un nuovo modo di guardare

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un nuovo modo di guardare
Dopo la pioggia
PRESENTAZIONE
Rieccoci all’annuale PaginaZero.
Andiamo subito alle novità di quest’anno.
Venerdì 15 ottobre si è riunita l’Assemblea dei soci di Terzo
Millennio. Il punto più importante dell’ordine del giorno è stato il
rinnovo delle cariche.
Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l'arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
Ed ecco come è costituito il nuovo Comitato di Coordinamento:
È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede - questo è il male soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa si che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.
Gianni Rodari
MARCO RANGHETTI (presidente)
ALBERTO BETTINELLI (segretario)
ALESSANDRO PAGANI (tesoriere)
GIANLUCA MARTINELLI (consigliere)
MARCO CIANCIO (consigliere)
Dunque abbiamo un nuovo Presidente: da tutti noi un augurio
di buon e sereno lavoro, ma siamo fiduciosi perché il nostro
amico Marco è una persona dinamica, intelligente e piena di
risorse. Siamo convinti che saprà guidarci benissimo.
Un caloroso saluto anche al Presidente uscente, Gianluca, che
ha dimostrato in questi tre anni grande impegno, serietà e
disponibilità: siamo convinti che il suo ruolo istituzionale l’abbia
svolto bene e siamo contenti che, nonostante i suoi impegni
famigliari, riesca comunque a far parte della guida del gruppo.
Da tutti noi un grande GRAZIE per come ha svolto il suo
lavoro, ci siamo trovati bene.
Un’altra novità è che abbiamo lasciato perdere la novità
dell’anno scorso, cioè “Pontoglio da promuovere; Pontoglio da
bocciare”.
Non sappiamo se è perché quest’anno siamo stati poco attenti,
fatto sta che non troviamo niente da promuovere e forse
nemmeno da bocciare, a parte la tristezza che ci fa la Piazza
XVI Aprile senza più alberi. Ci spiace soprattutto per quei
signori che la domenica mattina si trovano a raccontarsi
l’andamento della settimana: d’estate sarà dura per loro
trovare ombra dalle fioriere; chissà, magari l’Amministrazione
si attiverà a mettergli degli ombrelloni.
Altra novità, questa sicuramente da promuovere.
Abbiamo un nuovo ospite in queste pagine, Michele Ciancio
(classe 1996), il figlio del nostro socio Marco. Alla faccia di
quelli che blaterano che i ragazzi d’oggi non hanno valori, che
sono solo videogames, computer e motorino, eccovi un tema
di attualità che scrisse l’anno scorso quando frequentava la
terza media alla Scuola Muzio di Bergamo.
Una bella analisi sulla televisione e, soprattutto, di tutti quelli
che alla televisione credono troppo.
E quindi un GRAZIE al nostro amico Michele che ancora ci fa
sperare in un futuro non così appiattito.
Inoltre un bellissimo contributo poetico del nostro socio Gigi
Albini, una scrittura che ci fa riinnamorare del nostro dialetto.
Infine un grazie a tutti voi che ci leggete, che ci aiutate, che ci
consigliate, che vi fate sentire, vedere, che faticate con noi...
grazie! Grazie! Grazie!
È per tutto questo che Terzo Millennio è ancora vivo.
LA PAROLA AL NUOVO PRESIDENTE:
Dunque...
Come noto, su ogni nuovo Presidente che si rispetti
incombono degni oneri, il primo dei quali è quello di
presentarsi... compito arduo ma doveroso. Il fatto che quasi
tutti mi conosciate facilita le cose e mi consente di sorvolare
sui miei “segni particolari” e passare al dunque.
Lo scorso 15 Ottobre sono stato eletto Presidente del gruppo
culturale Terzo Millennio e per questo vi ringrazio, sperando
che alla base della mia elezione ci sia la consapevolezza da
parte dei soci, che preferisco chiamare Amici, perché tali sono,
dell’impegno leale ed entusiasta che negli anni ho riposto nel
Terzo Millennio. Non ho mai avuto la presunzione che un
gruppo culturale, tanto meno il nostro, possa cambiare un
paese, nemmeno piccolo e di provincia, figuriamoci il mondo;
ho però sempre vissuto il Terzo Millennio come un luogo di
incontro e scontro, come un camino acceso a metà Dicembre,
attorno al quale riunirsi, confrontarsi, quando serve bere un
bicchiere di vino piuttosto che leggere un libro. Con il passare
degli anni per ognuno di noi il tempo di sedersi attorno a
questo camino è diventato sempre meno: cresciamo, per non
dire “invecchiamo”, veniamo giustamente richiamati ai nostri
doveri di padri, madri, mariti, mogli, dottori e contadini. Questa
considerazione ci ha spaventato, ci ha messo in bilico, di qua o
di là della corda da saltare.
Personalmente non mi importa, personalmente ho sempre
creduto in quella frase tanto banale, chissà chi l’avrà inventata,
che ciò che conta sia la qualità del tempo e pertanto quello che
offro e chiedo non è la disponibilità ad investire nel Terzo
Millennio “tanto tempo”, bensì la voglia e l’entusiasmo di farne
parte, come fosse a sua volta una famiglia, cui si appartiene
comunque.
Ciò detto, il significato di un gruppo culturale sta tutto in queste
due parole: Gruppo, e se è vero che una rondine non fa
primavera, ne bastano anche poche, purchè volino alte, e
Culturale. Su questa seconda parola vorrei soffermarmi. Come
dicevo, nessuno di noi ha nulla da insegnare agli altri ma
ognuno di noi dovrebbe avere la voglia di stare ad ascoltare un
amico, magari che abbia da dire qualcosa di diverso da quello
di cui ormai tutti parlano (“questo sta con quella”, “l’assassino
è lei.. no per me è lui...”), dovrebbe avere il desiderio di una
riflessione, parola tanto ostile ad una società che pare
congiurarne ogni forma.
Invece vorrei proprio che il Terzo Millennio avesse il coraggio
di fare Riflessioni, sul rispetto, sull’ integrazione, sulla
informazione, sulla Memoria, ma anche su come è trascorsa
la giornata di ciascuno di noi.
Da parte mia ci metto l’entusiasmo, lo stesso con cui ho
accettato questo incarico di Presidente, e l’impegno a tenere
ravvivato il fuoco affinché non si spenga, perché il camino sia
caldo ed accogliente per chiunque vorrà provare a sedercisi
attorno.
BuenaVida!
Marco Ranghetti
SEMPRE IN PRIMA LINEA
Ciao a tutti soci del Terzo Millennio, come ogni anno è arrivato
il nostro appuntamento con il giornalino, e quest’anno è un
numero speciale, perché è l’anno del rinnovo della presidenza
e del CDC.
Dopo tre anni penso che sia giusto tirare un’po’ le somme, di
guardare indietro e vedere cosa è stato fatto e cosa invece è
andato perso.
Penso che nonostante gli slanci di ogni inizio anno verso
nuove mete, alla fine abbiamo mantenuto i nostri appuntamenti
con qualche variante, certo si pensava all’entrata in gioco di
qualche giovane ( come nel periodo della festa) con nuove
idee, slancio propositivo…
Così non è stato e quindi onore e merito ai “vecchi” , che
nonostante gli svariati impegni dovuti al lavoro o alle famiglie,
che per fortuna si stanno ampliando ( con questo ringrazio le
donne del gruppo e i figli per la pazienza e disponibilità),
sono da sempre in prima linea.
Questa riflessione non deve essere un motivo per fermarsi e
lamentarsi, anzi, è un ottimo punto di partenza, vuol dire che
c’è una base solida su cui costruire qualcosa da lasciare alle
generazioni future.
Quando il giornalino sarà nelle vostre mani io non sarò più
presidente, ci sarà un nuovo presidente con una nuova ed
entusiasmante carica di energia. Questo è per me il segno
inequivocabile che il GRUPPO è ancora vivo e con voglia di
fare ancora delle attività insieme, con un nuovo slancio verso
nuovi traguardi, con l’intento di fare per il piacere del fare in
compagnia di Terzo Millennio e a chi ci ruota intorno.
Colgo quindi l’occasione per augurare al nuovo presidente i un
bellissimo triennio pieno di novità con il sostegno del Gruppo.
Gianluca Martinelli
LA TELEVISIONE IERI, OGGI, DOMANI.
Attorno agli anni ’40 la televisione arriva tra le famiglie italiane.
Tuttavia, all’epoca era un bene di lusso e solo le persone più
abbienti potevano esserne fruitori.
Successivamente, inizia il cammino che la porta ad essere la
dittatrice dei nostri giorni.
Certo il piccolo schermo di un tempo e la Tv di oggi sono
diverse. Infatti, ai tempi, più che un semplice svago, essa fu
prima un mezzo di propaganda politica, (durante il periodo
fascista, ad esempio, veniva trasmesso il programma “Dux
mea lux”) e, più tardi, strumento utile all’istruzione, attraverso il
programma “Non è mai troppo tardi” molti italiani hanno
appreso a leggere e a scrivere.
A noi tutto ciò può sembrare incredibile, oggi la Tv non si limita
alla propaganda, ma influenza in modo subdolo e coercitivo,
inoltre, più che istruirci sembra voglia farci dimenticare le
poche conoscenze che abbiamo. I modelli che ci vengono
proposti sono perlopiù “pupe” ignoranti e personaggi capaci
solo di insultare, litigare e dire sconcezze.
In passato, anche i bambini potevano percepire messaggi
positivi di solidarietà e pace, con i cartoni animati, disegnati a
mano, e con protagonisti buoni e di sani valori ( nessuno quasi
si ricorda più di “Remi” o di “Anna dai capelli rossi”. Oggi va
di moda “Ken il guerriero” e molto peggio; unico cartoon
“realistico” è “ I Simpson”).
Di valori sani, dal piccolo schermo ne escono veramente pochi;
l’industria mediatica ha il solo scopo di appiattire e
“normalizzare”tutto il pubblico che segue da casa.
La televisione non è più emblema di cultura e rispetto, al
contrario, contiene le più mediocri realtà dei nostri giorni.
E’ anche vero che la gente guarda la televisione per estraniarsi
dalla realtà, per sognare, per smettere di preoccuparsi del
domani, per non rispondere alle domande che la vita ci pone;
la Tv ci aliena dalla nostra vita e ci offre delle ridicole sicurezze
senza le quali vivremmo lo stesso.
Un esempio di sicurezza offertoci dalla tele? La stagione del
“Grande Fratello” tornerà tra otto mesi! Questa notizia non vi
esalta abbastanza? Ce n’è una ancor più grandiosa: “la
Mediaset ha rinnovato il contratto alla Panicucci!”. Altro che
problemi di crisi economica e preoccupazione per i posti di
lavoro!
Per quanto riguarda l’informazione, beh! Siamo messi male
anche lì! In Italia c’è un forte monopolio. Un celebre quotidiano
londinese ha attribuito a Silvio Berlusconi il 90% del patrimonio
d’informazione e inoltre i legami tra politica e mass media sono
molto forti: è stato imposto il blocco di tutti i talk show della Rai
a sfondo politico; quindi, per avere informazioni in materia,
bisogna seguire i notiziari.
Ma che tipo di informazione riceve chi segue notiziari infarciti
spesso di gossip?
Non possiamo meravigliarci se i cittadini alle elezioni votano
seguendo criteri estetici, è già tanto che non pensino di dovere
esprimere la loro preferenza con il tele-voto, come si fa nei vari
reality; molti dei quali hanno veramente poco di reale.
Per quanto concerne i programmi pomeridiani, questi sono
sempre più presenti nella vita della gente e raggiungono
un’estesissima fascia d’età:
dalle adolescenti, che impazziscono per“Uomini e Donne”,
alle casalinghe ai pensionati. I protagonisti simulano pianti,
gioie,corteggiamenti e parlano e urlano senza un preciso
scopo.
Non sono migliori i programmi pre-serali, eccetto “L’Eredità”,
“Chi vuol essere milionario” e i programmi serali di Alberto e
Piero Angela. Per quanto riguarda i programmi di “denuncia”,
tipo “Striscia la notizia”e “Le Iene”, anche queste sono spesso
di poca sostanza. Mi chiedo se saremo in grado di frenare
questo stato di cose o se l’ignoranza sia destinata a dominare
incontrastata; per il momento non sono in grado di rispondere,
ma sento la necessità di lanciare un monito al telespettatore
con il sorrisetto ebete: non farti appiattire dalla televisione!
Michele Ciancio
LA PRUCISSIU’
Póche stròfe per rigordà
al fedél pio e perbé
chèle bèle procissiù
che sa fàa àgn andré.
Gh’éra nel’aria zà dala matìna
al sentùr de gràn fistù
là nele vie ando pasàa ‘l dopodisnàt
finìt la dutrìna la procissiù.
La diusiù ala Madona
i-éra momèncc de muimèncc
stràde del paìs istìde a fèsta
de fiùr, de candele, de paramèncc.
Le fomnasìne ‘n competisiù
andafaràde a chi fàa piö bèl
le tiràa fò per l’ocaziù
töt l’ocorènt dal fónd dei casitù.
Sö le préde dele finèstre
ricamàcc i gran lensöi
toàie, pés de chèi piö bèi
tindù culuràcc i pindia dai pozöi.
Cuminciàa la sfilàda i angilì
sènsa le ale coi bigarlì biànch
dré i stendàrd e le congréghe, il “Noi vogliam Dio”
l’antunàa la banda müsicàl.
Le fómne le sgranàa ‘l rozàre söi dìcc
le fiöle le mitìa ‘n móstra i vistìcc
i zùegn i spiàa le murùze
i gnàri i sa dàa sgambècc con mila scüse.
Sóta ‘l baldachì l’ Asiprét töt südat
col piviàl de cerimonia d’ór brocàt
an bànda i dù cüràcc noèi
i-gà ‘l tignìa leàt.
Col reliquàre ‘n mà
l ‘éra sempèr an gràn tensiù
ma a destra e pò’ a manca
‘ l dàa fò benedisiù.
Pò come sempèr i dù cerimoniér,
con an mà ‘n bastù rós col pómol d’ór
i sa dàa de fà per mantignì la fila
e ardà bé che nesü indès fò de pòst.
E bèl bèl töcc an fila s’andàa
chi con le scarpe, chi coi sopèi
ògne tàt chèl denàcc la molàa
con udùr da fà resà ‘n pé i cheèi.
Gh’era ‘l poerèt disperàt: “Ma Signùr, perché, come mai”?
Al sciòr sudisfàt: “Só pròpe piö come contài”!
La fómna ‘ncìnta: “Fa chèl nàses bèl e che stiès bé”!
La comàr che sparìa, gh’éra sempèr bisògn de lé.
Chèl che sa cridìa ‘n tantì piö ‘n vista
al sa portàa dré l’ombrèla
al sul che ciocàa ‘l ciapàa ‘l có
‘l vulìa fàs an pó de ombréa.
Chèi contadì che piötòs de pregà
i pensàa ai afàre che dopo la funsiù i püdia fà
indì ‘l fé, al formèt a bù presé o al tòr per la achìna
antàt che i sa fàa ‘na caràfa de négher al trani o zó ala cantìna .
Al droghér: “Gó ‘l strachì che ma cùla
‘na cópa e ‘n tòch de frèsch salàm
se no i vènde per dumà
i ma ciàpa ‘l verdèram.
Fra i casadùr a chi la sparàa piö gròsa
al pescadùr al pensàa ale nase zó ala Moìa
al feracaài rós fughét dal föch dela fuzìna
speràa de ferà tace caài ‘l dumà de matina.
Al maringù pör con póche scöle
l’éra gràn brào a fabricà biròcc, carècc, cariöle
al sa lamentàa perché da tép l’éra sènsa frànch
i gà fàa piö crèdet ‘n do ‘l compràa ‘l legnàm.
“A me mal dizèt”! – ‘l gà rispundìt
al Zio müradùr chèl vignìa de Murnìch.
“Per pudì tirà sö la famìa, per laurà
gó lasàt al me paìs, i me fredèi, la me cà”.
Al scìur dutùr sénsa la sò Guzzi rósa
al spisiér con chèl cald chèl fàa gà ignìa zó gné ‘na gósa
“Ma và a màl töta la erdùra chè gó là”!
- col capèl che balàa söl cül, ‘l bruntulàa l’ortolà Sa indìa gratàde là ‘n piasèta
de giàs ‘na gratàa zó piö de ‘na stèca
An alta divisa ‘l Guargì el Guargiù
con tant de autorità i gà fàa tórt a nesü.
Se l’aparènsa la scundìa la confusiù
dei pensér ché i portàa nel cör ognü
töcc acoràcc e con sperànsa sa sintìa
con fervùr cantà: “Ave, Ave, Ave Maria”.
Certo però che gran diusiù
töt al paìs l’éra lé, chéi catìv e chèi bù.
Ga lo amò bé ma bé nel có
prucissiù come chèle no ést pròpe piö.
Gigi Albini
Il GUSTO DELL’ORRIDO
Il bene non fa rumore, così diceva Aldo Moro poco prima di
venire spinto nel baule di una Renault 4, come una qualsiasi
cassa di frutta fresca.
Pare che le cose stiano proprio in questo modo, non ci
interessa sapere che è stato recentemente scoperto un nuovo
vaccino da un’ equipe di ricercatori italiani contro la meningite,
che un generoso e anonimo benefattore (l’anonimato.. dono e
dote tanto rara in un’ epoca in cui se non ti presenti non sei) di
Adro (proprio di Adro, il paese dove, mi hanno detto,
settecento soli disegnati dai bambini sono stati messi ad
agghindare tutta la scuola: il sole di Maria, di Sara, di Andrea…
ma forse devo aver capito male..) si è offerto di pagare la
mensa a chi non poteva permettersela, piccoli africani
d’occidente.
Non ci interessa sapere che i nostri migliori amici, sposati
ormai da anni, sono ancora felici insieme, che ancora si
bastano l’un l’altra e che no, non si sono mai traditi.
E’ il male che fa notizia, che innalza l’auditel, che apre i nostri
occhi, le orecchie, le mani, che ci fa lasciare la forchetta a
metà, almeno per un secondo, prima di sprofondarla nel solito
piatto di spaghetti.
Il gusto dell’orrido, quello che forma file di curiosi davanti alle
finestre chiuse della casa dell’assassino, o del presunto tale,
come pellegrinaggi verso una qualche madonna generosa di
apparizioni e miracoli; quello che allinea chilometri di
automobili in prossimità di ogni tamponamento, anche nella
corsia opposta intendo, code di lunghezza direttamente
proporzionale alla probabilità di morte di chi resta coinvolto in
una qualche distrazione, come se le lamiere contorte o i corpi
schiacciati ci restituissero qualcosa.
Pazienza se poi siamo tutti sempre omertosi, se mai nessuno
ha visto niente, se mai nessuno è passato di lì, se non per
caso, quando lì è un posto scomodo. Pazienza se facciamo
tutti i giorni la stessa strada ma non sapremmo dire, se
qualcuno mai ce lo chiedesse (evenienza assai improbabile),
se incontriamo almeno un albero lungo il tragitto… gli alberi
non catturano l’attenzione e non fanno rumore.
Ha la meglio il gusto dell’orrido, quello per cui fa più share una
partita giocata a spranghe e lacrimogeni, un qualunque Ivan il
terribile, rispetto a quello che avrebbero ottenuto 90 minuti di
sport; quello per cui vogliamo sapere, crediamo di avere il
diritto di sapere, chi è stato nel letto di chi e perché, chi ha
tradito chi e in cambio di cosa, per cui chiediamo l’autografo,
se non proprio all’assassino come diceva una canzone,
almeno all’estorsore e alla sua bellissima compagna, forse di
vita, sicuramente di pubblicità. E’ come quando da bambini
giocavamo a nascondino, contando fino a cento senza poter
fare a meno di spiare, almeno un po’…..
Peccato che oggi non ci sia più bisogno di spiare, nessuno ci
costringa a sbirciare, oggi il male è spiattellato davanti ai nostri
occhi, nutella su fette di pane, offerto gratuitamente, spesso
attraverso le inquadrature dei migliori registi, tra un messaggio
pubblicitario e l’altro.
E noi sempre lì, a guardare e a compiacere.
V.C.
UN NUOVO MODO DI GUARDARE
(a Fabrizio De Andrè)
E così da bambino guardavi la città,
proprio la parte dove non potevi stare.
Con i suoi barboni, i drogati e le puttane,
tutte facce di gente di malaffare.
E i tuoi occhi che volavano di là dal muro
ad assaggiare
una vita più crudele
ma più reale.
Così il tuo cuore rotolò di là dal muro
per poter pulsare
di una vita un po' più intensa
da assaporare.
Cominciò così, per non finire mai,
la voce narrante di chi sta nei guai;
voce dei diseredati, e pianto degli afflitti,
il canto degli eroi sempre sconfitti.
Col tuo cuore ribaltato dal dolore
degli ultimi della terra,
il tuo cuore sanguinante
per gli orrori della guerra.
E una mente che in un cuore capovolto
è costretta ad abitare
preferisce un'aritmìa
ad un battito regolare.
E quante storie amare di perduti amori,
quante facce di uno zoo che è chiuso fuori,
e quanta umanità, e perdono ci hai cantato,
e di quanta poca colpa c'è nel peccato.
E i tuoi occhi eran capaci, erano bravi
a non fermarsi alle apparenze,
e tu sempre delicato
a graffiarci le coscienze,
ma i tuoi occhi troppo belli per poterci
o voler farci del male
han preferito regalarci
un nuovo modo di guardare.
Cominciò così, per non finire mai,
nemmeno adesso che tu non ci sei,
sarà che grazie a te siamo più disobbedienti,
sarà che grazie a te siamo più attenti.
E siamo orfani adesso ma tranquillo
che un tesoro ci è restato,
le bellissime canzoni
che ci hai lasciato.
Sei assente ma sappiamo bene
che non sei andato via,
può morire un poeta,
ma non la poesia.
Alberto Bettinelli
IL SOLE RIDE? NOI NO!
Anticipiamo con un approfondimento ciò di cui parleremo
anche negli articoli successivi: il potere, soprattutto quando è
prepotente.
Abbiamo invitato il Comitato “Amici della Piazza” di Cividate a
scrivere qualcosa sul caso del Sole delle Alpi apposto nella
piazza del paese dalla giunta leghista.
Breve cronistoria: nel 2009 l'Amministrazione termina i lavori di
ristrutturazione della piazza con un simbolo della Lega nella
pavimentazione, giusto per ricordare a tutti i passati chi ha
vinto le elezioni.
Peccato facciano finta di dimenticarsi che il voto serve per
eleggere un'amministrazione e non dei padroni; ma si sa, il
motto PADRONI A CASA NOSTRA è stato coniato dalla Lega
Nord, e se lo dice il Partito di sicuro ha ragione. (Sant'Umberto,
pensa per noi. Amen).
Il Comitato raccoglie 589 firme, che non vengono
minimamente considerate dai “padroni” del Comune; presenta
quindi un esposto alla Procura il 18 gennaio 2010.
E' di poco fa la ridicola conclusione della vicenda legale.
Un Pubblico Ministero chiede al GIP l'archiviazione
confondendo il Sole delle Alpi con il Sole che Ride...
Beh, c'è poco da ridere.
Quindi, da parte nostra, un Grazie agli “Amici della Piazza” per
non essere rimasti indifferenti.
Ed ora a loro la parola.
IL PM CONFONDE IL “SOLE DELLE ALPI” CON IL “SOLE
CHE RIDE”
Il titolo di questo comunicato non è uno scherzo: nel richiedere
l’archiviazione del caso “Sole delle Alpi” apposto in piazza
Papa Giovanni a Cividate al Piano (Bg) dall’Amministrazione
comunale targata Lega, il pubblico ministero Franco Bettini
parla, proprio all’inizio della sua richiesta, di “Sole che ride” e
non di “Sole delle Alpi” (si veda il documento originale
allegato).
Si tratta di un errore, questa è l’unica cosa certa. Un errore del
quale prendiamo atto con amarezza e con il dubbio che questa
vicenda sia stata trattata con leggerezza. Altrimenti si sarebbe
accorto, semplicemente dal nostro esposto o da una visita sul
campo, che ciò che a Cividate al Piano viene messo in
discussione non è il “Sole che ride” (simbolo della lotta contro il
nucleare e del partito dei Verdi), che in paese non si è mai
visto, né in piazza, né in nessun altro posto, ma il “Sole delle
Alpi”, registrato come simbolo della Lega Nord.
Prendiamo anche atto e comunichiamo alla stampa che nella
richiesta di archiviazione il pubblico ministero non fa
riferimento ad alcuna legge italiana, se non vagamente. Ma si
spinge a sostenere che “il simbolo riveste anche carattere
socio culturale e così è stato inteso, all’atto della sua
apposizione, da parte del sindaco del Comune”. Il tutto
senza aver capito quale fosse il simbolo di cui si parlava, come
dimostra chiaramente la richiesta di archiviazione.
Il Comitato si è sempre comportato in maniera seria. Tutto
quello che ha fatto, l'ha fatto alla luce del sole, portando avanti
una battaglia doverosa, anche se difficile, contro la scelta di un
partito che governa e gioca a confondere i simboli di cui si è
appropriato, con simboli culturali e tradizionali.. Abbiamo
portato avanti una battaglia dura, ma leale. Il Sindaco Luciano
Vescovi aveva minacciato di querelarci, forse l'avrà anche
fatto, non ci interessa. Quello che conta è che siamo andati
avanti, sempre, con l'appoggio di buona parte della
popolazione, convinti, come lo siamo ancora oggi, di stare
dalla parte della ragione.
Abbiamo perso. Di motivi per fare ricorso ce ne sarebbero.
Ad ogni modo abbiamo deciso che NON FAREMO RICORSO.
Sapevamo, quando abbiamo depositato l’esposto, che la
nostra sarebbe stata una battaglia dura da vincere. La legge è
“fumosa” sulla questione. Ma avevamo il dovere morale di fare
quello che abbiamo fatto.
Ciò che è innegabile, al di là dell’opinione della magistratura
nei confronti della quale siamo del tutto sfiduciati, è che a
Cividate al Piano, nel bel mezzo della tradizionalissima piazza
Papa Giovanni, è stato infilato un simbolo di partito, in un luogo
pubblico. Ma a quanto pare, prima di intervenire, le istituzioni di
natura politica hanno bisogno di una scuola tappezzata di
“Sole padano”, altrimenti non ne vale la pena.
Noi ci fermiamo qui per il momento! Anche se ovviamente la
nostra campagna di sensibilizzazione continua. Ci sono già in
cantiere parecchie iniziative.
P.S.: ora l'ultima parola è del GIP. E domani potremmo
chiedere scusa alla Procura di Bergamo. Ma per il momento ci
siamo sentiti di esternare il nostro stato d'animo.
COMITATO “AMICI DELLA PIAZZA”
CIVIDATE AL PIANO (BG)
Per approfondimenti sulla
vicenda del sole delle alpi in
piazza a Cividate:
Google:
http://tinyurl.com/2vd4ooj
Facebook:
http://tinyurl.com/346ryxc
http://tinyurl.com/36yt4td
POTERE
GLI INDIFFERENTI
1. Tutto ciò che un paese forte e ricco decide, intraprende
e sceglie ogni giorno ha come conseguenza e necessità:
preparare la guerra
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani.
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
Perciò odio gli indifferenti.
coltivare la guerra
prevedere la guerra
accettare la guerra
avere bisogno della guerra
scegliere, ogni tanto, per quale guerra indignarsi e quale
guerra dimenticare.
2. Arma e alleva un dittatore, se un giorno vuoi avere il
merito di combatterlo.
3. Chi è più debole massacra, chi è più forte interviene.
4. Non esiste guerra tanto crudele da non scomparire
appena si smette di parlarne...
5. Ogni multinazionale economica ha bisogno di invadere,
sfruttare, scacciare e uccidere proprio come un esercito.
Stefano Benni
(“SPIRITI” - Feltrinelli 2000)
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera
potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la
fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i
programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta
che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su
tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà,
lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia
salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà
rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non
sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e
la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la
fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro
che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del
quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi
sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano
oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto
anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà,
sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro
piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del
come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone
quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non
ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare
la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già
pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo.
E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che
succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera
dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a
guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono
partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Antonio Gramsci
11 febbraio 1917
APRILE 1945
LA POLITICA DEL PERO' VOI
di Alberto Bettinelli
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull'Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a
piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte
che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
le case non saranno mai più così immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che
ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno
qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria,
notte e dì, capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici
D.Buzzati
Maggioranze e minoranze, chi ha ragione?
Bella domanda. Prima di tutto cerchiamo di capire chi sono.
Le maggioranze possono essere etniche; religiose; culturali e
di credo politico.
Solitamente quest'ultime sono quelle che vincono le elezioni.
In un paese come il nostro è normale, siamo in democrazia.
Bene, le minoranze sono quelle che le perdono, ovvio.
Democrazia. Nell'etimologia del termine significa
sostanzialmente Potere del Popolo.
Quindi, in una democrazia che si rispetti, il popolo è formato da
maggioranze e minoranze, e chi è stato eletto per
amministrare il paese (sia il Governo, la Regione, la Provincia
o il Comune) non dovrebbe dimenticarsi che rappresenta tutti,
anche quelli che non l'hanno votato.
Invece, purtroppo, se lo dimenticano spesso.
Al mio paese (Cividate al Piano), per esempio,
l'Amministrazione Leghista oltre a voler regalare ai propri
cittadini (nonostante la gran parte del paese non sia d'accordo)
un bel cementificio, ha ristrutturato la piazza davanti al
Comune.
Fatta bene, un piccolo anfiteatro, un bell'acciottolato, ed al
margine di questo bell'acciottolato un bel Sole delle Alpi.
Molte persone, tra cui io, si sono indignate.
L'hanno ritenuto un gesto prepotente e volgare, una grave
mancanza di rispetto per almeno la metà del paese.
Lo abbiamo fatto presente al Sindaco e a tutta la maggioranza,
abbiamo raccolto firme contro questa prevaricazione del vivere
civilmente.
Niente. Sordi e ciechi.
Muti no. Ci hanno detto che anche se avessimo raccolto le
firme di tutto il paese ormai la scelta era fatta, la decisione
presa. Bell'esempio di democrazia.
Ho incontrato un leghista mio coetaneo e gli ho detto “guarda
che se l'amministrazione di sinistra avesse deciso di mettere
una bella falce e martello adesso sareste stati qui con noi a
raccogliere firme”. “No!” risponde, “non saremmo qui perché se
ha vinto le elezioni ne aveva il diritto”.
Un imbecille. E purtroppo non l'unico.
Il Sindaco di Adro (Bs), ad esempio, inizia a diventare famoso
circa un anno fa per aver tagliato i fondi alla mensa delle
scuole; forse il Comune non aveva più soldi e così chi non
poteva pagare la mensa via!.
Poi torna alla ribalta mettendo nelle scuole il simbolo leghista
del Sole delle Alpi (pure lui!). Tra vetrate, zerbini e banchi degli
alunni erano circa 700 simboli.
Ora, non si sa con che soldi abbia pagato quest'idiozia, ma
quelli per rimuoverli, dopo che è stato obbligato dal ministro
Gelmini, penso siano della comunità.
Siamo alla frutta, come si suol dire.
Ma è mai possibile questa arroganza?
Purtroppo sì, è possibile. C'è, è visibile, per chi la vuole
vedere, per chi ha ancora il coraggio di indignarsi, di dire NO!
Di dire “GUARDATE CHE RAPPRESENTATE ANCHE NOI,
NON SOLTANTO I VOSTRI ELETTORI!”
Penso tristemente che siamo alla politica del PERO' VOI.
La sinistra che urla alla destra “però voi avete fatto questo!”
E la destra che urla alla sinistra “però voi avete fatto
quest'altro!”
Si accusano a vicenda di avere rubato, truffato, agevolato la
criminalità organizzata, ingannato i propri elettori...
Ed allora una forza politica quando prende il potere si sente
legittimata a fare lo stesso, se non peggio.
E se non è proprio legittimata, beh, si crea una nuova legge
che la metta in posizione di legalità. Assurdo.
Non so se tutto questo mi suona di imbroglio, di marcio.
Sicuramente di schifo si.
Riassumendo: la maggioranza è eletta democraticamente, fa
le leggi, e ci amministra, ma soprattutto dovrebbe fare il bene
del paese, di tutto il paese, anche di quei cittadini che la
maggioranza non l'hanno votata.
Allora sarebbe una vera Democrazia, cioè Potere del Popolo.
Non mi resta che sperare in tempi migliori.
Finisco: Fabrizio de Andrè, grande cantautore e poeta, scrisse
cose bellissime su maggioranze e minoranze e, da poeta, le
scrisse molto meglio di me.
Vi lascio con l'ultima canzone del suo ultimo album (Anime
Salve, 1996) e con una sua introduzione.
Le Maggioranze
“L'ultima... l'ultima canzone dell'album è una specie di
riassunto dell'album stesso, è una preghiera, una sorta di
invocazione: un'invocazione ad un'entità parentale, come
se fosse una mamma, un papà, molto più grandi, molto
più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità
parentali, immaginate così, potentissime come una
divinità: le chiamiamo Dio, le chiamiamo Signore, le
chiamiamo Madonna. In questo caso l'invocazione è
perché si accorgano di tutti i torti che hanno subìto le
minoranze da parte delle maggioranze.
Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi
alle spalle e di contarsi, dire: "siamo seicento milioni" "siamo un miliardo e duecento milioni", e, approfittando
del fatto di essere così numerose, pensano di poter
essere in grado, di essere... di avere il diritto, soprattutto,
di vessare, di umiliare le minoranze.
La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio
perché è fuori misura e quindi probabilmente non sarà
ascoltata da nessuno, ma noi... ci proviamo lo stesso”.
(Fabrizio De André. Palaverde di Villorba, Treviso, 23 marzo 1997)
SMISURATA PREGHIERA
Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità
Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità
Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere.
Fabrizio De André
Auguri
Buon
di
Natale
e
Felice Anno Nuovo!