LE ARTI MARZIALI OGGI: Motivazioni di una pratica - Tui

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LE ARTI MARZIALI OGGI: Motivazioni di una pratica - Tui
LE ARTI MARZIALI OGGI:
Motivazioni di una pratica
Articolo di Dante Basili Tratto da 'La Natura e la Città' Gennaio '99 e dal sito: http://www.tiandihe.org
Ci si può domandare sul senso che hanno oggi le arti marziali, in mondo che sempre più sente la minaccia
di guerre e distruzioni ambientali. Semmai si sente il bisogno di 'arti di pace'.
Prima però di lasciarci andare in giudizi semplicistici bisognerebbe comprendere quale é stata la principale
motivazione che spinse i monaci taoisti e buddisti e generali 'illuminati', a creare queste arti marziali.
Il famoso detto cinese FU HU, «cavalcare la tigre», oggi divenuto molto famoso anche in occidente, ha una
sua spiegazione nella concezione orientale dell'uomo: egli deve riuscire in ogni situazione ad avere
consapevolezza delle proprie forze e di quelle della natura per non esserne sopraffatto, ma allo stesso non
impedire a queste forze di manifestarsi, poiché dalla natura stessa dipende la sua stessa esistenza.
Ad esempio un imprenditore totalmente immerso nel proprio lavoro, tanto da sognarlo anche di notte, è
senz'altro un uomo che sta cercando di realizzarsi, ma a scapito del suo equilibrio funzionale, ed alla lunga
possono subentrare disturbi anche gravi; viceversa un imprenditore che, finito il lavoro, sa anche
dimenticarlo completamente mentre dipinge, suona o legge un libro, è un uomo che sa «cavalcare la
propria tigre» cioè è un uomo capace di dirigere le proprie energie senza esserne schiavo.
E' una meta difficile da raggiungere, ma la ricompensa vale il tentativo, poiché riuscire ad ottenere la
«calma nel movimento» non significa «non impegnarsi», ma al contrario fare del proprio meglio sapendo
poi anche distaccarsi dalle proprie azioni, e questo comporta serenità ed obiettività dove altrimenti vi
sarebbero solo ansia e tensione.
Così nel Tao Te Ching è definito il comportamento dell'uomo saggio: «Compiuta l'opera egli non rimane e
proprio perché non rimane non gli viene tolto». Ciò significa saper «cavalcare la propria tigre».
Il simbolo della tigre nelle Arti Marziali assume un'importanza estrema: nella moralità occidentale i lati
negativi dell'uomo, come l'aggressività e la distruttività, vengono repressi a favore delle buone qualità. Ma
una realtà repressa non per questo cessa di essere reale, anzi, la tigre ignorata e dimenticata nelle
profondità dell'individuo continua a vivere ed a rafforzarsi.
Spesso si constata come proprio le persone apparentemente più calme e tranquille giungano a esplosioni
di rabbia e aggressività di cui loro stessi si stupiscono. La loro calma e tranquillità è dovuta solo a un
convincimento morale e non ad una illuminata comprensione della propria intima natura. Così, una tigre
ignorata quando esce allo scoperto è senza controllo e distrugge sia sé stessa che chi gli sta intorno.
La morale orientale tende ad essere più tollerante verso la natura umana dando per scontato che essa è
composta contemporaneamente sia di tenebre che di luce, di Yin e di Yang, e che non si può fare
completamente a meno dell'uno a favore dell'altra.
Da questo punto di vista il miglior comportamento nei confronti di un animale pericoloso, con cui si è
costretti a convivere, è di addomesticarlo.
Ecco che le arti marziali allevano la tigre e addirittura migliorano le sue capacità distruttive, ma allo stesso
tempo la conoscono e la tengono sotto controllo. Più si è consapevoli e capaci di colpire in modo
distruttivo più si abbassa la propria soglia di aggressività poiché è la paura che ci fa essere aggressivi
mentre lo sicurezza di sè e la conoscenza dei proprio limiti favorisce lo calma e la ponderazione.
Paradossalmente nelle arti marziali tradizionali si affronta il male per ottenere il bene.
Tutto ciò spiega come in Cina siano stati i filosofi e i monaci, sia buddisti che taoisti, i principali creatori
delle arti marziali, e non i militari, eccetto quei generali 'illuminati' per cui la guerra era l'ultima soluzione e
non certo la prima.
Dice Lao Tzu: «Le armi sono strumenti di morte che I'uomo nobile non ama, egli le usa, ma contro la sua
inclinazione» .
Importante è il fatto che l'uomo nobile 'usi le armi', e nel miglior modo possibile, ma non ne è schiavo.
Questo significa saper «cavalcare la propria tigre» senza esserne divorati.
Tutto ciò può sembrare utopico, ma in realtà é l'unico motivo per cui le arti marziali tradizionali esistono
ancora. Cessato il loro valore bellico, in piena era moderna, rimane soprattutto la loro importanza
educativa. Per lavorare veramente per la pace e cercare di risolvere i conflitti dobbiamo anzitutto
trascendere la nostra stessa conflittualità.