IIResidenziario 1.2007.3
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IIResidenziario 1.2007.3
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Tale carta nasce dall’esigenza di voler fornire a tutti i residenti uno strumento che permetta di ricevere agevolazioni di vario genere: dagli sconti su acquisti, ad ingressi agevolati, etc. La card è, dunque, collegata ad una serie di convenzioni che l’Azienda Residence Luciani ha stipulato a livello nazionale con grandi Partners e a livello locale nelle città di appartenenza delle residenze...... Per tutti è possibile consultare l’elenco dei convenzionati nel sitoportale dell’Azienda www.residenceluciani.it, all’interno della pagina dedicata alla Card. ...proseguiamo con il Servizio di Consulenza medica on-line. Come sappiamo la distanza dal luogo di residenza rende difficoltoso il rapporto con il proprio medico per qualsiasi esigenza più o meno contingente e come ben sappiamo capita spesso di rivolgersi al medico di famiglia non solo per la cura di patologie in atto ma anche per consigli o pareri. È sicuramente nella possibilità di instaurare un rapporto di fiducia a sottolineare l’importanza che il proprio medico di famiglia assume nel tempo nei nostri confronti. In quest’ottica si è, dunque, pensato di creare un’equipe medica che possa, se non proprio sostituire la funzione del proprio medico, almeno svolgere il prezioso ruolo di interlocutore competente e di fiducia. Tutto ciò attraverso un sistema di comunicazione come quello “on-line” che permette di supplire al problema della distanza. Nello specifico il servizio consiste nella possibilità, attraverso l’utilizzo del computer e delle rete Internet di: 1. usufruire di una consulenza “a distanza” grazie all’invio di richieste ad un’ equipe di medici esperti; 2. di avere a disposizione delle informazioni su tematiche mediche e alimentari prescelte; 3. di conoscere, in forma anonima e autorizzata, i problemi presentati da altri utenti. Al fine di conoscere ampiamente le caratteristiche del servizio si invitano i lettori a consultare le pagine web dedicate sempre nel sito www.residenceluciani.it ... L’Albo dei Residenti ! Come la tradizione vuole in alcuni colleges inglesi e americani, il presente Albo vuole avere le caratteristiche di un Annuario dei residenti allo scopo di creare una sorta di “album” storico o “dei ricordi”. In ciascuna struttura, si è pensato di realizzare un annuario in cui i residenti ne potessero far parte, come ricordo e testimonianza della loro presenza nelle residenze della Residence Luciani. L’Albo è costituito da schede che riportano alcuni dati e un commento personale sulla vita di residenza. Il primo annuario ad essere stato realizzato è stato quello dei residenti IULM, relativo all’anno accademico 2005-2006. La pubblicazione ha riscontrato un notevole successo. Su questo esempio per l’anno accademico, appena iniziato, si vuole ripartire in tutte le altre residenze. A tal proposito, chi volesse partecipare, potrà rivolgersi al proprio Responsabile di residenza e attenersi alle informazioni che gli verranno fornite. Anche qui vi sarà la possibilità di visionare l’Albo nel sito della Residence... ...e la Raccolta delle tesi ! La raccolta nasce per il duplice scopo di: creare una raccolta cartacea di tesi degli studenti che sono stati residenti nelle Residenze della Luciani, consultabili per finalità di studio; inserire gratuitamente nella “raccolta” on-line del sito - portale della Residence Luciani www.residenceluciani.it un suo estratto, per permettere alle Aziende interessate di poter visionare l’opera, al fine di un possibile interessamento per fini lavorativi (Job link). In virtù degli scopi suddetti l’iniziativa continua la sua “storia” e permette a tutti coloro che stanno per lasciare l’Università e la Residenza da laureati, di dare un notevole contributo alla divulgazione del sapere! Queste non sono che alcune delle iniziative che hanno trovato il favore dei residenti, altre sono in procinto di essere attivate e altre ancora nasceranno grazie, soprattutto, alle Vostre idee!! BO ZZ A CARI AMICI, è nato “Il Residenziario”, il giornale fatto da e per gli studenti delle residenze universitarie della Residence Luciani. Il giornale graficamente si presenta come un semplice e breve quotidiano, ma ha il carattere della rivista periodica, sia per i suoi contenuti e sia per lo stesso formato con cui si presenta. Questo primo numero è formulato per fare conoscenza con tutti Voi studenti delle residenze e soprattutto per dare una prima voce a chi ha voglia di dire e divulgare. Lo spirito del “giornale” è, infatti, proprio quello di dar VOCE a tutti coloro che hanno voglia di “dire”, attraverso il mezzo della carta stampata. Il “giornale” è scritto da studenti e da altri collaboratori, tratta degli studenti e, in particolare, di quelli che vivono nelle residenze di: Torre Maura e Casalbertone a Roma; Residence Iulm a Milano. È già prevista la partecipazione, in futuro, delle redazioni delle altre residenze di Torino “P. Borsellino” e “Villa Claretta”. È importante sottolineare sin da subito che il giornale è apartitico, apolitico, senza alcun preconcetto religioso e razziale. L’unico dogma è il rispetto della diversità di pensiero, qualora miri ad arricchire e non a sopraffare. “Il Residenziario” sarà consultabile anche on-line attraverso il web site www.residenceluciani.it. Quindi, se le copie del giornale non saranno più disponibili, avrete la possibilità di leggere il giornale on-line e di consultare anche vecchie copie dall’Archivio che si sarà realizzato. Il giornale come vedete è composto da otto pagine, sei delle quali sono realizzate dagli articoli delle redazioni locali, ovvero dagli studenti di ciascuna residenza. Infatti, si è pensato per questa uscita di dedicare ampio spazio con ben due pagine per ogni residenza. I coordinatori di tali redazioni sono gli stessi Direttori-Responsabili, che qui ringrazio per la loro attenzione e dedizione nell’aiutare i ragazzi in questa loro avventura “redazionale”. Si ringraziano, naturalmente, tutti i residenti che hanno contribuito a scrivere alcuni “pezzi” e che hanno permesso, così, di avviare il Giornale. Nelle prossime uscite il giornalino avrà un maggiore carattere d’informazione e provvederà ad analizzare,studiare e commentare la situazione dell’offerta alloggiativa per gli studenti fuori sede e stranieri in Italia. Non solo, verrà dedicato anche maggior spazio alle notizie provenienti dal mondo Universitario e da quello riguardante i servizi per gli studenti Universitari in contatto con i vari Enti per il Diritto allo Studio regionali. Come in qualsiasi giornale i contenuti sono, comunque, oggetto di revisione da parte della redazione centrale di Roma, per permettere che non vi siano testi con contenuti non pubblicabili. È per questo motivo che chi partecipa alle redazioni locali è consapevole delle regole che stabiliscono come dev’essere scritto e realizzato un articolo. Per il resto tutto è nelle mani, anzi nelle idee di Voi studenti-residenti. L’invito da parte della redazione centrale è che possiate collaborare sempre più numerosi, infatti a tutti è data la possibilità di scrivere. Naturalmente, come per tutti i giornali, dev’essere presente sempre la serietà professionale. Solo con il Vostro contributo “Il Residenziario” potrà continuare la sua storia e puntare come “sogno nel cassetto” ad una grande risonanza e diffusione. La nostra speranza è quella che il Residenziario possa dare il suo contributo, seppur piccolo, al superamento della concezione negativa di residenza quale mero “dormitorio” per studenti universitari. Forse, la piccola presunzione è quella che tale giornale possa dare il suo contributo a fare assumere alla residenza universitaria il ruolo che certamente merita: un luogo di vita e di crescita (universitaria e non) integrato al mondo dell’Università! Non mi resta che augurarVi buona lettura! STAMPATO IN PROPRIO La Redazione DAL RESIDENCE UNIVERSITARIO IULM Il residence un’esperienza da vivere ORE OTTO E QUINDICI del mattino, strani suoni sibilano nelle tue orecchie; dopo un minuto di confusione ed intontimento post-apertura degli occhi, riesci a collegare il significante al suo significato: è la sveglia!!! Fuori è una classica mattina di fine novembre, Milano è già sveglia, il traffico è intenso, il cielo è coperto da nubi minacciose; la tua camera però è un mondo a parte, un microcosmo di silenzio, serenità e temperature gradevoli; ma bisogna tirarsi su, la lezione è alle nove ed il professore non è un fan degli studenti ritardatari; dopo una rapida doccia ed un altrettanto veloce scelta di maglione e jeans, che spesso, nel rispettoso buio della stanza, fai fatica a trovare (ah, se per una volta ci si preparasse i vestiti dalla sera precedente, come la mamma ripete da anni…) sei pronto ad affrontare l’ennesima gelida giornata di lezioni accompagnate dalla malinconica pioggia ambrosiana. Ignorando il compagno che si lamenta per i troppi rumori, esci dalla stanza, “chiami” l’ascensore perennemente affollato, ed in quaranta secondi, a meno di possibilissime consegne di “comunicazioni urgenti” da parte del portiere, e nonostante gli occhi stanchi e le gambe indolenzite, sei già in università. Solitamente le lezioni si protraggono fino alle tredici e trenta, orario in cui puoi finalmente dare sfogo ad i tuoi bisogni fisiologici mangiando tutto ciò che la mensa universitaria (che la borsa di studio rende peraltro gratuita) offre, senza dare troppo peso al tuo lato schizzinoso che ti ha accompagnato fino ai vent’anni; i tre quarti d’ora di pausa rimanenti prima della consueta lezione delle quindici li passi tra un indispensabile sorsata di rigenerante caffè ed una breve partita a ping-pong nella sala hobby del residence; con il morale a terra per l’ennesima sconfitta rientri in aula a seguire le ultime due lezioni del giorno; alle diciotto, dopo aver finito di seguire i corsi, ti concedi una sigaretta con gli amici, e, tra una critica ad un professore ed un’imprecazione conto il temporale in arrivo, tra le lamentele per il sonno arretrato ed i discorsi sul freddo pungente, ti ritrovi a parlare di quanto sei fortunato a vivere a cinquanta metri dall’università e di quanto sarebbe pesante farsi un’ora di viaggio o magari mettersi a lavorare per pagare eventuali affitti di case con rate ben più care del mezzo milione mensile(scarso) del residence. L’arrivo dell’ora di cena è preannunciato dagli schiamazzi provenienti dalla cucina; le urla contorte e la fila degna di un ufficio postale ti portano ad aggirare l’ostacolo andando in camera della tua amica a chiacchierare dei programmi televisivi della serata o degli eventi politici e di cronaca riportati dal quotidiano comprato dopo pranzo; lo “spuntino serale” slitta così alle ventidue, ventidue e trenta, quando i fornelli sono liberi e gli sbadigli pian piano sostituiscono i sorrisi; l’avvicinarsi del momento in cui si chiuderanno gli occhi in cerca del riposo reclamato tutto il giorno rende il residence romantico, immerso in un piacevole silenzio, con i discorsi che si fanno via via più impegnativi e le parole che diventano più leggere, più interessanti, meno stressanti; nel bel mezzo di questi discorsi tra il paranoico ed il sognante arriva il portiere a chiudere la cucina; le ultime anime pensanti sparse per l’edificio scivolano silenti nelle proprie camere ed anche tu, salutata la tua amica, sei pronto a dialogare con Morfeo della bellezza di un rapporto, quello tra uomo e sera, che, Foscolo docet, è da sempre sinonimo di inquietudine e dolcezza. E’ mezzanotte e trenta, entri in camera, poggi la testa sul cuscino ed in un tempo piccolissimo stai già dormendo; neanche il tempo di sognare che il solito suono martella la tua mente confusa; è già giunto il momento del risveglio (Morfeo traditore) e tu sei sempre il solito: non hai preparato i vestiti, hai un sonno tremendo e non sai in che aula è la lezione delle nove. Pensa un po’ se abitassi a Lotto… ESPERIENZA DA ERASMUS BO ZZ A CAMBIAMENTO, disorientamento, responsabilizzazione. È un climax di sensazioni che possono investire un ragazzo che decida di intraprendere la carriera universitaria. E poi lezioni da seguire, esami da preparare entro scadenze prefissate, vita da gestire e a volte persino da ricostruire daccapo. Ma un’università che funzioni deve saper far fronte a questi problemi ed accogliere nel migliore dei modi i suoi iscritti. È ciò che si propone la nostra università Iulm che offre nuove occasioni, un ventaglio di opportunità, porte che si aprono e universi che si allargano. Uno sguardo sul mondo lavorativo, una finestra aperta sulle possibilità future. Ma non è tutto, perché l’università Iulm offre anche l’opportunità di condividere questa esperienza scegliendo di abitare insieme a persone che hanno intrapreso lo stesso percorso di vita. Il residence dell’università, infatti, situato all’interno del campus, con i suoi confortevoli servizi, cerca di offrire ospitalità soprattutto a ragazzi che, provenienti da zone esterne all’area milanese, si trovassero a dover affrontare anche il problema della distanza e della lontananza da casa. La convivenza nel residence aiuta a sviluppare, di certo, un senso di socialità e disponibilità verso gli altri e rappresenta anche un modo per mettersi alla prova in una situazione in cui un clima di collaborazione e fiducia non possono mancare. Per non dimenticare, inoltre, i proficui scambi culturali di idee ed esperienze che sono favoriti dalle convivenze con studenti stranieri, fruitori di progetti Erasmus o di Exchange Programme, sempre messi a disposizione dal circuito accademico. Insomma un’esperienza che, se possibile, vale la pena di essere vissuta se non altro perché porta ad una sicura crescita personale. Ilaria Trisolino Il residence tra vizi e virtù 2 Stefano Molle UN’ESPERIENZA INTENSA L’ANNO SCORSO, ho deciso di fare l’Erasmus. All’inizio ero un po’ titubante perché non sapevo cosa aspettarmi fino in fondo. Alla fine però ha prevalso la mia voglia di vedere un’altra visione di vita, per poter apprezzare con occhi diversi anche quella che avevo già. Sicuro della mia decisione non ho più esistato: ho comprato il biglietto aereo e sono partito per l’Italia. Dopo un iniziale spaesamento appena arrivato a Milano, il giorno dopo ho potuto trasferirmi nel Residence IULM e per è stato molto importante trovare la mia nuova casa. È iniziata così l’avventura italiana da universitario. Nei primi due mesi ho incontrato le solite difficoltà che può incontrare una persona che non conosce bene la lingua, oltre al fatto di dover condividere gli spazi con un’altra persona, cosa a cui non ero abituato vivendo da solo a Lisbona. In un primo momento queste situazioni non mi hanno facilitato l’integrazione piena nel residence, e alcune volte ho avuto la tendenza a chiudermi in me stesso. Fortunatamente tutto è cambiato grazie alle conoscenze che ho fatto in cucina, che mi è sembrato l’unico posto dove tutte le persone riuscivano ad esprimersi ed a fare amicizia. In tutto questo credo di aver avuto una grande fortuna perché sono andato ad abitare nell’edificio del residence dove la maggioranza era costituita da italiani, mentre gli altri erasmus restavano fra di loro. Io non ho fatto questo errore, certo era più facile uscire e condividere momenti con persone nella mia stessa situazione, simili a me per lingua e per cultura, ma a me sembrava senza senso. Così da quel giorno ho passato sempre più tempo con i miei amici italiani, facendo sempre più conoscenze. Loro mi hanno aiutato molto ad evolvermi linguisticamente e socialmente ed io in cambio mi sono aperto con loro perché mi sono sentito a mio agio, sicuro di poter cominciare da zero. Rapidamente sono migliorato e mentre cercavo di conoscere la cultura italiana sono riuscito a dare facilmente ben otto esami. Non ci avrei mai creduto prima! Ma in questi mesi non ho solo fatto questo, ho viaggiato molto in Italia e per l’Europa, per maturare e conoscere sempre di più. In Italia sono stato in Trentino, a Venezia, in Liguria, In Toscana, in Emilia Romagna ed ho girato tutta la Lombardia, tutti viaggi on the road perché quando sono partito avevo già intenzione di fare questo ed ho portato con me la mia macchina. Ed ora mi trovo a Luglio soddisfatto del mio anno in Italia che è stato unico – una cosa non quantificabile nel valore – per le amicizie che mi ha portato, alcune davvero sincere ed importanti, che credo porterò con me per tutta la vita. Vi ringrazio di cuore per l’ospitalità, non lo dimenticherò e spero di tornare ancora a settembre per dare ancora due esami e, cosa più importante, dire ciao a tutti. Tiago Lopes Jorge IlRESIDENZIARIO DAL RESIDENCE UNIVERSITARIO IULM LE VEDIAMO ogni giorno e non sappiamo chi sono, vengono nella nostra stanza e non le conosciamo, se non con strani e allegri vezzeggiativi. Sono le signore delle pulizie. na che avete visto nelle stanze del residence? La signora Eined non ha voluto che scrivessi questa risposta, ma niente di molto grave o eclatante. E’ giunta l’ora di conoscerle, di illuminare questo lato oscuro del residence, dando anche loro, come diceva qualcuno, i famosi 15 minuti di notorietà. Siete conosciute come “le signore delle pulizie” oppure come “dieci minuti” e “permesso”, vi piacciono questi appellativi? Sono indifferenti, non mi piacciono ma non sono nemmeno i miei preferiti Iniziamo con la cosa più importante, il vostro nome? Eined Piyadasa Da dove viene? Sri Lanka Preferireste altri pseudonimi o più semplicemente i vostri nomi? A volte mi chiamano signora, ma non mi piace tanto, crea delle distanze, preferisco essere chiamata Eined o Mali, il mio nickname. BO ZZ A ARRIVAI QUA una mattina di quasi tra anni fa, piccola, magra e con due valigie di speranze per il futuro. Una casa nuova, una città nuova, un’altra vita. Fu una ragazza albanese, la mia prima compagna di stanza, a spiegarmi tutto. Mi raccontò che c’era una cucina più pulita, un portiere più simpatico, un vicino più molesto. Era una vera esperta. Dovrebbe esserci un corso introduttivo che ti spiega un po’ le dinamiche, che ti informa del fatto che qui si vive in pochi metri, che ci sono delle regole, delle dinamiche di relazione abbastanza complesse. Che non esiste la privacy, che non ti puoi cucinare le lasagne. Però non si è mai mai mai soli, nel bene e nel male. Non ho potuto dire una sola volta che mi ero pentita della scelta, nonostante tutto, perché queste ristrettezze sono tutto quello che poteva servirmi per vivere. È una casa, una grande famiglia. Perciò si litiga, si convive, ci si disturba ma non si sente il disagio dell’appartamento vuoto. Quando hai 20 anni e vieni da 800 chilometri di distanza il residence fa davvero la differenza: ti coccola, ti vizia, ti ripara dalla realtà. Però poi ti insegna seriamente cos’è lo scontro tra culture. È come una grande stanza vuota con dentro 140 persone: non si può che vivere di relazioni e si finisce con l’aiutarsi. Oggi sono grande, grossa e laureata e le mie valigie sono piene di ricordi. Sono un’altra persona e il residence senz’altro ha dato una svolta decisiva alla mia crescita. Non è sempre stato semplice ma è stato giusto. Mi ha dato amici, lezioni, delusioni, fatiche. Come la vita fuori, ma diverso. Avrei potuto crescere anche vivendo in un appartamento, indubbiamente, ma non così. È un’esperienza che consiglio, se non altro perché capita una sola volta nella vita. Maria Rosaria Sanna Da quanto lavorate qui? Due anni, forse più di due Cosa ne pensate del residence e dei suoi residenti? Mi piace, vedo gente diversa e allegra a differenze di quello che potrei vedere facendo la domestica. Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi nel suo lavoro? Il mio lavoro mi piace, è più bello che fare la domestica, non è pesante, sono solo quattro ore e quando finisco posso andare a casa; gli aspetti negativi potrebbero essere i ragazzi che ci dicono di aspettare e noi non abbiamo tempo, oppure la sporcizia in cucina o in sala video per la finale dei mondiali. La cosa più strana che vi è capitata qui dentro? Qual è invece la cosa più stra- LE NOSTRE INTERVISTE Quella mattina THE DARK SIDE era solo l’inizio OF THE RESIDENCE Ultima domanda, davanti a voi ci sono tutti, residenti e personale del residence, cosa vorreste dire? Sono tutti delle brave persone, ad esempio, i portieri e la direttrice ci aiutano se abbiamo problemi, e molti ragazzi ci offrono il caffè anche se noi non possiamo accettare perché dobbiamo pulire e abbiamo poco tempo. Vorrei dire, per i ragazzi che lo pensano, che noi non siamo cattive, dobbiamo solo lavorare e abbiamo poco tempo per fare tutto. La signora Manias non ha voluto essere intervistata, ha rinunciato ai suoi minuti di fama, ma Eined per molte risposte ha usato il plurale, quindi possiamo dire, almeno per certi aspetti, di avere le ambedue opinioni. Rizzello Antonio Io utilizzo due spazzolini da denti IO UTILIZZO due spazzolini da denti, di due marche diverse. A seconda dell’umore scelgo. Il mio dentifricio è sbiancante. O quello o niente. Il mio porta–bagnoschiuma è rotto: pende verso sinistra. Anche l’appendi-accappatoio è rotto. L’ho prontamente sostituito con quello del mio coinquilino. Ora il suo è rotto. A Natale Valeria mi ha regalato una saponetta alla cannella. La vorrei utilizzare ma ho ancora la mia vecchia saponetta comprata al Carrefour a 34 centesimi. E’ un peccato gettarla. Sul mio water sfoggio un maialino rosa che mi hanno regalato Giorgia e Chiara per i miei 20 anni a Milano. Irrinunciabile. Odio la polvere sotto il letto, le gocce d’acqua e il dentifricio nel lavandino, i capelli nella doccia, il tappetino blu del bagno quando è bagnato, quello rosso quando è macchiato. Pulisco il bagno con il Cif il sabato sera già vestito per uscire mentre aspetto che mi passino a chiamare. Così quando torno stanco trovo tutto lindo. Apro sempre la finestra. Ho un bisogno continuo di aria fresca, anche quando nevica e la temperatura è sotto zero. Il mio balcone è la finestra sul mio mondo personale. La via d’accesso al cambiamento. E’ morta la mia piantina di basilico che mi avevano regalato quelli di Sky. Non l’ho uccisa io, ma qualcuno non le ha dato da bere per una settimana. Cambio le lenzuola ogni domenica mattina tra le undici e le undici e venticinque. Alle undici e trenta chiamo i nonni. Le lenzuola che mi passa il Residence sono bianche. Come quelle degli ospedali e degli hotel di bassa categoria. Ora ho sostituito il copriletto standard blu con uno mio. Arancione. La mia scrivania deve sempre essere libera da libri, computer, riviste. Solo il telefono e la mia nuova lampada di Kartell. Ho bisogno di spazio. Lavo sempre le pentole e le posate. Lo faccio anche nelle stanze degli altri, pur di non vederli in giro. Uso piatti di plastica e tovaglioli di carta, li getto IlRESIDENZIARIO dopo l’uso e tutto torna in ordine. Mangio il pane Mulino Bianco. Costa poco e non fa briciole sul pavimento. Faccio la spesa all’Esselunga di viale Cassala. E’ vicino casa. Compro tutti i prodotti in sconto e quelli che regalano tanti Punti Fragola, per accelerare la raccolta della mia Fidaty Card. Anche il modello Michael Kenta fa la spesa lì. Lui beve acqua Evian. Io quella del rubinetto. Adòro i risotti pronti Star, odio gli spaghetti alle vongole Knorr. Faccio la spesa una volta a settimana, spendo mediamente 24 euro. Pago in contante. Bevo ogni giorno 245 ml di latte scremato Esselunga con un pugno di cereali Special K con cioccolato. A volte metto il miele che ho preso in hotel a Parigi, ma sta per finire. Da due anni la mia tovaglietta della prima colazione è quella plastificata che ho preso a Montecarlo. Me ne hanno regalata una Lavazza, ma è verde acido. Mi mette di malumore di prima mattina. Quando appendo qualcosa alla parete deve sempre essere perfettamente in linea con il resto. Se no mi sembra che il mio mondo stia cadendo. Porto io giù l’immondizia, faccio la raccolta differenziata carta, plastica, vetro. Spazzo per terra solo nella mia metà di stanza. E nel bagno. Il mio armadio è diviso in (da sinistra a destra): jeans, pantaloni neri e verdi, piumini, giacca a vento, cappotti, giacche invernali, giacche primaverili. Concordano in colore e stagione. Le magliette sono piegate e messe in seconda fila, i maglioni di lana in prima. Nel cassetto superiore tengo la biancheria intima, nell’altro le camicie. Nel ripiano scorrevole le scarpe. Ma eri così curioso di conoscermi che sei arrivato fino all’ultima frase? Andrea Caravita 3 DALLA RESIDENZA UNIVERSITARIA TORRE MAURA Il codice Torre Maura CHI HA BISOGNO DEI SUPEREROI? ESISTE UN POSTO al di là della semplice idea di università, questo posto non è altro che la residenza Torre Maura. Qui vi abitano studenti provenienti dai quattro angoli dell’Italia meridionale, per lo più, frequentano da fuori sede le varie facoltà dell’ateneo, è sono qui non solo per volontà divina ma anche per aver vinto il posto alloggio annesso alla medesima borsa di studio LAZIOADISU in concorso per studenti italiani e stranieri poco agiati dal lato economico. Oltretutto in questa cornice confluiscono anche gli Erasmus, che non sono altro che un’ origine protetta dall’UE di studenti internazionali di transito, per pochi mesi nel nostro ateneo, da ogni parte del mondo. Ed è proprio grazie a questa mescolanza etnica che rende la residenza universitaria una moderna babele a pochi passi anzi a tanti passi da Roma. Questo mondo in scatola, in realtà non è altro che una semplice e graziosa costruzione che domina dall’alto il viale di Torre Maura, chi ci passa la riconosce subito, anche perché è l’unica in mezzo al nulla. Ciò che attrae di questa residenza, non è certamente la collocazione, bensì l’oggetto più importante che la storia abbia mai creato, l’opera su cui ha avuto sviluppo la civiltà come la conosciamo noi, quasi paragonabile al Santo Graal non solo perché emana fumo, è questa non è altro che l’acquasantiera profumata in reception. Un’opera di valore inestimabile, si narra che fu costruita nell’era paleolitica da uno studente di ingegneria fuori corso, quello che la storia chiama vecchio ordinamento. Protetto durante i secoli da una ordine creato durante le crociate erasmus in mensa, molto più potente e sindacalizzato dei templari, ed è quello dei custodi, il primo fu l’Elia. Successivamente nel corso dei secoli se ne persero le tracce, la leggenda inserita nel sacro bando narra che addirittura Leonardo Da Vinci si mosse in giro per l’Europa per cercarlo e ricostruirlo, facendo mille lavori, il cosiddetto “ progetto Leonardo”. Ulteriori testimonianze, vennero anche dal primo erasmus a Torre Maura, Erasmo Da Rottherdam che, allora laureando, esclamò davanti al sacro oggetto la famosa frase : “ era meglio che rimanevo a casa”. Ai nostri tempi, comunque, l’acquasantiera rimane ancora un mistero, che effetto ebbero i suoi fumi profumati di cannella durante la seconda guerra mondiale? Non lo sapremo mai. Cosa rappresenta quell’opera in chiave jazz? un’altra domanda da cui non troveremo valide risposte, se c’è uno cosa che la storia ci ha insegnato, e magari darò anche l’esame, e che per entrare a Torre Maura per visitare il mausoleo dove è custodia la reliquia fumante, non si deve far altro che aprire la porta d’ingresso. Tommaso Barone IN RESIDENZA la vita di noi studenti si intrecciano proprio come la trama di un film. Ed i corridoi ne sono le pellicole sulla quale si impressionano. Tutti attori protagonisti, tutti registi. Siamo sempre immersi a capire l’intricata sceneggiatura che scandisce i nostri giorni qui. C’è chi canta che la vita non è un film (Articolo 31, n.d.r.) ...Ma non ne sarei troppo sicura, consapevole comunque che il lieto fine delle migliori commedie sdolcinate e romantiche di rado esiste. Il cinema oltre ad essere un efficace metafora per descrivere il dispiegarsi delle nostre esistenze che vivono a “Torre Maura” è un punto fermo degli appuntamenti di vita comunitaria. Grazie alla passione dei nostri rappresentanti cine-fili , ogni settimana nella nostra sala conferenze viene proiettato un film. Le pellicole vengono scelte cercando di assecondare i gusti della maggior parte dei residenti da un piccolo gruppo guidato dai rappresentanti nell’arduo compito di amalgamare gli interessi di tutti. Quest’ anno la programmazione avrà fra le proiezioni più interessanti : Ti Amo In Tutte Le Lingue Del Mondo, Man On Fire, Superman Returns (aspettando a gennaio l’uscita in dvd), FBI - protezione testimoni 2, La Fabbrica Di Cioccolato, Romanzo Criminale, Dick & Jane, Il Codice Da Vinci, Notte Prima Degli Esami, V Per Vendetta. Ho assistito all’anteprima di “Superman returns”. Non sono certamente una fan di supereroi da fumetto, quindi questo film non suscitava in me particolare interesse, ma ci sono certamente molti spunti di riflessione. Superman, nei soliti panni di Clark Kent nella sua vita quotidiana, ritorna sulla terra dopo aver constatato che il suo pianeta d’origine, Krypton, BO ZZ A è stato distrutto a causa dell’esplosione della supernova vicina. Ovviamente dovrà affrontare il suo nemico di sempre: Lex Luthor ed il filo conduttore che guida la sua malvagità va rintracciato nel mito di Prometeo, che Luthor perfettamente spiega in una delle scene che preferisco di questa pellicola. In effetti la tecnologia purtroppo detiene il potere del mondo al giorno d’oggi. E la tecnologia degli effetti speciali, più o meno credibili, ha in potere milioni di spettatori che rimangono incollati durante la proiezione del film. Clark si rituffa nella sua quotidianità e ritorna a lavorare nella redazione del Daily Planet dove lavora anche la donna della sua vita, Loise Laine. Con suo sommo sbigottimento Kent scopre che la sua innamorata ha vinto il premio Pullizer con l’articolo dal titolo “ Who need superman?” E questo è un altro interessante spunto di riflessione. Abbiamo ancora bisogno di credere ai supereroi? Forse la generazione d’oggi così assuefatta dall’aver sempre tutto ciò che desidera ha smesso di sentire la necessità di immergersi nella mondo dei fumetti, fatto solo di semplice fantasia. Anche perché tutti i bambini presenti in sala non facevano altro che chiedere quando finisse il film. Forse si è perso il gusto di stare su un letto a fantasticare di essere un supereroe che salva il mondo dal male. Troppo fatica quando si può stare alienati davanti ad un massacrante e violento videogioco. Forse Superman piace più a noi ventenni che da piccoli abbiamo avuto più modo di esercitare il potere della fantasia e che abbiamo ancora in mente la lezione di Exupery e del suo Piccolo Principe. Ma bastano un paio di occhiali neri dalle lenti spesse a camuffare tra la folla un supereroe? Valeria Annaro 4 Waiting for the 558 UNA CORSA dell’autobus numero 558 dell’Atac, un viaggio tra il delirio e la sregolatezza del trasporto pubblico romano. Un’esperienza probante sia per chi vi sale al capolinea di Viale delle Gardenie in zona Prenestino, sia per chi parte da Viale delle Ghiandaie in zona Torre Maura, proprio a poche centinaia di metri dalla nostra residenza e non vi dico cosa potrebbe voler significare aspettarlo in una delle ultime fermate in entrambe le direzioni. Chi non conosce la situazione reale penserà che sia una fortuna visto che oltretutto prendendolo in una direzione si giunge dopo poco ad una fermata della metro e nell’altra, scendendo dopo due fermate, si può andare verso l’università. Se andiamo a vedere sul sito internet dell’ ATAC (ndr. agenzia per la mobilità del comune di Roma) la frequenza prevista è di una corsa ogni 7 o 9 minuti a seconda delle fasce orarie della giornata e che diventano 18 dopo le ore 21, per la bellezza di 118 corse giornaliere in entrambe le direzioni. Questo in teoria, visto che in pratica dando come prova la mia esperienza quasi biennale e quella di coloro che abitano da più tempo di me in residenza, posso assicurare la totale incongruenza tra l’evidenza empirica dei transiti e gli assunti a priori delle tabelle degli orari. Per dar modo di capire meglio ai nostri lettori faremo qualche esempio tratto da episodi realmente accaduti, in cui si narrano le gesta di qualcuno dei nostri eroici “vincitori di posto alloggio”: sono le IlRESIDENZIARIO DALLA RESIDENZA UNIVERSITARIA TORRE MAURA Terzani e Fallaci, un filo invisibile che lega due vite parallele disperato tentativo pieno di amore e comprensione con il solo intento di voler fare comprendere un punto di vista, una cultura diversa, ma non per questo errata. L’11 settembre aveva obnubilato molte menti e la guerra tornava ad essere proposta all’Occidente, piuttosto che come una possibilità estrema, quasi come uno strumento indispensabile per difendere la propria integrità (insieme con i ricchi interessi dei petrolieri della Casa Bianca). Mentre una curiosità particolare mi veniva dal suo aspetto di vecchio dalla barba lunga e bianca come le sue vesti, una simpatia partigiana nei suoi confronti me la destava il fatto che quegli scritti fossero il contraltare alle invettive anti-islamiche, delle reprimende all’Occidente molle e inflaccidito, soccombente all’assalto islamico della sua concittadina Oriana Fallaci. Sembra quasi che un filo sottile abbia legato le esperienze di questi due fiorentini e i loro percorsi in un confronto a distanza, anche nell’affrontare la stessa malattia che li ha accompagnati fino alla fine dei loro giorni, le loro idee sono sempre contrapposte. Infatti in Un altro giro di giostra Terzani dà una lettura della malattia e dell’approssimarsi della morte come un cammino. Curato nel centro più avanzato al mondo, dopo aver sperimentato le medicine tradizionali asiatiche, giunge sull’Himalaya in una solitudine quasi assoluta che lo conduce fino alla “scoperta di sé stesso”, fino a vivere il cancro come una “benedizione”, la quale gli apre le porte della rivelazione di una morte amica, che lo raggiunge all’Orsigna, tra i monti dell’Appennino toscano. Per la Fallaci dell’Apocalisse, invece, la sua malattia, “l’alieno” che è in lei, è accostata al cancro morale che rode l’occidente, fatto, a suo dire, di antioccidentalismo, di filoislamismo, fino a spingerla al parallelo tra l’Europa del 1938 e l’Eurabia d’oggi, con il nuovo nazifascismo che avanza vestito da nazi-islamismo. Ella si rinchiude nelle gabbie dell’Occidente, nella pa- ura delle sue aperture, in una vita ritirata che si svolge tra New York e Firenze, dove termina i suoi giorni. I parallelismi fra queste due figure del giornalismo degli ultimi decenni sono davvero parecchi, due biografie interessanti, due testimoni del nostro tempo, che, pur con le loro contraddizioni, lasceranno tracce originali e indelebili. E non esiste modo migliore per chiudere questo articolo ricordando le commoventi parole di Terzani che concludono la lettera alla Fallaci sopracitata. Parole che dovremmo aver sempre presenti quando la rabbia ci toglie lucidità, quando il nervosismo annebbia i nostri pensieri. Parole da ricordare per sforzarci di comprendere gli altri, per capirli. Parole che ci spingono al dialogo, al cambiamento, ma soprattutto alla voglia e alla forza di cambiare il nostro mondo, in meglio per quanto sia possibile. Scrive così Terzani: “Ancor più che fuori, le cause della guerra sono dentro di noi. Lentamente bisogna liberarcene. Dobbiamo cambiare atteggiamento. È il momento di uscire allo scoperto; è il momento d’impegnarsi per i valori in cui si crede. Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale molto più che con nuove armi. [...] La natura è una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto a tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero: sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto più grande di tutte quelle torri che hai davanti e di quelle che non ci sono più. Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui ti passerà anche la rabbia. Ti saluto Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace. Perché se quella non è dentro di noi non sarà mai da nessuna parte.” Valeria Annaro BO ZZ A POCO TEMPO FA è morta la giornalista-scrittrice Oriana Fallaci.Il 28 luglio 2004 moriva Tiziano Terzani. Due vite che si muovevano parallele senza mai incontrarsi. Adesso forse in un posto che la credenza popolare chiama al di là i due si sono sfiorati. Mi piacerebbe sapere cosa potrebbero dirsi. Mi piacerebbe credere che quest’incontro avvenga davvero. Che le loro ideologie così contrapposte, così diverse si confrontino in una realtà che non esiste che sia l’inferno o il paradiso. O forse entrambi al purgatorio parleranno del loro scambio epistolare mai avvenuto. Dei loro racconti di guerra. Delle loro vite, lei a New York, lui in India. Entrambi inviati di guerra, entrambi morti di una malattia (il cancro) della quale hanno scritto, Oriana nella sua Apocalisse, Terzani nel suo Un Altro Giro Di Giostra, eppure approdati a sponde così diverse, nelle quali gli accenti tradizionali della maschilità sembrano appartenere più a lei, mentre quelli della femminilità a lui. Proprio nell’estate del 2004 leggevo l’Apocalisse, Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci. Più leggevo più rimanevo sconcertata e turbata. Da quelle ideologie, da quelle parole di odio, rabbia. Veleno assoluto contro una cultura che non si conosce, ma soprattutto con un astio di chi di comprendere un altro punto di vista non ne avvertiva la minima necessità. Avevo 18 anni, avevo appena finito gli esami di maturità e la mia testa così pregna di utopie rimaneva come violentata da quelle parole. Fu un regalo a farmi pensare che non ero la sola a rimanere sbigottita nel leggere quel libro. Fu quel regalo a donarmi la voglia di sperare ancora in quelle strane e anacronistiche parole: dialogo e pace. Quel regalo meraviglioso era il libro di Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra. Fra quelle lettere ve ne è una dedicata alla Fallaci, quando all’indomani dell’11 settembre lei pubblica per il Corriere della Sera un intervento estratto dalla Rabbia e L’orgoglio. Una lettera carica di buon senso, voglia di dialogo, ore 11:40 di un caldo e assolato sabato di metà primavera quando Anacleto (chiameremo così il nostro protagonista per non incorrere in sanzioni amministrative per aver violato il diritto sulla privacy), carico di valige esce dalla residenza e si reca alla fermata del 558 esattamente dall’altra parte della strada, alla stazione Anagnina lo aspetta, così pensa lui, il pullman di linea regionale che lo porterà a casa con partenza alle ore 12:30, quindi ha ben 50 minuti di anticipo. In lontananza si vede arrivare un bus e lui che non ci sperava proprio inizia pensare che forse questa volta riusciva a non arrivare alla stazione all’ultimo momento, ma si rende conto presto che quello che sta arrivando va al DEPOSITO. Niente di irreparabile in fondo ho ancora + d’ora – questo il pensiero che ha per la testa il nostro stoico, 45 minuti che diventano presto mezz’ora prima di scorgere un altro autobus, che lo illude ancora, è un 554 che non lo porta dove deve andare, poi ne arriva un secondo che però è diretto al deposito. Dopo altri 10 minuti il nostro Anaclerio inizia a spazientirsi quando gli passa d’avanti un quarto mezzo del trasporto pubblico, inspiegabilmente reca il numero 312, che solitamente fa un percorso decisamente diverso. E’ passato anche mezzogiorno ma il 558 ancora no. Alle 12 e 20 minuti prima transita un bus senza alcuna indicazione sul numero della linea e subito dietro questo, Anaclerio come se fosse vittima di un miraggio vede un 558, gli sembra ancor di più un illusione perché in fila ce ne sono IlRESIDENZIARIO altri due...sgomento, abbastanza arrabbiato e poco speranzoso sulla possibilità di raggiungere la stazione in 10 minuti scarsi sale sul primo e come non fa quasi mai tira fuori dalla tasca un vecchio biglietto usurato comprato un paio di mesi prima e mai usato, e lo timbra. Questo particolare si rivelerà non di poco conto qualche secondo dopo visto che alla fermata successiva ad aspettare ci sono ben 5 controllori, e Anacleto, che in un anno e mezzo che vive a Roma per studiare non ne ha mai visto uno, tira un sospiro di sollievo pensando alla beffa nel caso in cui non avesse obliterato il biglietto com’è solito fare, oltre ai 40 minuti in mezzo alla strada si sarebbe potuto prendere una “bella” multa di 101+. Alla fine dovendo scendere dal 558 e attendere il passaggio di un altro autobus, il numero 20, che lo portasse alla stazione in poco più di cinque minuti, il nostro affranto amico è arrivato quando il pullman per la sua città era partito da più di dieci minuti, costringendolo ad un’ulteriore attesa di un’ora quando sarebbe partito il successivo. Questa è solo una delle tante esperienze che chi vive nella residenza di Torre Maura ha fatto aspettando il 558, e nemmeno una delle più raccapriccianti visto che un venerdì sera c’è chi per vederne uno e tornare al numero 81 di viale di Torre Maura ha dovuto aspettare un’ora e un quarto. Francesco Di Palma 5 DALLA RESIDENZA DI CASALBERTONE BREVE STORIA DELLO STUDENTATO BEN COLLEGATA e poco distante dalla stazione Tiburtina, troviamo piazza Tommaso De Cristoforis. Ad attirare l’attenzione il gran flusso di ragazzi che coinvolge il civico n. 6, proprio qui, infatti, è sito il Residence Luciani che ospita gli studenti fuori sede dell’Università Roma Tre. Il palazzo ha una struttura imponente: quattro scale, cinque piani, per un totale di sessantatre appartamenti. La struttura offre ai suoi residenti diversi luoghi di incontro, tra cui: una sala studio, una sala multimediale con quattro postazioni internet e una lavanderia. Quest’ultima opportunità è riservata a chi vive nella residenza come vincitore del posto alloggio ADISU: infatti, proprio in lavanderia, tra un lavaggio e un’asciugatura, possono nascere interessanti amicizie.. I ragazzi che popolano l’immobile sono di età compresa tra i 19 e i 30 anni e per la maggior parte sono studenti o neo-laureati in cerca di lavoro. Si tratta di ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia e non solo. Infatti, ci sono inquilini provenienti anche da diverse e lontane parti del mondo. Questi, convivendo tutti insieme ci danno un bellissimo esempio di come diverse culture e diversi modi di vivere possono incontrarsi e stare insieme rispettandosi reciprocamente. Trattandosi di ragazzi non si può comunque negare che il Residence Luciani vanti la fama del “palazzo più vivace della piazza”: ma a questa vivacità tipica degli ambienti giovanili, è affiancata la paziente fermezza della Direzione, sempre pronta a risolvere con fermezza i problemi più disparati. Grazie alla sua locazione, il Residence offre ai suoi inquilini una serie di servizi indiretti; a pochi metri possiamo trovare: un centro commerciale, una copisteria, un ufficio postale, una banca e naturalmente le fermate degli autobus che permettono i collegamenti con tutta la città, indispensabili per chi studia e “non ha tempo da perdere”. Michela Delli Santi BO ZZ A IL RESIDENCE di Casal Bertone nasce negli anni ’80 per dare ospitalità agli studenti fuori sede che frequentavano le università romane. Luogo d’incontro, un punto di partenza e di ritorno allo stesso tempo; partenza per l’esperienza unica degli anni universitari, della formazione culturale e umana degli uomini studenti, e di ritorno ad un’atmosfera più intima e molto simile a quella paesana, pettegola e chiusa, ma anche sensibile e consolante. Il palazzo era frequentato da ragazzi che provenivano dalla stessa estrazione sociale e quindi in cerca di un alloggio a buon prezzo coadiuvato alla presenza d’altri ragazzi nelle medesime condizioni, da qui nasceva quella amicizia reciproca che portava all’unione e al divertimento collettivo (partite di calcio, uscite di gruppo, gite ecc). Oggi purtroppo questa omogeneità è venuta scemando col tempo fino alla quasi scomparsa dei rapporti tra gli inquilini del palazzo, ossia tra “noi”. I motivi sono imputabili sicuramente al ricambio generazionale, cambiano i tempi e inesorabilmente cambiano e si moltiplicano gli stili di vita, le mode. Un’altra causa di questa eterogeneità è la questione degli stranieri. Il palazzo conta circa settanta posti letti per borsisti dell’Università “Roma Tre”, dei quali la maggior parte sono occupati da studenti Albanesi, ciò porta alla formazione di appartamenti composti interamente da ragazzi stranieri, di conseguenza diminuiscono le possibilità d’integrazione e scambio culturale e sociale. C’è poi una certa chiusura da ambo le parti, verso la reciproca convivenza, dovuta probabilmente ad un eccesso di diffidenza gli uni verso gli altri. Bisogna dire a questo punto che, se esiste pregiudizio reciproco, questo deriva da fatti che non concernono espressamente i residenti del palazzo, ma piuttosto da un fenomeno di sussidiarietà di cui usufruiscono, e da eventi che quotidianamente accadono o sono accaduti. Tale pregiudizio se non viene meno il risultato, è quello che si sta verificando: una chiusura sempre maggiore. La vita del “palazzo” è stata per molti un’esperienza in ogni modo indimenticabile e, probabilmente, ci rendiamo conto d’ogni suo mutamento perché rimpiangiamo i suoi anni migliori. Anonimi Il residence di Roma Tre: la convivenza all’insegna della vivacità RESIDENCE, DOLCE RESIDENCE FINALMENTE a casa, cioè, casa si...ma ’’dello studente’’. Sono quasi le sette e dopo tutta una giornata passata all’università è così bello varcare la porta dell’ appartamento C2, buttare lo zaino sul letto e trovare le tue coinquiline lì, non dico proprio ad aspettarti, ma comunque lì, ad accoglierti magari con un abbraccio… Sono al III anno di lettere e, fortuna ha voluto vedermi una delle ‘‘favorite’’ inquiline del Residence Luciani, che ospita gli studenti, anche quelli vincitori di borsa di studio, come me e molti altri ragazzi. Ed eccomi qua ’’catapultata’’ in una ’’Babele’’ di convivenze casuali. Sono arrivata i primi giorni di gennaio, eppure mi pare di esserci da molto più tempo. Per una ragazza come me, abituata alla tranquillità della ‘‘periferia’’, all’atmosfera familiare del paesino, trovarsi nella caotica urbe è stato quasi uno shock, ho dovuto svegliarmi dal mio bel sonno d’ilarità.. Cambiare ambiente può essere anche molto divertente, ma a lungo andare ti viene nostalgia e comunque saltano fuori delle difficoltà...magari di adattamento o di organizzazione per esempio. Io sono arrivata a Roma da sola, visto che i miei amici hanno intrapreso strade diverse e devo ammettere che adesso, alzarsi la mattina insieme alle mie compagne ’’d’avventure romane’’ è rincuorante. Nel mio appartamento siamo sei, io che vengo 6 da Pontinia, luogo sperduto tra le paludi, la mia compagna di stanza, Gentiana per gli amici Genta, Genzy o Gentuzza, albanese, come le due sorelline che sono con noi, Valentina e Suzanna, e poi Gianna e Michela, entrambe pugliesi doc. Con loro mi trovo abbastanza bene, sono ragazze socievoli e carine, ma devo dire che la convivenza con molte persone non è una cosa semplice…da spiegare… Ovviamente, ognuno di noi ha delle proprie abitudini, vizietti e modalità di condurre la vita, giornalmente...e perché no, la differenza sta proprio nella mentalità. Non parlo di cultura perché a mio avviso è un termine che ha troppe incongruenze e ambiguità d’uso al suo interno. Quindi mentalità è la parola più adatta ad esprimere quel modo di pensare e vedere le cose, di comportarsi che, si, è tipico del gruppo di persone che crescono e vengono educate in uno spazio abbastanza circoscritto, però poi si personalizza acquisendo sfumature diverse all’interno di ognuno di noi… Ad esempio a casa mia si mangia a tavola con la tovaglia, qui invece nessuna delle mie conviventi la usa, una cosa banale che però mostra la differenza. E come questa piccola e apparentemente stupida cosa, ce ne sono altre mille. Purtroppo alle volte sono proprio queste ‘‘sciocchezze’’ che accumulandosi giorno dopo giorno sfociano in discussioni più o meno effervescenti. E’ normale, penserete, si, non lo metto in dubbio, ma ognuno di noi ha un carattere, Una personalità differente…quindi c’è chi è più permaloso, quello a cui dopo due minuti non importa più nulla, quello che si tiene tutto dentro per poi ’’sbroccare’’ quando non ce la fa più…ecc...ecc. Bisogna inoltre aggiungere il fatto che qui si sta per studiare, soprattutto, e a volte capita che una di noi stia in procinto d’esame quando invece le altre hanno voglia di chiaccherare…o guardare la tv, o ascoltare musica e farla sentire al vicino del palazzo di fronte… Io credo, comunque, che siano proprio queste piccole questioni a farti crescere, e a farti capire che nella vita la flessibilità, la pazienza, l’adattamento e il rispetto siano virtù indispensabili, specialmente nei rapporti sociali. Nonostante gli screzi che possono sorgere giornalmente, convivere con altre persone trovo sia un’esperienza interessante, ti dà la possibilità di vedere con altri occhi, di confrontarti sulle questioni più disparate, di apprezzare le minime cose alle quali prima non davi la giusta importanza, e poi, di intessere dei rapporti che possono rivelarsi splendide amicizie. Fare colazione insieme, studiare insieme, beh...ti dà un gran senso di coraggio, per affrontare la vita, la quotidianità, per arrivare ai traguardi, piccoli o grandi che ognuno prefissa in cuor suo. E stare qui per me è davvero importante. Spero di riuscire a mantenere la mia borsa di studio e rimanere un altro anno, e so già che si prospetta pieno di novità e cambiamenti. Valentina Mironti IlRESIDENZIARIO DALLA RESIDENZA DI CASALBERTONE Studenti in terra straniera: eroi della nostra generazione sità e nemmeno i libri, che sono scritti in un italiano più tecnico e specifico”, racconta ancora Genziana che, con diversi esami alle spalle, ha ormai superato l’iniziale sconforto. Sono diversi i ragazzi stranieri che raccontano di essersi sentiti persi all’inizio della loro avventura, ma è un punto di vista comune quello secondo cui esperienze così dure siano anche positive. “E’ un percorso lungo e sfiancante, richiede buona volontà e forza d’animo, ma quando vediamo i primi risultati veniamo ripagati di tutta la fatica fatta”, dice Susanna, 19 anni. Una crescita quasi forzata, insomma, che mette i giovani stranieri davanti alle difficoltà quotidiane fin dai 18 anni, con l’ulteriore ostacolo della lingua e della cultura diverse. “Superare un esame per noi è come averne superati tre” continua Susanna “ma l’energia ci viene data dall’aspettativa di un lavoro soddisfacente in futuro”. E’ quello, d’altronde, l’obiettivo primario, proprio come per gli studenti italiani. Con la consapevolezza, però, che in Italia non è poi così semplice trovare una stabilità lavorativa. Così la maggiorparte degli studenti stranieri pensa di tornare nel Paese d’origine una volta conseguita la laurea, e solo pochi di loro desiderano stabilirsi in Italia. “E’ una questione di principio” dichiara Valentina “se tutti i giovani di un Paese economicamente meno sviluppato dell’Italia venissero qui a lavorare, la situazione rimarrebbe sempre la stessa, e non ci sarebbe modo di migliorarla. I nostri genitori contano su di noi anche per questo”. Risorse energiche e vitali, dunque, che non vanno spente ma anzi coltivate. E, perché no, imitate. BO ZZ A STUDIANO L’ITALIANO su grammatiche e dizionari, sostengono esami di lingua, trascorrono le notti con le dita incrociate e la valigia già carica di aspettative: sono gli studenti stranieri che, tra mille gatte da pelare e moduli da compilare, scelgono di compiere a Roma il loro percorso di studi. Il Residence Luciani di Roma Tre ne ospita ben 40, in gran parte provenienti dall’Albania, ma con il planisfero disegnato sul Dna. Con un bagaglio di almeno due lingue (in alcuni casi anche quattro) e un’infanzia fatta di viaggi e trasferte, infatti, sono loro i veri cittadini del mondo. Il loro passaggio dalle superiori all’università è spesso travagliato, fatto di file interminabili in questure e ambasciate, con diverse selezioni da superare. Perché se “non vali abbastanza, torni da dove sei venuto”, racconta V¨<entina, 21 anni, in Italia da due. Nell’istituto superiore albanese dal quale proviene è stata selezionata fra i numerosi studenti che avevano fatto richiesta di partire per la penisola italiana. Ma questa è stata solo la prima tappa, perché ci sono voluti ben due esami di italiano, uno scritto e uno orale, per ottenere il permesso di fare le valigie. Per questo, una volta superate le prime difficoltà burocratiche, le matricole straniere si buttano a capofitto nelle materie di studio. “Speriamo di ripagare i sacrifici dei nostri genitori che sono lontani con l’impegno e i buoni risultati” conferma Gentiana, 21 anni, a Roma ormai da due “Ma non è semplice, e i primi tempi sono i più duri, con una lingua da imparare e una metropoli in cui sopravvivere”. Un altro ingombrante ostacolo da superare, infatti, è la lingua. Problema fondamentale non solo per l’interazione con gli altri studenti italiani, ma anche e soprattutto per lo studio delle materie universitarie, ovviamente in italiano. “All’inizio mi sembrava di impazzire: non capivo i professori, i compagni d’univer- LE NOSTRE NOTTI MONDIALI VOGLIO RACCONTARVI una storia, una favola, talmente carica di emozioni che sarà arduo compito racchiuderla in poche righe fatte di banale inchiostro su misera carta. Voglio raccontarvi un sogno, cominciato in un caldo 12 giugno e terminato in un rovente 9 luglio a Berlino, Germania, in un’esplosione di gioia collettiva. Come ogni favola che si rispetti tutto ha un inizio, che a parer mio va fatto risalire all’anno del Signore 1982, anno in cui nacque il sottoscritto, anno in cui tanti di voi ebbero i natali, anno dell’ultimo successo mondiale azzurro. Qualcuno già c’era, ma era troppo piccolo per ricordarsi l’urlo e la corsa di Tardelli, o la coppa alzata verso il cielo stretta tra le grandi mani del mitico Zoff. Una favola che ci ha raccontato papà, uno zio, o un amico un po’ più grande di noi. Oggi invece siamo stati partecipi del sogno e finchè morte non ci separi rivivrà per sempre nei nostri occhi. Ventiquattro anni dopo sono a Roma, come studente; è ormai quasi metà giugno, gli esami della sessione estiva sono decisamente alle porte, ma la testa è altrove, i libri parlano una lingua per me incomprensibile e ogni singola pagina sembra che sia lunga quanto la “Divina Commedia”. Ci provo, davvero, ma alzo gli occhi e incrocio con lo sguardo il calendario e vedo una data cerchiata: 12 giugno. E’ ancora mattina, il tempo sembra non scorrere più, come se appartenesse ad una clessidra tiranna che ha deciso di trattenere per sé ogni singolo granello di sabbia. Le sei del pomeriggio sono lontane. Basta! Mi alzo: una liberazione. Chiudo il libro, capitolo non terminato, ricordi nozionistici pari a zero. Pazienza. Ho un impegno, abbiamo un impegno. Oggi cominciano le nostre notti mondiali. Esco da casa: urgono hot dog e peroni a non finire. Le strade di Casal Bertone (il mio quartiere romano) trasudano tensione abilmente mascherata da centinaia di tricolori battenti speranza e passione. Incro- IlRESIDENZIARIO cio sguardi, tanti e tutti simili tra loro. Manca davvero poco; si sbrigano le ultime commissioni, gli ultimi riti scaramantici, perché tra meno di mezz’ora si apriranno le danze, avrà inizio la battaglia e i nostri gladiatori scenderanno in campo per inscenare il primo atto di un’opera che poco meno di un mese dopo scopriremo essere un capolavoro. Torno a casa. Ci siamo. Al momento dell’inno mi guardo intorno e scopro di essere circondato dagli amici più stretti, qualcuno di vecchia data, altri che hanno incrociato la mia strada più tardi, con i quali ho condiviso tutto, sogni, timori, passioni, paure, pranzi e cene, feste e festini, la camera, le bollette, il bagno. Inizia la poesia. Meno di due ore dopo è gioia pura. Il nostro cammino mondiale è iniziato bene e noi tutti siamo lì, in Germania, presenti con lo spirito, accanto ai 23 azzurri. E’ solo il primo passo, ma sentiamo che il sogno comincia a prender forma. Tutti conoscono le tappe dell’iter che ci ha condotti a Berlino. Dopo il Ghana la “guerra” contro gli U.S.A.; poi la Rep. Ceca per chiudere i girone al primo posto. Gli ottavi contro l’Australia con quel rigore di Totti, e quel suo sguardo… L’Ucraina di Shevchenko, tre a zero, ”Toni come Paolo Rossi nell’82” e porte spalancate per la semifinale contro la Germania. Una gara fuori casa, che più fuori casa di così sarebbe impossibile. La partita degli azzurri più esaltante che abbia mai vissuto; la perla di Grosso al 118’, la sua corsa verso una meta inesistente, placcato dai compagni dopo 30 metri di euforia e incredulità; il suo “non ci credo” urlato e mimato, gli occhi bagnati dalle lacrime, asciugate con l’erba di un prato che, già lo immagino, da nonno calpesterà ancora con accanto il nipotino e una sua storia da raccontare. E poi… E poi Berlino, 9 luglio, la Francia, i cugini d’oltralpe, un paio di vendette calcistiche da consumare. I rituali: sempre gli stessi. I libri: impolverati. Gli Giovanna Pisicoli esami: Dio vedrà. La temperatura sale vertiginosamente all’interno della nostra cucina troppo piccola per la mole di tensione che invade l’ambiente. Si suda, e tanto. Il cuore palpita come non mai, temo che esploda. L’arbitro fischia: inizia la finale. Oggi manca mio fratello tornato a casa per le vacanze estive: soffrirà in famiglia. Emanuele lavora,staccherà proprio alle venti e pur correndo con l’auto come un disperato, ascolterà solo per radio il rumore tonfo del pallone calciato da Zidane dagli 11 metri , che sbatte sulla traversa. Urlo di gioia. Poi sconforto. Corri verso casa amico mio, la partita è ancora lunga. E’ vero, inizia male. Ma Materazzi dopo pochi minuti ricorda che volare è uno dei suoi superpoteri, si alza verso il cielo, direi che quasi lo riesca a toccare, e da lassù non lo si ferma mica. Che goal! Trascorrono 120 lunghi minuti. Nel frattempo il capitano francese ha lasciato il manto erboso infilando il tunnel degli spogliatoi ( rosso diretto per un colpo di testa mentale e reale ) e passando accanto all’ambito trofeo in un’immagine emblematica. Si arriva ai calci di rigore, quegli odiati e maledetti calci di rigore. La nazione è immobile, in attesa. Tra pochi minuti sapremo se il sogno si realizzerà o se cadremo nel buio più pesto. Mi allontano dagli altri; voglio che questo momento sia mio. La sequenza dei rigori, con l’errore di Trezeguet, mette sui piedi di Grosso, il ragazzone con gli occhi da cartone animato, la responsabilità di decidere le sorti azzurre. Gli occhi si chiudono. Poi si riaprono. Io ci sono, tutti noi ci siamo. L’Italia entra nella storia dalla porta principale senza chiedere il permesso. Scoppio in un pianto di gioia quasi isterico, Francesco mi abbraccia: anche lui piange. Le gambe non le sento, ma la voce mi è tornata. Posso urlare a tutti, con i miei amici, fratelli, che siamo sul tetto del mondo, per la quarta volta. Il sogno è diventato realtà. Siamo pronti per festeggiare insieme l’ultima delle nostre notti mondiali per le strade della Capitale. Antonio Serlenga 7 La Vignetta ...ALTRE RUBRICHE E VARIE IlRESIDENZIARIO La voce del residente “fuori sede” E-mail [email protected] Coordinatori: Simona Carlini Mauro Della Giovampaola Ornella Michienzi Lucia Vintrici BO ZZ A LETTERA CIRCOLARE PER GLI OSPITI DEL RESIDENCE STAMPATO IN PROPRIO LE RICETTE... “FUORI SEDE” ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ CONSIGLI PRATICI PER NUTRIRSI CON DIVERTIMENTO Cucina: amore e fantasia tra i fornelli PRIMO PIATTO: Pennette dell’amicizia Tempo di preparazione: 25’ per il piatto e tutta la vita per l’amicizia. Ingredienti per 4 persone: -pasta: 400gr di pennette rigate -200g di zucchine -1hg di prosciutto cotto magro -4 sottilette -40g di cipolla -4 cucchiai di olio extra vergine -4 cucchiai di parmigiano -sale e fantasia q.b. -una spruzzatina di amore PREPARAZIONE FASE 1: Taglia la cipolla a dadini molto piccoli e intanto scalda l’olio in una padella di 18-20 cm di diametro; quando giungerà a temperatura versa la cipolla e, girando energicamente, attendi che si imbiondisca. Successivamente aggiungi le zucchine che precedentemente hai lavato e tagliato a cubetti di dimensioni maggiori rispetto alla cipolla. Sala e fai cuocere per 10/15 min. FASE 2: In una pentola sufficientemente capiente versa l’acqua per la pasta; nel mentre controlla il condimento e taglia a quadratini le sottilette e il prosciutto cotto. Si consiglia di scolare la pasta un minuto prima rispetto al tempo di cottura indicato. FASE 3: Aggiungi alla pasta il condimento di zucchine e dopo circa dieci secondi il prosciutto cotto e le sottilette. Mantecare a fuoco vivo per 1 minuto, spolverando con il parmigiano che renderà il piatto più gustoso. FASE 4: una spruzzatina di amore e passione per la cucina e per i tuoi amici che mangeranno con te nella cucina del Residence. Servire con gioia. Vino: bevi un buon bianco frizzantino poco fruttato come il Verduzzo veneto o un Muller Thurgau dell’Alto Adige. “L’idea concepita in questo numero potrà continuare grazie alla collaborazione che tutti gli appartenenti alle redazioni locali delle Residenze Universitarie saranno disposti a concederci, mandando articoli o introducendo argomenti interessanti. Per vedere pubblicati i vostri lavori, non dovrete fare altro che unirVi alle suddette redazioni, rivolgendoVi alle Direzioni delle Vostre Residenze. Vi aspettiamo...!” Alessandro Santoro SONDAGGIO/L’articolo “più gettonato” PER OGNI USCITA del giornalino si è pensato di farVi votare l’articolo che più vi è piaciuto, sia per il tema scelto, sia per come è stato scritto, etc. Il senso del sondaggio è permettere di capire fra i vari temi che vengono affrontati, qual’è stato quello che vi ha maggiormente colpito e in particolare sapere quale stile descrittivo Vi piace di più. Fra coloro che invieranno gli articoli ogni nuova uscita sarà pubblicato il nome dell’autore che ha ricevuto più voti, per dare un momento di notorietà, seppur limitata, a uno di Voi! Puoi votare ritagliando il sottostante tagliando e inserirlo nell’apposita urna della tua residenza oppure inviando una e-mail all’indirizzo seguente: [email protected] Scrivi il titolo dell’articolo più bello: 8 IlRESIDENZIARIO