CORRIEREFC_NAZIONALE_WEB(2014_11_18)
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Codice cliente: 8727381 ECONOMIA Corriere della Sera Martedì 18 Novembre 2014 31 Dopo l’uscita di UnipolSai Galateri: le Generali restano in Ania Il piano dopo i test Bce La filiale svizzera e i diamanti Viola: Montepaschi, serve un socio strategico Hsbc, indagine in Belgio per evasione fiscale Generali non intende uscire dall’Ania. Lo ha detto ieri il presidente del Leone, Gabriele Galateri, a chi gli ha chiesto se, dopo l’annuncio dell’uscita di UnipolSai dall’associazione delle compagnie , sia prevedibile un effetto-domino. «Non per quanto riguarda Generali», ha risposto Galateri, «Siamo nell’Ania, non mi risulta ci siano atteggiamenti diversi. Le associazioni sono utili. Naturalmente devono essere efficienti, rappresentano i diversi mondi dei settori». «La mancanza di investitori strategici di lungo periodo rende difficile» il percorso da fare. Per questo servono soci che abbiano «una view di lungo periodo». Parole di Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps che in un convegno a Piazza Affari ha parlato dell’istituto di credito senese e del lavoro dei prossimi giorni. «Gli advisor stanno lavorando - ha detto Viola -, non c’è una tempistica. Quando ci saranno delle cose concrete le comunicheremo». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuova inchiesta su Hsbc in Belgio per evasione fiscale. La divisione svizzera di private banking del colosso britannico è accusata di «seria e organizzata» frode fiscale, riciclaggio e offerta di servizi illegali, dal 2003 a oggi, per centinaia di milioni di euro. Hsbc avrebbe aiutato un migliaio di ricchi belgi — soprattutto attivi nel commercio di diamanti — a spostare i conti dalla Svizzera a Panama e nelle Isole Vergini britanniche. A giugno Hsbc era già stata accusata di aver aiutato clienti belgi ad aprire conti non dichiarati in Svizzera. Google, editori all’attacco «Pubblicità senza trasparenza» Investindustrial Noleggio low cost, Bonomi compra l’80% di Goldcar Spain Fieg: raccoglie un miliardo, metà del sistema tv. Ricorso al Tar con l’Agcom La vicenda La Fieg ha depositato ieri un intervento presso il Tar del Lazio nel giudizio che vede contrapposta Google all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sull’obbligo di rendere pubblici i dati del fatturato pubblicitario italiano MILANO Nel 1995, a un anno dal lancio del primo browser Internet, Netscape, e mentre sul mercato compariva Explorer, la raccolta pubblicitaria totale in Italia era pari a 4,4 miliardi di euro, dati Nielsen. Oggi la stessa cifra è stata raccolta nei primi nove mesi dell’anno (4,36 miliardi). È vero, manca un trimestre. Ma considerando che nel frattempo è esploso il web — e anche al netto della innegabile crisi — c’è qualcosa che non torna. Ed è su questo qualcosa che non torna che ieri la Fieg, la Federazione Italiana Editori Giornali, presieduta da Maurizio Costa, ieri è andata all’attacco depositando un intervento nel giudizio al Tar del Lazio che vede contrapposti Google all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sull’obbligo di rendere pubblici i dati del fatturato pubblicitario realizzato in Italia. L’obiettivo: «Rendere esplicito quello che finora risulta oscuro, superando il paradosso della Rete tra traspa- renza dichiarata e opacità praticata da Google». Lo scontro tra Google ed editori non è una novità in Europa. Scambi all’arma bianca si sono già consumati in Francia e in Germania. A giudizio degli editori italiani «appare assurda la pretesa di Google di non essere inclusa tra i soggetti obbligati a comunicare i propri ricavi pubblicitari all’autorità di settore, sottraendosi così al complesso delle regole poste dal legislatore nazionale e comunitario a tutela della concorrenza e a Per ciascuno è stato fatto il confronto tra lo stipendio del 2004 e quello del 2013. La distanza in busta paga si è ridotta in modo evidente a tutti i livelli. Nel caso dei manager le retribuzioni in Cina e Brasile oggi superano già quelle italiane Tv Gen-set 2014 Online* 4,3 miliardi 2,4 miliardi 327 milioni Gen-set 2013 4,5 miliardi 2,4 miliardi 326 milioni Fonte: Nielsen * esclusa Google d’Arco «Casa, in 3 anni da 9 a 25 miliardi di tasse» Le tasse sugli immobili sono passate dai 9 miliardi di euro del 2011 ai quasi 25 del 2014, «colpendo fortemente un settore già in crisi da alcuni anni. Si potrebbe dire che il prelievo immobiliare sia una vera patrimoniale, utile per compensare i tagli statali agli enti locali». È quanto emerge da una ricerca di Assoimpredil Ance sull’incidenza della fiscalità nel processo di trasformazione immobiliare. presidio del pluralismo informativo». La società famosa per l’algoritmo di ricerca non rientra in effetti nemmeno nel Sic, il sistema integrato di misurazione, pur essendo non solo un soggetto importante ma anche di grande peso. La Fieg stima — ma d’altra parte è il consensus del mercato — che il motore di ricerca che in Europa detiene il 90% delle ricerche online raccolga in Italia «oltre un miliardo». Le ragioni dell’opacità sono note: la società californiana non paga le tasse in loco. Ma tanto per intendersi: senza Google il mercato online vale nei nove mesi, sempre per Nielsen che raccoglie i dati di Fcp-Assointernet, 327 milioni, in apparente staticità sullo stesso periodo del 2013. Mentre è probabile che, inglobando i numeri Google, in grande crescita, il mercato online apparirebbe ben diverso. Massimo Sideri © RIPRODUZIONE RISERVATA I manager cinesi e brasiliani hanno buste paga più ricche L’Italia superata dai Bric Mercer ha considerato 5 categorie professionali (operai specializzati, impiegati, senior manager ed executive) in quattro Paesi: Italia, India, Cina (Shanghai) e Brasile. Totale La ricerca Assoimpredil Ance Confronto sugli stipendi Il rapporto La pubblicità in Italia In Italia le retribuzioni sono più basse che in Brasile. E segnano il passo anche rispetto alla Cina. Cronache da un domani lontano anni luce? Non proprio. Il futuro sembra essere già arrivato. Almeno per quanto riguarda i livelli professionali elevati. E’ quanto mostra un’indagine sul costo del lavoro svolta per il Corriere da Mercer, società internazionale di consulenza per lo sviluppo del capitale umano. Oggi un manager italiano senior con una busta paga da 100 mila euro lordi l’anno per lo stesso lavoro in Brasile guadagnerebbe di più: 105 mila euro. Dieci anni fa le cose erano diverse. Lo stesso manager in Italia guadagnava 70 mila euro mentre il collega parigrado brasiliano non arrivava a 50 mila. «Non c’è dubbio, gli ultimi dieci anni hanno cambiato le cose. Ai livelli dirigenziali le retribuzioni italiane sono state superate da quelle brasiliane. In alcuni casi anche dalle cinesi. La cosa ha sorpreso anche noi», commenta Elena Oriani, responsabile banche dati per le politiche delle risorse umane di Mercer Italia. Il fenomeno diventa ancora più evidente ai livelli manageriali più alti, quelli dei cosiddetti executive. Nel 2004 gli italiani guadagnavano 105 mila euro lordi l’anno contro gli 88 dei brasiliani, gli 84 dei cinesi e i 69 degli indiani. Insomma, avevamo diverse migliaia di euro di distacco. Oggi i supermanager tricolori hanno toccato quota 145 mila euro lordi l’anno. Ma sono stati superati sia dai cinesi (192 mila) che dai brasiliani (197 mila). Solo gli indiani sono ancora dietro di noi con 79 mila euro lordi l’anno. Se si osservano le qualifiche più basse il divario in questi anni si è ridotto in modo non trascurabile. Nel 2004 un impiegato indiano guadagnava il 12,6% di un italiano, oggi si parla del 22%. Il colletto bianco cinese è passato dal 33 al 40% della nostra busta paga. Il brasiliano dal 45 al 68%. Più difficile la risalita per gli operai specializzati. Passati dall’11 al 16% delle nostre buste paga in India, dal 25 al 27,6 in Cina e dal 34 al 45% in Brasile. Rita Querzé @rquerze MILANO © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Maurizio Costa, 66 anni, è presidente della Fieg , Federazione italiana editori di giornali dal luglio scorso. È stato Ceo di Mondadori per 16 anni, dal ‘97 al 2013 Andrea Bonomi investe nel noleggio auto low cost. Investindustrial, operatore di private equity che fa capo proprio alla famiglia Bonomi, ha acquisito l’80% del capitale di Goldcar Spain, società del noleggio auto con una rilevante quota di mercato in Spagna e una presenza significativa in Italia, Portogallo e Malta. Il restante 20% del capitale resterà di proprietà dei fondatori e attuali proprietari. Non è la prima volta che Investindustrial punta al settore del tempo libero e dell’automotive, con i passati investimenti in Gardaland e in Ducati e Aston Martin. I termini dell’operazione Goldcar Spain non sono stati resi noti ma la società di noleggio auto, che gestisce una flotta di oltre 32.000 veicoli, prevede di chiudere il 2014 con vendite per circa 225 milioni di euro e un margine operativo loro di oltre 100 milioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA