Euro: una sfida per la Pubblica Amministrazione

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Euro: una sfida per la Pubblica Amministrazione
Euro: una sfida per la
Pubblica Amministrazione
Atti del seminario
Trento, 30 settembre 1998
Anna Mura
La Pubblica Amministrazione come fattore strategico
nell’attuazione dell’euro
Ignazio Protelli
L’euro e la Pubblica Amministrazione
GIUNTA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - 1999
Copyright: ©
Giunta della Provincia autonoma di Trento, 1999
Centro Documentazione Europea
Coordinamento redazionale: Giuliana Bassetti
MURA, Anna
Euro : una sfida per la Pubblica Amministrazione : atti del seminario : Trento, 30
settembre 1998. - <Trento> : Provincia autonoma di Trento. Giunta, 1999. - 33 p. : tab. ;
21 cm. - (Quaderni del CDE ; 3)
Contiene : La Pubblica Amministrazione come fattore strategico nell'attuazione
dell'euro / Anna Mura. L'euro e la Pubblica Amministrazione / Ignazio Portelli
1. Euro (Moneta) - Impiego nell'amministrazione pubblica 2. Moneta - Unificazione
I. Portelli, Ignazio II. Tit.
332.494
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La Pubblica Amministrazione come fattore
strategico nell’attuazione dell’euro
dott.ssa Anna Mura
Groupeuro – DG X Commissione europea
Come componente del Comitato Euro della DGX, vorrei fare
un quadro generale sulla logica che ha guidato questo primo
passo di integrazione politica che è appunto la creazione della
moneta unica.
Dai tempi degli antichi romani non esistevano monete
accettate in tutta Europa.
Cosa ha spinto i Paesi a questa avventura?
Alla base di tutto c'è sempre il sogno dell'Europa.
Nella storia, uno Stato più grande si formava attraverso
guerre, conquiste, annessioni. La via scelta oggi dai Paesi
dell'Europa è un'altra: creare, attraverso la fitta rete degli scambi,
attraverso il mercato comune e il mercato unico, una comunanza
di interessi, un intreccio di commerci, una consuetudine di
contatti, una unità di regole del vivere civile ed economico tale
da facilitare, domani, una graduale messa in comune delle
politiche e delle istituzioni. Su questa via, la moneta unica è una
tappa fondamentale: avere una sola moneta, per popoli diversi è
un potente simbolo di appartenenza alla stessa comunità.
Ora io vorrei dividere il mio intervento in tre parti: una parte
relativa alla transizione verso l'Euro a livello comunitario,
nazionale
e
locale.
Volevo
poi
soffermarmi
sull'ammodernamento
e
riqualificazione
dei
sistemi
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amministrativi centrali, regionali e locali e, infine, affrontare il
tema della formazione come variabile strategica per la riforma
della Pubblica Amministrazione.
1. Le fasi dell'Euro
Dal 1° gennaio 1999 al 1° gennaio 2002 tutta la costruzione
dell'Unione economica e monetaria sarà completata con la
fissazione irrevocabile dei tassi di conversione tra l'Euro e le
monete nazionali, l'entrata in vigore della legislazione sull'Euro.
La Banca Centrale Europea (BCE) diventerà operativa sui
mercati e sulla politica monetaria, le nuove emissioni di titoli
pubblici saranno esclusivamente in Euro.
DAL 1° GENNAIO 1999
AL 1° GENNAIO 2002 AL PIU’ TARDI
UNIONE MONETARIA SENZA BANCONOTE NE’ MONETE
METALLICHE IN EURO
CALENDARIO
SETTORE PUBBLICO
SETTORE PRIVATO
1° GENNAIO 1999 • fissazione irrevocabile dei • transizione del mercato
tassi di conversione tra
monetario e del mercato
l’euro e le monete
dei cambi verso l’euro
nazionali
• entra in vigore la
legislazione
sull’euro:
status
giuridico
e
continuità dei contratti
a partire dal 1° • entrata in funzione della • transizione dei mercati
gennaio 1999
BCE
finanziari versi l’euro
§ intervento sui mercati • probabile
transizione
§ politica monetaria in
interna verso l’euro da
euro
parte delle banche
• nuove emissioni di titoli • le imprese effettuano tale
pubblici esclusivamente
transizione
se
lo
in euro
desiderano
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Programma d’Informazione per il cittadino europeo
Dal 1° gennaio 2002 ci sarà l'immissione in circolazione delle
8 monete metalliche e delle 7 banconote Euro che sostituiranno
le 97 monete metalliche e le 82 diverse banconote europee
attualmente esistenti.
Si procederà quindi al ritiro progressivo delle monete
metalliche e delle banconote nazionali - il corso legale terminerà
entro il 1° luglio 2002 - i conti bancari saranno in Euro, così
come i salari, i servizi sociali, il commercio.
DAL 1° GENNAIO 1999
AL 1° LUGLIO 2002 AL PIU’ TARDI
COMPLETAMENTO DEL PASSAGGIO ALL’EURO
CALENDARIO
SETTORE PUBBLICO
SETTORE PRIVATO
entro il 1° gennaio • immissione
in • conti bancari in euro
2002
circolazione delle monete • salari, servizi sociali,
metalliche
e
delle
commercio al dettaglio
banconote in euro che
in euro
avranno corso legale
• ritiro progressivo delle
monete metalliche e delle
banconote nazionali
entro il 1° luglio 2002 • termine della transizione • completamento della
delle
amministrazioni
transizione
pubbliche e dei servizi
pubblici verso l’euro
• abolizione del corso
legale
delle
monete
metalliche
e
delle
banconote nazionali
Programma d’Informazione per il cittadino europeo
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E' con l'Atto Unico europeo (1986), che prevedeva la libera
circolazione delle merci, dei servizi, delle imprese e soprattutto dei
movimenti di capitali tra i Paesi aderenti allo SME, tappa fondamentale
dell'Unione monetaria, che viene messo in moto il complesso
meccanismo.
Col Trattato di Maastricht (1992), in cui sono state definite le
condizioni di avvio dell'Unione monetaria con l'introduzione della
moneta unica e la determinazione dei tassi di cambio fisso tra le valute
europee, la moneta unica è diventata quasi una realtà.
1.
2.
3.
•
•
4.
VANTAGGI DELL’UEM E DELL’EURO
UN VERO MERCATO UNICO
Senza una moneta unica non ci può essere un mercato unico
• Trasparenza dei prezzi
• Eliminazione dei costi di transazione
• Eliminazione del rischio di cambio e delle perturbazioni monetarie
COSTITUZIONE DI UN VASTO MERCATO MONETARIO E
FINANZIARIO IN EURO
• Unificazione dei mercati nazionali + liquidità = maggiore attrattiva per gli
investitori esteri
• Abbassamento dei tassi d’interesse?riduzione dei costi di finanziamento
L’EURO: UNA MONETA INTERNAZIONALE
Ampliamento della zona d’influenza dell’euro nel commercio internazionale
(fatturazione e pagamento)
Moneta di riserva
UN MAGGIORE EQUILIBRIO DEI RAPPORTI MONETARI
INTERNAZIONALI
La zona dell’euro e quella del dollaro avranno estensione comparabile
• Il tasso di cambio futuro euro/dollaro sarà probabilmente meno volatile
degli attuali tassi marco/dollaro o franco francese/dollaro
• Il coordinamento internazionale sarà più equilibrato
Programma d’Informazione per il cittadino europeo
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Con il libro verde del 1995, che affronta il problema dei
tempi e delle modalità di transizione (Perché la moneta unica?
Quali benefici recherà agli Europei? Quali timori suscita
l'introduzione della moneta unica? Quali strutture per l'Unione
economica e monetaria?), il dibattito si fa più concreto.
•
•
•
•
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PERCHE’ UNA MONETA UNICA?
Aumento della crescita e dell’occupazione
Un mercato unico più efficace
Una semplificazione per tutti
Riduzione dei costi
Maggiore stabilità monetaria a livello internazionale
Programma d’Informazione per il cittadino europeo
La prospettiva dell'aumento della crescita e dell'occupazione, un
mercato unico più efficace, la semplificazione e la riduzione dei costi, la
maggiore stabilità monetaria a livello internazionale bilanciano la
preoccupazione dei tassi di cambio fissati irrevocabilmente, che quindi
rappresentano una rinuncia da parte dello Stato ad un importante
strumento di politica economica.
Seguono a livello comunitario il Consiglio europeo di Madrid
(1995), che stabilisce le tre fasi per l'introduzione dell'Euro, e il
Consiglio Europeo di Dublino (1996) che sancisce il nuovo patto di
crescita e di stabilità, nonché i due regolamenti CE del giugno e agosto
1997 relativi a talune disposizioni generali.
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IL CONSIGLIO EUROPEO DI MADRID DEL 15 E 16 DICEMBRE 1995
• Stabilisce che la moneta unica si chiamerà “euro”
• Conferma che la terza fase avrà inizio il 1° gennaio 1999
• Fissa lo scenario d’introduzione della moneta unica
IL CONSIGLIO EUROPEO DI DUBLINO DEL 13 E 14 DICEMBRE 1996
• Presenta le proposte relative ad un nuovo meccanismo di cambio (SME 2) tra
gli “in” e “pre-in”
• Presenta gli elementi relativi ad un patto di crescita e di stabilità
• Adotta il testo di due regolamenti che assieme costituiscono la base giuridica
per l’euro
LO STATUS GIURIDICO DELL’EURO
Fra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001 al più tardi:
fissazione dei tassi di conversione – due diverse espressioni di un’unica realtà
monetaria
Principi fissati dal Consiglio di Madrid:
• equivalenza giuridica tra l’euro e l’unità monetaria nazionale
• nessun divieto né obbligo di utilizzare l’euro
Tali principi si traducono in un regolamento:
1° gennaio 1999
• la moneta degli stati membri partecipanti è l’euro, la moneta nazionale ne
diviene una semplice denominazione non decimale
tra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001
• gli atti giuridici che fanno riferiemnto alla moneta nazionale devono essere
eseguiti in tale moneta
• l’euro può essere utilizzato se non è obbligatorio l’impiego della moneta
nazionale
• continuità dei contratti: non cambia niente
Ø tasso di conversione fisso per i contratti in moneta nazionale
Ø tasso di conversione 1 a 1 per i contratti in ecu
• unico vincolo giuridico: i tassi di conversione non possono essere modificati
né arrotondati
Altri punti presi in considerazione:
• decimali: 1 euro = 100 cent
• 6 cifre significative per i tassi di conversione
• regole di arrotondamento degli importi dopo la conversione
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Programma d’Informazione per il cittadino europeo
I due regolamenti stabiliscono per tutti gli Stati membri:
la continuità dei contratti; per cui l'introduzione dell'Euro
non modificherà i termini dei contratti in essere, né conferirà alle
parti il diritto di modificare o di risolvere unilateralmente il
rapporto, garantendo certezza legale e prevenendo la possibilità
di contenzioso;
la continuità Ecu-Euro. Per i contratti in Ecu, dal 1° gennaio
1999 l'Ecu ufficiale sarà convertito in Euro al tasso di 1 a 1.
Nel periodo di transizione (1999-2001) vigerà il principio
nessun obbligo, nessun divieto, cioè potranno essere utilizzate
sia l'Euro sia le valute nazionali. Le parti sono libere di scegliere
l'unità monetaria in cui desiderano condurre le loro relazioni
contrattuali. Durante l'introduzione dell'Euro, alcune norme
assicureranno un uso corretto dei tassi di conversione e dei
metodi di arrotondamento. I tassi di conversione
comprenderanno 6 cifre significative che non dovranno essere
arrotondate o troncate. Non ci saranno tassi bilaterali tra le valute
nazionali. Alcuni Paesi come l'Italia e la Spagna che non
includono i decimali nelle loro valute, potranno incontrare
qualche difficoltà per ciò che riguarda l'arrotondamento.
Questo a livello comunitario.
A livello nazionale, contro tutte le previsioni degli
euroscettici, l'Italia è entrata a far parte dei primi undici Paesi che
daranno vita all'Euro. Una eccezionale operazione di risanamento
finanziario ed economico, iniziato nel 1992 e accelerato dalla
metà del 1996, quando ancora il nostro Paese non rispettava
nessuno dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, ha
creato un circuito virtuoso che si è innescato con l'azione
intrapresa per far discendere all'attuale 1,8% una inflazione, che
agli inizi degli anni '80 era al 20% e che nel 1995 superava il 5%.
Una rigorosa gestione della spesa pubblica, il calo dei tassi di
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interesse e la riduzione del debito (frutto di una buona gestione
della politica monetaria e delle politiche di bilancio) hanno reso
possibile ciò che sembrava impossibile.
Ora rimane da gestire la transizione a livello nazionale,
regionale e locale. Vanno predisposte le infrastrutture giuridiche,
tecnologiche e organizzative.
In vista del passaggio dalla lira all'Euro è stato istituito,
presso il Ministero del tesoro, il Comitato Euro. A partire dal
settembre 1996, il Comitato ha organizzato i suoi lavori per tre
grandi aree d'intervento:
- mercati e finanza;
- pubblica amministrazione;
- imprese.
Tre sottocomitati hanno preparato le linee guida per le azioni
che i differenti soggetti sono chiamati a intraprendere.
Approfondimenti trasversali sono stati fatti da due gruppi di
lavoro che hanno affrontato i temi dell'informatica e delle
implicazioni giuridiche del passaggio dalla lira all'Euro.
Recuperando le direttive del Consiglio Europeo di Madrid, il
Comitato si è ispirato a due principi: dare la certezza del
calendario e facilitare la scelta di coloro che intendono utilizzare
l'Euro fin dal 1° gennaio 1999.
L'amministrazione pubblica, il sistema bancario, quello
postale, e quello finanziario dovranno creare condizioni
favorevoli per chi vuole adattare fin dall'inizio i propri
comportamenti alla nuova moneta. In particolare la Pubblica
Amministrazione svolgerà un ruolo propulsivo, consentendo ai
cittadini e alle imprese di effettuare versamenti, richiedere
pagamenti, dialogare in Euro.
Le Pubbliche Amministrazioni, nella fase transitoria,
utilizzeranno per la contabilità di bilancio, esclusivamente come
valuta di denominazione, la lira. Il passaggio all'Euro, per quanto
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concerne il bilancio e gli altri provvedimenti di natura contabile
verrà effettuato dopo la conclusione del periodo di transizione.
Secondo una logica di decentramento, sono stati istituiti in
ciascuna Provincia italiana i Comitati provinciali per l'Euro
(CEP), funzionalmente collegati al Comitato Euro. Le funzioni
loro affidate sono di raccordo tra l'Amministrazione statale e gli
Enti locali, con l'obiettivo di assicurare la massima informazione,
di verificare l'attuazione del processo in sede locale, di dirimere i
problemi relativi all'adeguamento delle P.A.
Il Piano per l'adozione dell'Euro nelle amministrazioni
pubbliche, elaborato dal Comitato Euro, individua le scelte
necessarie per completare lo scenario della transizione, fatte
proprie dal Governo e riprese dalla direttiva del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 3 giugno 1997. Il decreto legislativo 24
giugno 1998 recante "Disposizioni per l'introduzione dell'Euro
nell'ordinamento nazionale a norma della legge 17.12.1997"
completa il quadro giuridico generale. In particolare gli articoli
da 47 a 50 riguardano le attività della P.A.
Il Piano evidenzia il ruolo guida della Pubblica
Amministrazione nelle varie fasi dei macro progetti (conversione
valutaria, programma di conversione documentale, conversione
del debito pubblico, documenti programmatici e di finanza
pubblica, statistiche). Oltre all'adeguamento dei sistemi formativi
e della modulistica, l'azione formativa riveste un ruolo strategico
per la preparazione dell'Italia al passaggio all'Euro. Sono
interessati i Ministeri, le Regioni, gli Enti locali, gli altri Enti
pubblici, le scuole, le Poste.
L'introduzione dell'Euro nelle amministrazioni pubbliche con
le modifiche organizzative e procedurali che comporta, si
inserisce in un contesto di riforma degli apparati amministrativi
che dovrebbe cambiare il ruolo della P.A. nel nostro
ordinamento.
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2. Le amministrazioni pubbliche e l'integrazione europea.
Le leggi 59/97, 127/97 e 191/98 hanno posto le basi per una
rivoluzione epocale della P.A. italiana.
La coincidenza temporale dell'introduzione dell'Euro e della
cosiddetta "riforma Bassanini" è una opportunità che tende ad
allineare la P.A. italiana ai livelli di efficienza, di capacità di
fornire servizi utili ai cittadini ed alle imprese come avviene negli
altri Paesi europei.
È anche un rischio perché le scadenze vincolanti di
Maastricht possono cogliere il sistema amministrativo in una fase
di transizione in cui i precedenti destinatari di competenze sono
deresponsabilizzati e i nuovi soggetti non sono ancora pronti a
recepire le nuove competenze. Comunque la sfida dell'Euro può
e deve essere un collante importante. La sfida della competizione
globale investe i sistemi istituzionali ed amministrativi. Le
amministrazioni pubbliche sono un fattore determinante nella
competitività di un Paese, della sua economia, delle sue imprese.
I sistemi amministrativi più stabili, che assumono le decisioni in
tempi rapidi e assicurano servizi pubblici di alta qualità,
garantiscono anche la competitività economica, la sicurezza dei
cittadini e soprattutto un alto grado di coesione economica e
sociale.
La riforma della P.A. si basa su 6 principi fondamentali.
Il primo è dato dalla riconsiderazione delle funzioni e dei
compiti attribuiti al sistema delle amministrazioni pubbliche, che
condurrà ad una significativa dismissione di attività che non
richiedono più una gestione pubblica diretta: lo Stato in base a
questo principio farà meno cose, si concentrerà su cose
essenziali, per rinunciare a produrre beni e servizi di pubblica
utilità, perché è sufficiente dettare regole standard per la
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fornitura di beni prodotti dal mercato. In base al nuovo criterio
di efficacia e di efficienza, lo Stato però dovrà dettare regole
chiare e precise.
Il secondo principio consiste in una ampia devoluzione dei
poteri, funzioni e compiti amministrativi e normativi e
corrispondenti risorse umane, finanziarie e patrimoniali, alle
amministrazioni dislocate sul territorio, applicando soprattutto il
principio della sussidiarietà.
Il terzo principio della riforma dà luogo ad un vasto
processo di deregolazione, delegificazione e semplificazione dei
procedimenti amministrativi di cui si sentiva molto la necessità.
Il quarto principio è dato dalla riorganizzazione complessiva
della struttura del Governo, dei Ministeri e delle altre
amministrazioni centrali, regionali e periferiche e il processo si
basa su una larga attribuzione di autonomia, anche nella scelta
del modello organizzativo e gestionale.
Io insisto molto sul modello organizzativo perché la
creazione di modelli organizzativi e gestionali è fondamentale per
la riuscita di questo importante processo.
Il quinto principio è la riforma dei sistemi di controllo che
mira a rafforzare i controlli interni di gestione, i sistemi di
valutazione dei risultati e l'adozione di parametri che privilegino
l'efficienza delle pubbliche amministrazioni.
Il sesto principio è il completamento della riforma del
pubblico impiego, con la piena estensione ai dirigenti e ai
dipendenti pubblici delle regole e del diritto del lavoro privato e
con una forte valorizzazione dell'autonomia e piena
responsabilizzazione della dirigenza.
Questo processo così complicato capita in un momento di
globalizzazione dell'economia, di crescita dei bisogni, di
innovazione tecnologica che comporta la creazione di nuovi
scenari, perché le tecnologie hanno sovvertito tutti i vecchi
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criteri. Ci troviamo in un'epoca di cambiamento; ritengo che
negli ultimi trenta anni si è avuta una rivoluzione maggiore che
negli ultimi 200 anni. La società dell'informazione ci ha portato
in un mondo completamente diverso in cui l'importanza dei beni
immateriali ha sopravanzato di gran lunga i beni materiali. Noi
riusciamo a parlare in teleconferenza, abbiamo abolito le
distanze, la telematica ha cambiato il mondo.
3. Ruolo strategico della Formazione
Intervenire sul fattore umano è indispensabile e non più
procrastinabile. Le nuove tecnologie richiedono personale in
grado di utilizzarle e quindi, nonostante gli attuali livelli di spesa
per la formazione siano ancora bassi, ci si è resi conto che senza
formazione del personale non si riesce a superare il gap che ci
divide dal resto dell'Europa. Vediamo come si può organizzare
questa formazione per essere efficiente ed efficace. Esiste un
problema di formazione nella fase di ingresso, ci sono la
formazione, l'informazione, il follow up del personale inserito.
Il discorso sulla formazione del personale inserito è secondo
me il discorso più importante perché sul personale inserito si
deve giocare per raggiungere gli obiettivi a breve e media
scadenza.
Come si può fare? Come è stata fatta fino ad ora la
formazione? In generale la formazione è stata sempre considerata
una variabile non fondamentale.
Si deve ora favorire una cultura della responsabilità e dei
risultati attraverso lo sviluppo di competenze manageriali e
gestionali e soprattutto favorire l'affermazione di forme di
democrazia organizzativa, tramite processi di scambio culturale e
di diffusione di esperienze innovative con il mondo accademico
e anche con il mondo imprenditoriale. Questo scambio deve
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essere continuo perché solamente dallo scambio di competenze
manageriali e gestionali si possono avere sinergie utili.
Chiaramente insieme alla formazione ci deve essere una
riprogettazione degli attuali assetti organizzativi, sia per la
definizione di percorsi di valorizzazione e promozione del
personale, sia per processi di crescita mirata in determinati
settori.
Nell'ambito di un ridisegno globale, la formazione deve
avvenire a tutti i livelli di vertice e intermedi. Per raggiungere un
obiettivo, la formazione deve essere integrata e condivisa. Questa
contestualità tra il processo formativo e prassi operativa,
comporta che la formazione non può limitarsi a corsi d'aula, che
sono utili, interessanti e importanti, ma deve collegarsi ed
arricchirsi nel posto di lavoro, quindi ci deve essere un tipo di
formazione che non è un corso, ma un percorso formativo in cui
ci sono dei momenti di apprendimento alternati a momenti di
lavoro e di verifica.
E' chiaro che sono necessari piani di lavoro individuali e di
gruppo e soprattutto bisogna procedere ad integrazioni in cui gli
operatori diventano protagonisti attivi e responsabili del proprio
percorso formativo e di sviluppo professionale.
Il docente deve avere il coordinamento delle fasi di
apprendimento e deve essere un facilitatore dei processi di
crescita e soprattutto un tramite tra le esigenze della struttura e le
esigenze dei destinatari della formazione.
Una integrazione fra dirigenti, formatori, docenti e operatori
è la chiave di volta perché questo processo sia in qualche modo
una capitalizzazione delle conoscenze prodotte con un vero e
proprio ritorno operativo.
Per semplificare, formazione permanente per tutto il
personale, formazione legata allo sviluppo organizzativo,
formazione-intervento, quindi non formazione astratta ma
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formazione e formazione informazione e documentazione
continua.
4. Le nuove sfide dell'Unione europea
Ma oltre all'Euro, che le amministrazioni devono essere in
grado di applicare senza costi aggiuntivi per i cittadini, esistono
altri problemi.
Se è vero che la moneta per ciò che rappresenta nella storia
dell'umanità è non solo uno strumento di unificazione del
mercato interno, ma un importante fattore di identità politica e
culturale, è incontestabile che la politica di coesione comunitaria
e nazionale ha sofferto in questi ultimi tempi della assoluta
priorità attribuita agli obiettivi di convergenza monetaria rispetto
agli obiettivi di riequilibrio territoriale e di sostegno allo
sviluppo. In Italia le politiche di bilancio restrittive hanno inciso
sull'allargamento del divario interno.
Nasce quindi l'esigenza di fissare parametri non soltanto
monetari, ma riguardanti gli aspetti "sociali" dell'economia che si
chiamano occupazione, solidarietà, intesa tra classi sociali,
ripartizione del reddito, gestione della società.
A livello comunitario la decisione di introdurre nel Trattato
di Amsterdam un capitolo sull'occupazione sottolinea la
consapevolezza europea del lavoro come priorità fondamentale
dell'azione dell'Unione.
Il Consiglio europeo di Edimburgo ed il Piano di azione
approvato sollecita l'Unione a darsi coerenti obiettivi e
soprattutto strumenti per raggiungerli.
Con Agenda 2000 -che contiene le opzioni programmatiche
comunitarie sulle politiche interne, sulla coesione economica e
sociale, sulla PAC e sull'ampliamento- vengono poste le basi le
future politiche strutturali dell'Unione.
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In particolare l'Italia dovrebbe impegnarsi sui criteri di
eleggibilità e di ripartizione delle risorse, sulla semplificazione
delle procedure, sul decentramento della gestione, sulla
flessibilità e sull'applicazione della sussidiarietà.
L'allargamento ad Est costituisce una tappa storica
dell'unificazione europea dopo secoli di divisioni e
contrapposizioni. Questo processo per l'Italia ha una valenza
specifica in quanto l'Europa centrale e nord-orientale è un'area di
interesse strategico per il nostro Paese. Da un lato, infatti, la
domanda di beni e tecnologie che viene dai Paesi dell'Est può
influire sullo sviluppo economico e sugli equilibri territoriali e
settoriali (anche se potrebbero avvenire delocalizzazioni di
imprese dall'Italia) dall'altro costituisce un problema per ciò che
riguarda gli aiuti alla coesione che verranno concentrati in Paesi
notevolmente più poveri.
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18
L’euro e la Pubblica Amministrazione
Dott. Ignazio Portelli
A me è stato assegnato il compito di provare a delineare
quello che dovrebbe essere il piano per l'adozione dell'euro nelle
pubbliche amministrazioni.
In parte mi ricollegherò alle cose già dette in questa
mattinata, prima dal Prefetto, poi dalla dott.ssa Mura, perché vi è
una stretta correlazione tra gli argomenti, con i temi più generali
dell'integrazione in Europa e con la riforma globale
dell'amministrazione pubblica. Vi è, poi, da tenere presente che i
meccanismi di introduzione nel nostro ordinamento non sono
tutti ancora definiti.
Per esempio, nel decreto legislativo 24 giugno 1998, n.213,
gli articoli attinenti alla pubblica amministrazione operano un
ulteriore rinvio ad atti che dovranno essere a breve adottati.
Tuttavia dall'insieme di tanti fattori è possibile cominciare ad
avere alcuni punti di riferimento sicuramente certi e altri
ipotizzabili.
Il punto di partenza di questa conversazione prende avvio
dalla considerazione che la storia amministrativa in Italia è una
storia essenzialmente di mancate riforme; alcune volte sono
riforme mandate anche al rogo: nel 1924-25, quando furono
ristrutturate l’organizzazione dei pubblici uffici e le carriere dei
dipendenti attorno ai principi gerarchici, in parallelo erano state
predisposte anche le riforme delle procedure, ovvero delle
metodologie di lavoro, ma il vertice politico, già appagato dalla
gerarchizzazione degli uffici, ritenne che non occorreva
completare il quadro delle riforme. E, onde evitare che rimanesse
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traccia di quelle carte, fu dato l'ordine di mandare al rogo tutti gli
atti, comprese le relazioni finali.
Ma è anche una storia delle riforme mancate, se si pone
attenzione a tutte quelle iniziate e mai completate.
Inoltre, pesa sull'intero apparato pubblico italiano una forte
crisi, una forte critica sull'assenza di imparzialità e più in generale
su quella che è considerata la scarsa efficienza degli apparati.
Infine, grava sempre la polemica sulla legalità, sul fatto che
molti operatori pubblici, in varie parti del Paese, si sono ritrovati
coinvolti in numerose inchieste giudiziarie.
Eppure si deve dire che, nonostante tutto, i processi di
integrazione europea assegnano alla pubblica amministrazione un
ruolo fondamentale nell'introduzione dell'euro e nella
integrazione. In particolare, sui temi dell'introduzione dell'euro
sono due i fattori in cui viene coinvolta la pubblica
amministrazione. In primo luogo, perché essa è parte delle
procedure, in quanto gli operatori pubblici sono inseriti nelle
procedure di introduzione dell'euro. Poi, perché alla pubblica
amministrazione viene assegnato un ruolo propulsivo dei
meccanismi di introduzione all'euro, ovvero il ruolo di essere il
soggetto trainante per abituare i cittadini e le imprese alla nuova
moneta.
Questo ruolo è chiaramente delineato nella cosiddetta
"direttiva Prodi" del 3 giugno 1997, una direttiva di carattere
strategico in cui nelle grandi linee viene delineata la funzione
propulsiva della pubblica amministrazione.
In questa conversazione, si proverà a delineare i meccanismi,
le procedure, le politiche amministrative per l'introduzione
dell'euro nella pubblica amministrazione e a descrivere il ruolo
assegnato alla pubblica amministrazione. Si tratta di aspetti che
faranno parte dei piani che le singole amministrazioni sono
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chiamate a dover adottare, del piano provinciale e del piano
nazionale.
Le fonti sono le direttive e i documenti dell'Unione europea,
la direttiva Prodi, la legge delega del 17 dicembre 1997, n. 433,
che è quella che stabilisce i principi generali per introduzione
dell'euro, e il decreto legislativo del 24 giugno 1998, n. 213, che
fornisce indicazioni più operative. Vi sono, inoltre, ulteriori fonti
come i documenti del Comitato euro, un comitato nazionale
istituito presso il Ministero del Tesoro con il compito di studiare
tutti i vari aspetti dell'introduzione dell'euro nel contesto italiano.
Il Comitato euro è diviso in tre grandi gruppi, uno che
riguarda il mondo dell'impresa, un altro che si occupa di
pubblica amministrazione, un altro ancora che si occupa del
sistema finanziario; è prevista all’occorrenza anche la istituzione
di eventuali gruppi di lavori tematici, secondo le esigenze che
progressivamente si possono manifestare. Un primo documento
del Comitato euro del giugno 1997, sono le "Linee guida per
l'introduzione dell'euro in Italia".
Molti documenti sono consultabili nel sito internet del
Ministero del tesoro (www.tesoro.it) oppure in quello del
Ministero dell’interno (www.mininterno.it).
In primo luogo, occorre tenere in considerazione i criteri
generali della transizione. Sono i criteri che tutte le pubbliche
amministrazioni dei Paesi coinvolti nei meccanismi
dell’introduzione dell'euro, sono chiamate ad applicare.
Il primo principio, di natura essenzialmente programmatica,
è il principio della neutralità. Ciò vuol dire che la transizione
all'euro non dovrebbe produrre effetti, nel senso che dovrebbe
essere neutra dal punto di vista economico e dal punto di vista
finanziario. Non sarà così, perché c'è un impatto sociale
notevolissimo nell'introduzione dell'euro, ad iniziare dalla nuova
abitudine di dover ragionare con una moneta diversa con valori
21
differenti da quelli consolidati. I documenti dell'Unione europea
indicano che l'introduzione all'euro sia un fatto neutrale, quasi un
fatto naturale di automatica applicazione. La stessa esigenza di
dover riflettere, discutere su questi temi, mostrano che la
neutralità è più che altro un obiettivo ideale che un fatto reale.
Il secondo criterio della transizione è quello della
trasparenza. Nel linguaggio giuridico italiano “trasparenza”
significa diritto di accesso e altri istituti similari, mentre nel
linguaggio giuridico europeo lo stesso vocabolo riguarda la
massima diffusione delle informazioni ovvero la necessità della
più ampia e della più dettagliata informazione. In ragione di
questo concetto la pubblica amministrazione ha un compito
strategico sul territorio.
Il terzo criterio generale per l'introduzione dell'euro è quello
dell'efficienza. In termini concettuali nazionali si considera
“efficienza”, principalmente, il metodo per far meglio e a costi
minori quello che si faceva prima. Nell'ottica europea significa,
essenzialmente, che le soluzioni adottate in ogni singola nazione,
in ogni singola realtà locale, devono essenzialmente essere
indirizzate a rafforzare non solo i minori costi, ma anche la
competitività delle soluzioni possibili.
Un altro principio, importantissimo, è quello della continuità
dei contratti. L’introduzione dell'euro e quindi la trasformazione
dalle monete nazionali non comporterà la risoluzione dei
contratti in corso, ma sarà semplicemente una conversione delle
somme, mantenendo la continuità dei rapporti giuridici ed
economici.
Infine, un ultimo principio è quello del "nessun obbligo,
nessun divieto", stabilito dal Consiglio europeo di Madrid (15 e
16 dicembre 1995). Durante la fase della transizione, è lasciata ai
singoli soggetti la facoltà di scegliere il momento in cui adottare
l'euro. In questo modo si evita, nei tre anni della transizione, un
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impatto forte e immediato con l'introduzione della nuova
moneta.
Il principio del "nessun obbligo, nessun divieto" avrà, poi,
incidenza con chi svolge attività contrattuali e comunque con
tutti i cittadini nei rapporti con il sistema bancario. Vi sono, però,
due eccezioni al principio.
Il primo nasce dai rapporti di conto corrente bancario,
perché è prevista la fungibilità fra l'euro e la moneta nazionale; si
potrà scegliere indistintamente se svolgere operazioni in euro o
in moneta nazionale. Ciò comporterà che il debitore potrà
scegliere se pagare in euro o nella moneta nazionale e la banca
sarà obbligata ad effettuare le operazioni di conversione
necessarie qualora riceva un pagamento in euro e il creditore
abbia un conto in moneta nazionale o viceversa. L'onere della
gestione del cambio sarà a carico dell’istituto bancario.
La seconda eccezione al principio "nessun obbligo, nessun
divieto" è quello che i singoli Stati hanno la facoltà di introdurre
misure per la ridenominazione in euro del debito pubblico e la
possibilità di emanare disposizioni per l'utilizzo dell'euro come
unità di conto nei mercati finanziari.
Ciò significa, dal lato del cittadino, il subire le decisioni
dell'autorità monetaria nazionale sul mercato dei titoli del debito
pubblico e, per le amministrazioni, il dover ragionare sui
comportamenti da seguire nella fase di transizione.
In ragione di questi criteri generali, appare possibile
individuare i tempi e alcune modalità per l’introduzione
dell’euro.
Vi sono due fasi da tenere in considerazione.
La prima è la fase transitoria, che prenderà avvio il 1°
gennaio del 1999 e si concluderà il 31 dicembre del 2001.
Di fatto la fase transitoria è già iniziata, perché alcune misure
sono già state avviate, a cominciare dai processi di informazione
23
nei confronti dei cittadini e di formazione dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni e delle imprese.
Questa fase transitoria è stata prevista non solo a favore dei
cittadini per cominciare ad abituarsi alle nuove procedure euro,
ma anche per permettere alla pubblica amministrazione di
programmare gli interventi di adeguamento all'euro in modo
coordinato ed armonico.
Le pubbliche amministrazioni continueranno ad utilizzare la
lira per la contabilità di bilancio, anche se per alcuni documenti
della manovra finanziaria (i documenti di programmazione
economica finanziaria, la legge di bilancio, la legge finanziaria)
gli importi in euro potranno essere indicati fin da ora. In
parallelo alla struttura attuale del proprio bilancio, anche un ente
locale può decidere di dare, in tutto o in parte, le indicazioni
euro; ciò servirebbe solo a prendere dimestichezza con i
fenomeni, senza creare vincoli giuridici.
Dal 1 gennaio 1999 i cittadini potranno fare i versamenti nei
confronti delle pubbliche amministrazioni in euro. I cittadini e
dunque anche l’impresa sceglieranno la moneta con cui dialogare
nei confronti della pubblica amministrazione. Quindi potrà
accadere molto spesso che su attività identiche si dovrà, di volta
in volta, dialogare in euro, se è stata scelta questa ipotesi, o
continuare in lire.
Il cittadino e l'impresa potranno, inoltre, presentare la
dichiarazione dei redditi in euro. Di conseguenza sulle pubbliche
amministrazioni, che continueranno ad utilizzare le lire nella fase
transitoria, peserà il compito e il costo della conversione, senza
che ciò possa o debba costituire oneri aggiuntivi per il cittadino e
per l’impresa.
Le pubbliche amministrazioni, nel rivolgersi al cittadino e
all'impresa, utilizzeranno la stessa denominazione monetaria
24
adottata da questi. Quindi se riceveranno documenti con le
indicazioni in euro, occorrerà rispondere in euro.
Al fine della semplificazione accadrà che una volta adottato
l'euro nella fase transitoria questa scelta diventerà irreversibile
nei rapporti riguardanti quella pratica e ciò per garantire certezza
nei rapporti e limitare i costi delle conversioni monetarie; le
continue conversioni lira-euro-lira alla fine creerebbero soltanto
problemi di esatta individuazione delle somme. Questo è un
aspetto di particolare attenzione, perché le continue conversioni
determinerebbero non più una corrispondenza tra le previsioni di
spesa. Evidentemente sui piccoli importi ciò avrebbe una minore
rilevanza, ma nel caso di miliardi le differenze decimali alla fine
verrebbero ad influire in modo significativo.
Tra i principi generali, l’Unione europea ha previsto la
libertà delle autorità monetarie dei singoli Stati nella scelta sulla
conversione del debito. Il nostro Ministero del Tesoro e la
Banca d'Italia hanno deciso che dal 1° gennaio 1999 tutte le
emissioni dei titoli pubblici saranno in euro e i titoli già esistenti
verranno smaterializzati e diventeranno elettronici.
Il processo di smaterializzazione deriva dalla volontà di non
ristampare i titoli con l’indicazione dell’euro e farne solo una
gestione elettronica per evitare nella fase transitoria gli oneri
documentali e realizzare i risparmi di scala.
La fase conclusiva è in due tempi. E’ stato previsto un
periodo di sei mesi (1° gennaio 2002-30 giugno 2002) di parziale
tolleranza. Dal 1° luglio 2002 finisce la fase transitoria anche di
tolleranza.
Il 1° gennaio 2002 l’euro sarà in circolazione, quindi tutte le
pubbliche amministrazioni avranno in euro i bilanci, le altre
scritture contabili, i pagamenti, gli incassi e tutte le
comunicazioni. Unica eccezione dovrebbe essere quella
dell'arretrato degli uffici per la quale si ritiene permanere la
25
continuità della trattazione in lire anche se poi la liquidazione
avverrà in euro.
Da questo contesto, caratterizzante il problema della
introduzione della nuova moneta attraverso la pubblica
amministrazione, è poi prevedibile individuare alcune altre
modalità, in quanto il piano di adeguamento può essere distinto
per aree tematiche e, in seconda battuta, per specifiche modalità
riguardanti l’applicazio-ne, avendo cura alla intelligenza e alla
fattibilità dell'operare che dovranno contraddistinguere le scelte
da compiere. In tal modo, è possibile cominciare ad individuare
ulteriori specifici aspetti.
Sicuramente una prima area di intervento è quella della
conversione valutaria e dei pagamenti.
Sul punto, si hanno prime chiare indicazioni, perché esiste
un regolamento dell'Unione europea (1997) e il Governo ha
approvato il c.d. “ schema nazionale di piazza” del sistema
bancario e postale, con dirette conseguenze sulle modalità di
pagamento delle pubbliche amministrazioni e sui titoli di spesa.
Nella fase transitoria, si effettueranno i pagamenti in euro
quando lo richiede il creditore. Le somme non saranno di natura
cartacea ma saranno informatiche. Quindi il pagamento andrà
corrisposto con un vaglia cambiario della Banca d'Italia o con
l’accredito bancario o postale. Ragionevolezza e chiarezza
richiedono, in parallelo, l’indicazione in lire, perché si sarà nella
fase del regime transitorio.
Gli stipendi e le pensioni pagate dalle amministrazioni
pubbliche continueranno ad essere pagate in lire, però il
processo di dimestichezza con gli importi in euro richiederà
l'opportunità delle indicazioni in euro del solo importo netto da
corrispondere. In questi casi, le indicazioni avranno
essenzialmente un carattere informativo per far prendere
conoscenza con il nuovo sistema.
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Per gli stipendi e le pensioni, corrisposti in lire e accreditati
sul conto corrente bancario o sul conto corrente postale, si potrà
chiedere alla banca o alla posta la conversione delle somme in
euro.
Mentre la Pubblica Amministrazione, nella fase transitoria,
avrà solo l'obbligo di natura informativa di fornire le indicazioni
in euro dell'importo per favorire la dimestichezza con i nuovi
valori l'eventuale conversione è a diretta richiesta dell’interessato
al proprio istituto bancario o ufficio postale. Il cambio verrà
fissato a breve e il tasso ufficiale di conversione dovrebbe essere
al di sotto delle 2000 lire per un euro, con la conseguenza che chi
è abituato a pensare in milioni si ritroverà a dover ragionare in
migliaia.
Per i pagamenti alle pubbliche amministrazioni, le discipline
consentono il dialogo dei cittadini in euro, quindi dal 1° gennaio
1999 i cittadini potranno fare anche i versamenti in euro; ciò
richiederà che le amministrazioni siano attrezzate con il conto
corrente in euro.
Si tratta di un versamento di natura elettronica, il cui importo
delle quietanze verrà indicato anche qui con la doppia
indicazione delle monete: in euro perché in effetti
l'amministrazione ha ricevuto un versamento in euro e in lire
perché l’amministrazione continuerà ad utilizzare le lire per tutta
la fase transitoria.
Vi è, poi, il problema della conversione documentale.
Data la possibilità di utilizzare l'euro, le pubbliche
amministrazioni devono attrezzarsi, quindi devono avere regole,
dettate dall'intelligenza dell’operare, per procedere alla
conversione dei documenti, anche perché la contabilità rimarrà
in lire per tutto il periodo transitorio.
Il cittadino e l'impresa possono stabilire e quindi imporre
alla pubblica amministrazione di dialogare in euro: vi sarà una
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molteplicità di procedimenti e comunque si dovrà mantenere un
doppio binario.
Per evitare il problema della conversione continua euro-lire,
è previsto che la scelta dell'euro sia irreversibile.
Da qui deriva il fatto che le pubbliche amministrazioni
necessariamente fin dagli inizi debbano essere attrezzate, perché
altrimenti basterà una sola richiesta per mettere in crisi il sistema.
Per evitare, poi, confusione la scelta in euro riguarderà tutti
gli atti del procedimento.
Nei procedimenti complessi (gara, espropriazione) il dialogo
in euro non sarà limitato ad una parte degli atti, ma riguarderà
tutti gli atti fino alla definizione della pratica. In questo modo si
eviteranno le disfunzioni e i costi connessi con i cambi e con le
conversioni.
Il campo di azione di questa duplicità di procedure è ampio
perché vi rientrano le dichiarazioni fiscali e previdenziali, gli
acquisti di beni e di servizi, i trasferimenti, i contributi, le
agevolazioni, i sussidi e le sanzioni amministrative pecuniarie.
In questo ultimo caso, bisognerà stabilire come vanno
elevate le multe. Qui, con tutta probabilità, il sistema più
semplice è quello di indicare il doppio importo, lire/euro,
dovendo specificare nei relativi moduli che il cittadino potrà
pagare direttamente in euro. Nel caso delle multe, per non
dovere subito ristampare tutta la modulistica sarà probabilmente
sufficiente realizzare un timbro e riprodurlo sui moduli.
L’acquisto di beni e di servizi è un tema delicato. Il principio
della continuità del rapporto fa sì che i contratti non vengano
risolti; il codice civile in materia di obbligazioni afferma che il
cambio di moneta non è causa di nullità del contratto (art. 1277
c.c.), essendo un fatto essenzialmente neutro.
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Questo principio della continuità dei rapporti è
espressamente previsto da un regolamento dell'Unione Europea
(n. 1103/1997).
La continuità dei rapporti è assolutamente indispensabile,
perché diversamente sarebbe una operazione complessissima
sebbene le parti vorrebbero lo stesso continuare ad avere quel
tipo di accordo negoziale.
Alla luce della normativa europea e del codice civile
discende che il cambiamento della moneta non ha l'effetto di
modificare i rapporti giuridici ed economici, ad iniziare da quelli
contrattuali, dalle scadenze e dalle modalità di pagamento.
Gli eventuali effetti prodotti sono giuridicamente validi, ciò
che rileva è la volontà contrattuale delle parti di mantenere il
rapporto.
A breve, il Governo emanerà un regolamento per la
disciplina dettagliata del regime dei contratti, ma fin da ora è
possibile desumere alcuni criteri.
Necessariamente gli atti di una gara dovranno contenere
anche le indicazioni degli importi in euro. Non solo, dal 1°
gennaio 1999, le offerte, proprio per quel principio che l'impresa
e il cittadino scelgono loro la moneta in cui dialogare, potranno
pervenire in una sola delle due monete.
Per i contratti e i pagamenti occorre fare una triplice
distinzione.
La prima distinzione riguarda i contratti stipulati prima del 1°
gennaio 1999 e conclusi entro il 31 dicembre 2001.
In questo caso il contraente avrà la possibilità di richiedere il
pagamento in euro anche se la moneta iniziale di dialogo è stata
la lira (la conversione lira/euro è sempre possibile, la scelta
dell’euro è sempre irreversibile).
Per i contratti stipulati e pagati durante la fase di transizione
(1° gennaio 1999-31 dicembre 2001), il contraente avrà la facoltà
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di richiedere il pagamento in euro e di poter modificare la scelta
iniziale della lira in euro.
Per i contratti stipulati entro il 31 dicembre 2001 e pagati dal
2002 (fase della totale introduzione dell'euro) i pagamenti
potranno essere solo in euro e ogni riferimento alla lira sarà
considerato un riferimento all'euro.
Altra area di intervento delle pubbliche amministrazioni sarà
la conversione del debito pubblico e la smaterializzazione dei
titoli.
All’inizio si accennava a questo problema. La
smaterializzazione costituisce l’applicazione di un principio
essenzialmente di semplicità ed economicità dei rapporti
connessi alla difficoltà di ristampare di nuovo i titoli, alcuni dei
quali, peraltro, andranno in scadenza nei primi mesi della fase
transitoria.
Per i documenti programmatici e di finanza pubblica, già
quest'anno il documento di programmazione economicofinanziaria svolge alcune valutazioni in euro.
Un altro importante aspetto attiene alle statistiche con forti
connessioni con tutta l'area della informazione.
L'obiettivo dell’informazione è un obiettivo fondamentale
dell'introduzione dell'euro. L’informazione è necessaria per
aumentare il livello di consapevolezza di ciò che
progressivamente accadrà; quindi vi sarà in primo luogo il
problema della diffusione delle statistiche, che costituiranno poi
lo strumento con cui avere conoscenza delle evoluzioni dei
fenomeni.
Da questo punto di vista, il problema principale è quello
della continuità delle serie storiche nei conti economici nazionali.
Dovere spiegare l'evoluzione di taluni fenomeni con riferimento
alla lira e dopo dovere spiegare gli stessi accadimenti con
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riferimento all'euro comporta una profonda trasformazione dei
modi abituali di studio di analisi dei fenomeni.
Questo è il quadro generale delle caratteristiche del piano
d'adozione dell'euro. A queste considerazioni occorre far seguito
con ultime indicazioni.
In primo luogo, vi deve essere l'adeguamento dei sistemi
informativi. L’euro è l'occasione per fare due operazioni
contemporanee: da un lato l'adeguamento alla nuova moneta,
dall'altro risolvere il problema della indicazione dell'anno
duemila.
La combinazione dei due fattori impone la riconversione dei
sistemi informatici. A ciò si aggiungono pure le opportunità di
utilizzare le reti di governo e le altre reti informatiche della
pubblica amministrazione.
Dal punto di vista della rilevanza economica, si è calcolato
che la riconversione informatica richiederà un impegno di fondi
tra lo 0,7% e il 4% degli investimenti effettuati. E' un costo di
una certa rilevanza, però facilmente ammortizzabile soprattutto se
si considerano i benefici.
Altro aspetto importante in tutta questa fase è l'adeguamento
della modulistica e della connessa informazione. La modulistica
è essa stessa strumento di dialogo con i cittadini, non è solo un
fatto interno. A questi fini il decreto legislativo n. 213 del 1998
(art. 47, comma 4) indica, per le amministrazioni dello Stato, la
predisposizione di modulistica unitaria per l'intero territorio
nazionale. Gli altri livelli di governo dovranno a loro volta
adeguarsi. Occorre procedere con le due denominazioni con
chiare istruzioni, tra cui quella che la scelta in euro è una scelta
irreversibile.
Il tema dell'informazione, dal 1990 ad oggi, costituisce uno
dei cardini della riforma amministrativa in Italia, perché è indice
di trasparenza, di democraticità e di efficienza. Ai fini dell'euro,
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viene richiesto ad ogni amministrazione di doversi adeguare e, al
contempo, di dover predisporre gli strumenti di informazione.
L'informazione viene, allora, a costituire il secondo asse del
coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni, assegnando a
loro il ruolo propulsivo. E’ un compito delicatissimo, perché
ancora l’euro, per molti versi, rischia di essere una conoscenza
riservata ai cittadini più colti e più attenti, mentre è necessario
avere cura anche nei confronti delle fasce più deboli della
popolazione, le fasce meno esperte, quelle meno acculturate e gli
anziani. E lì si misura, soprattutto nei piccoli centri, la capacità
delle pubbliche amministrazioni di riuscire a spiegare questi
meccanismi. Infatti, l’operazione dell’euro non è un’operazione
meramente meccanicistica od economica; è in effetti,
un’operazione di natura culturale che richiede un impegno
straordinario per diffondere i temi dell’opportunità della moneta
unica, delle modalità di passaggio all’euro, degli effetti pratici, di
quello che è l’impatto sulle pubbliche amministrazioni.
Bisogna, allora, produrre un effetto a cascata, sia nel proprio
ambito di lavoro, ma poi anche nei contesti sociali in cui
ciascuno opera.
L’introduzione dell’euro determina la riconversione di
mentalità, di usi e di abitudini ultracinquantennali. Si creerà una
area economica e finanziaria unificata e stabile: un grande evento
politico nel processo di unificazione europea.
Un primo effetto prodotto attiene al dover pensare in termini
un po’ più virtuosi le politiche finanziarie per poter restare entro
entità compatibili del debito pubblico.
Un’altra riconversione è che l’impatto con l’euro sta
implicando (e implicherà sempre di più) un’accelerazione dei
processi
di
modernizzazione
della
nostra
pubblica
amministrazione.
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L’euro richiederà a tutti di essere partecipi del processo di
modernizzazione della Pubblica Amministrazione e di essere
partecipi del processo di riconversione dei modi di pensare. Ciò
richiederà molta pazienza, molta attenzione, molta volontà di
agire e molta capacità di autocorrezione con una buona dose di
empirismo e con la capacità di ragionare e di sapere correggere le
proprie azioni.
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