l`« atto finale» della conferenza paneuropea

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l`« atto finale» della conferenza paneuropea
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Settembre· Ottobre 1975
Distensione In Europa
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L'« ATTO FINALE»
DELLA CONFERENZA PANEUROPEA
di PIERO FORNARA
Il presente articolo è il naturale completamento di Wl nostro precedente
scritto sulla distensione in Europa {1), al quale rimandiamo per un inquadramento generale del problema.
Dopo la conclusione solenne della terza ed ultima fase della Conferenza sulla
Sicurena e la Cooperazione in Europa (CSCE), avvenuta a Helsinki dal 30 luglio
al l" agosto 1975, tentiamo qui un primo esame dell'importante evento diplomatico (anche .mlla base dei commenti della stampa internazionale). Bisognerà
peraltro attendere forse degli anni, per poter giudicare se la dichiarazione di
Helsinki avrà davvero cambiato i1• meglio i rapporti tra Est e Ovest, in Europa.
DA GINEVRA A HELSINKI
l. La « seconda fase » della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in E uropa - in corso a Ginevra dal settembre 1973 - si chiudeva il 21 luglio con l'approvazione di tutti i documenti e la convocazione del << surnmit » finale di Helsinki per il 30 dello stesso mese.
A metà giugno un'altra lettera di Brezhnev (2) aveva invitato
nuovamente i « leaders » occidentali ad una sollecita convocazione del
vertice paneuropeo. La « fretta » dei sovietici si può spiegare. Brezhnev
ha un calendario fitto di importantissime scadenze: la conclusione della
(l) Cfr. P. FoRNARA, La via della dtstenslone In Europa, In « Aggiornamenti So·
clall ll, (giugno) 1975, pp. 395·412, rubr. 82.
(2) In occasione del vertice comunitario di Dublino (10·11 marzo 1975), l « lea·
ders ,, del Paesi della CEE auspicarono una sollecita conclusione della conferenza
paneuropea In un Incontro << al più alto livello ,, ad Helsinki: In questo modo si era
Inteso dare una risposta positiva alla lettera che Il segretario generale del PCUS
aveva loro Inviato, alcuni giorni prima (Brezhnev, anzi, aveva suggerito la data del
30 giugno per l'Atto finale).
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CSCE (ora acquisita), la probabile conferenza dei partiti comunisti
europei, il viaggio (entro l'anno) negli Stati Uniti da far precedere da
un nuovo accordo russo-americano SALT (3), il XXV Congresso del
PCUS previsto per il febbraio 1976. Uno sviluppo positivo di questi
eventi segnerebbe il consolidamento della supremazia di Brezhnev all'interno del gruppo dirigente sovietico (dopo le incertezze dei mesi
scorsi).
Dopo aver ottenuto l'assenso degli occidentali, le ultime obiezioni alla
convocazione del « summit » finale erano venute da parte della Romania e della
Jugoslavia. Questi Paesi, che già nel corso delle precedenti fa si della conferenza
si erano caratterizzati per la loro accentuata posizione autonomistica (talvolta
in netto contrasto con le posizioni dell'URSS), si trovavano solidali tra loro sia
nel chiedere di definire meglio il problema del « séguito » della conferenza
(garan zie per il mantenimento degli impegni assunti; in particolare per
Romania e Jugoslavia - quello del non intervento negli affari interni degli
Stati) sia in vista del probabile prossimo vertice dei PC europei.
2. L'Unione Sovietica e i Paesi della sua orbita politica per vent'anni
avevano fatto della conferenza paneuropea una precisa direttiva della
loro politica internazionale, nell'intento di dare una conferma solenne
allo « status quo » postbeiUco in Europa. Gli occidentali, accettando
finalmente la CSCE (4) - dopo il compromesso delle quattro potenze
per Berlino e la positiva conclusione della Ostpolitik - non desideravano però convocare una tardiva conferenza della pace (come, in fin
dei conti, chiedeva l'URSS ), ma discutere il rilancio della cooperazione
economica su vasta scala tra i Paesi dell'Europa occidentale e quelli
dell'Europa orientale, e favorire il riavvicinamento dei due mondi in
modo tale da permettere la libera circolazione delle idee e delle persone
in tutta l'Europa. Inoltre l'Occidente chiedeva ch e si discutesse la riduzione delle forze militari in Europa (5).
(3) ''Strategie Arms Llmltatlon Treaty u (SALT), Trattato sulla limitazione delle
armi strategiche. E' Il negoziato " globale )) per l'equilibrio strategico In corso tra
USA ed URSS dal dicembre 1969. Già si è arrivati alla ratifica di un primo accordo
parziale nel 1972 (SALT l); attualmente, dopo l'intesa di massima Ford·Brezhnev a
Vladlvostok (novembre 1974), è In corso la più complessa seconda rase <SALT 2).
(4) Il segnale di «via libera» alla conferenza paneuropea venne dalle due superpotenze mondiali, dopo 11 vertice di Mosca Nlxon-Brezhnev nella primavera del
1972. SI Iniziarono delle " consultazioni preliminari » o « pre-negoziato )) nel novem·
bre 1972, a Helsinki. Dopo la riunione finale (((prima fase u) a livello di ministri degli
Esteri del 3-7 luglio 1973, sempre a Helsinki, cominciò la "seconda fase» di Gine·
vra, di cui abbiamo detto nel precedente articolo.
(5) I Paesi del Patto di Varsavla procrastinarono a lungo l'Inizio del negoziato
sulla riduZione delle forze militari nel Centro-Europa, sollecitato dai Paesi della
NATO. La "Conferenza sulla riduzione reciproca delle forze e degli armamenti
nell'Europa centrale n (comunemente indicata dagli occidentali con la sigla MBFR,
"Mutuai and Balanced Force Reductlons ))) potè Infine cominciare Il 30 ottobre
1973 a Vienna (dopo l colloqui preliminari durati dal 31 gennaio al 28 giugno 1973).
Sino ad oggi, comunque, non si è ancora arrivati alla prospettiva di un accordo.
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3. Negli Stati Uniti, dove l'opinione pubblica (più sensibile alla
disoccupazione crescente, all'aumento dei prezzi e ad altre cose tangibili vicino a casa che ai temi di politica estera) si era relativamente
interessata poco alla CSCE, non erano mancate le poJemJche alla vigilia
della partenza di Ford e Kissinger per Helsinki.
« Don't go, Jerry » (Non andare, Presidente!), esortava il « Wall
Street Journal ». Nello stesso senso si muovevano i candidati per la
Casa Bianca del 1976 - Jackson, Reagan, Wallace - alla ricerca di uno
spazio politico fra gli elettori moderati. Il ragionamento dei «nuovi
falchi » era semplice: dieci anni fa, senza la distensione, l'America regnava su un impero appena turbato dal Vietnam; oggi l'impero è corroso, si è conosciuta la sconfitta. Si aggiunga infine la voce dell'esule
Solzhenizin, che (sotto l'egida del sindacato anticomunista AFL-CIO)
girava a predicare che la presenza di Ford a Helsinki equivaleva alla
consumazione del tradimento dei -Paesi dell'Europa orientale sotto il
giogo comunista.
Persino il « New York Times » (e avremo modo di tornare sui suoi
articoli) assumeva toni fortemente critici, giungendo a definire la conferenza di Helsinki « una carnevalata "· Washington offre legittimazioni
politiche e favori economici (e qui, altra polemica per il grano americano venduto ai russi) e in cambio ottiene da Mosca - ha scritto appunto sul " New York Times » il noto « columnist » J. Reston - i fi.
nanziamenti ai comunisti portoghesi ed un ambiguo atteggiamento in
Medio Oriente. Non è forse il Portogallo nella sfera d'influenza occidentale, «patteggiata » a Yalta nel 1945 e, in qualche modo, « confermata» ad Helsinki?
4. l sovietici, da parte loro, hanno fortemente sottoJineato il successo dei negoziati e l'importante consolidamento della coesistenza pacifica. Secondo V. Lomeiko (6), ad Helsinki hanno avuto luogo i <<funerali » della guerra fredda: un giorno << sarà scritto nei manuali di storia
dei figli dei nostri figli che la conferenza di Helsinki ha definito le
norme di comportamento reciproco nelle condizioni della coesistenza
pacifica in Europa ».
!1. Il più usato termJne di paragone, per la conferenza di Helsinki,
è stato il Congresso di Vienna, che 160 anni fa « r isistemò » l 'Europa
dopo la caduta di Napoleone.
Ha scritto il « Corriere della Sera » (7) che, come il Congresso di Vienna
è accaduto ad Helsinki ha qualcosa
di irreale: « La Santa Alleanza dei troni pretendeva di chiudere gli occhi sui
« che non avanzava, ma danzava », quanto
(6) Direttore del dipartimento dell'Europa occidentale dell'agenzia dJ stampa so·
vietlca << Novostl ». L'articolo è apparso su « Le Monde », 31 luglio 1975.
(7) D. FnESCOBALDI, Ancora tgnoratt t vert problemt, In <<Corriere della Sera)), 2
agosto 1975, p. l.
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fermenti dell'Europa della prima metà dell'Ottocento, la CSCE ignora una gran
p arte dei problemi del mondo odierno ».
Durante lo conferenza di Helsinki, Kissinger - lo storico del Congresso di
Vienna e della diplomazia della Restaurazione (8), l' uomo già più volte avvicin ato al prin cipe di Mette rnich - è rimasto un po' in seeondo piano: forse si è chiesto G. Galasso, su « La Stampa » (9) - perchè non sarebbe stato di
buon gusto, per lui, far notare che « qui il cont·erto delle potenze », a differenza di quanto avveniva nell'Ottocento, « ha due sole voci » (USA e URSS)?
L'ATTO FINALE DELLA CSCE
l. L'« Atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione
in Europa>> firmato a Helsinki il pomeriggio di venerdì 1• agosto 1975
non è un trattato internazionale che preveda un meccanismo giuridico
di sanzioni: è una «dichiarazione di intenzioni», sen za forza vincolante,
che in tanto saranno osservate, in quanto ci sarà la reciproca fiducia e
la buona volontà degli Stati firmatari.
Il massimo obiettivo di partenza dei Paesi occidentali (e neutrali)
alla conferenza paneuropea era la « libera circolazione delle idee e delle
persone», con siderata l'essenza della «filosofia " occidentale, tutt'uno
con la concezione classica di democrazia. Cosa ha dunque guadagnato
l'Occidente, cosa ha raccolto nel « terzo cesto" (10), se il tutto si è
limitato ad una dichiarazione di «buone intenzioni »? Non bastava per questo scopo - Io Statuto delle Nazioni Unite del 1945 oppure la
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo de l 1948 (11), se non addirittura - quello che afferma la Costituzione sovietica del 1936?
La cla usola dell'« inviolabilità delle frontiere n azionali », contenuta
nell'Atto finale della CSCE, non sarà - forse - sufficiente per evitare
il ripetersi di tragedie come l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968
(se i dirige nti sovietici giudicheranno un atto simile necessario per la
loro politica di potenza); ciò nonostante, si può ragionevolmente sup·
porre che il documento di Helsinki non è cosl futile come quel Patto
Briand-Kellogg, col quale- nel 1928- 64 nazioni dichiararono di rinunciare per sempre alla guerra, come strumento di politica internazionale .
(8) L 'attuale segretario di Stato americano, già professore all'università di Harvard, pubblicò nel 1957 A World Restored (trad. lt. Diplomazia della Restaurazione,
Garzanti, Milano 1973) .
.
(9) G . GALASso, La conferenza c 'è: per quale Europa?, In « La Stampa H, 31 lu·
gllo 1975, p . 3.
(10) La materia posta all'ordine del giorno (sia nel corso de lle varie fasi della
conferenza, sia nell'Atto finale) è stata suddivisa In quattro gruppi di argomenti
detti cc cesti >> o cc canestri » (baskets). I problemi della libera circolazione delle Idee
e delle persone costituiscono appunto la materia del cc terzo cesto n.
(11) Approvata dall'Assemblea generale dell'ONU il IO dicembre 1948 con 49 voti
favorevoli e 8 astensioni (fra cul l'URSS).
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2. L'Atto finale (12) è diviso in quattro capitoli (o «cesti », come
abbiamo detto), più un quinto capitolo, relativo a lla «sicurezza nel
Mediterraneo"·
Quest 'ultimo è stato aggiunto all'ultimo momento, per soddisfare l e richieste del « premier » di Malta, Mintoff, il quale altrimenti minacciava di provocare un rinvio del vertice, sulla base del principio del « consenso » di tutti i
partecipanti. E' un piccolo esempio, ma resta pur vero che un mini-Stato ha
potuto imporre il proprio punto di vista anche ai due supergrandi USA e
URSS: fatto, questo, che segna un punto di vantaggio per la « credibilità » della
CSCE.
a) Il primo «cesto» concernente le <<Questioni relative alla sicurezza in Europa» è d iviso in due parti: l) dichiarazione sui principi
che reggono le relazioni fra gli Stati partecipanti; 2) documento sulle
misure miranti a rafforzare la fiducia e su taluni altri aspetti della
sicurezza e del disarmo.
La prima parte costituisce una specie di decalogo per i rapporti
reciproci fra gli Stati europei: I) eguaglianza sovrana, rispetto dei
diritti inerenti alla sovranità; II) non ricorso alla minaccia o all'u so
della forza; III) inviolabilità delle frontiere (ma al precedente punto
I si era affermato che ,, le frontiere possono essere mutate, in conformità a l diritto internazionale, con mezzi pacifici C· mediante accordo »);
IV) integrità territoriale degli Stati; V) composizione pacifica delle controversie (gli Stati affermano di «continuare a tal fine a lavorare sul
"Progetto di convenzione su un sistema europeo di regolamento pacifico delle controversie" presentato dalla Svizzera »; a questo scopo
sarà convocata una riunione di esperti « programmata conformemente
al capitolo" Séguiti della Conferenza" per il 1977 >>);VI) non intervento
negli affari interni; VII) rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo; VIII) eguaglianza dei diritti ed autodeterminazione dei popoli; IX)
cooperazione fra gli Stati; X) esecuzione in buona fede degli obblighi di
diritto internazionale.
Questi dieci principi sulla sicurezza in Europa sono gli stessi del progetto
r usso, presentato il 4 luglio 1973, durante la prima fa se della conferenza. l
diplomatici occidentali hanno badato a sviluppare le affermazioni circa l'eguaglianza degli Stati, la non-ingerenza negli affari interni, l'integrità territoriale,
cosicchè l'insieme occupa adesso più di venti cartelle, in luogo delle cinque
del primo progetto. A proposito dei diritti dell'uomo, il progetto russo si limitava a due righe, mettendo bene in luce - curiosamente - il solo principio della
libertà di religione: questo articolo (principio VII) occupa una pagina e mezza
dell'Atto finale.
(12) Testo dell'Atto finale della CSCE in «Relazioni InternazlonaU
1975; n. 32·33, pp. 800 ss.
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>>,
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La seconda parte tratta della notifica preventiva di manovre militari di rilievo e dello scambio di osservatori per assistere alle manovre,
delle visite di delegazioni militari ed infine della promozione del disarmo.
b) Il secondo « cesto » - "Cooperazione nei campi dell'economia,
della scienza e della tecnica, e dell'ambiente » - incoraggia l'espansione
degli scambi di beni e servizi. Gli Stati, tuttavia, semplicemente « riconoscono i benefici effetti per lo sviluppo del commercio che possono
risultare dall'applicazione del trattamento della nazione più favorita» .
Questo significa, in altre parole, che la firma dell'Atto finale non im·
plica automaticamente la concessione dell'indicato trattamento a tutti
gli Stati partecipanti: il Congresso americano, com'è noto, rifiuta di
concedere la « clausola della nazione più favorita » all'URSS, finchè il
governo sovietico non permetterà una più libera emigrazione degli
ebrei (da qui, nel gennaio 1975, la rottura del trattato commerciale
russo-americano).
Parimenti nel secondo «cesto», sotto il titolo «Cooperazione in
altri settori», si comprendono i seguenti paragrafi: sviluppo dei trasporti, promozione del turismo, aspetti economici e sociali del lavoro
migrante, formazione dei quadri.
c) Le clausole del famoso «terzo cesto» - «Cooperazione nel
settore umanitario e in altri settori » - sono suddivise in quattro sezioni, a loro volta divise in paragrafi:
l) contatti fra persone: a) contatti e incontri regolari sulla base
dei legami familiari, b) riunificazione delle famiglie, c) matrimoni fra
cittadini di Stati diversi, d) viaggi per motivi personali o professionali,
e) miglioramento delle condizioni per il turismo individuale o collettivo, f) incontri fra i giovani, g) sport, h) sviluppo dei contatti;
2) informazione: miglioramento della diffusione, dell'accesso e
dello scambio di informazione (orale, scritta, filmata e radioteletrasmessa), b) cooperazione nel campo dell'informazione, c) miglioramento
delle condizioni di lavoro dei giornalisti;
3) cooperazione e scambi nel campo della cultura;
4) cooperazione e scambi nel campo dell'educazione (argomento
dei punti 3 e 4 sono, fra l'altro, l'incoraggiamento dello studio delle
lingue e delle civiltà straniere, lo scambio di esperienze sui metodi
pedagogici, il riconoscimento del ruolo delle minoranze nazionali e
delle culture regionali).
d) Con il quarto ed ultimo «ces to " - « Séguitl della Conferenza»
- i 35 Stati firmatari si dichiarano intenzionati a «proseguire il
processo multilaterale avviato dalla Conferenza» e si impegnano ad
inviare i loro rappresentanti a Belgrado, il 15 giugno 1977, per il primo
incontro preparatorio di « una riunione a livello dei rappresentanti designati dai ministri degli Affari Esteri ».
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l DISCORSI DEl cc LEADERS »
L'incontro di Helsinki ha radunato 35 « leaders » fra capi di Stato
o di governo, primi segretari di partiti comunisti al potere, ministri
degli Esteri. P,resenti tutti i Paesi d'Europa, eccetto l'Albania (e Andorra), più gli Stati Uniti e il Canada: 800 diplomatici e membri delle
delegazioni.
L'eccezionale vertice è stato aperto dal presidente finlandese Kekkonen e dal segretario generale delle Nazioni Unite Waldheim, in qualità
di ospite d'onore. Sono successivamente intervenuti i singoli capi-delegazione_
l. Nel suo discorso Brezhnev ha detto: «I risultati del lungo negoziato paneuropeo sono tali da escludere che vi siano vincitori e vinti.
Nessuno ha guadagnato e nessuno ha perso_ E' stata una vittoria della
ragione». Il discorso del segretario del PCUS è stato moderato e conciliante (anche se non è certo piaciuto agli occidentali il fatto d'aver
indicato il suo Paese come «campione dell'umanesimo »): Brezhnev ha
voluto essere un vincitore dietro le quinte, che non ha desiderato strafare? Prima di lui, però, Honecker per la Germania orientale e Zhivkov
per la Bulgaria (due Stati perfettamente« in sintonia » con l'URSS) avevano riaffermato la visione comunista conservatrice, dando una interpretazione addirittura restrittiva dell'Atto finale di Helsinki. Per Honecker, il principio dell'inviolabilità delle frontiere deve avere « un'applicazione illimitata»; per Zhivkov, l 'apertura sul piano c ulturale ed umano è opportuna, purchè si rispettino « le leggi, le tradizioni e gli uomini» dei Paesi esteri (il che significa, in altri termini, un filtraggio
di Stato per uomini e idee provenienti dall'Occidente).
Brezhnev ha anche svolto un'appassionata difesa del principio di
« non-intervento» negli affari interni di un altro Paese; in una successiva conferenza-stampa, il primo ministro britannico Wilson ha detto
ch e « bisogna prendere sul serio le parole di Brezhnev » e pretendere in
futuro degli atteggiamenti conseguenti. D'altronde, il « leader » cecoslovacco Husak ha r icordato le molte sventure del suo Paese - da Monaco 1938 all'occupazione nazista - ignorando l'ultima, l'invasione da
parte delle truppe del Patto di Varsavia.
2. Ben diverso il tono dei discorsi del maresciallo Tito e del presidente romeno Ceausescu (il quale, del resto, concilia la difesa dell'indipendenza da Mosca in politica estera con un rigoroso comunismo ortodosso all'interno). E qui ricordiamo che il presidente americano Forddopo aver visitato la Germania occidentale (l'alleato europeo più
« a~lantico » e, forse, oggi più importante) e la Polonia, prima della
apertura del « summit » finlandese - ha concluso il suo viaggio in Europa con una visita nei Balcani, precisamente in Romania e in Jugoslavia.
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•
3. Il discorso eli Ford ad Helsinki è stato il più applaudito, anche
da Brezhnev e dagli altri capi comunisti. I punti ignorati dal « leader »
sovietico, sono stati quelli su cui si è soffermato maggiormente il presidente americano. Avendo presenti le critiche che gli sono state rivolte negli Stati Uniti, egli ba detto che gli americani «sono stanchi di
vedere molte grandi speranze frantumarsi in un gioco di parole vuote»;
e che la distensione deve essere « una strada a due sensi ». Inoltre
Ford h a sottolineato l'importanza del « terzo cesto», cioè dei principi
di libertà di circolazione degli uomini e delle idee.
Per gli occidentali, ha precisato ancora Ford, l'Atto finale riguarda
anche Berlino Ovest, questa "entità geografica» che non ha partecipato
alla CSCE e di cui nulla si dice nel documento. Da Berlino, che già
costitul uno dei punti cruciali della « confron tation », il suo discorso si
è allargato alla difesa dell'Europa occidentale e alla riaffermata presenza delle truppe americane sul nostro continente, nell'ambito della
NATO.
4. Il presidente del Consiglio italiano Moro ha firmato due volte,
anche a nome della CEE, essendo l'Italia presidente di turno. Anche
per l'Europa dei Nove la realtà mostra i suoi limiti: siamo tuttora lontani non soltanto dall'unione politica, ma persino da concrete prospettive di ulteriore integrazione economica. La firma a nome della Comunità è peraltro un discreto riconoscimento eli « status" giuridico.
S. La Santa Sede ha inviato ad Helsinki mons. Casaroli, segretario
del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa. Nel corso del proprio
intervento effettuato il 1• agosto, mons. Casaroli ha letto un messaggio
di Paolo VI ai partecipanti alla conferenza, nel quale si sottolinea il
significato positivo della conferenza stessa, quale impegno comune di
pace e di cooperazione internazionale: «Ci sono centinaia di milioni
di uomini e donne, giovani e vecchi, - dice tra l'altro la lettera del
Papa - che aspirano a vivere dei rapporti sempre più sereni, più lib eri, più umani, cioè a godere della pace nella giustizia (13) ». Fra i
diritti dell'uomo e le sue libertà fondamentali, la Santa Sede ricorda
in particolare la libertà religiosa «per gli individui, le comunità, gli
emigranti, i gruppi etnici, le minoranze nazionali, le popolazioni di ogni
regione».
6. Anche ad Helsinki s'è fatta sentire l'eco della drammatica
stione » di Cipro.
«
que-
L'arcivescovo Maknrios ha tenuto un discorso violentemente anti-turco;
mentre il presidente di Cipro saliva alla tribuna, la delegazione d ella Turchia
(13) I testi (In francese) del messaggio eU PAoLO VI e della dichiarazione di
mons. CASAROLI sono riportati In «L'Osservatore Romano"· rispettivamente del 3
agosto 1975, p. l, e del 4-5 agosto 1975, p. 2.
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abbandonava la sala. A sua volta il primo ministro di Ankara Demirel replicava,
dichiarando che In Torchia, aderendo alle clausole dell'Atto finale della CSCE,
poneva la riserva di non sentirsi legata alla rappresentanza di Cipro (non riconoscendo l'autorità di Makarios su tutta l'isola).
In margine alla conferenza, il presidente del Consiglio italiano Moro ha
tentato per Cipro una mediazione, a nome dei Paesi della CEE. Ce rto è che il
più serio conflitto esistente oggi in Europa (allo stato più o meno latente) non
oppone Est ed Ovest, ma due membri della NATO (Grecia e Turchia).
7. A parte i discorsi ufficiali, l'incontro di Helsinki è stato l'occasione per un'eccezionale serie di colloqui bilaterali e multilaterali al
più alto livello.
Ford ha incontrato due volte Brezhnev. Nel corso del secondo colloquio sarebbero stati fatti sostanziali progressi in tema di limitazione
delle armi strategiche (SALT); anche per l'MBFR ci sarebbero buone
prospettive alla ripresa del negoziato, prevista per l'autunno 1975.
Il Cancelliere tedesco Schmidt ha avuto ben 14 colloqui bilaterali
con 13 altri « leaders », la maggior parte dei quali dell'Europa orientale.
Proprio uno di questi incontri - terminato, dopo una estenuante trattativa, alle quattro del mattino di sabato 2 agosto - ha permesso il
raggiungimento di un accordo Bonn-Varsavia, su una questione non
ancora risolta dall'Ostpolitik.
Dopo che Brandt aveva firmato il 7 dicembre 1970 il trattato con la Polonia
(in vigore - insieme con il trattato di Mosca e quello delle quattro potenze
per Berlino - dal 3 giugno 1972), erano rimaste in sospeso la regolamentazione
dei rapporti commerciali e quella dell'emigrazione dei cittadini polacchi di
nazionalità tedesco. Con il presente act:ordo (14), Bonn roncede n Varsavin un
credito privilegiato (tasso di interesse del 2,5% ) di l miliardo di marchi, e
versa inoltre a fondo perduto l miliardo e 300 milioni di marchi, destinati come
pensione ai polacchi vittime del nazismo. In cnmbio, 120-125 mila tedesco-polacchi potranno espatdare nei prossimi quattro anni (si consideri cl1e codesti
oriundi sono spesso una « élite» di tecnici e professionisti, importanti per la
produzione).
L'opposizione cristiano-democratica di Bonn h a definito questo accordo
uno scambio di « uomini contro capitali >>. Il « leader » polacco Gierek ha detto
che c'è « qualcosa di popolare e qualcosa di impopolare» per entrambe le
parti. E forse quest 'ultima fra se qualifica meglio non soltanto l'accordo tedescopolacco, ma precisa anche il significato della conferenza paneuropea di Helsinki:
ossia la CSCE ha espresso la realtà della distensione così com'è oggi e ne ha
definito i limiti.
ALCUNI COMMENTI E VALUTAZIONI
Vanno anzitutto registrate le dure critiche alla CSCE venute da
parte degli albanesi e dei cinesi. L'organo del partito comunista alba(14) Cfr. «Relazioni Internazionali», 30 agosto 1975, n. 34-35, p. 833.
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nese « Zeri i Popullit », nell'editoriale del 29 luglio, ha qualificato Helsinki « la conferenza dell'insicurezza», ricordando che Brezhnev, un mese p rima dell'invasione della Cecoslovacchia, aveva firma to a Bratislava
un trattato di non-ricorso all'uso della forza.
Il « Quotidiano del popolo » di Pechino, giovedì 31 luglio, ha scritto
che Helsinki serve a « consolidare l'egemonia del revisionismo sovietico nell'Europa dell'Est, smantellare le forze della NATO facendo credere ad una distensione illusoria, erodere l'influenza degli Stati Uniti
in Europa. E ' un inganno, una trappola tesa da Mosca: un'altra Monaco
dell'Occidente» (15). Paradossalmente, la posizione di Pechino assomiglia molto a quella dei « nuovi falchi » americani!
2. Molto critico della CSCE - e in tal senso, espressione di buona
parte dell'opinione pubblica americana - è sta to il noto editor ialista
del « New York Times » C. L. Sulzberger: significa tivi (anche nei titoli )
i suoi articoli pubblicati durante il vertice di H elsinki.
Nel fondo « What's Yours Is Negotiable » ( 16), Sulzberger riprende
quanto già da altri (C.E. Bolhen) si era detto a proposito dell'URSS e
delle due sfere d'influenza in Europa; come se i russi affermassero:
« Quel che è nostro, è nostro; quel che è vostro, è negoziabile ».
Un secondo articolo s'intitola « To the Finland Station »: alla stazione Finlandia (17). Ricordando che l'arrivo di Lenin alla stazione ferroviaria Finlandia di Pietrogrado segnò l'inizio della fase decisiva della
Rivoluzione sovietica, Sulzberger si chiede : gli storici futuri come giudicheranno l'attuale « summit » finlandese? non avrà costituito l'inizio
di un cedimento da parte dell'Occidente, l'avvio di un processo di « fìnlandizzazione » dell'Europa occidentale?
Per comprendere il concetto di « finlandizzazione » converrà richiamare,
sia pure sommariamente, la storia e la situazione attuale di questo Paese
nor d europeo.
La Finlandia, parte dell'impero russo fin dal 1809, si dichiarò indipendente
nel 1917. Aggredita dall' URSS nel novembre 1939, dovette cedere, dopo una
eroica resi stenza, nel marzo 1940; l'anno seguente - in coincidenza con l'attacco
tedesco all'Unione Sovietica - i finlandesi t entarono la rivincita a fianco della
Germania nazista. L 'armistizio di Mosca del settembre 1944, seguito dal trattato
di pace di Parigi nel 1947, sanzionò per la Finlandia perdita di territori e paga·
mento dei danni di guerra. Nel 1948, infine, URSS e Finlandia firmarono un
trattato di « amicizia, cooperazione ed assistenza reciproca ».
(15) Singolare confronto dei cinesi: il paragone è con Monaco 1938, quando
Hitler obbligò la Cecoslovacchia a cedere alla Germania Il territorio del Sudetl. Il
cedimento delle democrazie occidentali al nazismo non bastò tuttavia per evitare lo
scoppio della seconda guerra mondiale.
(16) « Internatlonal Herald Tribune)), 30 luglio 1975. - N.B.: Per l'Europa, gli
articoli del << New York Times)) e della t< Washington Post )) sono pubblicati a Parigi
sotto la testata << International Herald Tribune )).
(17) << Interna tlonal Herald Tribune )), 2/3 agosto 1975.
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La Finlandia è dunque un Paese condizionato dalla storia e dalla posizione
geografica: sui 4 milioni e 600 mila finlandesi incombe la prossimità del colosso sovietico. Così Helsinki conserva un regime liberaldernocratico parlamen·
tare e un'economia di mercato all'interno, ma al prezzo dell'acquiescenza a
Mosca in politica estera.
Applicare il « modello » finlande se all'Europa intera significherebbe dunque
l'estendersi dell'influenza sovietica {sia pure in forme più flessibili rispetto a
quelle assunte nei confronti dei Paesi socialisti satelliti dell 'URSS) fino al Me·
diterraneo e all'Atlantico, e quindi la fine dell'Europa occidentale come insieme
di Stati autonomi sul piano internazionale.
Lo stesso Sulzberger, nell'editoria le dal tono mordace ed ironico
«A Cold Peace for a Cold War » (Una pace fredda per una guerra
fredda), scrive: «Quel che questo vertice è designato a compiere, è
sancire la fine ufficia le della guerra fredda. Per questo scopo è richie·
sta soltanto una pace fredda. Nella guerra fredda non ci sono state
battaglie; la pace fredda non ha quindi bisogno di trattati (l'Atto finale
di Helsinki non deve essere ratificato dal Senato americano, come un
trattato internazionale) . Il problema è se La dichiarazione di Helsinki
potrà davvero raggiungere quanto prefisso (18) ». Di certo, Sulzberger
dice di non aspettarsi una sollecita esposizione del << New York Times »
venduto accanto a lla << Pravda » nelle edicole di Mosca (come esorta
l'Atto finale).
3. Positivo invece il commento del « Times, di Londra (vicino, in
tal senso, alla posizione espressa dallo stesso primo ministro britannico
Wilson, il quale in una conferenza stampa ha dichiarato di credere che
lo «spirito di Helsinki » soffierà sull'Europa) : << L'URSS guadagna,
rispetto all'inizio della seconda guerra mondiale, ma gli occidentali non
hanno ceduto niente che i sovietici non possedessero già di fatto;
a loro volta, i sovietici offrono qualche speranza di mutamento in
meglio. Qualcosa sta cambiando dai tempi della guerra fredda: i " loro "
sistemi funzionano adesso un po' meglio, i "nostri" talvolta un po'
peggio. C'è stato, nei confronti dei comunisti, un mutamento nella bilancia della fiducia». E quest'ultima frase, ne ll'originale inglese, possiede sfumature che non è possibile rendere nella traduzione italiana:
«a change in the balance of confidence » (19).
4. Secondo un commento dello statunitense « Time », i Paesi dell'Europa orientale, satelliti dell'URSS, si sono invece recati ad Helsinki
spinti soprattutto da interessi economici. Le economie socialiste sono
in crisi: meno vulnerabili all'inflazione e alla recessione, esse sono
contemporaneamente molto meno efficienti di quelle occidentali. Man·
cando la speranza di libertà politica, la distensione per l'Europa del(18) « Internatlonal Herald Tribune », 4 agosto 1975.
(19) « The Tlmes 11, 2 agosto 1975.
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l'Est è rappresentata dal « secondo cesto» dell'Atto finale: possibilità
di accesso ai crediti ed alla t ecnologia occidentali (20) .
l « nuovi modelli economici » delle democrazie popolari, meno centralizzati
d el sistema sovietico e disposti ad accettare una parziale economia di mercato,
tendono verso una maggiore produzione e diffusione d ei b eni di consumo. Per
chi vive nei Paesi comunisti, oggi, tra i desideri p iù grandi c' è quello di p ossedere un'automobile privata. La conclusione può sembrar e paradossale: m entre
in Occidente, in conseguen za della crisi energetica, c'è stato u n certo « rigetto »
dell'automobile, all'Est si vuole adesso quest o bene tipico dei consumi << individualistici » e in tal senso << antisocialista ». In un certo senso, tuttavia, anche qui
notiamo un riavvicinamento dei due mondi.
CONCLUSIONE
l. Con tutti i dubbi che legittimamente si possono sollevare sul suo
reale significato, il << s ummit » di Helsinki 1975 costituisce una data
importante, a 30 anni esatti dalla fine della seconda guerra mondiale.
Anche se la dichiarazione di Helsinki non è un trattato di pace, tuttavia
essa sancisce definitivamente l'assetto eu ropeo determinato da quella
guerra. La CSCE è l'immagine del presente stato di distensione, la quale
tuttavia, malgrado i suoi limiti e pericoli, probabilmente rimane la più
solida speranza per evitare la guerra nucleare tra i due blocchi.
2. Certo, la CSCE non h a cambia to la natura dei regimi socialisti,
come dimostrano, tra l'altro, le peripizie dei dissidenti russi (21) . Del
resto, molti degli stessi comunisti occidentali, pur vicini a Mosca, non
mancano di esprimere p erplessità e riserve circa la << democrazia socialista>> dei Paesi del blocco sovietico. A questo proposito - di fronte
cioè ai dubbi circa la sincerità e l'impegno di questi Paesi, e in parti·
colare dell'URSS, ad applicare i principi sanciti a Helsinki relativi ai
« diritti dell'uomo», alle « libertà fondament ali '' e alla « cooperazione
nel settore umanitario » - può essere di notevole inter esse esaminare
la posizione espressa, su questi punti, dal PCI, posizione condivisa
anche da a ltri partiti comunisti occidentali.
Dalla analisi dei risultati di Helsinki fatta dal settimanale del PCI,
emerge una critica del concetto limitati vo - e della prassi conseguente
- che delle libertà hanno i sovietici, e l'auspicio che nel nuovo con(20) Cfr. Eastern Europe • One Freedom at L east : The Pursutt ot Matertaltsm,
in « Time », 11 agosto 1975.
(21) Il caso più recente è quello dello scrittore ANDREJ AMALR IK. Dopo cinque
anni trascorsi nel campi di lavoro «correzionale», pena alla quale era stato con·
dannato per <<attività antisovietiche» (e cioè la pubblicazione del saggio Sopravvtverà l'Unione Sovietica ftno al 1984?), egli si è visto negare, U 14 settemb re scorso,
il permesso di abitare a Mosca, dove sua moglie vive e lavora. Ricordiamo che per
risiedere nella capitale dell'URSS è necessaria un'autorizzazione speciale annotata
sul passaporto Interno.
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Settembre - Ottobre 1975
82.
Distensione In Europa
7
testo di consolidata distensione, definito «quadro naturale di nuove
vie di ricerca e di sviluppo del socialismo», si attui nei Paesi socialisti
il « superamen to di residui di limiti, di costrizioni, di inerzie legati a
un periodo che può considerarsi concluso» (22).
Proprio nell'ambito della distensione, i Paesi dell'Occidente potrebbero contribuire allo svilupparsi dei valori delle libertà democratiche
e dello spirito di autonomia nei Paesi dell'Europa orientale.
Chì ha criticato Helsinki, rievocando con nostalgia l'Europa <<anni
cinquanta» e i «valori tradizionali,, dell'Occidente, non può negare il
fallimento della politica di John F. Dulles intesa a <<respingere indietro ,, ( to roll back) il comunismo nel mondo.
E' vero che, da un certo punto di vista, era « più facile ,, vivere negli
«anni cinquanta >>. Essendo il mondo diviso in due blocchi rigidamente
contrapposti, quello occidentale e quello comunista, all'interno di essi
non c'era posto per «il dubbio»: l'ideologia della «guerra fredda» esigeva che ciascuna parte si considerasse nel giusto, condannando drasticamente l'altra. Gli « anni settanta » invece non presentano più dei
modelli «puri ,, del sistema: gli Stati hanno contorni più sfumati, le
«scelte,, devono quindi essere ragionate.
3. E' stato giustamente osservato: «Occorrerà tenacia, pazienza,
gradualismo, ma la volontà politica sembra esistere ed è questo un
fattore positivo che, ancor meglio dell'enunciazione dei documenti, potrebbe rappresentare il fatto nuovo: il dinamismo che si voleva impri·
mere alla distensione potrebbe così trovare, grazie alla CSCE, la sua
conferma più effettiva» (23). Valgono dunque, come augurio, le parole
di Ford: «L'epoca dello scontro sta forse terminando>>.
(22) Cfr. G. C. PAJETIA, Una tappa per l'Europa, In <<Rinascita 1>, 8 agosto 1975,
n. 32, p. 6. - Circa la questione nevralgica della « libera circolazione degli uomini
e delle idee attraverso le frontiere >1, definita uno dei « capisaldi delle delibera·
zion! della conferenza europea 11, si afferma, nello stesso organo del PCI: «E' questo un motivo tradizionale del pensiero democratico e socialista. A noi non può
non essere caro. Lo sviluppo delle libertà è stato indicato nella dichiarazione che
abbiamo appena firmato con i comunisti spagnoli come un principio che è al nostri
occhi essenziale per la avanzata del socialismo. Non consideriamo quindi i capitoli
dell' " atto finale " di Helsinki relativi alla informazione, agli scambi culturali, ai
movimenti delle persone, ai diritti dell'uomo come un aspetto secondario dei risultati raggiunti n. E in trasparente polemica con l sovietici si aggiunge: «Quando si
parla di circolazione delle idee non si può pretendere che circolino soltanto le idee
che noi consideriamo " buone ". E' stato detto e ripetuto che la distensione internazionale e la pace !ra gli Stati non possono sopprimere la lotta ideologica, cioè
appunto la lotta delle idee. E' giustissimo . Ma la lotta alle idee si fa In primo
luogo con a ltre Idee. Cercare di farla con i divieti, con gli anatemi, con le censure,
con gli isolamenti artificiosi è un cattivo modo di condurla: in primo luogo, perchè
questi sbarramenti, come generazioni di rivoluzionari hanno ben capito, finiscono
prima o poi col saltare; in secondo luogo, perchè per quella via si arriva diritti
all'anchilosi e all'isterll!rsi delle proprie idee, quindi alla sconfitta di quelle stesse
posizioni Ideali e politiche che si volevano portare alla vittoria 11 (G. BoFFA, Adesso
la verifica dei fatti, in « Rinascita 11, cit., p. 6).
(23) V. BALANGERO, Le convergenze dt Helstnkt, in «Relazioni Internazionali n, 9
agosto 1975, n. 32-33, p. 791.
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