Il profumo dell`orto. Orti urbani e inclusione sociale tra
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Il profumo dell`orto. Orti urbani e inclusione sociale tra
Il profumo dell’orto. Orti urbani e inclusione sociale tra associazionismo e cittadinanza attiva Marco Villa, Vice Presidente Amistà – Associazione di Promozione Sociale Buongiorno a tutti, sono Marco Villa e sono il vice presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Amistà che ha da poco festeggiato il suo primo anno di vita e che è nata da un’esperienza di Servizio Civile Nazionale presso alcune biblioteche e musei del Comune di Genova. I suoi fondatori sono tutti ex volontari che hanno scelto di dedicare un anno della propria vita al servizio della città e del prossimo. Amistà è nata dalla nostra voglia di lavorare e di metterci in gioco in un periodo in cui la crisi non offre molto spazio per i giovani, in cui è difficile anche professionalizzarsi. L’Associazione ha ereditato dal progetto di Servizio Civile la promozione della cultura dell’accessibilità sia architettonica sia culturale e ha aggiunto altri obiettivi quali la valorizzazione del patrimonio storico-artistico cittadino, la difesa dei diritti (infanzia, LGBT, disabilità), la cittadinanza attiva, la cultura della pace, l’alfabetizzazione informatica, anche in ottica di accessibilità, e la difesa della cultura del verde, della sostenibilità e dei parchi. Di recente l’associazione, tra i suoi numerosi progetti, ha concluso un’esperienza di Servizio Civile Regionale sulle disabilità con due classi dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Genova in qualità di partner dell’Ufficio Servizio Civile del Comune di Genova. Di recente, inoltre, abbiamo consegnato due progetti relativi allo spreco alimentare e alla promozione all’uso delle isole ecologiche di Genova. Il contributo di oggi si svilupperà in due filoni ben precisi, che s’intersecano tra di loro: la cultura del verde, dell’orto, del succedersi delle stagioni, della genuinità dei prodotto da una parte, l’inclusione sociale, la cittadinanza attiva e l’associazionismo dall’altra. Iniziamo, però, definendo con termini precisi cosa s’intende per orto urbano. Spesso, infatti, si confonde questo termine con le coltivazioni da balcone, coltivando o specie nane di ortaggi oppure piccole piante come basilico, ecc.. L’orto urbano è una realtà che va sempre più consolidandosi nel mondo e nelle aree in via di sviluppo e con esso, per utilizzare una definizione generale, si intende un appezzamento di terreno destinato alla produzione di fiori, frutta, ortaggi per i bisogni dell’assegnatario e della sua famiglia. In ambito urbanistico, invece, si definiscono orti urbani i piccoli appezzamenti di terra per la coltivazione ad uso domestico, eventualmente aggregati in colonie organizzate unitariamente. Nelle aree ad orti urbani, l’indice di utilizzazione fondiaria (Uf) previsto per la realizzazione di tutte le opere edilizie è pari a 0,05 mq/mq, comprensivo degli edifici esistenti. Come si evince dalle due definizioni trovate nelle poche e scarne pubblicazioni italiane sull’argomento, viene dunque definita principalmente una funzione domestica, ossia una funzione legata ad un consumo diretto del nucleo familiare che si occupa di gestire il terreno. La definizione che preferisco io è stata invece coniata da Bettina Baumgartner e Hasan Belevi, studiosi rispettivamente del EAWAG – Swiss Federal Institute for Environmental Science & Technology e del SANDEC – Dept. of Water & Sanitation in Developing Countries, i quali hanno trovato una definizione più calzante per questo fenomeno: 1 “Urban agriculture comprises the production, processing and distribution of a diversity of foods, including vegetables and animal products within (intra-urban) or at the fringe (peri-urban) of an urban area. Its main motivation is food production (for personal consumption or sale) and/or higher income.” Cosa si coltiva nell’orto urbano? Similmente all’orto di campagna, si prediligono specie di vegetali, ortaggi e frutti molto comuni come il pomodoro, i piselli, le zucchine, le patate, eccetera non coltivate secondo i precetti dell’agricoltura intensiva, ma seguendo degli schemi legati al biologico, al ridotto uso di pesticidi e concimi chimici. Secondo uno studio dell’ONU, nel 2025 più del 65% della popolazione mondiale vivrà in metropoli e di questa percentuale un 90% sarà dovuto al boom demografico nei paesi in via di sviluppo. L'agricoltura urbana potrebbe contribuire a migliorare la condizione delle popolazioni del terzo mondo di fronte ai problemi dell’espansione urbana, spesso incontrollata, dell’aumento della povertà in un contesto urbanizzato e, non ultimo, della gestione dei rifiuti. L'agricoltura urbana è una delle numerose opzioni di sicurezza alimentare per famiglie; allo stesso modo, è uno dei tanti strumenti per fare uso produttivo degli spazi aperti, del trattamento dei rifiuti urbani, del risparmio o della generazione di reddito e dell’occupazione e della gestione d'acqua dolce, in modo più efficace rispetto ad oggi. Generazione di reddito, per l’appunto. Abbiamo utilizzato prima nelle definizioni l’aggettivo domestico, è così che viene interpretato in Italia…ma potrebbe essere una fonte di reddito un orto urbano? Gli esempi ci vengono dall’estero, dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, dove alcuni orti urbani si sono trasformati in piccole imprese ortofrutticole a filiera corta, vendendo i propri prodotti in mercatini rionali nelle zone limitrofe. I processi dell’orto urbano includono: 1. Le pratiche dell’agricoltura (conoscenza delle tecniche di coltivazione, ecc…) 2. Gestione della qualità del terreno (da terreno incolto a terreno produttivo, gestione della rotazione delle colture e massima produttività del terreno stesso) 3. Irrigazione (i problemi dovuti all’irrigazione del campo, che non sono secondari) 5. Gestione della salute pubblica. 6. Una politica di pianificazione urbanistica. L’orto urbano, inoltre, risponde a un’esigenza di mantenimento e di pulizia dei terreni pubblici, di solito incolti, che sono presenti soprattutto nelle zone di periferia delle nostre città a causa della cementificazione selvaggia avvenuta a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri. Alcune città, attraverso bandi di assegnazione, hanno iniziato a diffondere questa pratica. Per citare solo alcuni esempi le amministrazioni di Genova, Milano, Torino, Roma, Bologna (e altre ancora) hanno avviato numerosi bandi per l’assegnazione dei terreni incolta ed è qui che entra in gioco la cittadinanza attiva, ossia la partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita civile del Paese, onorando i propri doveri, conoscendo ed esigendo i diritti propri e quelli altrui. Un esempio di cittadinanza attiva è stata, per esempio, a Genova, con gli Angeli del Fango, durante le ultime alluvioni. Gli orti urbani si prestano a programmi speciali con i bambini (sulla falsariga delle fattorie didattiche), ma anche con altre categorie come le persone con disabilità. Vediamo alcuni esempi. 2 Esempi di progetti di orti urbani e disabilità: Come può essere utilizzato l’orto urbano in questa chiave di lettura? Abbiamo degli esempi in Italia? Cosa può portare un orto urbano a certi gruppi sociali? A queste domande cercherò di rispondere nel tempo rimanente. Attualmente, in molti paesi ci sono pochi o nessun collegamento tra associazioni di persone con disabilità, scuole e comunità. Altresì, non esistono molti programmi di riabilitazione e agenti agricoli, ONG e gruppi di governo che lavorano sulle attività agricole urbane e le disabilità. Secondo l’Unione Europea, solo il 50 % dei cittadini europei con disabilità ha un lavoro, rispetto a oltre il 68 % delle persone non disabili. Le probabilità che un disabile sia inattivo sono quasi doppie rispetto a quelle di un cittadino non disabile. Eppure, basterebbe un piccolo aiuto aggiuntivo per far entrare, o rientrare, milioni di europei disabili nel mercato del lavoro. Un piccolo aiuto può provenire, per l’appunto, dal mondo degli orti urbani. Esiste in generale una scarsa letteratura sull'inclusione delle persone con disabilità nell’agricoltura e in particolare urbana. Studi approfonditi sono necessari per identificare le pratiche agricole e comprendere la sicurezza alimentare, la nutrizione e i mezzi di sussistenza per persone con disabilità. Gli studi dovrebbero anche comprendere analisi degli stakeholder, dei quadri istituzionali e degli sbocchi di mercato. Cosa può portare un orto urbano a una persona con disabilità? Ora vedremo alcuni esempi di inclusione: Il Cross-Cutting Disability Research Programme Il Leonard Cheshire Disability an Inclusive Development Centre, University College London, ha avviato un programma di ricerca triennale avente come obiettivo lo sfruttamento degli orti urbani per l’inclusione delle persone con disabilità. L’area di ricerca è stata localizzata in Kenya. Questo progetto pilota è stato un tentativo di accrescere la consapevolezza e di identificare le lacune nell'accesso all'agricoltura urbana per le persone con disabilità attraverso la base di ricerca-azione a Thika, Kenya. Il Kenya è stato identificato come un paese particolarmente a rischio negli impatti della globalizzazione, con problemi quali l’esodo rurale ad urbano, l'insicurezza alimentare e disuguaglianze di ordine sociale. Una proporzione elevata di famiglie urbane vivono in estrema povertà, e si può supporre che alcune di queste abbiano uno o più membri con disabilità. Per permettere alle persone con disabilità (sia con menomazioni sia in carrozzina) di partecipare sono stati inclusi nel progetto adattamenti strutturali all’orto per assicurarne una maggiore fruizione: l’accesso deve essere senza gradini, con piccole rampe d’accesso, le stradine interne devono avere una pavimentazione specifica per permettere alla carrozzina di scorrere, o in alternativa devono essere fornite carrozzine idonee al terreno. 3 L’esempio di Cleveland: La città di Cleveland, assieme alla Cuyahoga County Land Bank e a Koinonia, hanno creato un orto urbano a scopo didattico, per insegnare il valore della terra e dell’alimentazione alle persone con disabilità. Il parco, fin dalla sua ideazione, ha previsto due serre che verranno utilizzate tutto l'anno, un edificio con batterie di polli per fornire uova fresche, una piscina di ritenzione dell'acqua piovana, otto campi di raccolto e un giardino comunitario, con 24 piazzole per uso pubblico, il tutto con un’estensione di 2,3 acri di terreno all’interno della città. Sempre a Cleveland esiste un’altra realtà, la Cleveland Crops, fondata cinque anni fa dal Cuyahoga County Board of Developmental Disabilities, avviatosi con un acro nel 2010 e che in futuro arriverà a raggiungere 40 acri divisi in diversi lotti cittadini. Le aziende agricole — tra cui una serra di 15.000 mq — offrono prodotti liberi da agenti chimici per rivenderli a ristoranti locali e mercati contadini. Si consideri, infatti, che la domanda di cibo senza pesticidi in America è in forte aumento. Tradizionalmente le persone con disabilità a Cleveland, per decenni, sono state impiegate in vari settori della manifattura, ma con il suo declino, l’orto urbano ha offerto a molti un’alternativa più che valida. "Questo è il primo lavoro che ho avuto che mi tiene vivo e per cui ho voglia di impegnarmi" dice Kleinman 28 anni, affetto dalla Sindrome di Asperger, il quale si occupa di varie mansioni, dalla raccolta al lavaggio delle verdure per le consegne ai ristoranti locali. A Genova, possibile prossima area d’intervento: Dopo aver presentato questi esempi, ma ce ne potete trovare moltissimi altri su Internet, rivolgiamo lo sguardo alla città in cui la mia Associazione opera, Genova. Il Comune di Genova ha avviato da qualche anno una campagna per la sensibilizzazione della pratica degli orti urbani. I Municipi hanno proposto numerosi bandi e qualche giorno fa, il Comune ha rinnovato il regolamento per l’assegnazione degli orti urbani. Di recente, la nascente Città Metropolitana di Genova ha censito i terreni incolti intorno al capoluogo, e ha previsto una futura assegnazione. Auspico, in termini di inclusione sociale, un progetto sulla falsariga di quelli menzionati, dove non solo persone con disabilità possano avere garantita una fonte di reddito attraverso il lavoro in un orto urbano, ma estenderlo ad un più ampio pubblico (disoccupati, inoccupati, giovani alle prime esperienze lavorative) per creare non solo un’opportunità di lavoro, ma anche un accrescimento personale dell’individuo. 4