I quaderni del Museo

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I quaderni del Museo
Direttore del Museo
Riccardo Riganti
Progettazione espositiva
Riccardo Riganti
Beatrice Resmini
Allestimento
Franco Meni
Carlo Senna
Squadra operai Comune di Treviglio
Fotografie
Tino Belloli
Organizzazione
Sara Albergoni
Daniela Nisoli
Anna Rondalli
“Il ya devant l’amour trois sortes, de famme: celles qu’on épouse, celle qu?on
aime e celles qu’on paie. Ça peut tre bien être la meme. On comance par la
payer, on se met à l’aimer, puis on finit par l’epouser.”
(“Di fronte all’amore ci sono tre tipi di donne: quelle che sis sposano, quelle
che si amano e quelle che si pagano. Può anche trattarsi della stessa donna. Si
comincia col pagarla, ci si mette ad amarla e poi si finisce per sposarla.)
Secondo Sacha Guitry alias Alexandre Georges-Pierre Guitry (San
Pietroburgo, 21 febbraio 1885 – Parigi, 24 luglio 1957), scrittore e regista
francese, sono tre i tipi di donne.
Io penso che ogni donna sia un tipo a sé.
La mostra vuole assai semplificare e dividerle secondo due tipologie
contrapposte. Sarà tautologico ,ma la donna, anche quando non è religiosa,
adora l’amante o il figlio, il marito o il padre. Dunque la donna è sempre
l’intero universo umano più che il maschio farfallone adorato o no.
Lady Caroline Ponsonby Lamb (1785-1828) nel suo rapporto tempestoso con
Byron rappresenta bene a quali estremi giunge la dedizione totale del
mondo femminile. Ritratta da sir Thomas Lawrence si sarebbe potuto bene
aggiungere, se disponibile, anche il suo ritratto alla mostra. Ma la foto di una
bimba, di una fanciulla, di una donna matura o di un’anziana qualunque vi
starebbe bene. Se fosse vera e sua la frivola, fatua e sorprendente battuta
sulle brioches, basterebbe per rendere immortale Maria Antonietta. Una
frase sola è bastata ad illustrare un secolo e l’intero ancien regime. Un uomo
con tutto il suo genio sarebbe stato di certo più prolisso. Autori “femminili”
come Oscar Wilde saprebbero reggere il confronto con l’acutezza e la
praticità femminile.
Non è un caso se anche nel periferico Museo Civico di Treviglio il soggetto
più presente è la donna.
Generatrice dell’umanità è secondo la Bibbia fatta di materia più nobile che
non il fango di Adamo. La superiorità è innegabile, anche se gli storici
scrivono la storia, con soldati e generali, quasi unicamente il maschile,
deviando la verità. Si dice che dietro un grand’uomo c’è sempre una grande
donna. In vero “sopra” ogni uomo c’è una donna, fosse solo la madre. È lei
che forma in nove mesi l’uomo. Anche il Dio fatto uomo esige la madredonna e gli è sufficiente un padre putativo maschio. Le religioni iniziarono
con la Mater Matuta. Secondo il cristianesimo, la religione più diffusa, Dio è
padre e madre, secondo l’enunciazione netta di Giovanni Paolo I. Del resto
nei testi sacri Dio stesso dichiara di avere viscere materne. “Alcuni si
innalzano con il peccato, altri precipitano con la virtù” asserisce nel suo
“Misura per misura” W. Shakespeare. La donna sa stare alla perfezione nelle
due misure. Questa frase è il vero contenuto della mostra: sante, puttane,
madri, arpie, peccatrici, virtuose, giovani, anziane, ecc… la donna è un
poliedro dai mille volti, apparentemente in contraddizione.
Dal volto di anziana di Attilio Mozzi, dalla Maddalena peccatrice pentita, al
nudo morboso di Prudhonne, al fascino del busto di Bettinelli, sono cento le
visioni di una donna aperta allo sguardo dell’ artista.
Da una testina greca del II secolo a.C. al “Bacio” di Bettinelli (1957): più di
duemiladuecento anni di itinerari artistico-umani; da un acrilico di Matisse a
un avorio francese del XVI secolo; da una miniatura scolpita in gaietto a un
unicum della sotira dell’arte, una miniatura di Trenquillo Cremona. Una
mostra ricca, stimolante ed affascinante quella che il Museo Civico ha
approntato. Il grazie va alla fantasia e dinamicità dei funzionari del Museo.
Tutto è stato fatto a costo zero, grazie alla disponibilità di prestatori che
hanno rinunciato all’assicurazione delle opere, rilevanti e splendide.
Alla dinamicità personale dei nostri operatori museali andrà dato ogni
merito se la programmazione espositiva del 2016 non sarà deludente. Il
bilancio comunale prevede per l’anno in corso striminziti e irrilevanti 5000
euro. Forza e coraggio, è il caso di incitare, me stesso e i miei collaboratori;
teniamo vivo il gioiello “Della Torre”. Ci vorrà una tempra d’acciaio per fare
e fare splendidamente, ma ci riusciremo, con la fantasia e la cocciutaggine.
Il soggetto della mostra è comune, ma difficile ad essere districato e reso
esplicito. Non per nulla quell’eccelso linguacciuto di Oscar Wilde nella sua
piece “Una donna senza importanza” compone questo dialogo tra Gerald e
lord Illingworth:
Gerald: “…E’ molto difficile capire le donne, non è vero?”
Lord Illinworth: “Non devi nemmeno provarci a capirle. Le donne sono
quadri…”
La nostra è una mostra di quadri, sculture e fotografie. Si presenta sempre
difficile interpretare e chiarire il contenuto di un’opera d’arte. Confidiamo di
riuscire almeno a mostrare degnamente lo splendore femminile ed ad
inoltrarci in esso con il dovuto stupore. Per non annoiare con questa
presentazione narrerò un aneddoto.
La bellezza per Wilde era una religione. Questo non gli impediva, però, di
farla oggetto di ironia o di beffa: una volta fu presentato ad una donna che
andava orgogliosa della propria bruttezza. Lei gli domandò: “Ditemi, non è
vero che gli uomini mi considerano la donna più brutta di Parigi?” Wilde si
inchinò cortesemente e rispose: “No, madame, voi lo siete, a parer mio
dell’intero mondo. Lei è il rudere della bruttezza più universalmente
ragguardevole”: la signora fu felicissima del complimento.
È vero, il fascino muliebre in ogni caso non ha limiti neppure nella sua
consapevolezza. Restando nella letteratura inglese, l’uomo si chiederà in
ogni tempo dinnanzi a qualunque volto femminile, di carne, scolpito e
dipinto “Was this the face that launch’d a thousand ship?” – “Fu questo il
viso che fece salpare mille navi?” (“Doctor Faust” di Ch. Marlow (1564-1593)
Ogni donna, anche la più insignificante saprebbe muovere il mondo al bene
o al male. Mio pensiero.
Dr. Riccardo Riganti
Direttore Museo Civico “Ernesto e Teresa Della Torre”
Ritratto della signora Clorinda Sala Mauri, Natale Morzenti 1930
Per il nostro museo non è stato certo difficile raccogliere opere dedicate alle
donne. Credo che in ogni museo le figure femminili abbondino. E la figura
femminile non solo è presente in museo in grande quantità, ma è anche
presente in innumerevoli sfaccettature e sfumature.
Non importa quando o dove: sempre e ovunque la donna e l’arte sono
legate. La donna è arte di per sé, arte nel suo aspetto di creatrice e nel suo
aspetto di creazione. Non a caso l’immagine femminile è una delle prime a
comparire negli oggetti d’arte: statue femminili opulenti, che incarnano
l’idea della femminilità intesa come potenza creativa, idea già di per sé a
metà tra il sacro e il profano. E come sempre, essendo l’arte lo specchio
della società che la produce, è spesso sulla figura femminile che si sono
giocate le grandi dissertazioni che hanno poi condotto a grandi mutamenti
artistici e sociali. Perché ogni ritratto rappresenta sì una singola persona, ma
anche il ruolo che il genere ricopre nella società e soprattutto che gli viene
riconosciuto dalla società, che spesso non è la stessa cosa. E il ruolo che la
donna ricopre nella società è ampiamente sfaccettato, diversamente
riconosciuto, spesso negato e altrettanto spesso utilizzato come pietra dello
scandalo.
Ecco allora che niente come la figura femminile in arte è stata capace di
veicolare cambiamenti ritenuti inizialmente scandalosi ma che hanno dato
poderose spinte all’evoluzione artistico-sociale. L’arte ha spesso utilizzato il
soggetto femminile come provocazione, ostentandone la sensualità,
La donna tra sacro e profano. Nel “tra” sta il segreto di questa esposizione.
Le opere presenti in mostra sono volutamente esposte con un criterio
cronologico e non con una suddivisione tematica: di qua le donne sacre, di là
le donne profane. Perché questa suddivisione è impossibile e fuorviante. In
tutte le immagini femminili presentate convivono entrambe le nature della
donna, sia che si tratti di ritratti mondani che di temi religiosi.
Tra le donne in mostra conosciamo allora la giovane Grace Henshaw. Questo
splendido ritratto rappresenta un tipico di Joshua Reynolds (1723-1792),
illustre ritrattista inglese conosciuto soprattutto per la sua capacità di
cogliere e trasmettere l’emotività del personaggio attraverso la grande
attenzione all’espressione e ai dettagli. In questa opera la dolcezza di questa
ragazzina è sottolineata dallo sguardo sereno e luminoso, dalle gote rosate,
dalle mani delicatamente posate sulla balaustra. L’assenza di sfondo e
soprattutto l’assenza evidente di qualsiasi orpello, gioiello o ornamento
contribuisce a trasmettere l’idea di semplicità e innocenza che questo
ritratto doveva veicolare, essendo un ritratto da fidanzamento.
Da Grace, giovane ragazzina alle soglie di un matrimonio, passiamo senza
interruzione al “Ritratto di giovane donna” di un anonimo francese dell’inizio
del XX secolo. L’abbigliamento più ricercato e la postura vezzosa della
protagonista contrastano con l’espressione disinteressata e quasi annoiata
della donna. Il contrasto è protagonista di questo quadro anche dal punto di
vista tonale: il bianco del mantello e il nero del copricapo dominano la scena,
mettendo in secondo piano la resa psicologica del ritratto.
Eleganza e dolcezza convivono invece nella figura di Clorinda Sala ritratta da
Natale Morzenti nel 1930 circa. La donna, che si staglia su un fondo semplice
e lineare, dominato dal tendaggio rosso sulla destra, colpisce per la sobria
eleganza dell’abbigliamento e della postura. Morzenti ha saputo descrivere
di lei la gentilezza e la mondanità, affiancando la ricercatezza
dell’abbigliamento elegante e della figura lineare alla dolcezza dello sguardo
e del lieve sorriso. La donna sembra aprirci gentilmente le porte di casa, di
una casa austera e pervasa da una luce fortemente realistica.
E se di intimità parliamo non possiamo trascurare l’opera “Riposo” di Attilio
Mozzi realizzata attorno al 1910. La donna ritratta è un’anziana colta nel
momento del riposo con un’inquadratura stretta che mette in evidenza i
tratti del viso. La pelle sottile si tende sugli zigomi, gli occhi sono infossati e
le labbra tirate, ma il rispetto con il quale Mozzi tratta la rende un ritratto
quasi nobile, indipendentemente dall’umiltà dello status sociale della donna.
La donna si pone quasi indifesa e inerme ai nostri occhi, che spiamo con
dolcezza questo momento intimo.
La sacralità della figura femminile emerge in ognuno di questi dipinti, sia che
si tratti di bambine, giovani o anziane, sia che siamo di fronte a donne
mondane che a ritratti fortemente intimistici.
Nello stesso tempo, ci sono immagini sacre che colpiscono per la forte
umanità della figura rappresentata. È il caso di Santa Maria Maddalena in
adorazione del Crocifisso di Filippo Abbiati realizzato nel 1700 circa.
Maddalena è curva sul crocifisso e l’intera sua persona è pretesa in
adorazione: il suo corpo è forzatamente avvitato in una posa quasi
manieristica e il suo viso, di profilo, colpisce per gli occhi chiusi e l’intensità
del raccoglimento. La nudità di Maddalena, rimando alla fama tutt’altro che
limpida della figura evangelica, non ha nulla di scandaloso e passa in
secondo piano rispetto al panneggio che cade avvitandosi attorno al corpo
ma soprattutto alla tensione emotiva della protagonista.
Anche laddove la figura femminile è colta in un atteggiamento vezzosa e
frivolo non smette di emanare una certa dose di autorità e rispetto. Lo
vediamo nella coppia scultorea “Danzatrici” realizzate a metà del XIX secolo
da un bronzista francese. Le due figure, se pur di piccole dimensioni, si
impongono con potenza nella loro fisionomia sicura e nella possanza del
fisico tendente all’opulenza. La spensieratezza del tema, lungi dal rendere
superficiali e leggere le due sculture, rappresenta una pausa di respiro
all’interno della nostra esposizione, così come all’interno dell’esposizione
permanente. Perché l’audacia del panneggio mosso dal movimento e
l’espressione autorevole delle danzatrici rendono anche il momento del
divertimento un momento nobile e degno.
Anche Luigi Cassani ci ha lasciato innumerevoli ritratti femminili. Apre la
mostra “La sigaretta”, datato 1943 circa: la sua collocazione all’interno
dell’esposizione esula dal criterio cronologico. È stato scelto come incipit di
questo percorso tutto al femminile per la forza del suo sguardo e del suo
atteggiamento. La donna, ritratta con la sigaretta in bocca, ha uno sguardo
che ci sembra chiedere conto delle nostre intenzioni. Diventa quasi una
provocazione. Ci ferma, ci costringe a guardarla e ci chiede di guardare con
la stessa attenzione anche le donne che seguiranno.
Potremmo continuare per ore; dovremmo soffermarci su ognuna delle
donne presentate in questa mostra, e per ognuna di loro scoprire un mondo
fatto di intimità e mondanità. Per ognuna di loro si potrebbe scrivere un
libro, ma l’hanno fatto gli artisti stessi.
Non rimane che inoltrarci in questo harem, ricordando la considerazione che
sulla donna ha fatto una delle donne più eleganti e raffinate del XX secolo,
Audry Hepburn:
La bellezza di una donna non dipende dai vestiti che indossa né dall’aspetto
che possiede o dal modo di pettinarsi. La bellezza di una donna si deve
percepire dai suoi occhi, perché quella è la porta del suo cuore, il posto nel
quale risiede l’amore.
Beatrice Resmini
Curatrice Museo Civico “Ernesto e Teresa Della Torre”
Ritratto di Miss Grace Henshaw, Joshua Reynolds 1756
Ritratto di giovane donna, anonimo francese inizio XX secolo
Riposo, Attilio Mozzi 1910-11
Maria Maddalena in adorazione del Crocifisso, Filippo Abbiati 1700 circa
Figura di danzatrice, bronzista francese metà XIX secolo
La sigaretta, Luigi Cassani 1943-44
Ritratto di donna, Giovanni Battista Dell’Era 1790-1795
Idem, Particolari
Ritratto di Francesca Croce Nava Alfieri, Carlo Gerosa 1835
Idem, particolare
Ritratto femminile, Augusto Celli 1934
Ninfa al bagno, pittore francese XIX secolo
Testa di donna, Edmondo Cattaneo 1950-1953
Il bacio della madre, Mario Bettinelli 1920 circa
Sacra Famiglia con san Giovanni Battista, Leganino inizio XVIII secolo
Centro Stampa Comunale
2016