Come eravamo - Campo de`fiori

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Come eravamo - Campo de`fiori
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Campo de’ fiori
SOMMARIO
Editoriale:
“Non ci indurre in tentazione”..................3
Intervista:
Paolo Villaggio - “Serata d’addio”..........4-5
Collezionismo:
Questa volta parliamo di maschere ......6-7
Suonare Suonare:
L’”orrore” a Roma ...............................8-9
Come eravamo:
Regazzino Pallonaro .............................10
Roma che se n’è andata:
Osti e Osterie ......................................12
Cinema News:
Wanted ...............................................13
Eventi:
Afmal e Aeronautica militare ................16
Numero Unico:
Dieci giorni di campeggio .....................17
Una “Fabrica” di ricrdi:
Lucia Francola, mani di fata .................18
Arte:
Eraldo Bigarelli ...................................20
Antonio Panunzi .................................28
Tradizioni:
Il miracolo della Madonna di Uliano .....21
Le guide di Campo de’ fiori:
Selci .............................................22-23
Ceral:
Un’avventura chiamata adolescenza ....24
Il diario dei Girasoli ........................25
Storia di un sogno chiamato Tele
Radio Punto Zero .......................26-27
Il Fumetto:
Claymore ...........................................29
Vecchia storia di un carabiniere ....30
Acqua di Nepi ..................................31
L’angolo dell’avvocato:
Strisce blu .........................................32
Edoardo Vianello ............................33
Le storie di Max:
Rita Pavone .......................................34
Civita Castellana - Ulderico
Midossi.............................................35
Occhio sulla città ............................36
Oroscopo .........................................37
Il mondo del Jazz:
IL jazz di Chicago ...............................38
Album dei ricordi.............40-41-44-45...........................................48-49-58-59
Messaggi ....................................42-43
Giochi Antichi - Sosia .....................46
Rubrica dei perchè:
Perchè l’acqua spegne il fuoco ............47
Campo de’ fiori dà i numeri ...........50
Giochi ..............................................51
Quella forza silenziosa chiamata ...52
Ecologia e ambiente:
L’acqua e le faraoniche opere ..............53
L’angolo Cin Cin:
Collezionare il vino .............................54
Noel.............................................55-56
Annunci Gratuiti ........................60-61
Selezione Offerte Immobiliari .......62
foto di copertina Sefano Santi
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Campo de’ fiori
di Sandro Anselmi
“Non ci indurre
in tentazione”
Se analizziamo questa frase del Padre nostro, possiamo cadere nell’errore di credere che preghiamo il Signore perché non ci induca in tentazione. Ho sempre avuto, comunque, la più profonda convinzione che il vero
significato di queste parole fosse “non farci cadere in tentazione” e che,
magari, quel passo fosse stato frutto di una errata traduzione.
Tutto ciò genera comunque perplessità!
Non vorrei aver commesso peccato nell’aver usato questo titolo e questo
prologo, ma voglio dire che oggi, più che mai, andrebbe seguito l’insegnamento del Signore, e cioè quello di non cadere in tentazione. Di fatto
tutti veniamo tentati ogni giorno da mille cose, ma la saldezza morale ci
può sempre salvare da pericolosi fuorviamenti. I soggetti più deboli,
però, sono i giovani: la loro inesperienza è la loro vulnerabilità! Essi debbono costruire e affinare le loro autodifese! Troppe morti, troppe stragi!
Quale tributo deve pagare ancora questa generazione per gli errori dei
padri? Hanno ereditato un mondo corrotto, ed aiutarli ad edificare ora il
proprio carattere, vale più che dargli una lodevole laurea. Bisogna insegnare loro ad apprezzare le piccole cose e a non avere fretta, ad usare
pazienza e a costruire, pian piano, il loro futuro.
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Campo de’ fiori
Campo de’ fiori
di Sandro Alessi
Non è facile incontrare Paolo Villaggio,
maestro di vita e di spettacolo, uno sempre restio alla vita mondana ed alla comunicazione. E per questo, come ci accorgiamo che il suo spettacolo “Serata
d’Addio” fa tappa a Roma ci adoperiamo
per avere un appuntamento con lui.
Nel foyer del Teatro della Cometa ci
accoglie disponibile come non mai.
Maestro, attendavamo da molto
tempo il suo ritorno a teatro!
“Oggi il teatro è il mio mestiere, lo faccio
per disperazione ed è la fine di tutti quelli
che hanno avuto molto successo al cinema! Gassman mi minacciava da 50 anni:
Paolo, devi fare il teatro! Ed io non l’ho
mai fatto. Ora sono qui e questo è per me
un inizio più che un ritorno!”.
E’ già pronto per l’ennesima replica di questo spettacolo fatto di tre monologhi attinti dalla produzione di Cechov e
Pirandello con quei suoi pantaloni patchword per metà arlecchino ed il sorriso di
chi è forte della propria personalità. Tutto
il contrario del suo mitico personaggio
Fantozzi, ragioniere mediocre in un
mondo di furbi.
“Quando un attore comincia a zoppicare
per via dell’età, che fa? Bara! Comincia a
raccontare che questa è l’ultima serata
della sua vita sperando di attirare il pubblico con nomi di autori quali Cechov e
Pirandello ed il pubblico riempie il teatro
con la speranza di veder morire il protagonista oppure viene consapevole del fatto
che si ritira…Questo è il motivo del titolo!”
Si narra che a scoprirlo come comico fu
addirittura Maurizio Costanzo che nel
1967 gli consiglia di esibirsi in un cabaret
di Roma e di partecipare al programma
televisivo Quelli della Domenica con i
suoi personaggi aggressivi, vili e sottomessi quali il Professor Kranz,
Giandomenico Fracchia e Fantocci
che in seguito diventerà Fantozzi e di cui
comincerà a narrarne le disavventure sulle
pagine de L’Espresso e de L’Europeo.
Nel 1971 la casa editrice Rizzoli pubblicherà il libro “Fantozzi” raccogliendo i racconti e le gesta del ragionier Ugo, uomo dal
carattere debole, perseguitato dalla sfortuna e dal megadirettore. Il successo di
questi scritti (ne usciranno tre) lo lancerà
nel mondo del cinema.
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Per la verità, Villaggio aveva già lavorato in
alcuni film tra cui Brancaleone alle
Crociate, di Mario Monicelli, del 1970, ma
si deve attendere il 1975 per la consacrazione con il celebre film diventato cult
“Fantozzi” di Luciano Salce a cui ne
seguiranno ben nove sul mitico ragioniere.
Ma l’attore genovese non è solo Fantozzi,
di lui ricordiamo interpretazioni mitiche
accanto a maestri del cinema in La Voce
della Luna di Fellini (1990), Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmuller
(1992), Il Segreto del Bosco Vecchio di
Ermanno Olmi (1993), Cari fottutissimi
amici di Mario Monicelli (1994). Ed altri
meno impegnativi: Il Belpaese (1977),
Dove vai in vacanza (1978), Fracchia
la belva umana (1981), Pappa e Ciccia
(1982), I Pompieri (1985), Rimini
Rimini (1987), Le Comiche (1990),
Camerieri (1995), Banzai (1997),
Azzurro (2000), Hermano (2007),
Torno a vivere da solo (2008). E questi
sono solo alcuni titoli degli oltre 70 film
interpretati in carriera. Dal punto di vista
teatrale dobbiamo ricordare l’incontro con
Giorgio Strehler che nel 1996 lo ha voluto
Arpagone nell’Avaro di Moliere ed il grande
successo del “Delirio di un povero vecchio” nella stagione 2000/2001. Dalla
scorsa stagione porta in scena “Serata
D’Addio”, monologo diviso in tre atti: Il
fumo uccide, ispirato a “Il tabacco fa
male” di Anton Cechov; Una vita all’asta,
da Il canto del cigno di Anton Cechov e
L’ultima fidanzata, da L’uomo dal fiore in
bocca di Luigi Pirandello. Prima di lasciarci
vogliamo chiedere perché nei suoi spettacoli e nei suoi pensieri esiste questo tema
della fine?
“Sicuramente per tutti, ad una certa età,
arriva la paura della morte. L’uomo religioso si è inventato l’aldilà…. La preoccupazione, alla fine della vita, è capire se esiste
o no una prosecuzione, ed io sono molto
scettico, anzi non credo assolutamente
che ci sia qualcosa dopo la vita. Pensate
all’universo. E’ composto da miliardi di
galassie e come possiamo credere che di
fronte a tutto ciò esista un qualcosa chiamato aldilà ?”
Lasciamo Paolo Villaggio con questo ennesimo dubbio e gli auguriamo una splendida estate di successi.
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Campo de’ fiori
Questa volta parli
Fra coriandoli e stelle filanti, fiorisce un collezion
La maschera,
dall’arabo MASKHARA: caricatura, beffa, ha
origini lontanissime: si tratta,
come è noto, di
un viso finto, di
cartone, di stoffa, di seta, di
cuoio, di lattice,
di cartapesta o
di Alfonso Tozzi
d’altro materiale, con cui ci si
copre il volto
per nascondere la propria identità o per
simularne un’altra. Il suo uso risalirebbe
alla consuetudine con cui gli abitanti del
Paleolitico amavano dipingere i loro volti
per riti tribali o di caccia. Con il passare del
tempo ci si accorse che i colori sbiadivano
e l’effetto scemava e fu allora che si ebbe
l’intuizione che era possibile applicare sul
volto un qualcosa di più duraturo e più
valido: nacque la maschera, subito adottata dagli stregoni i quali se ne servivano per
meglio invocare gli spiriti del bene e del
male; ancora oggi, esistono in Africa come
in Papua Nuova Guinea, tribù che utilizzano maschere propiziatorie enormi, destinate a non essere mai indossate, ma che
vengono semplicemente tenute appese
nelle capanne per tenere lontani gli spiriti
maligni. I Dogon del Mali ritengono addirittura che, ogni volta che un uomo muore,
il suo spirito vada a vivere in una maschera della sua famiglia o del suo villaggio.
Il camuffamento ha quindi indubbie origini
religiose e rituali: veniva usato generalmente dai sacerdoti del culto, stregoni,
maghi, esorcisti, per rappresentare in
modo antropomorfico l’essenza divina o
demoniaca od anche per spersonalizzare
l’officiante e distinguerlo dalla folla di coloro che assistevano al rito: l’uomo mascherato diventa l’essere che egli vuole rappresentare ossia divinità, spirito, antenato o
demone e tale egli appare agli spettatori.
La consuetudine di utilizzare travestimenti
durante le cerimonie religiose esisteva
anche presso i greci dove queste rappresentazioni si trasformarono gradatamente
in spettacoli teatrali: infatti, grazie alle
maschere, un attore poteva interpretare
diverse parti e i maschi potevano sostenere ruoli femminili, dato che alle donne non
era permesso recitare nei teatri: i lineamenti della maschera erano adattati al
personaggio che l’attore doveva rappresentare aiutando in questo modo lo spet-
tatore a distinguere gli interpreti e a capire meglio la trama. L’uso della maschera
ebbe in Grecia la sua massima espressione nelle rappresentazioni teatrali: le tragedie di Eschilo ed Euripide diedero libero
accesso ad ogni tipo di maschera, atta a
rappresentare i vari personaggi, così come
quando passò, senza sensibili variazioni,
dalla Grecia a Roma. Nell’età classica la
maschera viene adoperata quasi esclusivamente nel teatro e nelle cerimonie, ma nel
medioevo si accentua il suo impiego tra la
gente: le mascherate medievali sono testimoniate dai numerosi interventi dell’autorità che si sforza di limitarne l’abuso,
essendo esse passibili di intrighi, scandali,
violenze. Nel XIII secolo Venezia diventa il
maggior centro di diffusione delle maschere tanto che queste vengono adottate
anche come abbigliamento di certi magistrati nell’esercizio di pubbliche funzioni
(esecutori di giustizia, consiglio dei dieci,
inquisizioni) o utilizzate per festeggiare
ogni occasione come l’elezione del doge,
l’arrivo di un ambasciatore o una vittoria in
battaglia. Nel Medioevo si diffuse in tutta
l’Europa l’uso di fare grandi e festosi cortei
mascherati che percorrevano le vie della
città, cortei che raggiungevano il massimo
del loro folklore durante il carnevale in cui
era permesso, fra l’altro, di abbattere le
barriere sociali della ricchezza e del rango,
così che il ricco poteva mascherarsi da
povero e questi poteva permettersi certi
comportamenti a lui non concessi nella
vita quotidiana, come accedere a luoghi di
solito a loro proibiti. Verso la fine del XVI
secolo in Italia si diffuse e si perfezionò la
commedia dell’arte che utilizzava maschere italiane, cioè personaggi che ricomparivano in ogni commedia con lo stesso
nome, lo stesso costume, lo stesso trucco,
lo stesso linguaggio e soprattutto lo stesso
carattere. Questi personaggi popolarono il
teatro italiano e divennero icone immortali, regionali e nazionali come il lombardo
ARLECCHINO, stravagante, eternamente
pigro, scapestrato che impersonifica il
servo vivace e scanzonato in continuo contrasto con il padrone o il vecchio veneziano PANTALONE, nervoso, rompiscatole,
brontolone e testardo cui fa riscontro la
corregionale COLOMBINA, allegra, maliziosa, civetta e pettegola e anche il dottor
BALANZONE, emiliano, pedante, dotto o il
napoletano per eccellenza PULCINELLA,
indolente, malinconico, buono, egoista,
grande mangiatore ed ubriacone o il linguacciuto romano RUGANTINO, protestatore di professione, protagonista indimen-
ticato ed indimenticabile anche di commedie musicali. Il declino del teatro delle
maschere iniziò nel XVIII secolo, quando,
autori come Carlo Goldoni, abolirono le
loro avventure grottesche e ne ridimensionarono il ruolo, riducendole a figure di
contorno. Scomparse, col tempo, dalle
scene dei teatri, le maschere sono sopravvissute soltanto nelle feste e nelle mascherate di carnevale ed ogni anno fanno la
loro comparsa nuovi tipi nati dalla satira
del momento: tutte insieme concorrono a
garantire allegria! In merito alle mascherate di carnevale è appena il caso di ricordare quelle famose di Viareggio, di Ivrea, di
Venezia e, perché no, anche le manifestazioni della Tuscia, come quelle di Civita
Castellana diventata fra le più celebri e folcloristiche della regione con la sagra del
frittellone, rassegna del piatto tipico a
base di acqua e farina. Il collezionismo italiano si occupa essenzialmente delle
maschere di cartone, quelle che, fino alla
metà del secolo scorso, rappresentavano
Zorro, la Fatina, il Pirata, la Ballerina, la
Principessa, l’Indiano, il Pellerossa, lo
Scimmione, il Clown ed altre che, ancora
oggi, rivivono nei ricordi di coloro che
hanno superato gli “anta” e che sono legati ai loro giochi infantili.
Con il termine HUPOKRITES, i greci indicavano il mestiere di attore, di cui la maschera è parte integrante ed il collezionismo
minore definisce ipocritofili coloro che si
dedicano alla raccolta di maschere, particolarmente di quelle di cartoncino colorato
che, con gli elastici laterali, si applicavano
sul volto nel periodo del carnevale: fruitori massimamente i bambini, almeno fino
agli anni Cinquanta.
Molti sono gli appassionati di questo genere, ma la più grande collezionista italiana,
con un numero impressionante di esemplari, è, senza dubbio, la giornalista romana Roberta Maresci, già nota al pubblico
dei collezionisti, e non solo a questo, per
aver pubblicato diversi volumi sull’argomento fra i quali “Il grande libro del collezionismo” (Newton), ed aver condotto su
RAI DUE, per un lungo periodo di tempo,
la fortunata trasmissione “La stanza delle
meraviglie”, diventata poi anche un best
seller di successo (RAI-ERI) di pubblico e
di critica. Accanto alla numerosa schiera di
ipocritofili di maschere è doveroso citare
anche coloro che, avendo possibilità di
spazio oltre che risorse economiche, collezionano maschere intere, nonché burattini
e marionette, ma questo è un altro discorso.
Campo de’ fiori
iamo di maschere
nismo esclusivo, seducente, policromo e divertente.
La giornalista Roberta
Maresci, collezionista di
maschere
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Campo de’ fiori
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L’ “ORRORE “ a Roma
24-25 maggio 1968 :
Jimi Hendrix “le suona a Roma “….le sue canzoni !
(prima parte)
Prologo
<E’ lui…no, non è lui……ora è lui ….no, no
…..no è lui…...beh ,questo non è lui…si
..si è lui…..
Jimi Hendrix ! ….3/4 di sangue “negro”
e ¼ di sangue “indio”….…..Per quelli che
non lo sanno , spieghiamo che è un cantante rock che ,con un solo disco ,” Jey
Joe” , ha conquistato un enorme popolarità prima in Inghilterra e in America e poi
in tutto il mondo ….Jimi Hendrix è
Americano ,ha ventuno anni* e ,come si
conviene,ha esercitato tutti i mestieri : dal
cuoco al paracadutista …...ma come faranno questi in ventuno anni a fare tante
cose ? I giovani impazziscono per lui e
hanno ragione : è veramente bravo !
Purtroppo ,non possiamo farvelo vedere
più di così: infatti, ci sono corsi dietro ! Per
farsi riprendere, Jimi Hendrix vuole 20
milioni e dieci ne guadagna a sera ! >
(commento tratto da un cinegiornale del
1968 in occasione dello sbarco all’aeroporto di Fiumicino di Jimi Hendrix ,venerdì, 24 maggio 1968 ,che potrete trovare
,insieme ad altri interessanti frammenti
video di Hendrix , al seguente indirizzo :
“www.youtube.com/comment_servlet?all_
comments&v=9MHQyCfNr10&fromurl=/w
atch%3Fv%3D9MHQyCfNr10”
1968!
Avessimo guardato il “mondo da un
oblò” quell’anno lì……non ci saremmo di certo annoiati !
I “moti terrestri” , intesi non come movimenti astronomici quanto riferimenti alle
turbolente dinamiche politiche e sociali a
livello planetario , tracciavano le traiettorie del dissenso e della protesta dei giovani dell’epoca ,in particolare e prevalentemente dei “corpi” studenteschi , “in
rivoluzione” ,a varie latitudini .
24 maggio
1968 !
Jimi Hendrix mette piede nella “Città
Eterna” !
Si avvia , con la discesa dalla scaletta di
un aereo Alitalia , il breve soggiorno
Romano di Jimi Hendrix , mitico chitarrista
e compositore , Americano da Seattle,
quasi 26enne * (era nato il 27/11/1942).
Proveniva da Milano dove aveva suonato il giorno prima al Piper club ( nda:
locale omonimo ma molto meno mitico di
quello Romano); si esibì al Teatro
Brancaccio di Roma il 24 e il 25 e concluse , a Bologna , quello che costituì il
suo primo ed unico
tour (“de force”)
Italiano
:
6
MEMORABILI
concerti su 8 programmati , con
annullamento
della prima esibizione pomeridiana di Milano del
23 maggio ,
a
causa di alcuni
ritardi delle procedure di sdoganamento della strumentazione
e
disdetta dell’ultima , serale, al
palasport
di
Bologna ,del 26 maggio , cancellata per la
scarsa prevendita . Pochi frammenti di pellicola, diverse immagini fotografiche , alcune registrazioni audio amatoriali gelosamente detenute da una strettissima cerchia di collezionisti, molteplici
testimonianze scritte e verbali, hanno consegnato
ai posteri “i passi di Hendrix“ sul suolo
Italico : tanto rapidi quanto profondi e
persistenti nella memoria del manipolo di
quei ragazzi che nel maggio ’68 , disimpegnatisi per qualche ora da “affanni
sociali” del periodo , assistetterò alle
furiose esibizioni dell’ “ORRORE” ….di
Jimi Hendrix ! Una parte della stampa
Inglese (…ma da noi qualcuno non fu da
meno quanto a disprezzo ) aveva affibbiato ad Hendrix l’appellativo dispregiativo di “The Orror” per via delle sue movenze sul palco e per il suo aspetto :capelli
“cespugliosi” , vestiti “ultracolor”
e
sfrangiati , atteggiamenti scenici e volumi delle sue emissioni musicali…. decisamente NUOVI rispetto a quanto fino a
quel momento erano stati abituati i ragazzi al di là della “Manica” ,dove le faville
del talento di Hendrix si erano innescate
dilagando in successivi “roghi“di consenso nel resto del Mondo . Quando arriva in
Italia , Hendrix o meglio la “The Jimi
Hendrix Experience” , trio di eterogenea estrazione musicale e diversa cifra
tecnica,
costituito
da
Hendrix
(chitarra,ovviamente) ,Noel Redding (al
basso) , Mitch Mitchell (alla batteria) ,
cavalcava l’onda del successo riconosciuto
, da critica e pubblico, ai primi due lp ,
”Are you experienced ? ” e “Axis :
bold as love” ,usciti nel ’67 , a pochi
mesi l’un dall’altro e ad alcuni singoli “apripista”, su tutti “HEY JOE “ ; in verità,questo brano non era stato scritto da Hendrix
ma la sua versione oscurò l’originale ; si
dice che , nel ’66, quando Jimi “sfuriava” nei “bassi club” di New York, proprio
la sua esecuzione di “HEY JOE” fu fatale
per
Chas Chandler , bassista degli
Animals e aspirante manager ,che ne
rimase a tal punto colpito da proporre al
ventenne Jimi , qualche settimana dopo
,di lasciar tutto e trasferirsi a Londra con
lui , divenendone,così, il “deus ex machina” per alcuni anni ……era il 23 settembre
del 1966 ….iniziò così ,in terra d’Albione,la
davvero intesissima ma breve stagione
artistica ….in vita , di “Johnny Allen”
Hendrix, ri-denominato “James Marshall”
Hendrix …..per la storia della musica :
“JIMI” HENDRIX ! 2 ,le giornate di esibizione Romane , 4,i concerti previsti
,2000 , i posti del Teatro Brancaccio ,
2.500…..le Lire necessarie per il biglietto d’ingresso (oggi , circa 40 € ) , diverse
centinaia ,i watt erogati dalle valvole
delle diverse testate “in cascata” Marshall
, molteplici, gli effetti personalizzati presenti sul palco per i diversi “make up
sonori” delle chitarre di Jimi , 3 i musicisti sulle assi del Brancaccio …… 1 il “guitar hero” per antonomasia della storia
della musica pop-rock : JIMI HENDRIX !
Il 1968 è ritenuto l’anno del consolidamento artistico di Jimi Hendrix che ,in
apparenza instancabile , si divideva ,in
Campo de’ fiori
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di Carlo Cattani
quei pochi anni di attività , tra i palchi di
mezzo pianeta (arrivando a realizzare fino
200 concerti all’anno) e sedute in studi di
registrazione , riuscendo ad incidere ore
ed ore di nastri con materiale, per qualità,
composito , che costituirà , dopo la sua
morte, avvenuta il 18 settembre del 1970
,in circostanze “chiarite a metà” ,in una
stanza del Samarkand Hotel di Notting
Hill a Londra , un “giacimento sonoro” da
sfruttare per innumerevoli pubblicazioni .
Molti “sciacalli” si sono radunati nel corso
degli anni intorno alla “polpa musicale
Hendrixiana”
e
non
lasceranno
“R.I.P.osare “ per un paio di decenni il
nostro Jimi , fino a quando , nei ’90 ,la
famiglia Hendrix , il padre Al e la sorellastra Janie in testa , fonda la società
“Experience Hendrix” , che ,contando
anche sulle collaborazioni del fedelissimo
tecnico del suono di Jimi , Eddie Kramer, e
di un giornalista e storico della musica
pop/rock , John McDermott , inizia un’opera puntuale di difesa , catalogazione ,
restauro,acquisizione di documenti, intentando non poche controversie legali per
la tutela del patrimonio artistico ed economico del proprio congiunto. Le diverse
centinaia di ragazzi che accorsero al teatro
Brancaccio per assistere alle 4 esibizioni
della “The Jimi Hendrix Experience” , distribuite tra pomeriggio e sera di venerdi
24 e sabato 25 maggio ,ebbero modo di
conoscere molto di ciò che il “vento anticipatore “dei resoconti della stampa aveva
“ soffiato” quanto a tenuta musicale e
scenica di Hendrix ,come ad esempio il
suo repertorio di “trucchi” con la sue
diverse chitarre , ora suonate con i denti
o al di sopra della testa , battute sul palcoscenico a “concluderne l’esistenza” , sfregate contro l’asta del microfono ad ottenerne
stridori lancinanti
,con
emissioni
ritoccate dalle circuitazioni dei tanti
effetti
“sottomessi”
ai suoi
piedi ; e , non
ultime , le espressioni facciali di Jimi
,solidali,per intensità , con le pressioni
canalizzate
giù per le sue dita
sulla tastiera ad
architettare
armonie-melodie …rumore per la realizzazione di quell’ alchimia musicale di blues
, rhythm’n’blues ,psichedelia messa a
punto in anni e anni di dura gavetta nei
club del “chitlin circuit”: locali sparsi negli
States ,frequentati in prevalenza da gente
di colore,con ribalta offerta alla musica e a
piatti di “raffinata gastronomia” a base
di ….. frattaglie di porco ! Due giorni
intensissimi per Hendrix e soci che , tra un
concerto e l’altro ebbero modo di visitare il
Colosseo e far tardi al …proprio concerto
(!) , partecipare ad una jam session “all
night long “ memorabile coinvolgendo
diversi musicisti del “giro Romano e non “
, al Titan ,il club Romano che con il suo
promoter , Massimo Bernardi , aveva
organizzato , fondamentalmente con (e
per) grande passione , il tour Italiano del
“Chitarrista” ; la platea si tentò di “preriscaldata” con esibizioni di artisti nostrani
che ,per la verità, furono mal sopportate
dal pubblico già ampiamente “fuori giri”
per l’ aspettativa della materializzazione
di Hendrix: Jimi stesso ,nel corso di uno
dei suoi show ,dovette fermarsi e chiedere
al pubblico di…tacere , tanto era sovrastante sulla musica l’eccitazione della pla-
tea !
< Che emozione quella volta che ballai al Brancaccio di Roma prima di un
concerto di Jimi Hendrix e lui mi
passò a due millimetri di distanza: se
uno non è stato fan, figurarsi se può
capire i bisogni dei suoi fans ! >
…..Sono affermazioni di un Renato Zero
, all’epoca quasi diciottenne e ai “primi
metri ” della sua “long way to the top”,
che figurava , come ballerino, nel cast di
quegli artisti
ingaggiati dall’organiz-
zazione del Titan a far da “antipasto” alla
platea rumoreggiante . Sotto il palco del
teatro Brancaccio , un luogo dimostratosi
poco adatto alla “fame di energia” di
Hendrix ,tanto da dover spegnere luci e
lucette, finanche quelle dei bagni , per
“far fare merenda e cena“ ai suoi amplificatori , tra i ragazzi ,arrivati anche da
fuori Roma con viaggi “traversi” pur di non
mancare all’evento,c’era un allora quattordicenne Roberto Ciotti ,il “NOSTRO”
ChitarrAutore in Blues , che ,come si
apprende dalla sua recente autobiografia
; ”UNPLUGGED-una vita senza fili”
(Castelvecchi editore ) : <rimasi letteralmente folgorato da quel concerto al
Brancaccio…..ed iniziai ad ingurgitare
musica ….> . Ritroveremo Hendrix e
Roberto Ciotti ,di cui nel frattempo sarà
uscito in edicola il primo DVD+ CD “Live
in Rome “ , sul n° 52 . < Jimi era
capace di frantumare una chitarra
nuovissima senza nessun indugio.Ma
Jimi amava le sue chitarre,e quelle
più vecchie non le rompeva mai >(Eric
Barret ,tecnico di palco di Hendrix) .
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Campo de’ fiori
Come eravamo
Regazzino pallonaro
Voglio chiudere questo mio excursus sul
calcio, mia grande
passione, con una
analisi sul movimento giovanile in genere, e sui valori che lo
sport in particolare,
riesce ancora a tradi Alessandro Soli
smettere ai nostri
ragazzi. Oggi tutto è
organizzato, preparato minuziosamente
dagli addetti ai lavori. Chi si avvicina allo
sport trova un mondo pronto ad accogliere tutto e tutti, perché è un mondo che
vede già il suo tornaconto, sia in termini
economici, che nell’immagine mediatica
che potrebbe derivare dal futuro campione. Quanti sogni, quante speranze, ho
visto sfumare su quei campetti di calcio,
dove ragazzini vocianti rincorrono ammucchiati un pallone, che in quel momento
rappresenta lo scopo principale della loro
giovane vita. Quante volte ho visto sui loro
occhi la delusione derivante dal non giocare tra gli undici, lo stare in panchina, e
magari non capire la difficile e ingrata scelta fatta dall’allenatore, che mai ti dirà, a
quell’età, che sei più scarso di chi sta in
campo. Quante volte ho sentito le critiche
inopportune dei genitori,sempre pronti a
difendere a spada tratta il proprio figlio,
che è sempre e comunque il più bravo di
tutti.
I genitori appunto, quelli che spinti dalla
morbosità di un bene genetico, riescono
quasi sempre a rovinare, prima il ragazzo,
poi l’intero ambiente, rendendo vani tutti
gli sforzi di chi cerca di inculcare in quei
ragazzini, i valori primari dello sport, che
poi rimarranno viatico da seguire per la
loro vita. Valori importantissimi quali: l’educazione, il rispetto verso gli altri, soprattutto se avversari, il saper perdere, riconoscendo il merito di chi è più bravo, e la
consapevolezza che per diventare un campione occorre serietà, tenacia, dedizione e
… tanta, tanta fortuna. Quando scrissi la
poesia qui riportata e dedicata appunto a
tutti i “ragazzini pallonari”, nell’ambito del
Torneo Giovanile Romani Stradonico, qui a
Civita Castellana, ricordo che un allenatore di una squadra romana mi disse testualmente: “Appena torno, sta poesia la attacco negli spogliatoi, anzi, a sti ‘mpuniti, je
la faccio ‘mparà a memoria.”
Civita Castellana anni ‘90 gli esordienti dell’A.S. Roma
al decimo torneo giovanile Romani Stradonico
REGAZZINO PALLONARO
Quanno felice cori dietro a ‘n pallone,
quanno te disperi e piagni doppo un’espurzione,
quanno t’alleni e sudi co’ la speranza de gioca’,
penza a quanti nun lo ponno fa’.
Tu sî fortunato, l’occasione tocca spettalla,
gioca a testa arta, e passa sempre la palla.
Hai da esse’ leale, grintoso, ma coretto,
nun te scorda’ der core che ci hai ‘n petto.
Abbraccia sempre tutti, quanno vinci e quanno perdi;
tiette stretti ‘sti momenti, perché so’ li più verdi.
Solo allora t’ariconosco, regazzino pallonaro;
ma se lassi li libbri da scolaro
e te credi d’esse’ bravo, senti a mme:
nun penza’ de diventa’ come Pelè.
Aprili ‘sti libbri; anzi, nun li chiude’ mai,
tanto a pallone, sai quanto ancor ce giocherai
Alessandro Soli
Campo de’ fiori
11
12
Campo de’ fiori
Roma che se n’è andata: luoghi, figure, personaggi.
OSTI E OSTERIE
... continua dal n. 51
I romani hanno la
lodevole abitudine
di mangiare spesso, specialmente la
sera, fuori casa e,
in compagnia di
di Riccardo Consoli
donne e bambini,
affollano le Osterie di Trastevere o di
Testaccio perpetuando così quella vecchia
tradizione già appartenuta alle “ottobrate
romane”; qui si mangia si beve, si cantano
stornelli, si declamano le poesie di
Giuseppe Gioachino Belli, di Trilussa o
quelle di Cesare Pascarella, tutto ciò per
rendere spensierati quei pochi momenti,
quei pochi ritagli di tempo, che la vita
moderna ci concede.
Può anche verificarsi che all’Osteria si
ritrovino amici che si rivedono dopo tanti
anni, altri che tendono a conservare la
vecchia stima e la consueta cordialità nei
confronti dell’Oste e di quell’ambiente, altri
ancora li si ritrovano per festeggiare qualcosa; in buona sostanza per i romani esiste il piacere dello stare insieme e, del
resto, ben sappiamo, come il senso della
compagnia e quello della sincera amicizia
sono cose che più facilmente si esaltano
se si sta seduti attorno alla tavola tra le
specialità preparate con impegno dall’Oste
medesimo.
Scrive Giorgio Roberti:
“… perché parlà de cucina romana e come
raccontà na favola…”
“…tutti conosceno er fatto, tutti ciancichino la concrusione, ma in fonno, a risentilla, nun c’è morale più nova che possa tinticatte la conchija dell’orecchia o, magara… l’anfiteatro der palato…”
“…puro qua se parla d’un regno (quello de
li fornelli), d’un principe (er popolo), d’una
cenerentola (la cucina), e d’un sacco d’antri elementi primari…”
“…ar dunque, puro sta favola porta er
distintivo de la semplicità e cià la conclusione che se merita…”
“…pe sapella… abbasta ruzzà un tantinello
cor tempo, riportasse indietro di qualche
annetto, e appizzà l’occhi sur pranzo de li
muratori…”
“…poi, imprigionato sto ricordo, bisogna
rifionnasse ner presente fra li tavolini d’un
locale de moda… pe sperà in d’una mezza
porzione de facioli, in un piattino de trippa, in un rocchio de coda a la vaccinara…”
“…solo allora se po’ capì che la cucina
romana, cenerentola de
la favola nostra, è diventata regina…”
In epoca più lontana,
siamo alla fine dell’ottocento, era nota la frequentazione
delle
Osterie romane da parte
degli artisti e, alcuni di
questi, erano soliti ritrovarsi presso la “Osteria
di Zio” nella strada
Tomacelli; tre cameroni
al piano terra, il primo
serviva quale sala convegno per i negozianti
della zona che qui discutevano dei loro affari, il
secondo e il terzo costituivano il “refettorio”
degli artisti.
Saloni affumicati e
malamente illuminati,
pareti perennemente
imbrattate da disegni,
alcune panche, biancheria di bucato; ma quanta vita tra quelle pareti e
che copiosi piatti!
L’Oste, che tutti chiamavano “Zio” era personaggio bonario coi suoi giovani clienti ai
quali faceva anche credito, né senza
rischio, atteso che quei clienti appartenevano alla classe più numerosa ma provvista di poco denaro, quella dei cultori dell’arte.
Osteria romana
rileggiamo Hans Barth:
“…la corpulenta Ostessa al banco, l’Oste
con la sua pancia dignitosa, ai tavolini i
soliti frequentatori…”
“…riguardo i camerieri, lo stesso Oste consigliava di non chiamarli col fischio, né col
rumore dei bicchieri, vi sono camerieri,
avvertiva serio, che portano nomi principeschi e discendono direttamente da famiglie
di Papi, a cui tu, modesto plebeo, puoi
dare tutt’al più la mancia…”
“…quanto all’Oste, poi, trattalo sempre
con grande rispetto!”
Mi ritorna alla memoria una sera di parecchi anni or sono trascorsa in una tipica
affollata Osteria di Trastevere, era luglio
inoltrato e nel Rione si festeggiava la
“Festa de’ Noantri”, diradatasi la clientela,
alcuni avventori, già serviti e comodi seduti attorno alla lunga tavolata, estraggono
dagli astucci i loro strumenti musicali
dando vita ad un improvvisato gradevolis-
simo concerto.
Le finestre protette da inferriate danno
direttamente sulla via e sono aperte, la
gente, sentiti i suoni e intravisti i musicisti,
si ferma a curiosare, si formano capannelli, dalle vicine Osterie escono altri avventori, codazzi di persone si avvicinano, la
strada è ormai piena e tutti partecipano
all’improvvisato concerto, dentro e fuori si
ride e si applaude; vino, cucina e musica,
a cui si aggiunge la presenza del gioioso,
rubicondo Oste, una serata indimenticabile che si protrae fino a notte tarda .
Altra Osteria di Trastevere usava richiamare l’attenzione del passante con alcuni
versi messi giù alla buona:
“ … Viemme a trovà, fratello, se sei fatto
per magnà nostro e che te piace er vino …
“, qui trovi:
“…lunedì, la coda… na bontà …”
“…er martedì, pe sta proprio ar listino, li
facioli co’ le cotiche …”
“…mercoledì, co’ un signor stufatino …”
“…giovedì, li gnocchi da leccatte er piatto
…”
“…er venerdì, la zuppa de pesce… come
s’aggusta in Paradiso …”
“…sabbito, la trippa fatta come s’usa …”
“…la domenica poi, ar coco je va da scapricciasse, … supplì ar riso da magnattene
cento … e dico poco … ”
Campo de’ fiori
WANTED
Wanted, Usa, 2008. Genere: azione;
regia: Timur Bekmambetov; soggetto:
Mark Millar, J. G. Jones, Michael
Brandt, Derek Haas; sceneggiatura:
Derek Haas, Michael Brandt, Chris
Morgan; montaggio: David Brenner,
Dallas Puett; interpreti: Angelina Jolie,
James McAvoy, Morgan Freeman,
Thomas
Kretschmann,
Terence
Stamp; musica: Danny Elfman; distribuzione: UIP; durata: 110 minuti.
Immagina. Immagina acrobazie mozzafiato, funamboliche corse sui tetti dei vagoni
ferroviari, inseguimenti automobilistici con
il piede inchiodato sull’acceleratore e
proiettili sparati ad effetto, che nessuna
perizia balistica riuscirebbe mai ad identificare. Elucubrazioni mentali di qualcuno
psicologicamente represso ed insoddisfatto dalla vita? Sì e no. Almeno per l’inetto
contabile Wesley Gibson (James McAvoy).
Dopo esser stato cornificato su un tavolo
Ikea dalla ragazza petulante con il suo
miglior amico, strigliato a dovere dall’obesa capoufficio e schernito perfino dallo
sportello del bancomat, altrochè se Wesley
è depresso. Rassegnato ad una vita difficile, l’impiegato si aggrappa ad un tubetto di
barbiturici, tirando avanti. È già tanto
sopravvivere per lui, figuriamoci vivere!
Eppure, un ciclone di letale sensualità sta
per travolgere l’esistenza di questo perdente nato. Il suo nome è Fox (Angelina
Jolie), la sua missione uccidere. Ma no,
cosa avete capito? Non è il nostro scribacchino il suo bersaglio, tutt’altro. A mano a
mano che la pellicola scorre, sappiamo
tutto- o almeno così crediamo- di cosa le
ronza nella testa. La donna dichiara di far
parte di una confraternita di killer, un’organizzazione massonica nata con il fine di
equilibrare il bene e il male sulla Terra; chi
entra a farne parte deve operare da giustiziere ovvero eliminare futuri assassini.
Attenzione: teniamo bene a mente che le
vittime nel mirino di Fox e della sua banda
non si sono ancora macchiati del sangue
d’innocenti, ma il responso infallibile dell’oracolo (il cosiddetto “Telaio del fato”) lo
ha già previsto in anticipo. Pertanto, non
13
di Maria Cristina Caponi
rimane altro che evitare l’irreparabile, decretando la
morte di un malvagio per
salvare altre 10, 100, 1000
vite. Bisogna agire preventivamente e subito, così la
pensano i sicari della confraternità e mai un dubbio o un
attimo d’esitazione ha impedito a qualcuno di loro di
premere il grilletto. Tuttavia,
Gibson non può far a meno
di chiedersi cosa c’entri uno
smidollato come lui con questi “castigamatti”. La risposta è semplice: il
nostro piccolo eroe si scopre l’eletto, l’unico in grado di freddare una “monade
impazzita” che, uscita fuori dal gruppo, si
è messa in proprio ed ora cerca di eliminare uno ad uno tutti i suoi ex compagni.
Per Wesley, smanioso di dimostrare quanto valga veramente, l’offerta di aderire a
questa spietata comunità rappresenta
un’occasione da prendere al volo per
tagliare tutti i ponti con la grigia realtà
precedente. A questo punto, inizia il suo
duro addestramento a base di pugni in
faccia, mosse repentine per schivare
pugnali affilati e bagni rigeneranti…
Nel dicembre del 2003, lo scozzese Mark
Millar iniziò ad ideare per la casa editrice
Top Cow la graphic novel Wanted, che si
protrasse per altre cinque puntate fino al
febbraio 2005. Nel fumetto diversi gruppi
di cattivi, dopo aver avuto la meglio sui
vari Superman, Batman, Spiderman e
Captain America, si spartiscono il pianeta
in zone d’influenza. Il mondo è nelle loro
mani e, per ottenere la resa incondizionata dei popoli che vi abitano, procedono ad
una sorta di collettivo lavaggio del cervello. Tutto questo non trova riscontro nel
film diretto dal regista russo Timur
Bekmambetov, notissimo in patria- meno
in Occidente- per I guardiani del giorno e
I guardiani della notte (prossimamente
uscirà in sala il terzo atto di questa trilogia
ossia I guardiani del crepuscolo).
Similmente, d’alcuni personaggi-cardine
delle tavole di Millar come Succhione,
Testa di merda o Atropa Belladonna se ne
sono perse le tracce nella pellicola omonima. Peccato. Infine, seppure Fox e Wesley
erano stati disegnati sulla
carta strizzando l’occhio alle
sinuose forme di Halle Berry
e al volto noto del rapper
bianco
Eminem,
Bekmambetov si è concesso
una “licenza poetica”, scegliendo per quei ruoli una
tatuatissima Angelina Jolie e
il minidivo in ascesa James
McAvoy, la cui rassomiglianza fisica con il nostro Silvio
Muccino è a dir poco strabi-
liante. La scelta degli interpreti si è dimostrata a dir poco azzeccata, soprattutto
per quanto riguarda il protagonista
maschile, già apprezzato in precedenza in
opere come Espiazione e The last king of
Scotland. Alla coppia micidiale si aggiungono, oltre ad un ritrovato Terence Stamp,
un Morgan Freeman le cui ultime interpretazioni sembrano ricalcate sulla carta velina, per quanto affatto identiche fra loro.
In questa estate all’insegna delle mega
produzioni foraggiate dalla Marvel e Dc
Company (basti guardare la trepidazione
per l’attesissimo Il cavaliere oscuro),
anche Wanted cattura il suo pubblico.
Difatti, discostandosi abbondantemente
dall’originale, può essere apprezzato altresì da chi neanche era a conoscenza delle
trame e sottotrame tratte dalla dark graphic novel di Millar. Bekmambetov si
destreggia con impareggiabile abilità e
una dose massiccia di humour nero in un
blockbuster dal montaggio adrenalinico, in
grado di far sprizzare energia da tutti i
pori: tanto che inquadrature da posizioni
impossibili sono tagliate così velocemente
da risultare a volte abbastanza caotiche,
nonostante rimangano sempre spazialmente coerenti. Invero, anche l’orecchiabile colonna sonora dai toni incalzanti contribuisce alla giusta atmosfera. L’unica
spina nel fianco di questo gioiellino della
cultura pop, a metà strada tra un videoclip
musicale ed uno spot pubblicitario, è una
certa monotonia delle scene d’azione, visibile non tanto nelle spumeggianti trovate
visive, quanto per il fatto che si susseguono in un continuum davvero ripetitivo.
Qualcosa di simile negli intenti era stato
tentato altresì nel recentissimo Shoot’em
up, oggi ricordato solo per via della bollente scena di sesso aventi come protagonista Monica Bellucci e Clive Owen. Per
quanto riguarda Wanted, sicuramente una
trama meno esile e passaggi narrativi
meglio articolati avrebbero potuto davvero
fare la differenza ma, dagli sceneggiatori
Derek Haas, Michael Brandt e Chris
Morgan autori di Fast and Furios, in fondo
non si può chiedere più di tanto.
Accontentiamoci, sperando- una volta
tanto- in un sequel.
14
Campo de’ fiori
Insegnamento da una pianta
Mi chiamo “pianta”, sono un essere vivente,
non ho molte pretese, ma una semplice ambizione,
che poi è la sola, come per te, che ti dici intelligente:
voglio crescere e progredire in nome dell’evoluzione.
E’ un processo molto lento, che iniziò con il creato,
un sistema assai perfetto, che modella la natura.
Ero seme, ora son pianta. Le stagioni ho trovato;
per regalarti il mio splendore ho resistito. E’ stata dura!
Ora la mano prepotente agisce in conto del progresso.
Taglia, brucia, spiana e inquina, come fossi suo nemico.
I miei doni non apprezza e non capisce, povero fesso,
che le risorse che elargisco sono il tesoro più antico.
di Massimiliano Pacelli
Fabrica di Roma (Vt) Str. Falerina km 9,00
Tel. 0761 568622 Fax 0761 567951
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[email protected]
Arredo giardino
Esemplari di cycas
Palmizi e Piante
mediterranee
Non ho orecchie per sentire, né la voce per parlare,
non ho reazioni alle ferite, io cado senza lamentarmi.
Uso altri sensi. “Le emozioni”, per poter comunicare,
sa percepirle il cuor gentile, basta già solo guardarmi.
Con le essenze dei miei fiori posso farti innamorare;
nelle torride giornate la mia ombra ti rilassa;
puoi scaldarti col mio legno e le tue case edificare.
Quando ascolti i miei fruscii ogni angoscia, poi, ti passa.
In autunno i miei colori, fonte di malinconia;
fiori sgargianti in primavera arricchiscono i paesaggi;
in inverno vesti bianche sanno infonderti armonia
e l’ossigeno d’estate? Il più prezioso dei vantaggi!
Certo è enorme il tuo potere, il tuo impatto sull’ambiente!
Sei un essere capace, anche se, ti dico, in fondo,
credi di essere il più forte, ma fra te e me chi è più imponente?
Vorrei tanto insegnarti come si fa ad amare il mondo!
Riccardo Pacelli
Comune di Fabrica
di Roma - Ass alla
R
Cultura e Proi
d
a
c
Loco
mettono il loro
i
r
Fab
logo sulla piu’ vecchia rassegna
cinematografica
della
Provincia “ Cinemaestate 2008” , giunta
alla XXVI edizione partita il 10 luglio.
La sede è la solita del piazzale antistante la
palestra comunale ( P.le Dante Alighieri). Con
due proiezioni settimanali come nel calendario
allegato dal 10 Luglio al 21 Agosto per un totale di 13 films un po’ per tutti i gusti , un timbro non eccessivamente impegnato e rivolto
comunque a tutti, con titoli tra i piu’ gettonati
del momento. Il costo del biglietto d’ ingresso è di Euro 3,50 . Il phieghevole con il programma è esposto in diversi esercizi pubblici
e commerciali della provincia e del luogo ed
annuncia anche la decima edizione della
Festa della Birra - Rassegna di musica giovanile- che come ogni anno si svolge a fine agosto. Le date di quest’anno sono per il fine settimana 29-30-31 Agosto con formazioni musicali di ottima levatura e con una partecipazione, al concerto piu’ importante, di un artista
di grande richiamo nazionale. Tra pochi giorni
il programma anche di questa manifestazione,
che gode tra l’altro del patrocinio della
Provincia di Viterbo.
oma
Aperto la domenica
mattina
Campo de’ fiori
16
AFMAL
Associazione con i Fatebenefratelli
per i Malati Lontani
AERONAUTICA MILITARE
Ufficio Pubblica Informazione
AFMAL E AERONAUTICA MILITARE DI NUOVO INSIEME PER
“RIDARE LA LUCE” IN AFRICA
L’ AFMAL- associazione con i FBF per i
malati lontani, il 10 luglio ha organizzato
un evento a sostegno del progetto RIDARE LA LUCE.
La location sono stati i giardini della Curia
dell’Ospedale San Pietro, dove ha suonato
per i numerosi ospiti la banda musicale
dell’Arma dei Carabinieri composta da 85
elementi, diretta dal Maestro Massimo
Martinelli. Con loro ha cantato il Soprano
Anna Maria Albano accompagnata dalla
Pianista Flavia Bolognesi.
Gli ospiti hanno continuato la serata fra
sapori e musiche romanesche in una
atmosfera di ricercata semplicità e armonia, insieme per sostenere il progetto
RIDARE LA LUCE. Portato avanti dal 2003
nell’Africa Sub Sahariana, con lo scopo di
combattere il problema della cecità provocato da malattie degli occhi non curate.
La cecità colpisce circa 2 milioni di persone. In molti casi a causa di patologie semplici come appunto la cataratta. Nell’ultima
missione, partita lo scorso 29 maggio,
l’AFMAL in collaborazione con l’Aeronautica
Militare, ha potuto realizzare quasi 400
interventi di cataratta e oltre 1.000 visite
ambulatoriali.
Le due delegazioni,una coordinata da Fra
Benedetto Possemato, Consigliere Nazionale AFMAL, l’altra dal Generale dell’Aeronautica Militare Manfroni, hanno avuto
come basi operative l’ospedale San Giovanni di Dio fondato dai Fate bene fratelli
nel 1956 nella città di Asafo in Ghana, e
l’Ospedale del Buon Samaritano nella città
di N’ojamanen in Ciad.
Le due equipe composte da medici e infermieri volontari degli ospedali Fate bene
fratelli di Roma, Napoli e Genzano nonché
Ufficiali medici del Corpo Sanitario
dell’Aeronautica Militare, sono rimaste in
Africa fino all’11 giugno per effettuare il
numero prefissato di
interventi e visite,
impegnandosi anche
nella formazione di
medici e infermieri
africani per dare loro
la possibilità di curare
autonomamente, in
futuro, le malattie
degli occhi.
Il progetto “Ridare la
luce” ha anche una
finalità sociale: in queste regioni africane il
cieco non può lavorare
e ad esso viene affiancato un “bambinoguida”
che
deve
seguirlo fino alla maggiore età, sacrificando
la propria infanzia e
giovinezza.
Grazie a questi interventi umanitari, molti
bambini hanno l’opportunità di riacquistare la libertà di correre,
giocare, andare a
scuola.
Finora sono state realizzate 17
missioni
umanitarie per un
totale di circa 2.200
interventi chirurgici e
quasi 9.000 visite
ambulatoriali.
Nell’ambito del progetto, si colloca l’iniziativa
“Occhiali per il mondo” che
prevede in varie parti di
Italia la raccolta di occhiali
da vista in disuso.
Dopo essere stati monitorati e catalogati, vengono spediti presso
le
missioni
di
“Ridare la luce” in
Africa; qui, a seguito
delle visite oculistiche, gli occhiali vengono dati alle persone che hanno bisogno di correzioni,
che per la maggior
parte sono bambini.
Banda Musicale dell’Arma dei Carabinieri
Ospiti alla serata per l’Africa
Simona Carloni
Fra Benedetto e Fra Gerardo per la missione in Africa
Fra Pietro e Fra Gerardo alla serata per l’Africa
Campo de’ fiori
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10 Giorni di campeggio nella
Repubblica dei Ragazzi
A 4 km da Civitavecchia, sorge, palpitante
di vita, la Repubblica dei Ragazzi, incorniciata a levare da leggiadre colline, e accarezzata a ponente dal Mar Tirreno.
In questa singolare città, la vita dei giovani cittadini, trascorre in un clima dei libertà serena, opportunamente equilibrata dal
progressivo senso di responsabilità, risultante dal personale esercizio dei molteplici
incarichi, con cui essi stessi provvedono ad
organizzare la loro attività comunitaria.
In questa Repubblica vi sono linde casette, divise da vie, piazze e aiuole fiorite, vi
sono scuole, officine, il bar, i negozi, la
banca per la moneta interna, le aule delle
assemblee popolari, la palestra e i campi
sportivi, la Chiesetta.
Il Sindaco, i consiglieri, il questore, vengono tutti eletti fra i ragazzi, che nelle
assemblee discutono i loro problemi e,
quando occorra, emanano le loro sanzioni.
E’ stato un vero piacere, per i giovani di
Civita Castellana, trascorre 10 giorni in un
ambiente così accogliente e vario. Si è
subito stabilito uno schietto cameratismo,
si sono create amicizie, si è partecipato
alla vita intensa e varia della piccola
Repubblica.
Dopo un arrivo alquanto movimentato, a
causa del cambio dei mezzi di trasporto,
l’arrivo del superciclista Macario, che ha
percorso il tragitto di 100 km tutti di un
fiato, ha suscitato un certo fermento nel
campo, a causa dei soliti piccoli scherzi,
concertati dalla Ditta Mario & C. Il pranzetto alla trattoria Rino, anche se salato,
ha messo l’euforia in Di Lorenzi, definito
immediatamente il Signoretto del campo.
Bruno Fontana, in alto terzo da sinistra, con
una comitiva di amici
La prima visita mattiniera a Civitavecchia,
mette l’Assistente Don Giacomo nella
necessità di richiamare all’ordine l’intraprendente rubacuori Nelli Aldo, asso
imperterrito dell’auto-stop. Gli inseparabili
Fidaleo e Quirini pescano all’amo sul vecchio molo; al tipografo e al signoretto
piace fare i lucertoloni sugli scogli, mentre
qualcuno troppo spendaccione, risparmia
facendo giretti intorno alla tenda….
Sono rimaste famose due serate, quella
dello scoppio dei fuochi artificiali a
Civitavecchia, in cui per fortuna non c’era
nessuno dei nostri…mentre c’era pure
gnaccheretta…
E quella dell’incontro di Caprari, visto nel
Salone della Repubblica; il simpatico
Direttore del Villaggio, rimase entusiasmato dal tifo dei civitonici.
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Campo de’ fiori
Una “Fabrica” di ricordi
Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma
Lucia Francola, mani di fata
1961 - In alto da sx: Maria Pia Pulcinelli, Rosanna Pulcinelli, Marilena Narduzzi, Laura Fortuna, Lucia Francola, Angela Alessi.
In basso da sx: Silvana Pulcinelli, Nadia Ricci, Anna Grandi, Lucia Beccaccioli, Rina Tabacchini, Ione.
E’ una storia d’altri
tempi quella che vi
voglio raccontare, una
di quelle storie che
spesso vengono pubblicate sulle pagine di
questa rivista, sempre
attenta ai ricordi del
di
passato, che possono
Sandro Anselmi
essere di grande insegnamento per questo
nostro misero presente. La protagonista è
una anziana signora di ottant’anni, di
Fabrica di Roma, conosciuta da tutti per il
suo mestiere di sarta, un mestiere oggi
quasi completamente scomparso perchè
affidato ai macchinari della tecnologia
moderna. Lucia Francola aveva appreso
l’arte del taglio e cucito a Roma, dove
aveva vissuto per qualche anno insieme
alla sua famiglia, prima di trasferirsi a
Fabrica di Roma. Una volta stabiltasi qui, si
crea intorno a lei una cerchia di giovani
apprendiste, desiderose di imparare il
mestiere per crearsi un proprio futuro.
Lucia era ricercata in tutta la provincia e la
sua specialità erano gli abiti da sposa.
Accoglie le sue allieve nella propria casa e
arriva ad averne addirittura una venticinquina, tutte munite di quella particolare
borsetta legata in vita, che le caratterizzava, contenente tanti fili colorati e utilissima
per appuntare gli immancabili spilli da
sarta. Si inizia quasi per gioco, per passatempo. Prima una, poi due, poi tre, fino a
che non si diffonde completamente la voce
e si viene a formare una vera e propria
scolaresca casalinga! C’è tanta allegria.
Chiacchiere e risa per alleggerire quei
momenti comunque impegnativi, dove
bisogna mettere a frutto le proprie capacità mentali di apprendimento e stare molto
attente a non tagliar male le stoffe, prendere bene le misure, non pungersi con
l’ago...... ricorda con simpatia e nostalgia
il nipote di Lucia, Giovanni, nostro fedele
collaboratore, come, ancora bambino, di
tanto in tanto, gironzolava tra le ragazze,
in cerca di quelle piccole calamite nere,
utilizzate per raccogliere gli spilli a fine
giornata, che tanto lo attraevano. Già da
allora si faceva avanti in lui la curiosità per
questi fenomeni naturali, tutti da studiare!
Quello di Lucia è stato un servizio veramente utile! Molte di quelle ragazze, cresciute sotto i suoi occhi, ancora oggi possono ringraziarla per aver messo a loro
disposizione tutte le sue conoscenze, la
sua maestria, la sua passione!
20
Campo de’ fiori
LO STUDIO DELLA LUCE NELLA PITTURA
DI ERALDO BIGARELLI DAGLI OCCHI
DELLO STORICO DELL’ARTE DOTT. ANDREA ALESSI
della Prof.ssa M. Cristina Bigarelli
Pittore dal temperamento impetuoso, ma
sereno nell’intuizione del reale, estrae
alcuni angoli oscuri con il gioco della luce,
che non è un mero tentativo di illuminare
l’oggetto, il corpo, il volto, le figure o gli
occhi del soggetto trattato, bensì “identificare e far luce sulla cerniera di una posta
in gioco” rilevante e profonda. “Il solo atto
di illuminare è già intervenire sulla realtà”
in modo veramente vigoroso e gagliardo.
Per Alessi, Eraldo Bigarelli si caratterizza
fondamentalmente per la brillantezza e la
calda luce dei siti, dei volti e delle immagini paesaggistiche africane cariche di remoti e profondi avvenimenti storici custoditi
nei deserti sabbiosi, fortificati in quelli rocciosi e inumati nelle vaste e possenti foreste tropicali, nei misteriosi percorsi geo-
grafici, nelle enigmatiche tradizioni
etniche diversificate sul vasto territorio esotico, nei
bagliori luminosi e
negli acuti echi
che si svelano e si
nascondono nei
volti dei suoi abitanti come attraversati dal silenzioso passaggio
della sabbia su di
essi o come l’intenso impasto del
verde cupo delle
foreste , il cui frusciare culla e risveglia la vita. La luce, che avvolge e illumina, sprigiona l’energia, la stessa che
Bigarelli assorbe negli anni delle campagne africane, che non potrà mai più
dimenticare e che
illuminano il suo
cuore, creando sintonia e complicità
con questi ambienti. Dalla oscurità
della notte nasce il
giorno dei deserti
sterminati
del
Sahara, con le sue
dune le cui cime si
modellano per la
presenza di vento e
assumono tonalità
più o meno intense
di colore, dipendenti dalla luminosa
energia delle albe e
dei tramonti. Non meno significativo lo studio della luce nel
periodo che Alessi identifica come post caravaggista in una pittura alla maniera
di George De La
Tour che propone la luce in
formule particolari, palesata
dalla presenza
di una candela
che
illumina,
che plasma i
corpi in modo vero
perché i suoi modelli
sono reali. Secondo
recenti ed approfonditi
studi su alcuni documenti, il prof. J.T.
Spike ci informa sul fatto che nel periodo a
cavallo tra il 1500 e il 1600, i pittori dipingono dal vero, studiando l’anatomia e
tutto quello che concerne la figura nei suoi
dettagli più esteriori o più intimi. Infatti
Bigarelli studia le sue figure in modo minuzioso e anche l’ambiente in cui vivono
viene riproposto come un vero e proprio
spaccato della realtà.” “Si può intuire” dice
il dott. Alessi, “quali saranno le novità di
Bigarelli, un pittore che ama chiaramente
l’arte figurativa con il vezzo di immortalare
nei suoi volti, nelle sue nature morte esotiche,nei suoi reperti archeologici, nei suoi
scorci e nei suoi ritratti e nei suoi paesaggi, un momento, un pensiero, un’emozione che invito ad osservare e, quindi a percepire nel profondo, nelle prossime proposte pittoriche di Bigarelli”.
21
Campo de’ fiori
Il miracolo della Madonna di Uliano
Tratto da un antico manoscritto.
“Nell’anno 1242 viveva in Magliano Sabino
un nobile Signore per nome Giuliano
Uliani. Egli erasi disposto ad una colta
Dorotea, pia ed affezionata consorte.
Dopo vari anni di matrimonio infecondo,
come piacque a Dio, si ebbe un vezzoso
bambino.
Quando ne godesse l’animo dei fortunati
genitori non è a dire. Si trovano allora per
caso in campagna in una deliziosa casina
che è tra Colledoro e Chiorano in quel di
Magliano. A ben meglio solennizzare si
avventuroso, Giuliano invita nella casina
anzidetta a splendido convito i parenti e gli
amici, che numerosi aveva in Magliano. Al
dì posto andarono gli invitati. Si era nel
meglio del convito, quando Dorotea, pregatane dai convitati, va a prendere il suo
bambino e loro mostrarlo per appagarli.
Miratela! Come si affretta!… E’ già presso
la culla… Ahimè si arresta! Mette un grido
straziante… Cade in terra svenuta!… Cosa
era avvenuto?… La fantesca, sossopra
dalla festa aveva gettato sul neonato bambino dei mantelli che i convitati messisi
avevano su di una cassa alla culla vicina.
Al grido straziante della povera Dorotea
accorre subito Giuliano. Quale ne sarà
stato lo schianto dell’anima sua in rimirar
disteso morto in sul letto il suo caro figliolo? Tuttavia per non contristare la gioia dei
convitati alle replicate incessanti istanze
dei medesimi di voler vedere il bambino,
risponde: “Non è bene destarlo, non
avranno certo a mancare occasioni”.
Usciti che furono i convitati, Giuliano,
preso da un forte e cieco furore, che tolto
presso, perché vi finisse miseramente la
vita. Dorotea colaggiù ridotta, raccolse
le poche forze che rimaste le erano, e
dolorosa e fidente rivolge a Maria la
consueta preghiera: “AVE MARIA!”…
La Vergine accorse pietosa, e dalla chioma di una quercia antica così prese a
dire: “DOROTEA, TUFFA LE MONCHE
BRACCIA NELL’ACQUA CHE VICINA TI
CORRE.” Dorotea ubbidisce, oh prodigi!
Ve le ritrae con ambedue le mani. Con
esse lava le fosse degli occhi e del seno
e gli occhi e le mammelle tornano in
men che non è detto. Non rimaneva che
l’esanime corpicino del figliol suo. Ella
senz’altro lo tuffa nell’acqua miracolosa,
e vivo le torna a sorridere. Rapita in
estasi rimase la buona Dorotea. Il dì
seguente, Giuliano quasi a soffocare i
rimorsi che gli trambasciavano in anima,
se ne va a cacciare nella selva. Ode per
entro di essa un fruscio… Tende l’arco…
Va leggero sui passi, vede, oh vista bellissima! Vede la sua Dorotea interamente sanata e vivo pure il suo defunto
figliolo. Si getta Giuliano ai piedi di
Dorotea, glie li bagna di lacrime, le
domanda perdono, bacia per più volte il
bambino e risaputo poi da essa il prodigio
volle che a perenne testimonianza del
fatto si erigesse una chiesa, ove lì appunto era apparsa la SS.ma Vergine.”
l’aveva di sé, stringe nella destra un ferro,
e forsennato si scaglia sull’innocente
Dorotea. Supplichevole la dolente gli si
getta ai piedi. Egli afferra i capelli, glie li
lacera, le cava, misera, gli occhi, le taglia
di un sol colpo ambedue le mani e, ciò
fosse poco, le recide, ahi strazio…,
l’una e l’altra mammella! Cadde stramazzoni a terra la poverina, tutta
lorda e brattata del proprio sangue.
Ella però non è ancor morta. La
Vergine della quale Dorotea era
devotissima, voleva in essa far
mostra della sua pietà, della potenza
sua. Giuliano, così come ella è tra
viva e morta, appeso che le ebbe al
collo il morto bambino, la fa trascinaTarga posta sul luogo della polla miracolosa
re da un servo in fondo alla selva colà
Magliano Sabina (Ri) - Cecilia in visita al Santuario della Madonna di Uliano
22
Campo de’ fiori
Selci
Torniamo nuovamente nelle
bellissime campagne della sabina, dove abbiamo già avuto
modo di “visitare” il comune di
Magliano
Sabina. Ci fermiamo, stavolta, in
un piccolo paese
di Ermelinda Benedetti
della provincia
di Rieti, arroccato sulla cima di un’altura, a 204 metri sul
livello del mare, nel cuore della bassa sabina: Selci, che conta poco più di mille abitanti.
E’ raggiungibile tramite l’A1, uscita
Ponzano Romano – Soratte, e tramite la
S.S. Salaria, uscendo a Passo Corese.
STORIA Sin dall’epoca romana Selci fu un
centro di grande importanza strategica,
grazie alla sua posizione, che gli permetteva di controllare il tratto viario che dalla
Salaria conduceva a Forum Novum, il centro burocratico e religioso più attivo ed
importante del circondario. Ma la nascita
vera e propria del paese è da far risalire
alle invasioni barbariche e saracene dei
secoli VII-IX, che spinsero la popolazione
del Castrum di Campolungo a trasferirsi
nel vicino territorio che ha dato origine
all’attuale Selci. Il particolare nome
dovrebbe derivare da una strada romana
che percorreva il territorio, lastricata con
grossi basoli di selce nera.
A poco a poco l’abitato fu fortificato con
mura e l’agglomerato urbano divenne
castrum, castello. In seguito a mutamenti
Selci divenne comune. Quando la Chiesa
di Roma si impossessò di tutti i castelli
della sabina, anche gli abitanti di Selci gli
giurarono sudditanza. In seguito allo spostamento della curia papale de Roma ad
Avignone, Selci approfittò della confusione
creatasi ribellandosi alla Santa sede, istigata dai Savelli, dagli Orsini e dai Colonna.
Ma nel 1364, con l’aiuto di Giordano
Orsini, il Pontefice ristabilì la sovranità
papale e Selci fu nuovamente sottomessa
alla Santa Sede. Tra il XIII e XIV secolo la
gestione di vari castelli di questo territorio
venne affidata ai Sant’Eustachio e a
Ricardo di Pietro Iaquinti. Nel 1510 quest’ultimo si contese la podestà di Selci, con
Le guide di C
Tebaldo della famiglia dei Sant’Eustachio,
fino a che non intervenne il Vicario del
Rettore a porre fine alla disputa.
Terminato il regime comunale si insediarono gli Orsini, che iniziarono
un periodo di infeudazione,
fino al 1596, quando morto
Virginio Orsini, la Reverenda
Camera Apostolica vendette
il castello ai Cesi. Della loro
presenza rimane una importante testimonianza: lo
Statuto
del
1455.
Importanti innovazioni assicurò la famiglia dei Cesi alla
sua popolazione: ristrutturarono il grandioso gruppo di
fabbricati che circonda l’antica torre di Selci; emanarono i “Bandi generali”, un
codice civile in favore del
ben vivere civile; fondarono
una “Cappellania” nella
Chiesa di Santo Stefano,
dove gli abitanti del contado
potevano adempire gli
obblighi della religione cristiana senza doversi recare
in paese. Nel 1697 Angelo
Federico Perdonato Cesi,
pressato dai debiti, fu costretto a vendere il
castello di Selci, per quattromila scudi, a
Guido Vaini. Nel 1722, dopo tre secoli e
mezzo di gestione feudale, Selci tornò
sotto il controllo della Chiesa di Roma, la
Il borgo
cui dominazione era stata interrotta temporaneamente dalla dominazione napoleonica e venne
ristabilita nel 1815, al termine
di essa. Selci tornò ad essere
comune autonomo nel 1818.
Con la proclamazione del
Regno d’Italia la provincia
sabina fu aggregata a quella
umbra di Perugia, fino a che
il governo fascista non elevò
Rieti a capoluogo di provincia.
Antica porta d’ingresso
ITINERARIO TURISTICO
Con il passare del tempo il
paese, soprattutto nell’ultimo
secolo, ha subito profonde trasformazioni, che rendono difficile individuare l’originaria forma del tessuto
urbano. Tuttavia è possibile notare che il
centro storico ha mantenuto quella parti-
Campo de’ fiori
23
Campo de’ fiori
Chiesa di San Salvatore
colare forma ovoidale, con un unico
ingresso. Oltrepassato tale accesso, troviamo, a destra, la chiesa parrocchiale,
dedicata al Santo Salvatore, nella quale si
conserva una Pala del XVII secolo, raffigurante il San Salvatore tra nuvole ed angeli, che poggia il braccio sinistro sul globo,
in adorazione i Santi Eleuterio Papa, Rocco
con il cane, entrambi comprotettori di
Selci, Santo Stefano diacono, principale
protettore del paese e San Bernardino da
Siena; un’altra pala del XVII-XVIII secolo,
raffigurante la Madonna Immacolata,
sopra l’altare di sinistra; dello
stesso periodo, il quadro raffigurante la Conversione di San
Paolo e la Fonte battesimale in
legno dipinto, di artigianato
locale. A sinistra una piazzetta
con torre, un tempo rispettivamente “platea palatii Comunis
e rocca castri”. L’abitato è delimitato tutto all’interno da
mura, le quali verso est, sono
divenute un tutt’unico con
alcune abitazione di costruzione tardiva. Al circuito murario
appartiene un torrione circolare che si trova ai margini
dell’abitato, dove anticamente si apriva una
porta minore.
Numerose chiesette rurali sono sparse nella campagne, come quella di
Santo Stefano e quella di
Sant’Eleuterio, quella di
San Vincenzo di jus,
patronato della famiglia
Savini, di San Domenico
e San Bonaventura della
famiglia Quintiliani, di
San Lucia della famiglia
Benedetti, dalla quale è
stata ricavata la fontana della Piazza
del Popolo.
Nella Villa di Tulliano, sull’omonima
collina, sono stati rinvenuti due cippi
funerari, del periodo traianeo-adrianeo, dei coniugi Tullio Epafra e Tullia
Simferusa.
TRADIZIONI E FESTE Festa di
Santo Stefano Festeggiamenti in
onore del Patrono di Selci il 3 agosto.
SS. Nome di Maria La seconda
domenica di settembre di ogni anno.
La mostra del pane Fine di giugno.
La
sagra
della
porchetta
Festeggiamenti per uno dei prodotti tipici
locali, la seconda domenica di agosto.
SAPORI TIPICI La porchetta selciana è
diventato il prodotto più caratteristico del
paese ed è il risultato di una esperienza
che si è tramandata di generazione in
generazione.
LE CURIOSITA’: Ma lo sapevate che…
I cinque cognomi più diffusi a Selci sono:
Antonini, Mattei, Giorgini, Urbani,
Stefanini.
Palazzo comunale
24
Campo de’ fiori
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UN’AVVENTURA CHIAMATA ADOLESCENZA
... continua dal n. 51
La famiglia: I cambiamenti che interessano l’adolescente si ripercuotono all’interno del contesto familiare. Il ragazzo
in questo periodo ha due
a cura della
esigenze tra loro contraDott.ssa Francesca stanti: da un lato sente il
Celeste Psicologa
bisogno di essere protetto dalla famiglia di origine e vorrebbe restare bambino, dall’altro vuole differenziarsi e
acquisire autonomia. La famiglia deve
affrontare l’arduo compito di trovare un
nuovo equilibrio, di rinegoziare le distanze
interpersonali per venire incontro alle esigenze, si sente a disagio, si domanda quale
sia la cosa giusta da fare. I genitori, in
fondo, hanno la consapevolezza che il loro
figlio sta diventando grande, ma possono
essere riluttanti ad ammetterlo, possono
essere preoccupati di fronte alle richieste di
autonomia e spaventati dal fatto di dover
riassettare un equilibrio che ha funzionato
bene per molto tempo. Il genitore adeguato
dovrebbe essere sufficientemente flessibile
da accogliere sia le richieste di protezione,
che di autonomia del figlio, per aiutarlo nella
ricerca della propria individualità senza farlo
sentire solo. I coniugi si ritrovano a fare un
bilancio di sé stessi come genitori, marito e
moglie. L’adolescenza del figlio rimanda ai
genitori l’idea del tempo che passa e fa riaffiorare in loro i ricordi della propria adolescenza che si erano con il tempo assopiti,
intensificando le emozioni nei confronti dei
propri genitori. Alcune ricerche hanno dimostrato che i genitori di un figlio adolescente
presentano grande stress e il matrimonio è
soggetto a molte crisi, maggiormente accentuate all’interno di quelle coppie i cui coniugi si erano soprattutto identificati nel ruolo di
genitori. In quest’ultimo caso, essi possono
rischiare di sentirsi inutili o inadeguati di
fronte al figlio che diventa indipendente, può
venire meno la capacità di investire in termi-
ni di sostegno reciproco e di creare obiettivi
condivisi. D’altronde l’adolescente fa ben
poco per agevolare l’armonia famigliare, è
sempre alla ricerca del conflitto, mette in
discussione idee e valori genitoriali. Questi
contrasti permettono al ragazzo di conoscersi meglio, di confrontare le sue idee e di definirsi rispetto al punto di vista altrui. Inoltre,
attraverso il conflitto l’adolescente impara
alcune abilità sociali quali la capacità di
ascolto, comunicazione, negoziazione, che
saranno indispensabili per la futura vita relazionale. L’identità: L’adolescenza, oltre alla
crescita corporea, è contrassegnata dalla
definizione dell’identità. Il ragazzo abbandona lentamente il concetto di sé costruito sull’opinione dei genitori per sostituirlo ad una
considerazione di sé derivata dai giudizi dei
coetanei, ove è di fondamentale importanza
l’aspetto fisico, l’attrazione sessuale e l’intelligenza. L’adolescente può sentirsi valutato
negativamente in alcuni di questi settori e
ciò comporta inevitabilmente ansia, frustrazione o l’atteggiarsi in modo compensativo,
nel tentativo di primeggiare in ambiti in cui
si è considerati poco abili. I genitori possono
essere tentati di diventare iperprotettivi, con
il rischio che il figlio si opponga eccessivamente al mondo degli adulti. L’acquisizione
di una propria identità è un processo che
dura anni e si costruisce attraverso la sperimentazione e l’identificazione. La sperimentazione consente di provare a recitare una
molteplicità di parti, immedesimarsi in differenti ruoli. Contemporaneamente, avendo la
possibilità di conoscere tante persone, l’adolescente ha la possibilità di osservarle, esserne affascinato, provare a imitarle. La sperimentazione e l’identificazione fanno sì che
l’adolescente riveli una molteplicità di volti a
seconda dell’ambiente in cui è. Ad esempio,
un ragazzo può essere educato e riservato a
casa ma indisciplinato a scuola, con grande
stupore dei genitori. Attraverso le sperimentazioni e le identificazioni l’adolescente si
riconosce come separato dagli altri e, con-
frontandosi con l’immagine che gli altri gli
rimandano, si confronta con le proprie abilità ed i propri limiti. L’identità finale è frutto
della scelta e della sintesi di alcuni dei ruoli
sperimentati e inevitabilmente comporta il
lutto per la perdita delle altre possibilità. La
cognizione: L’ingresso nell’adolescenza
comporta anche il perfezionare la capacità di
ragionare in astratto, sapere valutare differenti ipotesi, valutare le conseguenze di una
scelta. Queste abilità sono presenti anche
prima dei dieci anni, ma dopo i dodici anni la
persona acquisisce la consapevolezza delle
potenzialità del proprio pensiero, lo valorizza, vi riflette. Il raggiungere la capacità di
riflettere sul proprio pensiero e su quello
degli altri permette al giovane di prendere in
considerazione idee differenti dalle proprie e
la qualità delle relazioni muta, venendo
meno il carattere egocentrico dell’epoca
infantile. Eventuali successi in ambito cognitivo, quali buoni risultati scolastici, aiutano
l’adolescente a rafforzare la propria autostima. La capacità di pensare a differenti possibilità rispetto alla situazione presente fa sì
che l’adolescente possa diventare piuttosto
critico nei confronti della sua realtà, immaginando soluzioni di vita ideali. Spesso queste
possibilità non coincidono con i progetti delle
figure di riferimento del giovane, ma è attraverso queste capacità di pensiero che si inizia a sviluppare la propria individualità. La
possibilità di pensare in astratto permette al
giovane di fare i primi progetti per il futuro,
immaginarsi “da grande” e prendere le prime
decisioni importanti, quali la scelta della
scuola o del lavoro. La maturazione dell’individuo è un processo molto lungo che dura
l’interezza della vita e non si esaurisce con il
termine dell’adolescenza. Sono le esperienza
quotidiane e quelle straordinarie che facciamo nel corso di un’esistenza, a contribuire al
nostro sviluppo cognitivo e affettivo. Si tratta di un processo molto lento, di cui ci possiamo accorgere solo se abbiamo tempo per
soffermarci a riflettere, a differenza dell’adolescenza, in cui i cambiamenti sono molti ed
avvengono velocemente.
L’angolo Misterioso
Nella foto accanto, nascosta fra i muri, è riportata una via di Civita Castellana. Sapresti dirci il nome della Via? I primi tre
che, telefonando in redazione, daranno la risposta esatta, riceveranno un simpatico omaggio offerto da: Civita Bevande.
Campo de’ fiori
il diario dei
Giras
questa pagina è dei ragazzi speciali
25
li
26
Campo de’ fiori
Storia di un sogno chia
Da Maurizio
di Secondiano Zeroli
...continua dal numero 51
Ben presto il mio coinvolgimento all’interno dell’emittente divenne più assiduo, poiché oltre alla già citata trasmissione
Teverina 2000, avevo un gioco chiamato
Le rouge e le noir che conducevo insieme
a Vincenzo, una rubrica cinematografica
denominata Cinema news ma soprattutto
le dirette d’una partita di calcio, la domenica pomeriggio. Allora si poteva usare
soltanto il baracchino ed occorreva trovarsi non a grande distanza dalla sede della
radio. Ricordo di aver fatto le radiocronache sui campi di Soriano, Civita Castellana,
Corchiano, Ronciglione, Capranica. Poi alla
sera, in via sperimentale, si metteva in
funzione una telecamera e la domenica
Sportiva era servita, anche se soltanto per
un pubblico molto limitato di telespettatori del solo ambito sorianese. Fu in quel
periodo di tempo che ebbi modo di intervistare il pugile di Tarquinia Angelo
Jacopucci, morto poi nel luglio del ’78 a
Bellaria, dopo un terrificante K.O. subito
ad opera dell’inglese Alan Minter. C’era
comunque all’interno dell’emittente un
clima di grande cordialità. I ragazzi e le
ragazze perlopiù sorianesi, si avvicendavano alla consolle con crescenti consensi da
parte d’un pubblico che cominciava anche
a far sentire le proprie critiche. Vi furono
perciò diverse riunioni in cui si cercava di
migliorare e di modificare il palinsesto con
nuove entrate di figure professionalmente
più qualificate. Lely Corsi cominciò così a
proporre favolosi viaggi esotici, Massimo
Formicoli parlò prima di bande musicali cittadine e poi di problematiche legate alla
psicologia, Emilio intrattenne i radioascoltatori su fatti di cuore, Catello varò la
rubrica giornalistica La Voce dei Cimini,
bustiere bastardino Laky. Rosa, una terrasulla falsariga della collaudata Teverina
nova venerata da Maurizio, aveva nobili
2000.
abitudini e si arrabbiava molto quando il
Un giorno, nel piazzale antistante l’emitruspante ma furbissimo bastardino le portente, parcheggiò una vecchia
Alfa
tava via qualche bocconcino prelibato.
Romeo, da cui discese un bel giovane
Rosa non mostrava nemmeno molta simmoro il cui nome echeggiava vecchi ricorpatia per uno stupendo terranova maschio
di scolastici. Si trattava di Omero. Omero
del regista Ettore Scola di nome Sansone,
Giulivi da Monte Calvello, frazioncina vicia Soriano convocato per accoppiarsi con la
no a Grotte S. Stefano, dove per anni sognobile campagnola. Non ci fu nulla da fare.
giornò il pittore-poeta Balthus. Omero
Rosa non gradiva le pesanti effusioni del
chiedeva un ricovero e un piccolo posto in
dolcissimo pachiderma e così la nostra
rimase per sempre illibata.
Radio. Maurizio, dopo qualche comprensiMa come è buona consuetudine, anche
bile riluttanza, lo accontentò e con quelnelle migliori famiglie, sorsero delle piccol’atto, certamente in maniera inconsapevole incomprensioni tra me e Maurizio, giacle, passò il testimone ad un ragazzo che
ché io avrei voluto (probabilmente sbapoi diventerà, superando indenne bufere
gliando) che l’emittente diventasse un po’
varie e rocamboleschi cambi di gestione, il
più aristocratica, che si desse meno spazio
custode geloso di una storia che non è
alle dediche e più agli approfondimenti.
ancora conclusa. Omero, attraversando
Risultato: per tutto l’anno ’79 me ne andai
anni perigliosi e difficili, rappresenta ora la
a Terni a Tele Radio Centro Italia . Tornai
continuità tra la colonna sorianese che
l’anno successivo, dopo che ebbi un serio
aiutò Maurizio agli inizi dell’avventura e
incidente automobilistico, giusto in tempo
quelli che poi sarebbero stati i lunghi anni
per assistere all’evento che cambierà radidi vita civitonica che videro per protagonicalmente la vita dell’emittente, sostanzialsti Stefano Principalli, Raffaele Miozzi e la
mente radiofonica, di Soriano nel Cimino.
Curia di Civita Castellana.
Nel 1980, infatti, Maurizio Tocchi siglò una
L’emittente, con l’arrivo di Omero, sembrò
intesa con l’imprenditore civitonico, nel
trovare nuovi impulsi, primo perché le sue
settore elettrico, Stefano Principalli e così i
competenze in fatto di cultura musicale
macchinari, le attrezzature e quant’altro,
non erano insignificanti e secondo perché
vennero trasferiti nella nuova sede di
Maurizio sollevato da qualche incombenza
Piazza Guglielmo Marconi, a Civita
di troppo poté rivolgersi con maggiore
Castellana, ovviamente. L’avventura contiattenzione al problema più importante a
nuava e questa volta su due binari diversi,
cui si trovava di fronte una emittente
perché ben presto sarà la televisione a
radiotelevisiva: quella cioè di procacciarsi
prendere quota e a recitare un ruolo semla pubblicità, e cioè i soldi, indispensabili
pre più predominante nei confronti della
per andare avanti nel migliore dei modi. In
sorella Radio. La nuova sede del centro
questa ottica arrivarono denari freschi per
falisco iniziò a funzionare anche al disopra
la realizzazione della mia rubrica Bonjour
Tour de France. Collegamenti con la
delle migliori aspettative. La notizia delGrande Boucle e diretta dei
passaggi e degli arrivi delle
varie tappe.
Era il ’77, l’anno della seconda vittoria di Bernard
Thevenet e del crollo del 1977
belga Eddy Merckx. Per Secondiano Zeroli
ottenere una buona ricezio- registra per la
ne eravamo costretti talvol- radio
ta a trasferirci sulla sommi- “Teverina
tà della faggeta, a 1111 2000”
metri d’altitudine! Ma non si
viveva solamente di piccoli
atti d’eroismo, era per
esempio divertente giocare
nel piazzale con la bellissima cagna Rosa e con il fili-
27
Campo de’ fiori
amato “Tele Radio Punto Zero”
o Tocchi al Vescovo Rosina
l’avvenuto trasferimento si diffuse in un
battibaleno e furono soprattutto i giovani
che cominciarono ad affluire sempre più
numerosi e motivati a far bene. Giulia
Conti, Rita Petrelli, Lorella Neri , Ulisse
Frezza furono tra i primi ad alternarsi alla
consolle mentre della vecchia colonna
sorianese rimasero soltanto Augusto Tordi
e Maurizietto Milioni. Ci fu anche una reazione, in fondo motivata, al trasferimento
dell’emittente, quando Giuliano Franchi
installò nell’antico nucleo di Soriano, nel
quartiere della Rocca , una nuova postazione radio, che in onore della nonna,
munifica sostenitrice, chiamò Radio Lea.
Ma chi era il nuovo partner al 50% di
Maurizio Tocchi? Stefano Principalli era un
piccolo imprenditore che si era, come suol
dirsi, fatto da solo. Aveva cominciato con
una botteguccia di materiale elettrico poi
era pian piano diventato il custode di
quasi tutte le industrie ceramiche del comprensorio faleritano. Quando si verificava
un guasto , interveniva Stefano con la sua
squadra. Si trattava dunque d’un uomo di
sicura esperienza nel settore meccanico ed
elettrico e che si avviava ad esserlo anche
in quello delle telecomunicazioni. Maurizio,
insomma, non avrebbe potuto scegliersi,
per la nuova avventura, un socio migliore.
La sede di Piazza Marconi era oltretutto
più spaziosa, rispetto alla precedente di
Soriano ma era soprattutto il bacino d’utenza che si era dilatato e questo, in prospettiva, non prometteva che risultati
sempre più rilevanti. L’amalgama della
nuova squadra si consolidò nella stagione
estiva, quando furono definitivamente e
felicemente risolti tutti i problemi tecnici
legati al riposizionamento delle antenne
che servivano alla più corretta ricezione
dei programmi trasmessi e quando fu
varata una prima bozza di programmazione che andava a stabilizzare e migliorare
l’intero palinsesto. Il simpatico Peppe
Rossi curava la rubrica giornalistica E’ successo solo ieri , Franco Meli modulava il
suo programma miscelando sapientemente vecchi motivi e recenti uscite, sempre
restando in un ambito melodioso.
Robertino D’Aquanno avvicendava sul piatto motivi giovanili di cantanti emergenti
secondo un suo particolare gusto musicale. Gustavino saliva sull’inesauribile filone
del liscio e rendeva meno opache le serate delle persone… in età matura. Omero
coordinava il tutto, fungendo un po’ da
capitano
in
campo, sempre presente e
dunque sempre il primo a
conoscere
i
problemi dell’emittente. A
me spettò il
compito
di
seguire il Tour
de France, un
Tour che si
rivelò imprevedibile e combattuto, dunque appassio-
nante e molto seguito dal pubblico dei
radioascoltatori. Il francese Hinault si ritirò
quando vestiva la maglia gialla per un
insopportabile dolore al ginocchio (e
fummo, modestamente, i primi in Italia a
darne notizia!) e così l’olandese
Zoemetelk, eternamente secondo, ebbe la,
peraltro meritata, opportunità d’arrivare in
maglia gialla fino ai Champs Elysées di
Parigi. Il settore della pubblicità stava mettendosi in moto piuttosto bene giacché
Civita Castellana rispetto a Soriano, era un
centro molto più grande e con insediamenti industriali, commerciali e artigianali
di tutto rispetto. Le condizioni insomma di
un lungo cammino insieme per la coppia
Maurizio-Stefano c’erano tutte e a darne,
almeno apparentemente, maggiore slancio, ci fu la stupenda partecipazione del
popolo di Civita Castellana a seguito del
terremoto in Irpinia del 23 novembre.
Radio Punto Zero lanciò infatti un accorato
S.O.S. per aiutare quelle popolazioni e la
risposta fu immediata. Fu riempito un
camion articolato con indumenti di vestiario, generi alimentari non deteriorabili,
perfino giocattoli per bambini. Una solidarietà commovente che dimostrò come la
nuova Radio fosse già, nell’immaginario
collettivo della città, un punto centrale, un
operatore su cui contare e di cui fidarsi.
Una nuova realtà operativa che aveva da
subito mostrato serietà e capacità organizzativa. Ma nonostante tale stato di sostanziale situazione idilliaca, sotto la cenere
dell’apparenza stava covando un qualcosa
che avrebbe presto avuto un effetto tsunami sull’intera struttura, ancora essenzialmente radiofonica.
continua sul prossimo numero...
28
Campo de’ fiori
Associazione Artistica Ivna
Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana
condividono l’arte
IL PENSIERO LIBERO NELL’ARTE SCULTOREA DI
ANTONIO PANUNZI
TRA IMMAGINI DEL SUO INCONSCIO E QUELLE
DEI POPOLI DI ANTICHE CIVILTÀ
Nasce
a
Caracas il 30
dicembre
1 9 6 1 ,
città
dove
vive fino alla
prima metà
degli
anni
settanta.
L’ i n f l u e n z a
dell’arte precolombiana
s e g n a
la sua prima gioventù, caratterizzata
da una cultura latino americana.
Che dire dell’ Artista Antonio Panunzi ?
Tony , questo è il nome con il quale è più
conosciuto. Ha cominciato negli anni settanta a Riva dei Tarquini osservando le
grandi scorze di pino, che gli infondono la
voglia di incidere… così incisione su incisione la creatività prende forma in variegate figure, immagini, volti, che liberano
l’anima artistica di Tony.
La sua vita è un viavai tra l’Italia e il
Venezuela, nazione dove vive ancora suo
fratello, artista anche lui, che incarna per
Tony un punto di riferimento nel periodo
dell’adolescenza, “invogliando” la sua
peculiarità artistica. Affascinato dal mondo
etrusco e precolombiano, incuriosito e
attratto dalle forme prismatiche, dalle conchiglie fossili e dalle miniature, viaggia in
molte parti del mondo: in questo modo la
sua sensibilità
creativa
e impetuosa
permette di farg l i
amare
ed interiorizzare l’arte
scultorea
di
differenti origini.
La
precolombia-
na è la privilegiata considerando i luoghi in
cui vive, unitamente alla conoscenza di
quella atzeca, romana e greca, sviluppando un quadrilatero che sarà sempre presente nelle sue sculture dalle facce più
misteriose emergenti dall’interpretazione
personale del ghiribizzo geometrico originale. In questo senso Tony assume l’identità di scultore autodidatta di eccellenza
nell’espansione e nella fusione della cultura di quel passato concentrandola in una
tecnica nuova scultorea con materiale
anch’esso echeggiante l’ambito etrusco, il
tufo. In questi volti scolpiti non risalta la
staticità, ma il dinamismo della storia dei
popoli antichi e della sua storia personale.
La sua è una vita movimentata come quella del Nomade Aristocratico. Nomade perché continuamente a caccia di scoperte e
di ritrovamenti, prede che solo possono
sostentare la sua arte, agendo con forza e
tenacia; Aristocratico in quanto abile a
sublimare questa “caccia” con il proprio
talento, le proprie strategie, le tecniche
raffinate, gli strumenti fatti di ingegno,
lavorando la “preda” con il fine utensile del
suo animo. La sua vita di uomo è vissuta
senza sottrarsi alla sofferenza, la sua vita
d’artista è travagliata, a causa del vibrante
desiderio di plasmare delle forme, liberando da quei massi tufacei volti e immagini
che attendono di parlare al cuore e alla
mente degli osservatori. Vita dinamica e
segreta come le facce delle sue opere.
“Forse” ci rivela Tony” l’Arte la interpreto in
varie forme, su questi materiali perché
nell’atto creativo impiego slancio vitale ed
energia”: le opere più belle sono nei giardini, nelle case, nelle grotte in tufo, intrise
con energia vitale in continuo evolversi in
un continuo trasformismo delle espressioni scolpite. “Appagante è la scultura” per
Tony, che assapora la bellezza dello studio
approfondito delle tecniche per migliorare
la caccia alla “preda” dell’arte, che si identifica con il Pensiero Libero, la Bellezza
Prima dell’Essere Vivente. Questa spinta
arriva da due forze che alimentano come
nettare la sua esistenza: l’amore e l’amicizia. La materia nella sua plasticità imprime
nella sua coscienza una caratteristica che
rasenta l’informale. “La conoscenza delle
miscele chimiche e la capacità di interpretare la realtà al fine di riprodurla creano
della Prof.ssa
M.Cristina Bigarelli
un’ottica diversa dalla prima, visualizzando
cose non sempre percepite con la stessa
intensità da tutti, pur vedendole” ci dice
Tony. Si tratta dei punti di vista della vita
di ciascun essere pensante.
Lo scopo di Tony è di dare massimo agio
all’ immaginazione. E’ per questo che a
volte dal peperino, dal tufo o da altre pietre prendono forma immagini sfocate, dai
contorni e dalle incisioni non nette, dando
l’opportunità di riflettere sul mondo nel
quale viviamo: il significato della contemporaneità, non sazio, ma desideroso, non
tragico, ma struggente, non nostalgico,
ma evocativo, non lontano, ma prossimo.
Una sorta di processo della surrealtà atto
ad esprimere con molteplici modi, tecniche
e materiali “il funzionamento reale del
pensiero scaturito dallo stesso in un atto
psichico inizialmente puro senza passare
attraverso i condizionamenti della ragione”
Attualmente Tony vive e lavora a
Vignanello
in provincia
di Viterbo
immerso
nella realtà
della
sua
arte
che
abbellisce,
donando
atmosfera di
mistero, di
incanto e di
suggestione
agli ambienti nei quali
pone le sue
grandi opere
scultoree !
29
Campo de’ fiori
“Il Fumetto”
LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA
CLAYMORE di Norihiro Yagi - edito da Starcomics
Chi associa questo
manga come la brutta
copia di BERSERK di
Kentaro Miura, disprezzandolo con l’appellativo
di “Berserk in gonnella”,
non capisce niente di
fumetti.
È vero, nel manga di
di
Daniele Vessella Yagi vengono usati spadoni enormi e l’ambientazione è medioevale come in BERSERK,
ma se ci basiamo solo su questi due aspetti… anche tutti i Dylan Dog sono mere
copie del primo numero, visto che di base
sfruttano lo stesso tema. Non è così, perché partendo da un’identica idea di sfondo
possono svilupparsi decine di storie diverse e CLAYMORE ne è la prova. L’opera di
Yagi mette in scena protagoniste femminili: le Claymore, definite dagli abitanti dei
villaggi “streghe dagli occhi d’argento” per
la loro natura metà umana e metà Yoma
(demoniaca).
Ma il titolo trae ispirazione anche da un’altra fonte interessante: le claymore, infatti,
erano le grosse spade a due mani utilizzate dai guerrieri scozzesi fino al 1700 circa
(l’ultima battaglia in cui si pensa siano
state usate spade claymore originali è
quella di Killiecrankie, nel 1689) e utilizzate anche dagli immortali di Highlander nel
lungometraggio di culto del 1985. E pro-
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prio queste spade sono le uniche armi con
cui
le
Claymore
(create
da
un’Organizzazione) combattono gli Yoma,
esseri demoniaci che si cibano delle interiora degli umani. Durante i duri combattimenti, le Claymore rilasciano gradualmente la loro metà “oscura”, correndo il rischio
di non poter tornare più indietro e diventare dei “Risvegliati”… ovvero, dei demoni
veri e propri. Le guerriere devono lottare
sia contro sé stesse che contro gli Yoma…
fino a quando il demonio che è sopito in
loro non prende il sopravvento; dopo aver
superato il limite, le guerriere perdono il
briciolo di umanità che era loro rimasto e
vagano per sempre, cibandosi di carne
umana e uccidendo le ex compagne inviate a giustiziarle.
Così, se una Claymore capisce che si sta
trasformando in Yoma e non riesce ad
invertire il processo, manda una cartella
nera con inciso il proprio simbolo di riconoscimento alla compagna dalla quale
vuole essere uccisa, così da morire da
umana. L’uccisione di una compagna viene
considerato un gesto nobile, perché le
guerriere vorrebbero avere una morte
umana prima di diventare demoni. Senso
dell’onore, amicizia… sono temi che escono potentemente dalle pagine del manga,
grazie anche a un’ottima caratterizzazione
dei personaggi e al loro background, spesso doloroso.
Tutti i personaggi, con l’avanzare della
trama, dimostrano di avere una spiccata
personalità… cosa che non si era vista all’inizio del manga. Il fumetto, infatti, parte
in sordina per poi decollare col proseguimento della trama che si intreccia sapientemente alla vita dei personaggi.
Anche il disegno, dapprima acerbo e privo
di carattere, ha una strabiliante evoluzione: con l’avanzare dei numeri, diventa
ricco e particolareggiato, tutti gli elementi
grafici formano un mosaico curatissimo nei
dettagli.
Spero solo che l’enorme successo di
CLAYMORE non lo trasformi in una serie
infinita che lo snaturerà, facendolo diventare sciatto e senza un filo conduttore che
unisce il tutto. Per ora, è un gran bel
fumetto… per ora.
30
Campo de’ fiori
Vecchia storia di un Carabiniere
di Ermelinda Benedetti
In ogni paese c’è sempre qualcuno che si
distingue per aver fatto qualcosa di diverso, particolare, o semplicemente per le
sue alte qualità etiche, e che verrà ricordato e, magari, preso d’esempio.
A riguardo, voglio fare un breve accenno a
tale Enrico Marini, uomo di grande senso
morale e carabiniere modello. Nacque a
Palestrina, in provincia di Roma, il 17 aprile del 1912, da Giuseppe Marini e
Clementina Ranieri, presa in seconde
nozze e soprannominata “la rossa”, per il
colore dei suoi capelli, o anche “la bersagliera”, perché alta circa due metri. Di
buona famiglia, viene educato secondo i
principi della religione cattolica. Terminati
gli studi svolge per qualche tempo il lavoro di sarto, ma capisce ben presto che non
fa per lui e decide di arruolarsi nel corpo
dei carabinieri, dove entra senza problemi,
grazie alle qualità fisiche e al buon curriculum di famiglia. Viene mandato a far
servizio a Corchiano, dove si innamora di
Colomba Crescenzi, detta Alida, figlia di
Giovanni Crescenzi e Maria Pastori.
L’amore è corrisposto, ma Enrico deve
stare attento a non farsi scoprire se non
vuol essere trasferito. Qualche tempo
dopo, preso coraggio, decide di chiedere
ufficialmente al padre di Alida, la mano
della figlia. Il contadino,
fiero,
accetta, ma il giovane carabiniere,
secondo il regolamento dell’arma,
viene trasferito
per
qualche
anno. Non appena ritorna sposa
Alida, che lo
aveva aspettato
ansiosamente.
Dalla loro unione
nascono
due
figlie Giovanna e
Anna Maria, che
eredita il soprannome della nonna
paterna,
“la
rossa”.
Enrico
viene di tanto in
tanto trasferito,
probabilmente
anche
perché
scomodo a qualcuno
invidioso
della sua condotta morale, e porta con sé l’amata famiglia.
Ma la morte lo coglie ancora giovane, nel
pieno delle sue
forze. Il 23 giugno
1952, in occasione
dell’arrivo
di
Eisenhower dagli
Stati Uniti, era stato
chiamato per prestare servizio all’aeroporto di Campino.
Viene colto da un
improvviso malore e
muore in circostanze misteriose. Fu
una vera tragedia
per la famiglia e per
il paese. Dai piani
alti dell’arma qualcuno, forse pentito
per averlo contrastato in passato,
riesce a far percepire la pensione, per
causa di servizio,
alla giovane vedova.
Nel paese viene
ricordato per i suoi
modi educati, gentili e rispettosi e per il suo animo sensibile
ed altruista.
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31
Campo de’ fiori
“ACQUA DI NEPI”:
FRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE
A tre km da Nepi – in
località Graciolo - si
trovano gli attuali stabilimenti di una delle
altre risorse lavorative
di Nepi, quelli della
famosa Acqua di Nepi,
i quali offrono una
realtà lavorativa per
di Simona
più di cinquanta perMunicchi
sone tra impiegati ed
operai con un indotto
sempre più importante. Il suddetto territorio è costituito da terreni di natura vulcanica e sedimentaria ed interessa larghe
falde orientali dei gruppi vulcanici Cimino e
Sabatino, in un regolare declivio verso la
Valle del Tevere. Lungo la valle del fosso di
Cerreto sgorgano diverse sorgenti, le quali
vanno viste come le manifestazioni esterne del bacino idrico; esse sono mineralizzate e costituiscono l’oggetto della coltivazione mineraria che qui viene portata
avanti da “Acqua di Nepi S.p.A.”.
Di queste diverse sorgenti, almeno tre
godono di importanza primaria, infatti due
di esse (una solforosa e l’altra bicarbonata), si trovano a poche centinaia di metri
l’una dall’altra e sgorgano dalla base dei
tufi stratificati sottostanti al tufo lapideo
giallastro; mentre la terza sorgente, bicarbonata anche essa - sgorga sulle
basse quote del versante sinistro del Fosso
Ronci. La mineralizzazione che interessa
queste acque è di tipo “secondario”, in
quanto fluidi aeriformi (CO2 e H2S) ascendono dal suolo e vanno a mescolarsi
–mineralizzandole – con le acque delle
falde idriche d’infiltrazione superficiale.
Già duemila anni fa, ai tempi della
Repubblica Romana, esistevano le Terme
dei Gracchi, appartenenti ad un’importante famiglia patrizia che utilizzava ed
apprezzava queste acque; ed ancor oggi
viene usata quella stessa falda romana.
Questa acqua, da analisi effettuate presso
centri appositi, viene considerata come
acqua minerale effervescente naturale,
fluorata. Da una sperimentazione clinica
del 1997, effettuata dal Dottor Ghiazza,
Primario della divisione di Medicina
Interna del Presidio Ospedaliero di Ovada,
risultò che l’Acqua di Nepi offre risultati
positivi per i suoi effetti terapeutici e per la
sua tollerabilità biologica. Ci offre quindi
un’azione eupeptica importante, con una
maggiore velocità di svuotamento gastrico, una diminuzione della sensazione postprandiale ed una digestione più pronta e
veloce, data dalla naturale presenza di
acido carbonico che dona un’effervescenza naturale a questa acqua e permette l’e-
liminazione dell’acido urico. Inoltre, è stata
rilevata anche l’efficacia della stessa acqua
per la prevenzione delle carie dentarie,
poiché il contenuto in fluoro è corrispondente al fabbisogno giornaliero.
La qualità dell’acqua è assicurata ai consumatori in tanti modi diversi, che vanno
dalla purezza del bacino idro-geologico
sino alla massima serietà delle procedure
d’imbottigliamento. La qualità è ancor più
assicurata dall’estrema professionalità dell’equipe che lavora alle sue spalle. L’acqua
prima di passare alla fase dell’imbottigliamento - dopo avere viaggiato sempre in
ambienti sterili - non entra mai in contatto
con l’aria esterna, ma transita in serbatoi
di stoccaggio ed arriva all’imbottigliamento in maniera ermetica. Si tratta di un’area
di circa 240 ettari che tiene lontana ogni
eventuale fonte di inquinamento, sia naturale che artificiale. Le sorgenti e le opere
di adduzione sono monitorate microbiologicamente 24 ore su 24. Inoltre l’acqua
viene sottoposta a più di 100 analisi microbiologiche, 100 organolettiche e 5 chimiche, il tutto nell’arco giornaliero; e nella
zona di protezione igenico-sanitaria
ambientale, quotidianamente si effettuano
almeno due sopralluoghi. Vanno inoltre
presi in considerazione i controlli mensili
dell’Arpa di Viterbo e quelli occasionali dei
NAS. Il laboratorio analisi dello stabilimento effettua analisi chimiche e batteriologiche su campioni di prodotto finito prelevati ogni due ore in uscita dalle linee di produzione. Lo scopo delle analisi è quello di
verificare che l’acqua sia imbottigliata con
le stesse caratteristiche di qualità presenti
alla sorgente; quest’insieme di controlli è
poi registrato e sottoposto a statistiche.
Il primo stabilimento industriale dell’Acqua
di Nepi risale agli anni Trenta del
Novecento, verrà sostituito nel 1959,
momento in cui avrà inizio il vero sfruttamento industriale della miniera. Questo
nuovo stabile risultò essere più moderno
ed innovativo, interessato anche dalla presenza di due piccole linee di imbottigliamento, mentre sino a quel momento si era
abituati a sistemi di imbottigliamento di
tipo artigianale. Questa nuova realtà permise di far conoscere il prodotto inizialmente a Roma – il bacino di utenza più
importante - poi la diffusione si allargò
all’Italia centrale. Il 2 Maggio 1959, il
Comune di Nepi con rogito di atto notarile
diede in sub-concessione alla società di
nuova costituzione “Terme di Nepi”, lo
sfruttamento della miniera e l’autorizzazione all’imbottigliamento delle acque minerali per una durata quarantennale. Tutto
questo avveniva appena dieci anni dopo il
rilascio
da
parte
del
Ministero
dell’Industria di una concessione al
Comune di Nepi per l’autorizzazione all’imbottigliamento novantennale. Ma sin dagli
inizi il Comune da parte sua optò per una
produzione industriale sempre tramite
terzi, mantenendo una partecipazione
azionaria. Infatti nel corso degli anni si
sono susseguiti importanti azionisti di
maggioranza al vertice di quella che è poi
divenuta la Società “Acqua di Nepi S.p.A.”.
Nel 1959 troviamo l’avvocato Michetti, al
quale farà seguito nel ’76 la “S.p.A. Acqua
minerali di San Gemini”, mentre nell’ 87 fu
la volta della “Danone S.p.A.” ed infine nel
2001 l’attuale azionista “San Benedetto
S.p.A.”.
continua sul prossimo numero ...
Foto d’epoca presso le fontane dell’Acqua di Nepi
Campo de’ fiori
32
L’angolo dell’avvocato
a cura della Dott.ssa
Ilaria Becchetti
Studio Legale Prof. Avv. Enrico De Santis
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STRISCE BLU: QUALCOSA È CAMBIATO
Abbiamo pagato per anni i parcheggi blu
e, senza saperlo, subivamo una violazione
del Codice della Strada. Ci hanno pensato
dapprima la Cassazione e poi il Tar del
Lazio a fare ordine. E giustizia.
Sollevati da qualche bravo avvocato e da
cittadini inviperiti, i giudici amministrativi e
la Suprema Corte a Sezioni Unite (sentenza 116/07) hanno chiarito una volta e per
tutte che, “qualora il Comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con
custodia o lo dia in concessione, ovvero
disponga l’installazione dei dispositivi di
controllo di durata della sosta, su parte
della stessa area o su altra parte nelle
immediate vicinanze, deve riservare
una adeguata area destinata a parcheggio
rispettivamente
senza
custodia, o senza dispositivi di controllo
di durata della sosta”. Attenzione. Questa
non è una ricostruzione giurisprudenziale
e nemmeno una novità nel panorama
legislativo. Al contrario è proprio ciò che
statuisce il Codice della Strada all’art. 7
comma 8. Cassazione e Tar, dunque, non
hanno fatto altro che dare voce ed applicazione ad una disposizione già esistente
ma evidentemente sempre (o quasi)
disapplicata. Dunque, stando al Codice
della Strada, i Comuni che dotano le loro
strade di strisce blu a pagamento, debbono riservare una parte dei parcheggi alla
sosta libera. Facile osservare che a Roma,
ma anche in molti altri comuni, questo
principio non è mai stato rispettato.
La recente pronuncia del Tar del
Lazio (30.05.2008 n. 5218) ha immediatamente sortito l’effetto di
sospendere il pagamento dei par-
cheggi blu.
Nella Capitale, in attesa dell’attuazione di
un piano volto a ridisegnare l’intero sistema dei parcheggi a tariffa, si vedono macchinette incappucciate, a ricordare, a chi
ancora non lo sapesse, che i parcheggi
blu non si pagano. Ma solo per il momento. Entro il 31 luglio, infatti, una commissione,
composta
da
tecnici
del
Dipartimento Mobilità e da esperti esterni
(ingegneri e architetti), è incaricata di ridisegnare l’intero sistema del parcheggio a
tariffa in tutta Roma e di redigere il nuovo
piano parcometri in base alle linee programmatiche dettate dalla Giunta capitolina. La Commissione dovrà preoccuparsi di
garantire l’equilibrio tra strisce blu e strisce
bianche (sosta libera), creare adeguate
aree di parcheggio gratuito nei pressi degli
ospedali, aumentare i parcheggi per i
motocicli e differenziare la tariffazione a
seconda delle zone.
Il piano diverrà operativo da settembre e
lo scenario a cui si andrà incontro sarà un
taglio di 15.000-20.000 posti blu, su circa
90.000, che verranno trasformati in parcheggi bianchi, soprattutto in periferia.
Insomma quello che va delineandosi è un
regime dei parcheggi meno vessatorio, più
sostenibile ed in linea con i nostri diritti di
cittadini.
Discorso a parte per il centro storico della
capitale, dove i parcheggi restano attivi
per ovvie ragioni logistiche, urbanistiche,
ambientali ed artistiche. Il sistema di parcheggi blu, infatti, oltre a permettere al
Comune di incassare risorse fondamentali
per mantenere in vita servizi essenziali per
la città, frena le auto e dunque costituisce
un efficace sistema di prevenzione dell’inquinamento e quindi di tutela del patrimonio artistico e ambientale.
A parte il regime immutato per tutto il
primo municipio, a settembre saremo in
grado di vedere in tutta la città i mutamenti effetto del piano della Giunta. Sin
d’ora con una certezza: Roma sarà un po’
meno blu.
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Campo de’ fiori
33
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Barbara saprà aiutarvi!
EDOARDO VIANELLO…
SETTANT’ANNI E UN NUOVO DISCO
Edoardo Vianello lo scorso 24 giugno ha compiuto 70
anni ma ha sempre lo spirito di un ragazzo. Oltre
mezzo secolo di carriera e una lunga schiera di tormentoni estivi al top delle classifiche della musica leggera italiana. Ma non gli bastava, così ha pensato di
mettersi in gioco ancora una volta, regalandoci un
disco dal titolo “REPLAY …l’altra mia estate…” che raccoglie alcuni fra i più grandi
successi degli anni ‘60 e ’70 suoi e di altri autori. Edoardo ha reinterpretato queste
canzoni alla sua maniera, con nuovissimi arrangiamenti e, ha tenuto a precisare il
cantante, avvalendosi dell’aiuto del caro amico Lilli Greco.
Vianello ha voluto per questo disco una copertina d’eccezione. Si è avvalso infatti
della prestigiosa collaborazione di Pablo Echaurren, artista dall’esperienza trentennale, che, grazie al suo speciale talento, ha sintetizzato tutta la carriera di Edoardo
in un disegno.
Il 31 luglio alle 21.00 il “Beach boy”, come ama definirlo Pablo, sarà all’Auditorium
Parco della Musica con i sei elementi del suo gruppo per un concerto che si preannuncia essere una grande festa anni ’60. Il prezzo è volutamente popolare – 5 euro
per consentire a quanti più amanti del grande Eodardo di partecipare alla serata.
Ilaria Becchetti
34
e
Le stori
di
Max
Campo de’ fiori
Rita Pavone
di Sandro Anselmi
...continua dal numero 51
L’esperienza con la Ricordi dura solamente
due anni, dal 1968 al 1970. La casa discografica, proprio prima della rottura, però,
le fa incidere Notte nera, un 45 giri a bassa
tiratura, destinato alla finale di
Canzonissima ‘70, alla quale non riuscirà
mai ad arrivare. Troppe delusioni e troppo
poco successo per un’artista che aveva
raggiunto grandi ed immediate soddisfazioni e che aveva tutte le carte in regola
per poterne guadagnare altre! E’ così che
Rita decide di far ritorno alla RCA, la prima
etichetta che si era interessata a lei. Dopo
aver vinto il concorso canoro Festival degli
sconosciuti di Ariccia, nel 1962, infatti, la
RCA, che aveva avuto modo di apprezzare
il talento della giovanissima
cantante, le propone un provino
presso i propri studi di registrazione. Rita si presenta interpretando Le mille bolle blu e
Coriandoli, di Mina e Tango del
mare, un vecchio brano riportato al successo da Betty Curtis.
Arriva subito il contratto da
parte della casa discografica e
la giovane cantante inizia ad
incidere già alla fine dell’estate
di quello stesso anno.
Mina, indirettamente, le porta
fortuna per una seconda volta.
La pantera di Cremona, infatti,
era stata scelta dagli autori per
far parte del cast del programma televisivo Studio Uno di
quell’anno, ma la diva annuncia
di essere incinta e non può
accettare la proposta. Bisogna,
dunque, trovare una sostituta e
l’obbiettivo si sposta sulla in
erbe Rita, ammirata, qualche
mese prima, in una puntata
della trasmissione televisiva di
Enzo Trapani, Alta pressione, al
fianco di Gianni Morandi, anche
lui agli esordi. Alla Pavone viene
affidato uno spazio di pochi
minuti, dove deve esibirsi insie-
me ad un gruppo di ragazzini e
ragazzine, tra i quali c’era un
ancora sconosciuto Renato
Zero, che indossano delle particolari camice con il collo alto ed
inamidato, dal quale deriva,
appunto, il nomignolo di
Collettoni. Hanno il compito di
aprire lo show, ballando sulle
note di un twist, intitolato
Abbiamo sedici anni, cantato da
Gianni Morandi e Roby Ferrante,
un’altra giovane promessa, il cui
futuro, però, sarà tragicamente
stroncato da un incidente stradale. Prima che la morte lo
cogliesse
prematuramente,
riesce a scrivere, per Rita, il
brano Alla mia età, che insieme
a Come te non c’è nessuno e
Cuore, versione italiana di
Heart, interpretata da Wayne
Newton, portano Rita ad essere
una stella internazionale e
diventano il suo lasciapassare
nel mondo, nonostante la difficoltà ad affermare la musica italiana negli altri Paesi, dove si
prediligono la musica e i cantanti nazionali.
Campo de’ fiori
35
CIVITA CASTELLANA E IL LASCITO
DI OPERE IN CERAMICA CINESE
DELL’AVVOCATO ULDERICO MIDOSSI
di Enea Cisbani
L’Avvocato Ulderico Midossi nel 1934, anno
della sua morte, lascia a Civita Castellana
un patrimonio ed una eredità storica non
soltanto morale e civile, ma anche materiale dall’alto valore simbolico e culturale,
a diretta conferma della sua lungimiranza
e ampiezza di vedute: una fiorente scuola
d’arte ceramica, tuttora attiva e funzionante, la chiesa romanica di Sant’Antonio in
via dello Scasato, la celebre e conosciuta
abitazione-studio in Piazza Matteotti, una
mirabile collezione e galleria di dipinti ad
olio opere autografe del pittore Sante
Ciani, raffiguranti personaggi celebri di
Civita Castellana esposti tuttora nelle maestose sale di Palazzo Montalto - Belei in via
di Corte e in particolare la raccolta di
opere in ceramica cinese, tuttora conservate nell’archivio storico dell’Istituto d’Arte
e di cui sono visibili alcuni pezzi di rara bellezza nel Museo della Ceramica attiguo alla
scuola d’arte collocato nell’ex chiesa di
San Giorgio.
Si tratta di una raccolta di porcellane cinesi del secolo XIX e XVIII che non ha eguali nel nostro territorio, nonchè a livello
regionale e nazionale, sistematicamente
collezionate dall’avvocato Midossi in anni
di attenti studi e grazie al fattivo apporto
del concittadino Erminio Mariani, negli
anni
’30
addetto
commerciale
dell’Ambasciata Italiana in Cina.
La raccolta comprende vasi, piatti, servizi
da tè e sculture raffiguranti animali, in particolare cani, descritti ed analizzati in
maniera attenta e minuziosa, con l’ausilio
di smalti dai toni accesi e brillanti, secondo una consuetudine tecnica e compositiva tipica della ceramica cinese.
Forme e fogge tipicamente orientali, collezionate dall’avvocato in anni di lungo lavoro con l’intento, poi sfumato, di costituire
nel nostro centro un museo della porcellana e della ceramica orientale ed occidentale.
La mirabile raccolta fu donata alla scuola
d’arte nel 1935 dove viene conservata e
attualmente in fase di analisi e studio in
vista di una sua adeguata collocazione
espositiva nel Museo della Ceramica
“Casimiro Marcantoni”, valore aggiunto di
grande spessore culturale della scuola e
grazie anche alla recente assegnazione
alla dirigenza scolastica da parte della
Regione Lazio della direzione scientifica
del Museo stesso.
36
Campo de’ fiori
Tarquinia
Non manca qualcosa?
Sarà stato un colpo di
vento,
sarà stato un colpo di sole,
sarà stato un colpo..........
di sonno, fatto sta che in
questo striscione, posto in
bella vista,
manca l’apostrofo!
Civita Castellana - Borghetto - S.S. Flaminia
Sarà che viste le alte temperature desidereremmo
un po’ di fresco, ma gli adetti ai lavori non si sono
proprio regolati perchè prevedono neve e ghiaccio
nel mese di Agosto.
Non sarebbe ora di togliere
quel cartello che è lì dall’inverno scorso?
Civita CastellanaLocalità Quartaccio
I rilevatori non rivelati
Sarà pur sempre bello il
verde, ma in questo caso
impedisce all’autista
di individuare
la presenza
dell’apparecchio.
Civita Castellana
Forte Sangallo
Sarà uno dei simboli di Civita
Castellana,
sarà il luogo prescelto per
importanti manifestazioni ...
Ma almeno un po’ più di cura e
decoro ...
Per tanto poco!
Civita Castellana
Via Corchiano
Sarà un albero,
sarà un fiore,
sarà un fungo,
sarà ....
è il cartello dell’INPS
37
Campo de’ fiori
Inchiesta di Campo de’ fiori e del C.I.S.P.R.A. Centro Italiano Pranoterapeuti
UOMINI E SPIRITUALITA’
Una ricerca tra verità e leggenda - sacralità millenaria di Gaetano Grasso
pranoterapeuta - parapsicologo
... continua dal numero 51
Per il pranoterapeuta la “malattia” è il
segno esteriore di un disagio interiore, o
un messaggio che l’interiorità vuol dare,
per cui capire il segno e dare le giuste
risposte anche energetiche significa intervenire sull’affetto (malattia) partendo dall’interiorità fino ad arrivare all’armonia
(guarigione).
Questo comporta un lavoro globale, cioè
oltre a dare immediato sollievo alla parte
sofferente, si deve giungere alla presa di
coscienza di quei principi interiori che la
vita stressante – egoistica e consumistica
ci hanno fatto dimenticare: diventa quindi
un prestare attenzione all’interiorità, alla
consapevolezza, alla coscienza di sé ed
alla scelta di un modo di vivere e di essere più equilibrato e giusto. Il prana non è
rilevabile né tanto meno misurabile da
nessuno strumento sinora costruito; le
varie foto kirlian evidenziano (come disse
lo stesso ingegnere che ha costruito lo
strumento) una sorta di costellazione elementare – campo magnetico – che non è
il prana. Esistono varie associazioni e
“scuole”, ma pranoterapeuti si nasce.
Questa “predisposizione” può essere perfezionata, ma essa “nasce con l’essere”.
Poi il maestro insegna come usarla e come
farla crescere.
Esistono dei sintomi che denunciano la
carenza di prana, alcuni dei quali sono:
oppressione al petto e alla nuca, cerchio
alla testa, difficoltà a gonfiare il torace
nella respirazione, dolori alle spalle e stanchezza generale, scarsa capacità di programmare il futuro, perdita dell’ottimismo,
calo della vista, depressione, e così via.Su
questo c’è da dire che, essere scarichi di
prana, porta alla depressione, è altrettanto vero che la depressione disperde una
grande quantità di prana. Si ha, quindi, la
tendenza a chiudersi in se stessi, a non
riuscire a vedere vie d’uscita, aggravando
così la situazione. Insomma, tutto ciò
porta ad una disarmonia interiore veramente deleteria in ogni senso.
Il pranoterapeuta, con la sua opera, determina il ripristino di questa energia ai livelli ottimali, favorendo così la ripresa di tutte
le attività interiori, riaccendendo nel sofferente la voglia di vivere.
Chi ha domande da fare, chiedere chiarimenti o consigli, può scrivere in redazione… risponderemo a tutti.
Chi vuole può anche raccontare il suo problema o l’esperienza vissuta.
Previsioni astrologiche generali per il mese di Agosto 2008
Ariete lasciati consigliare da chi ha più esperienza, ma anche dal tuo istinto, e potrai trasformare la noia in vera vacanza. La famiglia
richiede molta attenzione.
Toro le vacanze si preannunciano ottime, vai alla grande. Se sei in cerca, l’amore è alle porte, se l’hai trovato rafforzalo, ne vale la
pena…
Gemelli non vedi l’ora di dare il via alle vacanze, ma gli influssi del mese non sono proprio adatti. Il fine mese allenta la tensione e ti
avvia ad incontri promettenti.
Cancro non smettere di progettare, anche se si concretizzeranno situazioni soddisfacenti. Guardati intorno, cercheranno di ostacolarti.
Un incontro romantico ha la possibilità di diventare molto interessante.
Leone vacanze sì… ma cerca di essere concreto e pratico. Il lavoro richiede la tua devozione e l’amore… certo fra vari incontri, c’è sicuramente. Lui/Lei non lasciarlo scappare anche stavolta.
Vergine vacanze, vacanze, vacanze… certo ne avete bisogno, ma voi siete persone d’azione, non dimenticatelo, ci sono dei traguardi
da raggiungere e lo farete con successo.
Bilancia un mondo in cui devi uniformarti alle convenzioni non è certo il tuo ideale, ma oramai il via è dato, dovrai trovare la tua dimensione. In amore è il caso di porre dei capisaldi…
Scorpione gli ultimi mesi sono solo un ricordo, adesso pensa a ricaricarti ed a gustare nuove esaltanti esperienze… Liberati da chi ti
crea solo problemi, i nuovi incontri sono più che interessanti.
Sagittario sarebbe utile mettere da parte l’orgoglio e saper chiedere aiuto al momento giusto… Il lavoro necessita di tutta l’attenzione e continuità, ma anche l’amore.
Capricorno la vacanza giunge a fagiolo. Tuttavia il tuo sia un ozio costruttivo. Le sfide che dovrai affrontare sono piuttosto impegnative.
Acquario le vacanze saranno un po’ deludenti, per cui è meglio chiarire tutto con tutti se vuoi veramente rilassarti. Improvvisamente
alcune cose cambieranno e spirerà aria nuova, di nuovo brillante della tua luce.
Pesci se non hai saputo far tesoro dei consigli, il futuro è duro. Tuttavia nuovi lavori ed opportunità di guadagno ti risolleveranno dall’indigenza. In amore c’è un grosso problema da affrontare. Sii sincero e leale.
di Riccardo Consoli
... continua dal numero 51
Ma Chicago in quella pur triste stagione
non è solo quella ricca di locali lussuosi
frequentati da gangsters, giocatori d’azzardo e prostitute; nello stesso periodo la
città è diventata una metropoli in piena
espansione industriale dove acciaierie,
fabbriche di materiale rotabile, commercio
del grano e fabbriche per la lavorazione
delle carni, offrono lavoro in abbondanza a
migliaia di lavoratori in gran parte provenienti dal sud e, in gran parte costituiti da
neri. E’ in tale contesto che si deve valutare il Jazz di Chicago, sia quello che grazie alle incisioni consentì di non far dimenticare la classica tradizione di New
Orleans, ricordiamo infatti che nessuna
incisione aveva prima documentato il Jazz
della città del Delta, sia quello discendente dalla vicinanza e dalla simbiosi fra neri
e bianchi.
Come abbiamo visto, nei primi anni del
secolo erano arrivati a Chicago non pochi
musicisti da New Orleans i quali avevano
riscosso un certo successo con la loro
musica e, con loro, era arrivato anche
King Oliver che, nella sua Creole Jazz
Band aveva inserito un giovanissimo Louis
Armstrong come seconda cornetta, ma
non mancarono di giungere, sempre da
New Orleans, anche molti musicisti bianchi come Tom Brown e Johnny Stein
nonchè il cornettista Paul Mares, il trombettista George Brunies, il clarinettista
Leon Rappolo e il bassista Alfred
Loyacono.
Questi musicisti, a differenza dei neri che
costituirono le loro formazioni soltanto con
elementi provenienti da New Orleans, si
ritrovarono ben presto con strumentisti
locali che, tra l’altro, usano nelle loro
orchestre il saxofono, uno strumento
nuovo per la tradizione della città del
Delta e grazie al quale il Jazz di Chicago
assume in breve tempo caratteristiche
assai diverse rispetto a quelle originarie; si
affermano così nuovi motivi ispirati alla
Chicago della Wabash Avenue dove si
trova il ristorante di Big Colosimo il
primo a scritturare musicisti Jazz, oppure
della Armour Avenue, una strada dove si
affacciano soltanto case di piacere ben
diverse, ovviamente, di quelle di New
Orleans.
Il trombettista Marty Marsala racconta: “
… in un locale dove suonavamo, arrivò una sera
Al Capone accompagnato da sei o sette suoi
compagni, vennero fatte
chiudere tutte le porte in
modo
che
nessuno
potesse uscire o entrare;
Al Capone tirò fuori due
biglietti da cento dollari,
li fece cambiare in tanti
biglietti da cinque dollari
e ce li fece consegnare,
dopo di che, si sedette
tranquillo ad ascoltare le
sue canzoni preferite e
poiché egli amava, non
pezzi Jazz, ma soltanto
il melodramma italiano,
quelle che eseguimmo
furono soltanto canzoni
classiche napoletane …
”.
Il batterista George
Wettling ricorda: “ …
una volta al Triangle
Club, entrarono alcuni
gangsters,
spararono
allo stomaco del padrone…ma noi continuammo a suonare … ”.
La musica di quel periodo è inevitabilmente costretta a procedere con lo stesso
slancio e lo stesso incontrollato furore di
una automobile di gangsters, per far ballare nervosamente come nervosamente
scorre la vita in città; così avviene che in
ogni locale, dal Royal Garden a tutti gli
altri come ad esempio il Friar’s Inn, che
prende il suo nome dal complesso Friar’s
Society Orchestra che li suona e che più
tardi diverrà la New Orleans Rhythm Kings
anche questo frequentato da Al Capone e
da Dion O’ Bannion, rimane nella Storia
del Jazz come l’ideale punto di congiunzione fra il Jazz nero e quello bianco.
La New Orleans Rhythm Kings è costituita
da Leon Rappolo al clarinetto, Jack
Pettis al saxofono, Elmer Schoebel
arrangiamenti e pianoforte, Arnold
Loyacono al basso, Paul Mares alla
tromba, Frank Snyder alla batteria e
George Brunies al trombone; sono proprio i NORK a influenzare i primi giovani
che nel Jazz vedono una musica nuova da
adottare in alternativa a quegli sdolcinati
motivi che vanno per la maggiore; giovani
simboleggiati da un pallido giovinetto proveniente da Davenport nello Iowa dove
è nato nel 1903, che suona la cornetta,
che risponde al nome di Bix Beiderbecke
e che, sarebbe divenuto il leader del Jazz
bianco.
Bix Beiderbecke fu il massimo rappresentante dello Stile di Chicago che costituì il
primo tentativo dei bianchi di suonare
Jazz in modo personale; componente di
una famiglia originaria della Germania da
giovanissimo fa parte del coro della locale
chiesa protestante e mostra subito una
notevole predisposizione per la musica,
suona il pianoforte ma all’età di sedici anni
ha modo di ascoltare un disco della
Original Dixieland Jazz Band di Nick
LaRocca e si innamora della cornetta; ad
appena diciotto anni è già musicista professionista ed ottiene notevoli ingaggi che
lo portano a lavorare sui battelli in servizio
sul Lago Michigan e nei locali di
Chicago.
continua sul prossimo numero...
39
Campo de’ fiori
Si sono conclusi sabato 26 luglio
i giochi popolari
dell’estate corchianese.
Ecco la formazione della contrada
che per la quinta volta consecutiva
si è aggiudicata il titolo di
Campione:
Estate Corchianese
la Contrada Selvotta!
In piedi da sx: Alessio Romano, Mirko Pilera,
Carlo Bonamin, Alessandra De Angelis, Mirella
Pilera, Anna, Floriana Cingolani,
Arianna Precetti, Carla Santini
In Basso da sx: Tonino Troncarelli, Valentina
Stefanelli,Martina Pilera, Lorenzo Stefanelli,
Stefano Precetti, Sonia Bonamin, Feliciano
Menicocci, Massimo De Carolis, Giuseppe
Stefanelli, Mauro Stefanelli, Francesco Precetti.
Multietnica 2008
2 Agosto
ore 18.00 Apertura sito e visite guidate
ore 20.00 Cena a tema su prenotazione (info tel. 0761.514082 – 328.6248061)
ore 21.00 Teatro: Novecento “La leggenda del pianista sull’Oceano” (ingresso gratuito)
9 agosto
ore 18.00 Apertura sito e visite guidate
ore 20.00 Cena a tema su prenotazione (info tel. 0761.514082 – 328.6248061)
ore 21.30 Teatro Danza Musica Foly Du Burkina Faso “La notte delle percussioni africane” (ingresso gratito)
Direttore artistico Gianluca Terenzi
Parte del ricavato sarà devoluto all’Associazione “Ivan Rossi”
Presso “Il Castellaccio”, Via Terrano - Civita Castellana (Vt)
AVVISI PER L’ESTATE
Non abbandonare
il tuo cane e
neanche la
sua “cacca”
Non gettare le
cicche accese
Non lasciare
la casa
incustodita...
nè la moglie...
40
Campo de’ fiori
Album d
Campo de’ fiori
19.03.1957 Ceramisti civitonici in udienza
da Papa Pio XIIfoto della signora Rita Fontana (la bambina nella foto)
Campo de’ fiori
11.05.1963 Viterbo - Campionati provinciali studenteschi. Taglia il traguardo Alessandro Soli
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
41
Campo de’ fiori
dei ricordi
Campo de’ fiori
1948 civitonici in gita a
Roma - foto della signora
Doriana Gai
Gallese nel primo ‘900 - Processione
foto del signor Luigi De Angelis
Campo de’ fiori
e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.
42
Campo de’ fiori
Con la vostra gioia, continui… e che
siano tanti anniversari come questo.
Vi siamo vicini nel ricordo del vostro
giorno più bello, dalla sorella
Michela e la figlia Beatrice.
Ancora tanti auguri a Carlo e Elisa
che hanno festeggiato il primo
anniversario di matrimonio
il 14 Luglio.
Tanti auguri a
Barbara e Daniele
che si sono uniti in
matrimonio il 12 luglio.
Tanti auguri per una vita
felice e piena di gioie a
Silvia Capone compie 18
anni l’11 Settembre, da
mamma, papà, il fratello
Simone, i perenti
e gli amici.
Tanti auguri
a Pitagora per i
sui 23 anni,
dai suoi amici.
Tanti auguri a Lucy
Gloria Ricci di Fabrica
di Roma che il 10
Agosto compie gli anni
da parte del marito
Alessandro e dei figli
Attilio e Jessica.
Tantissimi
auguri a
Lorenzo
Fabrizi
che ha
compiuto 1
anno il 5
Luglio dalla sorellina Lucrezia, la
mamma, il papà, i nonni e gli zii.
Tanti Auguri a Aurora
Antonelli che
l’8 Settembre compie 2
anni, da: mamma Gabriela,
papà Claudio, la sorella
Viola, i nonni, gli zii
ed i cugini.
Tanti auguri alla nostra
piccola Eva per aver
ricevuto il Sacramento del
Battesimo il 6 Luglio, da
mamma Sara e papà Luigi.
Campo de’ fiori
Tantissimi auguri a
Adriano e Michela
Maggio che compiono
33 anni il 3 Agosto e 16 anni l’11
Agosto, dalla mamma, il papà, Sandro e
Maddalena, Gianluca, Francesca, Marta e
il piccolo Andrea.
Un augurio
particolare a
Marsia e
Mirko per
essersi uniti
in matrimonio
il 19 Luglio,
dalle loro
nipotine
Matilde,
Irene
e la piccola
Eva.
Sorpresa!
Bellissimi e
Vivacissimi
auguri al
mio piccolo
topo per il
suo quarto
anno d’età
che compirà il 10
agosto! Da
lella Maila,
papà Joseph Gun, mamma Anna, zia Marghe e
tutti i tuoi nonni.
43
Tantissimi auguri a Rodolfo e
Letizia che il 21 Luglio hanno
festeggiato il loro primo anniversario di matrimonio. Vi auguriamo
tanta felicità per sempre!
Con tanto affetto, i genitori, la
sorella Jenny con il fidanzato
Giantobia, i fratelli Eugenio con
Michela, e Giulio.
L’anzianità ti rende un
po’ incapace di fare ma
non di desiderare. Ti
auguriamo di desiderare di fare ancora
tutto (speriamo che
sia possibile). Auguri
da Maria Luisa e
Randy, Rita e Corrado.
Tanti Auguri alla nostra principessa Irene
che il 24 Luglio ha compiuto 1 anno,
da mamma Chiara e papà Sergio.
44
Campo de’ fiori
Album d
Campo de’ fiori
Anno ‘69-’70 Classe 1963 - 1° Elementare Via Petrarca, Civita Castellana
Da sx: Maestra Raffaella Gorini, Paola Baldoffei, Antonella Abballe,..., ..., Fernando Carabelli,
Nestore Belardi, ..., ..., Marco Carabelli, ..., Lorella Baldi,Elena delleChiaie, Stefania Barbacci,
Gabriella Scarcia, Rosa ..., Maura Molinari, ..., Anna Maria Sambuci, Antonella Mancini, Gloria ...,
Antonella Natili,..., Giogio Gomiero, Francesco Manoni, Fabio Ceccani
Campo de’ fiori
Civita Castellana - giochi della gioventù - anno scolastico 1986/87 - classe IIB
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
Campo de’ fiori
dei ricordi
Campo de’ fiori
Civita Castellana 1971 - la classe 1921 festeggia 50 anni
Campo de’ fiori
Primavera 1978
3° media di
Fabrica di Roma.
Foto del Prof.
Vinicio Testa
e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.
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46
Campo de’ fiori
Giochi Antichi
La Morra
Quante volte da bambini abbiamo sentito parlare di questo gioco, con
il quale i nostri nonni avevano trascorso interi pomeriggi e serate, in
mancanza di meglio, ma che forse era molto meglio di come li si trascorre oggi. Abbiamo cercato di farcelo spiegare, facendo le prime
prove proprio con loro e poi sfidando gli amici di scuola, magari durante la ricreazione. Ma la morra è uno dei giochi più antichi e semplici
del mondo, come testimoniano anche le raffigurazioni ritrovate in una
tomba egizia, dove il defunto stende il braccio con un numero, contrapposto ad un altro giocatore, o una pittura vascolare greca, dove a
giocare sono Paride ed Elena. Nel mondo latino è Cicerone a dare per
iscritto la testimonianza dell’esistenza di questo gioco, indicandolo con
il nome di “micatio”, dal verbo “micare”, ossia protendere e più precisamente “micare digites”, quindi stendere le dita. Successivamente fu
molto praticato dai soldati nelle trincee durante la Grande Guerra, e poi dagli anziani e dai giovani di tutti i paesi, tanto da assumere
un nome diverso da luogo a luogo e da dialetto a dialetto.Il gioco consiste nell’indovinare la somma dei numeri che vengono mostrati
con le dita dai giocatori, che simultaneamente tendono il braccio, mostrando il pugno o stendendo un numero di dita a scelta.
Solitamente i giocatori gridano, quasi a voler intimorire l’avversario, un numero da 2 a 10, la morra, usando spesso forme dialettali,
storpiandoli o modificandoli, fino a ridurli ad un monosillabo. Il giocatore che indovina il numero conquista il punto, e vince chi arriva
prima al punteggio deciso a priori. Se entrambi i partecipanti indovinano la somma, il gioco continua e nessuno guadagna il punto. Si
può giocare uno contro uno o a squadre, dove il fattore fortuna viene messo da parte per far posto ad abilità e strategie.
Forse sarebbe meglio abbandonare per un po’ la play station e farsi una bella partita a morra!
Il sosia
Miguel Bosè
Questo è il Miguel
Bosè nostrano, alias
Carlo Casaluce che
emulo dell’originale
ne segue le orme di
cantante (vedi locandina accanto).
Se assomigliate a un personaggio famoso, portate le vostre foto in
redazione ed esse verranno pubblicate .
Campo de’ fiori
La rubrica
dei perchè?
Perchè l’acqua spegne il fuoco?
L’acqua ha la caratteristica di assorbire molto calore per riscaldarsi. Si dice
che ha un calore specifico alto.
Altre sostanze l’hanno più alto, ma dobbiamo tenere presente che l’acqua e
facile da maneggiare, ad esempio entra in un tubo a pressione e si può lanciare a grandi distanze.
Ma un effetto altrettanto decisivo nell’aggressione dell’acqua al fuoco è costituito dal vapore che si genera quando il calore fa evaporare il liquido. Il
vapore è un gas che si sviluppa violentemente, si dilata e occupa spazio.
Dilatandosi prende il posto dell’ossigeno che alimenterebbe il fuoco.
Modi di dire
Fare i Salamelecchi
In arabo Salam Aleik significa “pace a te” ed è una bella forma di saluto.
Ma siccome è accompagnata da gesti ossequiosi, gli italiani hanno tradotto la parola
in salamelecco (usata quasi sempre al plurale) e gli inchini in smorfie ridicole.
47
48
Campo de’ fiori
Album d
Campo de’ fiori
1957 famiglia Corteselli di Civita Castellanafoto del signor Carlo Corteselli
Campo de’ fiori
Fabrica di Roma negli anni ‘50
Da sx: Iannoni Mario - Vera - Ersilia, ..., Anselmi Rosa
Campo de’ fiori
Fabrica di Roma 1933
foto del signor Sandro Di Pietro
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
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Campo de’ fiori
dei ricordi
Campo de’ fiori
Giovani civitonici degli anni ‘60
foto della signora Lidia Farina
Civita Castellana anni ‘50
Assistenti delle colonie estive - foto della signora Loretta Manoni
Campo de’ fiori
e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.
52
Campo de’ fiori
Quella forza silenziosa chiamata …
Era una serata
di fine maggio.
Un flebile spicchio di luna,
facendo capolino tra le folte
chiome
degli
alberi che ornano il Lago di
di Erminio
Vico,
dall’alto
Quadraroli
spiava silenzioso
alcuni momenti
di vita conviviale che si stavano
consumando presso il Ristorante
Fiorò.
Un addobbo floreale in cui l’occhio
scorgeva un armonioso danzare di
colori rossi e bianchi ha fatto da
elegante cornice alla Serata di Gala
organizzata dalla CRI lo scorso 31
maggio.
Alla presenza di numerose autorità
civili, tra cui hanno spiccato i nomi
del Sindaco di Ronciglione,
Massimo Sangiorgi, del Sindaco di
Sutri, Guido Cianti, e dell’ex
Commissario della Croce Rossa On.
Olympia D’Onofrio Bucossi e il Sindaco di Ronciglione Massimo Sangiorgi
Maurizio Scelli, l’Ispettrice della CRI
Oympia D’Onofrio Bucossi ha
ampliamente esaminato l’operato del 2007
della Sez. Femminile del ridente paese
cimino.
Vista l’importanza di questo evento non
potevano mancare le sorelle infermiere
della Sez. di Viterbo, il Presidente provin-
Protegge i tuoi valori
Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25
01033 Civita Castellana (VT)
Tel.0761.599444 Fax 0761.599369
[email protected]
ciale della CRI, Egidio
Manzoni, e l’Ispettrice
di Rieti, Luisella Di
Marco, che spinti dal
loro innato spirito di
fratellanza hanno partecipato molto volentieri a una lotteria di
beneficienza, organizzata con lo scopo di
raccogliere fondi per
completare i progetti
umanitari programmati
per il 2008.
Questo appuntamento,
che apre le porte alla
stagione estiva, si è
svolto nella speranza
che anche quest’anno
la
Sezione
di
Ronciglione della CRI
possa
raggiungere
obiettivi sempre maggiori, grazie alle volontarie e ai volontari che
operano spinti da una
forza silenziosa chiamata..solidarietà.
53
Campo de’ fiori
Ecologia e Ambiente
L’acqua e le faraoniche opere
se minacce per interi villaggi e popolazioni, seminando fango e morte.
Modificare i corsi naturali d’acqua non solo
è ingiusto, ma è, anzi, un’insignificante
sfida con chi prima di noi ha disegnato il
creato.
Certo l’uomo con la sua astuzia crede di
fare quello che più gli conviene, ma poi
dovrà fare i conti con i problemi ben più
grandi che ne derivano. La minaccia dell’a-
di Giovanni Francola
Non c’è dubbio che l’acqua sia legata alle
grandi opere che l’uomo ha costruito nel
corso della storia. Infatti, nel XX secolo, di
opere “gigantesche” come le dighe ne
sono state costruite ben quarantamila, ai
fini dell’irrigazione, o per l’approvvigionamento di acqua potabile, o per la produzione di energia elettrica.
Queste opere faraoniche, spesso, sono
simbolo di duri scontri tra autorità e semplici cittadini, che si vedono espropriare le
proprie case e i luoghi a loro cari, per la
costruzione di queste enormi dighe.
Inoltre, con la costruzione di queste gigantesche opere, si corre il rischio di calpestare il diritto dell’acqua a tutte le popolazioni della terra, che è stabilito dal trattato
169 dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro.
Per non parlare di tutte le sciagure legate
ad esse, che, quando qualcosa non va per
il verso giusto, si trasformano in spavento-
gricoltura industriale, ad esempio, non ha
fatto altro che impoverire i terreni, o, peggio ancora, arricchirli di sostanze improprie. Le deviazioni dei grandi fiumi, o di
altri corsi d’acqua, favorisce i fenomeni di
desertificazione, salinizzazione o ristagno
di intere aree, che non sono certo un caso,
ma sempre conseguenze di azioni antropiche insensate e irresponsabili, che si ripetono ormai da troppo tempo.
54
Campo de’ fiori
L’ ANGOLO ... CIN CIN
di Letizia Chilelli
Occupandomi del vino e del suo mondo ho
potuto constatare come l’antiquariato del
“buon bere” sia molto praticato in
Inghilterra e Francia, a differenza di Paesi
come l’Italia e la Germania.
A Londra, per citare un esempio, Christie’s
e Sotheby, sostengono almeno venti aste
all’anno di vini da collezione.
Questo amore per il vino “di una certa età”
non viene tradotto però in pagamenti
esorbitanti: accanto ai più pregiati pezzi da
museo, acquistati per lo più da Case
Regnanti, o potenti del mondo, vengono
venduti anche vini invecchiati delle migliori annate e che meritano certamente
attenzione, a prezzi “accessibili”per soddisfare il collezionista e non certo per ridurlo sul lastrico!
Sono ormai lontani i tempi in cui il
Granduca Costantino di Russia, fratello
dello Zar, pagò il prezzo sorprendente di
20.000 franchi d’oro per quattro barili della
vendemmia del 1847 del Chateau
D’Yquem, un nobile vino bianco Bordolese
da dessert!
Comunque anche il nostro Paese non è
privo di esempi di aste di vini leggendari,
anche se in tutta onestà si tratta di casi
molto rari.
Non bisogna però credere che possedere
una bottiglia antica offra la possibilità di
realizzare una certa vantaggiosa cifra:
bisogna infatti prima di tutto trovare l’occasione giusta di vendita e poi l’estimatore di quel determinato tipo di vino, cosa
che, credetemi, è piuttosto difficile.
Resta poi innegabile il fatto che le bottiglie
di “antiquariato” vengano collegate a fatti
storici e incancellabili.
Qui in Italia, per esempio, nel 1959 il
Generale De Grulle fu ospitato per una
storica visita dall’allora Presidente della
Repubblica Italiana Gronchi e portò con
se, dalla Francia, una magnifica bottiglia di
Bordeaux del 1859 (bottiglia che simboleggiava il centenario della battaglia di S.
Martino, a Solferino, battaglia che concluse la Guerra d’Indipendenza).
La “storica” bottiglia fu stappata durante il
pranzo d’onore e chi ha bevuto quel vino
assicura che era ancora validissimo e gra-
COLLEZIONARE IL VINO
devolissimo al palato.
(Con questo piccolo aneddoto, spero di
soddisfare, almeno in parte, la curiosità di
coloro che spesso mi chiedono se un vino
centenario è ancora bevibile!).
Comunque, è bene ricordare che molto
dipende dalla struttura del vino stesso e
da come è stato conservato.
Ciò, come sappiamo, vale anche per i vini
di meno “onorata” età, ma che abbiano al
loro attivo più di 20 anni, anche perché
fino a questa età, una bottiglia da lungo
invecchiamento tiene, di norma, abbastanza bene.
Il vino per quanto prezioso e raro sia, ha
comunque i suoi limiti di sopportazione:
non può restare per così tanto tempo
ingabbiato in una bottiglia.
Col passare del tempo all’inizio, quasi in
maniera microscopica e poi sempre in
modo più osservabile, comincia a decrescere di volume: le sue strutture si smembrano,mentre una parte evapora, ecco
spiegato il motivo del ritrovamento di
“vecchie”bottiglie in cantina ridotte di contenuto.
Per far si che il vino superi decenni in
buona salute, occorrono particolari accorgimenti che possono essere effettuati solo
da cantinieri delle cantine più famose.
Uno dei più conosciuti è quello messo in
pratica dai cantinieri della famiglia dei
Baroni Rothschild: per le bottiglie che
hanno passato l’età media e di cui interessa tenerne una partita, gli “addetti ai lavori”(spesso enologi) provvedono ogni 5/6
anni ad aggiungere alle bottiglie stesse,
stappandole, una piccola quantità di vino
giovane, ritappando poi la bottiglia con
molta cura con un tappo nuovo e rigorosamente di sughero. È grazie a questo
sistema che funge da “trapianto” che sono
state portate fino ai giorni nostri bottiglie
di vino Bordolese che risalgono pensate al
1870. Vero è, che credere che un collezionista privato possa arrivare a questi livelli
risulta un po’ impossibile, comunque per
regalarsi e regalare alla nostra cantina
qualche gioiello si può fare, di tanto in
tanto, rifornimento presso produttori che
si occupano di vino come tradizione di
famiglia ad alti livelli.
Consiglio importante: prima di acquistare
qualunque bottiglia “da collezione”: sarà
bene munirsi delle tabelle che certifichino
la validità delle annate (reperibili nei negozi specializzati e sui siti internet che trattano di enologia).
Anche perché, il vino, o meglio tutti i vini,
nelle annate, vengono classificati con le
“stellette”:
- Annata Pessima *
- Annata Mediocre **
- Annata Buona ***
- Annata Ottima ****
- Annata Eccezionale *****
questo sistema ci aiuta a regolarci: infatti i
vini da portare ad un lungo invecchiamento sono quelli da Annata Buona in su.
I vini Italiani da collezione sono da ricercarsi nelle grandi DOCG che abbiamo,
esempi eccellenti sono il Barolo e il
Brunello (solo per citare i più importanti
che farebbero la gioia di tutti i collezionisti).
Da ricordare, poi, che le bottiglie da collezione non devono essere necessariamente
“vecchie”. La collezione è soprattutto un
assortimento di bottiglie che non si trovano facilmente sul mercato: cioè case e voci
vinicole poco usate, che appunto per questo possono diventare in futuro, veri e propri gioielli.
Ultimo suggerimento: se vi dovesse capitare di parteciparvi, in un asta non fatevi
mai trascinare dal gioco. Fate attenzione,
anche perché ciò che non avete oggi in
cantina lo potete “scovare” domani, magari attraverso qualche “scambio” con collezionisti che sono alla ricerca proprio di
quella bottiglia che potete “vendere” voi,
avendone nella vostra cantina più di qualche unità.
(Bibliografia “Vini d’Italia” di L. Imbriani)
continua.........
Campo de’ fiori
ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI
a pagamento per ditte o società- Tel. Fax 0761.513117
Cedola da ritagliare e spedire
L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione
57
Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a
Campo de’ fiori - P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita
Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o
una e-mail a [email protected]
(scrivere in stampatello e senza abbreviazioni) ..................................................................................................................................................
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17/31 Agosto Farmacia Municipalizzata Via Ferretti
Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Agosto 2008
03/31 Agosto - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma
15/17 Agosto - Farmacia Sangiorgi di Corchiano
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Campo de’ fiori
Album d
Campo de’ fiori
1952 concorso nazionale di canto, Prof. Domenico Del Priore.
Foto della signora Maria Del Priore
Campo de’ fiori
Anno 1954 - Val Fiscalina Sesto in Pusteria
foto della signora Ione Parroccini, prima a sinistra in basso
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
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Campo de’ fiori
dei ricordi
Campo de’ fiori
Maggio 1963 - Civitoniche in gita a Nepi - foto del signor Francesco Barboni
Campo de’ fiori Campo de’ fiori
Anni ‘40 Civita Castellana - Delia e Natia De Angelis
Roma Anno Santo 1950
da sx Bianca, Ileana, Anna Rosa e Maria Bruna
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Locale commerciale composto da: due locali
comunicanti di mq 26 + 32, ripostiglio, servizio.
Calvi dell’Umbria
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Corchiano
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all’abitato.
Roma
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settimana.
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con servizi.
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Locale di mq
200 circa,
con servizi e
piccola area
di pertinenza
Locale commerciale di 50 mq e
servizi in via della Repubblica.
Appartamento ammobiliato di
100 mq circa, zona centrale.
Monolocale con bagno e balcone al centro storico.
CEDO
Civita Castellana
Quote societarie di industria
ceramica di Civita Castellana.
Attività di alimentari in zona
centralissima.
Attività di deposito legna, con
attrezzature.
Attività commerciale di BarGelateria avviatissima
Si cercano, per
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edificabili.
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Campo de’ fiori
Campo de’ fiori seleziona ragazzi/e
da inserire nel settore commerciale.
Per informazioni 0761.513117
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Civita Castellana (VT)
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Campo de’ fiori
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Arte, Cultura,
Spettacolo ed
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dall’Associazione
Accademia
Internazionale
D’Italia
(A.I.D.I.)
senza fini di lucro
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Sandro Anselmi
Direttore Editoriale:
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Stefano De Santis
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Editoriale:
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Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con
Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto
a n. 3 consulenze gratuite.
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Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo,
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Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano,
Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto,
Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene. A Roma nei teatri, nei migliori alberghi e locali, sui
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Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a personaggi politici, della cultura,
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Sonia Bonamin
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