio a domanda per effetto
di quanto disposto dall’ art. 12 bis
della L. 168/2005 (circolare nr. 39/22
datata 16/3/2009 della D.A.E.) .
Il personale collocato in aspettativa per riduzioni quadri può chiedere all’ Amministrazione militare il trasferimento anticipato dall’ultima sede di servizio al domicilio eletto.
(art. 9, comma 3 ter, della Legge 5
marzo 2010, nr. 30)
(circolare nr. DGPM/IV/15/0140980
datata 29/03/2010 di Persomil) .
INDENNITA’ DI TRASFERIMENTO
(art. 1, Legge 29 marzo 2001, n.86)
(comma 1)
DESTINATARI
- Personale volontario coniugato
- Personale in servizio permanente
delle Forze Armate
- Personale pilota di complemento
in ferma dodecennale (L. 19/05/86,
n. 224)
REQUISITI
Trasferimento d’ autorità NON coincidente come sede di 1^ assegnazione
Le sedi di provenienza e di destinazioni devono essere ubicate in comuni diversi e distanti tra loro almeno
10 Km.
MISURA
Misura intera per i primi dodici
mesi di permanenza
grado misura giornaliera misura
mensile Gen. C.A. 28,82 864,60
Gen. Div. 24,12 723,60 da Gen. B.
a V.S.P. 20,45 613,50
Misura ridotta del 30% per i secondi dodici mesi
grado misura giornaliera misura
mensile Gen. C.A. 20,17 606,10
Gen. Div. 16,89 506,70 da Gen. B.
a V.S.P. 14,32 429,60
(comma 2)
RIDUZIONE
È ridotto del 20% per il personale
che, nella nuova sede di servizio,
usufruisce di alloggio gratuito di
servizio (alloggio per il quale l’assegnatario/utente non corrisponde
alcun canone all’ Amministrazione).
(comma 3)
OPZIONE AL T. E. DI TRASFERIMENTO
Destinatari - Personale che NON
fruisce nella nuova sede di alloggio
di servizio.
Misura - Rimborso del 90% del canone mensile corrisposto per un alloggio privato, fino ad un importo
massimo mensile di € 516,46 per un
periodo non superiore a 36 mesi decorrenti dalla data di trasferimento.
Diritto - Da esercitare, con specifica richiesta scritta, entro il primo trimestre dalla data di trasferimento.
Al termine del primo anno di rimborso del canone di locazione, il dipendente può optare per l’ indennità mensile pari alle 30 diarie di
missione in misura ridotta del 30%
(comma 9, art. 12, D.P.R. 16 aprile
2009, n. 52). Tale opzione può essere esercitata una sola volta.
Anticipazione - A richiesta dell’ interessato, il rimborso del canone,
può essere anticipato nella misura
corrispondente a 3 mensilità (comma 4, art. 8, D.P.R. 13 giugno 2002,
n. 163).
Documenti - Il rimborso è legittimo
dalla data di stipula del contratto di
locazione e documentato da quietanze di pagamento.
VARIAZIONI NEL CORSO DEL
TRATTAMENTO
° Il personale che già fruisce del trattamento in questione e che venga
trasferito senza un cambio di sede
di servizio continua a percepire il beneficio economico.
° Se durante il periodo di diritto subentra un trasferimento a domanda,
che comporta un mutamento di
sede di servizio, il trattamento cessa dalla data del nuovo trasferimento.
° In caso di promozione o aumento della diaria di missione, l’eventuale
maggiore importo sarà corrisposto
dalla data del provvedimento.
REGIME FISCALE PREVIDENZIALE
E’ soggetto a tassazione, ai sensi del
comma 7, art. 3, D.Lgs. 2 settembre
1997 n. 314, ai fini fiscali e previdenziali (Cassa statali e Fondo credito):
L’ indennità di prima sistemazione.
L’ indennità di trasferimento, di cui
all’ art. 1, commi 1 e 3 della legge
86/2001, come precisato da Persomil con la circolare nr.
DGPM/IV/12^/36735/10/B datata
22/03/2002 , NON concorre a formare reddito ed è esente, altresì, da
ritenute assistenziali e contributive
.
DOCUMENTAZIONE RICHIESTA
MOVIMENTAZIONE PER FERROVIA
Biglietto di viaggio del dipendente e del nucleo familiare;
Scontrino per il bagaglio;
Bollettino di consegna per i mobile e le masserizie;
MOVIMENTAZIONE CON VETTORE PRIVATO
Preventiva autorizzazione a servirsi del mezzo privato rilasciata
dall’Amministrazione;
Fattura del vettore privato, nella
quale deve essere indicata la partita IVA, il luogo di partenza e di arrivo, il numero di targa del mezzo di
trasporto, la natura e il peso delle
merci trasportate, il numero dei
Km. Percorsi;
Bolletta di pesa pubblica della località di arrivo o di partenza, NON
sostituibile con atto notorio;
Ricevuta di eventuale pedaggio
autostradale, qualora il nucleo familiare si trasferisca con mezzo
privato;
Dichiarazione rilasciata dall’ ACI
attestante la distanza chilometrica intercorrente tra le due località. ottenibile, anche, via internet al seguente www.servizi.aci.it/distanzechilometriche-web/
DOCUMENTAZIONE COMUNE
ALLE SUCCITATE MOVIMENTAZIONI
Stato di famiglia;
Dichiarazione con firma autenticata nella quale il dipendente attesti sotto la propria responsabilità civile e penale di avere presso effettiva dimora nel nuovo comune o comune viciniore entro il raggio di 90
Km.;
Dichiarazione attestante che dal
complesso del quintalaggio, ammesso a rimborso, sono escluse le
scorte di viveri, di combustibile, le automobili, i motocicli e quant’altro non
sia da considerare parte dell’ arredamento di una abitazione.
LA PRESENTE GUIDA HA SOLO
VALORE ORIENTATIVO / INFORMATIVO E NON RIVESTE CARATTERE DI UFFICIALITA’.
E’ STATA REDATTA DAL
TEN.COL. SALVATORE DI BENEDETTO
EVENTUALI INESATTEZZA E/O
PROBLEMATICHE INERENTI A
QUANTO TRASCRITTO POSSONO ESSERE INOLTRATE VIA EMAIL AL SEGUENTE INDIRIZZO
DI POSTA ELETTRONICA:
[email protected]
NOVEMBRE 2010 • 9
Giornale
Militari
Il nuovo
dei
…ALTRA STORIA
DA RACCONTARE
INDEBITI PENSIONISTICI
“Chi troppo vuole nulla stringe”.
Un luogo comune sempre attuale. Vediamo il perché.
Ad un sottufficiale della Marina
Militare nel 1985, servizio durante, furono riconosciute
contratte in servizio e per cause di servizio alcune infermità
tra le quali, nonostante l’acquisito parere negativo del Comitato per le pensioni privilegiate, anche una infermità di
natura endogena. Vale a dire
di carattere generazionale o
ereditario che dir si voglia.
A tale riconoscimento, tuttavia,
faceva seguito il pagamento
dell’equo indennizzo.
Collocato in ausiliaria al sot-
tufficiale, che aveva inoltrato regolare istanza, veniva autorizzato dal Minidifesa il pagamento della pensione privilegiata ordinaria consistente nell’aumento del decimo della
pensione ordinaria.
In sede di riesame della pratica, a seguito di istanza di aggravamento per la citata infermità di natura endogena, attribuibile all’ereditarietà più
che al servizio svolto, oltre ad
emergere il parere negativo
emesso nel 1985 dal Comitato, è stato rilevato che anche
le altre infermità non potevano
essere correlate all’attività del
servizio svolto, in quanto privo
del tutto di particolari fattori di
rischio, né a compiti particolari che avrebbero comportato
l’esposizione a pericoli o di servizio prestato in ambienti disagevoli che richiedevano particolari sforzi fisici. In altri termini è stato accertato che il
servizio non ebbe a costituire
causa o concausa preponderante nell’insorgenza delle
infermità.
Sulla base di tale assunto il Minidifesa emanava il decreto di
revoca del trattamento di privilegio. Decreto impugnato
dall’interessato significando
inoltre che da circa un decennio (!) il trattamento economi-
co concesso era considerarsi
ormai consolidato.
Ricorso respinto da parte della Corte dei Conti che con
sentenza 222/2010 ha ritenuto legittimo il provvedimento di
revoca.
Tuttavia, c’è da registrare e sottolineare il comportamento positivo della Difesa che, nel decretare la revoca, ha riconosciuto la buona fede del ricorrente ed il legittimo affidamento. “Circostanze che impediscono alla Pubblica Amministrazione la ripetizione di
somme ancorché indebitamente corrisposte, non essendo imputabile al pensionato alcun comportamento doloso che legittimerebbe la ripetizione dell’indebito.”
Comportamento che lascia ritenere definitivamente acquisito il principio racchiuso nella
sentenza n.. 7/2007/QM in
data 11 luglio 2007, depositata in data 7 agosto dello stesso anno con la quale la Corte
COSA FARE
La prima cosa che deve fare il “malcapitato” a cui è arrivata una richiesta di restituzione disomme, è rivolgersi ad un legale amministrativista esperto affinchè provochi presso la Corte dei Conti della Regione
di residenza dell’nteressato, la sospensiva dell’addebito contestualmente all’impugnativa dello stesso.
Proponiamo un facsimile di un ricorso che ciascun ricorrente potrà
adattare alle proprie esigenze.perchè ogni addebito ha una sua fattispecie.
Tuttavia sconsigliamo il “fai da te” perchè non porta da nessuna parte e
la risposta è negativa.
Il facsimile potrà essere di aiuto al legale prescelto.
ECCELLENTISSIMA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione______________
Via____________________n._______
CAP
LOCALITA’
OGGETTO: Ricorso avverso al provvedimento di recupero di credito
erariale.
Il sottoscritto………………………. nato a…………… il………………….
residente in…………Via …………n.,… titolare di pensione conferitagli
con Decreto del Ministero della Difesa n.__in data______________
RICORRE CONTRO
il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro-tempore
elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Generale dello Stato Via
dei Portoghesi n. 12 00186 Roma;
l’INPDAP – Direzione Generale Via Ballarin n. 42 00142
Roma, nella persona del Direttore Generale Pro-tempore, per ottenere
la revoca del provvedimento concernente il recupero del credito erariale disposto sulla partita di pensione nr. di iscrizione_______e la conseguente restituzione delle somme trattenute.
FATTO
- il ricorrente è cessato dal servizio il_______con il grado di _______;
- in sede di applicazione del D.M. n.__________datato__________della
Direzione Generale delle Pensioni Militari, l’INPDAP sede Provinciale
di___________ha
accertato
che
dalla
data
del_____________al________________gli sarebbero state corrisposte competenze pensionistiche in eccedenza rispetto a quanto dovutogli sulla base del citato decreto;
- con lettera n.__________datata_____________ il predetto Istituto ha
evidenziato un addebito di €uro_________(_____________) conseguente alle determinazioni citate;
- l’addebito, quantificato nella misura mensile di euro, pari ad 1/5 della
pensione è in atto (o è stato già estinto).
dei Conti a Sezioni Riunite ha
disposto che non si fa luogo al
recupero dell’indebito formatosi
sul trattamento provvisorio
quando, sia decorso il termine
posto per l’emanazione del
provvedimento definitivo di
pensione di cui alla legge
241/90. E quando non vi sia
dolo da parte del percettore.
Va da sé che un siffatto comportamento della Pubblica Amministrazione e per essa il Minidifesa, risulterebbe provvidenziale non solo per il destinatario del trattamento pensionistico, ma anche ed in particolar modo per la Magistratura
contabile con la quale verrebbero a ridursi se non addirittura azzerarsi i ricorsi con notevoli risparmi di risorse ed infine, ma non per ultimo, per l’immagine della stessa Pubblica
Amministrazione che in sede di
giudizio non potrebbe non essere che la parte soccombente.
V. RU.
DIRITTO
- Il ricorrente osserva preliminarmente di avere, secondo quanto gli è stato riferito anche per le vie brevi dall’INPDAP, percepito somme eccedenti rispetto a
quanto dovuto, in conseguenza di erronea determinazione del trattamento pensionistico provvisorio, a suo tempo effettuata dall’Amministrazione;
- egli, pur non contestando il fatto, eccepisce tuttavia, la irripetibilità di tali somme,
invocando l’applicazione dell’art. 206 del T.U. 1092/1973, così come interpretato
autenticamente dall’art. 3 della legge;
- rileva inoltre che la determinazione del trattamento pensionistico ebbe luogo
con carattere di definitività dopo oltre___________anni dalla data di cessazione
dal servizio. Pertanto, sulla base delle considerazioni esposte, il recupero disposto dall’Istituto di Previdenza sarebbe da considerare legittimo solo nell’ipotesi in cui l’indebita corresponsione di maggiori somme fosse derivata da fatto
doloso del percipiente;
- nel caso in esame non solo è da escludere il dolo del ricorrente, ma può escludersi qualsiasi altra causa attribuibile al ricorrente tendente ad indurre l’Amministrazione all’aumento del trattamento di quiescenza, dato che quest’ultimo è
derivato da un errore in cui è incorsa l’Amministrazione, neppure riconoscibile
dall’interessato attesa la complessità delle procedure contabili nella determinazione delle competenze dovute.
In proposito il sottoscritto rileva inoltre che, secondo una ampia e consolidata
giurisprudenza, è illegittima la ripetizione delle somme indebitamente corrisposte a pubblico dipendente allorché l’Amministrazione, con il suo comportamento
abbia ingenerato nel dipendente la ragionevole convinzione di aver diritto a determinati emolumenti (cfr. fra le tante, le sentenze n. 354/1994 e n. 1055/87 della
Sesta Sezione del Consiglio di Stato). Infine, ma non per ultimo, sulla stessa tematica si è espressa la Corte dei Conti a Sezioni Riunite che ha risolto il problema in via definitiva con sentenza n. 7 del 2007 nel senso che: “in assenza di
dolo dell’interessato, il disposto dell’art. 162 del DPR 1092/1973, concernente
il recupero dell’indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, deve
interpretarsi nell’ambito della disciplina sopravvenuta della legge 241/90, per
cui, a decorrere dall’entrata in vigore di detta legge, decorso il termine posto per
l’emanazione del provvedimenti definitivo sul trattamento di quiescenza, non
può effettuarsi il recupero dell’indebito per il consolidarsi della situazione esistente, fondata sull’affidamento riposto nell’Amministrazione”.
TUTTO CIO’ PREMESSO
Il sottoscritto chiede la revoca del provvedimento di addebito per la parte riguardante gli assegni di pensione ed accessori riscossi in più del dovuto e la restituzione delle somme indebitamente trattenute3 maggiorate dagli interessi
legali nonché la sospensiva dell’addebito.
Allegati:
Decreto n. _________in data____________;
Lettera n.___________in data___________dell’INPDAP di__________;
Il presente viene notificata alla Direzione Generale delle Pensioni Militari in persona del Ministro della Difesa Protempore elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Generale dello Stato Via dei Portoghesi n. 12 00186 ROMA e
all’INPDAP in persona del Direttore Generale protempore Via Ballarin n. 42
00142 ROMA.
_________, ______________
IL RICORRENTE
10 • NOVEMBRE 2010
GLI UOMINI
CHE HANNO
FATTO
IL DIRITTO
di Vincenzo RUGGIERI
Viviamo in un momento tanto strano quanto buio.
Dottrina e giurisprudenza non fanno più parte del nostro bagaglio culturale giuridico.
Sentenze contrastanti. Principi del
Diritto calpestati per dare spazi ad
incomprensibili teoremi messi in
campo dalle varie Magistrature
spesso per difendere sprechi a
danno dei singoli contribuenti.
Oggi la Giustizia è fortemente inquinata dalla politica. Purtroppo, a
tutti i livelli.
Nel passato, mai la Corte Costituzionale avrebbe calpestato un diritto patrimoniale facendo ricorso a
“ragioni di bilancio”. Ricordo che nel
1956 la Consulta sentenziò di pagare arretrati ai dipendenti pubblici con buoni del Tesoro.
Oggi la Corte ritiene lecito ridurre
le pensioni (quelle degli altri), con
una espressione del seguente tenore: “anche una pensione legittimamente concessa può subire
delle riduzione per esigenze di bilancio”. C’è da domandarsi dov’è finita la Giustizia Costituzionale.
Gli illustri giuristi del passato sicuramente si saranno rivoltati nella
tomba.
Fatta questa premessa mi accingo
ad illustrare ai nostri lettori una tematica che credo stia a cuore alla
collettività. Specie per dimostrare
che l’Italia dalla Culla, è passata via
via alla Tomba del Diritto.
Un rimpianto che va da Salomone
ad Enrico De Nicola.
Domandiamoci: Il diritto e opera dei
singoli?
Non sarebbe lecito dare una risposta positiva. Il diritto, infatti, è
espressione di quella stessa società che esso regola e come tale
è frutto di un lavoro, anzi di travaglio collettivo, è cioè la manifestazione di esigenze che sono della
massa e che, appunto mediante
l’insostituibile strumento costituito
dalle norme giuridiche , devono essere soddisfatte e armonizzate tra
loro.
Non dobbiamo tuttavia dimenticare che il diritto, nelle sue concrete
formulazioni, è opera dei singoli uomini, vale a dire di personalità di
particolare rilievo che in vario modo
hanno contribuito alla creazione dei
vari sistemi giuridici, spesso debitori l’uno dell’altro.
Ogni epoca antica e moderna ha
espresso figure di grandi uomini
che hanno lasciato traccia indelebile della loro saggezza.
Il primo che desidero ricordare in
questa carrellata di personaggi è
Salomone, figlio di David Re di Gerusalemme.
Fu scritto che Salomone fu “pacifico”, “gioioso”, “felice”, “giusto”.
L’epoca di Salomone viene ricordata come epoca d’oro. La sua sapienza superò quella di tutti gli
Orientali e tutta la sapienza d’Egitto.
Si racconta che due meretrici che
vivevano insieme divennero madri
nelle stesso giorno. Una di esse,
dormendo, soffocò involontariamente il proprio piccolo. Accortasene lo mise accanto all’amica dormente e prese con sé il bimbo vivo.
L’altra svegliandosi, si accorse delle scambio e reclamò il proprio figlio. Poiché non lo ottenne, si rivolse a Salomone. Questi, con la
sua saggezza finse di accontentare
entrambe ordinando che il bambino fosse tagliato a metà, così che
ognuno delle madri avesse una
parte del figlio.
Una madre acconsentì. L’altra no
per amore del figlio. Acconsentì che
invece la innocente creatura fosse
data alla madre fittizia.
Da questa reazione Salomone
scopri chi fosse la vera madre e le
restituì il figlio.
L’importanza legislativa di Salomone è legata ai suoi preverbi. Che
si riferiscono ai vari insegnamenti: a livello personale, a livello di vita
familiare, a quello di vita associata.
Essi regolarono la ereditarietà e
contribuirono a fornire una guida
alla formazione della classe dirigente.
In quell’epoca Salomone seppe
equilibrare la sapienza giuridica e
quella morale. Talché il regno di Salomone rappresentò un punto fermo nell’ordinamento giuridico.
Le gabelle e le imposte troppe gravose, come sempre accade, attirarono su di lui le ire dei “contribuenti”.
Alla sua morte la nazione ebraica
si divise in due. Dal punto di vista
politico non restò che la memoria
che dura tutt’ora: così che si può
dire che in questo grande personaggio le luci superarono certamente le ombre.
Altro illustre personaggio che la storia ci ha tramandato fu Marco Tullio Cicerone. L’avvocato che vinceva sempre.
Spiritoso, amante delle battute, di
grandissima erudizione, dotato di
notevole senso politico.
Fu un grande protagonista del suo
tempo. Nato il 106 a.C., abituato a
frequentare ambienti ricchi e colti,
conobbe sin da giovanissimo famosi oratori come Antonio e Crasso e grandi maestri del diritto come
Muzio Scevola.
Si rilevò fra i più grandi avvocati del
foro romano. Compì viaggi in Grecia e in Asia frequentando quanti
fossero dotti nell’arte dell’eloquenza, dell’avvocatura e della
retorica. Affinò tutte le sue doti con
quella specifica facoltà di comprensione e di assimilazione seppe trarre utili insegnamenti anche
da maestri stranieri.
Giornale
Militari
Il nuovo
dei
Tornato a Roma, iniziò il cursus honorum, patrocinò numerosissimi
processi e quando raggiunse l’età
legale, gli venne affidata la questura
ed il governo della Sicilia occidentale.
E durante questo periodo fu difensore dei diritti dei Siciliani ed ottenne la condanna di Verre il Governatore ladro della Sicilia.
Ma la sua fama toccò il vertice nel
64 a. C. quando pronunciò, da console le quattro Catalinarie, nelle
quali Cicerone, con la propria autorità di magistrato fu protagonista
di una lotta drammatica ed inquietante.
Fu senza dubbio, il più grande degli oratori romani. Quintiliano lo paragonò al grande greco Demostene.
Cicerone ci ha tramandato l’ordinamento giuridico della Roma Repubblicana così come Giustiniano
fu il geniale cesellatore di tutto il diritto civile romano.
Da Cicerone, passiamo ora ad un
dei più importanti personaggi della storia e della cultura romana, perché il diritto, così come noi lo intendiamo oggi, è soprattutto una
creazione ed una gloria dell’antica
Roma.
Giustiniano, uomo dalla forte personalità, figura politicamente e
moralmente complessa, primeggia
per l’imponenza e l’importanza
della sua opera che influì in un
modo determinante in un momento che definì il trapasso dall’Impero Romano a quello Bizantino. Immediatamente attuò programmi
tesi ad assicurare una salda struttura dell’Impero. Il primo di questi
programmi fu la riforma fiscale ed
amministrativa e diede ordine a tutta la legislazione ed alla giurisprudenza romana. Riforme nuove ed
inattese che colpivano interessi
inveterati e codificati dalle consuetudini.
Non mancarono reazioni anche violente che fallirono sul potere consolidato di Giustiniano. Seppe circondarsi di ottimi collaboratori giureconsulti.
La codificazione giustinianea, grande monumento legale, ha concluso l’evoluzione del diritto di Roma
antica. L’opera legislativa iniziò
nel secondo anno del regno di Giustiniano e proseguì sino a tutto il
534. Ricordiamo il Digesto e le Istituzioni che costituiscono un solo
complesso e abbracciano tutti i casi
nei quali la legge serve a reggere
la vita dello Stato. Opera grandissima, utilissima per la conoscenza
del mondo antico e per l’influenza
che ha esercitato sul mondo moderno.
Il codice Giustiniano basterebbe da
solo a determinare la gloria del monarca.
A Giustiniano si affianca Cesare
Beccaria nato nel 1738 a vent’anni si laureò in giurisprudenza. Fu
l’ideatore del diritto umanizzato in
quanto fu il primo propugnatore dell’abolizione della pena di morte.
Scrisse: “nulla deve essere lasciato all’arbitrio del giudice, che per
essere uomo può lasciarsi trasportare e influenzare dai propri
istinti”.
Gli uomini tutti, sostiene il Beccaria, devono conoscere chiaramente
i limiti della propria responsabilità,
quindi i codici devono essere divulgati in modo da non lasciar
adito ad incertezze o a ignoranza.
Non è giusto inveire sugli accusati
prima di averne provata la colpevolezza: Quindi è riprovevole il
costume di sottoporre gli indiziati a
umiliazioni, minacce rigori carcerari
prima del processo.
Pensiamo e riflettiamo sul caso
“mani pulite”. C’è da inorridire.
La tortura, anche psicologica e
comunque venga praticata, è una
avanzo di inumana barbarie “perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, deve essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili
nelle date circostanze, proporzionata ai delitti, dettata dalle leggi.”
Affronta la piaga della interpretazione arbitraria delle leggi. Problema di grande attualità. L’obbligatorietà dell’azione penale che
maschera la responsabilità dei P.
M.
Occorre, tuttavia, precisare che
l’accrescimento del potere già smisurato e non soggetto ad alcun
controllo di cui i P. M. godono in
modo spesso personale e disinvolto non discenderebbe dalla
mera connotazione dell’obbligatorietà dell’azione penale ma dalla scelta delle priorità per l’avvio dei
procedimenti.
Eppure proprio l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale
potrebbe essere il miglior presupposto di una buona riforma della
Giustizia, se solo la si inquadrasse nell’ambito di un progetto serio
e di più ampio respiro, volto a sfociare nella realizzazione della tanto agognata separazione della carriere.
A Cesare Beccaria si affianca Enrico De Nicola. Avvocato, studioso,
uomo politico, ha influito sul diritto
in punta di piedi. Diciamo, con religioso silenzio.
De Nicola interpretava la legge
quale tutela della dignità umana.
Principio oggi quasi ignorato o, peggio, sconosciuto.
Nel 1920 fu eletto Presidente della Camera dove dimostrò di essere un galantuomo di cui oggi se n’è
persa ogni traccia.
A venticinque anni era uno dei più
celebrati avvocati del foro napoletano. Nel 1945 entrò di diritto nella Consulta nazionale presiedendo
la Commissione Giustizia. Un anno
dopo fu eletto Capo Provvisorio dello Stato.
Nel 1955 fu eletto Presidente della Corte Costituzionale dove dette prova di grande acume e di insospettate capacità di lavoro in un
uomo che giovane non era più.
E’ suo il principio: “Quando una Costituzione è votata bisogna farla nostra, emendarla – ove occorra – per
adattarla a nuove esigenze della
vita nazionale”.
Anche per Enrico De Nicola la Costituzione non era un tabù.
Fu un personaggio unico, inimitabile e che ha pochi precedenti
nella storia del nostro Paese. Gran
parte del nostro presente è legata
alla sua opera e al suo pensiero.
Da Presidente della Consulta non
permise mai che le “esigenze di bilancio” soffocassero i diritti patrimoniali dei cittadini imponendo
allo Stato, in mancanza di fondi, di
pagare con i buoni del Tesoro.
Dopo aver esaminato sommariamente le figure degli uomini più
grandi che a mio avviso abbiano
fatto il diritto, desidero concludere
con uno sguardo generale sul diritto rapportato all’uomo, nel passato nel presente e nel futuro.
Mi richiamo alla Magna Charta Liberatum, (1215) più nota come Ma-
gna Carta che sanciva la concessione da parte del sovrano Giovanni Senzaterra, della Carta basilare delle libertà inglesi.
Un documento fondamentale sui diritti dell’uomo che ha ispirato tutte
le legislazioni nei secoli seguenti
che tuttora in vigore e costituisce il
primo testo legislativo, posto all’inizio delle collezioni di leggi vigenti
in Gran Bretagna.
La Magna Carta, promulgata nel testo definitivo dieci anni dopo, nel
1225, anticipava di oltre cinquecento anni alcuni principi della Rivoluzione francese.
I vari diritti per i cittadini sanciti da
questo documento si dividono in 63
articoli nei quali, al posto di enunciazioni teoriche, sono stati elencati
con puntigliosa precisione e concretezza rimedi pratici contro le
storture e le ingiustizie che affliggevano le varie classi sociali.
Tra gli articoli fondamentali della Magna Carta desidero ricordare con forza quello che riconosceva a ogni singolo prigioniero, oggi diremmo “indagato”
di “habes corpus” – per evitare
arbitri, l’autorità doveva dichiarare ufficialmente al detenuto in
che giorno e per quale reato sarebbe stato giudicato – l’abolizione dell’arresto arbitrario, l’
eguaglianza di tutti (anche dei
magistrati) di fronte alla legge.
Principi in gran parte ancora attuali
e che sono alla base di ogni convivenza civile.
Oggi, attraverso l’Organizzazione
delle Nazioni Unite (O.N.U.), si
tenta di porre in atto una tutela internazionale esaltando i Diritti dell’Uomo quali “Diritti Umani”.
Espressione linguistica usata per la
prima volta il 1 gennaio 1942 nella Carta di questo organismo. Ed
è l’art. 55 dove solennemente si afferma il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali a favore di tutti, senza distinzione di razza, di lingua o di religione.
E’ una impresa non facile. Lo dimostrano le dolorose esperienze
dall’Ungheria alla Corea, all’invasione della Cecoslovacchia, al
Vietnam sino al recente Afghanistan con le più clamorose violazioni
che hanno colpito la persona umana.
Il principio fondamentale è la tutela della vita individuale. Ciò significa opposizione assoluta all’uccisione, alla tortura, alla mutilazione,
alla schiavitù.
Segue il diritto alla sicurezza, al lavoro, al salario, all’abitazione, alle
cure mediche al riposo.
Per concludere desidero ancora
aggiungere qualche nota sulle
possibili evoluzioni del diritto. Riallaciandomi ai creatori di cui ho tracciato un rapido ritratto, l’epoca attuale, con il suo rifiuto di ogni concezione fondata sulla prepotenza
delle singole individualità, fa ritenere che non vi sia più terreno favorevole per il sorgere di altre figure
esemplari come i grandi creatori del
diritto.
Attualmente all’orizzonte non ne
vedo.
Si ricorre quotidianamente all’insulto. I rappresentanti del popolo
sovrano, i cosiddetti legislatori, gareggiano nell’uso di un linguaggio
volgare e ringhioso, che va oltre il
più bestiale animalesco.
E’ sufficiente assistere, anche una
sola volta in TV, ai cosiddetti “approfondimenti politici”.
Spero di sbagliarmi.
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
Nella edizione del mese di
luglio di quest’anno abbiamo riportato le notizie
comunicateci dall’ASSODIPRO Marche in merito ad
alcune decisioni della Corte d’Appello di Roma che,
tramite atto dispositivo, riconosce ad alcuni ricor-
Ricorsi
NOVEMBRE 2010 • 11
EQUARIPARAZIONE: ALTRI
INDENNIZZI AI RICORRENTI
renti un indennizzo a titolo di Equa Riparazione di
11.000 ciascuno, più interessi legali e rifusione delle spese di giudizio (dispositivo del 26 ottobre
2009) e di 10.000 per ogni
ricorrente più i soliti accessori con un successivo atto del 09 novembre
2009.
Entrambe le decisioni
giungevano dopo anni di
peripezie amministrative,
giudiziarie e legislative per
sanare un problema di in-
discutibile rilevanza professionale per tutti i militari
che dall’applicazione iniziale dell’orario di servizio
e fino al 1999 ricevettero
discriminanti trattamenti.
Sedici anni di durata per
un procedimento giudiziario non complesso che
avrebbe meritato tempi di
svolgimento sicuramente
più brevi; tempi ritenuti irragionevoli per i quali la
circostanza dell’entrata in
vigore della c.d. legge Pinto ha aperto le porte per la
richiesta dell’Equa Riparazione.
Come è noto l’Associazione sta curando da alcuni
anni molte cause di equariparazione in merito a vari
ricorsi pendenti da oltre un
decennio e non discussi o
con esito negativo, per i
quali è in corso l’iter legale impostato sulla base
dei presupposti disciplinati dalla Legge Pinto.
Nel frattempo il Presidente della Associazione Emilio Ammiraglia ci da notizia
di altre cause andate a
buon fine a conferma della perseveranza delle azioni e dagli affidamenti a
soggetti credibili che operano con scrupolo, serietà
e sicura professionalità..
Per maggiore chiarezza riportiamo il frontespizio degli atti depositati dalla Corte d’Appello.
Man mano che giungeranno gli aggiornamenti in
merito alle cause in corso
ne daremo tempestiva informazione
ULTIME DAL NOSTRO SITO WWW.ILNUOVOGIORNALEDEIMILITARI.IT
POLIZIA PENITENZIARIA
Circolare del Ministero della Giustizia sui Rapporti informativi personale non direttivo del Corpo.
FORZE DI POLIZIA
Congedo parentale per parto plurimo - Art.32 D.Lg. 26.3.01 n.151.
Circolare del ministero della Giustizia.
Beneficio di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto e
lavoratori in quiescenza
La Corte Costituzionale, con sentenza 8 ottobre 2010 ha dichiarato
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13,
comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla
cessazione dell’impiego dell’amianto), sollevata, , dal Tribunale di
Ravenna «nella parte in cui nega che spetti l’erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all’amianto che si trovassero in pensione al
momento della entrata in vigore della legge n. 257/1992 (28 aprile
1992)». La Corte costituzionale,ha ritenuto nonfodata la questione
di legittimità confermando l’orientamento negativo della giurisprudenza di legittimità e di merito circa la non applicabilità della disciplina dei benefici per esposizione all’amianto nei confronti di coloro
che, all’entrata in vigore della legge, non fossero più in servizio).
CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO - Sulle nuove procedure di conciliazione. Il ministero fornisce chiarimenti anche per il
settore pubblico.,
POLIZIA - SOPRANNUMERO DI ORGANICO - NON PUO’ ESSERE NEGATO IL TRASFERIMENTO PER GRAVI MOTIVI FAMILIARI - Il Tar della Puglia ha dichiarato illegittimo il diniego di
trasferimento al dipendente pubblico per gravi e provati motivi familiari in una sede con soprannumero di organico. La sentenza ha riconosciuto “che è consentito il trasferimento del dipendente, in
presenza di gravissime situazioni personali, anche in soprannumero, senza imporre alcuna espressa considerazione comparativa
sulle esigenze organizzative degli uffici e impedendo all’Amministrazione, nel motivare il rigetto dell’istanza, di arrestarsi alla mera
constatazione della mancanza di vacanza in organico”.
CIRCOLARE DELLA DIFESA - Avanzamento al grado di Primo
aviere capo scelto, Primo aviere capo e Primo Aviere scelto. Aliquota definita al 31 dicembre 2008.
CIRCOLARE G.DI.F. - Compensi per prestazioni orarie aggiuntive.
Art. 38, comma 7, del D.P.R. 16 aprile 2009, N. 51.
NUOVO CODICE DELL’ORDINAMENTO MILITARE. Riduzione
Quadri per eccedenze nei ruoli - GIUNGE notizia di una istanza , di
alcuni colonnelli dell’AM, che richiama l’Amministrazione per il rispetto delle disposizione preesistenti per la determinazione delle
posizioni di ufficiali dirigenti da porre in riduzione quadri. La norma
prevede che le posizioni dirigenziali ricoperti in ambito internazionale siano da escludere dal conteggio delle posizioni totali da ridurre con la posizione cosiddetta “quadro”. Se ciò non avvenisse
sarebbe stato tradito lo spirito della norma con grave danno degli
interessati per le aspettative del personale.
.Breve guida al congedo di paternità
La legge riconosce al padre lavoratore dipendente il diritto al congedo parentale, anche nel caso in cui la madre non ne abbia diritto
(ad esempio la disoccupata o la colf), in passato invece, se la
madre non lavorava e quindi rimaneva a casa, il padre non poteva
assentarsi dal lavoro. Si sente spesso parlare della possibilità di
usufruire di 3 giorni per congedo di paternità; purtroppo non esiste
nessuna legge che garantisce questo. I datori di lavoro, secondo il
contratto di lavoro, concedono eventualmente questi 3 giorni; non
tutti i lavoratori dipendenti hanno questa possibilità. Ma esistono situazioni e condizioni che permettono di usufruire come padre di
molti altri congedi o permessi o riposi giornalieri
Valutazione dello stress lavoro: circolare del Lavoro - La valutazione dei rischi, obbligo fondamentale del datore di lavoro in materia di sicurezza, ha ad oggetto ‘tutti i rischi’ per la salute e sicurezza
delle lavoratrici e dei lavoratori, compresi quelli ‘immateriali’ come
quelli che riguardano lo stress lavoro-correlato. Questo sottolinea
una recente circolare del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Dipendenti Pubblici e trattamento economico 2008-2009
Chiarimenti del Tesoro in ordine all’ambito applicativo della disposizione contenuta nell’articolo 9, comma 4, del decreto legge n.
78/2010, che impone il divieto di definire trattamenti retributivi superiori al 3,2% per il biennio contrattuale 2008-2009
Politica di Sicurezza dell’Esercito -(SME INFOSEC 001) - Edizione
2010. La Direttiva – a similitudine di quanto previsto in ambito
NATO – costituisce il riferimento normativo di base sul quale viene
costruito, nel tempo, il corpo dottrinale completo della sicurezza informatica della Forza Armata
Polizia Inpdap:chiarimenti circa le modalità di valorizzazione, ai fini
pensionistici, dei corsi in polizia - Con circolare del 14 giugno2010,
la Direzione Centrale per le Risorse Umane degli Interni, ha comunicato che l’ INPDAP, con nota del 18 marzo 2010, ha fornito chiarimenti in merito alle modalità di valorizzazione, ai fini pensionistici, di
alcune tipologie di corsi . L’ Istituto di previdenza ha precisato che,
ai fini pensionistici, il periodo relativo ai corsi in questione può, a domanda, essere riscattato. Per quanto concerne l’Amministrazione
dell’interno , si fa riferimento solo ai corsi o parte di essi che si collocano a partire dal 1° gennaio 1998 mentre, per quelli effettuati anteriormente al Decreto Legislativo n. 314/1997, sono considerati
periodi di servizio effettivi e, come tali, assoggettati a contribuzione
previdenziale
INPDAP E LEGGE 241/190 - Procedimenti amministrativi: pubblicato il Regolamento sulla durata massima prevista per l’iter procedimentale in attuazione della legge 69/2009.
QUESTO E TANTO ALTRO SUL NOSTRO SITO: www.ilnuovogiornaledeimilitari.it
O pi ni oni
A margine di vicende che vedono compresse
le libertà dei cittadini militari
12 • NOVEMBRE 2010
ARROGANZA
E MIOPIA POLITICA
CONTRO IL DIRITTO
L’Italia sta vivendo un periodo storico, politico e sociale, che definire difficile
appare veramente un eufemismo. La politica ha preso una deriva populista che
l’allontana, inesorabilmente, dalla realtà quotidiana e
dai problemi dei cittadini.
La maggioranza attuale,
sostenuta con il voto del
popolo, non riesce ad affrontare adeguatamente la
crisi economica e, soprattutto, la gravissima crisi
del lavoro.
Al contrario, è molto efficace nell’abbattimento dello stato sociale e dei diritti
fondamentali dei cittadini.
In questo clima di pessima
democrazia, si inserisce
l’accanimento disciplinare,
e non solo, nei confronti
dell’amico Vincenzo Bonaccorso.
Le sue vicissitudini, non
certo casuali, non sono
personali e attinenti solo ai
comparti difesa e sicurezza, bensì interessano tutti
i cittadini e la democrazia
del nostro Paese. Riteniamo anacronistico che il personale dei comparti debbano difendere i diritti costituzionalmente garantiti
della collettività, quando
loro stessi non possono
goderne. Tutto ciò è dovuto unicamente ad una volontà punitiva, di una classe politica non eletta ma
nominata, privilegiata e arrogante, che non conosce
le problematiche del personale e che non è più
rappresentativa del Paese
reale.
L’ostinazione con cui i vertici militari, avallati dal governo, cercano di reprimere le libertà fondamentali di
Bonaccorso, così come di
tanti altri militari, rientrano
in un piano politico culturale
più generale.
Siamo di fronte, a nostro
avviso, ad una operazione
politica che, tramite una
strategia ben precisa, è
fondamentalmente finaliz-
zata alla contrazione dei diritti e alla normalizzazione
del sistema sociale del nostro Paese. Pertanto i militari non possono essere
esenti da questo processo
e, anzi, essendo assieme
alle forze dell’ordine il baluardo in difesa delle istituzioni democratiche, vengono contestualmente
emarginati e privati dei diritti fondamentali.
La vicenda Bonaccorso, al
quale rinnoviamo i nostri
sentimenti di stima, amicizia e solidarietà, va vista
quindi non come un semplice episodio attinente la
disciplina militare, bensì
come un fatto che riguarda
tutto il mondo del lavoro,
compreso quello militare.
Citiamo ad esempio alcuni
fatti eclatanti accaduti recentemente e attinenti i diritti del mondo del lavoro in
generale. Un primo episodio riguarda i lavoratori della Fiat di Pomigliano D’Arco, i quali sono stati costretti, con il ricatto del posto di lavoro, ad accettare
una compressione, se non
addirittura un totale annullamento, di alcuni diritti fondamentali.
Seguito poi dall’intervento
unilaterale di Federmeccanica, la quale ha disdetto il
contratto di lavoro precedentemente sottoscritto con
i sindacati. Per non parlare
del tentativo di eliminare la
possibilità di rivolgersi al
Giudice del lavoro e delle
centinaia di migliaia di precari mandati a casa. Recentemente abbiamo anche registrato una dichiarazione di un Ministro della nostra Repubblica che,
intervenendo sulle morti
bianche nei posti di lavoro,
ha addirittura affermato:”
non so se L’Italia può permettersi la legge sulla sicurezza”. Si potrebbero citare altri innumerevoli
esempi, ma riteniamo che i
pochi evidenziati siano sufficienti a dimostrare come
le problematiche sociali e
dei diritti, siano gli stessi di
tutti i lavoratori.
Altro che rincorrere una
specificità, che di fatto già
esiste, a nostro avviso i
lavoratori dei comparti difesa e sicurezza, anche se
con le stellette, dovrebbero costruire un patto sociale con tutto il mondo del lavoro. I diritti non hanno
bandiere né specificità. All’accanimento messo in
atto contro i diritti e lo stato sociale, va affiancato il
tentativo di riformare la giustizia, non certo per adattarla alle esigenze dei cittadini, bensì solo per limitare uno dei poteri dello
Stato e assoggettarlo al
volere politico.
Non si può non evidenziare, infine, che siamo di
fronte ad una recrudescenza delle contraddizioni che sta vivendo la società, cosiddetta moderna,
dovuta essenzialmente ad
una globalizzazione imperniata su uno sfrenato liberismo, senza regole e,
soprattutto, senza nessun
tipo di controllo. Se questa
deriva antidemocratica proseguirà, corriamo il rischio
che la nostra Repubblica
democratica, diventi uno
Stato assolutista. Riprendendo il caso Bonaccorso,
va sottolineata una particolare coincidenza, mentre
infatti si decideva quale
punizione infliggere, contestualmente entrava in vigore la legge sul nuovo
Codice dell’ordinamento
militare.
Decreto legislativo 66/2010
che molti autorevoli commentatori hanno già analizzato e biasimato, sia per
i suoi contenuti conservatori, sia soprattutto perché
limita ulteriormente i già
pochi diritti dei militari. Siamo coscienti che molti militari, purtroppo, saranno
costretti ad adire le vie legali, fino al supremo giudizio della Corte Costituzionale, per ottenere la cancellazione di diverse norme
contenute nel Decreto legislativo, palesemente anticostituzionali. I militari
dovranno ripercorrere quella strada, che molti percorsero negli anni settanta
e ottanta, al fine di ridiventare nuovamente soggetti appartenenti ad una
gerarchia, consapevoli,
partecipi, e non più solo
ciechi e assoluti obbedienti.
Il nuovo Ordinamento è
stato, altresì, definito una
nuova legge ad personam,
in questo caso non per
Berlusconi ma per la Lega
Nord. Infatti nella legge è
stata inserita una norma
che ha abrogato il reato di
:”Associazione di carattere
militare con scopi politici”.
Reato del quale erano inquisiti 36 esponenti e dirigenti leghisti, rinviati a giudizio dalla procura di Verona, per la vicenda delle
guardie padane, quasi tutti veneti e lombardi. Anche la Procura di Treviso si
è vista annullare il processo, che si sarebbe dovuto
svolgere a dicembre, contro un gruppo che si era organizzato e au
todefinito :”Polisia Veneta”. Qualcuno ha giustamente affermato, e noi condividiamo, che il nuovo Ordinamento ha di fatto annullato quei pochi diritti
contenuti nella legge
382/78.
Speriamo che ora molti capiscano perché la rappresentanza è stata nel tempo,
lentamente ma inesorabilmente, emarginata e ridotta a recitare la figura di
spalla, ad attori principali
quali la politica, il governo
e i vertici militari.
Appare ovvio, quindi, che
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
una “casta” politico militare
di intoccabili, tronfia e ammantata di privilegi, cerchi
di emarginare chi, come
Bonaccorso e altri soggetti sociali, cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica e
la società tutta, sulla necessità di riconoscere i diritti costituzionalmente garantiti, non solo al personale dei comparti difesa e
sicurezza, bensì di tutti i lavoratori.
Fra pochi mesi tutti i militari
saranno chiamati ad eleggere i nuovi rappresentanti, che dovranno tutelarli
per i prossimi quattro anni.
E’ una occasione da non
perdere, per discutere,
analizzare, criticare, sia
nelle caserme sia nella società civile e, soprattutto,
proporre nuove soluzioni,
senza chiedere ne elemosinare, ma pretendere forme di tutela più garantiste
ed efficaci.
Dobbiamo essere pienamente consapevoli che,
senza l’impegno e la partecipazione di ognuno, i
nostri diritti verranno ulteriormente ristretti e, con
essi, potrebbe anche finire
la democrazia nel nostro
Paese. I diritti dei cittadini
non sono un obolo che il
potere concede quando e
come vuole, bensì il bene
fondante di una società democratica che si voglia definire tale.
Uno Stato di diritto è uno
Stato democratico che permette a tutta la popolazione di praticare i diritti e la
giustizia sociale. Il lavoro,
i diritti, la giustizia, la sicurezza e la pari dignità sono
ideali che la Costituzione
ha previsto per tutti i cittadini, militari inclusi, dopo
che i nostri padri hanno
combattuto e costruito la
Repubblica democratica
fondata sul lavoro.
Alberto Tuzzi
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GMiornale
ilitari
Info
Il nuovo
dei
Perequazione
delle pensioni
per il 2011
La percentuale per calcolare la
perequazione delle pensioni
per il 2009 è pari a 0,7 dal 1
gennaio 2010, mentre per il
2010 la percentuale salirà (dal
1 gennaio 2011) a 1,4 salvo
conguaglio. Lo stabilisce il
decreto dell’Economia del 19
novembre, in “Gazzetta
Ufficiale” 279
CONSULTA
Non si
rivaluteranno
le maxipensioni
Nessuna speranza di restituzione
della rivalutazione 2008 per le
pensioni d’oro dell’Inps. La Corte
costituzionale, con la sentenza n.
316 ha giudicato infondata la
questione di legittimità dal
tribunale di Vicenza sull’articolo,
comma 19 della legge n. 247 del
2007. La norma aveva disposto il
blocco della perequazione
automatica per il solo 2008 delle
pensioni con importo superiore a
8 volte il trattamento minimo Inps
e, aveva come obiettivo il
finanziamento con questi risparmi
degli interventi di solidarietà sulle
pensioni di anzianità. In
particolare, la mancata
rivalutazione ha contribuito a
compensare l’eliminazione
dell’innalzamento repentino a
sessant’anni, a decorrere dal 1
gennaio 2008, dell’età minima già
prevista per l’accesso alla
pensione di anzianità e
l’introduzione, al suo posto, di un
sistema più graduale e flessibile
delle uscite, basato sul
raggiungimento di quote risultanti
dall’età anagrafica e dall’anzianità
contributiva.
La Consulta sottolinea che
l’articolo 38, secondo comma,
della Costituzione impone che al
lavoratore siano garantiti mezzi
adeguati alle esigenze, di vita in
presenza di determinate situazioni
che richiedono tutela. La
mancata perequazione per un
solo anno della pensione non
tocca, per la Corte, il problema
della sua adeguatezza. Dal
principio enunciato nell’articolo
38, infatti, non può farsi
discendere, come conseguenza
costituzionalmente obbligata,
quella dell’adeguamento con
cadenza annuale di tutti i
trattamenti pensionistici. E ciò,
soprattutto se si considera che le
pensioni colpite dalla norma
impugnata, per il loro importo
piuttosto elevato, “presentano
margini di resistenza all’erosione
determinata dal fenomeno
inflattivo. L’esigenza di una
rivalutazione sistematica del
correlativo valore monetario è,
dunque, per esse meno pressante
di quanto non sia per quelle di più
basso importo. Spetta poi al
legislatore, riconoscere la
sentenza, sulla base di un
bilanciamento di diversi valori
costituzionali, dettare la disciplina
di un adeguato trattamento
pensionistico, tenendo conto delle
risorse disponibili e fatta salva la
garanzia per le esigenze minime
di tutela delle persone.
INPS
Più ricche
le pensioni
al minimo
Erogazione dell’importo aggiuntivo,
154,94 euro sulle pensioni basse.
Pensioni più ricche a dicembre per
coloro che percepiscono la
pensione integrata al trattamento
minimo e hanno redditi bassi;
infatti sarà liquidato il cosiddetto
importo aggiuntivo di 154,94 euro
(300.000 lire). Ne ha dato notizia
l’Inps con messaggio 27173/2010.
E’ da ricordare, che tale importo
era stato istituito, a partire dal
2001, dall’articolo 70 della legge
388/2000, per i titolari di pensioni
il cui importo complessivo non
superi il trattamento minimo e i cui
redditi soddisfino le condizioni
previste.
L’Inps sottolinea che ha
provveduto ad attribuire
provvisoriamente l’importo
aggiuntivo per l’anno 2010, se
l’importo della pensione e i redditi
memorizzati negli archivi lo
consentono: a tal proposito, il
modello ObisM dell’anno 2011
riporterà l’indicazione che l’importo
dell’aumento per legge finanziaria
2001 attribuito a dicembre 2010 è
stato pagato provvisoriamente in
attesa della verifica dei redditi
definitivi. Per le pensioni con
decorrenza infrannuale, l’importo
aggiuntivo è stato attribuito in
dodicesimi e il limite di reddito è
stato rapportato ai mesi di
percezione della pensione.
L’importo è stato attribuito per
intero, se spettante, considerando i
limiti annuali nel caso in cui la
pensione con decorrenza
infrannuale sia abbinata con altra
pensione con decorrenza
anteriore.
L’Istituto ricorda che se i soggetti
interessati non risultino beneficiari
di prestazioni presso l’Inps, il
pagamento dell’importo aggiuntivo
è corrisposto dall’ente individuato
dal casellario centrale dei
pensionati. L’importo aggiuntivo
spettante viene corrisposto con la
rata di pensione di dicembre 2010.
Per tutti i pensionati interessati, la
comunicazione predisposta per il
tramite degli enti pagatori per
l’ultima rata del 2010, riporta
l’importo aggiuntivo dovuto
NOVEMBRE 2010 • 13
CHI MATURA IL REQUISITO
ENTRO IL 2010 EVITA LA FINESTRA
L’ANZIANITA’ BLINDA
LA PENSIONE
Chi raggiunge i requisiti per la
pensione di anzianità entro la
fine del 2010 blinda il proprio
calendario previdenziale ed
evita le “finestre mobili”
introdotte dalla manovra
correttiva anche se sceglie
l’uscita di vecchiaia e ci arriva
dopo la fine di quest’anno. La
buona notizia arriva dalla
circolare ( la 18/2010 con cui
l’Inpdap ha illustrato le
modalità applicativa della
riforma delle pensioni varata
con la legge salva-deficit
(legge 122/2010).
Il testo è stato pubblicato
integralmente nella
precedente edizione del
nostro giornale.
La manovra correttiva ha
introdotto le “finestre mobili”
che impongono di aspettare 12
mesi (18 per i lavoratori
autonomi) tra la maturazione
dei requisiti per la pensione e
l’arrivo del primo assegno
previdenziale, ma mantiene le
vecchie decorrenze per chi
matura i requisiti entro
quest’anno. Le istruzioni
dell’Inpdap allargano al
massimo le maglie di questa
regola e la maturazione in
tempo dei requisiti per una
tipologia di pensione (quella di
anzianità) diventa un
salvacondotto assoluto contro
le finestre mobili, anche per chi
rimane al lavoro e attende la
pensione di vecchiaia per
qualche anno. In questo caso
giunti al parametro per la
vecchiaia, la data di uscita è
regolata dalle vecchie finestre
relative alla pensione di
anzianità. Per chiarire il
meccanismo l’Inpdap propone
l’esempio di una lavoratrice
che raggiunge i 61 anni di età
il 31 marzo 2011:
l’applicazione delle “finestre
mobili”, le imporrebbe di
aspettare fino al 1 aprile 2012,
cioè dodici mesi dopo la
maturazione del requisito; se
però questa lavoratrice ha
raggiunto “quota 95”, cioè 35
anni di contributi oltre ai 60
anni di età, nel corso del 2010,
anche la sua pensione di
vecchiaia seguirà la vecchia
regola delle finestre,
imponendole di aspettare solo
da marzo a luglio 2011. Lo
“sconto”, in questo caso,
sarebbe di otto mesi, ma le
conseguenze concrete della
previsione possono
naturalmente variare da caso a
caso: ciò che rimane fermo per
tutte le fattispecie è la regola
generale, secondo cui la data
in cui si matura il requisito di
anzianità vincola anche le
regole che si applicano in
seguito a chi sceglie l’uscita di
vecchiaia.
Gli stessi principi regolano la
decorrenza delle pensioni di
vecchiaia delle lavoratrici che
raggiungono il requisito dei 61
anni di età prima della fine del
2011, quando l’asticella si alza
a 65 anni. Chi compie i 61 anni
nel 2010, accumulando
ovviamente anche il minimo
dei contributi previsti, segue la
vecchia disciplina delle
finestre, chi li compie nel 2011
entra invece nel meccanismo
delle “finestre mobili”. Resta
inteso, sottolinea la circolare,
che l’attesa dei 12 mesi non si
può tradurre in una
sospensione del reddito, per
cui “i datori di lavoro di lavoro
mantengono in servizio i
dipendenti che cessano per
limiti di età o di servizio” fino
all’arrivo del primo assegno
pensionistico. Per sterilizzare
gli effetti previdenziali dei tagli
previsti agli stipendi pubblici
sopra i 90 mila euro annui, poi,
gli enti devono continuare a
versare i contributi dovuti per
gli importi
PUBBLICO IMPIEGO
Festivi
di domenica
senza
maggiorazioni
In tema di impiego pubblico
privatizzato, il diritto al
compenso aggiuntivo per le
festività civili coincidenti con la
domenica è stato escluso
dall’articolo 3, comma 224,
della legge n. 266 del 2005. Ne
consegue che per le giornate
festive ricadenti la domenica,
non sussiste il diritto dei
dipendenti all’attribuzione, oltre
alla normale retribuzione, di
un’ulteriore aliquota giornaliera.
Cassazione, ordinanza n.
22246 del 30 ottobre 2010
14 • NOVEMBRE 2010
Giornale
Militari
Il nuovo
FONDO PER L’EFFICIENZA
DEI SERVIZI ISTITUZIONALI (FESI)
dei
I CHIARIMENTI DELLA DIFESA
La Direzione Generale per il Personale Militare ha diramato
il 10 novembre 2010 una circolare n. M_D GMILO IV 11
4 0502458 con la quale si chiariscono le norme contenute nei decreti ministeriali sul fondo per l’efficienza dei servizi istituzionali (F.E.S.I.) emanati in data 2 dicembre 2008,
in data 15 luglio 2009 e in data 27 maggio 2010.
(Ricordiamo che i testi dei decreti sul F.E.S.I. sono disponibili sul nostro sito per gli abbonati, nella banca dati “circolari” e sulla edizione n. 5 del mese di maggio 2010).
Questo il testo della circolare di Persomil del 18.11.2010
1. “PREMESSA
La presente circolare ha lo scopo di impartire disposizioni esplicative e fornire chiarimenti circa alcune questioni
emerse in fase di applicazione del fondo in oggetto
2. RIFERIMENTI NORMATIVI
a. Art. 5 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 171
L’articolo ha istituito un fondo per l’efficienza dei servizi istituzionali finalizzato al raggiungimento di qualificati obiettivi ed a promuovere reali e significativi miglioramenti dell’efficienza dei servizi istituzionali di ogni Forza armata e
dell’area interforze.
Le risorse sono utilizzate per attribuire compensi finalizzati a:
- fronteggiare particolari situazioni di servizio;
- incentivare l’impegno del personale nella attività di funzionamento individuale dai rispettivi vertici;
- compensare l’incentivazione della produttività collettiva
al fine del miglioramento dei servizi.
Con decreto del Ministro della difesa, su proposta del Capo
dello Stato maggiore della difesa, sentiti gli organi di vertice di Forza armata e previa informazione, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 255 alle rappresentanze militari centrali, sono annualmente determinati i criteri per la destinazione e l’utilizzazione delle risorse, nonché le modalità applicative concernenti l’attribuzione dei
compensi previsti dal presente articolo. In ogni caso il beneficio economico non può comportare una distribuzione
indistinta e generalizzata delle risorse a disposizione.
b. Articolo 5 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 52
L’articolo ha stabilito che: “Il fondo per l’efficienza dei servizi istituzionali di cui all’articolo 5 del decreto del presidente
della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171 è ulteriormente
incrementato delle seguenti risorse economiche annue:
- per l’anno 2007, euro 15.073.000
- per l’anno 2008, euro 53.413.000;
a. Quesito
Quale importo del fondo bisogna erogare
al militare che ha prestato servizio per
un periodo di otto mesi in un organo centrale (di cui sei mesi con un grado e gli
altri due con il grado superiore) e quattro mesi in altro comando periferico?
Risposta
I decreti in oggetto stabiliscono che l’importo da corrispondere è quello previsto
per il grado rivestito al 31 dicembre dell’anno di riferimento e nella misura individuata per l’ente presso il quale il militare ha svolto il servizio per il periodo minimo richiesto. Pertanto, nel caso in esame, bisognerà corrispondere l’importo
previsto per il grado superiore nella misura determinata per l’organo centrale.
b. Quesito
Se nell’anno di riferimento la documentazione caratteristica del militare è costituita solo da rapporti informativi dai
quali non si evince la qualifica finale, quale documentazione bisognerà prendere
in considerazione per individuare la
qualifica minima di “superiore alla media”?
Risposta
L’articolo 1 dei decreti ministeriali stabilisce che, per aver diritto al fondo, il personale deve aver riportato come ultima
valutazione almeno la qualifica di “superiore alla media”. Quindi con riguardo
a questa problematica, si ritiene che
- a decorrere dall’anno 2009, euro 21.519.000.
Gli importi di cui sopra non comprendono gli oneri contributivi e l’IRAP a carico dello Stato.
Quelli afferenti all’anno 2007 e all’anno 2008 non hanno
effetto di trascinamento negli anni successivi.
Le risorse assegnate e non utilizzate nell’esercizio di competenza sono riassegnate, per le medesime esigenze nell’anno successivo”. Si evidenzia che nella definizione dei
criteri di ripartizione delle somme destinate ai fondi per l’efficienza dei servizi istituzionali deve essere assicurato il ruolo della Rappresentanza militare ai sensi della normativa
vigente al momento della suddetta ripartizione. In particolare
è stato sostituito l’articolo 15, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n.
255 precisando che l’Amministrazione informa preventivamente il Co.Ce.R. in ordine ai criteri per la destinazione, l’attribuzione e le modalità di attribuzione delle risorse di cui all’articolo 5 del decreto del presidente della repubblica 11 settembre 2007, n. 171 (commi 5 e 6 dell’articolo 5 del D.P.R. n. 52/09)
c. Decreti ministeriali applicativi
Come noto sono stati emanati i seguenti decreti ministeriali applicativi:
- del 2 dicembre 2008, riferito al F.E.S.I. del 2007
- del 15 luglio 2009, riferito al F.E.S.I. per il 2007 e per il
2008 ;
- del 27 maggio 2010, riferito al F.E.S.I. del 2009 .
Con tali disposizioni si è provveduto a determinare: l’ambito di applicazione ed i destinatari (art. 1); i compensi annuali per le attività di funzionamento delle strutture di vertice (art. 2); i compensi per la produttività collettiva relativa al personale in servizio presso Comandi, Unità, Enti e
strutture non di vertice (art. 3); i criteri di attribuzione (art.
4); le modalità di ripartizione delle risorse (art. 5); le norme finali (art. 6).
I decreti, contengono in allegato tre tabelle riportanti: l’elencazione delle strutture di vertice con sedi a Roma (tabella 1); le misure dei compensi da elargire al personale militare in servizio presso le strutture di vertice (tabella 2); le
misure dei compensi spettanti la produttività collettiva (tabella 3) DESTINATARI
Beneficiario del F.E.S.I. è il personale militare in servizio
permanente dell’Esercito, della marina, compreso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell’Aeronautica. Risultano esclusi dalla percezione del fondo i dirigenti ed i volontari
di truppa non in servizio permanente e tutto il personale
che nell’anno di riferimento non abbia riportato, in sede di
valutazione caratteristica, almeno la qualifica di “superiore alla media”.
4.CRITERI DI ATTRIBUZIONE
Per aver diritto al compenso i succitati destinatari devono
aver svolto servizio per un periodo non inferiore ai sei mesi
nell’anno di riferimento del fondo. A tal fine sono da considerarsi utitli i periodi trascorsi in: licenza ordinaria; giornate di riposo di cui all’art. 1 della legge n. 937/77; servizio prestato in missioni operative e addestrative fuori sede:
Il fondo è stato suddiviso in due tipologie, ai fini della diversificazione della misura del compenso da attribuire, in
relazione all’Ente/Comando/Reparto/Ufficio dove il personale esplica la propria attività e cioè:
- Enti/Comandi/Reparti o Uffici con sede in Roma e indicati espressamente nella tabella 1 allegata ai decreti in oggetto, che esplicano attività di funzionamento delle strutture di vertice;
- Enti/Comandi/Reparti/Uffici, anche con sede in Roma, che
non sono stati inseriti nella tabella 1 e che esplicano attività per la produzione collettiva.
5. QUESTIONI EMERSE IN SEDE DI APPLICAZIONE DEI
DECRETI MINISTERIALI
Nella fase applicativa delle disposizioni riportate al punto
2 sono emersi alcuni dubbi interpretativi sottoposti all’attenzione di questa Direzione generale e ritenuti meritevoli
di approfondimento. Per una univoca azione in ambito interforze si riportano, in allegato E, le suddette questioni
con le relative soluzioni.
6. CONCLUSIONI
Gli Enti/Comandi in indirizzo dovranno curare la capillare diffusione e la puntuale applicazione della presente circolare, che costituisce utile riferimento regolamentare per
il personale interessato e per gli Uffici amministrativi tenuti
ad applicare la normativa in oggetto.
Quanto sopra al fine di consentire un’applicazione uniforme ed omogenea nell’ambito delle Forze armate in presenza di naloghe condizioni di impiego. Sarà cura della scrivente diramare ulteriori disposizioni, nell’ipotesi di eventuali modifiche normative intervenute nell’ambito di successivi decreti ministeriali disciplinanti lo specifico compenso”.
Di seguito i quesiti e le risposte in allegato alla circolare di Persomil
QUESITI & RISPOSTE
debba farsi riferimento all’ultima scheda
valutativa con attribuzione della qualifica richiesta, anche anteriore all’anno di
riferimento, qualora in detto anno siano
presenti rapporti informativi, i cui contenuti dovranno essere comunque favorevoli.
c. Quesito
Quale misura del fondo erogare al militare trasferito di un Comando ad un organo centrale ( o viceversa) il 28 giugno
con fruizione di dieci giorni di licenza di
trasferimento (ritenuta non valutabile ai
fini del fondo) che non matura, così, i sei
mesi di servizio né nella prima destinazione (1 gennaio – 28 giugno), né nella seconda (8 luglio – 31 dicembre)?
Risposta
Gli articoli 4 dei decreti in oggetto prevedono che: “per il computo del periodo di servizio non inferiore a sei mesi
sono valutati ulteriormente i periodi di licenza ordinaria e le giornate di riposo ai
sensi dell’articolo 1, primo comma, lettera b), della legge 23 dicembre 1977,
n. 937, nonché i periodi di servizio prestati in missioni operative o addestrative fuori sede”. I suddetti articoli, con
l’elencazione riportata, escludono che altre licenze o assenze, di natura straordinaria/speciale, possano essere valutate utili per il raggiungimento dei sei
mesi di servizio richiesti dalla normativa.
Sulla base di tale premessa e tenuto
conto che l’ipotesi prospettata si riferisce
ad un caso limite, di difficile riscontro nella pratica, si è dell’avviso che lo stesso
possa trovare soluzione nell’ambito dell’attività di impiego del personale. Peraltro, nel caso in cui concorrano due enti
diversi per il computo dei sei mesi di servizio, utili per aver diritto al compenso,
con riferimento all’importo deve essere
considerato quello spettante in relazione all’ente dove il servizio è stato prestato
per più lungo tempo.
d.Quesito
Se durante i sei mesi di servizio necessari per la maturazione del diritto al fondo interviene una promozione, l’importo da corrispondere deve essere quello del grado più elevato o deve essere
calcolato in proporzione ai due gradi rivestiti?
Risposta
L’importo da erogare è, in ogni caso,
quello previsto per il grado rivestito dal
militare alla data del 31 dicembre dell’anno in riferimento.
e .Quesito
Per grado rivestito al 31 dicembre deve
intendersi quello effettivamente indossato a tale data a prescindere da eventuali promozioni “in corso di ufficializzazione” oppure si dovrà fare riferimento
alla decorrenza giuridica?
Risposta
Per individuare il grado rivestito bisogna
far riferimento alla data del D.P.R./decreto dirigenziale di promozione al
grado superiore senza tener conto di
eventuali decorrenze retroattive.
f. Quesito
Al Tenente colonnello/Capitano di fregata
promosso Colonnello/Capitano di vascello con decorrenza 1 luglio spetta il
F.E.S.I. con riferimento ai primi sei mesi
dell’anno?
Risposta
Il personale militare in possesso del grado di tenente colonnello/Capitano di
fregata che, avendo maturato il periodo
richiesto dei sei mesi con tale grado, sia
stato promosso successivamente al
grado dirigenziale (Colonnello/Capitano
di vascello), ha diritto all’erogazione nella misura prevista per il grado precedentemente posseduto.
g. Quesito
I giorni di riposo compensativo di cui alla
legge 231/90 possono essere valutati utilmente per la maturazione dei sei mesi di
servizio richiesto per il pagamento del
fondo alla stessa stregua dei periodi di
licenza ordinaria e dei giorni di riposo di
cui alla legge n. 937/77?
Risposta
I giorni di recupero compensativo ex lege
n. 231/90, trattandosi di un vero e proprio ristoro di prestazioni lavorative effettuate oltre il normale orario di lavoro
sono da ritenersi assimilabili alla licenza
ordinaria (comma 7, art. 10. D.P.R. n.
394/95), e pertanto, devono essere considerati utili ai fini della maturazione del
periodo necessario all’erogazione del fondo.
h. Quesito
Il periodo di servizio prestato presso i contingenti impiegati nelle missioni internazionali è escluso, alla stessa stregua dei
periodi prestati in missioni di cui alle leggi n. 642/61, n. 838/73 e n. 1164/62, dalla maturazione del fondo?
Risposta
Il periodo di servizio prestato presso i contingenti militari impiegati nelle missioni internazionali deve considerarsi come periodo effettuato nell’ambito di missioni
operative e quindi da considerare quale periodo utile per la maturazione del
compenso.
i. Qusito
Gli ufficiali in ferma prefissata e gli ufficiali delle forze di complemento sono destinatari del fondo?
Risposta
Gli ufficiali in ferma prefissata e gli ufficiali delle forze di completamento sono
anch’essi destinatari del compenso in
quanto normativamente equiparati, ai fini
del trattamento economico, agli ufficiali
in servizio permanente. I decreti ministeriali in discussione escludono espressamente soltanto i dirigenti ed i volontari
di truppa non in servizio permanente.
P u b b l i c a a m m i n i s t r a z i o n e NOVEMBRE 2010 • 15
LA MANOVRA FINANZIARIA DI LUGLIO AVEVA
PREVISTO L’ESCLUSIONE DEI RIMBORSI
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
VIA LIBERA DEL TESORO ALL’USO
DEL MEZZO PROPRIO PER RAGIONI DI SERVIZIO
I dipendenti pubblici che lottano contro l’evasione fiscale o il lavoro nero possono
continuare a ricevere i rimborsi per l’utilizzo della propria auto nel corso dell’attività, e anche all’esterno dei
ruoli ispettivi i dirigenti possono concedere l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio ai dipendenti che per ragioni di servizio devono uscire dai confini della circoscrizione provinciale.
Nella circolare 36/2010 firmata dal ragioniere generale
dello stato DEL ministero
dell’Economia ha messo la
parola fine alla querelle sull’abolizione dei rimborsi spese nei confronti dei dipendenti pubblici che per servizio utilizzano il proprio mezzo di trasporto. La questione
era nata a fine maggio con
una norma del pacchettoausterità imposto alla pubblica amministrazione dalla
manovra correttiva (articolo
6, comma 12 del Dl
78/2010).
La pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» della manovra correttiva ha alimentato
una pioggia di interpretazioni, con cui ogni ramo dell’amministrazione ha provato a risolvere a modo suo il
problema.
La circolare di Via XX Settembre chiude la questione,
dettando istruzioni valide per
tutta la pubblica amministrazione. Lo stop ai rimborsi introdotto con la manovra,
scrive la Ragioneria, esclude
«il personale adibito a fun-
zioni ispettive nonché, avuto riguardo alla natura dell’attività svolta, i soggetti impegnati nello svolgimento di
funzioni istituzionali relative
a compiti di verifica e controllo». Più dell’inquadramento nell’organico, insomma, a decidere sulla possibilità di autorizzare l’utilizzo
del mezzo proprio sono i
compiti a cui è chiamato il dipendente, in un’ottica funzionale che privilegia l’efficacia di verifiche e controlli rispetto alle distinzioni formali fra categorie di personale.
Il via libera della Ragioneria
non cancella comunque l’obbligo di tenere in considerazione le esigenze di contenimento della spesa pubblica che la norma ha tradotto
in modo infelice. Il compito
spetta ai dirigenti, che dovranno autorizzare l’uso del
mezzo proprio quando questa scelta si riveli «economicamente più vantaggiosa», o comunque imposta
dalla destinazione che gli
ispettori devono raggiungere.
Questo il testo della Circolare n. 36 del 22 ottobre
2010:
“OGGETTO: Chiarimenti
in ordine all’applicazione
dell’articolo 6, comma 12,
decreto legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito in
legge, con modificazioni,
dall’articolo 1, comma 1,
legge 30 luglio 2010, n.
122. Utilizzo del mezzo
proprio.
Il decreto legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito in
legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge
30 luglio 2010, n. 122, proseguendo nell’azione di contenimento della spesa pubblica, già avviata con precedenti provvedimenti e leggi finanziarie, ha previsto all’articolo 6 ulteriori misure di razionalizzazione e contenimento. In particolare, in ordine all’ultimo periodo del
comma 12, ove viene stabilito che “A decorrere dalla
data di entrata in vigore del
presente decreto gli articoli
15 della legge 18 dicembre
1973, n. 836, e 8 della legge
26 luglio 1978, n. 417, e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al
personale contrattualizzato di
cui al D.lgs. n. 165 del 2001
e cessano di avere effetto
eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti
collettivi”, le Amministrazioni
evidenziano numerosi dubbi
che, se chiariti potrebbero
rendere la disposizione inefficace per il contenimento
della spesa pubblica. In particolare, le Amministrazioni
chiedono chiarimenti in ordine alla portata applicativa
di quanto disposto dal comma 12 del citato articolo 6,
evidenziando la necessità
dell’esclusione, dell’ambito
applicativo della norma, del
personale che svolge compiti
ispettivi ai sensi del 4° pe-
riodo del comma 12. Quanto precede in considerazione
del fatto che tale personale
si trova a svolgere la propria
attività in sedi geografiche
particolarmente disagiate e,
conseguentemente, costretto a prolungare o ad anticipare il periodo di missione
con conseguenti maggiori
spese di vitto e alloggio.
E, stato, altresì, evidenziato
che le suindicate criticità determinano disfunzioni sull’efficacia dell’azione amministrativa di alcuni uffici anche con riferimento alle attività di verifica e controllo
del personale, non necessariamente appartenente ai
ruoli ispettivi, che si trovano
nelle medesime condizioni di
disagio sopra indicate. Al riguardo, si ritiene di poter
convenire sull’esclusione dalla disposizione in esame del
personale adibito a funzioni
ispettive, di cui al quarto periodo del comma 12, nonché,
avuto riguardo alla natura
dell’attività, dei soggetti impegnati nello svolgimento di
funzioni istituzionali relative
a compiti di verifica e controllo.
Resta, comunque, ferma la
necessità che anche il personale adibito a compiti
ispettivi e di verifica e controllo si attenga ai principi di
contenimento della spesa
contenuti nella disposizione
in esame, facendo ricorso al
mezzo proprio solo nei casi
in cui detta scelta sia imposta dalle situazioni di disagio
sopra evidenziate e, in ogni
caso, qualora risulti economicamente più vantaggioso. A tal proposito, i dirigenti competenti a rilasciare le
autorizzazioni in questione
dovranno pur sempre verificare, in concreto, la sussistenza degli effettivi presupposti che legittimano il ricorso all’utilizzo del mezzo
proprio.
Va precisato che conserva
efficacia l’art. 9 della legge 26
luglio 1978, n. 417, che prevede la facoltà dell’amministrazione di concedere l’autorizzazione all’utilizzo del
mezzo proprio a favore del
dipendente che debba recarsi per servizio oltre i limiti della circoscrizione provinciale. Tale disposizione
continua ad operare non
solo per il personale non
contrattualizzato – per il quale, peraltro, resta fermo il
quadro normativo preesistente al decreto legge n.
78/10 – ma altresì, nei confronti del personale contrattualizzato, anche se impegnato nello svolgimento di
compiti diversi da quelli ispettivi, di verifica e controllo. In
tale ipotesi l’autorizzazione è
finalizzata esclusivamente
alla copertura assicurativa
dovuta all’Amministrazione in
base alle vigenti disposizioni in materia e resta, comunque, esclusa ogni possibilità di rimborso delle spese per l’utilizzo del mezzo
proprio.
Il Ragioniere generale
dello Stato
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16 • NOVEMBRE 2010
MATURAZIONE
DELLA LICENZA ORDINARIA
DURANTE L’ASPETTATIVA
PER INFERMITA’
La Direzione Generale
per il personale militare ha
diramato la circolare n.
M_D GMIL II 6 1 0266842
del 25/5/2010 relativa a:
OGGETTO: “Maturazione della licenza ordinaria durante l’aspettativa
per infermità”.
Riportiamo il testo integrale
“ 1. . In esito al quesito posto con il foglio in riferimento e riguardante la
maturazione della licenza
ordinaria durante l’aspettativa per infermità, è opportuno richiamare in via
preliminare che:
- per il personale delle
Forze armate e per quello dell’Arma dei carabinieri, l’articolo 12, comma
10 del D.P.R. 31 luglio
1995, n. 394 e l’articolo
47, comma 10 del D.P.R.
31 luglio 1995, n. 395,
hanno rispettivamente
stabilito che “il diritto alla
licenza ordinaria non è
riducibile in regione di assenza per infermità, anche se tale assenza si sia
protratta per l’intero anno
solare. In quest’ultima ipotesi è autorizzato il periodo di godimento della licenza ordinaria in relazione alle esigenze di organizzazione del servizio”.;
l’articolo 55 del D.P.R. 16
marzo 1999, n. 254 e l’articolo 11 del D.P.R. 16
marzo 1999, n. 255, nell’estendere al personale
delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri l’istituto – già previsto per il
personale delle Forze di
polizia ad ordinamento civile – del pagamento sostitutivo della licenza ordinaria qualora, sopravvenendo la cessazione
dal servizio, tale licenza
non sia stata fruita per documentate esigenze di
servizio, hanno stabilito
che detto pagamento
compete anche quando la
licenza ordinaria non sia
stata utilizzata per decesso o per cessazione
dal servizio per infermita”.
2. Il Dipartimento della
pubblica sicurezza del Ministero dell’interno – Direzione centrale per le ri-
sorse umane, in relazione
a quesiti ad esso pervenuti, con circolare n.
333(G.Z.4. N. 13/02 in
data 3 maggio 2002 ha
stabilito che per il personale della Polizia di Stato
la monetizzazione del
congedo ordinario non
fruito all’atto della cessazione dal servizio per infermità non spetta in relazione ai periodi di aspettativa per malattia. Ciò
anche in considerazione
della pronuncia del Cosniglio di Stato – Sezione
V n. 374 del 30 marzo
1998. In seguito a successivi ricorsi straordinari e giurisdizionali, proposti da personale della Polizia di Stato, nell’avallarne la sostanziale correttezza, ha rilevato l’esistenza, nella giurisprudenza nazionale, di differenti indirizzi in ordine,
alla maturazione della licenza ordinaria durante i
periodi di aspettativa per
malattia ai fini del pagamento sostitutivo, concludendo, almeno in due
casi ( parere n. 2217/2003
in data 9 luglio 2003 della Sezione I e decisione n.
2779/2005 in data 19 gennaio 2005 della Sezione
IV) per la non maturabilità della stessa durante
tali periodi. Sennonchè la
Sezione VI del Consiglio
di Stato, in casi analoghi,
si è invece, pronunciata,
anche di recente (v.di decisione n. 1765/08 del 29
gennaio 2008 e precedenti), in favore della saturabilità del congedo ordinario durante i periodi di
aspettativa per malattia,
tanto ai fini della sua fruibilità in caso di rientro in
servizio una volta recuperata l’idoneità all’espletamento dello stesso, quanto a quelli del
pagamento sostitutivo in
caso di cessazione dal
medesimo. Questa Direzione generale, riscon-
Giornale
Militari
Il nuovo
dei
trando svariati quesiti, in linea con l’orientamento
del Dipartimento della
pubblica sicurezza, si è limitata ad affermare doversi procedere al pagamento sostitutivo della licenza ordinaria maturata
prima del collocamento
in aspettativa per malattia.
3. Si fa presente che, da
contatti intercorsi per le
vie brevi con rappresentanti dell’amministrazione dell’Interno, è emerso
come il Dipartimento della pubblica sicurezza abbia recepito le pronunce
del Cosniglio di Stato ai
soli fini dell’accertamento
del diritto alla corresponsione del pagamento sostitutivo della licenza ordinaria non fruita
In caso di sopravvenuta
cessazione dal servizio,
non avanzando, tuttavia,
mai riserve sulla maturità
del congedo ordinario durante i periodi di aspettativa per malattia da parte
del personale dipendente
che, una volta ristabilito,
rientri regolarmente in servizio.
Inoltre, da contatti avuti,
sempre per le vie brevi,
con il Comando generale
della Guardia di finanza, è
invece emerso che questo, per il personale del
Corpo, considera in ogni
caso maturata la licenza
ordinaria durante i periodi di aspettativa per malattia, tanto ai fini della sua
fruibilità in caso di rientro
in servizio con giudizio di
idoneità al medesimo,
quanto a quelli del pagamento sostitutivo.
4. Nelle more che la problematica nel suo complesso – già all’attenzione
di SMD – trovi un’adeguata chiarificazione nell’ambito dei futuri provvedimenti di recepimento
della concertazione collettiva a carattere normativo, si fa presente che il
personale militare in servizio permanente e quello ad esso assimilato che
sia stato posto in aspettativa per malattia e che
sia rientrato in servizio al
termine della stessa con
giudizio di idoneità , matura la licenza ordinaria
anche durante il richiamato periodo di aspettativa, indipendentemente
dalla durata di quest’ultimo, per cui ha titolo a fruire una volta rientrato in
servizio. Non matura, invece, il diritto al pagamento sostitutivo della licenza ordinaria durante
l’aspettativa per malattia il
personale militare che,
mentre era in tale posizione, sia cessato dal servizio senza esservi più
rientrato.
5. Gli Enti in indirizzo
sono inviati ad estendere
il contenuto della presente ai Reparti/Enti dipendenti”
D’ordine
Il V. Direttore Generale
(Ammiraglio
di divisione
Raffaele CARUSO)
COPERTURA ASSICURATIVA RCA
MEZZI DI PROPRIETA’ DELLE FF.AA.:
Riportiamo la circolare della direzione generale degli
armamenti terrestri n. III/7/SA – 91 del 13 gennaio
2010 avente per OGGETTO: Nuovo contratto Consip.
Coperture assicurative RCA e Infortuni – Conduttori
per i mezzi di proprietà delle tre FF.AA. – Polizza n.
166/700083.
che a partire dall’11 dicembre 2009 e per il biennio 20102011 gli importi dei massimali minimi sono aumentati come previsto dall’art. 1 comma 4) del D.lgs 6.11.2007, n.
198.
In allegato lo specchio relativo ai nuovi massimali garantiti sia per la copertura RCA che la copertura Infortuni
Conduttori. Quanto sopra per la massima divulgazione
IL TESTO
agli EDR dipendenti.
Facendo seguito alla lettera in riferimento si comunica Il Direttore della Divisione Col. Co. Ing. Pasquale Di Noia
MASSIMALI GARANTITI PER LE COPERTURE RCA INFORTUNI POLIZZA N. 166/700083 - (PER LE TRE FF.AA.)
TIPOLOGIA VEICOLO
AUTOVETTURE
AUTOBUS
AUTOCARRI
MOTOVEICOLI TRASP.COSE
MOTOVEICOLI TRASP. COSE
CICLOMOTORI E MOTOCICLI
CICLOMOTORI E MOTOCICLI
NATANTI (fino a 50 ton. Stazza lorda)
NATANTI (> 50 ton.<= 170 ton.)
NATANTI (<170 ton.< = 600 ton.)
NATANTI (< 600 ton.)
VEICOLI SPECIALI
RULLI COMPRESSORI
MACCHINE AGRICOLE
RIMORCHI
RIMORCHI AUTOCARRI
TARGHE PROVA AUTOVEICOLI
TARGHE PROVA MOTO
INFORTUNI CONDUTTORI
MASSIMALE GARANTITO
Per danni alle persone
Per danni alle cose
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
MASSIMALE UNICO Euro 3.700.000,00
Euro 5.000.000,00
Euro 1.000.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Eueo 2.500.000,00
Euro 800.000,00
MASSIMALE UNICO Euro 3.000.000,00
MASSIMALE UNICO Euro 4.000.000,00
MASSIMALE UNICO Euro 5.000.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
MASSIMALE UNICO Euro 3.700.000,00
Euro 2.500.000,00
Euro 800.000,00
Morte Euro 250.000,00
Invalidità permanente Euro 250.000,00
Giurisprudenza
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
NOVEMBRE 2010 • 17
RIVALUTAZIONE CONTRIBUTIVA
PER L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Lavoratori in quiescenza al momento
dell’entrata in vigore della legge 257/1992
(Corte costituzionale, sentenza 8 ottobre 2010 n. 290 La Corte Costituzionale, con sentenza 8 ottobre 2010 n. 290 (in GU,
1 ss., n. 41 del 13.10.2010), ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 7, della legge 27
marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’articolo 1-bis del decreto-legge 5
giugno 1993, n. 169(Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993,
n. 271,sollevata, in riferimento agli
articoli 3, primo comma, e 2 della
Costituzione, dal Tribunale di Ravenna «nella parte in cui nega che
spetti l’erogazione del beneficio
della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all’amianto che si
trovassero in pensione al momen-
to della entrata in vigore della legge n. 257/1992 (28 aprile 1992)». Il
giudice rimettente reputa irragionevole la esclusione in questione,
in quanto «qualunque lavoratore
puo’ contrarre una malattia da esposizione all’amianto a prescindere
dalla data di conseguimento della
pensione, dalla cessazione dell’attivita’ morbigena e dal settore lavorativo di appartenenza», posto
che, come e’ noto, le malattie da
amianto possono sopraggiungere
anche a notevole distanza di tempo dalla esposizione professionale
e dalla cessazione della attivita’ lavorativa, rappresentando, dunque,
un evento futuro ed incerto, privo di
qualsiasi correlazione con l‘epoca
del pensionamento.
Sempre secondo il giudice a quo,
cio’ determinerebbe una irragionevole disparita’ di trattamento, che
non si giustificherebbe neppure
nella prospettiva di una agevola-
zione all’esodo dei lavoratori appartenenti al dismesso settore dell’amianto, in quanto la norma trova
applicazione in ogni settore merceologico. Anzi - segnala il rimettente - un lavoratore potrebbe
aver cessato di svolgere la propria
attivita’ lavorativa proprio perche’
ammalato: sicche’, non vi sarebbe
ragione per «differenziare chi e’ andato in pensione per lo stesso fatto di aver contratto la malattia prima o dopo l’entrata in vigore della
legge».
La Corte costituzionale ha ritenuto
che la questione non fosse fondata nel merito.
Infatti,come la stessa Corte ha avuto modo di sottolineare nella sentenza n. 434 del 2002, ancorche’ riferita alla disciplina dettata dall’art.
13, comma 8, della legge n. 257 del
1992, la ratio sottesa alla applicazione dei benefici nei confronti dei
lavoratori che avessero contratto
LE ASSOCIAZIONI POSSONO CHIEDERE
I DANNI MORALI PER LE MORTI CAUSATE DALL’AMIANTO
Stretta della Cassazione sulle morti bianche per
esposizione alle
polveri di amianto.
Possono chiedere
direttamente anche i danni morali
tutte le associazioni di fatto che
rappresentano i lavoratori,
pure
quelle nate successivamente.
Non solo. Nei casi
di gravi inadempienze sulla sicurezza ne risponde
l’intero consiglio di
amministrazione.
Sono questi i punti fermi raggiunti
dalla Corte di cassazione (sentenza
n. 38991 del 4 novembre
2010) sul tanto discusso tema dell’amianto e delle
responsabilità delle aziende. In quasi ottanta pagine
di motivazioni i
giudici della Cassazione hanno
confermato le condanne dei consiglieri di amministrazione e del direttore dello stabilimento a prescindere dalla conoscenze
dell’epoca. Ma non
solo. In questa interessante sentenza hanno anche affermato con
chiarezza, con
prevedibili e pesanti ripercussioni sulle aziende in
termini di risarcimento, che le associazioni di fatto
dei lavoratori (in
questo caso della
CGIL) possono
chiedere i danni
morali. Sul punto
in sentenza si legge che «gli enti di
fatto sono legittimati a costituirsi
parte civile in
quanto la circo-
stanza che predetti enti non abbiano personalità
giuridica non è
ostativa alla costituzione di parte civile, né un’ostatività può dedursi
dal fatto di non essere stati operativi
al momento dei
fatti in questione.
Gli enti di fatto
sono legittimati a
costituirsi parte civile non soltanto
quando il danno
riguardi un bene
su cui gli stessi
vantino un diritto
patrimoniale, ma
piú in generale
quando il danno
coincida con la lesione di un diritto
soggettivo, come
avviene nei caso
in cui offeso sia
l’interesse perseguito da un’associazione in riferimento ad una situazione storica-
mente circostanziata, assunto nello statuto a ragione stessa della
propria esistenza
e azione, con l’effetto che ogni attentato a tale interesse si configura
come lesione della personalità o
identità del sodalizi. Pertanto, se si
tratti di enti di fatto che rappresentano gli interessi
dei lavoratori, ogni
condotta del datore di lavoro idonea a ledere la salute dei lavoratori,
soprattutto nei
casi in cui ciò si
verifica in modo
reiterato (es. pluralità di decessi)
e in conseguenza
di condotte riconducibili a sistematiche e radicate
violazione delle
norme di sicurezza e di igiene sul
lavoro, si determina, in danno diretto all’Ente. Esso
può essere sia
economico, per le
eventuali diminuzioni patrimoniali
conseguenti alla
riduzione delle
adesioni dei lavoratori per il venir
meno della fiducia
nella capacità rappresentativa dell’istituzione; sia
danno non patrimonialgarantire la
salute dei lavoratori nell’ ambiente
di lavoro, presidiato costituzionalmente dagli
artt. 2 e 32 Cost.e
per la lesione dell’interesse statutariamente perseguito di garantire
la salute dei lavoratori nell’ ambiente di lavoro,
presidiato costituzionalmente dagli
artt. 2 e 32 Cost.
malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto, o che
fossero stati comunque soltanto
esposti all’amianto, non era quella
di conferire una provvidenza a titolo risarcitorio o indennitario, ma di
consentire un piu’ agevole esodo
dal mondo del lavoro.
La circostanza, poi, che una simile
inclusione si sarebbe in concreto
tradotta in un incremento della misura del trattamento pensionistico, e non in una agevolazione per
il raggiungimento del diritto a pensione, non poteva reputarsi evenienza discriminatoria nei confronti dei pensionati esclusi ratione
temporis, in quanto, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale richiamata
nella predetta pronuncia, «l’estensione di agevolazioni a categorie di
soggetti non contemplate dalla disciplina di favore puo’ ritenersi costituzionalmente necessitata solo
ove, accertata la piena omogeneita‘ delle situazioni poste a raffronto, lo esiga la ratio della disciplina
invocata quale tertium comparationis». Secondo la Corte costituzionale, si tratta, dunque, di misura
non soltanto eccezionale, ma che
presenta, proprio per i profili dianzi additati, connotazioni addirittura
extra ordinem, le quali possono
spiegarsi solo ed esclusivamente
ove riferite a persone che, alla
data di entrata in vigore della legge, fossero ancora in attesa di trattamento pensionistico. Le censure
che muove il giudice a quo, postulano, invece, a ben guardare, il ribaltamento della logica sottesa alla
applicazione della misura in discorso, trasformandone la fisionomia da quella di un beneficio specificamente deputato ad aumentare il periodo contributivo del lavoratore, in quella tipica di un beneficio pensionistico tout court. Questa sentenza della Corte costituzionale conferma l’orientamento
negativo della giurisprudenza di
legittimità e di merito circa la non
applicabilità della disciplina dei benefici per esposizione all’amianto
nei confronti di coloro che, all’entrata in vigore della legge, non fossero più in servizio in linea con
quanto affermato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza.
LaPrevidenza.it,
IL TESTO INTEGRALE DELLA
SENTENZA E’ DISPONIBILE SUL
NOSTRO SITO – banca dati sentenze
18 • NOVEMBRE 2010
Oggetto: art. 12 del decreto legge n. 78 del 31
maggio 2010, convertito,
con modificazioni, in legge n. 122/2010 – Interventi in materia di trattamento di fine servizio
e di fine rapporto.
1. Premessa
La legge 30 luglio 2010, n.
122, di conversione, con
modificazioni, del DL 31
maggio 2010 n. 78, pubblicata nel Supplemento
ordinario n. 174/L della
gazzetta ufficiale n. 176 del
30 luglio 2010, reca misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria
e di competitività economica.
Con la presente circolare,
acquisito con nota n.
0005065 del 1 ottobre
2010 il parere del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, si illustrano le
innovazioni introdotte, in
materia di trattamento di
fine servizio e di fine rapporto, dall’articolo 12, commi 7,8,9 e 10, della richiamata legge.
2. Pagamento indennità
di fine servizio o di fine
rapporto
Il comma 7 dell’articolo 12
in esame, introduce nel
pubblico impiego nuove
modalità di pagamento
delle indennità di fine servizio, comunque denominate, stabilendo che le
stesse vengano pagate in
uno o più importi annuali,
a seconda che l’ammontare lordo della prestazione superi o meno i 90.000
euro.
La disposizione riguarda le
prestazioni di fine rapporto e le indennità equipollenti, comunque denominate, con riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche individuate dall’Istat ai sensi del
comma 3 dell’art. 1 della
legge 31 dicembre 2009,
n. 196. Devono intendersi
ricompresi nell’ambito di
applicazione della norma
Inpdap
CIRCOLARE N. 17 DELL’8 OTTOBRE 2010
GMiornale
ilitari
Il nuovo
dei
BUONUSCITA: le novità
introdotte dalla Legge Finanziaria
L’indennità di buonuscita è una somma di denaro corrisposta al lavoratore quando termina il servizio.
Nuove modalità di pagamento si applicano alle prestazioni da corrispondere per cessazione dal servizio a partire dal 31 maggio 2010 (articolo 12
della legge 122 del 2010).
In particolare, la norma dispone che l’indennità sia corrisposta:
• in unico importo se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 90.000 euro;
• in due importi se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro. In questo caso la prima somma da liquidare è pari a 90.000 euro e la seconda è pari all’importo residuo. La seconda somma verrà corrisposta dopo 12 mesi dalla decorrenza del diritto al
pagamento;
• in tre importi se l’ammontare complessivo lordo è uguale o superiore a 150.000 euro. In questo caso la prima somma da liquidare è pari a 90.000
euro, la seconda è pari a 60.000 euro e la terza è pari all’importo residuo. La seconda e la terza somma saranno pagate rispettivamente dopo 12 e
24 mesi dalla decorrenza del diritto al pagamento.
Il pagamento in più rate dell’indennità non si applica nei casi di cessazione dal servizio entro il 30 novembre 2010 per limiti di età o per dimissioni, a
condizione in quest’ultimo caso che la domanda sia stata presentata entro il 30 maggio 2010.
L’inpadp ha diramato in applicazione delle nuove norme introdotte con la legge 122/2010, una circolare esplicativa che di seguito riportiamo.
anche i dipendenti di quegli enti che, pur non avendo la natura di pubbliche
amministrazioni, rientrano
nell’elenco di quelli individuati dall’istituto nazionale di statistica ai sensi del
citato comma 3 dell’art. 1
della legge n. 196/2009 (cfr
Allegato).
Le prestazioni erogate dall’Inpdap riguardate dalla
novella legislativa sono:
- l’indennità di buonuscita
(IBU) di cui al DPR 29 dicembre 1973 n. 1032;
- l’indennità premio di servizio (IPS) di cui alla legge
8 marzo 1968 n. 152;
- il trattamento di fine rapporto (TFR) di cui all’art. 2,
commi 5-8, della legge 8
agosto, n. 335 come modificato dall’art. 59, comma
56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall’art.
26, commi 18-20, della
legge 23 dicembre 1998,
n. 448 e con disciplina di
dettaglio contenuta nel
Dpcm 20 dicembre 1999,
successivamente modificato.
In particolare, la norma dispone che tali indennità
vengano corrisposte:
a) in un unico importo annuale se l’ammontare
complessivo della prestazione, alo lordo delle relative trattenute fiscali, è pari
o inferiore a 90.000,00
euro;
b) in due importi annuali se
l’ammontare complessivo
della prestazione, alo lordo delle relative trattenute
fiscali, è superiore a
90.000,00 euro ma inferiore a 150.000,00 euro. In
tal caso il primo importo
annuale è pari a 90.000,00
euro e il secondo importo
annuale è pari all’ammontare residuo;
c) in tre importi annuali se
l’ammontare complessivo
della prestazione, al lordo
delle relative trattenute fiscali, è uguale o superiore a 150.000,00 euro. In
tal caso il primo importo
annuale è pari a 90.000,00
euro, il secondo importo
annuale è pari a 60.000,00
euro e il terzo importo annuale è pari all’ammontare residuo.
Ai fini delle prestazioni di
fine servizio erogate da
questo istituto, per “ammontare complessivo della prestazione, al lordo
delle relative trattenute fiscali”, di cui al presente
comma, si intende l’importo al lordo delle esenzioni e delle riduzioni previste dall’art. 19, comma 2
bis, del DPR 22 dicembre
1986, n. 917 (T.U.I.R.) e
s.m.i.
Si specifica che la disciplina disposta dal comma 7
citato, ha carattere generale e si applica al
TFS/TFR da corrispondere per tutte le cessazioni
dal servizio intervenute dal
31 maggio 2010, fatta salva la disciplina derogatoria
di cui al paragrafo 4.
3. Termini di pagamento
Il comma 8 conferma
quanto previsto dalla normativa vigente in materia
di decorrenza del diritto al
pagamento del TFS o del
TFR; pertanto, la scadenza del pagamento del primo importo annuale è
quella prevista, per la generalità delle prestazioni di
importo pari o inferiore al limite dei 90.000,00 euro,
dalle disposizioni di cui all’art. 3 del decreto legge 28
marzo 1997, n. 79 convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140.
A tale proposito, si ram-
menta che l’art. 3, comma
2, della legge n. 140 del
1997 dispone che il pagamento delle indennità di
fine servizio e di fine rapporto debba avvenire non
prima del 181° giorno e
non oltre il 270° giorno
successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Ai sensi del successivo
comma 5 dell’art. 3 della
legge n. 140 citata, solo
nelle ipotesi di cessazione
dal servizio per limiti di
età o di servizio, per decesso e per invalidità, il pagamento della prestazione
deve essere disposto entro i 105 giorni successivi
al collocamento a riposo.
Si potrà procedere all’erogazione
dell’intero
TFS/TFR o del primo importo annuale entro 105
dalla data di cessazione
dal servizio se il dipendente possiede un’anzianità contributiva di 39 anni
11 mesi e 16 giorni ai fini
pensionistici. Si ritiene opportuno, altresì, ricordare
che, anche nel caso in cui
il dipendente possa vantare 39 anni 6 mesi e 1
giorno di iscrizione all’ENPAS o all’ex INADEL avrà
diritto al pagamento dell’intero TFS/TFR o del primo importo annuale entro
105 giorni dal collocamento a riposo,, in quanto
tale anzianità, per effetto
delle specifiche disposizioni evidenziate nel paragrafo 5.3, è arrotondata
a quaranta anni.
Si rammenta inoltre che i
periodi di anzianità utile
non sono soltanto quelli di
effettivo servizio, ma anche
quelli riconosciuti per riscatto, ricongiunzione ecc.
Il secondo ed il terzo importo annuale relativi alle
uote di prestazione ecce-
denti il limite dei 90.000,00
euro sono posti in pagamento rispettivamente
dopo 12 e 24 mesi dalla
decorrenza del diritto al
pagamento. Si chiarisce
che i pagamenti del secondo e del terzo importo
non possono comunque
avvenire oltre il 12° ed oltre il 24° mese successivi
ad una delle decorrenze di
cui alla legge n. 140/1997
sopra ricordate, anche nell’ipotesi in cui il primo sia
stato pagato oltre la scadenza.
4. Disciplina derogatoria
Il comma 9 introduce una
disciplina derogatoria e di
carattere transitorio al pagamento rateale delle indennità di fine servizio e di
fine rapporto introdotto dal
comma 7: il pagamento in
più rate del TFS/TFR non
si applica alle prestazioni
derivanti dai collocamenti
a riposo per raggiunti limiti di età che intervengano
entro il 30 novembre 2010
nonché alle prestazioni da
corrispondere a coloro che
hanno presentato le proprie dimissioni prima del 31
maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto
31 maggio 2010, n. 78) e
che cessino dal servizio
entro il 30 novembre 2010.
Pertanto, la deroga interessa tutti coloro che cessano dal servizio entro il 30
novembre 2010 (ultimo
giorno di servizio 30 novembre) per limiti di età o
per dimissioni, a condizione che quest’ultimi abbiano presentato la domanda
di cessazione dal servizio
entro il 30 maggio u.s.) La
disposizione derogatoria
segue a pag. 19
Inpdap
GMiornale
ilitari
Indennità di buonuscita: le novità
Il nuovo
dei
segue da pag. 18
interessa, altresì, coloro
che, raggiunto del limite di
età, hanno chiesto il trattamento in servizio e che,
durante tale periodo, ma
entro il 30 novembre 2010,
decidano di recedere dal
rapporto di lavoro: in tal
caso, il collocamento a riposo avviene, a tutti gli effetti, per limiti di età. Non
rientrano nei casi di cessazione per limiti di età, e,
quindi non costituiscono
deroga alla rateizzazione
del TFS/TFR, i collocamenti a riposo ai sensi
dell’articolo 1, comma
10,del Dlgs. 30 aprile 1997
n. 165, ancorchè nei confronti degli stessi trovino
applicazione le disposizioni in materia di pensionamento di vecchiaia. Per
cui, ad esempio, un professore universitario, che
abbia il limite di età di 70
anni, che cessi dopo il 65°
anno di età ma prima del
70°, ancorchè il relativo
trattamento pensionistico
si configuri come pensionamento di vecchiaia, sarà
soggetto alle nuove disposizioni in tema di rateizzazione della buonuscita e alla relativa liquidazione si applicheranno i
temini di pagamento previsti dall’articolo 3, comma
2, della legge 28 maggio
1997, n. 140 (non prima
del 181° giorno e non oltre
il 270° giorno successivi
alla risoluzione del rapporto di lavoro, salvo che
non cessi con 40 anni di
anzianità utile ai fini pensionistici o di fine servizio/rapporto).
Mancando una espressa
previsione legislativa, la
disciplina derogatoria non
si applica alle cessazioni
per decesso, per inabilità e
per raggiungimento della
massima anzianità contributiva utile, qualora non
siano state rassegnate le
dimissioni entro il 30 maggio 2010.
5. Modalità di calcolo del
TFS dal 1 gennaio 2011
5.1 Il calcolo del TFS in
due quote
Il comma 10 dispone che,
a partire dalle anzianità
utili maturate dal 1° gennaio 2011, il computo dei
trattamenti di fine servizio
del personale dipendente
dalle amministrazioni pubbliche, che non sia già
sottoposto al regime TFR,
si effettua secondo le regole di cui all’art. 2120 del
codice civile, con applica-
zione dell’aliquota del 6,91
per cento. Sono interessati
alla disciplina recata dal
presente comma i dipendenti delle amministrazioni e degli enti di lavoro rientranti nell’elenco di quelli individuati dall’Istat ai sensi
del citato comma 3 dell’art.
1 della legge n. 196/2009
(cfr. allegato) iscritti all’Inpdap ai fini TFS assunti a
tempo indeterminato entro
il 31/12/2000, nonché il
personale in regime di diritto pubblico di cui all’art.
3 comma 1, del d.lgs. 30
marzo 2001 n. 165. Ai
soggetti che possano vantare al 31 dicembre 2010
un’anzianità utile alla erogazione di un TFS (nel
caso dei lavoratori in regime di diritto pubblico sopra
richiamata è ad esempio
sufficiente anche un’anzianità di 6 mesi e un giorno, a condizione che nel
corso del 2011 essi abbiano compiuto almeno
un anno di iscrizione ai fini
TFS) sarà erogata, al momento della cessazione
dal servizio, una prestazione costituita dalla somma di due importi, il primo
calcolato in base alle modalità previste dalla specifica normativa del TFS,
sull’anzianità maturata al
31 dicembre 2010, il secondo calcolato in base a
quanto statuito nel comma
in esame. Più specificamente, le modalità di individuazione dell’ammontare dell’indennità di buonuscita e dell’indennità
premio di servizio sono le
seguenti:
- il calcolo della “prima
quota” di TFS, relativa all’anzianità maturata al 31
dicembre 2010, rimane invariato, continuando ad
applicarsi le disposizioni di
cui al DPR 29 dicembre
1973, n. 1032 ed alla legge 8 marzo 1968, n. 152,
a seconda che si tratti di
una buonuscita o di una
IPS, che individuano quale base di calcolo, la retribuzione contributiva percepita al momento del collocamento a riposo (retribuzione dell’ultimo giorno
di servizio, espressa su
base annuale per l’indennità di buonuscita, ovvero
degli ultimi dodici mesi di
effettivo servizio per l’indennità premio di servizio);
- il calcolo della “seconda
quota” di TFS, a partire
dalle anzianità maturate
dal 1° gennaio 2011, deve
effettuarsi attraverso l’applicazione dell’aliquota del
6.91 per cento alla retribuzione contributiva utile ai
fini del TFS per ciascun
anno di servizio; l’importo
derivante da tale operazione sarà rivalutato ai
sensi dell’art. 2120, comma 4, del codice civile.
- Ad esempio, un dipendente statale assunto a
tempo indeterminato il 1°
gennaio 1990 e che cesserà dal servizio il 31 dicembre 2030, avrà diritto
ad una prestazione di fine
servizio calcolata nel seguente modo:
- “Prima quota”: anzianità
dal 1° gennaio 1990 al 31
dicembre 2010 pari a 21
anni, TFS calcolata sulla
base di un dodicesimo dell’ottanta per cento della
retribuzione utile ai fini dell’indennità di buonuscita,
computata su base annuale e comprensiva della tredicesima mensilità,
percepita al momento del
collocamento a riposo,
moltiplicata per 21 anni;
- “Seconda quota”: anzianità dal 1° gennaio 2011 al
31 dicembre 2030 pari a
20 anni. Importo risultante
dall’applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento
alla retribuzione utile per
ciascun anno di servizio;
tale accantonamento annuale sarà soggetto alla rivalutazione prevista dall’art
2120 del codice civile.
- Poiché la disposizione indica chiaramente che l’ambito oggettivo di applicazione è costituito esclusivamente dal “computo dei
predetti trattamenti di fine
servizio” le nuove regole
non mutano la natura delle prestazioni in esame,
che rimangono trattamenti di fine servizio. Pertanto, le voci retributive utili ai
fini dell’accantonamento
restano le medesime già
considerate ai fini del trattamento di fine servizio e
nulla cambia le modalità di
finanziamento delle competenti gestioni dell’istituto,
rimanendo confermato il
contributo alle gestioni ex
ENPAS ed ex INADEL secondo l’attuale ripartizione
in quote a carico del lavoratore e del datore di lavoro.
5.2 Riscatto di periodi o
servizi.
- I riscatti ai fini TFS, la cui
domanda sia stata presentata successivamente
al 31 dicembre 2010 ma
relativa a periodi e/o servizi
prestati in data antecedente al 1° gennaio 2011
influiscono, ai fini del computo degli anni utili, sulla individuazione della “prima
quota” TFS, contribuendo
ad aumentare l’anzianità
utile. Diversamente, i riscatti di periodi e/o servizi
prestati successivamente
al 31 dicembre 2010 hanno l’effetto di trasformare i
relativi periodi in quote di
retribuzione da accantonarsi unitamente a quelle calcolate in base alle
modalità previste per la
“seconda quota “ TFS e da
valorizzare nell’anno di
presentazione della domanda di riscatto. Relativamente a quest’ultimo
aspetto, infatti, così come
avviene per i riscatti a fini
TFR ai sensi del DPCM 20
dicembre 1999 e s.m.i., i
mesi riscattati si trasformano in altrettante quote
di TFS che, dalla data della domanda, si rivalutano
unitamente agli accantonamenti del 6,91 per cento. In materia di periodi e
servizi riscattabili ai fini
IBU e IPS, rimangono ferme le norme previgenti.
5.3 Arrotondamento anni
utili al TFS
- Ai sensi dell’art. 18 del
DPR 29 dicembre 1973, n.
1032 e dell’art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152,
ai fini del TFS i periodi superiori a 6 mesi si arrotondano ad anno intero.
Questa regola continua
ad applicarsi ai fini dell’individuazione della “prima
quota” TFS: qualora nell’anzianità utile, al 31 dicembre 2010, comprensiva dei servizi o periodi riscattati, risulti una frazione
di anno superiore a 6 mesi,
questa si arrotonda ad
anno intero; la frazione
uguale o inferiore a sei
mesi si trascura.
- La medesima regola si
applica anche ai casi di anzianità superiore a sei mesi
al 31 dicembre 2010. Per
l’individuazione della “seconda quota” TFS, trova
applicazione il primo comma dell’art. 2120 del codice civile: le frazioni dell’ultimo anno di servizio dovranno essere proporzionalmente ridotte e l’aliquota del 6,91 per cento
sarà applicata alla retribuzione contributiva utile
mensile. Le frazioni di
mese uguali o superiori a
15 giorni saranno computate a mese intero.
5.4 Decesso in servizio
- Nel caso di decesso in
servizio, ai fini dell’individuazione dei beneficiari
aventi diritto iure proprio
alla prestazione di fine servizio, continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’art.
NOVEMBRE 2010 • 19
5 del DPR 29 dicembre
1973, n. 1032, per l’indennità di buonuscita e
l’art. 3 legge 8 marzo 1968,
n. 152, per l’INPS.
5.5. Tassazione dei trattamenti di fine servizio
- L’importo lordo complessivo, determinato dalla
somma della prima e seconda quota di TFS ovvero, nel caso di personale in
regime di diritto pubblico
con anzianità inferiore od
uguale a sei mesi al 31 dicembre 2010, dalla sola
seconda quota, calcolata
in base alle modalità appena illustrate, è soggetto
al trattamento fiscale fissato, per i TFS, dalle disposizioni contenute nell’art. 19, comma 2 bis, del
citato DPR 22 dicembre
1986, n. 917 e s.m.i.
5.6 Esercizio dell’opzione di cui al DPCM
20/12/1999 in caso di
adesione a fondi di previdenza complementare.
- Per i lavoratori in regime
di TFS con anzianità utili
successive al 31 dicembre
2010 continua a trovare
applicazione il Dpcm 20 dicembre 1999, come successivamente modificato,
anche con riferimento agli
effetti sul proprio trattamento di fine servizio in
caso di iscrizione ad un
fondo di previdenza complementare. Questi lavoratori, pertanto, aderendo
ad un fondo di previdenza
complementare dei dipendenti pubblici, esercitano (automaticamente e
contestualmente) l’opzione
circa il passaggio dal TFS
al TFR come disciplinato
dal Dpcm 20 dicembre
1999 e s.m.i.. Solo in quel
momento la propria prestazione di fine lavoro si
trasforma da TFS in TFR
ed il montante accantonato fino alla data di adesione costituisce il primo
accantonamento di TFR e
si rivaluta, con i successivi accantonamenti maturati
a partire dall’adesione e
non destinati a previdenza complementare. Si ricorda che in base all’accordo quadro Aran Sindacati del 31 marzo 2006 la
facoltà di opzione per la
trasformazione del TFS in
TFR, contestualmente all’adesione ad un fondo
pensione, può essere
esercitata fino al 31 dicembre 2010.
Il Direttore generale
Dott. Massimo Pianese