La lotta degli irlandesi cent`anni dopo

Transcript

La lotta degli irlandesi cent`anni dopo
Irlanda
PAnos/LUzPhoto
Alla iera agricola di Tinahely, nella contea di Wicklow. Irlanda, agosto 2015
La lotta degli irlandesi
cent’anni dopo
Laura Flanders, The Nation, Stati Uniti. Foto di Seamus Murphy
Un’Irlanda unita, la riconciliazione tra protestanti e cattolici, lavoro e diritti per
tutti. A Dublino e a Belfast gli ideali della rivolta di Pasqua del 1916 sono ancora vivi
52
Internazionale 1155 | 27 maggio 2016
Quest’anno ricorre il centenario di un
evento che fu uno spartiacque nella storia
d’Irlanda: la rivolta di Pasqua del 1916, che
avrebbe ispirato gli antimperialisti di tutto
il mondo, da Gandhi a Lenin ino all’attivista statunitense W.E.B. Du Bois. Spinti dalla storia, dalla miseria, dal senso d’ingiustizia e dalla speranza, il 24 aprile del 1916,
lunedì di pasquetta, 1.500 uomini e donne
irlandesi si armarono di bastoni e fucili e
sidarono l’esercito britannico logorato dalla guerra. All’insurrezione si unirono radicali e romantici, socialisti laici e nazionalisti
cattolici, sufragisti, infermieri, operai, poeti e perino una contessa. Guidati, tra gli
altri, da Patrick Pearse, James Connolly,
Constance Markievicz (la contessa) e
Kathleen Lynn, i ribelli presero il controllo
del centro di Dublino e proclamarono la nascita di una repubblica indipendente. “Affermiamo il diritto del popolo d’Irlanda alla
proprietà dell’Irlanda e al controllo incondizionato delle sorti irlandesi”, dichiararono. Dopo secoli di discriminazioni, giurarono che nella loro repubblica tutti i cittadini
sarebbero stati uguali. L’Irlanda si sarebbe
“presa cura di tutti i igli della nazione”. Le
cose, però, andarono diversamente. Dopo
sei giorni di guerriglia urbana, i ribelli si arresero e le autorità britanniche condannarono a morte sedici dei loro capi, tra cui
Connolly e Pearse. Le fucilazioni e le bombe che rasero al suolo buona parte della città alimentarono a tal punto il sentimento
antibritannico da rendere l’indipendenza
raggiungibile, ma a un prezzo molto alto e
solo per una parte dell’Irlanda. Nel 1921,
infatti, fu siglato un trattato che divideva
l’isola in due parti, istituendo un conine tra
il sud e il nord, rimasto sotto il controllo britannico.
Dopo i troubles
on mi sono mai fermata
troppo tempo a Dublino.
A Belfast, negli anni ottanta, la sensazione diffusa tra i miei amici era
che la Repubblica d’Irlanda fosse molto diversa dal nord dell’isola. A Dublino non c’erano truppe britanniche per strada né barriere tra un quartiere e
l’altro. Non c’erano bandiere di guerra, parate paramilitari o proiettili di gomma. Che
ci piacesse o no, Dublino era dall’altra parte
del conine. E non era lì che c’era il divertimento, la craic, come la chiamavano i miei
amici di Belfast. Quindi non ci andavamo
mai. Chissà, magari in realtà era piena di
manifestazioni. Ma ho i miei dubbi.
N
Un secolo dopo gli irlandesi sembrano
pronti per una profonda rilessione su quella rivolta. Vittime di uno dei più clamorosi
attacchi speculativi durante la crisi inanziaria del 2008, i lavoratori irlandesi stanno
cercando un’alternativa credibile al “capitalismo da casinò” e al neoliberismo.
Alle elezioni di febbraio gli elettori della
repubblica hanno dato un colpo mortale ai
partiti dell’establishment. In Irlanda del
Nord, invece, il 5 maggio è andata a votare
per la prima volta la cosiddetta “generazione del venerdì santo”, dal nome dell’accordo che fu siglato due giorni prima della Pasqua del 1998 e che dispose il ritiro dalla
provincia di gran parte delle truppe britanniche, il disarmo delle formazioni paramilitari, la riforma della polizia e il ritorno a un
sistema di condivisione del potere (power
sharing) a livello locale tra protestanti e cattolici. I giovani nati dopo quell’accordo
hanno votato quest’anno per il rinnovo del
parlamento di Belfast. Rappresentano una
generazione cresciuta in un periodo di relativa calma, ma segnata dai tagli ai servizi
pubblici voluti dal governo conservatore. E
la loro pazienza si sta esaurendo.
“Le generazioni passate sono cresciute
con i troubles (i disordini, com’è chiamato il
conitto nordirlandese tra unionisti protestanti e repubblicani cattolici), lo capisco”,
mi ha detto ad aprile Ryan Denver, che lavora in una macelleria a West Belfast. “Ma
io la penso diversamente, e come me la
pensano diversamente un sacco di giovani.
Per me è solo una questione economica”. Il
5 maggio Denver ha votato per Gerry Carroll, del partito antiausterità People before
proit alliance (Alleanza persone prima del
proitto, Pbpa), che ha conquistato un seggio nell’assemblea nordirlandese proprio a
Belfast, la città di Gerry Adams, da anni
leader del partito repubblicano Sinn féin.
Prima del voto i manifesti elettorali con il
volto di Carroll erano a ogni angolo di strada, accanto a quelli del Sinn féin.
La battaglia per piazzare i manifesti
elettorali nei punti migliori è emblematica
della situazione in cui si trova l’isola. La crisi degli equilibri politici ha infatti ulteriormente raforzato i partiti antisistema, proprio mentre il Sinn féin – il partito dell’indipendenza, legato alla rivolta del 1916 – si
avvicinava al potere abbastanza da farsene
contaminare. Un tempo il nome Sinn féin
era sempre accompagnato da una speciicazione: “l’ala politica dell’Ira”. Negli anni
ottanta Adams fu bandito dalle radio e dalle
tv della repubblica per le sue posizioni a favore della riuniicazione dell’Irlanda e della
cacciata dei britannici. Oggi è un patito di
Twitter ed è deputato del dáil Éireann, la
camera bassa del parlamento di Dublino,
dove il Sinn féin è la più importante forza di
Internazionale 1155 | 27 maggio 2016
53
Irlanda
opposizione ai due partiti principali, Fine
gael e Fianna fáil.
In Irlanda del Nord l’ex leader dell’Ira
Martin McGuinness è vice irst minister (governatore) dal 2007. E la presenza del Sinn
féin nel governo regionale è cresciuta a ogni
tornata elettorale. Ma condividere il potere
con gli unionisti protestanti signiica collaborare con i politici più reazionari del Regno Unito e dare il proprio assenso ai sempre più frequenti tagli alla spesa pubblica.
Cosi il partito di Adams è criticato da sinistra da chi contesta l’austerità, mentre i nazionalisti contrari all’accordo di power sharing del 1998 lo accusano di collaborare con
il nemico. Il Sinn féin, del resto, si è dato il
diicile obiettivo di essere allo stesso tempo – e in due contesti diversi – rivoluzionario, pragmatico e fedele al suo tradizionale
obiettivo: l’Irlanda unita. Il tutto in una fase
storica cruciale. Come ha detto Adams: “Il
motivo per cui si discute tanto del passato è
che il futuro dev’essere ancora scritto”.
La nave dei folli
Quest’anno, a Pasqua, agli alunni delle
scuole d’Irlanda è stato chiesto di scrivere
una proclamation, in ricordo della proclamazione d’indipendenza scritta dai rivoluzionari del 1916. Tutte le città sembrano riscoprire il ruolo avuto nella rivolta o, se ne-
cessario, lo inventano di sana pianta. Quando la rivista statunitense Jacobin ha pubblicato lo slogan di James Connolly “All hail to
the mob” (Evviva la folla) sulla copertina di
un numero interamente dedicato al 1916,
una folla in carne e ossa si è precipitata ad
acquistarlo. Alla presentazione del numero
– organizzata alla Liberty hall di Dublino,
stracolma per l’occasione – le copie vendute
sono state il quadruplo del previsto.
“Penso che l’entusiasmo che vediamo
in giro sia un tentativo di tornare a discutere
di dignità collettiva”, mi ha spiegato Fintan
O’Toole, il caporedattore della cultura
dell’Irish Times, durante un pranzo alla National concert hall di Dublino, dove stava
organizzando uno spettacolo sul tema della
rivolta. “La parola ‘repubblica’ signiica ancora qualcosa. Magari la gente non sa esattamente cosa, ma sa che è sinonimo di un
certo modo di vivere insieme”.
Sul crollo inanziario dell’Irlanda O’Toole ha scritto un libro, intitolato Ship of fools.
How stupidity and corruption sank the celtic
tiger (La nave dei folli. Come la stupidità e la
corruzione hanno afondato la tigre celtica).
Non è il solo a pensare che il paese abbia
commesso un grande errore ad abituarsi al
ciclo boom-crisi-austerità. Dal 2008 in poi
i vari pessimi governi che si sono succeduti
alla guida dell’Irlanda hanno aumentato le
Da sapere Un secolo d’Irlanda
1916 Nella settimana di Pasqua un gruppo di repubblicani irlandesi organizza una sollevazione, passata alla storia
con il nome di Easter rising (rivolta di Pasqua), e proclama
l’indipendenza dell’isola, che
faceva parte del Regno Unito
dal 1801. La rivolta è repressa
nel sangue dai britannici.
1919 Il movimento repubblicano Sinn féin (“Noi stessi” in
irlandese) istituisce il primo
parlamento irlandese, il dáil
Éireann, che proclama di nuovo l’indipendenza del paese.
1921 Viene siglato il trattato
anglo-irlandese, che istituisce
lo Stato libero d’Irlanda, dotato di autogoverno ma sottoposto alla corona britannica. Sei
contee del nord a maggioranza protestante formano l’Irlanda del Nord, che rimane
parte del Regno Unito.
1922-23 Il parlamento di Dublino ratiica il trattato angloirlandese. Scoppia la guerra civile tra le fazioni irlandesi fa-
54
vorevoli e quelle contrarie al
trattato.
1937 Con un referendum viene approvata una nuova costituzione irlandese, che abolisce
lo Stato libero e proclama la
nascita dello stato indipendente dell’Éire (“Irlanda” in
irlandese).
1949 L’Éire si trasforma in
Repubblica d’Irlanda ed esce
dal Commonwealth britannico.
1969 In Irlanda del Nord
scoppia il conlitto tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani, conosciuto in inglese come i troubles.
1998 Il 10 aprile i rappresentanti dei partiti cattolici e protestanti irmano a Belfast l’accordo del venerdì santo, che
mette ine ai troubles e introduce un meccanismo di condivisone del potere politico a
livello locale. L’accordo è approvato il 22 maggio dagli elettori nordirlandesi con un referendum. Nei troubles sono
Internazionale 1155 | 27 maggio 2016
morte più di tremila persone.
2010 Colpita violentemente
dalla crisi inanziaria internazionale e dallo scoppio di una
bolla immobiliare interna, l’Irlanda negozia con l’Unione
europea e il Fondo monetario
internazionale un piano di salvataggio da 85 miliardi di euro.
Cominciano gli anni dell’austerità.
2016 Il 31 marzo a Dublino più
di un milione di persone partecipano alla commemorazione del centenario della rivolta
di Pasqua. Il 5 maggio gli elettori nordirlandesi votano per il
rinnovo del parlamento di Belfast. Vince il Partito unionista
democratico (Dup), seguito
dal Sinn féin. Il 6 maggio Enda
Kenny viene riconfermato
premier irlandese alla guida di
un governo di minoranza, nonostante alle elezioni del 26
febbraio il suo partito (il Fine
gael, di centrodestra) abbia
perso più del 10 per cento dei
consensi. Bbc
tasse e, soprattutto, tagliato la spesa pubblica per un totale di 3o miliardi di euro, pari al
15 per cento del pil. Oggi la metà del reddito
familiare netto è in mano al 10 per cento
della popolazione, mentre quasi un terzo
dei bambini irlandesi vive in condizioni di
diicoltà materiali. C’è poi il problema dei
senza tetto, sempre più preoccupante: nel
2014 le banche hanno avviato le pratiche
legali per pignorare 49mila alloggi.
In una situazione del genere non deve
stupire se le invettive di Connolly sui “proprietari di casa strozzini e padroni dei quartieri”, i “capitalisti macinaprofitti” e le
“prostitute della stampa” oggi fanno presa
sull’opinione pubblica. Il giorno di pasquetta ho incontrato Byron Jenkins, che fa il volontario in un gruppo di sostegno per le persone che non riescono a pagare il mutuo.
Durante la commemorazione della rivolta,
in mezzo a manifestanti vestiti come i ribelli del 1916, brandiva uno striscione con la
scritta “Stop foreclosures” (Stop ai pignoramenti) . “La storia d’Irlanda è la storia di un
esproprio ai danni del popolo. Prima ci sono
stati gli inglesi, oggi ci sono le banche”, mi
ha detto. Non è stato facile riuscire a distinguere le parole di Jenkins in mezzo agli slogan scanditi dalla gente: “Quale storia? La
nostra storia! Quali strade? Le nostre strade!”. D’altra parte gli attivisti della campagna Save Moore street (Salvate Moore
street) avevano ottimi motivi per alzare la
voce: l’isolato di casette a schiera noto con
questo nome è il luogo dove i ribelli si rifugiarono negli ultimi giorni della rivolta, e
dove hanno trovato accoglienza i piccoli
commercianti scacciati dai centri commerciali che hanno invaso Dublino. Nella strada era prevista da anni l’apertura di un cantiere per la costruzione dell’ennesimo centro commerciale. A gennaio, però, gli attivisti hanno occupato l’isolato, e alcuni discendenti dei ribelli del 1916 hanno fatto
causa ai costruttori. Il 18 marzo, a sorpresa,
un giudice dell’alta corte di Dublino ha ordinato il blocco del progetto, dichiarando
Moore street monumento nazionale.
“La gente ha rialzato la testa ed è iera”,
mi ha detto il giorno dopo nel suo uicio
Clare Daly, teachta dála (deputata) del parlamento di Dublino. “Le ultime elezioni
sono state tra le più interessanti della storia
del paese”.
Per decenni il Fianna fáil e il Fine gael, i
due partiti principali, si sono spartiti il 70
per cento dei voti degli irlandesi. Il 26 febbraio hanno raccolto a stento il 50 per cento. Il Labour party, loro complice nelle politiche di austerità, ha preso il 6,6 per cento.
Il Pbpa (che a maggio ha poi ottenuto due
PANoS/LuzPhoTo
Sagome di giocatori di calcio gaelico a Listowel, nella contea di Kerry, settembre 2015
seggi al parlamento di Belfast) ha conquistato sei seggi. La rabbia e il malcontento
spiegano in parte i risultati elettorali. Molto
è anche dipeso dalla strategia della sinistra.
Daly è tra gli oltre cento candidati progressisti, socialisti, comunisti e del Sinn féin
che si sono alleati con i sindacati e le organizzazioni di base per portare avanti rivendicazioni che ricordano in qualche modo la
proclamation del 1916: diritto all’acqua
pubblica, al lavoro, alla casa, alla sanità,
all’istruzione, e inoltre riforme democratiche e nazionalizzazione delle risorse.
Questione di pragmatismo
La campagna Right2change (Diritto al cambiamento) è nata da Right2water, la grande
mobilitazione del 2104 contro il tentativo
del governo irlandese di introdurre nuove
tarife sul consumo dell’acqua. “In quell’occasione centinaia di migliaia di persone si
sono impegnate politicamente per la prima
volta. In ballo c’era molto più dell’acqua: la
vera questione era l’organizzazione della
nostra società”, ha detto Daly.
Tra le persone scese in piazza in quelle
proteste c’era anche Eoin Ó Broin. Nato a
Dublino nel 1972 e cresciuto politicamente
a Londra, dove ha fatto l’università, Ó Broin
si definisce attivista a tempo pieno. Nel
2001 fu eletto nel consiglio comunale di
Belfast, e da allora si è candidato per ogni
tipo di incarico. Nelle elezioni legislative
irlandesi di febbraio è stato il più votato nel
collegio elettorale di Dublino ovest. Ó Broin
fa parte della corrente di sinistra del Sinn
féin. È un mix di vecchio e nuovo: ha grande
rispetto per la leadership di Adams e McGuinness e per la vecchia guardia ma, a differenza loro, non è stato in carcere, non è
stato accusato di far parte di un’organizzazione paramilitare e non si è mai visto negare un lavoro per la sua identità religiosa o
per l’indirizzo di casa. Il dibattito che lo appassiona di più è quello sul marxismo di
Connolly e sulle analogie tra il Sinn féin, i
greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos.
“Per me, chiaramente, è un progetto di
sinistra e repubblicano: la ine della divisione dell’isola, la creazione di un’Irlanda unita basata sui princìpi della giustizia sociale
ed economica. Lo deinirei un progetto socialista democratico”. Così il neodeputato
Ó Broin ha riassunto, una settimana dopo il
voto, i suoi obiettivi politici.
Nel suo partito ci sono divergenze di
opinione? Certo, ha risposto. Ma poi, quando gli ho chiesto se conoscesse dei militanti
che avevano più a cuore la riuniicazione
rispetto alla giustizia sociale, ha replicato
sicuro: “No”. Le priorità sono una questione di pragmatismo, mi ha spiegato. “Se
davvero vuoi migliorare la qualità della vita
delle persone e metterle nella condizione di
prendere il controllo della propria vita, devi
occupare ogni istituzione e ogni spazio politico disponibile”.
A riprova di quanto nell’isola le cose siano cambiate, le altre due volte che ho incontrato Ó Broin, nello spazio di pochi giorni, è
stato in due città di due paesi che ormai non
si sentono più così distanti. La seconda volta eravamo a Clondalkin, una città-centro
commerciale a mezz’ora di auto da Dublino, in Irlanda. La prima volta, invece, ci siamo visti a West Belfast, a Falls road, per il
lancio della campagna elettorale del Sinn
féin, in Irlanda del Nord. Erano presenti
tutti i leader del partito, capeggiati dalla vicepresidente Mary Lou McDonald, ex parlamentare europea e oggi al dáil di Dublino.
Adams, McGuiness e i cinque candidati locali del Sinn féin al parlamento nordirlandese erano seduti ianco a ianco a un tavolo
lungo e basso. Ci ho messo un po’ per capire
che tutti i candidati erano stati in prigione.
Nel 1916 il generale inglese John Maxwell
fece uccidere un’intera generazione di leader irlandesi. Quelli arrivati dopo spesso e
volentieri sono initi in galera. Jennifer McInternazionale 1155 | 27 maggio 2016
55
Irlanda
Partire dal basso
Arrivata a Belfast, ho capito perché tanto
tempo fa scelsi di stabilirmi proprio qui.
Cresciuta nella Londra degli anni settanta,
avevo imparato ad avere paura dell’Ira, ma
non ne sapevo quasi niente. Poi sentii parlare delle madri e delle nonne che battevano
sui coperchi dei bidoni della spazzatura per
le strade di Belfast per annunciare l’arrivo
dei soldati inglesi. Lessi della dirty protest
delle donne repubblicane rinchiuse nel carcere di Armagh, che avevano deciso di vivere in mezzo alle proprie feci e al sangue mestruale per protestare contro le violenze
delle guardie carcerarie e le condizioni di
detenzione. Una di loro era Jennifer McCann. Andai a Belfast perché ero curiosa.
Quando arrivai cominciai a farmi altre domande: perché i soldati e i carri armati britannici giravano per le strade delle città
nordirlandesi, considerate britanniche? Ma
non solo: perché le famiglie giovani vivevano in palazzoni malsani e sovrafollati? Perché i lavoratori dovevano rinunciare ai loro
diritti fondamentali per avere un impiego?
Vidi morire per strada un uomo colpito
da un proiettile di gomma, con la moglie e il
iglioletto accovacciati al suo ianco e il poliziotto che aveva sparato certo dell’impunità. Vidi uno stato a cui tutto questo non
importava, ma anche tante persone, soprattutto donne, che si impegnavano e lavoravano duramente all’interno di un sistema
56
Internazionale 1155 | 27 maggio 2016
Da sapere
Lavoro e ricchezza in Irlanda
Tasso di disoccupazione,
percentuale
FONTE: ThE ECONOMIST
Cann, sottosegretaria nel governo nordirlandese, fu arrestata e accusata dell’omicidio di un poliziotto quando aveva vent’anni;
Fra McCann (deputato al parlamento nordirlandese, nessuna parentela con Jennifer)
fu arrestato quando ne aveva 17. Molti – e
non solo gli unionisti protestanti – inorridiscono all’idea di lavorare con persone che
per loro restano dei terroristi. A proposito di
princìpi repubblicani, i militanti della vecchia generazione leggevano non solo la proclamation ma anche Pearse e Connolly. In
carcere ricevettero quella formazione che a
molti loro coetanei venne negata. “Seguivamo lezioni di storia. E abbiamo imparato
la lingua irlandese”, dice McCann. La chiamavano “l’università gratuita”. Negli anni
settanta persone come Fra McCann si davano alla latitanza. Oggi si candidano alle
elezioni. Tutto cominciò con Bobby Sands,
che nel 1981 si candidò al parlamento britannico dal carcere di Long Kesh mentre
faceva lo sciopero della fame, cambiando il
corso della politica del Sinn féin. Le elezioni
per il parlamento nordirlandese si sono
svolte proprio nel giorno dell’anniversario
della sua morte, il 5 maggio.
Pil,
2007=100
16
120
12
110
8
100
4
90
0
80
2007
2009
2011
2013
2015
che detestavano pur di dare da mangiare ai
loro cari, prenotare un appuntamento dal
medico o magari fare il passaporto per trascorrere qualche giorno di vacanza al sud,
nella Repubblica d’Irlanda.
Liz Groves – o Elizabeth, come la chiama
il marito Danny – lavora alla Connolly house, la sede del Sinn féin a Belfast. Sulla facciata del palazzo è disegnato il volto di Connolly e c’è una targa dedicata a Sean Downes, l’uomo ucciso dal proiettile di gomma.
Downes morì ad Andersontown road, davanti alla Connolly house. Quando lo vidi
morire avevo la sua stessa età, 23 anni. Fu
durante una manifestazione repubblicana,
nell’agosto del 1984. Filmai la sparatoria
con un super 8, riparata dal tendone della
macelleria dove oggi lavora Ryan Denver.
Allora Groves cercava in ogni modo di “aggirare il sistema” per aiutare chiunque entrasse nel suo uicio, come fa ancora oggi.
Contro l’austerità ha un approccio combattivo: “Bisogna dare alla gente i soldi che le
spettano”. Il giorno che sono andata a trovarla mi ha fatto vedere pagine e pagine di
un registro dettagliatissimo da cui risultava
che nei sei mesi precedenti il suo ufficio
aveva fatto ottenere agli assistiti prestazioni
e sussidi per un valore di 250mila sterline.
Non si tratta solo di benevolenza progressista: guadagnarsi la iducia della comunità
un tempo era fondamentale per la lotta armata. I leader della rivolta di Pasqua facevano in modo che nel loro quartier generale
di Moore street arrivassero regolarmente
provviste di cibo per la gente del quartiere.
Anche il Sinn féin ha imparato a prendersi
cura della sua comunità.
Oggi il conlitto è inito, ma c’è l’austerità, che colpisce entrambe le comunità, protestanti e cattolici, senza fare distinzioni.
Chi lavora nei centri del Sinn féin racconta
che circa un quarto delle persone che ven-
gono a chiedere aiuto, perché sono state
sfrattate o perché gli è stato negato l’accesso alle prestazioni sociali, arriva “dall’altra
parte della città”, dalla comunità unionista
e protestante. “Si meravigliano del fatto
che, se non riusciamo a risolvere il loro problema, ci rivolgiamo a un consigliere comunale o a un deputato del parlamento nordirlandese o magari ai nostri referenti a Dublino. Così scoprono che le cose si possono
fare”, mi ha spiegato Groves. La donna può
contare su una consigliera particolarmente
disponibile: sua iglia Emma, che porta il
nome della nonna, storica attivista repubblicana che perse un occhio mentre era seduta nel soggiorno di casa per una pallottola sparata da un soldato britannico.
Il giorno del venerdì santo, poco prima
di andare insieme a Falls road per l’inaugurazione di una nuova statua di Connolly, ho
chiesto a Liz ed Emma se la rivolta del 1916
è davvero ancora importante. “Tutto quello
che faccio come consigliera, repubblicana e
attivista è per l’Irlanda unita”, dice Emma.
“Dobbiamo partire dal basso, aiutando le
persone. È così che si costruisce il consenso”. E l’uniicazione? L’accordo del venerdì
santo prevede anche che la ine della divisione dell’isola sia decisa dagli irlandesi attraverso il voto. “Non serve che tutti gli
unionisti votino con noi”, dice Groves. “Basta che lo faccia una parte”.
Il progetto del Sinn féin è un work in progress. Il lunedì di pasquetta, mentre a Dublino Criona Ní Dhálaigh, la prima sindaca del
Sinn féin della città, guidava le cerimonie
uiciali insieme al premier irlandese Enda
Kenny, a Belfast c’è stato il più grande corteo di sempre in ricordo della rivolta. Sidando la pioggia e la grandine, la gente è
arrivata ino al cimitero di Milltown. Adams
ha deinito la proclamation una “carta delle
libertà”, afossata dalle “grandi imprese” e
dalla chiesa. La riconciliazione con gli unionisti per la creazione di una “società di
uguali”, ha aggiunto, è l’opera lasciata incompiuta dalla rivolta di Pasqua. Alla ine
una guardia d’onore ha sparato una raica
di colpi in aria sopra le tombe dei militanti
dell’Ira. È stato un tributo al 1916. Ma se
davvero il Sinn féin vuole i voti degli unionisti, dovrà evitare omaggi simili.
Finita la cerimonia, le nuvole si sono diradate e decine di migliaia di famiglie si
sono avviate verso casa, tra i festoni pasquali e i volti di Connolly, Carroll e McCann che
le osservavano dai manifesti. u fas
L’AUTRICE
Laura Flanders è una conduttrice tv e
giornalista britannica. Vive negli Stati Uniti.