Teca tematica - Biblioteca Nazionale di Napoli

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Teca tematica - Biblioteca Nazionale di Napoli
Una crociera nel Mediterraneo
Autore: Edith Wharton
Editore: Archinto, Milano
Tipo: Saggio
Anno: 2005
Data inserimento: 29/11/2010
Scoperto negli anni Novanta, questo diario di viaggio, prima prova letteraria della grande scrittrice americana, ci fa
assistere alla sbocciare sicuro di un geniale talento narrativo. Siamo nel 1888. Ventiseienne, Edith attraversa
l'oceano con il giovane marito e un amico, per avventurarsi in una crociera nel Mediterraneo. Rivelando una
passione per il viaggio che le guadagnerà l'appellativo di «donna pendolo» - così la chiama l'amico Henry James Edith Wharton fotografa per noi con squisita ed esperta precisione i luoghi storici, i personaggi pittoreschi e i
panorami selvaggi che di volta in volta si presentano all'orizzonte del panfilo Vanadis, fino a farcene assaporare i
profumi, gustare i colori e vivere le atmosfere. Materiale inedito, confluito in parte nel capolavoro La casa della
gioia, in cui l'eroina non a caso parte per una crociera nel Mediterraneo, a un secolo dalla sua stesura conserva la
freschezza di un'autentica scoperta.
Edith Wharton (1862-1937), scrittrice americana. Proveniente da una facoltosa famiglia di New York, i Newbold
Jones, dopo un matrimonio infelice con un banchiere Edward Wharton, da cui ottenne il divorzio nel 1902, si
trasferì definitivamente in Francia. Fu molto amica di Henry James. Fu la prima donna a ottenere il Premio Pulitzer
per la narrativa. Tra le sue opere La casa della gioia (1905), Racconti di fantasmi (1910), L'età
dell'innocenza (1920).
(dalla seconda e terza di copertina)
Il Vanadis, 1880
foto da: Edith Wharton, Una crociera nel Mediterraneo, Milano, Archinto, 2005, [p. 24]
Nel suo giornale di bordo del Vanadis abbiamo una specie di prova di scrittura di una delle più grandi romanziere
americane.
Il diario, se di diario si tratta - e la minuziosità dei particolari suggerisce di certo un resoconto quasi giornaliero - è
strettamente limitato a quello che Edith vedeva a ogni sosta nello Ionio o nell'Egeo. Ogni tanto abbiamo uno
scorcio della personalità a volte piuttosto dominatrice dell'autrice, come quando ammette che il suo rigoroso
programma di visite turistiche ad ampio raggio può avere provocato una certa tensione nei suoi due compagni più
accomodanti, notiamo inoltre che trovava il capitano scontroso e apatico. Ci sono anche momenti in cui esprime il
proprio dissenso dall'opinione comune, come quando sostiene che la famosa cattedrale siciliana di Monreale
manca di profondità e di varietà di colori, o quando è in disaccordo con i romantici che trovano che le rovine
migliorano con il loro degradare. Chissà come avrebbe rabbrividito l'architetto dei templi di Girgenti (Agrigento),
esclama, al pensiero che i suoi «ammassi grossolani di arenaria sarebbero rimasti esposti alla vista dei critici
futuri!».
Nella maggior parte dei casi, viceversa, le bellezze della natura e dell'antica civiltà parlano da sole nella sua prosa
elegante e vivida. Edith osserva i fenomeni che l'attraggono in modo così minuzioso, che è difficile credere si sia
fermata solo uno o due giorni nei luoghi visitati. Prendiamo per esempio questa descrizione: «Portavano
sottogonne di lino con grotteschi ricami di animali e uccelli in seta rossa e verde, e alcune avevano anche una
giacca di lino, con ricami ancor più elaborati e maniche estremamente ampie, mentre altre portavano gonna e
giacca di panno scarlatto. Tutte avevano chemisettes di mussolina ricamata d'oro e collane di vecchie monete, e la
testa avvolta in lunghe sciarpe gialle che ricadevano sulle spalle».
In questo diario si vede l'occhio allenato che in futuro avrebbe dato modo alla scrittrice di ricreare gli splendenti e
stipatissimi interni vittoriani della Quinta Avenue e i piccoli prati scintillanti e il grande mare scintillante di Newport,
tratteggiati in modo così indimenticabile nell'Età dell'innocenza.
(da: Prefazione di Louis Auchincloss, pp. 8-9)
Edith Wharton progettò e costruì la sua tenuta di campagna, The Mount, nel 1902. Situata a Lenox, nel
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Massachusetts, fa parte del misero cinque per cento dei Monumenti Storici Nazionali dedicati alle donne. Oltre a
essere una delle maggiori scrittrici americane, Edith Wharton ebbe un'influenza fondamentale sull'architettura del
paesaggio, sull'architettura residenziale e sull'arredamento americani, e The Mount è l'unica espressione completa
dei suoi criteri di progettazione. Durante il decennio in cui risiedette a The Mount, la Wharton produsse alcune delle
sue migliori opere letterarie, tra cui La casa della gioia e Ethan Frome.
La Edith Wharton Restoration venne fondata nel 1980 per conservare e restaurare The Mount quale tributo alla
sua straordinaria creatrice
(da: The Mount e la Edith Wharton Restoration, p. 19)
Il 17 febbraio, dopo due settimane di nebbia gelida a Parigi, lasciammo Marsiglia diretti ad Algeri col piroscafo Ville
de Madrid. Il golfo del Leone era nel solito stato di agitazione e fu dopo una traversata molto burrascosa che la
sera seguente giungemmo ad Algeri. Il Vanadis, il panfilo a vapore che avevamo noleggiato in Inghilterra per la
nostra crociera nel Mediterraneo, ci attendeva nel porto e, non appena gettata l'ancora, la lancia si accostò al
piroscafo.
Dovemmo prima sbarcare per passare la dogana, insieme con tutti gli altri passeggeri e, finendo con i piedi nel
mare di fango che copriva l'approdo, fummo circondati dai primi arabi che avessimo mai veduto straordinariamente
pittoreschi nel bagliore delle lanterne, coi loro bianchi burnus e i lunghi mantelli bianchi. Pochi minuti dopo eravamo
di nuovo sulla lancia che attraversava rapida il vasto porto, sotto un cielo fulgente di stelle, e la nostra prima veduta
di Algeri, che stendeva la sua curva di luci, alta sopra le acque scure della baia, fu bellissima. Ben presto
accostammo il panfilo, e subito dopo eravamo seduti con tranquillità a cena nel salone vivamente illuminato, che in
onore del nostro arrivo era stato riempito di rose e di viole. [...] Per vedere la parte araba di Algeri si deve andare al
mercato o nelle moschee, o meglio ancora arrampicarsi per i ripidi vicoli che salgono dai portici parigini di Rue
Bab-Azoun. In queste vie anguste abbiamo visto donne velate che si affrettavano con quel loro particolare passo
strascicato dovuto alle babbucce orientali, gli occhi dipinti che brillavano attraverso il sottile velo bianco; c'erano poi
androni bui dove vecchi arabi accovacciati erano intenti al loro lavoro di sarti o calzolai; e gruppi di beduini che
incedevano maestosi, coperti di stracci che un tempo erano stati bianchi e poi negri, ebrei, bambini seminudi e tutte
le altre figure fantastiche che formano lo spettacolo di una scena di strada orientale.
Un giorno abbiamo noleggiato una carrozzella e siamo saliti a Mustapha Supérieur, gettando lo sguardo dentro
fascinosi giardini cinti da mura e ville moresche, e incrociando omnibus carichi di figure dall'aspetto barbaro, che
scendevano a capofitto per le fangose strade suburbane. Mustapha, sebbene grazioso come un qualunque
sobborgo di Cannes o di Nizza, non ha il lindore e l'aria di giardino che associamo alla Costa Azzurra; ma forse
l'atmosfera generale di sciatteria è compensata, agli occhi di molti, dal pittoresco popolino che affolla le strade
sporche e disordinate. E in nessuna parte d'Europa si può vedere qualcosa di così orientale come il piccolo caffè
sotto i portici di Mustapha, dove algerini vestiti di bianco siedono accovacciati a prendere il caffè sulla terrazza
all'ombra di un gruppo di platani. Siamo passati davanti al palazzo d'estate del governatore, abbiamo dato
un'occhiata attraverso il cancello ai giardini ben curati, e poi abbiamo attraversato il Vallon de la Femme Sauvage...
Oltre questa breve gola selvaggia siamo giunti nel quartiere di Mustapha Inférieur, situato vicino al mare sulle
basse pendici del Sahel, e qui abbiamo trovato il Jardin d'Essai, che ero particolarmente ansiosa di vedere.
Abbiamo passeggiato sotto viali di alberi di caucciù grandi come querce, fra graticci di rose tea in boccio e alti
cespugli di Arundo donax, ma un vento freddo che soffiava nei vialetti rendeva la scena malinconica, malgrado la
vegetazione meridionale. Era comunque un momento poco adatto per visitare il Jardin d'Essai, perché da qualche
giorno faceva freddo in Europa, e in seguito abbiamo saputo che ad Avignone era nevicato e vicino a Marsiglia
avevano pattinato sul ghiaccio, mentre noi tremavamo di freddo sotto gli alberi di caucciù di Algeri.
Forse era a causa del maltempo eccezionale, ma tutte le palme più delicate, come Lantana borbonica, Phoenix,
Cycas revoluta, ecc., erano riparate da coperture di stuoie.
(pp. 27-30)
«Darei qualunque cosa per fare una crociera nel Mediterraneo», confidò Edith Wharton all'amico James van Allen,
un attraente vedovo di una ricchissima Astor, un gentiluomo di 42 anni che sapeva come illanguidire le signore.
Infatti: «Non c'è bisogno di tanto, io affitto uno yacht e tu vieni con me». Detto fatto: naturalmente Edith portava con
sé il marito Edward e per ragioni di bon ton la coppia volle a tutti i costi pagare la metà delle spese, che
corrispondeva alla rendita di un intero anno per entrambi (che ovviamente non lavoravano). Era per la futura e
impaziente scrittrice una magnifica distrazione dalla vita mondana di Newport e soprattutto da quella matrimoniale,
disastrosa pare sul piano dell'intimità: si era sposata a 23 anni senza sapere in che cosa consistessero i cosiddetti
doveri coniugali, e, dice uno dei suoi biografi, Eleanor Dwight, quando lo aveva scoperto, non le erano piaciuti per
niente. Era il 1888, Edith aveva 26 anni e finalmente lei il marito e van Allen si imbarcarono ad Algeri sullo yacht
Vanadis: la crociera finì ad Ancona, con tappe a Malta, Siracusa, Messina, Taormina, Palermo e Girgenti, e poi le
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Cicladi, Rodi, le coste dell'Asia Minore, Monte Athos, Atene, le isole Ionie, la costa dalmata, Spalato, Ragusa,
Cattaro. Dal 18 febbraio al 7 maggio tenne un diario minuzioso, ma non al punto di nominare i suoi compagni di
viaggio: come se non contassero, quei due uomini che la scortavano, presa dal suo entusiasmo, dalla sua energia,
dalla sua ironia, ma anche dal retroterra di una cultura personale che non poteva condividere con loro, tutto quello
che lei sapeva e loro no, di arte, storia, architettura, ma anche piante, fiori, usanze. Quel prezioso diario fu uno di
quegli scritti che restano nel cassetto (le sue prime poesie furono pubblicate l'anno dopo), e se ne persero le tracce
fino a quando Claudine Lesage, una studiosa che stava facendo ricerche su Conrad a Hyères, in Francia, dove la
scrittrice americana aveva abitato attorno al 1919 dedicandosi alla sua passione per il giardinaggio elaborato, si
vide consegnare dalla bibliotecaria del paese un manoscritto battuto a macchina in inglese: era appunto The cruise
of the Vanadis che si credeva perduto. Con una bella copertina di Gianfranco Pardi, Una crociera nel Mediterraneo
viene adesso pubblicato anche in Italia e si immagina la felicità dei tanti whartoniani di casa nostra, che magari
solo al cinema, hanno lacrimato sugli amori eleganti e infelici negli indimenticabili L'età dell'innocenza di Martin
Scorsese e La casa della gioia di Terence Davis. Si sente in questo diario di bordo non solo il piacere del viaggio,
della scoperta, il desiderio di annotare un'esperienza per riviverla per sempre, ma anche la ricerca della scrittura,
come un esercizio per prepararsi davvero a una professione che le avrebbe dato la fama e consentito una vita di
incontri affascinanti, a cominciare dall'amicizia con Henry James e Bernard Berenson. A rivedere la vita di questa
signora che riuscì a divorziare dal fastidioso marito solo nel 1913 (l'opulenta e ipocrita società americana
disprezzava le divorziate), avendo sue brevi storie d'amore, fa impressione il suo continuo spostarsi, dagli Stati
Uniti all'Europa, da Parigi a New York, dalla Toscana al Massachusetts, dall'Inghilterra al Marocco. Può darsi che il
diario della sua crociera sul Vanadis non abbia interessato gli editori che ancora non avevano scoperto il talento
letterario di questa signora ricca e mondana, può darsi che la stessa Wharton, ancora insicura, non fosse del tutto
convinta del suo lavoro. Infatti non era ancora uscito un suo romanzo quando sette anni dopo, a 32 anni, riuscì a
pubblicare il resoconto di un viaggio italiano, A tuscan Shrine; dieci anni dopo, nel pieno del successo di La casa
della gioia, uscì un'altra raccolta di appunti di viaggio, Italian backgronds.
(Natalia Aspesi, In crociera con Edith Wharton, «La Repubblica», 3 dicembre 2005, p. 46)
Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. XII.D.98
Carta nautica
(Ms. membr., 1559, mm 470x730)
foto da: www.bnnonline.it [1]
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- [3] http://it.wikiquote.org/wiki/Edith_Wharton
- [4] http://www.zam.it/biografia_Edith_Wharton
- [5] http://books.google.it/books?id=j6qv3qaTpDwC&pg=PA103&lpg=PA103&dq=edith+wharton+bibliografia&source=bl&ots=qdJC84TrfG&sig=
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