La Rassegna d`Ischia n. 5-2006
Transcript
La Rassegna d`Ischia n. 5-2006
Anno XXVII N. 5 Ottobre 2006 Euro 2,00 Ischia Panorama ambientale Artischia 2006 Ibsen e il Peer Gynt Il Golfo di Napoli e lʼisola dʼIschia Antologia di viaggiatori tedeschi (III) Artigiani in mostra Ospiti illustri Giulia Samoiloff a Casamicciola nel 1844 Fonti archivistiche per la storia dellʼisola dʼIschia Le Capitolazioni delle Confraternite dellʼUniversità di Barano M. Ielasi intervista P. P. Zivelli Forio - il Bar Internazionale - Maria Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Dir. responsabile Raffaele Castagna La Rassegna dʼIschia Anno XXVII- N. 5 Ottobre 2006 - Euro 2,00 Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi La Rassegna dʼIschia Via IV novembre 25 - 80076 Lacco Ameno (NA) Registrazione Tribunale di Napoli n. 2907 del 16.2.1980 Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazione con n. 8661. Stampa Tipolito Epomeo - Forio Sommario 3 Motivi 4 Ischia: Panorama ambientale 7 Artischia 2006 Artigiani in mostra a Lacco Ameno 12 Casamicciola: una ricchezza perduta 13 M. Ielasi intervista P. P. Zivelli Forio - Il Bar Internazionale - Maria 19 LʼIsola dʼIschia in Cina (Ischia Film Festival) 20 Thermalia Italia 2006 21 Il Golfo di Napoli e lʼisola dʼIschia Antologia di viaggiatori tedeschi (III parte) 30 Fonti archivistiche Le Capitolazioni delle Confraternite di Barano 36 Ibsen e il Peer Gynt Peer Gynt e lʼillusione di essere se stessi Fascino del Peer Gynt per unʼopera musicale 41 Ospiti illustri Giulia Samoiloff a Casamicciola nel 1844 45 Ricordi di terra lontana 47 Rassegna Mostre - Arte 51 Forio Premio Visconti del Centenario I Libri de La Rassegna dʼIschia Editore e direttore responsabile Raffaele Castagna Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista - La collaborazione ospitata sʼintende offerta gratuitamente - Manoscritti, fotografie e disegni (anche se non pubblicati), libri e giornali non si restituiscono - La Direzione ha facoltà di condensare, secondo le esigenze di impaginazione e di spazio e senza alterarne la sostanza, gli scritti a disposizione. Per recensioni inviare i volumi. conto corrente postale n. 29034808 intestato a Raffaele Castagna - Via IV novembre 25 80076 Lacco Ameno (NA) www.larassegnadischia.it [email protected] 2 La Rassegna dʼIschia 5/2006 MOTIVI Il mese di ottobre rappresenta lʼepilogo della stagione turistica, non avendo mai trovato una reale affermazione lʼobiettivo, tanto auspicato, di prolungarne gli effetti nei mesi autunnali ed invernali, se non in misura poco apprezzabile durante le feste di fine anno. Luci e ombre caratterizzano, come sempre, un periodo che chiama lʼisola tutta a nuove esigenze, a nuovi comportamenti, per quanto concerne soprattutto taluni servizi, la cui portata qualitativa e quantitativa determina il grado di valutazione e di compiacenza della località scelta per le proprie vacanze. Lʼuno, soddisfatto, è portato a volte a dirne tutto il bene possibile; lʼaltro, tormentato da circostanze negative, trova sfogo e soddisfazione nel dare il definitivo addio allʼisola. Oggi diventa più difficile del solito conservare, se così si può dire, una clientela affezionata, sia per la ricerca costante di migliori condizioni ambientali di comfort e di accoglienza, oltre che di piena rispondenza a quanto offerto, sia per la più ampia possibilità di scelta generale nel mercato turistico. Da vari anni si è constatato che lʼisola, non potendo e non riuscendo a determinare un effettivo miglioramento nei suoi servizi essenziali (ospitalità, trasporti, un territorio pulito, tranquillità…), cerca di farsi valere mediante il richiamo di manifestazioni che, pur positive per certi aspetti, fanno spesso pensare che i corrispondenti costi pubblici dovrebbero avere una diversa destinazione. In fondo un paese ben organizzato avrebbe un riscontro maggiore rispetto ad uno spettacolo di varia natura. Lʼisola (o il comune, se si preferisce), peraltro, va vista nella sua interezza territoriale, contrariamente ad un atteggiamento imperante, che è quello di volgere tutte le attenzioni ai cosiddetti centri storici, mentre le cosiddette periferie sono abbandonate al più completo abbandono, accentuato dal comportamento poco civico di chi vi lascia i rifiuti più ingombranti, come suppellettili e mobili vari. Rifiuti che restano sul posto giorni e giorni. Cʼerano una volta le spiagge! Belle, ampie (a volte usate dai ragazzi come veri e propri campi di calcio nei mesi in- Raffaele Castagna vernali), bagnate dalle onde di un mare allettante, incontaminato, lungo il corso principale del paese, in insenature facilmente raggiungibili oppure presso tratti di costa aspri e per lo più ricercabili soltanto da pochi e accessibili unicamente via mare! Lasciate al godimento di tutti, isolani e villeggianti, affollate nelle ore calde per bagni di sole e di mare, spesso anche frequentate di sera per una passeggiata lungo la battigia, respirando aria marina, ascoltando il dannunziano dolce “isciacquio” o il silenzio della natura circostante, dove non giungeva alcun suono della vita cittadina. Poi il degrado e la scomparsa della loro ampiezza, in quanto il mare (sempre prepotente alla maniera della sua antica divinità e mai propenso a lasciarsi dominare del tutto) se ne riappropria di volta in volta di un pezzo, a ricompensa di quanto gli viene sottratto per altri usi e destinazioni. Quella rena, che dʼinverno lʼonda risucchia, non è più restituita nel suo riflusso. Invano si cerca di proteggersi da tale fenomeno, che anzi si accentua sempre di più. Oggi per i bagni bisogna sfruttare (ed infatti si privatizzano anche) i tratti di mare scogliosi, un tempo ricercati ed amati da coloro che preferivano angoli solitari. Si afferma il turismo nautico che fa prevalere la politica portuale e ai porti devono cedere il posto le spiagge. E non sarebbe fuori luogo prendere in considerazione anche quali conseguenze apporti questa situazione sul nostro mare, su cui già recriminiamo molto. Chi osserva le antiche cartoline si rende ben conto di questa situazione. Né si può trascurare il fatto che la privatiz- zazione impronta la politica delle amministrazioni isolane, per cui restano liberi soltanto piccoli spazi arenosi e zone che già furono di grande richiamo diventano generalmente off limits. Lʼisola dʼIschia è patrimonio dellʼumanità, si è spesso sentito dire. E molti amano mettere, come si dice, il dito con particolare acrimonia in qualche sua piaga, allorquando se ne presenta lʼoccasione opportuna. Se tutti quelli che si lamentano del traffico isolano e dei tempi necessari per coprire determinati percorsi utilizzassero meno la macchina (senza attendere che lo facciano gli altri) o rispettassero dovutamente il codice stradale, molti problemi potrebbero ben considerarsi superati. Visconti e le sue celebrazioni sono trasmigrati anche a Villa Arbusto (Lacco Ameno), nonostante la Villa Colombaia di Forio, già sede estiva del famoso regista, acquisita al patrimonio comunale con forte volontà della politica locale. LʼANCEM (Associazione Napoli Capitale Europea della Musica), presieduta da Franco Iacono, nellʼambito della manifestazione Villa Arbusto, unʼisola nel Mediterraneo. Colori, suoni, linguaggi, armonie, ha inserito nellʼambito delle sue manifestazioni una serie di eventi a ricordo di Luchino Visconti, di cui ricorre questʼanno il centenario della nascita. * Nota da «Il Casamicciola - Corriere dellʼisola dʼIschia», 1906, con il pesniero ai tempi moderni Lʼufficio Postale-Telegrafico è aperto al pubblico Dalle 8 alle 12 e dalle 15 alle 19 nei giorni feriali. Dalle 8 alle 11 e dalle 16 alle 18 nei giorni festivi. Le Raccomandate, le Assicurate ed i Pacchi Postali si accettano fino alle ore 18 nei giorni feriali, e fino alle ore 17 nei giorni festivi. I sacchi delle corrispondenze postali vengono chiusi alle 14 ed alle 19. Lʼimpostazione deve anticiparsi di mezzʼora. La distribuzione della posta viene fatta alle 11 ed alle 18. I pacchi sono portati a domicilio il giorno seguente al loro arrivo. La posta parte il mattino alle 5.30 ed al giorno alle 15. N. B. Nei giorni festivi il servizio telegrafico chiude alle 19. La Rassegna dʼIschia 5/2006 3 Ischia - Panorama ambientale di Giuseppe Sollino Tratto costiero nord-orientale La fascia costiera della zona settentrionale-orientale dellʼisola dʼIschia, anche se limitata al tratto “Scogli di SantʼAnna - Spiaggia di Cartaromana”, offre interessanti spunti per uno studio floristico ambientale. La vegetazione originaria della zona è costituita dalla macchia mediterranea, condizionata in maniera evidente sia da aree coltivate (orti e vigneti), sia da manufatti edilizi, non tutti integrati nellʼinsieme naturale. Soprattutto evidente è lʼalterazione della vegetazione originaria delle diverse aree a giardino della zona. Queste sono per lo più formate da essenze estranee non solo agli ambienti isolani ma anche al bacino del Mediterraneo. Ciò contribuisce ad alterare in maniera considerevole lʼaspetto ecologico complessivo del tratto costiero. Nelle zone abbandonate ed incolte prevalgono specie ruderali molto interessanti per le loro caratteristiche ecologiche primarie e secondarie. La presenza di specie alofile, distribuite in maniera uniforme sia sugli scogli che nella prima fascia costiera, colora di un verde caratteristico un ambiente che, per la presenza di importanti emergenze storico-artistiche, quali il Castello Aragonese e la Torre detta di Michelangelo, fa di questo tratto uno degli angoli più suggestivi ed affascinanti del Mediterraneo. Analisi botanica Scogli di S. Anna - Vecchio Cimitero - Torre di Guevara La copertura vegetale di questo tratto appare notevolmente frammentata ed antropizzata, sia per la presenza di grossi complessi turistici, sia perché la costa che si abbassa con leggero declivio verso il mare è meno ricca di specie rispetto a quella dellʼarea di Cartaromana. Tuttavia appena ci si porta allʼinterno, ai confini superiori del vecchio Cimitero e della Torre, ecco che lʼaspetto vegeta- zionale si arricchisce di specie mediterranee spontanee di notevole pregio. Sono evidenti residui di macchia tipica con Filliree e soprattutto Ginestre spinose, peraltro degradata per lʼabbondanza di Canne, Rovi e, nella zona prospiciente la strada, specie da siepi importate come Pittospori, Bambù, Evonimi. È da citare la presenza di qualche grossa Quercia, mentre tra le erbacee da menzionare la Violacciocca per i tipici fiori viola molto precoci. Tra i due complessi balneari presenti, procedendo dal mare alla strada, si possono citare un Canneto, Pini dʼAleppo, gruppi di Olmi ed un impenetrabile Roveto, in parte distrutto dai lavori eseguiti per il restauro della Torre. Infine ai confini della strada qualche Betulla delimita la zona descritta. Nella zone verdi private (giardini e parchi termali) si notano Oleandri, Pini, Aranci, Palme, Agavi, Bouganvillee, Eucalipti, Olivi, Eritrine, ecc. Il sentiero che porta alla Torre di S. Anna è circondato da Mirti, Lentischi, Olivi, Ginestre, Querce, che lasciano il passo ad Artemisie e Valeriane, tipiche specie ruderali, nei pressi degli edifici. Lasciando le costruzioni, un viottolo quasi a strapiombo permette di individuare Eriche, Ginestre spinose, Lentischi, Mirti con morfotipi piuttosto interessanti. Alle grosse Querce sono avvinghiati Caprifogli o Edere, mentre Rovi ed erbacee diverse circondano Olmi e Pini dʼAleppo. Da lontano proprio sugli scogli è facile individuare elementi esotici come Mesembriantemi ed Agavi spesso in splendida fioritura. La limitatezza del substrato colonizzato dalle radici ha rappresentato per lo più uno stimolo allʼadattamento piuttosto che un fattore limitante di selezione. Così Mirti, Ginestre, Lentischi e Cisti assumono conformazioni di grande fascino con colori solari ed aromi intensi. Le piante che occupano in maniera più accentuata le aree descritte e di cui si dovrà tener conto per qualsiasi progetto di recupero, in relazione alla loro presenza percentuale, sono: il Pino dʼAleppo, le Eriche, il Lentisco, 1ʼArtemisia, le Ginestre, le Canne, le Querce, il Mirto e lʼOlivo. Naturalmente non vanno trascurate altre essenze di notevole valore presenti nella zona solo in maniera sporadica come il Rosmarino, la Lavanda, la Salvia, il Cisto e il Biancospino. Una serra particolare: Il Giardino dʼinverno Il Ninfario del XXI secolo Lo scopo di questa speciale composizione è quello di fare da cuscinetto fra lʼambiente naturale e il giardino raffinato. Il giardino dʼinverno fu concepito e sfruttato dai nostri antenati con soluzioni così valide che ancora oggi è possibile ammirare in alcune ville e palazzi nobili, sia italiani che stranieri. Il giardino dʼinverno veniva particolarmente impiegato per la protezione invernale degli agrumi in vaso e pertanto era conosciuto anche come “Limonaia”, “Arancera” o ”Tepidario”, ma era altresì adibito al ricovero di altri vegetali come le Palme, le Cicadee, i Gerani, le Gardenie, ecc.(per esempio il Giardino di Boboli a Firenze). Non ci si deve preoccupare del numero elevato dei generi e delle specie che verranno elencate, perché è proprio la varietà di colori e forme che nobilita lʼespressività del giardino. Bisogna in ogni caso tenere presente sempre lʼarmonia delle forme e dei colori, anche in riferimento alle varie stagioni, puntando in modo particolare sulle fioriture autunnali così che, mentre il giardino esterno è spoglio, il desiderio di fiori, di colori e di profumi è soddisfatto dalle molte essenze sia nostrane sia esotiche. È superfluo dire che tutto lʼambiente sarà sufficientemente riscaldato con impianti di termosifone, provvisti di valvole termostatiche regolanti la temperatura necessaria per la buona vegetazione de- gli esemplari. Questa dovrà essere non inferiore ai 15-18°C di notte, con punte massime di giorno intorno ai 20-25°C. Unʼescursione termometrica fra il dì e la notte sarà indispensabile, orientativamente di 5-8°C, come pure una diversa luminosità che non dovrebbe, almeno, in linea generale, essere turbata da una prolungata illuminazione artificiale, specialmente notturna. Quanto allʼumidità relativa dellʼambiente, essa è consigliata mediamente sul 60-70%; verrà fornita dallʼevaporazione dellʼacqua della vasca, nonché naturalmente dalle regolari innaffiature giornaliere. Qualora lʼaria risultasse troppo asciutta (ciò si deduce dallʼafflosciamento delle foglie e da altri chiari segnali vegetazionali) si può provvedere allʼimmediata umidificazione dellʼambiente, gettando acqua sugli elementi radianti del termosifone, provocando così una rapida immissione di vapore acqueo nellʼambiente. È necessario inoltre procedere anche alla disinfezione del complesso, distribuendo prodotti antiparassitari sui vegetali, sul terreno e nellʼambiente aereo. Lʼopera di disinfezione è assolutamente necessaria per proteggere tutte le piante, le quali, essendo in grande promiscuità, possono facilmente trasmettersi malattie parassitarie crittogamiche, batteriche ed attacchi di insetti. È chiaro comunque, che nella somministrazione dei prodotti verranno scrupolosamente seguite tutte le norme prescritte dalle case produttrici dei fitofarmaci. Area progettuale La superficie coperta può raggiungere (e anche superare a seconda della volontà) i 200mq ed è prevista una struttura pressoché rettangolare. È consigliabile in tal caso tenere esposto un lato maggiore a Sud. Vi si potrà accedere tramite due o più ampie porte vetrate, larghe 2m ed alte 3m. Sono previste ampie porte, finestre lungo tutta lʼarea perimetrale. Si tratta quindi di una serra che potremo chiamare “Stabile”. Il disegno planimetrico sarà molto semplice e si potrà lasciare ampio spazio alla zona centrale che accoglie i vari gruppi di vegetali ed è altresì adibita a sosta. Nella zona a Nord potranno essere raccolte varie specie legnose di grande effetto ornamentale, oltre ad alcune specie “coloniali” raggruppate a formare un centro di attrazione. I quattro angoli ospiteranno specie poco comuni e quindi di grande interesse e curiosità. Di particolare interesse è la superficie destinata alle colture in liquido (idroponiche), delimitata da un muretto in pietra lavica alto 20cm. Naturalmente questa area rappresenta un piccolo bacino dʼacqua poco profondo (fino a 40 cm). Altri muretti racchiudono piante sarmentose o rampicanti ed inoltre formano piattaforme per mensole o per accogliere pezzi artistici o artigianali prodotti nellʼisola dʼIschia (sculture, ceramiche, ecc). Una piccola voliera, un tronco secco che fa da supporto a specie ricadenti di grande effetto, siepi piccole e basse di Sanseviera, possono arricchire con grazia tutto lʼambiente, nel quale saranno previsti numerosi punti di sosta. Alcune piante potranno essere sistemate in piena terra, altre in vaso con una prevedibile ampia mobilità. I passaggi e i camminamenti sono rivestiti di ghiaia e le aree destinate alle piante possono essere lasciate in terreno nudo o, meglio, rivestite da un mantello verde a prato. Le essenze vegetali Vi sono rappresentati numerosi generi e specie soprattutto esotici e di facile ambientazione. Alcune piante come gli Anthurium e i Croton sono per esempio tipiche di coltivazioni in serra caldo-umida. Nel gruppo delle Bromeliacee possono trovar posto Aechmea, Ananas, Bromelia, Tillandsia, ecc, tutte originarie del Sudamerica. Per quanto riguarda la coltivazione delle piante coloniali, la scelta cade su quelle più note e diffuse come lʼAvocado, il Banano, il Pomodoro arboreo, il Cacao, il Caffè, la Fejioia, la Canna da zucchero, lo Zenzero, per le specie meno comuni, ma di alto interesse collezionistico; potremo consigliare lʼAlbero del pane, il Mango, la Papaya, oltre ad alcune specie ricche di alcaloidi come lo Strofanto, esclusivo di orti botanici. Sono inoltre previste anche delle piante grasse, naturalmente verranno prescelte quelle che prediligono ambienti più umidi che secchi. Ricordiamo a tal proposito che una vera e propria raccolta di piante succulente andrà ad abbellire unʼarea molto ampia del Parco di SantʼAnna. Nei vasi appesi alle pareti o in tasche ricavate nelle pareti stesse troveranno sistemazione piante come Columnea, Ceporegia, Fuchsia, Photos, Russellia, Sedum, ecc. Per le bordure Lantane, Peperomie, Saint Paulia, ecc, saranno le specie più utilizzate. Per le colture idroponiche la scelta delle piante non è molto impegnativa. Fra le specie già altrove impiegate con successo ricordiamo Adiantum, Begonia, Dieffenbachia, Dracena e vari tipi di Felci. Gli elenchi su esposti vogliono essere solo una guida nella scelta di specie di sicuro effetto ornamentale e che, allo stesso tempo, vengono a costituire unʼinteressante collezione, quasi ad unire in un solo piccolo ambiente i diversi continenti della terra. Tutte le piante verranno etichettate e brevi note illustrative saranno a disposizione dei visitatori. È infine molto importante ricordare che in tale ambiente verranno conservate alcune specie indigene come la Woodwardia o il Cyperus in pericolo di estinzione. La sistemazione complessiva del Parco di S. Anna mira ad ottenere un duplice effetto, da un lato la conservazione attiva di specie ormai quasi del tutto scomparse o in via di estinzione e dallʼaltro si propone il recupero di unʼarea molto importante per il verde pubblico dellʼintera isola. Il tipo di essenze prescelte, piante tipiche di un ambiente, la Macchia mediterranea, sempre più limitato, la valorizzazione di scopi meramente scientifici e divulgativi, per un approccio più maturo TORRE DI GUEVARA detta anche di Michelangelo dei fruitori con la costituzione di una serra atipica come il “giardino dʼinverno”, danno a questo sito lʼetichetta di una scelta obiettivamente lungimirante nella salvaguardia e nel recupero degli aspetti ambientali ecologicamente più stimolanti per la politica del territorio da parte dellʼAmministrazione dʼIschia. Conclusioni È difficile esprimere il valore e lʼimportanza ambientale della zona esaminata per lʼabbondanza di aspetti diversificati eppure integrati tra loro. Così le caratteristiche paesaggistiche evidenziano la fortunata posizione dellʼintero tratto costiero che contiene, in una superficie limitata, il retaggio storico-culturale ed ambientale della storia passata, non solo dellʼisola dʼIschia. Il clima, particolarmente mite ed umido (i mesi più rigidi hanno medie termiche tra i 4°C e gli 8°C e raramente si arriva a 0°C; lʼestate ha invece minime che spesso superano 6 La Rassegna dʼIschia 5/2006 La torre si compone di due parti distinte: la parte basamentale, con una scarpata fortemente pronunciata che ingloba il piano seminterrato ove i muri raggiungono spessori ragguardevoli, e la parte superiore, su due piani disimpegnati da una scala ad anima piena, con gradini in massello di piperno lungo i quattro rampanti per piano. Tra il basamento e lʼedificio superiore sʼinnesta il caratteristico toro di piperno, come le paraste che circondano le finestre e le feritoie formando ornie e davanzali, ed ancora come le mensole del coronamento. Il portale è costituito da una semplice fascia architravata a pieno sesto, con infisso nel muro, in chiave, lo stemma in marmo della famiglia Guevara, duchi di Bovino. Lʼinterno, a pianta quadrata, è suddiviso in quattro ambienti per piano, coperti con volte a padiglione e a botte, tranne quella dellʼultimo piano della torre. Un affresco del XVI secolo, attribuito ad un allievo di Raffaello che lavorò per la famiglia dʼAvalos, si conserva al primo piano della torre. Posta sul versante sud-est del litorale, sorse, probabilmente alla fine del XV secolo, a formare un unico sistema difensivo e di avvistamento con il Castello Aragonese. La torre, costruita sul terreno dei frati francescani del convento di S. Antonio, ai quali in enfiteusi il nobile Giovanni di Guevara lo tolse, costituì lʼabitazione della famiglia. Per difesa, data la posizione isolata della torre, lʼaccesso era allora possibile solo dal mare attraverso dei varchi aperti in un muro alto 3 m che recintava il terrapieno antistante la torre e che si collegava, tramite una scala interna alla costruzione, Disposta al di fuori del centro abitato, in prossimità di un delizioso giardino detto il “Ninfario”, la torre Guevara, di suggestiva panoramicità, è un punto di riferimento visivo sia dal mare che dallʼentroterra. i 20°C; le precipitazioni poi sono concentrate soprattutto tra ottobre ed aprile) favorisce lo sviluppo di vegetazione rigogliosa. Così gli aspetti vegetazionali estremamente variabili per forma, strutture, colori e consistenza accrescono la bellezza e vivificano con profumi ed aromi la mediterraneità dei luoghi. Quindi è unʼarea da salvaguardare, da rinfoltire nel rispetto dellʼesistente e ancora protetto, soprattutto dalle nuove mode esotiche imperanti nella costruzione dei giardini. Sarebbe anche il caso di fare opera di sensibilizzazione verso i proprietari dei giardini confinanti invitandoli ad impiegare specie autoctone che non alterino lʼidentità floristica dei luoghi. Se il restauro degli edifici fa rinascere 1ʼamore del bello e la cultura di esposizioni, di concerti e convegni, il recupero degli spazi degradati, ora presenti intorno allʼantica Torre quattrocentesca, può costituire un importante passo verso lʼintegrazione naturalistica dellʼuomo in questʼangolo di paradiso da riconquistare. Ed allora la sistemazione complessiva del parco deve mirare ad ottenere molteplici effetti, da quello a giardino ampiamente godibile a quello di riferimento obbligato per una visita che abbia scopi didatticoscientifici: si prospettano collezioni di piante rare e/o esotiche del giardino in aree di esposizione o anche la raccolta di rarità peculiari dellʼisola dʼIschia, eppure sempre meno rinvenibili. Così come non andrà trascurata la raccolta di piante della macchia mediterranea così diffuse e tanto poco valorizzate. Anche per ciò e per lʼapproccio stimolante che ne scaturisce, esso diviene riferimento di promozione del verde pubblico dellʼintera isola. Giuseppe Sollino Organizzata dalla Cooperativa Sociale Kairos Onlus Artischia 2006 - Artigiani in mostra di Luisa Pilato Si è svolta a Lacco Ameno, dallʼ1 al 4 Settembre 2006, la IV edizione della manifestazione Artischia – Artigiani in mostra, ideata e realizzata dalla Cooperativa Sociale Kairos con il patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Napoli, del Comune di Lacco Ameno, della Camera di Commercio di Napoli e dellʼAssociazione degli Artigiani dʼIschia; evento dedicato a tutte le forme espressive dellʼarte e dellʼartigianato, dalla pittura alla scultura, dal ricamo allʼintaglio, proprio nel contesto delle finalità della cooperativa sociale Kairos di valorizzare lʼartigianato locale, considerato che le produzioni artigianali negli ultimi anni hanno subito una forte penalizzazione per effetto della concorrenza spietata esercitata dalle produzioni industriali di massa. Gli artigiani isolani hanno esposto i loro capolavori, frutto della abilità di chi sa trasformare materie prime semplici in vere e proprie opere dʼarte. Quaranta gli espositori presenti, artigiani abili nella lavorazione della ceramica, del legno, del vetro, del ferro, della pietra, della rafia. Molti hanno mostrato i segreti della loro arte facendoci tuffare nel loro universo creativo e gustare tutta la bellezza e la particolarità del loro talento con dimostrazioni in loco. I due maestri Gaetano De Nigris ed Aniello Di Leva, ideatori della bottega dʼarte Keramos, hanno plasmato con le loro mani la creta ottenendo opere meravigliose che hanno poi abilmente decorato con i colori del mare, del cielo e della terra, dimostrando come è possibile ricavare oggetti meravigliosi in grado di sod- disfare contemporaneamente le esigenze e i gusti delle persone nel rispetto delle tradizioni. I due maestri hanno anche particolarmente attirato lʼattenzione dei visitatori invitando qualche ragazzino a cimentarsi nella lavorazione della creta. I soci dellʼAssociazione Villa di Campagnano hanno fatto ammirare la particolarità dei “nassielli” di ginestre e la bellezza della lavorazione della paglia, della rafia e del ricamo, facendo immaginare qual era lʼambientazione rustica dei tempi passati e facendo scoprire tutto il fascino degli antichi mestieri, dellʼarte e della buona cucina. La signora Teresa Regine, da tutti conosciuta come Sisina, con i suoi nipotini ha dato scena della sua abilità di intreccio della paglia e grano ottenendo oggetti vari come cestini, lampade, ventagli, cappelli etc. Significativa la presenza del- le opere realizzate dai pazienti del Centro di Salute Mentale del distretto 57 Asl Na2, testimoniando come la ceramica può essere un valido strumento terapeutico. La manifestazione è stata allietata dalla rappresentazione dellʼAssociazione ʻNdrezzata Gruppo con la guida del maestro Ernesto Buono, contribuendo al successo dellʼevento, nella consapevolezza che iniziative del genere vanno sostenute ed incoraggiate in quanto, valorizzando lʼartigianato locale, si custodiscono le tradizioni, il bagaglio culturale e la storia della nostra meravigliosa isola. Significativa a tal riguardo la partecipazione del maestro Mario Mazzella con due sue opere, una tela ed una scultura. Presenza che di certo ha impreziosito la mostra dando lustro agli artigiani che hanno esposto le loro opere. Artigiani in mostra Aldebaran Di Michele Scotto Di Minico - Ferro Ha fatto del suo hobby la sua professione. Ha iniziato frequentando di tanto in tanto la bottega di un suo amico fabbro, da cui ha potuto apprendere lʼantichissima tecnica del ferro battuto. In brevissimo tempo e con grande stupore anche del suo amico e maestro, è emersa la capacità e la facilità con cui riesce a realizzare i suoi pezzi esclusivi e personalizzati, autentiche opere dʼarte. Associazione “Villa di Campagnano” - Ricamo, uncinetto, paglia LʼAssociazione promuove lo sviluppo del proprio territorio mediante la realizzazione di eventi culturali tra cui: la festa della Madonna delle Grazie, la Passeggiata Ecologica e il Presepe vivente. Essa racchiude nel fascino degli antichi mestieri, delle arti e della cucina, tutto quanto di bello e buono ci si può immaginare in una ambientazione rustica che solo Campagnano può offrire nel contesto isolano. Ass. Disabili e Croce Rosa – Rosa Iacono - Grano e paglia Lʼassociazione Disabili nasce circa venti anni fa per aiutare i disabili ad ottenere i propri diritti attraverso lʼabbattimento delle barriere architettoniche, una adeguata assistenza sanitaria e tutto ciò che può garantire loro un La Rassegna dʼIschia 5/2006 7 adeguato stile di vita. Successivamente è stato attivato anche un servizio di Croce Rosa che abbraccia tutta lʼItalia, presente da circa dieci anni. Associazione Ital. Amici del Presepe - Presepi La prima ricostruzione della scena del Presepe si attribuisce generalmente a San Francesco nel 1223. La natività di Cristo, in realtà, era già stata oggetto di non pochi “misteri” medievali. Di fatto questa tradizione continua nei secoli a catalizzare lʼattenzione nel periodo Natalizio. Da tempo, in tutti i paesi del mondo, si sono costituite associazioni per la difesa e la valorizzazione della tradizione del presepe. Anche ad Ischia esiste una rappresentanza dellʼAssociazione Italiana Amici del Presepe, che si cimenta nella creazione di stupendi e caratteristici presepi. Ausiero Alfonsina - Ricamo Autodidatta ha iniziato a ricamare per gioco con lʼausilio di riviste specializzate. Giocando con le materie prime si appassiona sempre più a questa forma di arte che diventerà parte integrante della sua vita. Boccalone Gildo - Terracotta Nato a Roma, si trasferisce a Ischia nel 1975. Comincia a disegnare fumetti usando come chiaroscuro la china e sfruttando varie tecniche. Dopo il 2000 scopre per caso lʼargilla e la fa diventare messaggera di significato. Oggetto della sua attenzione è lʼuomo e la sua relazione con gli altri. Buono Chiara - Ceramica Giovane ceramista diplomata alla scuola dʼarte vietrese “Onlus” fonde la tradizionale ceramica con lʼinflusso giovane e moderno dando luogo a frizzanti colori, forme nuove, ed elementi classici rendendo ogni oggetto unico ed originale. Buono Valerio - Mosaici Realizza mosaici con piastrelle e pietre naturali. Nel 2003 frequenta un corso di perfezionamento presso il Centro Internazionale Studi Insegnamento Mosaici (C.I.S.I.M) di Ravenna.. Un mosaico affascina perché parla spesso una lingua difficilmente comprensibile allʼimpatto, ma appena abituati i sensi vi rivela un mondo più grande. Cecchi Marco - Pittore Marco Cecchi è un artista eclettico. Ha frequentato gli ambienti della moda, del design, producendo lavori originali, legandoli a propositori di indubbia notorietà. Nato nellʼisola dʼIschia nel 1957, si è laureato in Arti Illustrative e Grafiche presso lʼIstituto Europeo di Design a Roma dove ha vissuto e lavorato per dieci anni. Nei suoi dipinti si riscopre lʼartista come antenna sensibile, in grado di captare la nevrosi odierna che schiaccia avvenimenti e traumatiche emozioni in apatica assuefazione. 8 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Il Centro di Salute Mentale - Ceramica Il Centro di Salute Mentale è impegnato a promuovere iniziative artistiche rivolte a stimolare la creatività delle persone che vi accedono costituendo un efficace strumento terapeutico. Lʼarte, in modo particolare la ceramica, arricchisce quindi, sia chi la produce che chi ne fruisce. Da qualche anno abbiamo la possibilità di poter ammirare questi preziosi lavori. Ciro Re (Ciro Reame) - Tecnica mista Da diversi anni nutre questa passione. Già dai tempi delle scuole medie si cimentava nellʼarte della pirografia. Negli ultimi anni ha cercato di sviluppare questa tecnica e lʼha fatta diventare un hobby permanente. Creando queste opere ha sviluppato un senso artistico, che ha proiettato su oggetti di uso quotidiano cambiandone il consueto utilizzo. Ad esempio ha trasformato caffettiere in macchinette brucia essenze, ha ravvivato dei cofanetti con la tecnica del decoupage e tante altre cose tutte da scoprire Cosentino Salvatore - Legno Appassionato inizialmente di tennis, riceve in “eredità” dalla sua famiglia caprese lʼamore per il mare . In particolar modo ha sviluppato lʼabilità nel costruire bassorilievi che raffigurano barche. Decus Artis di Patalano Luca - Ceramica Ispirato dallʼincantevole scenario di bellezze naturali che lʼisola offre e grazie allʼuso delle tecniche del dipinto carpite nella scuola “Romano Ranieri” di Deruta, Luca si dedica nella sua piccola bottega ,con grande passione alla raffigurazione di personaggi, paesaggi e tanto altro.Grazie allʼabile uso del pennello,i caldi colori della terra si fondono con quelli del cielo per riprodurre opere di grande impatto artistico. Di Colantonio Giovanni e Castaldi Ambrogio Pietra Lavorano la pietra dandole le forme più varie. Possiamo trovare le loro opere in diverse zone dellʼisola. Nella piazza di Santa Restituta in Lacco Ameno possiamo ammirare una grande fontana lavorata per la scorsa edizione di “Artischia” e lasciata in esposizione permanente. Di Costanzo Irma - Ricamo Grazie a insegnamenti tramandati da generazioni, lʼarte del ricamo a mano resiste a quello delle macchine. La passione per il ricamo è ciò che rende i lavori di Irma Di Costanzo unici nel loro genere, dai colori più vivaci a quelli più sobri che ricordano gli antichi corredi. Il ricamo viene applicato su ogni tipo di accessorio per la casa: dalle lenzuola alle tovaglie da tavola ecc. per poi passare ai tendaggi e tutto ciò che può essere arricchito ed abbellito con le tecniche del ricamo. Di Massa Alessandro - Ceramica Sfruttando il suo estro e la sua predisposizione per la creatività, è riuscito da autodidatta ad applicare in modo originale le tecniche legate alla ceramica. Le sue opere artigianali possono, senza ombra di dubbio, essere definite originali. Di Massa Michele - Pittura Ischitano Doc, non è legato a nessuna scuola pittorica, seguendo sempre e comunque il suo istinto e la sua ispirazione. Apprezzato ritrattista riporta sulla tela i volti degli ischitani di un tempo così come è un fedele testimone dei panorami della sua isola. Eʼ anche apprezzato restauratore di opere sacre esposte nelle varie Chiese isolane. Di Meglio Nicola - Cesti La passione di intrecciare cesti nasce già da bambino osservando con spiccata curiosità un vicino che li lavorava. Nel tempo ha affinato la sua tecnica, portando avanti questa antica tradizione. Riesce a produrre cesti di svariate forme e dimensioni, anche soddisfacendo richieste di ogni tipo. Di Sapia Vetreria - Vetro Sono i primi vetrai a Ischia dal 1956, da quando lo zio Capaldo si trasferì dal Venezuela e volle con seʼ il nipote da Napoli stabilendosi definitivamente ad Ischia. Essendo una tradizione di famiglia le tecniche di lavorazione sono state tramandate di generazione in generazione. La passione per questo lavoro, rende le loro creazioni uniche ed inimitabili. Esposito Giuseppe - Pelle Da tre anni è approdato sullʼisola dʼIschia, dopo aver vissuto molti anni a Napoli. Lʼarte che lo contraddistingue è da ricondursi a diverse generazioni passate. Grazie alla sua versatilità e al suo estro ha saputo applicare alle antiche metodologie le nuove tecniche per portare avanti la tradizione familiare. Foto Elite di Bruno Di Scala - Fotografia Aveva 15 anni quando scorrazzava per lʼisola con La Rassegna dʼIschia 5/2006 9 macchina fotografica e cavalletto. Immortalava il suo verde, la sua gente… Quella passione ora è diventata la sua professione. Si occupa in particolare di ciò che quotidianamente viviamo creando irripetibili emozioni dʼarte. Keramos - Ceramica La bottega dellʼarte “keramos” nasce dallʼincontro di due maestri ischitani della terracotta. Nellʼimpasto della creta plasmano con le loro mani, come solo gli artigiani di una volta sapevano fare, gli elementi primordiali che danno vita alle cose: lʼacqua, la terra, lʼaria e il fuoco. Conservando come un tesoro lʼinsegnamento dei Greci ci regalano oggetti meravigliosi che racchiudono tradizione e modernità. Kiros - Ferro Nasce dallʼidea di Domenico e Salvatore di creare essenzialmente in ferro battuto ed altri materiali come carta e pietra con particolare riferimento al tema della natura. In seguito lʼattività si è estesa alla creazione di altri complementi dʼarredo. Calise Carmine - Vetro Da sempre estro e fantasia hanno caratterizzato il suo lavoro. Le tecniche adoperate per la creazione degli oggetti dʼarte sono le più disparate: si passa dalla tecnica del vetro a fusione a quella del vetro dipinto a mano, ecc. Particolare lʼuso del vetro di Murano allo scopo di creare oggetti unici dal sapore artigianale. Grazie alla sua alta professionalità, intelligenza artistica e passione ha riscosso ampi successi nellʼambito nazionale. Trofa Anna - Legno Il negozio Legnomania è nato dalla passione per il legno ed il piacere di lavorarlo, vedendo così trasformare la fantasia in qualcosa di reale con oggetti e mobili che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni. Lombardi Feliciana - Ceramica Ha iniziato quasi per gioco dopo le continue insistenze della madre che aveva intuito le sue doti naturali osservandola disegnare. Dopo aver frequentato una scuola per ampliare le sue conoscenze nel campo, ha continuato a lavorare la ceramica migliorando gradualmente e mettendo in pratica gli insegnamenti, avvalendosi anche dellʼ esperienza maturata negli anni per creare le opere che oggi possiamo ammirare. Magnanimo Michele - Fotografia I riflessi di immagini come risultato di una ricerca dellʼoriginalità dei luoghi e dellʼarmonia degli elementi compositivi. Ecco ciò che può rendere eterni stati dʼanimo, altrimenti destinati a svanire col passare del tempo. Queste le caratteristiche dellʼattività di M. Magnanimo, fotografo professionista, dotato di spiccata sensibilità artistica, che si dedica con successo alla realizzazione di servizi per cerimonie unici e particolari. 10 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Marino Giovanni - Strumenti musicali Unico costruttore di Strumenti Musicali Popolari ad Ischia.Passione tramandata dal nonno Giovanni Raffaele Marino, realizzando manufatti artigianali con tecniche quasi scomparse. Il nonno era costruttore delle “spade e mazzarelli” e il nipote Giovanni è diventato lʼerede dei segreti di costruzione di questi manufatti. Socio fondatore dellʼAssociazione Scuola del Folklore, nonché “Caporale” della Mascarata (Danza di spade di Buonopane)Dopo un corso di Tammurriate e Tecnica di Costruzione di strumenti popolari, lʼallievo è divenuto Maestro Costruttore. Costruisce gli strumenti musicali da usare nel gruppo con la volontà di farne sempre nuovi dai suoni completamente diversi. Si diverte costruendo e costruisce divertimento! Mattera Stucchi e non solo… - Gesso Per la realizzazione delle sue creazioni usa soprattutto la fantasia, sfruttando lʼesperienza e la formazione artistica realizzate a Torino. Le sue peculiarità sono il restauro, le cornici e gli stucchi decorativi. Con la sua inventiva riesce a trasformare un materiale semplice come il gesso in unʼopera dʼarte. Migliaccio Caterina e Minopoli Carla - Stoffa e decoupage Lʼidea di realizzare manufatti scaturisce dallʼapplicazione di insegnamenti sia familiari che scolastici che hanno portato nel corso del tempo a coniugare fantasia e conoscenza, atti a creare simpatici oggetti quali: cofanetti, album fotografici, materiale natalizio tra cui sfere, ghirlande, ecc e, utilizzando la tecnica del decoupage, vivacizzare vassoi, mattonelle e una grandissima varietà di altri oggetti. Montagna Antonio - Modellismo navale Lʼidea di dedicarsi al modellismo navale nasce inizialmente dal desiderio di riprodurre una nave che apparteneva al padre. Con il solo aiuto dei libri è riuscito in questa sfida, appassionandosi sempre di più alla costruzione di modellini navali. Precisano Riccardo - Pietra Ha scoperto la passione per la pietra da bambino giocando con i sassi sulla spiaggia. Con il passare del tempo ha scoperto e sviluppato lʼamore per la scultura in genere. Dalle sue parole: “Vado in giro con martello e scalpello perché vedo nella pietra un immagine e devo subito tirarla fuori dalla roccia . Una volta ho visto un indiano . . .” Rosario Scotto Di Minico - Ceramica Dipinge dallʼetà di 10 anni. La voglia di dipingere la porta dietro dallʼinfanzia e fondamentale è stato lʼincontro con il Maestro Vincenzo Funiciello. Molti anni dopo si appassiona alla ceramica con la sperimentazione di una tecnica a lui sconosciuta, che in breve tem- po si è trasformata nella sua professione che gli regala grandi soddisfazioni. Krystyna Slodownik - Ricamo Ha cominciato a ricamare nel suo paese di origine in Polonia, inizialmente per sostenere le spese familiari. Poi la necessità è diventata amore per tutto ciò che riguarda la manifattura in genere : ricamo, uncinetto, lavoro a maglia. Crea soprattutto per passione. Si possono ammirare in modo specifico i suoi lavori di ricamo su tela. Striani Lia - Ceramica e argento Nata a Napoli il 29/03/1960 si è diplomata come maestra dʼarte nel 1978 ed ha conseguito la maturità di Arte Applicata nel 1980. Influenzata dallʼattività artistica del padre ha manifestato precocemente interesse per la pittura e in seguito, grazie agli studi, per la decorazione e la ceramica. Oggi, collaborando anche con artigiani vietresi, realizza originali decorazioni per oggettini terracotta e monili preziosi. Turco Francesco - Legno Intagliare il legno è una passione che ha coltivato fin da bambino. Oggi ha la possibilità di dedicare molto più tempo a questo suo hobby, riuscendo a creare simpatiche ed elaborate opere, grazie al perfezionamento nel tempo delle tecniche di lavorazione. Annunziata Zambardi - Quadri polimaterici Nelle sue opere le forme si sottraggono alla tentazione del simile, ai valori canonici della rappresentazione per trovare una referenzialità interna, non naturalistica ma psichica e inconscia. Per lʼartista lʼopera è un prolungamento del mondo interiore, del rapporto che intrattiene con la realtà esperibile. Lʼopera diviene il risultato di unʼelaborazione che si sviluppa nel corso dellʼesecuzione. Per le sue opere sceglie materiali non convenzionali tra cui espanso, cemento, calce,gesso, vernici industriali, che da “corpi inerti” riesce a trasmutare in elementi attivi. La Rassegna dʼIschia 5/2006 11 Da «Il Casamicciola - Corriere dellʼisola dʼIschia Rivista Termale Ebdomadaria» Direttore-proprietario Nicola Fittipaldi - Mercoledì 31 gennaio 1906 Casamicciola: Una ricchezza distrutta Fin quando il piano regolatore non incominciò il suo lavoro di demolizione, imposto per legge, esistevano in Casnmicciola n. 31 Lumiere addette alla fabbricazione della creta. Di queste n. 24 appartenevano a proprietari che le cedeano in fitto a persone capaci al mestiere e le altre n. 7 appartenevano ai proprietari che le gestivano per conto proprio, perché abili a tale industria. Delle 31 Lumiere n. 3 erano esclusivamente addette alla lavorazione dei vasi di creta, n. 4 a quella dei mattoni, n. 17 a quella dei quadretti e tegole, n. 5 a quellʼaltra promiscua di mattoni e quadretti, n. 2 finalmente a quella dei lavori patinati. Nelle prime tre lavoravano internamente n. 24 persone in media al giorno delle quali 15 con famiglia, ottenendo un lucro giornaliero di circa L. 60, epperciò il lucro complessivo annuale, esclusi i giorni di cattivo tempo ed i dì festivi, era di L. 14.400,00. In dette tre Lumiere si consumavano per la lavorazione dei vasi 1200 tonnellate di creta, prodotto assoluto del paese, costando L. 7500. Si spendea altresì per combustibile la somma di L. 9000, di cui due terzi prodotto del paese. Si bruciavano nellʼanno circa 60 fornaci le quali producevano in totale di lavoro L. 36000, cioè in ragione di L. 600 ognuna, di cui L. 500 riflettea la spesa come di sopra, cioè manodopera, creta, combustibile ed altro, e L. 100 utile dellʼindustriante, che perciò assicurava lʼannua rendita di L. 2000 circa. Per lʼindustria quindi delle dette tre Lumiere rimanea nel paese la somma di L. 33.900 circa. Nelle quattro Lumiere per la sola lavorazione dei mattoni lavoravano 12 La Rassegna dʼIschia 5/2006 25 persone al giorno, delle quali metà con famiglie. Esse avevano in media L. 63 al giorno, e quindi annualmente L. 15120. Si bruciavano circa 60 fornaci lʼanno. Si consumavano annualmente 2000 tonnellate di creta prodotto del proprio paese, denominata creta fiacca e forte, che costa in totale L. 9450 di combustibile prodotto per metà del paese. Dalla cottura dei lavori delle 62 fornaci si ricavava lʼannua somma di L. 39000, dando ciascuna in media L. 600, la quale somma comprende lavorazione e combustibile, creta ed utile dellʼindustriante che in totale formava lʼannua somma di L. 1350 per ogni Lumiera. Del danaro che si spendea per lʼesercizio delle dette quattro Lumiere rimanea nel paese la somma di L. 34695. Le 17 Lumiere addette alla fabbricazione dei quadretti e tegole, bruciavano annualmente circa 323 fornaci. Lavoravano circa 140 persone, delle quali metà con famiglia. Tutti lucravano in media L. 275 al giorno, che annualmente davano la somma di L. 66.000. Si consumavano in un anno L. 48450 di creta di cui un terzo è prodotto del paese. Si consumavano altresì L. 48450 di combustibile, di cui un terzo è del paese. Le 323 fornaci produceano annualmente circa L. 164.730 di lavori dando ciascuno L. 520 di prodotto, da cui tolta la spesa di lavorazione, combustibile e creta, restava allʼindustriante di utile la somma di L. 19.380. Del danaro che si spendea lʼesercizio di dette 17 Lumiere, rimanea a beneficio del paese la somma di L. 117.680. Le cinque Lumiere che eseguivano la lavorazione mista di quadretti, tegole e mattoni conteneano n. 9 fornaci. le quali andavano bruciate annualmente circa 170 volte. Lavoravano in media 55 persone delle quali metà con famiglia, lucrando in media L. 137 al giorno, che formano lʼannuo utile di L. 32880. Vi si impiegava nellʼanno la somma di L. 22100 di creta, di cui due terzi della creta fiacca escavata nel paese. Si spendeano pure L. 22100 di combustibile prodotto per metà nel paese. Le 170 fornaci davano un prodotto annuo di L. 70500 di lavori, dando ciascuna fornace L. 450 di prodotto. Il guadagno dei conduttori, tolte le spese come sopra, era di L. 60, che in totale formano L. 10200, rimanendo di utile al paese la somma di L. 68490. Da ultimo nelle due lumiere che eseguivano la lavorazione degli oggetti patinati, si bruciavano annualmente 45 fornaci. Lavoravano in media 22 persone al giorno delle quali dieci con famiglia. Tutti lucravano circa lire 74 al giorno, formando nellʼanno la somma di lire 19700. Occorrea la spesa di lire 4500 di legna importata dal continente e lire 4500 di creta escavata nel proprio paese. Occorreano pure lire 6700 di patina importata dal continente ed altro. Le 45 fornaci produceano annualmente lire 40500 di lavori. Il guadagno dei conduttori era di lire 4050 annue. Lʼesercizio di queste due lumiere rendea al paese la somma di lire 28850. Massimo Ielasi intervista Pietro Paolo Zivelli Maria - Il Bar Internazionale- Forio Che cosa resta oggi del Bar Maria? Cʼè ancora tanto nel look, rispettato dai nuovi proprietari, sicuramente a voler “storicizzare” quella certa atmosfera: soffittatura con giornali e coperta di rotocalchi; galleria di quadri a correre lungo le pareti, tutto nel rispetto della tradizione, nel nome di Maria... ma Maria era Maria. Gli orchestrali sono bravi, professionalmente preparati, ma lʼesecuzione del brano la caratterizza il direttore dʼorchestra, il maestro con la sua bacchetta e la sua passione, sensibilità interpretativa, cuore. È lui che dà tempi, accelerazioni, distrazioni, preziosismi che lasciano a bocca aperta. Tutto questo era Maria e da sola riusciva a creare la giusta atmosfera, perché tutto si organizzasse in un unicum armonico, momento dopo momento nella teatralità di una sua entrata tra i tavoli nella piazzetta; una flessione del capo appena accennata per salutare lʼospite di riguardo, un abbraccio per gli amici ritrovati, un frettoloso saluto alla comare che passava sulla stradina adiacente... e poi... quellʼintercalare di Soffitto del Bar Internazionale Libero De Libero (a sinistra) al Bar di Maria con P. P. Zivelli dialetto e di storpiato italiano in salsa di grammelot anglo-germanico ed i suoi occhietti vispi e furbi che spaziavano tuttʼintorno ad incontrare quelli dei suoi clienti-amici, lì in attesa di essere gratificati dalla sua presenza, magari al proprio tavolo e poter scambiare qualche parola in quella strana lingua che la consuetudine rendeva miracolosamente dialogo. Maria era il genius loci fatta persona; demiurgo fascinoso dellʼintera performance salottiera e, come tale, si percepiva mentre trotterellava un poʼ sbilenca su quelle sue gambe piccole ed arcuate, sotto quella strana acconciatura a scopetta (taglio Zibacchiello). Era lei che comandava tutto, dirigeva la piazza, e solo lei doveva servire le consumazioni a determinate persone. Si sviluppava così un rituale ormai codificato, con sottolineature di grande suggestione per chi sapeva coglierle, se in sintonia coi personaggi. Che cosa resta del Bar Maria? Tutto ciò che questo Bar ha rappresentato per Forio; per tanti di noi, fortunati testimoni di unʼepoca particolarmente interessante per la prestigiosa presenza, in quegli anni, di tanti La Rassegna dʼIschia 5/2006 13 personaggi che hanno operato ai massimi livelli nei rispettivi ambiti artistici e culturali. Perché Maria piaceva alla gente? Piaceva alla gente, Maria, perché «sapeva volare, sapeva amare!». Maria piaceva perché era bella dentro... tutta lì a darsi con una grazia inimmaginabile in quel volto sgraziato, tagliato con lʼaccetta, nei capelli a scopetta, ma pieno di tutto nei piccoli occhi ubiqui, luminosi di una viva vivacità comunicativa; quel suo sorriso tartarugato, unico, di donna vissuta; quellʼurgenza immediata e spontanea nella disponibilità; la sua intelligenza discreta, sensibile ed attenta nel rapportarsi nella giusta maniera agli altri con approcci personalizzati, misurati, in punta di sorriso. Tutto questo la rendeva unica e metteva a proprio agio quelli che frequentavano il suo salotto; questo ritrovarsi come a casa propria, nel giro di qualche ora seduti al suo Bar, aveva qualcosa di miracoloso. Ma... come ti dicevo, per ipotiposi «Maria sapeva volare!» Come era Forio negli anni ʻ50/ʼ60? Era bella Forio! Era veramente bella... dimensionata, discreta... con tutta la fascinazione, lʼaffabulazione intrecciata nelle sue storie di terra e di mare; di isola evaginata dallʼisola. Era bella! Finalmente uscita da un dopoguerra che lʼaveva vista soffrire povertà e precarietà; con tutta quella approssimazione con la quale timidamente si affacciava alla ribalta del turismo nazionale ed internazionale. Era bella Forio e non poteva essere altrimenti perché epitome delle bellezze naturali e paesaggistiche. Ecco perché tanti che lʼavevano accidentalmente scoperta la magnificavano e la segnalavano perché anche altri la vivessero. Forio da parte sua non si lasciava comsumare; sfuggiva al possesso e per questo lasciava in bocca il sapore struggente della nostalgia che si appaga solo nel ritorno, nel ritrovarla così come era: «acqua e sapone, magica nella sua architettura bianca in pieno sole; senza trucco ancora nellʼappuntamento di prima sera; profumata e sensuale negli odori e nelle voci sussurrate nella notte!» Come non ritrovarla in queste nuances di Michele Longobardo! agio; in totale simpatia nel contesto sociale generale. Era diversa per lʼunicità del suo paesaggio, per quello che racchiudeva in sé, nella sua cultura millenaria, nella sua tradizione, vocazione... col suo mare che si allunga a perdita dʼocchio, la sua montagna scolpita dal fuoco, la sua natura che cura, rilassa, ritempra, stimola... quella natura che ti parla, ti ispira, ti fa sentire che questo posto è veramente unico. E poi la gente del posto era unica quando conservava ancora la ritualità del gesto dellʼaccoglienza,1ʼumiltà consapevole di chi sa di poter imparare dagli altri, dalle altre culture; educati come erano alla tolleranza ed al diverso; quando conservava, senza alcuna ombra di contaminazione consumistica, quella orgogliosa appartenenza alla propria natura di gente di terra e di gente di mare. Tutto questo catturava gli ospiti, gli artisti che trovavano spazi ideali per poter lavorare mentre godevano la tranquillità che Forio sapeva loro dare. Nessuno disturbava Auden al suo tavolo, sempre lo stesso, mentre leggeva, annotava la sua poesia. Nessuno avvicinava Bargheer intento nei suoi schizzi su velina sotto la larga paglia bianca, tra le barche a secco, a ridosso del molo sulla spiaggia dei pescatori. MarcʼO scriveva assorto le sue pièces sempre da Maria e così tanti altri, tutti quei nomi che anche tu conosci. Perché tanti artisti così diversi tra loro erano attratti da Forio? Perché Forio era diversa, al punto tale che questa sua diversità faceva sì che tutti si ritrovassero a proprio 14 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Maria (a destra) con E. Bargheer ed altri ospiti al Bar bello; con questi maestri, professori che si potevano incontrare, frequentare senza cattedre a dividere, in quella università allʼaperto che era, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, il Bar Internazionale di Maria Senese. Il Bar Interrnazionale Comʼè allegro e sereno esser seduti Attorno a un tavolo sotto le stelle estive, Ridere e chiacchierare sul vino o sugli Strega Che ci ha portato Vito. Non credi che gli Amministratori di ieri e di oggi avrebbero dovuto fare e dovrebbero fare qualcosa per ricordare Maria? Ma quando la Bellezza passa, ricorda, Forestiero, In un angolo qui, inevitabili come La morte o le tasse, a notare il tuo contegno, Gli occhi di Gisella. Yankee, Limey, Kraut, Foriano, Romano, Signore, Signori, e il terzo Sesso, imitatemi, Sollevate i bicchieri, bevete alla nostra Ostessa, gridando «Viva Maria!» Allʼamica Maria con amore W. H. Auden 9-17-1953 Ed è interessante ricordare tutte quelle dinamiche relazionali che si sviluppavano tra intellettuali, artisti, operatori culturali e la gente del posto. Si veniva a Forio per incontrare il poeta, il musicista di fama, il pittore, il saggista, il giornalista, il politico, lo storico dellʼarte, lo scrittore, lo studioso di letteratura, il regista cinematografico, lʼattore etc. Attraverso costoro incontrare la loro umanità, la loro fisicità di amori, passioni, odi ed antipatie, di grandi sogni e di cocenti delusioni, il tutto festeggiato o dimenticato in abbondanti libagioni allʼombra di Maria, tutto con la consapevolezza “del doverci essere”. Che influenza hanno avuto questi artisti sulla gioventù ischitana? Una influenza di grande importanza e testimonianza; sopratutto per coloro che hanno avuto lʼopportunità di poterli conoscere più da vicino, cosa non difficile per la loro disponibilità, frequentarli nei periodi più o meno lunghi che trascorrevano a Forio o in altra parte dellʼisola. Hanno portato il nuovo, hanno gettato ponti perché lʼinsularità non soffrisse più di isolamento culturale ma si aprisse a ciò che tanto lontano accadeva, nei vari laboratori artistici ed intellettuali, nella politica e nel sociale in genere. Hanno fatto in modo che tanti isolani non si sentissero più isolati e potersi quindi aprire a nuove esperienze, realizzare le loro intime urgenze creative. Non credo ci sia stato isolano che non sia stato motivato, spinto, che non si sia arricchito nel contatto con questi “ambasciatori” del nuovo e del Senza dubbio! Ti rispondo subito dicendo che gli amministratori attuali e venturi nellʼimmediato futuro dovrebbero pensare a titolare una strada o una piazza, possibilmente nel centro storico (e perché non la sua piazzetta?) a Maria Senese caffettiera (Elsa Morante); magari sottraendo lʼattuale titolarità a qualche personaggio certamente meritevole e che non per questo si adombrerebbe se ne perdesse una tra le tante sparse sul territorio nazionale conoscendone lʼintelligenza e la sensibilità, credo, e che sarebbe lusingato di cederla a lei, la Regina della Piazza. Non credi anche tu che sarebbe altresì il momento di dedicarle un premio? Un premio con cadenza annuale, per ricordarla alle nuove generazioni e con lei ricordare tutti quei grandi nomi che lʼhanno amata, ricordata e frequentata. Ogniqualvolta apriamo il nostro “album di famiglia” le foto di Maria Senese occupano le prime pagine da sfogliare per i nostri amarcord e come potrebbe essere altrimenti... il personaggio era unico, speciale di conseguenza è lʼattenzione che le è dovuta. Massimo Ielasi / Pietro Paolo Zivelli Maria Senese (a sinistra) con Aldo Pagliacci, Marjorie e Carlyle Brown, Leonardo Cremonini, al Bar Internazionale La Rassegna dʼIschia 5/2006 15 Rassegna LIBRI Poesie dialettali di Rosa Genovino Stampa: Tipolitografia Punto Stampa, Forio, luglio 2006, pp. 76. Prima edizione fuori commercio. di Nicola Luongo Nella Prefazione al volume Poesie dialettali della Maestra Rosa Genovino, stimata educatrice di diverse generazioni di alunni, a cui ha comunicato quellʼinteresse per il sapere a lei trasmesso dalla cara madre che la indirizzò «allʼamore per la cultura ed al rispetto delle tradizioni del suo paese», viene riconosciuto il ruolo importante del dialetto come forma di espressione genuina e icastica in ogni contesto sociale che consente alle comunità di preservare, come in uno scrigno prezioso, le voci autentiche dei nostri padri che altrimenti andrebbero disperse nelle tenebre dellʼoblio e del silenzio, insieme con un patrimonio di sagacia e di buonsenso, sempre più necessario in una società così conforme a comportamenti omologati e convenzionali. Perciò risulta alquanto incomprensibile, come rileva la poetessa, il malcelato atteggiamento, quasi dispregiativo e altezzoso, di certe persone verso lʼuso del dialetto come mezzo espressivo, ritenendolo, a torto, quasi una forma di comunicazione “plebea” e deteriore, retaggio dello strato sociale meno evoluto. Il libro è suddiviso in due sezioni: poesie in dialetto foriano e poesie in dialetto napoletano. In ambedue le parti la poesia scaturisce, oltre che dai ricordi di unʼinfanzia vissuta in epoca di povertà e rinunce e quindi forgiatrice severa di un carattere forte e sensibile, anche dalle occasioni più disparate suggerite dalla cronaca, come la morte violenta di Falco- ne e Borsellino, o da eventi legati a personaggi locali che danno lustro al paese, come i tenori Gaetano Maschio e Nello Di Maio, e i sacerdoti don Vincenzo Avallone e don Michele Romano che hanno celebrato i cinquantʼanni di sacerdozio. La “poesia dʼoccasione” più vibrante di emozioni e di sentimento, a mio parere, è Addio alla scuola (30 giugno 2005), in cui emerge un afflato di tristezza dellʼautrice che va in pensione, quasi a malincuore, dopo quarantʼanni di servizio onorato e apprezzato dallʼintera comunità foriana: Mia cara scuola, ce avimme [ salutà Nun pozzo chiù prorogà e quarantʼanne ʻe servizio so passate già. Rosa Genovino con una scolaresca del 1980 16 La Rassegna dʼIschia 5/2006 In questa poesia, permeata di malinconia sprigionata dalla consapevolezza del fluire del tempo e della caducità della vita e quindi anche delle esperienze belle e gratificanti, come quella della maestra elementare, considerata in modo assoluto “bella professione”, è contenuto un prezio- so messaggio destinato soprattutto alle nuove generazioni che vogliano edificare una società migliore: amare il proprio lavoro, esercitarlo con serietà e abnegazione, essere disponibili verso gli altri, particolarmente quelli in difficoltà, come quei bambini caratteriali o afflitti da problemi familiari, ai quali la Maestra ha sempre rivolto le maggiori attenzioni, considerandoli come propri figli, gioiendo dei loro graduali, a volte difficili, progressi e non arrendendosi di fronte alle difficoltà per recuperarli allʼapprendimento e al rispetto delle norme educative e civiche. Per certi aspetti le poesie dialettali di Rosa Genovino continuano la tradizione dei poeti foriani: Giovanni Maltese, il cui anticlericalismo esasperato, è, però, lontano mille miglia dalla fede e dalla devozione per la chiesa e soprattutto per “Santu Vito nuosto, protettore ʻe Furie” della nostra poetessa; Luigi Polito, direttore didattico autore di un introvabile e caustico Vasapiedi, in cui vengono stigmatizzati i vizi e le ubbie dei suoi contemporanei, contrapposti alle virtù e ai pregi morali dei foriani del passato; Giovanni Verde, di cui ultimamente è stata rappresentata a Forio la scenetta in un atto dal titolo Nzàurete; Vito Di Maio, autore di Divagazioni, poesie in parlata foriana, in cui prevale il sentimento dʼamore e di appartenenza verso il proprio paese natio. Anche la Genovino, animata dai medesimi sentimenti, nellʼaugurare Buon Natale ai Foriani, in una poesia in cui rievoca lʼatmosfera magica della festività e la figura dellʼadorata madre che preparava pietanze con arte sopraffina ed estrema, ineguagliabile accuratezza, confida di volere bene a tutti loro con un sentimento costante e insostituibile. * Sulle orme dei Magi Leggende e colori di un mito che inneggia alla fede universale di Lucia Mattera LʼAutore Libri, Firenze 2005. In copertina: Bonanno Pisano, I Re Magi (Pisa, Duomo). di Massimo Colella Ci sono storie che nascondono segreti nelle loro più remote plaghe narrative, storie che tracciano elaborate architetture di significati mediante lʼambiguità e la ricchezza polivalente e polisemantica del linguaggio, storie che lasciano parlare il simbolico, costituendo di conseguenza la cifra allegorica di misteriosi messaggi, talvolta difficili da codificare nettamente. Una di queste storie oscure, forse la più antica, certamente la più suggestiva, è - senzʼombra di dubbio - la leggenda dei Re Magi: il loro viaggio è esemplificazione massima di un cammino di fede e di speranza, le loro figure si protendono naturalmente con slancio espressivo verso salvifici orizzonti di salvezza, la loro vicenda è rappresentazione archetipica del viaggio inteso come costante ricerca di sé e di una spiritualità profon- da e tutta interiore, alla luce di una consapevolezza superiore. La magia e lʼincanto delle straordinarie vicissitudini dei Re Magi emergono con raro vigore dal saggio “Sulle orme dei Magi” di Lucia Mattera che, pur attraverso il linguaggio scientifico di uno studio minuzioso e attento, ha il dono (e il merito) di saper calare il lettore in un viaggio che non è percorso verso unʼerudita e arida concettualizzazione della “mitologia” giudaico-cristiana, ma è anzi ricerca viva e partecipe sulla scia di unʼemozionalità autentica che coinvolge il lettore in virtù della forza emblematica di un memoriale in cui non solo si ricorda, ma si rivive tutta la straordinaria dinamicità di un passato che è tuttʼaltro che spento. È per questo che il ritratto dei Magi, che apre significativamente il saggio cosi come la presentazione di personaggi introduce usualmente il lettore alla trama dei fatti allʼinterno di una struttura narrativa (a riprova della natura non semplicemente saggistica dello studio), risulta essere un autentico capolavoro che - al di là della devozione e delle credenze popolari - ribalta luoghi comuni e vecchi stereotipi e lascia intendere che la ricca problematizzazione sulla vera identità dei Magi è la prima difficoltà da superare, se ci si vuole mettere... sulle loro orme. E sì che le ipotesi sullʼargomento sono davvero molte: i Magi erano forse sacerdoti persiani investiti anche di poteri La Rassegna dʼIschia 5/2006 17 politici, capi, quindi veri e propri re, o semplici astrologhi senza voce in capitolo? E ancora, quanti erano? Il tre è cifra simbolica che attiene a settori filosofico-religiosi, ma qual era il loro reale numero? Al di là del simbolo, la realtà si nasconde con tutta la forza della sua contraddittorietà: talvolta il simbolo è pienamente comprensibile, ma è la realtà che sfugge, velata comʼè dalle mille sovrapposizioni spesso sincretiche che ne amplificano la complessa trama di significati, ma ne svuotano la linearità della storia. Anche la provenienza dei Magi costituisce di per sé un affascinante mistero che senza dubbio rinvia alla volontà storica di determinare una colossale unificazione del mondo allora conosciuto sotto le insegne della dilagante dottrina cristiana. Ma la leggenda dei Magi è inequivocabilmente legata alla stella cometa, sulla cui natura “la mente di esegeti e la fantasia degli artisti” si sono largamente sbizzarrite, con risultati spesso ammirevoli (si pensi alla “Natività” di Giotto nella Cappella degli Scrovegni). Corredato da un ricchissimo apparato di note e precisazioni, con puntuali riferimenti alla straordinaria molteplicità delle fonti consultate, tra cui il “Vangelo apocrifo siriaco”, il saggio della Mattera, pur addentrandosi specificamente nella rete di suggestivi misteri che circonda la vicenda dei Magi e pur analizzando con dovizia di particolari le varie linee interpretative di ricerca storiografica, vagliandole e introducendo nuove ipotesi che danno adito ad ulteriori ed entusiasmanti indagini, non rinuncia a focalizzare il “mito che inneggia alla fede universale” (come si legge nel significativo sottotitolo dello studio) mediante lʼutilizzo di diversi punti di vista e, quindi, inserendolo in ambiti altri da quello prettamente storiografico. La visione della singolare vicenda biblica diviene così perfettamente globale perché calata anche in contesti letterari e artistici: in questo senso 18 La Rassegna dʼIschia 5/2006 il Capitolo II, “I Magi attraverso la letteratura. Citazioni e trasposizioni letterarie di una vicenda assurta a mito” e il Capitolo III, “Dalla parola allʼimmagine” emblematizzano - anche visivamente, attraverso una significativa divisione del testo - la continuità di una storia che, a partire dal plot originale, prosegue inesorabile ad essere al centro di svariate modalità espressive come simbolo pulsante del viaggio di salvezza. Straordinaria e commovente la leggenda del quarto Mago, simbolo tutto letterario chiamato ad incarnare perfettamente il ruolo del mite cristiano caritatevole: egli non riesce ad arrivare a Betlemme insieme agli altri tre perché nel suo percorso incontra gente umile che ha bisogno del suo aiuto; ed egli è li, pronto a donare il suo amore, pronto a scoprire che Cristo non è in una mangiatoia, ma nel volto sofferente di ognuno, pronto ad offrire il suo cuore - in mancanza di doni (tutti spesi nel soccorso dei bisognosi) - al Cristo ormai crocefisso, affermando assieme ad una mendicante da lui aiutata: «Non ho niente, non ho più niente di tutto quello che avevo voluto portarti [...]. Ma il mio cuore, Signore, il mio cuore...e il suo cuore...i nostri cuori li accetti» (1). È lʼapoteosi del messaggio evangelico: la storia del quarto Mago, reale o fittizia che sia, è toccante parabola dʼamore e incanto che ha tutto il sapore di una favola edificante, un “exemplum” che riesce a centrare sorprendentemente il fondamentale discorso di unʼetica corretta. E possibile. I riflessi letterari della vicenda dei Magi si concretizzano ulteriormente nella “preghiera figurata” dellʼarte sacra che, in bilico tra simbolo e realtà, è stata determinata costantemente da istanze politiche, sociali e artistiche ed è stata per molti secoli lʼunica modalità dʼaccesso alle Sacre Scritture per lʼumile gente anal1) Cfr. M. Felix, “I Re Magi”, Milano 2000, p.177). fabeta che si nutriva di immagini favolose e dipinti immaginifici, il cui realismo “ingannava” se stesso nascondendo allegorie spesso non facilmente individuabili. È interessante notare come la tradizione iconografica abbia notevolmente ampliato le vicende bibliche e letterarie dei Magi grazie a quello che la Mattera definisce come processo di “reduplicazione”; sempre in ambito artistico emblematica la scelta di rappresentare la grotta come un tempio ormai in rovina, chiara metafora dellʼavvento del cristianesimo e della sua parziale assimilazione del paganesimo. Ma la leggenda dei tre re non è solo realtà e simbolo nellʼarte cortese; è anche genuina metamorfosi dellʼarte popolare e, in particolare, di quella presepiale, attraverso la molteplicità di coordinate spazio-temporali diverse; ed è su questo aspetto che la conclusione dello straordinario saggio si sofferma ampiamente, tracciando un singolare spaccato di realtà geograficamente lontane dalla nostra. Il ricco campionario di immagini che chiude lʼopera testimonia lʼevolversi della rappresentazione iconografica del viaggio e dellʼadorazione dei Magi, motivi - questi - ricorrenti nella tradizione artistica non solo e non tanto perché sono legati ad uno degli eventi cardine della religione cristiana, la nascita del Messia, ma soprattutto perché sono il simbolo vivo di unʼumanità in perenne cammino e il prototipo pregnante di un viaggio possibile. Perché forse non è vero che gli uomini sono rappresentati dai Magi, gli uomini sono essi stessi i mitici re venuti dallʼOriente o, meglio, sono chiamati ad esserlo. La strada è lì, pronta a direzionare il nostro cammino. Tutto quello che dobbiamo fare è attraversarla. Perché, guidati dalla certezza dellʼesistenza di un significato supremo, possiamo camminare felicemente. E andare. Sulle orme dei Magi. Lʼisola dʼIschia in Cina con lʼIschia Film Festival e la Borsa del Cineturismo Si è tenuto a Hong Kong dal 7 al 9 settembre 2006 il primo incontro mondiale per analizzare lʼimpatto del cinema e della televisione sul turismo: “International Conference on Impact of Movies and Television on Tourism”. Il fenomeno del cineturismo è venuto alla ribalta nazionale negli ultimi quattro anni grazie allʼidea di Michelangelo Messina di realizzare ad Ischia prima un festival che evidenziasse lʼimportanza della location e poi gli incontri tra produttori e territorio nella prima Borsa Internazionale del CineTurismo (la BICT). Lʼimportante incontro ha visto la partecipazione di illustri professori Universitari di mezzo mondo: dalla Asia allʼAustralia, allʼAmerica, allʼEuropa, che hanno discusso e analizzato questo fenomeno mondiale. A fare gli onori di casa il membro onorario dellʼUniversità di Hong Kong: lʼattore Jackie Chan, un volto noto al grande pubblico cinematografico, ambasciatore per il turismo dellʼAsia nel mondo, interprete di grandi film di Kung Fu. E proprio con la visita agli uffici di Jackie Chan ed agli studi televisivi più grandi della Cina, i TVB studios, si sono conclusi i lavori del convegno. Quaranta rappresentanti di diversi paesi del mondo hanno concordato nel sostenere che il cinema e la televisione possono essere un eccellente strumento di promozione turistica ed un volano per lʼeconomia dei paesi scelti come location. Il Prof. Chon, rettore del PolyU (Hong Kong Politecnic University) che ha organizzato la conferenza, ha dichiarato che cinema e serial televisivi hanno recentemente introdotto un nuovo trend turistico e creato nuove opportunità per varie destinazioni. Ha osservato che le due industrie simili tra loro, perché entrambe vendono sogni per corpo e anima, hanno trovato una piattaforma comune per cooperare verso un obiettivo vincente. Importante è stata la relazione ita- liana che ha apportato interessanti dati sul cineturismo in Europa, dando dimostrazione a livello internazionale degli ottimi risultati ottenuti in appena due edizioni della B.I.C.T. realizzata allʼinterno dellʼIschia Film Festival, lʼunico evento dedicato alle location cinematografiche, ideato da Michelangelo Messina, il quale ha dichiarato: «È una grande soddisfazione che Ischia, la Borsa del Cineturismo ed il Festival siano stati invitati a testimoniare sullʼesperienza Italiana ed Europea nellʼimportante incontro internazionale; non a caso questʼanno abbiamo presentato alla Bit di Milano il primo studio italiano sul cineturismo e successivamente in occasione del Festival abbiamo realizzato in collaborazione con lʼIstituto Alberghiero V. Telese e la Regione Marche il primo studio sul fenomeno del Cineturismo ad Ischia. È importante che Ischia e la Borsa del Cineturismo confermino la loro centralità attraverso questo crocevia dove produttori e territorio si incontrano per creare sinergie e consolidare lʼidea che il cinema è traino di turismo. Ischia da sempre isola del cinema scoperta dai grandi produttori e registi cinematografici da Rizzoli a Minghella, grazie allʼappuntamento annuale con lʼIschia Film Festival sta avendo unʼenorme promozione di immagine, e speriamo che questo faccia capire agli isolani il valore del proprio territorio». www.ischiafilmfestival.it www.cineturismo.it * Ischia Film Festival Deadline 30 Marzo 2007 È stato presentato il 3 settembre 2006 a Venezia, presso la sala Tropicana dellʼHotel Excelsior, il V Concorso Cinematografico Internazionale Ischia Film Festival. Alla presenza di numerosi giornalisti, ma soprattutto interessati addetti ai lavori, si è svolto in occasione della 63ma edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, un incontro volto ad annunciare il via al concorso per lungometraggi, cortometraggi e documentari italiani e stranieri, Ischia Film Festival. Nel corso della presentazione, organizzata dal CIAC (Coordinamento Italiano Audiovisivi e Cinema), sono state proiettate alcune opere protagoniste dellʼedizione 2006 del Festival: Locating Little Wing di Francesco Castellani, vincitore La Rassegna dʼIschia 5/2006 19 della quarta edizione del Festival per la sezione Documentari e Foku di Claudio Bozzatello, vincitore della quarta edizione del Festival per la sezione Cortometraggi. A Venezia, lʼIschia Film Festival e la BICT sono stati presenti anche con uno spazio espositivo nellʼarea Fanatic About Festival del Movie Village, dove erano reperibili le schede di adesione al concorso. LʼIschia Film Festival, posto sotto lʼalto patronato del Presidente della Repubblica, premia i registi, gli autori della fotografia e gli scenografi che hanno maggiormente valorizzato le location utilizzate. Eʼ risaputo infatti che il cinema riesce ad infondere nello spettatore emozioni che poche altre forme di comunicazione riescono ad eguagliare e lʼIschia Film Festival vuole attribuire il giusto riconoscimento a quelle figure che con la loro arte, riescono a esprimere i paesaggi, la cultura e le emozioni di una location, tanto brillantemente da infondere nello spettatore la voglia di visitarla. Lʼidea di un concorso dedicato ai luoghi cinematografici nasce dalla forte esigenza di mercato di creare un appuntamento annuale di incontro tra due realtà, cinema e turismo, che negli Thermalia Italia 2006 Dal 6 allʼ8 ottobre 2006 si svolgerà ad Ischia (Palazzetto dello Sport) la XVII Borsa Internazionale del Turismo Termale, nota come Thermalia, iniziativa di promozione e divulgazione del sistema termale italiano. Questa manifestazione è lʼoccasione per ampliare le potenzialità del settore: politiche della salute, promozione turistica, valorizzazione e rilancio di interi territori per i quali le terme possono essere unʼulteriore opportunità di riscatto e sviluppo. Il benessere e le terme in particolare possono andare oltre il concetto di medicina termale, attraverso lʼutilizzazione di acque minerali, massoterapia, fitoterapia, riabilitazione e cosmesi naturale, e rappresentare un vero e proprio strumento di prevenzione ed educazione sanitaria. Le terme inoltre possono contribuire alla crescita ed alla qualificazione turistica integrandosi con la valenza turistica del territorio e con la tradizione enogastronomica, dando vita ad un turismo della salute che rispetti la tutela dellʼambiente ed attento alla valorizzazione culturale. Gestirà per il terzo anno consecutivo lʼorganizzazione di Thermalia Italia 2006 la PROGECTA, società di organizzazione della Borsa Mediterranea del Turismo di Napoli. Il sistema ricettivo è sempre più collegato alle terme ed alle beauty farm, in grado di richiamare un nutrito pubblico in aggiunta a quello tradizionale. La cura che si ha oggi per la propria salute, intesa anche come benessere psicofisico, porta ad una fruizione più consapevole delle strutture dedicate al benessere termale. La domanda del turismo termale e del benessere è in continua espansione e diventa importante un aggiornamento costante delle strutture ed un adeguamento dellʼapproccio commerciale. Mercati di interesse I mercati tradizionali non vanno trascurati, ma allo stesso tempo rivolgersi ai mercati emergenti nazionali ed internazionali diviene indispensabile. Prepararsi ad affrontare la sfida per conquistare il mercato cinese deve essere lʼobiettivo da prefiggersi per il mercato estero ed interes- 20 La Rassegna dʼIschia 5/2006 ultimi anni hanno avuto sviluppi strettamente correlati. Tra i propri obiettivi il Festival si propone di sensibilizzare lʼopinione pubblica, tramite la cinematografia, al rispetto dellʼambiente e delle ricchezze artistiche del nostro Paese. La prossima edizione del Festival avrà luogo ad Ischia dal 25 al 30 Giugno 2007, mentre la deadline per inviare le opere in concorso è fissata al 30 Marzo 2007 Per ricevere il regolamento e lʼentry form del concorso scrivere a segreteria @ischiafilmfestival.it sarsi a tutte le forme di turismo: turismo leasure, turismo congressuale e viaggi incentive, con particolare attenzione al turismo sociale dei Cral ed al turismo sportivo, in grado di destagionalizzare i flussi turistici e riempire le strutture nei periodi di bassa stagione deve essere lʼobiettivo per il mercato nazionale. Il Termalismo oggi La Medicina Termale ha una tradizione antichissima nellʼambito dei trattamenti orientati a creare e conservare il benessere fisico grazie allʼuso di cure naturali. Nellʼultimo decennio le numerose ricerche cliniche, biologiche, chimico/fisiche, hanno favorito la definizione a livello internazionale di un vero e proprio termalismo scientifico. I vapori delle ricche acque termali producono un naturale bagno di salute e disintossicano lʼorganismo stimolando un generale benessere di tutto il corpo. Accanto al bagno di vapore, le terme offrono fanghi, massaggi, cure inalatorie e una miriade di trattamenti personalizzati, ritagliati su misura in funzione delle caratteristiche individuali di ciascuno e sotto il costante controllo di personale specializzato. Al turismo termale si avvicina, inoltre, sempre più un pubblico rappresentativo di modelli di consumo nuovi e sofisticati. Lʼambiente termale non è più vissuto solo come luogo di terapia, ma anche e soprattutto come luogo di vacanza, di benessere psico-fisico, dove è possibile associare alle terapie cliniche nuovi trattamenti estetici. Che il benessere fisico stia acquisendo un ruolo sempre più importante nel nostro quotidiano è cosa ormai nota. Perciò Thermalia Italia, accanto alle strutture e tecnologie per piscine termali, destina una vasta area alla fisioterapia, alle attrezzature per saune, fitness e solarium. Le strutture termali si stanno progressivamente configurando come centri di benessere in grado di garantire unʼofferta di servizi composita, e proprio per questo in grado di cogliere le grandi possibilità offerte da una domanda più esigente e più estesa. www.thermaliaitalia.info * A cura di Raffaele Castagna Il golfo di Napoli e lʼisola dʼIschia Antologia di viaggiatori tedeschi dal Grand Tour al Turismo Testi tedeschi e italiani - III parte Traduzione di Nicola Luongo Edgar Kupfer-Koberwitz Lʼisola dimenticata, 1944 Dietro di me cʼera un mulattiere. Rivolse i suoi occhi castani su di me e indicandomi la direzione disse: «Forio, signore. Nessun posto dellʼisola appare così bello di notte come Forio». Quanto avesse ragione lo vidi soltanto quando osservai le altre località, le cui luci risaltavano belle come stelle, ma non suscitavano quelle strane forme mistiche come appunto le luci di Forio. Mi arrampicai su una rupe e affascinato guardai tutto quel luccichio sotto di me e in lontananza tutto lo splendore di Procida e di Napoli. Rosso fuoco, il Vesuvio ardeva e argento-eterea, come una lampada magica, la luna piena sembrava sospesa sul paesaggio silenzioso. Immerso nel silenzio me ne stavo ivi seduto, al mio orecchio riecheggiava lo sciabordio del mare: veniva da tanto lontano e risuonava tanto profondo su quella cima montuosa, lʼEpomeo. Un chiarore grigio si delineava allʼorizzonte, ma diventò più limpido, più netto e presto apparve come un argento luccicante. Poi lʼargento si spense, si trasformò di secondo in secondo in colori morbidi, soffici, incredibilmente delicati come nessun pittore al mondo saprebbe combinare sulla sua tavolozza: rosa, verde, giallo, rame e oro si amalgamarono, le nuvole si trasformarono in vivaci figure e il mare in una distesa dalle tonalità magiche. Dietro le nuvole apparivano fasci di luce dʼoro. Sotto di noi si svolgeva uno spettacolo indimenticabile. Sul mare la nebbia si andava dissolvendo. Dalla argentea e rosea distesa emergevano lentamente delle isole, come creature appena nate. Avemmo lʼimpressione di essere capitati là al momento della creazione del Edgar Kupfer-Koberwitz Die vergessene Insel, 1944 res; von so fern her kam es und von so tief herauf auf diese Bergesspitze (Monte Epomeo). Hinter mir stand ein grosser Treiber. Er richtete braune, treue Hundeaugen auf mich und hinunterdeutend sagte er: «Forio, Herr, Kein Ort der Insel sieht bei Nacht so schön aus wie Forio». Wie recht er hatte, sah ich erst, als ich auf die anderen Ortschaften blickte, deren Lichter wohl schön und wie Sterne heraufblinkten, die aber nicht diese seltsam mystischen Formen ergaben wie gerade die Lampen von Forio. Ich kletterte auf einen Felsen und sah entzückt über all das Flimmern unter mir und weit hinaus auf jenes Glänzen von Procida und Neapel. Feurig leuchte der Vesuv, und silbernätherisch, wie eine Geisterlaterne, schwebete der Vollmond über der schweigenden Landschaft. In Einsemkeit versunken sass ich da, an mein Ohr tönte das Rauschen des Mee- Ein grauer Schimmer lag über dem Horizont, doch er wurde klarer, heller, und schon war er wie glänzendes Silber. Doch dann erlosch das Silber, wurde zu sanften, hauchfeinen, unendlich zarten, Sekunde um Sekunde sich wandelnden Farben, wie sie kein Maler je auf einer Palette zu mischen vermag: Rosa, Grün, Gelb, Kupfer und Gold verwoben sich, verwandelten die Wolken in leuchtende Gebilde und das Meer in eine Fläche zauberischer Tönungen. Hinter den Wolken erschienen Strahlenbüschel aus Gold. Unter uns aber spielte sich ein unvergessliches Schauspiel ab. Über dem Meere löste sich der Nebel. Aus der silbern-rosigen Flur stiegen langsam Inseln auf, wie eben geborene Schöpfungen. Es war uns, als seien wir bei der Entstehung der Welt zuLa Rassegna dʼIschia 5/2006 21 mondo, quando le terre si sollevarono dalle acque. Con incredibile splendore e maestà il sole spuntava da dietro le nuvole, un disco rosso-oro dalla luce forte, che diventava sempre più chiara e luminosa, sommergeva la terra di chiarore e le offriva il dono più bello: il giorno. La ʻNdrezzata ebbe inizio. Gli strumenti suonavano una melodia lenta, sempre ripetuta. Gli uomini avevano formato un cerchio e iniziarono a muoversi. Nello stesso tempo battevano a turno i lunghi e corti bastoni gli uni contro gli altri. Un fischio - lʼordine di marcia cambiava, la melodia diventava più veloce, gli uomini turbinavano leggeri lʼuno intorno allʼaltro. Così il cerchio si muoveva, così uno girava intorno allʼaltro. I suoni del flauto diventavano sempre più veloci, il tamburello risuonava sempre più tumultuosamente. Nei passi di danza si sviluppavano sempre più forme. I danzatori sollevavano polvere e cantavano insieme. I loro visi abbronzati e arditi non erano più riconoscibili. Dal canto e dalla musica risuonavano ritmicamente i rapidi colpi dei bastoni. La melodia nella sua monotonia aveva qualcosa di ipnotizzante, tanto che ricordava quella musica nera, nella quale il ritmo domina tanto i danzatori che non possono fare altro che ballare, ballare finché diventa come pazzia. Su unʼalta scogliera si stagliava una chiesetta per pescatori, bianca, mezza europea, mezza orientale giaceva là come limite estremo. Alcuni scalini conducevano allʼedificio. Sotto di essa il mare era colorato di un denso azzurro. Non so perché: ho visto centinaia di chiese e, se me ne devo ricordare una, devo costringere la mia memoria a fare uno sforzo per raffigurarmela nitida davanti ai miei occhi. Questa chiesetta, invece, per il modo stupendo con cui sʼincastona nel paesaggio, mi è sempre presente. Succede a me come accade a tante persone, questa è la realtà. A stento riesco a descriverla. Di primo acchito, non appariva per niente interessante, e invece lo è, e come. Lungo i gradini erano applicate delle antiche ceramiche, particolarmente belle e dai motivi toccanti; potevano risalire al 1700. Allora, sembra, si lavoravano ancora le piastrelle a Ischia. Dentro è conservato un Crocifisso, unʼantica croce di legno con un Cristo. È stato trovato in mare e gli si attribuiscono poteri miracolosi. Le caratteristiche del terreno sacro intorno farebbero presumere un periodo antico, forse il tredicesimo o quattordicesimo secolo. gegen, als das Feste sich aus dem Wassern hob. Mit unendlicher Pracht und Majestät schwebte die Sonne hinter den Wolken empor, eine rotgoldene Scheibe von starkem Licht, das heller und leuchtender wurde, die Erde mit Klarheit überflutete und ihr schönste Geschenk gab: den Tag. Die Ndrezzata begann. Die Instrumente spielten eine langsame, immer wiederkehrende Melodie. Die Manner hatten einen Kreis gebildet und begannen nun, sich zu bewegen. Dabei schlugen sie abwechselnd die langen und die kurzen Hölzer aneinander. Ein Pfiff – die Marschseite anderte sich, die Melodie wurde schneller, die Männer wirbelten leichtfüssig umeinander her. So drehte sich der Kreis, so drehte sich einer um den andern. Schneller und schneller kamen die Töne der Flöte, heftiger und heftiger dröhnte das Tamburin. Mehr und mehr Formen entstanden im Tanzschritt. Die Tänzer wirbelten Staub auf, sangen die Melodie mit. Ihre braunen, kühnen Gesichter waren schon nicht mehr zu erkennen. Aus Gesang und Musik hervor klangen rhythmisch die schnellen Schläge der aufeinanderprallenden Hölzer. Die Melodie hatte in ihrer Negermusik erinnerte, bei der zuletzt der Rhythmus die Tanzenden so beherrscht, dass sie 22 La Rassegna dʼIschia 5/2006 nicht mehr anders können, als nur tanzen, tanzen, bis es wire Raserei wird. Auf hohem Felsenriff stand eine kleine Fischerkapelle; weiss, halb europäisch, halb orientalisch, lag sie da wie ein endgültiger Abschluss. Stufen führten zu ihr hinan, um sie her aber wehte etwas wie Einsamkeit. Tief unten blautte das Meer. Ich weiss nicht, warum: Hunderte von Kirchen habe ich gesehen, und wenn ich mich an eikne erinnern will, so muss ich mein Gedächtnis zwingen, bis sie klar vor mir steht. Dieses Kirchlein aber, wie es hier in der Landschaft steht, ist mir immer gegenwärtig. Es geht mir da, wie es einem mikt besonderen Menschen gescheht: sie sind – und das genügt. Diese Kapelle kann ich kaum beschreiben. Sie schien gar nichts Besonderes zu sein, und doch war sie es, und wie! In ihre Stufen waren alte Majolikaflikesen eingelassen, seltsam schön und rührend in ihren Motiven. Sie mochten etwas aus der Zeit um 1700 stammen. Damals, so scheint es, brannte man noch Kachelkn auf Ischia. Innen wurde ein Kruzikfix bewahrt, ein altes Holzkreuz mit einem Christus. Es ist auf dem Meer gefunden worden, und man schreibt ihm Wundertätigkeit zu. Die Züge des Molte immagini votive e modelli di navi sono esposti in questa chiesa, schiette opere di fede in segno di ringraziamento per la salvezza ottenuta in casi di grave pericolo. Lʼedificio stesso è antico. Prima vi era annesso un piccolo convento. Anche questo doveva appartenere al XIV secolo. Elisa von der Recke Diario di un viaggio attraverso una parte della Germania e dellʼItalia negli anni 1804-1806 - Tra le stanze da bagno ve ne sono alcune arredate in maniera che si possono immettere in aperture adeguate le membra malate e ci si può farsi pervadere dai vapori che si sprigionano verso lʼalto. Tutte le stanze sono spaziose, pulite e chiare. Già quando ci si avvicina ad un tale bagno, subito unʼaria calda, ma per niente fastidiosa, anzi benefica, viene incontro. Essa viene ancora di più alimentata dal forte odore del cespuglio di mirto che copre il pavimento e le stufe. La protezione è un muro che circonda una cavità a terra di forma ovale. Si sale su due stufe attraverso una porta, ci si spoglia, ci si copre fino al collo con un grande asciugamani e si aprono delle imboccature di vapore in parte fatte al lato della cavità, in parte al suolo, tante quante si ritiene consentito o prescritto dal medico. A me bastò lʼafflusso di sei di queste aperture. Nei primi minuti mi sentii così pervaso dal vapore che subito seguì la più violenta esalazione, per cui io provai sulla pelle un senso di freddo. Cominciai le mie sedute con 10 minuti e in seguito continuarono fino a 12. Dopo il bagno occorre vestirsi molto accuratamente e farsi trasportare su una portantina. Poiché il bagno è aggressivo, vengono osservati dopo ogni giorno di bagno 4 giorni di riposo. Lʼeffetto sul male reumatico radicato è straordinario. Già dopo il secondo bagno mi sentii alleggerita, e un amico della mia compagnia, che era stato colpito da una violenta podagra, guarì completamente dopo il quarto bagno al piede malato. Non è necessario prendere più di cinque, massimo sei, stufe. Tutti i componenti della famiglia del proprietario delle stufe di San Lorenzo sono brave persone, premurose nel servizio, curiose, un poʼ invadenti e puerilmente avide, caratteristica quasi comune degli abitanti locali. - Heilands liessen eine frühe Zeit vermuten, das 13. oder 14. Jahrhundert viellecht. Viele Voitivbilder und Schiffsmodelle hängen in dieser Kapelle, lauter Stiftungen zum Dank für Errettung aus Seenot. Die Kapelle seilbst ist alt. Früher war ein winziges Kloster dabei. Auch das alles mochte der Zeit um 1300 angehören. Elisa von der Recke Tagebuch einer Reise durch einen Theil Deutschlands und durch Italien, in den Jahren 1804 bis 1806 - Unter den Badezimmern sind einige so eingerichtet, dass man einzelne kranke Glieder in angemessene Öffnungen bringen und von dem aufsteigenden Dampfe durchdringen lassen kann. Alle Zimmer sind geräumig, reinlich und hell. Schon wenn man sich einem solchen Badegemach nahet, wehet sogleich eine warme, aber durchaus nicht beschwerliche, vielmehr wohlthätige Luft entgegen. Sie wird noch mehr gleichsam gewürzt durch den kräftigen Geruch des Myrtengesträuches, welches den Boden und die Stufen überdeckt. Die Vorrichtung ist ein Gemäuer, welches eine Vertiefung in der Erde von ovaler Form umgiebt. Man steigt durch eine Thür zwei Stufen hinab, lässt sich entkleiden, mit einem grossen Tuche bis an den Hals bedecken, und öffnet von den teils an der Seite der Vertiefung, teils im Boden angebrachten Dampfmündungen so viele, als man zu bedürfen glaubt, oder vom Arzte angewiesen ist. Mir genügte die Ausströmung von sechs solchen Öffnungen. In der ersten Minute fühlte ich mich von dem Dampfe so durchdrungen, dass die heftigste Ausdünstung sogleich erfolgte, wobei ich dennoch in der Haut ein Gefühl von Kühlung hatte. Ich fing mit zehn Minuten meine Badesitzungen an, und werde in der Folge bis zu zwölf steigen. Nach dem Bade muss man sich sehr sorgfältig bekleiden, und in einem Tragsessel zurücktragen lassen. Weil das Bad angreifend ist, werden nach jedem Badetag vier Ruhetage gehalten. Die Wirkung auf eingewurzelte rheumatische Übel ist ausserordentlich. Schon gestern nach dem zweiten Bade fühlte ich mich sehr erleichtert; und ein Freund aus meiner Gesellschaft, der von einem heftigen Podagra befallen wurde, war nach dem vierten Bade des kranken Fusses vollkommen geheilt. Mehr als fünf, höchstens sechs, dieser Stufe pflegt man überhaupt nicht zu nehmen. Alle Mitglieder der Familie des Besitzers der S. Lorenzo-Stufe sind gutmütige Menschen, dienstfertig, neugierig, etwas zudringlich und kindisch habsüchtig, welches zusammengenommen fast durchgängig den Charakter der hiesigen Einwohner darstellt. La Rassegna dʼIschia 5/2006 23 Gerhard Eckert Benvenuti a Ischia, 1973 “Le isole”, scrisse il poeta americano Truman Capote, quando soggiornò a Ischia tre decenni fa, «sono come navi che sono sempre allʼancora». Per loro si infiammano la nostra fantasia, la nostra nostalgia, e certamente restano ferme. Nuotano nel mare e tuttavia non si allontanano da noi. In realtà chi decide a favore del soggiorno su unʼisola, ha fatto già la cosa giusta per una vacanza ben riuscita. Le isole, tuttʼintorno circondate di acqua e isolate, sono da sempre le mete ideali delle ferie. Qui si sa dove inizia e dove finisce la vocazione turistica. Qui si ha la propria casa, delimitata in tutte le direzioni dalle coste e dallʼacqua. Anche le isole hanno certamente le loro diversità. Ce ne sono così grandi che non le si considera affatto isole. O piccole che si percorrono con pochi passi e ci si ritiene presto conquistati. Ci si può trovare su unʼisola intronata dal vento e dal temporale o spietatamente arroventata dal sole. Si trova isole con molti chilometri di spiaggia arenosa più fine o con ripide rocce, che rendono la via quasi impossibile nellʼacqua. Le nostre isole possono essere così lontane o così vicine, come desideriamo. Cosa essenziale: esse realizzano i nostri sogni di vacanza. Sì, e saremo così a Ischia! Ischia dunque è abbastanza vicina, raggiungibile in appena poco più di due ore di volo e con un breve viaggio di nave. Ma certo abbastanza giù a Sud, per poter regalarci molti mesi di sole splendente. Con circa 46 kmq di superficie ed una lunghezza costiera di 35 chilometri, la giusta grandezza per rendere percettibile la vita dellʼisola e raccoglierne le impressioni più svariate. Spiagge invitanti al bagno e coste ripide da ammirare. Essa è così montuosa che è divertente scalare facilmente le sue vette o su brevi, non troppo faticose vie percorrere a piedi il cuore dellʼisola verde. Unʼisola, i cui pini e le viti, i castagni, i fichi, i limoni e gli aranci colmano ugualmente di gioia come i molteplici fiori splendenti, dallʼ ibisco alla bouganvillea. Da Ischia lo sguardo vaga al mare, incontra le isole vicine, come Capri o Procida, e solo dopo un paio di dozzine di chilometri la lontana terraferma, incoronata dallo scenario del Vesuvio. Gerhard Eckert Willkommen au f Ischia, 1973 “Inseln”, schrieb der amerikanische Dichter Truman Capote, als er vor drei Jahrzehnten auf Ischia gewesen war, “sind wie Schiffe, die immer vor Anker liegen.” An ihnen entzündet sich unsere Phantasie, unsere Sehnsucht, und doch bleiben sie beständig. Sie schwimmen im Meer und entfernen sich dennoch nicht von uns. In der Tat: Wenn Sie sich für den Aufenthalt auf einer Insel entscheiden, haben Sie bereits das Richtige für einen gelungenen Urlaub getan. Inseln, rings von Wasser umgeben und in sich abgeschlossen, sind seit jeher ideale Ferienziele. Hier weiß man, wo die Urlaubslandschaft beginnt und wo sie aufhört. Hier hat man sein Zuhause, nach allen Richtungen von Küsten und Wasser begrenzt. Auch Inseln haben freilich ihre Verschiedenheiten. Da gibt es so große, daß man sie schon gar nicht mehr so recht als Insel empfindet. Oder kleine, die man mit ein paar Schritten umrundet hat und auf denen man sich bald wie gefangen fühlt. Sie können auf einer Insel von Wind und Wetter umtost oder unbarmherzig von der Sonne durchglüht werden. Sie finden Inseln mit vielen Kilometern feinstem Sandstrand 24 La Rassegna dʼIschia 5/2006 oder solche mit schroffen Klippen, die den Weg ins Wasser fast unmöglich machen. Unsere Inseln können so fern oder so nah sein, wie wir es wünschen. Hauptsache: Sie erfüllen unsere Urlaubsträume. Ja, und damit wären wir bei Ischia! Ischia also liegt nahe genug, um es in kaum mehr als zwei Flugstunden und mit einer kurzen Schiffsfahrt zu erreichen. Aber doch fern genug im Süden, um uns viele Monate strahlende Sonne zu schenken. Mit rund 46 qkm Fläche und einer Küstenlänge von 35 Kilometern genau die richtige Größe, um das Inselleben spürbar zu machen und dabei die vielfältigsten Eindrücke zu sammeln. Strände laden zum Baden und schroffe Küsten zum Schauen. Es ist so gebirgig, daß es Spaß macht, die Gipfel mühelos zu ersteigen oder auf kurzen, nicht allzu strapaziösen Wegen das Herz der grünen Insel zu erwandern. Eine Insel, deren Pinien und Weinreben, deren Kastanien-, Feigen-, Zitronenund Orangenbäume ebenso beglücken wie die zahllosen leuchtenden Blüten, von Hibiskus bis Bougainvillea. Von Ischia wandert Ihr Blick übers Meer, trifft er auf Inselnachbarn (wie Capri oder Procida) und auf das nur ein paar Dutzend Kilometer entfernte Festland, gekrönt von der Kulisse des Vesuvs. Ischia - Vita quotidiana (da Benvenuti ad Ischia di G. Eckert) Ischia, però, non si accontenta del bel paesaggio, ma offre inoltre tutto il comfort che rende la nostra villeggiatura ritemprante. Accanto a molti hotel di tutte le categorie vi sono numerosi locali di ogni tipo. Là, ci si siede piacevolmente, si mangia alla maniera paesana e si ascolta un tenore napoletano, o si è molto semplicemente felici. Non abbiamo detto finora neanche una volta che Ischia è unʼisola delle terme (solo in Giappone cʼè una simile abbondanza di fonti calde e bollenti). Naturalmente anche gli isolani abitano a Ischia, circa 40.000. Come spiriti amanti dellʼospitalità, contribuiscono come viticoltori o pescatori a rendere la vita su questa isola gradevole e ritemprante. Ancora una particolarità, anche se molto marginale, dellʼisola: qui i cani vivono felici. Il loro numero è considerevole, le razze sono pittoresche, e dove essi dormono al sole, ognuno gira cortesemente intorno a loro. Voglio ammetterlo volentieri: Sono innamorato dʼIschia. Il mio amore è coDoch begnügt sich Ischia nicht mit schöner Landschaft, die Insel bietet darüber hinaus allen Komfort, der unser Urlaubsleben erholsam macht. Neben vielen Hotels aller Kategorien zahlreiche Lokale jeder Art. Dort sitzt man behaglich, speist nach Landessitte und lauscht einem neapolitanischen Tenor oder ist ganz einfach glücklich. Dabei haben wir bisher noch nicht einmal erwähnt, daß Ischia eine Insel der Thermen ist (nur in Japan gibt es noch einmal einen vergleichbaren Überfluß an warmen und heißen Quellen). Natürlich wohnen auch Insulaner auf Ischia - rund 40 000. Als dienstbare Geister der Gastlichkeit, als Weinbauern oder Fischer tragen sie dazu bei, Ihnen das Leben auf dieser Insel angenehm und erholsam zu machen. Noch eine, sicher ganz nebensächliche Eigenart der Insel: Hier leben glückliche Hunde. Ihre Zahl ist beträchtlich, ihre Rassen sind malerisch, und wo sie schlafend in der Sonne liegen, macht jeder einen höflichen Bogen um sie. Ich will es gerne zugeben: Ich bin in Ischia verliebt. Meine Liebe begann in dem Augenblick, als ich die Insel zum La Rassegna dʼIschia 5/2006 25 minciato nel momento in cui sono giunto per la prima volta sullʼisola. È cresciuto ancora da allora! Con questo amore non sono certamente solo, poiché non è una casualità che così tanti ospiti vengano in continuazione qui. I numerosi amanti di Ischia, tra cui molti artisti, vi restano per anni o addirittura per sempre. Qui lʼazzurro specchio del mare si stende davanti allo sfondo verde dellʼalta costa, qui svettano nel cielo luminoso i larghi ombrelli dei pini. Qui si ammirano ampi panorami dalla vetta dellʼEpomeo, qui lusinga il calore piacevolmente rassicurante delle terme. Qui si erge dallo scoglio il pittoresco castello dʼIschia con il suo movimentato passato, attira il villaggio di pescatori di SantʼAngelo libero dal traffico delle macchine, con le bianche case attaccate alla montagna. Ischia regala tutto ciò che rende una vacanza bella e ricca di esperienze. Proprio chi ha viaggiato già molto per il mondo e ha conosciuto parecchie altre “isole di ferie”, scoprirà con sua propria sorpresa: A Ischia, è ancora più bello! Ischia - Pescatore a SantʼAngelo (da Benvenuti ad Ischia di G. Eckert) ersten Mal betrat. Sie ist seitdem noch gewachsen! Mit dieser Liebe bin ich gewiß nicht allein, denn es ist sicher kein Zufall, daß so viele Gäste immer wieder hierher kommen. Zahlreiche Ischia-Liebhaber - darunter viele Künstler - bleiben jahrelang oder sogar für immer. Da ist die blaue Spiegelfläche des Meeres vor dem grünen Hintergrund der ansteigenden Küste, da ragen die weitgespannten Schirme der Pinien in den strahlenden Himmel. Da sind die traumhaft weiten Ausblicke vom Gipfel des Epomeo, schmeichelt die behaglich-beruhigende Wärme der Thermen. Da wächst Ischias malerisches Kastell mit seiner bewegten Vergangenheit aus dem Felsen, lockt das autofreie Fischerdörfchen SantʼAngelo mit seiner “Roja” und den weißen an den Berg geklebten Häusern. Ischia schenkt all das, was einen Urlaub schön und erlebnisreich macht. Gerade wer schon viel in der Welt herumgekommen ist und so manche andere “Ferieninsel” kennengelernt hat, wird zu seiner eigenen Überraschung entdecken: Auf Ischia ist es noch schöner! 26 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Maria Werthhammer La mia Ischia, esperienza dellʼisola verde, 1996 Ischia, Porto e Ponte Il capoluogo, anche se per estensione non il più grande comune di Ischia, è Ischia Porto diviso in due parti: Ischia Porto e Ischia Ponte, collegati insieme da una pineta. Per la presenza del porto Ischia Porto è la zona più significativa. Il porto è un originario lago di origine vulcanica, aperto al mare. Ferdinando II di Borbone nel 1854 fece abbattere un tratto della parete craterica, per produrre una comunicazione con il mare. Questa baia serve oggi come entrata del porto moderno. Gli storiografi riferiscono che qui si troverebbe sommerso una città greca. Il ritrovamento di avanzi di case in tempi più recenti conferma questa supposizione. Si possono visitare i fossili e i reperti archeologici nel Museo dellʼisola. Proprio sul porto si trovano le Terme Militari “Francesco Buonocore.” Questo uomo, nato il 1689 a Ischia, fu medico per 35 anni della corte del re Filippo di Spagna e successivamente della corte del re di Napoli. Egli costruì questa “Villa”, che accolse le personalità del tempo e più tardi divenne casa di cure termali per principi e principesse. La “Villa” nel 1861” passò al demanio, fu ristrutturata nel 1877 e denominato Stabilimento termale militare. A questo porto tutti gli ospiti di Ischia arrivavano un tempo solo con la nave. Cʼè un colorito movimento, ed un piacevole caos; i nuovi arrivati sono ricevuti dagli agenti di viaggio ed accompagnati al bus, che li porta nellʼhotel, e sono salutati quelli che partono. Questi lanciano ancora uno sguardo malinconico e dicono: “Fino al prossimo anno.” La strada commerciale più nota è Via Roma”, dove si passa da un negozio allʼaltro e dove si possono comprare molte belle cose. Il meraviglioso lungomare con numerosi ristoranti invita ad una piacevole passeggiata serale. Qui si possono vedere il cosiddetto grande mondo elegante e le persone semplici, che vogliono sfuggire anche una volta alla vita di tutti i giorni. Ci siamo stati spesso la sera per osservare il movimento. In un bel ristorante con vista sul porto e su alcune grandi navi, abbiamo mangiato un pesce squisito o altre specialità alla griglia. A ciò si aggiunge il buon vino di Ischia facilmente digeribile. Anche per altri gusti è offerto molto. Durante le nostre numerose visite a Ischia Porto, che non posso raccontare Maria Werthhammer Mein Ischia, das Erlebnis der grünen Insel, 1996 Ischia, Porto e Ponte Die Hauptstadt, wenn auch nicht flächenmäßig größte Stadt von Ischia ist Ischia-Porto, das sich in zwei Teile teilt, Ischia-Porto und Ischia-Ponte, die durch einen Pinienwald miteinander verbunden sind. Durch den Hafen ist Porto schon der bedeutendere Teil. Der Hafen, ein ursprünglicher Kratersee eines Küstenvulkans, wurde zum Meer hin geöffnet. 1854 ließ Ferdinand II. von Bourbon die Kraterwand sprengen, um so eine Verbindung zum Meer hin herzustellen. Diese Bucht dient heute als moderne Hafeneinfahrt. Geschichtsschreiber berichten, daß hier eine griechische Stadt versunken sein soll. Der Fund von Häuserresten in jüngster Zeit bestätigt diese Vermutung. Archäologische Funde und Fossilien kann man im Inselmuseum besichtigen. Direkt am Hafen befinden sich die Militär-Thermen “Francesco Buonocore”. Dieser Mann, 1689 in Ischia geboren, wurde mit 35 Jahren Hofarzt bei König Philip in Spanien und später am Königshof in Neapel. Er baute diese “Villa”, die Persönlichkeiten zu damaliger Zeit als Gästehaus diente und die später zu einer Badeanstalt für Prinzen und Prinzessinnen umfunktioniert wurde. 1861 ging die “Villa” an die Stadt über, wurde 1877 umgebaut und zur Militär-Thermalkuranstalt ernannt. Hier an diesem Hafen kommen erst einmal alle IschiaBesucher mit dem Schiff an. Es herrscht ein buntes Treiben und ein reizendes Chaos, Neuankömmlinge werden von den Reiseleiterinnen empfangen und zum Bus gebracht, der sie ins Hotel fährt, Abreisende werden verabschiedet. Sie werfen noch einen wehmütigen Blick zurück und sagen: “Bis zum nächsten Jahr.” Die bekannteste Geschäftsstraße ist die “Via Roma”, wo sich ein Geschäft an das andere reiht und wo es sehr schöne Dinge zu kaufen gibt. Die herrliche Uferpromenade mit zahlreichen Restaurants lädt zu einem gemütlichen Abendbummel ein. Hier kann man seine Studien betreiben von der sogenannten großen eleganten Welt bis zu den einfachen Leuten, die hier auch einmal dem Alltag entschlüpfen wollen. Wir waren oft am Abend da, um das Treiben zu beobachten. In einem schönen Restaurant mit Blick zum Hafen und auf einige große Schiffe aßen wir dann eine köstliche Fisch- oder andere Grillspezialität. Dazu gehört natürlich der gute und verträgliche Ischia-Wein. Auch für andere Geschmäcker wird vieles angeboten. Bei unseren vielen Besichtigungen in Ischia-Porto, auf die ich nicht alle eingehen kann, fehlten uns aber noch eiLa Rassegna dʼIschia 5/2006 27 tutte, ci sono mancati però ancora alcuni punti importanti, tra lʼaltro due chiese di importanza storica. Abbiamo inserito anche queste chiese nel programma della nostra ultima vacanza. Si tratta in primo luogo della chiesa “San Pietro”, ovvero “Santa Maria delle Grazie e delle Anime del Purgatorio”, costruita verso il 1781. Una terribile tragedia è collegata a questa chiesa. Durante la rivoluzione del 1799 dovette essere impiccato il napoletano Pasquale Battistessa, ma egli riuscì a liberarsi dalla corda e fuggì in questa chiesa per salvarsi. Fu ritrovato tuttavia e decapitato davanti allʼaltare maggiore. Nelle immediate vicinanze si trova unʼaltra chiesuola piccola, chiamata da un monaco “San Girolamo”. Di lui è riferito che con le sue preghiere fermò la lava del Cratere dellʼArso che venne giù nel 1301/02 da Fiaiano. Per ringraziamento, fu costruita sul posto questa chiesa, detta pure “ Maria della Pace”. La strada da Porto a Ponte passa attraverso la meravigliosa pineta (“Pineta Comunale”) che abbiamo percorso per lo più a piedi. Siamo stati anche più volte a Ponte e al noto “Castello Aragonese”. Questa ex fortezza si trova su un piccolo masso roccioso davanti ad Ischia, che dovette sorgere anche attraverso unʼeruzione. La storia di Castello si proietta molto indietro nel tempo ed inizia verso il 474 a. C. con la battaglia di Cuma, la prima colonia greca del continente. I Greci nella guerra contro Etruschi e Cartaginesi chiesero aiuto al tiranno Gerone. Dopo lʼintervento vittorioso, gli fu presumibilmente data in regalo lʼisola Ischia. Gerone fece costruire sulla piccola roccia dellʼisola la prima fortezza che cadde di nuovo in oblio nel corso dei secoli, finché nel 1438 Alfonso di Aragona conquistò Ischia e ricostruì il Castello che ancora oggi è detto “aragonese”. Egli fece costruire un ponte di pietra per unirlo allʼisola. Il Castello conserva il ricordo di alcuni eventi storici, come per esempio le nozze della poetessa Vittoria Colonna col Marchese Ferrante dʼAvalos nel 1501, celebrate nella cattedrale. Questa donna molto bella, intelligente e colta deve essere stata unʼamica spirituale di Michelangelo Buonarroti. Certuni affermano perfino il suo unico, forse irraggiungibile, grande amore. Dopo la morte di suo marito nel 1525 dopo la battaglia di Pavia, Vittoria Colonna creò intorno a sé una corte di artisti. Nel 1809 il Castello fu distrutto in gran parte da navigatori inglesi. Negli anni seguenti, ha funzionato perfino come penitenziario. Allʼinizio del XX s. fu acquistato dalla famiglia ischitana Mattera. nige markante Punkte, unter anderem zwei Kirchen mit historischer Bedeutung. Diese Kirchen hatten wir in unserem letzten Urlaub mit in unser Programm eingebaut. Es handelt sich erstens um die Kirche “San Pietro”, eigentlich “Santa Maria delle Grazie e delle Anime del Purgatorio”, die 1781 erbaut wurde. Mit dieser Kirche ist eine furchtbare Tragödie verbunden. Während der Revolution 1799 sollte der Neapolitaner Pasquale Battistessa gehängt werden, konnte sich aber noch vom Strang befreien und floh in diese Kirche, um sich zu retten. Er wurde jedoch gefangen und vor dem Hochaltar geköpft. In unmittelbarer Nähe befindet sich ein weiteres kleines Kirchlein, benannt nach einem Mönch, “San Girolamo”. Von ihm wird berichtet, er habe durch sein Gebet die Lava des Arso-Kraters, die sich 1301/02 von Fiaiano hinabwälzte, zum Stillstand gebracht. Zum Dank wurde an dieser Stelle diese Kirche erbaut, die auch noch “Maria della Pace” heißt. Die Straße von Porto nach Ponte führt durch den herrlichen Pinienwald “Pineta Comunale”, durch den wir meistens zu Fuß gegangen sind. Wir waren auch mehrmals in Ponte und dem bekannten “Castello Aragonese”. Diese ehemalige Festung befindet sich auf der kleinen, Ischia vorgelagerten Felsinsel, die auch durch eine Eruption entstanden sein soll. Die Geschichte des Castello liegt schon sehr lange zurück und begann bereits 474 v. Chr. mit der Schlacht bei 28 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Cumae, der ersten griechischen Kolonie auf dem Festland. Die Griechen hatten im Kampf gegen Etrusker und Karthager den Tyrannen Hieron zu Hilfe gerufen. Nach dem siegreichen Eingreifen wurde ihm angeblich die Insel Ischia zum Geschenk gemacht. Auf der vorgelagerten kleinen Felsinsel ließ Hieron die erste Festung bauen, die im Laufe der Jahrhunderte wieder in Vergessenheit geriet, bis 1438 Alfons von Aragon Ischia eroberte und das Castello neu aufbaute, das heute noch nach ihm benannt ist. Als Verbindung ließ er von der Insel herüber eine Steinbrücke erbauen. Das Castello birgt einige geschichtliche Ereignisse, so z. B. wurde die Dichterin Vittoria Colonna 1501 mit dem Markgrafen Ferrante dʼAvalos in der Kathedrale getraut. Diese sehr schöne, kluge und gebildete Frau soll eine Seelenfreundin von Michelangelo Buonaroti gewesen sein. Manche behaupten sogar, seine einzige, wahrscheinlich unerreichbare große Liebe. Nach dem Tod ihres Mannes, 1525, nach der Schlacht bei Pavia, scharte Vittoria Colonna einen Kreis von Künstlern um sich. 1809 wurde das Castello durch englische Seefahrer weitgehend zerstört. In den folgenden Jahren diente es sogar als Zuchthaus. Anfang des 20. Jahrhunderts kaufte die ischitanische Familie Mattera die Festung auf Hans Dieter Eheim La Torre delle ginestre, vita a SantʼAngelo dʼIschia, 2006 La spiaggia dei Maronti mi attira in modo magico. Appena dopo lʼalba faccio una lunga camminata fino agli scogli detti “Scogli dellʼenergia”. Essi risplendono con colori viola scuro e rosa pallido. Solitudine assoluta. Un vento leggero, caldo. Una barca da pesca nella baia: me ne sto disteso a lungo sulla spiaggia delle Fumarole, inondata dai caldi vapori di zolfo. Qui tutto è intriso di radon. Gli ospiti si fanno seppellire nella sabbia bollente, contro ogni genere di malattia del corpo e dellʼanima. Verso mezzogiorno, sotto un sole rovente, mi avvio per una strada incassata verso i bagni termali di Cavascura, noti sin dai tempi della colonizzazione greca dellʼisola. Decantati da antichi scrittori, celebrati dai Romani, come mostravano i templi eretti nelle vicinanze a Giove, Apollo e altri dei. Amati e apprezzati da nobili casate italiane del Medio Evo. Caduti nellʼoblio per più di un secolo e riscoperti soprattutto grazie al trattato di medicina di un medico ischitano. Nel XVIII secolo sepolti sotto massi di terra e riattivati dal generale Corafà, viceré di Palermo che amava Ischia. Per diventare poi luogo di speranza e meta agognata di gente proveniente da molti paesi europei che cercano la guarigione in queste sorgenti. In una stretta gola di erosione tra fianchi alti e perpendicolari, dallʼaspetto selvaggio, seguo un ruscelletto. Alla fine delle elevate pareti di tufo raggiungo gli antichi bagni scavati nella roccia. Grotte che richiamano alla mente il periodo greco-romano. Vasche con acqua termale sino a 80 gradi. La gola, chiamata Petrelle, ha un aspetto imponente. Da un grande bacino nella roccia le singole vasche vengono alimentate di acqua. Con un sistema di afflusso e deflusso risalente presumibilmente a secoli addietro. Tutto è molto semplice, in fondo primitivo. Sʼincontra poca gente qui. Un vento leggero dal mare. Unʼatmosfera che amo nel suo silenzio. Disteso nella vasca, la testa poggiata su una grossa pietra grezza, la vista spazia oltre un lenzuolo di lino verso la parete scoscesa. Arbusti di ginestre ed euforbie, cactus in fiore e prati montani. Farfalle. Uccelli. Cielo blu intenso. Una grotta pervasa da vapori che funge da sauna. Le correnti di caldo e di umidità provengono dalle profondità della terra. Mi sento come su nuvole, mi libro in alto. Sogno ad occhi aperti in mezzo a pendici rivestite di ginestre. Hans Dieter Eheim Der Gingsterberg. Leben in SantʼAngelo dʼIschia, 2006 Der Maronti-Strand zieht mich in diesen Tagen magisch an. Kurz nach Sonnenaufgang mache ich eine lange Wanderung zu den Felsen, den so genannten Energiefelsen. Sie glühen violettbraun und zartrosa auf. Völlige Einsamkeit. Ein leichter, warmer Wind. Ein Fischerboot in der Bucht. Ich liege lange im Sand der Fumarole, umgeben von Schwefeldämpfen. Alles hier ist radonhaltig. Gäste lassen sich eingraben in den heißen Sand, gegen tausenderlei Krankheiten von Körper und Seele. Gegen Mittag gehe ich in glühendheißer Sonne auf dem Höhenweg zu den Thermalbädern der Cavascura, bekannt seit den Zeiten der griechischen Kolonisierung der Insel. Vielgerühmt von antiken Schriftstellern, verehrt von Römern, wie die in ihrer Nähe errichteten Tempel für Jupiter, Apollon und andere Götter zeigten. Geliebt und geschätzt von italienischen Adelshäusern des Mittelalters. Über ein Jahrhundert in Vergessenheit geraten und vor allem als Folge der medizinischen Abhandlung eines ischitanischen Arztes wiederentdeckt. Im 18. Jahrhundert unter Erdmassen begraben und von General Corafa, dem Vizekönig in Palermo, der Ischia liebte, wiederhergestellt. Um danach Hoffnung und Ziel von Menschen aus vielen Ländern Europas zu werden, die durch die Quelle Heilung suchten. In einer tief eingeschnittenen, wilden Schlucht folge ich einem kleinen Bach. Am Ende der aufragenden Wände aus Tuffstein erreiche ich die alten, in die Felsen eingehauenen Bäder. Grotten, die an griechisch-römische Zeiten denken lassen. Becken mit Thermalwasser bis zu 80°C. Petrelle genannt, ist es sehr stark. Von einem großen Felsbassin aus werden die einzelnen Wannen mit dem Wasser gespeist. Über ein System von Zu- und Abflüssen, vermutlich Jahrhunderte alt. Alles ist einfach, im Grunde primitiv. Wenige Menschen, die hierher finden. Ein leichter Wind vom Meer. Eine Atmosphäre, wie ich sie liebe in ihrer Stille. In der Wanne liegend, den Kopf auf einem großen Kieselstein, geht der Blick über ein gewachstes Leinentuch hinweg zu dem Steilhang gegenüber. Ginsterbüsche und Euphorbien; aufblühende Kakteen und Bergwiesen. Schmetterlinge. Vögel. Tiefblauer Himmel. Eine dampferfüllte Grotte als Sauna. Die Ströme von Hitze und Feuchtigkeit kommen aus der Tiefe der Erde. Ich fühle mich wie auf Wolken, ich schwebe. Ich träume mit offenen Augen in die ginsterbedeckten Hänge hinein. La Rassegna dʼIschia 5/2006 29 Colligite fragmenta, ne pereant Fonti archivistiche per la storia dellʼisola dʼIschia (V) A cura di Agostino Di Lustro Le Capitolazioni delle Confratenite dellʼUniversità di Barano conservate nellʼArchivio di Stato di Napoli 1) Confraternita del SS.mo Rosario nella chiesa di S. Rocco di Barano La confraternita del SS.mo Rosario di Barano fu fondata nel secolo XVII con sede nella chiesa di San Rocco di patronato dellʼUniversità. Già nel 1632 il pittore foriano Cesare Calise aveva realizzato per questa chiesa, o addirittura già per la confraternita, una tela, firmata e datata, della Madonna del Rosario. Eʼ probabile che abbia ricevuto le prime Regole da Girolamo Pisa, che troviamo presente anche nella fondazione di altre confraternite dellʼisola dʼIschia. Questi era un laico, ma impegnato costantemente nellʼattività missionaria dei Gesuiti. La confraternita oggi è scomparsa, ma resta la tela del Rosario di Cesare Calise che si può ammirare nella chiesa parrocchiale di San Sebastiano dal momento che quella di San Rocco è al momento chiusa al culto. Riportiamo qui le Capitolazioni del 1783 (*). Archivio di Stato di Napoli, Archivio del Cappellano Maggiore Statuti e Congregazioni: B 1208/92 f. 1 r. Sua Regia Maestà Signore LʼAttuale Superiore, ed Officiali e Fratelli della Congregazione eretta sotto il titolo della Gloriosa Vergine del Rosario nella Chiesa di Santo Rocco di Barano dʼIschia, con Suppliche rappresentano alla Maestà Vostra comʼessendo stata di circa un secolo addietro eretta la detta Congregazione, e Pio Monte per lo vantaggio Spirituale deʼ fratelli, e Sorelle ascritte, e volendo ora far uso della Sovrana determinazione contenuta nel Real Dispaccio deʼ ventinove giugno mille sette centosettantasei Perciò ricorrono aʼ Piedi della Maestà vostra, e la Supplicano interponere il vostro Regio assenso, e beneplacito per lʼesistenza di detta Congregazione, e Pio *) G.G. Cervera- A. Di Lustro, Barano dʼIschia, Melito 1988, pp. 97- 99. A. Di Lustro, Il Culto del Rosario nella diocesi dʼIschia, in “Ischia Oggi”, anno II nn. 7 – 8 – 9 luglio-settembre 1971. G. Castagna – A. Di Lustro, La diocesi dʼIschia e le sue chiese, Forio 2000, p. 10. A. Della Ragione, Ischia sacra, Napoli 2005 p. 97. 30 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Monte Sopra le regole della medesima, che ai piedi gli umiliano, e lʼaveranno a grazia ut Deus. Io Crescenzo Taliercio primo assistente del pio Monte del Santissimo Rosario supplico come sopra. Io Casimiro di Meglio secondo assistente del pio Monte del Santissimo Rosario supplico come sopra. Io Antonio di Meglio terzo Assistente nel Pio Monte del Santissimo Rosario suplico come sopra. Io Agostino di Meglio depositario del Pio Monte del Santissimo Rosario supplico come sopra. f. 1 v. Io Antuono Buono suplico come dietro. Io Antonio di Meglio fratello suplico come dietro. + Segno di croce di Angelo Napoleone fratello di detto Pio Monte e Congregazione. + Segno di croce di Angelo Lombardi come sopra + Segno di croce di Aniello di Meglio fratello come sopra + Segno di croce di Alessio Amalfitano fratello come sopra + Segno di croce di Cristofaro Mattera fratello come sopra + Segno di croce di Carlo Antonio de Scala fratello come sopra + Segno di croce di Crescenzo di Ivorio fratello come sopra +Segno di croce di Domenico Nobilione fratello come sopra + Segno di croce di Giovanni Buono fratello come sopra + Segno di croce di Giuseppe Conte fratello come sopra + Segno di croce di Giuseppe Conte di Tabali fratello come sopra + Segno di croce di Nicola Voso fratello come sopra + Segno di croce di Sebastiano Agnese fratello come sopra + Segno di croce di Vincenzo Lombardi di Pascale fratello come sopra Li sudetti suplicanti sono al numero di ventidue, sei firmati di propria mano, e sedici croce signati, e tutti ventidue sono fratelli di detto Pio Monte, e Congregazione del Santissimo Rosario, ed anche li quattro Ufficiali sono fratelli, che siano tali, e che sia la maggiore parte deʼ fratelli di detto Pio Monte, e Congregazione, ne fo fede io sottoscritto Notaro, ed in fede Io Notar Vincenzo Buono di Barano dʼIschia richiesto segnato Buono. f. 2 r. Reverendus Regius Capellanus major videat, et in scriptis referat. Provisum per Regalem Cameram Sanctae Clarae Neapoli 20 Martij 1783 Illustris Marchio Citus P S R C et Con…. Speciales Aularum Prefecti De Cubiis impediti Meullone Pijanus f. 3 r. Regole della Congregazione, e Pio Monte del Santissimo Rosario del casale di Barano del Isola dʼIschia I- Che ogni fratello, o Sorella, che vorrà ascriversi in questa Congregazione debba pagare un carlino per lʼentratura, e poi continuare il pagamento di grana due, e mezzo ogni mese e mancando da detto pagamento per lo spazio di mesj quattro continui non parteciperà deʼ beneficii contenuti ne capitoli seguenti, sino a tanto che, non avrà pagato lʼattrasso per tutto il tempo della sua contumacia dovendo tanto il fratello quanto la Sorella portarsi di persona alla banca di detta Congregazione per soddisfare detto attrasso, quale non debba riceversi in caso che il Fratello, o Sorella fosse infermo, e ricevendosi il Priore, o Cassiere siano tenuti rimborsare de proprio tutto il denaro che verrebbe a patire la Congregazione in caso di morte. II- Ascritto, che sarà il Fratello, o Sorella, non goderà deʼ Beneficij, che si contengono, neʼ seguenti Capitoli, se non dopo mesi sei; che averà fatto il Noviziato, gli mesi elassi, f. 3 v. e soddisfattone il pagamento di grana due, e mezzo al mese sia tenuta la Congregazione darli tutto. III- Cascando ammalato alcun Fratello, o Sorella debba il Monte darli carlini due dopo che avrà sofferto giorni sei di continua febbre ed avanzandosi a giorni dodici, altri carlini due, e non più locchè farà costare con esibire la fede del Medico, che lʼaverà curato. E venendo a morte il detto aggregato, dopo ricevuti li Santissimi Sacramenti, conoscendosi dal medico la necessità dellʼassistenza al ben morire debba il Priore mandarci uno de Cappellani di detta Fratellanza, o altro sacerdote, a piacere del moribondo, e deʼ suoi Parenti con doversi pagare per detto Prete assistente una decente mercede pel suo incomodo seguita sarà la morte di detto Fratello, o Sorella. IV- Nella morte di ogni Fratello, o Sorella il Priore dovrà inconbenzare li Cappellani ad aver cura dellʼesequie con far sepellirsi, e lʼassociazione dovrà farsi dal Clero con andare tutte le spese a carico della Congregazione, e far cantare una messa, con lʼOfficio nellʼAltare del Santissimo Rosario di detta congregazione nel primo giorno Feriale, collʼelemosina di carlini cinque cioè carlini due al celebrante, e grana trenta al coro con ponersi ancora sei torcie di cera dʼintorno al Cadavere nella Chiesa. V- Che nella morte dʼogni Fratello, o Sorella debba il Monte dare al parroco, quello, che gli spetta per la benedizione, e associazione del cadavere, e far celebrare Messe venti nellʼAltare del Santissimo Rosario privilegiato per lʼanime del Fratello, o Sorella alla raggione di grana dodici, e mezzo per lʼelemosina, e per far seguire la celebrazione di tale Messe, abbia il Monte il tempo di giorni venti. E facendosi il caso, che qualche fratello, o Sorella morisse fuori del ristretto di detta Parrocchia debba il Monte in tal caso contribuire a suoi Parenti lʼimporto di detti sussidij, dʼassociatura, e sepoltura, e per le cere, che si sarebbero consumate, sia tenuto darli carlini tredici. VI- Oltre alli sudetti sussidij, e convenzioni partif. 4 v. colari dovrà in ognʼanno il Monte nella prima domenica di ottobre dedicata alla Gloriosa Vergine del Santissimo Rosario far celebrare la di lei Festività per li Benefattori con doversi far cantare li primi e secondi Vesperi, messa cantata sollenne e Processione, che si dovrà fare precedere le debite licenze, contribuirsi al Clero carlini trentacinque, cere, e sonarsi lʼorgano come anco in ogni Domenica dellʼanno, e nelle Festività di Maria Santissima, dopo essersi cantato il Rosario avanti la cappella dello medesimo, cantarsi con lʼorgano le litanie, e per paga dellʼorganista in tutto lʼanno carlini centotrenta. VII- In ogni mese nel primo giorno feriale dopo la prima Domenica dovrà il Monte far celebrare una Messa cantata, collʼofficio, collʼelemosina di carlini sette a tutto il Clero applicandoci per li Benefattori Fratelli, e sorelle defunte, cioè carlini due al celebrante, cinque da dividersi al sudetto Clero, che interviene. VIII- Acciò li Fratelli, e Sorelle in tutti i giorni f. 5 r. festivi, e sollenni trovino in chiesa il comodo da confessarsi debba il Monte contribuire alli confessori approvati dal Vescovo docati nove lʼanno, col peso di assistere ne confessionali in tutti i giorni dellʼanno, avendosi sempre riguardo a preferire tanto in questo esercizio, quanto nella celebrazione delle Messe tutti li Sacerdoti ascritti al detto Monte, purche non siano contumaci delle mesate, ne debbano avere ingerenza alcuna in Congregazione, e rispettarsi come semplici benefattori. IX- Nel giorno seguente della Domenica alla festività della Gloriosa Vergine del Santissimo Rosario, debbano precedente chiamata congregarsi li Fratelli godenti del Monte esclusi li contumaci, per lʼElezione delli Officiali, la quale si farà nel seguente modo. Radunati li Fratelli si metteranno in unʼurna li nomi di tutti coloro che interverranno allʼElezione indi da detta urna si astrarranno a parte tre dʼessi, e costoro avranno il dritto f. 5 v. di nominare ciascuno tre soggetti, per successori Amministratori, cioè il Priore, Primo, e Secondo assistente non debitore di detto Monte ne contumace come sopra si è detto. Quindi poi si passerà la Bussola a turno per voti segreti deʼ Fratelli congregati e colui, che averà maggioranza di voti resterà eletto Priore; di poi si passerà allʼElezione del primo Assistente, e si farà lo stesso, e così del secondo assistente qual maggioranza di voti sʼintende composta di uno dappiù della mettà di quelli Fratelli godenti congregati, dovendo però il Segretario distribuire a ciascheduno Fratello esclusivo, e riuscendovi parità di voti per ciascuno di detti tre di Banca si deciderà dalla sorte; che li sudetti Officiali debbano durare uno solo anno, e non più, e sortita sarà detta nuova elezione si canterà il Te Deum dandoseli da Fratelli il possesso, ed a nomina del novello Priore col parere de due Assistenti colla stessa maggioranza de voti e Bussola segreta f. 6 r. si eleggerà due Cassieri o sia Tesoriere e due Razionali per la misura de conti de passati Amministratori a tenore del Concordato, una con i due Cassieri, o siano Tesorieri. X- Questi tre Officiali, cioè Priore, primo Assistente, secondo Assistente, debbano destinare due Sacerdoti per cappellani ammovibili ad nutum, ed anche questi debbano restare La Rassegna dʼIschia 5/2006 31 inclusi colla maggioranza deʼ voti segreti deʼ Fratelli senza punto ingerirsi negli affari temporali del Monte, li quali abbiano il peso di adempire tutto ciò, che compete allo Spirituale di detto Pio Monte, si riguardo alla celebrazione delle Messe, come allʼEsequie, allʼassistenza al ben morire ed altre solennità Ecclesiastiche, come sopra. XI- LʼOfficio del primo Cassiere sarà in assistere in Banca di detto Monte, eretto dentro la Venerabile Chiesa di San Rocco del Casale di Barano in tutti li giorni Festivi, e Domenicali per tre ore continue f. 6 v. acciò possa riscuotere la contribuzione delle grane due e mezzo da pagarsi dai Fratelli, e Sorelle. XII- LʼOfficio del secondo Cassiere sarà avere il peso, ed obligo di esigere le rendite deʼ Capitali di esso Monte, con dover portare in fine dellʼanno lʼesatto del fruttato di detti Capitali, e qualche cosa dellʼattrasso se mai ve ne sia, ed a tal fine il Monte dovrà soccombere alle spese di sorte che occorreranno per lʼesazzione. XIII- Di più il secondo sudetto Cassiere avrà il peso di tenere presso di se la cassa di detto Monte con tre diverse chiave, una da conservarsi dal Priore, e le due altre dalli due Cassieri, e dovrà riponersi in questa tutto il denaro che si riscuote, e sia nellʼobbligo di detto secondo Cassiere, di pagare tutte quelle quantità, che le saranno ordinate con mandati sottoscritti dal Priore, da uno degli Assistenti, e Segretario, ed in mancanza del Priore dal Segretario, e da ambi gli f. 7. r. Assistenti, purchè la spesa non oltre passi la summa di carlini venti; mentre oltre passando tal somma si dovrà proporre a Fratelli ed eseguirsi quel che si stabilirà dalla maggior parte de Fratelli per bussola segreta gli due Cassieri debbono essere persone benestanti per sicurtà del Monte. XIV- Dovrà il Priore zelare per il vantaggio del Monte. Attendere alle presente Regole farsi esibire ogni quattro Mesi la nota de Fratelli, e sorelle per vedere, chi mai sia contumace, ed in tale caso ammonirli, acciò il Monte vada in aumento dʼanno in anno. XV – Elasso che sarà lʼanno il Priore, ed Assistenti, quanto li due Cassieri dovranno dare li loro conti a due Razionali eletti collʼintervento del deputato Ecclesiastico a tenore del prescritto del concordato. XVI- Gli Officiali di detto Monte non possono fare spese straordinarie a capriccio, liti, accrescimenti di spese, senza la maggior parte di Fratelli legittimamente congregati precedente chiamata. XVII- Non potrà il primo Cassiere ascrivere al detto Monte quelle persone, che averanno terminato f. 7 v. lʼetà di anni quaranta senza lʼintesa del Priore ed Assistenti, e consenso della maggior parte dei Fratelli. XVIII- Se qualche Fratello o Sorella contumace da molto tempo vorrà di nuovo transigersi, possa ciò farsi dal Priore, ed Assistenti collʼintesa e consenso dalla maggior parte de Fratelli per bussola segreta con aversi riguardo allʼetà del Fratello, o Sorella, che trovasi ascritta al detto Monte delle 32 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Messe con farsi notamento ad un libro a parte della celebrazione seguita di tali messe, e succedendo la morte di più Fratelli, o Sorelle ascritte al detto Monte delle Messe in breve tempo in tal caso il Fratello o Sorella abbia quattro mesi di delazione per fare soddisfare a tal obligo. Ma se mai elasso tale tempo non si ritroverà aver soddisfatto alle Messe per li Fratelli o Sorelle defunte; Venendo a morte non siano tenuti li Fratelli, o Sorelle di far celebrare per il medesimo dette Messe per riputarsi morto contumace. I- Ed avendo maturamente considerato il tenore di dette Regole poiche le medesime non contengono cosa che pregiudichi la Real Giurisdizione, ed il publico, ma semplicemente son dirette al buon governo della sudetta Congregazione, che perciò precede il parere del Regio Consigliere Don Domenico Potenza Avvocato Fiscale del Real Patrimonio, e mio Ordinario Consultore son f. 8 r. di voto che possa Vostra Maestà degnarsi concedere tanto su le medesime Regole, quanto su la fondazione della sudetta Congregazione, il Regio Assenso collʼespressa clausola insite per altro alla sovranità usque ad Regis Beneplacitum, con fargli spedire colle seguenti condizioni. II- Primo che la ridetta Congregazione non possa far acquisti essendo compresa nella legge dʼammortizazione e che siccome lʼesistenza giuridica di detta Congregazione comincia dal dì dellʼimpartizione del Regio Assenso nella fondazione e nelle Regole così restino illese le ragioni delle parti, per lʼacquisti fatti precedentemente dalla medesima come corpo illecito, ed incapace, il tutto a tenore del Real Dispaccio de 29 giugno 1776. Secondo che in ogni esequie resti sempre salvo il dritto del Parroco. III- Che le processioni, ed Esposizioni del Venerabile possino farsi precedenti le debite licenze IV- Che li Fratelli Ecclesiastici che al presente vi sono e quelli che vi sʼascriveranno in appresso non possano godere ne la voce attiva, né f. 8 v. la passiva, né averci ingerenza, neque directe, neque indirecte. V- che nella reddizzione de conti di detta Congregazione sʼabbia da osservare il rescritto del Capo V paragrafo 1 et sequenti del Concordato. VI- che a tenore del Real Stabilimento fatto nel 1742 quei che devono esser eletti Amministratori e Razionali non siano debitori della medesima e che avendo altre volte amministrate le sue rendite e beni abbiano dopo il rendimento deʼ conti ottenuto la debita liberatoria, e che non siano consanguinei ne affini degli Amministratori precedenti sino al terzo grado inclusive de jure civili. E per ultimo, che non si possa aggiungere o mancare cosʼalcuna dalle preinserte Regole senza il precedente Real Permesso. E questo Napoli 20 giugno 1783 Isidoro Arco di Salerno= Domenico Potenza Giovanni Battista Adone Sig. D. Vincenzo Ciappa ducati sei. 2) Confraternita del Santissimo Rosario nella chiesa parrocchiale di S. Giorgio di Testaccio Questa confraternita deve essere stata fondata alla fine del secolo XVII, come affermano le Capitolazioni del 1796. La sua sede era nella chiesa parrocchiale di San Giorgio dove, tra lʼaltro, si conserva la copia membranacea delle stesse Capitolazioni e altri documenti che ad essa si riferiscono, in modo particolare una bolla di Prospero Colonna del 1729 circa i rapporti tra la confraternita e il parroco, soprattutto per quanto riguarda il problema della manutenzione della chiesa. Oggi questa confraternita non esiste più (*). Archivio di Stato di Napoli, Archivio del Cappellano Maggiore Statuti e Congregazioni - B/ 1206 numero 132 f. 1 r. Sua Regia Maestà, Signore Lʼattuali Ufficiali ascritti al Pio Monte sotto il titolo del Santissimo Rosario eretto dentro della Parrocchiale Chiesa di San Giorgio Casale di Testaccio dellʼIsola dʼIschia, con umil suppliche a piè del Real Trono lʼespongono; come fin da un secolo si rattrova eretto detto Pio Monte per il vantaggio spirituale di essi fratelli E sorelle ascritte al medesimo E volendo al presente li supplicanti fare uso della sua sovrana determinazione da 29 giugno 1776. Perciò ne ricorrono aʼ piedi della Maestà Vostra, e la supplicano benignarsi interponevi il Vostro Regio assenso per lʼesistenza di detto Pio Monte sopra le regole del medesimo; che aʼ piedi del Vostro Real Trono Umiliano, e lʼaveranno a gratia ut Deus. Antonio di Scala Priore, e fratello Gennaro di Scala depositario e fratello + segno di croce di Natale Cacciuttoli primo assistente e fratello + segno di croce di Giuseppe Napoleone seccondo ass. e fratello + segno di croce di Cesare Pisano fratello non saper scrivere f. 1 v. + segno di croce di Matteo di Ivorio fratello non saper scrivere + segno di croce di Pascale Galano fratello non saper scrivere Li soprascritti supplicanti sono al numero di nove, due deʼ quali firmati di propria mano, e sette di croce segnati, ed in fede Jo Notar Vincenzo Buono di Barano dʼIschia ricevuto signato – Buono. Reverendus Regius Capellanus major videat et in scriptis referat. Targiani - Vollaro V. A. M. Regia Camera Sancte Clare Beatoli 16 martii 1796 Illustris marchio Mazzocchi et ceteri Speciales Aularum Prefecti De Subnis impediti Linguiti f. 2 r. Regole da osservarsi daʼ Fratelli del Pio Monte del Santissimo Rosario, eretto dentro la parrocchiale chiesa sotto il titolo di San Giorgio del casale di Testaccio dellʼIsola dʼIschia. I – Questo Pio Monte chʼè stato fondato da più di cento anni, e si denomina Monte aperto, vien governato da Fratelli se*) G. Vuoso, La chiesa parrocchiale di Testaccio dʼIschia dalle origini ai nostri giorni, Forio 1990 pp. 86 e ss. A. Di Lustro, Il culto del Rosario nella diocesi dʼIschia, in “Ischia oggi”, anno II nn.7-8-9- luglio-settembre 1971. colari, cioè dal Priore, Primo assistente, e Depositario, o sia Cassiere, eletti con maggioranza di voti segreti deʼ Fratelli in ognʼanno da eligersi nel giorno della festa del SS. Rosario, i quali non debbano essere né debitori del detto Pio Monte, né contumaci e, terminato lʼanno di loro amministrazione, debbano dar conto dellʼintroito ed esito, in mano di due Razionali fratelli secolari del Monte sudetto da eligersi con maggioranza deʼ voti segreti deʼ Fratelli, e collʼintervento del Deputato Ecclesiastico a norma del prescritto del Concordato. II- Li Fratelli, e Sorelle che dovranno ascriversi al detto Monte, debbano pagare un carlino di entratura, e grana dodici per li sei mesi di Noviziato, e grana due per ciascheduno mese, dandosi dilazione dopo li sei mesi, altri mesi quattro, quali elassi, si dichiarano contumaci, e per pagare detta contumacia devono pagare le mesate attrassate. E cascando ammalato qualche Fratello o Sorella contumace, de portarsi di persona alla Banca di detto Monte a pagare le dette mesate intieramente, e senza nessun rilascio; e ricevendosi denaro per dette mesate attrassate dal Priore, o Depositario privatamente dalli Fratelli, o Sorelle contumaci, e venendo a morte tale Fratello, o Sorella, in tale caso sia tenuto il Priore, o depositario a soccombere, e pagare f. 2 v. de proprio ciò che spetta di emolumento, o siano spese di Funerali, ed a nulla essere tenuto il Monte a contribuire; e trovandosi fratelli, o sorelle contumaci si debbano aggiustare, e reintegrare, con aver rimira allʼetà, allo stato della persona, ed al tempo passato di sua recezione in detto Monte. III- Che cascando ammalato qualche Fratello, o Sorella di detto Pio Monte, dopo aver sofferto giorni otto di febre continua, che farà costare con fede del medico, che lʼaverà medicato, deve il Monte pagare carlini due per la visita a detto Fratello, o Sorella, una volta tantum in vita, e venendo a morte detto Fratello, o Sorella in detto Monte aggregato, doppo aver ricevuti gli Santi Sacramenti, conoscendosi dal Medico la necessità di assistenza a ben morire, debba il Priore mandarci un sacerdote a piacere del moribondo, o deʼ suoi parenti, con doversi pagare al detto sacerdote una competente mercede per suo incomodo e seguita sarà la morte di quel Fratello, o Sorella, debba il Monte pagare ducati quattro per lʼesequie, o sia associazione del Parroco, e Preti, per una libra di cera, Ufficio, e Messa cantata, e Libera, ed il rimanente celebrarsi tante messe lette per lʼanima del defondo, o defonda, e per limosina di ciascuna messa, pagarsi grana dodici; e morendo qualche Fratello, o Sorella, fuori dellʼIsola, li sudetti ducati quattro si debbano celebrare messe fra lo spazio di giorni sei, allʼistessa ragione di grana dodici la limosina di ciascuna. IV- Si debbano cantare in ogni anno dodici anniversarij cioè uno il mese, in suffragio dellʼanime deʼ defondi f. 3 r. Fratelli e Sorelle, con cantarsi un Notturno, le Lodi, Messa cantata, e Libera, e pagarsi per ogni anniversario carlini sette, per distribuirsi aʼ sacerdoti che intervengano a detta funzione, deʼ quali carlini sette, se ne debbano pagare carlini due al sacerdote che canterà la Messa, e si debba cantare per turnum. La Rassegna dʼIschia 5/2006 33 V- Che ognʼanno si debba solennizzare la festività della Beata Vergine del Santissimo Rosario nel giorno di domenica terza di novembre, che si celebrano li Patrocinij della detta Beata Vergine, con cantarsi gli Vesperi Messa solenne, assistenza deʼ Sacerdoti, e farsi la Processione con immagine di Maria Santissima de mare, e pagarsi aʼ sacerdoti assistenti una giusta e competente mercede. Antonio di Scala Priore e Fratello Gennaro di Scala Depositario e fratello + segno di croce di Natale Cacciuttoli primo assistente e fratello per non saper scrivere + segno di croce di Giuseppe Napoleone secondo assistente non saper scrivere + segno di croce di Cesare Pisano non sapere scrivere + segno di croce di Matteo di Ivorio non sapere scrivere + segno di croce di Pascale Galano non saper scrivere + segno di croce di Agnesa di Ivorio non saper scrivere + segno di croce di Angela di Scala non saper scrivere + segno di croce di Brigida Buonomano non saper scrivere + segno di croce di Antonia Arcamone non saper scrivere + segno di croce di Beatrice dʼAcunto non saper scrivere + segno di croce di Brigida di Scala non saper scrivere + segno di croce di Apollonia Nobilione non saper scrivere + segno di croce di Agnesa Voso non saper scrivere + segno di croce di Candida di Scala non saper scrivere + segno di croce di Cristina Iacono non saper scrivere + segno di croce di Chiara di Ivorio non saper scrivere + segno di croce di Caterina di Scala non saper scrivere + segno di croce di Elena Voso non saper scrivere + segno di croce di Emanuela Santoro non saper scrivere + segno di croce di Francesca Arcamone non saper scrivere + segno di croce di Francesco di Scala non saper scrivere + segno di croce di Lucia Cacciuttoli non saper scrivere + segno di croce di Loreta Amalfitano non saper scrivere + segno di croce di Maria Esposito per non saper scrivere + segno di croce di Maria di Jvorio non saper scrivere + segno di croce di NicolʼAngela Mattera non saper scrivere + segno di croce di Orsola Spennato non saper scrivere + segno di croce di Porzia Boccanfuso non saper scrivere + segno di croce di Regina di Siano non saper scrivere + segno di croce di Rosa Napoleone non saper scrivere + segno di croce di Teresa Balestriero non saper scrivere + segno di croce di Antonia Amalfitano non saper scrivere + segno di croce di Angela Rosa di Scala non saper scrivere + segno di croce di Anna Lucia Migliaccio non saper scrivere + segno di croce di Anna Galano non saper scrivere + segno di croce di Beatrice di Acunto non saper scrivere + segno di croce di Brigida di Scala non saper scrivere + segno di croce di Cristina Napoleone non saper scrivere + segno di croce di Cecilia Buono non saper scrivere + segno di croce di Grazia di Ivorio non saper scrivere + segno di croce di Gioia Napoleone non saper scrivere + segno di croce di Lucia di Scala non saper scrivere + segno di croce di Lolla Candio non saper scrivere + segno di croce di Maria Girolama dʼAmbra non saper scrivere + segno di croce di Maria Rosa Pesa non saper scrivere + segno di croce di Orsola Spennato non saper scrivere + segno di croce di Orsola Napoleone non saper scrivere + segno di croce di Restituta Mattera non saper scrivere + segno di croce di Seranifana Voso non saper scrivere + segno di croce di Teresa Iacono non saper scrivere + segno di croce di Angela Rosa Balestriero non saper scrivere + segno di croce di Anna di Ivorio non saper scrivere + segno di croce di Caterina Buono non saper scrivere 34 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Li soprascritti Fratelli, e Sorelle, del Pio Monte del SS. Rosario eretto dentro la Parrocchiale chiesa di San Giorgio del Casale di Testaccio, sono di numero cinquantacinque, e sono la maggiore parte deʼ godenti, due di essi firmano di proprie mani, e cinquantatre croce firmati, e di ciò fo fede Jo sottoscritto Notare, ed in fede Jo Notar Vincenzo Buono di Barano dʼIschia ricevuto signato Buono. f. 4 r. Ed avendo maturamente considerato il tenore delle preinserte Regole, poichè le medesime non contengono cose, che pregiudichi la Real Giurisdizione, ed al Publico, ma semplicemente son dirette al buon governo e regolamento della sudetta Congregazione perciò precedente parere del Regio Consigliere Presidente della Real Camera D. Michele Vecchiumi mio ordinario Consigliere son di voto che Vostra Maestà può degnarsi concedere tanto su le medesime Regole, quanto su la fondazione della sudetta Congregazione il Real Assenso, collʼespressa clausola insita per altro alla Sovranità usque ad Regis beneplacitum, spedire Privilegio in sua Regalis Camere Sancte Clare colle seguenti condizioni, e non altrimenti. Primo- che la sudetta Congregazione non possa far acquisti essendo compresa nella legge di commontarazione e che siccome lʼesistenza giuridica di detta Congregazione comincia dal di dellʼimpartizione del regio assenso, nella fondazione, e nelle regole, così restino illese le ragioni delle Parti per gli acquisti fatti precedentemente dalla medesima come corpo illecito, ed incapace il tutto a tenore del Regal dispaccio di 29 giugno 1716. f. 4 v. Secondo - che in ogni esequie resti sempre salvo il dritto del parroco a tenore degli ordini regali. Terzo- che le Processioni, ed esposizioni del Venerabile possino farsi precedenti le debite licenze. Quarto- che gli Ecclesiastici che al presente si trovano ascritti in detta Congregazione e quelli che si ascriveranno in appresso non possano godere né della voce attiva, e passiva neque directe neque indirecte ingerirsi negli affari della medesima. Quinto – che nella reddizione deʼ conti di detta Congregazione si abbia da osservare al prescritto del capo V paragrafo 1 et seguente del Concordato. Sesto- che a tenore del Regal Stabilimento fatto nel 1742, quei che devono essere eletti per novi amministratori, e razionali non siano debitori della medesima, e che quando altre volte amministrate le sue rendite , abbiano dopo il rendimento di conti ottenuta la debbita liberatoria, e che non siano consanguinei affini delli amministratori precedenti sino al terzo grado de iure civili f. 5 r. E per ultimo, che non si possa aggiungere o mancare cosʼalcuna delle preinserte regole senza il precedente Regal Permesso; E questo Napoli 26 del cadente mese di marzo 1796 di Vostra Maestà umilissimo Cappellano Maggiore Fra Alberto Arcangeli di Colezzi Michele Secchioni Giovanni Battista Adone f. 6 v. 1796 Congregazione del Pio Monte del Santissimo Rosario eretto dentro la Parrocchiale Chiesa di San Giorgio del Casale di Testaccio dellʼIsola dʼIschia 26 marzo 1796 Si rilascino i carlini venti per la consegna ---- Bruno 3) Confraternita Santa Maria di Costantinopoli di Testaccio La confraternita di Santa Maria di Costantinopoli di Testaccio fu fondata nella prima metà del secolo XVII e aveva sede in una propria chiesa ubicata accanto a quella parrocchiale di San Giorgio. Nel 1928 passò nella chiesa della Madonna delle Grazie, dove ancora si trova, e la sua chiesa, dopo lʼabbattimento di alcuni muri, divenne una navata laterale della stessa chiesa parrocchiale come si vede attualmente. Di questa confraternita mi sono occupato in un numero speciale de La Rassegna dʼIschia pubblicato nel 1994 anno XV n. 2, aprile 1994) per ricordare il secondo centenario dellʼIncoronazione della Madonna di Costantinopoli venerata nella chiesa dellʼArciconfraternita omonima dʼIschia. In tale occasione pubblicai anche le Capitolazioni del 23 agosto 1785 della confraternita di Testaccio che si conservano nellʼArchivio del Cappellano Maggiore dellʼArchivio di Stato di Napoli. Pertanto rimando a quel numero de La Rassegna dʼIschia (*). *) A. Di Lustro, Madonna di Costantinopoli, in “La Rassegna dʼIschia”, anno XV n. 2 aprile 1994 (numero speciale). G. Vuoso, La chiesa parrocchiale di Testaccio dʼIschia dalle origini ai nostri giorni, Forio 1990. G. Castagna- A. Di Lustro, La diocesi dʼIschia e le sue chiese, Forio 2000, p.8. G. dʼAscia, Storia dellʼIsola dʼIschia, Napoli 1867 pp. 479-80. A. Della Ragione, Ischia sacra, Napoli 2005 p. 88. 1 - Continua Poesia di Nino dʼAmbra Il Portatore dʼacqua (Traduzione dal foriano) Lo vedi sempre affaticato e sfinito, in mezzo alla nostra piazza, il portatore dʼacqua, distribuisce lʼacqua a questo e a quello, ma lui resta sempre arso di sete. «Perché non bevi mai – gli ho domandato – se stai morendo di sete che fra poco svieni? Non so se io dormo o sto sveglio, ma questa cosa mi pare strana assai!» «Stordito stai – risponde il portatore dʼacqua – Tu cammini per la strada con gli occhi chiusi, dove si è visto mai che lʼasinaio dà a mangiare il carico allʼasino che smania? «Se un giorno solo lasci un asino Senza portare soma e senza sferza, scalpita e tira calci a destra e a manca e te lo sopporti più stravagante del mese di marzo. «Tu ancora litri di latte devi poppare. Chi vuoi abbindolare con queste considerazioni: osserva me e impara a campare, se non vuoi andare incontro a grattacapi!» Subito me ne dovevo andare a questa risposta Ma io ho una lingua che non vuole stare al suo posto. Ancora azzardai e gli dissi: «Non è per criticare il tuo modo di fare, ma lʼasino cammina a quattro zampe mentre lʼuomo, se tiene i pantaloni, un sorso dʼacqua lo deve bere per forza; dai, bevi pure tu che ti fa bene, non portare sempre addosso, non fai una cosa buona!» Come se gli avessi bestemmiato i morti, gonfiò la faccia rossa come un peperone, per poco non mi mise due dita alla gola e incominciò a sbraitare come un pazzo: «Non voglio bere, io voglio portare lʼacqua, questi non sono affari tuoi, a me questo mestiere piace: Io sono il Portatore dʼAcqua». Mi feci allora un pizzico e replicai: «Abbi pazienza, ma che ho ucciso tuo padre?» «Peggio mi hai fatto, mi volevi mettere alla berlina: cosa si sarebbe detto di me, se il nostro padrone, Il capo del Paese, mi avesse sorpreso con lʼanfora senzʼacqua? Vattene, chiacchierone, non mi tentare Va a prenderlo in quel posto.» Mi allontanai in silenzio rasentando i muri e fra me pensai: «Mi sta bene, mi devo tagliare la lingua; mio padre lo diceva: Se lavi la testa allʼasino ci perdi la liscivia!» La Rassegna dʼIschia 5/2006 * 35 Continuano a Casamicciola Terme le celebrazioni ibseniane Ibsen e il Peer Gynt Peer Gynt fu scritto tra Roma, Ischia1 (Casamicciola) e Sorrento. Ibsen pensava di scrivere unʼacerba satira del suo paese. Nella raccolta di fiabe e racconti popolari dellʼAsbjörnsen aveva trovato che una cinquantina di anni prima viveva un cacciatore, di nome Peer Gynt, che era «uno per se stesso, bugiardo e spaccamontagne, che vi raccontava storie che avevano il barbone bianco, come se egli vi fosse stato presente». Eccolo il vero tipo nazionale norvegese! il contadino norvegese. Il manoscritto porta le seguenti date: Data di inizio Data finale I atto 14 gennaio 25 febbraio II atto 3 marzo (mancante) III atto 15 giugno 2 luglio IV atto (mancante) 15 settembre V atto 19 settembre 14 ottobre Ibsen inviò il manoscritto in bella copia a Hegel in tre tempi. Il quinto ed il sesto atto in bella copia furono inviati da Sorrento il 18 ottobre 1867. A differenza di altre sue opere, Peer Gynt è scritto in versi, perché era inizialmente concepito come opera letteraria, non per essere rappresentata sul palcoscenico. Le difficoltà dovute ai rapidi e frequenti cambi di scena (compreso un intero atto che si svolge nellʼoscurità assoluta) lo rendono un dramma di difficile rappresentazione. Peer Gynt fu pubblicato la prima volta nel 1867 dalla casa editrice Gyldendalske Boghandel (F. Hegel) di Copenaghen in 1250 copie. Una seconda edizione di 2000 copie fu stampata a soli 14 giorni di distanza. Il successo delle vendite è da attribuire al successo della sua precedente opera, Brand. Vilhelm Bergsøe, lo scrittore danese che era stato il primo compagno di passeggiate di Ibsen a Ischia, riporta nei suoi libri Henrik Ibsen paa Ischia (Henrik Ibsen a Ischia2) e Fra Piazza del Popolo: Erindringer fra 1 Nel maggio 1867 Ibsen scrive allʼeditore Hegel: «Ho intenzione di andare a Ischia verso la metà del mese per passarvi lʼestate e terminare il mio nuovo poema, di cui due atti sono già completati e il piano degli altri tre dei cinque previsti mi è ben chiaro in mente nella sua elaborazione. A Roma mi è difficile lavorare ed ho bisogno soprattutto di solitudine». 2 Il testo di Bergsøe è stato pubblicato in versione italiana (trad. dal danese di Maria Grazia Calabrese) dallʼeditrice Imagaenaria col titolo Henrik Ibsen a Ischia, 2001. 36 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Henrik Ibsen nel suo studio di Christiania (Oslo) Aarene 1863-69 (Da Piazza del Popolo: ricordi degli anni 1863-69) il seguente scambio di battute che ebbe con Ibsen: «È possibile rappresentare in teatro un uomo che se ne va in giro con una cucchiaia da fonditore?» «Sì, perché no?», risposi. «Sì, ma allora deve essere grande - così ci si possono fondere le persone». «Sarebbe comico», notai. «Sì, lo penso anchʼio. Ma allora non si deve mettere in scena, secondo me». Alcuni anni più tardi Ibsen aveva cambiato idea. Il 23 gennaio 1874 si rivolse ad Edvard Grieg con una lettera inviata da Dresda. Intendeva adattare Peer Gynt con lʼidea di rappresentarlo in teatro e chiedeva se Grieg volesse «comporre le musiche adatte». Il 6 febbraio dello stesso anno Ibsen scrisse a Ludvig Josephson, il direttore del Christiania Theater che nel 1873 aveva messo in scena con successo sia I pretendenti alla corona che La commedia dellʼamore, informandolo di aver rielaborato lʼopera, di averla tagliata un poʼ e adattata a «dramma musicale». Josephon ne fu entu- siasta. Furono necessari due anni per portare a termine il progetto, ma la prima ebbe luogo il 24 febbraio 1876 proprio al Christiania Theater. E fu un enorme successo, sia dal punto di vista artistico che di affluenza di pubblico. Dieci anni dopo il successo al Christiania Theater, lʼopera fu rappresentata al Dagmarteatret di Copenaghen, con la partecipazione di Henrik Klausen nel ruolo del protagonista e le musiche di Grieg. Peer Gynt può essere considerata una commedia dolceamara a proposito di un antieroe norvegese. Peer Gynt è il figlio di Jon Gynt, una volta uomo ricco e rispettato, ma poi diventato un ubriacone che perde tutto il suo denaro e, lasciando la famiglia, si ritira a vivere in povertà. Peer vorrebbe recuperare lʼonore e le ricchezze, ma si ritrova spesso a sognare ad occhi aperti e trascorre la maggior parte del tempo senza far nulla, raccontando fandonie Peer Gynt e lʼillusione di essere se stessi * Peer Gynt: lʼuomo delle canzoni interrotte. E dei pensieri non pensati, degli ordini non dati, delle lacrime non versate, delle opere non compiute. Nella sua lucida drammaturgia, che Rilke definì «di una violenza senza pari», Heinrik Ibsen descrive il cammino inesorabile di un giovane contadino che passa da unʼesperienza allʼaltra allʼombra di una non scelta, quella di vivere alla giornata, seguendo lʼimpulso del desiderio, senza mai finalizzare unʼazione o pagare i conti. Un uomo che sceglie sempre di svoltare. Nellʼillusione di essere se stesso, Peer Gynt in realtà non vive. E lʼunica identità che gli rimane è quella rappresentata da una curva (in un bellissimo dialogo, Peer Gynt interroga una voce nelle tenebre, chiedendo insistentemente “Chi sei?”, e la voce risponde prima “Io stesso”, e poi, alla richiesta di maggiori spiegazioni, “Il Grande Curvo”). Lʼunico passo diritto è verso la morte (“Fà il giro, diceva il Curvo. No; diritto, questa volta, per stretto che sia il cammino!”), dopo aver comunque chiesto un rinvio. Seguiamolo: Peer rapisce una giovane alla vigilia delle nozze e la abbandona. Peer seduce la figlia del re dei troll, gli spiriti della foresta, e fugge. Peer lascia la Norvegia e insegue il successo e il denaro: diventa mercante di schiavi in Africa, pataccaro di simboli religiosi in Cina e profeta con gli arabi. Al ritorno in patria Peer durante un naufragio salva la propria vita sacrificando quella di un cuoco padre di famiglia, con la scusa di non avere ancora compiuto la propria missione, perché ancora senza figli. Si tratta di scene singole, diversissime per luoghi e tempi, slegate (sarà la musica a tenerle insieme), ma e le sue spacconate e facendo credere alla madre che presto sarà famoso ed importante. Coinvolto in una rissa, diventa un fuorilegge, quindi scappa dal suo paese e durante la fuga incontra tre fanciulle amorose: una donna vestita di verde; la figlia del re dei nani, che lo vuole sposare; e Bøygen. Solveig, che Peer aveva incontrato ad un matrimonio a Haegstad e di cui si era innamorato, lo raggiunge nella sua capanna di montagna per vivere con lui, ma lui la lascia. Rivede la madre che sta per morire ed è felice che il figlio, tramutando il trapasso in una galoppata, la porti alla soglia del Paradiso e la consegni a San Pietro. Parte quindi per un lungo viaggio. Rimane lontano per molti anni, calandosi in diversi ruoli e occupazioni, incluso quello di uomo dʼaffari impegnato in una spedizione sulle coste del Marocco. Vaga attraverso il deserto, incontra la statua di Memnone e la Sfinge, diventa anche un capo beduino e un profeta. Prova a sedurre Anitra, figlia lʼimpressione del lettore è quella di una continua ripetizione, come se si ascoltasse, appunto, sempre la stessa canzone. Interrotta. Ma la vera maestria di Ibsen sta nel rendere questo racconto sempre diverso grazie alla caratterizzazione del personaggio, perché Peer è quasi sempre allegro, sogna (“Aspetta solo che io abbia fatto qualcosa... qualcosa di straordinario!”) e ha una fantasia che trascina e seduce (“Credi che egli possa pentirsi dei suoi peccati?”, chiede un uomo a sua madre. “No, ma è capace di volare in groppa a una renna”, risponde lei). E poi, come se non bastasse, Peer argomenta: ha sempre una teoria o una giustificazione per ogni sua azione, e quando ogni spiegazione razionale viene meno, parte con lʼimmaginazione e il racconto, come accade in uno dei momenti più intensi del dramma, alla morte della madre (“Ecco, ora abbreviamo il tempo cantando favole e nenie... Nel castello di Soria-Moria il re e il principe danno una festa. Stenditi sui cuscini della slitta; ti ci porto attraverso la landa...”). Ibsen ci illude esattamente come si illude Peer Gynt, che crede di procedere nellʼesistenza mentre in realtà sta fermo, e a sottolineare questa illusione di movimento ritorna, a tratti, la canzone di Solveig, la fanciulla che sa aspettare, la ragazza che sa promettere e mantenere, lʼunica che riesce a dare a Peer Gynt una identità, attraverso la costanza del proprio affetto. Ormai vecchia, alla vista di Peer esclama: “Grazie a te, la mia vita è stata una canzone meravigliosa. Sii benedetto, tu che finalmente ritorni a me!”. E nel finale, Peer morente, sono due le voci che si confondono, quella di Solveig, che canta la sua ninna nanna di consolazione, e quella del fonditore di bottoni, che aspetta al varco: “Cʼincontreremo allʼultimo crocicchio, Peer; e allora vedremo se... non voglio dir altro” * Savina Neirotti - www.sistemamusica.it. La Rassegna dʼIschia 5/2006 37 di un beduino, e finisce segregato in un manicomio al Cairo, dove viene proclamato imperatore. Infine, ormai vecchio sulla strada del ritorno a casa, fa naufragio e tra i passeggeri incontra il Passeggero Sconosciuto, che vuole usare il cadavere di Peer per scoprire dove si trovano i sogni. Tornato a casa in Norvegia, Peer Gynt assiste al funerale di un paesano, e ad unʼasta, dove vende tutto ciò che aveva dalla sua vita precedente. Incontra il fonditore di bottoni, il quale sostiene che lʼanima di Peer deve andare nella cucchiaia di un fonditore insieme ad altri oggetti fusi mal riusciti, se lui non è in grado di dire quando nella sua vita è stato “se stesso”, e un personaggio chiamato lʼUomo Magro (che probabilmente è il Diavolo), il quale crede che Peer non sia un vero peccatore da mandare allʼinferno. Peer, molto confuso, finalmente raggiunge Solveig. Lei lo ha aspettato nella capanna da quando lui se ne è andato. Solveig gli dice che lui è sempre stato se stesso nella fede, nella speranza e nellʼamore che lei prova da sempre per lui. Con il suo amore Peer viene finalmente redento. Edvard Grieg nel 1874 iniziò a comporre le musiche del Peer Gynt. Il compito non fu semplice: tra il 1874 e 1875 scrisse una prima stesura, costituita di 22 pezzi per soli coro e orchestra, ma in seguito apportò molte varianti. In realtà egli riprese lʼopera per tutta la vita, se si pensa che le due famosissime suite tratte dallʼopera sono rispettivamente del 1888 e del 1893. Il fascino di questo dramma consisteva innanzitutto nellʼaver bisogno della musica, non solo per la presenza delle canzoni, ma anche per legare, per creare unʼatmosfera che potesse rendere fluido il passaggio da una scena allʼaltra, senza rinunciare alla caratterizzazione di ogni singolo quadro. E Grieg, amante dei dettagli, delle piccole scene, di universi sonori delineati con gesti sicuri, si lasciò coinvolgere: «...dar voce ai troll, far suonare i violini nelle danze nuziali, cogliere lʼincanto di un mattino africano, riempire la foresta di echi dʼarchi e di corni, piangere con la semplicità di questi echi la morte di Aase, dare una definizione musicale alla canzone di Solveig, era proprio come riscrivere tutta lʼopera, era compiere il lavoro di Ibsen, non mettere unʼaggiunta posticcia e non necessaria a un lavoro compiuto... Grieg, come Ibsen, aveva ben presenti tutti i mezzi tradizionali di caratterizzazione delle situazioni: ritmi giambici incalzanti, tremoli degli archi, lampi di scalette ascendenti, venti di tremolanti scale cromatiche. La maestria nellʼuso dei vocaboli convenzionali è dunque un ingrediente comune al testo letterario e alla musica di Peer Gynt, che ne rinsalda lʼunità senza 38 La Rassegna dʼIschia 5/2006 compromettere la possibilità dellʼinvenzione originale che indubbiamente è presente, anche se non nella stessa misura in tutte le sue parti». Nel novembre 1938 lʼopera fu rappresentata a Berlino, Staatsoper, con la musica di Werner Egk. Nel Dizionario dellʼOpera Baldini & Castoldi si legge: - In un suo scritto Egk riferì lʼopinione di George Bernard Shaw, secondo il quale Peer Gynt aveva tutte le carte in regola per adattarsi in maniera ottimale a una trasposizione operistica. Sfrondato delle digressioni epiche e delle venature simboliste, il testo di Ibsen venne organizzato da Egk in nove tableaux riassuntivi, alcuni ambientati nelle terre del Nord, altri in America centrale, fino a inabissarsi nel regno dei folletti, sordido meandro che pare situato nei recessi nibelungici della terra. Atto primo. La filosofia di Peer Gynt, emblema dellʼignavo egocentrico, si riassume nella frase pronunciata nel quadro dʼapertura: «Io faccio quel che voglio». Seguendo questʼetica della ʻnon sceltaʼ, Peer seduce e abbandona la sposa dellʼamico Mads e finisce nei lacci dei Troll, i folletti. Costoro (per Egk non reminiscenze fiabesche, bensì allegorie di tutto ciò che nel mondo presente vi è di meschino e moralmente abietto) vorrebbero incoronare Peer loro sovrano, ma il giovane rifiuta inorridito quando capisce che dovrebbe sottoporsi a unʼimprovvisata chirurgia facciale per diventare identico ai malvagi spiritelli. Come Tannhäuser, Peer grida il nome di Solveig, la fanciulla che lo ama, e si ritrova salvo e lontano dal regno maledetto. Atto secondo. Soccomberà presto, però, allʼegoismo personale e alle visioni tentatrici con cui i Troll continuano a sedurlo: il ricco Peer che ritroviamo nellʼAmerica centrale è attento unicamente al proprio tornaconto e frequenta losche taverne, in cui si lascia irretire da una lasciva danzatrice, che somiglia stranamente alla figlia del vecchio folletto. Atto terzo. Peer, toccato al cuore dalla nostalgia, fa ritorno al suo paese, dove tutti coloro che lʼhanno amato e che ha fatto soffrire sono morti; uno sconosciuto lo riconduce allʼabominato regno sotterraneo, dove i Troll sono decisi a incoronarlo finalmente loro re. Unica speranza di salvezza da questa perpetua condanna sarebbe la scoperta di un essere umano che ancora ami, perdoni e attenda Peer. Quando questi è ormai deciso ad accettare il proprio castigo, per espiare le malvagità commesse, si ode il canto di Solveig che benedice il suo amore lontano: lʼopera termina con la tenera melodia di Solveig che culla Peer finalmente tornato, in una sommessa atmosfera di pacificazione interiore. Ai quadri animati dai folletti Egk riserva lʼambigua commistione di celesta, arpa e vibrafono, arricchendola con le strida selvagge degli ottoni e il borbottio sinistro di timpani e tamburi; il linguaggio si piega a unʼimpressionante duttilità di accenti, dal lamento cantilenante di Aase, madre di Peer, al corale parodistico che funge da inno dei Troll, dai ritmi rigidi e martellanti di Peer alle flessuosità rapaci degli spiriti. La parte di Solveig viene contraddistinta da una singolare purezza, sia timbrica sia tonale, e per lei Egk intesse melodie di sapore quasi empfindsam. Con questo mondo incontaminato (e provocatoriamente diatonico) contrastano i valzer indiavolati e i cancan di foggia latinoamericana, o il deliberato Kitsch della canzone di Peer nella taverna. Il ritmo puntato e zoppicante che domina il quinto quadro, ambientato in un porto americano, riemerge come unʼossessione fino alla catarsi conclusiva; il discorso armonico resta ancorato alla tonalità, beneficiando tuttavia dei colori cangianti di una strumentazione accuratissima e di frequenti momenti ove prevalgono soluzioni armoniche bitonali. - Bergsöe racconta: «Ibsen era molto sicuro di sé e diceva spesso che non lavorava per il presente ma per lʼeternità e, quando gli risposi che nessuno poteva mirare tanto lontano e che anche i più grandi spiriti finivano nellʼoblio dopo alcune migliaia di anni, si rivoltava contro di me e affermava con tono furioso: “Lasciami tranquillo con la tua metafisica: se mi togli lʼeternità, mi togli tutto». «Tutto ciò che ho scritto è in stretta relazione con ciò che ho vissuto intimamente, anche se non esteriormente. Ogni nuova opera, per me, ha avuto lo scopo di liberarmi e purificarmi lo spirito. Giacché non si è mai del tutto superiori alla società cui sʼappartiene: vi si è sempre in qualche modo corresponsabili e correi. Perciò una volta ho preposto come dedica a un esemplare di un mio libro questi versi: “Vivere: è pugnare con gli spiriti / mali del cuore e del pensiero. / Scrivere: è tenere severo giudizio contro se stessi”» (Ibsen, lettera del 16 giugno 1880). Il fascino del Peer Gynt per unʼopera teatrale musicale * Ero dominato dallʼidea che lʼopera, sin dagli inizi, si fosse manifestata come “purificazione” sotto forma di una cerimonia legata alla musica, come un processo critico, talvolta persino come anticipazione del Giudizio Universale, quando in uno scenario immenso riecheggiante di lamenti e di voci i buoni saranno separati dai reprobi. Queste riflessioni mi avevano condotto al dramma lirico di Ibsen: Peer Gynt. George Bernard Shaw già da giovane critico musicale parlava delle chances che questo dramma poteva offrire a un compositore di opere. Peer Gynt è grande teatro, un capolavoro della letteratura norvegese, come il Faust è un capolavoro della letteratura tedesca. Come il Faust, esso è un dramma fantastico in poesia. Proprio come il Faust, esso è brulicante di scene, che dovevano spingere un compositore a conferire loro unʼespressione musicale. Shaw allude allʼopera e perciò non tiene in alcun conto la musica di Edvard Grieg. Il successo mondiale dei drammi di carattere di Grieg connessi allʼopera di “La morte di Aas”, “Il ballo di Anitra”, “Nel vestibolo del re della montagna”, o “Il canto di Solveig”, non apparvero né a lui né a me come un ostacolo per trasformare il dramma in unʼopera. Anche la pessimistica osservazione di Shaw che il cittadino medio disprezza unʼopera che abbia un senso, perché esso afferma: «Qui cʼè una vicenda, della quale ti dovresti occupare con impegno», non mi scoraggiò, anzi mʼinfuse più ardimento. Ibsen nel Peer Gynt non fece altro che indicare vicende «di cui bisognerebbe occuparsi», come moralista e come grande poeta drammatico, costretto come tutti i drammaturghi, dopo Shaw, «a scrivere pezzi estremamente interessanti per convincere un pubblico di scansafatiche e di sognatori a ingoiare la pillola». * Da Werner Egk - Die Zeit wartet nicht (Il tempo non aspetta), Schott, 1973. Trad. di Nicola Luongo. Anche questo era il mio intento, ma non era semplice ricavare un libretto da quellʼopera. La difficoltà consisteva nelle dimensioni enormi della poesia mondiale. Un profluvio di apparizioni, figure, eventi, scenari, un uragano di visioni, unʼarchitettura di pensieri, un inferno di angosce, enigmi, sospiri e urla e un cielo di cristallo, tutto questo è il Peer Gynt di Ibsen. Una pièce teatrale ardua da realizzare sul piano scenico con una rassegna di personaggi di trentasette ruoli singoli, oltre alla parte del protagonista, e un esercito di streghe, spiriti della terra, fantasmi, coboldi e comparse. Se qualcuno cerca di confezionare una figura leggendaria, una saga scandinava di cacciatori, facile e graziosa, in folclore scandinavo, la trova in ampia misura tra il primo e il quinto atto. […] Ma non solo le dimensioni della poesia mondiale con i suoi molteplici, sconcertanti aspetti tematici, anche le sue prospettive stilistiche offrono ai compositori di opere una serie di problemi. La pièce inizia come vigorosa commedia popolare, realistica, norvegese, su un pendio alberato, vicino alla strada del villaggio e presso la masseria del contadino di Hägstadt, continua però con la fuga dellʼeroe sullʼalta montagna in un mondo di sogni lontano dagli uomini, sʼimmerge di nuovo nella realtà, si allontana poi definitivamente nel luccicante regno della fantasia, nella fiaba turca, nel mondo simbolico egiziano, nel moderno, macabro, surreale ambiente del dottor Begriffenfeldt, per approdare infine di nuovo in una Norvegia immaginata intrisa di febbre, di follia, di fede e di speranza, ma che non ha niente a che fare con la Norvegia della commedia popolare della tragedia di Ingrid. Il capolavoro di Ibsen non si lascia circoscrivere né sul piano contenutistico, né su quello tematico, né su quello stilistico nella forma di unʼopera lirica, se la si considera come La Rassegna dʼIschia 5/2006 39 in effetti è, a meno che non si intenda farla passare come unʼopera teatrale immane da scomporre in parecchie serate, a confronto della quale Guerra e pace di Prokofieff risulterebbe un teatro delle marionette. Oppure, però, una serie, una batteria di diverse opere, come ad esempio “Il rapimento della fidanzata”, unʼaltra “La morte di Aas”, una terza “Anitra”, una quarta “LʼImperatore del mondo”, una quinta “La favola dei troll”, una sesta “Don Giovanni e Faust”, una settimana “La canzone di Solveig”. Il musicista deve pensare in un ordine cronologico diverso dal poeta. Lui sa che sul percorso dal dramma al teatro musicale si spostano tutte le proporzioni, in primo luogo per via della velocità con cui la musica può esprimere umori, sentimenti, colori e valori, in secondo luogo per via dellʼespansione al rallentatore che essa assume con la parola. Il riassunto del Peer Gynt ibseniano richiede in Joseph Gregor cinque pagine stampate strette che è quasi la metà del contenuto di un libretto di opera. Tutte le complicate formulazioni intellettuali in musica decadono senza speranza e ogni filosofia, anche la più avvincente, annega certamente nellʼorchestra, se essa non si chiarisce con lo svolgimento della trama. La maggior parte degli operisti perciò sono assai legati e riconoscenti alla musica, giacché essi amano lʼimpatto diretto della musica e la capacità di questʼarte di emozionare gli animi direttamente, al di là di ogni contraddittoria ratio. Ma che cosa allora può giustificare lʼesecuzione dellʼopera Peer Gynt e che cosa di questo dramma può esercitare un fascino così intenso su un compositore che accetta i profondi necessari cambiamenti della drammaturgia, la cancellazione di interi passi della trama, lʼassassinio con la penna rossa di numerose figure, la fusione di diverse figure in una sola e lʼinvenzione e lʼinserimento di immagini di nuova concezione? Che cosa lo spinge al difficile esercizio di equilibrismo che comporta uno spostamento così ampio di tutti i pesi e Studiare Ibsen Dal 19 al 21 settembre si è svolto a Casamicciola Terme un convegno nazionale di studi ibseniani con la partecipazione di eminenti studiosi del drammaturgo norvegese e delle sue opere. Tra gli argomenti proposti: George Bernard Shaw legge Ibsen (Claudio Vicentini, Università LʼOrientale di Napoli); Ibsen e la Duse del mare (Paolo Puppa, Università Caʼ Foscari di Venezia); Lʼhomo faber e la critica alla modernità nel John Gabriel Borkman di Massimo Castri (Massimo Ciaravolo, Università di Firenze); Ibsen, Wedekind e il teatro epico (Alessandro Fambrini, Università di Trento); La fortuna di Ibsen in Italia. Qualche considerazione sulla ricezione ibseniana nel bel paese (Jørgen Stender Clausen, Università di Pisa); Henrik Ibsen in Inghilterra e Italia a fine Ottocento. Le prime traduzioni de “Lʼanitra selvatica” (Giuliano DʼAmico); 1885. Una interessante polemica teatrale: “Lʼanitra selvatica” a Stoccolma (Franco Perrelli, Università di Torino). 40 La Rassegna dʼIschia 5/2006 una delimitazione così dolorosa nellʼinsieme e nel particolare, soprattutto quando cerca nella trasformazione del dramma teatrale in opera lirica la poesia in una forma nuova e incontaminata? Perché egli vuole scrivere proprio lʼopera Peer Gynt? Perché non prende il suo soggetto da una pièce teatrale facilmente trasferibile o dalla vita? I giornali sono pieni di storie bizzarre, di accadimenti di grande effetto drammatico. Gli atti processuali degli ultimi secoli contengono i casi più interessanti, facilmente accessibili, pronti ad essere rielaborati. Per me furono la straordinaria efficacia descrittiva della poesia, le visioni che appaiono abbaglianti nella notte che ci circonda, illuminata dalla folgore della conoscenza, la sincerità, verità e significato delle figure, degli archetipi evocati che dagli abissi del mito si avvicinano moltissimo alle nostre capacità percettive. Questi sono pregi impagabili per unʼopera teatrale musicale, pregi che conferiscono alla scena una straordinaria efficacia e allʼopera musicale la piena espressione drammatica e unʼapertura alare dallʼidioma infame del mondo dei troll fino alla lingua squillante dellʼinesorabile giorno del giudizio, pregi che possono portare il pubblico ad accettare unʼopera teatrale che chiaramente dice: «Qui cʼè una faccenda della quale tu ti dovresti occupare». Bibliografia V. Bergsøe - Henrik Ibsen a Ischia, Imagaenaria 2001. S. Slataper - Ibsen, Sansoni 1944. W. Egk - Die Zeit wartet nicht, Schott 1973. H. Heiberg - Henrik Ibsen, Editions Esprit Ouvert 2003. Dizionario Bompiani delle Opere, 2006. Internet - (www.) sistemamusica.it / operamanager.com / delteatro.it Peer a colori Rassegna di illustrazioni dʼautore Mostra aperta presso la Villa Comunale della Bellavista in Casamicciola Terme, fino al 17 dicembre 2006. *** Libri ibseniani in mostra 11-17 dicembre 2006. Fase conclusiva del concorso per la realizzazione di unʼillustrazione del Peer Gynt, riservato agli studenti della Scuola dellʼobbligo dellʼisola dʼIschia. Inaugurazione di unʼapposita sezione del Centro di documentazione dellʼisola dʼIschia dedicata alla raccolta di tutto il materiale a stampa, fotografico e filmografico disponibile su Ibsen prodotto in Italia, al fine di creare un valido ed aggiornato strumento di lavoro per facilitare ed incentivare studi futuri di Ibsen. Ospiti illustri Giulia Samoyloff a Casamicciola nel 1844 di Domenico Di Spigna Chi era la contessa Samoyloff? Era una bella e romantica dama russa divenuta celebre a Milano per la sua condotta di vita sfarzosa ed altolocata, senzʼaltro una figura singolare della città per le sue simpatie, per le sue stranezze, per le sue beneficenze. Abitava in Via Borgonuovo al civico 1531 (così segnato nel secolo XVIII, mentre oggi è riportato il numero 20); il suo salotto fu luogo di ritrovo dellʼalta società meneghina e straniera. Si chiamava Giulia, ma preferiva essere chiamata Bulka, così come diceva nei momenti di tenerezza e come, guarda caso, si rivolgeva alla sua cagnetta preferita, alla quale, quando morì per cimurro, tributò un vero funerale. Era nata dal conte Pietro Alexenoitch di Pahlen, originari della Livonia (oggi Lituania-Estonia), capo degli strangolatori dello Zar Paolo I nel 1801. Suo nonno, il conte Strawonsky, era lʼultimo della famiglia da cui uscì Caterina, moglie di Pietro il Grande. Visse alcuni anni alla corte russa e fu già a diciotto anni damigella dʼonore dellʼimperatrice. La nonna materna era una Engelhardt vedova Strawonsky, che sposò in seconde nozze Giulio Renato Litta (1) vice ammiraglio e gran ciambellano alla corte moscovita. Era nata a Pietroburgo il 6 aprile 1803 e, andata sposa al colonnello Samoyloff, ne rimase presto vedova, per cui lo zar Nicola II la onorò della propria benevolenza, ma forse ne fu lʼamante ed essendosene stancato in circostanze non del tutto chiare la mandò via dalla Russia. Dice Nino Bazzetta de Vemenia: «Dai remoti lidi della gelida Neva, dʼItalia nostra a respirar sen venne la bellʼaura gioconda e sullʼamena sponda della fertile Olona rattenne i passi, ivi fermò suo seggio, il nobile carteggio delle Bellʼarti a sé chiamando intorno, onde fregiato e adorno, di maraviglia obietto, va sopra gli altri il suo sublime tetto». Donna sensuale, affascinante, bruna e di alta statura, divenne presto ammirata e corteggiata, ma anche molto discussa per le sue stravaganze nel capoluogo lombardo, dove arrivò allʼetà di ventiquattro anni, facendosi notare in città per i suoi fasti, amori e bizzarrie. Aveva paura dʼingrassare, ma diventava sempre più pingue, si lasciava condurre per la città in carrozza traballante 1) Di questo nobile casato esiste ancora oggi un monumentale palazzo, in rococò, in Corso Magenta a Milano. La contessa Giulia Samoiloff, nata Pahlen sulle strade di allora mal selciate; possedeva cani e gatti, pappagalli e canarini. Si bagnava al mattino in una vasca di latte, per dare tono e lucentezza alla sua pelle, ma si venne a sapere che il suo servo, un ebreo convertito al cattolicesimo, recuperava lo stesso latte per poi rivenderlo al Caffè delle Antille e persino allʼaristocratico Caffè Cova (ancor oggi esistente) frequentato da ufficiali austriaci; per tale laida frode dovette licenziarlo su due piedi. Incoraggiata dal prevosto Ratti della chiesa di San Fedele ad aiutare i poveri della città, ne assunse consuetudine rilevando dote di caritatevole slancio, cosa che manifesterà poi anche al suo arrivo, nellʼestate del 1844, a Casamicciola. Tra le sue azioni pietose si ricordano pure un suo intervento, con ori e argenti, per salvare una banca milanese dal fallimento, il beneficio ad una sua ex cameriera che chiedeva aiuti economici per potersi maritare, donandole alcuni pizzi di valore del suo corredo esortando così: «Siete, mia cara ragazza, arrivata tardi a fine mese, quando solitamente sono senza denari! Accettate questi pizzi, ne ricaverete qualcosa. Tanta felicità». Nelle sale della procace nobildonna russa conveniva lʼufficialità austriaca con tanti bei nomi ed anche lʼamica del musicista siciliano Vincenzo Bellini, la signora Giuditta Cantù, sposata con Ferdinando Turina La Rassegna dʼIschia 5/2006 41 commerciante di porpora. Negli intrecci amorosi viene doveroso, con acribia, ricordare che anche il Bellini ebbe una breve simpatia con la bella Giulia, dalla quale successivamente venne avversato assieme allʼaltro musicista catanese Giovanni Pacini del quale sʼinnamorò. La nostra sarà ammessa nel salotto culturale e politico della contessa Clara Maffei, frequentato tra lʼaltro da due celebri pianisti coevi, Franz Listz e Talberg, ma in quanto filoaustriaca ne venne allontanata. Quivi un giorno avvenne una scena comica e patetica da parte di Giulia Samoiloff che, avendo incontrato Giulietta Pezzi, sorella di Gian Giacomo, suo innamorato, si commosse fino alle lagrime e, baciandola a lungo, le lasciò sul viso il nerofumo col quale si tingeva ciglia e sopracciglia, mania che ebbe fin in punto di morte. Notissima fu la festa del 9 maggio 1832 che tenne nei giardini (oggi ridotti nelle dimensioni) di tale magione, ricevendo tanti nobili invitati e tantissimi cani e gatti; la festa si protrasse fino allʼalba. Era stata presente anche alla festa del 30 gennaio 1828 che aveva organizzato il conte magiaro Giuseppe Batthyani nel suo palazzo di Porta Renza (la Porta Orientale di manzoniana memoria), abbigliata in abito da contadina, corpetto e sottana rossa, maniche bianche, velo bianco sui capelli che cadevano fin giù le gambe, con a fianco la giovane Amazilia Pacini, figlia del celebre compositore che andrà poi in sposa ad Achille Manara (fratello di Luciano, detto “il milordino”); di tale costume ci resta la tela realizzata dal pittore russo Carl Paulovich Brjullov (2). Alta , formosa, sensuale, fu nellʼoccasione ammirata anche dal pittore Francesco Hayez, nella contingenza nelle vesti dellʼarchitetto Giulio Romano, che a sua volta aveva disegnato i costumi per la nobiltà milanese; il noto artista veneziano la ritrasse con le forme delle russe poco accentuate, sulle quali scendevano i suoi nerissimi riccioli neri. La tela fu poi mandata a Gian Giacomo Pezzi, uno dei suoi tanti amori. Questa donna, dagli occhi verdi che riflettevano un fascino irresistibile, una finezza inebriante mista a voluttà, fece innamorare non poche persone tra le quali si annovera il musicista catanese Giovanni Pacini che in quel periodo dava al Teatro alla Scala la sua opera più nota, “Saffo”. Essi si amarono e dopo che questi rimase vedovo stavano per convolare a nozze ma, a quanto pare, per una reciproca incomprensione non se ne fece nulla e restarono buoni amici. Della loro corrispondenza epistolare restano poche lettere, perché alcune distrutte dallo stesso maestro, per timore che venissero pubblicate; in esse si rileva sempre un sincero affetto, come 2) Detta tela trovasi a S. Pietroburgo; il suo artefice a Milano dipinse pure il ritratto del soprano Giuditta Pasta. 42 La Rassegna dʼIschia 5/2006 da quella scritta da Mosca intorno al 1840, in cui lo diffida di guardarsi bene da certi cantanti definiti “pignatte rotte”(3). La vivace contessa, sia per le sue notorie idee filoaustriache, sia per la mascherata di gatti ed i pomposi funerali per la cagnetta “Bulka”, era invisa ai Milanesi, malgrado il suo spirito altruista e lʼaulico lignaggio; per tali motivi, probabilmente, i lavori del compositore siciliano venivano fischiati (4), come per lʼappunto la “Saffo”, rappresentata per il Carnevale del 1842. Rovistando tra le cronache milanesi del tempo, non si può tralasciare il ricordo della gita fatta da Giulia sul lago di Como, laddove noleggiò un barcone foderando lʼabitacolo con pellicce e cuscini, visitandolo per tre giorni, fino a Colico. Una sera in questa città, affascinata dalla voce del baritono Pery, che cantava nellʼErnani, gli chiese di sposarla e, non appena questi muore (5), si risposa con il marchese de Mornay, dal quale si separa prontamente (siamo al terzo matrimonio). Per via di tutte queste sue “stranezze”, diceva una delle donne più costumate delle famiglia Litta, con la quale era imparentata, per mezzo di Giulio Litta grandʼammiraglio alla corte moscovita: lʼè roba deʼ mazala!, ed ancora il prevosto, “tutti imattʼ in minga alla Senavra” (lʼantico manicomio milanese). La «polledra ardente delle steppe algenti» (6), pur nella mutevolezza dei suoi sentimenti, rimase fedele a Gian Giacomo Pezzi che, da parte sua, innamoratissimo, le dedicava versi che suonavano così: «Tu padre, tu madre, suora, sposa mi sei, tu pia, tu amante, tu di angelica e di celeste cuore dotata!». Si sentì ancora più solo G. G. Pezzi, quando “Bulka”, così si faceva chiamare la Samoyloff, si allontanò da Milano per un viaggio in Russia. Tra le lettere raccolte dal Mantovani che da Parigi arrivavano a Milano, la ormai sessantenne scriveva: «Mio povero angelo buono, mio adorato Jean Jacques, povero mio martire!» Ed in un altro stralcio: «Ti bacio, ti adoro, ti desidero con tutta lʼanima mia finché vivrò!» Dato il suo alto tenore di vita, la gentildonna russa, per rimpinguare le sue finanze, intese causa al duca Litta, spuntandola, così le venne mandato un legato di 100.000 lire. Tra le sue azioni, stavolta non amorose, si viene a sapere che nel 1836 si fa sovvenzionare da Gian Battista Gavazzi la somma di 340.000 lire con 3) In unʼaltra lettera scritta da Palazzo Litta, concludendo il suo idillio, si legge: «Addio mio caro Nino, ti abbraccio di cuore». 4) Per maggior conoscenza storica aggiungiamo che il compositore morì a Pescia, amorosamente assistito dalla sua terza moglie Marianna Scoti; lo scultore Guidi ne ritrasse le forme. 5) Morì per unʼindigestione di frutta, per la qual cosa la gente ironizzava, dicendo il «Pery morì di pere». 6) Così veniva definita dal conte Andrea Maffei, che si separò dalla moglie Clara il 6 giugno 1846, con rogito del notaio Tommaso Grossi e testimoni Giuseppe Verdi e Giulio Carcano. Bains), viene ad inserirsi quello effettuato nellʼisola dʼIschia nel 1844. Veniamo a conoscenza del suo soggiorno a Casamicciola in modo indiretto; come e quando vi arrivò non è stato possibile definirlo in modo circostanziato. Lo sappiamo invece, dalla lettera di Madame de Lamartine (moglie del poeta francese Alphonse) che, in data 20 agosto 1844, scrivendo allʼamica marchesa De La Grange, diceva di aver preso in affitto col marito la Villa Tagliaferro (7) alla Sentinella, appena lasciata libera dalla contessa Giulia Samoyloff. Aggiunge nel suo scritto che questa vi aveva rimasto un sofà e qualche piccola tenda persiana per abbellire il salotto. Quando con esattezza vi 7) Detta villa oggi non esiste più, crollò per il terremoto del 1883. Dovʼera Villa Tagliaferro? * Giulia Samoiloff - Disegno di Gravedon, 1830 (Civica Raccolta Stampe Bertarelli, Milano). interesse del 5%, dando in garanzia allʼatto notarile le sue immense gioie consistenti in 2829 brillanti, pietre di colore, 21 gocce di brillanti, smeraldi, ametista, granata, topazio. Nel 1849 poco ci mancò che non gli venisse sequestrata la casa dal signor Giuseppe Vigliezzi (Intendente Regio) per aver prestato 7000 lire alla cantante Boccabadati con una sua garanzia ipotecaria, che in effetti poi pagò per lei. La procace donna frequentava il salotto della patriota Clara Maffei, ma, per le sue simpatie per gli austriaci che riceveva in casa sua, ne venne allontanata. Dallʼarchivio Venino risulta la sua presenza a Milano fino al 1855, anno in cui fece affrescare il salone del suo appartamento dal pittore Demin; tra queste pitture figurava unʼapoteosi di Napoleone Bonaparte, di cui la russa era ammiratrice. Ciò provocò un “incidente diplomatico” col governatotre austriaco Hartig, per cui fu costretta a cancellarlo e sospendere i lavori e per poter risarcire lʼartista veneto, che versava in miseria, sʼimprovvisò attrice, recitando la parte di un giovane nella commedia “Le prime armi del Richelieu” al Teatro Re, mentre il canonico Ambrosoli raccoglieva le offerte dei generosi spettatori. Tra i suoi numerosi viaggi (Mentone, Nizza, Carlsbad, Parigi, Aix le Questa è una domanda alla quale non si può rispondere né prontamente, né categoricamente. Occorre tenere ben presente sia quanto scrive la signora Lamartine: «Nous sommes établis, dans une petite villa, la villa Tagliaferro, près de Casamicciola», sia la topografia contemporanea del paese. È noto che il centro di Casamicciola fino al 1883 era costituito dalla contrada Maio. Qui cʼera una grande piazza con lʼantica Chiesa parrocchiale dedicata a San Severino, la primitiva Confraternita di Santa Maria della Pietà, la Gendarmeria, il Comune, il Gran Caffè Centrale, una panetteria e altri due o tre negozi. Verso questo centro gravitavano non pochi casali di periferia tra i quali, ad oriente, quelli di Casa Siano, di Castanito e della Sentinella. Fatta questa premessa, appare chiaro che lʼespressione «près de Casamicciola» va interpretata e tradotta «vicino al centro di Casamicciola», ossia nellʼambito di questo territorio, non altrove. Villa Tagliaferro non esiste più. Le numerose e accurate cronache del disastro del 1883, che pure abbondano di particolari, non ne fanno menzione. Essa doveva sorgere su quella striscia di terra compresa tra lʼodierno Hotel Suisse e Villa Sauvé. A localizzarla a Castanito concorrono questi due punti fermi: il poeta incontrava spesso «la vielle princesse Oginski paralysée dans son fauteuil», mentre faceva la sua passeggiata; e lʼubicazione della dimora della principessa. La contessa Amalia Zaluska dei principi Oginski abitava a Villa De Rivaz - poi Casa Arcamone - che il celebre medico aveva destinato a Casa di Cura. Semidistrutta dal terremoto dellʼ83, Villa De Rivaz fu venduta dagli eredi al figlio della principessa Oginski, conte Carlo Zaluska; questi, dopo averla ripristinata, la ribattezzò Villa Zaluska. Lʼattuale proprietario, ampliandola, le ha mutato il nome, ma ha lasciato intatta la parte più antica della casa, la cappella gentilizia e il tumulo a cielo aperto dove, a suo tempo, era stata sepolta la principessa Oginski. Lʼepigrafe sulla base dellʼaltare e lʼaltra a pieʼ della croce del tumulo parlano chiaro. Per questi motivi, è evidente che Villa Tagliaferro poteva sorgere solo in queste vicinanze. Sulla terrazza di questa villa Lamartine ha scritto le pagine indimenticabili di Graziella. A chi, poi, volesse sapere chi era la signora Samoiloff, posso dire soltanto che, a Casamicciola, la contessa Giulia Samoiloff godeva fama di persona tanto pia e religiosa quanto generosa e socievole. Virtù che invogliarono un oscuro sacerdote ad avvicinarla più volte quellʼanno per chiederle insistentemente dei doni per la sua chiesetta. Dietro la tela della prima stazione della Via Crucis, esistente nella chiesa di San Pasquale a Casamicciola, cʼè scritto: «Questa Via Crucis fu dipinta da Luigi Marti per commissione della Contessa Giulia Samoiloff nata Contessa von der Pahlen a vivissime ed eloquentissime istanze del Reverendo Sac. Giuseppe Monti». E, in basso, nellʼangolo sinistro cʼè scritto: «Lʼanno 1844». Non è improbabile che fu anche lei a donare alla medesima chiesetta lʼaltare laterale dedicato alla Madonna Addolorata, il quale presenta molti pregi artistici e, ai due lati, uno stemma gentilizio. * Pasquale Polito, in Lamartine a Napoli e nelle isole del golfo, F. Fiorentino ed., 1975. La Rassegna dʼIschia 5/2006 43 sia arrivata non è stato possibile appurarlo. Certamente più di una volta venne a Napoli insieme al suo Pacini ed è certo che nellʼanno 1832 prese alloggio in Via Chiaia al Palazzo Estherazy, mentre Pacini era ospite a Palazzo Barbaja (8). A Casamicciola la contessa godeva reputazione di donna generosa e socievole; per tale motivo fu avvicinata dal sacerdote Giuseppe Monti della chiesa di S. Pasquale, in Corso V. Emanuele (allora Corso Ferdinando IV) per chiedere unʼofferta per la stessa. Ciò viene documentato da quanto è scritto dietro il quadro della prima stazione della via crucis, opera del pittore Marti, eseguita per commissione della contessa Von der Pahlen a vivissime ed eloquentissime istanze del reverendo Sac. Giuseppe Monti. La contessa muore a Parigi allʼetà di settantadue anni non prima di aver raccomandato alla sua cameriera di tingerle i capelli. I funerali si svolsero nella chiesa russa di Via Daru e le sue sostanze andarono allʼultimo suo amante, il medico Boulgarel. 8) Appartenuto al famoso impresario Domenico Barbaja; si trova in Via Toledo a Napoli. Bibliografia 1) Neri Carmelo - Bellini morì di veleno? Prova dʼAutore- Catania 2000. 2) Bazzetta de Vemenia Nino - Luci e Penombre della Lombardia, Como, 1919. 3) Corriere della Sera 22/23 ottobre 1943, anno XXI. 4) Sioli Legnani-Mezzanotte Paolo - Contrade milanesi - Il BorgonuovoMilano, 1945. 5) Possenti Eligio - Milano AmorosaBaldini e Castoldi- Milano, 1964. 6) Raffaello Barbiera - Il Salotto della contessa Maffei, Firenze, 1915. 7) Pasquale Polito - Lamartine a Napoli e nellle isole del golfo, Fausto Fiorentino editore, Napoli. 8) Cfr. Lettera di G. Donizetti a Melzi del 27.9.1832 - G. Zavadini a Donizetti pag. 302. 44 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Da «Il Casamicciola Corriere dellʼisola dʼIschia Rivista Termale Ebdomadaria» Direttore-proprietario Nicola Fittipaldi - Mercoledì 31 gennaio 1906 Forio allʼEsposizione internazionale di Milano Giovanni Maltese, lʼamico nostro carissimo, lo scultore modesto quanto geniale, il poeta dialettale spontaneo e prediletto di Forio e dellʼIsola ha voluto mostrare che la sacra scintilla dellʼarte non è spenta fra noi. La più completa solitudine in cui passa la vita con la sola compagna amata, anchʼessa anima di artista affettuosa e gentile, la mancanza di un ambiente in cui il genio trovasse a spaziarsi ispirandosi al bello e lʼincoraggiamento allietasse fecondando, non sono ostacoli pel caro artista. Vi sarà a Milano una Esposizione internazionale per lʼapertura del traforo del Sempione, con un reparto, fra tanti altri, per la scultura, pittura o belle arti, ed il nostro simpatico amico concorre affermando il buon nome di questa Isola dimenticata affrontando ogni sorta di spese e di disagi e lavorandovi da mesi. Egli esporrà fra lʼaltro, oltre al suo Naufrago, stupenda interpretazione e concezione di vero artista, anche la sua Agrippina, assieme a testine e busti aggiungendovi il suo nuovo lavoro, la Vendemmia: un bassorilievo bellissimo per linea prospettica, per varietà dʼinsieme e di dettaglio e soprattutto per sentimento di gaiezza che spira, ovunque lo sguardo del visitatore si posi; il movimento generale nel bassorilievo che sembra una pittura, è pieno di vita e di azione: i monelli e le piciòcche che trasportano lʼuva al palmento nei tini ripieni ed i giovinetti che accompagnano i somari carichi di mosto ed i vigili padroni o gli amici e le comari, tutto è canto, è gaiezza; e della deliziosa e lieta festa della vendemmia nulla è dimenticato nulla è trascurato ed il bacio furtivo scambiato tra due innamorati, di fretta fra le risa ed il canto in quella ressa, in quel vociare, in quel viavai incessante, non è stato dimenticato e riprodotto in una azione attraente e gradita perché indovinato. Abbiamo visitato il nuovo lavoro quando era appena abbozzato nelle linee generali, ma fin dʼallora vi era tutta una promessa di sicura riuscita, tutto lʼaccenno di una vera opera dʼarte. Ci duole non poterne dire di più pel momento, ripromettendoci intrattenerci sul nuovo lavoro del nostro amico a suo tempo. Per ora gli mandiamo gli auguri sinceri e sentiti, che il vero coraggio sia coronato di successo facendo lieto, superbo ed orgoglioso il paese. In questa speranza attendiamo con ansia che al successo artistico che non potrà mancargli, si accoppiasse lʼaltro mon meno gradito e necessario per quanto volgare, annunziato col sacro e solenne cartello ad ogni suo lavoro che porta la fatidica parola. Venduto! (N. F.). Ricordi della terra lontana Un manto di spighe che sembravano spesso lunghe onde sospinte dal vento verso lʼinfinito di Giuseppe Silvestri Michele è un giovane ucraino, a Ischia da cinque anni; è venuto che ne aveva appena diciannove. Ha sempre lavorato, prima in ristoranti di Citara, poi è diventato il collaboratore di un ottimo mastro muratore. Ed è in questa qualità che lʼho conosciuto ed ho apprezzato le sue qualità sorrette da una ferma volontà e dallʼintento di voler acquisire competenze sempre più approfondite nei diversi campi, dallʼelettricista al muratore, al piastrellista, allʼidraulico. Mi è capitato di parlare spesso con lui, di tenere dei ragionamenti ed è stata inevitabile qualche domanda. Come mai tanti ucraini lasciano la loro terra per venire a lavorare in Italia e negli altri paesi europei? In particolare a Ischia la presenza ucraina è abbastanza numerosa. E come mai una terra, quale lʼunione Sovietica, uno dei paesi più ricchi del mondo per dotazione di materie prima, veda una fetta importante della popolazione che ha dovuto espatriare, questo naturalmente dopo che diversi paesi del mosaico sovietico hanno acquisito la loro indipendenza ed autonomia giungendo ad istituzioni democratiche? E Michele risponde. Quando noi facevamo parte dellʼUnione Sovietica, lo stato provvedeva alle esigenze dei cittadini assicurando la casa, il lavoro, provvedendo allʼassistenza sanitaria, scolastica etc. Noi vivevamo una vita “pianificata”, le nostre esigenze fondamentali erano assicurate, non avevamo però la possibilità di emergere, di esaltare la nostra intelligenza, la nostra abilità, perché non cʼera libertà. Con la perestroika, cioè con lʼavvento della democrazia, si è formata una classe molto ricca, mentre buona parte della popolazione è rimasta povera ed in grave difficoltà, venendo meno anche lʼassistenza dello Stato ed il lavoro. Le vecchie fabbriche metallurgiche, le raffinerie che impiegavano migliaia di operai furono chiuse, perchè obsolete tecnologicamente (solo oggi si sta avviando una certa modernizzazione). Per questo, venuto meno il lavoro, ridotti gli stipendi ed i salari, non ci restava altro da fare che emigrare nei paesi della Comunità Europea, che noi ormai avevamo avuto la possibilità di conoscere soprattutto attraverso la televisione. Così dai paesi ex comunisti, dalla Polonia, dallʼUcraina, dalla Romania e dalla regione Balcanica ci si è spostati verso lʼEuropa che offriva lavoro, soprattutto in alcuni settori nei quali vi era, come vʼè anche oggi, richiesta. Come mai in tanti ad Ischia? Per prima è venuta una donna, che è stata la pioniera, poi ha chiamato i parenti, gli amici e così il numero è aumentato sempre di più. Ho capito, in sostanza tutto è legato ad una storia politica nella quale noi non entriamo nel merito perché non è questa la sostanza del discorso. Allora, tu stai lavorando da cinque anni ad Ischia e non sei ritornato mai in Ucraina; ti chiedo: mantieni i rapporti con la tua città, la tua famiglia? In che modo? Questo rapporto è continuo ed avviene in diversi modi. Mi sento quasi ogni giorno per telefono con mia madre. Lei si informa della mia salute, mi manda quando è necessario le medicine, mi dà notizie della famiglia e della città, dei miei amici. Naturalmente sono scosso dalla sua malinconia e nostalgia di me che nonostante il tentativo lei non può mascherare del tutto nella sua voce. E mi dice di mio padre, delle mie nonne e di mia sorella che ha avuto una bambina, la mia nipotina che non ho ancora conosciuto. Il rapporto con la nostra terra avviene anche con unʼorganizzazione di pullmini che ogni sabato vengono ad Ischia. Portano dallʼUcraina cose che raccolgono per noi: lettere, attrezzi, vestiario europeo che noi spediamo alle nostre famiglie. Una sorta di corriera che fa un lungo percorso passando attraverso stati diversi. Anche questa attività dà lavoro a centinaia di persone. Altro legame è costituito dalla televisione: la parabola ci consente di vedere e di seguire attraverso i telegiornali quanto avviene. Ho capito, quindi ci sono legami diretti che voi avete con la vostra terra. Ma cʼè in te il desiderio di ritornare o hai ad Ischia ed in Italia una condizione di vita soddisfacente che non ti fa rimpiangere la tua terra lontana? Sto abbastanza bene, devo però lavorare molto. Sono sposato ed aspettiamo una bambina che anche, se nasce in Italia, rimane sempre ucraina, perché io sono ucraino e lo è mia moglie. Ma dimmi ancora: come ripensi la tua terra, dove hai trascorso la tua infanzia fino alla prima giovinezza? Come la ripenso? Tu dici come la ripenso? Oh! A volte, chiudendo gli occhi, rivivo i percorsi fatti centinaia di volte; in particolare quello che da casa compivo tutti i giorni festivi per recarmi da mia nonna in campagna ad una ventina di chilometri dalla mia città di Boreslav. In bicicletta prendevo una stradina che passava attraverso una distesa immensa di grano che io percorreLa Rassegna dʼIschia 5/2006 45 stagioni lʼuva, le patate, le rape o i pomodori. La nonna mi osservava contenta e mi preparava degli ottimi pranzetti. Ritornavo in città rifacendo sempre lo stesso percorso, portando sempre qualcosa a casa che la nonna mi preparava. Ricordo che quel manto verde avvicinandosi lʼestate cambiava colore diventando paglierino e poi giallino dominato però dal giallo acceso dei campi di girasoli che altezzosi spiccavano in lontananza. E come potrei poi non pensare alle escursioni nei boschi di Boreslav lussureggianti per alberi altissimi come sono le nostre querce ed i nostri pini. Nel sottobosco raccoglievamo i funghi che sempre abbondanti costituivano una provvista importante per lʼinverno ed ancora raccoglievamo frutti di bosco come le vostre more che noi chiamiamo ciorneza e bacche rosse che diciamo malena. Era bello e quando ci ripenso mi sembra di avvertire il profumo intenso degli arbusti e rivedo cervi e caprioli che facevano capolino dai cespugli. È la vita che può essere cosi. Ti dico ancora che talvolta allʼimprovviso, magari mentre sono intento al lavoro, sento la voce di mia madre che mi chiama. Sussurrando il mio nome. Ti credo, perché capita anche a me, qualche volta; mentre sono in giardino ne avverto la voce che mi chiama, come avveniva più di ventidue anni fa. Certo che è strano Dal buio Labirinto Certo che è strano, è strano essere qui sullʼondulata lama del ghiaccio: essere esseri dai piedi scuciti e dalle scarpe nude. Come nibbi volare, discendere in picchiata. E non capire. E non capire. Massimo Colella Dal buio nasce una traccia di luce. Come un richiamo. Come un addio. Un presagio di ignoto. Si disperde nellʼaria, nellʼanimo resta il dolce richiamo – traccia di luce. Massimo Colella Trovai nella soffitta abbandonata e polverosa della mia anima tra meandri accartocciati un sorriso dismesso e lo indossai Angela Barnaba vo stando in piedi sui pedali perché mi entusiasmava vedere quel manto di spighe che certe volte formava delle lunghe onde sospinte dal vento verso lʼinfinito. Lo spettacolo mi prendeva al punto che non sentivo la fatica di pedalare ed andavo forte finché arrivavo al ponte sul fiume Bestreza (che significa appunto fiume veloce). Lì mi fermavo, guardavo i gorghi ed i pesci che saltavano per andare controcorrente mentre i pescatori con lunghe canne tentavano di catturarli. Poi mi immergevo di nuovo in quella distesa verde finché non giungevo a casa di mia nonna. Lì rimanevo per qualche ora, ma spesso anche per lʼintera giornata. Facevo qualche lavoretto nellʼorto, raccogliendo secondo le Come unʼantica giostra E se fosse quellʼintervallo di tempo lʼintima distanza che lega lʼattimo allʼattimo? (Come un fiume che vaga senza direzione, come un fiume. Che ha perso la sua rotta). Era forse quello spazio (a)temporale a divenire connessione? (Come una congiunzione che non unisce che due sole parole e non le frasi (queste si perdono. Slegate.), due soli attimi). Ma non era forse il ritmo cadenzato dellʼora che scorre, simile a quello che lega periodi disgiunti)? (Come unʼaurora sul finire del giorno. E il giorno non finisce né comincia. E la luna non scompare non appare. Cʼè. Resta – scorza (priva di significato – larva autonoma – larva. Come il buio.) Massimo Colella 46 La Rassegna dʼIschia 5/2006 * Come unʼantica giostra dai colori ormai spenti, viti corrose e logore, figure ancora in moto per librarsi lontano in unʼaltalena di sorrisi, di visini in estasi, aggrappati. Io sono. Angela Barnaba Rassegna ARTE MOSTRE Uno sguardo sul Porto: Antonio Macrì di Luca Ielasi II Porto dʼIschia, a nord-est dellʼisola, è stato per secoli un lago originatosi dal cratere di un vulcano ed un luogo ideale di pesca e caccia alle folaghe. Nel 1854, i Borboni, eliminando una sottile diga naturale interposta, unirono il lago al mare e diedero vita al porto. La cerimonia dʼinaugurazione fu immortalata da Lord Mancini con un piccolo quadro in cui imbarcazioni di forgia e dimensione diverse entrano ed escono dal nuovo porto addobbato a festa. Fino agli anni ʻ30 del secolo successivo, essendo Borgo di Celsa (lʼattuale Ischia Ponte) il principale centro socio-economico e politico-culturale di Ischia, lʼutilizzo del porto fu minimo, così come minimo fu il suo “appeal” estetico, rispetto a quello, ad esempio, del Castello Aragonese. Un bel quadro del porto lo dipinse Giacinto Gigante, mentre significative fotografie furono scattate da Sommer e Brogi alla fine dellʼ800. Hans Purrman e Luigi De Angelis furono due pittori, tedesco e molto noto il primo, ischitano e raffinato naïf il secondo, che ci hanno lasciato opere pittoriche di qualità pregevolissima e di notevole importanza storica, poiché antecedenti lo sconvolgimento dellʼidentità del luogo conseguente allʼavvento del turismo di massa a cavallo tra gli anni ʻ60 e ʻ70. Vero e proprio perno ispirativo è ed è stato il porto per Antonio Macrì, pittore locale poco più che settantenne, testimone della drammatica trasformazione di quello che era un piccolo paradiso naturale in un convulso crocevia turistico-commerciale, spogliato, pressoché del tutto, del proprio sublime “colore locale”. Macrì inizia a dipingere “en plein air”. Sempre lì, sul posto, con tele, pennelli e colori, a catturare luci ed atmosfere, ad osservare eleganti velieri o umili ma dignitosi pescherecci, a conoscere gli addetti allo scavo, gli operai di Don Ciccio intenti a lavar botti, i pescatori, gli spazzini, gli artigiani, i bottegai. Quella semplice ma autentica umanità, insomma, che sul porto e dal porto traeva di che vivere. Subirà, umanamente ed artisticamente, lo stravolgimento del suo “piccolo mondo antico”. Fuggirà alla ricerca di nuove fonti ispirative. Il Castello Aragonese, Forio, SantʼAngelo. Luoghi incantevoli, è vero, ma non radicati nel suo cuore come il porto dʼIschia. Lo sentirà, lo capirà e tornerà nella foresta. In una foresta non più vergine, svergognata dalla pressoché generale ignoranza e cupidigia. Vi tornerà con la mente, ma non col corpo. Tornerà a dipingere un porto che però non sarà quello che oramai è, ma la rappresentazione dʼuna dolente parte di se stesso. Dʼun luogo surreale, vuoto, malinconico, che stentatamente lascia riconoscere il faro, Portosalvo, Casa DʼAmbra, lʼAcquario. Dʼun fantasma del passato che vaga intorno a questo sensibile e delicato maestro, ispirandolo e facendogli compagnia. * Gabriele Mattera II Castello Aragonese è unʼantica rocca che, dal mare, fronteggia, a breve distanza, la costa nordorientale dellʼIsola dʼIschia. Gabriele Matterà è un pittore dʼIschia che, ha sempre vissuto sul Castello Aragonese e ha maturato col medesimo un profondissimo legame a proposito del quale egli stesso ebbe una volta a scrivere: «...Ho trascorso la mia infanzia giocando e fantasticando in unʼatmosfera particolarissima ed in uno scenario unico fatto di vecchie chiese gotiche e barocche, di grandi edifici senza finestre (dimore di poeti e regnanti), di oscuri cimiteri e cripte misteriose piene di ombre...! Mura altissime, grandi spazi dalle patine secolari! Le occhiaie di vuote finestre senza infissi hanno generato in me grandi suggestioni e un senso di irreale, di fantastico e di tragico». È bene sottolineare lʼimportanza che ha avuto nel percorso artistico di Gabriele Mattera la ricerca sulle variazioni del rapporto tra gli aspetti grafici e non. Una ricerca che lo ha condotto verso una progressiva dissoluzione del disegno. Verso unʼesaltazione informale del suo universo poetico. Di quel particolarissimo universo scaturito dal sodalizio di un uomo con un luogo. Di un universo che lʼartista tenta, disperatamente, di trasmettere al proprio interlocutore per raggiungere quello che è il fine ultimo dellʼuomo: interpretare la realtà, confrontarsi, condividere, contrastare, sacrificarsi, abbracciarsi, picchiarsi, odiarsi, amarsi. Amare. Fino al punto di poter morire con la serena certezza dʼaver contribuito ad alimentare il fuoco che arde in questa notte dʼinverno. Il Castello Aragonese è stato lʼuniverso di Mattera, lʼantica rocca su cui questo artista dallʼaspetto asciutto e severo sʼaggirava tra innumerevoli spiriti, umili o potenti, colpevoli o innocenti, che, tra memori pietre, appaiono e scompaiono, stordendoci di “pathos”. (Luca Ielasi) La Rassegna dʼIschia 5/2006 47 Osservatorio Geofisico 1885 sulla collina della Gran Sentinella (9 settembre/10 ottobre 2006) “I mondi di Raffaele” Presso lʼOsservatorio Geofisico 1885 sulla collina della Gran Sentinella a Casamicciola Terme, mostra antologica di Raffaele Di Meglio (1952-2004): «I mondi di Raffaele», a cura di Eva Leithner. Lʼevento è promosso dal Museo Civico di Casamicciola Terme nellʼisola dʼIschia. La mostra, eccezionalmente ospitata in tutti gli spazi dellʼOsservatorio Geofisico 1885, parte innanzitutto da Raffaele Di Meglio come persona. Nove sono i temi che prendono lʼavvio dai suoi interessi e dal suo mondo culturale, dai quali si concretizzano le opere dʼarte. Non esiste un ordine cronologico nella scelta delle sue opere, in quanto ognuna delle tematiche da lui affrontate si fonde in un percorso di esperienza di vita al di là di condizionamenti “culturali” che lʼhanno messo in grado di raggiungere una libertà nellʼespressione artistica di grande valore. Le radici: Ischia e la Magna Grecia - Raffaele Di Meglio è stato senza dubbio un versatile sperimentatore delle tecniche artistiche più disparate, un artista poliedrico, che ha trattato i più diversi materiali con lʼintelligenza della padronanza tecnica ed insieme con profonda umiltà, realizzando un corpus di opere diversissime tra loro, ma nel contempo assolutamente coerente. Lʼatto creativo era per lui non unʼespressione del pensiero, ma una modalità stessa del pensare: la scoperta avveniva attraverso “il fare”, che si realizzava in diretto rapporto con lʼambiente. Profondamente legato al territorio dʼorigine, Raffaele ha sempre percepito la complessità di Ischia, la stratificazione di aspetti molteplici, la convivenza, al suo interno, di paganesimo e cattolicesimo, di fede e magia, di bello e di irrimediabilmente volgare; una terra di cui Raffaele non ha mai considerato lʼoleografia, la bellezza da cartolina, che non gli interessava affatto. La sua natura eccessiva (ed uso questo aggettivo in senso pregnante, intendendo una personalità eccedente, dalla vitalità extra-ordinaria) lo portava a “pen- Giuseppe Iacono * Lʼatmosfera onirica delle opere di Giuseppe è evidente come il fatto che la sua non è volontaria maniera, razionale ricostruzione di unʼatmosfera sognante. È un vero e proprio sforzo mnemonico: far compiere al pennello un tracciato invisibile ma, allo stesso tempo, ben delineato in unʼaltra dimensione, su di un altro pianeta. È lì che Giuseppe nasconde il bottino dei suoi sospiri profondi. Me ne accorgo quando tronca improvvisamente il di* Una sua mostra si è tenuta presso lʼOsservatorio Geofisico di Casamicciola dal 13 al 26 luglio 2006. 48 La Rassegna dʼIschia 5/2006 sare contro”, a sfuggire il banale, a non accontentarsi della soluzione facile, ad andare alle radici, fino in fondo, del fare creativo. Ed andare alle radici ha significato per lui anche andare a ritroso, ricercare le tracce del paganesimo greco, quando i boschi dellʼisola erano abitati dalle ninfe, ed ancora più indietro, fino al fossile, immagine di vita pietrificata. Da sempre affascinato dalle culture ed espressioni artistiche delle civiltà più risalenti - dalle testimonianze dellʼarte rupestre neolitica, allʼarte minoica (ricorrente è il tema dei labirinti in molte sue opere dei primi anni ʻ90) e dellʼAmerica latina, soprattutto messicana, a quella africana - egli non si è limitato a studiare il primitivo, ma “si è fatto primitivo”, ha assorbito - consapevolmente, ma non intellettualisticamente - lʼessenza stessa dellʼanima arcaica. Questo viaggio - incessante, affascinante, pericoloso - nei vari aspetti della natura e della vita delle culture più diverse, gli è stato possibile perché egli ha sempre avuto una fortissima consapevolezza delle proprie radici, possenti innervazioni nella sua terra dʼorigine imbibita di sorgenti, tremante per gli scuotimenti tellurici, madre-terra generosa le cui ferite purulente, dovute al costante stupro dellʼintervento dissennato dellʼuomo, lo hanno costantemente angosciato e preoccupato. Oggi la natura violentata diviene sempre più vuota ed inerte; i totem lasciano il posto ai feticci della civiltà postmoderna; gli dei abbandonano la materia: tutta la produzione artistica di Raffaele, anche quella più ironica e giocosa, esprime questa lacerante consapevolezza ed è insieme uno struggente atto dʼamore per lʼesistenza. Patrizia Di Meglio scorso e il suo sguardo viene rapito dalle linee degli oggetti e delle profondità che lo circondano. Esse iniziano sinuosamente a muoversi e a danzare fino a dissolversi in altre forme e in altri colori che lʼartista osserva incantato, come fosse in preda ad unʼallucinazione. Torna in sé, alza lo sguardo e sospira a lungo, consapevole di aver abusivamente assistito ad uno spettacolo che da svegli non si può guardare e che con le parole non potrà spiegare. Potrà solo dipingerlo, aspettare il sonno e, un attimo prima che arrivi e che lo disarmi, forzarne gli ingranaggi per scegliere a che piano andare. Ho osservato a lungo sia il pittore a lavoro che le opere finite e la sensazione che ho provato è quella che si ha quan- do stai ad ascoltare qualcuno che, sorridendo, ti dice: «Ora ti racconto un sogno che ho fatto…». Quando si sveglia di colpo al mattino e i suoi demoni ancora dormono storditi, Giuseppe Iacono sorride soddisfatto come un pescatore che torna in porto dopo una notte di stelle e mare generoso. Tra il cuscino e il suo sorriso cʼè tutta la follia morbida e sensuale dei viaggi che ci racconta in queste tele. Lʼartista annota freneticamente e ritrae in gran fretta tutto ciò che ha visto, prima che i segni del cuscino, sul suo volto, si dissolvano pian piano nella luce dello studio e consegnino il suo sguardo alle forme del mondo reale. Nuvole di zucchero filato, giardini incantati e spiagge pulite diventano materia di un sogno da abitare, lontano da città senza finestre né pietà. Donne fragili e serene dormono tra i fiori, sorridono leggere, provocano ed incendiano, ci aspettano, o forse no. I sogni di Giuseppe spiazzano come un bacio improvviso e lento, in mezzo alla folla che si accalca e spinge. Marco Di Majo Rosa Monti * Rosa Monti - Cogoleto Venticinque quadri selezionati su oltre cento realizzati in circa quaranta anni di attività costituiscono precisi momenti cronologici dellʼiter pittorico di Rosa Monti, partendo dai suoi inizi: “Castello Aragonese” e “Ischia” del 1963, “Ciliegie” e “Vecchie case di Ischia” del 1964, nei quali si evidenziano già le potenzialità e le peculiarità stilistiche della sua pittura. Una pittura che nel corso degli anni si evidenzia sempre più nella visione lirica della realtà affidata ad un colore che è luce, eteree trasparenze di un espressionismo mediterraneo, che sempre più abbandona i toni velati delle prime opere. Un colore immediato, cioè senza mediazione accademica ed intellettualistica e neppure quella fisica dei pennelli, poiché il colore è “plasmato” con le dita in modo da sancire non una appartenenza, bensì una filiazione dellʼopera realizzata. E le sue mani generano il colore che materializza forme e volumi. Un colore che “impregna” le tavole * Una sua mostra si è tenuta presso lʼOsservatorio Geofisico di Casamicciola nel mese di giugno 2006. Giuseppe Iacono - Altrove (acrilico su tela, 2003) e che emoziona anche di fronte alle nature morte di rifiuti: “Inquinamento” del 1989, “Consumismo ischitano” del 1996 con chiari tratti di un astrattismo informale, lo stesso che emerge nellʼopera “Luna capricciosa” del 1989. Ma è nei “paesaggi”: “Cogoleto” 1989, “Berna” 1990, “Capriasca” 1991 e “Barche sul lago di Thun” 1991 che Rosa Monti dipinge/plasmando lʼelemento cromatico che determina segno e valori tonali realizzando la sua massima intensità espressiva. In essi la sensibilità impressionista assume i livelli più alti ed è tutto da condividere quanto Mario Monteverdi scrive nel Dizionario Critico Artitalia: «Merito della pittrice (Rosa Monti) il saper conciliare la propria tavolozza vivace con la lirica ed impressionistica esigenza dʼinterpretare una poesia naturalistica, fatta di trasparenze, di sottili passaggi tonali, di modulati contrasti, di raffinati accordi» che nella piccola opera “Beati in cielo” del 2003 tocca lʼapice della raffinatezza cromatica che distende lo spazio compositivo fino ad assimilare la cornice con la quale si fonde. Dice Rosa Monti: «Lʼarte è vedere e godere di tutto ciò che è bello. La vita è un dono, un viaggio che ci è stato regalato», e di questo viaggio Rosa Monti ci fa dono di bellissimi appunti cromatici. Francesco Pizzi Ischia Ponte - Museo del Mare Le fotografie di Bruno Di Scala 24 settembre-15 ottobre 2006 La Rassegna dʼIschia 5/2006 49 Nunzia Zambardi * di Francesco Pizzi Nunzia Zambardi è ischitana. Dopo studi umanistici e giuridici (non ha frequentato studi accademici) libera il suo estro artistico dapprima con dipinti su stoffa che la portano alla produzione di abiti artigianali (aderisce al “Gruppo Artiste Galassia”) e, successivamente, a partire dal 2000 inizia a mettere su tela materia e colore con elementi sintetici, vernici, polvere di pietre laviche, sabbia, espanso, asfalto. La prima personale: “Sedici tele polimateriche in un affascinante bagno di colori, frutto della curiosità della materia” è del 2002. Rendere lo “spirito” e non la forma esteriore, avvalendosi di qualsiasi materiale espressivo al fine di “creare” composizioni estetico/pittoriche: questa è la prerogativa alla base della produzione pittorica di Nunzia Zambardi. Espresso in questi termini, il discorso diventa sicuramente più complicato delle opere che si vogliono presentare. Partiamo da una domanda ed un termine. La domanda: Perché certa pittura, o arte in genere (in special modo quella che parte dagli inizi del secolo scorso), risulta di difficile comprensione? Il termine: Polimateriali. Alla domanda si può rispondere dicendo che tale arte è complessa in quanto il “codice multiplo” espressivo (tipico di unʼarte che si presta a diversi livelli di lettura, dal più semplice ed immediato al più profondo ed articolato) è sostituito da un “codice specifico”, specialistico. Più semplicemente si preferisce esprimersi utilizzando solo alcuni degli elementi del linguaggio visivo (forme, colori, volumi, principi compositivi...). E veniamo al termine: Polimaterico. Questo ci porta lontano, ai primi decenni del secolo scorso, allorquando avanguardie artistiche del tipo futurista e precisamente con una specifica elaborazione stilistica detta “artemeccanica”, danno inizio a lavori cosiddetti polimaterici, cioè caratterizzati dallʼimpiego di vari materiali scelti in base alla loro natura: plastiche, legno, spago...; al tipo di colori, con lʼutilizzo di vernici e peci; al tipo di superficie: lucida, opaca, liscia, lurida, ondulata... che si andava a realizzare. In queste opere, dette appunto polimateriche, il dato cromatico (pittura) e quello plastico (scultura) partecipano in uguale misura a definire il risultato finale cioè il prodotto che risulta essere una sorta di “pittura concreta”, non più fatta di immagini (bi/tridimensionali), ma di “oggetti” che stimolano anche la sensibilità tattile del fruitore invogliato quasi a “toccare”. Questa è, dal punto di vista artistico, Nunzia Zambardi che con la sua sensibilità assembla lʼelemento primordiale (la materia primitiva) o la risultanza del suo esaurimento (la materia scartata) alla maniera di un “Demiurgo-alchimista”, * Una sua mostra si è tenuta presso lʼOsservatorio Geofisico di Casamicciola nei mesi di giugno e luglio 2006. 50 La Rassegna dʼIschia 5/2006 Nunzia Zambardi - Barca di Caronte sintesi di artigiano/ordinatore. Quadri come sculture e sculture come quadri dove protagoniste sono le “mani creatrici”; i materiali che si “rigenerano” creando; i colori che scorrono fluidi tracciando segni e cromatiche campiture. Ciò che importa è, dunque, utilizzare la materia, considerandola nel suo “puro valore fisico”(tattile/visivo) così come essa è, come appare agli occhi ed alle facoltà sensoriali di chi guarda: una presenza “biologica” della materia stessa, dotata di una sua forza intrinseca e che può, o non può, assumere una “forma” determinata. È compito dellʼartista, compito che ben riesce a Nunzia Zambardi, saper portare alla luce forme, forze, suggestioni ancestrali contenute nella materia stessa e generate con i contrasti cromatici di forme e di superfici che colpiscono la personale sensibilità dellʼosservatore. Lʼautrice in questa particolarissima capacità espressiva, titolando le sue opere, cerca di facilitarne la lettura e quindi la comprensione, prendendo anche il “rischio” di limitarne lʼespansione concettuale. Tutto questo viene espresso già nellʼopera Le margherite di Marte (2000), la prima per datazione che può essere definita una pitto/scultura monocroma; e successivamente in La cascata (2003), Vulcano (2004), I1 sole e il mare (2003) che con precise miscellanee plastico/cromatiche “rende corporea” la materia/colore in elementi fisici primari: lʼacqua, il fuoco, la terra. Stesso discorso vale per la titolazione di opere che riportano in evidenza “sentimenti e stati dʼanimo” dove col reale (la materia) si vuole fisicizzare lʼirreale, lʼastratto come nellʼopera: Le due sorelle (2004) o tentare il contrario come nellʼopera Volto solare (2002), Raggio (2003), Tramonto (2004). Nellʼopera La barca di Caronte (2005), un dosato equilibrio tra elementi plastici e cromatici, evoca di figure che emergono e che rendono più intelligibile lʼopera. I Frammenti (2006) rilevano la scelta stilistica di assemblare i materiali in modo essenzialmente plastico optando più verso la “scultura dipinta” piuttosto che verso una “pittura scolpita” * Forio – Fondazione La Colombaia Bellocchio, Rosi e Scola tre Gattopardi per il Premio Visconti del Centenario La Fondazione La Colombaia ha assegnato il Gattopardo dʼoro 2006 a Marco Bellocchio – per lʼoriginalità e il rigore della sua ricerca stilistica e narrativa – e i Gattopardi del centenario a due figure-simbolo della settima arte: Francesco Rosi ed Ettore Scola. Il loro nome si aggiunge, nellʼalbo dʼoro della manifestazione, a quelli di Arthur Penn, Gabriele Salvatores, Mario Monicelli e Bertrand Tavernier, vincitori delle precedenti edizioni del Premio che ha luogo a Forio dʼIschia, nella storica dimora estiva di Luchino Visconti, oggi sede del Museo e della Fondazione dedicati al Maestro. La cerimonia di consegna, condotta da Alessandra Calabrese e Fabrizio Gatta di Rai Uno, e le iniziative parallele si sono tenute alla Colombaia dal 21 al 23 settembre, alla presenza di personalità della cultura, del cinema, del teatro e della comunicazione. Non sono mancati i messaggi rivolti al presente e al domani. Come lʼinvito ai giovani lanciato da Ettore Scola e lʼinvettiva veemente di Francesco Rosi che ha tuonato contro le semplificazioni della società dominata da internet e dalle nuove tecnologie e il ruolo desertificante della televisione. «I ragazzi – ha detto Rosi - non conoscono film di gente come Rossellini, Pietro Germi, Zavattini. La televisione non aiuta a promuovere il cinema. I registi sono i loro film. Ma questi film che hanno fatto la storia non vengono mai trasmessi e anche quando li trasmettono lo fanno in orari improbabili». Citto Maselli ha sottolineato lʼimportanza della Colombaia come grande centro di riferimento per la costella- zione artistica legata a Visconti e al neorealismo italiano evidenziando il bisogno di formazione e di ricerca. E Marco Bellocchio, Gattopardo dʼoro 2006, ha rilanciato la sua idea di cinema che contiene - nella sua natura - una carica di contestazione e di ribellione. Bellocchio ha puntato lʼindice sulle scelte del Governo in materia di sostegno ai film “orientate verso la mediocrità” e sulla mancanza di una vera discontinuità tra la politiche del centrosinistra e quelle già adottate dal centrodestra. «Non penso che in Italia comandino i morti – ha affermato Bellocchio riprendendo una frase emblematica del suo ultimo film “Il regista di matrimoni” – e non rimpiango il Caimano – ha aggiunto - ma bisogna evitare il rischio di un appiattimento e della normalizzazione». Sono state assegnate anche le Ortensie dʼargento (i premi che portano il nome del fiore preferito da Visconti che egli stesso coltivava nello splendido giardino di Forio dove oggi riposano le sue ceneri) a Piero Tosi, il costumista dei capolavori viscontiani, Giancarlo Giannini, Hans Werner Henze, Citto Maselli, Alessandro Baricco. Dal 2002 tra i personaggi individuati dalla Fondazione per questo prestigioso omaggio figurano Suso Cecchi dʼAmico, Roberto De Simone, Alida Valli, Julian Schnabel, Valeria Golino, Mai Masri, Walter Veltroni, Valerio Caprara, Patrizia Cavalli, Jean Chamoun, Gillo Pontecorvo, Mario Garbuglia, Dario Fo e Franca Rame, Vittorio De Seta, Gianni Rondolino. Ai premiati la Fondazione ha dedicato una retrospettiva: Filmografia dʼautore. La tre giorni in onore di Visconti è iniziata con un incontro tra gli studenti delle quinte classi dellʼIstituto Isabella dʼEste di Forio con la regista palestinese Azza El Hassan, insignita dellʼOrtensia dʼArgento-Sensibilità Mediterranea su indicazione dellʼAssociazione Libera Informazione Onlus. Un dibattito anche come concreta occasione di confronto e comprensione interculturale, nel solco del messaggio lanciato da Visconti nel 1967 con la trasposizione filmica de “Lo Straniero” di Camus. Ha concluso la manifestazione la musica da film del “Nino Rota Ensemble”. *** Il Premio ha costituito il prologo della II edizione del Festival Visconti che accompagnerà da ottobre a novembre lʼisola dʼIschia e la Regione Campania verso la data del centesimo anniversario della nascita di Visconti (2 novembre 2006) che segnerà lʼinizio di un ciclo di eventi nazionali ed internazionali per tutto il 2007. Il Festival ha lʼobiettivo di diventare il maggiore punto di riferimento per lo studio e la proiezione futura dellʼopera viscontiana e si articola in mostre, concerti, giornate di studio, incontri culturali. «La Fondazione parte dal centenario viscontiano per ampliare i suoi orizzonti – ha spiegato il Direttore generale Ugo Vuoso –; La Colombaia può essere sempre più, soprattutto grazie al ruolo della Provincia, della Regione e del Ministero dei Beni Culturali, un polo di rilievo nazionale».