La vita in comunità... 7 tazzine
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La vita in comunità... 7 tazzine
Raccontare la Comunità significa raccontare le storie di adulti e minori che la vivono.. che si intrecciano nella quotidianità… A BAT JOUR Ogni sera le luci si spengono verso le 23:30. Alcune abat-jour rimangono invece accese. E lo rimarranno fino al giorno successivo. Si rincorrono i tramonti e le albe in comunità. Ogni giorno diverso dall'altro: programmato negli appuntamenti ed orari fissi della scuola e delle attività pomeridiane. Tanti però i piccoli eventi quotidiani non programmabili, tante le questioni che nascono in un luogo che accoglie storie simili, ma mai uguali; operatori che lavorano in sintonia, ma con stili e caratteri diversi. Ogni giornata è diversa perché costruita sulle relazioni, parola dopo parola, sguardo dopo sguardo, silenzio dopo silenzio. Alcune abat-jour si spengono al mattino, altre la sera. La comunità è anche questo, riconoscere tempi differenti e differenti bisogni di luci e ombre. B ISOGNI Se hai necessità di travasare liquidi in contenitori dall'imboccatura stretta lo strumento di cui hai bisogno è l'imbuto. Se hai necessità di ripararti dalla pioggia, l'ombrello è quel che fa per te. Se devi montare un mobile, il cacciavite ti verrà in soccorso. A seconda del bisogno cui occorre rispondere, devi cercare di dotarti dello strumento più funzionale. Ad ogni obiettivo, un diverso attrezzo. Per ogni ragazza accolta in comunità, l’équipe, insieme al Servizio Sociale e alla NPI, scrive un PEI, un progetto educativo individuale. Ogni ragazza ha storia, rete familiare, capacità e carattere differenti. I bisogni con cui ci si deve confrontare e da affrontare sono molteplici. E’ attraverso il PEI che si definiscono gli obiettivi (a breve, medio o lungo termine) specifici per ogni singola fanciulla, e gli strumenti per raggiungerli; progetti che annualmente vengono verificati e rimessi in discussione. E’ il documento che l’equipe stila per decidere se c’è bisogno di un cacciavite, di un imbuto o di un ombrello. Perché se devi montare un mobile, di un imbuto non te ne fai assolutamente nulla… C AFFE' Sette tazzine, una bottiglia d’acqua, bicchieri, qualche biscotto e una caffettiera enorme fumante. Il planning, il diario ed i turni. Tutti i martedì mattina, per 52 volte l’anno l’équipe della comunità si ritrova intorno a un tavolo così. Sette educatori e una coordinatrice. A confrontarsi, scontrarsi, mediare e trovare decisioni comuni che rispondano ai bisogni delle ragazze. Occorre decidere chi le accompagnerà alle varie attività, chi si occuperà di fare l’ordine degli alimentari, chi dovrà scrivere la mail di aggiornamento alla psicologa, chi gestirà le pulizie e la riorganizzazione della dispensa... E soprattutto si dà spazio all’aggiornamento sugli avvenimenti della settimana e al confronto sui metodi ed interventi da attuare. Insomma, senza caffè è dura arrivare all'ora di pranzo. Solo la coordinatrice ci riesce (e ancora ci si chiede quale sia il suo segreto). 1 D IALOGO Qui si ascolta e si parla tanto. Il dialogo è il pane quotidiano della comunità, una strada impalpabile dove camminare accanto all'altro. Ogni giorno è uno scambio di idee, commenti, esperienze, interventi, domande, chiarimenti, sentimenti. Si dialoga con gli altri e con se stessi. Ci sono dialoghi immaginati, verbali e non verbali e tra chiacchiere e confronti si costruisce e narra assieme una storia di volta in volta diversa. Le riunioni, le discussioni e le collaborazioni stimolano la creatività, la criticità e rafforzano le capacità relazionali ed emotive di ciascuno. Le parole diventano filo invisibile che unisce distanze ed individualità. Perchè la comunità è una macchina complessa, un posto dove storie difficili si incontrano e devono vivere insieme, condividere spazi, accettare compromessi e regole. Ogni cosa è divisa: i bagni, la stanza, la tavola. Ed è una palestra quotidiana quella che porta dal dividere al condividere. E QUIPE Un’équipe educativa deve funzionare sapendo che ognuno è necessario, ma nessuno fondamentale. La coordinatrice, sette educatori più tre educatori sostituti (strana parola che descrive gli educatori che sostengono l’equipe nei turni settimanali, ma non ne fanno parte) e una Adest. Undici persone in tutto, come in una squadra di calcio. Ognuno un suo ruolo, ma la tattica di gioco è condivisa e il pallone che passa da un piede ad un altro è uno solo. Metafora non scontata per una équipe formata per gran parte da donne. F AMIGLIA In Comunità si cerca di “fare famiglia” senza simulare la famiglia. Lo sforzo è costruire insieme un luogo che sia “come una casa”, facilitando il vivere in una situazione di normalità, di naturalezza almeno parziale, in grado di favorire la costruzione di relazioni veramente significative. Perchè l'inserimento in struttura è prima di tutto un'esperienza relazionale. Stare e Fare insieme, nel rispetto dei ruoli, delle esigenze e delle potenzialità di ognuno: preparare i pasti, avviare una lavatrice, stirare la biancheria, riordinare gli ambienti, prendersi cura di sé e degli spazi, dedicarsi ai compiti o giocare a carte, insomma, partecipare attivamente alla vita quotidiana, innescano meccanismi di fiducia e di sviluppo delle potenzialità. Trascorrere una quotidianità significa costruire insieme uno scenario comune di riferimento, fatto non solo di regole, ma di abitudini, di legami basati sul rispetto e sulla condivisione. E' la graduale scoperta che un modo diverso di stare assieme è possibile. E divertente. I passatempi possono essere i più diversi: una serata a base di film, pop-corn e coccole sul divano; giocare a palle di neve nel cortile per poi correre su in Comunità a scaldarsi con una tazza di tè; fare pic-nic e gite dove il divertimento spesso sta proprio negli imprevisti; cucinare una torta da condividere o dipingere un cartellone da appendere; guardare o creare un album di fotografie... perché certi fotogrammi rimarranno ricordi indelebili, momenti magici per tutti, educatori e ragazze. Insieme si sviluppa un sentimento di appartenenza di tipo affettivo, dove festeggiare il Natale, il Capodanno, il Compleanno è davvero una festa! 2 G IORNATA La giornata tipo di una comunità inizia con la sveglia. Ogni ragazza ha impegni e orari differenti. Chi va a scuola (anche molto lontano) e deve prendere un pullman o un treno e si alza molto presto; chi lavora; chi si trova in un momento di pausa o di passaggio e non ha impegni quotidiani (ancora!) specifici. Per tutte comincia con la colazione nel salone. Tè, succhi di frutta, latte e caffè. Ci si saluta e ci si da appuntamento per pranzo. L'educatore della notte si congeda e si da il cambio con il collega dopo un approfondito passaggio di consegne ed aggiornamenti sulle ultime ore. La mattina è il momento delle pulizia, del riordino, della spesa e della riunione d'équipe, degli appuntamenti per le plenarie (incontri con gli altri attori sociali della rete) o con la scuola. Le ore della mattina sono le più silenziose in comunità. Spesso la televisione è spenta, gli stereo anche. Unici suoni dominanti: il trillo del telefono ed il rumore del fax. Nella struttura, solo l'educatore in turno, l’Adest e le ragazze momentaneamente senza impegni o malate. Dalle 13 in poi comincia a suonare il citofono. La tavola è già apparecchiata e varie pietanze sono pronte. L’ultima ragazza rientra verso le 15, sul tavolo ancora la tovaglia ed il suo piatto...e qualcuno pronto a farle compagnia. Nel pomeriggio si parte con i compiti e si prosegue con le attività scelte dalle ragazze (danza, palestra, piscina, teatro…). Spesso i pomeriggi sono anche momenti in cui si incontrano i parenti delle ragazze, gli amici, fidanzati e fidanzate. Ora di rientro per tutte sono le 19:30. Perché la sera si mangia tutti insieme, sul lungo tavolo. Si sparecchia insieme. E poi in serata passeggiata, film, musica, e piano piano le luci si spengono....e nei periodi e giorni di vacanza si ricomincia: con meno doveri, più gite e gelati! Salvo occasioni speciali, verso le 23 tutte nelle loro stanze. Camomilla, confidenze, coccole. Buonanotte. H ACCP Hazard Analysis and Critical Control Points, letteralmente «Analisi del Pericolo e Controllo dei Punti Critici». Strano pensare che in comunità si adotti un sistema ideato negli anni sessanta, negli Stati Uniti, con l'intento di assicurare che gli alimenti forniti agli astronauti della NASA non avessero alcun effetto negativo sulla salute e non potessero mettere a rischio missioni nello spazio. Anche se a volte le missioni che attendono gli educatori sono, per complessità, pari a quelle spaziali, nulla hanno a che fare con satelliti e viaggi interstellari. Per l’educatore in turno significa moduli da compilare, etichette da appiccicare, procedure da rispettare...ma garanzia di a real good job! I MMAGINAZIONE L'adolescenza, come l'infanzia, è il tempo in cui l'immaginazione spesso regna sovrana: “cosa fare da grandi”, “cosa potrebbe succedere se”, “come sarebbe la vita se fosse diversa”... L'immaginazione diventa una possibile chiave di lettura del mondo, un filtro che può determinare le nostre scelte. La Comunità è un luogo di confronto, dove le storie reali ed ipotetiche, presenti e passate, si arricchiscono nell'incontro delle storie altrui. Il compito degli educatori è anche quello di stimolare l'immaginazione, di ampliare gli orizzonti e le prospettive, perché le ragazze possano tornare ad immaginare il loro futuro, anche quello più immediato, quando tutte le porte sembrano loro 3 chiuse, quando troppe ombre opacizzano colori ed entusiasmo. Non perchè l'immaginazione possa essere semplicemente una forma di evasione da una realtà sgradita o dolorosa, ma perchè possa dare la concreta possibilità di crearne una migliore. Una relazione d'aiuto è una relazione che tende al cambiamento e “se consideriamo che cambiare appartiene allo stesso campo semantico di scambiare introduciamo un elemento di reciprocità che costituisce un'importante base etica” (C.Bosetto). E l'immaginazione è anche uno strumento fondamentale per gli educatori nel tentativo di trovare soluzioni pratiche a problemi complessi, nella ricerca di alternative a miracoli e superpoteri: moltiplicazione delle risorse e del budget, dono dell'ubiquità e teletrasporto, sensi iper sviluppati, omnilinguismo, onniscienza, manipolazione del tempo e della meteorologia, invulnerabilità, capacità di conversione energetica... Immaginazione è anche l'arte di non lasciarsi mai scoraggiare e di sapersi arrangiare! J AZZ “Il jazz è la metafora del coraggio che bisogna avere nella vita: improvvisare vuol dire partire per una nuova avventura. Ogni persona ha l'opportunità di esprimere se stessa. Tu apri la porta, entri, ti unisci agli altri, poi riapri la porta e vai via, ma la festa c’era prima di te, e continua dopo di te.” W. Shorter Pomeriggio, sera, weekend. La comunità è continuamente immersa nel suono della musica, attraverso gli stereo nelle stanze delle ragazze, i cellulari e le loro casse, la televisione con le sue reti musicali, i lettori mp3. Da una stanza all’altra si rincorrono brani reggaetone, note neomelodiche napoletane, bassi techno hardcore e musica pop italiana, rap e dance est-europea. La comunità è un complesso musicale...che da valore a molti gusti e ha tante partiture... Rimane la speranza di ascoltare un giorno anche del buon jazz. K RAPFEN Le nostre abitudini alimentari e il modo in cui ci rapportiamo con il cibo assumono, consciamente o inconsciamente, molteplici valenze, il cui significato riguarda non solo gli aspetti essenziali della nutrizione, ma anche quelli della socialità e della cultura, rendendo il cibo qualcosa più di un 'semplice' alimento. E questo è ancora più vero se si parla di adolescenti. Quindi il lavoro dell’educatore non può non soffermarsi sul tema dell’alimentazione, non solo per quelle ragazze che arrivano in comunità con disturbi conclamati del comportamento alimentare. Perché a volte si andrebbe avanti mangiando solo cioccolata, pasta, krapfen e dolci... Ed i pasti sono importanti nella quotidianità comunitaria. Soprattutto la cena, in cui risate, litigi, battute ed aneddoti accompagnano il momento in cui ci si trova tutte insieme a tavola dopo un’intera giornata di impegni ed episodi da raccontare o nascondere. La cena è il momento più coinvolgente, perché obbliga tutte a sedersi intorno al tavolo e a confrontarsi con le altre, a far emergere antipatie e simpatie, ad affrontare questioni scomode di convivenza e cercare compromessi nella vita comune. L AVORO Lavorare in comunità ti porta, nella quotidianità, a svolgere vari mestieri: dall’impiegato all’insegnante di matematica, dal cuoco all’autista, dal manutentore all’addetto delle pulizie, dal 4 responsabile qualità all’informatico, dallo sportivo all'artista. L'intento pedagogico viene mediato dagli spazi, dai tempi, dalle comunicazioni, dai gesti condivisi: tutti i momenti della giornata e tutte le azioni svolte, hanno rilevanza terapeutica ed educativa. Senza però dimenticare qual è il tuo lavoro e ruolo e le finalità educative del tuo esser lì ad avvitare un armadio... M IMOSA Se fosse un fiore sarebbe una mimosa, perché la comunità è Femmina. Non solo per chi si appresta a fare l'analisi grammaticale del sostantivo “comunità”, anche per chi tende a descriverla come un posto dove si ritrova dolcezza, accoglienza, sensibilità, protezione e fragilità. Chi la vive però sperimenta anche forza e determinazione. Ma la comunità Accomazzi è femmina soprattutto perché accoglie ragazze. Che nella loro vita parentale e amicale si sono trovate ad affrontare abusi e violenze. E ci sono alcune che portano sulle spalle storie di abbandono ed incuria, di disagio e solitudine. Alcune, cresciute troppo in fretta, si sono trovate a ricoprire ruoli da donne e madri (pur non essendolo) in un’età ancora acerba. Sono ragazze e bambine che nelle relazioni più intime, hanno trovato le fatiche più grandi. E’ compito arduo ricostruire una possibilità di futuro, far riscoprire le potenzialità presenti e latenti, e, per dirla alla Freire “ nell'aiutarle ad aiutare sé stesse, nel farle agenti del loro stesso recupero, nel collocarle in una posizione critica di fronte alla propria storia”. N AVIGAZIONE “Una nave nel porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite” J.A. Shedd. La comunità è un porto sicuro, dove le ragazze ricevono protezione e cura. Dove le paratie vengono rinforzate per affrontare le onde del mare aperto. Il momento della partenza, del lasciare gli ormeggi non è mai facile. L’aver sperimentato, dopo una breve vita burrascosa, che esistono porti sicuri, non rende facile tornare in balia delle onde. Ma ripartono con l’augurio di avere scafi più forti, capacità di navigazione maggiori e la competenza del riconoscere le stelle per orientarsi e non farsi incantare dalle luci delle altre navi che passano all’orizzonte. Un viaggio è verso la memoria, all’indietro, un altro è verso il futuro, verso il nuovo che entusiasma ma anche un po’ spaventa per la sua incertezza… E' rischio di perdita ma anche promessa di conquista, è speranza di ritorno ma anche abbandono fiducioso al nuovo. La Comunità alloggio costituisce per le minori ospitate un luogo dove sentirsi protette, ma funge anche da trampolino -da porto!- per aprirsi verso l'esterno, verso un futuro di indipendenza e maggior serenità. O ROLOGIO C’è un vecchio orologio a pendolo nel soggiorno della comunità. Un bell’orologio in legno che suonava ad ogni ora. E’ fermo ormai da qualche anno, non perché non funziona più, ma perché il suono del battito delle ore con la sua forza d'intensità spesso disturbava e spaventava! Il tempo è una variabile importante, in comunità come nella vita. Il tempo dell'orologio si amalgama al tempo dell'esperienza ed al tempo interno. C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per demolire e un tempo per edificare un tempo per gemere e un tempo per ballare. 5 Un tempo per essere inserite, e un tempo per essere dimesse un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per andare a scuola e un tempo per uscire con gli amici. Un tempo per serbare e un tempo per buttar via, un tempo per incontrare la famiglia e un tempo per starne lontane. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. (Qohelet) Anche se l’orologio è fermo, i secondi, i minuti, le ore corrono. P ORTA Probabilmente se si chiedesse a un passante come si immagina una comunità per minori, una delle cose che direbbe è che è un posto con la porta chiusa. Per non permettere agli ospiti di uscire. La porta della nostra comunità è chiusa, ma solo dall’esterno. Come la porta di una casa normale. Serve a proteggere dall’esterno, non a rinchiudere chi vive all’interno. La comunità non è un carcere con condannati che devono scontare una pena. Si può dire, magari venendo tacciati di troppa retorica, che la loro pena le ragazze ospiti l’hanno già scontata. Senza una condanna o una colpa da scontare. La comunità è quindi un luogo dove rielaborare la pena, e cercare di ripartire. Decidendo quando aprire la porta e uscire, quando chiudersi all’interno e aspettare. E dopo l'uscita dalla Comunità la struttura comunitaria si presta a restare un punto di riferimento per le ragazze dimesse, supportandole in maniera indiretta, ma costante nel tempo, nel delicato percorso verso l'autonomia per diventare adulte indipendenti. La porta per loro resta sempre aperta. Q UADERNO La scrivania è spazio fondamentale: c’è chi la tiene ordinata in maniera maniacale, colleghi che la lasciano a fine turno in condizioni irriconoscibili, altri che la svuotano e la riempiono in maniera compulsiva. Strumenti indispensabili il quaderno-diario ed il planning. Sul planning si segnano gli appuntamenti della settimana, le telefonate, gli orari delle ragazze, eventuali riunioni o eventi particolari che riguardano il gruppo. Il diario invece è lo strumento principale del lavoro in comunità. E’ il quaderno su sui si scrivono le vicende della giornata, gli interventi portati avanti, i dubbi da condividere con i colleghi, riflessioni o confessioni delle ragazze. E’ la prima cosa che si prende in mano quando si arriva in turno e l’ultima che si abbandona quando si stacca. Per leggere e scrivere. Di tutto ciò che succede all’interno delle mura comunitarie deve rimanere traccia sul diario. Non ha un lucchetto a forma di cuore, ma lo si può definire come diario intimo e segreto della comunità. R ETE E' fondamentale riconoscersi, come educatori, parte di una realtà, di una rete, che influisce ed educa il minore, perché “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo” (P. Freire). E col mondo quotidianamente si interagisce e si 6 lavora per accompagnare le ragazze. Per integrare risorse, saperi e prospettive in funzione di obiettivi comuni. Attraverso la scuola o il posto di lavoro, nell’interazione con la famiglia (quando possibile), e con la rete dei servizi sociali e del servizio di NPI, nella conoscenza e monitoraggio delle amicizie più o meno intime. Ed è questo il lavoro che quotidianamente affrontiamo: la singola ragazza e il mondo che la circonda e con cui interagiamo, nel tentativo di tessere una rete che raccolga ed ordini nelle proprie maglie il caos brulicante e disordinato. S OGGIORNO Il Soggiorno è la stanza più grande della Comunità. E' una zona di vita in comune, non è solo spazio a disposizione, ma qualcosa di ben più profondo. Qui ci si concede più tempo per le relazioni interpersonali, per imparare a conoscersi ed accettarsi; per progettare il futuro, divenendo più maturi e responsabili tra i compiti scolastici e quelli della quotidianità; per socializzare con una partita a carte, con una sfida ai videogiochi; per scatenarsi in balli e karaoke; per coccolarsi con tisane e biscotti. E' il luogo dove si sogna in compagnia, si viaggia con l'immaginazione guardando un film, e si fantasticano e organizzano partenze vere. Durante l'anno, infatti, si cerca sempre di creare esperienze di viaggio: che si parli di weekend o di intere settimane, di mare o di montagna, l'importante è la bellezza di nuove mete, di un nuovo cammino insieme. Ma quando si parla di soggiorno estivo, non si può proprio mettere in discussione che sia al mare. Si trova un alberghetto o una colonia che preveda pensione completa ed inizia la vacanza! In soggiorno non ci sono più compiti scolastici; turni pulizie e cucina; sedie e divani da spostare per improvvisare danze scatenate: si dimenticano i malumori sulla pista da ballo ed ognuno tenta di trovare il proprio ritmo sulla pista delle biglie. E se capita di sbandare, di uscir di strada in qualche temibile curva sabbiosa, poco importa, c'est la vie, basta rimettersi sul sentiero e ricominciare. T RE Sono tre i compiti principali che competono ad un educatore di una comunità: tutèla s. f. [dal lat. tutela, der. di tutus, part. pass. di tueri «difendere, proteggere»]. – a. Difesa, salvaguardia, protezione di un diritto o di un bene materiale o morale, e del loro mantenimento e regolare esercizio e godimento (da parte non solo di un individuo ma anche di una collettività). b. Protezione, assistenza, difesa, custodia protezióne s. f. [dal lat. protectio -onis, der. di protegĕre «proteggere», part. pass. protectus]. – 1. L’azione del proteggere, del riparare cose e persone allo scopo di difenderle da ciò che potrebbe recare loro danno cura s. f. [lat. cūra]. – 1. Atteggiamento premuroso e costante verso qlcu. o qlco. E’ un caso che siano tre sostantivi femminili? U NO Il coordinatore. Nel nostro caso la coordinatrice. Risolutrice di qualsiasi dubbio, latente di tutte le verità, destinataria di ogni richiesta, “colei che è e colei che ha” (il telefono sempre in funzione). Tornando alla metafora calcistica usata in una voce precedente lei ricopre il ruolo di allenatore e di 7 libero. “Al libero sono richieste doti fisiche comuni ai difensori (potenza fisica, preparazione atletica) e doti tecniche più affinate, più vicine a quelle dei centrocampisti che a quelle dei difensori: tra esse hanno particolare importanza la visione di gioco e il senso della posizione”. Insomma è colei grazie alla quale la squadra fa goal e non ne prende. V ASI A Natale dello scorso anno l’educatrice in turno ha regalato ad ognuna delle ragazze un vaso e un bulbo di fiore con l’invito a prendersene cura e ricordarsi di innaffiarlo quotidianamente. Alcune sono arrivate a vedere il fiore sbocciare, altre l’hanno abbandonato, altre ancora l’hanno innaffiato troppo ed è marcito. Parafrasando Plutarco, non siamo vasi da riempire, ma piantine da far crescere e far frutto. In comunità comunque l’unica col pollice verde è Anna, l’Adest, grazie alla quale i davanzali si riempiono periodicamente di fiori. W EEKEND I turni! Questa grande parola che tanti appartenenti alla categoria temono. Indispensabili per garantire il servizio per 8760 ore l’anno. La comunità è un servizio che non chiude mai. Si sposta a volte (durante i soggiorni), ma è garantito sempre. Giorno, notte, pioggia, sole, estate, inverno, mare o montagna. In settimana come nel weekend. Il lunedì mattina come la notte di san Silvestro. X) Si rimane sempre un po’ giovani lavorando in comunità. Perché bisogna, volenti o nolenti, essere sempre aggiornati su mode, slang, musica, film. Perché quella è la musica che si ascolta in comunità, quando si va al cinema i film si scelgono insieme alle ragazze, sempre loro hanno in mano il telecomando della tv, e stando con loro molte ore al giorno finisce che anche tu cominci a parlare di “fissa”, commentare con “bella!” o concludere gli sms con le faccine X). Y OUTUBE Video. Immagini. Massima condivisione. Zero privacy. Ogni tanto ci domandiamo cosa ne uscirebbe da un reality show girato in comunità. Una telecamera per stanza. Un canale youtube con audience garantito: il pubblico ne avrebbe di sicuro da commentare in continuazione. L’esatto opposto di ciò che la comunità deve dare. Proteggere, preservare e tutelare la quotidianità delle ragazze è uno dei compiti più importanti di una comunità. Proprio perchè le singole storie, e i comportamenti che da esse dipendono, possono essere complesse, delicate da affrontare, da capire o da scoprire. Le ragazze devono potersi sentire protette nella loro intimità, accolte con i loro problemi e le loro difficoltà, in un ambiente sereno, dove poter essere se stesse ed accettate con atteggiamento non giudicante (non sottoposte al pubblico giudizio...). 8 Z ERBINO Ci si pulisce le scarpe prima di entrare in comunità. Cercando il più possibile di lasciar fuori la polvere, il fango, le tracce del proprio cammino. Per non portare con se amarezze, fatiche, rabbia della propria vita privata. Ma quando si esce è spesso impossibile ripulirsele. Tanta è la strada percorsa e le pozzanghere attraversate, che un po’ di sporco rimane sempre e sta lì attaccato. Non basta lo zerbino per farlo saltar via. Ti porti a casa quello che è stato il turno appena trascorso. E continui a pensarci, per riaffrontare il tutto, con più lucidità, il giorno seguente. 9