Chi era Emanuel Mounier

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Chi era Emanuel Mounier
Chi era Emanuel Mounier
1. La vita
1.1. Infanzia e giovinezza.
E. Mounier nasce a Grenoble, una città di provincia vicina al confine italo-svizzero, il
1.4.1905 e muore a Châtenay-Malabry il 22.3.1950. La famiglia), di origine contadina,
appartiene alla piccola borghesia (il papà lavora in una farmacia. Ai genitori riconoscerà
il debito di una fede forte e sentita che lo accompagnerà tutta la vita, una eredità «su un
piano infinitamente superiore e in un altro ordine di cose».
Il piccolo Emanuel appare precoce, timido e riflessivo; è bene inserito nell’ambiente e
affezionato ai nonni1 . Da adulto userà la metafora del lago di montagna per
rapp resentare il suo carattere: «Nessuna increspatura in superficie, una nitidezza
disumana, ma il torrente che ringhia sul fondo, e se osserverete meglio questa superficie,
scoprirete che non è di metallo, che non è uno specchio, ma la membrana sottile di un occhio
inumidito»2.
I genitori pensano ad una adeguata preparazione scientifica come medico, ma il
ragazzo manifesta un’altra inclinazione. Benché, per assecondare i genitori, il ragazzo si
iscriva alla Facoltà di Scienze, non riesce a portare a termine quegli studi, risultandogli
sempre più chiara – dopo aver cullato l’idea del suicidio, secondo quanto egli stesso ha
confidato ad un amico 3 - una vocazione filosofica e letteraria. Oltretutto soffre di
problemi di udito, a causa di una otite mal curata, e della vista, a causa di un incidente nel
periodo adolescenziale (un sasso lanciato da un amico che ha rotto i suoi occhiali).
Emanuel é attratto dall’esperienza associativa dell’ACJF e dall’impegno del
cattolicesimo sociale decisamente diverso dall’ala più retriva nutrita di restaurazione
monarchica. La Action Catholique de la Jeunesse Fraçaise gli consente di coltivare i
suoi interessi umanistici e incontrare intellettuali cattolici e soprattutto "il passaggio da
un pietismo tradizionale e borghese alla vita veramente cristiana". Un ritiro “luminoso”,
predicato dal gesuita P. Décisier lo convince definitivamente ad abbandonare gli studi
scientifici e iscriversi a Filosofia.
Paul Mounier, suo padre, lo presenta a Jacques Chevalier dicendogli: «Questo è mio
figlio, che desidera studiare filosofia per fare apostolato». Emmanuel comincia così a seguire
i corsi di filosofia, entusiasta della sintonia tra le sue aspirazioni culturali e il maestro
cattolico, studioso di mistica, bergsoniano. Ha la conferma di aver scelto la strada giusta e
ammira il "maestro incomparabile", adeguatamente ricambiato. Nel primo articolo di
Emmanuel, "Un pensatore francese: Jacques Chevalier", pubblicato il 6 aprile 1926 su La
Vie catholique, traspare una ammirazione esagerata. Trascorre tre anni “fecondi” al suo
fianco. È Chevalier a trasmettergli il gusto per una società "personalista e comunitaria",
1 «…Spesso mi rivolgo con riconoscenza verso i miei quattro nonni contadini, davvero contadini tutti e quattro, con la
terra sotto le scarpe, la levata alle tre del mattino e la fetta di salame tra le dita. Quando mi sento nell’intimo così
estraneo alla mia gente, in quanto gente, quando mi sento fremere dinanzi alle false grazie, alle parole gonfiate, alle
piroette o, dall’altro versante (l’Università) allo spaventoso spirito di serietà, sento un nonno reagire in me, la sua
salute mi scorre nelle vene, l’aria dei suoi campi mi purifica i polmoni, e allora ringrazio come tanti altri” (Lettera a
Xavier de Viricu, 1 Marzo 1950, in Mounier et sa géneration, Oeuvres, Seuil, Paris 1961-63, vol. IV, tr. it. Lettere e
diari, a cura di F. Mazzariol, Città Armoniosa, Reggio Emilia 1981, p. 17. Un’ottima ricostruzione della vita è stata
fatta da N. BOMBACI, Una vita, una testimonianza. Emanuel Mounier, Armando Siciliano ed. , Messina 1999, cui
abbiamo attinto per alcune informazioni preziose.
2 Carnets, 1933, riportato in Lettere... cit., p. 13. Le copie dattiloscritte di una parte dei Carnets di Mounier sono
state depo sit ate, dopo l a mo rt e del la v edova, presso I'I.M.E.C. , In sti tut Mémoires d e l’É ditio n
Contemporaine, Rue de Lille, 25, Parigi.
2
avendo fatto esperienze di comunità calviniste in Inghilterra 4 .
J. Guitton, incontrato nel 1924, rievocando le riunioni culturali e religiose promosse da
Chevalier durante l'estate del 1925 nei boschi di Grenoble, scriverà: «Eravamo riuniti intorno
a J. Chevalier, cercando di fondare questo nuovo ordine e fu proprio allora che creammo un
gruppo di lavoro comune, di cui io fui il primo segretario, prima di passare l'incarico a
Mounier. Passeggiare nel bosco ragionando, lanciare delle idee, discutere, e la sera, in
una radura aperta sulla foresta, fare una seduta di tre o quattro ore, in cui si mettevano le
cose a punto. Ho ritrovato gli appunti presi in quell'occasione ed era proprio l'idea di un
ordine laico e familiare a dominare sempre l'orizzonte e che aveva ispirato così profondamente
Mounier»5. Il rapporto con Chevalier dovrà affrontare la crisi del 1940-41, durante il
governo di Vichy, ma resterà costante nel tempo.
La monografia di Chevalier su Bergson, tesa a conciliare scienza e religione, ragione e
fede, è di fatto opera di Mounier. Senza sottovalutare le conquiste della ragione e della scienza,
l’intuizione acquista finalmente dignità gnoseologica e viene anzi considerata come la
facoltà che consente di attingere alla trascendenza. Sono anni in cui la Chiesa teme i
rigurgiti del modernismo e rip ropone il tomismo. Le opere di Bergson vengono messe
all'Indice nel 1914, quelle di Maurice Blondel sono considerate ai limiti dell’ortodossia,
proprio perché tentano un approccio diverso al soprannaturale. Mounier però segue un suo
percorso e riannoda le fila del pensiero con l’“esprit de finesse” di Pascal.
Negli anni dell'Università Mounier amplia le sue letture, approfondisce il suo
cattolicesimo, cerca di tenere unite teoria e e prassi frequentando le Conferenze di San
Vincenzo fondate nel 1833 da Fréderic Ozanam con l’intento di assistere i poveri e di far
entrare in contatto ambienti di ceti diversi, nello spirito del cattolicesimo sociale. Si trova a
suo agio nel contatto diretto con quell’ambiente dei poveri così diverso da quello borghese che
sempre respingerà come ipocrita e moralmente inquinato.
Matura l’idea di una rivista filosofica adatta ad una larga diffusione e ne discute con gli
amici. Soprattutto si appassiona ai problemi connessi al rapporto della Chiesa col modernismo.
Alcuni futuri collaboratori come J. Lacroix e P.-H. Simon ed anche J. Maritain, erano legati a
Action Française (prima che subisse la condanna del 1926), il movimento fondato da Charles
Maurras nel 1899 che contestava Pio XI già prima dell'elezione, con inflessioni nazionaliste
e antisemite (ad es. rifiutava Bergson in quanto “ebreo”)6.
In quegli anni il mondo cattolico viveva un periodo travagliato nella contrapposizione
tra coloro che collegavano il cattolicesimo all’Ancien Régime e i sostenitori della sinistra
cattolica. La condanna di Action Française fu un trauma per gli intellettuali cattolici 7 .
Mounier se ne era tenuto lontano grazie a Chevalier, che considerava il movimento come
"la più grande eresia moderna" ed era consapevole del rischio della perdita di autonomia
della fede rispetto alla politica. Per le stesse ragioni considera pericoloso il cenacolo di
Maritain a Meudon: «L'idea che li lega è che vi sia una cristianità solida e vivente solo
n ella legge Greco-Romana» 8 . Chevalier non perdona a Maritain il suo tomismo
integralista.
Il Diploma di studi superiori in Filosofia Mounier lo ottiene nel 1927 con la tesi su «Il
conflitto tra l'antropocentrismo e il teocentrismo nella filosofia di R. Descartes». Benché
3 Lettera del 25/08/1933, Lettere... cit., p. 21.
4 J.GUITTON, Mounier avant Mounier , in La France Catholique, 4 maggio 1990, riportato da Bulletin
des Amis d'E.Mounier (d'ora in poi indicato BAEM), n. 76, sett. .91, pp.15-17.
Cf Lettera a J. Lefrancq, 25 agosto 1933, Lettere… cit., p. 25 e 8 dicembre 1925, ivi, p. 27.
5 J.GUITTON, Ècrire come on se souvient, Fayard, Paris 1984, rip. In BAEM, n. 49, nov. ’78, pp. 2-9.
6 Maurras co nsid erav a l e i st it uzio ni p ol iti ch e mod erne responsabili della scristianizzazione e della
degradazione dei costumi e propugnava un cri stian esimo retrò, nostalgico dell'ideale monarchico, contrario
alle istituzioni del mondo moderno, quali la democrazia e la repubblica.
generalmente il lavoro non venga considerato originale, esso segnala l’attenzione a un
umanesimo autenticamente cristiano, in grado di evitare le secche dell'antropocentrismo e del
teocentrismo contrapposti9 . Mounier denuncia l’eliminazione di Dio dalle indagini umane nella
filosofia di Cartesio, il quale considera accessibile all'uomo solo il mondo fisico e le relative
scienze. Di fatto si cancella il rapporto con dimensioni non razionali dell’esistenza umana, di
cui è invece intrisa la filosofia di Pascal. La filosofia cartesiana gli appare gettare le basi di
una civiltà impersonale e utilitaristica, segnata dalla divisione radicale tra il mondo della fede e
quello della ragione scientifica, che di fatto cancella Dio dall'orizzonte del pensiero. Sono
considerazioni che Mounier fa sue mutuandole dalle precedenti analisi di Labertonnière,
Gilson, Maritain e Blondel.
1.2.Parigi e la Sorbona
La valutazione della tesi è buona e Mounier può affrontare la Sorbona per conseguire
l’Agrégation in Filosofia, una specie di libera docenza per l’Università. Al concorso, cui
partecipano, tra gli altri, anche J.-P. Sartre, Simone de Beauvoir, Jean Daniélou, Raymond Aron,
Mounier si piazza al secondo posto. Il risultato è eccellente, ma Mounier matura un giudizio :
«Ho corso il rischio – scrive- di cadere un momento nella mentalità della macchina universitaria.
La prova mi ha salvato e ne rabbrividisco ora come se fossi scampato ad un pericolo. Desidero
accettare e donare, ecco tutto (incapace ugualmente di sapere se finirò nella cittadella delle
cattedre, e deciso a non rifiutare nessuna possibilità a priori). Può darsi che io sia troppo poco
filosofo: ma essere filosofi non vuol dire forse considerare un'amicizia più importante di una
tesi?»10. Alla Sorbona Mounier soffre anche per il fatto che il pensiero cristiano è del tutto
ignorato. Non sente il bisogno di approfondire gli autori considerati eccellenti e di moda, come
Valery, Cocteau, gli ispiratori del dadaismo, la tradizione del pensiero inglese da Hobbes a
Berkeley, Kant e l'idealismo tedesco. Da Chevalier ha introiettato l'avversione all'idealismo. Il
mondo borghese gli appare sempre più inconsistente e insoddisfacente; non riesce ad amare
l’atteggiamento sazio e presuntuoso dei professori universitari («gli spiriti limitati, le persone
sedute in cattedra, in tribuna, nelle loro poltrone, le persone soddisfatte, gli intelligenti, gli u-n-iv-e-r-s-i-t-a-r-i»11) e desidera spendere la vita per qualcosa che ne valga la pena:«Non quello che
gli altri vedono e ammirano, ma il tour de force che consiste nell’imprimervi il sigillo
dell’Infinito».
Gli è di grande aiuto l'amicizia con Jean Guitton (unico laico uditore al Vaticano II),
cattolico colto, originario di Saint-Étienne, pure ex-allievo di Chevalier. Quando Mounier
confiderà a Guitton il progetto di rivista, questi vi riconoscerà un "segno dei tempi" e
7 L’allocuzione di condanna del 14 dicembre 1926 stigmatizza il «nazionalismo integrale che in fondo
altro non è che una concezione pagana della vita e dello Stato, nel quale la Chiesa non ha altro ruolo ch e
quello . di garante dell'ordine e non è considerata come un organismo divino e indipendente, incaricato di
dirigere le anime verso il loro fine soprannaturale».
8 Riportato da MOUNIER in Entretiens, Oeuvres, IV, cit., in data 20/11/e 15/12/. 1926.
9 Le conflit de L’anthropocentrisme et du théocentrisme dans la Philosophie de Descartes,
mémoire presente pour le Diplôme d'Etudes supérieures de philosophie, Grenoble, 23.VI.1927,
Dactylo, esemplare inedito conservato nella Biblioteca "E. Mounier" a Chàtenay. Ivi tra l'altro si
legge: «Descartes ebbe questa originalità di essere a volte il rivoluzionario» (p. 88). Cfr. V.
MELCHIORRE, L'interpretazione di Cartesio nel pensiero di E.Mounier in La coscienza utopica, Vita e Pensiero,
Milano 1970, pp. 147-169.
10 Lettera a Jean Guitton, 10 agosto 1928. Riguardo all'amicizia tra i due giovani, vedi: J.Guitton et E.Mounier , in
Revue Montalembert, nn.4/5 (1963) numero speciale su J. Guitton (con contributi di P.Claudel, Y.Congar ,
F.Mauriac ed altri) , pp. 158-64. J. GUITTON, Ècrire come on se souvient, Fayard, Paris 1974, riportato da
BAEM, n. 49, 1978, pp. 2-9. Cf anche Mounier avant Mounier , cit., in cui Guitton sottolinea lo spirito di
povertà di Mounier.
11 Lettera alla sorella, 12/01/ 1928, ivi, p. 41.
contribuirà alla raccolta di fondi.
L’amico Guitton è impegnato a trovare piste di incontro tra pensiero moderno e Chiesa
e lavora presso la Fondazione Thiers alla tesi "Tempo ed Eternità in Plotino e
Sant'Agostino". Approfondisce anche il pensiero del cardinale Newman, oggi beato, molto
attenzionato in Francia. Mounier si riconosce in lui come cristiano inquieto ("When I am at
ease, I begin to be unsafe") capace di rinnovare il rapporto della teologia col mondo
moderno. Condivide l’idea di uno sviluppo del dogma come realtà vivente e non come
deposito statico. Guitton ricorderà una confidenza di Mounier nel loro ultimo incontro
(1949): « In fondo, lo sai, io sono un mistico...»12. È attratto infatti da persone come Péguy e
P. Pouget. A Parigi inoltre conosce la Compagnia di San Paolo, gruppo religioso fondato a
Milano dal card. Ferrari . Da questo gruppo impara ad amare ed apprezzare Ch.Péguy. Di P.
Pouget, che aveva accompagnato il travaglio religioso di Bergson, gli aveva parlato anche
Chevalier. Gli riconosce competenza scientifica, teologica e coerenza. Soprattutto lo
considera capace di rispettare la coscienza e di affrontare anche gli aspetti più complessi e
contraddittori della fede. Così ringrazia il suo maestro: «Non vi ringrazierò mai abbastanza
di avermi fatto conoscere P. Pouget. Quando mi trovo in sua presenza, mi pare di essere
dinanzi alla verità»13 . Anche Guitton, che ce lo ha accompagnato, lo sceglie come guida
spirituale e scrive su di lui dei saggi e una raccolta di detti14 . Pouget aveva subito
l’allontanamento dall’insegnamento a causa della sua innovativa esegesi storica dei testi
biblici.
Date le difficoltà dell’ambiente parigino, Mounier vive un periodo di crisi metafisica in
seguito alla morte a 22 anni del giovane che conosce dall’adolescenza e con cui si confida:
Georges Barthelemy. Scrive a Madeleine: «Non puoi immaginare quello che è crollato in me con
la perdita di quell’amicizia spontanea… Eravamo divenuti amici, grazie alla scoperta, immediata,
delle corrispondenze fra le nostre anime. Era anche l’amico dei sedici anni, nato con la vita, che
non potrà essere sostituito. Sento l’eco sorda di tutti gli squarci del mio passato che sprofondano,
l’isolamento improvviso, lo stordimento di certi sogni mentre si vorrebbe trattenere invano ciò
che fugge»15; nello stesso tempo nota: «Come è vero che la sofferenza ci apre le vie di Dio».
Mouner due volte alla settimana può confrontarsi con P. Pouget e affrontare i temi
considerati più scottanti in spirito di libertà. Con lui gli risulta possivile purificare la fede
da fideismi e devozionismi e aprirla al dialogico con i non credenti («Coi non credenti e gli
avversari bisogna evidenziare ciò che si ha in comune e vedere se si possa metterne ancora
più in comune»).
Intanto gli amici J. Guitton e Daniélou lo aiutano a vivere con i proventi di lezioni e
conferenze. Pensa ad una tesi di taglio mistico e - sembra – anche alla vita religiosa. Alla Maison
de la Jeunesse promuove un gruppo di cultori di Ch. Péguy, che continua a considerare un
maestro di vita e di spiritualità, un poeta critico del clericalismo e della riduzione della mistica a
politica. A Mounier piace il suo modo d’intendere l’Incarnazione, l’accento posto sulla
rivoluzione morale contro il dominio del denaro, la purezza del cristianesimo originario. La
speranza di Péguy si trasformerà in “ottimso tragico”, e la “Città armoniosa” in città
personalista. Mounier avrà tuttavia un atteggiamento meno nostalgico e più aperto alla
12 Cfr. N. BOMBACI, op.cit.,
13 Lettera a J. Chevalier, nov. 1927, Lettere… cit., p. 39.
14 J. GUITTON, Dialogues avec monsieur Pouget sur la pluralità des Mondes, le Christ des Évangiles, l’avenir de
nore espèce, Grasset, Paris 1954 ; Portrait de M. Pouget, Gallimard, Paris 1941.
15 Lettera dell’8 Gennaio 1928, Lettere….cit, , pp. 40-41.
modernità.
1.3. Alla ricerca della comunità: Il rapporto con i Maritain
J. Daniélou nel 1928 introduce Mounier nel circolo di intellettuali e artisti riuniti a Meudon
la domenica nella casa di Raïssa e Jacques Maritain (all’epoca cinquantenne e già famoso tra gli
intellettuali). È una esperienza che cambia profondamente la sua vita: segue costantemente gli
incontri e ha modo di conoscere personaggi noti della cultura dell’epoca, di cui trascrive
impressioni e brani di conversazioni. Può avere un rapporto diretto con Maritain e apprezzare la
sua apertura delle frontiere culturali alla musica, all’arte, alla letteratura, alla religione, da quella
cattolica a quella protestante a qelle orientali. Entra in contatto con G. Marcel, N. Berdjiaev,
Henri Massis, Jean Cocteau, R. Garrigou-Lagrange, Francois Mauriac. Nello stesso tempo
comprende che quello di Mariatain è il profilo “antimoderno” di qualcuno che ha condiviso
l’esperienza di Maurras e di Action Française, facendo propri concetti come ordine, autorità,
lotta al modernismo, all’immanentismo e all’individualismo. Maritain era però passato per il
ripensamento, specie dopo la condanna di Action Française, e si era avvicinato alle posizioni di
Mounier, anche riguardo al capitalismo. Mounier, benché riconosca all’amico onestà e rigore
intellettuale, non sottovaluta le differenze. Maritain apprezza di Mounier “la nobiltà del cuore, la
fede soprannaturale, lo zelo ardente per la purezza nell’azione intellettuale”16 .
Nelle conversazioni si sottolinea la crisi dell’Occidente e se ne discutono gli esiti. N.
Berdjiaev appare ormai lontano dal marxismo e vede la rinascita dell’Europa nel recupero del
cristianesimo e i principi della giustizia. Preconizza una affermazione dello spirito nel nuovo
Medioevo, dopo la Rivoluzione industriale e il comunismo. Mounier lo ammira. D’accordo con
lui pone l’accento sulla persona del lavoratore che imprime il suo marchio creatore nell’universo
e condanna il produttivismo. Entrambi cristiano le democrazie formali.
Nel circolo di Medoun Mounier conosce anche la spiritualità dei “Piccoli fratelli di Charles
de Foucauld” col rifiuto delle sicurezze, la fiducia nella Provvidenza e l’accettazione della
precarietà (“mistica dell’abbandono” che Mounier collega a Péguy). Gli appare chiaro che non
bisogna puntare a convertire, ma testimoniare. Il clima dialogico e la conoscenza reciproca
consentono di approfondire i rapporti interconfessionali e interreligiosi. In quell’ambiente ci si
sente veramente “fratelli” anche se separati. Olotre a fare esperienza di una comunità pensante,
Mounier respira il nuovo clima culturale del cattolicesimo francese, nel campo della
ecclesiologia del corpo mistico e della teologia, relativamente al rapporto tra istituzione e
carisma.
Per capire a fondo la storia del rapporto tra Maritain e Mounier, è indispensabile
tenere presente l'epistolario raccolto e curato da J. Petit17 . Questi giustamente
ricorda: «Tra il giovane e il noto e influente filosofo non si annoda una relazione tra
maestro e discepolo, ma, pur attraverso la differenza delle generazioni e dei
caratteri, al di là delle divergenze di atteggiamenti, un'amicizia. Essa sottende,
lungo quei dieci anni dal 1929 al 1939, un dialogo, che talvolta si trasforma in
dibattito sul problema dell'azione»18. Si tratta in ogni caso di una intesa di fondo, nel
16 È piuttosto rischioso porre il problema del rapporto tra il pensiero di due maestri contemporanei, senza tener conto
dell'insieme della dinamica delle relazioni che essi stessi hanno stabilito tra loro, ora convergenti, ora dialettiche, ora
antinomiche, ora divergenti, ora complementari. Altrettanto pericolosa (anche se scientificamente corretta) è a mio
avviso una ricerca puntigliosa delle divergenze e delle convergenze ad ogni costo, restringendo l'angolo di lettura a
tali consonanze-dissonanze astratte dal pensiero globale e dal contesto. Il momento euristico finirebbe con l'occultare
la ricerca dei contenuti. I rapporti interpersonali tra i due, sullo sfondo di un'epoca comune, scelta come riferimento
obbligato, aiutano a leggere le tensioni ideali e culturali di quel periodo, uscendo dai recinti di scuola, per sollecitare il
pensiero verso nuove vie, sia sul piano teoretico che su quello pratico.
17 J. MARITAIN – E. MOUNIER, Correspondance 1929-1939, par J.Petit, Paris 1973, tr.it. Morcelliana, Brescia
1976.
18 Ibid., p.7.
comune impegno della testimonianza. Anche quando si accentueranno le divergenze, l'accordo e il rispetto reciproco avranno la meglio.
Condividevano l'esperienza di vita nella Parigi degli anni Trenta, quando il crack
di Wall Street (1929) diffondeva in Europa la coscienza della fine di un'epoca, col
crollo del mito illuministico della ragione e della fede cieca nel progresso. Si respirava
una diffusa insoddisfazione per la situazione presente e, qua e là, una inderogabile
necessità di opporsi allo statu quo. La consapevolezza della fine di un lungo periodo
che aveva visto l'Europa al centro del mondo occidentale rendeva gli animi ancor più
insicuri19 e, dietro l'urgenza del rinnovamento, si formavano gruppi di vario genere,
animati da letterati, poeti e scrittori, quasi mai da personalità politiche20 . Da questi
gruppi impegnati nasceranno idee nuove e riviste atte ad esprimerle.
La Francia non risentì immediatamente della crisi economica: il 1930 segnava un
apice favorevole che confermava la sensazione di un benessere attestato 21. Tuttavia,
al di là della questione economica, la percezione dei più accorti era quella di «una
crisi di civiltà»22, nata nelle coscienze che vedevano spenti gli ideali, appiattiti sotto la
spinta del benessere e della sua logica di profonda ingiustizia. Di fronte ai miti, alle
sicurezze, ai valori della civiltà riformista borghese, si andava sviluppando uno spirito
rivoluzionario soprattutto tra le giovani generazioni, che non volevano ripetere gli
errori del vecchio mondo. Accadeva così che uomini di diverse tendenze ideologiche
si potevano ritrovare nel comune denominatore della consapevolezza della crisi, del
rifiuto del mondo costituito, della necessità della ribellione.
Molti, tra i giovani intellettuali, avvertivano l'esigenza di uno strumento di
espressione e comunicazione diverso da quelli esistenti; particolarmente E. Mounier
sentiva il bisogno di una rivista aperta al futuro, all'impegno al dialogo tra credenti e
non, nello sforzo comune di rompere con le désordre établi: «A noi pianisti di
venticinque anni anni, mancava un pianoforte», confesserà più tardi23. La rivista
doveva essere spiritualmente animata, ma con una prospettiva aperta all'impegno di
tutti gli uomini di buona volontà; squisitamente culturale senza essere accademica;
19Cfr. L. DEL BAYLE, Les nonconformistes des années trente, Une tentative de renouvellement de la pensée
politique française, Le Seuil, Paris 1969; AA.VV., L'idea di un progetto storico. Dagli anni '30 agli anni '80,
Studium, Roma 1982; G. CAMPANINI, Cristianesimo e democrazia. Studi sul pensiero cattolico del '900,
Morcelliana, Brescia 1980; ID., Personalismo e democrazia, Dehoniane, Bologna 1986.
20Cfr. G. SCAPINELLI, Lo spirito degli anni trenta, in "Civitas", n.2 (1977), pp.27-36.
21 I francesi presero atto della crisi del 1929 solo due anni più tardi (1931), quando ormai anche la cultura, la vita e le
strutture socioeconomiche ne risentivano . Cfr. A.SAUVY, Histoire économique de la France entre les deux guerres,
Fayard, Paris 1965/67.
22 E.MOUNIER, Lettre à M.lle Martinaggi, in Oeuvres, Seuil, Paris 1961-63, IV, pp.476-477.
23 E.MOUNIER, Lettre à M.lle Martinaggi, cit., p. 477. La mancanza di una solida base ideologica nei francesi democratici e cattolici (Per una documentata ricostruzione della vita culturale del periodo cf. M. OLMI, Storia della
sinistra cattolica in Francia, Lucarini, Roma 1987, 2 voll.) e una diffusa mentalità acquiescente e conservatrice, già
coagulatasi ai tempi dell'Affaire Dreyfus, aveva permesso l'adesione di molti, Maritain compreso, all'Action Française
di Ch.Maurras. I fermenti progressisti se ne avvantaggiarono, cercando uno nuovo spiraglio nei rapporti tra cristiani e
politica. Per M.Winock, senza l'interdizione di Action Française, "Esprit" non sarebbe stata possibile
(Cfr.M.WINOCK, Histoire politique de la revue "Esprit" 1930-1950, Seuil, Paris 1975, p.37). Dopo la condanna di A.
F. i maurassiani intransigenti si organizzarono in bande fasciste(Cf.M. BARTOLETTI, Guida alla lettura di
E.Mounier, Ed. Cinque Lune, Roma 1977, p.14), trovando rispondenza in molti che salutarono l'evento come segno di
libertà e di progresso. J. Maritain si dissociò rafforzando l'orientamento spirituale dei cattolici più aperti con il libro
Primauté du spirituel (Cfr. J .MARITAIN, Primauté du spirituel, Plon, Paris 1927).
capace di rivitalizzare e collegare le energie migliori, senza essere troppo
disincarnata, né troppo intellettuale, né troppo coinvolta politicamente.
Un autorevole assenso al progetto arrivò al giovane Mounier da J. Maritain, durante uno degli incontri domenicali di Meudon. Egli era convinto della necessità di far
nascere una nuova rivista per accogliervi "l'immensità del cristianesimo" a due
precise condizioni: «uno spirito di santità (cioè di audacia) ed uno spirito di universalità»24. Maritain così ricorda gli intenti dei giovani intellettuali: «Volevano formare un
gruppo, un nucleo attivo e aperto, un centro di irradiazione nel quale ci si sarebbe
impegnati a continuare, nelle congiunture del l930, l'opera di Péguy, in ciò che egli
aveva di sempre valido, e in modo particolare a scindere l'ordine cristiano dalle
potenze del denaro e dal disordine stabilito» 25.
Sul piano più strettamente filosofico, Maritain era considerato -ed era realmente un metafisico puro, per la sua capacità di scandaglio «fino all'estremo limite dove la
conoscenza filosofica raggiunge l'azione». Mounier aveva scelto piuttosto una filosofia
impegnata, anche se non priva di un adeguato supporto metafisico e teologico. Non
sempre egli riteneva di dover seguire le indicazioni puntuali e dettagliate, forse
pignole, che Maritain faceva postillando articoli e programmi, prendendo conoscenza
dei testi scritti, denunciando possibili ambivalenze, suggerendo notazioni, correzioni,
restando sempre vigile.
Mounier ha altre mire, in vista delle quali taglia corto sulle impurità di stampo
filosofico e teologico. Così scrive di sé: «sono meno santo, senza dubbio. Se il
movimento d'insieme di un articolo è buono, questi rovi non mi feriscono»26. È
consapevole del diverso approccio di Maritain, così pieno di attenzioni alle sfumature
della logica e di quella prudenza necessaria ad una rivista che vuole operare in campo
cattolico, specie in quel periodo. Lo stesso Maritain non aveva nascosto la sua
differente impostazione, e, da buon tomista, così aveva scritto: «Tocca a me l'andare
alla scoperta, ritagliando le nozioni il più esattamente possibile e cercando di seguire
il filo della verità nelle questioni difficili, senza prendere parte a manifestazioni
collettive, in cui la purezza delle nozioni rischia sempre di essere in qualche modo
guastata»27 .
Nonostante tali sfumature, nel periodo di fondazione di «Esprit» i punti di
convergenza sono quasi a tutto campo, forse accentuati dalla stima di Mounier nei
confronti del filosofo più affermato e del cattolico maggiormente accreditato. Anche
Maritain, non ancora passato per l'esperienza americana, avvertiva una particolare
sintonia con quel giovane intellettuale impegnato, un po' troppo rivoluzionario forse,
ma certamente testimone radicale e povero della fede.
Maritain e Raïssa, folgorati dalla lettura di S. Tommaso, invitano Mounier a fare altrettanto,
ma l’approccio è diverso: Mounier non riesce ad appassionarsi di un testo importante ma
sistematico e razionale e si colloca tra i: “semitomisti, paratomisti, propinquextratomisti»28 .
24 ID., Lettre à G.Izard, in "Bullettin des amis d'E.Mounier", n.2 (1952), pp.6-7.
25 Cf. Notes de J.Maritain, in "Esprit", n.174 (1950), p.974.
26 ID., Entretiens, in Oeuvres, IV, p.531.
27 J.MARITAIN, Lettre à Mounier, in Correspondance, it. cit.,p.p.62-63.
28 Lettera n. 131, 29 luglio 1939, in J. MARITAIN-E. MOUNIER, Corrispondenza 1929-3,tr. It. a cura di J. Pela,
Preferisce collegarsi piuttosto a S. Bonaventura, Duns Scoto, Agostino. Con Maritain condivide
però il principio “distinguere per unire” valido in ambito politico nella distinzione tra spirituale e
temporale e tra l’impegno dei laici in quanto cattolici e l’impegno come cattolici, che giustifica in
ambito politico la pluralità delle opzioni.
Un altro incontro importante, sempre grazie a Jean Guitton è quello con M.lle Silve,
fondatrice di un movimento di apostolato intellettuale impegnato ad animare le strutture
temporali, soprattutto nel mondo della scuola, denominato "Aux Davidées", con un suo giornale
omonimo su cui Emmanuel pubblica diversi articoli sotto lo pseudonimo Jean Sylvestre29 . In
epoca di comunicazione cartacea, il giornale raggiunge presto una larga diffusione e nel 1921
conta già 4000 abbonate. Mounier è affascinato dalla semplicità, dalla purezza, dalla laicità del
gruppo, sostiene il movimento di fronte ai dei pietisti-tradizionalisti e lo difende, insieme a
Guitton, dagli attacchi dei laicisti che vi vedono un pericolo alla laicità dell’educazione in
Francia.
1.4.L’esigenza di una nuova rivista.
A contatto con intellettuali impegnati, si risveglia in Mounier il progetto di una rivista. Gli
articoli inviati regolarmente a Les Davidées non consentono ancora una possibilità di incidere
concretamente nel mondo culturale. Mounier pensa da tempo ad una propria rivista; non vuole
versare vino nuovo in otri vecchi… Nella miriade delle riviste esistenti, gli pare che manchi uno
strumento adatto ad esprimere la rottura rispetto al connubio tra spiritualismo e civiltà borghese e
l'esigenza rivoluzionaria dei giovani. Mounier coglie ogni segnale utile in questa direzione,
facendo tesoro dell’insegnamento di P. Landsberg, personalista tedesco rifugiato in Francia, che
gli ha trasmesso il senso dell’avvenimento, Erlebnis, come evento da accogliere come
“messaggero” del cielo rispondendo secondo le proprie possibilità e i propri obiettivi.
L’avvenimento di Monaco rende insopportabile l’acquiescenza dei paesi europei a Hitler e
costringe a decidersi.
Mounier abbandona il progetto di portare avanti gli studi così come l’accademia
richiederebbe. Il confronto con Peguy, la consapevolezza di non avere una vocazione
accademica, le persone interessanti con cui si incontra regolarmente lo portano altrove. Preferisce
approfondire la mistica spagnola, in particolare Juan de los Angeles (1536-1609), e fa un viaggio
in Spagna nella primavera del 1930. Tra gli ospiti della Maison de la Jeunesse, cultori di Pégy,
c’è G. Izard, cofondatore di Esprit. Con lui e con Marcel Péguy, figlio del poeta, Mounier scrive
un libro su Péguy, composto di più saggi e pubblicato nella collana diretta da Maritain30 . Il
lavoro riceve un giudizio articolato: positivo sul piano letterario, con qualche riserva su quello
filosofico. Intanto insegna nelle secondarie, è un professore apprezzato, ma rifugge dall’idea di
passare la vita insegnando.
Frattanto una candidatura alla “Fondazione Thiers” non ha esito positivo e Mounier vi vede,
al di là dei risultati, la conferma di un necessario cambio di rotta, un richiamo all’oltre che gli
rafforza l’idea di una rivista che combatta il disordine stabilito e raccolga gli spiriti più aperti. Il
progetto, che risale al 1929, diviene pian piano un chiodo fisso; gli appare come il suo contributo
Morcelliana, Brescia 1976, p. 201.
29 J. GUITTON, Les Davidées, Casterman, Paris 1967.
30 E. MOUNIER-G. IZARD, M. PÉGUY, La pensée religieuse, La vision des hommes et du monde; La pensée
politique et sociale, Plon paris 1931.
specifico per combattere la crisi radicale della civiltà europea31. Infatti Mounier si riconosce nella
coscienza della crisi espressa da J. Brenda (La trahison des clercs), di N. Berdjiaev (Un nouveau
Moyen Age) nonché nelle analisi di Blondel e Maritain. Gli sembra fondamentale tornare a
parlare dell’uomo, quando i marxisti pensano che nella società comunista tale problema non si
porrà più, quando la cultura dell’efficienza esalta l’homo faber, vittima dell’alienazione
dell’efficienza, e gli autori del sospetto disintegrano l’unità della persona sotto i colpi della
critica. Intende altresì combattere lo spiritualismo disincarnato e borghese, che promuove
l’autocompiacimento decadente nel proprio io e nei propri beni, tra i quali la famiglia. Bisognava
riannodare i legami tra privato e pubblico, tra spirito e materia, tra verità e storia.
Dal 1930 Mounier comincia a tessere contatti con l’intento di fondare la rivista che accetta di
dirigere, "Esprit", tagliando definitivamente i ponti con la carriera accademica. Attorno alla
rivista si coagula così un gruppo di giovani intellettuali di ispirazione péguysta ma anche
qualche elemento di tradizione proudhoniana. J. Maritain, filosofo già affermato, accorda il suo
patronage.
Nel 1932 esce il primo numero con l'articolo di fondo di Mounier dal titolo Refaire la
Renaissance, che costituirà la prima parte del volume Rivoluzione personalista e comunitaria.
Mese dopo mese “Esprit” è accolto con gioia dagli intellettuali più aperti e con diffidenza dai
tradizionalisti. Tutti possono seguire i commenti lucidi e schietti agli avvenimenti del tempo.
Sulla genesi e sullo sviluppo della rivista si tornerà nel capitolo II.
Nel 1933 il clima di sospetto nei confronti dei “cristiani rossi” si appunta su Esprit e alla
nunziatura giunge una lettera anonima contro Mounier e la sua rivista. Si teme il sincretismo
degli scrittori, il rapporto con la Troisiéme Force e con i fascisti di sinistra, la scarsa
considerazione delle posizioni della Chiesa. Mounier si rende conto che si stanno scontrando
linguaggi diversi e ne soffre. Si difende come può: “Non capiscono che noi parliamo
costantemente davanti all’areopago, e di un Dio sconosciuto”, “Non credono se non alle presenze
che si proclamano”32 . E’ Maritain, bene accreditato presso la Santa Sede, a salvare l’amico.
Nel Luglio 1933 Esprit rompe con Troisiéme Force e con G. Izard e Deleage, che tessono
alleanze con il neoradicalismo. La rivista continua la sua diffusione su tutto il territorio
nazionale, europeo e oltre, stimolando ovunque il confronto e la riflessione filosofica. Col n. 10
Esprit annuncia la costituzione dei gruppi “Amis d’Esprit”, con una rete di piccoli gruppi di
impegno culturale: «Non sono le masse che fanno la storia – si legge – ma i valori che agiscono
su di esse a partire da minoranze incrollabili nella loro fede»33 .
I gruppi si moltiplicano e nel 1935 se ne possono trovare anche a Casablanca, Roma,
Napoli… Si organizzano incontri annuali vicino Parigi e nasce un organo di collegamento dei
centri: “Journal Intérieur”. Mounier è ormai un nome nella cultura francese ed europea, uno
scrittore paladino del personalismo comunitario, ancora di salvezza per quanti vogliono sfuggire
alla invasione delle ideologie dominanti. Le ostilità non mancano nel rapporto con la destra
nazionalista, con i comunisti, con la Chiesa, ma non riescono a frenare il successo di Esprit.
31 Cfr. Lettera del 1 Aprile 1941 a J. Martinaggi, in Lettere…cit., p.93.
32 Cfr. Entretiens VII, 19 Maggio 1933, ivi, p. 99.
33 Lettera a Izard, 16 ott. 1934, Lettere… pp.188-190.
Nel 1935 Mounier partecipa, insieme ad un gruppo di intellettuali francesi, al congresso
franco-italiano sul corporativismo, indetto dal Ministero delle Corporazioni (Roma 21-25
Maggio). Percepisce una strumentalizzazione: «Appena un oratore si spingeva un po’ più in là, o
aveva un’impennata, subito una voce ufficiale lo interrompeva con una battuta o con un sorriso
romano, che mascheravano l’interferenza; l’oratore riprendeva a parlare o farfugliava un poco; i
più zelanti (o i più imprudenti) ritornavano il giorno dopo a correggere gli errori commessi il
giorno prima. Nonostante questo, c’era una certa libertà di espressione all’interno dell’ortodossia,
insieme a una tensione sotterranea che è esplosa in una o due occasioni»34 . La relazione di
Mounier suscita un «fastidio vagamente cortese e rispettoso». Tanto basta per comprendere la
distanza dal personalismo - nonostante le denuncie di ambiguità - e diffidare dello Stato fascista,
come si vede negli articoli su “Esprit”, che allertano i lettori di fronte al Leviatano avanzante35.
1.5. L’incontro con Paulette.
Un evento capace di cambiare la vita di Emmanuel è l'incontro con Paulette Leclerq nel
1935, che lo spinge a trasferirsi in Belgio a Bruxelles, dove la signorina Leclerq lavora al museo
come esperta di arte. Dal matrimonio nascono tre figlie: Anne, Martine e la prima, Françoise,
che a sette mesi dalla nascita, rimane colpita da encefalite a causa della vaccinazione
antivaiolosa, conservando la sola vita vegetativa (è morta sei anni dopo la morte del papà).
La corrispondenza degli anni 1938-39 lascia affiorare il progetto di un sogno che vuole
avverarsi: un “Centro Esprit” vicino Parigi, costituito da una comunità di famiglie di diverso
orientamento, che sir iconosca nei valori del personalismo, ne approfondisca i contenuti e
costituisca una ragine di speranza per la nazione. Una scuola ne avrebbe tradotto i principi sul
piano pedagogico. Mounier aveva fatto già esperienza di vita comune con la famiglia Lefrancq
in Belgio36. Ora desidera realizzare “una vita di libertà intensa nei nostri rapporti comunitari.
Evitare tutti i fenomeni collettivistici. Scongiurare i riflessi egoistici e di compensazione sociale.
Praticare, fin dall’inizio, abitudini di totale libertà… E poi, questo spirito di libertà non lo
apprendiamo dalla nostra stessa esperienza di vita matrimoniale?”37 .
Nasce la comunità “les Murs Blancs” a Châtenay-Malabry, periferia di Parigi, con sei
famiglie che si trasferiranno là dopo la guerra. Il differimento del progetto è causato dalla guerra
giacché nel 1939 Mounier viene chiamato alle armi e Paulette si trasferisce a Dreux presso la
famiglia Touchard. E’ una buona occasione per conoscere la vita comune di operai e contadini
suoi commilitoni e apprezzarne la genuinità. Emmanuel diviene archivista del reparto. La rivista
esce ancora in edizione ridotta ma continua a protestare contro la guerra e alimentare il progetto
di un’Europa non dominata dai più forti, ma come una federazione dei singoli Stati, ciascuno con
una sua vocazione specifica. L’ispirazione cristiana rafforza la convinzione che non esiste una
filosofia cristiana ma diverse filosofie di ispirazione cristiana e che il personalismo comunitario è
solo una delle possibili mediazioni culturali del cristianesimo.
34 Entretiens VII, 29 Maggio 1935, Lettere… cit., pp. 205-6.
35 Cfr. G. CAMPANINI (a cura), Mounier in Italia 1935-1949, Ecumenica, Bari 1986, pp. 41-66.
36 Lettera a É. A. Niklaus del 15/01/1938, Lettere… cit., pp. 254-5.
37 Lettera, 6 /09/1938, ivi, pp. 258-61.
Dalle lettere alla moglie traspare tutto il dolore per la situazione famigliare segnata dalla
ferita di Françoise. Questa esperienza di incontro col dolore rivela in Mounier un cristiano
convinto sino all'eroismo del valore della sofferenza. Annota nel Diario: «E' piombata in un
grande silenzio, col suo bello sguardo aperto dal mattino alla sera su Dio sa quale mistero, senza
un gesto, senza un sintomo di conoscenza»(11.IV.1940). In una lettera alla moglie così parla di
Françoise: «Che senso avrebbe tutto questo se la nostra piccola bambina non fosse che un pezzo
di carne smarrita non si sa dove, un po' di vita tormentata, e non questa bianca piccola ostia che
ci supera tutti, una infinità di mistero e di amore che ci abbaglierebbe se la vedessimo faccia a
faccia... Se ci limitiamo a soffrire - subire, resistere, sopportare- non ce la faremo e verremo
meno a quanto ci viene chiesto» (Lettera a sua moglie del marzo 1940). E ancora: «Sentivo di
accostarmi a quel piccolo giglio senza voce come ad un altare, quasi ad un luogo sacro dove Dio
parlava con un segno. Una tristezza che consumava profondamente, ma leggera e trasfigurante. E
tutto intorno ad essa, non ho altra parola: un'adorazione...Mistero, che può essere solo di bontà;
bisogna pure osare dirlo: una grazia troppo grande. Un'ostia vivente tra noi, muta come l'ostia,
irradiante come essa. Chissà se non ci è chiesto di custodire e adorare un'ostia tra noi, senza
dimenticare la presenza divina sotto una povera materia cieca? Mia piccola Françoise, tu mi sei
anche l'immagine viva della fede. Quaggiù voi la conoscerete in enigma e come in uno
specchio"(Lettera a sua moglie 28.VIII.1940).
1.6. Vichy e il carcere.
Dopo la rivelazione delle mire tedesche, l’invasione dell’Olanda e del Belgio del 1940 e la
firma dell’armistizio con la Francia da parte del generale Pétain, la Francia viene divisa in due,
con il Nord occupato e il Sud libero, con il governo che si stabilisce a Vichy. De Goulle invita a
lottare da Radio Londra.
Mounier all’arrivo dei tedeschi viene imprigionato con la sua compagnia a Surgères e viene
trasferito ad Orange, nella zona libera. Può dunque andare a Grenoble e poi a Lione dove lo
raggiung Paulette. Nasce Anne e Mounier torna ad insegnare per sostnere la famiglia. E’ un
periodo in cui molti giovani pensano di poter rileggere il cristianesimo alla luce di Marx e mirano
a liberare la classe opraia, come nel caso del movimento Jeunesse de l’Église, condannato nel
1953. Mounier coltiva rapporti con domenicani come L. J. Lebret e il suo movimento Économie
et Humanisme, centrato su una possibile economia per il bene della persona, animata da valori
cristiani. Mounier pensa che sia possibile una presenza cristiana all’interno delle istituzioni
governative della zona Sud. Come molti intellettuali è orientato in tal senso perché ha una
visione pessimistica della situazione e non si rende conto delle potenzialità dell’Inghilterra.
Inoltre si allinea alla gerarchia cattolica che riconosce il governo di Vichy, non certo perché è un
simpatizzante del nazismo o un ingenuo ottimista, giacchè per sua definizione è piuttosto l’
“ottimismo tragico”. Di fatto non é in grado di comprendere la sudditanza del governo alla
Germania. La situazione non è tale da evolvere in senso antinazista, ma Mounier non riesce a
vedere De Gaulle come “il salvatore”. Pensa che si possa combattere il nazismo dall’interno del
governo Vichy.
Intanto Esprit, che era stata soppressa riprende le pubblicazioni, previe le autorizzazioni
necessarie, nel novembre 1940. Vi si pssono condividere idee, letture, discussioni sui grandi
temi di cultura e di attualità: l’impegno politico dei cristiani, il rinnovamento della Chiesa, il
rapporto tra fede e scienza… “Esprit” è malvista dal governo Vichy ma sopravvive per dieci
mesi, fino al 20 agosto quando Mounier riceve una lettera dall’ammiraglio Darlan, Paul Marion,
che comunica la soppressione della rivista a causa delle “tendenze generali che manifesta” 38.
Mounier insieme ad altri intellettuali è in odore di “gaullismo” e viene rifiutato dal nascente
Institut de psicologie et de pédagogie di Lione e da Jeune France. Partecipa però ai programmi
di formazione sovvenzionati dal Governo Vichy della École Nazionale des cadres, nel castello
medievale di Uriage. Ne diviene uno dei principali referenti culturali, ma il rifiuto
dell’antisemitismo e del totalitarismo lo rendono inviso al regime. La scuola è sotto controllo e
alla fine Mounier, assieme a mons. Bruno de Solages e all’Abbé de Naurois, viene escluso dalla
scuola divenuta di fatto un focolaio della resistenza39 . Sta di fatto che alla liberazione Mounier
riceve dallo Stato francese un riconoscimento per il contributo alla resistenza.
Intanto con la liquidazione da Jeune France e l’aiuto degli amici di Esprit Svizzera può
vivere discretamente e dedicarsi nuovamente agli studi. Elabora una Dichiarazione dei diritti
della persona, che pubblicherà su “Esprit”, diversa da quella astratta e universalistica del 1789 e
contrapposta all’individualismo e al razionalismo. Mounier mira a potenziare i principi
solidaristici del personalismo cristiano, il garantismo, la destinazione universale dei beni. Il testo
della Costituzione francese non lo terrà in adeguata considerazione, ma il testo ha avuto fortuna
in Italia presso i dossettiani e G. La Pira.
La Dichiarazione provoca la condanna al processo intentato a Mounier nell’Ottobre 1942.
Segue l’arresto il 15 gennaio nel carcere di Lione prima e poi a Clermont-Ferrand. È
un’opportunità da sfruttare per scrivere il Trattato del carattere, un’opera momumentale che gli
consente restare in dialogo con il mondo della cultura e “introdurre molti visitatori invisibili”
nella sua camera 40. Viene scarcerato dopo sei settimane e può tornare a Lione, sebbene un decreto
imponga l’internamento amministrativo che limita i contatti con l’esterno. Protraendosi
l’internamento, Mounier e alcuni compagni decidono di attuare lo sciopero della fame (di cui dà
notizia Radio Londra). I conflitti interni al mondo cattolico sono direttamente percepibili: il
cappellano rifiuta di dargli la Comunione a causa del suo atto di ribellione all’autorità legittima.
Infine le richieste vengono accolte e Mounier viene trasferito in ospedale a Aubenas. E’
nuovamente detenuto politico nella prigione Saint-Paul di Lione dal luglio all’ottobre 1942 e ne
approfitta per utilizzare la biblioteca, studiare il tedesco, leggere Sartre. Solo il 30 Ottobre 1942
Mounier viene assolto, nel processo presso il Tribunale di Lione, per insufficienza di prove.
1.7. Gli ultimi anni
Nei mesi successivi, i tedeschi invadono la zona Sud e Mounier ripara con la famiglia in una
pensione del villaggio Dieulefit, dove resta fino alla liberazione, utilizzando il nome di Leclercq.
Può ancora dedicarsi alle letture (in particolare Nietzsche), organizzare due congressi “Esprit”,
scrivere articoli per i Cahiers politiques, portare a termine il Trattato del carattere e
l’Affrontement chrétien. Il Trattato viene pubblicato nel 1947 a Parigi, dove Mounier si
trasferisce dopo la liberazione, fino al Dicembre 1944 quando raggiunge finalmente Châtenay
38 Cf Lettera del 5/10/1941 a X. Schorderet, Lettere…cit., p. 372.
39 Rispetto alla resistenza, vi è chi ha giudicato ambigua la posizione di Mounier. Cf LOUBET DEL BAYLE, Les
non conformistes…cit., pp. 414-9.
40 Lettera all’avv. Gounot, 14/06/ 1942, pp. 399-400.
Malabry.
La Francia vive una nuova stagione con il governo provvisorio di De Goulle, che mette
insieme cattolici, socialisti, comunisti. Nella Chiesa esplodono nuovi conflitti, specie tra i lealisti
al regime di Vichy e i rivoluzionari, ma nello stesso tempo, in Francia come in Italia, i laici
acquistano maggiore protagonismo e creatività teologica. Lo sfascio della destra apre le porte a
inedite collaborazioni con i socialisti e i comunisti, rendendo desuteo il mito di una cristianità da
restaurare.
Mounier riformula gli obiettivi della rivista, vedendovi uno strumento culturale orientato ad
una rivoluzione cristiano-socialista tato da pubblicare nel Novembre 1947 il Manifeste pour la
paix et pour une Europe socialiste, che raccoglie le firme anche di Sartre e di Senghor (contrario
al colonialismo). Questo non significa che non vengano rilevate le significative divergenze dal
marxismo e dall’esistenzialismo, ripetutamente segnalate, si tratta piuttosto di una volontà di
dialogo che vuole restare costruttivo. Il rapporto tra “Esprit” e il marxismo peggiora nel 194849, con la condanna del comunismo da parte della Chiesa, che scomunica i cattolici che vi
aderiscono. Mounier lo interpreta come un atto disciplinare e si sente sollecitato a pensare “più e
meglio” il rapporto tra cristianesimo e socialismo. Sta di fatto che dal 1948 “Esprit” dà ampio
spazio alle persecuzioni e alle violenze nei Paesi dell’Est e sceglie il non allineamento nella
guerra fredda. Evita però di cadere in quella che gli appare la trappola degli “americani
salvatori”. Quando il leader comunista Thorez, facendo una parziale revisione degli errori
commessi dal comunismo, lo invita ad aderire al Partito Comunista si sente risopndere: “Non
domandateci di non essere noi stessi”41. Questa presa di posizione costa a Mounier gli attacchi
dell’“Humanité”, che lo accusa di dividere le forze della pace, e quelli di Roger Garaudy e del
partito Comunista, che lo rattristano in fin di vita e post mortem. E’ determinato a non cedere al
marxismo, ma nel contempo non vuole rifugiarsi in una cristianità sacrale-medievale, antitesi di
quella che desidera: laica, pluralista, personalista, aperta.
E’ del dopoguerra un piccolo libro, Qu’est-ce que c’est le personnalisme, pubblicato nella
collana Que sais-je?, che raccoglie il succo del suo pensiero42. Sono anche gli anni delle
conferenze, degli incontri a carattere interdisciplinare a Châtenay con le discussioni sui temi più
scottanti, e dei viaggi con reportage sulle diverse esperienze politiche, in Polonia, Austria,
Belgio, Africa, Germania, Inghilterra, Paesi scandinavi, Italia (1947 e 1949).
Il rapporto con Paulette è forte e fecondo. Durante gli anni difficili del 1940/41, quando
Emmanuel viene imprigionato, è Paulette a tenere le fila dei rapporti e accudire la famiglia. Nel
1945, quando si realizza il progetto della comunità di famiglie a Châtenay Malabry, è ancora lei
a tessere l’unità tra personalità forti, di tradizioni e fedi diverse, come Jean-Marie Domenach,
Paul Fraisse, Paul Ricoeur e le rispettive famiglie.
La figura di Paulette viene soprattutto in luce dopo la morte di Emmanuel, il 22.III.1950.
Paulette ha soli 45 anni e raccoglie una difficile eredità culturale e una incerta situazione
economica. Sceglie comunque di continuare l'esperienza del marito e di tenerne viva la memoria.
Nel 1952 favorisce la nascita del bollettino "Amis d’Emmanuel Mounier”, che considera
41 E. MOUNIER, Ne nous demandez pas de ne pas etre nous-memes, 1949, rip. in Les certitudes difficiles, Le Seuil,
Paris 1951, pp. 172-176.
42 Qu’est-ce que le personnalisme, PUF, Paris, 1949, in Œuvres, III..
indispensabile a mantenere i collegamenti con quanti sono legati al pensiero del marito. La
solerzia e la tenacia di Paulette, che la dirige fa di questo Bollettino uno strumento indispensabile
per gli inediti e per l'aggiornamento su quanto nel mondo si muove attorno al personalismo
comunitario. Sempre Paulette negli anni 1961-63 cura con grande intelligenza le Oeuvres
complete di Emmanuel, pubblicate in 4 volumi, e interviene all’occorrenza come esperta nei
convegni sino alla sua morte giunta nel 1991.