Piantelli Mario - La Chiesa vive la comunione

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Piantelli Mario - La Chiesa vive la comunione
INTERVENTO ALL'ASSEMBLEA ECCLESIALE 2011 – I SESSIONE - 17/3/2011
Nello Strumento di lavoro l’obbiettivo dell’Assemblea viene così precisato: “individuare le strade
su cui incamminarci come Chiesa diocesana” (pag. 6). Per raggiungere questa mèta si tratta di
delineare il volto della Chiesa non dei prossimi anni, ma dei prossimi decenni. Per questo penso sia
preminente e decisivo il tema della configurazione territoriale, pastorale e strutturale delle
parrocchie del futuro. Il termine ricorrente da alcuni anni è “Pastorale Integrata”, al cui interno si
pone un altro vocabolo: “Unità Pastorale”. Temo che queste parole siano entrate nel vocabolario
ecclesiale senza una precisa comprensione da parte della grande maggioranza dei laici e dei preti. Si
è parlato di sperimentazioni, di ricerca di assetti più consoni alla realtà del mondo che cambia, ecc.
Nello Strumento di lavoro vengono definite “strutture nuove per la missione e la condivisione dei
carismi”. Si afferma che è “largamente condivisa la convinzione che questa sia la strada giusta e
che si debba camminare in questa situazione senza titubanze”. Siamo proprio convinti che ciò sia
vero? In diverse occasioni di incontro con fedeli di parrocchie in cui si è attuata questa
sperimentazione non ho percepito entusiasmo, gioia, passione, ma lamentele, amarezze, sfiducia,
senso di inadeguatezza, crisi abbandoniche, ecc. Mi domando, non con spirito polemico ma per
capire e riflettere: dopo 40 anni che stiamo lavorando con dispendio di energie materiali,
intellettuali e spirituali su Evangelizzazione e Sacramenti, Evangelizzazione e Promozione Umana,
Evangelizzazione e Carità, Evangelizzazione e Progetto Culturale, che cosa non ha funzionato? Il
discernimento che questa assemblea deve realizzare credo debba mirare a definire un progetto
lungimirante, dei tempi lunghi (uomini e donne dagli occhi penetranti come Balaam figlio di Beor –
libro dei Numeri 24). Non si tratta perciò di mettere calce fresca sui mattoni di una parete alle cui
fondamenta c’è una tale umidità che, tempo qualche anno, si verifica il medesimo processo di
sgretolamento, lento ma inesorabile. Nella Pastorale attuale c’è un fondamento che “fa acqua”. In
diverse occasioni mi sono sentito dire da laici adulti e giovani – “se non ci fosse stato il calo del
numero dei preti il problema delle Unità Pastorali non si sarebbe mai posto” – oppure: “non è
illusorio pensare che i giovani o gli adulti che non partecipano alla vita della parrocchia piccola
possano andare in quella più grande vicina perché in Unità Pastorale?” E’ chiaro che non si può
ridurre il problema alla carenza dei preti ma diciamolo, una volta per tutte, e poi voltiamo pagina,
che la pastorale era clericale. Il tema della Pastorale Integrata, entro cui si collocano le Unità
Pastorali, mi pare ancora una risposta all’emergenza che si è generata dentro i cambiamenti in atto
da molti anni a causa della secolarizzazione, ma rischiamo di mettere una pezza su un vestito già
consumato. Credo, invece, che il primo passo sia quello di mettere a fondamento della pastorale
concreta il paradigma della COMUNITA’ quale soggetto non delle Unità Pastorali (come è scritto
al n. 23 dello Strumento di lavoro) ma della Pastorale. E’ la Comunità l’attore principale dell’azione
pastorale. E’ una mentalità da formare mediante un Progetto diocesano lungimirante I°) fondato sul
testo di Atti 2 e 4 e II°) in attenzione intelligente e simpatica al contesto culturale, che registra
cambiamenti effettivi ed evidenti. Ad esempio: la nomina del parroco fatta dal Vescovo, ma frutto
di un percorso a tappe (anche zonale) condiviso con la comunità; preparare équipe zonali di preti e
laici (stipendiati) a tempo pieno per la formazione in zona o in piccole comunità territoriali di laici
inviati dalla comunità in vista dell’assunzione diretta di responsabilità nella propria realtà
parrocchiale; la scelta dell’assetto territoriale-pastorale da attuare nel futuro prossimo (parrocchiaUP-comunità di comunità-collaborazioni parrocchiali, ecc) sia pensata e realizzata in un cammino
condiviso, ragionato, aiutato dai membri delle commissioni diocesane che dal centro vanno in
periferia, ecc. Un’ultima osservazione: come Vicario Zonale pro tempore preciso che la Zona
suburbana non ha mai proposto una revisione della sua configurazione. La maggioranza dei preti e
laici ha chiesto di evitare la fusione con la zona cittadina; di favorire la collaborazione tra
parrocchie con la creazione di équipes zonali e di redigere un Progetto di zona suburbana in base ai
Decreti della Visita Pastorale nella effettiva corresponsabilità tra preti e laici.
Piantelli Mario