La lotta degli irlandesi cent`anni dopo
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La lotta degli irlandesi cent`anni dopo
Irlanda PAnos/LUzPhoto Alla iera agricola di Tinahely, nella contea di Wicklow. Irlanda, agosto 2015 La lotta degli irlandesi cent’anni dopo Laura Flanders, The Nation, Stati Uniti. Foto di Seamus Murphy Un’Irlanda unita, la riconciliazione tra protestanti e cattolici, lavoro e diritti per tutti. A Dublino e a Belfast gli ideali della rivolta di Pasqua del 1916 sono ancora vivi 52 Internazionale 1155 | 27 maggio 2016 Quest’anno ricorre il centenario di un evento che fu uno spartiacque nella storia d’Irlanda: la rivolta di Pasqua del 1916, che avrebbe ispirato gli antimperialisti di tutto il mondo, da Gandhi a Lenin ino all’attivista statunitense W.E.B. Du Bois. Spinti dalla storia, dalla miseria, dal senso d’ingiustizia e dalla speranza, il 24 aprile del 1916, lunedì di pasquetta, 1.500 uomini e donne irlandesi si armarono di bastoni e fucili e sidarono l’esercito britannico logorato dalla guerra. All’insurrezione si unirono radicali e romantici, socialisti laici e nazionalisti cattolici, sufragisti, infermieri, operai, poeti e perino una contessa. Guidati, tra gli altri, da Patrick Pearse, James Connolly, Constance Markievicz (la contessa) e Kathleen Lynn, i ribelli presero il controllo del centro di Dublino e proclamarono la nascita di una repubblica indipendente. “Affermiamo il diritto del popolo d’Irlanda alla proprietà dell’Irlanda e al controllo incondizionato delle sorti irlandesi”, dichiararono. Dopo secoli di discriminazioni, giurarono che nella loro repubblica tutti i cittadini sarebbero stati uguali. L’Irlanda si sarebbe “presa cura di tutti i igli della nazione”. Le cose, però, andarono diversamente. Dopo sei giorni di guerriglia urbana, i ribelli si arresero e le autorità britanniche condannarono a morte sedici dei loro capi, tra cui Connolly e Pearse. Le fucilazioni e le bombe che rasero al suolo buona parte della città alimentarono a tal punto il sentimento antibritannico da rendere l’indipendenza raggiungibile, ma a un prezzo molto alto e solo per una parte dell’Irlanda. Nel 1921, infatti, fu siglato un trattato che divideva l’isola in due parti, istituendo un conine tra il sud e il nord, rimasto sotto il controllo britannico. Dopo i troubles on mi sono mai fermata troppo tempo a Dublino. A Belfast, negli anni ottanta, la sensazione diffusa tra i miei amici era che la Repubblica d’Irlanda fosse molto diversa dal nord dell’isola. A Dublino non c’erano truppe britanniche per strada né barriere tra un quartiere e l’altro. Non c’erano bandiere di guerra, parate paramilitari o proiettili di gomma. Che ci piacesse o no, Dublino era dall’altra parte del conine. E non era lì che c’era il divertimento, la craic, come la chiamavano i miei amici di Belfast. Quindi non ci andavamo mai. Chissà, magari in realtà era piena di manifestazioni. Ma ho i miei dubbi. N Un secolo dopo gli irlandesi sembrano pronti per una profonda rilessione su quella rivolta. Vittime di uno dei più clamorosi attacchi speculativi durante la crisi inanziaria del 2008, i lavoratori irlandesi stanno cercando un’alternativa credibile al “capitalismo da casinò” e al neoliberismo. Alle elezioni di febbraio gli elettori della repubblica hanno dato un colpo mortale ai partiti dell’establishment. In Irlanda del Nord, invece, il 5 maggio è andata a votare per la prima volta la cosiddetta “generazione del venerdì santo”, dal nome dell’accordo che fu siglato due giorni prima della Pasqua del 1998 e che dispose il ritiro dalla provincia di gran parte delle truppe britanniche, il disarmo delle formazioni paramilitari, la riforma della polizia e il ritorno a un sistema di condivisione del potere (power sharing) a livello locale tra protestanti e cattolici. I giovani nati dopo quell’accordo hanno votato quest’anno per il rinnovo del parlamento di Belfast. Rappresentano una generazione cresciuta in un periodo di relativa calma, ma segnata dai tagli ai servizi pubblici voluti dal governo conservatore. E la loro pazienza si sta esaurendo. “Le generazioni passate sono cresciute con i troubles (i disordini, com’è chiamato il conitto nordirlandese tra unionisti protestanti e repubblicani cattolici), lo capisco”, mi ha detto ad aprile Ryan Denver, che lavora in una macelleria a West Belfast. “Ma io la penso diversamente, e come me la pensano diversamente un sacco di giovani. Per me è solo una questione economica”. Il 5 maggio Denver ha votato per Gerry Carroll, del partito antiausterità People before proit alliance (Alleanza persone prima del proitto, Pbpa), che ha conquistato un seggio nell’assemblea nordirlandese proprio a Belfast, la città di Gerry Adams, da anni leader del partito repubblicano Sinn féin. Prima del voto i manifesti elettorali con il volto di Carroll erano a ogni angolo di strada, accanto a quelli del Sinn féin. La battaglia per piazzare i manifesti elettorali nei punti migliori è emblematica della situazione in cui si trova l’isola. La crisi degli equilibri politici ha infatti ulteriormente raforzato i partiti antisistema, proprio mentre il Sinn féin – il partito dell’indipendenza, legato alla rivolta del 1916 – si avvicinava al potere abbastanza da farsene contaminare. Un tempo il nome Sinn féin era sempre accompagnato da una speciicazione: “l’ala politica dell’Ira”. Negli anni ottanta Adams fu bandito dalle radio e dalle tv della repubblica per le sue posizioni a favore della riuniicazione dell’Irlanda e della cacciata dei britannici. Oggi è un patito di Twitter ed è deputato del dáil Éireann, la camera bassa del parlamento di Dublino, dove il Sinn féin è la più importante forza di Internazionale 1155 | 27 maggio 2016 53 Irlanda opposizione ai due partiti principali, Fine gael e Fianna fáil. In Irlanda del Nord l’ex leader dell’Ira Martin McGuinness è vice irst minister (governatore) dal 2007. E la presenza del Sinn féin nel governo regionale è cresciuta a ogni tornata elettorale. Ma condividere il potere con gli unionisti protestanti signiica collaborare con i politici più reazionari del Regno Unito e dare il proprio assenso ai sempre più frequenti tagli alla spesa pubblica. Cosi il partito di Adams è criticato da sinistra da chi contesta l’austerità, mentre i nazionalisti contrari all’accordo di power sharing del 1998 lo accusano di collaborare con il nemico. Il Sinn féin, del resto, si è dato il diicile obiettivo di essere allo stesso tempo – e in due contesti diversi – rivoluzionario, pragmatico e fedele al suo tradizionale obiettivo: l’Irlanda unita. Il tutto in una fase storica cruciale. Come ha detto Adams: “Il motivo per cui si discute tanto del passato è che il futuro dev’essere ancora scritto”. La nave dei folli Quest’anno, a Pasqua, agli alunni delle scuole d’Irlanda è stato chiesto di scrivere una proclamation, in ricordo della proclamazione d’indipendenza scritta dai rivoluzionari del 1916. Tutte le città sembrano riscoprire il ruolo avuto nella rivolta o, se ne- cessario, lo inventano di sana pianta. Quando la rivista statunitense Jacobin ha pubblicato lo slogan di James Connolly “All hail to the mob” (Evviva la folla) sulla copertina di un numero interamente dedicato al 1916, una folla in carne e ossa si è precipitata ad acquistarlo. Alla presentazione del numero – organizzata alla Liberty hall di Dublino, stracolma per l’occasione – le copie vendute sono state il quadruplo del previsto. “Penso che l’entusiasmo che vediamo in giro sia un tentativo di tornare a discutere di dignità collettiva”, mi ha spiegato Fintan O’Toole, il caporedattore della cultura dell’Irish Times, durante un pranzo alla National concert hall di Dublino, dove stava organizzando uno spettacolo sul tema della rivolta. “La parola ‘repubblica’ signiica ancora qualcosa. Magari la gente non sa esattamente cosa, ma sa che è sinonimo di un certo modo di vivere insieme”. Sul crollo inanziario dell’Irlanda O’Toole ha scritto un libro, intitolato Ship of fools. How stupidity and corruption sank the celtic tiger (La nave dei folli. Come la stupidità e la corruzione hanno afondato la tigre celtica). Non è il solo a pensare che il paese abbia commesso un grande errore ad abituarsi al ciclo boom-crisi-austerità. Dal 2008 in poi i vari pessimi governi che si sono succeduti alla guida dell’Irlanda hanno aumentato le Da sapere Un secolo d’Irlanda 1916 Nella settimana di Pasqua un gruppo di repubblicani irlandesi organizza una sollevazione, passata alla storia con il nome di Easter rising (rivolta di Pasqua), e proclama l’indipendenza dell’isola, che faceva parte del Regno Unito dal 1801. La rivolta è repressa nel sangue dai britannici. 1919 Il movimento repubblicano Sinn féin (“Noi stessi” in irlandese) istituisce il primo parlamento irlandese, il dáil Éireann, che proclama di nuovo l’indipendenza del paese. 1921 Viene siglato il trattato anglo-irlandese, che istituisce lo Stato libero d’Irlanda, dotato di autogoverno ma sottoposto alla corona britannica. Sei contee del nord a maggioranza protestante formano l’Irlanda del Nord, che rimane parte del Regno Unito. 1922-23 Il parlamento di Dublino ratiica il trattato angloirlandese. Scoppia la guerra civile tra le fazioni irlandesi fa- 54 vorevoli e quelle contrarie al trattato. 1937 Con un referendum viene approvata una nuova costituzione irlandese, che abolisce lo Stato libero e proclama la nascita dello stato indipendente dell’Éire (“Irlanda” in irlandese). 1949 L’Éire si trasforma in Repubblica d’Irlanda ed esce dal Commonwealth britannico. 1969 In Irlanda del Nord scoppia il conlitto tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani, conosciuto in inglese come i troubles. 1998 Il 10 aprile i rappresentanti dei partiti cattolici e protestanti irmano a Belfast l’accordo del venerdì santo, che mette ine ai troubles e introduce un meccanismo di condivisone del potere politico a livello locale. L’accordo è approvato il 22 maggio dagli elettori nordirlandesi con un referendum. Nei troubles sono Internazionale 1155 | 27 maggio 2016 morte più di tremila persone. 2010 Colpita violentemente dalla crisi inanziaria internazionale e dallo scoppio di una bolla immobiliare interna, l’Irlanda negozia con l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale un piano di salvataggio da 85 miliardi di euro. Cominciano gli anni dell’austerità. 2016 Il 31 marzo a Dublino più di un milione di persone partecipano alla commemorazione del centenario della rivolta di Pasqua. Il 5 maggio gli elettori nordirlandesi votano per il rinnovo del parlamento di Belfast. Vince il Partito unionista democratico (Dup), seguito dal Sinn féin. Il 6 maggio Enda Kenny viene riconfermato premier irlandese alla guida di un governo di minoranza, nonostante alle elezioni del 26 febbraio il suo partito (il Fine gael, di centrodestra) abbia perso più del 10 per cento dei consensi. Bbc tasse e, soprattutto, tagliato la spesa pubblica per un totale di 3o miliardi di euro, pari al 15 per cento del pil. Oggi la metà del reddito familiare netto è in mano al 10 per cento della popolazione, mentre quasi un terzo dei bambini irlandesi vive in condizioni di diicoltà materiali. C’è poi il problema dei senza tetto, sempre più preoccupante: nel 2014 le banche hanno avviato le pratiche legali per pignorare 49mila alloggi. In una situazione del genere non deve stupire se le invettive di Connolly sui “proprietari di casa strozzini e padroni dei quartieri”, i “capitalisti macinaprofitti” e le “prostitute della stampa” oggi fanno presa sull’opinione pubblica. Il giorno di pasquetta ho incontrato Byron Jenkins, che fa il volontario in un gruppo di sostegno per le persone che non riescono a pagare il mutuo. Durante la commemorazione della rivolta, in mezzo a manifestanti vestiti come i ribelli del 1916, brandiva uno striscione con la scritta “Stop foreclosures” (Stop ai pignoramenti) . “La storia d’Irlanda è la storia di un esproprio ai danni del popolo. Prima ci sono stati gli inglesi, oggi ci sono le banche”, mi ha detto. Non è stato facile riuscire a distinguere le parole di Jenkins in mezzo agli slogan scanditi dalla gente: “Quale storia? La nostra storia! Quali strade? Le nostre strade!”. D’altra parte gli attivisti della campagna Save Moore street (Salvate Moore street) avevano ottimi motivi per alzare la voce: l’isolato di casette a schiera noto con questo nome è il luogo dove i ribelli si rifugiarono negli ultimi giorni della rivolta, e dove hanno trovato accoglienza i piccoli commercianti scacciati dai centri commerciali che hanno invaso Dublino. Nella strada era prevista da anni l’apertura di un cantiere per la costruzione dell’ennesimo centro commerciale. A gennaio, però, gli attivisti hanno occupato l’isolato, e alcuni discendenti dei ribelli del 1916 hanno fatto causa ai costruttori. Il 18 marzo, a sorpresa, un giudice dell’alta corte di Dublino ha ordinato il blocco del progetto, dichiarando Moore street monumento nazionale. “La gente ha rialzato la testa ed è iera”, mi ha detto il giorno dopo nel suo uicio Clare Daly, teachta dála (deputata) del parlamento di Dublino. “Le ultime elezioni sono state tra le più interessanti della storia del paese”. Per decenni il Fianna fáil e il Fine gael, i due partiti principali, si sono spartiti il 70 per cento dei voti degli irlandesi. Il 26 febbraio hanno raccolto a stento il 50 per cento. Il Labour party, loro complice nelle politiche di austerità, ha preso il 6,6 per cento. Il Pbpa (che a maggio ha poi ottenuto due PANoS/LuzPhoTo Sagome di giocatori di calcio gaelico a Listowel, nella contea di Kerry, settembre 2015 seggi al parlamento di Belfast) ha conquistato sei seggi. La rabbia e il malcontento spiegano in parte i risultati elettorali. Molto è anche dipeso dalla strategia della sinistra. Daly è tra gli oltre cento candidati progressisti, socialisti, comunisti e del Sinn féin che si sono alleati con i sindacati e le organizzazioni di base per portare avanti rivendicazioni che ricordano in qualche modo la proclamation del 1916: diritto all’acqua pubblica, al lavoro, alla casa, alla sanità, all’istruzione, e inoltre riforme democratiche e nazionalizzazione delle risorse. Questione di pragmatismo La campagna Right2change (Diritto al cambiamento) è nata da Right2water, la grande mobilitazione del 2104 contro il tentativo del governo irlandese di introdurre nuove tarife sul consumo dell’acqua. “In quell’occasione centinaia di migliaia di persone si sono impegnate politicamente per la prima volta. In ballo c’era molto più dell’acqua: la vera questione era l’organizzazione della nostra società”, ha detto Daly. Tra le persone scese in piazza in quelle proteste c’era anche Eoin Ó Broin. Nato a Dublino nel 1972 e cresciuto politicamente a Londra, dove ha fatto l’università, Ó Broin si definisce attivista a tempo pieno. Nel 2001 fu eletto nel consiglio comunale di Belfast, e da allora si è candidato per ogni tipo di incarico. Nelle elezioni legislative irlandesi di febbraio è stato il più votato nel collegio elettorale di Dublino ovest. Ó Broin fa parte della corrente di sinistra del Sinn féin. È un mix di vecchio e nuovo: ha grande rispetto per la leadership di Adams e McGuinness e per la vecchia guardia ma, a differenza loro, non è stato in carcere, non è stato accusato di far parte di un’organizzazione paramilitare e non si è mai visto negare un lavoro per la sua identità religiosa o per l’indirizzo di casa. Il dibattito che lo appassiona di più è quello sul marxismo di Connolly e sulle analogie tra il Sinn féin, i greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos. “Per me, chiaramente, è un progetto di sinistra e repubblicano: la ine della divisione dell’isola, la creazione di un’Irlanda unita basata sui princìpi della giustizia sociale ed economica. Lo deinirei un progetto socialista democratico”. Così il neodeputato Ó Broin ha riassunto, una settimana dopo il voto, i suoi obiettivi politici. Nel suo partito ci sono divergenze di opinione? Certo, ha risposto. Ma poi, quando gli ho chiesto se conoscesse dei militanti che avevano più a cuore la riuniicazione rispetto alla giustizia sociale, ha replicato sicuro: “No”. Le priorità sono una questione di pragmatismo, mi ha spiegato. “Se davvero vuoi migliorare la qualità della vita delle persone e metterle nella condizione di prendere il controllo della propria vita, devi occupare ogni istituzione e ogni spazio politico disponibile”. A riprova di quanto nell’isola le cose siano cambiate, le altre due volte che ho incontrato Ó Broin, nello spazio di pochi giorni, è stato in due città di due paesi che ormai non si sentono più così distanti. La seconda volta eravamo a Clondalkin, una città-centro commerciale a mezz’ora di auto da Dublino, in Irlanda. La prima volta, invece, ci siamo visti a West Belfast, a Falls road, per il lancio della campagna elettorale del Sinn féin, in Irlanda del Nord. Erano presenti tutti i leader del partito, capeggiati dalla vicepresidente Mary Lou McDonald, ex parlamentare europea e oggi al dáil di Dublino. Adams, McGuiness e i cinque candidati locali del Sinn féin al parlamento nordirlandese erano seduti ianco a ianco a un tavolo lungo e basso. Ci ho messo un po’ per capire che tutti i candidati erano stati in prigione. Nel 1916 il generale inglese John Maxwell fece uccidere un’intera generazione di leader irlandesi. Quelli arrivati dopo spesso e volentieri sono initi in galera. Jennifer McInternazionale 1155 | 27 maggio 2016 55 Irlanda Partire dal basso Arrivata a Belfast, ho capito perché tanto tempo fa scelsi di stabilirmi proprio qui. Cresciuta nella Londra degli anni settanta, avevo imparato ad avere paura dell’Ira, ma non ne sapevo quasi niente. Poi sentii parlare delle madri e delle nonne che battevano sui coperchi dei bidoni della spazzatura per le strade di Belfast per annunciare l’arrivo dei soldati inglesi. Lessi della dirty protest delle donne repubblicane rinchiuse nel carcere di Armagh, che avevano deciso di vivere in mezzo alle proprie feci e al sangue mestruale per protestare contro le violenze delle guardie carcerarie e le condizioni di detenzione. Una di loro era Jennifer McCann. Andai a Belfast perché ero curiosa. Quando arrivai cominciai a farmi altre domande: perché i soldati e i carri armati britannici giravano per le strade delle città nordirlandesi, considerate britanniche? Ma non solo: perché le famiglie giovani vivevano in palazzoni malsani e sovrafollati? Perché i lavoratori dovevano rinunciare ai loro diritti fondamentali per avere un impiego? Vidi morire per strada un uomo colpito da un proiettile di gomma, con la moglie e il iglioletto accovacciati al suo ianco e il poliziotto che aveva sparato certo dell’impunità. Vidi uno stato a cui tutto questo non importava, ma anche tante persone, soprattutto donne, che si impegnavano e lavoravano duramente all’interno di un sistema 56 Internazionale 1155 | 27 maggio 2016 Da sapere Lavoro e ricchezza in Irlanda Tasso di disoccupazione, percentuale FONTE: ThE ECONOMIST Cann, sottosegretaria nel governo nordirlandese, fu arrestata e accusata dell’omicidio di un poliziotto quando aveva vent’anni; Fra McCann (deputato al parlamento nordirlandese, nessuna parentela con Jennifer) fu arrestato quando ne aveva 17. Molti – e non solo gli unionisti protestanti – inorridiscono all’idea di lavorare con persone che per loro restano dei terroristi. A proposito di princìpi repubblicani, i militanti della vecchia generazione leggevano non solo la proclamation ma anche Pearse e Connolly. In carcere ricevettero quella formazione che a molti loro coetanei venne negata. “Seguivamo lezioni di storia. E abbiamo imparato la lingua irlandese”, dice McCann. La chiamavano “l’università gratuita”. Negli anni settanta persone come Fra McCann si davano alla latitanza. Oggi si candidano alle elezioni. Tutto cominciò con Bobby Sands, che nel 1981 si candidò al parlamento britannico dal carcere di Long Kesh mentre faceva lo sciopero della fame, cambiando il corso della politica del Sinn féin. Le elezioni per il parlamento nordirlandese si sono svolte proprio nel giorno dell’anniversario della sua morte, il 5 maggio. Pil, 2007=100 16 120 12 110 8 100 4 90 0 80 2007 2009 2011 2013 2015 che detestavano pur di dare da mangiare ai loro cari, prenotare un appuntamento dal medico o magari fare il passaporto per trascorrere qualche giorno di vacanza al sud, nella Repubblica d’Irlanda. Liz Groves – o Elizabeth, come la chiama il marito Danny – lavora alla Connolly house, la sede del Sinn féin a Belfast. Sulla facciata del palazzo è disegnato il volto di Connolly e c’è una targa dedicata a Sean Downes, l’uomo ucciso dal proiettile di gomma. Downes morì ad Andersontown road, davanti alla Connolly house. Quando lo vidi morire avevo la sua stessa età, 23 anni. Fu durante una manifestazione repubblicana, nell’agosto del 1984. Filmai la sparatoria con un super 8, riparata dal tendone della macelleria dove oggi lavora Ryan Denver. Allora Groves cercava in ogni modo di “aggirare il sistema” per aiutare chiunque entrasse nel suo uicio, come fa ancora oggi. Contro l’austerità ha un approccio combattivo: “Bisogna dare alla gente i soldi che le spettano”. Il giorno che sono andata a trovarla mi ha fatto vedere pagine e pagine di un registro dettagliatissimo da cui risultava che nei sei mesi precedenti il suo ufficio aveva fatto ottenere agli assistiti prestazioni e sussidi per un valore di 250mila sterline. Non si tratta solo di benevolenza progressista: guadagnarsi la iducia della comunità un tempo era fondamentale per la lotta armata. I leader della rivolta di Pasqua facevano in modo che nel loro quartier generale di Moore street arrivassero regolarmente provviste di cibo per la gente del quartiere. Anche il Sinn féin ha imparato a prendersi cura della sua comunità. Oggi il conlitto è inito, ma c’è l’austerità, che colpisce entrambe le comunità, protestanti e cattolici, senza fare distinzioni. Chi lavora nei centri del Sinn féin racconta che circa un quarto delle persone che ven- gono a chiedere aiuto, perché sono state sfrattate o perché gli è stato negato l’accesso alle prestazioni sociali, arriva “dall’altra parte della città”, dalla comunità unionista e protestante. “Si meravigliano del fatto che, se non riusciamo a risolvere il loro problema, ci rivolgiamo a un consigliere comunale o a un deputato del parlamento nordirlandese o magari ai nostri referenti a Dublino. Così scoprono che le cose si possono fare”, mi ha spiegato Groves. La donna può contare su una consigliera particolarmente disponibile: sua iglia Emma, che porta il nome della nonna, storica attivista repubblicana che perse un occhio mentre era seduta nel soggiorno di casa per una pallottola sparata da un soldato britannico. Il giorno del venerdì santo, poco prima di andare insieme a Falls road per l’inaugurazione di una nuova statua di Connolly, ho chiesto a Liz ed Emma se la rivolta del 1916 è davvero ancora importante. “Tutto quello che faccio come consigliera, repubblicana e attivista è per l’Irlanda unita”, dice Emma. “Dobbiamo partire dal basso, aiutando le persone. È così che si costruisce il consenso”. E l’uniicazione? L’accordo del venerdì santo prevede anche che la ine della divisione dell’isola sia decisa dagli irlandesi attraverso il voto. “Non serve che tutti gli unionisti votino con noi”, dice Groves. “Basta che lo faccia una parte”. Il progetto del Sinn féin è un work in progress. Il lunedì di pasquetta, mentre a Dublino Criona Ní Dhálaigh, la prima sindaca del Sinn féin della città, guidava le cerimonie uiciali insieme al premier irlandese Enda Kenny, a Belfast c’è stato il più grande corteo di sempre in ricordo della rivolta. Sidando la pioggia e la grandine, la gente è arrivata ino al cimitero di Milltown. Adams ha deinito la proclamation una “carta delle libertà”, afossata dalle “grandi imprese” e dalla chiesa. La riconciliazione con gli unionisti per la creazione di una “società di uguali”, ha aggiunto, è l’opera lasciata incompiuta dalla rivolta di Pasqua. Alla ine una guardia d’onore ha sparato una raica di colpi in aria sopra le tombe dei militanti dell’Ira. È stato un tributo al 1916. Ma se davvero il Sinn féin vuole i voti degli unionisti, dovrà evitare omaggi simili. Finita la cerimonia, le nuvole si sono diradate e decine di migliaia di famiglie si sono avviate verso casa, tra i festoni pasquali e i volti di Connolly, Carroll e McCann che le osservavano dai manifesti. u fas L’AUTRICE Laura Flanders è una conduttrice tv e giornalista britannica. Vive negli Stati Uniti.