Euro: una sfida per la Pubblica Amministrazione
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Euro: una sfida per la Pubblica Amministrazione
Euro: una sfida per la Pubblica Amministrazione Atti del seminario Trento, 30 settembre 1998 Anna Mura La Pubblica Amministrazione come fattore strategico nell’attuazione dell’euro Ignazio Protelli L’euro e la Pubblica Amministrazione GIUNTA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - 1999 Copyright: © Giunta della Provincia autonoma di Trento, 1999 Centro Documentazione Europea Coordinamento redazionale: Giuliana Bassetti MURA, Anna Euro : una sfida per la Pubblica Amministrazione : atti del seminario : Trento, 30 settembre 1998. - <Trento> : Provincia autonoma di Trento. Giunta, 1999. - 33 p. : tab. ; 21 cm. - (Quaderni del CDE ; 3) Contiene : La Pubblica Amministrazione come fattore strategico nell'attuazione dell'euro / Anna Mura. L'euro e la Pubblica Amministrazione / Ignazio Portelli 1. Euro (Moneta) - Impiego nell'amministrazione pubblica 2. Moneta - Unificazione I. Portelli, Ignazio II. Tit. 332.494 2 La Pubblica Amministrazione come fattore strategico nell’attuazione dell’euro dott.ssa Anna Mura Groupeuro – DG X Commissione europea Come componente del Comitato Euro della DGX, vorrei fare un quadro generale sulla logica che ha guidato questo primo passo di integrazione politica che è appunto la creazione della moneta unica. Dai tempi degli antichi romani non esistevano monete accettate in tutta Europa. Cosa ha spinto i Paesi a questa avventura? Alla base di tutto c'è sempre il sogno dell'Europa. Nella storia, uno Stato più grande si formava attraverso guerre, conquiste, annessioni. La via scelta oggi dai Paesi dell'Europa è un'altra: creare, attraverso la fitta rete degli scambi, attraverso il mercato comune e il mercato unico, una comunanza di interessi, un intreccio di commerci, una consuetudine di contatti, una unità di regole del vivere civile ed economico tale da facilitare, domani, una graduale messa in comune delle politiche e delle istituzioni. Su questa via, la moneta unica è una tappa fondamentale: avere una sola moneta, per popoli diversi è un potente simbolo di appartenenza alla stessa comunità. Ora io vorrei dividere il mio intervento in tre parti: una parte relativa alla transizione verso l'Euro a livello comunitario, nazionale e locale. Volevo poi soffermarmi sull'ammodernamento e riqualificazione dei sistemi 3 amministrativi centrali, regionali e locali e, infine, affrontare il tema della formazione come variabile strategica per la riforma della Pubblica Amministrazione. 1. Le fasi dell'Euro Dal 1° gennaio 1999 al 1° gennaio 2002 tutta la costruzione dell'Unione economica e monetaria sarà completata con la fissazione irrevocabile dei tassi di conversione tra l'Euro e le monete nazionali, l'entrata in vigore della legislazione sull'Euro. La Banca Centrale Europea (BCE) diventerà operativa sui mercati e sulla politica monetaria, le nuove emissioni di titoli pubblici saranno esclusivamente in Euro. DAL 1° GENNAIO 1999 AL 1° GENNAIO 2002 AL PIU’ TARDI UNIONE MONETARIA SENZA BANCONOTE NE’ MONETE METALLICHE IN EURO CALENDARIO SETTORE PUBBLICO SETTORE PRIVATO 1° GENNAIO 1999 • fissazione irrevocabile dei • transizione del mercato tassi di conversione tra monetario e del mercato l’euro e le monete dei cambi verso l’euro nazionali • entra in vigore la legislazione sull’euro: status giuridico e continuità dei contratti a partire dal 1° • entrata in funzione della • transizione dei mercati gennaio 1999 BCE finanziari versi l’euro § intervento sui mercati • probabile transizione § politica monetaria in interna verso l’euro da euro parte delle banche • nuove emissioni di titoli • le imprese effettuano tale pubblici esclusivamente transizione se lo in euro desiderano 4 Programma d’Informazione per il cittadino europeo Dal 1° gennaio 2002 ci sarà l'immissione in circolazione delle 8 monete metalliche e delle 7 banconote Euro che sostituiranno le 97 monete metalliche e le 82 diverse banconote europee attualmente esistenti. Si procederà quindi al ritiro progressivo delle monete metalliche e delle banconote nazionali - il corso legale terminerà entro il 1° luglio 2002 - i conti bancari saranno in Euro, così come i salari, i servizi sociali, il commercio. DAL 1° GENNAIO 1999 AL 1° LUGLIO 2002 AL PIU’ TARDI COMPLETAMENTO DEL PASSAGGIO ALL’EURO CALENDARIO SETTORE PUBBLICO SETTORE PRIVATO entro il 1° gennaio • immissione in • conti bancari in euro 2002 circolazione delle monete • salari, servizi sociali, metalliche e delle commercio al dettaglio banconote in euro che in euro avranno corso legale • ritiro progressivo delle monete metalliche e delle banconote nazionali entro il 1° luglio 2002 • termine della transizione • completamento della delle amministrazioni transizione pubbliche e dei servizi pubblici verso l’euro • abolizione del corso legale delle monete metalliche e delle banconote nazionali Programma d’Informazione per il cittadino europeo 5 E' con l'Atto Unico europeo (1986), che prevedeva la libera circolazione delle merci, dei servizi, delle imprese e soprattutto dei movimenti di capitali tra i Paesi aderenti allo SME, tappa fondamentale dell'Unione monetaria, che viene messo in moto il complesso meccanismo. Col Trattato di Maastricht (1992), in cui sono state definite le condizioni di avvio dell'Unione monetaria con l'introduzione della moneta unica e la determinazione dei tassi di cambio fisso tra le valute europee, la moneta unica è diventata quasi una realtà. 1. 2. 3. • • 4. VANTAGGI DELL’UEM E DELL’EURO UN VERO MERCATO UNICO Senza una moneta unica non ci può essere un mercato unico • Trasparenza dei prezzi • Eliminazione dei costi di transazione • Eliminazione del rischio di cambio e delle perturbazioni monetarie COSTITUZIONE DI UN VASTO MERCATO MONETARIO E FINANZIARIO IN EURO • Unificazione dei mercati nazionali + liquidità = maggiore attrattiva per gli investitori esteri • Abbassamento dei tassi d’interesse?riduzione dei costi di finanziamento L’EURO: UNA MONETA INTERNAZIONALE Ampliamento della zona d’influenza dell’euro nel commercio internazionale (fatturazione e pagamento) Moneta di riserva UN MAGGIORE EQUILIBRIO DEI RAPPORTI MONETARI INTERNAZIONALI La zona dell’euro e quella del dollaro avranno estensione comparabile • Il tasso di cambio futuro euro/dollaro sarà probabilmente meno volatile degli attuali tassi marco/dollaro o franco francese/dollaro • Il coordinamento internazionale sarà più equilibrato Programma d’Informazione per il cittadino europeo 6 Con il libro verde del 1995, che affronta il problema dei tempi e delle modalità di transizione (Perché la moneta unica? Quali benefici recherà agli Europei? Quali timori suscita l'introduzione della moneta unica? Quali strutture per l'Unione economica e monetaria?), il dibattito si fa più concreto. • • • • • PERCHE’ UNA MONETA UNICA? Aumento della crescita e dell’occupazione Un mercato unico più efficace Una semplificazione per tutti Riduzione dei costi Maggiore stabilità monetaria a livello internazionale Programma d’Informazione per il cittadino europeo La prospettiva dell'aumento della crescita e dell'occupazione, un mercato unico più efficace, la semplificazione e la riduzione dei costi, la maggiore stabilità monetaria a livello internazionale bilanciano la preoccupazione dei tassi di cambio fissati irrevocabilmente, che quindi rappresentano una rinuncia da parte dello Stato ad un importante strumento di politica economica. Seguono a livello comunitario il Consiglio europeo di Madrid (1995), che stabilisce le tre fasi per l'introduzione dell'Euro, e il Consiglio Europeo di Dublino (1996) che sancisce il nuovo patto di crescita e di stabilità, nonché i due regolamenti CE del giugno e agosto 1997 relativi a talune disposizioni generali. 7 IL CONSIGLIO EUROPEO DI MADRID DEL 15 E 16 DICEMBRE 1995 • Stabilisce che la moneta unica si chiamerà “euro” • Conferma che la terza fase avrà inizio il 1° gennaio 1999 • Fissa lo scenario d’introduzione della moneta unica IL CONSIGLIO EUROPEO DI DUBLINO DEL 13 E 14 DICEMBRE 1996 • Presenta le proposte relative ad un nuovo meccanismo di cambio (SME 2) tra gli “in” e “pre-in” • Presenta gli elementi relativi ad un patto di crescita e di stabilità • Adotta il testo di due regolamenti che assieme costituiscono la base giuridica per l’euro LO STATUS GIURIDICO DELL’EURO Fra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001 al più tardi: fissazione dei tassi di conversione – due diverse espressioni di un’unica realtà monetaria Principi fissati dal Consiglio di Madrid: • equivalenza giuridica tra l’euro e l’unità monetaria nazionale • nessun divieto né obbligo di utilizzare l’euro Tali principi si traducono in un regolamento: 1° gennaio 1999 • la moneta degli stati membri partecipanti è l’euro, la moneta nazionale ne diviene una semplice denominazione non decimale tra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001 • gli atti giuridici che fanno riferiemnto alla moneta nazionale devono essere eseguiti in tale moneta • l’euro può essere utilizzato se non è obbligatorio l’impiego della moneta nazionale • continuità dei contratti: non cambia niente Ø tasso di conversione fisso per i contratti in moneta nazionale Ø tasso di conversione 1 a 1 per i contratti in ecu • unico vincolo giuridico: i tassi di conversione non possono essere modificati né arrotondati Altri punti presi in considerazione: • decimali: 1 euro = 100 cent • 6 cifre significative per i tassi di conversione • regole di arrotondamento degli importi dopo la conversione 8 Programma d’Informazione per il cittadino europeo I due regolamenti stabiliscono per tutti gli Stati membri: la continuità dei contratti; per cui l'introduzione dell'Euro non modificherà i termini dei contratti in essere, né conferirà alle parti il diritto di modificare o di risolvere unilateralmente il rapporto, garantendo certezza legale e prevenendo la possibilità di contenzioso; la continuità Ecu-Euro. Per i contratti in Ecu, dal 1° gennaio 1999 l'Ecu ufficiale sarà convertito in Euro al tasso di 1 a 1. Nel periodo di transizione (1999-2001) vigerà il principio nessun obbligo, nessun divieto, cioè potranno essere utilizzate sia l'Euro sia le valute nazionali. Le parti sono libere di scegliere l'unità monetaria in cui desiderano condurre le loro relazioni contrattuali. Durante l'introduzione dell'Euro, alcune norme assicureranno un uso corretto dei tassi di conversione e dei metodi di arrotondamento. I tassi di conversione comprenderanno 6 cifre significative che non dovranno essere arrotondate o troncate. Non ci saranno tassi bilaterali tra le valute nazionali. Alcuni Paesi come l'Italia e la Spagna che non includono i decimali nelle loro valute, potranno incontrare qualche difficoltà per ciò che riguarda l'arrotondamento. Questo a livello comunitario. A livello nazionale, contro tutte le previsioni degli euroscettici, l'Italia è entrata a far parte dei primi undici Paesi che daranno vita all'Euro. Una eccezionale operazione di risanamento finanziario ed economico, iniziato nel 1992 e accelerato dalla metà del 1996, quando ancora il nostro Paese non rispettava nessuno dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, ha creato un circuito virtuoso che si è innescato con l'azione intrapresa per far discendere all'attuale 1,8% una inflazione, che agli inizi degli anni '80 era al 20% e che nel 1995 superava il 5%. Una rigorosa gestione della spesa pubblica, il calo dei tassi di 9 interesse e la riduzione del debito (frutto di una buona gestione della politica monetaria e delle politiche di bilancio) hanno reso possibile ciò che sembrava impossibile. Ora rimane da gestire la transizione a livello nazionale, regionale e locale. Vanno predisposte le infrastrutture giuridiche, tecnologiche e organizzative. In vista del passaggio dalla lira all'Euro è stato istituito, presso il Ministero del tesoro, il Comitato Euro. A partire dal settembre 1996, il Comitato ha organizzato i suoi lavori per tre grandi aree d'intervento: - mercati e finanza; - pubblica amministrazione; - imprese. Tre sottocomitati hanno preparato le linee guida per le azioni che i differenti soggetti sono chiamati a intraprendere. Approfondimenti trasversali sono stati fatti da due gruppi di lavoro che hanno affrontato i temi dell'informatica e delle implicazioni giuridiche del passaggio dalla lira all'Euro. Recuperando le direttive del Consiglio Europeo di Madrid, il Comitato si è ispirato a due principi: dare la certezza del calendario e facilitare la scelta di coloro che intendono utilizzare l'Euro fin dal 1° gennaio 1999. L'amministrazione pubblica, il sistema bancario, quello postale, e quello finanziario dovranno creare condizioni favorevoli per chi vuole adattare fin dall'inizio i propri comportamenti alla nuova moneta. In particolare la Pubblica Amministrazione svolgerà un ruolo propulsivo, consentendo ai cittadini e alle imprese di effettuare versamenti, richiedere pagamenti, dialogare in Euro. Le Pubbliche Amministrazioni, nella fase transitoria, utilizzeranno per la contabilità di bilancio, esclusivamente come valuta di denominazione, la lira. Il passaggio all'Euro, per quanto 10 concerne il bilancio e gli altri provvedimenti di natura contabile verrà effettuato dopo la conclusione del periodo di transizione. Secondo una logica di decentramento, sono stati istituiti in ciascuna Provincia italiana i Comitati provinciali per l'Euro (CEP), funzionalmente collegati al Comitato Euro. Le funzioni loro affidate sono di raccordo tra l'Amministrazione statale e gli Enti locali, con l'obiettivo di assicurare la massima informazione, di verificare l'attuazione del processo in sede locale, di dirimere i problemi relativi all'adeguamento delle P.A. Il Piano per l'adozione dell'Euro nelle amministrazioni pubbliche, elaborato dal Comitato Euro, individua le scelte necessarie per completare lo scenario della transizione, fatte proprie dal Governo e riprese dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 giugno 1997. Il decreto legislativo 24 giugno 1998 recante "Disposizioni per l'introduzione dell'Euro nell'ordinamento nazionale a norma della legge 17.12.1997" completa il quadro giuridico generale. In particolare gli articoli da 47 a 50 riguardano le attività della P.A. Il Piano evidenzia il ruolo guida della Pubblica Amministrazione nelle varie fasi dei macro progetti (conversione valutaria, programma di conversione documentale, conversione del debito pubblico, documenti programmatici e di finanza pubblica, statistiche). Oltre all'adeguamento dei sistemi formativi e della modulistica, l'azione formativa riveste un ruolo strategico per la preparazione dell'Italia al passaggio all'Euro. Sono interessati i Ministeri, le Regioni, gli Enti locali, gli altri Enti pubblici, le scuole, le Poste. L'introduzione dell'Euro nelle amministrazioni pubbliche con le modifiche organizzative e procedurali che comporta, si inserisce in un contesto di riforma degli apparati amministrativi che dovrebbe cambiare il ruolo della P.A. nel nostro ordinamento. 11 2. Le amministrazioni pubbliche e l'integrazione europea. Le leggi 59/97, 127/97 e 191/98 hanno posto le basi per una rivoluzione epocale della P.A. italiana. La coincidenza temporale dell'introduzione dell'Euro e della cosiddetta "riforma Bassanini" è una opportunità che tende ad allineare la P.A. italiana ai livelli di efficienza, di capacità di fornire servizi utili ai cittadini ed alle imprese come avviene negli altri Paesi europei. È anche un rischio perché le scadenze vincolanti di Maastricht possono cogliere il sistema amministrativo in una fase di transizione in cui i precedenti destinatari di competenze sono deresponsabilizzati e i nuovi soggetti non sono ancora pronti a recepire le nuove competenze. Comunque la sfida dell'Euro può e deve essere un collante importante. La sfida della competizione globale investe i sistemi istituzionali ed amministrativi. Le amministrazioni pubbliche sono un fattore determinante nella competitività di un Paese, della sua economia, delle sue imprese. I sistemi amministrativi più stabili, che assumono le decisioni in tempi rapidi e assicurano servizi pubblici di alta qualità, garantiscono anche la competitività economica, la sicurezza dei cittadini e soprattutto un alto grado di coesione economica e sociale. La riforma della P.A. si basa su 6 principi fondamentali. Il primo è dato dalla riconsiderazione delle funzioni e dei compiti attribuiti al sistema delle amministrazioni pubbliche, che condurrà ad una significativa dismissione di attività che non richiedono più una gestione pubblica diretta: lo Stato in base a questo principio farà meno cose, si concentrerà su cose essenziali, per rinunciare a produrre beni e servizi di pubblica utilità, perché è sufficiente dettare regole standard per la 12 fornitura di beni prodotti dal mercato. In base al nuovo criterio di efficacia e di efficienza, lo Stato però dovrà dettare regole chiare e precise. Il secondo principio consiste in una ampia devoluzione dei poteri, funzioni e compiti amministrativi e normativi e corrispondenti risorse umane, finanziarie e patrimoniali, alle amministrazioni dislocate sul territorio, applicando soprattutto il principio della sussidiarietà. Il terzo principio della riforma dà luogo ad un vasto processo di deregolazione, delegificazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi di cui si sentiva molto la necessità. Il quarto principio è dato dalla riorganizzazione complessiva della struttura del Governo, dei Ministeri e delle altre amministrazioni centrali, regionali e periferiche e il processo si basa su una larga attribuzione di autonomia, anche nella scelta del modello organizzativo e gestionale. Io insisto molto sul modello organizzativo perché la creazione di modelli organizzativi e gestionali è fondamentale per la riuscita di questo importante processo. Il quinto principio è la riforma dei sistemi di controllo che mira a rafforzare i controlli interni di gestione, i sistemi di valutazione dei risultati e l'adozione di parametri che privilegino l'efficienza delle pubbliche amministrazioni. Il sesto principio è il completamento della riforma del pubblico impiego, con la piena estensione ai dirigenti e ai dipendenti pubblici delle regole e del diritto del lavoro privato e con una forte valorizzazione dell'autonomia e piena responsabilizzazione della dirigenza. Questo processo così complicato capita in un momento di globalizzazione dell'economia, di crescita dei bisogni, di innovazione tecnologica che comporta la creazione di nuovi scenari, perché le tecnologie hanno sovvertito tutti i vecchi 13 criteri. Ci troviamo in un'epoca di cambiamento; ritengo che negli ultimi trenta anni si è avuta una rivoluzione maggiore che negli ultimi 200 anni. La società dell'informazione ci ha portato in un mondo completamente diverso in cui l'importanza dei beni immateriali ha sopravanzato di gran lunga i beni materiali. Noi riusciamo a parlare in teleconferenza, abbiamo abolito le distanze, la telematica ha cambiato il mondo. 3. Ruolo strategico della Formazione Intervenire sul fattore umano è indispensabile e non più procrastinabile. Le nuove tecnologie richiedono personale in grado di utilizzarle e quindi, nonostante gli attuali livelli di spesa per la formazione siano ancora bassi, ci si è resi conto che senza formazione del personale non si riesce a superare il gap che ci divide dal resto dell'Europa. Vediamo come si può organizzare questa formazione per essere efficiente ed efficace. Esiste un problema di formazione nella fase di ingresso, ci sono la formazione, l'informazione, il follow up del personale inserito. Il discorso sulla formazione del personale inserito è secondo me il discorso più importante perché sul personale inserito si deve giocare per raggiungere gli obiettivi a breve e media scadenza. Come si può fare? Come è stata fatta fino ad ora la formazione? In generale la formazione è stata sempre considerata una variabile non fondamentale. Si deve ora favorire una cultura della responsabilità e dei risultati attraverso lo sviluppo di competenze manageriali e gestionali e soprattutto favorire l'affermazione di forme di democrazia organizzativa, tramite processi di scambio culturale e di diffusione di esperienze innovative con il mondo accademico e anche con il mondo imprenditoriale. Questo scambio deve 14 essere continuo perché solamente dallo scambio di competenze manageriali e gestionali si possono avere sinergie utili. Chiaramente insieme alla formazione ci deve essere una riprogettazione degli attuali assetti organizzativi, sia per la definizione di percorsi di valorizzazione e promozione del personale, sia per processi di crescita mirata in determinati settori. Nell'ambito di un ridisegno globale, la formazione deve avvenire a tutti i livelli di vertice e intermedi. Per raggiungere un obiettivo, la formazione deve essere integrata e condivisa. Questa contestualità tra il processo formativo e prassi operativa, comporta che la formazione non può limitarsi a corsi d'aula, che sono utili, interessanti e importanti, ma deve collegarsi ed arricchirsi nel posto di lavoro, quindi ci deve essere un tipo di formazione che non è un corso, ma un percorso formativo in cui ci sono dei momenti di apprendimento alternati a momenti di lavoro e di verifica. E' chiaro che sono necessari piani di lavoro individuali e di gruppo e soprattutto bisogna procedere ad integrazioni in cui gli operatori diventano protagonisti attivi e responsabili del proprio percorso formativo e di sviluppo professionale. Il docente deve avere il coordinamento delle fasi di apprendimento e deve essere un facilitatore dei processi di crescita e soprattutto un tramite tra le esigenze della struttura e le esigenze dei destinatari della formazione. Una integrazione fra dirigenti, formatori, docenti e operatori è la chiave di volta perché questo processo sia in qualche modo una capitalizzazione delle conoscenze prodotte con un vero e proprio ritorno operativo. Per semplificare, formazione permanente per tutto il personale, formazione legata allo sviluppo organizzativo, formazione-intervento, quindi non formazione astratta ma 15 formazione e formazione informazione e documentazione continua. 4. Le nuove sfide dell'Unione europea Ma oltre all'Euro, che le amministrazioni devono essere in grado di applicare senza costi aggiuntivi per i cittadini, esistono altri problemi. Se è vero che la moneta per ciò che rappresenta nella storia dell'umanità è non solo uno strumento di unificazione del mercato interno, ma un importante fattore di identità politica e culturale, è incontestabile che la politica di coesione comunitaria e nazionale ha sofferto in questi ultimi tempi della assoluta priorità attribuita agli obiettivi di convergenza monetaria rispetto agli obiettivi di riequilibrio territoriale e di sostegno allo sviluppo. In Italia le politiche di bilancio restrittive hanno inciso sull'allargamento del divario interno. Nasce quindi l'esigenza di fissare parametri non soltanto monetari, ma riguardanti gli aspetti "sociali" dell'economia che si chiamano occupazione, solidarietà, intesa tra classi sociali, ripartizione del reddito, gestione della società. A livello comunitario la decisione di introdurre nel Trattato di Amsterdam un capitolo sull'occupazione sottolinea la consapevolezza europea del lavoro come priorità fondamentale dell'azione dell'Unione. Il Consiglio europeo di Edimburgo ed il Piano di azione approvato sollecita l'Unione a darsi coerenti obiettivi e soprattutto strumenti per raggiungerli. Con Agenda 2000 -che contiene le opzioni programmatiche comunitarie sulle politiche interne, sulla coesione economica e sociale, sulla PAC e sull'ampliamento- vengono poste le basi le future politiche strutturali dell'Unione. 16 In particolare l'Italia dovrebbe impegnarsi sui criteri di eleggibilità e di ripartizione delle risorse, sulla semplificazione delle procedure, sul decentramento della gestione, sulla flessibilità e sull'applicazione della sussidiarietà. L'allargamento ad Est costituisce una tappa storica dell'unificazione europea dopo secoli di divisioni e contrapposizioni. Questo processo per l'Italia ha una valenza specifica in quanto l'Europa centrale e nord-orientale è un'area di interesse strategico per il nostro Paese. Da un lato, infatti, la domanda di beni e tecnologie che viene dai Paesi dell'Est può influire sullo sviluppo economico e sugli equilibri territoriali e settoriali (anche se potrebbero avvenire delocalizzazioni di imprese dall'Italia) dall'altro costituisce un problema per ciò che riguarda gli aiuti alla coesione che verranno concentrati in Paesi notevolmente più poveri. 17 18 L’euro e la Pubblica Amministrazione Dott. Ignazio Portelli A me è stato assegnato il compito di provare a delineare quello che dovrebbe essere il piano per l'adozione dell'euro nelle pubbliche amministrazioni. In parte mi ricollegherò alle cose già dette in questa mattinata, prima dal Prefetto, poi dalla dott.ssa Mura, perché vi è una stretta correlazione tra gli argomenti, con i temi più generali dell'integrazione in Europa e con la riforma globale dell'amministrazione pubblica. Vi è, poi, da tenere presente che i meccanismi di introduzione nel nostro ordinamento non sono tutti ancora definiti. Per esempio, nel decreto legislativo 24 giugno 1998, n.213, gli articoli attinenti alla pubblica amministrazione operano un ulteriore rinvio ad atti che dovranno essere a breve adottati. Tuttavia dall'insieme di tanti fattori è possibile cominciare ad avere alcuni punti di riferimento sicuramente certi e altri ipotizzabili. Il punto di partenza di questa conversazione prende avvio dalla considerazione che la storia amministrativa in Italia è una storia essenzialmente di mancate riforme; alcune volte sono riforme mandate anche al rogo: nel 1924-25, quando furono ristrutturate l’organizzazione dei pubblici uffici e le carriere dei dipendenti attorno ai principi gerarchici, in parallelo erano state predisposte anche le riforme delle procedure, ovvero delle metodologie di lavoro, ma il vertice politico, già appagato dalla gerarchizzazione degli uffici, ritenne che non occorreva completare il quadro delle riforme. E, onde evitare che rimanesse 19 traccia di quelle carte, fu dato l'ordine di mandare al rogo tutti gli atti, comprese le relazioni finali. Ma è anche una storia delle riforme mancate, se si pone attenzione a tutte quelle iniziate e mai completate. Inoltre, pesa sull'intero apparato pubblico italiano una forte crisi, una forte critica sull'assenza di imparzialità e più in generale su quella che è considerata la scarsa efficienza degli apparati. Infine, grava sempre la polemica sulla legalità, sul fatto che molti operatori pubblici, in varie parti del Paese, si sono ritrovati coinvolti in numerose inchieste giudiziarie. Eppure si deve dire che, nonostante tutto, i processi di integrazione europea assegnano alla pubblica amministrazione un ruolo fondamentale nell'introduzione dell'euro e nella integrazione. In particolare, sui temi dell'introduzione dell'euro sono due i fattori in cui viene coinvolta la pubblica amministrazione. In primo luogo, perché essa è parte delle procedure, in quanto gli operatori pubblici sono inseriti nelle procedure di introduzione dell'euro. Poi, perché alla pubblica amministrazione viene assegnato un ruolo propulsivo dei meccanismi di introduzione all'euro, ovvero il ruolo di essere il soggetto trainante per abituare i cittadini e le imprese alla nuova moneta. Questo ruolo è chiaramente delineato nella cosiddetta "direttiva Prodi" del 3 giugno 1997, una direttiva di carattere strategico in cui nelle grandi linee viene delineata la funzione propulsiva della pubblica amministrazione. In questa conversazione, si proverà a delineare i meccanismi, le procedure, le politiche amministrative per l'introduzione dell'euro nella pubblica amministrazione e a descrivere il ruolo assegnato alla pubblica amministrazione. Si tratta di aspetti che faranno parte dei piani che le singole amministrazioni sono 20 chiamate a dover adottare, del piano provinciale e del piano nazionale. Le fonti sono le direttive e i documenti dell'Unione europea, la direttiva Prodi, la legge delega del 17 dicembre 1997, n. 433, che è quella che stabilisce i principi generali per introduzione dell'euro, e il decreto legislativo del 24 giugno 1998, n. 213, che fornisce indicazioni più operative. Vi sono, inoltre, ulteriori fonti come i documenti del Comitato euro, un comitato nazionale istituito presso il Ministero del Tesoro con il compito di studiare tutti i vari aspetti dell'introduzione dell'euro nel contesto italiano. Il Comitato euro è diviso in tre grandi gruppi, uno che riguarda il mondo dell'impresa, un altro che si occupa di pubblica amministrazione, un altro ancora che si occupa del sistema finanziario; è prevista all’occorrenza anche la istituzione di eventuali gruppi di lavori tematici, secondo le esigenze che progressivamente si possono manifestare. Un primo documento del Comitato euro del giugno 1997, sono le "Linee guida per l'introduzione dell'euro in Italia". Molti documenti sono consultabili nel sito internet del Ministero del tesoro (www.tesoro.it) oppure in quello del Ministero dell’interno (www.mininterno.it). In primo luogo, occorre tenere in considerazione i criteri generali della transizione. Sono i criteri che tutte le pubbliche amministrazioni dei Paesi coinvolti nei meccanismi dell’introduzione dell'euro, sono chiamate ad applicare. Il primo principio, di natura essenzialmente programmatica, è il principio della neutralità. Ciò vuol dire che la transizione all'euro non dovrebbe produrre effetti, nel senso che dovrebbe essere neutra dal punto di vista economico e dal punto di vista finanziario. Non sarà così, perché c'è un impatto sociale notevolissimo nell'introduzione dell'euro, ad iniziare dalla nuova abitudine di dover ragionare con una moneta diversa con valori 21 differenti da quelli consolidati. I documenti dell'Unione europea indicano che l'introduzione all'euro sia un fatto neutrale, quasi un fatto naturale di automatica applicazione. La stessa esigenza di dover riflettere, discutere su questi temi, mostrano che la neutralità è più che altro un obiettivo ideale che un fatto reale. Il secondo criterio della transizione è quello della trasparenza. Nel linguaggio giuridico italiano “trasparenza” significa diritto di accesso e altri istituti similari, mentre nel linguaggio giuridico europeo lo stesso vocabolo riguarda la massima diffusione delle informazioni ovvero la necessità della più ampia e della più dettagliata informazione. In ragione di questo concetto la pubblica amministrazione ha un compito strategico sul territorio. Il terzo criterio generale per l'introduzione dell'euro è quello dell'efficienza. In termini concettuali nazionali si considera “efficienza”, principalmente, il metodo per far meglio e a costi minori quello che si faceva prima. Nell'ottica europea significa, essenzialmente, che le soluzioni adottate in ogni singola nazione, in ogni singola realtà locale, devono essenzialmente essere indirizzate a rafforzare non solo i minori costi, ma anche la competitività delle soluzioni possibili. Un altro principio, importantissimo, è quello della continuità dei contratti. L’introduzione dell'euro e quindi la trasformazione dalle monete nazionali non comporterà la risoluzione dei contratti in corso, ma sarà semplicemente una conversione delle somme, mantenendo la continuità dei rapporti giuridici ed economici. Infine, un ultimo principio è quello del "nessun obbligo, nessun divieto", stabilito dal Consiglio europeo di Madrid (15 e 16 dicembre 1995). Durante la fase della transizione, è lasciata ai singoli soggetti la facoltà di scegliere il momento in cui adottare l'euro. In questo modo si evita, nei tre anni della transizione, un 22 impatto forte e immediato con l'introduzione della nuova moneta. Il principio del "nessun obbligo, nessun divieto" avrà, poi, incidenza con chi svolge attività contrattuali e comunque con tutti i cittadini nei rapporti con il sistema bancario. Vi sono, però, due eccezioni al principio. Il primo nasce dai rapporti di conto corrente bancario, perché è prevista la fungibilità fra l'euro e la moneta nazionale; si potrà scegliere indistintamente se svolgere operazioni in euro o in moneta nazionale. Ciò comporterà che il debitore potrà scegliere se pagare in euro o nella moneta nazionale e la banca sarà obbligata ad effettuare le operazioni di conversione necessarie qualora riceva un pagamento in euro e il creditore abbia un conto in moneta nazionale o viceversa. L'onere della gestione del cambio sarà a carico dell’istituto bancario. La seconda eccezione al principio "nessun obbligo, nessun divieto" è quello che i singoli Stati hanno la facoltà di introdurre misure per la ridenominazione in euro del debito pubblico e la possibilità di emanare disposizioni per l'utilizzo dell'euro come unità di conto nei mercati finanziari. Ciò significa, dal lato del cittadino, il subire le decisioni dell'autorità monetaria nazionale sul mercato dei titoli del debito pubblico e, per le amministrazioni, il dover ragionare sui comportamenti da seguire nella fase di transizione. In ragione di questi criteri generali, appare possibile individuare i tempi e alcune modalità per l’introduzione dell’euro. Vi sono due fasi da tenere in considerazione. La prima è la fase transitoria, che prenderà avvio il 1° gennaio del 1999 e si concluderà il 31 dicembre del 2001. Di fatto la fase transitoria è già iniziata, perché alcune misure sono già state avviate, a cominciare dai processi di informazione 23 nei confronti dei cittadini e di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e delle imprese. Questa fase transitoria è stata prevista non solo a favore dei cittadini per cominciare ad abituarsi alle nuove procedure euro, ma anche per permettere alla pubblica amministrazione di programmare gli interventi di adeguamento all'euro in modo coordinato ed armonico. Le pubbliche amministrazioni continueranno ad utilizzare la lira per la contabilità di bilancio, anche se per alcuni documenti della manovra finanziaria (i documenti di programmazione economica finanziaria, la legge di bilancio, la legge finanziaria) gli importi in euro potranno essere indicati fin da ora. In parallelo alla struttura attuale del proprio bilancio, anche un ente locale può decidere di dare, in tutto o in parte, le indicazioni euro; ciò servirebbe solo a prendere dimestichezza con i fenomeni, senza creare vincoli giuridici. Dal 1 gennaio 1999 i cittadini potranno fare i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni in euro. I cittadini e dunque anche l’impresa sceglieranno la moneta con cui dialogare nei confronti della pubblica amministrazione. Quindi potrà accadere molto spesso che su attività identiche si dovrà, di volta in volta, dialogare in euro, se è stata scelta questa ipotesi, o continuare in lire. Il cittadino e l'impresa potranno, inoltre, presentare la dichiarazione dei redditi in euro. Di conseguenza sulle pubbliche amministrazioni, che continueranno ad utilizzare le lire nella fase transitoria, peserà il compito e il costo della conversione, senza che ciò possa o debba costituire oneri aggiuntivi per il cittadino e per l’impresa. Le pubbliche amministrazioni, nel rivolgersi al cittadino e all'impresa, utilizzeranno la stessa denominazione monetaria 24 adottata da questi. Quindi se riceveranno documenti con le indicazioni in euro, occorrerà rispondere in euro. Al fine della semplificazione accadrà che una volta adottato l'euro nella fase transitoria questa scelta diventerà irreversibile nei rapporti riguardanti quella pratica e ciò per garantire certezza nei rapporti e limitare i costi delle conversioni monetarie; le continue conversioni lira-euro-lira alla fine creerebbero soltanto problemi di esatta individuazione delle somme. Questo è un aspetto di particolare attenzione, perché le continue conversioni determinerebbero non più una corrispondenza tra le previsioni di spesa. Evidentemente sui piccoli importi ciò avrebbe una minore rilevanza, ma nel caso di miliardi le differenze decimali alla fine verrebbero ad influire in modo significativo. Tra i principi generali, l’Unione europea ha previsto la libertà delle autorità monetarie dei singoli Stati nella scelta sulla conversione del debito. Il nostro Ministero del Tesoro e la Banca d'Italia hanno deciso che dal 1° gennaio 1999 tutte le emissioni dei titoli pubblici saranno in euro e i titoli già esistenti verranno smaterializzati e diventeranno elettronici. Il processo di smaterializzazione deriva dalla volontà di non ristampare i titoli con l’indicazione dell’euro e farne solo una gestione elettronica per evitare nella fase transitoria gli oneri documentali e realizzare i risparmi di scala. La fase conclusiva è in due tempi. E’ stato previsto un periodo di sei mesi (1° gennaio 2002-30 giugno 2002) di parziale tolleranza. Dal 1° luglio 2002 finisce la fase transitoria anche di tolleranza. Il 1° gennaio 2002 l’euro sarà in circolazione, quindi tutte le pubbliche amministrazioni avranno in euro i bilanci, le altre scritture contabili, i pagamenti, gli incassi e tutte le comunicazioni. Unica eccezione dovrebbe essere quella dell'arretrato degli uffici per la quale si ritiene permanere la 25 continuità della trattazione in lire anche se poi la liquidazione avverrà in euro. Da questo contesto, caratterizzante il problema della introduzione della nuova moneta attraverso la pubblica amministrazione, è poi prevedibile individuare alcune altre modalità, in quanto il piano di adeguamento può essere distinto per aree tematiche e, in seconda battuta, per specifiche modalità riguardanti l’applicazio-ne, avendo cura alla intelligenza e alla fattibilità dell'operare che dovranno contraddistinguere le scelte da compiere. In tal modo, è possibile cominciare ad individuare ulteriori specifici aspetti. Sicuramente una prima area di intervento è quella della conversione valutaria e dei pagamenti. Sul punto, si hanno prime chiare indicazioni, perché esiste un regolamento dell'Unione europea (1997) e il Governo ha approvato il c.d. “ schema nazionale di piazza” del sistema bancario e postale, con dirette conseguenze sulle modalità di pagamento delle pubbliche amministrazioni e sui titoli di spesa. Nella fase transitoria, si effettueranno i pagamenti in euro quando lo richiede il creditore. Le somme non saranno di natura cartacea ma saranno informatiche. Quindi il pagamento andrà corrisposto con un vaglia cambiario della Banca d'Italia o con l’accredito bancario o postale. Ragionevolezza e chiarezza richiedono, in parallelo, l’indicazione in lire, perché si sarà nella fase del regime transitorio. Gli stipendi e le pensioni pagate dalle amministrazioni pubbliche continueranno ad essere pagate in lire, però il processo di dimestichezza con gli importi in euro richiederà l'opportunità delle indicazioni in euro del solo importo netto da corrispondere. In questi casi, le indicazioni avranno essenzialmente un carattere informativo per far prendere conoscenza con il nuovo sistema. 26 Per gli stipendi e le pensioni, corrisposti in lire e accreditati sul conto corrente bancario o sul conto corrente postale, si potrà chiedere alla banca o alla posta la conversione delle somme in euro. Mentre la Pubblica Amministrazione, nella fase transitoria, avrà solo l'obbligo di natura informativa di fornire le indicazioni in euro dell'importo per favorire la dimestichezza con i nuovi valori l'eventuale conversione è a diretta richiesta dell’interessato al proprio istituto bancario o ufficio postale. Il cambio verrà fissato a breve e il tasso ufficiale di conversione dovrebbe essere al di sotto delle 2000 lire per un euro, con la conseguenza che chi è abituato a pensare in milioni si ritroverà a dover ragionare in migliaia. Per i pagamenti alle pubbliche amministrazioni, le discipline consentono il dialogo dei cittadini in euro, quindi dal 1° gennaio 1999 i cittadini potranno fare anche i versamenti in euro; ciò richiederà che le amministrazioni siano attrezzate con il conto corrente in euro. Si tratta di un versamento di natura elettronica, il cui importo delle quietanze verrà indicato anche qui con la doppia indicazione delle monete: in euro perché in effetti l'amministrazione ha ricevuto un versamento in euro e in lire perché l’amministrazione continuerà ad utilizzare le lire per tutta la fase transitoria. Vi è, poi, il problema della conversione documentale. Data la possibilità di utilizzare l'euro, le pubbliche amministrazioni devono attrezzarsi, quindi devono avere regole, dettate dall'intelligenza dell’operare, per procedere alla conversione dei documenti, anche perché la contabilità rimarrà in lire per tutto il periodo transitorio. Il cittadino e l'impresa possono stabilire e quindi imporre alla pubblica amministrazione di dialogare in euro: vi sarà una 27 molteplicità di procedimenti e comunque si dovrà mantenere un doppio binario. Per evitare il problema della conversione continua euro-lire, è previsto che la scelta dell'euro sia irreversibile. Da qui deriva il fatto che le pubbliche amministrazioni necessariamente fin dagli inizi debbano essere attrezzate, perché altrimenti basterà una sola richiesta per mettere in crisi il sistema. Per evitare, poi, confusione la scelta in euro riguarderà tutti gli atti del procedimento. Nei procedimenti complessi (gara, espropriazione) il dialogo in euro non sarà limitato ad una parte degli atti, ma riguarderà tutti gli atti fino alla definizione della pratica. In questo modo si eviteranno le disfunzioni e i costi connessi con i cambi e con le conversioni. Il campo di azione di questa duplicità di procedure è ampio perché vi rientrano le dichiarazioni fiscali e previdenziali, gli acquisti di beni e di servizi, i trasferimenti, i contributi, le agevolazioni, i sussidi e le sanzioni amministrative pecuniarie. In questo ultimo caso, bisognerà stabilire come vanno elevate le multe. Qui, con tutta probabilità, il sistema più semplice è quello di indicare il doppio importo, lire/euro, dovendo specificare nei relativi moduli che il cittadino potrà pagare direttamente in euro. Nel caso delle multe, per non dovere subito ristampare tutta la modulistica sarà probabilmente sufficiente realizzare un timbro e riprodurlo sui moduli. L’acquisto di beni e di servizi è un tema delicato. Il principio della continuità del rapporto fa sì che i contratti non vengano risolti; il codice civile in materia di obbligazioni afferma che il cambio di moneta non è causa di nullità del contratto (art. 1277 c.c.), essendo un fatto essenzialmente neutro. 28 Questo principio della continuità dei rapporti è espressamente previsto da un regolamento dell'Unione Europea (n. 1103/1997). La continuità dei rapporti è assolutamente indispensabile, perché diversamente sarebbe una operazione complessissima sebbene le parti vorrebbero lo stesso continuare ad avere quel tipo di accordo negoziale. Alla luce della normativa europea e del codice civile discende che il cambiamento della moneta non ha l'effetto di modificare i rapporti giuridici ed economici, ad iniziare da quelli contrattuali, dalle scadenze e dalle modalità di pagamento. Gli eventuali effetti prodotti sono giuridicamente validi, ciò che rileva è la volontà contrattuale delle parti di mantenere il rapporto. A breve, il Governo emanerà un regolamento per la disciplina dettagliata del regime dei contratti, ma fin da ora è possibile desumere alcuni criteri. Necessariamente gli atti di una gara dovranno contenere anche le indicazioni degli importi in euro. Non solo, dal 1° gennaio 1999, le offerte, proprio per quel principio che l'impresa e il cittadino scelgono loro la moneta in cui dialogare, potranno pervenire in una sola delle due monete. Per i contratti e i pagamenti occorre fare una triplice distinzione. La prima distinzione riguarda i contratti stipulati prima del 1° gennaio 1999 e conclusi entro il 31 dicembre 2001. In questo caso il contraente avrà la possibilità di richiedere il pagamento in euro anche se la moneta iniziale di dialogo è stata la lira (la conversione lira/euro è sempre possibile, la scelta dell’euro è sempre irreversibile). Per i contratti stipulati e pagati durante la fase di transizione (1° gennaio 1999-31 dicembre 2001), il contraente avrà la facoltà 29 di richiedere il pagamento in euro e di poter modificare la scelta iniziale della lira in euro. Per i contratti stipulati entro il 31 dicembre 2001 e pagati dal 2002 (fase della totale introduzione dell'euro) i pagamenti potranno essere solo in euro e ogni riferimento alla lira sarà considerato un riferimento all'euro. Altra area di intervento delle pubbliche amministrazioni sarà la conversione del debito pubblico e la smaterializzazione dei titoli. All’inizio si accennava a questo problema. La smaterializzazione costituisce l’applicazione di un principio essenzialmente di semplicità ed economicità dei rapporti connessi alla difficoltà di ristampare di nuovo i titoli, alcuni dei quali, peraltro, andranno in scadenza nei primi mesi della fase transitoria. Per i documenti programmatici e di finanza pubblica, già quest'anno il documento di programmazione economicofinanziaria svolge alcune valutazioni in euro. Un altro importante aspetto attiene alle statistiche con forti connessioni con tutta l'area della informazione. L'obiettivo dell’informazione è un obiettivo fondamentale dell'introduzione dell'euro. L’informazione è necessaria per aumentare il livello di consapevolezza di ciò che progressivamente accadrà; quindi vi sarà in primo luogo il problema della diffusione delle statistiche, che costituiranno poi lo strumento con cui avere conoscenza delle evoluzioni dei fenomeni. Da questo punto di vista, il problema principale è quello della continuità delle serie storiche nei conti economici nazionali. Dovere spiegare l'evoluzione di taluni fenomeni con riferimento alla lira e dopo dovere spiegare gli stessi accadimenti con 30 riferimento all'euro comporta una profonda trasformazione dei modi abituali di studio di analisi dei fenomeni. Questo è il quadro generale delle caratteristiche del piano d'adozione dell'euro. A queste considerazioni occorre far seguito con ultime indicazioni. In primo luogo, vi deve essere l'adeguamento dei sistemi informativi. L’euro è l'occasione per fare due operazioni contemporanee: da un lato l'adeguamento alla nuova moneta, dall'altro risolvere il problema della indicazione dell'anno duemila. La combinazione dei due fattori impone la riconversione dei sistemi informatici. A ciò si aggiungono pure le opportunità di utilizzare le reti di governo e le altre reti informatiche della pubblica amministrazione. Dal punto di vista della rilevanza economica, si è calcolato che la riconversione informatica richiederà un impegno di fondi tra lo 0,7% e il 4% degli investimenti effettuati. E' un costo di una certa rilevanza, però facilmente ammortizzabile soprattutto se si considerano i benefici. Altro aspetto importante in tutta questa fase è l'adeguamento della modulistica e della connessa informazione. La modulistica è essa stessa strumento di dialogo con i cittadini, non è solo un fatto interno. A questi fini il decreto legislativo n. 213 del 1998 (art. 47, comma 4) indica, per le amministrazioni dello Stato, la predisposizione di modulistica unitaria per l'intero territorio nazionale. Gli altri livelli di governo dovranno a loro volta adeguarsi. Occorre procedere con le due denominazioni con chiare istruzioni, tra cui quella che la scelta in euro è una scelta irreversibile. Il tema dell'informazione, dal 1990 ad oggi, costituisce uno dei cardini della riforma amministrativa in Italia, perché è indice di trasparenza, di democraticità e di efficienza. Ai fini dell'euro, 31 viene richiesto ad ogni amministrazione di doversi adeguare e, al contempo, di dover predisporre gli strumenti di informazione. L'informazione viene, allora, a costituire il secondo asse del coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni, assegnando a loro il ruolo propulsivo. E’ un compito delicatissimo, perché ancora l’euro, per molti versi, rischia di essere una conoscenza riservata ai cittadini più colti e più attenti, mentre è necessario avere cura anche nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, le fasce meno esperte, quelle meno acculturate e gli anziani. E lì si misura, soprattutto nei piccoli centri, la capacità delle pubbliche amministrazioni di riuscire a spiegare questi meccanismi. Infatti, l’operazione dell’euro non è un’operazione meramente meccanicistica od economica; è in effetti, un’operazione di natura culturale che richiede un impegno straordinario per diffondere i temi dell’opportunità della moneta unica, delle modalità di passaggio all’euro, degli effetti pratici, di quello che è l’impatto sulle pubbliche amministrazioni. Bisogna, allora, produrre un effetto a cascata, sia nel proprio ambito di lavoro, ma poi anche nei contesti sociali in cui ciascuno opera. L’introduzione dell’euro determina la riconversione di mentalità, di usi e di abitudini ultracinquantennali. Si creerà una area economica e finanziaria unificata e stabile: un grande evento politico nel processo di unificazione europea. Un primo effetto prodotto attiene al dover pensare in termini un po’ più virtuosi le politiche finanziarie per poter restare entro entità compatibili del debito pubblico. Un’altra riconversione è che l’impatto con l’euro sta implicando (e implicherà sempre di più) un’accelerazione dei processi di modernizzazione della nostra pubblica amministrazione. 32 L’euro richiederà a tutti di essere partecipi del processo di modernizzazione della Pubblica Amministrazione e di essere partecipi del processo di riconversione dei modi di pensare. Ciò richiederà molta pazienza, molta attenzione, molta volontà di agire e molta capacità di autocorrezione con una buona dose di empirismo e con la capacità di ragionare e di sapere correggere le proprie azioni. 33