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n.135 / 16
14 GIUGNO 2016
Siamo pronti alle
auto “software”?
Le auto cambieranno molto nei prossimi anni. E il
nocciolo duro non verrà dalle fonderie, dai nuovi
materiali e neppure dalle forme alternative di propulsione, che pur avranno un impatto incredibile sul
rinnovamento. Il cambiamento più profondo sarà
guidato dal software. Le auto stanno imparando a
diventare oggetti programmabili e connessi, proprio
come uno smartphone. E come gli smartphone, le
auto saranno sempre più aggiornabili via internet,
per esempio con una nuova versione di sistema
operativo che potrà perfezionarne e potenziarne le
funzioni. E con i veicoli sempre connessi via dati con
la “centrale operativa”, potrebbero aprirsi anche
nuovi scenari: per esempio una tariffazione dell’auto più flessibile, con un costo fisso all’acquisto più
basso e un costo variabile al km; o addirittura senza
che si compri la vera proprietà dell’auto ma solo il
servizio che ne deriva, una sorta di “Car-as-a-Service” sempre aggiornata, proprio come già accade
oggi per il software sui personal computer.
Proprio come su uno smartphone, sarà possibile
scaricare sull’auto, in alcuni casi gratuitamente e in
altri a pagamento, delle “app” in grado di attivare
nuovi servizi o nuove funzionalità. Alcuni esempi
di questa tendenza li abbiamo già davanti: per
esempio, la funzione di auto-parcheggio (anche via
app) della nuova Mercedes Classe E è compresa
nel prezzo di acquisto ma solo per i primi tre anni,
allo scadere dei quali, per continuare ad usarla sarà
necessario pagare un canone di abbonamento.
È una tendenza che nel mondo dell’informatica è
oramai avviata: sempre più la “softwarizzazione”
ci porta ad acquistare servizi e non prodotti, anche
con una dimensione fisica, ma servizi. Così è pensabile che in futuro un modello di auto possa avere
una “piattaforma” hardware unica per tutte le sue
varianti (salvo le finiture fisiche) e le diverse funzioni
siano attivate o disattivate via software. In questo
scenario si potrebbe arrivare ad acquistare un’auto
con poche funzioni per poi aggiungerle strada
facendo; oppure, disattivare, risparmiando, quelle
che, dopo i primi mesi, si scopre utilizzare poco.
Questi cambiamenti, per alcuni entusiasmanti e
per altri inquietanti, andranno gestiti: innanzitutto
spiegandoli agli utenti, ai quali sembrerà strano, se
non addirittura ingiusto, pagare e non “possedere”
tutto quello che comprano, con una parte, quella
software, in semplice licenza d’uso, perpetua o
addirittura temporanea. Allo stesso modo sarà
necessario affrontare con chiarezza e trasparenza
i temi legati alla privacy: dati senibili come dove
è andato il veicolo e quando, tanto per dire, sono
destinati a risultare accessibili al costruttore e forse
anche ad altre terze parti più o meno autorizzate.
Ovvio che ai produttori questo scenario che si prospetta conviene. Vuol dire conoscere perfettamente
le abitudini del cliente e poterlo sedurre con offerte
speciali al momento giusto, sulla base dei profili
di utilizzo. Vuol dire anche saper predire quando il
momento è propizio per offrire una permuta con
un nuovo modello; vuol dire, in definitiva, saltare
completamente i concessionari, che a questo punto
si limiterebbero alle banali operazioni di messa in
strada, con margini altrettanto banali.
Non sappiamo se il mondo che ci si prospetta ci
piacerà più di quello che è stato. Di certo deve
essere riconosciuta la giusta ricompensa per gli
utenti “spiati”. Le Case produttrici devono realizzare
che le preziose informazioni sulle abitudini degli
utenti non possono essere gratis: il “prelievo” di dati
non va mascherato come un servizio né affogato
nei codicilli microsopici delle “condizioni di utilizzo”.
Ma questo è un tema gigantesco che vale anche
per Apple e Google e tutti i produttori di apparecchi
smart e che nel futuro dovrà entrare a tutto tondo
nell’agenda politica.
Gianfranco GIARDINA
MAGAZINE
L’Antitrust al governo Lenovo annuncia
Novità console
“Il monopolio SIAE
Phab 2 Pro, il phablet Arrivano PS4 Neo
va smontato” 02 “Project Tango” 05 e Xbox One S 27
Apple svela i sistemi operativi
per Mac, Watch e iPhone
03
Completamente rivisto iOS 10, Watch OS 3
renderà Watch molto più veloce e funzionale
Tutto nuovo macOS Sierra, successore di OS X
Trasmissioni 4K HDR, per
i broadcaster è già tardi?
14
Dall’UHD Forum Conference di Lucca emerge
che la strada per trasmissioni in 4K HDR
è ancora lunga. Netflix è in netto vantaggio
Windows 10 al giro di boa
Scopriamo dove sta andando
21
A un anno dal lancio è tempo di bilanci per
Windows 10, vediamo quali sono i progetti
futuri e le possibili evoluzioni in arrivo
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
31
34
36
Panasonic DX900 Moto G4 Plus
HTC Vive, sognare
Un vero riferimento OK il prezzo è giusto ad occhi aperti
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MERCATO Nel dibattito sul monopolio SIAE è intevenuta direttamente anche l’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza
L’Antitrust: “Il monopolio SIAE è inattuale, va smontato”
L’antitrust auspica un recepimento della direttiva europea che garantisca pari condizioni tra SIAE e i potenziali concorrenti
U
di Gianfranco GIARDINA
na grana per il Ministro Franceschini e per i suoi propositi di
far conservare alla SIAE il ruolo
di monopolista del collecting dei diritti
d’autore in Italia: l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato ha scritto ai
presidenti di Camera e Senato, oltre che
al presidente del Consiglio, per sollecitare un provvedimento di liberalizzazione del settore della raccolta e ridistribuzione dei diritti d’autore, come previsto
da una direttiva europea che l’Italia
avrebbe dovuto già recepire. La lettera
dell’Autority, firmata dal presidente Giovanni Pitruzzella, chiarisce che “Il valore
e la ratio stessa dell’impianto normativo
europeo risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, di una disposizione ormai isolata nel panorama degli
ordinamenti degli Stati membri, che attribuisce ad un solo soggetto (SIAE) la
riserva dell’attività di intermediazione
dei diritti d’autore”.
La legge che dovrebbe recepire la diret-
tiva europea è in approvazione alla Camera ma si tratta in buona sostanza di
una legge delega che lascia al Governo
la decisione sulle modalità dell’attuazione, senza esplicitare mai la modifica del
ruolo di monopolista di SIAE; non a caso
il Ministro Franceschini si è recentemente espresso a favore del mantenimento
del monopolio SIAE che “tutta l’Europa
ci invidia”. La pensa diversamente l’Authority, che invece “auspica una modifica in senso concorrenziale dei principi
di delega in corso di approvazione dal
Parlamento”.
L’Autority chiede quindi al Governo di
procedere con una riforma del settore che, senza ambiguità, preveda una
piena liberalizzazione del settore del
collecting; l’attuale assetto è ritenuto
“inattuale” ed è quindi richiesta la modifica dell’articolo 180 della Legge sul
Diritto d’Autore che dispone l’esclusiva
SIAE. Inoltre – prosegue l’Authority – è
necessario rivedere l’articolazione complessiva del settore, identificando dei sistemi per gestire in maniera trasparente
la raccolta di diritti d’autore e i repertori,
che sarebbero spalmati su più operatori. Inoltre, nella lettera dell’Autorithy viene chiarito che SIAE dovrebbe operare
nella sua attività tipica senza altri incarichi di tipo istituzionale, come l’accertamento e l’esazione di tributi diversi dal
diritto d’autore per conto di Stato e altri
enti: si tratta di un’attività che oggi SIAE
svolge a norma di legge e che frutta alle
sue casse ricavi per circa 33 milioni di
euro, circa il 20% del proprio giro d’affari, ma che le conferirebbe un indebito
vantaggio competitivo nei confronti dei
MERCATO Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il primo bando Infratel per portare la banda Ultralarga
Bando Infratel: 6 regioni e 1,4 miliardi di euro
Obiettivo portare la banda Ultralarga (da 30 a 100 Mb/s) nelle aree a fallimento di mercato
di Emanuele VILLA
nfratel, la società del Ministero per lo
sviluppo economico che attua il piano
Banda Larga del Governo, ha pubblicato il primo bando per la “costruzione e
gestione di una infrastruttura passiva a
Banda Ultralarga (da 30 a 100 Mb/s, ndr)
nelle aree bianche delle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia,
Toscana e Veneto”. Con il bando viene
quindi inaugurata la procedura di affidamento delle opere, che andranno a coinvolgere più di 3 milioni di unità immobiliari e circa 6,5 milioni di cittadini. Com’è
noto, il bando riguarda le cosiddette aree
“bianche” o ”A fallimento di mercato”,
laddove cioè operatori privati non hanno
previsto alcun investimento sul fronte
della cablatura e opere relative.Chi si
aggiudicherà il bando avrà l’incarico di
progettare, realizzazione e gestire la rete
che resterà comunque di proprietà sta-

I
torna al sommario
tale e verrà messa a disposizione degli operatori nel
mercato all’ingrosso. Per
quanto riguarda le somme
stanziate, parliamo di un
investimento complessivo
di circa 1.4 miliardi di euro,
così distribuiti
Lotto 1 - Abruzzo e Molise
L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari
a € 123.008.137. CIG: 671083001C.
Lotto 2 – Emilia Romagna
L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari
a € 232.356.786. CIG:671083543B.
Lotto 3 – Lombardia
L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari
a € 439.210.421. CIG:671085658F.
Lotto 4 – Toscana.
L’importo complessivo massimo dell’in-
vestimento, comprensivo dell’IVA, è pari
a € 222.209.102. CIG:67108619AE.
Lotto 5 – Veneto
L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari
a € 388.593.504. CIG:6710873397.
Per quanto riguarda la gestione, è prevista una procedura ristretta in più fasi
che si avvarrà anche della piattaforma
telematica: il criterio per l’assegnazione
è quello dell’offerta economicamente
più vantaggiosa sulla base del miglior
rapporto qualità/prezzo.
potenziali concorrenti. Infine la SIAE
– secondo l’Autority - dovrebbe anche
abbandonare le attività di vigilanza sul
diritto d’autore e sugli enti di ripartizione dei diritti connessi.
Un altro fermento per i “salotti buoni”
romani, oltre a quelli elettorali: quali
saranno ora le contromosse delle lobby trasversali vicine alla SIAE? L’unica
cosa certa è che la strada per il mantenimento del pluridecennale monopolio
di SIAE da oggi è un pochino più stretta
e tortuosa.
MERCATO
Vivendi
ha acquistato
Gameloft
Tramite una nota ufficiale,
Vivendi ha annunciato l’acquisizione di Gameloft, la software
house dedicata allo sviluppo dei
giochi mobile fondata nel lontano
2000 dalla famiglia Guillemot (la
stessa che ha creato e che gestisce
Ubisoft). Gameloft è sia un editore
internazionale, sia uno dei maggiori
sviluppatori di videogames destinati
ai dispositivi portali quali console
e smartphone. Il colosso transalpino noto per aver acquistato e poi
rivenduto ai precedenti proprietari
Activision e Blizzard, si espande
dunque ulteriormente nell’universo
videoludico.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MOBILE Apple rivede totalmente il suo sistema operativo, le dieci novità annunciate riguardano ogni applicazione importante
iOS10 pieno di novità. Rivoluzionati Musica
Messaggi e Mappe. Arriva finalmente Home
HomeKit arriva sulla homescreen di iOS10, Siri è ancora più intelligente e può finalmente interagire con le app di terze parti
di Franco AQUINI
A
pple mette sul piatto davvero tante novità per il
suo sistema operativo mobile: iOS 10 porta con
se 10 migliorie che riguardano tutti gli aspetti
principali del sistema, dalle chiamate ai messaggi,
dalle mappe al control center per arrivare alla look
screen. iOS 10, tra i quattro sviluppati dalla Apple, è
di certo quello che ha ricevuto più aggiornamenti: la
rivoluzione più grande riguarda Messaggi, con l’app
che viene totalmente rivoluzionata aggiungendo l’anteprima dei link, emojis automatiche, video, reazioni
ai messaggi e tanto altro. La risposta a Whatsapp,
Telegram e Snapchat è arrivata, ma Apple non si ferma qui. Ecco un elenco delle novità annunciate.
applicazioni di terze parti. Attraverso Siri sarà quindi
possibile lanciare o interagire con applicazioni come
WhatsApp, Slack o WeChat.
Siri ora interagisce con quello che stiamo scrivendo,
riconoscendo il contesto di quello che digitiamo e
comprendendone il senso. Può proporre l’invio della posizione se ci viene chiesto “dove sei?” oppure
creare eventi sul calendario deducendo l’oggetto dell’evento direttamente dal testo dei messaggi.
Homescreen e lockscreen
Finalmente il 3D Touch ha un senso
Una major release come iOS 10 non poteva non subire
un ritocco generale dell’interfaccia: iOS 10 sembra portare l’uso del 3D Touch ad un altro livello, con l’azione a
pressione meglio integrata con il resto dell’interfaccia
e soprattutto con la lockscreen, dove si potrà interagire
direttamente con le notifiche in maniera più completa.
Tutto nuovo anche il control center, il quick menù raggiungibile tramite uno swipe verso l’alto: ora ha un
aspetto più pulito e con molte opzioni in più, grazie ai
pannelli che scorrono con uno swipe.
Apple Foto, una evoluzione che guarda
a Google Foto
L’app foto non rimane esente da importanti novità che
in qualche modo sembrano voler colmare il gap nei
confronti di foto di Google Foto: Foto ora è in grado
di riconoscere volti, persone, oggetti e contesti, e così
facendo è in grado di assemblare automaticamente
dei video chiamati “Memories” basati su un viaggio o
su un evento particolare. Ricordano molto da vicino le
storie di Google Foto, ma sembrano comunque molto
suggestivi.
l’automobile, e sarà in grado di mostrare l’indicatore
di percorso direttamente sul display del cruscotto dell’auto.
Musica, finalmente arrivano i testi
Apple Music, insieme a Message, è probabilmente
l’applicazione che ha subito più modifiche: con un’interfaccia totalmente rivisitata rimette al centro la libreria musicale dell’utente, in secondo piano sull’app
Musica disponibile oggi su iOS9. La novità più apprezzata sarà probabilmente l’introduzione dei testi della
canzone in riproduzione, ma non vanno ignorate le
migliorie che riguardano l’interfaccia e il design delle
sezioni di Apple Music, suddivise in “for you” e “browse”. Qui un team editoriale si è occupato di selezionare la musica più adatta ai nostri gusti, promettendo
performance migliori della selezione basata su algoritmi automatici.
Siri, l’assistente anche per gli
sviluppatori
Siri, integrata ora anche su MacOS, si apre finalmente agli sviluppatori, aggiungendo funzionalità per le
News, nuove fonti di notizie
e gli abbonamenti
Maps, traffico e suggerimenti
anche in auto

Anche Mappe sembra voler colmare il gap nei confronti di Google Maps: iOS 10 vede l’introduzione del
traffico e dei suggerimenti di attività commerciali lungo il tragitto che stiamo seguendo. Mappe sarà ovviamente integrato con CarPlay, il sistema di Apple per
torna al sommario
L’applicazione News, ancora non disponibile in Italia,
vanta ora la collaborazione di più testate editoriali, una
nuova interfaccia e l’introduzione degli abbonamenti.
Una soluzione questa che sicuramente gli editori apprezzeranno. Le riviste a cui ci si abbona saranno in
grado di inviare notifiche con le notizie più importanti
direttamente nella look screen.
segue a pagina 04 
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MAGAZINE
MOBILE Uscirà in autunno la prossima release del sistema operativo dedicato ad Apple Watch, promesse grandi novità
iWatch OS 3 per un Apple Watch completamente nuovo
Le app si apriranno molto più velocemente, arriva un nuovo centro di controllo e una nuova gestione del multitasking
A
di Emanuele VILLA
pple ha aperto la conferenza degli
sviluppatori con le novità dedicate
ad Apple Watch, che rientrano all’interno del cappello di Watch OS 3. La
nuova release del sistema operativo, fin
da subito disponibile per gli sviluppatori,
verrà distribuita gratuitamente a tutti gli
utenti Watch il prossimo autunno e porterà con sè svariate novità, al punto da
ridefinire l’esperienza d’uso dell’orologio
smart di Cupertino. Prima notizia è forse
la più importante: l’ottimizzazione software di Watch OS 3 permetterà alle app
di aprirsi in modo fulmineo, superando
tutte le attese che contraddistinguono
l’attuale versione. Si parla di un 70% di
velocità in più, un’enormità se si considera che anche oggi le attese non sono poi
così drastiche. Ciò premesso, Apple ha
mostrato nuove Watch Faces, un nuovo
centro di controllo e una modalità di gestione del multitasking per passare più
rapidamente da un’applicazione all’altra,
ma ha colpito soprattutto il centro di controllo, che si richiama con uno swipe dal
basso e ricorda molto da vicino quello di
iPhone, se non per la grafica sicuramente per le funzionalità. Molto interessante,
inoltre, una nuova funzione chiamata
Scribble che permette di rispondere ai
messaggi disegnando a mano le lettere
che compongono la parola sullo schermo del telefono: Watch riconosce la
scrittura e compone le parole, con tanto
di suggerimenti per le lingue inglese e
cinese (al momento).
Grosse novità arrivano sul fronte del fitness, uno dei motivi di acquisto di Apple
Watch più gettonati: l’attività fisica e gli
allenamenti possono ora essere condivisi con amici e parenti, il che significa
vedere proprio i loro risultati (nella medesima forma grafica dei propri) e confrontarli con i propri, magari mettersi in
contatto con loro durante gli allenamenti
con qualche messaggio preimpostato
o via Scribble. Inoltre, Apple ha ottimizzato le funzionalità di fitness anche per
chi è costretto su una sedia a rotelle,
modificando ad hoc non solo la terminologia ma anche le attività possibili e
i movimenti permessi. Infine, durante la
presentazione è stata mostrata una nuova app che
verrà distribuita con la
nuova release del sistema
operativo: Breathe, pensata per alleviare lo stress
della nostra vita di tutti i
giorni. Basato sui principi
dello Yoga e della meditazione, Breathe ci insegnerà appunto a “respirare” e
a rompere la tensione, favorendo il nostro equilibrio
psicofisico, il tutto mentre
terrà sempre sotto controllo i battiti cardiaci.
La nuova funzionalità SOS permetterà agli utenti
di Apple Watch di comporre il numero d’emergenza locale (nella fattispecie, quello di Hong Kong)
con la semplice pressione di un tasto
MOBILE
iOS10 pieno di novità
segue Da pagina 03 
Home, la nuova casa di HomeKit
HomeKit arriva sulla homescreen di iOS10 con il nome
di Home. Tramite Home potremo interagire con tutti
i dispositivi della smart home, sia tramite Siri che da
Control Center, capace di espandersi aggiungendo
un pannello per ogni dispositivo controllato. Si potranno accendere o spegnere luci in pochi secondi,
regolarne l’intensità con uno swipe e tenere sotto
controllo tutti gli altri device connessi, dai termostati
ai sistemi antifurto.
Telefono trascrive i messaggi
della segreteria telefonica

Che iOS 10 sia un aggiornamento importante lo si capisce anche dal fatto che è stata aggiornata l’applica-
torna al sommario
zione principale, Telefono. Con iOS 10 sarà possibile
ricevere un messaggio testuale con la trascrizione
della segreteria telefonica senza dover ascoltare il
messaggio. La rubrica telefonica è stata inoltre totalmente rivista e arricchita di dati, con l’applicazione
che sarà in grado di avvisarci se una chiamata in arrivo è considerata spam. Grazie alle estensioni per gli
sviluppatori Telefono potrà gestire anche le chiamate
voip delle app, come quelle di WhatsApp audio o di
Skype.
Messaggi è stata stravolta
Di fronte al continuo spuntare di nuove applicazioni
per la messaggistica, Apple non poteva stare a guardare e ha deciso di rivoluzionare l’applicazione Messaggi, che ora supporta l’anteprima dei link o dei video
ed è in grado di proporre automaticamente le emojis
in base alle parole che scriviamo. Possiamo inoltre
inviare messaggi con effetti e animazioni, inserire de-
gli sfondi animati oppure aggiungere una reazione ai
messaggi, come il battito cardiaco.
Non mancano i disegni animati, simili a quelli di Apple Watch, oppure i link e le foto nascoste, che sarà
possibile scoprire passandoci il dito sopra. In questo
modo Messaggi cerca di far fronte alla costante crescita di servizi come WhatsApp e Telegram, e alcune
di queste funzionalità faranno davvero la felicità di
molti appassionati (ma qualcuno potrebbe definirle
“cinesate”). A conclusione del sezione del keynote
relativo a iOS 10,
Federighi ha fatto una rapida carrellata di nuove funzionalità minori, ma comunque importanti, come la
possibilità di leggere le mail in conversazioni, lo split
screen a due finestre per Safari e il live editing per le
foto. Funzionalità appena accennate, ma che avremo
sicuramente modo di testare sulla versione per sviluppatori. La versione finale, come tradizione, arriverà
invece in autunno con i nuovi iPhone.
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MAGAZINE
MOBILE Lenovo alla conferenza globale Tech World ha presentato l’attesissimo Project Tango
Project Tango si chiama Lenovo Phab 2 Pro
Arriva a settembre, prezzo USA 499 dollari
Project Tango, il phablet realizzato con Google, vuole rivoluzionare il mercato mobile
T
di Emanuele VILLA

utto come da copione: a conferma
di giorni di rumor e anticipazioni, Lenovo ha tolto i veli a Project
Tango, lo smartphone pensato per portare innovazione nel settore della telefonia mobile. La presentazione ufficiale
di Project Tango, o meglio di Phab 2 Pro
(Project Tango è la tecnologia integrata), è la fine di un iter iniziato più di un
anno fa al CES di Las Vegas, proseguito
al Mobile World Congress e culminato
nel Lenovo Tech World del 2016, dove
l’azienda non solo ha mostrato il risultato al mondo, ma ne ha anche annunciato la distribuzione globale (anche da
noi, quindi) per settembre ad un prezzo
– per il momento solo USA – di 499
dollari. Il prodotto si chiama Phab 2 Pro
ed è “formalmente” un comune phablet
dal gigantesco display da 6.4’’ con tecnologia IPS e risoluzione Quad HD, un
prodotto che vuole essere innanzitutto
un ottimo smartphone, con una certa
vocazione business. Rigorosamente
basato su Android, il telefono potrà vantare una scocca in alluminio unibody,
prestazioni da primo della classe grazie
allo snapdragon 820, una super autonomia di 15 ore con batteria da 4.000 mAh,
Dolby Atmos e Dolby 5.1 Audio Capture
e un comparto fotocamere innovativo: al
di là del modulo da 8 mpixel frontale e il
16 mpixel RGB principale, troviamo infatti un sensore di profondità e un modulo
di motion tracking, che poi sono gli elementi che distinguono Phab 2 Pro dalla
massa e gli permettono tutta una serie
di funzionalità speciali. Funzionalità che
dipendono ovviamente dal software e
dalla fantasia degli sviluppatori. Grazie
ai sensori di profondità e alla motion ca-
torna al sommario
Apple
rivoluziona
l’App Store
prima di WWDC
Annunciato sul sito
degli sviluppatori Apple
il nuovo corso dell’App
Store: aumentano
i guadagni, arriva
la pubblicità e nuove
funzioni per chi utilizza
3D Touch
di Emanuele Villa
mera, Tango rende il dispositivo capace
di fare quello che ogni giorno facciamo
automaticamente, come calcolare lo
spazio necessario per spostare una sedia in una stanza, o aprire una porta.
Sul palco di Lenovo, il nuovo Phab2Pro
viene messo alla prova con 3 applicazioni demo, ma ovviamente l’unico limite è la fantasia.
La prima app permette alla fotocamera
di calcolare la dimensione degli oggetti:
avvicinandosi allo spigolo di un tavolo,
l’applicazione lo riconoscerà automaticamente, permettendo all’utente di misurare il lato dell’oggetto.
Oltre a questo, l’app può creare dei volumi nell’ambiente, per simulare l’ingombro di un mobile che ancora non esiste,
al fine di verificare (prima dell’acquisto)
come si integra all’interno dell’ambiente
domestico. La seconda applicazione è
rivolta al mercato educational e permette di aggiungere, in un ambiente reale,
dei dinosauri virtuali. Aggiungendone di
diverse specie, è possibile compararne
la grandezza e interagirci.
La terza applicazione è un gioco, che
permette di disporre tesserine del domino e altri giocattoli su tutto quello
che circonda l’utente. Scale, tavoli e
sedie, possono diventare le superfici
sopra le quali vengono disposte centinaia di tesserine che verranno poi fatte
crollare in sequenza.
Tutte applicazioni dall’utilità piuttosto
limitata, ma che dimostrano le grandi potenzialità di cui questa nuova
categoria di dispositivi dispone. L’appuntamento è per settembre: sarà un
piacere verificare fino a che punto gli
sviluppatori si potranno (e vorranno)
spingere per sfruttare le potenzialità di
Project Tango.
Prima dell’annuale evento che Apple dedica alla comunità dei suoi
sviluppatori, la WWDC, Phil Schiller, da pochi mesi unico responsabile delle operazioni in capo a
tutto il progetto App Store, ha anticipato alcune grosse novità. Ma
andiamo con ordine: da sempre
contraria ad ogni forma di pubblicità, Apple ora avrà delle app
sponsorizzate. Anticipando il possibile malumore di qualche utente, Schiller ha rassicurato che: “...
abbiamo pensato attentamente a
come realizzare l’idea così che gli
utenti potessero esserne felici”. E
lo saranno anche gli sviluppatori, che trarranno beneficio dalla
sponsorizzazione sia che rappresentino un grosso nome dell’appworld, sia che l’app arrivi da uno
sviluppatore indie. Entrambe le
categorie, inoltre, guadagneranno
ora di più: se ad oggi il 70% dei
ricavi veniva girato alla comunità
di sviluppatori, dall’autunno il ricavo salirà all’85% per sottoscrizioni
attive da più di 12 mesi.
Non ultima, una nuovissima funzione pronta per arrivare su tutti
gli iPhone 6S: grazie a 3D Touch,
la tecnologia esclusiva della line
up top di gamma che riconosce
la pressione oltre che il tocco,
potremo segnalare un’app particolarmente interessante appena
scoperta ad amici e conoscenti
con una semplice pressione a
schermo.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MOBILE Con una scheda tecnica da top di gamma, ecco i due nuovi Moto Z e Moto Z Force
Lenovo Moto Z è lo smartphone modulare
Fanno notizia grazie ai MotoMods, tre back-cover che aggiungono diverse funzionalità
D
di Alvise SALICE
irettamente dal Lenovo Tech
World, arrivano 5 nuovi prodotti
Motorola: i due smartphone topend, Moto Z e Moto Z Force (che si differenziano tra loro per prestazioni, fotocamera e batteria), basati su sistema
operativo Android 6.0.1 Marshmallow;
i tre moduli aggiuntivi intercambiabili
MotoMods.
Il Moto Z, un dispositivo mobile con display AMOLED Quad HD da 5,5”, monta
SoC Snapdragon 820 a 1,8 GHz, 4 GB
di memoria Ram, 32GB o 64GB di storage, luminosa fotocamera posteriore
da 13MP f/1.8 con laser-assist più autofocus a rilevamento di fase, selfie-cam
da 5 Megapixel e infine batteria da
2600 mAh. Il tutto in uno spessore di
appena 5.2 mm.
Il Moto Z Force aumenta lo chassis a
7 mm, il che si traduce in un processore
clockato a 2.15 GHz, una batteria da ben
3500 mAh e soprattutto una fotocamera da 21 Megapixel. Entrambi gli smartphone dispongono poi di porta USB-C
con supporto Turbocharge, grazie a cui
dichiarano 15 ore di utilizzo con appena
15 minuti di ricarica.
La feature più interessante della nuova
gamma sono però i MotoMods, add-on
in grado di aggiungere specifiche caratteristiche ai Moto Z, aderendo magne-
Android su iPhone? Basta avere la “cover” giusta
Il trucco è in una speciale cover con una componentistica hardware che gestisce Android
P
di Francesco FIORILLO

torna al sommario
Secondo gli ultimi
rumor, Samsung
entro pochi mesi
potrebbe presentare
un paio di smartphone
con schermo OLED
flessibile: la flessibilità
non sarebbe solo
nella forma, ma anche
nella sostanza
di Mirko SPASIANO
ticamente allo chassis e interscambiandovi dati mediante appositi pin. Per ora,
Lenovo ne ha presentati tre.
JBL SoundBoost Speaker: altoparlante
supplementare con batteria aggiuntiva,
per potenziare a dismisura le potenzialità audio del telefono ed offrire fino a
10 ore di suono ad alta qualità.
Moto Insta-Share Projector: piccolo
videoproiettore con kickstand integrato, e batteria aggiuntiva, per un’ora di
proiezione fino a 70 pollici.
Power Pack: modulo-batteria esterno
che aumenta di 22 ore extra la durata di
utilizzo senza comprometterne troppo
l’aspetto e la compattezza.
Moto Z, Moto Z Force e i MotoMods saranno disponibili da settembre a prezzi
non ancora indicati.
MOBILE Per vedere Android su iPhone basta collegare il proprio device tramite un cavetto USB-C
ortare il sistema operativo firmato Google sui device Apple è una
sfida tanto ardua quanto carica di
fascino, almeno per la stragrande maggioranza degli “sviluppatori fai da te”.
Nick Lee, CTO della società di sviluppo
mobile Tendigi, sembra esser arrivato
ad una soluzione. Dopo aver installato
Windows 95 su un Apple Watch, il buon
Lee è riuscito infatti nel difficile intento di
far girare Android su iPhone, senza aggirare completamente il blocco software
che impedisce l’esecuzione di codici
terze parti sui dispositivi dell’azienda di
Cupertino.
Meno di un anno
allo smartphone
flessibile?
Il trucco risiede infatti in una speciale
cover dotata di una componentistica
hardware capace di gestire il software
di Google.
Il device Apple, una volta collegato tramite USB-C, diviene in pratica in una sorta di monitor di controllo touch, mentre
l’elaborazione vera e propria resta affi-
data all’elettronica presente nella cover.
Il video ci permette di dare uno sguardo
a questa interessante soluzione, mentre
il suo creatore ha specificato che con
il giusto impegno è possibile ovviare
anche al limite odierno di tale progetto,
rappresentato da una dimensione del
case tutt’altro che contenuta.
Secondo un report di Bloomberg,
gli smartphone flessibili potrebbero presto diventare realtà.
Samsung dovrebbe presentare al
prossimo Mobile World Congress
uno o due nuovi smartphone con
un pannello OLED flessibile.
Questi smartphone, con nome
in codice Project Valley, non dovrebbero essere commercializzati come appartenenti alla linea
Galaxy S. Il primo modello, di dimensione non precisata, sarebbe
ripiegabile su se stesso, a mo’ di
vecchio flip-phone (come i vecchi
StarTac di Motorola, per intenderci); il secondo, invece, avrebbe
una diagonale da 5 pollici, ma
potrebbe essere “srotolato” per
diventare un piccolo tablet da 8”.
La compagnia coreana ha già
mostrato in più occasioni diversi
prototipi di schermi OLED pieghevoli e persino srotolabili, ma
sarà davvero curioso vedere
come implementerà questa tecnologia in un prodotto realmente
finito, da immettere sul mercato.
Se poi si considera che il prossimo anno coincide con il decennale dell’iPhone, in occasione del
quale si dice che Apple lancerà
uno smartphone profondamente
rinnovato, a Samsung potrebbe
tornare davvero comodo una
nuova linea di prodotti innovativi,
ma soprattutto funzionali.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MOBILE I produttori vogliono eliminare il jack audio ma abbiamo trovato almeno tre motivi per cui sarebbe meglio di no
Smartphone senza jack cuffie? È una pessima idea
Se il jack audio dovesse sparire a rimetterci sarà come sempre il consumatore, che non avrà neppure vantaggi tangibili
di Roberto PEZZALI
uando Lenovo ha svelato il nuovo smartphone
Moto Z l’attenzione di tutti si è concentrata non
sulla potenza del nuovo terminale e neppure sulla possibilità di personalizzarlo con una serie di moduli,
ma sull’assenza del jack per le cuffie. Dopo LeEco,
un produttore cinese, anche Lenovo ha trovato il coraggio di eliminare quel piccolo e intoccabile componente
che permette a tutti di inserire una qualunque cuffia e
ascoltare in stereo una canzone o un film. Una scelta
azzardata per un produttore che sfruttando la notorietà
di Motorola ha piani davvero ambiziosi, ma si potrebbe
anche pensare che esistono buone ragioni per togliere
quello che ormai sembra essere l’unico elemento vintage all’interno di un prodotto che sprizza tecnologia da
tutti i pori. Il connettore jack è stato inventato addirittura
nel 1878, e come se non bastasse veicola musica analogica in un mondo che cerca ormai di digitalizzare tutto:
le premesse per tifare a favore di una sua eliminazione
ci sarebbero tutte se fosse stato preparato un terreno
adeguato per la sua sostituzione, cosa che invece non
Q
Il Moto Z senza jack audio
è successa. Nessuno ha pianto la sparizione della presa scart sostituita dall’HDMI, e neppure la morte della
seriale in favore dell’USB, ma nel caso del jack audio ci
sono almeno tre ragioni per tenersi stretto il “vecchio”
connettore analogico.
Motivo numero 1
Non esiste un sostituto universale

Il jack è il jack, è un connettore universale usato su
computer, televisori, tablet e smartphone, e non esiste
attualmente un connettore compatto per l’audio digitale
che possa essere utilizzato al suo posto. Si potrebbero
utilizzare le interfacce digitali, come il connettore Lightning di Apple o l’USB Type C adottato dagli altri produttori, ed è quello che effettivamente i produttori vogliono
fare, ma siamo davanti a una soluzione tutt’altro che
universale, e difficilmente Apple sostituirà il connettore
di iPhone e iPad per uniformarsi agli altri produttori.
torna al sommario
Motivo numero 2
Le cuffie costeranno di più
Quando oggi si collega una cuffia a uno smartphone
il grosso del lavoro viene fatto da due componenti interni allo smartphone stesso, il DAC, Digital To Analog
Converter, e l’amplificatore di segnale. Il primo effettua
la conversione del segnale audio digitale in analogico
mentre il secondo lo amplifica per renderlo riproducibile
da cuffie e auricolari, prodotti che nel 99% dei casi sono
passivi e quindi privi di processori al loro interno. Il passaggio dal jack a un connettore digitale richiederà per
forza una cuffie “attiva”, con un processore al suo interno e un amplificatore, e difficilmente si riuscirà ad avere
prodotti economici come quelli di oggi. Non è neppure
assicurata una maggiore qualità audio, e inoltre non ci
sono risparmi per i produttori di smartphone: la presenza dell’altoparlante (analogico) obbliga comunque ad
avere all’interno sia il DAC sia l’amplificatore.
Motivo numero 3
gli adattatori non sono una soluzione
Lenovo è stato uno dei primi produttori a togliere il jack
audio e al suo posto dentro la scatola darà un adattatore da USB Type C a jack. Una soluzione che non piace
a nessuno, perché un adattatore è sempre un qualcosa in più da portarsi appresso. Inoltre, ad oggi non
esistono ancora specifiche per l’uscita audio digitale su
USB Type C: Intel ci sta lavorando, e si potrà vedere
qualcosa solo nella seconda metà del 2016. Quello che
Lenovo utilizzerà è un adattatore che sfrutta una bozza
di specifica per trasferire sull’USB Type C l’audio analogico sfruttando due pin non utilizzati del connettore. In
poche parole con una sola mossa si creano tre disagi:
l’audio resta sempre analogico, c’è un adattatore facile
da smarrire e soprattutto si va ad occupare la porta USB
che può servire per la ricarica o il trasferimento dati. Paradossalmente la gestione dell’uscita audio USB esiste
sul connettore USB classico e sul micro-USB, ma sulla
nuova versione
non è ancora
stata finalizzata. Inutile girarci
attorno, il jack è
in assoluto la
soluzione più
comoda
per
le cuffie e gli
auricolari. Tutti
concordano
sul fatto che ci Le cuffie Fidelio con ingresso Litroviamo da- ghtning funzionano solo su iPhone
vanti a un connettore vecchio che occupa anche molto spazio soprattutto in termini di spessore, ma resta il fatto che in tutti
questi anni nessuno ha pensato a un connettore che
potesse in qualche modo sostituire il jack mantenendo
la sua essenza universale. Da considerare poi anche il
discorso fragilità: un cavo USB è molto più fragile di un
cavo audio analogico che comunque, in caso di rottura
da stress, è più semplice da sostituire. Infine, altro elemento non indifferente, il consorzio USB Type C che sta
lavorando alle specifiche per l’uscita audio digitale, ha
già pronunciato l’odiosa parolina “DRM”: trattandosi di
un’uscita digitale in qualche modo andrà protetta per
impedire la registrazione, e la storia ci insegna che le
soluzioni per proteggere il copyright hanno creato agli
utenti più disagi che benefici. Resta la soluzione “wireless”, con il Bluetooth che può tranquillamente veicolare
un segnale audio anche con una buona qualità grazie
a codec particolari, ma le cuffie valide costano parecchio e agli audiofili la soluzione senza fili potrebbe non
piacere. A rimetterci, in sostanza, sarà come sempre il
consumatore, che sarà costretto tra adattatori e nuove
cuffie a spendere qualcosa in più senza una ragione
valida, perché 1 mm di spessore non fa la differenza e ci
benefici tangibili sotto il profilo della qualità non ce ne
sono. Salvate il soldato Jack.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MOBILE Al Computex di Taipei abbiamo avuto modo di toccare con mano i nuovi Zenfone 3: la qualità c’è, il design convince
Asus Zenfone 3 è lo smartphone della svolta?
Molto bella la versione Deluxe, “esagerata” la Ultra, assolutamente da tenere in considerazione la versione standard
È
di Franco AQUINI
stata una conferenza frizzante quella che ha visto la presentazione dei dispositivi mobili Zen. Al
centro dell’evento la nuova serie di smartphone
Zenfone 3, non un solo modello ma ben tre. Jonney
Shih, l’esuberante chairman di Asus noto per le sue
performance sul palco, ha tenuto banco per circa
un’ora facendo confronti continui con i prodotti Apple; l’obiettivo è chiaro, Asus vuole entrare nell’olimpo
dei produttori di smartphone, attualmente occupati da
Samsung e Apple. Zenfone 3 cerca di aggredire tutte
le fasce di mercato: la versione standard ha ottime caratteristiche e un prezzo aggressivo, Deluxe prende
di mira iPhone 6s Plus e Ultra tenta di esplorare segmenti di mercato nuovi. Tuttavia, qualche dato snocciolato durante la conferenza profuma un po’ troppo
di marketing : se Apple ci ha abituato ai suoi il più
bello di sempre, parlare di un display Full HD che ha
una resa 4K grazie ai filtri di motion blur sembra un
po’ azzardato.
Nulla comunque da dire sul prodotto, che costa relativamente poco per quello che offre: in particolare,
Zenfone 3 Deluxe offre veramente tanto, a partire dai
6 GB di RAM e ai 64GB di storage, viene proposto
a un prezzo che rimane comunque contenuto. Sperando che quando arriverà in Europa non subisca
aumenti sostanziali, ovviamente. Scopriamo quindi
questi tre smartphone più da vicino.
Zenfone 3 Deluxe
Testa a testa con i top di gamma
Cominciamo dal Re assoluto di tutta la conferenza,
che abbiamo avuto modo di toccare con mano per
qualche minuto. Zenfone 3 Deluxe appare solido e
robusto, anche se il peso estremamente contenuto
(ancora non abbiamo il dato esatto) non restituisce la
sensazione che danno altri smartphone più pesanti.
La finitura comunque è ottima ed elegante. L’assenza
delle famose “bande” sul retro, che tanto hanno fatto
gridare allo scandalo all’uscita di iPhone 6, dona allo
chassis dello smartphone una pulizia notevole. Forse
l’unico appunto che ci sentiamo di fare è il bilanciere
dei tasti volume posti di lato, davvero un po’ scomodi
da premere.
Zenfone 3 Deluxe è uno smartphone dai grandi nume-
ri, cominciando dal display 5.7 pollici super AMOLED
con un rapporto display-corpo del 79%. Significa che
le dimensioni rimangono, nonostante tutto, abbastanza contenute. Il super AMOLED permette ad Asus di
reclamizzare anche la nuova funzione always-on, molto in voga di questi tempi, che consiste nel mostrare
costantemente sullo schermo dello smartphone l’orologio e le notifiche pur consumando pochissima batteria. Ad accompagnare il display c’è il top dell’attuale
generazione di SoC, uno Snapdragon 820 con GPU
Adreno 530, affiancati da ben 6 GB di RAM. Mai si
era visto prima d’ora un quantitativo simile e in effetti i
risultati paiono più che convincenti: difficile giudicare
le prestazioni in un hands on, ma le premesse perchè sia un riferimento ci sono tutte. Zenfone 3 inoltre
farà dimenticare ai possessori di smartphone Android
la difficoltà di convivere con tagli di memoria da 8 o
16GB. Si parte da 64GB e si arriva fino a 128GB (non
si sa ancora, ma è probabile, che ne uscirà anche una
versione da 32GB).
La nuova fotocamera Pixelmaster 3 è il vero fiore all’occhiello di questo nuovo Zenfone, con un sensore
CMOS Sony da 23MP stabilizzato sia a livello ottico
che elettronico con possibilità di combinare le due
funzionalità. Non ha caso Asus ha comparato, nello spazio post conferenza, Zenfone 3 Deluxe con
iPhone 6s plus, mettendoli entrambi su un dispositivo
video
lab
Asus Zenfone 3
Hands-on dal Computex 2016
che li faceva sobbalzare mentre riprendevano un video. Anche questa prova è stata fonte di perplessità,
sia per le modalità con cui è stata approntata che per
il video registrato, che non era ovviamente riproducibile, ma in attesa di una prova sul campo prendiamo
per buono il risultato confermando che l’effetto di stabilizzazione è notevole. C’è poi il doppio sistema di
messa a fuoco, laser per gli interni e con rilevamento
di fase per gli esterni. Entrambi con una messa a fuoco dichiarata di appena 0,03 secondi. Aldilà del dato
tecnico, abbiamo testato con mano che anche la messa a fuoco è realmente fulminea. Fanno da contorno
la ricarica veloce Quick Charge 3 per la batteria da
3000 mAh e la connessione USB Type-C. Zenfone 3
deluxe sarà disponibile in tre finiture: oro, argento e
grigio al prezzo, nella versione con 64GB di ram, di
499$.
Zenfone 3 standard
Difficile chiedere di più
Il più piccolo dei fratelli è la variante economica ma
stilosa. La scocca in plastica ha permesso ad Asus di
sbizzarrirsi con quattro colorazioni diverse e tre finiture: Aqua, Nebula e Glaze. Il design è comunque simile a quello della versione Deluxe, le vere differenze

segue a pagina 09 
torna al sommario
n.135 / 16
14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
MOBILE Samsung annuncia la versione Active dell’S7: non teme cadute, acqua o polvere
Samsung Galaxy S7 Active, non teme nulla
Oltre ad essere molto robusto, il Galaxy S7 Active ha anche una super batteria da 4000 mAh
C
di Franco AQUINI
om’è ormai consuetudine per
Samsung, a qualche mese dall’uscita dei nuovi top di gamma
la casa coreana fa seguire la versione Active, ovvero quella Rugged, con
una scocca più robusta per far fronte
a lavori pesanti e sporchi. Quest’anno
Samsung svela il Galaxy S7 Active in
esclusiva per i clienti AT&T, con uno
schermo da 5,1 pollici rinforzato, un
guscio potenziato dall’aspetto solido e robusto, ma soprattutto con
una batteria potenziata che passa
dai 3000mAh di quella standard ai
4000mAh di questa versione Active.
Il resto delle caratteristiche rimangono immutate, quindi troviamo un processore Snapdragon 820 affiancato
da 4GB di ram, un display Quad HD,
lettore di impronte digitali davanti e
una fotocamera rispettivamente da 12
megapixel sul retro e 5 sul fronte.
La versione rugged affianca alla resistenza all’acqua, già presente sulla
versione standard, la resistenza alla
polvere e ai colpi, diventando lo smar-
tphone perfetto per chi lo usa per lavorare all’aperto.
La batteria estesa, che non dovrebbe
faticare a garantire ben oltre il giorno
di lavoro, ne fa uno dei migliori smartphone di questa categoria.
Peccato che non si sappia ancora
nulla di preciso su una eventuale versione europea, così come sugli eventuali costi che, negli Stati Uniti, sono
pressoché identici rispetto a quelli
della versione Edge.
MOBILE
Asus Zenfone 3, anteprima
segue Da pagina 08 
re affatto lo scarto di prestazioni rispetto alla versione
Deluxe. D’altronde 3 o 4 GB di RAM sono ancora oggi
la dotazione standard di parecchi top di gamma di
altre case. L’estetica anche in questo caso convince
anzi, viene da dire che in molte finiture è decisamente
attraente e i 249 dollari a cui viene proposto, azzardiamo fino da ora, ne faranno una delle scelte migliori
del 2016.
Zenfone 3 Ultra
L’outsider che non ci aspettavamo

sono sotto la scocca. Al posto dello Snapdragon 820
abbiamo il 625 con Adreno 506. La dotazione di RAM
andrà dai 3 ai 4 GB a seconda del modello e la fotocamera è una 16MP con Dual Flash Led e lo stesso
stabilizzatore del modello precedente.
Alla prova presso lo stand Asus, e per quanto questo
possa valere col poco tempo a disposizione, non ci
siamo praticamente resi conto delle differenze prestazionali rispetto al fratello maggiore. Di certo vi è
che nella routine quotidiana Zenfone 3 non farà senti-
torna al sommario
Se Apple rilancia verso il basso con un top di gamma
da 4 pollici, il recente iPhone SE, Asus fa il contrario e
tenta la strada del telefonone. Stiamo parlando della
variante del Deluxe in versione Extra large, lo Zenfone
3 Ultra, con un display da ben 6.8 pollici.
A dire il vero le differenze ci sono, nonostante la scocca in alluminio sia molto simile a quella del Deluxe. Il
tasto fisico in questo caso è frontale e la fotocamera
sul retro non è più centrale, ma è nell’angolo in alto a
sinistra. Il display è un IPS con risoluzione Full HD. In
platea questo dato ha fatto storcere qualche naso, ma
Jonney Shih ha prontamente mostrato una slide dove
un effetto di (anti) Motion Blur dovrebbe garantire
un’ottimizzazione tale da far percepire una qualità 4K.
Certo, dire che durante la prova abbiamo sofferto per
un display dalla risoluzione bassa non sarebbe vero,
tuttavia parliamo praticamente di un 7 pollici e qual-
MOBILE
Surface Pro 5
arriva nel 2017
Si susseguono i rumors sulla quinta
generazione del Surface Pro di
Microsoft. Secondo le indiscrezioni,
la sua uscita sarebbe stata spostata
alla primavera del 2017; la “colpa”
sarebbe da attribuire alla nuova
generazione di processori Intel
Kaby Lake in arrivo sul mercato
entro la fine dell’anno. Questa nuova generazione di processori avrà
consumi ridotti ed inoltre offrirà il
pieno supporto allo standard video
4K, risoluzione che sarà utilizzata
nei display che troveremo nelle versioni più costose del Surface Pro 5.
Il nuovo dispositivo Microsoft avrà
anche una nuova penna stilo ricaricabile, una maggiore autonomia,
sarà dotato di una porta USB Type-C
ed una migliore camera, con prezzi
compresi tra 899 e 1599 dollari
della versione top con processore
i7. Infine il nuovo Surface Pro
dovrebbe essere equipaggiato con
Windows 10 Redstone 2, la seconda
parte dell’importante aggiornamento del sistema operativo di Microsoft
che porterà con sé inedite funzionalità ed il supporto a nuove tipologie
di hardware.
cosa di più ce la saremmo aspettata. Anche in questo
caso, stupisce il rapporto alto tra display e corpo, che
ne fanno un telefono sicuramente importante, ma non
così “estremo” come si potrebbe pensare. Insomma,
per capirci, non pensate ad un tablet da 7 pollici. Ha
dimensioni decisamente più contenute.
Zenfone 3 Ultra ha un’altra caratteristica interessante: la batteria da 4800 mAh con funzione powerbank,
che ne fanno il degno erede dello Zenfone Max. Anche se, vista la dimensione del display, probabilmente
non avrà le stesse performance in termini di longevità.
Questo smartphone di Asus viene proposto a 479$ e
anche in questo caso, si tratta di un prezzo estremamente interessante.
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14 GIUGNO 2016
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MOBILE Suunto è più di un activity tracker, esteticamente è paragonabile a uno smartwatch
Suunto Spartan Ultra sfida Fitbit e Garmin
Può monitorare diverse attività sportive, tra cui nuoto, ciclismo, corsa e sport sulla neve
S
di Franco AQUINI
uunto lancia Spartan Ultra, il nuovo sportwatch rugged in grado di
monitorare diversi generi di sport.
L’intuizione è giusta: perché usare una
fitband per lo sport e uno smartwatch
per il resto quando si può avere tutto in
un unico dispositivo? L’orologio Suunto
si pone quindi in competizione diretta
con altri grandi nomi del settore fitness
come Garmin e Fitbit.
Spartan Ultra (qui il video di presentazione) è in grado, oltre a contare i
passi e le calorie, di monitorare diversi
sport come il triathlon, nuoto, ciclismo,
corsa e diversi sport da neve. Il tutto
grazie alla completa sensoristica a bordo, che comprende l’accelerometro, il
GPS, il barometro per l’altitudine e la
bussola digitale. Non è invece presente il rilevamento del battito cardiaco,
che è comunque possibile tramite sensori a fascia esterni. Esteticamente lo
La quinta versione
dello standard
Bluetooth avrà
velocità quadruplicata,
maggiore portata
e implementerà
servizi di localizzazione
di Gaetano MERO
Spartan Ultra fa una gran bella figura,
con un display touch a colori affiancato
da tre tasti fisici. Il corpo è in titanio o
in acciaio a seconda del modello e il
display è coperto da un vetro zaffiro
resistente a graffi e urti. Essendo uno
sport watch, è ovviamente resistente
all’acqua fino a 100 metri di profondità. Suunto prevede il lancio dello
Spartan Ultra per agosto, ma ancora
non ha rivelato le specifiche tecniche,
tra cui la risoluzione e la dimensione
del display.
Quello che invece si sa, e non è proprio
piacevole, è il prezzo: si va dai 650€
per la versione in acciaio agli 800€ per
la versione in titanio con fascia cardio
inclusa.
MOBILE Blocks ha raccolto 1.6 milioni di dollari su Kickstarter, è pronto per essere consegnato
Pronto il primo smartwatch modulare, prima di Google
Lo smartwatch modulare basato su Android ha una cassa in metallo e schermo circolare
di Giulio MINOTTI
P

oco tempo, fa Google ha presentato l’ennesimo prototipo del
Project Ara, uno smartphone meno
modulare delle versioni precedenti che
arriverà sul mercato solo il prossimo
anno. Mentre il colosso di Mountain View
continua a ritardare il lancio della sua architettura, un piccolo gruppo di ragazzi
inglesi è riuscito, invece, a realizzare uno
smartwatch modulare basato su Android
che arriverà molto presto sul mercato. Il
team di BLOCKS ha, infatti, mostrato uno
dei primi esemplari usciti dalle catene di
montaggio, pronto per essere consegnato ai numerosi backers che hanno finanziato il progetto su Kickstarter.
Questo smartwatch, realizzato in collaborazione con ARM, Qualcomm e
Compal, ha una struttura centrale che
integra il quadrante (un display AMOLED
da 1.39 pollici) e tutta l’elettronica necessaria al funzionamento dell’orologio. Le
sue funzionalità possono essere, però,
espanse aggiungendo 4 moduli di vario
torna al sommario
Bluetooth 5 sarà
quattro volte più
veloce. In arrivo
il 16 giugno
tipo: sensori biometrici o ambientali, GPS, ulteriori batterie, luce
LED o pulsanti programmabili ed
altri componenti arriveranno in
futuro. BLOCKS supporta tutte le
comuni funzionalità di uno smartwatch (controlli vocali, notifiche e
activity tracking), è basato su una
versione modificata di Android
Marshmallow standard ed utilizza
un’architettura aperta accessibile anche
da sviluppatori esterni. BLOCKS è dispo-
nibile in pre-ordine ad un prezzo di 330
dollari con inclusi 4 moduli.
La quinta generazione della tecnologia Bluetooth sarà presentata il
prossimo 16 giugno con un evento mediatico dedicato nella città
di Londra. Lo ha annunciato Mark
Powell, direttore esecutivo del
Bluetooth Special Interest Group
(SIG), attraverso un comunicato in
cui sono state rivelate in anteprima
alcune delle caratteristiche che troveremo nella nuova versione del
protocollo wireless. In primo luogo
il SIG ha deciso che il nome universale per la tecnologia sarà semplicemente Bluetooth 5, senza ulteriori differenziazioni per categoria
come accade con la generazione
attuale, un modo per semplificarne
l’individuazione e l’introduzione
nel mercato. Bluetooth 5 punterà
tutto sull’affidabilità, avrà infatti una
portata due volte maggiore ed una
velocità di trasmissione quadruplicata rispetto allo standard della
precedente mantenendo i consumi
energetici ad un livello molto basso. Saranno implementate anche
alcune funzioni relative alla localizzazione e alla navigazione, ideali
per l’utilizzo con smartphone e dispositivi portatili. In più si potranno
ricevere rapidamente informazioni
su un luogo visitato oppure offerte
promozionali in merito ad un locale nelle vicinanze grazie all’interazione con i cosiddetti beacon, dei
trasmettitori su cui il SIG cercherà
di spingere per una maggiore diffusione.
n.135 / 16
14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Gli europei di calcio 2016 sono un’esclusiva Sky ma la Rai potrà trasmettere 27 incontri sui 51 complessivi
Euro 2016: ecco come vedere le partite in chiaro
Come vederli in HD, in 4K e in mobilità con l’applicazione della Rai. Oltre i nostri “confini” si aprono altre strade dal satellite
di Roberto FAGGIANO
I
l 10 giugno sono iniziati i campionati europei che si
svolgono in diverse città francesi. Con un blitz dell’ultimo minuto Sky ha acquisito i diritti per trasmettere tutto il torneo, lasciando alla Rai solo le partite
principali. Quindi Sky trasmetterà in diretta per i propri
abbonati tutti e 51 gli incontri previsti, mentre la Rai
potrà trasmettere in chiaro e in diretta 27 partite. Più
precisamente la Rai trasmetterà in chiaro e in diretta
le partite della Nazionale e inoltre potrà trasmettere
in chiaro e in diretta una selezione delle partite scelte
tra gli ottavi di finale e in seguito i quarti di finale, le
semifinali e la finale del 10 luglio.
Tutte le partite in chiaro
Come dicevamo, la Rai non dispone dei diritti di tutte
le partite, ma ovviamente quelle dell’Italia fanno parte
delle 27 trasmesse. Vediamo il calendario della partite ceh ancora non sono andate in onda (in neretto le
partite del girone dell’Italia)
Fase a gironi
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Martedì 14 giugno, Saint Etienne (ore 21.00)
Portogallo-Islanda - Girone F
Mercoledì 15 giugno, Marsiglia (ore 21.00)
Francia-Albania - Girone A
Giovedì 16 giugno, Saint Denis (ore 21.00)
Germania-Polonia - Girone C
Venerdì 17 giugno, Tolosa (ore 15.00)
Italia-Svezia - Girone E
Venerdì 17 giugno, Nizza (ore 21.00)
Spagna-Turchia - Girone D
Sabato 18 giugno, Bordeaux (ore 15.00)
Belgio-Irlanda - Girone E
Sabato 18 giugno, Parigi (ore 21.00)
Portogallo-Austria - Girone F
Domenica 19 giugno, Lille (ore 21.00)
Svizzera-Francia - Girone A
Lunedì 20 giugno, Saint Etienne (ore 21.00)
Slovacchia-Inghilterra - Girone B
Martedì 21 giugno, Bordeaux (ore 21.00)
Croazia-Spagna - Girone D
Mercoledì 22 giugno, Lille (ore 21.00)
Italia-Irlanda - Girone E
Ottavi di finale
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Sabato 25 giugno, Lens (ore 21.00)
Domenica 26 giugno, Tolosa (ore 21.00)
Lunedì 27 giugno, Saint Denis (ore 18.00)
Lunedì 27 giugno, Nizza (ore 21.00)
Quarti di finale
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Giovedì 30 giugno, Marsiglia (ore 21.00)
Venerdì 1 luglio, Lille (ore 21.00)
Sabato 2 luglio, Bordeaux (ore 21.00)
Domenica 3 luglio, Saint Denis (ore 21.00)
Semifinali
• Mercoledì 6 luglio, Lione (ore 21.00)
• Giovedì 7 luglio, Marsiglia (ore 21.00)
Finale
• Domenica 10 luglio, Saint Denis (ore 21.00)
Tutti gli incontri saranno trasmessi su Rai 1 e Rai HD
sul digitale terrestre (oltre che su satellite, ovviamente
in HD, attraverso la piattaforma TivùSat). Inoltre sarà
possibile seguire le stesse partite su Rai 4 e Radio
2 con il commento ironico della Gialappa’s Band. A
proposito di radiocronache, copertura completa del
torneo su Radio Rai con tutte le partite in onda; lo
spettacolo è disponibile anche su Web su rai.it e rai.tv
con la diretta streaming degli stessi incontri trasmessi
in diretta in TV. Per coprire l’evento poi non mancheranno ampi servizi giornalistici e resoconti delle partite della prima fase non trasmesse in diretta.
Le fasi finali in 4K Ultra HD su TivùSat
Gratis
Esaurita la prima fase a gironi scatta l’appuntamento
più importante per chi già possiede un TV 4K con decoder HEVC e capacità di gestire segnale a 50p: ai
basterà sintonizzarsi sul canale 210 della piattaforma
satellitare per godersi le partite nel massimo splendore televisivo. Per poterle vedere è sufficiente dotarsi
di SmarCam TivùSat con relativa tessera Gold HD. Il
canale verrà caricato automaticamente dai televisori
o decoder certificati TivùSat nei prossimi giorni.
Queste trasmissioni, dopo l’antipasto rappresentato dalla finale di Champions League, segneranno il
grande inizio delle trasmissioni in 4K, che però - lo
ricordiamo - non godranno di alcuna codifica HDR:
per il momento si tratta solo di un miglioramento in
termini di risoluzione, godibile, ovviamente, solo con
schermi molto grandi da distanze di visione abbastanza ridotte.
Per quanto riguarda il calendario delle partite in 4K si
comincia il 30 giugno alle ore 21 con il primo match
dei quarti finale. A seguire, l’1, il 2 e il 3 luglio, gli altri
tre incontri dei quarti; il 6 e il 7 luglio, sarà la volta delle
due partite delle semifinali. In chiusura la finale, in calendario il 10 luglio sempre a partire dalle ore 21. Sperando di poter seguire anche la nazionale italiana.
L’applicazione Rai su Smart TV
e decoder MHP collegati in rete
Chi possiede un televisore Smart TV o un decoder
connesso in rete e compatibile con il sistema MHP
potrà usufruire di ulteriori contenuti che la Rai mette a
disposizione nell’app Euro2016, sempre attiva ma che
durante le partite assume una forma diversa e ancora
più interessante.
Per accedere all’applicazione Rai Euro 2016 basta
premere il tasto azzurro sul telecomando su un qualsiasi canale Rai. Questo permette di vedere in video
on demand una serie di servizi sull’avventura degli
Azzurri ai campionati di Francia 2016 come anche tutte le partite passate, sia in versione completa che in
una super sintesi di pochi minuti.
Durante la partita, invece, l’app non oscura completamente lo schermo ma lascia la diretta visibile in trasparenza. Nel frattempo è possibile accedere al volo
alle azioni salienti della partita in corso, ai gol e ad
altre sequenze interessanti: in pratica i replay ce li si
fa da soli. Perfetto se si arriva a casa a partita iniziata:
in un attimo si possono recuperare le azioni salienti
perse.

segue a pagina 13 
torna al sommario
n.135 / 16
14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Chi ha una delle prime tessere TivùSat non potrà vedere gli europei in 4K
Europei in 4K solo con la card TivùSat Gold
I primi abbonati al servizio lasciati al buio
Per il 4K occorre una card HD Gold inserita nelle cam e nei decoder HD di ultima generazione
L’upgrade costa però caro, ci vuole una nuova tessera che viene venduta solo con una CAM
I
di Roberto PEZZALI
primi abbonati a TivùSat dotati di
una TV 4K e pronti a gustarsi le sette partite degli europei che la Rai
trasmetterà potrebbero trovarsi davanti ad una brutta sorpresa. Le tessere TivùSat distribuite nei primi anni di
servizio, quelle per intenderci non HD
e caratterizzate dal colore bianco e blu,
non saranno infatti abilitate per la visione dei contenuti 4K. Per potere vedere
gli europei e gli altri eventi che saranno
trasmessi sul canale 210 prossimo alla
partenza servirà una tessera Gold HD,
venduta insieme alle CAM e ai decoder
di recente generazione.
La motivazione data da TivùSat è legata
ai problemi di sicurezza, con i detentori
dei diritti che per il 4K richiedono criteri
ancora più stringenti. Siamo ovviamente
molto scettici a riguardo, la storia ci ha
insegnato che tutti questi sistemi non
fanno altro che creare problemi agli
utenti e non riescono mai a proteggere i contenuti: una partita in diretta e in
chiaro sulla TV pubblica italiana è ben
poca cosa da proteggere, e oltretutto
non si capisce che problemi di sicurezza possano esserci per un flusso 4K che
nel 99% dei casi non esce dal TV e non
può quindi essere registrato.
Inoltre non è possibile richiedere una
nuova tessera e neppure la sostituzio-
ne di quella vecchia con la versione
più nuova, quindi l’unica soluzione è
comprare una CAM nuova che costa
90 euro. La tessera TivùSat infatti non
esiste in vendita da sola, ma è acquistabile solo in bundle con una delle cam
elencate sul sito TivùSat alla sezione
prodotti: tutti i modelli certificati HD funzionano regolarmente con le trasmissioni 4K.
ENTERTAINMENT
Rogue One
non è
da rifare
Rogue One: A Star Wars Story, in
uscita a dicembre, è uno spin off
che inaugura una nuova serie di
film ambientati nel mondo di Guerre
Stellari. Secondo alcune voci Disney,
una volta visionato il girato, avrebbe
ordinato di rigirare un 40% del film
con ben 32 set ricostruiti per l’occasione. In realtà, secondo le fonti
di Entertainment Weekly, la notizia
sarebbe falsa. ll film andrà incontro
a quattro/cinque settimane di nuove
riprese già programmate e solo
posticipate. Così vengono descritte
le nuove sequenze: “I cambiamenti
hanno a che fare con la chiarezza e
lo sviluppo dei personaggi e sono
tutti inseriti in scene che abbiamo già
girato. Riguardano molte discussioni
nei cockpit.” Il programma di lavorazione prevede di avere il film pronto
per la metà di Agosto. Entertainment
Weekly ha, inoltre, precisato che Il
film manterrà un tono completamente diverso rispetto all’ultimo capitolo
della saga di Guerre Stellari “Il film è
molto diverso rispetto a Il Risveglio
della Forza e questa cosa è voluta. E’
un film di guerra.”
ENTERTAINMENT
Euro 2016: come vedere le partite
segue Da pagina 12 
C’è anche la app per smartphone
Funzioni simili si ritrovano anche nelle app per device. Per l’occasione Rai ha infatti lanciato la app gratuita Rai Euro2016 che permette non solo di vedere
tutti i servizi e leggere le ultime notizie ma anche di
vedere le partite o gli highlight. Perfetto per chi è
ancora in mobilità e tarda ad arrivare a casa in tempo
per la partita.
Gli Europei degli altri
Si può vedere tutto in chiaro

Per chi non vuole perdersi nemmeno una partita e
non è abbonato a Sky si aprono le strade dei satelliti. Infatti proprio come è avvenuto per alcune partite
di Champions League, si potrà guardare ai canali
tedeschi per vedersi comodamente tutte le partite,
comprese quelle delle fase a gironi.
I canali tedeschi Das Erste e ZDF hanno già da tempo annunciato che trasmetteranno in chiaro e in diretta tutte le partite: su Astra la diretta è sicura e in
HD, su Hot Bird bisognerà accontentarsi della SD e
torna al sommario
c’è anche un rischio di cambio programma all’ultimo
istante se dovessero arrivare pressioni da Sky per
un oscuramento temporaneo dei canali tedeschi sul
satellite più usato dagli utenti italiani.
Ci sono poi le alternative di confine per la ricezione
sul digitale terrestre. Qui entrano in gioco i soliti ca-
nali: per la Svizzera italiana tutte le partite saranno
in diretta (in definizione standard) sul RSI La2; per la
Slovenia tutte le partite su TV SLO 2; per la Croazia
tutte le partite su HRT 2. Inoltre per la provincia di
Bolzano sono disponibili i canali tedeschi (anche in
HD) ripetuti dalla RAS tramite accordi locali.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT UHD Forum Conference di Lucca: la strada per trasmissioni HDR è ancora lunga
4K HDR: broadcaster in fase sperimentale
Il vantaggio di Netflix difficile da colmare
Le emittenti tradizionali stanno ancora discutendo sugli standard 4K HDR da adottare
di Gianfranco GIARDINA
L

a grande guerra tra broadcaster
e servizi di Video on demand via
Internet (i cosiddetti Over the Top)
potrebbe giocarsi su un nuovo terreno:
quello degli standard. Quindi non più
solo una questione di diritti, contenuti
e comodità di utilizzo, ma un ruolo rilevante potrebbero averlo anche per le
tecnologie. Mentre le emittenti televisive
tradizionali sono ancora nella fase largamente sperimentale e stanno ancora
discutendo su quali standard adottare,
soprattutto per quello che riguarda HDR,
wide colour gamut e high frame rate,
Netflix, tanto per fare un esempio, mette a disposizione dei propri abbonati già
oggi contenuti in 4k HDR. Un’asincronia
che non può non saltare agli occhi.
È quanto emerge dalla prima giornata
del Forum di Lucca, l’incontro tra tutti i
protagonisti della filiera televisiva italiana
e internazionale. In particolare, la prima
giornata della manifestazione è dedicata
alla UHD Forum Conference, il meeting
tra gli operatori dell’UHD Forum, l’associazione dei broadcaster impegnati sul
fronte del 4K. Ebbene, gli intervenuti, tra
cui Massimo Bertolotti di Sky Italia, Andy
King di BBC e Phil Laven di DVB, hanno
dato una visione concorde: il 4K, inteso
come solo incremento di risoluzione serve a poco, dato che i vantaggi si avrebbero solo con rapporti tra dimensione
schermo e distanza di visione forzatissimi. Servono piuttosto “pixel migliori”,
quindi con HDR soprattutto ma anche
gamma colore estesa e alti frame rate.
Ma la strada che porta a trasmissioni
televisive (via digitale terrestre o via satellite) 4K HDR appare, ascoltando le parole dei protagonisti, ancora molto lunga
e costellata da una frammentazione di
standard e formati difficilmente conciliabile, soprattutto sul fronte dell’HDR.
Tanto che l’unica via sensata, visto che
difficilmente si arriverà alla definizione
torna al sommario
Controlli super
e 100.000 ore
di durata
per i TV OLED
LG ha confermato
la durata di 100.000
ore delle nuova
generazione
di pannelli OLED
Ogni TV viene testato
di Roberto PEZZALI
di uno standard HDR unico e condiviso
tra tutti i broadcaster, dovrebbe essere, almeno nella testa dei broadcaster,
quello di dotare tutti i TV di una sorta di
“toolbox” in grado di interpretare correttamente qualsiasi codifica.
Un approccio di questo tipo, d’altro canto, potrebbe essere rigettato dai produttori di TV, che dovrebbero sostenere costi di royalty moltiplicati per ogni sistema
implementato. E se quella del “toolboox”
fosse davvero la soluzione, vorrebbe
anche dire che tutti i TV di oggi non sarebbero interamente compatibili con le
trasmissioni del futuro.
Insomma, uno scenario che difficilmente
vedrà compimento in tempi brevi; tanto
più che BBC prevede una penetrazione
di TV 4K in Gran Bretagna, tanto per fare
un esempio, intorno al 20% nel 2020,
troppo poco per pensare a trasmissioni
regolari prima di questa scadenza.
Nel frattempo che queste discussioni
proseguono, Netflix rende disponibili
contenuti 4K con codifica HDR. Anzi,
sarebbe meglio dire, con codifiche HDR,
dato che i server di Netflix erogano il miglior flusso compatibile con il TV che sta
ricevendo. E qui risulta evidente una faccia della medaglia che rischia di diventare determinante per il successo: con
una frammentazione così parcellizzata
di TV 4K sul mercato, con apparecchi
con potenzialità così diverse in termini
di frame rate e codifiche HDR , la logica
di distribuzione IP, che quindi indirizza
un flusso diverso a ogni TV, risulta decisamente vincente rispetto al classico
approccio broadcast. Infatti, a un anno di
distanza dalla scorsa edizione del Forum
di Lucca, poco sembra essere cambiato:
i broadcaster sembrano ancora non riuscire a trovare una “quadra”, la necessaria convergenza attorno a un “pacchetto
tecnologico” condiviso e percorribile
facilmente anche dai produttori TV che
permetta di limitare i simulcast e contemporaneamente raggiungere il maggiori
numero di apparecchi TV.
Il sospetto è che i broadcaster, salvo colpi di scena, stiano perdendo l’occasione
di allestire in tempi brevi una proposta
chiara e un buon coordinamento con
i produttori di TV. Questi in particolare
si sa che non sono capaci di tenersi le
innovazioni nel cassetto: i TV 4K della
prima ora sono già largamente obsoleti e c’è già chi dice che quelli di oggi
non è certo che siano compatibili con le
(eventuali) trasmissioni del futuro. Una
situazione che sull’altro fronte, quello
del netcasting, sembra già largamente
risolta. Insomma, da oggi il tramonto
dei broadcaster, almeno come li abbiamo sempre intesi, ci appare un po’ più
vicino.
L’OLED è una tecnologia relativamente nuova, che risale agli
anni 70, e fin dagli albori l’OLED
ha sempre manifestato problemi di longevità dovuti alla sua
componente organica. Problemi
che però non hanno frenato LG:
grazie all’adozione di un OLED
bianco con filtri colore l’azienda è
riuscita ad ottenere fin da subito
una durata più che sufficiente, durata che nell’ultima generazione è
addirittura triplicata. Byung-chul,
Vice President di LG Electronics,
ha snocciolato alla stampa coreana qualche numero, parlando di
36.000 ore di durata stimata per
i primi modelli lanciati e di oltre
100.000 per la generazione attualmente nei negozi. Guardando
10 ore al giorno il TV si passerebbero tranquillamente i 30 anni di
vita, una eternità nel campo dell’elettronica di consumo.
Stupisce anche lo sforzo per garantire un prodotto privo di difetti:
ogni TV viene esaminato in fase di
assemblaggio per circa 15 minuti
e, dopo essere stato imballato,
viene nuovamente tirato fuori dalla scatola e acceso per 168 ore in
una stanza per verificare che tutto
sia a posto. Un doppio controllo,
che anche le altre aziende fanno
ma utilizzano campioni presi a
caso sui vari lotti di produzione.
LG ovviamente non rivela quanti
pannelli escono “fallati” dal processo produttivo, e il minuzioso
controllo lascia pensare che gli
scarti di produzione siano ancora decisamente alti. D’altra parte
LG ha venduto “solo” 113.000 TV
OLED in tutto il mondo nel primo
trimestre, un dato che equivale
all’intera capacità produttiva di
pannelli.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Nell’HD Book 4.0, Hbb 2.0 e possibilità di portare sull’LCN i canali in streaming
Verso una nuova TV ibrida: con streaming
e digitale terrestre nella stessa lista canali
I canali streaming si potrebbero richiamare direttamente con il telecomando e senza app
È
di Roberto PEZZALI
stato presentato a Lucca l’HD Book
4.0, la versione aggiornata del libro
redatto dall’HD Forum Italia che
contiene le specifiche tecniche destinate ai costruttori di apparati di ricezione
televisiva per il mercato italiano. La novità
più grande di questa versione, ma lo avevamo già annunciato lo scorso anno,
è l’adozione dello standard Hbb 2.0 dal
2017 per i servizi interattivi dei broadcaster. L’Hbb è una piattaforma standard
europea basata sull’HTML5, e nella sua
versione 2.0 punta a sostituire l’MHP,
sistema ormai adottato solo dall’Italia e
con 13 anni di vita alle spalle. L’adozione
dei nuovo standard sarà importante per i
produttori di TV italiani, che oggi devono
sobbarcarsi i costi di sviluppo per le certificazioni e le versioni software dedicate
al nostro mercato. Ad essere meno felici
come sempre saranno gli utenti: i primi
TV e i primi set top box compatibili con
il nuovo standard saranno in vendita dal
prossimo anno e chi ha comprato ora un
TV non potrà fruire delle app Hbb che
verranno lanciate dal 2017.
L’MHP resterà comunque in funzione per i
primi anni insieme all’Hbb, ma è evidente
che le applicazioni migliori saranno quelle
per il nuovo sistema, più facile da pro-
grammare e con
più possibilità.
Leggendo
tra
le righe dell’HD
Book 4.0 c’è però
un’altra
caratteristica
richiesta
dai broadcaster
ai produttori di
TV che potrebbe
avere un enorme
impatto sul modo in cui si fruisce della
televisione. L’HD Book infatti prevede una
serie di specifiche per portare i canali TV
in streaming direttamente sull’LCN, associandoli quindi ai tasti del telecomando e
non alle app. Rai, ma è solo un esempio,
potrebbe lanciare ad esempio un canale
in streaming Rai Sport Olimpiadi HD e
inserirlo al 213 del telecomando, svincolato da ogni app: quando si richiama quel
canale con il telecomando il TV richiama
un link e inizia, dopo un rapido buffer, a
visualizzare il canale “live”. Il sogno dei
broadcaster passa quindi dalla possibilità
di unire nella stessa numerazione canali
che arrivano dall’antenna con canali che
arrivano dal web, soluzione questa che in
proiezione futura, con la diffusione della
banda larga, potrebbe anche risolvere
moltissimi problemi di intasamento del digitale terrestre. Secondo Marco Pellegri-
nato, Vice Presidente di HD Forum Italia
e da noi intervistato a Lucca, questa soluzione potrebbe ovviare al problema della
banda 700 e pertanto è stata proposta al
Ministero che si è dimostrato interessato
alla cosa. E’ evidente che con una soluzione del genere le TV IP verrebbero assoggettate alle stesse regole che hanno i
broadcaster, con i canali in streaming che
a quel punto sarebbero in tutto e per tutto
omologati a canali broadcast.
video
lab
13° HD Forum - Lucca
Intervista a Marco Pellegrinato
TV E VIDEO In un report di EGTA il punto della situazione riguardo allo stato di salute della TV
La TV classica vince ancora, soprattutto in Italia
La TV generalista e broadcaster stravincono sui nuovi media. Soprattutto nel nostro Paese
di Franco AQUINI
E

GTA, il consorzio europeo che si
occupa del mercato pubblicitario e
riunisce i principali boradcaster del
vecchio continente, sostiene che la classica TV lineare occupa ancora la maggior parte del tempo speso a consumare
contenuti video, in tutto il mondo e per
tutte le fasce d’età. Il dato è significativo
soprattutto in ambito pubblicitario, dove
è noto che la raccolta va via via spalmandosi, anno dopo anno, su tutti i nuovi
media. Secondo il report in Italia, nella
fascia d’età tra i 14 e i 34 anni, soltanto il
torna al sommario
5,4% del tempo totale speso a guardare
video sarebbe trascorso su YouTube. Il
dato non cambia molto se si aggiunge
Facebook, che rappresenta l’1,8%. Aggiungendo anche la generica voce altro
(Internet TV, IPTV, ecc.), si arriva a superare di poco l’11%.
Poco cambia in Germania, dove i video
online raggiungono il 5% per il campione
generico di età dai 14 anni in su, mentre
sale al 10% se si prende in considerazione il target di età 14-49 anni. Leggermente differente la situazione in Francia,
dove nella fascia di età 15-24 anni, i servizi di video online raggiungono il 20%.
In questo caso però è necessario far
notare come il campione d’età sia notevolmente ridotto. I numeri diventano più
simili al resto dei paesi quando si prende
in considerazione tutto il campione (dai
15 anni su), dove i video online occupano
il 6% del tempo totale.
Quello che sembrerebbe dimostrare
questo report è chiaro: la TV classica la
fa ancora da padrone e i nuovi media,
(YouTube, Facebook, Internet TV, ecc.)
sarebbero ancora da considerarsi una
nicchia. I dati compilati da EGTA, nel
caso dell’Italia, provengono da Auditel e
Comscore.
Ecco il logo
TivùSat UHD
per i prodotti
abilitati alle
trasmissioni 4K
Presentato a Lucca
il logo per i dispositivi
TivùSat UHD
La presenza del logo
assicura la compatibilità
con le trasmissioni
L’assenza del logo
in ogni caso non implica
l’incompatibilità
di Roberto PEZZALI
Iniziano le trasmissioni 4K su satellite e ci si interroga su quali siano
i TV e i decoder per accedere a
questi contenuti. Per guidare la
scelta in fase di acquisto TivùSat
ha presentato il nuovo logo che
identificherà televisori e decoder
compatibili con il nuovo formato,
capaci quindi di ricevere il segnale HEVC tramite il tuner DVB-S2 e
di decodificarlo anche nel formato
50p, condizione questa indispensabile per poter fruire del servizio.
Oltre al TV e il decoder in ogni
caso servirà anche una CAM HD
compatibile e una card adeguata,
ed è probabile a questo punto che
il nuovo logo compaia anche sui
packaging di CAM e Smart Card a
breve. Quanto però ci sono di mezzo bollini e certificazioni il rischio di
confusione è sempre abbastanza
elevato: l’assenza del bollino infatti
non significa che il prodotto non è
compatibile con il 4K, anzi, inserendo la CAM con la card HD l’immagine potrebbe vedersi senza alcun
problema. E’ il caso ad esempio
del nuovo decoder Telesystem
TS Ultra 4K, che non è certificato
eppure è ugualmente compatibile
come abbiamo avuto modo di verificare in redazione. La lista dei prodotti certificati è disponibile sul sito
di TivùSat a questo indirizzo.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Un altro passo del Giappone verso l’abbandono della produzione di schermi TV
Panasonic ferma la produzione di LCD per i TV
Nella fabbrica giapponese da settembre verranno realizzati LCD per i settori auto e medicale
Panasonic non abbandona il mercato, per i suoi TV continuerà a rifornirsi da altri produttori
di Roberto FAGGIANO
I
mpossibile lottare contro i prodotti
cinesi e sudcoreani, Panasonic getta
la spugna e annuncia che dalla fine
di settembre cesserà la produzione di
schermi televisivi LCD nel suo stabilimento di Himeji, che rimarrà attivo per
produrre schermi LCD destinati al mercato automotive e alle apparecchiature medicali. Panasonic comunque non
abbandona il mercato dei TV e continuerà a rifornirsi da altri produttori per
realizzare i propri televisori.
Lo stabilimento di Himeji era stato
inaugurato nel 2010 con un investimento di oltre 2 miliardi di dollari,
con l’obiettivo di produrre ogni mese
oltre 800.000 pezzi di schermi LCD
nel formato 32 pollici. In seguito la
produzione era stata ridimensionata e
Panasonic aveva iniziato a rifornirsi da
altri marchi, prevalentemente LG, per i
propri televisori.
Fino al 30 giugno
chi compra una Smart
TV Ultra HD Samsung
ottiene 12 mesi
di Sky TV e Sky Calcio
dal 1° giugno al 31 luglio
di Alvise SALICE
Attualmente nello stabilimento Panasonic lavorano circa 1.000 persone,
che in parte verranno trasferite su altre
linee di produzione e in parte destinate ad altri rami produttivi di Panasonic.
Con questa cessazione della produzione l’unico stabilimento ancora attivo in Giappone per la produzione di
schermi TV LCD è quello di Sharp.it.
TV E VIDEO In tempo per gli Europei di calcio, debuttano in Italia i TV Ultra HD ULED di Hisense
Hisense M7000, TV 55’’ 4K HDR a 1.100 euro
Hisense lancia i TV della serie M7000 da 55 e 65 pollici, prezzo super: 1.099 e 1.699 euro
di Giulio MINOTTI
D

a questo mese sono disponibili
nel nostro Paese i nuovi TV della linea M7000 di Hisense. Realizzati nelle due versioni 55M7000 e
65M7000, questi prodotti vantano un
design con linee pulite e adottano la
tecnologia proprietaria ULED. Si tratta
in buona sostanza di TV LED che impiegano una combinazione di Quantum Dot, local dimming ed elaborazione del segnale che Hisense riassume
nella denominazione Ultra Led, tecnologia che - nelle intenzioni del produttore - dovrebbe garantire neri più
profondi ed una migliore brillantezza
delle immagini. Ma l’aspetto più interessante è che I nuovi M7000 sono
4K, HDR con pannello a 10bit, il che
si traduce in 1,07 miliardi di tonalità
visualizzabili.
All’interno dei TV di questa serie troviamo un processore Quad Core per
torna al sommario
È tornato
il Dream Pack
Samsung
ed è dedicato
al calcio
la gestione dei contenuti e l’upscaling
in 4K ed una piattaforma Smart TV
VIDAA di Hisense con più di 180 app
pre-installate tra cui Netflix, accessibile direttamente dal tasto dedicato sul
telecomando. Per quanto riguarda la
connettività troviamo 4 ingressi HDMI
(di cui due HDMI 2.0), 3 USB (due 2.0
e una 3.0) e doppio tuner DVB-T2/T/
C/S2/S.
Concludiamo con i prezzi, il modello
da 55 pollici H55M7000 viene venduto a 1.099 euro, mentre il più grande
H65M7000 da 65 pollici a 1.699 euro.
Samsung rinnova anche in questa
stagione il noto Dream Pack, associandolo agli Europei di Calcio. In
poche parole, acquistando entro il
30 giugno 2016 una Smart TV del
colosso coreano modello KS9800
- KS9500 - KS9000 - KS8000
- KS7500 - KS7000; JS9500
- JS9000 - JS8500 - JS8000;
KU6510 - KU6500 -KU6400
- KU6000 - K6300 - K5500 (di
qualsiasi polliciaggio, range da
49” a 88”), si aprono due opzioni
in regalo da Sky. Se nuovo cliente,
sono previsti 12 mesi senza vincoli
di Sky TV con 39 canali di intrattenimento e il pacchetto Sky Calcio
(fino al 31 luglio) che - ricordiamolo - comprende anche Europei
di calcio e Coppa America. Chi è
già cliente Sky oltre all’estate di
calcio inclusa può aggiungere un
altro pacchetto (Cinema, Sport o
Calcio), o provare gratuitamente
per 18 mesi Sky Multivision. Nello
stesso, periodo, acquistando invece una Samsung Smart TV di serie
J e K con tuner satellitare, si riceve grauitamente una SmartCAM
Tivùsat con smartcard inclusa per
l’accesso a tutti i canali tivùsat e a
24 partite degli Europei, di cui 7 in
formato 4K. Per usufruire del Samsung Dream Pack Soccer Edition,
una volta eseguito l’acquisto basta
richiedere il codice promozionale
e collegarsi al sito www.samsung.
it/dreampackcalcio, o chiamare il
numero Sky dedicato 800.178.034.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Nvidia ha ufficializzato l’arrivo di Shield Android TV, il set-top box che estende a una TV “normale” i vantaggi di Android TV
Il set top box NVIDIA Shield in italia dal 20 giugno a 199 euro
Con Tegra X1 , 3 GB di RAM dedicata e una GPU Maxwell con 256 Core CUDA ha una particolare propensione per il gaming
D
di Emanuele VILLA
opo una lunga gestazione negli
Stati Uniti, il set-top box di casa
Nvidia (per intenderci, l’equivalente di Apple TV) è pronto ad arrivare
in Italia, dove sbarcherà il 20 giugno a
un prezzo di listino di 199 euro comprensivo di telecomando evoluto.
Visto che Nvidia tende ad abusare del
termine Shield, definiamo subito di
cosa si tratta: la scatoletta in questione,
il cui look richiama i canoni estetici tanto cari agli hardcore gamer, si chiama
compiutamtente Shield Android TV ed
è pensata appunto per estendere le
potenzialità del TV del salotto con tutta
la versatilità di Android TV. Da un lato
abbiamo quindi le funzionalità di intrattenimento: tutti i servizi Google, per
esempio (tra cui movies e music), ma
anche il classicissimo Netflix e Spotify,
oltre a Plex e Kodi per chi vuole dilettarsi con la gestione dei media e via dicendo. Supporta senza fatica il 4K, il protocollo Google Cast per la gestione dello
streaming via smartphone/tablet e può
essere gestito tramite un telecomando
evoluto dal look minimale (incluso nei
199 euro) il cui principale apporto hi-
tech sono i controlli vocali. Sotto questo profilo, non vediamo l’ora di vedere
all’opera il neonato Google Assistant,
ma siamo anche certi che passeranno
anni prima di vederlo in Italia: pur privo
di assistente evoluto, la piattaforma di
controllo vocale Google/Nvidia supporta pienamente la nostra lingua.
Ma cosa distingue Shield Android TV
dal resto del mondo? Il marchio Nvidia
e, di conseguenza, la sua predisposizione per il gaming; pur non essendo
paragonabile a una console di ultima
generazione, Shield Android TV è in
grado di riprodurre (grazie ai controller
wireless da gioco che possono essere collegati) i giochi del Play Store, da
quelli più semplici e casual nell’animo
a creature ben più complesse, laddove
mostra i muscoli e fa vedere la sua natura. A livello tecnico, infatti, siamo di
fronte a un dispositivo alimentato dal
Tegra X1 con 3 GB di RAM dedicata
e da una GPU Maxwell con 256 Core
CUDA, il tutto con 16 GB di storage integrato; come connessioni troviamo USB,
HDMI 2, bluetooth, Wi-Fi ed Ethernet
cablato. Chi volesse salire ulteriormente col livello di gioco potrebbe provare
GeForce Now, la piattaforma di gaming
in streaming che permette di giocare
- connessione permettendo (la presentazione andava su fibra da 50 Mbps
effettivi) - fino a 1080/60p anche in
multiplayer. E i primi 3 mesi sono gratis
per testare il servizio e, soprattutto, per
valutare le prestazioni possibili con la
propria rete di casa.
TV E VIDEO Loewe lancia i TV della linea One con schermo da 40” (899 €) e 55” (1599 €). Presentato anche il subwoofer 300 (799 €)
Loewe per i suoi nuovi TV scommette forte sull’audio
I TV sono dotati di un potente sistema audio da 2x20 Watt e sono compatibili con il servizio di streaming offerto da Tidal
I
di GAETANO mero

l produttore tedesco Loewe ha da
poco presentato due nuovi TV da 40
e 55 pollici che andranno a rinnovare
la linea Loewe One, dedicata alla fascia
intermedia del mercato. Gli schermi presentano un design ricercato, con cornici
quasi del tutto assenti, e condividono lo
stesso sistema audio integrato, punto di
forza dei due prodotti, il quale offre una
potenza dichiarata dalla società di 2x20
Watt. Il modello da 40’’ è un Full HD con
risoluzione di 1920 x 1080 pixel, dispone
di tre ingressi HDMI e due porte USB di
cui una 3.0. Il più grande della serie è invece un 55’’ Ultra HD con 4 porte HDMI, 2
ingressi CI e 3 porte USB di cui una 3.0. In
più possiede il doppio decoder per poter
guardare una trasmissione e contemporaneamente registrarne un’altra su hard
disk esterno tramite USB. Per entrambi
Loewe offre un’ampia varietà di soluzioni
torna al sommario
di installazione: a parete, da tavolo oppure
da pavimento a seconda delle esigenze e
dell’ambiente in cui si intende collocare il
TV. Dal punto di vista dell’intrattenimento i modelli della linea Loewe offrono la
compatibilità con alcune delle piattaforme
più diffuse fra cui il servizio di streaming
musicale Tidal. Con la semplice pressione
di un tasto sul telecomando sarà possibile anche spegnere lo schermo di Loewe
One e trasformare il TV in un diffusore
audio.
Loewe ha appena presentato anche il Subwoofer 300, un dispositivo audio dalle
dimensioni compatte che propone come
ideale compagno dei TV della linea One.
L’apparecchio ha una forma cubica, è rivestito da materiale composito spesso 18
mm, che preserva la qualità audio, mentre
la parte superiore è costituita da una lastra
di alluminio di 6 mm alloggiata senza fissaggi o viti a vista. Come si può intendere
dal nome, il subwoofer di Loewe riesce a
restituire fino a 300 Watt di potenza; le
connessioni sono tutte collocate sul lato
posteriore del dispositivo, inoltre il Subwoofer 300 può essere disposto in qualsiasi posizione: al centro di una stanza,
vicino ad una parete o ad angolo, grazie ai
tre diversi set-up a disposizione dell’uten-
te. Per migliorare l’esperienza sonora, è
possibile affiancare due ulteriori altoparlanti per creare un sistema audio 3.1.
I due TV sono disponibili da subito ad un
prezzo di 899 € per il modello da 40” e
1.599 € per quello da 55’’. Il Subwoofer
300 sarà invece immesso sul mercato
entro giugno ad un prezzo di 799 euro.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
PC Il sistema operativo dei Mac Apple non si chiamerà più OS X ma macOS e la versione presentata, Sierra, è ricca di novità
Apple lancia macOS Sierra, il successore di OS X
Diverse sono le novità introdotte come, ad esempio, lo sblocco con Apple Watch e una gestione più completa del cloud
di Roberto PEZZALI
rmai lo avevano capito tutti, e anche Apple se
lo era lasciato scappare in un paio di occasioni: OS X non esiste più, la prossima versione si
chiamerà macOS per uniformare il roaming al resto
della famiglia. L’erede di El Capitan si chiamerà Sierra, sarà disponibile da luglio in beta pubblica per tutti
gli utenti e disponibili come sempre sotto forma di
update gratuito quest’autunno.
Diverse le novità del nuovo sistema operativo, anche
se questa volta Apple ha lavorato più in superficie
senza andare a toccare, come ha fatto in altre occasioni, il cuore del sistema: gli interventi più grossi riguardano Continuity, lo sfruttamento del cloud e Siri,
ma c’è spazio anche per qualche feature utile come
la possibilità di sblocco automatico senza password
se si ha al polso un Apple Watch.
Continuity, ovvero la piena convergenza tra smartphone e desktop, guadagna il copia incolla universale e la condivisione
completa dei documenti
del desktop, che saranno disponibili sia su dispositivi mobile sia sugli
altri Mac dotati dello
stesso account automaticamente, grazie alla
sincronizzazione
con
iCloud.
“Gli utenti lasciano
spesso i documenti e
le cose sul desktop”, ha
rammentato nel corso
della conferenza Craig
Federighi, vice presidente senior del reparto software di Apple, e questa
potrebbe essere una buona soluzione per avere
sempre sotto mano quello che serve. Il copia incolla
universale è invece più semplice da spiegare: copiare un testo su un iPhone automaticamente rende
lo snippet disponibile anche per gli altri dispositivi
connessi. Altra importante novità, tutta da valutare
però nel funzionamento, è la gestione automatica
dello spazio del disco con archiviazione sul cloud dei
O
vecchi file: i file meno utilizzati finiscono sui server
Apple, quelli inutili vengono cancellati automaticamente.
Sbarca su macOS anche Siri, con un’icona dedicata;
Siri può cercare file e interagire con le app, anche se
ad oggi le sue funzionalità sono limitate alle app Apple: chi si trova bene con l’assistenza vocale saprà
comunque sfruttare al meglio la cosa, anche perché
per dettare messaggi o fare ricerche può davvero
rendere la fruizione del computer più semplice (e
chi usa Cortana su Windows 10 lo ha già capito). Si
chiude con il Picture in Picture, funzione ereditata da
iOS, e con Apple Pay for Web, ovvero la possibilità di pagare tramite Apple Pay online usando Safari
fornendo il TouchID come garanzia di sicurezza. L’assenza di Apple Pay in Italia rende comunque secondaria questa funzionalità. Nessuna feature alla quale
si può rinunciare, ma tante piccole migliorie: la novità
più grande del sistema operativo Sierra in ogni caso
sembra essere il nuovo nome, macOS.

Craig Federighi, vice
presidente senior del
reparto software di Apple,
durante la conferenza
ha illustrato le migliorie
introdotte nel sistema
operativo macOS Sierra.
In particolare, la condivisione dei documenti del
desktop, che saranno disponibili sia su dispositivi
mobile sia sui Mac dotati
dello stesso account.
torna al sommario
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
PC Al Computex, Microsoft ha dimostrato una funzionalità dell’aggiornamento di Windows 10
Carta e penna in pensione con Windows Ink
La nuova funzione riguarda l’uso del pennino sui tablet e portatili provvisti di touchscreen
di Franco AQUINI
icrosoft ha mostrato al Computex, durante un live show, alcune funzionalità della release
estiva di Windows 10. Tra queste c’è
Windows Ink, una nuova implementazione nell’uso della penna all’interno
del sistema operativo. La dimostrazione
viene fatta con una delle penne abilitate
all’uso di Windows Ink, che avranno un
tasto specifico per accedere al Windows
Ink Workspace, la barra di applicazioni
studiate appositamente per l’uso con la
penna. Ci vengono mostrate le applicazioni disponibili sul Windows Store, ma
alcune di queste sono incluse nel prossimo aggiornamento di Windows 10 e
sono molto interessanti. La prima riguarda i post-it. Quante applicazioni di questo genere si sono già viste in passato?
Ebbene, questa nuova gestione di postit è integrata con Cortana, ed è capace
di rilevare qualsiasi riferimento a evento
o azione, decifrandole e proponendo
azioni di conseguenza. Nello show la
relatrice scrive “chiamare mamma domani” e la parola domani viene subito
evidenziata, tra l’altro con una reattività
notevole. Cliccandoci, appare un menù
contestuale che propone la creazione
di un evento sul calendario. Ancora meglio quando scrive il numero del volo
per tornare a Seattle. Pur scrivendo con
una calligrafia non proprio corretta, il
sistema la riconosce perfettamente e
apre un menù contestuale con le informazioni sul volo in oggetto. La seconda funzionalità che ci viene mostrata
riguarda Office. In Word, barrando le
parole che vogliamo cancellare, vengono automaticamente cancellate, mentre
sottolineandole, vengono evidenziate
come se usassimo un evidenziatore.
In PowerPoint la questione si fa ancora
più interessante: oltre a poter disegnare liberamente e posizionare oggetti
sulla diapositiva, si può posizionare sul
desktop un righello virtuale e tracciare
linee rette proprio come faremmo con
un righello fisico su un foglio di carta. La
terza applicazione riguarda le mappe.
Tracciando una riga tra un punto A è un
punto B della mappa, Windows traccia
diversi percorsi alternativi a seconda
che si voglia andare a piedi o con l’auto.
Queste tre applicazioni, prese singolarmente, non mostrano nulla di rivoluzionario, ma la semplicità e la naturalezza

M
torna al sommario
con cui viene usata la penna fa pensare
di essere di fronte all’implementazione
definitiva della penna digitale. Che sia
arrivato il momento di dire addio a carta
e penna? Certe abitudini sono dure a
morire, ma fino a pochi anni fa c’era chi
sosteneva l’assoluta immortalità della
tastiera qwerty fisica sugli smartphone
e abbiamo visto tutti com’è andata a finire. Windows Ink sembra un’ottima funzionalità che darà a Windows 10 ancora
più appeal.
PC Un SSD per PC e notebook ultra sottili di prossima generazione
Samsung annuncia l’SSD da 512 GB
È quasi grande come un francobollo
S
di Gaetano MERO
amsung ha annunciato di aver avviato la produzione di massa del più piccolo
SSD mai progettato finora. Si tratta di un dispositivo, il cui nome in codice
è PM971-NVMe, che misura 20 x 16 x 1,5 millimetri e che pesa soltanto un
grammo pur garantendo le più elevate prestazioni del settore. La società coreana
afferma di essere riuscita a raggiungere una capacità di storage di 512 GB grazie
alla combinazione di 16 chip V-Nand Flash da 256 Gigabit, a 48 strati, l’unità include anche un chip da 4 GB DRAM LPDDR4 e un controller Samsung ad elevate performance. Grazie alle sue piccole dimensioni, un quinto rispetto agli attuali SSD, il
PM971-NVMe è ideale per l’utilizzo nei PC e nei notebook ultra sottili di prossima
generazione. Il dispositivo garantisce una velocità di lettura pari a 1.500 Megabyte al secondo e in scrittura di 900 Megabyte al secondo grazie alla tecnologia
TurboWrite (che utilizza temporaneamente alcune parti dell’SSD come buffer di
scrittura), riuscendo quindi a trasferire un filmato in Full HD da 5
GB in soli tre secondi. Ottime anche le prestazioni di lettura/scrittura random IOPS (Input Output
Operations Per Second) in cui raggiunge rispettivamente la velocità
di 190K e 150K, che lo rendono
di fatto 1.500 volte più veloce di
un HDD classico. La distribuzione
in tre tagli, da 128, 256 e 512 GB,
avverrà già a partire da giugno a
livello mondiale.
In arrivo entro
l’anno le nuove
CPU Intel Core
di settima
generazione
Dopo la presentazione
della nuove serie di
CPU ad alte prestazioni
Extreme Edition, al
Computex 2016 Intel
ha annunciato anche
l’arrivo, entro la fine
dell’anno, dei nuovi
chip Core di settima
generazione
di Giulio MINOTTI
Dal Computex di Taipei sono arrivate interessanti novità dal mondo
dei processori. Dopo la presentazione della nuova serie di CPU
Intel per PC desktop di fascia alta,
arriva sempre dall’azienda americana, l’annuncio del debutto entro
l’anno dei nuovi processori Core
di settima generazione, nome in
codice Kaby Lake. Prodotti sempre a 14 nanometri offriranno il
supporto a Thunderbolt 3 e a webcam in grado di utilizzare avanzate
tecnologie per il riconoscimento
facciale, come Windows Hello.
Navin Shenoy, general manager
Intel Client Computing Group, ha
dichiarato che la produzione delle
nuove CPU avrà inizio entro la fine
di giugno, insieme ai nuovi processori Apollo Lake, una versione più
economica della sesta generazione della famiglia Skylake. Si tratta
di soluzioni ideate soprattutto per
tablet e PC 2 in 1 a basso costo,
che includeranno il supporto a
USB-C e alla riproduzione di video
in 4K. I nuovi Intel Core di settima
generazione e le CPU Apollo Lake
verranno lanciati sul mercato entro
la fine di quest’anno.
Disegnata
per ascoltare
I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli,
grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità
superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers
& Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie
alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia
tweeter-on-top non crederete quanto bene la
musica può suonare.
www.audiogamma.it
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
PC Primo giro di boa dopo il rilascio di Windows 10 per tablet e PC lo scorso luglio, è tempo di bilanci e... di previsioni
Windows 10 compie un anno, dove sta andando?
Tutti i progetti presenti e futuri in casa Microsoft
Che cosa succederà a Windows 10 nei prossimi mesi? Abbiamo fatto il punto su Store, Xbox One, HoloLens e Mobile
di Mirko SPASIANO
W

indows 10, in un certo senso, è stata l’ennesima ripartenza in casa Microsoft, dato che, ad
ogni major update, oltre a un diverso design
language (più che legittimo), è stata introdotta una
nuova piattaforma di sviluppo. Pur supportando le API
delle vecchie app Runtime e Silverlight, scritte per
Windows (Phone) 8-8.1, l’ecosistema Windows 10 si
fonda sulla Universal App Platform (UAP). Le applicazioni universali, scritte nativamente per Windows 10,
sono flessibili e reattive, si adattano allo spazio a disposizione e, potenzialmente, possono girare su una
famiglia di dispositivi che va dagli smartphone ai PC,
passando per i tablet, l’Xbox One, HoloLens e perfino
l’Internet of Things (IoT). Il progetto dell’ecosistema
Windows 10 è davvero ambizioso, ma, ad oggi, non ha
ancora espresso tutto il suo potenziale. I motivi sono
riconducibili essenzialmente a tre fattori.
• In primo luogo, Xbox One non è ancora entrata ufficialmente a far parte dell’ecosistema. Sebbene con la
New Xbox One Experience, Windows 10 sia sbarcato
anche su console, lo Store che troviamo su Xbox One
non è ancora quello universale: le applicazioni ivi scaricabili sono versioni specifiche per console.
• Poi, c’è la controversa situazione legata all’accoppiata Windows Phone 8.1-Windows 10 Mobile. Il problema principale è legato alle scarsissime quote di
mercato impegnate dal sistema operativo, o meglio,
dai sistemi operativi mobile di casa Microsoft. Quella che una volta sembrava una peculiarità non tanto gradita di Android, è arrivata anche su Windows
Phone/Mobile, ossia la frammentazione. Alle quote di
mercato, ormai quasi irrisorie, che competono al sistema operativo mobile del colosso americano bisogna
aggiungere il fatto che, secondo AdDuplex, Windows
10 Mobile ha raggiunto soltanto il 10,4% degli smartphone Windows (dato che risale al 18 maggio).
• Infine, oggi HoloLens è poco più che un concept
per i consumatori. Il visore per la realtà aumentata
torna al sommario
del colosso di Redmond non diventerà un prodotto
commerciale prima di un anno (o forse due). Soltanto
gli sviluppatori possono richiedere la Development
Edition, a loro dedicata, alla “modica” cifra di 3000
dollari.
Insomma, la chiusura del cerchio appare ancora lontana. Tuttavia ci sono dei segnali incoraggianti. Innanzitutto, questa estate arriverà l’Anniversary Update, il
prossimo corposo aggiornamento che investirà tutta
la famiglia di prodotti Windows: PC, tablet, smartphone e anche Xbox One. Tra le principali novità che
questo porterà, si annovera lo Store universale sulla
console di casa Microsoft.
Dunque, se il primo punto che abbiamo sollevato è un
falso problema, o quantomeno prossimo alla risoluzione, gli altri due sono questioni decisamente più serie. A fronte del calo vertiginoso delle quote di mercato di Windows nel mobile (parzialmente autoindotte),
Microsoft ha risposto con un cambio di strategia. La
compagnia americana ha cambiato il target per il suo
sistema operativo mobile, rivolgendosi principalmente all’utenza business, che è probabilmente ciò che le
riesce meglio. Come avremo modo di vedere, questa
“identità” si adatta senz’altro
meglio a Windows 10 Mobile e, se opportunamente
coltivata, può portare ad un
discreto prodotto di nicchia
nel prossimo futuro.
HoloLens, invece, sta vivendo una fase di gestazione
che si protrarrà fino al lancio
al pubblico. Probabilmente scottata dall’esperienza
avuta con Windows Phone
7, questa volta Microsoft
ha adottato un approccio
fortemente cautelativo. Il
visore per la realtà aumentata del colosso americano non diverrà un prodotto consumer (con hardware
rinnovato e prezzo inferiore) fin quando non verranno
soddisfatti due requisiti fondamentali. In primis, l’ecosistema Windows 10 deve raggiungere un certo grado
di maturazione e, in secondo luogo, deve esserci un
numero sufficiente di applicazioni Made for HoloLens
che ne giustifichino una commercializzazione su larga
scala.
Windows Store sta migliorando
Ma il gap si sente eccome
Dopo tutte queste “chiacchiere” su questo fantomatico ecosistema, entriamo nel merito: oggi, com’è la
situazione dell’app-gap e, soprattutto, come sono le
app per Windows 10?
Dare una risposta secca è complicato, soprattutto se
si considerano le molteplici esigenze di ognuno. Quel
che è certo è che dal punto di vista dei numeri, Windows Store è ancora ben lontano da iOS e Android.
Gli ultimi dati, non ufficiali, sembrano indicare che, a
fronte di circa 1,5 milioni di applicazioni negli store di
segue a pagina 22 
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MAGAZINE
PC
Windows 10: dove sta andando?
segue Da pagina 21 

iOS e Android, il Windows Store ne offra più o meno
un terzo, ovvero intorno alle 500 mila app. Soffermandosi esclusivamente sui numeri, è lampante che il
confronto sia impietoso.
Senza focalizzarsi su una piattaforma piuttosto che
un’altra, da intendere come mobile o desktop, mancano all’appello applicazioni importanti del calibro di
Snapchat, Periscope, la suite di Google o i giochi sviluppati da Supercell (la serie Clash of Clans, per intenderci). È evidente, però, che la mancanza di applicazioni si fa sentire principalmente su mobile, piuttosto
che su PC, ove l’espressione “mobile” è da intendere
in senso ampio, coinvolgendo anche i tablet e, perché
no, i 2-in-1. Ciò deriva dal fatto che, laddove vi fosse
una specifica carenza, su PC si può sempre rimediare
agevolmente tramite browser o con programmi “completi” con architettura Win32, ottimizzati per l’uso con
mouse e tastiera.
Pertanto, la conclusione a cui giungono spesso i più
“tradizionalisti del PC” è che la UAP, la piattaforma
delle app universali, sia completamente inutile al di
fuori del mobile. Talvolta, questo genere di riflessione
si basa anche sul concetto che la UAP sia sinonimo
di castrazione di potenzialità e funzionalità. Seppure,
in un certo senso, alcuni paragoni tra Universal App
e controparte Win32 siano improponibili, è pur vero
che esistono delle eccezioni, delle piccole perle che
mostrano il potenziale dell’UAP.
Ad esempio, confrontando Adobe Photoshop Express,
presente sul Windows Store, con Photoshop Elements (programma classico Win32) non c’è assolutamente
storia. Si deve tener conto, però, che il primo è gratuito con acquisti in-app e il secondo costa circa 71 euro.
Se, però, si cerca meglio nello Store, si può scovare
un gioiellino come Polarr Photo Editor Pro, che supporta perfino le immagini RAW. Un discorso analogo
può farsi per Adobe Reader Touch e Acrobat Reader
DC, ma guardando un po’ più in là, si trova Drawboard
PDF. Un altro piccolo capolavoro è StaffPad, che Microsoft ha utilizzato spesso anche per pubblicizzare
il Surface Pro 3, la quale riconosce automaticamente
le note musicali disegnate col pennino su di un pentagramma. O, ancora, NewsFlow, WiFi Commander,
SofaScore, AccuWeather, Tubecast e tante altre. In
sostanza, anche senza scomodare le app proprietarie
di Microsoft, come Traduttore o Office Lens, si riescono a trovare diverse ottime applicazioni.
torna al sommario
Per non parlare poi del gaming. Sullo Store di Windows 10 stanno cominciando a fare la propria comparsa diversi titoli da tripla A rilasciati anche su Xbox One,
come Forza Motorsport 6, Rise of the Tomb Raider,
Gears of War e Quantum Break, ma anche chicche
indie, quali Ori and the Blind Forest, The Escapist: The
Walking Dead, Shadow Complex Remastered e Fire:
Ungh’s Quest. Questi sono solo alcuni esempi, che
vanno a sommarsi a quei giochi più famosi e propriamente “mobile”, come i vari titoli di King (quelli della
serie Candy Crush, per intenderci), Gameloft e Disney.
Certo, però, è chiaro che la scelta non è neanche lontanamente ampia come su iOS e Android.
Aldilà delle singole app che abbiamo citato, ciò che
spicca è la differenza abissale con le applicazioni
scritte specificamente per Windows 8.1 e Windows
Phone 8.1. Per citare la dicitura presente sullo Store,
le app “progettate per Windows 10” offrono prestazioni significativamente migliori, soprattutto su mobile, e,
nella maggior parte dei casi, un design più moderno e
gradevole. Senza contare, poi, che numerose app che
su Windows 8.1 e Windows Phone 8.1 versavano in uno
stato pietoso sono state aggiornate. Tra gli esempi più
clamorosi figurano proprio le app social: Facebook,
Instagram e Twitter erano un disastro, ma ora sono
alla pari con le piattaforme concorrenti (Facebook per
mobile un po’ meno). La differenza più netta con il
passato si può apprezzare quotidianamente, perché
dopo la pubblicazione di una nuova app, questa non
viene abbandonata a se stessa, ma viene aggiornata
abbastanza frequentemente. Dove, invece, si avverte la maggiore carenza, è nell’ambito del supporto
di hardware di terze parti,
in particolar modo degli
smartwatch. Se per i wearables si può dire che ci
sia una discreta scelta,
con Fitbit e Garmin che la
fanno da padroni, manca
completamente il supporto ad Android Wear, Apple
Watch e persino Pebble.
Ma un discorso analogo
può farsi anche per svariati
prodotti per la smarthome
e il multimedia, il che può condizionare fortemente la
scelta degli accessori in sede d’acquisto.
In conclusione, tornando alla domanda d’apertura,
per riassumere potremmo dire che l’app-gap è ancora una problematica molto attuale. Tuttavia, per fortuna, si avverte di meno rispetto al passato: non solo
in termini di numero di applicazioni, ma soprattutto in
termini di qualità e funzionalità. Se, poi, si fa un uso
“business” del proprio dispositivo, è facile sentirsene
ancora meno affetti (approfondiremo nel dettaglio
questo aspetto con riferimento particolare a Windows
10 Mobile).
Xbox One: rivoluzione
con la Anniversary Update
In apertura abbiamo accennato al fatto che già oggi
Xbox One gira grazie ad una particolare versione di
Windows 10. Ciò nonostante, soltanto questa estate
lo Store universale farà il proprio debutto su console,
unitamente a Cortana, con l’Anniversary Update. Ma
perché questo passaggio è così importante?
Innanzitutto, lo sbarco dello Store universale su
console è la prossima pietra miliare per completare
l’ecosistema Windows 10. Sebbene Microsoft conteggiasse già le sue console di ultima generazione
nell’annunciare il numero di dispositivi che montano
Windows 10, di fatto, uno sviluppatore che dovesse
approcciarsi alla UAP, ad oggi non può rilasciare la
propria app universale su Xbox One.
Se, come pare, Microsoft dovesse consentire il
download di tutte le app presenti sullo Store anche
su console, a seguito dell’Anniversary Update ci sarà
un incremento consistente del bacino d’utenza a cui
si può rivolgere uno sviluppatore. Certo, non ci si può
aspettare che l’apertura dello Store universale alla
console convinca Evan Spiegel, CEO di Snapchat
Inc., a rilasciare la propria app per Windows 10 Mobile. Tuttavia, è ragionevole pensare a un maggiore
interesse da parte degli sviluppatori di giochi e app
per il multimedia nei confronti dell’intera piattaforma
Windows 10.
Tra l’altro Microsoft sta valutando la possibilità di porsegue a pagina 23 
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MAGAZINE
PC
Windows 10: dove sta andando?
segue Da pagina 22 

tare la variante di Windows 10 che gira sulla sua console sui PC di terze parti. Qualora queste voci dovessero rivelarsi accurate, è probabile che assisteremo
alla nascita di computer prettamente votati al gaming
ed al consumo di contenuti multimediali, che beneficerebbero non solo dei giochi per Xbox One, ma anche dell’intero parco applicazioni dello Store.
Se era abbastanza chiaro sin dal principio come l’ecosistema Windows 10 avrebbe giovato dal battesimo
anche su console, l’inverso, invece, è leggermente
più oscuro; però, possiamo affermare con cognizione
di causa che il mondo Xbox ne beneficerà altrettanto.
In primo luogo, bisogna considerare il contesto in cui
si andranno ad inserire Cortana e lo Store universale, da intendere sia come posizione in casa sia come
“momento storico” dal punto di vista tecnologico.
Sebbene vi sia chi utilizza la console squisitamente
per il gaming, la Xbox One ha anche una componente
multimediale (si pensi alle varie applicazioni che per
il consumo di contenuti in streaming oppure on-demand): per questa ragione, fondamentalmente, il regno della console è il salotto. Negli ultimi anni, la lotta
per il “predominio tecnologico” in questo ambiente
si è fatta davvero serrata. Basti pensare alla grande
varietà di prodotti che lo affollano aldilà delle console
“tradizionali”: Apple TV, Ouya, Chromecast, Amazon
Echo, prossimamente Google Home e tanti altri. Ciascuno di questi ha il suo punto forte (in ordine sparso):
casual gaming, consumo di contenuti multimediali e,
soprattutto, quella che è l’ultima frontiera nell’ambito
della tecnologia, ossia assistenza virtuale e smarthome.
Ecco, in un solo colpo, con l’Anniversary Update Xbox
One potrebbe diventare un prodotto profondamente
versatile. Oltre a soddisfare le esigenze degli hardcore gamer, l’aggiornamento di questa estate potrebbe
portare nuova vita al casual gaming ed all’entertainment con le app dello Store universale e, per quelli
che hanno Kinect (necessario per il microfono), un
portale d’accesso al controllo automatizzato della
smarthome grazie a Cortana.
Se a questo si sommano le voci che vorrebbero l’arrivo sul mercato di una Xbox Mini, che eseguirebbe
esclusivamente le app del Windows Store, e di un
competitor per la Chromecast, ecco che i contorni del
quadro assumono linee sempre più marcate.
torna al sommario
HoloLens: uscirà quando
ci saranno le app
La storia di HoloLens è piuttosto curiosa e, per certi versi, strettamente collegata alla precedente. Sì,
perché il visore per la realtà aumentata progettato a
Redmond nasce per il gaming. Pare, infatti, che nelle intenzioni iniziali del colosso americano, HoloLens
sarebbe dovuto essere una semplice periferica per
Xbox One, che avrebbe dovuto scontrarsi con Project
Morpheus di Sony, ovvero quella che oggi è conosciuta come PlayStation VR. Tuttavia, dopo aver mostrato
il visore a diversi partner, che si sarebbero mostrati
fortemente interessati soprattutto in ambito business,
Microsoft è tornata sui propri passi, rendendo il gaming soltanto una delle possibili sfumature.
Oggi, al quartier generale di Redmond, vedono HoloLens come un prodotto a tutto tondo, con possibili
applicazioni in molteplici campi. È chiaro, però, che
non è pronto a fare il proprio debutto ufficiale nella
grande distribuzione. Microsoft non può permettersi
di bruciare quello che probabilmente è stato il prodotto più innovativo che abbia concepito negli ultimi
anni. Lanciare sul mercato un prodotto così diverso,
seppur basato su Windows 10, che avesse mostrato
problemi hardware-software e che non fosse accompagnato da un robusto parco di applicazioni specifiche, sarebbe stato sicuramente un errore, oltre che
un danno per l’intero ecosistema di Microsoft.
È per questo che, al momento, è in vendita esclusivamente una Development Edition, al prezzo di 3.000
dollari. Si tratta di un bundle chiaramente indirizzato
agli sviluppatori, i quali, oltre ad essere più tolleranti
nei confronti dei bug e “consapevoli nell’acquisto” rispetto al consumatore, vi nutrono anche un interesse
personale.
Ma, fondamentalmente, a cosa serve? Intanto, è opportuno fare una premessa: rispetto ad altre soluzioni
come l’Oculus Rift o l’HTC Vive, HoloLens è un visore
per la realtà aumentata, e non per la realtà virtuale.
Sostanzialmente, ciò comporta che con il visore di Microsoft non si viene completamente proiettati in un
mondo virtuale, ma si ha la perfetta percezione di ciò
che ci sta intorno. Il nome stesso del prodotto suggerisce che, ciò che ci viene presentato indossando il
visore, sono degli ologrammi. Se, magari, questo può
essere limitante in ambito videoludico, in campo business, dell’intrattenimento e dell’istruzione offre delle
potenzialità enormi.
Sì, perché ologramma è da intendere in senso molto ampio: un layer dati aggiornato in tempo reale in
un laboratorio, per un evento sportivo o perfino in un
campo di battaglia, negli studi di ingegneria e di architettura per mostrare i progetti in 3D, istruzioni d’uso o
corsi formativi interattivi e così via. Non c’è davvero
limite alla fantasia. Tutto ciò sarebbe poi coadiuvato
dalla UAP e, quindi, dalle medesime applicazioni universali che girano su smartphone, tablet e PC, ma con
un’interfaccia ottimizzata. Non è difficile immaginare
una finestra con una videochiamata di Skype, un film
in streaming su Netflix o, magari, le ultime news ed
il meteo.
Alex Kipman, inventore di HoloLens, in occasione della sua presentazione al pubblico, poco più di anno fa,
ha dichiarato:
Fino ad ora, ci siamo immersi nel mondo della tecnologia. […] E se potessimo prendere ls tecnologia e
portarla nel nostro mondo? Gli ologrammi possono
diventare parte della nostra vita di tutti i giorni.
Sebbene teoricamente possibile, poiché HoloLens
non necessita di essere collegato ad un PC, non ci
si deve immaginare di incontrare persone che camminino per strada con un visore tutto il giorno (anche
se, un giorno, con la miniaturizzazione dell’hardware
ed il costante miglioramento delle prestazioni di CPU
e GPU, non è escluso che accada qualcosa di analogo). Nel prossimo futuro, HoloLens è da immaginare
“circoscritto” a particolari ambienti: studi professionali, università, laboratori, ospedali e così via. Ma, per
citare Kipman, prima che gli ologrammi diventino parte della vita di tutti noi, entrando nelle case dei consumatori, HoloLens subirà sicuramente una revisione
hardware e, con essa, potrebbe arrivare un cospicuo
taglio di prezzo.
Al momento HoloLens ha un’autonomia di circa un
paio d’ore o poco più, ma, prima ancora che si possa
scaricare del tutto, chi l’ha provato assicura che dopo
una mezz’oretta si comincia ad avvertire un po’ di fatica. Per quanto risulti abbastanza comodo nel momensegue a pagina 24 
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MAGAZINE
PC
Windows 10: dove sta andando?
segue Da pagina 23 
to in cui lo si indossa, dopo diversi minuti di utilizzo
si comincia ad avvertirne il peso sulla testa. C’è, poi,
da considerare l’altro aspetto più discusso del visore
di casa Microsoft, ossia il campo visivo: come potete
vedere dalla foto di fianco, gli ologrammi non sono
completamente immersi nello spazio circostante, ma
sono confinati all’interno di una “finestra”.
Tutto ciò, fondamentalmente, non fa che confermare
quanto abbiamo detto in precedenza: il debutto in
ambito aziendale precederà abbondantemente quello in campo consumer. Volendosi sbilanciare, si potrebbe prefigurare il primo anche nel giro di un anno,
soprattutto se si immagina un utilizzo caratterizzato
da una certa soluzione di continuità. Prima di ritrovarci
la casa immersa da ologrammi, però, potrebbe volerci
molto di più.
Windows 10 Mobile
ll futuro è nel business

Veniamo ora a quella che è probabilmente la questione più spinosa ed il punto più critico dell’intero
ecosistema Windows 10: il mobile. È degli ultimi giorni
la notizia che il colosso americano taglierà altri 1.850
posti di lavoro dalla divisione mobile. Microsoft, in un
certo senso, sta smantellando ciò che resta di Nokia,
soprattutto se si considera che 1350 dei lavoratori affetti dai tagli sono localizzati in Finlandia.
Già lo scorso anno, in occasione dell’annuncio della
prima tranche di licenziamenti, ben più consistente
(7.800 posti di lavoro), Satya Nadella aveva illustrato quella che sarebbe stata la strada che Microsoft
avrebbe seguito nel futuro immediato: Nel breve periodo, la nostra proposta sarà più efficace […]. Daremo agli utenti aziendali l’esperienza di cui hanno bi-
torna al sommario
sogno, in termini di sicurezza, produttività e facilità di
gestione. Daremo, a coloro che sono soliti acquistare
telefoni economici, i servizi di comunicazione di cui
hanno bisogno. Daremo ai fan di Windows i flagship
che amano.
Se già con queste parole era già chiaro il ritiro dallo
spazio consumer, le dichiarazioni ben più recenti di
qualche giorno fa non hanno fatto altro che confermarlo: Concentreremo i nostri sforzi lì dove abbiamo
caratteristiche distintive - sul mondo enterprise, che
ha a cuore la sicurezza, la facilità di gestione e Continuum e sui consumatori che apprezzano le stesse
caratteristiche. Continueremo ad innovare i nostri
servizi cloud e indipendentemente dai dispositivi, su
tutte le piattaforme mobile.
Per quanto queste parole siano inequivocabili e lascino intendere una certa consapevolezza nel non
poter competere con iOS e Android in ambito consumer, ciò non vuol dire che Microsoft abbandonerà
il settore mobile. Lo sviluppo di Windows 10 Mobile
continuerà perché, ormai, il primo non è altro che una
declinazione di Windows 10. Chi segue con attenzione l’evoluzione delle build indirizzate agli Insider del
nuovo ramo di sviluppo Redstone (quello che sfocerà nell’Anniversary Update di questa estate), avrà
senz’altro notato che i changelog della versione desktop e quella mobile spesso si sovrappongono per una
buona parte. Vale a dire che le modifiche apportate
al sistema operativo per tablet e PC si ripercuotono
spesso, magari a distanza di qualche giorno o settimana, anche su smartphone. Potenzialmente, Microsoft potrebbe continuare lo sviluppo di Windows 10
Mobile, impegnando meno risorse, finché esisterà
Windows 10.
Microsoft ha chiaramente fatto, non uno, ma tre o
quattro passi indietro sulle proprie ambizioni di diventare una compagnia produttrice di smartphone. Citando ancora le parole di Nadella dello scorso luglio:
Da un piano che prevedeva di creare un business
stand-alone nel campo degli smartphone [dominare
il mercato degli smartphone Windows, ndr], ci stiamo
spostando verso una strategia che preveda un ecosistema florido che includa i nostri dispositivi.
In sostanza, Nadella si aspetta che siano i produttori
terzi ad assumersi il rischio di produrre smartphone,
mentre Microsoft può concentrarsi a sviluppare il software e dei prodotti di riferimento, come sono i Surface nell’ambito 2-in-1, che non mirano direttamente
alla grande distribuzione. Ma cosa resta quando si abbandona lo spazio consumer? Quello che Microsoft
sa fare meglio, ovvero soddisfare l’utenza aziendale.
Non è un caso, perciò che, tra i principali attori sulla
scena, finora soltanto i produttori di PC hanno avanzato la propria proposta di smartphone Windows 10:
Acer, VAIO ed HP. È inutile specificare che tutte e tre
le proposte supportano Continuum. Ecco, Continuum.
Questo è il cardine della proposta business di Microsoft. Grazie ad applicazioni come Desktop Remoto o
TeamViewer, si può accedere alle risorse aziendali
o controllare computer Windows, Mac e Linux tutto
da remoto. Ma la soluzione più interessante è sicuramente il cloud-computing, la prima espressione del
quale verrà presentata da HP in occasione del rilascio
del suo Elite x3 e prende il nome di HP Workspace.
Nonostante l’architettura ARM del processore, grazie
al cloud-computing, si potranno utilizzare le classiche
app x86 anche su smartphone in modalità Continuum.
Con l’Anniversary Update, poi, Continuum non sarà limitato soltanto ai monitor o ai televisori. Infatti, con il
prossimo major update per mobile, uno smartphone
Windows 10 Mobile potrà essere collegato ad un vero
e proprio PC desktop o portatile che monti Windows
10, sfruttandone tastiera, touchpad e magari touchscreen. Qual è l’utilità? Che magari quel portatile è
di un amico o di un collega e, dovendo maneggiare
dati sensibili, non si vuole lasciare alcuna traccia. Insegue a pagina 25 
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
PC
Windows 10: dove sta andando?
segue Da pagina 24 
somma, finché ci sarà un PC Windows 10 nei paraggi,
anche non nostro, potenzialmente, è come avere un
computer sempre in tasca.
Ad ogni modo, l’obiezione più comune che viene mossa a questo genere di ipotesi è che, anche quando si
utilizzi una delle soluzioni precedenti per “arrangiarsi”
con uno smartphone come PC, un telefono Windows
10 Mobile resta comunque una soluzione non ottimale dal punto di vista dell’uso come smartphone. In
altri termini, aldilà dei servizi di messaggistica e delle
applicazioni più diffuse, si avvertirebbe comunque la
mancanza delle app di qualche compagnia aerea, dei
servizi ferroviari o, magari, di car sharing. Tuttavia, se
avrete la pazienza di seguirci nell’ultima tappa di questo percorso, cercheremo di chiudere il cerchio.
Bot e intelligenza artificiale:
L’app-gap non è un’eterna condanna

La conclusione di questo “viaggio” non poteva che
essere sull’aspetto più futuristico di tutti, ovvero i bot
e l’intelligenza artificiale. Tutti i principali attori del
mondo della tecnologia si stanno muovendo in questa direzione: chi con assistenti virtuali, chi con ricerche e suggerimenti proattivi e chi con dei “portali” al
mondo dei bot. Non c’è dubbio che la next big thing
torna al sommario
sia proprio qui. A guidare la rivoluzione nel mondo dei
telefoni cellulari, che successivamente hanno acquisito la denominazione di smartphone è stata Apple
con l’iPhone. Sebbene il melafonino abbia portato
con sé una grande novità come un pannello multitouch capacitivo, la sua caratteristica principe, che ne
ha decretato il successo, è stata l’App Store. Sono le
applicazioni che hanno reso smart i telefoni cellulari, trasformandoli sempre più in dispositivi versatili e
tuttofare. Ciò che descrive meglio questa particolare
caratteristica degli smartphone è lo slogan coniato da
Steve Jobs “there’s an app for that”.
Oggi, con la pubblicazione di centinaia di app al giorno, il mercato delle applicazioni, così come quello degli smartphone, in un certo senso sta giungendo a saturazione. Sono sempre più le applicazioni che hanno
le medesime funzioni, differenziandosi davvero poco
l’una dall’altra. Parallelamente, in un mercato sempre
più competitivo, per gli sviluppatori diventa sempre
più difficile emergere. Basti pensare che, a meno del
gioco del momento o dell’app di accompagnamento
di qualche recente acquisto tecnologico, la maggior
parte di noi utilizza sempre il medesimo set di applicazioni per lunghissimo tempo, senza scaricare nuove
app per intere settimane.
Analizziamo qualche risultato evidenziato dalla ricerca US Mobile App Report del 2015. Secondo questa
ricerca, i possessori di smartphone e tablet trascorrono rispettivamente il 50 ed il 59% del tempo su
una singola applicazione, che, nella maggior parte
dei casi è a tema social. Sarà un caso che Telegram,
Messenger, Skype, Kik e Allo integrano qualche forma di intelligenza artificiale o, almeno, il supporto ai
bot? Probabilmente no. Il trend recente nell’ambito
dello sviluppo è che le applicazioni stanno diventando sempre meno “specializzate” in un compito ben
definito e sempre più “generaliste”. Si pensi anche all’evoluzione di Facebook: da semplice social network
con condivisione di stati, foto e messaggi è diventato
un gigante dei video, lanciando successivamente anche la possibilità di trasmettere in diretta.
Ora, però, come si lega tutto questo al mondo Windows? Al //build/ dello scorso aprile, conferenza
annuale di Microsoft dedicata agli sviluppatori, la
compagnia americana ha svelato i suoi piani sull’integrazione di bot e intelligenza artificiale in Skype. La dimostrazione che si è tenuta sul palco è stata davvero
esaustiva ed a tratti sorprendente sotto questo profilo.
Tenendo traccia delle conversazioni avute in passato
su Skype e delle informazioni dell’utente, come luogo
di residenza e impegni sul calendario, Cortana (che
verrà integrata in Skype) sarà in grado di suggerire in
maniera proattiva di interfacciarsi con i bot più disparati per prenotare volo/treno/taxi, tavolo al ristorante
e, magari, camera da letto. Non mancherà neanche
l’integrazione con alcuni servizi come TripAdvisor o
Yelp, che ci aiuterà a prendere una decisione in fase
di prenotazione.
Ma, allora, se per portare a termine queste operazioni
non saranno più necessarie le app delle compagnie
aeree, degli alberghi, dei ristoranti, o, magari del fioraio piuttosto che del supermercato, la conclusione
più logica è che l’app-gap, in buona parte, non sarà un
problema per sempre. Certo, l’intelligenza artificiale
ed i bot non potranno mai sostituire le “applicazioni di
accompagnamento” di smartwatch, i wearables e gli
accessori per la smarthome, ma la sensazione è che
lentamente qualcosa nello Store di Windows 10 si stia
muovendo, anche grazie all’aggiunta di preziose API
che mancavano.
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PC L’idea del colosso americano è piuttosto chiara: abbattere i costi legati alle esperienze VR
Le nuove GPU AMD con tecnologia Polaris
La AMD Radeon RX 480 verrà lanciata sul mercato il prossimo 29 giugno a soli 199 dollari
N
di Francesco FIORILLO
el corso di una conferenza
stampa organizzata in occasione dell’edizione 2016 di Computex, AMD ha presentato la Radeon
RX 480, una scheda che verrà lanciata
sul mercato il 29 giugno al prezzo di
199 dollari. Inizialmente saranno due
le configurazioni disponibili, caratterizzate rispettivamente da una memoria
RAM da 4 e 8 GB, ma entrambe potranno contare sulla nuova architettura
Polaris. Il colosso statunitense risponde così alle ultime soluzioni di Nvidia
e, nel farlo, propone una scheda grafica pensata per sfruttare i dispositivi
VR, dotata di una potenza di calcolo
superiore a 5 TFLOPs e di un bandwidth pari a 256 GB/s.
Stando alle parole di AMD, due RX 480
sarebbero in grado di offrire prestazioni maggiori di una GTX 1080, mentre
l’implementazione dell’oramai immancabile tecnologia AMD FreeSync garantirà esperienze videoludiche fluide.
“Le nuove schede grafiche Radeon RX
Series basate su architettura Polaris
sono pensate per il gaming del futuro
e per offrire grandi esperienze di Virtual Reality”, ha dichiarato Raja Koduri,
senior vice president and chief archi-
tect, Radeon Technologies Group,
AMD. “Uno dei limiti alla diffusione
delle esperienze VR è spesso il loro
costo, che le rende appetibili per un
pubblico ristretto. Con le Radeon RX
Series offriamo una tecnologia innovativa a un prezzo in grado di trasformare la VR in un fenomeno rilevante
per tutti i consumatori”.
PC I videogiocatori più esigenti sono accontentati. L’unica nota dolente del GT51CA è il prezzo
Gaming estremo con il nuovo PC Asus della serie ROG
È dotato di un Intel Core i7 6700K, 2 schede Nvidia GeForce GTX 980 in SLI e di una RAM DDR4
L
di Francesco FIORILLO

a nota compagnia taiwanese ha
annunciato il lancio di un nuovo
PC desktop della linea Republic
of Gamers. Il ROG GT51CA, questo il
nome scelto per l’ultima macchina Asus,
sarà disponibile nel mese di giugno e,
nonostante un prezzo tutt’altro che abbordabile, farà di certo la felicità di molti
videogiocatori. In vendita a poco meno
di 3.600 euro, l’ultimo nato in casa ROG
può vantare un processore Intel Core i7
6700K di sesta generazione, overcloccabile fino a 4,6 GHz senza necessità di
riavviare il sistema. Due schede video
NVIDIA GeForce 980 GTX collegate
in SLI offriranno prestazioni perfette in
ambito gaming, mentre la possibilità di
installare fino a due unità SSD NVMe
PCIe da 512 GB configurati in RAID 0, garantirà una velocità di accesso ai dati di
3,2 Gbps. Il sistema, ha specificato Asus,
adotta una soluzione termica multi-zona
per una gestione efficiente del raffreddamento, capace di ridurre la temperatura interna del 31% anche durante le
torna al sommario
lunghe maratone di gioco con carichi
elevati. Oltre al sistema a liquido Hydro
Overclocking, il GT51CA prevede anche
flussi d’aria dedicati per smaltire il calore
prodotto dalle schede video e dall’alimentatore, posizionato nell’angolo inferiore dello chassis. Ovviamente le linee
estetiche del case mantengono lo stile
classico della serie ROG, proponendo
una forma aggressiva caratterizzata dal
solito binomio cromatico grigio-rosso.
Synology
DS416play
è il NAS
a 4 dischi
per la casa
Synology annuncia
un nuovo NAS
a quattro dischi
per l’utente evoluto
o il professionista
DS416play è in grado
di fare da server DLNA,
supportare flussi video
fino a 4K e realizzare
una transcodifica
intelligente
di Franco AQUINI
Synology ha annunciato il nuovo
DS416play, un NAS che porta a
livello domestico caratteristiche
tecniche finora priorità di dispositivi di fascia superiore, a partire
dalla presenza di quattro dischi,
per finire con la capacità di fare
da server DLNA con funzionalità
di streaming video. Difficilmente
prima d’ora si erano visti NAS a
quattro dischi per l’uso domestico, ma l’esigenza sempre maggiore di spazio di archiviazione ha
spinto Synology a sposare una soluzione normalmente utilizzata in
ambito lavorativo. I quattro dischi
possono essere usati in RAID 5 e
sfruttare quindi la maggiore velocità data dall’accoppiamento di
più canali di lettura e scrittura. Il
DS416play ha però funzionalità
che ne sottolineano la vocazione
espressamente multimediale, è
capace infatti di fornire contenuti
a tutti i dispositivi compatibili con
lo standard DLNA, come TV o
diffusori audio. Supporta, inoltre,
un flusso video con risoluzione
4K oppure tre flussi contemporanei in Full HD, con la capacità di
adattare la risoluzione del video
in funzione del dispositivo su cui
lo si guarda. Tutte funzionalità che
godono del processore dual-core
da 1,6 GHz e delle prestazioni superiori in lettura/scrittura garantite
dalla configurazione RAID. Il Synology DS416play è disponibile
già da ora in tutto il mondo.
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GAMING La nuova console esiste ma non verrà mostrata nel corso dell’E3 a Los Angeles
Sony conferma PS4 Neo, 4K e grafica al top
PS4 Neo costerà di più e i giochi, anche quelli già pubblicati, avranno una grafica migliore
D
di Francesco FIORILLO
opo una serie infinita di rumor e
voci di corridoio più o meno attendibili, Sony ha finalmente confermato l’esistenza di PS4 Neo. La console viene definita dalla stessa società
come una PS4 “High-End”, una macchina in grado di supportare la risoluzione
in 4K e una grafica migliorata in quasi
tutti i giochi. Andrew House, presidente di Sony Interactive Entertainment, ha
poi specificato che PS4 Neo sarà più costosa dell’attuale modello in commercio
a 350 dollari e che si rivolgerà prevalentemente agli hardcore gamer, oltre agli
utenti dotati di televisioni 4K e in cerca
di contenuti caratterizzati da risoluzioni
più alte. “Questo modello affiancherà e
completerà l’attuale versione di PS4”
sono state le parole di House. “Entrambi i modelli saranno in vendita per tutto
il ciclo vitale della console”. Le notizie
su PS4 Neo non si fermano però qui.
La nuova e chiacchieratissima console
non sarà infatti presentata all’E3, mentre
tutti i giochi PlayStation 4 saranno compatibili con la nuova versione. Sony ha
fatto sapere infine che “tutti o la grande
maggioranza di titoli già editati” saranno ottimizzati per sfruttare il maggior
calcolo computazionale di PS4 Neo.
“Vogliamo assicurarci di avere un’ampia gamma di esperienze possibili per
sfruttare il nuovo sistema, in modo da
poterlo presentare nella sua interezza”,
ha spiegato House a tal riguardo. “La
presenza di un nuovo hardware non
causerà problemi con quello vecchio.
Tutti i giochi supporteranno infatti lo
standard PlayStation 4 e una gran parte di questi trarranno beneficio anche
dalle nuove specifiche di PlayStation 4
high-end”.
Fallout 4
GAMING Xbox One S, più piccola del 40% e con un HDD da 2TB
in realtà virtuale Xbox One S di Microsoft è ufficiale

Durante la conferenza E3 2016 di
Bethesda, il publisher ha annunciato
l’intenzione di voler supportare la
tecnologia di realtà virtuale con le sue
produzioni. Una speciale versione di
Fallout 4 è in lavorazione presso gli
studi interni all’etichetta e dovrebbe
essere pubblicata nei prossimi 12 mesi.
Più che a un semplice adattamento di
interfaccia e visualizzazione, Bethesda
sta procedendo con una rielaborazione del gioco in modo da adattarlo
al meglio ai visori di realtà virtuale.
“Da quando abbiamo mostrato per la
prima volta la moderna VR con DOOM
3 BFG all’E3 2012, abbiamo sempre
avuto una forte dedizione verso questa
tecnologia, spingendoci sempre più in
là”, ha dichiarato Hines, il vicepresidente del marketing e PR di Bethesda.
“Al BE3 Plus, i partecipanti hanno
avuto un assaggio di ciò che li attende,
esplorando il mondo di Fallout 4,
interagendo con il Pip-Boy del gioco e
con Dogmeat, tutto in completa realtà
virtuale. Se pensavate che la modalità
Sopravvivenza fosse un’esperienza
intensa... non avete visto niente”, ha
concluso Hines.
torna al sommario
Arriva in estate a partire da 299 €
di Francesco FIORILLO
M
icrosoft ha presentato ufficialmente anche la nuova Xbox One S. I rumor hanno trovato conferma, ma il colosso di Redmond ha divulgato qualche dettaglio in più. La console, che potrà contare su dimensioni ridotte del 40%
rispetto a quelle della sorella “maggiore”, disporrà di un alimentatore interno, di un
HDD da 2TB e sarà in grado di riprodurre video in 4K, compresi i nuovi Blu-ray Ultra
HD. Il controller wireless potrà contare su un campo di azione più ampio e su di una
migliore ergonomia. Xbox One S, la versione slim della console di casa Microsoft è
attesa per il 31 agosto in tre diversi tagli di memoria anche in Italia.
Le versioni disponibili:
• Xbox One S (500 GB Bundle) - 299 euro
• Xbox One S (1 TB Bundle)
- 349 euro
• Xbox One S (2 TB Bundle) 399 euro (solo in alcuni
mercati)
Project Scorpio
è realtà
La nuova console
Microsoft
sarà un mostro
di potenza
La nuova console
arriverà a Natale 2017
Garantirà giochi
in risoluzione 4K,
il supporto completo
ai visori VR e, grazie a
una notevole potenza,
offrirà un’esperienza
“senza compromessi”
di Francesco FIORILLO
I rumor presenti già da diverso
tempo hanno trovato una gradita
conferma. Sul palco dell’E3 2016
Phil Spencer ha, infatti, concluso la
conferenza Microsoft annunciando proprio la nuova generazione
di Xbox One, nota con il nome in
codice di Project Scorpio. Stando
a quanto riferito dallo stesso Corporate Vice President e capo di
Microsoft Game Studios, la nuova Xbox è pensata per superare
sia i normali limiti generazionali,
sia la solita concezione associata
alle console. La GPU incastonata
all’interno di Project Scorpio sarà
talmente performante da garantire
6 teraflop di potenza computazionale, mentre la CPU sarà composta da 8 core. Confermata anche
la possibilità di riprodurre giochi
con una risoluzione 4K e la totale
compatibilità con i visori Oculus
Rift e HTC Vive. Project Scorpio
sarà, inoltre, compatibile con tutti gli accessori e i giochi di Xbox
One e Xbox One S e uscirà a ridosso delle festività natalizie del
2017. Durante il video di annuncio
(clicca qui per vederlo), volti noti
come Todd Howard di Bethesda
hanno speso parole entusiaste
per il progetto del colosso di Redmond, che riuscirà, ad esempio,
nell’intento di far girare Fallout 4
in VR su una console da salotto.
“Project Scorpio sarà la console
più potente mai creata”, sono state le parole conclusive del boss
della divisione Xbox.
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SOCIAL MEDIA La GIF mania che ha già invaso i social network sta per approdare su Whatsapp
Arrivano le GIF animate su WhatsApp (forse)
Pare che le immagini animate siano pronte a invadere anche le conversazioni di WhatsApp
Secondo WABetaInfo tutto ciò sarà possibile con la prossima versione per dispositivi iOS
L
di Gaetano MERO
e GIF, le immagini animate che
impazzavano sui siti web negli
anni ‘90, stanno conoscendo una
seconda giovinezza grazie ai social
network e ai servizi di messaggistica.
Twitter, Facebook, Snapchat e molti altri ultimamente hanno aperto la strada
a un nuovo modo di comunicare divertente dando la possibilità agli utenti di
unire al testo ogni tipo di GIF animata.
Una delle poche applicazioni rimaste
finora fuori dalla “GIF mania” è stata
Whatsapp, il servizio di messaggistica
più utilizzato al mondo che può contare su oltre 1 miliardo di utenti. Tuttavia
la situazione potrebbe cambiare molto
presto. L’utente @WABetaInfo ha affermato sul proprio profilo Twitter che
la prossima versione dell’applicazione
per iOS permetterà di visualizzare di-
Violati diversi
account social
di Zuckerberg

È il creatore del più grande social
network mondiale, uno dei principali
artefici del web 2.0. Eppure, malgrado
la sua genialità e la tecnologia di cui
dispone, nemmeno Mark Zuckerberg
sembrerebbe al riparo dalla minaccia
hacker. La nota “ciurma” di pirati
informatici che si fa chiamare OurMine
(e vanta oltre 40.000 follower su
Twitter), ha violato almeno 4 account
del fondatore di Facebook: Instagram,
Twitter, LinkedIn e Pinterest. Secondo
le ultime indiscrezioni, la chiave
d’accesso usata sarebbe stata “dadada”, impiegata da Zuckerberg come
password unica per molti suoi profili
social. Secondo il portale Engadget,
che è riuscito a salvare qualche
screenshot prima che i responsabili
dei rispettivi social si precipitassero a
rimuovere tutto, OurMine ha postato
sul profilo Twitter del buon Mark “Hey
@finkd, eri nel database di LinkedIn
con la password ‘dadada’”; mentre
su Pinterest è stato cambiato il suo
nickname in ‘Hacked By OurMine
Team’. In attesa delle dovute indagini,
l’account Twitter di OurMine è stato
prontamente sospeso.
torna al sommario
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari
Maria Chiara Candiago
Alessandra Lojacono
Simona Zucca
rettamente le GIF animate all’interno
delle conversazioni, così da non dover
più ricorrere a un programma esterno
per aprire l’immagine ricevuta. Nell’ultima versione beta per dispositivi iOS, la
2.16.7.1, sarebbe già possibile per alcuni utenti sperimentare la funzione inse-
rendo semplicemente nel messaggio il
link all’immagine in movimento. Whatsapp sarà in grado, inoltre, sempre secondo WABetaInfo, di salvare le GIF direttamente nella galleria del telefono.
Al momento la società non ha rilasciato
alcuna dichiarazione in merito.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]
Per la pubblicità
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SOCIAL MEDIA Uno storico traguardo per la piattaforma social Snapchat che ha superato Twitter
Su Snapchat 150 milioni di utenti attivi ogni giorno
Il successo è dovuto alle divertenti animazioni con cui modificare il proprio volto nei video
di Gaetano MERO
C
on 150 milioni di utenti attivi
ogni giorno Snapchat si rivela
una delle piattaforme social più
amate segnando uno storico sorpasso
su Twitter. Bloomberg ha rivelato l’importante dato dopo aver ascoltato fonti
interne alla società che in soli cinque
anni è riuscita a guadagnarsi un posto
in prima fila tra i sistemi più utilizzati per
comunicare, soprattutto tra i giovanissimi. Già a novembre Snapchat poteva
contare su 6 miliardi di visualizzazioni
di clip ogni giorno, avvicinandosi alle
visualizzazioni di un colosso come
Facebook. Il successo di Snapchat è
dovuto principalmente al modo divertente in cui si possono condividere con
i propri amici o follower foto e video
grazie a filtri ed effetti grafici o vere e
proprie animazioni - funzionalità chiamata “Lenti” - che trasformano il volto
in quello di un cane, coniglio, clown o
qualsiasi altra cosa, in base alla fantasia degli sviluppatori, con risultati a dir
poco esilaranti. Il servizio rende frui-
bili i contenuti per 24 ore ed è anche
questo uno dei motivi dell’imponente
attività giornaliera dei suoi utilizzatori,
dispone inoltre di una chat privata diventata famosa per la possibilità di inviare messaggi, immagini o clip che si
autoeliminano dopo la visualizzazione.
Twitter, che ha il doppio degli anni, ha
dichiarato di avere attivi 310 milioni di
utenti al mese, di cui però solo il 44%
risulterebbe attivo giornalmente, poco
più di 136 milioni nettamente inferiori
agli utilizzatori di Snapchat. Nell’ultimo
periodo Snapchat ha ricevuto le attenzioni da parte dello showbiz che inizialmente non aveva creduto molto nel
fenomeno; sono dunque sbarcati sulla
piattaforma numerosi profili ufficiali di
gente famosa, di emittenti tv e testate
provenienti da ogni ramo dell’editoria
che continuano ad alimentare il successo del servizio attirando migliaia di
nuovi fan ogni giorno. Clicca qui per
vedere il video.
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HI-FI E HOME CINEMA Da Project Audio arriva una grande infornata di nuovi giradischi
Giradischi Project Audio The Classic
Aspetto tradizionale, tutto nuovo dentro
The Classic sfoggia un look molto elegante ma in realtà è un progetto del tutto nuovo
S
di Roberto FAGGIANO
empre più di moda il giradischi
e il marchio austriaco Project
Audio ne approfitta per lanciare
addirittura una decina di nuovi modelli,
alcuni solo aggiornamenti di modelli già
esistenti, altri completamente nuovi. Tra
questi ultimi spicca il The Classic (da
950 euro), davvero classico nell’aspetto perchè praticamente identico al Linn
Sondek LP 12, ma completamente nuovo
nel telaio e nel braccio. Il telaio prevede
un sottotelaio sospeso ma non su molle
come di consueto bensì su sei elementi
in elastometro che isolano completamente piatto e braccio dalle vibrazioni
del rumore. Il piatto è in alluminio pressofuso per migliorare la fluidità della rotazione, massima precisione anche per il
perno centrale.Il braccio è tutto nuovo: la
canna è realizzata con un materiale composto da strati di alluminio e carbonio; il
cuscinetto del perno è a cardano, rea-
lizzato in zircone
appositamente in
Giappone. Perfino il contrappeso
è stato realizzato
nello stesso elastometro
della
sospensione del
controtelaio per
minimizzare
la
massa. Per la testina Project offre
l’opzione della fornitura di una Ortofon
2M Silver con un supplemento di soli 49
euro, si tratta di un modello realizzato in
esclusiva per Project con avvolgimenti
in argento. La finitura è disponibile in tre
diverse essenze di legno: noce, palissandro e eucalipto. Il The Classic sarà
disponibile dal mese di luglio.
Tra gli altri giradischi annunciati da
Project troviamo le versioni definitive del
curioso modello Vertical (da 299 euro)
che prevede appunto la collocazione in
verticale del giradischi, ora disponibile
anche nella versione per mancini e con
trasmissione Bluetooth.
Molto
interessante
il
rinnovato
Juke-Box E (399 euro) che è in pratica un
sistema audio completo dato che sotto
al giradischi si nasconde un amplificatore integrato da 2 x 25 watt, dotato di
tre ingressi di linea per altre sorgenti e
della connessione Bluetooth per riprodurre musica da smartphone e tablet.
In pratica basta collegare dei diffusori e
l’impianto stereo è pronto.
Infine buona parte dei giradischi Project
è ora disponibile con nuovo braccio a S
e porta testina SME, questi modelli saranno disponibili più avanti con prezzi
da definire.
Per Teac il giradischi con il marmo suona meglio
Una massa elevata riesce a smorzare meglio le vibrazioni dannose per la riproduzione
M

olti anni fa il dibattito su come
realizzare un giradischi era molto acceso: da un lato chi puntava alla massima leggerezza e controtelai sospesi, dall’altro chi preferiva piatti
e basi pesanti per togliere vibrazioni e
favorire una velocità costante. Teac ha
scelto quest’ultima soluzione per il suo
TN 570 (1199 euro) che ha una base in
pesante marmo e un piatto in acrilico
trasparente. Questa speciale versione
sfrutta la trazione a cinghia con circuito di controllo esclusivo PR S3, motore
servo controllato ed è anche dotata di
torna al sommario
pre phono in modo da poter essere
collegato direttamente a un amplificatore non predisposto con un ingresso
per giradischi. Inoltre c’è anche uno
stadio di conversione analogico/digitale per chi volesse riversare i propri
vinili sul pc con qualità fino a 48kHz/16
bit, oppure l’uscita digitale ottica fino a
192 kHz/24bit per l’uso con convertitori
esterni o amplificatori predisposti. La
testina in dotazione e già montata sul
braccio è una AudioTechnica AT100,
un modello a magnete mobile che da
solo vale circa 100 euro e richiede una
pressione di lettura di 1,4 grammi, nelle foto ufficiali Teac è però raffigurata
Due nuovi arrivi
nella gamma Bose
con cancellazione
del rumore, una cuffia
e un auricolare
Bluetooth con NFC
di Roberto FAGGIANO
HI-FI E HOME CINEMA Il nuovo top di gamma tra i giradischi Teac ha il piano in marmo
di Franco AQUINI
Bose: la lotta
al rumore
diventa wireless
una AT95E. Per chi volesse risparmiare
qualcosa Teac propone il modello TN
550 (899 euro) con le stesse caratteristiche tecniche del modello superiore,
ma senza lo stadio pre phono e il convertitore A/D.
Bose ha presentato una cuffia e un
auricolare Bluetooth con NFC. La
cuffia Quiet Comfort 35 (380 euro)
ha padiglioni avvolgenti, al loro
interno si nascondono importanti
progressi nel circuito di riduzione
del rumore: ogni padiglione è dotato di due microfoni, uno interno e
uno esterno. Il circuito è sdoppiato
per i due padiglioni per migliorare le prestazioni. Sul padiglione
destro ci sono tutti i controlli per
gestire la musica e le telefonate
oltre al controllo della connessione
Bluetooth con NFC. Per la batteria
viene adotata una unità ricaricabile
che garantisce autonomia per circa 20 ore. La finitura è disponibile
in colore nero oppure silver.
L’auricolare Quiet Control 30 (300
euro) integra il circuito di riduzione
del rumore nell’archetto da collo e
per il circuito NC impiega sei microfoni miniaturizzati inseriti negli
auricolari. L’intervento del circuito
NC è regolabile tramite l’app Bose
Connect, mentre un circuito di
equalizzazione permette di regolare la resa della musica. L’autonomia della batteria è di circa 10 ore.
Entrambi i modelli sono compatibili
con i più diffusi assistenti vocali,
come Siri.
H75M7900
The technological choice of
UEFA EURO 2016TM
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14 GIUGNO 2016
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TEST Anno dopo anno Panasonic continua nella sua ricerca della qualità, realizzando TV dalle prestazioni sempre più elevate
Panasonic DX900, un riferimento per le immagini
IL DX900 offre un’immagine il più fedele possibile a quella pensata da regista. È il nuovo TV LCD da battere (anche nel prezzo)
P
di Roberto PEZZALI
anasonic è da anni la scelta preferita degli appassionati che esigono non solo la più elevata
qualità video ma anche la massima attenzione:
il marchio giapponese, tradizionalista come sempre, si
dimostra ancora una volta capace di ascoltare le richieste di quella nicchia di appassionati orfani del plasma
che le altre aziende, più orientate alla massa, spesso
trascurano. Il DX900 che abbiamo provato in queste
settimane è la dimostrazione, difficile da digerire per
molti, che purtroppo non è possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca: Panasonic ha realizzato un TV
LCD spremendo la tecnologia ai massimi livelli, forse
all’eccesso, ma tutta la cura maniacale nel trattare ogni
singolo aspetto si riflette su un prezzo di listino che
oggi è tra quelli più elevati che si possano registrare sul
mercato, 3.999 euro la versione da 58” e 4.999 euro
quella da 65”.
L’obiettivo, dichiarato ormai da un paio d’anni, è riuscire a fare con l’LCD quello che un tempo Panasonic ha
costruito con il plasma, un TV capace di un immagine
dotata di un contrasto super e di colori fedeli, il tutto
condito da un pannello 4K HDR per stare al passo con
i tempi. Non mancano ovviamente tutte le regolazioni video per poter sfruttare al massimo ogni più piccolo aspetto del TV, anche se come già visto in altri
casi c’è davvero da perdere le testa nei lunghissimi
e dettagliatissimi menù che gli ingegneri giapponesi
hanno lasciato disponibili per gli utenti. Perché scegliere il DX900 rispetto ad uno dei tanti TV 4K presenti
sul mercato con funzione HDR? Panasonic ad oggi è
l’unica che realizza un LCD da 58” con un pannello da
10 bit Full LED Local Dimming a 512 zone, i principali
competitor restano sulla tecnologia Edge LED, meno
indicata per l’HDR. Trascurando l’OLED, l’unico TV che
potrebbe davvero giocarsi il trono di TV LCD dell’anno
è il top di gamma Samsung K9500, disponibile tuttavia
solo nella versione da 65” in Italia.
Meno apparenza e più sostanza

Chi vuole un TV di design deve guardare altrove:
il DX900 non è sicuramente il più bel TV fatto da
Panasonic, ma l’azienda giapponese ci ha spesso
abituato a una linea molto sobria ed essenziale senza
troppi fronzoli e inutili orpelli. Parte della grossa base
ad arco viene nascosta interamente dietro la mole del
TV, che sembra così appoggiato su due piccoli piedini
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video
lab
Panasonic TX-58DX900E 58”
3.999,00 €
LA QUALITÀ È DAVVERO ECCELSA, MA HA UN PREZZO
Con il DX900 Panasonic dimostra che non è solo la tecnologia a fare la differenza: che sia un plasma, un OLED o un LCD come in questo caso
l’azienda di Osaka riesce sempre a tirar fuori la miglior immagine possibile. Il DX900 non è un TV per tutti, e non solo per il costo comunque
elevato: è un TV completo e complesso, dedicato ad un utente appassionato con la cultura della qualità che tra OLED e LCD ha scelto LCD. La
retroilluminazione Full LED Local Dimming inoltre sembra essere ad oggi l’unico modo per poter godere della miglior resa HDR su un TV LCD,
e in qualche frangente sembra che persino le 512 zone del DX900, un record, non siano sufficienti a gestire le scene più impegnative senza
mostrare un po’ di blooming. In ogni caso ci troviamo davanti ad un TV capace di offrire una qualità di visione davvero eccelsa, e la cosa che
più stupisce è il fatto che, nonostante le complesse e numerose possibilità di impostazione offerte dai menu, basta selezionare la modalità
THX per essere completamente appagati dall’immagine offerta.
8.7
Qualità
10
Longevità
9
Design
Qualità eccezionale con 4K e HDR
COSA CI PIACE Calibrazioni di fabbrica tra le migliori
Completezza dei menu
disposti ai fianchi: il pannello non ha segni particolari,
anzi, visto dal fianco è sicuramente più spesso della
maggior parte dei TV in commercio e Panasonic sembra non essersi interessata particolarmente al lato B
lasciando un design “industriale”.
Nella parte alta trovano spazio una serie di ventole, ben sei, destinate al raffreddamento dei LED che
in modalità HDR spingono parecchio scaldando non
poco. Nessun problema comunque per le ventole: si
sentono solo da vicino e entrano in funzione solo quando la temperatura passa un certo limite.
7
Semplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
7
Effetto blooming in alcune situazioni
COSA NON CI PIACE Upscaling dell’SD non impeccabile
Prezzo elevato per un LCD
Le connessioni sul retro sono nascoste sotto un pannello in plastica è come da abitudine ci troviamo davanti
ad un set completo e funzionale. Ci sono ben quattro
porte HDMI dotate di HDCP 2.2, capaci di gestire senza
problemi segnali 4K a 60Hz, c’è un assortimento di USB
e c’è pure lo slot per la doppia CAM, utilissimo per poter tenere contemporaneamente il modulo di Mediaset
Premium e il modulo di Tivù Sat.
In dotazione con il televisore vengono forniti due telecosegue a pagina 32 
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TEST
Panasonic TX-58DX900E
mandi, uno classico e uno con touchpad. Quest’ultimo
è pensato per gestire al meglio l’interfaccia smart basata su Firefox OS, funziona tramite Bluetooth quindi non
deve essere puntato al televisore e include anche il microfono per i comandi vocali, ma senza dubbio tra i due
è quello tradizionale il più comodo. Siamo davanti ad
una versione “deluxe” del telecomando che Panasonic
da anni utilizza per i TV, retroilluminato e con finitura
metallica. Al centro campeggia il tasto per richiamare direttamente Netflix, che su questo TV funziona in modalità 4K e HDR. Disponibile anche un’app per immettere
testi e per gestire il TV da smartphone o tablet.
ha un buon trattamento antiriflesso anche se come la
maggior parte dei filtri frontali usati per aumentare il
contrasto l’angolo di visione non è impeccabile: oltre
i 25/30° dall’asse perfetto di visione non solo la resa
cromatica cambia leggermente ma aumenta la luminosità e il blooming emerge anche in scene non particolarmente difficili. Panasonic dichiara per il pannello una
copertura quasi totale dello spazio colore DCI-P3 e una
luminosità di 1000 nits, ma la luminosità di picco che
abbiamo misurato è leggermente più elevata, 1153 nits.
Ogni pannello viene precalibrato di fabbrica, anche se
continua la pessima abitudine di impostare il TV in una
modalità “standard” totalmente sballata.
Per fortuna nel menù è possibile scegliere tra diverse
regolazioni, e chi non ha la possibilità di effettuare una
calibrazione professionale può tranquillamente prendere come riferimento THX Cinema per la visione in
un ambiente totalmente oscurato e THX Bright Room
in condizioni standard. Queste due modalità sono
davvero accurate, ma intervenendo sui controlli della
modalità professionale si può ottenere ancora di più.
Chi spende tanto per un TV di questo tipo a nostro avviso dovrebbe investire su un sistema di calibrazione
di un certo livello: Calman 5, che abbiamo utilizzato
per le misure del TV, è in grado di controllare nella sua
ultima build la serie DX di Panasonic effettuando una
calibrazione automatica che porta il TV ad un livello di
assoluto riferimento. Qui sotto è possibile vedere il risultato finale.
Il pannello 4K HDR dei miracoli
Mille regolazioni servono davvero?
Il Panasonic DX900 è stato il primo TV a ricevere la
certificazione Ultra HD Premium della Ultra HD Alliance e il primo mattone è il pannello a 10 bit da 58” VA
prodotto da Chimey Innolux, scelta questa necessaria
per partire già con un ottimo contrasto nativo. Dietro il
pannello la retroilluminazione è gestita con un array di
LED davanti ai quali viene posto un particolare filtro a
nido d’ape che dovrebbe ridurre il blooming, ovvero la
percezione a schermo delle singole zone.
Siamo riusciti in occasione di un evento a fare uno scatto di questo filtro composto da due elementi, una base
alveolare dove i LED sono racchiusi in piccole cellette
e una griglia frontale con una foratura studiata per ottimizzare la distribuzione del flusso luminoso rendendolo uniforme. Panasonic ha curato in modo particolare
la retroilluminazione gestendo 512 differenti zone che
in realtà corrispondono ai 512 LED utilizzati in una griglia di 32 x 16 LED: se un tempo i TV local dimming
utilizzavano migliaia di LED gestiti in gruppi, Panasonic
riesce a usare meno LED più luminosi e grazie alla griglia riesce a evitare una visione a macchie. Il pannello
Fino a quanto è giusto spingersi per raggiungere la migliore qualità possibile? E’ evidente che per un appassionato le regolazioni video sono sempre apprezzate,
ma sul DX900 Panasonic ha inserito una quantità tale
di opzioni controllabili da far girare la testa. La presenza dell’HDR, ad esempio, ha portato alla comparsa di
una serie di opzioni legate alle porte HDMI come la
possibilità di impostare manualmente lo spazio colore
e di attivare la ricezione dei metadati HDR. Quest’ultima possibilità l’abbiamo trovata abbastanza fastidiosa
a dire il vero: il TV non riconosce automaticamente un
segnale HDR da un Blu-ray Ultra HD collegato e bisogna selezionare la porta specifica attivando la modalità
segue Da pagina 31 

HDR. Fatto questo è anche necessario intervenire sul
altre impostazioni per eliminare problemi di posterizzazione dell’immagine e di trasmissione audio e video.
Passi il fatto che HDR e Blu-ray Ultra HD sono novità, ma ci piacerebbe che tutto venisse fatto in modo
automatico. Navigando tra i ramificati menu l’utente si
troverà davanti ad un elevato numero di opzioni spesso incomprensibili per chi non è esperto, ma fortunatamente le cose su cui serve davvero intervenire non
sono moltissime.
Firefox OS semplice da usare e piacevole
Riuscirà a progredire?
Il DX900 Panasonic utilizza, almeno per la parte smart
TV, il sistema operativo Firefox TV insieme allo stesso processore quadcore già usato lo scorso anno per
spingere l’interfaccia creata da Mozilla. Firefox è piacevole e anche abbastanza veloce, con una navigazione
intuitiva basata fondamentalmente su tre grosse azioni
(TV, Apps e Dispositivi) che possono essere arricchiti
dall’utente con altre app da “attaccare” alla home.
Abbiamo scritto “almeno per la parte smart” perché di
fatto Firefox OS è una sorta di layer che viene avviato
su quello che è il classico sistema operativo delle TV
Panasonic da alcuni anni a questa parte, come testimoniano la grafica dei menu e la stessa interfaccia della
parte TV. Una grafica che è stata leggermente svecchiata, ma che in certi ambiti mostra comunque tutti i
suoi anni. La scelta di Firefox probabilmente non è stata una scelta vincente: Panasonic è l’unica a sostenere
questo formato e le poche app disponibili lo dimostrano, anche se alla fine si è visto che in molti casi una
chiavetta come Chromecast basta e avanza.
Il TV non integra la funzione Google Cast, ma una versione preliminare di piattaforma Google che permette di inviare sullo schermo per esempio un video di
Youtube lanciando l’app corrispondente: poca cosa se
si considera quello che offrono oggi altre piattaforma,
ma come abbiamo già detto Chromecast costa poco.
L’unica cosa utile oltre a Infinity è Netflix, e per fortuna
l’app è stata aggiornata per gestire 4K e HDR: altro,
onestamente, non serve. Il TV dispone anche di un
buon player per file video che riproduce praticamente
ogni formato, HEVC incluso.
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segue a pagina 33 
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TV E VIDEO Il marchio di Taiwan punta molto sul mercato dei proiettori con un nuovo prodotto dalle specifiche high-end
Acer pensa anche all’home cinema: ecco il proiettore 4K
Tra i punti di forza del nuovo videoproiettore Acer V9800 ci sono la riproduzione in 4K e una resa molto fedele dei colori
S
di Dario RONZONI
i chiama V9800 il nuovo proiettore per Home Cinema che Acer ha
presentato in anteprima nel corso
del Computex Taipei 2016, peraltro senza mostrarlo direttamente al pubblico in
quanto ancora sotto forma di prototipo.
Acer, terzo produttore mondiale di proiettori, con il V9800 intende posizionarsi con
ancor più forza nel segmento, e i dettagli
illustrati alla stampa rendono evidente
il desiderio di spingere il più possibile il
nuovo prodotto. Dotato di un processore
TI 4K DMD, il V9800 visualizza oltre 8 milioni di pixel, ben quattro volte quelli dei
proiettori con definizione Full HD. Oltre
alla riproduzione in 4K, il device promette
anche un buon upscaling di contenuti a
risoluzione inferiore, grazie al motore grafico integrato. Il V9800 supporta lo spazio
colore Rec 709 ed è dotato di tecnologia
Acer ColorPurity che, tramite l’utilizzo
combinato di una particolare ruota colore
e di un controllo esclusivo della lampada, riduce l’effetto rainbow e consente
- secondo le indicazioni dell’azienda - la
riproduzione di colori più vividi e brillanti.
TEST
Panasonic TX-58DX900E
segue Da pagina 32 
HDR fantastico, resta un po’ di blooming

Bastano pochi minuti con un normale blu-ray e il TV impostato su THX Cinema per rendersi conto che siamo
davanti ad un nuovo riferimento nel campo degli LCD. Il
contrasto nativo del pannello è già ottimo per chi si siede in posizione frontale e il contributo dato dalla retroilluminazione dinamica aiuta e non poco. Come sempre
prima di passare a sorgenti esterne spendiamo un po’
di tempo sui canali televisivi classici, accolti da una interfaccia Panasonic che rispetto agli scorsi anni non ha
subito rivoluzioni. Il DX900 non fa sconti qui, restituendo pari pari a chi sta guardando il TV la pessima qualità
che caratterizza la maggior parte delle trasmissioni TV
italiane: il TV non ha uno scaler eccezionale, e nonostante le molteplici possibilità di intervento a livello
di riduzione rumore e artefatti l’immagine, comunque
pessima, non sembra goderne.
Qui si poteva lavorare meglio, dato che siamo di fronte
comunque ad un TV, ma ovviamente non si possono
fare miracoli nel portare un segnale SD in 4K. Migliore la situazione se la base di partenza è già buona:
un segnale blu-ray, quindi 1080p con spazio colore
torna al sommario
Completa il tutto un livello di rumore estremamente ridotto, nell’ordine dei 20 dBA.
Non ci sono ancora indicazioni sul prezzo
REC.709 e in SDR, mette in mostra tutta la bontà del
pannello che grazie al tipo di retroilluminazione è
non solo uniforme ma del tutto privo di spurie o coni
di luce agli angoli. Come abbiamo scritto la calibrazione del pannello scegliendo il profilo corretto è più
che eccellente: ottimo controllo sia delle alte sia delle
basse luci, banding praticamente assente (lo abbiamo
notato solo in alcune clip in 4K di partite di calcio) e
un’ottima risoluzione delle immagini in movimento. Qui
Panasonic ha percorso la stessa strada di Samsung e
LG, permettendo finalmente un controllo più granulare dell’Intelligent Frame Creation: si può controllare in
modo preciso il moto e la generazione dei fotogrammi
intermedi senza il rischio di trovarsi di fronte ad un fastidioso effetto telenovela. Se con l’HD si inizia a intravedere l’incredibile lavoro fatto da Panasonic insieme
a THX e all’Hollywood Quality Labs, è solo con il 4K
che il nuovo processore Studio Master HCX+ riesce a
dare il suo meglio: abbiamo utilizzato come sorgente il
blu-ray Ultra HD Panasonic e Netflix e in entrambi i casi
il TV centra l’obiettivo che Panasonic si era prefissata,
ovvero quello di creare un monitor di riferimento che
potesse visualizzare in modo fedele e preciso quello
che è stato inciso su disco. L’immagine è una, inutile girarci attorno, ed è quella che il regista e il direttore della
fotografia hanno pensato: questo TV con il profilo THX
Cinema riesce ad avvicinarsi
molto all’immagine master, e
bastano davvero pochi ritocchi
per centrare il bersaglio. Ecco
perché ci siamo chiesti se valeva davvero la pena offrire tutte
quelle regolazioni agli utenti:
Panasonic avrebbe potuto benissimo eliminare il 99% delle
impostazioni video lanciando
un messaggio chiaro: “Questo
TV è stato calibrato di fabbrica
per offrire la miglior qualità video possibile e restituire un’immagine il più fedele possibile
all’originale. Non devi toccare
di vendita del prodotto e sulla data di release, dettagli che non sono stati forniti in
fiera ma verranno rivelati più avanti.
nulla, solo sederti sul divano e goderti lo spettacolo”.
L’unico aspetto criticabile è il famigerato effetto “blooming” che la tecnologia local dimming si porta dietro
da tempo: Panasonic ha provato a ridurlo, ma non è
sparito del tutto ed emerge soprattutto su titoli di testa
o di coda, in scene molto buie se si usano i sottotitoli,
se si guarda il TV da un angolo superiore ai 20° e se si
attiva l’HDR. Questa ultima è una situazione molto particolare: il TV spinge la luminosità al massimo e questo
rende l’effetto più visibile in determinate scene, situazioni dove anche i bravissimi ingegneri giapponesi
sono costretti ad alzare bandiera bianca. Ci riferiamo
ad esempio ad alcune scene finali di The Martian e
ad alcuni spezzoni di Mad Max, brevi sequenze che
solo un OLED probabilmente riesce a riprodurre senza
problemi senza però brillare per luminosità di picco.
The Martian è forse il disco migliore per poter godere
al meglio di fronte a questo TV: si può apprezzare a
pieno la ricchezza cromatica dell’immagine, con rossi più accesi e vividi, e lo spunto di luminosità offerto
dal DX900 in alcune circostanze, dai riflessi di luce sui
pannelli solari al bagliore generato dall’accensione dei
motori del MAV usato per lasciare il pianeta rosso. Ottima anche la resa con Mad Max, complice anche una
fotografia molto particolare.
Una nota infine su tre aspetti che non devono passare
assolutamente in secondo piano: il cabinet più largo
permette a Panasonic di inserire nel TV un sistema
audio leggermente più dimensionato di quello usato in altri TV Edge LED, e la differenza di sente tutta.
Buona la pressione sonora, con un discreto lavoro
anche sulle basse frequenze grazie ad un radiatore
passivo. Il modello da 58” provato stupisce anche nei
consumi: Panasonic dichiara un valore ben più alto di
quello che effettivamente il TV consuma in modalità
THX Cinema, circa 110 watt di media nella versione da
58”. Il consumo ovviamente sale in modalità HDR, e
qui si toccano anche i 400 watt di picco. Buono anche
l’input lag, attorno ai 40 millisecondi: stranamente la
modalità game non impatta sulla latenza di ingresso,
mentre inserendo l’Intelligent Frame Interpolation si
toccano i 60 ms.
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TEST La versione “Plus” costa solo 299 euro ed è “solida” in ogni comparto; ma il design potrebbe non piacere a tutti
Moto G4 Plus, Android “puro” al giusto prezzo
Lenovo non ha stravolto la filosofia della serie G di Motorola, il nuovo G4 Plus è un ottimo dispositivo di fascia media
Q
di Vittorio Romano BARASSI
uando arrivò il primo Moto G, a fine 2013,
Motorola - allora ancora “pezzo pregiato” del
portfolio Google - seppe conquistare il mercato dei dispositivi Android di fascia media puntando
tutto su un dispositivo capace di prestazioni di tutto
rispetto e basato su Android in versione quasi-stock.
Il giusto mix tra performance generali, componentistica
di buon livello e, soprattutto, prezzo decisamente allettante ha fatto sì che Moto G si imponesse come uno
dei principali punti di riferimento del settore e le due
generazioni successive, seppur con meno “impatto”,
hanno seguito le orme del capostipite.
Dopo due anni e mezzo è giunto il momento della quarta generazione e anche per questo 2016 gli ingredienti
sono gli stessi: design sobrio, hardware competitivo e
prezzo aggressivo. La novità dell’anno, semmai, è lo
“sdoppiamento” di personalità che Lenovo ha voluto
donare alla gamma sulla scia di quanto stanno già da
tempo facendo i concorrenti: ecco dunque una versione normale e una plus, con quest’ultima, probabilmente la più interessante, oggetto della recensione.
Il design non dà nell’occhio
Sobrio, fin troppo
Estratto lo smartphone dalla scatola si capisce immediatamente di che pasta è fatto il Moto G4 plus: la sensazione di solidità è chiara ma la percezione di qualità
non convince appieno. Non che lo smartphone sia fatto
male, ma esteticamente il frame metallico e la back cover in plastica non sembrano sposarsi alla perfezione e
funzionalmente non ci siamo ancora spiegati il perché
di una copertura posteriore rimovibile a fronte di una
batteria non sostituibile. Gli agganci sono comunque
molto solidi e non vi sono scricchiolii fastidiosi; nascosti
dalla back cover vi sono lo slot micro SD per l’espansione della memoria e due alloggiamenti micro SIM nei
quali sono inseriti (dalla fabbrica) altrettanti adattatori
per schede nano SIM. Tasto di sblocco e bilanciere
del volume sono sul lato destro del dispositivo, con il
primo zigrinato e quindi facilmente raggiungibile, una
comodità non da poco soprattutto per chi è abituato a
un layout dei pulsanti invertito. La porzione inferiore è
contraddistinta dall’ingresso micro USB e da una piccola feritoia dalla quale partire per rimuovere la cover
posteriore; in alto c’è il jack da 3.5’’ per le cuffie mentre
video
lab
Lenovo Moto G4 Plus
299,00 €
COMPLETO, POTENTE E AFFIDABILE
MOTO G4 PLUS È ESATTAMENTE COME DEVE ESSERE
Non sarà lo smartphone più bello al mondo, ma Moto G4 Plus è proprio lo smartphone che ci aspettavamo. Lenovo ha saputo progettare e
mettere a disposizione dei consumatori un prodotto “a tutto tondo”, con molte frecce al proprio arco e pochissimi punti deboli. Prestazioni,
autonomia e UI “stock” sapranno conquistare i puristi Android, mentre la fotocamera tutt’altro che convincente terrà lontano gli amanti delle
buone fotografie. Il prezzo è allineato alle specifiche, al segmento e a quanto effettivamente offre il dispositivo; 299 euro di listino sono un
ottimo punto di partenza per un dispositivo che, inevitabilmente, “perderà” qualche euro sul mercato e diverrà ancor più appetibile. In pochi
mesi diventerà uno dei dispositivi Android più venduti.
8.1
Qualità
8
Longevità
8
Potente e affidabile
COSA CI PIACE Ottima autonomia
Rapporto qualità-prezzo
Design
7
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
il lato sinistro è sgombro. Posteriormente, sopra il logo
Motorola, c’è spazio per la fotocamera principale, circondata dal flash dual-tone e dal sensore IR per la messa a fuoco. Lo smartphone ha dimensioni nella media
della categoria (153 x 76.6 millimetri) con uno spessore
non proprio contenuto (9.8 mm) e un peso di 155 grammi, che però sembrano anche di più a causa di un non
proprio perfetto bilanciamento delle masse. Volendo
tirare le somme sul design di Moto G4 Plus, potremmo
dire che questo non è uno smartphone di cui ci si può
innamorare al primo incontro; per qualcuno magari ci
sarà un colpo di fulmine, ma siamo certi che chi sce-
D-Factor
8
Prezzo
9
Design fin troppo anonimo
Fotocamera non esaltante
NFC mancante
glierà questo device lo farà soprattutto per quello che
è in grado di offrire in tutti gli altri comparti.
Schermo equilibrato
Sensore di impronte fenomenale
Come ormai ogni medio-gamma che si rispetti, anche
Moto G4 Plus è equipaggiato con un buon display Full
HD (1920x1080 pixel) da 5,5’’. Il pannello è molto ben bilanciato ed offre colori realistici, buona luminosità massima (neri così così) e, grazie all’IPS, angoli di visione più
che soddisfacenti con i colori - forse leggermente caldi
- che tendono a schiarirsi ad angoli di visione abbastanza “spinti”. Sicuramente non è il miglior display che abbiamo potuto apprezzare tra gli smartphone, ma su un
dispositivo da 300 euro sarebbe davvero pretenzioso
desiderare qualcosa di meglio. Potrà semmai piacere
meno il fatto di avere tasti a schermo - fattore che alla
fine “restringe” lo spazio a disposizione - ma Lenovo,
con questo LCD (oltretutto “tarabile” su due diverse modalità di colore, Normale e Vivace), ci ha preso in pieno.
Precisissimo il sensore di luminosità ambientale. Dinanzi al buon display c’è spazio per un vetro Gorilla Glass
3 di Corning, il quale si perde nei bordi della scocca

segue a pagina 35 
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14 GIUGNO 2016
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TEST
Lenovo Moto G4 Plus
segue Da pagina 34 
metallica senza particolari raffinatezze; niente trattamento “2.5D” dunque, ma semplicemente il più classico
“bordo tagliente” con un leggero gap tra vetro e bordi.
In alto c’è spazio per la cassa auricolare che fa pure da
altoparlante principale, con a fianco la fotocamera secondaria da 5 megapixel; ci pare giusto fare un appunto sullo speaker: è in grado di produrre un suono dalla
buona potenza, ma abbiamo potuto riscontrare anche
qualche micro distorsione in alcune situazioni. Nessun
problema invece con le cuffie. Impossibile, invece, trovare difetti al nuovo sensore di impronte digitali che Lenovo ha scelto di installare sui nuovi Moto G; il sistema
di riconoscimento biometrico è precisissimo e veloce,
probabilmente il più rapido che ci sia mai capitato di testare. Il sensore è posto sotto lo schermo, in rilievo; non
funge da tasto fisico e questo a volte disorienta un po’
perché la tendenza è sempre quella di ricercare con il
pollice il tasto home, che però è a schermo.
Otto core con Android 6.0.1 “stock”
a dirigere l’orchestra
Sono lontanissimi i tempi in cui Android andava “a scatti” anche su qualche top di gamma: oggi pure con un
hardware di medio livello il sistema operativo mobile
di Google si muove alla grande e non c’è da stupirsi
se con otto core a disposizione le prestazioni sono di
assoluto livello. Lo Snapdragon 617 di Qualcomm sembra cucito alla perfezione per questo dispositivo e i 2
GB di RAM non paiono quasi mai rappresentare un
limite con Android Marshmallow; forse un giga in più
di memoria avrebbe aiutato nelle situazioni più complesse e in prospettiva futura, ma torniamo sempre allo
stesso punto: Moto G4 Plus non vuole essere un top di
gamma, e quindi va più che bene così. Lenovo non ha
voluto stravolgere l’esperienza d’uso che da sempre
contraddistingue i dispositivi Moto G: siamo dinanzi ad
un device con Android 6.0.1 praticamente “stock”, dunque l’utente si ritroverà tra le mani uno smartphone con
l’anima dei migliori Nexus in circolazione. Mai un rallentamento, navigazione web sempre veloce, apertura
della app e multitasking di livello e una sensazione di
ottimizzazione generale che fa davvero piacere. Qualche “critica” però possiamo farla: manca un LED di notifica e non c’è la possibilità di sbloccare il display con un
doppio tap (sul Plus non è una grande mancanza per
via del sensore biometrico, ma sulla versione “base”
è una pecca); ci sono invece Moto Display e Moto Ac-
tions: la prima funzionalità attiva il display al movimento
mentre la seconda permette di effettuare gesture per
attivare la torcia (scuotendo lo smartphone), accendere la fotocamera (ruotandolo più volte), impostare la
modalità “non disturbare” (mettendolo “pancia sotto”)
oppure silenziarlo quando si sta ricevendo una chiamata (sollevandolo). Sono cose utili di sicuro, ma probabilmente avremmo preferito fossero affiancate dalle
“mancanze” segnalate in precedenza.
La versione da noi testata era provvista di uno spazio
di storage fisico di soli 16 GB, con circa 5,18 di essi
occupati dalla piattaforma Android. In passato probabilmente sarebbe stato un problema convivere con
così poco spazio ma oggi, grazie a Marshmellow e allo
slot micro-SD a disposizione non è più così: inserendo
una qualsiasi memoria esterna si può tranquillamente
espandere lo spazio per file multimediali e soprattutto
app, poiché l’ultima versione di Android permette di
“assimilare” lo spazio esterno al fine di renderlo un’unica cosa con quello interno. Insomma, basta una scheda microSD veloce per non accorgersi di nulla.
Per quanto concerne la multimedialità, Moto G4 Plus
conferma le impressioni di assoluta solidità palesate
in tutti gli altri frangenti; grazie alla GPU Adreno 405
si può tranquillamente giocare ad ogni gioco presente
sullo store al massimo dettaglio e a framerate più che
soddisfacenti. Nella riproduzione video non siamo riusciti a vedere filmati in 4K ma lo smartphone permette
di riprodurre clip 1080/60p senza alcun problema. In
ogni caso meglio procurarsi un lettore video di terze
parti e, nel caso non amiate Google Foto, anche un’app
che funga da “Galleria”.
La fotocamera si difende bene
Ma non è il pezzo forte
Per Lenovo la fotocamera da 16 megapixel di Moto G4
Plus è uno dei punti di forza del dispositivo ma, secondo la nostra opinione, il modulo principale installato a
bordo di questo smartphone tende ad essere più il tallone d’Achille del prodotto. Attenzione, Moto G4 Plus
non fa brutte foto, ma la sensazione è che la fotocamera faccia fatica a mettersi a livello di tutto il resto del
“pacchetto”. In condizioni ottimali le fotografie risultano
ben dettagliate, con colori fedeli alla realtà e con una
messa a fuoco laser precisa e veloce. Appena si prova
a mettere in difficoltà il sensore, però, emergono tutti i
limiti di una fotocamera di livello medio: con poca luce
irrompe il rumore (e il flash non è molto potente) e anche il comparto ottico sembra non essere fenomenale,
con un certo grado di flare che quasi sempre va a condizionare scatti che all’apparenza (sul display del telefono) possono sembrare perfetti. Ci saremmo aspettati

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento
torna al sommario
di più, ma non ci sentiamo di condannare Lenovo per
questo: il modulo è più che sufficiente ed è adeguato al
posizionamento di mercato dello smartphone.
Se le foto non ci hanno convinto appieno, non possiamo che dire lo stesso dei video: Moto G4 Plus registra
clip a 1080/30p assolutamente nella media. Stando
bene attenti a tenere fermo il dispositivo ci si potrebbe
anche togliere qualche soddisfazione, ma chi cerca un
camera phone capace di catturare buoni video deve
necessariamente guardare altrove (e spendere di più).
Tutt’altro che memorabile, infine, il modulo frontale da
5 megapixel con lenti f/2.2; per i selfie da pubblicare su
Facebook o Instagram, comunque, basta e avanza.
Il software della fotocamera è molto semplice e permette ben poche impostazioni e personalizzazioni; non
che se ne senta il bisogno, ma qualche opzione in più
probabilmente avrebbe fatto comodo.
Ottima batteria e ottimo dual SIM
Manca il chip NFC
3000mAh bastano ed avanzano a Moto G4 Plus per
portare l’utente a fine giornata…e anche oltre. Complice lo schermo non assetato, l’ottimizzazione di Android 6.0.1 e componenti hardware tutt’altro che avide
di energia, lo smartphone è capace di stupire sul fronte
dell’autonomia. In giornate con un utilizzo “d’ufficio”
(insomma, senza giochi) siamo arrivati spesso con
quasi il 50% di carica a sera; ovviamente spremendo la
GPU il consumo sale notevolmente ma mai in maniera
preoccupante e il retro del dispositivo non scalda mai
eccessivamente. Come abbiamo scritto in precedenza, risulta inspiegabile la scelta di proporre una cover posteriore rimovibile e una batteria integrata non
sostituibile; ma così è. Per ricaricare il dispositivo si
può fare affidamento su un caricatore rapido Quick
Charge 3.0 capace di donare sei ore di autonomia (a
occhio e croce, il 25% di batteria) con soli 15 minuti
di ricarica. Dopo i primi cicli di carica, per arrivare al
100% di batteria partendo da un buon 10-15% di autonomia residua, ci si impiega circa un’ora e mezza.
Moto G4 Plus è uno smartphone provvisto di un’ottima porzione telefonica; la ricezione è ai massimi
livelli e il telefono “prende” bene anche dove altri
non ricevono alcun segnale. Eccellente è la gestione
delle due possibili SIM, entrambe con possibilità di
agganciare bande 4G/LTE; l’audio prodotto in cuffia
auricolare è di buona qualità, il vivavoce è potente
(ma, come anticipato, a noi “gracchiava” un po’) così
come la vibrazione associata alla suoneria. Non mancano Wi-Fi “n” e Bluetooth 4.1 LE, mentre purtroppo è
assente un chip NFC. Presenti GPS, GLONASS e pure
la radio FM.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato la rivoluzionaria realtà virtuale interpretata da HTC e Valve per poterne capire a fondo pregi e difetti
HTC Vive, la magia di sognare a occhi aperti
La realtà virtuale è qui e niente sarà più come prima, nel gaming, nell’entertainment ma anche in molti altri settori
di Paolo CENTOFANTI
a realtà virtuale è finalmente qui e, per molti versi
sorprendentemente, è HTC a portarla per la prima
volta nelle nostre case, in modo così vicino alla
visione originale di quando per la prima volta si cominciò a parlarne sul finire dell’onda Cyperpunk negli anni
’90. A differenza dell’altrettanto chiacchierato Oculus
Rift, HTC Vive nasce fin dall’inizio con la missione non
solo di permetterci di immergerci in un mondo virtuale,
ma anche di spostarci liberamente (o quasi) in esso,
seguendo i movimenti del nostro corpo nel mondo
reale. Per far questo HTC e Valve, partner fondamentale del produttore taiwanese nello sviluppo del Vive,
hanno realizzato una soluzione che è leggermente più
complessa di quella di Oculus, ma che promette anche
molto di più. HTC Vive è composto non solo da un visore per la realtà virtuale e da due sofisticati controller,
ma anche da un sistema di due telecamere laser (base
station o fari, come li definisce HTC) che hanno il compito di tracciare il movimento del giocatore all’interno
della stanza. HTC Vive supporta un’area che può avere una dimensione massima di 5 metri di diagonale,
pari alla massima distanza consigliata per le due base
station, sufficiente per coprire interamente una stanza
di circa 12 metri quadri, e darci così l’impressione di
poterci muovere liberamente nel mondo virtuale.
L
Un primo ostacolo: i requisiti hardware
Prima di procedere oltre è bene tenere in mente una
cosa: la realtà virtuale richiede una grande potenza di
calcolo; non è una mera questione di qualità grafica
delle immagini che verranno visualizzate sul visore,
ma soprattutto di latenza. Affinché l’illusione di immersione funzioni, è fondamentale che il ritardo tra i
nostri movimenti (della testa, delle mani che stringono
i controller, gli spostamenti nella stanza) e le immagini
renderizzate sullo schermo del visore sia ridottissimo.
Se il ritardo venisse percepito anche solo a livello subliminale dal nostro cervello, insorgerebbe la nausea
e un malessere del tutto simile al mal di mare. Pertanto
non ci sono scorciatoie. Per apprezzare la realtà virtuale occorre un PC con almeno le seguenti caratteristiche tecniche:
• GPU: NVIDIA GeForce GTX 970 o AMD Radeon R9
290 equivalente o migliore
• CPU: Intel Core i5-4590 o AMD FX 8350 o migliore;
• RAM: 4GB o superiore
• Uscita video: HDMI 1.4 o DisplayPort 1.2 o superiore
• USB: 1x USB 2.0 o superiore
• Sistema operativo: Windows 7 SP1 o superiore
Questi sono i requisiti minimi, ma per la maggior parte
dei giochi già presenti su Steam vi occorreranno almeno 16 GB di RAM e una scheda grafica GTX980, mentre un Core i7 e 32 GB sono altamente consigliati. Una
porta USB 3.0 è consigliata per utilizzare la videocamera integrata nel Vive. Un notebook di pari caratte-
video
ristiche ma con scheda video “mobile” non è in grado
di supportare l’HTC Vive (né l’Oculus Rift) e se proprio
un PC portatile è una scelta obbligata, allora l’unica
soluzione è costituita dai, per ora pochi (e costosissimi), notebook per il gaming dotati di scheda video
NVIDIA GTX980 desktop (non la GTX980m quindi).
Per la nostra prova abbiamo utilizzato proprio uno di
questi, l’impressionante MSI GT72, con 32 GB di RAM,
Core i7 e appunto scheda NVIDIA GTX980.
Nella scatola: molto di più di un visore
All’interno della confezione troviamo come prima cosa
un bel foglio con la guida rapida all’installazione e tutti i componenti del sistema che tra cavi, dispositivi,
alimentatori e adattatori, non sono pochi. Se fino ad
oggi qualcuno si è chiesto perché occorra un PC così
potente per l’HTC Vive (o l’Oculus Rift), uno sguardo
dentro la confezione del visore di HTC dà un’idea del
fatto che ci troviamo di fronte a qualcosa di più complesso. Si comincia con le due base station, che sono
corredate di apposite staffe, per le quali sono forniti in
dotazione viti e tasselli per fissarle alle pareti. Ognuna
ha il suo alimentatore e in dotazione troviamo anche
un lungo cavo che opzionalmente può essere utilizzato per collegare tra loro le due base station (torneremo su questo nella fase di installazione). Troviamo
quindi i due controller wireless (le nostre mani virtuali),
con altrettanti cavetti micro USB/USB e alimentatori.
Il visore vero e proprio ha un lungo “serpente” di cavi
HDMI e USB che esce dalla parte superiore e andrà
collegato al PC tramite un piccolo box che a sua volta
è fornito di alimentatore. Per il collegamento di quest’ultimo pezzo del puzzle al PC sono forniti in dotazione mini cavetti HDMI e USB. Chiude la lunga panoramica di quello che troviamo nella confezione una serie
di gommini accessori per adattare il visore al proprio
viso, oltre a un paio di auricolari in-ear da collegare
direttamente al visore.
L’installazione è tutt’altro che banale
Il preambolo su tutto quello che troviamo nella confezione è per far capire che l’installazione dell’HTC Vive
è decisamente macchinosa e richiede tra tutto un’oret-
lab
ta di tempo prima di potersi immergere nei mondi virtuali. Prima di procedere con l’installazione fisica di tutto quanto è bene preparare il PC, scaricando l’apposito
programma di setup dal sito di HTC Vive, che prevederà a installare, se già non l’abbiamo fatto, anche Steam
e SteamVR, i due componenti necessari per far funzionare il tutto. Mentre lanciamo l’installazione (la parte
corposa del download avviene dopo aver lanciato il setup), possiamo cominciare a preparare anche la stanza
che ospiterà il nostro sistema. Le base station vanno
montate per risultati ottimali a un’altezza di almeno due
metri, ai vertici opposti di un “virtuale” rettangolo e a
una distanza massima di 5 metri. Affinché il sistema
funzioni senza altri cavi oltre quelli di alimentazione,
è necessario che le due base station siano in linea di
visibilità ottica e devono essere orientate 30°/45° verso
il basso e verso il centro dell’area di gioco. Per poter
sfruttare la mappatura della stanza, l’area libera designata in cui andremo a muoverci deve avere almeno
una dimensione di 1,5x2 metri ma è consigliabile avere
ancora più spazio per una migliore esperienza d’uso.
L’intera area non deve essere necessariamente rettangolare - durante la configurazione potremo mappare
con cura tutta l’area libera utilizzando i controller - ma
deve contenere almeno un rettangolo di 1,5x2 metri.
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TEST
HTC Vive
segue Da pagina 36 
Una volta fissate le due base station occorre alimentarle e verificare che su ciascuna si illumini un LED verde
fisso. Altrimenti vuol dire che le due videocamere sono
troppo lontane o che non riescono a comunicare tra
loro otticamente. In alternativa è possibile utilizzare il
lungo cavo di sincronizzazione fornito in dotazione.
Chiaramente avere un altro cavo che passa nell’area di
gioco non è l’ideale, ma il cavo è sufficientemente lungo da permettere di girarci intorno. Una volta installato
il software a questo punto possiamo collegare il box
con i cavi forniti in dotazione al PC e quindi il visore al
box. I controller si collegano invece automaticamente
senza fili al visore e quindi al PC, così come le base
station. Da questo punto di vista l’esperienza è abbastanza plug and play. Il software lancia automaticamente SteamVR che la prima volta farà partire la procedura
di mappatura della stanza. Qui ci siamo scontrati con il
primo intoppo, visto che nonostante i due fari fossero
in visibilità e con i LED verdi fissi - segno di comunicazione stabilita - si rifiutavano ostinatamente di rilevare
i controller o il visore. Dopo diversi tentativi infruttuosi,
abbiamo fatto una prova con il cavo di sincronizzazione e per magia tutti i dispositivi sono stati riconosciuti e
SteamVR ci ha comunicato di essere pronto a iniziare la
configurazione. Un faretto vicino alla posizione di una
delle base station è l’unico sospettato per il mancato
funzionamento della sincronizzazione ottica tra le due
“videocamere” per cui l’unico consiglio che possiamo
Come funziona HTC Vive

dare è di tenere a mente di posizionare le base station
lontane da fonti di luce. Una volta che i componenti del
sistema sono pronti, la procedura ci invita prima a calibrare l’altezza del pavimento, disponendo visore e controller a terra, e quindi a tracciare la copertura dell’area
di gioco prendendo in mano i controller e spostandoci
sul perimetro tenendo premuto il grilletto. Sullo schermo del PC vedremo il controller, perfettamente tracciato nello spazio, disegnare l’area di gioco, fino a quando
non chiuderemo la linea del perimetro rilasciando il
grilletto. Se l’area è troppo piccola, SteamVR ci inviterà
a rifare la procedura dopo aver liberato più spazio nella
stanza. Se non si ha abbastanza spazio per una configurazione a “stanza intera”, è possibile effettuare un
setup del sistema per l’utilizzo dell’HTC Vive da seduto
o in piedi in una posizione quasi fissa. In questo caso,
anche se non specificato dalle istruzioni, può essere
utilizzata una sola base station anche se chiaramente
non sarà in grado di tracciare i nostri movimenti a 360°
(non potremo guardare alle nostre spalle, ad esempio).
Una volta completata la procedura, SteamVR ci invita a
indossare il visore e la magia ha inizio.
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Basta il tutorial a conquistare
Indossando il visore e le cuffie ci troviamo catapultati
in uno spazio grigio chiaro simile alla famosa sequenza
di Matrix in cui Morpheus rivela a uno spaesato Neo di
trovarsi in una realtà simulata. Non serve qualcuno che
ci passi i controller dopo che abbiamo indossato il visore: i controller sono, infatti, tracciati in ogni momento
dai due fari e indossando il visore li vediamo (o meglio
la loro replica virtuale) sospesi là dove li abbiamo lasciati appoggiati (per terra, su una scrivania). È incredibile come è naturale, pur non vedendo le proprie mani,
agguantarli nell’ambiente virtuale. Da qui in poi, quello
che segue è magia vera, un sogno a occhi aperti. Nel
tutorial, un simpatico robot che sembra uscito da Portal,
ci guida nelle meccaniche di base della realtà virtuale
di HTC, insegnandoci a familiarizzare con i controller e
il sistema “chaperone” che serve ad avvisarci quando
ci spostiamo ai limiti dell’area di gioco visualizzando
una sorta di griglia semi-trasparente davanti a noi. Premendo il tasto home su uno dei controller si richiama la
schermata principale di SteamVR (praticamente la modalità Big Picture di Steam sospesa nel vuoto davanti a
noi) dalla quale possiamo lanciare le applicazioni installate, visualizzare il desktop del nostro PC davanti a noi
nello spazio tridimensionale, oppure aprire Vive Home,
una sorta di lounge che offre anche un metodo alternativo per lanciare le applicazioni installate. Il metodo
di controllo è semplice e intuitivo, con i controller che
funzionano come dei puntatori LASER per indicare ciò
che si vuole selezionare sul nostro schermo virtuale.
Nelle impostazioni (accessibili anche dall’interno della realtà virtuale), è possibile abilitare la videocamera
frontale del Vive e integrarla nel sistema “chaperone”:
come avevamo già visto nella prova del Vive Pre, ciò
permette di avere uno sguardo sulla realtà fisica quando ci avviciniamo ai confini dell’area di gioco, in modo
da aiutarci a non andare a sbattere contro qualcosa di
reale e, in futuro, probabilmente permetterà di creare
delle esperienze di interazione mista. Tramite l’app per
iOS e Android è anche possibile abbinare il proprio
smartphone in modo da poter essere avvisati nel caso
di chiamate in arrivo quando siamo immersi nella realtà
virtuale.
Tracciamento perfetto
Ma il visore è ancora migliorabile
La cosa più straordinaria di HTC Vive è il sistema di
tracciamento nello spazio sia dei controller che del visore, che rendono la nostra immersione nell’ambiente
virtuale estremamente credibile, nonostante gli attuali
limiti del visore. Quest’ultimo ha praticamente le stesse caratteristiche tecniche di Oculus Rift: due display
OLED da 1080x1200 pixel per una risoluzione complessiva di 2160 x 1200 pixel con una frequenza di refresh
di 90 Hz. L’effetto screen door c’è (la griglia dei Pixel è
cioè facilmente visibile, specie alla periferia del campo visivo), ma dopo due minuti ce se ne dimentica. È
invece la particolare superficie a cerchi delle lenti che
tende a non offrire una messa a fuoco perfetta su tutto
il campo visivo e, soprattutto in presenza di elementi
molto luminosi, produce degli aloni e dei fasci di luce
che possono distrarre un po’ durante l’uso. Trovare la
La particolare struttura delle lenti, con una superficie a centri concentrici, crea qualche riflesso quando ci sono elementi molto luminosi sullo schermo
“giusta” posizione del visore sul nostro viso è fondamentale per ridurre al minimo questo effetto e una visione più pulita. Come scrivevamo poco sopra, ciò che
impressiona è il tracciamento dei nostri movimenti che
rendono la simulazione perfetta a prescindere dal realismo grafico di quello che vediamo con i nostri occhi.
Sia che stiamo creando sculture di luce con Tilt Brush, o cacciando degli zombie armati di torcia e pistola,
tutto appare magicamente vero e intorno a noi, creando un livello di coinvolgimento senza precedenti. È la
corrispondenza tra i nostri movimenti fisici e il nostro
avatar virtuale a creare questa magia e fa passare tutti
gli altri difetti in secondo piano, un aspetto che diventa
ben chiaro con gli altri due titoli inclusi nel bundle disponibile per i primi acquirenti dell’HTC Vive: Fantastic
Contraption e Job Simulator; entrambi i giochi presentano una grafica praticamente elementare per gli standard odierni del gaming su PC, eppure la meccanica “a
stanza intera” rende l’esperienza virtuale quasi magica. Tra i difetti più grandi di questa prima iterazione di
HTC Vive occorre citare sicuramente la pesantezza del
visore e soprattutto la scomodità di avere un serpente di cavi che parte dalla testa e corre lungo la nostra
schiena, accompagnandoci in ogni nostro movimento
e che dopo diversi minuti di immersione comincia a
far sentire la sua ingombrante presenza. Se il sistema
di tracciamento funziona poi senza tentennamenti, la
piattaforma in generale ancora non è il massimo della
stabilità. Durante la nostra prova SteamVR si è spesso
bloccato uscendo da un’applicazione, richiedendo di
essere riavviato per lanciare un altro gioco, o di forzare la chiusura del gioco precedente per poter continuare, operazioni che richiedono di togliersi il visore
e mettere fisicamente mano al PC, cosa, vi assicuriamo, davvero poco pratica, dovendo destreggiarci tra
cavi, cuffie e quant’altro. Il potenziale dell’HTC Vive è
comunque fin da subito inequivocabilmente enorme:
ora tocca agli sviluppatori rendere appetibile un device
che ha ancora un costo non indifferente e che richiede
un investimento anche in termini di voglia di mettere le
mani su una tecnologia comunque ancora macchinosa
e “invadente”. D’altra parte ricordiamoci che, in tempi
comunque recenti, è bastato l’obbligo di indossare un
paio di occhiali di plastica a far naufragare il 3D.
Dammi il cinque!
MODELLO 730-1 redditi 2007
ALLEGATO B
Scheda per la scelta della destinazione
dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Da consegnare unitamente alla dichiarazione
Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al
C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando
l’apposita busta chiusa contrassegnata sui
lembi di chiusura.
genzia
ntrate
CONTRIBUENTE
CODICE FISCALE
(obbligatorio)
COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)
DATI
ANAGRAFICI
DATA DI NASCITA
GIORNO
MESE
ANNO
NOME
SESSO (M o F)
COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA
PROVINCIA (sigla)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF
NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
Il tuo 5 per mille
può cambiare la vita
di molti bambini
prematuri.
E non ti costa nulla.
Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee
bambini
di Dio in Italiaprematuri,
di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr.
Stato
Chiesa cattolica
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Questi
bambini
hanno
bisogno di
Unione Comunità
Ebraiche
Italiane
e assistenza per molti anni.
cure, controlli
genitori hanno bisogno del tuo aiuto.
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interamente impiegate per:
E anche i loro
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il
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non sua
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14 GIUGNO 2016
MAGAZINE
TEST È un diffusore Bluetooth o una soundbar? Questo l’interrogativo che sorge di fronte al nuovo arrivato di casa JBL
JBL Boost TV, la soundbar che si crede un diffusore
Compatto ma dotato di un buon suono se la cava bene con la musica e la TV. Molto interessante il prezzo, 199 euro
di Roberto FAGGIANO
hi cerca una soundbar per il TV e non vuole
spendere molto può scegliere tra tanti modelli
in commercio. Ma se si desidera un diffusore
che abbia buone prestazioni anche con la musica la
cerchia si restringe di molto. Ben venga quindi questo JBL Boost TV (199 euro), presentato alla scorsa
IFA di Berlino e che ci aveva già ben impressionato
dopo un primo breve ascolto. Interessante soprattutto
il concetto da cui nasce il Boost TV, ciò il desiderio di
fornire un diffusore che desse un “aiutino” all’audio
del televisore ma anche capace di fornire buone prestazioni musicali come si conviene a qualsiasi oggetto
con il marchio JBL.
C
Bruttino ma compatto

Ed eccoci di fronte al nuovo diffusore, disponibile nella doppia versione nero – arancio dell’esemplare protagonista del test oppure in una più elegante veste
grigio chiaro. Il Boost TV è molto più compatto delle
solite soundbar, infatti è largo meno di 40 cm con uno
spessore di soli 84 mm, quindi adatto anche a TV di
piccolo formato e ideale nella camera dei ragazzi.
Le connessioni disponibili sono tre: senza fili tramite Bluetooth, con un cavetto digitale ottico e con un
minijack analogico; entrambi i cavi sono opportunamente forniti in dotazione. I comandi sono del tipo a
sfioramento direttamente sul diffusore oppure tramite un comodo telecomando formato carta di credito,
volendo si può impostare il diffusore per imparare i
comandi del volume dal telecomando del televisore. Oltre al volume e alla selezione della sorgente è
possibile attivare un effetto DSP Surround per ascoltare meglio le colonne sonore dei film. Poi ci sono le
funzioni JBL Connect per collegare direttamente altri
diffusori JBL e il Soundshift che dà automaticamente
la priorità all’ingresso Bluetooth non appena si vuole
collegare senza fili un dispositivo mobile, anche se si
è selezionato l’ingresso TV.
Dal punto di vista tecnico il Boost TV impiega due altoparlanti da 5 cm con accordi reflex laterali, quindi
in fase di collocamento sarà bene evitare l’installazione in mobili chiusi con pareti laterali molto vicine. La
potenza è di 30 watt complessivi mentre la massima
pressione sonora dichiarata è di 92 dB.
torna al sommario
Il meglio al momento dell’ascolto
La fase di installazione è molto semplice data la compattezza del diffusore, basta inserire l’alimentazione
e collegare il TV con il cavo digitale ottico, non serve
altro. L’ascolto quindi inizia subito e il “nostro” quasi
scompare al cospetto di un grande TV Sony usato per
l’occasione.
Il Boost TV comunque inizia a dare buona prova di sé
perché sembra subito di ascoltare un diffusore molto
più grande di quanto sia in effetti. Alzando il volume
fa pure un gran baccano, in senso buono però: riesce
a dare una bella spinta alle scene più concitate di un
film; certo si sente la mancanza di un subwoofer esterno e quindi non è lecito aspettarsi colpi allo stomaco
e cose del genere, però il coinvolgimento c’è e inserendo il DSP – denominato Harman Display Surround
– la scena si allarga ulteriormente e si approfondisce
per dare una migliore sensazione di realismo. Effetti
surround veri di circondamento però non ce ne sono
e forse non si può nemmeno pretenderli da un diffusore così piccolo. Molto buone le prestazioni anche
con i semplici programmi TV, dove non ci sono enfasi
sulle voci ma si può comunque contare sull’intervento
base del Dolby Digital, ormai quasi sempre presente
sui canali in HD. L’esame da soundbar è stato superato senza sforzi, la scuola JBL si sente e questo piccolo
diffusore può farsi valere contro soundbar di prezzo
equivalente ma molto più ingombranti.
Ora veniamo all’esame musica, colleghiamo lo smartphone e accendiamo Spotify. Temendo il peggio teniamo il volume su valori rassicuranti ma anche qui
c’è una bella sorpresa perché il Boost TV non se la
cava affatto male. Gamma bassa subito in primo piano
ma senza esagerare, voci ben centrate sul diffusore e
sempre la sensazione di avere di fronte un diffusore
molto più grande del reale. Con la musica non ci sono
effetti DSP dedicati e nemmeno un equalizzatore ma
c’è lo stesso una buona sensazione di profondità e
anche un buon adattamento a diversi generi musicali.
Rispetto alla visione di film si sente meno l’esigenza
di alzare il volume ma volendo si può andare oltre il
lecito senza subire danni alle orecchie. La sensazione generale è sempre quella di un ascolto piacevole,
magari non trascinante ma comunque in linea con
quello di diffusori Bluetooth esclusivamente dedicati
alla musica.
Quasi un miracolo
Dopo aver provato questo Boost TV non si può gridare al miracolo, però si può affermare che JBL è riuscita
a realizzare una soundbar dal prezzo accessibile che
fa la sua figura anche con la musica, permettendo di
svolgere due ruoli con un solo diffusore e con un minimo ingombro. Se poi aggiungiamo l’ottimo rapporto
qualità/prezzo non possiamo che consigliare agli interessati questo Boost TV, specie nella più elegante
finitura chiara.