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Dipartimento di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS Department of Public Policy and Public Choice – POLIS Working paper n. 137 March 2009 Strumenti di mediazione per la risoluzione di conflitti. L’esperienza dell’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione Noemi Podestà UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA Periodico mensile on-line "POLIS Working Papers" - Iscrizione n.591 del 12/05/2006 - Tribunale di Alessandria Strumenti di mediazione per la risoluzione di conflitti. L’esperienza dell'Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione 1 Noemi Podestà Abstract Sempre più di frequente si assiste a episodi conflittuali locali conseguentemente alla progettazione di una grande infrastruttura su un territorio. Mentre nel resto del mondo sono state elaborate una serie di tecniche e metodi per risolvere (ma anche per prevenire) situazioni conflittuali, in Italia di fronte a questi casi si assiste a provvedimenti ex post, ad interventi emergenziali e poco efficaci. Nella prima parte dell’articolo verrà proposta una breve rassegna degli strumenti disponibili per affrontare in diversi modi tali situazioni: dalle tecniche di mediazione vere e proprie adottate allo scopo di costruire il consenso intorno ad un determinato progetto (dal débat public in Francia alla sperimentazione della negoziazione integrata negli Stati Uniti) alle forme di democrazia partecipativa potenzialmente utilizzabili come supporto alle decisioni pubbliche. Nella seconda parte dell’articolo si propone un primo bilancio dell’esperienza dell’Osservatorio della Valle di Susa, un organismo tecnico di confronto nato a seguito delle proteste sorte riguardo al collegamento ferroviario Torino-Lione. Per elaborare il percorso analitico proposto si agirà parallelamente su due fronti: da un lato verrà presentata una breve descrizione delle attività svolte e dei risultati raggiunti dall’Osservatorio a partire dal suo insediamento fino ad oggi, dall’altro lato verrà fornita, sulla base dell’analisi del materiale empirico rilevato nel corso dell’osservazione partecipante, un’ipotesi esplicativa di quali siano stati i meccanismi attivati all’interno dell’osservatorio che hanno permesso il superamento del conflitto. 1 Questo paper rappresenta una sintesi del lavoro inerente alla tesi di Dottorato di Scienza Politica svolta presso il Dipartimento di Studi Politici dell’Università degli Studi di Torino ed è stato presentato al convegno annuale Sisp 2008 1 1 I conflitti territoriali: attori e processi La sfera delle politiche per l’ambiente e il territorio sembra negli ultimi anni soffrire di un notevole incremento delle proteste da parte delle comunità interessate da tali politiche (Lewansky 1997, Bobbio 1997). Queste proteste spesso danno vita a vere e proprie mobilitazioni in cui sono coinvolti gruppi organizzati di cittadini che dimostrano notevoli capacità sia nel mettere in atto strategie di azione particolarmente flessibili sia nell’espandere il rancore e coinvolgere ampi gruppi nella protesta intercettando così le risorse e il supporto necessario alla propria azione (Gordon, Jasper 1996). La forza di queste mobilitazioni non è tanto da imputare alla vitalità del movimento ecologista quanto piuttosto alla forza delle comunità locali che attraverso la propria azione evidenziano la spaccatura che si è creata “tra il generale ed il particolare, tra il nazionale ed il locale, tra il benessere dei più ed il sacrificio dei meno” (Bobbio 1999 p.187). Con il termine mobilitazione locale si intende una “precisa classe di azioni collettive, organizzate da ‘imprenditori’, in cui gli attori coinvolti sollevano dei problemi locali e li rendono pubblici, interagendo con autorità politiche pubbliche e perseguendo uno o più obiettivi condivisi” (Vitale 2007 p. 10). Le mobilitazioni locali si presentano sotto tre differenti forme: contestazione di decisioni da parte di attori pubblici o privati; rivendicazioni di diritti o di beni e servizi collettivi; produzione di beni pubblici. Nei primi due casi le mobilitazioni assumono un carattere conflittuale. Questo tipo di conflitti, che noi definiremo territoriali (il territorio infatti rappresenta la “posta in gioco’), tendono a presentarsi in casi di costruzioni di grandi infrastrutture a forte impatto ambientale (costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità o di autostrade, insediamenti di inceneritori o rigassificatori ecc.) oppure in ambito sociale (insediamenti di campi nomadi, carceri e centri di accoglienza per immigrati); in questo lavoro ci occuperemo solo dei conflitti territoriali sorti a seguito di costruzioni di grandi infrastrutture seppur la maggior parte delle questioni sia compatibile anche con il secondo tipo di protesta (Bobbio 1994). Alle forme di mobilitazione messe in atto dai gruppi che si oppongono alla realizzazione di grandi infrastrutture o alla localizzazione di impianti indesiderati è stata attribuita la definizione di “sindrome Nimby” (Not in my back yard, Non nel mio giardino), termine ormai diffusamente utilizzato sia da parte degli amministratori sia dall’opinione pubblica in generale. A tale fenomeno sono state ormai attribuite molte interpretazioni ed è stato studiato da diverse angolature sia dalla letteratura scientifica italiana che da quella internazionale. Da un certo punto di vista può essere interpretato come uno dei risultati della competizione tra luoghi a cui, da un lato segue l’esasperata tensione delle istituzioni pubbliche ad accaparrarsi un evento (ricordiamo a tal proposito per esempio la discussione sorta tra i Sindaci di Roma e Venezia a seguito dell’organizzazione di un Festival del Cinema a Roma che rischiava di “oscurare” la ormai consolidata rassegna di Cinema che si tiene ogni anno a Venezia) o una costruzione di pregio e dall’altro lato la lotta per non venire 2 invasi da costruzioni (autostrade, inceneritori ecc.) o localizzazioni sgradite (Centri di accoglienza ecc) (Bobbio 1999). 2. Oltre l’empasse: tra pratiche deliberative e costruzione del consenso Di fronte alle situazioni di empasse decisionale che si presentano a seguito delle manifestazioni di opposizione alla localizzazione di impianti e opere indesiderati, in tutto il mondo state elaborate una serie di tecniche per risolvere (ma anche per prevenire) situazioni conflittuali, tali metodi si fondano principalmente sulla volontà di favorire un coinvolgimento più diretto dei cittadini nelle decisioni pubbliche e soprattutto in quelle che tipicamente possono destare fenomeni di protesta a livello locale. Possiamo definire l’ampia famiglia di metodi e tecniche che si rifanno a questo principio, approcci consensuali. La volontà di coinvolgere in modo diretto i cittadini nelle decisioni pubbliche non rappresenta una forma di populismo o antipolitica, al contrario questi approcci favoriscono la discussione costruttiva e possono rappresentare un utile supporto alle normali forme di rappresentanza senza quindi togliere la propria ragion d’essere alle classiche forme e istituzioni di rappresentanza degli interessi (Bobbio 2008). In generale il fatto di ricorrere a processi di tipo consensuale risponde a due necessità: equità ed efficacia. Inoltre tali approcci presentano almeno due vantaggi: favoriscono l’incremento capitale sociale (Fung e Wrigth 2003) e producono decisioni migliori (Bobbio 2004). In Italia di fronte a casi di conflittualità si assiste a provvedimenti ex post, ad interventi emergenziali e poco efficaci in particolare le amministrazioni tendono ad assumere tre differenti (anche se spesso egualmente fallimentari) atteggiamenti nei confronti delle comunità locali “oppositrici”. Tali comportamenti non sono mutuamente esclusivi e in alcuni casi gli amministratori tendono ad alternarli a seconda sia del livello di conflitto raggiunto sia dell’interlocutore a cui si rivolgono. In qualche caso tendono ad affidare la responsabilità ad un livello amministrativo più elevato, in altri si tende a costruire il consenso attraverso una lunga catena di pareri territoriali e infine altre volte si tende ad offrire le massime garanzie sul piano tecnico scientifico (Bobbio, 1994). A questo proposito ricordiamo, per quanto riguarda la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino Lione, i numerosi “appelli” che la classe politica dirigente ha rivolto agli abitanti della Val di Susa affinché acconsentissero alla realizzazione della linea in nome di richieste pervenute dall’Unione Europea. Il 14 giugno del 2006 Antonio Di Pietro si esprimeva così: “ Sulla Tav non ci sono decisioni di fondo da prendere: esiste un impegno del governo italiano, quale che sia di destra o di sinistra, per attuare una rete infrastrutturale europea e quindi questo impegno va onorato” (La Stampa, 14 giugno 2006 pag. 8). Ancora più dirette le parole del Ministro PadoaSchioppa: “l’Europa non può aspettare, dal momento che Prodi ha promesso di definire il tracciato a breve termine” (La Stampa, 19 Febbraio 2007 pag.1). 3 In sostanza il conflitto non viene riconosciuto e affrontato al fine di procedere ad una ricomposizione ma piuttosto si tende a svuotarlo. Questo atteggiamento spesso porta solo ad una radicalizzazione degli atteggiamenti. Esistono alternative possibili e praticabili? Negli Stati Uniti ad esempio sono state elaborate numerose strategie di risoluzione dei conflitti riconducibili alla vasta famiglia dell’Alternative Dispute Resolution (ADR). Il termine “alternative” si riferisce al fatto che seppur il ricorso alle vie giudiziarie per risolvere i conflitti localizzativi sia diffuso risulta spesso insoddisfacente, infatti la magistratura, limitandosi all’applicazione delle normative, non può tenere conto di tutti i risvolti sociali ed ambientali che i processi localizzativi comportano (Lewansky 2007, Weidner 1998). L’ADR è un approccio che si propone di “affrontare i conflitti attraverso processi negoziali a cui tutte le parti interessate partecipino in modo volontario e informale (ossia al di fuori di qualsiasi costrizione giuridicolegale) attraverso relazioni faccia a faccia, che mirino a produrre, come risultato finale, un accordo liberamente sottoscritto” (Bobbio 1994, p13). La negoziazione, a seconda della presenza o meno di un soggetto neutrale che guidi il processo, può essere definita assistita o non assistita (Susskind e Cruikshank, 1987). A seconda del grado di coinvolgimento la terza persona può assumere i caratteri del facilitatore (quando le parti hanno bisogno di un’assistenza per ripristinare i canali comunicativi) o del mediatore (quando le circostanze richiedono un intervento più attivo della terza persona), “mentre i facilitatori compiono la maggior parte del loro lavoro “al tavolo” quando le parti sono faccia a faccia, i mediatori sono spesso chiamati a lavorare con le parti prima, durante e dopo gli incontri faccia a faccia. Mentre la maggior parte di mediatori hanno le competenze di facilitatori, non tutti i facilitatori hanno lavorato come mediatori” (Susskind et al. 1999 p. 8). La figura del facilitatore può essere interpretata come un “consulente di processo” (De Sario, 2006) che favorisce il dialogo e l’instaurazione di una relazione tra gli stakeholder. Può assumere due differenti connotazioni a seconda del tipo di ruolo che gioca all’interno del processo: da presenza neutra (quando assume una posizione di sfondo nel gruppo) a ruolo di evidenza (quando assume le sembianza di un regista interazionale). Nel primo caso avrà i seguenti compiti: presidiare i tematismi e decidere l’ordine in cui verranno affrontati, porsi tra le parti e contemporaneamente super partes. Nel secondo caso invece in aggiunta a quelli appena elencati si assumerà la responsabilità di regolare i turni di parola, attiverà e strutturerà la riunione, condurrà la riunione, favorirà una comunicazione interpersonale di tipo partecipato (favorisce l’interazione tra le parti e l’ascolto attivo; garantisce l’alternanza di voci; crea un senso di fiducia che favorisce la libera espressione dei pensieri; spinge le parti ad accogliere e riconoscere le prospettive dell’altro; schematizza anche attraverso l’utilizzo di supporti visivi i temi affrontati e i risultati raggiunti), aiuterà il gruppo a trovare uno spazio di condivisione avanzando in prima persona proposte. 4 Sempre a proposito del ruolo del facilitatore Marianella Sclavi ha elaborato (Sclavi 2000) le “sette regole dell’Arte di Ascoltare”: Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera delle ricerca Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista devi cambiare il tuo punto di vista Se vuoi comprendere quello che l’altro sta dicendo, devi assumere che abbia ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi ma su come guardi Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti Per diventare esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare l’umorismo viene da sé. La mediazione in sintesi consiste in un processo di costruzione del consenso attraverso l’intervento di una persona neutrale accettata dalle parti che cerca di gestire il processo e assiste i partecipanti allo scopo di trovare un accordo soddisfacente. La negoziazione tradizionalmente è caratterizzata dalla persistenza delle preferenze degli attori coinvolti, i quali, al fine di trovare una soluzione condivisa rinunciano a qualcosa e si incontrano a metà strada. “La gente si impegna nei negoziati per soddisfare i propri interessi, ma quasi sempre esprime ciò che vuole sotto forma di una rivendicazione o presa di posizione”, “i negoziati incentrati sulle rispettive posizioni riducono le possibilità di giungere ad accordi mutamente soddisfacenti” (Podziba 2006, p28). Al fine di superare questo limite è stato elaborato il concetto di negoziazione integrativa (Susskind e Cruikshank, 1987, Susskind et al. 1999), che vede nel concetto di creatività il suo principio fondante. Secondo tale idea la fase negoziale deve essere incentrata sulla costruzione di un’atmosfera cooperativa, caratterizzata dall’ascolto attivo tra le parti (Sclavi 2002) e dalla trasparenza delle procedure , attraverso cui creare un terreno comune come base per la individuazione di soluzioni vantaggiose per tutti i soggetti coinvolti. In questa fase lo strumento più idoneo a cui fare riferimento è il brainstorming, una tecnica creativa che stimola i partecipanti a dar vita liberamente alle proprie idee la cui validità sarà valutata solo in un secondo momento. A tal fine può rivelarsi utile l’ausilio di testimonianze di esperti che 5 aiutino a costruire una base condivisa di informazioni tecniche sulla base della quali arrivare alla soluzione condivisa. Al termine della vera e propria fase negoziale, al fine di non incorrere in trasgressioni dell’accordo da parte dei soggetti coinvolti, possono essere stabiliti una serie di vincoli che prevedano sanzioni per le eventuali inadempienze. La negoziazione integrativa comporta una serie di vantaggi tra i quali ricordiamo; l’equità, l’efficienza, la fondatezza tecnico scientifica e la stabilità delle soluzioni a fronte dei quali però è stato più volte evidenziato che sussistono anche degli elementi di criticità come per esempio la difficile applicabilità di tali processi alle questioni di principio, il rischio di produzione di accordi privati in frode alle leggi, il pericolo della supremazia degli attori più forti ed infine la questione degli elevati costi di transazione (Bobbio 1994). Un'altra famiglia di strumenti che può essere utilizzabile nei processi di localizzazione, fa riferimento alle teorie deliberative. Si tratta di un approccio molto più ambizioso rispetto a quello negoziale, infatti mentre attraverso la deliberazione si mira a trovare una soluzione condivisa basata su posizioni informate, la negoziazione si pone in un’ottica decisamente più pragmatica e si pone come obiettivo il raggiungimento di una soluzione soddisfacente attraverso il coinvolgimento delle parti. “I processi deliberativi mirano non semplicemente ad aiutare le parti in conflitto a trovare un accordo soddisfacente, ma a produrre una trasformazione nel modo in cui una questione viene considerata per giungere a un consenso informato” (Lewanski 2007 p 65) e ancora “Si ha democrazia deliberativa quando, in condizioni di inclusività, eguaglianza e trasparenza, un processo comunicativo basato sulla ragione trasforma le preferenze individuali portando a decisioni orientate al bene pubblico” (Della Porta 2005 p. 310). Attualmente si sta tentando di adottare progettare percorsi che tengano insieme più tecniche (dalle negoziali alle deliberative) contemporaneamente (Podziba 2006). 3. L’istituzionalizzazione della discussione pubblica: il débat public in Francia Il Dèbat Public è una procedura di democrazia partecipativa adottata in Francia a seguito della Legge Barnier del 2 febbraio 1995, relativa al potenziamento della protezione ambientale, che ha creato la Commission Natonale dù Dèbat Public (CNDP). Secondo la Legge del 1995 la CNDP è chiamata ad organizzare i dibattiti sulle “grandi opere pubbliche di interesse nazionale che presentano forti sfide socioeconomiche o hanno impatti significativi sull’ambiente e l’assetto del territorio”. 6 Sono principalmente di due ordini le ragioni che stanno alla base del’istituzione del “dèbat public” (Mansillon 2006). • Abbiamo innanzi tutto le ragioni di carattere sociologico. L’evoluzione della società in termini di livello di istruzione e le crescenti esigenze democratiche hanno fatto si che la cittadinanza sia sempre più refrattaria ad accettare passivamente decisioni impartite dall’alto e sulle quali non ha avuto occasione di esprimere il proprio parere. La stessa nozione di interesse generale ha subito un profondo cambiamento: “in passato l’interesse generale, distinto dalla somma degli interessi individuali e definito dallo Stato, rappresentava una nozione solenne e incontestata. Oggi questa nozione si è diversificata: non esiste più un interesse generale incontestabile, ma parecchi tipi di interessi generali, che vanno combinati e conciliati tra loro” (Mansillon 2006 p. 102) • In secondo luogo si è verificata una profonda evoluzione di carattere giuridico. La legge che istituisce il “dèbat public” vede il suo punto di partenza nella legge del 1983 sulla democratizzazione delle inchieste pubbliche. La tappa di arrivo del processo normativo risale al 2002 con l’emanazione della legge sulla prossimità grazie alla quale innanzi tutto viene previsto il coinvolgimento pubblico nei processi di elaborazione di progetti aventi un impatto rilevante sull’ambiente e sull’assetto del territorio, in secondo luogo la Commission National du Dèbat Public (CNDP) viene trasformata in una unità amministrativa indipendente. A partire dal 1 marzo 2005 la Carta dell’ambiente viene incorporata nella costituzione, con questa iniziativa il principio di partecipazione assume a pieno titolo valore costituzionale. La CNDP, in qualità di autorità amministrativa indipendente ha il compito di vigilare sul processo di elaborazione dei progetti infrastrutturali affinchè venga rispettato il principio di partecipazione pubblica. Lo stato di autorità indipendente conferisce alla CNDP la piena autonomia organizzativa nei confronti dell’amministrazione statale pur agendo in nome di essa. E’ composta di 21 membri così suddivisi: • un presidente e un vice presidente in qualità di direttivo permanente; • otto membri eletti da parlamento, regioni, dipartimenti e comuni; • quattro magistrati di grado elevato; • quattro rappresentanti della società civile (provenienti da associazioni d difesa dell’ambiente o da gruppi di personalità qualificate). I compiti ad essa attribuiti possono essere schematizzati come segue: 9 ha il compito di organizzare dibattiti pubblici su progetti infrastrutturali; 7 9 su richiesta del Governo può organizzare un dibattito pubblico su opzioni generali in materia ambientale o di assetto del territorio o su qualsiasi altro progetto; 9 di sua iniziativa o su richiesta di un committente può “formulare pareri o raccomandazioni di ordine metodologico, suscettibili di incentivare la partecipazione del pubblico all’elaborazione dei progetti infrastrutturali (Mansillon 2006 p.104). Sono obbligatoriamente sottoposti alla CNDP i progetti il cui costo è al disopra di una certa soglia, per gli altri l’intervento della CNDP può essere previsto per volontà del committente, su richiesta di 10 parlamentari, di una comunità locale interessata o di un’associazione di tutela ambientale riconosciuta a livello nazionale. Una volta che la CNDP è chiamata ad intervenire deve valutare se il progetto richieda o meno la convocazione del dibattito pubblico, in caso affermativo potrà decidere di organizzarlo (affidandolo ad una commissione ad hoc) oppure potrà incaricare il committente, che comunque sarà obbligato a seguire le indicazioni della CNDP. Nel caso in cui la Commissione non reputi necessario indire un dibattito pubblico il progetto potrà seguire il suo normale iter oppure la CNDP potrà raccomandare al committente di avviare una concertazione. I criteri sulla base dei quali la CNDP decide la necessità di indire un dibattito pubblico sono: l’interesse nazionale del progetto, l’incidenza territoriale, la portata socio economica dei problemi da esso sollevati e l’impatto sull’ambiente e sul territorio. Il dèbat public è destinato a tutta la popolazione interessata senza alcuna limitazione, deve essere avviato il prima possibile in modo che la discussione possa essere avviata a partire dall’opportunità del progetto e non solo dalle modalità di realizzazione. Gli obiettivi che si prefigge sono i seguenti: informare la popolazione attraverso la diffusone di materiale, permettere a tutti di esprimere perplessità, formulare domande, osservazioni e critiche, accompagnare il committente nella progettazione presentandogli tutte le osservazioni e i contributi pervenuti dai partecipanti. Al termine del processo la Commissione redige un rapporto che però non si esprime in alcun modo circa l’opportunità o meno di realizzare l’opera, ha quindi un ruolo puramente consultivo. “La finalità del dibattito pubblico è quella di democratizzare e legittimare la decisione a venire, in modo che, seppure non accettata da tutti, risulti accettabile, precisamente perché tutti sono stati ascoltati” (Mansillon 2006, p.107) Il costo di un Debat Public non supera una percentuale che va dallo 0,3% allo 0,3‰ del costo del relativo progetto. “Il dèbat public non è una procedura formale e rigida, ma un processo vivo, attraverso il quale si rivelano le aspettative, le preoccupazioni e le resistenze della popolazione, così come le situazioni, i problemi e spesso anche le contraddizioni della società francese” Mansillon 2006 p. 114. 8 La grande innovazione del Debàt pulic sta nel concetto di partecipazione di cittadini comuni alle discussioni su scelte che riguardano l’intera collettività, in senso più ampio però può essere considerato importante in quanto strumento attraverso il quale possono emergere fondamentali questioni circa il processo di evoluzione che sta vivendo la democrazia contemporanea (Revel e altri 2007). L’indipendenza di cui gode la CNDP è il tratto caratterizzante e il ruolo consultivo dell’intero processo non rappresenta, come potrebbe a prima vista apparire, una debolezza ma al contrario è il vero punto di forza. La finalità di “interposition” tra società civile e istituzioni pubbliche che assume il Dèbat Public è l’elemento che gli conferisce la possibilità di rappresentare un vero e proprio stimolo per la formazione di spazi pubblici dedicati al confronto e alla discussione su temi di interesse collettivo. 4. L’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione: funzionamento e attività svolte In Valle di Susa a seguito della decisione da parte del Governo Nazionale di avviare i lavori per la realizzazione di una nuova linea di collegamento ad Alta Capacità tra Torino e Lione si è verificata una decisa opposizione che ha visto coinvolti i Sindaci dei Comuni interessati dall’opera e gran parte della società civile. Tale movimento di protesta è riuscito a bloccare i lavori creando un lungo periodo di stallo decisionale. A seguito di tali eventi è stato istituito l’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino Lione. Tale organismo è stato istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2006 a seguito della decisione assunta dal “Tavolo istituzionale di Palazzo Chigi” del 10 dicembre 2005, confermato successivamente nel corso della riunione del “Tavolo istituzionale di Palazzo Chigi” del 29 giugno 2006. “E’ la sede tecnica di confronto di tutte le istanze interessate, con l’analisi delle criticità e l’istruzione di soluzioni per i decisori politico-istituzionali” (Osservatorio per il collegamento ferroviario TorinoLione 2007a, p. 4). E’ presieduto dal Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate agli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico relativi all’asse ferroviario Torino-Lione, Mario Virano, nominato con decreto del Presidente della Repubblica del 16 agosto 2006 e supportato operativamente dalla Struttura di Missione per l’asse ferroviario Torino-Lione, della quale è responsabile Saverio Palchetti. L’Osservatorio è composto dai rappresentanti dei seguenti enti: Ministeri (Infrastrutture, Trasporti,Interno, Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, Salute, Commercio Internazionale e Politiche Europee), Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino, altri Enti locali interessati (Valle di Susa, Area metropolitana), Delegazione italiana della Commissione intergovernativa italo-francese per la 9 nuova linea ferroviaria Torino-Lione (CIG), RFI ed LTF. L’Osservatorio è diventato operativo dal 12 dicembre 2006, a seguito della riunione del “Tavolo istituzionale” del 9 novembre 2006 e della riunione di concertazione con i Sindaci della Valle di Susa del 23 novembre 2006. L’Osservatorio dovrebbe rappresentare lo strumento di consultazione tecnica su cui si basa il Tavolo istituzionale per prendere le decisioni. L’Osservatorio è un organo tecnico “in cui sono rappresentate tutte le istanze interessate dai diversi livelli, da quello nazionale a internazionale, a cui è affidato il compito di istruire i problemi, cercando i più ampi punti di condivisione, da sottoporre per le indispensabili intese politiche al “Tavolo Istituzionale di Palazzo Chigi” (Osservatorio collegamento ferroviario Torino-Lione, 2007a p.9). L’istituzione del tavolo politico è unica nella storia istituzionale italiana, l’idea di formare tale organo è direttamente legata alla rilevanza e alla delicatezza che ha assunto la questione dopo le manifestazioni avvenute nel dicembre 2005. Il Tavolo istituzionale composto dai seguenti organi: Presidente del Consiglio dei Ministri (che lo Presiede), Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri (che lo gestisce), Ministro degli Esteri, Ministro dell’Economia, Ministro della Salute, Ministro dei Trasporti, Ministro delle Infrastrutture, Ministro dell’Ambiente, Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino, Comunità Alta e Bassa Balle di Susa, Area Metropolitana, Ferrovie, Commissione Intergovernativa ed infine il Coordinatore Europeo, è infatti un organo molto complesso. In una logica normale sarebbe considerato sovradimensionato rispetto al problema che deve affrontare. Infatti il collegamento ferroviario Torino-Lione, benché si tratti di una questione molto importante è comunque territorialmente definita. L’obiettivo dell’Osservatorio è quindi quello di “ricercare risposte tecniche a domande politiche, cercando di riannodare i fili di un dialogo interrotto e ristabilendo il mutuo riconoscimento dei soggetti a vario titolo interessati al tema (Osservatorio collegamento ferroviario Torino-Lione 2007a p. 9). Da quando è stato costituito l’Osservatorio si riunisce ogni settimana, di norma il martedì, presso la Prefettura di Torino ed ha condiviso una linea di programma, concordata il 12 novembre 2006 a Bussoleno con i Sindaci dei Comuni dei territori interessati. Il programma prevede l’analisi congiunta dei seguenti quattro temi di approfondimento: • il potenziale della Linea Storica; • il traffico merci sull’arco alpino; • il nodo ferroviario di Torino; • le alternative di tracciato. Mediamente per ciascun tema sono state impiegate una quindicina di settimane coinvolgendo anche alcuni esperti internazionali (complessivamente le audizioni degli esperti sono state un centinaio). 10 Sempre in occasione dell’incontro tenutosi a Bussoleno Mario Virano ha concordato con i Sindaci di procedere con i lavori dell’Osservatorio tutelandolo dalle pressioni esterne e procedere quindi come se non esistessero scadenze ma a due condizioni: • lavorare ad un ritmo tale che nessuno possa dire che si poteva fare di più , da qui l’idea di lavorare tutte le settimane festività comprese (tale impegno ha comportato per tutti i componenti dell’osservatorio un ritmo di lavoro di sei giorni alla settimana); • nel corso di ogni appuntamento settimanale deve essere presa una decisione, seppur piccola e le decisioni già prese non devono mai essere messe in discussione a meno che, chi lo fa, se ne assuma la piena responsabilità ammettendo di aver cambiato idea. Questi due assunti costituiscono le “regole del gioco” che nel corso dei lavori dell’Osservatorio, come del resto accade in tutti i processi negoziali, rappresentano i punti di forza sui quali il mediatore potrà contare nell’eventualità in cui si presentino momenti di difficoltà causati dalla “reticenza” di uno dei partecipanti ad assumersi le proprie responsabilità. Allo scopo di raccogliere e rendere pubbliche le risultanze condivise e tutto il lavoro effettuato (audizioni, riunioni, visite) al fine di analizzare ognuno dei temi appena evidenziati è stato redatto un quaderno al termine del periodo dedicato alla discussione di ogni tema (in totale i quaderni prodotti al 30 giugno del 2008 sono stati 5 e 2 in fase di elaborazione2). Il processo di costruzione del consenso che ha intrapreso l’Osservatorio si è basato su alcuni capisaldi comuni alle procedure di questo tipo. Innanzi tutto si è posta l’attenzione al coinvolgimento di tutte le parti interessate al problema sul tappeto attraverso un processo di confronto trasparente in cui tutte le posizioni hanno trovato riconoscimento. Attraverso il confronto e la condivisione di saperi si è generato all’interno dell’Osservatorio un apprendimento cognitivo che ha contribuito a gettare le basi per riformulare il problema in discussione creando così la possibilità di elaborare un progetto nuovo e condiviso. 2 Gli argomenti trattati nei singoli quaderni sono i seguenti: a) Le risultanze dell’esame della Linea storica; b) Le risultanze dell’analisi degli scenari di traffico nell’arco alpino; c) Le risultanze dell’analisi della tratta di valle della linea storica e sul nodo di Torino; d) Le riunioni dedicate alla riflessione sul tema logistico; e) Il quaderno 5 e le riunioni sul tema della valutazione dei progetti esternalità e ricadute territoriali, costi e benefici, finanza di progetto; f) Territorio. Basi conoscitive; g) Seminario di Pracatinat. 11 5. Il metodo adottato3 Lo spirito di fondo che guida tutto il percorso dell’Osservatorio è che “L’unanime condivisione del percorso metodologico seguito è un risultato forse ancora più importante di quelli, pur significativi, relativi alle valutazioni dei contenuti prestazionali della Linea Storica.” (Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione 2007a, p. 7). Il primo quaderno dell’osservatorio propone la sintesi degli elementi valutativi del potenziale della linea storica del collegamento ferroviario Torino Lione relativamente alla sola tratta di valico. Questo traguardo rappresenta il primo grande successo per l’Osservatorio sia dal punto di vista sostanziale sia per il riconoscimento del metodo adottato. Dal punto di vista contenutistico infatti costituisce il primo insieme di conoscenze condivise dopo che i numerosissimi anni di contrapposizioni sembravano aver reso impossibile trovare alcun punto di condivisione. Per quanto riguarda il metodo, “si tratta del primo momento di attività comune dopo la rottura del dicembre 2005, momento nel quale si erano verificate le incomprensioni e le contrapposizioni che avevano impedito a tutte le parti interessate di operare in modo costruttivo. Il metodo del confronto di tutte le posizioni senza preclusioni, dello sforzo di oggettivazione dei dati e delle audizioni di esponenti di comprovata capacità ed autorevolezza, ha dimostrato che si possono valutare posizioni diverse fuori da schematismi precostituiti; inoltre, la discussione ha dimostrato che si può pervenire ad un ampio perimetro di valutazioni condivise da parte dei diversi legittimi portatori di interesse rispetto alle opzioni politiche sottese all’analisi, circoscrivendo e approfondendo i punti di dissenso che permangono a valle della discussione, ed esplicitandone le rispettive motivazioni” (Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione 2007a, p. 7). Vediamo ora però in quali comportamenti concreti si traduce la strategia che ha permesso di intraprendere questo percorso di condivisione. a) Come trattare gli elementi non condivisi Il metodo adottato dall’Osservatorio prevede non solo di riportare nei quaderni tutti gli aspetti sui quali si è trovata una condivisione ma al contempo di evidenziare gli elementi sui quali non è stato possibile trovare l’accordo sia per rintracciare i motivi della divergenza sia per non vanificare tutto il lavoro sul quale invece l’intesa è stata raggiunta. Questo approccio ha permesso di cominciare a dare per assodate le informazioni acquisite, rendere indiscutibili tutti i risultati condivisi e identificare con precisione i punti di criticità fornendo alle parti contrapposte le 3 Questa parte di lavoro è frutto della trascrizione manuale effettuata dalla sottoscritta durante le riunioni dell’Osservatorio e successivamente sistematizzate in appunti di ricerca. La metodologia utilizzata è stata l’Osservazione partecipante alle riunioni dell’Osservatorio avvenute tra il mese di settembre del 2007 e giugno 2008 12 rispettive ragioni. Per risolvere i residui spazi di disaccordo spesso sono stati utilizzati i contributi di esperti a cui fosse unanimemente riconosciuta competenza tecnica, esperienza professionale, autorevolezza scientifica e indipendenza valutativa. b) Come trovare l’intesa sulle questioni eccessivamente complesse Un momento particolarmente complesso è stato affrontato in occasione della discussione sui contenuti del 3° quaderno, in particolare per quanto riguarda la parte relativa alla capacità delle Bassa Valle non si sono incontrati problemi, invece per la parte che riguarda la capacità del nodo di Torino sorgono alcune questioni a fronte delle quali il tavolo conviene di adottare una procedura semplificata, in analogia a quello che era stato fatto per la linea di Alta Valle e per quella di Bassa Valle. Ma per quello che riguarda la valutazione del nodo se si fosse applicato il metodo semplificato, trattandosi di un contesto complesso, non si sarebbe raggiunto un risultato significativo. Quindi è stato deciso di semplificare la struttura generale dell’oggetto di analisi al punto tale da poter successivamente prevedere un approfondimento completo. A differenza di ciò che è stato fatto per la valutazione della linea di alta valle e di bassa valle, nel caso del nodo di Torino la semplificazione ha riguardato la struttura del nodo stesso e non il metodo di analisi del funzionamento dell’infrastruttura (procedura che invece è stata avviata per realizzare la valutazione delle tratte di alta valle e bassa valle). c) Stabilire alcuni punti condivisi da cui partire Per riuscire ad avviare la discussione in contesti di forte conflittualità può rivelarsi risolutivo cercare di partire da questioni condivise sia pur di carattere generale. Spesso infatti gli individui tendono a trovarsi più facilmente d’accordo su temi generali. L’individuazione di questi spazi di condivisione permette di creare le basi per la costruzione di un clima rilassato, fiducioso e favorevole per la prosecuzione del lavoro. Nel caso dell’osservatorio tecnico della Valle di Susa i punti di partenza condivisi sono stati i seguenti (Osservatorio per il collegamento Torino-Lione 2007a p.8): • l’importanza del Corridoio 5 in qualità di asse di trasporto e di sviluppo importante per l’Europa e per l’Italia; • passaggio del Corridoio 5, nella parte di connessione tra l’Italia e la Francia, nella Valli della Maurienne e di Susa (le divergenze su questo punto infatti riguardavano il fatto che secondo alcuni, la linea storica, una volta apportate le dovute modifiche, potrà sopportare la domanda di traffico); 13 • la consapevolezza che l’oggetto di analisi debba essere rappresentato dall’intera linea Torino Lione e che le opzioni di tracciato (almeno per la sezione transnazionale) debbano essere comuni ad Italia e Francia; • l’idea che il trasferimento modale costituisca un fattore essenziale al fine di giustificare alcune scelte piuttosto di altre d) Riunioni periodiche Le riunioni dell’Osservatorio si sono sempre svolte con almeno frequenza settimanale. Il contenuto di ogni riunione è sempre stato verbalizzato, il contenuto dei verbali è stato successivamente approvato da tutti i componenti. Un ritmo di incontri così serrato produce una serie di effetti sia verso l’interno sia verso l’esterno. Si potrebbe dire, mutuando alcuni concetti dall’analisi delle politiche pubbliche, che tale modo di procedere produce un doppio impatto, sia in avanti (cioè verso l’esterno) sia indietro (cioè nei confronti dell’Osservatorio stesso). Innanzi tutto garantisce una legittimazione da parte dei soggetti esterni che, a fronte della considerevole mole di attività svolte non possono far altro che riconoscere l’impegno e la serietà dei componenti dell’Osservatorio, in seconda battuta favorisce l’instaurazione tra i componenti di relazioni più fluida e una maggiore facilità nel ricordare le questioni trattate la volta precedente. e) Autorevolezza dei soggetti interpellati “L’autorevolezza dei soggetti interpellati ha fatto si che il loro rapporto travalicasse i limiti del tema specifico allargandosi a tematiche più generali e allontanando così il pensiero dai partecipanti da temi troppo contingenti e sui quali non era ancora possibile stabilire un accordo” (Osservatorio per il collegamento Torino-Lione 2007a p.9). Le testimonianze hanno, in primo luogo, arricchito il discorso e favorito la formazione di conoscenza condivisa. In secondo luogo hanno aiutato l’Osservatorio a farsi conoscere garantendosi così una legittimazione da parte dei maggiori esperti a livello nazionale ed internazionale in tema di grandi opere infrastrutturali. f) L‘utilizzo di riunioni itineranti Le riunioni itineranti sono state realizzate al fine di consentire ai membri dell’Osservatorio di prendere completa visione delle problematiche che sono state oggetto di discussione sulla base di sole illustrazioni grafiche o rapporti tecnici. Inoltre tali iniziative hanno spesso costituito momenti di convivialità che hanno favorito la dissoluzione di alcune lievi tensioni che erano presenti tra i membri dell’Osservatorio specialmente nel corso dei primi mesi di lavoro. 14 g) Il cambio della posta in gioco come componente del metodo Il cambio della posta in gioco costituisce al contempo una componente del metodo, un esito del processo di condivisione ed il valore aggiunto dell’intero percorso dell’Osservatorio. Fin dall’inizio dei lavori dell’Osservatorio il Presidente ha impostato il suo lavoro partendo dalla ridefinizione del problema e dal cambio della posta in gioco come fondamento per riuscire a trovare un accordo condiviso. Se tale atteggiamento ha quindi costituito un “ingrediente” fondamentale del processo dialogico messo in atto ha finito per rappresentarne anche l’esito più importante. 6. Il percorso per arrivare al documento condiviso Il 22 aprile del 2008 si è avviata la fase finale dei lavori dell’Osservatorio: circa due mesi di tempo per giungere ad elaborare un documento condiviso. L’Osservatorio come abbiamo visto all’inizio ha assunto una effettiva operatività a seguito del tavolo politico del 9 novembre del 2006. Il successivo tavolo politico si è tenuto il 13/6/2007 in quell’occasione il Governo nella persona del Ministro Antonio di Pietro ha annunciato l’estrapolazione della Torino Lione dalla legge obiettivo e l’abbandono del progetto fin ad allora considerato come definitivo, ovvero la soluzione in sponda sinistra della Dora da Venaus a Settimo, alla ricerca di nuove soluzioni. L’ultimo tavolo politico si è tenuto il 13 febbraio 2008 dopo precedente convocazione il 30 gennaio a seguito della crisi di Governo. Questo tavolo ha dato mandato all’Osservatorio di completare, entro il 30 giugno del 2008, le valutazioni relative al nodo di Torino e di portare al prossimo tavolo politico una configurazione di assetto territoriale comprensivo delle nuove ipotesi di tracciato confrontato con lo status quo territoriale basato esclusivamente con la linea storica. Nella riunione del 29 aprile tutti i partecipanti, dopo aver consultato i propri danti causa, approvano la proposta del Presidente e l’Osservatorio decide di proseguire i propri lavori in vista di un accordo da elaborare entro il 30 giugno. Per giungere alla formulazione di tale documento si decide di procedere con una serie di audizioni dei Sindaci di tutti i territori interessati dall'opera in modo da far emergere tutte le specificità territoriali presenti. A partire dalla 64esima riunione dell’Osservatorio il 12 maggio viene dato inizio alle audizioni dei Sindaci. La fase finale dei lavori, volta alla stesura di un documento condiviso, è stata realizzata attraverso un incontro a carattere residenziale in una località di montagna confinante con la Valle di Susa, Prà Catinat. Tale scelta è stata effettuata alla luce dell’ imminente termine di mandato dell’Osservatorio (30 giugno 2008). Il seminario residenziale di Prà Catinat si è svolto in due giornate consecutive di lavoro (27 e 28 giugno 2008). Dopo un lungo lavoro di concertazione nel tardo pomeriggio del 28 giugno viene approvato un documento condiviso che verrà presentato il 15 giorno successivo presso la Prefettura di Torino alla presenza dei Sindaci e dei rappresentati degli Enti territoriali. Il documento è composto da una premessa; 4 punti, che rappresentano principi e criteri di base per la progettazione della Torino-Lione, elaborati nel corso delle riunioni e condivisi da tutti i membri; le conclusioni. Nella premessa, oltre a presentare brevemente il percorso dell’Osservatorio viene riportata la seguente raccomandazione in tema di progettazione di infrastrutture. “Per questo l’Osservatorio ritiene, in conclusione della sua attività, in forza del presente accordo e nel rispetto e nei limiti delle attribuzioni istituzionalmente assegnate a ciascun Ente rappresentato, di prospettare al Governo l’opportunità di inserire nell’ordinamento giuridico italiano, procedure idonee a garantire per la realizzazione delle infrastrutture più rilevanti il confronto “ex-ante” con le Comunità locali (e con le molteplici articolazioni della società), anziché “ex-post” come è avvenuto nel caso della TorinoLione” (Osservatorio collegamento ferroviario Torino-Lione 2008c p.1). Il punto 1 formalizza la necessità che le politiche per le infrastrutture debbano essere strettamente legate alle politiche dei trasporti e del territorio. Il punto 2 stabilisce che tutte le azioni in territorio italiano relative al collegamento TorinoLione debbano essere ricondotte a una unitarietà di impostazione, responsabilità, finanziamento e gestione del progetto. Il punto 3 sottolinea “l’importanza di una corretta individuazione delle sequenze temporali che legano gli interventi trasportistici e infrastrutturali” (Osservatorio collegamento ferroviario Torino-Lione 2008c pag.4). Il punto 4 auspica una integrazione efficiente tra esigenze territoriali locali, pianificazione strategica provinciale e Linee di sviluppo delle reti Europee TEN. Nelle conclusioni si auspica che, “come peraltro sostenuto dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, l’esperienza concertativa continui con il salto di qualità che può essere rappresentato dal partire da capisaldi oggi condivisi anziché, come è avvenuto ieri, dal conflitto aperto che anche il lavoro dell’Osservatorio ha contribuito in 18 mesi a superare” (Osservatorio collegamento ferroviario Torino-Lione 2008c, pag 6). L’elaborazione di questo documento condiviso rappresenta la prova concreta che utilizzando un metodo concertativo e di ascolto attivo è possibile raggiungere un accordo anche partendo da una situazione iniziale caratterizzata da un forte conflitto. 16 7. grandi L’approccio concertativo e dialogico come metodo per progettare infrastrutture in Italia? Riflessioni conclusive a partire dall’esperienza dell’Osservatorio Quali sono i meccanismi che si innescano che permetto di raggiungere una decisione condivisa all’interno di un contesto concertativo come l’Osservatorio? Sarebbe troppo semplicistico pensare ad un’omologazione delle posizioni. Innanzi tutto il solo fatto di arrivare a dei risultati condivisi non vuol dire condividere necessariamente l’uso che di quei risultati si vuole fare. La valutazioni condivise a cui l’Osservatorio è pervenuto lasciano comunque aperte due strategie entrambe giustificabili e attuabili. La prima che possiamo definire progettuale basata sull’idea che è necessario partire fin da subito con i lavori per la realizzazione del nuovo collegamento Torino Lione e contemporaneamente attuare politiche finalizzate all’incentivazione del trasporto merci su rotaia, la seconda più attendista prevede invece la realizzazione dell’opera per fasi a partire dai tratti più saturi e proseguire in base alla crescita della domanda di trasporti effettiva. Secondo questa impostazione nell’immediato la Linea Storica rappresenta l’alternativa assolutamente in grado di sopportare il traffico merci previsto per i prossimi anni, solo un incremento sostanziale del traffico merci, che avverrà a seguito di politiche coerenti, giustificherebbe la realizzazione di una linea totalmente nuova. Ma se le posizioni permangono allora cosa succede? La condivisione rappresenta solo una soluzione di comodo? C’è qualcosa di più, e per comprendere il meccanismo che si instaura dobbiamo costruire una possibile mappatura tipologica degli attori coinvolti nella vicenda della Torino-Lione (Tab 1) a partire dalle risorse in loro possesso. Ogni attore possiede risorse proprie spendibili in un processo di policy ma nello stesso tempo è in possesso di risorse latenti che potrebbero essere attivate se si innescasse un processo virtuoso di interazione tra tutti gli stakeholder favorendo così la ridefinizione della posta in gioco e la trasformazione del gioco da somma zero a somma positiva. L’Osservatorio è il luogo che ha reso possibile il processo virtuoso. 17 Tabella 1 - Attori e risorse (tipiche e aggiuntive) ATTORI RISORSE (TIPICHE) RISORSE (AGGIUNTIVE) Comunità Bassa Valle Politiche, giuridiche e conoscitive Conoscitive (saper fare) (sapere) Comunità Alta Valle Politiche, giuridiche e conoscitive Conoscitive (saper fare) (sapere) Associazione Habitat Conoscitive (sapere), politiche Conoscitive (saper fare) Movimento no tav Conoscitive (sapere), politiche Conoscitive (saper fare) No Global Politiche Conoscitive (saper fare) Unione Europea Finanziarie Politiche Governo Nazionale Finanziarie, giuridiche Conoscitive (sapere) Regione Piemonte Finanziarie, giuridiche, politiche Conoscitive (sapere) Provincia di Torino Finanziarie, giuridiche, politiche Conoscitive (sapere) Comune di Torino Finanziarie, giuridiche, politiche Conoscitive (sapere) Associazione Politiche, conoscitive (sapere) Conoscitive (saper fare) RFI Conoscitive (saper fare) Conoscitive (sapere) LTF Conoscitive (saper fare) Conoscitive (sapere) Transpadana Fonte: nostra elaborazione Per intenderci seppur non sia avvenuta una omologazione delle posizioni si è verificata una condivisione delle risorse che ha innescato un processo di riconoscimento reciproco che a sua volta ha favorito il raggiungimento di una soluzione condivisa. I soggetti che detengono tipicamente, o potrebbero attivare, risorse giuridiche, politiche e finanziarie ( in modo preponderante governo nazionale e unione europea, solo in parte gli enti locali ) e che quindi potrebbero dar vita ad un progetto strategico di sviluppo territoriale, nell’ambito del quale inserire il progetto della Torino Lione pur non controllando le risorse conoscitive (che sono prerogativa da un lato degli attori tecnici e dall’altro dell’associazionismo ambientalista e delle Comunità Montane), collaborando per un lungo periodo di tempo con i soggetti che le detengono, ne hanno acquisito una parte. Lo stesso meccanismo si è verificato tra coloro che tipicamente detengono risorse conoscitive. Nessuna risorsa è dominante ma è fondamentale il loro assemblaggio: non si tratta solo di coinvolgere gli attori che detengono le risorse “giuste” ma collegare in modo appropriato gli attori al fine di valorizzarne al meglio le potenzialità. L’Osservatorio ha innescato questo meccanismo. La rilevazione empirica di questo effetto virtuoso non è solo rappresentata dalla elaborazione del documento condiviso finale o dalla pubblicazione di una considerevole quantità di risultanze 18 tecniche ma è ancor di più rintracciabile nella realizzazione del Piano Strategico per il Territorio Interessato dalla Direttrice Ferroviaria Torino-Lione che rappresenta il risultato concreto di questo processo virtuoso. Questi in sintesi, a nostro avviso, gli elementi salienti del “circolo virtuoso di attivazione delle risorse latenti” attuatosi grazie al confronto avvenuto all’interno dell’Osservatorio: • l’instaurarsi di consistenti legami sociali (oltre che funzionali-strumentali) tra attori pubblici locali, sovra locali, nazionali e attori economici privati (RFI ed LTF) sia nella loro componente istituzionale sia sotto il profilo dell’attivazione del “territorio sociale” che dovrebbe rappresentare il vero destinatario finale degli interventi; • l’attivazione di un processo di apprendimento utile ad innescare un cambiamento nei comportamenti degli attori pubblici e privati e nelle loro relazioni formali e sostanziali nel corso di processi “localizzati” di interazione strategica; • la possibilità da parte di RFI di candidarsi come “pivot” (e non semplice supporter tecnico ) per lo sviluppo di una progettualità innovativa e condivisa delle opere infrastrutturali all’interno di territori che scelgono di essere protagonisti (soggetti, non oggetti) dei processi socio-economici; • la trasformazione del network che descrive le attuali relazioni tra gli attori caratterizzato da ruoli statici, chiusi ed in qualche caso gerarchici, in una rete di connessione più equilibrata, caratterizzata da scambi paritari e biunivoci: una sorta di “circolo virtuoso” fatto di cooperazione consapevole e responsabilità condivisa verso la comunità, al di là del vincolo normativo e procedurale. 19 Bibliografia AA.VV. 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