progetto: “dal fondatore al successore”
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progetto: “dal fondatore al successore”
PROGETTO: “DAL FONDATORE AL SUCCESSORE” INTRODUZIONE Il presente documento costituisce la sintesi di un progetto più ampio – cofinanziato dalla Camera di Commercio di Torino e da Api Formazione – che ha come focus il processo di trasmissione di impresa presso le PMI di Torino e provincia. Api Formazione, con il progetto “Dal Fondatore al Successore” vuole offrire alle Aziende interessate: 1) una prima panoramica della situazione in Piemonte, in Italia e in Europa, in merito alla normativa vigente, alle indicazioni delle Commissioni della Comunità Europea e alle buone prassi in atto. 2) Alcuni dati rilevati con la collaborazione delle PMI afferenti ad Api Torino e ad Api Formazione relativamente alle opinioni sul tema e alle strategie da esse adottate per la gestione del passaggio di testimone fra precedenti e nuovi titolari. 3) Una serie di “spunti di riflessione” raccolti incontrando alcune Aziende associate che hanno partecipato al progetto e hanno condiviso con noi la propria esperienza nella gestione di questo delicato processo. 1 Il documento è rivolto: • in primo luogo agli imprenditori senior e junior che si trovano a dover affrontare il tema della continuità come protagonisti diretti: il fondatore/titolare che sta per trasmettere l’attività e il giovane/neotitolare che la rileverà; • in secondo luogo alle PMI che abbiano affrontato di recente questo passaggio, e che abbiano identificato dei punti di debolezza sui quali lavorare e/o dei punti di forza da condividere con altri. • A tutti coloro –Istituzioni e Associazioni di categoria – che desiderino approfondire l’argomento. L’obiettivo è quello di fornire una prima risposta – di tipo informativo – sul tema della continuità di impresa, in particolare: • offrire un quadro aggiornato e contestualizzato della posizione delle PMI torinesi • sensibilizzare maggiormente le imprese del nostro territorio rispetto ad una fase del loro ciclo di vita particolarmente delicata e strategica • ipotizzare alcune possibili modalità di collaborazione sul tema con le Associazioni di categoria e le istituzioni locali. 2 INDICE Introduzione 1. Le imprese e il passaggio di testimone 1.1 Di cosa parliamo? 1.2 Le reazioni dei protagonisti 1.3 Le associazioni di categoria: quale ruolo? 2 . Il fenomeno della trasmissione d’impresa in Italia ed in Europa: aspetti normativi 2.1 Il contesto europeo 2.2. La proposta di linee guida europee per a trasmissione di impresa nelle P.M.I. 2.3. Le azioni di intervento in Italia 2.4. Conclusioni 3. Diritto societario e fiscale: aspetti connessi alla trasmissione di impresa 3.1. Il ricambio generazionale e la trasmissione di impresa: strumenti legislativi 3.2. Gli strumenti non legislativi per tutelare la continuità aziendale 3.3. Il ricambio generazionale e la trasmissione di impresa: aspetti fiscali 3.4. Le raccomandazioni della Commissione Europea 4. Trasmissione di impresa: le risposte delle PMI torinesi 4.1. Obiettivi e logica della ricerca 4.2. Gli esiti del rilevamento 4.3. Analisi dei dati relativi alle caratteristiche delle Aziende 4.4. Analisi dei dati relativi alla successione Aziendale 4.5. Le percezioni dei diversi rispondenti 4.6. Altri dati rilevati 5 Gestire la transizione: alcune esperienze di successo 5.1. Trasmissione di impresa, PMI e famiglie: unicità e peculiarità di un percorso 5.2. Aspetti anagrafico-storici della vita dell’Azienda 5.3. Consapevolezza rispetto al tema della trasmissione di impresa 5.4. Fattori di successo e di insuccesso 5.5 Il ruolo delle Associazioni di Categoria 3 1 LE IMPRESE E IL PASSAGGIO DI TESTIMONE 1.1. Di cosa parliamo ? La questione della trasmissione d’impresa – in particolare presso le imprese di piccole e medie dimensioni, che rappresentano il contesto in cui essa si pone con maggior rilevanza – può essere così sintetizzata : come garantire che un’impresa fondata e/o condotta fino a oggi da un imprenditore/padrone continui nella sua attività con successo e con prospettive di espansione allorché il leader attuale dovrà passare il testimone (ossia, cedere la proprietà e/o la gestione ad altra persona o ad altra azienda) per ragioni di età o di salute o per altri motivi dettati, per esempio, da particolari andamenti del mercato o da problemi organizzativi, o per altri motivi ancora? Dietro questa quesito, già di per sé complesso, si nasconde un problema molto diffuso e di vitale importanza per ogni Azienda e per ogni imprenditore. Molte sono le variabili in gioco e le dimensioni coinvolte: le caratteristiche e le attitudini personali e professionali dell’imprenditore, l’esistenza di eredi capaci e disposti a prenderne il posto, le dimensioni e il grado di sviluppo raggiunti dall’azienda, le regole di governo dell’impresa, la coesione della famiglia e del management aziendale, la presenza di manager esterni alla famiglia, etc. Allo stesso tempo, si tratta di una questione che non è possibile eludere, poiché la trasmissione di impresa rappresenta un momento molto delicato non solo per le aziende interessate ma per l’intero sistema socio-economico del Paese, se è vero quanto rilevato da più fronti: • il 58% delle aziende italiana sono controllate, secondo Bankitalia, da una o poche famiglie e il 24% da una persona sola, quindi sono “familiari” in accordo con la definizione di impresa familiare proposta dagli economisti Corbetta e Dematté più di dieci anni fa, e adottata anche da tutti gli studi più recenti: è “familiare” l’impresa “in cui il capitale sociale e le decisioni fondamentali di governo economico sono controllate da una sola famiglia o da poche famiglie legate fra loro da vincoli di parentela, stretta affinità o solide alleanze”. 4 • il 39% della capitalizzazione della Borsa di Milano – escludendo banche, assicurazioni, Enel ed Eni – è rappresentato, secondo calcoli effettuati dall’Università Bocconi, da aziende familiari, mentre dodici dei primi venti gruppi quotati sono a controllo familiare (fonte: R&S – Il Sole 24 Ore). Al tema della peculiare fisionomia delle aziende familiari, delle modalità di gestione e di sviluppo, e quindi anche della continuità e del passaggio generazionale, è stata dedicata negli ultimi anni un’attenzione crescente in tutta Europa, Italia compresa. L’Unione Europea, che dal 1994 si occupa del tema attraverso uno specifico gruppo di esperti, stima che proprio i problemi legati al trasferimento d’impresa siano alla base del 10% dei fallimenti registrati negli ultimi anni, con conseguenze dunque negative per migliaia e migliaia di posti di lavoro. In altre parole una transizione mal condotta o comunque non riuscita può pregiudicare gravemente, non solo la prosperità dell’impresa, ma anche la sua stessa sopravvivenza. Si calcola che un terzo di tutte le imprese in area Europea passeranno di mano nei prossimi 10 anni e che ogni anno cambieranno proprietà in media oltre 600 mila Pmi, coinvolgendo potenzialmente 2,4 milioni di posti di lavoro. Nel nostro Paese, dove secondo Bankitalia il 53% dei soggetti controllanti le aziende ha più di 61 anni, studi di Unioncamere valutano che la questione dovrà essere affrontata nei prossimi 5 anni da 6 imprese su 10 (e i due terzi di queste si troveranno in situazioni a rischio) e nei prossimi 10 anni da 1,5 milioni di Pmi per complessivi 600 mila posti di lavoro potenzialmente a rischio. Una ricerca condotta in Veneto ha evidenziato che nel periodo 2002-2007 sono state 118 mila le imprese in fase di passaggio generazionale, per un totale di 400 mila posti di lavoro coinvolti e un volume d’affari di 50 miliardi di euro. Ci sono inoltre studi che pongono in evidenza altri aspetti collegati al passaggio generazionale: per esempio, in tema di credito, è stato calcolato che il grado di rischio attribuito dalle banche a un’impresa in fase di transizione si triplica rispetto al valore riferito all’attività ordinaria; oppure, in materia di impatti sociali e territoriali, si stima che un trasferimento generazionale riuscito permetta di conservare in media cinque posti di lavoro, mentre una nuova impresa, in media, ne genera soltanto due. 5 Tutti questi dati dovrebbero far riflettere seriamente sulla gestione del passaggio generazionale come su uno dei momenti più critici nella vita di una PMI, in particolare se familiare. In conclusione, se si considera che una parte rilevante delle aziende italiane è nata durante il periodo del boom economico (anni 60-70) e che la durata di vita media di un’impresa familiare è valutata in 32 anni, ci troviamo di fronte ad un problema non solo complesso – come già illustrato – ma anche urgente per molte delle PMI del nostro territorio. 1.2. Le reazioni dei protagonisti Nonostante questa situazione,secondo alcune stime, solo l’11% degli imprenditori italiani avrebbe fissato un’età per il ritiro e solo il 7% pensa a un piano formalizzato per il passaggio di consegne. Si tratta solo due indicatori, che tuttavia segnalano alcune linee di tendenza (peraltro confermate dalle rilevazioni condotte nel corso del Progetto), e che possono essere così sintetizzate: • l’idea che prima o poi si debba procedere a un passaggio del testimone non rientra fra le priorità di gran parte degli imprenditori: un atteggiamento che potrebbe essere riconducibile alla relazione stretta fra il titolare e la sua azienda e alla fatica di un cambiamento anche se evolutivo di tale rapporto, ma che ha radici anche nella delicata gestione del management soprattutto nelle PMI e nella difficoltà in questi contesti di pianificare le strategie a medio e lungo termine; • la convinzione che il passaggio di consegne, quando necessario necessiti di poco tempo e si limiti alla delega di qualche settore aziendale, spesso con il mantenimento della titolarità e di alcuni poteri da parte dell’imprenditore senior. Del resto è stato sottolineato dal gruppo di esperti della Comunità Europea come sul tema della continuità d’impresa non potesse ancora, almeno fino ad una decina di anni fa, ritenersi consolidato un know how specialistico, né a livello di chi opera nelle aziende né dei professionisti, dei consulenti e degli studiosi, a differenza di quanto avviene ad 6 esempio per la fase di start-up e di gestione corrente delle aziende, per le quali esistono procedure, strumenti e tecniche di analisi e di previsione già acquisiti. Inoltre la quasi totalità di PMI che a breve si ritiene saranno coinvolte nella gestione del passaggio generazionale sono aziende familiari, che poiché caratterizzate dallo stretto legame tra una famiglia (o più famiglie collegate) e l’impresa, sono realtà molto complesse, in cui convivono le componenti familiare, patrimoniale e manageriale e in cui sono spesso, anche se non sempre, concentrati nella stessa persona o gruppo di persone molteplici attributi: quello della proprietà e quindi del controllo azionario, quello dell’indirizzo strategico e programmatico e quello manageriale, cioè della gestione operativa. Pur contraddistinte da storie particolari e “uniche”, segnate dall’intraprendenza, dall’impegno e dalle capacità di un singolo o di una famiglia, le aziende familiari – come le altre PMI – sono soggette alle variabili che determinano il funzionamento di ogni impresa: • la dimensione organizzativa/ manageriale; • la dimensione finanziaria; • la dimensione della governance, cioè delle regole che presiedono alla sua conduzione ordinata e trasparente; • la dimensione del contesto normativo in cui è chiamata a operare. Semmai, lo studio dei fenomeni che la riguardano è reso più complesso proprio dalla componente individuale e familiare che le caratterizza. In questo quadro, all’interno del ciclo di vita dell’azienda, l’evento probabilmente più critico dopo la nascita è quello della successione. La gestione del passaggio generazionale comporta infatti il rischio concreto di penalizzare la posizione competitiva dell’impresa nel medio termine, compromettendo il raggiungimento dell’obiettivo fondamentale della creazione di valore, che deve invece rimanere immutato rispetto a ogni situazione contingente. Questo può risultare difficile per molte Pmi italiane, che non sono in possesso delle esperienze e delle informazioni necessarie a gestire il fenomeno. 7 Trasferire da una generazione all’altra il know how, le conoscenze e le competenze manageriali acquisite in anni di esperienza è, indubbiamente, un punto di forza delle stesse Pmi, almeno sulla carta. Ma, come accade per ogni punto di forza, è necessario riconoscerlo e governarlo nel modo più vantaggioso, per fare in modo che la transizione possa esprimere appieno il proprio potenziale di motore di innovazione e sviluppo. 1.3. Le associazioni di categoria: quale ruolo? A fronte di questa situazione, i quesiti che Api Formazione si è posta e che in parte trovano nei materiali prodotti nel corso del Progetto una prima risposta sono stati: • Quali sono gli strumenti a disposizione delle imprese? • Quali sono i principali ostacoli da superare affinché le aziende interessate dalla questione del passaggio di testimone possano affrontare e sopravvivere a questa fase del loro ciclo di vita? • Quali le strategie vincenti che possono essere trasmesse ad altre imprese e costituire un patrimonio comune per le PMI del nostro territorio? • Qual è il ruolo che i consulenti e le associazioni di categoria dovrebbero svolgere per supportare gli imprenditori, sia senior che junior? A partire da una prima analisi delle risposte delle Aziende incontrate nell’ambito delle attività di progetto è oggi possibile avviare una riflessione su questo tema, che potrà, in futuro portare ad una maggiore collaborazione fra imprenditori nella gestione di queste delicate fasi della vita delle loro aziende, nella quale sicuramente le associazioni di categoria e la Camera di Commercio potranno avere un significativo ruolo. 8 2. IL FENOMENO DELLA TRASMISSIONE E SUCCESSIONE D’IMPRESA IN ITALIA ED IN EUROPA 2.1. Il contesto Europeo Ogni anno centinaia di migliaia di imprese europee rischiano di chiudere per l’insuccesso del ricambio generazionale nella gestione dell’azienda, con la conseguente perdita numerosi posti di lavoro. L’enorme attualità del fenomeno è confermato da statistiche dell’Unione Europea ( fonte Eurostat) secondo le quali circa 5 milioni di imprese con sede nell’UE, pari al 30% di tutte le imprese comunitarie, dovranno far fronte al problema della trasmissione nel breve periodo. Già nel 1997, nel corso del Forum di Lille, era emerso come un milione e mezzo d’imprese rischiavano di scomparire nei successivi anni, a causa di un’insufficiente preparazione della trasmissione, e con esse 6.300.000 posti di lavoro rischiavano di andare perduti. Nel corso del forum erano stati evidenziati i seguenti punti, tutt’ora attuali: • La trasmissione d’impresa non è un semplice atto di vendita; • La trasmissione d’impresa è invece un processo, di medio-lunga durata, che va preparato, gestito, accompagnato; • La principale responsabilità del buon esito va fatta risalire sostanzialmente ai senior, che di norma non preparano per tempo la successione; • Per sviluppare le potenziali figure continuatrici, bisogna porle in condizione di sperimentare la propria autonomia nella cornice di un’esperienza di responsabilità propria, sia essa vissuta all’interno o all’esterno dell’azienda; • La complessità del problema richiede uno sforzo multidisciplinare: consulenti ed esperti sia di management che di politiche a livello macro e micro economico non sono ancora giunti a sviluppare un “sapere” specifico e trasmissibile su questo tema; 9 • Le regole classiche per la gestione d’impresa – soprattutto nel caso delle PMI – non sono sufficienti per la gestione della continuità d’impresa, e vanno integrate necessariamente con altre più specifiche. A tal fine vanno individuati e diffusi nuovi strumenti. Lavorando sul materiale prodotto a Lille, la Commissione Europea ha elaborato una Comunicazione, che viene emessa il 28 marzo 1998, in cui si esortavano i paesi membri a prendere una serie di misure di cornice, tali da rendere l’intero territorio dell’Unione più recettivo ai processi di trasmissione. L’esito della Comunicazione è stato purtroppo molto deludente. Nel 2000 il Consiglio Europeo straordinario di Lisbona ( 23 e 24 marzo 2000) sancisce la necessità di imprimere un nuovo slancio alle politiche economiche comunitarie, in un momento in cui la congiuntura chiedeva di dare indicazioni concrete, a fronte di alcune recenti evoluzioni che stavano modificando profondamente l'economia e la società: • la globalizzazione dell'economia, che ha costretto l'Europa ad essere all'avanguardia di tutti i settori nei quali è forte l'intensificarsi della concorrenza. • l'importanza crescente delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) nella sfera professionale e in quella privata con la duplice conseguenza di imporre una revisione completa del sistema d'istruzione europeo e di dover garantire l'accesso alla formazione lungo tutto l'arco della vita. Il Consiglio Europeo di Lisbona ha inoltre cercato di formulare orientamenti in grado di cogliere le opportunità offerte dalla nuova economia, e allo stesso tempo di contrastare le debolezze che il mercato del lavoro in Europa continua a presentare. In particolare: • l'insufficienza della creazione di posti nel settore dei servizi, malgrado tale settore sia di gran lunga il più importante in termini occupazionali; • forti squilibri regionali, che come si temeva sono aumentati in particolare dopo l'allargamento del 2004 ; 10 • un elevato tasso di disoccupazione di lunga durata; • un'inadeguatezza fra l'offerta e la domanda di manodopera, il che è abbastanza frequente nei periodi di ripresa economica; • una insufficiente partecipazione femminile al mercato del lavoro; • l'andamento demografico europeo, in particolare l'invecchiamento della popolazione. La strategia per la trasmissione di impresa messa a punto in sede europea è partita da questi dati preoccupanti. I governi nazionali sono stati invitati con appositi provvedimenti normativi comunitari ad adottare interventi diretti ed indiretti in favore del passaggio generazionale (Racc.7.12.94 e Com. 28.3.98). Sul piano giuridico, si è chiesto agli Stati membri di favorire i casi di trasformazione di un’impresa che risultino più adeguati alle esigenze del titolare fondatore e/o del successore, mentre sul piano fiscale, viene incoraggiata una politica tributaria che non ostacoli il trasferimento di impresa. In questo contesto - per dare seguito alle linee di intervento suggerite dalla Commissione Europea - è stato costituito nel marzo del 2000 un “Gruppo di esperti comunitari sulla trasmissione di impresa”, con l’obiettivo di verificare e completare le diverse misure prese dagli Stati membri ed analizzare l’applicazione della raccomandazione comunitaria al riguardo. Nonostate la gravità dei dati rilevati sul tema, infatti, in nessuna delle nazioni membro erano fino a quel momento stati fatti dei passi concreti. Dopo due anni di lavoro, questo primo Expert Group produce un Report, il cui contenuto chiave viene presentato al seminario di Vienna il 23-24 settembre 2002. Un anno dopo viene attivato il secondo Expert Group (MAP Group) le cui indicazioni sono state recepite a livello formale ma non ancora tradotte in linee guida che orientino le normative dei singoli paesi. 11 L'esame delle misure adottate ha permesso agli esperti di constatare che finalmente tutti gli Stati membri hanno adottato qualche misura in risposta alla raccomandazione della Commissione, ma: • in più della metà dei possibili campi d'azione non è stata adottata alcuna misura; • in tredici Stati membri esistono norme speciali per il regime fiscale delle successioni e delle donazioni in caso di trasferimento di un'impresa; • dieci Stati membri hanno adottato misure per facilitare il trasferimento a terzi; • in alcuni campi più di due terzi degli Stati membri non hanno adottato alcuna misura. Tra le raccomandazioni giuridiche e fiscali, il gruppo di esperti ha individuato i seguenti cinque settori cruciali per i trasferimenti d'impresa: • Misure che facilitano il trasferimento di un'impresa a terzi • Misure specifiche che facilitano i trasferimenti ai dipendenti • Norme speciali per il regime fiscale delle successioni e donazioni per i trasferimenti d'impresa • Incentivi per i pensionamenti anticipati • Esenzioni fiscali per i proventi di un trasferimento, successivamente reinvestiti in un'altra PMI. Gli esperti sottolineano il fatto che, quando propongono nuove norme riguardanti i trasferimenti d'impresa, comprese le misure fiscali, gli Stati membri dovrebbero tener conto della necessità di non deteriorare le condizioni dei trasferimenti d'impresa. Esistono svariati organismi che offrono sostegno ai trasferimenti d'impresa. Si tratta di un sostegno che spesso non è offerto in modo strutturato e che quindi non raggiunge necessariamente i fruitori potenziali. Sensibilizzare, dare informazioni sul sostegno disponibile, offrire corsi di formazione specifica sul trasferimento d'impresa, inserire il trasferimento d'impresa nel curriculum della formazione all'imprenditorialità, offrire consulenza, creare borse per gli acquirenti e i venditori di aziende e mettere a disposizione mezzi finanziari sono strumenti importanti per facilitare e fornire sostegno ai trasferimenti d'impresa, che alcuni Stati europei hanno adottato e stanno adottando. 12 I lavori della Commissione Europea hanno inoltre evidenziato come i trasferimenti d'impresa derivino ancora molto spesso dal pensionamento dell'imprenditore, ma quelli dovuti a ragioni personali sono in aumento e sempre più numerosi saranno i trasferimenti al di fuori della famiglia verso terzi. Pur mancando dati comparabili sui trasferimenti di imprese a livello europeo, nel 2002 era stato stimato , in base ai dati delle ricerche nazionali, che circa un terzo delle imprese avrebbero proprietà nei successivi dieci anni, ovvero fra il 2002 e il 2012 (dal 25 al 40% secondo gli Stati membri). Questo corrisponde ad una media di almeno 610.000 trasferimenti di PMI all'anno, di cui 300.000 PMI con dipendenti, per un totale di 2,1 milioni di posti di lavoro e 310.000 PMI senza dipendenti. Di conseguenza, si prevedeva un aumento della domanda di potenziali acquirenti/proprietari di PMI e questo porta in primo piano la necessità di una maggiore attenzione per la motivazione e la formazione di questi ultimi. I valori e le concezioni dei proprietari di imprese sono cambiati moltissimo, evidentemente, negli ultimi 50 anni. Mentre gli imprenditori del periodo immediatamente successivo alla II guerra mondiale hanno costruito essi stessi le loro imprese, i giovani imprenditori non hanno necessariamente lo stesso vincolo “sentimentale” o “affettivo” con esse. Sono più inclini a cederle per ragioni personali e spesso passano da un lavoro autonomo ad un lavoro dipendente o possono creare più imprese, l’una successivamente all’altra (imprenditorialità seriale). Questa tendenza ad una diversa gestione della proprietà nel corso della vita lavorativa di una persona può creare una maggiore dinamica imprenditoriale e favorire l'innovazione. Poiché in generale è stato verificato che i proprietari tendono a ridurre i loro sforzi per sviluppare l'impresa già molti anni prima della pensione, la crescente tendenza a cedere l'impresa prima del pensionamento può contribuire a far sì che ingenti potenzialità non vadano perdute e che il valore delle aziende non diminuisca. Anche se sussistono differenze, nel seminario di Vienna del 2002 erano state rese pubbliche alcune tendenze, rilevate dalla commissione e comuni a tutti gli stati membri di allora, in particolare: 13 • la crescente importanza della questione dei trasferimenti d'impresa, dovuta all'elevato e crescente numero di trasferimenti dei prossimi dieci anni; • la presenza di un numero crescente di trasferimenti d'imprese che avverrà al di fuori della famiglia, a favore di terzi; • l’aumento del numero di imprenditori opererà nella stessa impresa per un periodo di tempo più breve, non per tutta la vita; • la complessificazione dei motivi che portano al trasferimento di impresa: non soltanto l'età o il pensionamento del titolare , ma anche decisioni personali (pensionamento anticipato, cambiamento di professione, interessi o situazione familiare, ecc.) e evoluzione delle condizioni di concorrenza (evoluzione dei mercati, nuovi prodotti, nuovi canali di distribuzione, ecc.) saranno sempre più all'origine dei cambiamenti che coinvolgono l’impresa quando un titolare lascia ad un successore. 2.2. La proposta di linee guida europee per a trasmissione di impresa nelle P.M.I. Se queste affermazioni sono vere in generale per le imprese di maggior parte dell’Unione Europea, è anche importante sottolineare, fra gli Stati membri – e l’Italia non è da meno la diffusione delle imprese piccole e piccolissime: nel 2002 nell'UE l'86% dei 9,1 milioni di imprese con dipendenti contava meno di dieci addetti. Questo fondamentale gruppo di imprese di solito non domina il dibattito politico e pubblico e raramente prende parte all'attività organizzativa. Sempre nel corso dei lavori del Gruppo di Esperti Europei sulla trasmissione di impresa è stata promossa l’elaborazione di linee guida – che dovrebbero servire da orientamento per le politiche dei singoli stati – nelle quali è stata più volte richiamata l'attenzione su questa grande categoria di PMI che costituisce buona parte del tessuto produttivo nelle varie nazioni. Tenendo conto delle tendenze e delle difficoltà più diffuse – sintetizzate nel precedente paragrafo- l’Unione Europea ha posto l’accento su alcune raccomandazioni, che se tradotte in passi operativi, incluse le opportune modifiche alle normative vigenti in ogni 14 stato membro, consentirebbero di sostenere le P.M.I. nella delicata gestione della trasmissione di impresa. In particolare: • Creazione di un “Centro europeo per i trasferimenti d'impresa”, una piattaforma europea virtuale per il coordinamento e la raccolta di informazioni e lo scambio di esperienze e delle pratiche migliori sulla situazione degli Stati membri e per promuovere e facilitare la cooperazione transfrontaliera. Per ottenere la massima efficacia e diffusione dei servizi dei centri, analoghi centri per i trasferimenti d'impresa dovrebbero essere creati a livello nazionale. Questi centri dovranno essere strettamente collegati all'attività delle autorità europee, nazionali, regionali e locali, delle organizzazioni imprenditoriali e di altri organismi, come le camere di commercio, e operare per quanto possibile entro le reti di assistenza alle PMI esistenti. Un centro europeo consentirebbe anche un regolare aggiornamento dell'attività del gruppo di esperti. • Creazione di una banca dati/borsa europea dei cedenti e degli acquirenti collegata o integrata nel centro europeo per i trasferimenti d'impresa. La banca dati europea dovrebbe fungere da portale generale, che permetta alle banche dati esistenti di scambiare informazioni e di promuovere i trasferimenti d'impresa transnazionali. L'accesso alle offerte di acquirenti e cedenti di uno Stato membro sarebbe possibile dalle banche dati degli altri Stati membri mediante un programma di traduzione. La creazione di questo tipo di banche dati come "ospiti" in altri Stati membri dovrebbe essere incoraggiata e potrebbe essere facilitata dal centro europeo per i trasferimenti d'impresa. Lo stesso indirizzo Internet con diversi codici di paese potrebbe contribuire a promuovere la banca dati negli Stati membri. • Organizzazione di seminari, riunioni, convegni europei periodici su specifiche questioni relative ai trasferimenti d'impresa, come le questioni fiscali e giuridiche e il finanziamento, oltre ai servizi forniti dai centri di trasferimento e dalle banche dati di cedenti e acquirenti. Questi seminari dovrebbero incentrarsi sullo scambio delle pratiche e delle idee migliori, che potrebbero essere utilizzate in altri Stati membri per facilitare i trasferimenti d'impresa. I risultati dovrebbero servire come materia per i seminari e le riunioni a livello nazionale, regionale e locale e potrebbero essere accessibili sul sito Internet del centro per i trasferimenti d'impresa. I partecipanti 15 rappresenterebbero le autorità pubbliche, le organizzazioni imprenditoriali, gli esperti (contabili, legali) e simili. La riunione di tutte le parti interessate può contribuire ad un migliore coordinamento. • Sviluppo di strumenti di formazione e gestione alternativi o aggiuntivi personalizzati per le imprese gestite dai proprietari e le piccole imprese familiari esistenti e future, anche utilizzando l'esperienza raccolta dalle reti di assistenza alle PMI e dai centri per i trasferimenti d'impresa negli Stati membri. • Programmi di assistenza e di ricerca di iniziativa pubblica incentrati sui trasferimenti d'impresa, comprendenti la raccolta e l'aggiornamento di dati statistici; la sensibilizzazione, la motivazione, la formazione e l'istruzione dovrebbero essere intensificati in cooperazione con organizzazioni, consulenti e altre istituzioni interessate ai trasferimenti d'impresa. • Uguale attenzione dovrebbe essere rivolta alla creazione e al trasferimento di imprese e in modo molto più coordinato. Occorre intensificare la ricerca, l'assistenza e la politica relativa ai trasferimenti d'impresa. Accanto al forte orientamento verso la creazione di imprese, la fase del trasferimento nel ciclo di vita di un’impresa, richiede maggiore attenzione e un'azione ben coordinata. Data l'importanza dei trasferimenti d'impresa, delle ragioni demografiche e della nuova dinamica delle imprese, è necessaria un'attenzione a lungo termine da parte dei responsabili politici in forma di sostegno pratico e di ambiente fiscale e giuridico il più possibile favorevole, per evitare chiusure di imprese non necessarie e incoraggiare l'imprenditorialità, la crescita e lo sviluppo. Appare evidente come queste indicazioni, maturate nell’ambito della Commissione Europea, attendono ancora, in molti stati fra cui l’Italia, un piano d'azione dettagliato che stabilisca i modi e i tempi dell'attuazione delle raccomandazioni proposte dal gruppo di esperti. 2.3. Le azioni di intervento in Italia Le azioni di intervento rispetto alla trasmissione di impresa in Italia sono partite dalla definizione del focus di interesse: le micro, piccole e medie imprese. Questa affermazione 16 può sembrare banale, ma in realtà essa costituisce un elemento di chiarificazione che non è da dare per scontato. Infatti in Italia quando si parlava di ricambio generazionale venivano prese in considerazione, famiglie, padri, figli; le loro aspettative, le loro relazioni, i loro fabbisogni formativi. Si parlava di patrimoni da separare fra eredi, di modalità giuridiche affinché la famiglia continuasse a mantenere la proprietà. Tutto si è sempre molto incentrato sui soggetti e sulle controparti in causa. Anche nell’approccio consulenziale al problema è stato difficile da svincolarsi da un rapporto prevalentemente centrato sui fabbisogni delle persone, sulla compensazione delle richieste, ecc. Mettere le imprese al centro dell’attenzione ha invece significato lavorare non solo sulla successione ma anche sulla trasmissione: ovvero porsi il problema di un avvicendamento nei ruolo imprenditoriale non solo fra “padri e figli”, ma anche fra senior e junior non vincolati da alcun legame di parentela. Evidentemente quest’approccio ha implicato la necessità di approfondire e riflettere su tutta l’esperienza legata alla tematica delle imprese familiari. Uno dei temi più sentiti a livello nazionale è quello del passaggio generazionale (cioè trasferimento da una generazione all’altra, all’interno della medesima famiglia proprietaria). Una problematica tanto più delicata in quanto, In Italia quattro titolari di cariche societarie su dieci hanno più di 50 anni e nel Paese sono più di 4 milioni i titolari e soci di azienda censiti2. Tra questi, circa 530 mila risiedono nelle tre regioni del Nord-Est (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige). Il dato preoccupante dunque è rappresentato dal fatto che in Italia, l’imprenditore fondatore è portato a rimanere in azienda fino a tarda età, non tanto formalmente ma nel mantenimento dell’influenza decisionale. Quando invece un’azienda, anche di piccole dimensioni, è costretta a chiudere per la “competizione interna”, o per il fallimento del delicato equilibrio fra tradizione e innovazione, il tessuto socio-economico ne risente negativamente. I dati seguenti schemi danno un’idea di sintesi delle dimensione italiana del fenomeno: Imprenditori con più di 60 anni: 43% Imprese che nei prossimi 10 anni dovranno affrontare il problema: 40% Imprenditori familiari coinvolti ogni anno nel passaggio generazionale: 66 mila Presenza di un discendente nel gruppo di comando dell’azienda: 70% Imprenditori che manifestano l’intenzione di lasciare l’azienda ad un familiare: 68% 17 Imprenditori che considerano il passaggio generazionale un fenomeno gestibile con grandi difficoltà o impossibile da gestire: 80% I dati esposti si commentano da soli: basti pensare che in Italia ci sono attualmente quasi cinque milioni di imprese iscritte nel Registro tenuto dalle Camere di commercio (tra ditte individuali e artigiane, società di persone e capitali) e che è stata stimata (dati Infocamere, Sole 24 Ore) nel 5,1% del totale la percentuale di imprese italiane che hanno attualmente un’età “critica”, dove cioè è in atto o imminente una transizione generazionale (percentuale mai raggiunta in passato). Sulla scorta di questa attenzione, nel 1998 ha inoltre avuto inizio l’attività dell’Associazione Italiana delle Imprese Familiari (Aidaf), che ha apportato il suo contributo alla causa impegnandosi nel sensibilizzare il Governo sull’importanza del problema della trasmissione e organizzando numerosi incontri monografici sul tema interpellando studiosi di fama mondiale sulle imprese familiari. Sono inoltre state attivate numerose iniziative editoriali, formative e consulenziali in genere per sensibilizzare le imprese. Una delle esigenze più sentite in Italia è quella relativa al coordinamento degli interventi a favore della trasmissione d’impresa. In questo senso gli attori sul campo: imprese, associazioni, Camere di commercio, Istituzioni pubbliche e private sono chiamate a incentivare sempre di più le azioni di sistema che favoriscano l’interscambio e la circolazione di informazioni e sollecitazioni sul tema. Sul piano puramente imprenditoriale, la soluzione del problema richiede un maggiore impegno da parte delle aziende a prepararsi a sviluppare sistemi manageriali più moderni rispetto a quelli risultanti meramente dalle relazioni interpersonali all’interno della famiglia, ad allargare la compagine proprietaria e ad affrontare il processo di apertura del capitale per finanziare la necessaria espansione delle proprie attività sui mercati. Dal punto di vista delle istituzioni di governo delle economie, una risposta efficace non può essere che globale, dovendo necessariamente trattarne in maniera unitaria o coordinata i vari aspetti di carattere, culturale, normativo, fiscale, di sostegno finanziario evitando interventi settoriali. Misure giuridiche 18 A fronte delle problematiche esposte, la prima delle innovazioni intervenute in Italia negli ultimi anni in campo giuridico è stata senz’altro quella che ha riguardato la riduzione ad uno del numero minimo dei soci per la costituzione di una società per azioni. Inoltre in Italia è ora possibile trasformare una società di persone in società di capitali (anche se non viceversa). Per quanto concerne il problema evidenziato precedentemente della continuità delle società di persone si segnala che i disaccordi tra gli imprenditori associati sono assai frequenti al momento del trasferimento e sono una potenziale minaccia per la sopravvivenza dell'impresa. E' quindi opportuno prendere in considerazione la questione della composizione delle controversie tra imprenditori associati che insorgono nel contesto di un trasferimento d'impresa. Misure fiscali Al di là di una riduzione dell’aliquota di imposta sui redditi di capitale al 19% la misura forse più eclatante che è stata adottata recentemente in Italia è senz’altro quella rappresentata dalla abolizione delle imposte sulle successioni e sulle donazioni Non è più necessario presentare una dichiarazione di successione. Se l'eredità comprende beni immobili, la dichiarazione deve essere ancora presentata e vanno pagate un'imposta ipotecaria (pari al 2%) e un'imposta catastale (pari al 1%). L'imposta è abolita per tutti i beni e i diritti oggetto di donazioni. L'imposta sulle donazioni è anche abolita nel caso della semplice alienazione di questi diritti a favore del coniuge, dei discendenti in linea diretta e gli altri parenti di quarto grado. Quando le donazioni sono effettuate a favore di più persone, l'imposta di registro è dovuta se il valore è superiore a EUR 180.000. Se il beneficiario è portatore di un handicap, l'esenzione è portata a EUR 516.000. La legge, infine, prevede naturalmente disposizioni antielusive, emanate ad hoc per evitare che con determinati stratagemmi si potesse aggirare la normativa fiscale. Queste misure costituiscono un importante passo verso una piena consapevolezza istituzionale del problema dei trasferimenti d'impresa. Il tema è naturalmente strettamente collegato al problema occupazionale. Finora infatti il tema della disoccupazione è stato sempre visto nell’ottica della creazione dei nuovi posti di lavoro e mai in quella del mantenimento dei posti esistenti. Misure di sostegno Per quanto concerne le misure di supporto specifico in Italia si è affrontato il problema sulla base delle singole problematiche riscontrate dalla raccomandazione comunitaria del 19 1994. In generale gli imprenditori sono molto spesso poco propensi a pensare al passaggio di proprietà della loro impresa. In sostanza viene visto soltanto il futuro immediato, non si programma la vendita della società e non si è interessati a discutere apertamente dei problemi. Per questo diventa cruciale trattare i problemi del ricambio generazionale come in questo convegno su larga scala. In Italia, strutture come Formaper, organismo per la formazione della Camera di commercio di Milano, informa sistematicamente i giovani e i nuovi imprenditori sull'opportunità di rilevare un'impresa e non soltanto di crearne una nuova. La formazione è importante per sviluppare negli imprenditori le conoscenze e le attitudini necessarie per un trasferimento d'impresa. Corsi di formazione specifici per i cedenti e i successori forniranno agli imprenditori la conoscenze e gli strumenti per programmare e attuare il processo di trasferimento. La grande maggioranza delle PMI sono gestite dai proprietari. Le regole tradizionali di gestione insegnate nelle università o in altre sedi, come, per lo più, la letteratura esistente in materia, riguardano le imprese medie e grandi. Per i proprietari-dirigenti di PMI occorrono competenze alternative e/o aggiuntive rispetto a quelle dei dirigenti alle dipendenze di un'impresa. Includere il trasferimento d'impresa nel curriculum ordinario della formazione degli imprenditori permetterebbe di sensibilizzare e di dare informazioni di base su questa fase particolare del ciclo di vita di un'impresa e darebbe anche modo ai potenziali giovani imprenditori di prepararsi a creare la loro propria impresa acquistandone una esistente, il cui proprietario sia intenzionato a cedere. Le attitudini imprenditoriali del successore infatti non sono sempre sufficienti a garantire la continuità dell'impresa. Oltre alla sensibilizzazione e alla formazione sul tema della trasmissione altro tema riguarda il coordinamento delle strutture e delle organizzazioni di sostegno alle pmi. In questo senso in Italia si è cominciata a sviluppare soltanto da poco una cultura diffusa specifica. Un’azione più ampia dovrà coinvolgere tutte le parti direttamente o indirettamente interessate alla continuità delle imprese (istituzioni, società private, associazioni di imprenditori, camere di commercio, parti sociali, ecc.). 2.4. Conclusioni Concentrarsi sulla questione della successione introduce un forte elemento di novità rispetto ai tradizionali problemi legati alle imprese. L’attenzione non viene rivolta a una particolare classe di imprese, quanto piuttosto a ogni singola unità aziendale, intesa nella sua unicità e specificità. Operare in generale per la creazione di nuove imprese o a sostegno di uno specifico settore significa infatti non 20 considerare la singola identità, ma il dato di sistema nel suo complesso: se un’impresa cessa l’importante è che un’altra le subentri, se una si contrae si punta a che altre si espandano. Occuparsi di successione vuol dire invece preoccuparsi che “quella” impresa sopravviva, non che eventualmente un’altra occupi i suoi dipendenti o presidi il mercato abbandonato, bensì che si salvi una specifica idea imprenditoriale, per quanto piccola che sia. Si tratta di salvare quelle forme produttive che con la loro flessibilità e originalità hanno permesso lo sviluppo del nostro Paese e che hanno prodotto un tessuto economico capace di generare ricchezza, esportare beni locali e innovativi, raggiungere elevati livelli di occupazione. Trasmettere un’impresa significa inoltre dover affrontare questioni legate agli assetti societari esistenti e futuri, agli aspetti finanziari, ai costi fiscali, agli ostacoli di tipo organizzativo e tecnologico interni all’azienda e ai profili psicologici che coinvolgono sia chi trasmette ai propri figli sia chi decide di vendere a terzi l’impresa. Per risolvere questi problemi è quindi necessario un approccio di tipo multidisciplinare, ma sul “mercato” dell’assistenza alle imprese oggi è ancora troppo esigua l’offerta di “pacchetti” in grado di coprire tutte le esigenze che vengono ad emergere nel momento critico della successione. I progetti e le iniziative proposte per essere veramente efficaci devono pertanto avere il pregio di coinvolgere sia il settore pubblico, per i necessari aiuti finanziari e per la capillare e autorevole presenza su tutto il territorio nazionale, sia il settore privato, nella veste di tutti quei professionisti e associazioni di rappresentanza imprenditoriale che con le loro competenze possono assistere le imprese nel delicato momento della transizione proprietaria. 21 3.3. DIRITTO SOCIETARIO E FISCALE: ASPETTI CONNESSI ALLA TRASMISSIONE DI IMPRESA 3.1. il ricambio generazionale e la trasmissione di impresa: strumenti legislativi La successione familiare e imprenditoriale Come già illustrato, il problema della continuità e della successione nell’impresa riguarda indistintamente tutte le imprese. Assicurare la continuità in Azienda e soprattutto in una PMI è fondamentale, non solo per tutelare gli interessi dei soggetti direttamente coinvolti, ma anche per preservare l’intera realtà economico-produttiva del nostro paese. In questa cornice, la successione si inserisce quale mezzo, o strumento diretto ad assicurare la continuità dell’impresa, e allo stesso modo consentire l’evoluzione e l’adattamento ai cambiamenti del contesto in cui si colloca. L’imprenditore, ricorrendo allo strumento della pianificazione della successione, avrà la possibilità di : • Analizzare la situazione attuale, confrontarsi con essa e sviluppare delle diverse alternative • Valutare i costi e i benefici connessi alle diverse soluzioni attuabili, evitando i percorsi obbligati che, rigidi ed onerosi, si presentano in situazioni di “emergenza provocata”, quale la successione per causa di morte e/o in mancanza di un processo pianificatorio. • Mettere in atto per tempo la strategia che ritiene più adeguata per la sua Azienda Di seguito vengono illustrate alcune possibili strategie che possono essere adottate per gestire operativamente il passaggio del testimone dall’imprenditore senior all’imprenditore junior. La scelta di una di esse sarà inevitabilmente guidata dai principi di management e gestionali che l’imprenditore intende perseguire. La donazione 22 Secondo l’art. 769 cod. civ., la donazione è il contratto col quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce un’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione di dare. Capaci di ricevere per donazione sono sia le persone fisiche che quelle giuridiche. Si può donare anche a favore di un ente non riconosciuto. In tal caso l’ente, se vuole acquisire la donazione, deve chiedere il riconoscimento: se entro un anno non viene chiesto il riconoscimento e la relativa istanza non viene notificata al donante, la donazione non può più perfezionarsi e gli atti già compiuti diventano inefficaci. Per quanto riguarda la forma della donazione, la legge dispone che la donazione possa avvenire esclusivamente per atto pubblico e con la presenza di due testimoni. La forma solenne non è richiesta invece per le donazioni di modico valore (art. 783 cod. civ.) aventi ad oggetto cose mobili, la modicità dell’atto deve essere valutata in base alle condizioni economiche del donante: sono, ad esempio, donazioni di modico valore i regali che si fanno in occasione diricorrenze, laurea, ecc. Se la donazione ha ad oggetto cose mobili nell’atto deve essere specificato il loro valore. La donazione può essere sottoposta a condizione. La condizione è un avvenimento futuro ed incerto dal quale le parti fanno dipendere la produzione o l’eliminazione degli effetti del negozio che hanno concluso. La condizione può essere di due tipi: • sospensiva se da essa dipende l’efficacia del negozio: • risolutiva se da essa dipende l’eliminazione degli effetti del negozio. La legge (art. 800 cod. civ.) prevede che il donante possa revocare la donazione compiuta per due motivi: 1. ingratitudine del donatario 2. sopravvenienza di figli Un particolare caso di successione d’impresa utilizzando l’istituto della donazione è quello in cui il donante si riserva l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio (art. 796 cod. civ.). Il donante può inoltre stabilire che dopo di lui l’usufrutto sia riservato ad un’altra persona o anche a più persone congiuntamente ma non successivamente. La donazione di azienda o ramo di azienda con riserva di usufrutto si inserisce agevolmente nella pianificazione successoria, in quanto in questo modo il trasferimento della nuda proprietà sulle quote o sull’azienda consente di mantenere la gestione anche se è in vita trasmettendo la proprietà dell’azienda al donatario al momento della morte senza oneri particolari. 23 Inoltre, alla morte dell’usufruttuario si ricongiunge automaticamente alla nuda proprietà (salva diversa volontà del proprietario) senza subire alcuna imposizione fiscale. L’usufrutto Principi generali Tale formula consente di trasferire la gestione operativa dell’impresa a favore degli eredi che si ritiene meritevoli, ovvero, che hanno dimostrato l’intenzione di gestire la stessa, escludendo quelli non interessati o non meritevoli. In questo senso solo gli eredi che gestiranno l’impresa saranno remunerati con i frutti dell’azienda in proporzione al rischio imprenditoriale assunto. Obblighi e diritti dell’usufruttuario L’usufruttuario ha l’obbligo di conservare la destinazione dell’azienda, cioè di non modificarne l’oggetto. L’usufruttuario ha l’obbligo di introdurre tutte quelle variazioni, nella composizione dell’azienda, necessarie per la conservazione dell’avviamento. Tutte le variazioni che non mettono in pericolo l’avviamento sono consentite all’usufruttuario. Estinzione dell’usufrutto Con l’estinzione del diritto di godimento l’azienda torna al proprietario: anzi esattamente questi riacquista la piena disponibilità dell’organizzazione e dei vari elementi che aveva perso con la costituzione dell’usufrutto. Può accadere però che la consistenza dell’azienda al momento della cessazione dell’usufrutto sia diversa da quella che era al momento della sua costituzione. a) se il proprietario rifiuta le scorte eccessive o irrazionali, queste vanno depennate dall’inventario: b) se il proprietario intende far propri i crediti ed i debiti della gestione dell’usufruttuario per il conteggio si terrà conto anche di questi; c) se sono stati apportati miglioramenti agli impianti, ai sensi dell’art. 985 cod. civ. , spetta all’usufruttuario la relativa indennità, così anche se si verifica un incremento conseguito dall’azienda per la migliore organizzazione e l’accresciuta clientela (che costituiscono un miglioramento) dovuta però al lavoro ed alle 24 spese dell’usufruttuario e non dipendenti da condizioni oggettive di mercato. Usufrutto e nuda proprietà delle quote Il trasferimento della nuda proprietà delle quote di partecipazione sociale a favore degli eredi, consente all’imprenditore, unitamente all’esigenza di fondo di attuare la trasmissione dell’impresa, di: a) beneficiare di una rendita vitalizia costituita dai dividendi che saranno distribuiti dalla società; b) partecipare ancora alla gestione dell’impresa mediante l’esercizio del diritto di voto che, salvo pattuizione contraria, spetta all’usufruttuario (art. 2352, comma 1, cod. civ.). Alla morte dell’usufruttuario, l’usufrutto si riunisce alla nuda proprietà degli eredi, assicurando pertanto la continuità nella successione dell’impresa familiare. Il trasferimento di capitale: la Società a Responsabilità Limitata Il sistema di suddivisione del capitale è identico nelle S.p.A. e nelle S.a.p.a., dove il capitale viene suddiviso in un numero fisso di quote rappresentate da azioni: le azioni sono di uguale valore, conferiscono uguali diritti e sono indivisibili. Il loro valore nominale, è dato dalla divisione del capitale per il numero delle azioni. I caratteri delle azioni ora esposti agevolano il trasferimento delle stesse. Nelle S.r.l. la partecipazione è rappresentata non da azioni ma da quote e la ripartizione del capitale non è standardizzata: le quote pertanto non sono identiche. Possono infatti rappresentare un terzo, un quarto, ecc. del capitale e dunque non attribuiscono diritti e obblighi uguali. Da ciò deriva che è diversa la disciplina del trasferimento di quote da quello delle azioni. i vantaggi di questo tipo di società sono essenzialmente due: • innanzitutto il beneficio della limitazione della responsabilità (il rischio d’impresa è l’ammontare del conferimento) salvo quanto si dirà fra breve sulle S.a.p.a.; inoltre, la facilità e la • rapidità di trasferimento della partecipazione ad una società di capitali. La fusione L’imprenditore che risulti titolare di una serie di aziende, in via diretta o indiretta, potrebbe trovare conveniente attuare una concentrazione tra le imprese del gruppo di famiglia, attraverso l’istituto giuridico della fusione. La fusione si caratterizza per essere 25 un’operazione nell’ambito della quale partecipano due o più imprese e, al termine della quale, le imprese partecipanti, tranne una, perdono la loro soggettività giuridica. La scissione La scissione si configura come un’operazione in cui la società scissa trasferisce l’azienda (scissione totale) o parte d’azienda (ramo aziendale o complesso aziendale scissione parziale) alle società beneficiarie/a, che possono essere già esistenti o appositamente costituite. A fronte di ciò i soci della società scissa ricevono partecipazioni delle società beneficiarie in proporzione alle quote originarie. Nella scissione totale la società scissa perde la soggettività giuridica, che invece permane in quella parziale. Il conferimento L’obiettivo perseguito dall’imprenditore nella successione familiare attraverso l’operazione della scissione può essere attuata anche attraverso il conferimento d’azienda o di ramo d’azienda (nella prassi si parla spesso di “scorporo”), il quale si configura con le medesime finalità. Le differenze tra le due operazioni sono: • la diversa destinazione del corrispettivo: nel conferimento le quote di partecipazione nella società conferitaria/e vengono assegnate alla società conferente e non ai soci, come invece avviene nella scissione; • l’operazione di conferimento, generalmente, non deve essere deliberata dall’assemblea dei soci, ma semplicemente dall’organo amministrativo (salvo clausole statutarie e salvo che, per effetto dell’operazione, non si verifichi una modifica dell’atto costitutivo). La cessione d’azienda Con la cessione di azienda, o di ramo d’azienda, il trasferimento della proprietà avviene mediante il pagamento di un prezzo. L’imprenditore beneficia, così, di una monetizzazione dell’investimento, qualora si avvalga di tale alternativa nella successione dell’impresa. La quotazione dell’impresa di famiglia L’accesso dei titoli di una società ad un mercato regolamentato rappresenta una strategia che consente di realizzare anch’essa una pluralità di finalità, tra cui anche quella della successione familiare. 26 La quotazione dei titoli di una società è una strategia mobiliare molto complessa; pertanto, senza entrare nel dettaglio e nel merito del procedimento di quotazione, si intende fornire alcune indicazioni in merito ai vantaggi e svantaggi della procedura, sia nei confronti della società che del gruppo di controllo di famiglia. La Holding di famiglia Uno degli strumenti più utilizzati dalle imprese familiari per mantenere la coesione tra i soci è la costituzione di una holding familiare. La holding è una società finanziaria che detiene la maggioranza delle quote di partecipazione di una o più imprese, controllandone le attività. Nel caso delle imprese familiari, la holding gestisce le partecipazioni che la famiglia ha nelle società operative (nonché eventuali altri beni patrimoniali familiari). In particolare la holding rappresenta l’unica sede nella quale: • possono essere discusse e definite le eventuali problematiche legate alle divergenze tra familiari; • vengono delineate le strategie di governo delle imprese operative, senza però che vengano prese decisioni che permettano di tradurre in azioni concrete gli obiettivi contenuti nelle linee strategiche di base. Per quanto riguarda la scelta della forma giuridica da dare alla holding di famiglia, dipende dalle “esigenze” della famiglia stessa. Certamente nella scelta, oltre a tener conto delle diverse agevolazioni fiscali, bisogna tenere ben presente la finalità principale di una holding familiare: assicurare la continuità dell’impresa familiare agevolando il passaggio della proprietà ai figli. Giuridicamente la holding familiare può assumere una delle seguenti forme: 1) società semplice o fondazione 2) società in accomandita per azioni 3) società per azioni o società a responsabilità limitata 3.2. gli strumenti non legislativi per tutelare la continuità aziendale I patti parasociali 27 I patti parasociali non hanno nel nostro ordinamento una definizione legislativa, ma a tal fine torna utile una definizione degli stessi fornita da una sentenza della Cassazione secondo la quale detti patti sarebbero “convenzioni con cui i soci o alcuni di essi attuano un regolamento di rapporti difforme o complementare rispetto a quello previsto dall’atto costitutivo o dallo statuto della società”. Attraverso tali patti vengono, pertanto, regolamentati alcuni rapporti tra i soci, a latere dello statuto, che possono avere ad oggetto convenzioni di voto, accordi per la nomina di organi sociali e così dicendo, al fine di garantire e assicurare il controllo della società. Tra i patti parasociali si evidenziano principalmente i “sindacati di voto” e i “sindacati di blocco”. • “sindacati di voto” sono delle pattuizioni aventi lo scopo di coordinare l’azione di più soci in un contesto di comune interesse agli stessi, ponendo l’attenzione alle scelte che ognuno esprimerà in assemblea, e con equilibri concordati; • “sindacati di blocco” hanno invece lo scopo di impedire l’alienazione delle quote di partecipazione sociale. Quest’ultimi, in tale forma, sono legislativamente riconosciuti nell’art. 1379 cod. civ. il quale prevede la loro validità esclusivamente tra le parti, a condizione che rispondano ad un apprezzabile interesse di una di loro, e che siano contenuti entro convenienti limiti di tempo. Tuttavia, i sindacati di blocco non si esauriscono in un semplice divieto di disporre delle azioni, ma spesso si affiancano a un sindacato di voto, ovvero prevedono un patto di prelazione. Il patto di famiglia Il patto di famiglia consente di stabilire un insieme di regole e norme comportamentali condivise a livello familiare ed aziendale, attraverso le quali i componenti della famiglia riconoscono valori comuni e, accettando il regolamento, assumono reciproci impegni nell’osservanza dello stesso. In particolare, il patto di famiglia deve prevenire i contrasti tra i familiari, generalmente causati dai seguenti motivi: • non chiara distinzione tra ruolo di azionista, amministratore e manager; • mancanza di regole per l’ingresso dei familiari in azienda; • carenza di competenze tra i membri della famiglia riguardo alla gestione aziendale. 28 3.3. il ricambio generazionale e la trasmissione di impresa: aspetti fiscali Imposta sulle successioni L’imposta sulle successioni (così come regolata dal D. Lgs. 346/1990, agli artt. 7 e ss.) benché unica, deriva dalla somma di due componenti (parte A e parte B). La parte A si determina applicando le aliquote previste (dal 3% al 27%) ai vari scaglioni del valore globale dell’asse ereditario netto, dato dal valore complessivo dei beni e diritti che compongono l’attivo, al netto delle passività e degli oneri deducibili. I primi 250 milioni dell’asse sono esenti dall’imposta. Se gli eredi sono solo il coniuge e i parenti in linea retta (figli, genitori) la parte A esaurisce l’imposta sulle successioni e non va calcolata la parte B. L’imposta (= parte A) va naturalmente divisa tra gli eredi proporzionalmente alle rispettive quote. L’erede che non sia né coniuge né parente in linea retta, per ottenere l’imposta dovuta, deve aggiungere, alla sua quota di parte A, la parte B. La parte B si calcola, per ogni singolo erede, con aliquote e scaglioni meno favorevoli rispetto a quelli della parte A. La normativa fiscale relativa all’imposta sulle successioni prevede (“istituto del coacervo”) che l’asse ereditario deve essere maggiorato del valore attuale di tutte le donazioni precedenti al fine di individuare lo scaglione imponibile e la relativa aliquota per il calcolo dell’imposta dovuta. Nel trasferimento di azienda la base imponibile è determinata assumendo il valore complessivo dei beni e dei diritti che la compongono, compreso l’avviamento e al netto delle passività. In caso di trasferimento di azioni o quote sociali, la base imponibile è determinata distinguendo tra quelli quotati e quelli non quotati in borsa. Per i titoli quotati, la base imponibile è determinata in base alla media dei prezzi dell’ultimo trimestre anteriore all’apertura della successione. Per quelli non quotati, si assume il valore proporzionalmente corrispondente al patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio o inventario, o in mancanza, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società, compreso l’avviamento e al netto delle passività. Imposta sulle donazioni 29 L’imposta sulle donazioni si applica con le stesse modalità previste per l’imposta sulle successioni. In aggiunta, la disciplina fiscale prevede la registrazione degli atti di donazione secondo le norme sull’imposta di registro (D.P.R. 131/1986) concernenti gli atti soggetti a registrazione in termine fisso. La cessione d’azienda La plusvalenza da cessione è pari alla differenza tra il corrispettivo pattuito e l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dei beni facenti parte dell’azienda stessa. Qualora l’azienda sia stata posseduta per almeno tre anni (1095 giorni), il cedente può optare per la rateizzazione in quote costanti fino a cinque periodi di imposta (art. 54, comma 4 T.U.I.R.). La rateizzazione della plusvalenza non è però applicabile nell’ipotesi di cessione dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale. Per effetto di tale cessione il cedente perde, infatti, la qualifica di imprenditore e quindi, nei periodi di imposta successivi a quello di realizzazione della plusvalenza, non consegue più redditi di impresa nell’ambito dei quali collocare la componente reddituale in questione. E’ inoltre prevista, per il solo imprenditore individuale e qualora l’azienda sia stata posseduta per almeno cinque anni, la possibilità di assoggettare il reddito conseguito a tassazione separata a norma dell’art. 16, comma 1 lett. g) del T.U.I.R. Il D. Lgs. 358/1997, che ha introdotto importanti modifiche in tema di ristrutturazioni aziendali, prevede infine la possibilità di assoggettare la plusvalenza all’imposta sostitutiva del 27%, pagabile in 5 anni e compensabile con eventuali crediti di imposta. La scelta di modalità di tassazione della plusvalenza verrà fatta in relazione alla rispettiva convenienza fiscale, preferendo: • l’imputazione nell’esercizio, in presenza di perdite da compensare; • la rateizzazione della plusvalenza in 5 anni, in previsione di future perdite da utilizzare in compensazione; • la tassazione con imposta sostitutiva del 27%, qualora, in assenza di prevedibili perdite da compensare, l’aliquota risulti favorevole rispetto a quelle Irpef o Irpeg; • la tassazione separata (solo per le persone fisiche e non anche per le società), qualora l’aliquota (calcolata in base al reddito del biennio precedente) risulti conveniente. Un particolare regime di favore è previsto per il trasferimento di azienda che avvenga per causa di morte o per atto gratuito a familiari. L’art. 54, comma 5 del T.U.I.R. stabilisce, 30 infatti, che tale fattispecie non costituisce realizzo delle plusvalenze dell’azienda stessa e che il beneficiario assume l’azienda ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa. La cessione di azienda o ramo di azienda non è assoggettata ad IVA a norma dell’art. 2, comma 3 lett. b) D.P.R. 633/1972. Si applica invece l’imposta di registro, in misura proporzionale, sul valore complessivo dei beni al netto delle passività e aumentato nell’avviamento. Le passività si imputano alle attività, in proporzione al rispettivo valore. La cessione di partecipazioni La cessione delle partecipazioni, in relazione alla qualifica di imprenditore o meno del cedente, dà luogo rispettivamente a: • redditi di impresa • redditi diversi Nel primo caso si applicano le disposizioni riguardanti le cessioni di azienda, con l’avvertenza che l’imposta sostitutiva del 27% di cui all’art. 1 del D. Lgs. 358/1997 si applica solo in caso di partecipazioni di controllo e collegamento ai sensi dell’art. 2359 cod. civ. che risultino iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie per almeno tre anni. Nel secondo caso si applica la disciplina dei capital gains di cui all’art. 81 lett. c) e c) bis del T.U.I.R. Ai fini delle imposte indirette le cessioni di partecipazioni sono soggette a imposta di registro in misura fissa. 3.4. le raccomandazioni della commissione europea in materia fiscale Il passaggio generazionale nella società di persone e nelle imprese individuali La Commissione ha proposto, al fine di facilitarne la successione, che una PMI dovrebbe avere la possibilità di organizzarsi nella forma di una S.p.A., ma con un numero di azionisti ridotto, la cui costituzione e gestione potrebbero essere semplificate rispetto alle grandi S.p.A., abolendo ad esempio le formalità per la convocazione dell’assemblea, nonché il consiglio di vigilanza. 31 La successione potrebbe essere facilitata assicurando la continuità dell’impresa dopo il decesso dell’imprenditore, soddisfacendo tutti gli eredi: ad esempio la società in accomandita per azioni consente una separazione tra il potere gestionale e la proprietà che assicura, da una parte, la continuità della gestione anche dopo il decesso dell’imprenditore e garantisce, dall’altra, un trattamento finanziario soddisfacente per tutti gli eredi, così come la scissione dell’impresa in una società immobiliare ed in una società di gestione offre anch’essa la possibilità di soddisfare tutti gli eredi. Nella maggior parte degli Stati vige il principio in base al quale a seguito del decesso di uno dei soci la società si dissolve, a meno che nel contratto di società gli stessi soci abbiano stabilito diversamente. Pertanto nel contratto di società si potrebbero inserire delle clausole che assicurino la continuazione della società o che la trasformino in società di capitali al verificarsi di determinate situazioni. Tuttavia, una disposizione testamentaria o una donazione potrebbero trovarsi in contrasto con un contratto di società: tale conflitto deve essere risolto davanti agli organi giurisdizionali, con il rischio di portare la società prima ad indebolirsi e poi ad essere liquidata. A tale proposito la Commissione ha raccomandato di istituire il principio della continuità delle società di persone come principio legislativo: pertanto, se il contratto non prevede diversamente, i soci superstiti dovrebbero poter decidere se continuare l’impresa con o senza la partecipazione degli eredi del defunto liquidando la quota agli eredi o accordandosi con questi su altre modalità. Ovviamente questo principio non mette in discussione la libertà testamentaria del socio di decidere sulla destinazione della sua quota sociale. La Commissione inoltre ha raccomandato, sempre nell’interesse della continuità dell’impresa, che ove gli Stati membri non avessero risolto il conflitto tra il contratto sociale e le disposizioni testamentarie del socio, dovrebbero introdurre nel loro diritto societario una norma in base alla quale il contratto di società prevale sugli atti unilaterali. Agevolazioni fiscali in tema di successione familiare e di trasferimento d’impresa La direttiva 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi di azioni, concernenti società di Stati 32 membri diversi, ha istituito un sistema che garantisce la neutralità fiscale per tali operazioni, ma ha limitato il campo d’applicazione di tali norme. La Commissione ha raccomandato agli Stati di applicare nell’ambito nazionale la neutralità fiscale a tutte le operazioni finalizzate alla trasmissione, quali il conferimento di attivo, la fusione, la scissione, lo scambio di azioni, la cessione di attività e il reinvestimento; inoltre ha raccomandato di applicare la neutralità fiscale alle imposte di bollo e di registro ed altri tributi percepiti nel caso di trasferimenti degli impianti industriali e dei terreni. La Commissione ha inoltre invitato gli Stati ad alleggerire (come già avviene ad esempio nel Regno Unito) la tassazione delle successioni nelle imprese realizzate tramite donazione o successione al fine di adeguare il regime fiscale all’esigenza di assicurare la sopravvivenza delle imprese. 33 4. TRASMISSIONE DI IMPRESA: LE RISPOSTE DELLE PMI TORINESI 4.1. Obiettivi e logica della ricerca Obiettivo del presente lavoro di analisi è fornire un quadro sulla percezione del problema della successione aziendale nelle PMI della provincia di Torino. La ricognizione sugli aspetti normativi e fiscali esposta nei precedenti capitoli ribadisce il peso di questo tema, che, come più volte rilevato costituisce un motivo di apprensione comune a livello europeo, in quanto le innumerevoli aziende create negli ultimi 50 anni, che stanno alla base dello sviluppo economico europeo, risultano oggi in gran parte condotte da imprenditori che per età si trovano nella condizione di doversi porre il problema del proseguimento dell’attività di impresa a seguito del proprio pensionamento o quanto meno di una progressiva riduzione del proprio carico di lavoro. Su questo tema sono stati effettuati rilevamenti a livello nazionale e, in Italia, presso alcuni distretti territoriali regionali o locali. Non è tuttavia stato realizzato alcun rilevamento del fenomeno nella provincia di Torino. Il presente lavoro di approfondimento serve a sopperire in una certa misura a tale lacuna, ancorché unicamente sotto il profilo qualitativo (la dimensione del fenomeno non era oggetto del rilevamento) e limitatamente ad alcune specifiche problematiche. Il tema della successione aziendale, come altrove sottolineato, da punto di vista dell’organizzazione aziendale, presenta aspetti di particolare complessità per i fattori umani ed emotivi che lo caratterizzano, anche in ordine alla percezione che di tale problematica hanno i diversi soggetti coinvolti. Per cercare di ottenere un quadro articolato della situazione si è ritenuto opportuno cercare di acquisire informazioni tenendo conto dei diversi punti di vista al riguardo. Sono state quindi identificate 5 tipologie diverse di interlocutore aziendale: 1. Fondatore, o comunque titolare da lungo tempo, che si pone il problema della successione aziendale o che comunque intende porselo a breve/medio termine (nella fattispecie entro i tre anni successivi al rilevamento); 2. Fondatore, o comunque titolare da lungo tempo, che non si pone il problema della successione aziendale o che comunque non intende porselo a breve/medio termine; 3. Successore aziendale potenziale o comunque persona che si considera tale; 34 4. Titolare succeduto da poco tempo nella direzione aziendale a seguito di passaggio di consegne da parte del fondatore e/o titolare precedente; 5. Manager o comunque figura con funzioni direzionali che non si considera successore potenziale. La scelta di includere anche una figura “terza” (il “manager”) nel rilevamento, oltre a quelle più direttamente coinvolte, dipende dalla necessità di acquisire informazioni sulle problematiche relative alla successione da persone coinvolte in modo diverso rispetto alle altre, con un proprio punto di vista rispetto alle specificità della successione ed ai possibili impatti sull’organizzazione aziendale della stessa. Il rilevamento è stato fatto in forma anonima, in modo da mettere gli intervistati nella condizione di poter esprimere liberamente il proprio pensiero relativamente alla successione aziendale. Tale scelta non permette purtroppo di sapere quali tra (e se) le figure che hanno risposto operano all’interno della stessa azienda ed impedisce quindi di effettuare delle valutazioni al riguardo. Non è inoltre – per la stessa ragione – possibile sapere quante aziende risultano di fatto coinvolte nel rilevamento. Sono stati quindi elaborati 5 questionari, uno per ogni tipologia di interlocutore, con alcune parti comuni a tutti e altre parti specifiche rispetto alla figura coinvolta. L’analisi mirava a rilevare i seguenti aspetti: 1. Caratteristiche “anagrafiche” delle aziende intervistate (anno di fondazione, settore, fatturato, dipendenti); 2. Approccio al tema della successione aziendale; 3. Presenza di parenti operanti all’interno dell’azienda e loro ruolo potenziale in ordine alla successione; 4. Problematiche percepite in relazione alla successione aziendale; 5. Valutazione degli intervistati in merito a diverse modalità e strumenti di supporto al passaggio generazionale; 6. Valutazione degli intervistati in merito a diverse modalità di gestione del passaggio generazionale. 35 4.2. GLI ESITI DEL RILEVAMENTO Hanno compilato il questionario 111 persone, suddivise in : 23 fondatori / titolari da lungo tempo che si pongono il problema della successione aziendale; 37 fondatori o comunque titolari da lungo tempo che non si pongono il problema della successione aziendale; 14 successori potenziali; 13 titolari succeduti da poco tempo nella direzione aziendale; 24 manager. Manager 22% Titolare succeduto da poco 12% Probabile successore 13% Titolare che intende affrontare a breve la successione 21% Titolare che non intende affrontare a breve la successione 32% Figura 1: Tipologie dei soggetti intervistati Per semplicità nella esposizione che segue, ognuna delle categorie di rispondenti sopra descritte sarà rappresentata da una lettera; rispettivamente: a) titolari che si pongono il problema della successione aziendale; b) titolari che non si pongono il problema della successione aziendale; c) successori; d) neo titolari; 36 e) manager. Nelle attività di reporting si è deciso di cercare, ove possibile, di aggregare dati omogenei. Ciò è stato possibile per i dati anagrafici delle aziende dei rispondenti e per alcune altre domande, poste indifferentemente alle varie tipologie di interlocutori. Per alcune domande non è stato invece possibile fare alcuna aggregazione. Per altre ancora, aventi ad oggetto temi omogenei, seppure poste in maniera differente ai vari interlocutori si è cercato di effettuare delle aggregazioni, senza tuttavia omettere, nella trattazione che segue, di darne conto separatamente, laddove le diverse categorie di intervistati si siano nelle risposte discostati significativamente gli uni dagli altri. 4.3. Analisi dei dati relativi alle caratteristiche delle Aziende Il questionario di rilevamento è stato inviato a ca. 3000 aziende associate all’API. Di queste 111 lo hanno compilato integralmente. Il campione così costituitosi risulta, in base all’analisi dei principali dati, particolarmente interessante, poiché costituito in gran parte da aziende che, per anno di inizio attività, dimensione, dipendenti e fatturato, rappresentano una realtà ideale per lo studio delle problematiche della successione aziendale. Le domande che seguono sono state rivolte a tutte le tipologie di soggetti intervistati (categorie A-B-C-D-E). Questo l’esito del rilevamento: Anno di inizio attività dell’azienda prima del 1930 5% tra il 1930 ed il 1950 6% dopo il 1990 24% tra il 1950 ed il 1970 22% tra il 1970 ed il 1990 43% 37 Figura 1: Anno di inizio attività dell’azienda Con tutta l’approssimazione che ciò può comportare è possibile supporre che tra le imprese coinvolte quelle in cui il problema della successione aziendale abbia maggiore rilevanza (che è cosa diversa dall’essere sentito...) siano quelle costituite tra il 1950 ed il 1990 (ovvero il 65% del nostro campione). E’ ragionevole infatti che le aziende costituite prima del 1950 abbiano già vissuto il momento della successione aziendale e quelle costituite dopo il 1990 non vedano ancora questa come una problematica. Come vedremo tuttavia, l’analisi mostra un livello di percezione e/o preoccupazione del problema della successione aziendale dal lato dei titolari aziendali assai minore rispetto a quanto prevedibile in base ai dati in questione. A maggior ragione tenendo conto del fatto che non si può ritenere che il problema della successione non riguardi in una certa misura anche le aziende fondate prima del 1950 e dopo il 1990. Settore di attività commercio 10% servizi 19% produzione 71% Figura 2: Settore di attività dell’azienda Relativamente al settore di appartenenza vi è una netta prevalenza di aziende di produzione (71%), proporzione che rispecchia peraltro la composizione degli associati API, che hanno costituito l’universo dal quale è stato estratto il campione. 38 Fatturato e dipendenti delle aziende del campione Figura 3: Fatturato e dipendenti delle aziende Con riferimento alle principali macro-variabili economiche aziendali, il campione risulta essere costituito per la maggior parte da piccole aziende, con numero di dipendenti compreso tra 10 e 49 (62% del campione) e con fatturato compreso tra 0,5 e 5 milioni di euro (71% del campione). Anche la classe dimensionale delle aziende coinvolte quindi è tipica dell’impresa famigliare, ed anche in questo caso il campione presenta caratteristiche “ideali” ai fini degli obiettivi dell’analisi. 4.4. Analisi dei dati relativi alla successione Aziendale Come già accennato, nel corso dell’analisi talune domande sono state poste indifferentemente alle varie tipologie di soggetto intervistato (tra queste, a titolo di 39 esempio, la domanda su “quali interventi potrebbero essere promossi dalle associazioni di categoria per favorire ed aiutare il passaggio di impresa”). Altre domande sono invece state rivolte solo ad alcuni tra i soggetti intervistati (ad esempio al D - neotitolare non si è chiesto – per ovvi motivi - se in azienda si parla di successione aziendale). In questi casi non vi sono naturalmente problemi ad aggregare le risposte dei soggetti interessati, tenuto conto che nell’analisi si cercherà comunque di dare conto della misura in cui le varie tipologie di soggetti mostrano orientamenti differenti relativamente a tali quesiti. In altri casi la domanda avente ad oggetto un determinato tema è stata posta in modo più o meno differente a seconda dell’interlocutore (ad esempio la questione del ruolo della famiglia nella successione aziendale è stato posto in maniera differente al titolare aziendale ed al manager…). Anche in questi caso si forniranno i dati aggregati, ma non si mancherà di fornire quelli disaggregati per tipologia di utente intervistato, poiché i primi da soli potrebbero fornire una visione parziale del quadro complessivo. A fronte di quanto sopra evidenziato, nelle parti che seguono, per ogni grafico presentato si indicherà quali categorie hanno risposto alla relativa domanda. In azienda si parla di successione? (domanda posta alle tipologie di rispondenti: A – B – C – E) spe sso 19% mai 45% poco 36% Figura 4: Si parla di successione in azienda? Il dato mostra - anche alla luce delle considerazioni sopra esposte - una propensione relativamente bassa ad affrontare il tema della successione aziendale. La risposta “poco” 40 infatti è interpretabile come valutazione di merito rispetto alla “qualità” del dibattito interno aziendale sulla questione ed è pertanto, dal punto di vista dell’analisi, più vicina al “mai” che non al “spesso”. Parrebbe quindi che, nell’81% dei casi, la questione o non viene affrontata o, se lo è, lo è in maniera inadeguata. Non vi sono differenze significative nella percezione degli intervistati. Le due categorie che hanno indicato “mai” o “poco” in misura relativamente più alta sono la B (cosa questa che non stupisce) e la E. Quali parenti lavorano in azienda (domanda posta alle tipologie di rispondenti: C – D - E) 41 nipote 6% altro parente 4% genero/nuora 6% moglie/Marito 21% cugino/a 10% fratello/sorella 13% figlio/a 40% Figura 5: Quali parenti lavorano in azienda Le domande relative alla presenza di famigliari in azienda ed al loro ruolo (ufficiale o presunto) in relazione al passaggio generazionale erano finalizzate ad ottenere un quadro del campione rispetto alle dinamiche del rapporto “proprietà – gestione”, caratteristico dell’organizzazione delle PMI italiane. La prima domanda non fornisce dati sorprendenti al riguardo, se non in quanto conferma la notevole presenza di parenti “stretti” in azienda. L’85% dei rispondenti (46 su 54) ha infatti indicato familiari del titolare impiegati in azienda a vario titolo. Tra questi sono maggiormente rappresentati i parenti “stretti”, con una prevalenza di figlio/a, seguono un po’ distanziate le categorie moglie/marito e fratello/sorella. A margine dell’analisi occorre rilevare come dai dati sopra riportati emerga in maniera chiara la forte connotazione “famigliare” delle imprese, che paiono costituire, in definitiva, un ambito di occupazione privilegiato dei familiari dei/l proprietari/o. Questo fenomeno, naturalmente, spinge il titolare verso l’adozione di modelli gestionali ed organizzativi talvolta incoerenti con il principio l’efficienza aziendale (per lo meno in misura superiore rispetto a quanto avviene in un’azienda la cui direzione sia svincolata dalla proprietà). Tale situazione indebolisce il sistema imprenditoriale nel suo complesso, ancorché occorra al riguardo tenere in conto il fatto che - come è noto - la presenza di famigliari in azienda per certi aspetti costituisca – a contrario – un fattore di forza per le stesse imprese, per ragioni inerenti soprattutto il coinvolgimento personale e la presunta maggiore affidabilità di tali risorse 42 Quale il potenziale successore (domanda posta alle tipologie di rispondenti: A – B – C - E) nipote 7% altro parente 3% genero/nuora 6% moglie/marito 11% cugino/a 6% fratello/sorella 12% figlio/a 55% Figura 6: Quale il potenziale successore Anche la seconda domanda non fornisce dati sorprendenti. Rispetto ai familiari presenti in azienda il/la figlio/a risulta il più probabile successore, seguito ad una certa distanza da fratello/sorella e moglie/marito. 43 Quali le problematiche avvertite? non ci sono successori/difficoltà di identificarli 27 27 Impostazione e gestione del passaggio generazionale Le condizioni di mercato in dovrebbe aver luogo / ha avuto luogo il passaggio generazionale ho il timore che il passaggio generazionale incida negativamente sull'azienda 48 50 Rispondenti A-B-C-D-E Figura 7: Quali le problematiche avvertite (A-B-C-D-E)? Il grafico sopra riportato indica riporta i dati relativi alla valutazione delle 4 problematiche sottoposte a tutte le tipologie di soggetti intervistati. In ragione del diverso ruolo e percezione, alcune altre categorie di problemi sono state sottoposte ai soli intervistati A-B. 21 25 30 16 ci sarebbero dei successori, ma non è chiaro se e in che misura sarà possibile coinvolgerli il successore è restio a coinvolgersi nella conduzione dell'azienda il successore non è ancora pronto ad occuparsi dell'azienda non so cosa aspettarmi a livello personale dopo la successione Rispondenti A-B Gli esiti di questo specifico rilevamento sono riportate nel grafico che segue. 44 Figura 8:Quali le problematiche avvertite (A-B)? Si nota, sia nella figura Figura 7 che nella Figura 8, la prevalenza di fattori in una certa misura indipendenti dalla volontà dei soggetti coinvolti, sia che si tratti della condizione soggettiva del successore (non ancora pronto) o dell’ambiente di riferimento dell’azienda (condizioni generali del mercato). Può essere utile, per fare ulteriore chiarezza su tali dati, disaggregare le risposte in base alla tipologia del soggetto intervistato. 4.5. Le percezioni dei diversi rispondenti • Tipologia A Il titolare che intende a breve termine affrontare il problema della successione aziendale individua come problema più rilevante il fatto che il successore non paia ancora pronto a farsi carico della conduzione dell’azienda. In secondo luogo preoccupa la definizione della misura del coinvolgimento del successore. • Tipologia B Anche il titolare che non intende porsi a breve il problema della successione individua come problema più rilevante il fatto che il successore non paia ancora pronto a farsi carico della conduzione dell’azienda. In secondo luogo preoccupa il proprio ruolo successivamente al passaggio di consegne. I livelli di preoccupazioni espressi da questa tipologia sono tuttavia minori (ovviamente) rispetto alle altre tipologie di intervistati. • Tipologia C Il successore ha una percezione diversa intorno alle problematiche maggiormente sentite dal titolare relativamente alla successione. Lo preoccupano infatti in misura maggiore le modalità di gestione del passaggio e le condizioni di mercato in cui lo stesso dovrebbe avere luogo. 45 • Tipologia D Secondo il neo titolare il precedente titolare ha vissuto con maggior apprensione le problematiche connesse alle condizioni di mercato in cui ha avuto luogo la successione e la gestione del passaggio in sé. In questo caso è da presumersi, avendo il passaggio avuto luogo, che le problematiche menzionate non siano tanto quelle più “temute”, quanto piuttosto quelle che hanno effettivamente creato difficoltà al precedente titolare in fase di passaggio delle consegne. • Tipologia E Secondo il manager il titolare vive con maggior apprensione le problematiche connesse alle modalità di gestione del passaggio ed alle condizioni di mercato in cui questo dovrebbe avere luogo. Da quanto sopra emerge, tra l’altro, che le condizioni del mercato sono viste come una problematica rilevante soprattutto per le tipologie C-D-E, mentre i titolari A-B non danno particolare importanza al fattore. Si sottolinea da ultimo che in generale non è stata rilevata come particolarmente sentita dai soggetti intervistati la problematica relativa alla capacità del titolare di scegliere il successore, né la presenza di un successore sembra costituire un problema. Da quanto sopra emerge, tra l’altro, che le condizioni del mercato sono viste come una problematica rilevante soprattutto per le tipologie C-D-E, mentre i titolari A-B non danno particolare importanza al fattore. Si sottolinea da ultimo che in generale non è stata rilevata come particolarmente sentita dai soggetti intervistati la problematica relativa alla capacità del titolare di scegliere il successore, né la presenza di un successore sembra costituire un problema. E’ opportuno in questa parte riportare anche le osservazioni fatte dagli intervistati sul tema della successione. Si tratta di dati forniti dai soggetti intervistati ai quali si chiedeva di inserire - in campi testo liberi - opinioni e valutazioni personali sulla tematica della successione aziendale e sulle problematiche connesse. Tra le problematiche più sentite, oltre a quelle già evidenziate, c’è quella relativa al rapporto del titolare con gli altri soci, elemento questo determinante nella gestione della 46 successione. Per quanto riguarda le condizioni del mercato preoccupa in particolare la remuneratività futura dell’attività, un cui calo potrebbe determinare la chiusura dell’azienda in luogo della successione. Riteniamo interessante riportare le risposte fornite dai vari soggetti intervistati al riguardo, anche per fornire qualche spunto ai diversi soggetti coinvolti rispetto ai diversi punti di vista sulla questione: • Tipologia A “Cambia il mercato, forse è meglio lanciarsi in nuovi settori” • Tipologia B “Sono piuttosto pessimista per il futuro produttivo in Italia, per cui ritengo che la percentuale di aziende che in un futuro a medio-lungo termine avranno il problema della successione da affrontare sarà piuttosto basso, molte sceglieranno la chiusura. I nostri figli probabilmente dovranno abituarsi all'idea di dover/poter viaggiare per esercitare le professioni che sceglieranno. Non mi stupirei se l’Italia diventasse un paese di servizi per le imprese dei paesi emergenti e/o a sviluppo industriale elevato” “E’ problematico il rapporto con gli altri soci”; “Non sono sicuro che la tipologia di attività svolta attualmente dall'azienda avrà ancora mercato, al momento della successione”; “Non so se le condizioni del mercato e dell'economia in genere permetteranno alla attuale attività di essere remunerativa a medio lungo termine”; “Non ho ancora identificato il successore”; “Costituisce un problema la personalizzazione dei rapporti di fiducia da parte dei clienti”; “Costituisce un problema la dimensione aziendale, troppo piccola”; “E' un passaggio molto delicato che implica il coinvolgimento di molte persone, nel caso di un'azienda con più soci”; 47 • Tipologia C “La semina....per il raccolto. Ossia la lungimiranza nell'effettuare scelte strategiche per assicurare il passaggio generazionale, tramite affiancamento e crescita di personale chiave in azienda. Dato che nessuno nasce "maestro" e "tuttologo" poter delegare o avvalersi di persone di fiducia è molto importante”; “Il problema della successione non viene affrontato in azienda”; “Mi preoccupa il fatto che tutto ciò che è stato realizzato finora non abbia una continuazione in questi termini. Ma più che una preoccupazione è una realtà e un dispiacere”; “Mi preoccupa la strategia e controllo dei costi in un settore complicato come il metalmeccanico con produzione di tecnologia”; “Mi preoccupano le difficoltà di gestione finanziaria”; “Considero non sufficiente il grado di formazione imprenditoriale del successore”; “Temo la vendita aziendale”; “Mi preoccupa l’estrema differenza dei punti di vista e modelli comportamentali del fondatore e successore”; “Mi preoccupa la difficoltà di controllo di tutti gli ambiti aziendali, in modo particolare del settore commerciale e tecnico di cui ho scarse competenze”; “Temo il non riuscire un domani a far funzionare le cose come funzionano oggi”; “Temo di non essere in grado di gestire bene l'azienda”. • Tipologia D “Ho trovato critica l’impossibilità di gestire come programmato il passaggio di consegne per cause derivanti da fattori esterni all'azienda e alla volontà' dei soggetti interessati”. 48 • Tipologia E “L'importanza del tema è ben chiara in ambito associativo e politico ma all'interno delle aziende coinvolte agisce una sorta di meccanismo di rimozione psicologica che tende a nascondere il problema. Occorre che le imprese vengano obbligate ad affrontare il tema seguendo tempi e modi in qualche modo suggeriti da chi si occupa di politica industriale. Le aziende sono un bene troppo importante per il Paese perché le loro sorti possano essere abbandonate agli umori di imprenditori ottuagenari”. Quale strumento per favorire la successione (domanda posta alle tipologie di rispondenti: A – B – C – D - E) esperienza del successore presso altra azienda 7% definizione di un piano strategico condiviso 18% passaggio graduale, con affiancamento del titolare uscente 30% accompagnamento al titolare in uscita 8% definizione informale delle modalità di attuazione 12% consulenza esterna di supporto 10% formazione specifica per il successore 15% Figura 9: Quale strumento per favorire la successione Per quanto riguarda gli strumenti di supporto alla gestione della successione viene valutato particolarmente utile il passaggio graduale delle consegne con affiancamento da parte del titolare uscente. Viene anche considerato opportuna la definizione di un piano strategico condiviso, strumento che nella prassi si riscontra assai meno del primo, di più frequente attuazione. Segue la formazione del successore. Meno utile viene ritenuta un’esperienza presso altra azienda (a denotare la percezione della specificità della propria azienda da parte dei rispondenti). 49 Anche in questo caso può essere utile, per fare ulteriore chiarezza su tali dati, disaggregare le risposte in base alla tipologia del soggetto intervistato, sottolineando le eventuali differenze rispetto a quanto sopra evidenziato. Le percezioni dei diversi rispondenti • Tipologia A Non differisce in modo significativo da quella generale sopra rappresentata. • Tipologia B Ritiene utili attività di formazione ed un periodo di esperienza del successore presso altra impresa in misura lievemente superiore rispetto al quadro generale. • Tipologia C Considera utile soprattutto la definizione di un piano strategico condiviso dalle parti coinvolte (79% delle risposte). Emerge al riguardo, pare, un’esigenza di maggiore coinvolgimento e di chiarezza rispetto al processo di successione da parte della tipologia in questione. • Tipologia D (In questo caso la domanda era: “quale strumento è stato utilizzato…”). Si rileva come in nessun caso è stato definito un piano strategico condiviso dalle parti coinvolte, mentre nella maggior parte dei casi si è ricorso ad una definizione informale delle modalità di attuazione del passaggio. Trattandosi delle risposte date da un “ex” della categoria C è da notare la distanza rilevata tra quanto auspicato e quanto verificato… • Tipologia E Rispetto al dato generale sottolinea l’importanza in particolare della formazione ad hoc per il successore e dell’opportunità di un ricorso ad una consulenza esterna. Quali servizi delle associazioni (domanda posta alle tipologie di rispondenti: A – B – C – D - E) 50 altro 2% Servizi di incontro domanda-offerta per la successione 13% azioni di sensibilizzazione sul tema 9% supporti finanziari 11% formazione per i successori 23% incentivi fiscali 17% azioni di accompagnamento 12% consulenza tecnica 13% Figura 10: Quali i servizi delle associazioni Secondo gli intervistati la formazione per i successori è il servizio ritenuto più utile per favorire il passaggio aziendale che può essere erogato dalle associazioni di categoria. Seguono gli incentivi fiscali (nel senso della realizzazione di iniziative volte a promuovere la realizzazione di misure di tal genere da parte dell’amministrazione pubblica). Seguono le altre tipologie di interventi. Le percezioni dei diversi rispondenti • Tipologia A Ritiene utili azioni di accompagnamento per i titolari in uscita e per i neotitolari in misura lievemente superiore rispetto al dato generale. • Tipologia B Non differisce in modo significativo da quella generale sopra rappresentata. 51 • Tipologia C Ritiene utili azioni di formazione per il successore in misura significativamente superiore al dato generale. Emerge in questo ambito, pare, la percezione di una propria presunta inadeguatezza rispetto al ruolo che si andrà a ricoprire. • Tipologia D Non differisce in modo significativo da quella generale sopra rappresentata. • Tipologia E Ritiene utili servizi di consulenza tecnica alle aziende ed azioni di accompagnamento per i titolari in uscita e per i neotitolari, in misura significativamente superiore al dato generale. Modalità di gestione della successione d’impresa (domanda posta alle tipologie di rispondenti: A – B – C – D) 100% in mancanza di successori, vendita dell'azienda 90% 80% delega della gestione e apertura del capitale all'esterno della famiglia 70% 60% 50% mantenimento della gestione e apertura del capitale all'esterno della famiglia 40% 30% 20% mantenimento della proprietà e delega della gestione 10% 0% E' stata/sarà adottata Utile ma che non è stata / sarà adottata Non utile/applicabile mantenimento della proprietà e della gestione all'interno della famiglia Figura 11: Quale modalità di gestione della successione d’impresa? Le risposte alla domanda illustrano la preferenza sostanziale accordata dagli intervistati alla soluzione organizzativa, in rapporto alla successione, della gestione aziendale da parte di un membro della famiglia. Il mantenimento della proprietà e della gestione 52 all’interno della famiglia costituiscono infatti la modalità di gestione della successione dell’impresa adottata o che sarà adottata, secondo gli intervistati, in misura largamente maggiore. Le altre soluzioni non risultano appetibili se non in misura limitata. La prospettiva della delega della gestione e apertura del capitale all'esterno della famiglia è considerata non utile o applicabile da più del 60% degli intervistati, confermando una ridotta disposizione delle aziende ad adottare modelli organizzativi di separazione della proprietà dalla gestione. Allo stesso modo le altre soluzioni, che prevedono l’apertura del capitale all’esterno della famiglia, sono ritenute per lo più inutili o non applicabili. Significativo è infine il dato relativo alla ipotesi della vendita dell’azienda in caso di mancanza di successori, ipotesi valutata positivamente dagli intervistati, probabilmente considerata come alternativa valida al mantenimento della gestione all’interno della famiglia. In altre parole una parte consistente degli imprenditori considerano preferibile, in mancanza di successore appartenente al proprio nucleo famigliare, cedere completamente a terzi l’azienda, piuttosto che adottare soluzioni “miste” che prevedano deleghe della gestione ed eventualmente anche del capitale. Può essere utile, per fare ulteriore chiarezza su tali dati, disaggregare le risposte in base alla tipologia del soggetto intervistato. Le percezioni dei diversi rispondenti • Tipologia A La tipologia indica il mantenimento della proprietà e della gestione all’interno della famiglia come unica modalità perseguita per la gestione della successione aziendale. Le altre proposte non risultano prese sostanzialmente in considerazione. • Tipologia B Anche la tipologia B considera il mantenimento della proprietà e della gestione all’interno della famiglia come modalità preferibile, tuttavia valuta il mantenimento della proprietà con delega della gestione in maniera sostanzialmente positiva (il 64% indica che sarà questa la modalità adottata o comunque la ritiene utile) ed ancora ritiene la prospettiva della vendita dell’azienda in mancanza di successori come soluzione assolutamente preferibile (85% delle risposte). E’ possibile tuttavia presumere che tali scelte siano in parte 53 condizionate dal fatto che i soggetti non vedono la successione aziendale come un problema da affrontare a breve termine... • Tipologia C Non differisce in modo significativo da quella generale sopra rappresentata. • Tipologia D I neotitolari indicano il mantenimento della proprietà e della gestione all’interno della famiglia come modalità adottata nella totalità dei casi che li hanno visti succedere alla direzione aziendale. Nei casi di successione già verificatisi non c’è stato apparentemente spazio per alternative. Come intende affrontare la successione l’attuale titolare (domanda posta alle tipologie di rispondenti: C - E) interamente all'interno del nucleo familiare 25% 43% 75% 57% Rispondenti C coinvolgendo (anche) persone esterne alla famiglia Rispondenti E Figura 12: Come intende affrontare la successione l’attuale titolare E’ significativa la differenza nelle risposte delle due tipologie di soggetti intervistati, probabilmente causata da una diversa valutazione o percezione della disposizione del titolare aziendale rispetto al tema della successione. 54 4.5. Altri dati rilevati altro ruolo direzionale 4% responsabile economico amministrativo 38% direttore generale 25% direttore di una o più area di attività aziendale 25% responsabile commerciale 8% Figura 13: Tipologia E – Quale è il suo ruolo in azienda? è stata vissuta con preoccupazione soprattutto da parte sua 31% è stata vissuta con preoccupazione soprattutto da parte del precedente titolare 15% è stata vissuta senza problemi sia da parte del precedente titolare che da parte sua 39% è stata vissuta con preoccupazione da entrambi 15% Figura 14: Tipologia D – La successione aziendale è stata vissuta con preoccupazione? 55 sì, nipote 7% no 7% sì, figlio figlia 86% Figura 15: Tipologia C – Lei ha un rapporto di parentela con il titolare? 56 5 GESTIRE LA TRANSIZIONE: ALCUNE ESPERIENZE DI SUCCESSO 5.1. Trasmissione di impresa, PMI e famiglie: unicità e peculiarità di un percorso In parallelo alla rilevazione dati effettuata tramite questionario anonimo, riportata nel capitolo precedente, è stata realizzata una seconda indagine, con finalità e strumenti differenti. Lo scopo di questa tranche di analisi è stato il poter approfondire alcuni temi specifici, per avere un riscontro più immediato e verificabile di quelle che le aziende stesse definiscono “esperienze di successo” in merito alla transizione fra un titolare ed un altro. A tale fine è stata predisposta un’intervista semistrutturata, che potesse consentire di raccogliere le opinioni soggettive, le storie, le dinamiche specifiche, ma anche di organizzare le informazioni in maniera il più possibile codificata e quindi confrontabile con altre. Da esse sono nati alcuni “studi di caso” dai quali è stato possibile trarre informazioni molto utili, che avvalorano i dati raccolti nella prima indagine e rendono più chiare alcune delle opinioni già riscontrate presso le PMI che hanno risposto al questionario inviato. Poiché tuttavia la storia delle famiglie e delle Aziende ad esse collegate costituisce una parte molto significativa del materiale raccolto, è stato scelto di non esplicitare in questo documento i contenuti dei singoli “casi” studiati, al fine di tutelare la privacy e le scelte delle persone e delle imprese che hanno dato la loro disponibilità all’intervista, nonché proteggerle rispetto ad alcuni “segreti” relativi alla conduzione dell’Azienda e al rapporto fra famiglia e impresa. Il materiale sarà dunque descritto per aree tematiche, seguendo il percorso logico dello schema dell’intervista, che prevedeva di indagare quattro aree: Aspetti anagrafico-storici della vita dell’Azienda Consapevolezza rispetto al tema Fattori di successo e di insuccesso Per ciascuna di esse sarà presentata una sintesi delle esperienze raccolte e alcuni spunti di riflessione. 5.2. Aspetti anagrafico-storici della vita dell’Azienda Spesso incontrando i titolari di PMI si ha la sensazione, nella maggior parte dei casi avvalorata dai fatti, che molte delle imprese con le quali lavoriamo abbiano un proprio specifico, una propria storia, un proprio nome e cognome, quasi sempre relativi al fondatore dell’impresa stessa. Ci troviamo così immersi in un sistema dove non solo c’è 57 ampia sovrapposizione fra capitale d’impresa e capitale personale, tra diritti e obblighi dell’Azienda e del titolare personalmente, tra aspetti gestionali e aspetti personali, ma si potrebbe dire una positiva o negativa con-fusione tra le vicende della vita privata dell’imprenditore e quelle della vita produttiva e aziendale. Nelle piccole e medie imprese, l’azienda è lo strumento con il quale una persona – il titolare – dà valore e spazio alle sue idee, e il fondatore diventa di conseguenza la persona che con le sue conoscenze e competenze fonda il valore competitivo di ciò che l’Azienda propone sul mercato e che la differenzia dalle concorrenti. Questo elemento costituisce, nel passaggio di testimone fra generazioni, una preziosa eredità da conservare, investire, tramandare. La storia dell’Azienda diventa così un tutt’uno con quella della famiglia che l’ha fondata e che la gestisce: questo costituisce – almeno nell’esperienza delle PMI torinesi – un punto di forza, da cui discendono flessibilità, innovazione e produttività, che si accompagnano ad una gestione informale ma coerente e costante. Gli intervistati riportano un buon livello di conoscenza e potenziale capacità di gestione di maggiori livelli di complessità organizzativa, che tuttavia spesso genera una presa in carico effettiva di responsabilità ma non una acquisizione formale di ruolo. Questa reticenza, in generale presente sia nella prima che nella successiva generazione può essere ricondotta a due ordini di problemi: - reticenze di tipo psicologico, soprattutto da parte del titolare/fondatore, all’utilizzo della delega come strumento per favorire e sperimentare l’autonomia dei giovani, accentuando la dipendenza e l’esigenza di una continua presenza a livello formale ed operativo del titolare in Azienda - difficoltà di ordine professionale, causata dalla mancanza in azienda di competenze adeguate ad assumere e gestire le responsabilità gestionali, e dall’impossibilità per le dimensioni dell’impresa di gestire immissioni di personale dall’esterno. Un altro elemento significativo dell’intreccio fra storia familiare e percorso aziendale è costituito dalla componente emotiva che dall’uno viene trasposta nell’altro, con ricadute sia positive che negative. Quando l’appartenenza familiare diviene una componente importante dello sviluppo delle PMI e nella gestione delle fasi di cambiamento può costituire sia un elemento di stabilità e di cooperazione quanto un elemento di crisi e conflitto. I titolari intervistati, sia di prima che di seconda generazione, infatti riportano entrambe le esperienza: in caso di situazioni di carattere cooperativo, la famiglia inserita nelle gestione realizza un clan naturale che consente un’integrazione di obiettivi, valori e cultura. Come tutti i clan, tuttavia, la famiglia rischia di cristallizzare un “pensiero di gruppo” che presenta alcuni rischi: l’illusione dell’invincibilità, che riduce la sensibilità ai 58 segnali di pericolo; la sottovalutazione delle informazione negative; la fiducia nei propri valori e nella propria etica; una considerazione stereotipata dei membri esterni al gruppo. 5.3. Consapevolezza rispetto al tema della trasmissione di impresa Anche dalle testimonianze raccolte emerge come la successione, intesa sia come semplice ricambio generazionale sia nella leadreship imprenditoriale che in quella manageriale risulta traumatica e destabilizzante quando si presenta come evento delimitato nel tempo e improvviso. Può invece assumere caratteristiche meno destabilizzanti se considerata come processo di trasformazione che si realizza nel tempo, attraverso opportuni interventi nella struttura organizzativa, nei sistemi operativi e nella cultura aziendale. Nonostante questa consapevolezza raramente vengono avviate nei tempi necessari le manovre utili a ridurre l’impatto del cambiamento. In alcune situazioni positive, ove il passaggio fra le generazioni è stato gestito e superato con successo, gli imprenditori sottolineano l’importanza di privilegiare interventi che agiscano nella direzione di ridurre la dipendenza sia dell’azienda dal titolare che del titolare dall’azienda medesima. L’avvio del processo in momenti in cui non ci siano tensioni particolari, né pericoli imminenti di successioni forzate consente di avviare a soluzione sia i futuri problemi di successione che i problemi relativi alla crescita delle capacità manageriali, rafforzando la struttura direzionale . Anche nell’esperienza delle PMI torinesi coinvolte in questo progetto è stato verificato come l’occasione positiva rappresentata da momenti di ristrutturazione societaria per affrontare problemi di ordine fiscale, finanziario e patrimoniale è stata spesso sprecata per l’assenza di una prospettiva di concomitante cambiamento organizzativo . Al contrario, la capacità, soprattutto nelle generazioni subentranti, di riuscire a cogliere il momento opportuno per conquistare settori di autonomia all’interno della gestione dell’azienda, ha segnato la differenza nella gestione dell’intero processo di transizione. Sono stati inoltre identificati come positivi quei percorsi di passaggio di testimone realizzati in occasione di altri cambiamenti della vita dell’azienda ( ad esempio l’ampliamento o il cambiamento del mercato, l’introduzione di nuovi settori di attività) che hanno consentito all’azienda di metabolizzare il cambiamento di leadership come funzionale al supporto di queste altre situazioni di cambiamento. 5.4. Fattori di successo e di insuccesso 59 Presso la PMI la conoscenza, in particolare quella individuale dell’imprenditore e dei suoi collaboratori è uno dei principali fattori alla base del vantaggio competitivo. Le conoscenze tecniche delle persone sul prodotto, sui processi produttivi, le competenze di azione o di tipo relazionale sono alla base della capacità delle imprese di innovare flessibilmente, di costruire rapporti di lunga data con clienti e fornitori, in altre parole di costruire un business che duri nel tempo. Questo elemento è strettamente raccordato alla specificità della leadership che si sviluppa nelle Pmi: prevalentemente individuale (e non organizzativo ossia sedimentato in procedure o data base) e specifica rispetto al contesto (non codificato e quindi non facilmente trasferibile). Dalle testimonianze raccolte questo emerge come elemento di successo in alcune fasi della vita dell’impresa, ma rischia di diventare un fattore di debolezza nella fase di passaggio di testimone fra titolari e generazioni. Anche in questa fase, infatti, le Pmi spesso gestiscono con difficoltà lo sviluppo delle conoscenze che dovrebbero alimentare l’innovazione tecnologica, produttiva e gestionale. Inoltre, a causa della natura del proprio capitale umano, le PMI sono più esposte rispetto ad aziende medio grandi alla perdita del patrimonio di conoscenze, e spesso si trovano impoverite dai processi di turnover o in difficoltà nel trasferimento di competenze tra lavoratori che hanno anzianità o culture e lingue differenti. Questo può costituire un forte elemento di svantaggio. Un ulteriore fattore che segna la possibilità di successo o insuccesso è la modalità con la quale vengono identificati e coinvolti i successori: nelle esperienze raccolte spesso questa scelta è segnata non solo da elementi oggettivi quali la presenza di interessi, competenze, le capacità gestionali, ma da componenti soggettive quali dinamiche relazionali, familiari, esigenze esterne all’azienda. Se invece l’identificazione del successore, come gli altri elementi che costituiscono la successione, viene gestita come un processo in primis di formazione e costruzione di ruolo può diventare un elemento di forza, per puntare sulla continuità come elemento cardine del vantaggio competitivo dell’Azienda. Mentre la famiglia privilegia i criteri parentali presupponendo l’entrata in azienda dei propri membri, indipendentemente dalle loro competenze e professionalità, l’azienda presuppone una selezione accurata dei potenziali candidati al fine di rilevarne le capacità e le attitudini., ed anche il sistema retributivo, valutativo e formativo. Mentre per la famiglia non è tanto importante il contributo concreto che i propri membri offrono o sono in grado di offrire, quanto il bisogno di coesione ed armonia e perciò la non discriminazione fra essi, viceversa l’azienda richiede 60 efficienza e produttività e valuta perciò il proprio personale in relazione alle loro effettive prestazioni. Un ultimo elemento è stato segnalato come importante per una buona gestione del processo di successione: esso è efficace se implica una ridefinizione dei ruoli e delle relazioni da parte di tutti gli attori coinvolti dall’imprenditore, dalla famiglia e dal personale esterno. Il fondatore si troverà ad affrontare la transizione sia dal punto di vista personale, dal momento in cui si troverà ad abbandonare un’attività che lui stesso ha creato, sia familiare, dovendo gestire gli eventuali conflitti che emergeranno in seno alla famiglia, e sia aziendale, dovendo affrontare i nuovi ruoli e le nuove strategie che la nuova leadership potrà comportare all’ordinario funzionamento dell’impresa. Anche la stessa famiglia si troverà ad affrontare problemi quali la gestione degli eredi esclusi e le eventuali tensioni che possono emergere in contemporanea ai nuovi ruoli familiari, mentre il personale esterno alla famiglia si interrogherà sui possibili cambiamenti in strategie e politiche aziendali che l’avvento di una nuova leadership può comportare. 5.5 Il ruolo delle Associazioni di Categoria Rispetto al contributo che le associazioni di categoria possono fornire alle PMI impegnate, a vario titolo nel processo di trasmissione di impresa, sono emersi due tipi di necessità immediate. Gli imprenditori si aspettano da un lato un intervento mirato alla sensibilizzazione sia gli attori sociali sia degli imprenditori in generale sul bisogno di governare la transizione. Dall’altro emerge il bisogno di essere accompagnati nelle fasi cruciali dell’evoluzione dell’Azienda, in modo da poter trasformare le potenziali minacce in elementi d'innovazione. Su questo tema imprenditori senior e junior assumono punti di vista differenti: mentre i fondatori fanno riferimento alle associazioni di categoria come partner strategico per incentivare la progettazione, promuovere l’importanza della continuità e facilitare la comunicazione tra le aziende, i successori ritengono maggiormente significativa la possibilità di incontrarsi fra di loro e avere occasioni formative sui temi che li riguardano, con l’obiettivo di sfruttare le occasioni di scambio anche per instaurare relazioni professionali e commerciali. In generale purtroppo si rileva una scarsa fiducia da parte delle Aziende rispetto a soggetti altri, che pur interessati alla loro sopravvivenza nel tempo, a causa della rilevanza delle PMI per il tessuto economico nazionale, non mostrano di avere realizzato in passato interventi di supporto. Sino ad ora infatti gli interventi più significativi e noti da parte delle 61 Imprese riguardano la costituzione di “borse” che facilitino l’incontro fra chi vuole lasciare e chi vuole intraprendere il ruolo di imprenditore e interventi di carattere formativo. Molta più rilevanza viene invece attribuita da parte delle Aziende ad interventi più di tipo cooperativo, ove l’obiettivo sia quello di potenziare le reti fra attività simili o complementari e di costruire un terreno comune dove possano essere scambiate e recepite buone prassi operative da parte di Aziende più “esperte” che abbiano già vissuto il passaggio generazionale o stiano gestendo questa fase di transizione. 62