un nuovo modo di guardare
Transcript
un nuovo modo di guardare
Dopo la pioggia PRESENTAZIONE Rieccoci all’annuale PaginaZero. Andiamo subito alle novità di quest’anno. Venerdì 15 ottobre si è riunita l’Assemblea dei soci di Terzo Millennio. Il punto più importante dell’ordine del giorno è stato il rinnovo delle cariche. Dopo la pioggia viene il sereno, brilla in cielo l'arcobaleno: è come un ponte imbandierato e il sole vi passa, festeggiato. Ed ecco come è costituito il nuovo Comitato di Coordinamento: È bello guardare a naso in su le sue bandiere rosse e blu. Però lo si vede - questo è il male soltanto dopo il temporale. Non sarebbe più conveniente il temporale non farlo per niente? Un arcobaleno senza tempesta, questa si che sarebbe una festa. Sarebbe una festa per tutta la terra fare la pace prima della guerra. Gianni Rodari MARCO RANGHETTI (presidente) ALBERTO BETTINELLI (segretario) ALESSANDRO PAGANI (tesoriere) GIANLUCA MARTINELLI (consigliere) MARCO CIANCIO (consigliere) Dunque abbiamo un nuovo Presidente: da tutti noi un augurio di buon e sereno lavoro, ma siamo fiduciosi perché il nostro amico Marco è una persona dinamica, intelligente e piena di risorse. Siamo convinti che saprà guidarci benissimo. Un caloroso saluto anche al Presidente uscente, Gianluca, che ha dimostrato in questi tre anni grande impegno, serietà e disponibilità: siamo convinti che il suo ruolo istituzionale l’abbia svolto bene e siamo contenti che, nonostante i suoi impegni famigliari, riesca comunque a far parte della guida del gruppo. Da tutti noi un grande GRAZIE per come ha svolto il suo lavoro, ci siamo trovati bene. Un’altra novità è che abbiamo lasciato perdere la novità dell’anno scorso, cioè “Pontoglio da promuovere; Pontoglio da bocciare”. Non sappiamo se è perché quest’anno siamo stati poco attenti, fatto sta che non troviamo niente da promuovere e forse nemmeno da bocciare, a parte la tristezza che ci fa la Piazza XVI Aprile senza più alberi. Ci spiace soprattutto per quei signori che la domenica mattina si trovano a raccontarsi l’andamento della settimana: d’estate sarà dura per loro trovare ombra dalle fioriere; chissà, magari l’Amministrazione si attiverà a mettergli degli ombrelloni. Altra novità, questa sicuramente da promuovere. Abbiamo un nuovo ospite in queste pagine, Michele Ciancio (classe 1996), il figlio del nostro socio Marco. Alla faccia di quelli che blaterano che i ragazzi d’oggi non hanno valori, che sono solo videogames, computer e motorino, eccovi un tema di attualità che scrisse l’anno scorso quando frequentava la terza media alla Scuola Muzio di Bergamo. Una bella analisi sulla televisione e, soprattutto, di tutti quelli che alla televisione credono troppo. E quindi un GRAZIE al nostro amico Michele che ancora ci fa sperare in un futuro non così appiattito. Inoltre un bellissimo contributo poetico del nostro socio Gigi Albini, una scrittura che ci fa riinnamorare del nostro dialetto. Infine un grazie a tutti voi che ci leggete, che ci aiutate, che ci consigliate, che vi fate sentire, vedere, che faticate con noi... grazie! Grazie! Grazie! È per tutto questo che Terzo Millennio è ancora vivo. LA PAROLA AL NUOVO PRESIDENTE: Dunque... Come noto, su ogni nuovo Presidente che si rispetti incombono degni oneri, il primo dei quali è quello di presentarsi... compito arduo ma doveroso. Il fatto che quasi tutti mi conosciate facilita le cose e mi consente di sorvolare sui miei “segni particolari” e passare al dunque. Lo scorso 15 Ottobre sono stato eletto Presidente del gruppo culturale Terzo Millennio e per questo vi ringrazio, sperando che alla base della mia elezione ci sia la consapevolezza da parte dei soci, che preferisco chiamare Amici, perché tali sono, dell’impegno leale ed entusiasta che negli anni ho riposto nel Terzo Millennio. Non ho mai avuto la presunzione che un gruppo culturale, tanto meno il nostro, possa cambiare un paese, nemmeno piccolo e di provincia, figuriamoci il mondo; ho però sempre vissuto il Terzo Millennio come un luogo di incontro e scontro, come un camino acceso a metà Dicembre, attorno al quale riunirsi, confrontarsi, quando serve bere un bicchiere di vino piuttosto che leggere un libro. Con il passare degli anni per ognuno di noi il tempo di sedersi attorno a questo camino è diventato sempre meno: cresciamo, per non dire “invecchiamo”, veniamo giustamente richiamati ai nostri doveri di padri, madri, mariti, mogli, dottori e contadini. Questa considerazione ci ha spaventato, ci ha messo in bilico, di qua o di là della corda da saltare. Personalmente non mi importa, personalmente ho sempre creduto in quella frase tanto banale, chissà chi l’avrà inventata, che ciò che conta sia la qualità del tempo e pertanto quello che offro e chiedo non è la disponibilità ad investire nel Terzo Millennio “tanto tempo”, bensì la voglia e l’entusiasmo di farne parte, come fosse a sua volta una famiglia, cui si appartiene comunque. Ciò detto, il significato di un gruppo culturale sta tutto in queste due parole: Gruppo, e se è vero che una rondine non fa primavera, ne bastano anche poche, purchè volino alte, e Culturale. Su questa seconda parola vorrei soffermarmi. Come dicevo, nessuno di noi ha nulla da insegnare agli altri ma ognuno di noi dovrebbe avere la voglia di stare ad ascoltare un amico, magari che abbia da dire qualcosa di diverso da quello di cui ormai tutti parlano (“questo sta con quella”, “l’assassino è lei.. no per me è lui...”), dovrebbe avere il desiderio di una riflessione, parola tanto ostile ad una società che pare congiurarne ogni forma. Invece vorrei proprio che il Terzo Millennio avesse il coraggio di fare Riflessioni, sul rispetto, sull’ integrazione, sulla informazione, sulla Memoria, ma anche su come è trascorsa la giornata di ciascuno di noi. Da parte mia ci metto l’entusiasmo, lo stesso con cui ho accettato questo incarico di Presidente, e l’impegno a tenere ravvivato il fuoco affinché non si spenga, perché il camino sia caldo ed accogliente per chiunque vorrà provare a sedercisi attorno. BuenaVida! Marco Ranghetti SEMPRE IN PRIMA LINEA Ciao a tutti soci del Terzo Millennio, come ogni anno è arrivato il nostro appuntamento con il giornalino, e quest’anno è un numero speciale, perché è l’anno del rinnovo della presidenza e del CDC. Dopo tre anni penso che sia giusto tirare un’po’ le somme, di guardare indietro e vedere cosa è stato fatto e cosa invece è andato perso. Penso che nonostante gli slanci di ogni inizio anno verso nuove mete, alla fine abbiamo mantenuto i nostri appuntamenti con qualche variante, certo si pensava all’entrata in gioco di qualche giovane ( come nel periodo della festa) con nuove idee, slancio propositivo… Così non è stato e quindi onore e merito ai “vecchi” , che nonostante gli svariati impegni dovuti al lavoro o alle famiglie, che per fortuna si stanno ampliando ( con questo ringrazio le donne del gruppo e i figli per la pazienza e disponibilità), sono da sempre in prima linea. Questa riflessione non deve essere un motivo per fermarsi e lamentarsi, anzi, è un ottimo punto di partenza, vuol dire che c’è una base solida su cui costruire qualcosa da lasciare alle generazioni future. Quando il giornalino sarà nelle vostre mani io non sarò più presidente, ci sarà un nuovo presidente con una nuova ed entusiasmante carica di energia. Questo è per me il segno inequivocabile che il GRUPPO è ancora vivo e con voglia di fare ancora delle attività insieme, con un nuovo slancio verso nuovi traguardi, con l’intento di fare per il piacere del fare in compagnia di Terzo Millennio e a chi ci ruota intorno. Colgo quindi l’occasione per augurare al nuovo presidente i un bellissimo triennio pieno di novità con il sostegno del Gruppo. Gianluca Martinelli LA TELEVISIONE IERI, OGGI, DOMANI. Attorno agli anni ’40 la televisione arriva tra le famiglie italiane. Tuttavia, all’epoca era un bene di lusso e solo le persone più abbienti potevano esserne fruitori. Successivamente, inizia il cammino che la porta ad essere la dittatrice dei nostri giorni. Certo il piccolo schermo di un tempo e la Tv di oggi sono diverse. Infatti, ai tempi, più che un semplice svago, essa fu prima un mezzo di propaganda politica, (durante il periodo fascista, ad esempio, veniva trasmesso il programma “Dux mea lux”) e, più tardi, strumento utile all’istruzione, attraverso il programma “Non è mai troppo tardi” molti italiani hanno appreso a leggere e a scrivere. A noi tutto ciò può sembrare incredibile, oggi la Tv non si limita alla propaganda, ma influenza in modo subdolo e coercitivo, inoltre, più che istruirci sembra voglia farci dimenticare le poche conoscenze che abbiamo. I modelli che ci vengono proposti sono perlopiù “pupe” ignoranti e personaggi capaci solo di insultare, litigare e dire sconcezze. In passato, anche i bambini potevano percepire messaggi positivi di solidarietà e pace, con i cartoni animati, disegnati a mano, e con protagonisti buoni e di sani valori ( nessuno quasi si ricorda più di “Remi” o di “Anna dai capelli rossi”. Oggi va di moda “Ken il guerriero” e molto peggio; unico cartoon “realistico” è “ I Simpson”). Di valori sani, dal piccolo schermo ne escono veramente pochi; l’industria mediatica ha il solo scopo di appiattire e “normalizzare”tutto il pubblico che segue da casa. La televisione non è più emblema di cultura e rispetto, al contrario, contiene le più mediocri realtà dei nostri giorni. E’ anche vero che la gente guarda la televisione per estraniarsi dalla realtà, per sognare, per smettere di preoccuparsi del domani, per non rispondere alle domande che la vita ci pone; la Tv ci aliena dalla nostra vita e ci offre delle ridicole sicurezze senza le quali vivremmo lo stesso. Un esempio di sicurezza offertoci dalla tele? La stagione del “Grande Fratello” tornerà tra otto mesi! Questa notizia non vi esalta abbastanza? Ce n’è una ancor più grandiosa: “la Mediaset ha rinnovato il contratto alla Panicucci!”. Altro che problemi di crisi economica e preoccupazione per i posti di lavoro! Per quanto riguarda l’informazione, beh! Siamo messi male anche lì! In Italia c’è un forte monopolio. Un celebre quotidiano londinese ha attribuito a Silvio Berlusconi il 90% del patrimonio d’informazione e inoltre i legami tra politica e mass media sono molto forti: è stato imposto il blocco di tutti i talk show della Rai a sfondo politico; quindi, per avere informazioni in materia, bisogna seguire i notiziari. Ma che tipo di informazione riceve chi segue notiziari infarciti spesso di gossip? Non possiamo meravigliarci se i cittadini alle elezioni votano seguendo criteri estetici, è già tanto che non pensino di dovere esprimere la loro preferenza con il tele-voto, come si fa nei vari reality; molti dei quali hanno veramente poco di reale. Per quanto concerne i programmi pomeridiani, questi sono sempre più presenti nella vita della gente e raggiungono un’estesissima fascia d’età: dalle adolescenti, che impazziscono per“Uomini e Donne”, alle casalinghe ai pensionati. I protagonisti simulano pianti, gioie,corteggiamenti e parlano e urlano senza un preciso scopo. Non sono migliori i programmi pre-serali, eccetto “L’Eredità”, “Chi vuol essere milionario” e i programmi serali di Alberto e Piero Angela. Per quanto riguarda i programmi di “denuncia”, tipo “Striscia la notizia”e “Le Iene”, anche queste sono spesso di poca sostanza. Mi chiedo se saremo in grado di frenare questo stato di cose o se l’ignoranza sia destinata a dominare incontrastata; per il momento non sono in grado di rispondere, ma sento la necessità di lanciare un monito al telespettatore con il sorrisetto ebete: non farti appiattire dalla televisione! Michele Ciancio LA PRUCISSIU’ Póche stròfe per rigordà al fedél pio e perbé chèle bèle procissiù che sa fàa àgn andré. Gh’éra nel’aria zà dala matìna al sentùr de gràn fistù là nele vie ando pasàa ‘l dopodisnàt finìt la dutrìna la procissiù. La diusiù ala Madona i-éra momèncc de muimèncc stràde del paìs istìde a fèsta de fiùr, de candele, de paramèncc. Le fomnasìne ‘n competisiù andafaràde a chi fàa piö bèl le tiràa fò per l’ocaziù töt l’ocorènt dal fónd dei casitù. Sö le préde dele finèstre ricamàcc i gran lensöi toàie, pés de chèi piö bèi tindù culuràcc i pindia dai pozöi. Cuminciàa la sfilàda i angilì sènsa le ale coi bigarlì biànch dré i stendàrd e le congréghe, il “Noi vogliam Dio” l’antunàa la banda müsicàl. Le fómne le sgranàa ‘l rozàre söi dìcc le fiöle le mitìa ‘n móstra i vistìcc i zùegn i spiàa le murùze i gnàri i sa dàa sgambècc con mila scüse. Sóta ‘l baldachì l’ Asiprét töt südat col piviàl de cerimonia d’ór brocàt an bànda i dù cüràcc noèi i-gà ‘l tignìa leàt. Col reliquàre ‘n mà l ‘éra sempèr an gràn tensiù ma a destra e pò’ a manca ‘ l dàa fò benedisiù. Pò come sempèr i dù cerimoniér, con an mà ‘n bastù rós col pómol d’ór i sa dàa de fà per mantignì la fila e ardà bé che nesü indès fò de pòst. E bèl bèl töcc an fila s’andàa chi con le scarpe, chi coi sopèi ògne tàt chèl denàcc la molàa con udùr da fà resà ‘n pé i cheèi. Gh’era ‘l poerèt disperàt: “Ma Signùr, perché, come mai”? Al sciòr sudisfàt: “Só pròpe piö come contài”! La fómna ‘ncìnta: “Fa chèl nàses bèl e che stiès bé”! La comàr che sparìa, gh’éra sempèr bisògn de lé. Chèl che sa cridìa ‘n tantì piö ‘n vista al sa portàa dré l’ombrèla al sul che ciocàa ‘l ciapàa ‘l có ‘l vulìa fàs an pó de ombréa. Chèi contadì che piötòs de pregà i pensàa ai afàre che dopo la funsiù i püdia fà indì ‘l fé, al formèt a bù presé o al tòr per la achìna antàt che i sa fàa ‘na caràfa de négher al trani o zó ala cantìna . Al droghér: “Gó ‘l strachì che ma cùla ‘na cópa e ‘n tòch de frèsch salàm se no i vènde per dumà i ma ciàpa ‘l verdèram. Fra i casadùr a chi la sparàa piö gròsa al pescadùr al pensàa ale nase zó ala Moìa al feracaài rós fughét dal föch dela fuzìna speràa de ferà tace caài ‘l dumà de matina. Al maringù pör con póche scöle l’éra gràn brào a fabricà biròcc, carècc, cariöle al sa lamentàa perché da tép l’éra sènsa frànch i gà fàa piö crèdet ‘n do ‘l compràa ‘l legnàm. “A me mal dizèt”! – ‘l gà rispundìt al Zio müradùr chèl vignìa de Murnìch. “Per pudì tirà sö la famìa, per laurà gó lasàt al me paìs, i me fredèi, la me cà”. Al scìur dutùr sénsa la sò Guzzi rósa al spisiér con chèl cald chèl fàa gà ignìa zó gné ‘na gósa “Ma và a màl töta la erdùra chè gó là”! - col capèl che balàa söl cül, ‘l bruntulàa l’ortolà Sa indìa gratàde là ‘n piasèta de giàs ‘na gratàa zó piö de ‘na stèca An alta divisa ‘l Guargì el Guargiù con tant de autorità i gà fàa tórt a nesü. Se l’aparènsa la scundìa la confusiù dei pensér ché i portàa nel cör ognü töcc acoràcc e con sperànsa sa sintìa con fervùr cantà: “Ave, Ave, Ave Maria”. Certo però che gran diusiù töt al paìs l’éra lé, chéi catìv e chèi bù. Ga lo amò bé ma bé nel có prucissiù come chèle no ést pròpe piö. Gigi Albini Il GUSTO DELL’ORRIDO Il bene non fa rumore, così diceva Aldo Moro poco prima di venire spinto nel baule di una Renault 4, come una qualsiasi cassa di frutta fresca. Pare che le cose stiano proprio in questo modo, non ci interessa sapere che è stato recentemente scoperto un nuovo vaccino da un’ equipe di ricercatori italiani contro la meningite, che un generoso e anonimo benefattore (l’anonimato.. dono e dote tanto rara in un’ epoca in cui se non ti presenti non sei) di Adro (proprio di Adro, il paese dove, mi hanno detto, settecento soli disegnati dai bambini sono stati messi ad agghindare tutta la scuola: il sole di Maria, di Sara, di Andrea… ma forse devo aver capito male..) si è offerto di pagare la mensa a chi non poteva permettersela, piccoli africani d’occidente. Non ci interessa sapere che i nostri migliori amici, sposati ormai da anni, sono ancora felici insieme, che ancora si bastano l’un l’altra e che no, non si sono mai traditi. E’ il male che fa notizia, che innalza l’auditel, che apre i nostri occhi, le orecchie, le mani, che ci fa lasciare la forchetta a metà, almeno per un secondo, prima di sprofondarla nel solito piatto di spaghetti. Il gusto dell’orrido, quello che forma file di curiosi davanti alle finestre chiuse della casa dell’assassino, o del presunto tale, come pellegrinaggi verso una qualche madonna generosa di apparizioni e miracoli; quello che allinea chilometri di automobili in prossimità di ogni tamponamento, anche nella corsia opposta intendo, code di lunghezza direttamente proporzionale alla probabilità di morte di chi resta coinvolto in una qualche distrazione, come se le lamiere contorte o i corpi schiacciati ci restituissero qualcosa. Pazienza se poi siamo tutti sempre omertosi, se mai nessuno ha visto niente, se mai nessuno è passato di lì, se non per caso, quando lì è un posto scomodo. Pazienza se facciamo tutti i giorni la stessa strada ma non sapremmo dire, se qualcuno mai ce lo chiedesse (evenienza assai improbabile), se incontriamo almeno un albero lungo il tragitto… gli alberi non catturano l’attenzione e non fanno rumore. Ha la meglio il gusto dell’orrido, quello per cui fa più share una partita giocata a spranghe e lacrimogeni, un qualunque Ivan il terribile, rispetto a quello che avrebbero ottenuto 90 minuti di sport; quello per cui vogliamo sapere, crediamo di avere il diritto di sapere, chi è stato nel letto di chi e perché, chi ha tradito chi e in cambio di cosa, per cui chiediamo l’autografo, se non proprio all’assassino come diceva una canzone, almeno all’estorsore e alla sua bellissima compagna, forse di vita, sicuramente di pubblicità. E’ come quando da bambini giocavamo a nascondino, contando fino a cento senza poter fare a meno di spiare, almeno un po’….. Peccato che oggi non ci sia più bisogno di spiare, nessuno ci costringa a sbirciare, oggi il male è spiattellato davanti ai nostri occhi, nutella su fette di pane, offerto gratuitamente, spesso attraverso le inquadrature dei migliori registi, tra un messaggio pubblicitario e l’altro. E noi sempre lì, a guardare e a compiacere. V.C. UN NUOVO MODO DI GUARDARE (a Fabrizio De Andrè) E così da bambino guardavi la città, proprio la parte dove non potevi stare. Con i suoi barboni, i drogati e le puttane, tutte facce di gente di malaffare. E i tuoi occhi che volavano di là dal muro ad assaggiare una vita più crudele ma più reale. Così il tuo cuore rotolò di là dal muro per poter pulsare di una vita un po' più intensa da assaporare. Cominciò così, per non finire mai, la voce narrante di chi sta nei guai; voce dei diseredati, e pianto degli afflitti, il canto degli eroi sempre sconfitti. Col tuo cuore ribaltato dal dolore degli ultimi della terra, il tuo cuore sanguinante per gli orrori della guerra. E una mente che in un cuore capovolto è costretta ad abitare preferisce un'aritmìa ad un battito regolare. E quante storie amare di perduti amori, quante facce di uno zoo che è chiuso fuori, e quanta umanità, e perdono ci hai cantato, e di quanta poca colpa c'è nel peccato. E i tuoi occhi eran capaci, erano bravi a non fermarsi alle apparenze, e tu sempre delicato a graffiarci le coscienze, ma i tuoi occhi troppo belli per poterci o voler farci del male han preferito regalarci un nuovo modo di guardare. Cominciò così, per non finire mai, nemmeno adesso che tu non ci sei, sarà che grazie a te siamo più disobbedienti, sarà che grazie a te siamo più attenti. E siamo orfani adesso ma tranquillo che un tesoro ci è restato, le bellissime canzoni che ci hai lasciato. Sei assente ma sappiamo bene che non sei andato via, può morire un poeta, ma non la poesia. Alberto Bettinelli IL SOLE RIDE? NOI NO! Anticipiamo con un approfondimento ciò di cui parleremo anche negli articoli successivi: il potere, soprattutto quando è prepotente. Abbiamo invitato il Comitato “Amici della Piazza” di Cividate a scrivere qualcosa sul caso del Sole delle Alpi apposto nella piazza del paese dalla giunta leghista. Breve cronistoria: nel 2009 l'Amministrazione termina i lavori di ristrutturazione della piazza con un simbolo della Lega nella pavimentazione, giusto per ricordare a tutti i passati chi ha vinto le elezioni. Peccato facciano finta di dimenticarsi che il voto serve per eleggere un'amministrazione e non dei padroni; ma si sa, il motto PADRONI A CASA NOSTRA è stato coniato dalla Lega Nord, e se lo dice il Partito di sicuro ha ragione. (Sant'Umberto, pensa per noi. Amen). Il Comitato raccoglie 589 firme, che non vengono minimamente considerate dai “padroni” del Comune; presenta quindi un esposto alla Procura il 18 gennaio 2010. E' di poco fa la ridicola conclusione della vicenda legale. Un Pubblico Ministero chiede al GIP l'archiviazione confondendo il Sole delle Alpi con il Sole che Ride... Beh, c'è poco da ridere. Quindi, da parte nostra, un Grazie agli “Amici della Piazza” per non essere rimasti indifferenti. Ed ora a loro la parola. IL PM CONFONDE IL “SOLE DELLE ALPI” CON IL “SOLE CHE RIDE” Il titolo di questo comunicato non è uno scherzo: nel richiedere l’archiviazione del caso “Sole delle Alpi” apposto in piazza Papa Giovanni a Cividate al Piano (Bg) dall’Amministrazione comunale targata Lega, il pubblico ministero Franco Bettini parla, proprio all’inizio della sua richiesta, di “Sole che ride” e non di “Sole delle Alpi” (si veda il documento originale allegato). Si tratta di un errore, questa è l’unica cosa certa. Un errore del quale prendiamo atto con amarezza e con il dubbio che questa vicenda sia stata trattata con leggerezza. Altrimenti si sarebbe accorto, semplicemente dal nostro esposto o da una visita sul campo, che ciò che a Cividate al Piano viene messo in discussione non è il “Sole che ride” (simbolo della lotta contro il nucleare e del partito dei Verdi), che in paese non si è mai visto, né in piazza, né in nessun altro posto, ma il “Sole delle Alpi”, registrato come simbolo della Lega Nord. Prendiamo anche atto e comunichiamo alla stampa che nella richiesta di archiviazione il pubblico ministero non fa riferimento ad alcuna legge italiana, se non vagamente. Ma si spinge a sostenere che “il simbolo riveste anche carattere socio culturale e così è stato inteso, all’atto della sua apposizione, da parte del sindaco del Comune”. Il tutto senza aver capito quale fosse il simbolo di cui si parlava, come dimostra chiaramente la richiesta di archiviazione. Il Comitato si è sempre comportato in maniera seria. Tutto quello che ha fatto, l'ha fatto alla luce del sole, portando avanti una battaglia doverosa, anche se difficile, contro la scelta di un partito che governa e gioca a confondere i simboli di cui si è appropriato, con simboli culturali e tradizionali.. Abbiamo portato avanti una battaglia dura, ma leale. Il Sindaco Luciano Vescovi aveva minacciato di querelarci, forse l'avrà anche fatto, non ci interessa. Quello che conta è che siamo andati avanti, sempre, con l'appoggio di buona parte della popolazione, convinti, come lo siamo ancora oggi, di stare dalla parte della ragione. Abbiamo perso. Di motivi per fare ricorso ce ne sarebbero. Ad ogni modo abbiamo deciso che NON FAREMO RICORSO. Sapevamo, quando abbiamo depositato l’esposto, che la nostra sarebbe stata una battaglia dura da vincere. La legge è “fumosa” sulla questione. Ma avevamo il dovere morale di fare quello che abbiamo fatto. Ciò che è innegabile, al di là dell’opinione della magistratura nei confronti della quale siamo del tutto sfiduciati, è che a Cividate al Piano, nel bel mezzo della tradizionalissima piazza Papa Giovanni, è stato infilato un simbolo di partito, in un luogo pubblico. Ma a quanto pare, prima di intervenire, le istituzioni di natura politica hanno bisogno di una scuola tappezzata di “Sole padano”, altrimenti non ne vale la pena. Noi ci fermiamo qui per il momento! Anche se ovviamente la nostra campagna di sensibilizzazione continua. Ci sono già in cantiere parecchie iniziative. P.S.: ora l'ultima parola è del GIP. E domani potremmo chiedere scusa alla Procura di Bergamo. Ma per il momento ci siamo sentiti di esternare il nostro stato d'animo. COMITATO “AMICI DELLA PIAZZA” CIVIDATE AL PIANO (BG) Per approfondimenti sulla vicenda del sole delle alpi in piazza a Cividate: Google: http://tinyurl.com/2vd4ooj Facebook: http://tinyurl.com/346ryxc http://tinyurl.com/36yt4td POTERE GLI INDIFFERENTI 1. Tutto ciò che un paese forte e ricco decide, intraprende e sceglie ogni giorno ha come conseguenza e necessità: preparare la guerra “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. coltivare la guerra prevedere la guerra accettare la guerra avere bisogno della guerra scegliere, ogni tanto, per quale guerra indignarsi e quale guerra dimenticare. 2. Arma e alleva un dittatore, se un giorno vuoi avere il merito di combatterlo. 3. Chi è più debole massacra, chi è più forte interviene. 4. Non esiste guerra tanto crudele da non scomparire appena si smette di parlarne... 5. Ogni multinazionale economica ha bisogno di invadere, sfruttare, scacciare e uccidere proprio come un esercito. Stefano Benni (“SPIRITI” - Feltrinelli 2000) L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. Antonio Gramsci 11 febbraio 1917 APRILE 1945 LA POLITICA DEL PERO' VOI di Alberto Bettinelli Ecco, la guerra è finita. Si è fatto silenzio sull'Europa. E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi. Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle. Come siamo felici. A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia, nessuno era più capace di andare avanti a parlare. Che da stasera la gente ricominci a essere buona? Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate. Felicità su tutto il mondo è pace! Infatti quante cose orribili passate per sempre. Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più così immobili e nere. Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali, Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni. Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria, notte e dì, capricciose tiranne. Non più, non più, ecco tutto; Dio come siamo felici D.Buzzati Maggioranze e minoranze, chi ha ragione? Bella domanda. Prima di tutto cerchiamo di capire chi sono. Le maggioranze possono essere etniche; religiose; culturali e di credo politico. Solitamente quest'ultime sono quelle che vincono le elezioni. In un paese come il nostro è normale, siamo in democrazia. Bene, le minoranze sono quelle che le perdono, ovvio. Democrazia. Nell'etimologia del termine significa sostanzialmente Potere del Popolo. Quindi, in una democrazia che si rispetti, il popolo è formato da maggioranze e minoranze, e chi è stato eletto per amministrare il paese (sia il Governo, la Regione, la Provincia o il Comune) non dovrebbe dimenticarsi che rappresenta tutti, anche quelli che non l'hanno votato. Invece, purtroppo, se lo dimenticano spesso. Al mio paese (Cividate al Piano), per esempio, l'Amministrazione Leghista oltre a voler regalare ai propri cittadini (nonostante la gran parte del paese non sia d'accordo) un bel cementificio, ha ristrutturato la piazza davanti al Comune. Fatta bene, un piccolo anfiteatro, un bell'acciottolato, ed al margine di questo bell'acciottolato un bel Sole delle Alpi. Molte persone, tra cui io, si sono indignate. L'hanno ritenuto un gesto prepotente e volgare, una grave mancanza di rispetto per almeno la metà del paese. Lo abbiamo fatto presente al Sindaco e a tutta la maggioranza, abbiamo raccolto firme contro questa prevaricazione del vivere civilmente. Niente. Sordi e ciechi. Muti no. Ci hanno detto che anche se avessimo raccolto le firme di tutto il paese ormai la scelta era fatta, la decisione presa. Bell'esempio di democrazia. Ho incontrato un leghista mio coetaneo e gli ho detto “guarda che se l'amministrazione di sinistra avesse deciso di mettere una bella falce e martello adesso sareste stati qui con noi a raccogliere firme”. “No!” risponde, “non saremmo qui perché se ha vinto le elezioni ne aveva il diritto”. Un imbecille. E purtroppo non l'unico. Il Sindaco di Adro (Bs), ad esempio, inizia a diventare famoso circa un anno fa per aver tagliato i fondi alla mensa delle scuole; forse il Comune non aveva più soldi e così chi non poteva pagare la mensa via!. Poi torna alla ribalta mettendo nelle scuole il simbolo leghista del Sole delle Alpi (pure lui!). Tra vetrate, zerbini e banchi degli alunni erano circa 700 simboli. Ora, non si sa con che soldi abbia pagato quest'idiozia, ma quelli per rimuoverli, dopo che è stato obbligato dal ministro Gelmini, penso siano della comunità. Siamo alla frutta, come si suol dire. Ma è mai possibile questa arroganza? Purtroppo sì, è possibile. C'è, è visibile, per chi la vuole vedere, per chi ha ancora il coraggio di indignarsi, di dire NO! Di dire “GUARDATE CHE RAPPRESENTATE ANCHE NOI, NON SOLTANTO I VOSTRI ELETTORI!” Penso tristemente che siamo alla politica del PERO' VOI. La sinistra che urla alla destra “però voi avete fatto questo!” E la destra che urla alla sinistra “però voi avete fatto quest'altro!” Si accusano a vicenda di avere rubato, truffato, agevolato la criminalità organizzata, ingannato i propri elettori... Ed allora una forza politica quando prende il potere si sente legittimata a fare lo stesso, se non peggio. E se non è proprio legittimata, beh, si crea una nuova legge che la metta in posizione di legalità. Assurdo. Non so se tutto questo mi suona di imbroglio, di marcio. Sicuramente di schifo si. Riassumendo: la maggioranza è eletta democraticamente, fa le leggi, e ci amministra, ma soprattutto dovrebbe fare il bene del paese, di tutto il paese, anche di quei cittadini che la maggioranza non l'hanno votata. Allora sarebbe una vera Democrazia, cioè Potere del Popolo. Non mi resta che sperare in tempi migliori. Finisco: Fabrizio de Andrè, grande cantautore e poeta, scrisse cose bellissime su maggioranze e minoranze e, da poeta, le scrisse molto meglio di me. Vi lascio con l'ultima canzone del suo ultimo album (Anime Salve, 1996) e con una sua introduzione. Le Maggioranze “L'ultima... l'ultima canzone dell'album è una specie di riassunto dell'album stesso, è una preghiera, una sorta di invocazione: un'invocazione ad un'entità parentale, come se fosse una mamma, un papà, molto più grandi, molto più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità parentali, immaginate così, potentissime come una divinità: le chiamiamo Dio, le chiamiamo Signore, le chiamiamo Madonna. In questo caso l'invocazione è perché si accorgano di tutti i torti che hanno subìto le minoranze da parte delle maggioranze. Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi, dire: "siamo seicento milioni" "siamo un miliardo e duecento milioni", e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di essere... di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze. La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio perché è fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi... ci proviamo lo stesso”. (Fabrizio De André. Palaverde di Villorba, Treviso, 23 marzo 1997) SMISURATA PREGHIERA Alta sui naufragi dai belvedere delle torri china e distante sugli elementi del disastro dalle cose che accadono al disopra delle parole celebrative del nulla lungo un facile vento di sazietà di impunità Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso a guidare la colonna di dolore e di fumo che lascia le infinite battaglie al calar della sera la maggioranza sta la maggioranza sta recitando un rosario di ambizioni meschine di millenarie paure di inesauribili astuzie Coltivando tranquilla l'orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta come una malattia come una sfortuna come un'anestesia come un'abitudine Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di verità Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli con improbabili nomi di cantanti di tango in un vasto programma di eternità Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti come una svista come un'anomalia come una distrazione come un dovere. Fabrizio De André Auguri Buon di Natale e Felice Anno Nuovo!