Social tv e social brand: come i nuovi media cambiano il
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Social tv e social brand: come i nuovi media cambiano il
Social tv e social brand: come i nuovi media cambiano il paradigma di comunicazione e richiedono un nuovo marketing e nuovi strumenti di ricerca. Di Rossana Dell’Isola e Andrea Zannin Rossana ha avuto una «one man company» specializzata in qualitativo e innovazione dal 1986 al 1992. Ha lavorato dal 1993 al 2007 in Research International (ora TNS), dal 1999 è stata Managing Director del qualitativo e dal 2001 anche dei processi di innovazione. Dal 2007 ha raggiunto Synovate (ora Ipsos) come Direttore Globale dell’Innovazione e Managing Director del settore qualitativo. Nel 2009 è diventata Direttore Commerciale, con funzioni di supporto di management all’allora Direttore Generale. Da 7 anni insegna come leader tecniche di creatività alla Conferenza Europea della Creatività (CREA), affiliata europea del CPSI di Buffalo USA (Creative Problem Solving Institute). Alla fine del 2012 ha deciso di fondare Beyond per mettere a frutto tutte le competenze manageriali e di ricerca / consulenza maturate negli anni. Andrea ha una laurea in comunicazione e un dottorato di Ricerca in Semiotica. Dopo anni di esperienza come consulente semiologo e ricercatore qualitativo per i più importanti Istituti di ricerca nazionali e multinazionali, nel dicembre 2010 è entrato in Demoskopea come direttore di ricerca qualitativo, responsabile degli studi su innovazione (consumer insight, qualitativa online) e comunicazione. È stato Account Manager per i clienti nel settore FMCG e media old&new. Parallelamente alla ricerca di mercato, svolge attività di ricerca e didattica presso sedi universitarie: attualmente tiene un corso di Semiotica applicata al Marketing all'Università Commerciale Bocconi (Milano). Da aprile 2013 è Head of Qualitative in Beyond Research per raccogliere una nuova sfida e portare la sua passione per questo lavoro sempre «oltre». Lo scenario di consumo (di prodotti, brand, canali tv, media, device, …) è in profondo divenire, secondo una logica della convergenza che ha struttura di una rete dialogica e discorsiva, dove emittenti, destinatari e canali delle comunicazioni si moltiplicano in un continuo gioco di specchi. I soggetti scelgono, acquistano e consumano sulla base di driver sociali e culturali, che apparentemente nulla hanno a che fare con la proposition di marca o la performance di prodotto. I differenti mezzi/device vengono fruiti anche contemporaneamente, liberi da vincoli di tempo e di spazio. La moltiplicazione dei mezzi e la loro fruizione contemporanea e convergente non fa che aumentare i messaggi. Beyond Research s.r.l. Cap. soc. Euro 50.000,00 Via Soresina, 16 tel. +39.02.461078 fax +39.02.48013782 P.IVA 08045520965 reg. imprese MI -1999714 www.beyondresearch.it In questo contesto, l’adozione dei classici modelli e metriche per valutare il successo di un qualunque prodotto culturale rischia di essere miope. Non a caso sono sempre più cospicue le lamentele riguardo a strumenti di rilevazione dei media come l’Auditel (o a maggior ragione dell’ex Audiradio), e diventa sempre più difficile mettere assieme i fin troppo numerosi indici di “ascolto” delle varie performance delle campagne comunicative sui diversi media: buzz, sentiment, integrazione con web analytics e KPI di marketing, CRM tradizionale… L’analisi dei “discorsi su twitter” è un buon esempio che ci ha consentito di mettere alla prova alcune ipotesi sul cambiamento dei rapporti tra gli attori della comunicazione: i soggetti consumatori/spettatori, la marca, il programma televisivo. È’ banale notare che il pubblico, un tempo destinatario, diventi oggi (ri-)emittente; meno banale esplorare in che modo esso lo faccia e mostrare, ad esempio, temi, modi e toni con cui i soggetti interagiscono tra loro a partire dallo stimolo della marca/tv. In altre parole, oggi il discorso DELLA marca o DEL programma tv diventa sempre più simile per importanza al discorso SULLA marca o SUL programma tv e in qualche modo dipendente da esso. Alcune considerazioni preliminari sono fondamentali Il fatto che un soggetto commenti in diretta ciò che segue in tv è indicatore dell’engagement, cioè della RELAZIONE che si instaura tra la tv (o la brand) e il soggetto spettatore/consumatore. Soprattutto, esiste una modalità di fruizione bottom-up attraverso tutti i media in cui è possibile conoscere ciò che viene trasmesso (es. la tv) esclusivamente attraverso quanto altre persone raccontano su un altro mezzo (ad esempio twitter). In questo modo, il contenuto televisivo (programma, adv, …) esce dalla tv e si “incanala” in un altro mezzo, con proprie regole e forme. È così che si può essere spettatori di “The Voice” anche senza vederlo e sentir parlare della marca Anyie By con Ambra Angiolini testimonial, per il solo fatto che qualcuno che ha visto “The Voice” è stato colpito dallo spot e lo ha commentato sul social! La democraticità dei social è solo apparente perché i cosiddetti VIP presenti su twitter hanno una funzione di megafono ed endorsement anche a loro insaputa, per il solo fatto di commentare o rilanciare alcuni topic. A partire da ciò, il nostro case study su The Voice ha cercato di rispondere ad alcune domande. 1. Perché si parla di alcuni programmi e di alcuni brand non di altri? Perché di alcuni contenuti si parla in modo più positivo rispetto ad altri? 2. Esiste il modo di controllare o addirittura volgere a proprio favore ciò che – essendo bottom up – esce dal raggio del “primo emittente”? 3. Le nuove forme di scrittura dei social network impongono una “forma” ai contenuti: questo si riverbera sul mindset dei soggetti? 4. Ed infine: come sintetizzare questo cambiamento tanto accelerato quanto epocale nei sistemi di comunicazione? Con quale impatto possibile sugli strumenti tradizionali del marketing? Data la brevità obbligata di questa sinossi, siamo in grado di fornire solo qualche “assaggio”. page 2 Ad esempio, in relazione alla prima di queste domande, l’analisi di un campione di tweet evidenzia alcune variabili ricorrenti nel concentrare i discorsi dei soggetti Alcuni temi – poco sorprendentemente - sono più discussi di altri e hanno una viralità intrinseca: calcio, politica, musica in primis poiché sono tutti temi che prefigurano una faziosità, un coinvolgimento e un prendere parte (tifosi di calcio, supporter di un partito, fan di un cantante vs ciò che di volta in volta è l’avversario) L’utilizzo di una identità di marca o di programma definita e distintiva accentua la propensione al word of mouth (es. il meccanismo delle blind audition in “The Voice”: i famosi coach scelgono i membri del proprio team ascoltandone le voci, ma senza vederli; sono di spalle e possono girarsi solo se scelgono il candidato). Programmi e adv che trattano contenuti di grande rilevanza polemica sono più facilmente discussi: ad esempio le pubblicità Ikea con la messa in forma di nuovi modelli di famiglia – divorziate, allargate, omosessuali,… Le implicazioni sono numerose. Una tra le più importanti è quella che vorremmo chiamare estetica dell’incompiutezza e della sospensione. Chi scrive e commenta sui social network lo fa spinto da una volontà di essere ascoltato, e per essere ascoltato deve (i) radunare una platea (ii) catturarne l’attenzione. Gli user di twitter sanno che per avere pubblico devono utilizzare forme di comunicazione attention getting. E per fare questo usano ironia e sarcasmo, uniti all’imprescindibile brevità imposta dai 140 caratteri in cui si deve esprimere il messaggio. La stragrande maggioranza dei commenti analizzati mette infatti in luce forme più o meno velate di motti di spirito, e sono proprio questi i messaggi più ritwittati Come ricordiamo dalle leggi del motto di spirito di Freud, questo è un codice di comunicazione di per sé aperto, allusivo, incompiuto: un genere di comunicazione “interpellante”, che lascia ha nel suo stesso DNA il dialogo, lo prefigura. L’ipotesi consolidata dal nostro studio è che questa modalità “dialogante” si stia diffondendo ben oltre i limiti dei commenti su twitter e stia diventando una estetica con cui i soggetti “ragionano”, approcciano e decodificano tutto il loro ambiente. Per questa ragione tale “apertura” deve entrare a far parte dello stesso linguaggio del marketing. Un esempio per tutti: quanti di noi hanno cercato negli ultimi anni di scrivere “buoni concetti di brand positioning”, ovvero concetti chiari, esaustivi, completi, compiuti? Tutto questo rimane ancora valido, ma forse – oltre alla compiutezza – andrebbe codificato anche il modo il cui il posizionamento riesce ad aprire e ad originare discorsi. Un posizionamento che ha un lato “incompiuto” perché lascia la possibilità di essere prima “riempito” e poi viralizzato al consumatore; un posizionamento in cui la brand proposition è anche e innanzitutto una “interpellazione”. Perché qualsiasi brand parli al giorno d’oggi, finisce –a prescindere dal prodotto che vende – per giocare volente o nolente un ruolo sociale, finisce per diventare una social brand. Rossana Dell’Isola, CEO Beyond Research srl [email protected] Andrea Zannin, Head of Qualitative Beyond Research srl [email protected] page 3