CHIRASSI COLOMBO_Properzio Mito e presente

Transcript

CHIRASSI COLOMBO_Properzio Mito e presente
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
PROPERZIO
MITO E PRESENTE
Aprire il dossier di un poeta protagonista del suo tempo che racconta il suo presente, la sua biografia attraverso l’attualizzazione della dimensione inattuale del mito richiede qualche precisazione.
Il mito, narrazione, come dice l’etimo greco mythos, è per Properzio,
come del resto per noi, quell’ invenzione tutta greca che identifica la
mitologia, tutto l’insieme dei miti greci diciamo, parafrasando il titolo
di un testo di Marcel Detienne, L’invention de la Mythologie, dove giustamente si sottolinea la “grecità” culturale del mito 1.
Properzio utilizza questa specifica invenzione culturale – la mitologia
greca che conosce benissimo come parte fondante la sua condizione di
“intellettuale” nella cultura della Roma antica di fine repubblica.
Una cultura che vive la dipendenza dalla prospettiva culturale aperta dalla grecità con assoluta libertà.
È banale quindi l’osservazione che, per la sua appartenenza al modello culturale romano, il poeta Properzio non poteva non attingere al
vastissimo repertorio della mitologia greca.
Il mito greco è il grande serbatoio narrativo al quale Properzio attinge almeno per quanto riguarda il raccontare allargato intorno alle
origini, agli dei, le dee, gli esseri sovra o extraumani, protagonisti del
simbolico condiviso.
Alla Grecia rimanda la “religio” di Properzio intesa non nel senso
etimologico dato alla parola da Cicerone – scrupolosa attenzione nel
seguire le istruzioni rituali che consentivano il mantenimento dei giusti
rapporti tra uomini e dei –, ma “religio” nella prospettiva antropologica
contemporanea che vuole la “religione” parte costitutiva della cultura,
1
Detienne 1983.
42
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Religion as a cultural system, Religione come sistema culturale. La definizione spesso citata è di Clifford Geertz e riflette la posizione relativistica adottata dall’antropologia americana a partire dalla scuola di Franz
Boas. Una definizione economica ed insieme assai ricca di conseguenze 2.
In questa prospettiva Properzio ha nel suo simbolico culturale la
Grecia. Roma infatti non ha una sua mitologia. O almeno non una
“mitologia allargata”. È stato più volte detto infatti che Roma non produce in proprio una rete di miti, racconti di origine e di sistemazione
delle figure extraumane portanti, dei, eroi o altro. Per il mito, come
parte costitutiva del suo universo simbolico culturale, Roma “demitizza”
e dipende in maniera importante dalla Grecia.
L’universo simbolico mitico romano è greco, greci sono i fornitori
delle biografie, di minima anche delle immagini per quegli esseri extraumani che popolano l’articolato universo simbolico del politeismo romano, esseri che altrimenti sarebbero rimasti privi non solo di identità
narrata ma anche rappresentata.
Ricordiamo che l’erudito Varrone afferma che i Romani per 170 anni
dalla fondazione avrebbero osservato il divieto delle immagini (fr. 18-22
Cardaunus). Come gli Ebrei! Vedi il famoso divieto di ogni tipo di immagine a cominciare dal dettato di Yhwe a Mosè nel terzo libro della
Bibbia, Esodo (20, 4).
Alla Grecia Roma deve le immagini e i racconti che a quelle immagini si legano e le rendono così immediatamente, visibilmente conoscibili. Sono i miti infatti, quei racconti né veri né falsi, certamente inattuali ma fondanti, come dice Angelo Brelich, che rendono le immagini
immediatamente fruibili 3.
Allo stesso autore – ad Angelo Brelich, non dimentichiamolo – si
devono importanti interventi proprio sulla portata della “demitizzazione” romana e sul complesso rapporto romano tra mito e storia 4.
2
Geertz (1966) 2004.
Vedi la definizione di mito in Brelich 2006 (1966).
4
Il richiamo di attenzione sul valore del mito, del racconto, come testo valido in sé
al di là del vero e del falso – il mito è sempre vero se è creduto – è stato fatto da
Raffaele Pettazzoni, fondatore della Scuola storico religiosa italiana prima di Levi Strauss.
A quest’ultimo si deve comunque la più formidabile chiave interpretativa del mito che
spacca per così dire la cultura del 900 (Chirassi Colombo 2005). A Pettazzoni si deve
comunque quella importante raccolta in più volumi sui miti dei popoli “altri”, I popoli
senza scrittura, pubblicata dalla casa editrice torinese UTET a partire dal 1949. Opera
pionieristica per la sprovincializzazione della cultura italiana. Vedi tuttavia Brelich 2002
(1969). Per un esempio di interpretazione della mitostoria romana vedi il magistrale profilo
della storia di Cecilio Metello (Brelich 1939) e ancora Brelich 1955; 1960; Sabbatucci 1972.
3
PROPERZIO MITO E PRESENTE
43
Per fondare il “suo” presente Properzio utilizza dunque il mito greco,
i contenuti narrativi, la mitologia greca nel suo complesso, nota attraverso le molte fonti che poteva avere a disposizione. Anche per lui come per
ogni intellettuale europeo, il mito greco è l’unerschöpflicher Brunnen, il “pozzo senza fondo” al quale attingere come hanno continuato a fare nella
storia i poeti, gli scrittori europei per raccontarsi nella contemporaneità.
Come dice Christa Wolf, autrice di una importante “Medea” del novecento 5.
Properzio legge quei miti nei “libri”, nella sua biblioteca o nelle
biblioteche pubbliche della Roma del suo tempo.
Properzio non è un inventore di miti, ma un vorace consumatore di
una estesa materia narrativa che risulta vitale per la sua poetica
Oltre le fonti scritte, i libri, rimane da considerare il mezzo di divulgazione rappresentato dal materiale iconografico con particolare attenzione, proprio per quanto ci riguarda, all’arte “minore”, la glittica, l’intaglio, sugli oggetti d’uso personale che costituiscono un mezzo di informazione capillare, soggettivo, funzionale alla società nella quale Properzio
si muove 6.
A Properzio comunque i miti greci non interessano in quanto parte
del modello simbolico che è la “religione” greca, il politeismo greco, ma
in quanto icone di un grande racconto comune dal quale i singoli tratti
narrativi potevano essere isolati, per uso personale. Ad esempio rendere
“mitiche”, fondanti, le situazioni del quotidiano.
Quei racconti totalmente estranei sul piano temporale venivano a
coincidere con le esigenze di un presente molto privato, tutto costruito
intorno ad una privata vicenda emozionale che attraverso un modello
mitico poteva spostarsi in una situazione fuori dal tempo e acquistare
statuti vari di significazione.
In questa prospettiva è interessante notare che nel cliché dell’elegia
properziana – non solo properziana, ma possiamo dire specialmente
properziana – il mito permette di inserire anche una continua sottile ironica ed esplicita critica sociale e politica del quotidiano.
Il presente quotidiano, che non risponde alle esigenze di un presente
“immaginato”, può essere rifondato attraverso il richiamo stretto della
dimensione “mitica”.
5
Wolf 1999.
Di grande interesse le microfonti iconografiche rappresentate dalle gemme intagliate, oggettistica di lusso certo circolante negli ambienti della luxuria frequentati dalla
società delle “amate” (le doctae) e dei poeti ma non solo; quando i materiali di supporto
sono meno pregiati le gemme hanno circuiti più vasti. Toso 2007.
6
44
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Di particolare interesse la vistosa dimensione della pax – la mitica
pace delle origini. Non possiamo insistere sul tema, che è molto presente non solo in Properzio ma in tutta la produzione poetica augustea.
Richiamiamo tuttavia l’attenzione sul valore che la pace assume in
particolare per Properzio: la pace è la condizione primaria per gli attuali amantes. Gli amantes vogliono la pace.
Pacis Amor deus est, pacem veneramur amantes (III,5,1).
L’amor e la pax permettono il sottile filo contraddittorio che contraddistingue il rapporto di Properzio e in genere di tutto l’ambiente elegiaco con il potere ed i suoi apparati compreso Augusto – un rapporto che
si trova centrato sul piano del paradosso.
La guerra ad esempio è metaforicamente permessa solo all’amor. Militiae species amor est, il “servizio militare”, la milizia è immagine dell’amore, dice anche Ovidio nell’Ars Amatoria (II,233).
“L’extrattualità” dello statuto degli amantes giustifica comunque ogni
metafora e sottintende l’immediato rapporto con la dimensione del mito.
Gli amanti si trovano in uno “stato altro”, uno stato alterato di coscienza, uno stato “maniacale”, uno stato che li pone fuori dal tempo, dallo
spazio e da ogni convenzionale situazione attuale, uno stato “mitico”.
Gli amantes possono ribaltare il tempo, riconsiderare la storia, reinterpretare il presente, vivere nella metafora.
In questo senso dobbiamo considerare la prospettiva attraverso la
quale Properzio si fa anche, se non inventore, re-inventore di miti, miti
in senso “romano”, spaccati di storia proiettati in un tempo degli inizi
che si pone come tempo mito-storico romano.
Lo fa nello specifico di quel libro IV che, localizzato in un contesto
romano segnato fortemente dalla “demitizzazione”, acquista un particolare valore. Nel libro IV, il libro delle “antichità romane”, della Roma
prima di Roma, Properzio, pur seguendo un cliché comune alla poesia
augustea condiviso da Virgilio Orazio Tibullo Ovidio, si stacca per più
di un particolare dal modello comune. Oltre ad una vera e propria
riscrittura della mitostoria romana, Properzio si spinge sino ad una per
molti aspetti sofisticata interpretazione “teologica” di una divinità topica
riformulata in chiave universale.
Così nell’elegia seconda del IV libro Properzio presenta la “sua” interpretazione di un suo dio locale, anzi per lui paternus 7. Vertumnus,
Vortumnus è un dio del territorio, “Tuscus ego et Tuscis orior”.
7
Così in IV, 2 Qui mirare meas tot in uno corpore formas /accipe Vertumni signa paterni
dei (Tu che ti meravigli di vedere tanti aspetti in un corpo, ricevi gli attestati – signa –
del dio dei padri).
PROPERZIO MITO E PRESENTE
45
Quel dio così legato a quella terra tuscia, terra di origine del poeta,
è in realtà ovunque e comunque in un tempo-spazio unico che include
tutti gli spazi ed i modi dell’apparire attraverso il mutare delle sue immagini che tutte riconducono all’unità.
Properzio non risolve Vertumnus nella banalità di identificazione del
ciclo stagionale mediterraneo come comunemente accreditato, ma presenta il dio stesso, che in prima persona si propone come prisma del
cosmo: opportuna mea est cunctis natura figuris (IV, 2 14) 8.
Vertumnus figura del molteplice esprime per Properzio la dimensione spaziotemporale dell’Uno, un Unus che vertebar in omnis, si fa plurimo, assumendo forme, modelli visibili diversi, di una realtà che rimane
essa stessa una.
L’etrusco, locale, Vertumnus si presenta come un eis theos unus deus
un “dio uno” concorrenziale al dio Uno del monoteismo, il Dio del
primo monoteismo, “invenzione storica” del giudaismo del Secondo
Tempio 9. Properzio ha ben presente quella tendenza ad un modello
unitario del divino che è ampiamente diffusa da tempo in tutto il mediterraneo ellenistico. Properzio si rivela singolarmente attento a cogliere
i passaggi di quella riorganizzazione dell’immaginario teologico che percorre il Mediterraneo. Ad Alessandria come a Roma, Vertumnus, come
Ianus come Aion come Sarapis ma anche Zeus, tende ad essere “Uno”.
Come Juppiter, lo Juppiter di Valerio Sorano riportato da Varrone e
citato da Agostino (de c.d.VII,9) che si presenta come omnipotens, indifferenziato Progenitor genetrixque deum, deus unus et omnes.
Tuttavia Properzio non parla di Juppiter ma del suo tuscio Vertumnus.
È l’etrusco Vertumnus alla fine che meglio può esprimere l’universalità del Dio Uno. Quella figura divina che la “rivoluzione” degli Uomini
del Ritorno, gli ebrei liberati dall’esilio babilonese da Ciro Re di Persia
alla fine del VI a.C., divulgata dalla redazione greca della Bibbia detta
8
Così si presenta il dio: “opportuna ad ogni forma è la mia natura”. Vortumnus aveva
a Roma un tempio sull’Aventino accanto a quello di Diana in un contesto topograficamente significante che si riflette anche nella posizione calendariale, il 13 agosto, un
giorno molto affollato; Sabbatucci (1988): 265-67.
9
In un testo pioneristico del 1965 Sabbatucci (1965) 2006 propone la diffusione di
grandi Megaloi Theoi, Megale Meter, Magna Mater come modelli simbolici del politeismo tendenti ad uscire dalla griglia funzionale politeistica. L’importanza dell’Uno nella
organizzazione del simbolico è stato affrontata nel trattato di teologia politica di Eric
Peterson, Der Monotheismus als politische Problem pubblicato nel 1935. Sul tema della formazione del monoteismo vedi l’impegno di Raffaele Pettazzoni dalla monografia su Dio
del 1922 a quella sull’Essere supremo del 1957.
46
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
dei Settanta nella città nuova Alessandria tra il III-II a.C. imporrà al
mondo come Entdeckung di Dio, la “scoperta più ricca di conseguenze
per l’umanità a prescindere dal fatto che dio esista oppure no 10.
Properzio comunque non fa teologia, vuole raccontare il suo presente e per questo ricorre sempre alla pluralità politeista del mito. Sempre
il mito greco, quel mito “letterario” che, nell’uso di Properzio, non è
artificio decorativo-evocativo, ma strumento di comunicazione immediata.
Properzio attinge al repertorio del mito greco che conosce molto
bene, forse attraverso un compendio mitologico, come è stato suggerito
dal famoso grecista Arthur Nock, o per lettura diretta di testi e non del
solo Callimaco.
Ciò che colpisce è il modo attraverso il quale il mito, i racconti
della “tradizione” letteraria greca vengono riattualizzati.
Properzio utilizza una tecnica impressionista che richiama molto da
vicino l’uso del mito nei poeti imagisti, Hilde Doolittle, poetessa ma
anche ellenista, e il suo amico e maestro Ezra Pound.
A Properzio Ezra Pound dedica un “omaggio”, il noto e discusso
Homage to Sextus Propertius dove alla fine si riconosce al poeta romano la
straordinaria qualità di rendere presenti, contemporanei gli attimi di un
tempo strutturalmente altro, il tempo del mito 11.
Tuttavia è soprattutto Hilde Doolittle, H.D., che nell’uso continuo e
stretto del mito greco è così “simile” a Properzio 12.
L’utilizzo del segmento della tradizione scelto dalla catena di frammenti narrativi permette al poeta di creare a suo uso e consumo un
significante che centralizza quell’effetto di cortocircuito del tempospazio
nel quale si esemplifica la funzione primaria del mito come strumento
di fondazione di realtà 13.
10
L’affermazione è di Dürrenmatt Denn die Entdeckung Gottes ist die wohl folgenschwerste Entdeckung des Menschen, unabhänging davon, ob es Gott gibt oder nicht (La scoperta di
Dio (il Dio monoteista) è di gran lunga la scoperta più ricca di conseguenze dell’umanità, a prescindere dal fatto che Dio ci sia oppure no) (Dürrenmatt 1976). Sulla Septuaginta Dorival-Harl-Munnich 1988 Osservazioni in Chirassi Colombo 2006; 2008. Comunque Sabbatucci 2000.
11
Amoruso Assisi 1998 pp. 39-49.
12
Vedi sul tema le efficaci pagine di Marina Camboni: nella Grecia del suo immaginario, mediata dalla rilettura rinascimentale e da quella tardo ottocentesca, H.D. proiettava non un
momento del passato a cui attingere ma uno spazio i cui contorni potevano ospitare luoghi del
presente, (Camboni 2007: 102). Il rapporto Properzio H.D. meriterebbe un approfondimento ravvicinato.
13
La riflessione sulla qualità del mito è presente già nella monografia che Brelich
dedica agli eroi come categoria specifica del mito greco. (Brelich 1958)
PROPERZIO MITO E PRESENTE
47
Il mito immobilizza la vicenda personale del poeta che attraverso il
mito esce dal tempo.
Utilizzare il “frammento” mitico per qualificare il presente autobiografico, significa ridare al mythos, discorso appunto fuori dal tempo, il
ruolo di rappresentare la paradossale situazione umana secondo le indicazioni della fisica post newtoniana, della fisica quantista che ci avverte
del nostro costante spaesamento.
Per renderci conto di questo basti considerare che la misurabilità
della luce che permette la visione ci avverte che noi siamo sempre fuori
posto nello spazio e nel tempo rispetto a ciò che vediamo ed al luogo
dove crediamo di essere in un universo sempre in espansione.
Per così dire siamo sempre in una situazione “mitica”.
L’uso degli exempla mitologici permette al poeta Properzio di essere
simultaneamente nel tempo e nello spazio là dove gli eventi scelti lo
collocano attraverso i personaggi nei quali può liberamente trasformarsi.
Questo meccanismo diventa importante per elaborare l’intrigo della situazione amorosa come situazione straordinaria per eccellenza, al
di fuori del tempo e dello spazio immediatamente percepibili, quindi
situazione “mitica”.
Per essere emotivamente efficace nell’immediato presente la situazione amorosa ha bisogno del mythos.
Il mythos, il racconto fuori tempo e fuori spazio, giustifica, fonda il
contemporaneo immediato personale cancellando in questo modo la dimensione del pur riconosciuto “artifizio letterario”.
Nell’elegia che apre il libro I il labor richiesto per riuscire a “vincere” l’amata Cynthia induce il poeta, l’io parlante, a scegliere come sua
maschera Milanion, che in altre versioni è Melanion, o Hippomenes,
comunque in ogni caso un “cacciatore nero”. Atalanta oggetto d’amore
di Milanion è Cynthia che è oggetto d’amore di Properzio.
È molto interessante che in questo gioco di sovrapposizioni Cynthia,
come Atalanta, non è certo una “preda” secondo l’etica della elegia
d’amore romana che vuole le sue donne elegiache anzi tutto autonome 14.
Cynthia in qualche modo è anche lei una “cacciatrice nera”, una
velox puella coinvolta in uno di quei tornei per la sposa nei quali il
prezzo che gli aspiranti sposi devono pagare è la vittoria o la vita. Tuttavia in questo caso il torneo consiste in una sfida atletica, una gara di
corsa alla pari: tra futura sposa e futuro sposo. Il punto è che la sposa
in ogni caso non è oggetto ma soggetto.
14
James 2000.
48
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
La sfida nel mito tuttavia si pone sul piano diretto dell’atletismo,
dell’agonistica che è, insieme al combattimento, luogo di prova per eccellenza dell’eroe 15.
Atalanta è anche l’unica donna che partecipa all’ultima e più famosa
caccia collettiva eroica del mito greco, la caccia al cinghiale calidonio.
A lei Melagro, altro cacciatore nero, offre come premio la spoglia
dell’animale ucciso 16.
Atalanta si farà vincere nella “gara per la sposa” da lei stessa gestita
grazie ad uno di quegli inganni che Aphrodite, la dea signora dell’eros,
suggerisce volentieri agli eroi maschi. Si fermerà a raccogliere le mele
d’oro del giardino delle Esperidi che lo sfidante lancia in pista.
Dell’episodio mitico di Atalanta e Milanion (o Hippomenes) Properzio sorvola l’epilogo forse più significante. L’episodio nel quale Atalanta
e Melanion (Milanion, Hippomenes, comunque il suo compagno amante
marito) cadono nella trappola dell’illecito, dell’impuro.
La consumazione dell’eros – vietata in un luogo sacro come un tempio secondo svariate testimonianze di leges sacrae che conosciamo attraverso numerose iscrizioni del mediterraneo antico – provoca la trasformazione della coppia in leoni 17.
È una metamorfosi animale che troviamo in varie varianti.
Tuttavia una è significante: i leoni sono animali che per la zoologia
antica, almeno secondo quanto nota Plinio nella Naturalis Historia, erano impossibilitati a unirsi tra loro sessualmente 18.
Atalanta e Milanion (Melanion, Hippomenes), gli amanti, sono in
“realtà” per sempre separati. Come Cyntia e Properzio?
Ci si può chiedere se Properzio conoscesse questa variante. Probabilmente sí.
Sempre nello stesso Libro I i consigli di bellezza e di seduzione che
il poeta rivolge all’amata sono posti in una prospettiva etica precisa.
Inutile indossare tessuti preziosi di Cos, profumare i capelli di mirra
e perdere l’occasione di far splendere la bellezza in propris bonis.
Il “mirato” consiglio rientra nel richiamo alle donne di mantenere
limiti e modelli di una “buona condotta” nell’ambito di un programma
di controllo della “pubblica morale” molto presente nelle scelte della
Roma medio tardo repubblicana. Un programma nel nome della pudicitia
15
Brelich 1958:90-106.
Sul tema del “cacciatore nero” e della caccia come modello eroico iniziatico, Vidal
Naquet 1983, prima Brelich 1958: 74.
17
Chirassi Colombo 2006.
18
Ovidio Met. X, 560 ss.; Igino, Fab. 185.
16
PROPERZIO MITO E PRESENTE
49
che avrà molti riscontri, o meglio una vera e propria continuazione
nell’etica cristiana.
Cynthia si moltiplica, si esemplifica così nelle “Bianche Cavalle”, le
Leucippidi, Hilaira e Phoebe che con la loro semplice bellezza travolsero i due mitici gemelli Castor e Pollux, i fratelli della superbella Elena,
per la quale fu combattuta la “prima guerra”, la guerra di Troia.
Il riferimento immediato è a un frammento narrativo, un mito certo
noto.
Il richiamo mitico consente al poeta di duplicarsi nella celebre coppia dei Tindaridi, i Dioskouroi, i “divini gemelli” Castore e Polluce che
a Roma godevano di un particolare culto come umani e divini insieme,
e soprattutto presenti nella storia come salvatori della respublica romana.
Il loro intervento, la loro epifania nella battaglia del lago Regillo assicurò la preminenza di Roma rispetto alle città latine (499 a.C.). E meritò
loro la dedica di un tempio nel foro 19.
La bellezza femminile in sé, bellezza semplice senza artifici che passa immediata attraverso lo sguardo, suscita l’invincibile forza dell’eros,
l’eros aniketos, “eros mai vinto”. È l’eros che spinge i Gemelli sino all’atto
estremo di rapire le ragazze nel momento stesso nel quale andavano
spose ai cugini mortali Idas e Lynceus.
La bellezza femminile tuttavia – al di la del mito – è qui potenza in
sé senza demonizzazione. Si riconosce la semplice realtà del fascino femminile di per sé. Sottinteso il fatto che la bellezza, forse non semplice,
ma comunque sempre irresistibile, della non mitica anzi ben attuale
Cynthia ha “travolto” l’umano poeta.
Properzio si inserisce in un’organizzazione simbolica dell’eros ricca
di implicazioni culturali, “religiose”, che indica nella bellezza femminile
in sé una fonte perenne di caos, di alterazione dell’ordine proprio per
l’attrazione sessuale che esercita nei confronti del maschio.
Tuttavia, sia pure fonte di turbamento, fonte di eros, la bellezza femminile non è penalizzata nella prospettiva del simbolico greco romano,
simbolico di sistemi politeisti, come causa di una “caduta essenziale”.
19
Nel mito greco i Gemelli sono variamente interpretati come Dioskouroi figli di
Zeus e di Leda sposa di Tyndaros re di Sparta. Dei gemelli, uno, Polydeukes, è figlio di
Leda e di Zeus, mentre Kastor, figlio di Leda e di Tyndaros, è mortale (Hom. Il 3 237;
Od. XI,300). Nella prospettiva di Polydeukes l’immortale, figlio di Zeus, si inserisce la
variante del fratello Castor, gemello mortale. I due gemelli organizzano la loro “sopravvivenza” superando la dicotomia mortale immortale nella scelta della condivisione A
giorni alterni un gemello diventerà mortale, scenderà nell’Ade e l’altro salirà al cielo
(Hom. Od. XI 298 ss.; Pind. Nem. 10, 95; Hyginus, 80).
50
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Eros potenza irresistibile frantuma tutti i sistemi di protezione del
limitato, del lecito, è potenza “maniacale” per eccellenza come definita
da Platone in un passo famoso del Fedro 20. L’ eros invincibile non può
avere giudici, non è in sé condannato o condannabile ma non si tratta
di responsabilità femminile e non genera colpa.
Non dimentichiamo, tra parentesi, che il ruolo di eros – l’eros inteso nel riconoscimento pieno della sua potenza – si esprime comunque
per il suo teorico, il filosofo Platone, nella efficacia dello sguardo, non
del corpo; si tratta in ogni caso di eros mai “comperabile”, mai premeditato, sempre solo “occasionale”, cortocircuito provocato da un incontro
di sguardi, fonte ultima della conoscenza più alta. Ed è eros omoerotico
ed esclusivamente maschile 21. In ogni caso comunque la bellezza corporea femminile non è fatta responsabile dell’introduzione nel mondo di
un male strutturale.
Secondo il poeta arcaico greco Esiodo che ci racconta il mito di
origine del cosmo secondo il politeismo greco, la donna controdono di
Zeus a Prometeo per il furto del fuoco è inserita in una comunità maschile esistente, non creata, uscita dal grande rivolgimento del Chaos
iniziale senza nessun intervento di un essere extraumano in funzione di
creatore 22. La donna Pandora è tuttavia creatura, solo per lei c’è un
preciso mito di creazione.
La creazione della prima donna fonda la “razza delle donne”, un
genos diverso che convive con il genos dei già esistenti uomini maschi in
quella che così diventa la situazione antropologica attuale 23.
La stirpe delle donne fronteggia il genos degli uomini maschi ma in
ogni caso non lo “contamina”.
Properzio conosce la variante del mito greco che vuole il titano Prometeo creatore maldestro di una prima umanità che è imperfetta in sé.
In III, 5,7 Properzio ricorda un Prometeo che da origine ad un’umanità
20
Il rimando è al celebre passo del Fedro 244 a b dove Platone attribuisce allo stato
di mania erotica, follia estrema, la situazione che rende possibile l’accesso alla conoscenza totale.
21
Rimando al celebre testo di Kelsen (1933) su l’amor platonico e al classico testo
di Dover (1978) sull’omosessualità greca ... Oltre Foucault (1976-84), in genere sull’eros
in Grecia vedi anche Calame 1999; Sissa 2003.
22
Il rimando è al racconto di origine del cosmo, degli dei e degli uomini nella
Teogonia (565 ss.) e nelle Opere e i Giorni (50 ss.) del poeta greco Esiodo.
23
Sul tema della irrisolta e irrisolvibile diversità del femminile nella prospettiva
greca rimane classico il testo di Nicole Loraux (Loraux 1981). Vedi anche Chirassi Colombo 1994 (1983) e 1985 per le allargate osservazioni intorno alla figura della fata
medievale Melusina.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
51
“creata” male, difettosa in tutti i sensi, ma senza colpa. Il tema del
Titano creatore ha varie allusioni nella letteratura latina, ad esempio
nel celebre inserto sulla creazione nel primo libro delle Metamorfosi di
Ovidio 24.
In ogni caso il femminile non ha quel senso totalmente negativo
che ad un certo punto assumerà nella prospettiva dell’etica giudaico
cristiana dove il genere femminile è responsabile della porneia, dissolutezza, vergogna, peccato 25. Prospettiva circolante nel Mediterraneo a partire dal I a.C. ma anche prima.
Nel Libro di Enoch, pseudoepigrafo ebraico in lingua greca, molto
diffuso, tradotto in varie lingue, riprendendo un versetto del Genesi si
afferma che la bellezza delle donne è causa diretta della caduta degli
angeli e della conseguente introduzione del male nel mondo come effetto dell’irresistibile attrazione sessuale esercitata dalle donne 26.
Properzio racconta l’inevitabilità dell’eros e la sua forza creatrice di
eventi con vari exempla “classici”.
Così nella seconda elegia del libro I.
Per la bella Marpessa figlia di Evenos, eroe figlio di Ares, si scontrano un dio, Apollo, ed un mortale, l’argonauta Idas, che sarà il prescelto
della sposa, fine esempio di libertà femminile che opta per il marito
mortale. Tuttavia nell’intreccio evento “tragico” è il suicidio di Evenos,
il padre intrappolato dalla irresistibilità di un eros che in questo caso
riguarda la figlia, un amore paterno “eccessivo”, incestuoso, fallimentare, comunque irresistibile.
La pericolosità di un amore di questo tipo si ripete nell’exemplum
seguente di Oenomaos padre di Hippodamia.
Hippodamia è un’altra delle figure femminili coinvolte in un “concorso per la sposa”. Hippodamia, la sposa, tuttavia non è un’atleta come
Atalanta.
Nella corsa di quadrighe per lei gareggia il padre coinvolto in un
preciso rapporto di incestuosa gelosia nei riguardi della figlia che comunque si rivela nella vicenda una puella attiva e pericolosa.
Nella Hippodamia, testo inserito in un tardo centone virgiliano, la ragazza è definita in modo esplicito lasciva puella consenziente nel rapporto
24
Ovidio Met. I, 81-89; Varrone L.L.V,66; Orazio I, 16,13-16; Hyg fab. 154; sul tema
Centini 1999.
25
Sullo specifico della porneia Rousselle 1983.
26
Sul Libro di Enoch la bibliografia è abbondante. Una traduzione affidabile in
inglese del testo della Ethiopic Apocalyps of Enoch (II a.C.-I d.C.) in Charlesworth 1983.
52
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
erotico con il padre ma in ogni caso indipendente, tanto da trovare il
modo di conquistarsi lo sposo desiderato, lo sfidante che le piace, il
giovane Pelops. È Hippodamia infatti a provocare variamente l’incidente
che costerà la vita al padre, seducendo l’auriga Myrtilos che per lei
tradisce il padrone sabotando la quadriga, ma respinto da Hippodamia
finisce suicida o, nella variante più nota, ucciso dal vincitore Pelops 27.
Properzio comunque nella scelta degli exempla non fa considerazioni
etiche. Le protagoniste del mito responsabili dello scatenamento dell’eros tratte dal campionario mitologico sono semplicemente non affidabili, in quanto autonome, come tutte le compagne dei poeti.
Come Cynthia.
Su un piano diverso si colloca il tema oscillante dell’infedeltà in
quanto tale, rottura di un patto, di un impegno, mentre il rapporto d’amore perfetto richiede la fedeltà reciproca, tema onnipresente nell’elegia.
In I1,5 la perfidia di Cynthia consiste nello scatenare l’ansia nell’amante
costretto ad allontanarsi, attraverso una toilette più attenta, più lunga, più
accurata. Scegliere una collana di perle orientali rivela l’intenzione della
bella donna, la formosa, di prepararsi per un nuovo uomo, un novus vir.
Di contro, la prima eroina richiamata nel contraddittorio, nella lista
delle fedeli, è Kalypsos che lascia andar via Ulisse ma non si preoccupa
di ravviarsi i capelli e rimane a guardare il mare insidioso in lacrime.
In ogni caso Cynthia non si riflette in Kalypsos ma non è neppure
una infedele.
La lista delle donne infedeli è aperta comunque dalla scontata Elena
nella prima elegia del libro secondo, tutta dedicata ai problemi della
fedeltà.
La Elena di Omero è modello della fedifraga per eccellenza.
L’elegia I del secondo libro, sottilmente ironica, è dedicata a Cynthia,
la puella che il poeta fa anche responsabile del suo ingenium in una
dimensione per la quale è possibile vantare il diritto della laus in amore
mori, gloria morire d’amore (II, 1.47). A questa si aggiunge una laus
altera, un’altra gloria, il poter godere da solo del proprio amore “fruar
27
Hippodamia è protagonista di un famoso mito di concorso per la sposa – una
corsa per quadrighe – gestito da un padre geloso e incestuoso, innamorato esplicitamente della figlia. Folgorata dalla bellezza del concorrente, il frigio orientale Pelops, Hippodamia seduce Myrtilos, l’auriga, con una falsa promessa d’amore per indurlo a sabotare
il carro del padre. Il lieto fine si consuma su due morti: quella del padre Oenomaos
e quella di Myrtilos, l’innamorato deluso. Sul tema vedi alla fine il compendio del mito
– notissimo – nel centone virgiliano Hippodamia del codex Parisinus Latinus 10318 Salmasiano edito da Paola Paolucci.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
53
solus amore meo” (II,1,48). Il testo propone interpretazioni ambigue e rilancia il tema di fondo sempre serpeggiante del rapporto di fedeltà tra
gli amanti. Per Properzio una garanzia sta nel fatto che anche Cynthia
condanna la fedifraga Elena, anzi tutto il poema di Omero, l’Iliade che
è il poema della colpa di Elena. L’ideale del solus amor sembra condiviso
anche da Cynthia! E Cynthia è la più bella dopo Elena (II,3,32).
Elena ritorna ancora, sempre nel libro II, nell’importante elegia 34, in
un testo tutto dedicato alla imprevedibile e ingiudicabile forza scatenante
dell’eros. Una serie di exempla puntualmente dicono la difficoltà estrema
del solus amor. La casistica si apre con la seduzione di Elena da parte
dell’ospite di suo marito (Paride non è nominato), la irresistibile attrazione che induce la fanciulla della Colchide, la Colchis Medea, a seguire un
ignotum, il greco Giasone 28. Properzio qui riprende anche il devastante
giudizio, già di Catullo, sulla leggerezza intellettuale femminile: nessuna
delle belle donne si premura di rationem quaerere mundi ... interrogarsi sulla ratio, sul sistema “razionale” che regola il mondo. Come dire che le
donne non hanno cervello per occuparsi di scienza e di teologia 29.
Tuttavia è necessario un richiamo di attenzione.
La fanciulla che disprezza anche i grandi dei, despicit et magnos deos,
è una recta puella. Chi è la recta puella? Non solo una ragazza ben fatta
ma recta, dritta, come la tunica bianca tessuta sull’arcaico telaio dal basso all’alto che le spose romane dovevano indossare per la loro notte
nuziale, una tunica tessuta dalla mitica Tanaquil 30. Una ragazza, bella e
per bene, recta, non necessariamente docta. E tra la puella recta e la
puella docta il dibattito è aperto.
Sono due modelli diversi del femminile individuati dal radente
sguardo ideologico maschile della Roma intellettuale di fine repubblica.
Elena ritorna in III, 8,32 come segno in sé del desiderio.
Per lei, solo per lei, per Elena, Paride lascia fuori tutto il resto:
mentre Troia cade, lui non combatte, sceglie l’elegiaca “guerra d’amore”.
Più dolce era il fuoco di Paride quando poteva portare piacere alla sua cara
Tindaride in mezzo alla guerra greca e mentre vincono i Danai mentre resiste il
barbaro Ettore egli combatte la più grande delle guerre nel grembo di Elena
28
Properzio coglie molto bene lo choc dell’estraneità totale che divide il greco Giasone e la “barbara” ignara e “innocente” Medea. Vedi sul tema Chirassi Colombo 2001.
29
Il tema investe una parte importante del pensiero femminista e non solo, vedi in
proposito il bel testo della biologa Fausta. Sterling 1885 ma anche il Segno del due, in
http://www.lett.units.it/ichco.
30
Su Tanaquil il problematico testo di Bachofen 1961 (1970).
54
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Dulcior ignis erat Paridi cum Graia per arma / Tyndaridi poterat gaudia
ferre suae: / dum vincunt Danai, dum restat barbarus Hector / Helenae in
gremio maxima bella gerit.
Properzio ritorna ad Elena ancora nell’interessante spaccato di III,14
che si apre con la presentazione degli iura palestrae, regole della palestra
vigenti nella “strana” polis Sparta dove le giovani donne si esercitano
nude insieme ai maschi. Come la spartana Elena, che non arrossiva di
usare le armi nudis papillis come un’amazzone.
Ancora Elena come modello femminile molto speciale.
Properzio non sembra conoscere o prender nota della palinodia, tema
sofisticato e comunque centrale nel pensiero greco a partire almeno dal
VI/V secolo quando la variante dell’Elena in Egitto riscatta la virtù della
fedifraga: la vera Elena è in Egitto mentre la sua immagine, il suo eidolon,
“qualche cosa che non c’è”, scatena la “prima guerra”, la guerra di Troia.
Properzio non conosce, o finge di non conoscere, né Stesicoro né
Euripide 31.
Elena, secondo la versione alternativa della palinodia, avrebbe potuto aprire la mitica lista delle fedeli, le donne diverse proposte nella
elegia sesta del libro secondo (II,6).
Il testo è di particolare interesse. Sono nominate le grandi prostitute
storiche Lais, Thais, Phryne ... donne che hanno deliziato molti uomini.
La situazione contemporanea, quella romana, è proposta con immediatezza nel quadro di un vistoso calo etico che rende sospetto qualsiasi
comportamento.
Sottilmente Properzio mette in causa qui anzi tutto l’attualità di una
continua “violazione di rispetto” verso le donne, che nel mito greco è
rappresentata in modo esemplare dall’episodio mitico dell’irruzione dei
centauri stupratori al banchetto di nozze di Pirithoos. Mentre nella storia
romana l’esempio della legittimazione della violenza sulle donne è fissato
dal via libera dato da un Romulus romano, nutrito dal latte di una lupa,
allo stupro di gruppo, il rapere, consumato sulle intactae Sabinae.
Contro questo modello Properzio ricorre ancora al mito che racconta i comportamenti delle spose buone che si sono comportate virtuosamente e sono “riuscite” a rimanere virtuose. La sposa di Admeto Alcesti, la sposa di Ulisse la virtuosissima Penelope sempre citata, ma anche
Briseis non sposa legittima ma sincera amante dell’eroe greco per eccellenza, Achille.
31
Sul tema vedi una riflessione mirata in Chirassi Colombo 2002.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
55
Sono modelli della donna che viri limen amat, ama, rispetta la
soglia della casa del suo uomo. La fedeltà femminile è espressa dalla
Pudicitia, personificazione complessa del senso del Pudor, centrale per
la costruzione dell’etica famigliare e la regolamentazione della femminilità cittadina ma non solo. È interessante la denuncia delle obscaene tabellae, quadri osceni, pornografia dilagante a livello domestico
come variamente e ambiguamente testimoniato ad esempio nella documentazione pompeiana. In ogni caso si tratta di un modello strettamente legato alla dimensione del lusso. Lusso, ricchezza, sono direttamente responsabili della corruzione degli ingenui ocelli delle puellae
dal momento che la fonte di corruzione è sulle pareti di casa, quelle
case ricche, dalle pareti affrescate, così diverse dalle umili case di un
tempo.
A questo punto è assai interessante che Properzio rifletta comunque
in modo esplicito, in contrappunto, sul tema del tradimento maschile
che appare altrettanto odioso.
Lo fa in II,21. Sono citati Jason, il traditore marito di Medea-l’imprudente fanciulla della Colchide che aveva seguito uno sconosciuto, il
Dulichius iuvenis Ulixes, e Demophon, il figlio di Theseus, che replica la
tendenza all’infedeltà del padre, responsabile nella stragrande maggioranza delle varianti della sua biografia di aver abbandonato la sua salvatrice, la cretese Arianna, colei che con il gomitolo lo fece uscire dalla
trappola mortale del Labirinto e che un dio, Dionysos, portò in cielo
come sposa (II,21,22-24) 32.
Tutto questo induce ad una riflessione sulla qualità di questa etica
degli amanti che penalizza, nella prospettiva dell’amor totalizzante, il
comportamento infedele maschile quanto e forse più del comportamento
femminile. E sul tema si potrebbe aprire una lunga prospettiva che attraversa tutta la cultura dell’eros occidentale.
In questo quadro si inserisce la richiesta di superamento di quella
concezione dell’eros come forza trascinante, invincibile, l’eros sempre
aniketos con conseguente deresponsabilizzazione dell’amante, in favore di
un’etica fortemente innovativa. In nome dell’amor, del servitium amoris si
richiede l’impegno degli amanti alla reciproca fedeltà.
Tuttavia l’irresistibilità dell’impulso rimane sempre la sfida centrale.
Nell’elegia 19 del III libro Properzio si interroga su come captae
mentis habere modum, come mantenere il controllo, la misura della mente
in una situazione estrema come quella erotica.
32
Sul tema di Theseus doveroso segnalare il bel testo di Calame 1990.
56
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Una situazione che possiamo definire di stato modificato di coscienza, un A.S.C., altered state of conscionsness secondo la terminologia antropologica. Uno stato paragonabile a quello provocato da una possessione, da una modificazione indotta dall’entrata nel corpo di un’entità altra, un’entità diversamente umana, un essere extraumano, uno spirito,
un demone, uno jinn, un alimento droga 33.
Sul tema della “mania”, la follia provocata da Eros, si era soffermato
a lungo Platone nel Fedro indicando nella mania erotica quel tipo di
alterazione di coscienza più scatenato e scatenante, ma anche il più
adatto a raggiungere quel fine ultimo che è la conoscenza di sé.
Properzio non vuole fare il filosofo ma il poeta, quindi non “commenta Platone”.
Deve accettare infine che umanamente è impossibile – o quasi –
frangere gli stimulos rabidae nequitiae. È più facile far risalire i fiumi
alla sorgente, far sì che la Sirtide diventi un ancoraggio ospitale. È
doveroso quindi dare alla nequitia, situazione nella quale ci si ritrova
per l’incapacità di resistere all’eros come pulsione, il suo riconoscimento.
Properzio non rinuncia ad una riflessione sulla nequitia.
L’impulso erotico che provoca la nequitia, tuttavia, ancora una volta
non è proposto come porneia, per utilizzare un termine greco ampiamente ripreso nelle elaborazioni della continentia del primo cristianesimo e riversato alla fine nello stereotipo del controllo del femminile
come causa di fitna, caos, disordine, nell’islam 34.
La nequitia non comporta uno stato di impurità. È la deriva di un
comportamento eccessivo o male diretto, ma non determina una negatività strutturale.
In ossequio ad una tradizione stereotipa Properzio propone una serie di esempi tutti femminili di protagoniste del mito che non hanno
saputo o potuto fermarsi. Sono esempi estremi, esempi mitici dell’incapacità “femminile” di limite.
Sono Pasiphae, la sposa del superfamoso re di Creta Minos che induit abiegnae cornua falsa bovis (III, 19,12), indossò le corna false di una
vacca di legno, travolta da una passione bestiale per quel toro troppo
bello. Seguono Tyro figlia di Salmoneus che, travolta dal desiderio per
il fiume Enipeus, si offre tutta al liquidus deus per essere da lui inondata.
33
Sugli ASC Altered States of Conscionsness, stati modificati di coscienza, rimandiamo
ad una bibliografia di minima. Bourguignon 1973; Rouget 1986.
34
Sull’incidenza del controllo della sessualità nel cristianesimo Ranke Heinemann
1990 per una panoramica critica.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
57
Myrrha che insegue il suo amore incestuoso per il padre sino a realizzarlo con l’inganno. Seguono altri esempi di deriva estrema. Ancora
modelli femminili come Medea che – secondo la versione tragica di
Euripide – tradita stravolge l’amore per il marito Jason nell’infanticidio
dei loro figli. Clytemnestra che vendica con l’uccisione del marito il
tradimento subito e giustifica il suo diritto all’adulterio. Scylla, figlia del
re di Megara Nysos, che, sedotta dalla bellezza del nemico, il re di
Creta Minos, vende il padre al suo nemico 35.
La bellezza maschile seduce le donne quanto la bellezza femminile
gli uomini? Il tema nell’elegia è molto aperto
Tarpeia, l’exemplum romano, “storicizza” Scylla.
Tarpeia è vittima dell’amor in senso completo e complesso ma Tarpeia non è una figura “totalmente mitica”. È inserita in una dimensione
storica che richiama il complesso momento delle origini di Roma.
Anche per lei la bellezza virile di Tatius, che vede mentre si esercita
con il suo cavallo, è “fatale”. Il suo amore – illusione della vista – la
spinge all’illusione di essere riamata, e l’amore ricade su chi ama 36.
Properzio anticipa nel suo exemplum il modello di una sindrome
“femminile “evidenziata dalla ricerca clinica moderna 37. Quel comportamento eccessivo ritrovato nelle protagoniste del mito può irrompere negativamente nella storia. L’episodio si colloca opportunamente nella
struttura ambigua della pre-storia di Roma. Tarpeia con il suo folle
amore per il dux sabino Tito Tazio, il suo progetto di nozze e la giustificazione del tradimento con l’ipotesi di porre fine alla contesa armata
con un giusto matrimonio, si colloca nella dimensione di un progetto
impossibile, ma tenero, in paesaggio impossibile, ma sognato, la Roma
che non c’è e forse fu.
Il tema della “diversità” tra la Roma attuale, della storia, e la Roma
“degli inizi” si ridisegna in II,16.
35
Tema topico a cominciare da Eschilo Coefore dove il coro (604-638) canta l’eros
disordinato che vince il genere femminile, dove l’eros assume una dimensione sovradeterminata che esce dai binari della situazione sessuale per allargarsi a irrefrenabile impulso femminile. Una madre può uccidere il figlio come punizione dell’uccisione dei
fratelli: Althaia spegne la vita del figlio Meleagros, Scylla strappa il capello che rende
immortale il padre, le donne di Lemnos uccidono i loro mariti.
36
Su Tarpeia vedi Dumézil 1947, ma anche Dumézil (1974) 1977, dove la Tarpeia
di Properzio è considerata la variante più bella (Dumézil 2001: 75).
37
Il commento può richiamare l’attenzione sulla cosiddetta sindrome di Clérambault, interessante psichiatra degli anni venti del quale ricordiamo Les Psychoses Passionelles (1921) dedicato agli amori immaginati soprattutto da parte femminile.
58
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Qui c’è l’utopia di una Roma nella quale nemo esset dives. È una
Roma organizzata sulla scelta di un’eguaglianza preattuale come nell’età
dell’oro, quando la ricchezza non era un fattore distinguente.
Possiamo cogliere il riflesso di un topos letterario molto diffuso tra i
poeti del tempo, Tibullo, Orazio, Virgilio, tuttavia dobbiamo riflettere
sul fatto che dietro la banalizzazione del motivo letterario agisce certamente l’influenza di un richiamo di fondo, conosciuto, circolante, con
l’annuncio di un rinnovamento totale, “rivoluzionario”. Un messaggio
che si proponeva nelle “utopie” egualitarie nelle quali si riflettevano gli
annunci delle profezie apocalittiche di vario segno circolanti nel Mediterraneo ellenistico 38.
Properzio non manca di inserire anche qui il richiamo mitico che
identifica la pericolosità della ricchezza attraverso gli exempla che chiamano in causa in particolare le donne. L’attrazione che le donne dimostrano
per i munera, i regali, appare come sottintesa causa del degrado verso la
situazione attuale segnata dalla lotta per essere dives, ricco, dove questa
situazione è sollecitata proprio dalla debolezza femminile per la ricchezza.
I munera infatti seducono invariabilmente anzi tutto le donne, come
illustra la stringa mitica inserita: per un regalo Eryphile moglie di Amphiaraos sacrifica il marito. Anche Creusa – non si sa per quale munus – accetta di sposare Jason benché sia marito di Medea.
Assai significativamente si oppone il profilo paradigmatico del vero
maschio, un maschio investito di autorità, un dux che è al di sopra di
ogni debolezza. Il vero uomo è colui che pur dotato di comando straminea posset habitare casa, un condottiero, un soldato, un maschio nell’esercizio di quella funzione che più di ogni altra lo rappresenta, la funzione
guerriera può tranquillamente abitare una casa di paglia!
Sottinteso, il dux non si lascia sedurre dai regali. L’assenza di ricchezza non significa rinuncia al riconoscimento di autorità, di rispetto
come tutore dell’ordine.
Scorre così sottinteso un altro tema importante dell’etica del tempo.
La lode del modello austero espresso attraverso gli stereotipi del
rimpianto per la vita semplice che troviamo ripetuti varie volte nella
poesia augustea, in particolare in Orazio.
In Properzio tuttavia questo tema assume un fortissimo valore poetico che ne debanalizza l’ovvietà. L’austerità di vita è anche qualità virile
per eccellenza, sottintesa per colui che esercita il comando, per colui
38
Ferguson 1975 rimane un testo di riferimento. Vedi tuttavia il vecchio testo di
Lovejoy – Boas 1935.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
59
possiamo dire che unisce nella sua persona l’auctoritas e la potestas: le
due situazioni che legittimano il potere, come sottolinea Augusto stesso
in quel testo paradigmatico che sono le sue Res Gestae. Il potere che
egli si riserva è quello dato dal binomio auctoritas e potestas, dove la
reciprocità delimitante delle due sfere (l’auctoritas è limitata dalla potestas) determina anche l’assoluta integrità di chi è legittimato ad esercitare potere 39.
Si tratta dell’esercizio di un potere “perfetto” e, possiamo aggiungere, assolutamente “laico”, nel senso di essere al di fuori di qualsiasi
possibilità di intervento, anche del divino.
È quanto espresso nella rapida intensa asserzione dell’elegia 11, 66
del libro III, vix timeat salvo Caesare Roma Iovem?
Salvo Cesare (salvo colui che esercita auctoritas e potestas autorità e
diritto al potere, possiamo condensare) neppure Giove, neppure l’ira
del signore degli dei, potrebbe minacciare Roma.
È una spregiudicata affermazione totalmente laica potremmo dire,
che nella proiezione romana pone al centro l’anthropos, l’uomo inteso
secondo la proiezione greca che possiamo cogliere nel celebre coro
dell’Antigone di Sofocle, l’uomo che umanamente può tutto.
Quest’uomo, e qui si pone il paradosso, è anche il solo in grado di
opporsi alle donne seducenti e potenti, le donne raccontate in una rapida carrellata di exempla mitici o mito-storici organizzati in topos.
Properzio stigmatizza una folla di donne che è chiusa dall’exemplum
storico di Cleopatra che ha osato opporre al romano Juppiter l’egiziano
Anubis, il Nilo al Tevere. Properzio non si interroga su chi è Cleopatra?
Rappresenta una folla di donne, un modello femminile che non ha
piegato Augusto. La sconfitta di Cleopatra sottolinea la vittoria dell’uomo
che non si fa vincere dalle leggi del servitium amoris, che tuttavia il poeta
con infrangibile coerenza sostiene come “suo” segno, sua scelta personale.
Tuttavia Properzio si salva dietro l’affermazione della sua estraneità
da ogni tipo di situazione di potere.
Properzio si propone come un pensante diverso, qualcuno che vuole
sfuggire a quella condizione umana determinata dal suo creatore che
non è Dio o un dio, ma il titano Prometeo come raccontato in III,5,
dove un Prometeo fingens è il costruttore dell’uomo 40.
39
Vedi Res Gestae Divi Augusti 34, 3 Scheid 2007.
Sul tema, per il motivo di Pygmalion artifex artista creatore in senso assoluto,
sfidante il Dio creatore, anche Stoichita 2006.
40
60
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Qui Prometeo è proposto essenzialmente come il prototipo dell’artifex, l’artigiano creatore ma anche primo artista fallimentare che corpora
disponens mentem non vidit in arte.
La mancanza di mens di Prometeo fa sí che il prodotto, l’uomo, non
si accorga della vanità delle situazioni. La vanità delle situazioni riguarda proprio la vanità della ricchezza: il non rendersi conto che il Lydus
Dulichio non distat Croesus ab Iro, che il Lidio Creso non dista molto dal
mendicante Iro!
Ancora una volta ci troviamo dinanzi un molto disinvolto e insieme
molto incisivo uso di mito e storia da parte di Properzio che così manda il suo messaggio, il suo contributo, alle problematiche di fondo del
suo tempo, problematiche emblematicamente attuali.
Oltre gli amores, infatti, un filo sottile di critica insofferente e incisiva
denuncia lacerazioni sociali, culturali, e aperture “utopiche” in tutta
l’opera properziana.
Un atteggiamento che è reso esplicito a più riprese. Si compendia
ad esempio in quella dichiarazione icastica della problematica elegia 7
del libro II, dove Properzio dichiara il suo impegno a non accettare
nessuna “legge” impositiva di un matrimonio che escludeva Cynthia.
Una legge non identificata che, comunque, strappa a Porperzio quella esternazione radicale e significante: nullus de nostro sanguine miles erit
“nessuno del nostro sangue sarà soldato”.
È una dichiarazione dirompente. Il rifiuto di fare figli per la patria,
la terra dei padri, è in contrasto totale con quella teoria della sacralità
della guerra, del servizio militare come sacramentum, che costituisce la
spina dorsale dell’etica della respublica.
Ed è la denuncia di una posizione radicalmente contro.
Properzio, in modo anche più incisivo degli altri poeti augustei – pensiamo ad Orazio in primis –, sogna un mondo senza guerra, senza differenze di reddito. Un mondo socialmente giusto al quale sceglie di
contribuire rinunciando alla discendenza. Utopia o sotterraneo progetto,
suggerimento di una prospettiva messianica sull’onda lunga di annunci
profetici che attraversano tutto l’ultimo secolo della repubblica.
Potrebbe inserirsi in questa prospettiva anche la celebrazione di
Roma come luogo fuori dal tempo e dallo spazio, luogo “mitico” per
eccellenza e luogo predestinato. Futuro?
Non dimentichiamo che Properzio propone la Romana terra come
luogo di tutte le meraviglie, quindi luogo mitico per eccellenza: omnia
Romanae cedent miracula terrae, Natura hic posuit quidquid ubique fuit (III,22)
Nella prospettiva dell’aeternitas Roma potrebbe diventare il luogo
della realizzazione di questa meraviglia ultima legata alla cancellazione
della differenza tra ricchi e poveri nel senso di una cancellazione di
PROPERZIO MITO E PRESENTE
61
tutto ciò che le divitiae sottintendono e può essere banalizzato nella necessità di partire, lasciare l’amata per il viaggio. L’abolizione della rincorsa alla ricchezza si intreccia strettamente alla rinuncia alla militia,
quindi alla cessazione della ferocia, tema “apocalittico” basilare.
È l’attualizzazione dei “Saturnia regna”, il ritorno dell’età del mito,
tempo non attuale per eccellenza che può ora con perfetta coerenza
farsi tempo futuro. È il mondo dei “redeunt Saturnia regna” virgiliani,
intorno ai quali si accumula la massa dei materiali dell’apocalypticism
mediterraneo 41.
Modelli per un mondo inquieto, “rivoluzionario”.
Rimane aperta la domanda: chi è dunque veramente il “poeta” Properzio? Chi sono i “poeti” suoi contemporanei? Costruttori di situazioni,
enunciatori di problematiche incalzanti, fondatori di sfide, anticipatori
di futuro. O solo amanti fuori dal tempo?
41
Sul tema sempre importanti i puntigliosi articoli di Alfoeldi a cominciare dal
1971, ma per il rapporto del tema del ritorno dell’età dell’oro con le profezie apocalittiche di matrice pseudo-epigrafa ebraica e non solo vedi Amiotti 1982; Collins 1999;
Chirassi Colombo 2005, ed anche la raccolta di saggi in Hellholm 1989.
62
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
BIBLIOGRAFIA
Amiotti G. 1982, Gli oracoli sibillini e il motivo del re d’Asia nella lotta politica di
Roma in Politica e Reli gione nel primo scontro tra Roma e l’oriente, M. Sordi
cur., Milano.
Amoruso V. 1998, Pound e Properzio. Il “Passato come maschera del Presente in A
confronto con Properzio (da Petrarca a Pound), Atti Convegno Internazionale
Assisi 17-19 maggio 1996, 1998 pp. 39-49.
Bachofen J.Y. (1870) 1961, Die Sagevan Tanaquil, G.W. VI Basel.
Bourguignon E. 1973, Religion, Altered States of Consciousness and Social Change,
Ohio U.P.
Brelich A. 1939, Il mito nella storia di Cecilio Metello. SMSR, XV 1939, pp. 30-41.
Brelich A. 1955, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma.
Brelich A. 1958, Gli eroi greci. Un problema storico religioso, Roma.
Brelich A. 1960, Quirinus una divinità romana alla luce della comparazione storica,
SMSR 31, pp. 63-119.
Brelich A. (1966) 2005, Introduzione alla Storia delle Religioni, Roma.
Brelich A. 2002, Mitologia Contributi a un problema di fenome etnologia religiosa
(1969) in Mitologia, Poli teismo Magia, P. Xella cur., Roma 2002, pp. 93-106.
Calame C. 1990, Thésée et l’imaginaire athénien. Lègende et culte en Gréce antique,
Lausanne.
Calame C. 1992, I Greci e l’eros. Simboli, pratiche e luoghi, Bari.
Charlesworth 1983, The Old Testament Pseudepigrapha, New York, I Enoch.
Centini M. 1999, La sindrome di Prometeo L’uomo crea l’uomo Dalla mitologia alle
biotecnologie, Milano.
Chirassi Colombo I 1985, Melusina o il segno del serpente: avventure storico culturali di una donna anche serpente in AA. Melusina Mito e leggenda di una
donna anche serpente, pp. 61-86, Milano.
Chirassi Colombo I 1993, Il mestiere di Dio ed i suoi rischi in La cultura in Cesare,
in Atti del convegno internazionale di Studi Macerata Matelica 30 aprile-4
maggio, 1990 D. Poli cur. Roma, pp. 397-426.
Chirassi Colombo I 1994 (1983), La religione in Grecia, Bari-Roma.
Chirassi Colombo I 2001, La Grecia, l’Oriente e Pasolini Riflessioni su Medea, in
P. Xella-M. Rocchi-S. Ribichini cur. La questione delle influenze vicino-orientali
sulla religione greca, pp. 341-362, Roma.
Chirassi Colombo I 2004, La bru de Noé in La Sibylle parole et représentation,
M. Bouquet - F. Morzadec cur., pp. 131-149.
Chirassi Colombo I 2005, Il mito e il Novecento in Interrompere il quotidiano,
N. Spineto cur. Milano, pp. 97-137.
PROPERZIO MITO E PRESENTE
63
Chirassi Colombo 2006, Tra nomoi e Nomos oscillazioni di etica medi terranea, in
Dynasthai didasken studi in onore di Filippo Cassola, M. Faraguna V. Vedaldi
Iasbez cur. Trieste, pp. 111-126.
Chirassi Colombo I 2008, Alexandria Alexandros. Un progetto sognato, Incontri
triestini di Filologia Classica VI 2006-7, Atti in onore di L. Casarsa, Trieste,
pp. 333-336.
Collins J.J. 1990, The jewish transformation of Sibylline oracles in Sibille e Linguaggi
oracolari, Mito Storia Tradizione, I. Chirassi Colombo - T. Seppilli cur., Macerata Norcia 20-21 settembre 1994, pp. 369-387.
Detienne M. 1983, L’invention de la Mythologie, Paris 1983.
Dorival G. Harl M. - Munnich O. 1988, La Bible grecque des Septante. Du judaisme, hellenistique au Christianisme ancien Paris.
Dover J.K. 1978, Greek Homosexuality, Cambridge Mass.
Dumezil G. 1947, Tarpeia, Paris.
Dumézil G. 2001, La religione romana arcaica (1977), tr. it. Milano.
Dürenmatt F. 1976, Zusammenhänge Essay über Israel. Eine Konzeption, 1976 Zurigo, Werke.
Fausto-Sterling Anna 1985, hyths of genver Biological theories about winim an V men,
New York.
Ferguson J. 1975, Utopia of the classical world, London.
Foncault M. 1976-1984, Storia della sessualità, tr. it. Milano.
Gazich R. 1995, Exemplum ed esemplarità in Properzio, Milano.
Geertz C. 1966, Religion as Cultural System, Banton M. ed. Anthropological Approaches to the Study of Religion, London, pp. 1-46.
Gera D. 1997, Warrior Women The anonymous tractatus de mulieribus, Leiden 1997.
Hellholm D. 1989 (2ed.) Apocalypicism in the Mediterranean World and the
Near East Töbingen.
James L.S. 2003, Learned girls, Male Persuasion, Gender and Reading in Roman
Love, Elegy Berkeley 2003.
Jeanmaire H. 1931, La Sibylle et le retour de l’age d’or, Paris
Lovejoy A. - Boas G. 1935, Primitivism and Related Ideas in Antiquity, Baltimore.
Nikiprowetzky V. 1970, La troisième Sibylle, Paris.
Ranke Heinemann U. 1995, Eunuchi per il regno dei cieli, Milano.
Rougette G. 1986, La musique et la transe, Paris.
Rousselle A. 1983, Porneia. de la maitrise du corps à la privation sensorielle, Paris.
Sabbatucci D. 1988, La religione di Roma antica. Dal calendario festivo all’ordine
cosmico, Milano.
Sabbatucci D. 2000, Monoteismo, Roma.
64
ILEANA CHIRASSI COLOMBO
Stoichita V. 2006, L’effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock, Milano.
Sissa G. 2003, Eros tiranno. Sessualità e sensualità nel mondo antico, Bari.
Toso S. 2007, Fabulae Graecae Miti greci su gemme romane, Roma.
Scheid J. 2007, Res Gestae Divi Augusti, Paris.
Vidal Naquet 2006 (1981), Il cacciatore nero. Forme di pensiero e forme di articolazione sociale nel mondo greco antico, Milano.
Wolf Ch. 1999 (1999), L’altra Medea. Premesse a un romanzo, Roma.