Lezione 5 Gli Strumenti per la navigazione

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Lezione 5 Gli Strumenti per la navigazione
Strumenti per la navigazione
Solcometro
La parola solcometro trae origine dalla metafora "solcare il mare", termine che rimanda all'idea
della nave che con il suo moto, quasi fosse un aratro, traccia un "solco" sulla superficie del
mare.
Il termine tecnico comprende sia la funzione di misura della velocità istantanea, sia la funzione
di conteggio delle miglia percorse (da cui "contamiglia").
Nel secoli passati il tentativo di misurare la velocità era fortemente ostacolato soprattutto
dall'indisponibilità di strumenti per la misura del tempo di sufficiente precisione.
Gettando a mare un pezzo di legno da prora e misurando il tempo che intercorreva al suo
passaggio in prossimità della poppa, si poteva ricavare qualche indicazione della velocità (
velocità = lunghezza della nave/tempo misurato), pur soggetta a molti errori di natura
accidentale.
Un successivo perfezionamento (XVI secolo) portò alla realizzazione del "solcometro a
barchetta", che consisteva in una sagola graduata da nodi posti ad ugual distanza (ogni 50 piedi
= 15,43 mt), alla cui estremità, vincolata ai tre vertici con una patta d'oca, c'era una tavoletta
triangolare zavorrata (la barchetta). Gettata a mare da poppa, la barchetta, grazie alla zavorra
ed al particolare vincolo con la sagola, si disponeva verticalmente e perpendicolare al senso del
moto della nave, provocando lo svolgimento della sagola con una velocità (quasi)
corrispondente a quella della nave.
Si contavano i nodi che passavano a mare in 30 secondi e da questo conteggio veniva stabilita
la velocità rispetto all'acqua. (da qui la denominazione del "nodo" come unità di misura della
velocità per la navigazione).
Successivi perfezionamenti portarono a sviluppare il solcometro ad elichetta rimorchiata, poi
quello ad elichetta fissata allo scafo, con i quali si potevano rilevare, con un apposito strumento,
il totale dei giri compiuti dall'elichetta, da cui dedurre le distanze percorse negli intervalli di
tempo, tra una rilevazione e l'altra.
Con l'avvento dell'elettronica si sono resi disponibili strumenti perfezionati, basati su vari principi
fisici correlabili con il movimento relativo tra lo scafo della nave e la massa d'acqua circostante,
quali la pressione idrodinamica, l'induzione elettromagnetica, l'effetto doppler che, mediante
ormai facili elaborazioni, forniscono il dato di velocità e delle miglia percorse con maggiore
precisione, rendendolo disponibile sotto forma elettronica per l'impiego dei vari sistemi
dell'unità, non solo quelli di navigazione.
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Corso di Navigazione Senza limiti dalla costa
cura del C.F. Marco Camilletti
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Tutti questi strumenti sono soggetti ad essere degradati nel tempo a causa dell'esposizione dei
loro sensori agli agenti della corrosione marina e alla crescita delle incrostazioni delle
vegetazioni sulle loro superfici immerse.
Necessitano quindi di manutenzione periodica e preventiva.
La taratura dei solcometri delle navi si può effettuare percorrendo basi misurate alle varie
velocità, potendo così ottenere una tabella degli errori residui del solcometro in funzione della
velocità.
Nella pratica delle imbarcazioni minori, si tende ad accumulare una sufficiente esperienza
durante le varie navigazioni, basandosi sul confronto tra navigazione stimata (in assenza di
corrente e di forti venti) e punti nave effettivi, da cui ricavare una valutazione personale,
distillata nel tempo, degli errori del solcometro.
Se si dispone di un radar, che fornisce la distanza con molta precisione, mettendo la prora su
un oggetto fisso radarabile (ad esempio una boa) sufficientemente lontano, si possono
realizzare corse di avvicinamento abbastanza lunghe, durante le quali si possono misurare i
tempi intercorsi per percorrere una certa distanza.
Ad esempio, se per passare dalla distanza di 5300 mt alla distanza di 4600 mt dalla boa, si
misurano 230 secondi, la velocità effettiva è di 700 mt./ 230 sec = 3 mt/sec = 6 nodi).
Si ottiene così la velocità "effettiva" da confrontare con quella indicata dal solcometro.
E' necessario ripetere le misurazioni almeno tre volte, per ogni velocità che intendiamo
controllare, effettuando la media delle misure di ottenute.
Bisogna sempre avere presente che questi misure di controllo devono essere effettuate in
assenza di fattori perturbanti, quale vento forte e corrente.
Ove fosse possibile avvicinarsi all'oggetto radarabile da due opposte direzioni, si può limitare
l'influenza di queste cause di errore.
Un metodo, che oggi può essere considerato, è quello di utilizzare un navigatore satellitare
G.P.S. per confrontare la velocità elaborata dallo strumento con quella misurata dal solcometro,
avendo sempre ben presente che il G.P.S. fornirà la velocità effettiva rispetto al fondo, mentre
quella misurata dal solcometro è "rispetto all'acqua".
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Scandaglio
Tra le più antiche necessità per assicurare la sicura condotta della nave, vi fu la misura della
profondità dell'acqua, cui si provvide con il più antico strumento idrografico, ossia lo scandaglio.
Nelle antiche pitture egizie è tipica la figura dell'uomo sull'estrema prua, con lo strumento in
mano; ed Erodoto lo cita come attrezzo fondamentale per conoscere la profondità e tirar su
campioni di fondo. Anche gli Atti degli Apostoli accennano all'uso da parte di Paolo: "E venuta
la quattordicesima notte ... credevano i marinai di scoprir terra. E gettato lo scandaglio
trovarono venti passi, e tirando un po' più innanzi trovarono quindici passi".
Lo scandaglio a mano per piccole profondità consiste in un peso di piombo e di ferro, attaccato
all'estremità di un cavo leggero di canapa, graduato e di lunghezza nota. E' stato ritrovato nel
corredo di relitti di antiche navi greche.
Per profondità maggiori fu successivamente realizzato uno scandaglio con peso più grande e
cavo più lungo, in grado di raggiungere anche 600-700 braccia. Presentava tuttavia vari
inconvenienti, tra cui l'attrito prodotto dalla superficie rugosa del cavo durante la discesa:
poteva accadere che il cavo si arrestasse a una certa profondità senza aver raggiunto il fondo,
provocando grovigli che falsavano la misura e rendevano faticoso il recupero.
Furono pertanto inventati scandagli "a perdita di peso", come quello ideato dall'americano
Brooke nel 1854, dove il peso era costituito da una grossa palla di ghisa attraversata
diametralmente da un'asta di ferro munita di due bracci a gancio, ai quali si appendevano due
pezzi di sagola che sostenevano la palla: quando l'asta urtava il fondo, i bracci si abbassavano,
la sagola si sganciava e il peso, sfilandosi dall'asta, cadeva sul fondo.
Nel tempo il cavo di canapa fu sostituito da fili d'acciaio intrecciati, mentre dall'uso primitivo
delle mani si passò alla macchina con ruota, manovella e quadranti indicatori. La ruota era
sostenuta da una colonnina fissata a poppa o a un lato della nave, alla quale era avvolto un filo
sufficiente per profondità di 200-300 metri; esso sosteneva un peso di circa 10 kg, formato da
cilindri con incavo per la raccolta di campioni del fondo.
Molto usato in Italia fu lo scandaglio ideato dal Magnaghi, nel quale fu data al peso la forma di
un pesce, che consentiva di mantenere il filo quasi verticale, procedendo a piccola velocità, e di
effettuare misure successive a brevi intervalli.
Lo SCANDAGLIO A FILO MAGNAGHI, particolarmente idoneo a misurazioni di profondità
non superiore a 100 metri, sostanzialmente si compone di una ruota di bronzo che ospita il filo
di acciaio zincato, munito di peso in ferro di chili 4 - 13 chili, in funzione delle profondità da
scandagliare. Tale ruota è completa di freno e di contatore, che permette di registrare i giri
compiuti dalla ruota, pari al numero di metri di filo messo a mare. Lo strumento era montato su
sostegno in ghisa, atto a essere inchiavardato a poppa della nave.
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Lo strumento, conservato presso l'Istituto Idrografico della Marina, è illustrato nella
pubblicazione Descrizione ad uso del piccolo apparecchio a scandagliare per la R. Marina,
costruito sui disegni di G. B. Magnaghi (Genova, Istituto Idrografico della Marina, 1923), ed è
accompagnato dai disegni di progetto dell'Autore.
Un altro scandaglio a ruota e cavo in acciaio, diffuso presso la Marina inglese, fu quello
costruito nel 1878 da William Thomson, nel quale si otteneva la misura della profondità
indipendentemente dall'inclinazione del filo, deducendola dalla pressione esercitata su speciali
"tubi a decolorazione" dallo strato d'acqua soprastante.
Erano questi sottili tubi di vetro, lunghi 60 cm per 3 mm di diametro, chiusi ad un'estrmità,
ricoperti internamente da un sottile strato di cromato d'argento di colorazione rosso-nera. Uno
di tali tubi veniva introdotto in un apposito astuccio metallico, unito a un tratto di sagola di circa
3 metri, che si interponeva tra il peso e l'estremità del cavo.
Durante l'immersione, l'acqua che penetrava nel tubo comprimeva l'aria, tanto più quanto
maggiore era la pressione degli strati sovrastanti, ossia quanto maggiore era la profondità; e,
venendo a contatto del cromato d'argento, faceva cambiare la colorazione del tubo, che da
rossastra diventava bianca, fino al livello raggiunto dal dall'acqua.
La profondità veniva dedotta mediante uno speciale regolo graduato, leggendo nel punto ove
terminava la colorazione.
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Dizionario Nautico ad uso didattico
Binocolo
I nostri occhi sono organi eccezionali non soltanto per le loro prestazioni ma anche per la loro
capacità di adattamento.
Sovente tuttavia le nostre capacità visive sono insufficienti e quindi è necessario uno strumento
che amplifichi tali capacità.
Questo strumento è il binocolo che si rivela indispensabile proprio nella navigazione.
Senza voler redigere una storia del binocolo possiamo dire che esistono due metodi costruttivi:
• Binocoli a costruzione Galileiana (Ormai in disuso)
• Binocoli prismatici
che a loro volta si suddividono in :
o Binocoli con Prismi di Porro
o Binocoli con Prismi a tetto.
Sistema Prismatico:
Il sistema prismatico di un binocolo riduce la dimensione necessaria per contenere una lunga
traiettoria ottica e inverte l’immagine che altrimenti apparirebbe capovolta.
Sistema prismatico di Porro:
L’obiettivo (o lente frontale) è disassato rispetto all’oculare. I binocoli con prismi di porro offrono
la percezione di una maggiore profondità e generalmente un campo visivo più ampio.
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Sistema prismatico a tetto.
I prismi sono posizionati vicinissimi uno all’altro, ciò permette agli obiettivi di allinearsi
direttamente con gli oculari. Lo strumento ha una forma slanciata e profilata in cui le lenti ed i
prismi sono in linea dritta.
I binocoli con prismi a tetto sono meno ingombranti e più robusti rispetto al sistema a prismi di
Porro.
Ingrandimenti (Potenza)
Sebbene non sia corretto parlare di ingrandimenti poiché si dovrebbe parlare di
“avvicinamenti”, infatti quando si ingrandisce qualche cosa si tende anche a deformarla, il
temine ingrandimento è entrato comunemente nella moderna terminologia. E’ il valore di
potenza di un binocolo ed è la prima cifra che caratterizza dopo il modello il binocolo stesso.
Dire dunque che un binocolo è un “7x50” sta ad indicare che questo strumento ha un
ingrandimento pari a 7 (ovvero avvicina l’oggetto 7 volte rispetto alla distanza reale).
Dimensione della lente obiettivo
E’ il secondo numero della formula “7x50”.
E’ il diametro dell’obietivo (lente frontale).
Logicamente, più la lente frontale è grande, più luce entra nel binocolo più è luminosa
l’immagine.
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Vetro del prisma
La maggior parte dei prismi ottici sono in vetro con un trattamento riflettente in borosilicato o
bario in piastrina. La qualità del vetro del prisma e del trattamento è fondamentale nella resa
ottica del binocolo, poiché migliore è la qualità del trattamento, minore è l’assorbimento e la
dispersione della luce.
I vetri migliori sono attualmente in bario in piastrina (BaK-4).
Campo visivo
Il campo visivo è la distanza laterale della zona circolare di osservazione del soggetto.
E’ definito dalla profondità (in piedi o metri) dell’area visibile a 1000 yd. o 1000 mt.
Avremo così dei binocoli che in funzione del loro campo visivo potranno essere definiti
“Grandangolari” poiché offrono un campo visivo molto ampio.
Tali binocoli sono idonei alla visione di manifestazioni sportive, in quanto consentono una
visione panoramica di un’azione, ma non sono adatti per l’uso nautico.
Risoluzione
La risoluzione o definizione è la capacità di un binocolo di distinguere un dettaglio e conservare
nitidezza dei particolari.
Pupilla d’uscita
Si riferisce alla grandezza del cerchio luminoso visibile all’oculare di un binocolo.
Più la pupilla di uscita è grande, più l’immagine è luminosa.
Per determinarne la dimensione dividere il diametro della lente obiettivo per la potenza, nel
caso in esempio: Binocolo 7x50
• Ingrandimenti (potenza) = 7
• Diametro Lente obiettivo = 50 mm.
o Pupilla uscita = 50 / 7 = 7,14mm.
Estrazione pupillare
E’ la distanza alla quale un binocolo può essere tenuto lontano dall’occhio mantenendo il
campo visivo totale.
Un’estrazione pupillare lunga riduce l’affaticamento degli occhi ed è ideale per coloro che
indossano occhiali.
Regolazione diottrica
La maggior parte dei binocoli dispongono di un oculare regolabile per compensare le differenze
di visione tra l’occhio destro e quello sinistro.
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Riassumendo, lo strumento binocolo è un accessorio indispensabile per la corretta condotta
della navigazione, tuttavia nella scelta dello strumento sarà indispensabile tenere presente
quanto sopra elencato in modo da effettuare una scelta oculata e rispondente alle reali
esigenze.
In generale, un binocolo prismatico, con costruzione a tetto 7x50 si ritiene sia la scelta indicata
per le esigenze di navigazione.
Orologio
L’esigenza di conoscere esattamente l’ora è stata una delle principali richieste dei naviganti.
Si pensi che nel settecento fu addirittura indotto un concorso dalla “Corona” con un
ingentissimo premio in denaro per il costruttore di un cronometro con una “marcia” costante.
Il tema dell’esatta determinazione dell’ora ha dato luogo a studi complessi e via via più precisi
che negli ultimi anni, grazie all’elettronica hanno raggiunto livelli di precisione inimmaginabili per
un navigante di soli trenta anni or sono.
In trecento anni, si è passati dalla precisione della clessidra a quella degli orologi atomici.
Ma perché al navigante è così necessario conoscere esattamente l’ora.
La prima e più elementare risposta è quella ad esempio, di riuscire a determinare esattamente
quale faro si sta osservando, grazie alla sua caratteristica indicata dai tempi di accensione e
spegnimento del faro stesso, o più in generale “fissare” durante l’ossservazione stellare la
rotazione della sfera celeste.
Naturalmente oggi qualsiasi orologio al quarzo, vista la sua precisione, ha fatto decadere
l’esigenza sentita sino a circa trenta anni or sono di tenere un registro ove annotare la carica
(era previsto caricare il cronometro ogni giorno con un ben preciso numero di giri di chiave) e le
differenze tra il cronometro di bordo e l’ora di riferimento, segnale orario, trasmesso via radio.
Attraverso il rilevamento giornaliero di queste differenze veniva calcolata la media di questi
scarti e quindi la cosiddetta “Marcia” del cronometro.
Ovviamente erano di pregio superiore i cronometri che potevano vantare una “Marcia” costante.
Radar
Il radar è lo strumento che ha rivoluzionato la conduzione della navigazione.
RADAR sono le iniziali delle parole inglesi RAdio Detection And Ranging, e significa
radiorilevamento e determinazione della distanza a mezzo di onde radio.
I primi studi sul radar ebbero inizio in America e in Europa contemporaneamente negli anni
trenta, poi l'imminenza del secondo conflitto mondiale accelerò, ma ne rese segrete le ricerche
che si svilupparono separatamente nei vari stati interessati al conflitto e ne rivolse l'interesse
principalmente a scopi militari come avviene sempre in queste circostanze.
Lungi in questa sede voler fare una storia del radar, tale trattazione infatti esula dallo scopo del
corso, bisogna rilevare che dopo i primi esperimenti effettuati poco prima del secondo conflitto
mondiale presso l’Accademia Navale di Livorno e l’utilizzo in eventi bellici da parte delle forze
navali inglesi, il radar nel dopoguerra, è diventato indispensabile per una corretta conduzione
della navigazione.
Negli ultimi anni inoltre lo sviluppo dell’elettronica e della miniaturizzazione ha portato ad un
cospicuo abbattimento dei prezzi e delle dimensioni e non è raro vedere, anche su imbarcazioni
minori, un radar di navigazione.
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Principio di Funzionamento
Il radar è essenzialmente un sistema di rilevamento funzionante sul principio dell'eco, in cui il
trasmettitore irradia periodicamente energia sotto forma di impulsi di microonde di grande
potenza, ma di durata molto breve.
Gli impulsi radar vengono irradiati da un'antenna parabolica fortemente direttiva che li trasmette
alla velocità della luce verso il bersaglio.
Se gli impulsi trasmessi non incontrano alcun ostacolo, non tornano più indietro, mentre se
incontrano un aereo, una nave, una montagna, una piccola parte dell'energia irradiata ritorna
all'antenna trasmittente dopo un tempo brevissimo sotto forma di eco.
Questa viene visualizzata, sotto forma di spot luminoso, su uno schermo costituito da un tubo
catodico di forma circolare
Poiché la velocità di propagazione degli impulsi radar è perfettamente nota, dal tempo
impiegato dal segnale a raggiungere il bersaglio e a ritornare indietro, si può ricavare la
distanza dello stesso.
Se C è la velocità della luce, D è la distanza del bersaglio e t è il tempo dopo il quale ritorna
l'eco dell'impulso all'antenna che lo ha trasmesso, sarà:
C= 2D/t
E quindi
D= Cxt/2
La direzione del bersaglio è individuata dall’orientamento dell’antenna parabolica del
trasmettitore per mezzo dell’angolo di AZIMUT e dell’angolo di ELEVAZIONE che ne
determinano la posizione rispetto all’antenna radar.
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Le frequenze di funzionamento vanno da qualche centinaio di MHz a circa 25 GHz.
Le antenne, di tipo parabolico, hanno guadagni che vanno da 40 a 50 dB.
Esaminiamo ora in modo molto semplicistico il funzionamento di un radar.
Il radar sfrutta il fenomeno relativo alla propagazione delle onde elettromagnetiche.
Un trasmettitore emette un “Fronte d’onda” a frequenza ben definita ed in periodi predefiniti la
cosiddetta P.R.F. (Pulse Repetition Frequency) la forma di questo fronte d’onda è generalmente
una “Onda Quadra”, tale impulso trasmesso attraverso l’antenna. Contestualmente
all’emissione dell’impulso, viene fatto partire un cronometro.
Se il segnale colpisce il bersaglio o Target, una parte dell’onda viene riflessa verso l’antenna
che ha emesso il segnale.
Quando l’antenna riceve il segnale di ritorno viene fatto fermare il cronometro e dunque con
semplici calcoli matematici è possibile conoscere la distanza del bersaglio.
L’antenna vien fatta ruotare intorno al suo asse con una velocità costante e quindi è possibile
conoscere anche la direzione da cui proviene il segnale riflesso.
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In questo modo e possibile avere un Rilevamento e distanza del nostro bersaglio.
Naturalmente il reale funzionamento di un radar è molto più complesso e questo schema si
addice ad un semplice schema a blocchi.
La rappresentazione del Rilevamento e distanza dell’oggetto è rappresentata su un P.P.I. (Plan
Position Indicator) .
Il segnale ricevuto da un radar, dopo essere stato amplificato, demodulato, rivelato come in un
comune radioricevitore supereterodina, viene visualizzato su di uno schermo con fosfori ad alta
permanenza di solito di forma circolare, sebbene siano usate anche altre due forme di
visualizzazione.
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Il monitor porta tracciati dei cerchi concentrici equidistanti, tarati in Chilometri o Miglia che
rappresentano la distanza del bersaglio.
Un pennello elettronico, ruotante con velocità angolare costante, descrive tutto il cerchio mentre
in contemporanea l’antenna, in alto, ruota irradiando tutto lo spazio circostante con gli impulsi a
microonde.
Esiste pure una scala graduata in angoli che parte a raggiera dal centro dello schermo e
determina l’angolo di azimut con cui il radar vede il bersaglio.
In corrispondenza di un bersaglio il raggio determina uno spot luminoso sullo schermo che, per
la permanenza dei fosfori, rimane visibile per qualche tempo.
Sul P.P.I viene inoltre riportata anche la direzione della prora della nave.
Attenzione, nel caso di P.P.I. circolare, la posizione della nave è sempre al centro della
rappresentazione.
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ESERCITAZIONE DI CARTEGGIO N°3
Carta Nautica Da Porto Corsini all’Isola di Pag
•
Navigazione a motore unità navale dotata di radar
•
Condizioni metereologiche calma di mare e di vento
•
Visibilità 18 miglia.
Alle ore 23.00 siete sul punto Porto Corsini 070; 10 Mg.
1. Posizionare il punto nave
E’ vostra intenzione navigare con Rv 030 tuttavia sapete dalla tabella di deviazione
della vostra bussola di rotta che per prora Pb 030 la Deviazione è pari ad +2°
2. Calcolare la rotta da impartire al timoniere per percorrere Rv 030 tenendo
conto della declinazione magnetica del luogo.
Alle ore 04.00 vedete la luce di un faro ul vostro lato Sn
3. Dire se è possibile che sia il faro di Punta Maestra (in base alle
caratteristiche rilevate sulla carta).
4. Prendete il rilevamento radar del faro che è Rlv 310 distanza 11,5 mg
5. Decidete di dirigere verso il porto di Venezia .
6. Impostate la rotta sulla carta e gli ordini al timoniere considerando che per
tutte le prore comprese tra Pb 320 a Pb 000 la deviazione della vostra
bussola è -1°.
7. Indicare l’ora in cui attraversate il parallelo 45°10’ Nord.
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