traduzioni-paul-celan_giulia-puzzo

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Premessa
Gli undici testi celaniani, dei quali si propone qui una traduzione italiana, vennero composti
nella prima metà degli anni Quaranta, come dimostrano le fonti documentarie1, e, in un secondo
momento, furono ripresi e datati dall’autore, con l’intento di difendere la propria poesia dalle
accuse di plagio, a lungo protrattesi nella polemica del Goll-Affäre. Essi si collocano quindi in un
punto fondamentale della biografia e poesia celaniane, ossia a cavallo tra il periodo trascorso nel
lager di Tabăreşti e il ritorno a Czernowitz, al principio di quel difficile percorso di difesa e
ricostruzione di una realtà andata distrutta, secondo la scelta, ormai consolidata, di dedicare la
propria vita alla scrittura poetica. Pubblicati nella prima raccolta celaniana (Der Sand aus den
Urnen, 1948), nel lavoro di composizione e rielaborazione testuale che condusse alla seconda
raccolta poetica (Mohn und Gedächtnis, 1952), vennero però definitivamente espunti.
Al pari dei testi maturi, e perfino della produzione ultima, questi testi appaiono di difficile
comprensione. La loro complessità si deve a una scrittura in parte ancora epigonale, piena di
riferimenti alla cultura ebraica, ma anche alla tradizione classica e romanza (cfr. soprattutto La
freccia di Artemide; Corona di settembre; Frullo d’ali). A ciò si unisce la presenza di componenti –
lessicali, sintattiche e tematiche – che saranno costitutive anche del successivo poetare celaniano
(solo pochi esempi: la selezione di alcuni termini del lessico comune come vere e proprie parolevalori della poesia; la declinazione a fini poetici della tradizionale sintassi tedesca, in particolare
delle strutture con il verbo al termine dalla frase; le rispondenze strutturali tra le varie strofe;
l’importanza della nomenclatura vegetale per la significazione delle immagini). Proprio per tali
ragioni, unite al fatto che i componimenti rappresentarono oggetto di rilettura e di distanziamento
da parte di un Celan più maturo, uno studio approfondito di queste poesie potrebbe offrire degli
elementi di riflessione sul metodo di lavoro celaniano, sulle sue strategie di composizione non solo
dei singoli testi, ma di un’intera raccolta, portando alla luce dei percorsi che il poeta stesso traccia
all’interno della propria produzione. E proprio la traduzione e il confronto intratestuale, che di
necessità soggiacciono a una ricerca di questo tipo, possono costituire la premessa di un’analisi più
esaustiva. Il lavoro interpretativo viene dunque, almeno in questa sede, inglobato all’interno delle
traduzioni. Si è intenzionalmente scelto di non trasporre il testo tedesco nelle forme della metrica
italiana, per evitare qualunque implicazione retorica o forzatura terminologica; si è comunque
tentato di tradurre il livello ritmico dell’originale, le sue consonanze e assonanze. Le scelte
traduttive sono corredate di alcune note, le quali vorrebbero dare ragione della pregnanza
indelimitabile del lessico celaniano. L’intento è quello di provare a portare alla luce, almeno in
parte, i processi di scelta, specificazione e sovrapposizione semantica attraverso cui il poeta
costruisce, in seno alla lingua comune, il proprio linguaggio2.
1
Cfr. Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005, pp.
581-8.
2
Alcuni tra questi componimenti sono da tempo tradotti in Italia per opera di Dario Borso (Paul Celan, Poesie sparse
pubblicate in vita, a cura di Dario Borso, Nottetempo, Roma 2011), il quale, più recentemente, ha pubblicato la
traduzione dell’intera raccolta Der Sand aus den Urnen (Paul Celan, Der Sand aus den Urnen, a cura di Dario Borso,
Einaudi, Torino 2016); della sua traduzione e riflessione sulla poesia celaniana si tiene il debito conto in questo lavoro.
I testi qui presentati sono tratti dall’edizione a cura di Barbara Wiedemann (Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und
kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005), mentre per le notazioni linguistiche si è fatto
riferimento
al
Duden Online-Wörterbuch
(Bibliographisches
Institut
GmbH
Duden
Verlag,
http://www.duden.de/woerterbuch) e al Deutsches Wörterbuch von Jacob und Wilhelm Grimm, (hrsg. v. Deutschen
Akademie der Wissenschaften zu Berlin in Zusammenarbeit mit der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen,
Leipzig, Hirzel, 1854-1971, http://woerterbuchnetz.de/DWB/).
SCHLAFLIED
Über die Ferne der finsteren Fluren
hebt mich mein Stern in dein schwärmendes Blut.
Nicht mehr am Weh, das wir beide erfuhren,
rätselt, der leicht in der Dämmerung ruht.
Wie soll er, Süße, dich betten und wiegen,
daß seine Seele das Schlummerlied krönt?
Nirgends, wo Traum ist und Liebende liegen,
hat je ein Schweigen so seltsam getönt.
Nun, wenn nur Wimpern die Stunden begrenzen,
tut sich das Leben der Dunkelheit kund.
Schließe, Geliebte, die Augen, die glänzen.
Nichts mehr sei Welt als dein schimmernder Mund.
NINNANANNA
Oltre la lontananza dei campi oscuri,
mi alza la mia stella nel tuo sangue fremente3.
Non più in dolore4, che noi due provammo,
s’interroga5, colui che leggero riposa nel crepuscolo.
Come dovrebbe adagiarti e cullarti, tesoro,
perché l’anima sua coroni il canto?
In nessun luogo, in cui è sogno e giacciono amanti,
risuonò mai un silenzio così strano6.
Così, quando solo ciglia delimitano le ore,
si manifesta la vita all’oscurità.
Chiudi, amore, gli occhi, che brillano.
Nient’altro sia mondo che la bocca tua7 fulgente.
3
Il verbo schwärmen possiede il doppio significato di “sciamare” (ma, a quest’altezza cronologica, il linguaggio
celaniano non adopera ancora i termini in senso così marcatamente “scientifico”) e “essere infatuato”, “essere
entusiasta”, quest’ultimo da preferirsi anche considerate le implicazioni erotiche del componimento.
4
Nell’espressione Nicht mehr am Weh c’è forse un rovesciamento della formula Nicht mehr am Leben (sein), con un
processo di scarto e rovesciamento delle attese tipico del discorso celaniano.
5
Il Rätseln significa la dimensione dell’enigma, il tentativo incessante di interrogarvisi, e in quanto tale rappresenta uno
dei termini-chiave della poesia di Celan, che sceglie consapevolmente di porsi come tale nei confronti del lettore. Si
tratta dunque di un termine investito di grande valenza poetologica.
6
Il termine seltsam è uno degli aggettivi più cari alla poesia celaniana e difficile è renderne la complessità semantica:
esso indica al contempo l’insolito, inteso soprattutto come non comune e inquietante, ma anche come preziosa rarità.
Esso indica dunque la stranezza in ogni sua sfumatura e in tal senso può assumere anche la valenza di “straniero” o
“sconosciuto”.
7
Il legame, di ascendenza surrealista, sotteso tra la sfera del sogno, gli amanti e la bocca che diviene quasi organo
autonomo è ricorrente in questa fase dell’immaginario celaniano (cfr. ad esempio Möhn und Gedächtnis (= MG),
Corona, vv. 5-6 ).
***
AM BRUNNEN
Wie heb ich, sag, auf brüchigen Gelenken
den Krug voll Nacht und Übermaß?
Versonnen ist dein Aug von Angedenken;
von meinem Schritt versengt das hohe Gras.
Wie dir das Blut, wenn Sterne es befielen,
ward mir die Schulter einsam, weil sie trug.
Blühst du der Art von wechselnden Gespielen,
lebt sie der Stille aus dem großen Krug.
Wenn sich die Wasser dir und mir verfinstern,
sehn wir uns an – doch was verwandeln sie?
Dein Herz besinnt sich seltsam vor den Ginstern.
Der Schierling streift mir träumerisch die Knie.
ALLA FONTANA
Come sollevo, dì, su giunture fesse
la brocca piena di notte ed eccesso?
Trasognato è il tuo occhio al ricordo;
al mio passo strina l’erba alta.
Come a te il sangue, quando le stelle lo infestarono,
divenne sola a me la spalla, poiché sostenne.
Fiorisci tu al modo di alterni compagni di giochi8,
vive lei del silenzio della grande brocca.
Quando le acque, per te e per me, si oscurano,
noi ci guardiamo9 – ma cos’è che esse trasformano?
Il tuo cuore rinviene10 strano di fronte alle ginestre.
La cicuta11 mi sfiora sognante le ginocchia.
***
8
Der Gespiele è termine antico che indica un compagno di giochi d’infanzia, ma anche l’amato/a: nell’uso celaniano di
questo termine sono dunque compresenti un riferimento all’intimità amicale e l’accezione erotica.
9
Cfr. MG, Corona, v. 8.
10
Sich besinnen ha il significato di “pensare”, “ricordarsi” e “riaversi”, “tornare in sé”. Fatto salvo che nella tradizione
ebraica il cuore rappresenta per eccellenza l’organo del pensiero (cfr. Jewish Encyclopedia,
http://www.jewishencyclopedia.com/articles/7436-heart [ultima consultazione: settembre 2016]), qui si è scelto di
tradurre il verbo con la terza accezione. Esso costituisce, infatti, una risposta simmetrica, anche a livello di struttura
strofica, del Versonnen al v. 2. e contrappone l’Herz all’Aug: non al tradizionale organo della vista, bensì a quello del
pensiero-sentimento è affidata la percezione e la custodia del reale.
11
Certamente presente, anche se forse non primario, il riferimento al veleno che causò la morte di Socrate.
REGENFLIEDER
Es regnet, Schwester: die Erinnerungen
des Himmels läutern ihre Bitterkeit.
Der Flieder, einsam vor dem Duft der Zeit,
sucht triefend nach den beiden, die umschlungen
vom offnen Fenster in den Garten sahn.
Nun facht mein Ruf die Regenlichter an.
Mein Schatten wuchert höher als das Gitter
und meine Seele ist der Wasserstrahl.
Gereut es dich, du Dunkle, im Gewitter,
daß ich dir einst den fremden Flieder stahl?
LILLÀ DELLA PIOGGIA
Piove, sorella: ricordi del cielo
filtrano 12 la loro amarezza
Il lillà, solo di fronte al profumo del tempo,
cerca grondante i due, che abbracciati
guardarono in giardino dalla finestra aperta.
Ora il mio grido attizza le luci della pioggia.
La mia ombra prolifera più alta della grata
e la mia anima è il getto d’acqua.
Ti spiace, tu oscura, nel temporale,
che un tempo io ti abbia rubato l’altrui lillà?
***
EIN KRIEGER
Hörst du: ich rede zu dir, wenn schwül sie das Sterben vermehren. Schweigsam entwerf ich mir
Tod, leise begegn ich den Speeren.
Wahr ist der endlose Ritt. Gerecht ist der Huf.
Fühlst du, daß nichts sich begibt als ein Wehn in den Rauten?
Blutend gehör ich getreu der Fremden und rätselhaft Trauten.
Ich steh. Ich bekenne. Ich ruf.
UN GUERRIERO
Tu ascolti: io ti parlo, quando soffocante loro incrementano il morire.
Silenzioso mi progetto13 morte, leggero incontro la lancia.
12
Il verbo läutern è un termine tecnico usato per indicare la distillazione dei liquidi, l’affinamento di metalli e minerali,
ma, in senso figurato, individua anche una purificazione di tipo morale. È vera la cavalcata senza fine. È giusto lo zoccolo.
Senti che non accade nulla se non un soffio nelle losanghe?
Sanguinando resto fedele alla straniera e intima enigmaticamente.
Io sto14. Io riconosco. Io chiamo.
***
MOHN
Die Nacht mit fremden Feuern zu versehen,
die unterwerfen, was in Sternen schlug,
darf meine Sehnsucht als ein Brand bestehen,
der neunmal weht aus deinem runden Krug.
Du mußt der Pracht des heißen Mohns vertrauen,
der stolz verschwendet, was der Sommer bot,
und lebt, daß er am Bogen deiner Brauen errät,
ob deine Seele träumt im Rot.
Er fürchtet nur, wenn seine Flammen fallen,
weil ihn der Hauch der Gärten seltsam schreckt,
daß er dem Aug der süßesten von allen sein Herz,
das schwarz von Schwermut ist, entdeckt.
PAPAVERO
Dotare la notte di fuochi stranieri,
che sottomettono ciò che batte nelle stelle,
il mio anelito può sussistere come un incendio,
che nove volte soffia dalla tua brocca tonda.
Devi fidarti dello splendore dell’ardente papavero,
che spande fiero ciò che offrì l’estate
e vive, cosicché all’arco delle tue sopracciglia
indovina se la tua anima sogna in rosso.
Esso teme soltanto, quando le sue fiamme cadono,
poiché l’alito del giardino lo spaventa singolarmente,
di svelare all’occhio, il più dolce di tutti,
il suo cuore, che è nero di malinconia.
***
13
Nel celaniano “progettarsi silenzioso” può forse vedersi un riferimento al concetto heideggeriano del Ruf des
Gewissens, attestato anche dalla chiusa del componimento (Ich ruf). Il tutto declinato attraverso un lessico che fa
riferimento alla tradizione cavalleresca medievale.
14
Già a quest’altezza cronologica lo stehen rappresenta un verbo fondamentale, che sempre indicherà la risolutezza e la
resistenza del soggetto lirico di fronte ai negativi avvenimenti biografici, politici, storici che lo circondano.
BERGFRÜHLING
In den Körben blau den Rauch der Fernen,
Gold der Tiefen unterm Tuch, dem härnen,
kommst du wieder mit gelösten Haaren
von den Bergen, wo wir Feinde waren.
Deinen Brauen, deinen heißen Wangen,
deinen Schultern mit Gewölk behangen,
bieten meine herbstlichen Gemächer
große Spiegel und verschwiegne Fächer.
Aber oben bei den Wasserschnellen,
über Primeln, du, und Soldanellen,
ist wie hier dein Kleid mit goldnen Schnallen
weiß ein Schnee, ein schmerzlicher, gefallen.
PRIMAVERA MONTANA
Nei cesti blu il fumo delle lontananze,
oro delle profondità sotto il panno di capelli15,
ritorni con le chiome sciolte
dai monti, dove eravamo nemici.
Alle tue sopracciglia, alle tue guance bollenti
alle tue spalle cariche di nubi,
le mie dimore d’autunno16 offrono
grandi specchi e ventagli taciuti.
Ma su, alle cascate,
sopra primule, te, e soldanelle,
è caduta bianca, come qui la tua veste con fibbie dorate,
una neve, una neve più dolorosa.
***
DER ÖLBAUM
Die Hörner der Hölle, im Ölbaum verklungen:
stießen sie Luft durch sein Herz, daß es leer ward und schrie?
Schlief er nicht süß über uns und wir waren umschlungen?
Segnest du ihn und verlöschen wir sie?
Einst, als wir Finsternis festlich begingen,
kam er zu uns in den Abgrund und sang.
15
Härnen è antico aggettivo per indicare una stoffa fatta di peli animali intrecciati, come il cilicio. Qui tuttavia si è
voluto vedere nel termine un parallelo oppositivo, evidenziato anche dalla rima, con i capelli sciolti (mit gelösten
Haaren) del verso successivo: così, a un’immagine di annichilimento (capelli ridotti a oggetto) si opporrebbe quella
vitale del ritorno del du con le chiome sciolte.
16
Das Gemach è termine di un lessico sostenuto, a indicare alloggi principeschi.
Nun, da ihn frierende Hörner umfingen,
ließ er uns schlummern und zittert am Hang.
Dürfen wir, licht, wenn die Brände beginnen,
wandernder Ölbaum, hinauf zu dir gehn?
Daß deine Zweige, süß und von Sinnen,
mit uns im Feuer, im riesigen, stehn?
L’ULIVO
I corni17 dell’inferno, smorzati nell’ulivo:
conficcarono dell’aria nel suo cuore, cosicché esso divenne vuoto e urlò?
Non dormiva dolcemente su di noi quando eravamo abbracciati?
Tu lo benedici e noi li estinguiamo?
Un tempo, quando celebrammo festosamente la tenebra18,
egli ci raggiunse nell’abisso e cantò.
Ora, da quando lo avvolsero corni raggelanti,
ci lasciò nel sopore e trema sul pendio.
Possiamo, luminosi, quando gli incendi hanno inizio,
ulivo vagante, salire su di te?
Cosicché i tuoi rami, dolcemente e in delirio,
stiano con noi nel fuoco, gigantesco?
***
NÄHE DER GRÄBER
Kennt noch das Wasser des südlichen Bug,
Mutter, die Welle, die Wunden dir schlug?
Weiß noch das Feld mit den Mühlen inmitten,
wie leise dein Herz deine Engel gelitten?
Kann keine der Espen mehr, keine der Weiden,
den Kummer dir nehmen, den Trost dir bereiten?
Und steigt nicht der Gott mit dem knospenden Stab
den Hügel hinan und den Hügel hinab?
Und duldest du, Mutter, wie einst, ach, daheim,
den leisen, den deutschen, den schmerzlichen Reim?
17
Il termine tedesco, come quello italiano, indica sia il corno animale, sia lo strumento musicale, ambivalenza su cui
Celan gioca all’interno del componimento. 18
In questa festa della tenebra è forse da leggere un rovesciamento ironico del riferimento alla tradizione (si ricordi che
Finsternis, è un termine dalla forte valenza religiosa, in cui è racchiusa anche allusione alla morte del Cristo).
VICINANZA DELLE TOMBE
Conosce ancora l’acqua del Bug del sud,
madre, l’onda, che ti inflisse ferite19?
Sa ancora il campo con i mulini nel mezzo,
quanto flebile il tuo cuore ha sofferto i tuoi angeli20?
Nessuno dei pioppi tremuli, nessuno dei salici,
può prenderti l’affanno, prepararti la consolazione?
E il dio, col bastone che germoglia
non va su e giù per la collina?
E tu ammetti, madre, come un tempo, ah, in casa,
la flebile, la tedesca, la dolorosa rima21?
***
DER PFEIL DER ARTEMIS
Für Alfred Margul-Sperber
Die Zeit tritt ehern in ihr letztes Alter.
Nur du allein bist silbern hier.
Und klagst im Abend um den Purpurfalter.
Und haderst um die Wolke mit dem Tier.
Nicht, daß dein Herz nie Untergang erfuhr
und Finsternis nie deinem Aug befahl . . .
Doch trägt vom Mond noch deine Hand die Spur.
Und in den Wassern sträubt sich noch ein Strahl.
Wie soll, der über himmelblauen
sich mit den Nymphen drehte, leicht,
nicht denken, daß ein Pfeil der Artemis
im Wald noch irrt und ihn zuletzt erreicht?
LA FRECCIA DI ARTEMIDE
Per Alfred Margul-Sperber22
Il tempo entra ferreo23 nella sua ultima epoca.
19
L’uso celaniano del verbo schlagen riunisce al contempo l’espressione idiomatica eine Wunde schlagen, infliggere
una ferita, ma anche l’immagine delle onde che si infrangono sulla battigia.
20
Verso particolarmente difficile da decifrare, nel quale la prossimità di Herz e Engel istituisce, almeno a livello fonico,
un gioco di parole con il termine Erzengel, l’arcangelo. Il legame Herz - Engel ricorre, all’interno del medesimo ciclo
poetico, anche in Traumbesitz, v. 7.
21
Da notare che il termine tedesco Reim indica non solo la rima, il ritmo, ma più in generale la stessa poesia.
22
Alfred Margul Sperber, mentore del giovane Celan a Czernowitz, aveva composto un ciclo di poesie mitologiche, al
quale Celan qui si riferisce, a metà strada “tra emulazione e critica” (Paul Celan, La sabbia delle urne, cit., p. 156). 23
Allusione al mito delle età mitiche, che per la prima volta si rintraccia ne Le opere e i giorni di Esiodo. Mentre il
ferro è l’età della miseria umana, quella che prelude alla fine dell’uomo, l’epoca argentea rappresenta ancora un periodo
Solamente tu, sola, sei argentea qui.
E piangi nella sera la farfalla purpurea.
E disputi per la nuvola con l’animale.
Non che il tuo cuore non provò mai declino
e tenebra non comandò mai al tuo occhio...
Eppure dalla luna ancora la tua mano porta la traccia.
E nelle acque si rizza ancora un raggio.
Come potrebbe, colui che sopra la ghiaia azzurro-cielo
gira con le Ninfe, leggero,
non pensare che una freccia di Artemide24
erri ancora per la foresta ed infine lo raggiunga?
***
SEPTEMBERKRONE
Es trommelt der Specht an den Ast die barmherzige Zeit:
so gieß ich das Öl über Esche und Buche und Linde.
Und winke der Wolke. Und schmücke mein lumpiges Kleid.
Und schwinge die silberne Axt vor dem Sternlein im Winde.
Beschwert sind die östlichen Himmel mit Seidengewebe:
dein lieblicher Name, des Herbstes Runengespinst. A
ch, band ich mit irdischem Bast mein Herz an die himmlische Rebe
und wein, wenn der Wind sich nun hebt, daß du klaglos zu singen beginnst?
Herunter zu mir kommt der sonnige Kürbis gerollt:
erschallt ist die heilende Zeit auf den holprigen Wegen.
So ist auch das letzte nicht mein, doch ein freundliches Gold.
So lüftet sich dir noch wie mir jener Schleier aus Regen.
CORONA DI SETTEMBRE
Il picchio tambureggia contro il ramo il tempo misericordioso:
così io verso l’olio sopra frassino, faggio e tiglio25.
E faccio segno alla nuvola. E addobbo il mio vestito cencioso.
E brandisco l’ascia d’argento davanti alla stellina nel vento.
Gravati sono i cieli orientali con stoffa di seta:
il tuo caro nome, tessuto di rune autunnale.
Ah, legai con della rafia terrena il mio cuore al viticcio celeste
e piango, quando il vento ora si alza, perché tu inizi a cantare senza lamento?
prossimo all’originario stato di beatitudine. Gli uomini dell’età argentea venivano considerati i beati degli inferi e
venerati come tali.
24
Si noti che, secondo la mitologia tradizionale, le frecce di Artemide erano fatte d’argento.
25
il primo gesto del lungo rituale che il poeta svolge nel corso del componimento. In esso c’è forse da leggere un
riferimento alla cultura greca e alla prassi di offrire libagioni sulle tombe dei defunti. A riguardo cfr. anche la raccolta
Eingedunkelt, Weihgüsse, vv. 1-3.
Rotolata giù verso di me viene la zucca assolata:
risuonato è il tempo guaritore sulle strade accidentate.
Così anche l’ultimo oro, pure non mio, è benevolo.
Si leva così per te ancora come per me quella cortina di pioggia.
***
FLÜGELRAUSCHEN
Die Taube aber säumt in Avalun.
So muß ein Vogel über deine Hüften finstern,
der halb ein Herz und halb ein Harnisch ist.
Ihm ist es um dein nasses Auge nicht zu tun.
Zwar kennt er Schmerz und holt ihn bei den Ginstern,
doch seine Schwinge ist nicht hier und unsichtbar gehißt.
Die Taube aber säumt in Avalun.
Der Ölzweig ward geraubt von Adlerschnäbeln
und wo dein Lager blaut im schwarzen Zelt zerpflückt.
Rings aber bot ich auf ein Heer auf Sammetschuhn
und laß es schweigsam um den Kranz des Himmels säbeln.
Bis du dich schlummernd nach der Lache Bluts gebückt.
Das ist: ich hob, als sie gewaltig fochten,
den Scherben über sie, ließ alle Rosen fallen
und rief, als mancher sie ins Haar geflochten,
den Vogel an, ein Werk des Trosts zu tun.
Er malt dir in das Aug die Schattenkrallen.
Ich aber seh die Taube kommen, weiß, aus Avalun.
FRULLO D’ALI
Ma la colomba indugia ad Avalon.
Così deve tenebrare sui tuoi fianchi un uccello,
che per metà è un cuore e per metà una corazza.
Non gli importa dei tuoi occhi bagnati.
Certo egli conosce il dolore e lo coglie dalle ginestre,
eppure la sua ala non è qui ed invisibile è issata.
Ma la colomba indugia ad Avalon.
Il ramoscello d’olivo fu rubato dai becchi d’aquile
e sfrondato a pezzi26 nella tenda nera, dove il tuo giaciglio diviene blu,
Ma intorno io radunai un esercito calzato di velluto
e lo feci sciabolare in silenzio per la corona del cielo.
26
Il verbo zerpflücken indica letteramente lo “sfogliare” i fiori, il privarli dei petali e il verbo si accorda con l’elemento
del ramoscello d’olivo, simbolo biblico della speranza, nonché con l’immagine dei becchi d’aquile. Considerato però il
significato di distruzione insito nel prefisso zer- e soprattutto la probabile allusione alle devastazioni naziste, figurate
dalle aquile, è parso più opportuno tradurre con un’immagine che portasse alla luce la violenza implicita dell’originale.
Finché tu sonnolente ti sarai chinata sulla pozza di sangue.
È così: io sollevai, mentre combattevano violentemente,
il vaso di terracotta27 su di loro, lasciai cadere tutte le rose,
e, come se alcuni le avessero intrecciate nei capelli,
chiamai l’uccello, per assolvere al compito della consolazione.
Egli ti dipinge nell’occhio gli artigli di ombre.
Ma io vedo venire la colomba, bianca, da Avalon.
27
Il sostantivo der Scherben indica nel süddeutsch un vaso di terracotta, ma è anche sinonimo di die Scherbe, che ha il
significato di “coccio”, “frammento”. Da notare che nella tradizione ebraica il recipiente di terracotta e la sua rottura
rappresentano un momento fondamentale del rito di purificazione (cfr. Levitico, 6, 21).