magazine - DDay.it
Transcript
magazine - DDay.it
n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 Siamo pronti alle auto “software”? Le auto cambieranno molto nei prossimi anni. E il nocciolo duro non verrà dalle fonderie, dai nuovi materiali e neppure dalle forme alternative di propulsione, che pur avranno un impatto incredibile sul rinnovamento. Il cambiamento più profondo sarà guidato dal software. Le auto stanno imparando a diventare oggetti programmabili e connessi, proprio come uno smartphone. E come gli smartphone, le auto saranno sempre più aggiornabili via internet, per esempio con una nuova versione di sistema operativo che potrà perfezionarne e potenziarne le funzioni. E con i veicoli sempre connessi via dati con la “centrale operativa”, potrebbero aprirsi anche nuovi scenari: per esempio una tariffazione dell’auto più flessibile, con un costo fisso all’acquisto più basso e un costo variabile al km; o addirittura senza che si compri la vera proprietà dell’auto ma solo il servizio che ne deriva, una sorta di “Car-as-a-Service” sempre aggiornata, proprio come già accade oggi per il software sui personal computer. Proprio come su uno smartphone, sarà possibile scaricare sull’auto, in alcuni casi gratuitamente e in altri a pagamento, delle “app” in grado di attivare nuovi servizi o nuove funzionalità. Alcuni esempi di questa tendenza li abbiamo già davanti: per esempio, la funzione di auto-parcheggio (anche via app) della nuova Mercedes Classe E è compresa nel prezzo di acquisto ma solo per i primi tre anni, allo scadere dei quali, per continuare ad usarla sarà necessario pagare un canone di abbonamento. È una tendenza che nel mondo dell’informatica è oramai avviata: sempre più la “softwarizzazione” ci porta ad acquistare servizi e non prodotti, anche con una dimensione fisica, ma servizi. Così è pensabile che in futuro un modello di auto possa avere una “piattaforma” hardware unica per tutte le sue varianti (salvo le finiture fisiche) e le diverse funzioni siano attivate o disattivate via software. In questo scenario si potrebbe arrivare ad acquistare un’auto con poche funzioni per poi aggiungerle strada facendo; oppure, disattivare, risparmiando, quelle che, dopo i primi mesi, si scopre utilizzare poco. Questi cambiamenti, per alcuni entusiasmanti e per altri inquietanti, andranno gestiti: innanzitutto spiegandoli agli utenti, ai quali sembrerà strano, se non addirittura ingiusto, pagare e non “possedere” tutto quello che comprano, con una parte, quella software, in semplice licenza d’uso, perpetua o addirittura temporanea. Allo stesso modo sarà necessario affrontare con chiarezza e trasparenza i temi legati alla privacy: dati senibili come dove è andato il veicolo e quando, tanto per dire, sono destinati a risultare accessibili al costruttore e forse anche ad altre terze parti più o meno autorizzate. Ovvio che ai produttori questo scenario che si prospetta conviene. Vuol dire conoscere perfettamente le abitudini del cliente e poterlo sedurre con offerte speciali al momento giusto, sulla base dei profili di utilizzo. Vuol dire anche saper predire quando il momento è propizio per offrire una permuta con un nuovo modello; vuol dire, in definitiva, saltare completamente i concessionari, che a questo punto si limiterebbero alle banali operazioni di messa in strada, con margini altrettanto banali. Non sappiamo se il mondo che ci si prospetta ci piacerà più di quello che è stato. Di certo deve essere riconosciuta la giusta ricompensa per gli utenti “spiati”. Le Case produttrici devono realizzare che le preziose informazioni sulle abitudini degli utenti non possono essere gratis: il “prelievo” di dati non va mascherato come un servizio né affogato nei codicilli microsopici delle “condizioni di utilizzo”. Ma questo è un tema gigantesco che vale anche per Apple e Google e tutti i produttori di apparecchi smart e che nel futuro dovrà entrare a tutto tondo nell’agenda politica. Gianfranco GIARDINA MAGAZINE L’Antitrust al governo Lenovo annuncia Novità console “Il monopolio SIAE Phab 2 Pro, il phablet Arrivano PS4 Neo va smontato” 02 “Project Tango” 05 e Xbox One S 27 Apple svela i sistemi operativi per Mac, Watch e iPhone 03 Completamente rivisto iOS 10, Watch OS 3 renderà Watch molto più veloce e funzionale Tutto nuovo macOS Sierra, successore di OS X Trasmissioni 4K HDR, per i broadcaster è già tardi? 14 Dall’UHD Forum Conference di Lucca emerge che la strada per trasmissioni in 4K HDR è ancora lunga. Netflix è in netto vantaggio Windows 10 al giro di boa Scopriamo dove sta andando 21 A un anno dal lancio è tempo di bilanci per Windows 10, vediamo quali sono i progetti futuri e le possibili evoluzioni in arrivo IN PROVA IN QUESTO NUMERO 31 34 36 Panasonic DX900 Moto G4 Plus HTC Vive, sognare Un vero riferimento OK il prezzo è giusto ad occhi aperti n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MERCATO Nel dibattito sul monopolio SIAE è intevenuta direttamente anche l’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza L’Antitrust: “Il monopolio SIAE è inattuale, va smontato” L’antitrust auspica un recepimento della direttiva europea che garantisca pari condizioni tra SIAE e i potenziali concorrenti U di Gianfranco GIARDINA na grana per il Ministro Franceschini e per i suoi propositi di far conservare alla SIAE il ruolo di monopolista del collecting dei diritti d’autore in Italia: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha scritto ai presidenti di Camera e Senato, oltre che al presidente del Consiglio, per sollecitare un provvedimento di liberalizzazione del settore della raccolta e ridistribuzione dei diritti d’autore, come previsto da una direttiva europea che l’Italia avrebbe dovuto già recepire. La lettera dell’Autority, firmata dal presidente Giovanni Pitruzzella, chiarisce che “Il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, di una disposizione ormai isolata nel panorama degli ordinamenti degli Stati membri, che attribuisce ad un solo soggetto (SIAE) la riserva dell’attività di intermediazione dei diritti d’autore”. La legge che dovrebbe recepire la diret- tiva europea è in approvazione alla Camera ma si tratta in buona sostanza di una legge delega che lascia al Governo la decisione sulle modalità dell’attuazione, senza esplicitare mai la modifica del ruolo di monopolista di SIAE; non a caso il Ministro Franceschini si è recentemente espresso a favore del mantenimento del monopolio SIAE che “tutta l’Europa ci invidia”. La pensa diversamente l’Authority, che invece “auspica una modifica in senso concorrenziale dei principi di delega in corso di approvazione dal Parlamento”. L’Autority chiede quindi al Governo di procedere con una riforma del settore che, senza ambiguità, preveda una piena liberalizzazione del settore del collecting; l’attuale assetto è ritenuto “inattuale” ed è quindi richiesta la modifica dell’articolo 180 della Legge sul Diritto d’Autore che dispone l’esclusiva SIAE. Inoltre – prosegue l’Authority – è necessario rivedere l’articolazione complessiva del settore, identificando dei sistemi per gestire in maniera trasparente la raccolta di diritti d’autore e i repertori, che sarebbero spalmati su più operatori. Inoltre, nella lettera dell’Autorithy viene chiarito che SIAE dovrebbe operare nella sua attività tipica senza altri incarichi di tipo istituzionale, come l’accertamento e l’esazione di tributi diversi dal diritto d’autore per conto di Stato e altri enti: si tratta di un’attività che oggi SIAE svolge a norma di legge e che frutta alle sue casse ricavi per circa 33 milioni di euro, circa il 20% del proprio giro d’affari, ma che le conferirebbe un indebito vantaggio competitivo nei confronti dei MERCATO Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il primo bando Infratel per portare la banda Ultralarga Bando Infratel: 6 regioni e 1,4 miliardi di euro Obiettivo portare la banda Ultralarga (da 30 a 100 Mb/s) nelle aree a fallimento di mercato di Emanuele VILLA nfratel, la società del Ministero per lo sviluppo economico che attua il piano Banda Larga del Governo, ha pubblicato il primo bando per la “costruzione e gestione di una infrastruttura passiva a Banda Ultralarga (da 30 a 100 Mb/s, ndr) nelle aree bianche delle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto”. Con il bando viene quindi inaugurata la procedura di affidamento delle opere, che andranno a coinvolgere più di 3 milioni di unità immobiliari e circa 6,5 milioni di cittadini. Com’è noto, il bando riguarda le cosiddette aree “bianche” o ”A fallimento di mercato”, laddove cioè operatori privati non hanno previsto alcun investimento sul fronte della cablatura e opere relative.Chi si aggiudicherà il bando avrà l’incarico di progettare, realizzazione e gestire la rete che resterà comunque di proprietà sta- I torna al sommario tale e verrà messa a disposizione degli operatori nel mercato all’ingrosso. Per quanto riguarda le somme stanziate, parliamo di un investimento complessivo di circa 1.4 miliardi di euro, così distribuiti Lotto 1 - Abruzzo e Molise L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari a € 123.008.137. CIG: 671083001C. Lotto 2 – Emilia Romagna L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari a € 232.356.786. CIG:671083543B. Lotto 3 – Lombardia L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari a € 439.210.421. CIG:671085658F. Lotto 4 – Toscana. L’importo complessivo massimo dell’in- vestimento, comprensivo dell’IVA, è pari a € 222.209.102. CIG:67108619AE. Lotto 5 – Veneto L’importo complessivo massimo dell’investimento, comprensivo dell’IVA, è pari a € 388.593.504. CIG:6710873397. Per quanto riguarda la gestione, è prevista una procedura ristretta in più fasi che si avvarrà anche della piattaforma telematica: il criterio per l’assegnazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. potenziali concorrenti. Infine la SIAE – secondo l’Autority - dovrebbe anche abbandonare le attività di vigilanza sul diritto d’autore e sugli enti di ripartizione dei diritti connessi. Un altro fermento per i “salotti buoni” romani, oltre a quelli elettorali: quali saranno ora le contromosse delle lobby trasversali vicine alla SIAE? L’unica cosa certa è che la strada per il mantenimento del pluridecennale monopolio di SIAE da oggi è un pochino più stretta e tortuosa. MERCATO Vivendi ha acquistato Gameloft Tramite una nota ufficiale, Vivendi ha annunciato l’acquisizione di Gameloft, la software house dedicata allo sviluppo dei giochi mobile fondata nel lontano 2000 dalla famiglia Guillemot (la stessa che ha creato e che gestisce Ubisoft). Gameloft è sia un editore internazionale, sia uno dei maggiori sviluppatori di videogames destinati ai dispositivi portali quali console e smartphone. Il colosso transalpino noto per aver acquistato e poi rivenduto ai precedenti proprietari Activision e Blizzard, si espande dunque ulteriormente nell’universo videoludico. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Apple rivede totalmente il suo sistema operativo, le dieci novità annunciate riguardano ogni applicazione importante iOS10 pieno di novità. Rivoluzionati Musica Messaggi e Mappe. Arriva finalmente Home HomeKit arriva sulla homescreen di iOS10, Siri è ancora più intelligente e può finalmente interagire con le app di terze parti di Franco AQUINI A pple mette sul piatto davvero tante novità per il suo sistema operativo mobile: iOS 10 porta con se 10 migliorie che riguardano tutti gli aspetti principali del sistema, dalle chiamate ai messaggi, dalle mappe al control center per arrivare alla look screen. iOS 10, tra i quattro sviluppati dalla Apple, è di certo quello che ha ricevuto più aggiornamenti: la rivoluzione più grande riguarda Messaggi, con l’app che viene totalmente rivoluzionata aggiungendo l’anteprima dei link, emojis automatiche, video, reazioni ai messaggi e tanto altro. La risposta a Whatsapp, Telegram e Snapchat è arrivata, ma Apple non si ferma qui. Ecco un elenco delle novità annunciate. applicazioni di terze parti. Attraverso Siri sarà quindi possibile lanciare o interagire con applicazioni come WhatsApp, Slack o WeChat. Siri ora interagisce con quello che stiamo scrivendo, riconoscendo il contesto di quello che digitiamo e comprendendone il senso. Può proporre l’invio della posizione se ci viene chiesto “dove sei?” oppure creare eventi sul calendario deducendo l’oggetto dell’evento direttamente dal testo dei messaggi. Homescreen e lockscreen Finalmente il 3D Touch ha un senso Una major release come iOS 10 non poteva non subire un ritocco generale dell’interfaccia: iOS 10 sembra portare l’uso del 3D Touch ad un altro livello, con l’azione a pressione meglio integrata con il resto dell’interfaccia e soprattutto con la lockscreen, dove si potrà interagire direttamente con le notifiche in maniera più completa. Tutto nuovo anche il control center, il quick menù raggiungibile tramite uno swipe verso l’alto: ora ha un aspetto più pulito e con molte opzioni in più, grazie ai pannelli che scorrono con uno swipe. Apple Foto, una evoluzione che guarda a Google Foto L’app foto non rimane esente da importanti novità che in qualche modo sembrano voler colmare il gap nei confronti di foto di Google Foto: Foto ora è in grado di riconoscere volti, persone, oggetti e contesti, e così facendo è in grado di assemblare automaticamente dei video chiamati “Memories” basati su un viaggio o su un evento particolare. Ricordano molto da vicino le storie di Google Foto, ma sembrano comunque molto suggestivi. l’automobile, e sarà in grado di mostrare l’indicatore di percorso direttamente sul display del cruscotto dell’auto. Musica, finalmente arrivano i testi Apple Music, insieme a Message, è probabilmente l’applicazione che ha subito più modifiche: con un’interfaccia totalmente rivisitata rimette al centro la libreria musicale dell’utente, in secondo piano sull’app Musica disponibile oggi su iOS9. La novità più apprezzata sarà probabilmente l’introduzione dei testi della canzone in riproduzione, ma non vanno ignorate le migliorie che riguardano l’interfaccia e il design delle sezioni di Apple Music, suddivise in “for you” e “browse”. Qui un team editoriale si è occupato di selezionare la musica più adatta ai nostri gusti, promettendo performance migliori della selezione basata su algoritmi automatici. Siri, l’assistente anche per gli sviluppatori Siri, integrata ora anche su MacOS, si apre finalmente agli sviluppatori, aggiungendo funzionalità per le News, nuove fonti di notizie e gli abbonamenti Maps, traffico e suggerimenti anche in auto Anche Mappe sembra voler colmare il gap nei confronti di Google Maps: iOS 10 vede l’introduzione del traffico e dei suggerimenti di attività commerciali lungo il tragitto che stiamo seguendo. Mappe sarà ovviamente integrato con CarPlay, il sistema di Apple per torna al sommario L’applicazione News, ancora non disponibile in Italia, vanta ora la collaborazione di più testate editoriali, una nuova interfaccia e l’introduzione degli abbonamenti. Una soluzione questa che sicuramente gli editori apprezzeranno. Le riviste a cui ci si abbona saranno in grado di inviare notifiche con le notizie più importanti direttamente nella look screen. segue a pagina 04 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Uscirà in autunno la prossima release del sistema operativo dedicato ad Apple Watch, promesse grandi novità iWatch OS 3 per un Apple Watch completamente nuovo Le app si apriranno molto più velocemente, arriva un nuovo centro di controllo e una nuova gestione del multitasking A di Emanuele VILLA pple ha aperto la conferenza degli sviluppatori con le novità dedicate ad Apple Watch, che rientrano all’interno del cappello di Watch OS 3. La nuova release del sistema operativo, fin da subito disponibile per gli sviluppatori, verrà distribuita gratuitamente a tutti gli utenti Watch il prossimo autunno e porterà con sè svariate novità, al punto da ridefinire l’esperienza d’uso dell’orologio smart di Cupertino. Prima notizia è forse la più importante: l’ottimizzazione software di Watch OS 3 permetterà alle app di aprirsi in modo fulmineo, superando tutte le attese che contraddistinguono l’attuale versione. Si parla di un 70% di velocità in più, un’enormità se si considera che anche oggi le attese non sono poi così drastiche. Ciò premesso, Apple ha mostrato nuove Watch Faces, un nuovo centro di controllo e una modalità di gestione del multitasking per passare più rapidamente da un’applicazione all’altra, ma ha colpito soprattutto il centro di controllo, che si richiama con uno swipe dal basso e ricorda molto da vicino quello di iPhone, se non per la grafica sicuramente per le funzionalità. Molto interessante, inoltre, una nuova funzione chiamata Scribble che permette di rispondere ai messaggi disegnando a mano le lettere che compongono la parola sullo schermo del telefono: Watch riconosce la scrittura e compone le parole, con tanto di suggerimenti per le lingue inglese e cinese (al momento). Grosse novità arrivano sul fronte del fitness, uno dei motivi di acquisto di Apple Watch più gettonati: l’attività fisica e gli allenamenti possono ora essere condivisi con amici e parenti, il che significa vedere proprio i loro risultati (nella medesima forma grafica dei propri) e confrontarli con i propri, magari mettersi in contatto con loro durante gli allenamenti con qualche messaggio preimpostato o via Scribble. Inoltre, Apple ha ottimizzato le funzionalità di fitness anche per chi è costretto su una sedia a rotelle, modificando ad hoc non solo la terminologia ma anche le attività possibili e i movimenti permessi. Infine, durante la presentazione è stata mostrata una nuova app che verrà distribuita con la nuova release del sistema operativo: Breathe, pensata per alleviare lo stress della nostra vita di tutti i giorni. Basato sui principi dello Yoga e della meditazione, Breathe ci insegnerà appunto a “respirare” e a rompere la tensione, favorendo il nostro equilibrio psicofisico, il tutto mentre terrà sempre sotto controllo i battiti cardiaci. La nuova funzionalità SOS permetterà agli utenti di Apple Watch di comporre il numero d’emergenza locale (nella fattispecie, quello di Hong Kong) con la semplice pressione di un tasto MOBILE iOS10 pieno di novità segue Da pagina 03 Home, la nuova casa di HomeKit HomeKit arriva sulla homescreen di iOS10 con il nome di Home. Tramite Home potremo interagire con tutti i dispositivi della smart home, sia tramite Siri che da Control Center, capace di espandersi aggiungendo un pannello per ogni dispositivo controllato. Si potranno accendere o spegnere luci in pochi secondi, regolarne l’intensità con uno swipe e tenere sotto controllo tutti gli altri device connessi, dai termostati ai sistemi antifurto. Telefono trascrive i messaggi della segreteria telefonica Che iOS 10 sia un aggiornamento importante lo si capisce anche dal fatto che è stata aggiornata l’applica- torna al sommario zione principale, Telefono. Con iOS 10 sarà possibile ricevere un messaggio testuale con la trascrizione della segreteria telefonica senza dover ascoltare il messaggio. La rubrica telefonica è stata inoltre totalmente rivista e arricchita di dati, con l’applicazione che sarà in grado di avvisarci se una chiamata in arrivo è considerata spam. Grazie alle estensioni per gli sviluppatori Telefono potrà gestire anche le chiamate voip delle app, come quelle di WhatsApp audio o di Skype. Messaggi è stata stravolta Di fronte al continuo spuntare di nuove applicazioni per la messaggistica, Apple non poteva stare a guardare e ha deciso di rivoluzionare l’applicazione Messaggi, che ora supporta l’anteprima dei link o dei video ed è in grado di proporre automaticamente le emojis in base alle parole che scriviamo. Possiamo inoltre inviare messaggi con effetti e animazioni, inserire de- gli sfondi animati oppure aggiungere una reazione ai messaggi, come il battito cardiaco. Non mancano i disegni animati, simili a quelli di Apple Watch, oppure i link e le foto nascoste, che sarà possibile scoprire passandoci il dito sopra. In questo modo Messaggi cerca di far fronte alla costante crescita di servizi come WhatsApp e Telegram, e alcune di queste funzionalità faranno davvero la felicità di molti appassionati (ma qualcuno potrebbe definirle “cinesate”). A conclusione del sezione del keynote relativo a iOS 10, Federighi ha fatto una rapida carrellata di nuove funzionalità minori, ma comunque importanti, come la possibilità di leggere le mail in conversazioni, lo split screen a due finestre per Safari e il live editing per le foto. Funzionalità appena accennate, ma che avremo sicuramente modo di testare sulla versione per sviluppatori. La versione finale, come tradizione, arriverà invece in autunno con i nuovi iPhone. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Lenovo alla conferenza globale Tech World ha presentato l’attesissimo Project Tango Project Tango si chiama Lenovo Phab 2 Pro Arriva a settembre, prezzo USA 499 dollari Project Tango, il phablet realizzato con Google, vuole rivoluzionare il mercato mobile T di Emanuele VILLA utto come da copione: a conferma di giorni di rumor e anticipazioni, Lenovo ha tolto i veli a Project Tango, lo smartphone pensato per portare innovazione nel settore della telefonia mobile. La presentazione ufficiale di Project Tango, o meglio di Phab 2 Pro (Project Tango è la tecnologia integrata), è la fine di un iter iniziato più di un anno fa al CES di Las Vegas, proseguito al Mobile World Congress e culminato nel Lenovo Tech World del 2016, dove l’azienda non solo ha mostrato il risultato al mondo, ma ne ha anche annunciato la distribuzione globale (anche da noi, quindi) per settembre ad un prezzo – per il momento solo USA – di 499 dollari. Il prodotto si chiama Phab 2 Pro ed è “formalmente” un comune phablet dal gigantesco display da 6.4’’ con tecnologia IPS e risoluzione Quad HD, un prodotto che vuole essere innanzitutto un ottimo smartphone, con una certa vocazione business. Rigorosamente basato su Android, il telefono potrà vantare una scocca in alluminio unibody, prestazioni da primo della classe grazie allo snapdragon 820, una super autonomia di 15 ore con batteria da 4.000 mAh, Dolby Atmos e Dolby 5.1 Audio Capture e un comparto fotocamere innovativo: al di là del modulo da 8 mpixel frontale e il 16 mpixel RGB principale, troviamo infatti un sensore di profondità e un modulo di motion tracking, che poi sono gli elementi che distinguono Phab 2 Pro dalla massa e gli permettono tutta una serie di funzionalità speciali. Funzionalità che dipendono ovviamente dal software e dalla fantasia degli sviluppatori. Grazie ai sensori di profondità e alla motion ca- torna al sommario Apple rivoluziona l’App Store prima di WWDC Annunciato sul sito degli sviluppatori Apple il nuovo corso dell’App Store: aumentano i guadagni, arriva la pubblicità e nuove funzioni per chi utilizza 3D Touch di Emanuele Villa mera, Tango rende il dispositivo capace di fare quello che ogni giorno facciamo automaticamente, come calcolare lo spazio necessario per spostare una sedia in una stanza, o aprire una porta. Sul palco di Lenovo, il nuovo Phab2Pro viene messo alla prova con 3 applicazioni demo, ma ovviamente l’unico limite è la fantasia. La prima app permette alla fotocamera di calcolare la dimensione degli oggetti: avvicinandosi allo spigolo di un tavolo, l’applicazione lo riconoscerà automaticamente, permettendo all’utente di misurare il lato dell’oggetto. Oltre a questo, l’app può creare dei volumi nell’ambiente, per simulare l’ingombro di un mobile che ancora non esiste, al fine di verificare (prima dell’acquisto) come si integra all’interno dell’ambiente domestico. La seconda applicazione è rivolta al mercato educational e permette di aggiungere, in un ambiente reale, dei dinosauri virtuali. Aggiungendone di diverse specie, è possibile compararne la grandezza e interagirci. La terza applicazione è un gioco, che permette di disporre tesserine del domino e altri giocattoli su tutto quello che circonda l’utente. Scale, tavoli e sedie, possono diventare le superfici sopra le quali vengono disposte centinaia di tesserine che verranno poi fatte crollare in sequenza. Tutte applicazioni dall’utilità piuttosto limitata, ma che dimostrano le grandi potenzialità di cui questa nuova categoria di dispositivi dispone. L’appuntamento è per settembre: sarà un piacere verificare fino a che punto gli sviluppatori si potranno (e vorranno) spingere per sfruttare le potenzialità di Project Tango. Prima dell’annuale evento che Apple dedica alla comunità dei suoi sviluppatori, la WWDC, Phil Schiller, da pochi mesi unico responsabile delle operazioni in capo a tutto il progetto App Store, ha anticipato alcune grosse novità. Ma andiamo con ordine: da sempre contraria ad ogni forma di pubblicità, Apple ora avrà delle app sponsorizzate. Anticipando il possibile malumore di qualche utente, Schiller ha rassicurato che: “... abbiamo pensato attentamente a come realizzare l’idea così che gli utenti potessero esserne felici”. E lo saranno anche gli sviluppatori, che trarranno beneficio dalla sponsorizzazione sia che rappresentino un grosso nome dell’appworld, sia che l’app arrivi da uno sviluppatore indie. Entrambe le categorie, inoltre, guadagneranno ora di più: se ad oggi il 70% dei ricavi veniva girato alla comunità di sviluppatori, dall’autunno il ricavo salirà all’85% per sottoscrizioni attive da più di 12 mesi. Non ultima, una nuovissima funzione pronta per arrivare su tutti gli iPhone 6S: grazie a 3D Touch, la tecnologia esclusiva della line up top di gamma che riconosce la pressione oltre che il tocco, potremo segnalare un’app particolarmente interessante appena scoperta ad amici e conoscenti con una semplice pressione a schermo. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Con una scheda tecnica da top di gamma, ecco i due nuovi Moto Z e Moto Z Force Lenovo Moto Z è lo smartphone modulare Fanno notizia grazie ai MotoMods, tre back-cover che aggiungono diverse funzionalità D di Alvise SALICE irettamente dal Lenovo Tech World, arrivano 5 nuovi prodotti Motorola: i due smartphone topend, Moto Z e Moto Z Force (che si differenziano tra loro per prestazioni, fotocamera e batteria), basati su sistema operativo Android 6.0.1 Marshmallow; i tre moduli aggiuntivi intercambiabili MotoMods. Il Moto Z, un dispositivo mobile con display AMOLED Quad HD da 5,5”, monta SoC Snapdragon 820 a 1,8 GHz, 4 GB di memoria Ram, 32GB o 64GB di storage, luminosa fotocamera posteriore da 13MP f/1.8 con laser-assist più autofocus a rilevamento di fase, selfie-cam da 5 Megapixel e infine batteria da 2600 mAh. Il tutto in uno spessore di appena 5.2 mm. Il Moto Z Force aumenta lo chassis a 7 mm, il che si traduce in un processore clockato a 2.15 GHz, una batteria da ben 3500 mAh e soprattutto una fotocamera da 21 Megapixel. Entrambi gli smartphone dispongono poi di porta USB-C con supporto Turbocharge, grazie a cui dichiarano 15 ore di utilizzo con appena 15 minuti di ricarica. La feature più interessante della nuova gamma sono però i MotoMods, add-on in grado di aggiungere specifiche caratteristiche ai Moto Z, aderendo magne- Android su iPhone? Basta avere la “cover” giusta Il trucco è in una speciale cover con una componentistica hardware che gestisce Android P di Francesco FIORILLO torna al sommario Secondo gli ultimi rumor, Samsung entro pochi mesi potrebbe presentare un paio di smartphone con schermo OLED flessibile: la flessibilità non sarebbe solo nella forma, ma anche nella sostanza di Mirko SPASIANO ticamente allo chassis e interscambiandovi dati mediante appositi pin. Per ora, Lenovo ne ha presentati tre. JBL SoundBoost Speaker: altoparlante supplementare con batteria aggiuntiva, per potenziare a dismisura le potenzialità audio del telefono ed offrire fino a 10 ore di suono ad alta qualità. Moto Insta-Share Projector: piccolo videoproiettore con kickstand integrato, e batteria aggiuntiva, per un’ora di proiezione fino a 70 pollici. Power Pack: modulo-batteria esterno che aumenta di 22 ore extra la durata di utilizzo senza comprometterne troppo l’aspetto e la compattezza. Moto Z, Moto Z Force e i MotoMods saranno disponibili da settembre a prezzi non ancora indicati. MOBILE Per vedere Android su iPhone basta collegare il proprio device tramite un cavetto USB-C ortare il sistema operativo firmato Google sui device Apple è una sfida tanto ardua quanto carica di fascino, almeno per la stragrande maggioranza degli “sviluppatori fai da te”. Nick Lee, CTO della società di sviluppo mobile Tendigi, sembra esser arrivato ad una soluzione. Dopo aver installato Windows 95 su un Apple Watch, il buon Lee è riuscito infatti nel difficile intento di far girare Android su iPhone, senza aggirare completamente il blocco software che impedisce l’esecuzione di codici terze parti sui dispositivi dell’azienda di Cupertino. Meno di un anno allo smartphone flessibile? Il trucco risiede infatti in una speciale cover dotata di una componentistica hardware capace di gestire il software di Google. Il device Apple, una volta collegato tramite USB-C, diviene in pratica in una sorta di monitor di controllo touch, mentre l’elaborazione vera e propria resta affi- data all’elettronica presente nella cover. Il video ci permette di dare uno sguardo a questa interessante soluzione, mentre il suo creatore ha specificato che con il giusto impegno è possibile ovviare anche al limite odierno di tale progetto, rappresentato da una dimensione del case tutt’altro che contenuta. Secondo un report di Bloomberg, gli smartphone flessibili potrebbero presto diventare realtà. Samsung dovrebbe presentare al prossimo Mobile World Congress uno o due nuovi smartphone con un pannello OLED flessibile. Questi smartphone, con nome in codice Project Valley, non dovrebbero essere commercializzati come appartenenti alla linea Galaxy S. Il primo modello, di dimensione non precisata, sarebbe ripiegabile su se stesso, a mo’ di vecchio flip-phone (come i vecchi StarTac di Motorola, per intenderci); il secondo, invece, avrebbe una diagonale da 5 pollici, ma potrebbe essere “srotolato” per diventare un piccolo tablet da 8”. La compagnia coreana ha già mostrato in più occasioni diversi prototipi di schermi OLED pieghevoli e persino srotolabili, ma sarà davvero curioso vedere come implementerà questa tecnologia in un prodotto realmente finito, da immettere sul mercato. Se poi si considera che il prossimo anno coincide con il decennale dell’iPhone, in occasione del quale si dice che Apple lancerà uno smartphone profondamente rinnovato, a Samsung potrebbe tornare davvero comodo una nuova linea di prodotti innovativi, ma soprattutto funzionali. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE I produttori vogliono eliminare il jack audio ma abbiamo trovato almeno tre motivi per cui sarebbe meglio di no Smartphone senza jack cuffie? È una pessima idea Se il jack audio dovesse sparire a rimetterci sarà come sempre il consumatore, che non avrà neppure vantaggi tangibili di Roberto PEZZALI uando Lenovo ha svelato il nuovo smartphone Moto Z l’attenzione di tutti si è concentrata non sulla potenza del nuovo terminale e neppure sulla possibilità di personalizzarlo con una serie di moduli, ma sull’assenza del jack per le cuffie. Dopo LeEco, un produttore cinese, anche Lenovo ha trovato il coraggio di eliminare quel piccolo e intoccabile componente che permette a tutti di inserire una qualunque cuffia e ascoltare in stereo una canzone o un film. Una scelta azzardata per un produttore che sfruttando la notorietà di Motorola ha piani davvero ambiziosi, ma si potrebbe anche pensare che esistono buone ragioni per togliere quello che ormai sembra essere l’unico elemento vintage all’interno di un prodotto che sprizza tecnologia da tutti i pori. Il connettore jack è stato inventato addirittura nel 1878, e come se non bastasse veicola musica analogica in un mondo che cerca ormai di digitalizzare tutto: le premesse per tifare a favore di una sua eliminazione ci sarebbero tutte se fosse stato preparato un terreno adeguato per la sua sostituzione, cosa che invece non Q Il Moto Z senza jack audio è successa. Nessuno ha pianto la sparizione della presa scart sostituita dall’HDMI, e neppure la morte della seriale in favore dell’USB, ma nel caso del jack audio ci sono almeno tre ragioni per tenersi stretto il “vecchio” connettore analogico. Motivo numero 1 Non esiste un sostituto universale Il jack è il jack, è un connettore universale usato su computer, televisori, tablet e smartphone, e non esiste attualmente un connettore compatto per l’audio digitale che possa essere utilizzato al suo posto. Si potrebbero utilizzare le interfacce digitali, come il connettore Lightning di Apple o l’USB Type C adottato dagli altri produttori, ed è quello che effettivamente i produttori vogliono fare, ma siamo davanti a una soluzione tutt’altro che universale, e difficilmente Apple sostituirà il connettore di iPhone e iPad per uniformarsi agli altri produttori. torna al sommario Motivo numero 2 Le cuffie costeranno di più Quando oggi si collega una cuffia a uno smartphone il grosso del lavoro viene fatto da due componenti interni allo smartphone stesso, il DAC, Digital To Analog Converter, e l’amplificatore di segnale. Il primo effettua la conversione del segnale audio digitale in analogico mentre il secondo lo amplifica per renderlo riproducibile da cuffie e auricolari, prodotti che nel 99% dei casi sono passivi e quindi privi di processori al loro interno. Il passaggio dal jack a un connettore digitale richiederà per forza una cuffie “attiva”, con un processore al suo interno e un amplificatore, e difficilmente si riuscirà ad avere prodotti economici come quelli di oggi. Non è neppure assicurata una maggiore qualità audio, e inoltre non ci sono risparmi per i produttori di smartphone: la presenza dell’altoparlante (analogico) obbliga comunque ad avere all’interno sia il DAC sia l’amplificatore. Motivo numero 3 gli adattatori non sono una soluzione Lenovo è stato uno dei primi produttori a togliere il jack audio e al suo posto dentro la scatola darà un adattatore da USB Type C a jack. Una soluzione che non piace a nessuno, perché un adattatore è sempre un qualcosa in più da portarsi appresso. Inoltre, ad oggi non esistono ancora specifiche per l’uscita audio digitale su USB Type C: Intel ci sta lavorando, e si potrà vedere qualcosa solo nella seconda metà del 2016. Quello che Lenovo utilizzerà è un adattatore che sfrutta una bozza di specifica per trasferire sull’USB Type C l’audio analogico sfruttando due pin non utilizzati del connettore. In poche parole con una sola mossa si creano tre disagi: l’audio resta sempre analogico, c’è un adattatore facile da smarrire e soprattutto si va ad occupare la porta USB che può servire per la ricarica o il trasferimento dati. Paradossalmente la gestione dell’uscita audio USB esiste sul connettore USB classico e sul micro-USB, ma sulla nuova versione non è ancora stata finalizzata. Inutile girarci attorno, il jack è in assoluto la soluzione più comoda per le cuffie e gli auricolari. Tutti concordano sul fatto che ci Le cuffie Fidelio con ingresso Litroviamo da- ghtning funzionano solo su iPhone vanti a un connettore vecchio che occupa anche molto spazio soprattutto in termini di spessore, ma resta il fatto che in tutti questi anni nessuno ha pensato a un connettore che potesse in qualche modo sostituire il jack mantenendo la sua essenza universale. Da considerare poi anche il discorso fragilità: un cavo USB è molto più fragile di un cavo audio analogico che comunque, in caso di rottura da stress, è più semplice da sostituire. Infine, altro elemento non indifferente, il consorzio USB Type C che sta lavorando alle specifiche per l’uscita audio digitale, ha già pronunciato l’odiosa parolina “DRM”: trattandosi di un’uscita digitale in qualche modo andrà protetta per impedire la registrazione, e la storia ci insegna che le soluzioni per proteggere il copyright hanno creato agli utenti più disagi che benefici. Resta la soluzione “wireless”, con il Bluetooth che può tranquillamente veicolare un segnale audio anche con una buona qualità grazie a codec particolari, ma le cuffie valide costano parecchio e agli audiofili la soluzione senza fili potrebbe non piacere. A rimetterci, in sostanza, sarà come sempre il consumatore, che sarà costretto tra adattatori e nuove cuffie a spendere qualcosa in più senza una ragione valida, perché 1 mm di spessore non fa la differenza e ci benefici tangibili sotto il profilo della qualità non ce ne sono. Salvate il soldato Jack. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Al Computex di Taipei abbiamo avuto modo di toccare con mano i nuovi Zenfone 3: la qualità c’è, il design convince Asus Zenfone 3 è lo smartphone della svolta? Molto bella la versione Deluxe, “esagerata” la Ultra, assolutamente da tenere in considerazione la versione standard È di Franco AQUINI stata una conferenza frizzante quella che ha visto la presentazione dei dispositivi mobili Zen. Al centro dell’evento la nuova serie di smartphone Zenfone 3, non un solo modello ma ben tre. Jonney Shih, l’esuberante chairman di Asus noto per le sue performance sul palco, ha tenuto banco per circa un’ora facendo confronti continui con i prodotti Apple; l’obiettivo è chiaro, Asus vuole entrare nell’olimpo dei produttori di smartphone, attualmente occupati da Samsung e Apple. Zenfone 3 cerca di aggredire tutte le fasce di mercato: la versione standard ha ottime caratteristiche e un prezzo aggressivo, Deluxe prende di mira iPhone 6s Plus e Ultra tenta di esplorare segmenti di mercato nuovi. Tuttavia, qualche dato snocciolato durante la conferenza profuma un po’ troppo di marketing : se Apple ci ha abituato ai suoi il più bello di sempre, parlare di un display Full HD che ha una resa 4K grazie ai filtri di motion blur sembra un po’ azzardato. Nulla comunque da dire sul prodotto, che costa relativamente poco per quello che offre: in particolare, Zenfone 3 Deluxe offre veramente tanto, a partire dai 6 GB di RAM e ai 64GB di storage, viene proposto a un prezzo che rimane comunque contenuto. Sperando che quando arriverà in Europa non subisca aumenti sostanziali, ovviamente. Scopriamo quindi questi tre smartphone più da vicino. Zenfone 3 Deluxe Testa a testa con i top di gamma Cominciamo dal Re assoluto di tutta la conferenza, che abbiamo avuto modo di toccare con mano per qualche minuto. Zenfone 3 Deluxe appare solido e robusto, anche se il peso estremamente contenuto (ancora non abbiamo il dato esatto) non restituisce la sensazione che danno altri smartphone più pesanti. La finitura comunque è ottima ed elegante. L’assenza delle famose “bande” sul retro, che tanto hanno fatto gridare allo scandalo all’uscita di iPhone 6, dona allo chassis dello smartphone una pulizia notevole. Forse l’unico appunto che ci sentiamo di fare è il bilanciere dei tasti volume posti di lato, davvero un po’ scomodi da premere. Zenfone 3 Deluxe è uno smartphone dai grandi nume- ri, cominciando dal display 5.7 pollici super AMOLED con un rapporto display-corpo del 79%. Significa che le dimensioni rimangono, nonostante tutto, abbastanza contenute. Il super AMOLED permette ad Asus di reclamizzare anche la nuova funzione always-on, molto in voga di questi tempi, che consiste nel mostrare costantemente sullo schermo dello smartphone l’orologio e le notifiche pur consumando pochissima batteria. Ad accompagnare il display c’è il top dell’attuale generazione di SoC, uno Snapdragon 820 con GPU Adreno 530, affiancati da ben 6 GB di RAM. Mai si era visto prima d’ora un quantitativo simile e in effetti i risultati paiono più che convincenti: difficile giudicare le prestazioni in un hands on, ma le premesse perchè sia un riferimento ci sono tutte. Zenfone 3 inoltre farà dimenticare ai possessori di smartphone Android la difficoltà di convivere con tagli di memoria da 8 o 16GB. Si parte da 64GB e si arriva fino a 128GB (non si sa ancora, ma è probabile, che ne uscirà anche una versione da 32GB). La nuova fotocamera Pixelmaster 3 è il vero fiore all’occhiello di questo nuovo Zenfone, con un sensore CMOS Sony da 23MP stabilizzato sia a livello ottico che elettronico con possibilità di combinare le due funzionalità. Non ha caso Asus ha comparato, nello spazio post conferenza, Zenfone 3 Deluxe con iPhone 6s plus, mettendoli entrambi su un dispositivo video lab Asus Zenfone 3 Hands-on dal Computex 2016 che li faceva sobbalzare mentre riprendevano un video. Anche questa prova è stata fonte di perplessità, sia per le modalità con cui è stata approntata che per il video registrato, che non era ovviamente riproducibile, ma in attesa di una prova sul campo prendiamo per buono il risultato confermando che l’effetto di stabilizzazione è notevole. C’è poi il doppio sistema di messa a fuoco, laser per gli interni e con rilevamento di fase per gli esterni. Entrambi con una messa a fuoco dichiarata di appena 0,03 secondi. Aldilà del dato tecnico, abbiamo testato con mano che anche la messa a fuoco è realmente fulminea. Fanno da contorno la ricarica veloce Quick Charge 3 per la batteria da 3000 mAh e la connessione USB Type-C. Zenfone 3 deluxe sarà disponibile in tre finiture: oro, argento e grigio al prezzo, nella versione con 64GB di ram, di 499$. Zenfone 3 standard Difficile chiedere di più Il più piccolo dei fratelli è la variante economica ma stilosa. La scocca in plastica ha permesso ad Asus di sbizzarrirsi con quattro colorazioni diverse e tre finiture: Aqua, Nebula e Glaze. Il design è comunque simile a quello della versione Deluxe, le vere differenze segue a pagina 09 torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Samsung annuncia la versione Active dell’S7: non teme cadute, acqua o polvere Samsung Galaxy S7 Active, non teme nulla Oltre ad essere molto robusto, il Galaxy S7 Active ha anche una super batteria da 4000 mAh C di Franco AQUINI om’è ormai consuetudine per Samsung, a qualche mese dall’uscita dei nuovi top di gamma la casa coreana fa seguire la versione Active, ovvero quella Rugged, con una scocca più robusta per far fronte a lavori pesanti e sporchi. Quest’anno Samsung svela il Galaxy S7 Active in esclusiva per i clienti AT&T, con uno schermo da 5,1 pollici rinforzato, un guscio potenziato dall’aspetto solido e robusto, ma soprattutto con una batteria potenziata che passa dai 3000mAh di quella standard ai 4000mAh di questa versione Active. Il resto delle caratteristiche rimangono immutate, quindi troviamo un processore Snapdragon 820 affiancato da 4GB di ram, un display Quad HD, lettore di impronte digitali davanti e una fotocamera rispettivamente da 12 megapixel sul retro e 5 sul fronte. La versione rugged affianca alla resistenza all’acqua, già presente sulla versione standard, la resistenza alla polvere e ai colpi, diventando lo smar- tphone perfetto per chi lo usa per lavorare all’aperto. La batteria estesa, che non dovrebbe faticare a garantire ben oltre il giorno di lavoro, ne fa uno dei migliori smartphone di questa categoria. Peccato che non si sappia ancora nulla di preciso su una eventuale versione europea, così come sugli eventuali costi che, negli Stati Uniti, sono pressoché identici rispetto a quelli della versione Edge. MOBILE Asus Zenfone 3, anteprima segue Da pagina 08 re affatto lo scarto di prestazioni rispetto alla versione Deluxe. D’altronde 3 o 4 GB di RAM sono ancora oggi la dotazione standard di parecchi top di gamma di altre case. L’estetica anche in questo caso convince anzi, viene da dire che in molte finiture è decisamente attraente e i 249 dollari a cui viene proposto, azzardiamo fino da ora, ne faranno una delle scelte migliori del 2016. Zenfone 3 Ultra L’outsider che non ci aspettavamo sono sotto la scocca. Al posto dello Snapdragon 820 abbiamo il 625 con Adreno 506. La dotazione di RAM andrà dai 3 ai 4 GB a seconda del modello e la fotocamera è una 16MP con Dual Flash Led e lo stesso stabilizzatore del modello precedente. Alla prova presso lo stand Asus, e per quanto questo possa valere col poco tempo a disposizione, non ci siamo praticamente resi conto delle differenze prestazionali rispetto al fratello maggiore. Di certo vi è che nella routine quotidiana Zenfone 3 non farà senti- torna al sommario Se Apple rilancia verso il basso con un top di gamma da 4 pollici, il recente iPhone SE, Asus fa il contrario e tenta la strada del telefonone. Stiamo parlando della variante del Deluxe in versione Extra large, lo Zenfone 3 Ultra, con un display da ben 6.8 pollici. A dire il vero le differenze ci sono, nonostante la scocca in alluminio sia molto simile a quella del Deluxe. Il tasto fisico in questo caso è frontale e la fotocamera sul retro non è più centrale, ma è nell’angolo in alto a sinistra. Il display è un IPS con risoluzione Full HD. In platea questo dato ha fatto storcere qualche naso, ma Jonney Shih ha prontamente mostrato una slide dove un effetto di (anti) Motion Blur dovrebbe garantire un’ottimizzazione tale da far percepire una qualità 4K. Certo, dire che durante la prova abbiamo sofferto per un display dalla risoluzione bassa non sarebbe vero, tuttavia parliamo praticamente di un 7 pollici e qual- MOBILE Surface Pro 5 arriva nel 2017 Si susseguono i rumors sulla quinta generazione del Surface Pro di Microsoft. Secondo le indiscrezioni, la sua uscita sarebbe stata spostata alla primavera del 2017; la “colpa” sarebbe da attribuire alla nuova generazione di processori Intel Kaby Lake in arrivo sul mercato entro la fine dell’anno. Questa nuova generazione di processori avrà consumi ridotti ed inoltre offrirà il pieno supporto allo standard video 4K, risoluzione che sarà utilizzata nei display che troveremo nelle versioni più costose del Surface Pro 5. Il nuovo dispositivo Microsoft avrà anche una nuova penna stilo ricaricabile, una maggiore autonomia, sarà dotato di una porta USB Type-C ed una migliore camera, con prezzi compresi tra 899 e 1599 dollari della versione top con processore i7. Infine il nuovo Surface Pro dovrebbe essere equipaggiato con Windows 10 Redstone 2, la seconda parte dell’importante aggiornamento del sistema operativo di Microsoft che porterà con sé inedite funzionalità ed il supporto a nuove tipologie di hardware. cosa di più ce la saremmo aspettata. Anche in questo caso, stupisce il rapporto alto tra display e corpo, che ne fanno un telefono sicuramente importante, ma non così “estremo” come si potrebbe pensare. Insomma, per capirci, non pensate ad un tablet da 7 pollici. Ha dimensioni decisamente più contenute. Zenfone 3 Ultra ha un’altra caratteristica interessante: la batteria da 4800 mAh con funzione powerbank, che ne fanno il degno erede dello Zenfone Max. Anche se, vista la dimensione del display, probabilmente non avrà le stesse performance in termini di longevità. Questo smartphone di Asus viene proposto a 479$ e anche in questo caso, si tratta di un prezzo estremamente interessante. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE MOBILE Suunto è più di un activity tracker, esteticamente è paragonabile a uno smartwatch Suunto Spartan Ultra sfida Fitbit e Garmin Può monitorare diverse attività sportive, tra cui nuoto, ciclismo, corsa e sport sulla neve S di Franco AQUINI uunto lancia Spartan Ultra, il nuovo sportwatch rugged in grado di monitorare diversi generi di sport. L’intuizione è giusta: perché usare una fitband per lo sport e uno smartwatch per il resto quando si può avere tutto in un unico dispositivo? L’orologio Suunto si pone quindi in competizione diretta con altri grandi nomi del settore fitness come Garmin e Fitbit. Spartan Ultra (qui il video di presentazione) è in grado, oltre a contare i passi e le calorie, di monitorare diversi sport come il triathlon, nuoto, ciclismo, corsa e diversi sport da neve. Il tutto grazie alla completa sensoristica a bordo, che comprende l’accelerometro, il GPS, il barometro per l’altitudine e la bussola digitale. Non è invece presente il rilevamento del battito cardiaco, che è comunque possibile tramite sensori a fascia esterni. Esteticamente lo La quinta versione dello standard Bluetooth avrà velocità quadruplicata, maggiore portata e implementerà servizi di localizzazione di Gaetano MERO Spartan Ultra fa una gran bella figura, con un display touch a colori affiancato da tre tasti fisici. Il corpo è in titanio o in acciaio a seconda del modello e il display è coperto da un vetro zaffiro resistente a graffi e urti. Essendo uno sport watch, è ovviamente resistente all’acqua fino a 100 metri di profondità. Suunto prevede il lancio dello Spartan Ultra per agosto, ma ancora non ha rivelato le specifiche tecniche, tra cui la risoluzione e la dimensione del display. Quello che invece si sa, e non è proprio piacevole, è il prezzo: si va dai 650€ per la versione in acciaio agli 800€ per la versione in titanio con fascia cardio inclusa. MOBILE Blocks ha raccolto 1.6 milioni di dollari su Kickstarter, è pronto per essere consegnato Pronto il primo smartwatch modulare, prima di Google Lo smartwatch modulare basato su Android ha una cassa in metallo e schermo circolare di Giulio MINOTTI P oco tempo, fa Google ha presentato l’ennesimo prototipo del Project Ara, uno smartphone meno modulare delle versioni precedenti che arriverà sul mercato solo il prossimo anno. Mentre il colosso di Mountain View continua a ritardare il lancio della sua architettura, un piccolo gruppo di ragazzi inglesi è riuscito, invece, a realizzare uno smartwatch modulare basato su Android che arriverà molto presto sul mercato. Il team di BLOCKS ha, infatti, mostrato uno dei primi esemplari usciti dalle catene di montaggio, pronto per essere consegnato ai numerosi backers che hanno finanziato il progetto su Kickstarter. Questo smartwatch, realizzato in collaborazione con ARM, Qualcomm e Compal, ha una struttura centrale che integra il quadrante (un display AMOLED da 1.39 pollici) e tutta l’elettronica necessaria al funzionamento dell’orologio. Le sue funzionalità possono essere, però, espanse aggiungendo 4 moduli di vario torna al sommario Bluetooth 5 sarà quattro volte più veloce. In arrivo il 16 giugno tipo: sensori biometrici o ambientali, GPS, ulteriori batterie, luce LED o pulsanti programmabili ed altri componenti arriveranno in futuro. BLOCKS supporta tutte le comuni funzionalità di uno smartwatch (controlli vocali, notifiche e activity tracking), è basato su una versione modificata di Android Marshmallow standard ed utilizza un’architettura aperta accessibile anche da sviluppatori esterni. BLOCKS è dispo- nibile in pre-ordine ad un prezzo di 330 dollari con inclusi 4 moduli. La quinta generazione della tecnologia Bluetooth sarà presentata il prossimo 16 giugno con un evento mediatico dedicato nella città di Londra. Lo ha annunciato Mark Powell, direttore esecutivo del Bluetooth Special Interest Group (SIG), attraverso un comunicato in cui sono state rivelate in anteprima alcune delle caratteristiche che troveremo nella nuova versione del protocollo wireless. In primo luogo il SIG ha deciso che il nome universale per la tecnologia sarà semplicemente Bluetooth 5, senza ulteriori differenziazioni per categoria come accade con la generazione attuale, un modo per semplificarne l’individuazione e l’introduzione nel mercato. Bluetooth 5 punterà tutto sull’affidabilità, avrà infatti una portata due volte maggiore ed una velocità di trasmissione quadruplicata rispetto allo standard della precedente mantenendo i consumi energetici ad un livello molto basso. Saranno implementate anche alcune funzioni relative alla localizzazione e alla navigazione, ideali per l’utilizzo con smartphone e dispositivi portatili. In più si potranno ricevere rapidamente informazioni su un luogo visitato oppure offerte promozionali in merito ad un locale nelle vicinanze grazie all’interazione con i cosiddetti beacon, dei trasmettitori su cui il SIG cercherà di spingere per una maggiore diffusione. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Gli europei di calcio 2016 sono un’esclusiva Sky ma la Rai potrà trasmettere 27 incontri sui 51 complessivi Euro 2016: ecco come vedere le partite in chiaro Come vederli in HD, in 4K e in mobilità con l’applicazione della Rai. Oltre i nostri “confini” si aprono altre strade dal satellite di Roberto FAGGIANO I l 10 giugno sono iniziati i campionati europei che si svolgono in diverse città francesi. Con un blitz dell’ultimo minuto Sky ha acquisito i diritti per trasmettere tutto il torneo, lasciando alla Rai solo le partite principali. Quindi Sky trasmetterà in diretta per i propri abbonati tutti e 51 gli incontri previsti, mentre la Rai potrà trasmettere in chiaro e in diretta 27 partite. Più precisamente la Rai trasmetterà in chiaro e in diretta le partite della Nazionale e inoltre potrà trasmettere in chiaro e in diretta una selezione delle partite scelte tra gli ottavi di finale e in seguito i quarti di finale, le semifinali e la finale del 10 luglio. Tutte le partite in chiaro Come dicevamo, la Rai non dispone dei diritti di tutte le partite, ma ovviamente quelle dell’Italia fanno parte delle 27 trasmesse. Vediamo il calendario della partite ceh ancora non sono andate in onda (in neretto le partite del girone dell’Italia) Fase a gironi • • • • • • • • • • • Martedì 14 giugno, Saint Etienne (ore 21.00) Portogallo-Islanda - Girone F Mercoledì 15 giugno, Marsiglia (ore 21.00) Francia-Albania - Girone A Giovedì 16 giugno, Saint Denis (ore 21.00) Germania-Polonia - Girone C Venerdì 17 giugno, Tolosa (ore 15.00) Italia-Svezia - Girone E Venerdì 17 giugno, Nizza (ore 21.00) Spagna-Turchia - Girone D Sabato 18 giugno, Bordeaux (ore 15.00) Belgio-Irlanda - Girone E Sabato 18 giugno, Parigi (ore 21.00) Portogallo-Austria - Girone F Domenica 19 giugno, Lille (ore 21.00) Svizzera-Francia - Girone A Lunedì 20 giugno, Saint Etienne (ore 21.00) Slovacchia-Inghilterra - Girone B Martedì 21 giugno, Bordeaux (ore 21.00) Croazia-Spagna - Girone D Mercoledì 22 giugno, Lille (ore 21.00) Italia-Irlanda - Girone E Ottavi di finale • • • • Sabato 25 giugno, Lens (ore 21.00) Domenica 26 giugno, Tolosa (ore 21.00) Lunedì 27 giugno, Saint Denis (ore 18.00) Lunedì 27 giugno, Nizza (ore 21.00) Quarti di finale • • • • Giovedì 30 giugno, Marsiglia (ore 21.00) Venerdì 1 luglio, Lille (ore 21.00) Sabato 2 luglio, Bordeaux (ore 21.00) Domenica 3 luglio, Saint Denis (ore 21.00) Semifinali • Mercoledì 6 luglio, Lione (ore 21.00) • Giovedì 7 luglio, Marsiglia (ore 21.00) Finale • Domenica 10 luglio, Saint Denis (ore 21.00) Tutti gli incontri saranno trasmessi su Rai 1 e Rai HD sul digitale terrestre (oltre che su satellite, ovviamente in HD, attraverso la piattaforma TivùSat). Inoltre sarà possibile seguire le stesse partite su Rai 4 e Radio 2 con il commento ironico della Gialappa’s Band. A proposito di radiocronache, copertura completa del torneo su Radio Rai con tutte le partite in onda; lo spettacolo è disponibile anche su Web su rai.it e rai.tv con la diretta streaming degli stessi incontri trasmessi in diretta in TV. Per coprire l’evento poi non mancheranno ampi servizi giornalistici e resoconti delle partite della prima fase non trasmesse in diretta. Le fasi finali in 4K Ultra HD su TivùSat Gratis Esaurita la prima fase a gironi scatta l’appuntamento più importante per chi già possiede un TV 4K con decoder HEVC e capacità di gestire segnale a 50p: ai basterà sintonizzarsi sul canale 210 della piattaforma satellitare per godersi le partite nel massimo splendore televisivo. Per poterle vedere è sufficiente dotarsi di SmarCam TivùSat con relativa tessera Gold HD. Il canale verrà caricato automaticamente dai televisori o decoder certificati TivùSat nei prossimi giorni. Queste trasmissioni, dopo l’antipasto rappresentato dalla finale di Champions League, segneranno il grande inizio delle trasmissioni in 4K, che però - lo ricordiamo - non godranno di alcuna codifica HDR: per il momento si tratta solo di un miglioramento in termini di risoluzione, godibile, ovviamente, solo con schermi molto grandi da distanze di visione abbastanza ridotte. Per quanto riguarda il calendario delle partite in 4K si comincia il 30 giugno alle ore 21 con il primo match dei quarti finale. A seguire, l’1, il 2 e il 3 luglio, gli altri tre incontri dei quarti; il 6 e il 7 luglio, sarà la volta delle due partite delle semifinali. In chiusura la finale, in calendario il 10 luglio sempre a partire dalle ore 21. Sperando di poter seguire anche la nazionale italiana. L’applicazione Rai su Smart TV e decoder MHP collegati in rete Chi possiede un televisore Smart TV o un decoder connesso in rete e compatibile con il sistema MHP potrà usufruire di ulteriori contenuti che la Rai mette a disposizione nell’app Euro2016, sempre attiva ma che durante le partite assume una forma diversa e ancora più interessante. Per accedere all’applicazione Rai Euro 2016 basta premere il tasto azzurro sul telecomando su un qualsiasi canale Rai. Questo permette di vedere in video on demand una serie di servizi sull’avventura degli Azzurri ai campionati di Francia 2016 come anche tutte le partite passate, sia in versione completa che in una super sintesi di pochi minuti. Durante la partita, invece, l’app non oscura completamente lo schermo ma lascia la diretta visibile in trasparenza. Nel frattempo è possibile accedere al volo alle azioni salienti della partita in corso, ai gol e ad altre sequenze interessanti: in pratica i replay ce li si fa da soli. Perfetto se si arriva a casa a partita iniziata: in un attimo si possono recuperare le azioni salienti perse. segue a pagina 13 torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Chi ha una delle prime tessere TivùSat non potrà vedere gli europei in 4K Europei in 4K solo con la card TivùSat Gold I primi abbonati al servizio lasciati al buio Per il 4K occorre una card HD Gold inserita nelle cam e nei decoder HD di ultima generazione L’upgrade costa però caro, ci vuole una nuova tessera che viene venduta solo con una CAM I di Roberto PEZZALI primi abbonati a TivùSat dotati di una TV 4K e pronti a gustarsi le sette partite degli europei che la Rai trasmetterà potrebbero trovarsi davanti ad una brutta sorpresa. Le tessere TivùSat distribuite nei primi anni di servizio, quelle per intenderci non HD e caratterizzate dal colore bianco e blu, non saranno infatti abilitate per la visione dei contenuti 4K. Per potere vedere gli europei e gli altri eventi che saranno trasmessi sul canale 210 prossimo alla partenza servirà una tessera Gold HD, venduta insieme alle CAM e ai decoder di recente generazione. La motivazione data da TivùSat è legata ai problemi di sicurezza, con i detentori dei diritti che per il 4K richiedono criteri ancora più stringenti. Siamo ovviamente molto scettici a riguardo, la storia ci ha insegnato che tutti questi sistemi non fanno altro che creare problemi agli utenti e non riescono mai a proteggere i contenuti: una partita in diretta e in chiaro sulla TV pubblica italiana è ben poca cosa da proteggere, e oltretutto non si capisce che problemi di sicurezza possano esserci per un flusso 4K che nel 99% dei casi non esce dal TV e non può quindi essere registrato. Inoltre non è possibile richiedere una nuova tessera e neppure la sostituzio- ne di quella vecchia con la versione più nuova, quindi l’unica soluzione è comprare una CAM nuova che costa 90 euro. La tessera TivùSat infatti non esiste in vendita da sola, ma è acquistabile solo in bundle con una delle cam elencate sul sito TivùSat alla sezione prodotti: tutti i modelli certificati HD funzionano regolarmente con le trasmissioni 4K. ENTERTAINMENT Rogue One non è da rifare Rogue One: A Star Wars Story, in uscita a dicembre, è uno spin off che inaugura una nuova serie di film ambientati nel mondo di Guerre Stellari. Secondo alcune voci Disney, una volta visionato il girato, avrebbe ordinato di rigirare un 40% del film con ben 32 set ricostruiti per l’occasione. In realtà, secondo le fonti di Entertainment Weekly, la notizia sarebbe falsa. ll film andrà incontro a quattro/cinque settimane di nuove riprese già programmate e solo posticipate. Così vengono descritte le nuove sequenze: “I cambiamenti hanno a che fare con la chiarezza e lo sviluppo dei personaggi e sono tutti inseriti in scene che abbiamo già girato. Riguardano molte discussioni nei cockpit.” Il programma di lavorazione prevede di avere il film pronto per la metà di Agosto. Entertainment Weekly ha, inoltre, precisato che Il film manterrà un tono completamente diverso rispetto all’ultimo capitolo della saga di Guerre Stellari “Il film è molto diverso rispetto a Il Risveglio della Forza e questa cosa è voluta. E’ un film di guerra.” ENTERTAINMENT Euro 2016: come vedere le partite segue Da pagina 12 C’è anche la app per smartphone Funzioni simili si ritrovano anche nelle app per device. Per l’occasione Rai ha infatti lanciato la app gratuita Rai Euro2016 che permette non solo di vedere tutti i servizi e leggere le ultime notizie ma anche di vedere le partite o gli highlight. Perfetto per chi è ancora in mobilità e tarda ad arrivare a casa in tempo per la partita. Gli Europei degli altri Si può vedere tutto in chiaro Per chi non vuole perdersi nemmeno una partita e non è abbonato a Sky si aprono le strade dei satelliti. Infatti proprio come è avvenuto per alcune partite di Champions League, si potrà guardare ai canali tedeschi per vedersi comodamente tutte le partite, comprese quelle delle fase a gironi. I canali tedeschi Das Erste e ZDF hanno già da tempo annunciato che trasmetteranno in chiaro e in diretta tutte le partite: su Astra la diretta è sicura e in HD, su Hot Bird bisognerà accontentarsi della SD e torna al sommario c’è anche un rischio di cambio programma all’ultimo istante se dovessero arrivare pressioni da Sky per un oscuramento temporaneo dei canali tedeschi sul satellite più usato dagli utenti italiani. Ci sono poi le alternative di confine per la ricezione sul digitale terrestre. Qui entrano in gioco i soliti ca- nali: per la Svizzera italiana tutte le partite saranno in diretta (in definizione standard) sul RSI La2; per la Slovenia tutte le partite su TV SLO 2; per la Croazia tutte le partite su HRT 2. Inoltre per la provincia di Bolzano sono disponibili i canali tedeschi (anche in HD) ripetuti dalla RAS tramite accordi locali. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT UHD Forum Conference di Lucca: la strada per trasmissioni HDR è ancora lunga 4K HDR: broadcaster in fase sperimentale Il vantaggio di Netflix difficile da colmare Le emittenti tradizionali stanno ancora discutendo sugli standard 4K HDR da adottare di Gianfranco GIARDINA L a grande guerra tra broadcaster e servizi di Video on demand via Internet (i cosiddetti Over the Top) potrebbe giocarsi su un nuovo terreno: quello degli standard. Quindi non più solo una questione di diritti, contenuti e comodità di utilizzo, ma un ruolo rilevante potrebbero averlo anche per le tecnologie. Mentre le emittenti televisive tradizionali sono ancora nella fase largamente sperimentale e stanno ancora discutendo su quali standard adottare, soprattutto per quello che riguarda HDR, wide colour gamut e high frame rate, Netflix, tanto per fare un esempio, mette a disposizione dei propri abbonati già oggi contenuti in 4k HDR. Un’asincronia che non può non saltare agli occhi. È quanto emerge dalla prima giornata del Forum di Lucca, l’incontro tra tutti i protagonisti della filiera televisiva italiana e internazionale. In particolare, la prima giornata della manifestazione è dedicata alla UHD Forum Conference, il meeting tra gli operatori dell’UHD Forum, l’associazione dei broadcaster impegnati sul fronte del 4K. Ebbene, gli intervenuti, tra cui Massimo Bertolotti di Sky Italia, Andy King di BBC e Phil Laven di DVB, hanno dato una visione concorde: il 4K, inteso come solo incremento di risoluzione serve a poco, dato che i vantaggi si avrebbero solo con rapporti tra dimensione schermo e distanza di visione forzatissimi. Servono piuttosto “pixel migliori”, quindi con HDR soprattutto ma anche gamma colore estesa e alti frame rate. Ma la strada che porta a trasmissioni televisive (via digitale terrestre o via satellite) 4K HDR appare, ascoltando le parole dei protagonisti, ancora molto lunga e costellata da una frammentazione di standard e formati difficilmente conciliabile, soprattutto sul fronte dell’HDR. Tanto che l’unica via sensata, visto che difficilmente si arriverà alla definizione torna al sommario Controlli super e 100.000 ore di durata per i TV OLED LG ha confermato la durata di 100.000 ore delle nuova generazione di pannelli OLED Ogni TV viene testato di Roberto PEZZALI di uno standard HDR unico e condiviso tra tutti i broadcaster, dovrebbe essere, almeno nella testa dei broadcaster, quello di dotare tutti i TV di una sorta di “toolbox” in grado di interpretare correttamente qualsiasi codifica. Un approccio di questo tipo, d’altro canto, potrebbe essere rigettato dai produttori di TV, che dovrebbero sostenere costi di royalty moltiplicati per ogni sistema implementato. E se quella del “toolboox” fosse davvero la soluzione, vorrebbe anche dire che tutti i TV di oggi non sarebbero interamente compatibili con le trasmissioni del futuro. Insomma, uno scenario che difficilmente vedrà compimento in tempi brevi; tanto più che BBC prevede una penetrazione di TV 4K in Gran Bretagna, tanto per fare un esempio, intorno al 20% nel 2020, troppo poco per pensare a trasmissioni regolari prima di questa scadenza. Nel frattempo che queste discussioni proseguono, Netflix rende disponibili contenuti 4K con codifica HDR. Anzi, sarebbe meglio dire, con codifiche HDR, dato che i server di Netflix erogano il miglior flusso compatibile con il TV che sta ricevendo. E qui risulta evidente una faccia della medaglia che rischia di diventare determinante per il successo: con una frammentazione così parcellizzata di TV 4K sul mercato, con apparecchi con potenzialità così diverse in termini di frame rate e codifiche HDR , la logica di distribuzione IP, che quindi indirizza un flusso diverso a ogni TV, risulta decisamente vincente rispetto al classico approccio broadcast. Infatti, a un anno di distanza dalla scorsa edizione del Forum di Lucca, poco sembra essere cambiato: i broadcaster sembrano ancora non riuscire a trovare una “quadra”, la necessaria convergenza attorno a un “pacchetto tecnologico” condiviso e percorribile facilmente anche dai produttori TV che permetta di limitare i simulcast e contemporaneamente raggiungere il maggiori numero di apparecchi TV. Il sospetto è che i broadcaster, salvo colpi di scena, stiano perdendo l’occasione di allestire in tempi brevi una proposta chiara e un buon coordinamento con i produttori di TV. Questi in particolare si sa che non sono capaci di tenersi le innovazioni nel cassetto: i TV 4K della prima ora sono già largamente obsoleti e c’è già chi dice che quelli di oggi non è certo che siano compatibili con le (eventuali) trasmissioni del futuro. Una situazione che sull’altro fronte, quello del netcasting, sembra già largamente risolta. Insomma, da oggi il tramonto dei broadcaster, almeno come li abbiamo sempre intesi, ci appare un po’ più vicino. L’OLED è una tecnologia relativamente nuova, che risale agli anni 70, e fin dagli albori l’OLED ha sempre manifestato problemi di longevità dovuti alla sua componente organica. Problemi che però non hanno frenato LG: grazie all’adozione di un OLED bianco con filtri colore l’azienda è riuscita ad ottenere fin da subito una durata più che sufficiente, durata che nell’ultima generazione è addirittura triplicata. Byung-chul, Vice President di LG Electronics, ha snocciolato alla stampa coreana qualche numero, parlando di 36.000 ore di durata stimata per i primi modelli lanciati e di oltre 100.000 per la generazione attualmente nei negozi. Guardando 10 ore al giorno il TV si passerebbero tranquillamente i 30 anni di vita, una eternità nel campo dell’elettronica di consumo. Stupisce anche lo sforzo per garantire un prodotto privo di difetti: ogni TV viene esaminato in fase di assemblaggio per circa 15 minuti e, dopo essere stato imballato, viene nuovamente tirato fuori dalla scatola e acceso per 168 ore in una stanza per verificare che tutto sia a posto. Un doppio controllo, che anche le altre aziende fanno ma utilizzano campioni presi a caso sui vari lotti di produzione. LG ovviamente non rivela quanti pannelli escono “fallati” dal processo produttivo, e il minuzioso controllo lascia pensare che gli scarti di produzione siano ancora decisamente alti. D’altra parte LG ha venduto “solo” 113.000 TV OLED in tutto il mondo nel primo trimestre, un dato che equivale all’intera capacità produttiva di pannelli. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Nell’HD Book 4.0, Hbb 2.0 e possibilità di portare sull’LCN i canali in streaming Verso una nuova TV ibrida: con streaming e digitale terrestre nella stessa lista canali I canali streaming si potrebbero richiamare direttamente con il telecomando e senza app È di Roberto PEZZALI stato presentato a Lucca l’HD Book 4.0, la versione aggiornata del libro redatto dall’HD Forum Italia che contiene le specifiche tecniche destinate ai costruttori di apparati di ricezione televisiva per il mercato italiano. La novità più grande di questa versione, ma lo avevamo già annunciato lo scorso anno, è l’adozione dello standard Hbb 2.0 dal 2017 per i servizi interattivi dei broadcaster. L’Hbb è una piattaforma standard europea basata sull’HTML5, e nella sua versione 2.0 punta a sostituire l’MHP, sistema ormai adottato solo dall’Italia e con 13 anni di vita alle spalle. L’adozione dei nuovo standard sarà importante per i produttori di TV italiani, che oggi devono sobbarcarsi i costi di sviluppo per le certificazioni e le versioni software dedicate al nostro mercato. Ad essere meno felici come sempre saranno gli utenti: i primi TV e i primi set top box compatibili con il nuovo standard saranno in vendita dal prossimo anno e chi ha comprato ora un TV non potrà fruire delle app Hbb che verranno lanciate dal 2017. L’MHP resterà comunque in funzione per i primi anni insieme all’Hbb, ma è evidente che le applicazioni migliori saranno quelle per il nuovo sistema, più facile da pro- grammare e con più possibilità. Leggendo tra le righe dell’HD Book 4.0 c’è però un’altra caratteristica richiesta dai broadcaster ai produttori di TV che potrebbe avere un enorme impatto sul modo in cui si fruisce della televisione. L’HD Book infatti prevede una serie di specifiche per portare i canali TV in streaming direttamente sull’LCN, associandoli quindi ai tasti del telecomando e non alle app. Rai, ma è solo un esempio, potrebbe lanciare ad esempio un canale in streaming Rai Sport Olimpiadi HD e inserirlo al 213 del telecomando, svincolato da ogni app: quando si richiama quel canale con il telecomando il TV richiama un link e inizia, dopo un rapido buffer, a visualizzare il canale “live”. Il sogno dei broadcaster passa quindi dalla possibilità di unire nella stessa numerazione canali che arrivano dall’antenna con canali che arrivano dal web, soluzione questa che in proiezione futura, con la diffusione della banda larga, potrebbe anche risolvere moltissimi problemi di intasamento del digitale terrestre. Secondo Marco Pellegri- nato, Vice Presidente di HD Forum Italia e da noi intervistato a Lucca, questa soluzione potrebbe ovviare al problema della banda 700 e pertanto è stata proposta al Ministero che si è dimostrato interessato alla cosa. E’ evidente che con una soluzione del genere le TV IP verrebbero assoggettate alle stesse regole che hanno i broadcaster, con i canali in streaming che a quel punto sarebbero in tutto e per tutto omologati a canali broadcast. video lab 13° HD Forum - Lucca Intervista a Marco Pellegrinato TV E VIDEO In un report di EGTA il punto della situazione riguardo allo stato di salute della TV La TV classica vince ancora, soprattutto in Italia La TV generalista e broadcaster stravincono sui nuovi media. Soprattutto nel nostro Paese di Franco AQUINI E GTA, il consorzio europeo che si occupa del mercato pubblicitario e riunisce i principali boradcaster del vecchio continente, sostiene che la classica TV lineare occupa ancora la maggior parte del tempo speso a consumare contenuti video, in tutto il mondo e per tutte le fasce d’età. Il dato è significativo soprattutto in ambito pubblicitario, dove è noto che la raccolta va via via spalmandosi, anno dopo anno, su tutti i nuovi media. Secondo il report in Italia, nella fascia d’età tra i 14 e i 34 anni, soltanto il torna al sommario 5,4% del tempo totale speso a guardare video sarebbe trascorso su YouTube. Il dato non cambia molto se si aggiunge Facebook, che rappresenta l’1,8%. Aggiungendo anche la generica voce altro (Internet TV, IPTV, ecc.), si arriva a superare di poco l’11%. Poco cambia in Germania, dove i video online raggiungono il 5% per il campione generico di età dai 14 anni in su, mentre sale al 10% se si prende in considerazione il target di età 14-49 anni. Leggermente differente la situazione in Francia, dove nella fascia di età 15-24 anni, i servizi di video online raggiungono il 20%. In questo caso però è necessario far notare come il campione d’età sia notevolmente ridotto. I numeri diventano più simili al resto dei paesi quando si prende in considerazione tutto il campione (dai 15 anni su), dove i video online occupano il 6% del tempo totale. Quello che sembrerebbe dimostrare questo report è chiaro: la TV classica la fa ancora da padrone e i nuovi media, (YouTube, Facebook, Internet TV, ecc.) sarebbero ancora da considerarsi una nicchia. I dati compilati da EGTA, nel caso dell’Italia, provengono da Auditel e Comscore. Ecco il logo TivùSat UHD per i prodotti abilitati alle trasmissioni 4K Presentato a Lucca il logo per i dispositivi TivùSat UHD La presenza del logo assicura la compatibilità con le trasmissioni L’assenza del logo in ogni caso non implica l’incompatibilità di Roberto PEZZALI Iniziano le trasmissioni 4K su satellite e ci si interroga su quali siano i TV e i decoder per accedere a questi contenuti. Per guidare la scelta in fase di acquisto TivùSat ha presentato il nuovo logo che identificherà televisori e decoder compatibili con il nuovo formato, capaci quindi di ricevere il segnale HEVC tramite il tuner DVB-S2 e di decodificarlo anche nel formato 50p, condizione questa indispensabile per poter fruire del servizio. Oltre al TV e il decoder in ogni caso servirà anche una CAM HD compatibile e una card adeguata, ed è probabile a questo punto che il nuovo logo compaia anche sui packaging di CAM e Smart Card a breve. Quanto però ci sono di mezzo bollini e certificazioni il rischio di confusione è sempre abbastanza elevato: l’assenza del bollino infatti non significa che il prodotto non è compatibile con il 4K, anzi, inserendo la CAM con la card HD l’immagine potrebbe vedersi senza alcun problema. E’ il caso ad esempio del nuovo decoder Telesystem TS Ultra 4K, che non è certificato eppure è ugualmente compatibile come abbiamo avuto modo di verificare in redazione. La lista dei prodotti certificati è disponibile sul sito di TivùSat a questo indirizzo. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Un altro passo del Giappone verso l’abbandono della produzione di schermi TV Panasonic ferma la produzione di LCD per i TV Nella fabbrica giapponese da settembre verranno realizzati LCD per i settori auto e medicale Panasonic non abbandona il mercato, per i suoi TV continuerà a rifornirsi da altri produttori di Roberto FAGGIANO I mpossibile lottare contro i prodotti cinesi e sudcoreani, Panasonic getta la spugna e annuncia che dalla fine di settembre cesserà la produzione di schermi televisivi LCD nel suo stabilimento di Himeji, che rimarrà attivo per produrre schermi LCD destinati al mercato automotive e alle apparecchiature medicali. Panasonic comunque non abbandona il mercato dei TV e continuerà a rifornirsi da altri produttori per realizzare i propri televisori. Lo stabilimento di Himeji era stato inaugurato nel 2010 con un investimento di oltre 2 miliardi di dollari, con l’obiettivo di produrre ogni mese oltre 800.000 pezzi di schermi LCD nel formato 32 pollici. In seguito la produzione era stata ridimensionata e Panasonic aveva iniziato a rifornirsi da altri marchi, prevalentemente LG, per i propri televisori. Fino al 30 giugno chi compra una Smart TV Ultra HD Samsung ottiene 12 mesi di Sky TV e Sky Calcio dal 1° giugno al 31 luglio di Alvise SALICE Attualmente nello stabilimento Panasonic lavorano circa 1.000 persone, che in parte verranno trasferite su altre linee di produzione e in parte destinate ad altri rami produttivi di Panasonic. Con questa cessazione della produzione l’unico stabilimento ancora attivo in Giappone per la produzione di schermi TV LCD è quello di Sharp.it. TV E VIDEO In tempo per gli Europei di calcio, debuttano in Italia i TV Ultra HD ULED di Hisense Hisense M7000, TV 55’’ 4K HDR a 1.100 euro Hisense lancia i TV della serie M7000 da 55 e 65 pollici, prezzo super: 1.099 e 1.699 euro di Giulio MINOTTI D a questo mese sono disponibili nel nostro Paese i nuovi TV della linea M7000 di Hisense. Realizzati nelle due versioni 55M7000 e 65M7000, questi prodotti vantano un design con linee pulite e adottano la tecnologia proprietaria ULED. Si tratta in buona sostanza di TV LED che impiegano una combinazione di Quantum Dot, local dimming ed elaborazione del segnale che Hisense riassume nella denominazione Ultra Led, tecnologia che - nelle intenzioni del produttore - dovrebbe garantire neri più profondi ed una migliore brillantezza delle immagini. Ma l’aspetto più interessante è che I nuovi M7000 sono 4K, HDR con pannello a 10bit, il che si traduce in 1,07 miliardi di tonalità visualizzabili. All’interno dei TV di questa serie troviamo un processore Quad Core per torna al sommario È tornato il Dream Pack Samsung ed è dedicato al calcio la gestione dei contenuti e l’upscaling in 4K ed una piattaforma Smart TV VIDAA di Hisense con più di 180 app pre-installate tra cui Netflix, accessibile direttamente dal tasto dedicato sul telecomando. Per quanto riguarda la connettività troviamo 4 ingressi HDMI (di cui due HDMI 2.0), 3 USB (due 2.0 e una 3.0) e doppio tuner DVB-T2/T/ C/S2/S. Concludiamo con i prezzi, il modello da 55 pollici H55M7000 viene venduto a 1.099 euro, mentre il più grande H65M7000 da 65 pollici a 1.699 euro. Samsung rinnova anche in questa stagione il noto Dream Pack, associandolo agli Europei di Calcio. In poche parole, acquistando entro il 30 giugno 2016 una Smart TV del colosso coreano modello KS9800 - KS9500 - KS9000 - KS8000 - KS7500 - KS7000; JS9500 - JS9000 - JS8500 - JS8000; KU6510 - KU6500 -KU6400 - KU6000 - K6300 - K5500 (di qualsiasi polliciaggio, range da 49” a 88”), si aprono due opzioni in regalo da Sky. Se nuovo cliente, sono previsti 12 mesi senza vincoli di Sky TV con 39 canali di intrattenimento e il pacchetto Sky Calcio (fino al 31 luglio) che - ricordiamolo - comprende anche Europei di calcio e Coppa America. Chi è già cliente Sky oltre all’estate di calcio inclusa può aggiungere un altro pacchetto (Cinema, Sport o Calcio), o provare gratuitamente per 18 mesi Sky Multivision. Nello stesso, periodo, acquistando invece una Samsung Smart TV di serie J e K con tuner satellitare, si riceve grauitamente una SmartCAM Tivùsat con smartcard inclusa per l’accesso a tutti i canali tivùsat e a 24 partite degli Europei, di cui 7 in formato 4K. Per usufruire del Samsung Dream Pack Soccer Edition, una volta eseguito l’acquisto basta richiedere il codice promozionale e collegarsi al sito www.samsung. it/dreampackcalcio, o chiamare il numero Sky dedicato 800.178.034. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Nvidia ha ufficializzato l’arrivo di Shield Android TV, il set-top box che estende a una TV “normale” i vantaggi di Android TV Il set top box NVIDIA Shield in italia dal 20 giugno a 199 euro Con Tegra X1 , 3 GB di RAM dedicata e una GPU Maxwell con 256 Core CUDA ha una particolare propensione per il gaming D di Emanuele VILLA opo una lunga gestazione negli Stati Uniti, il set-top box di casa Nvidia (per intenderci, l’equivalente di Apple TV) è pronto ad arrivare in Italia, dove sbarcherà il 20 giugno a un prezzo di listino di 199 euro comprensivo di telecomando evoluto. Visto che Nvidia tende ad abusare del termine Shield, definiamo subito di cosa si tratta: la scatoletta in questione, il cui look richiama i canoni estetici tanto cari agli hardcore gamer, si chiama compiutamtente Shield Android TV ed è pensata appunto per estendere le potenzialità del TV del salotto con tutta la versatilità di Android TV. Da un lato abbiamo quindi le funzionalità di intrattenimento: tutti i servizi Google, per esempio (tra cui movies e music), ma anche il classicissimo Netflix e Spotify, oltre a Plex e Kodi per chi vuole dilettarsi con la gestione dei media e via dicendo. Supporta senza fatica il 4K, il protocollo Google Cast per la gestione dello streaming via smartphone/tablet e può essere gestito tramite un telecomando evoluto dal look minimale (incluso nei 199 euro) il cui principale apporto hi- tech sono i controlli vocali. Sotto questo profilo, non vediamo l’ora di vedere all’opera il neonato Google Assistant, ma siamo anche certi che passeranno anni prima di vederlo in Italia: pur privo di assistente evoluto, la piattaforma di controllo vocale Google/Nvidia supporta pienamente la nostra lingua. Ma cosa distingue Shield Android TV dal resto del mondo? Il marchio Nvidia e, di conseguenza, la sua predisposizione per il gaming; pur non essendo paragonabile a una console di ultima generazione, Shield Android TV è in grado di riprodurre (grazie ai controller wireless da gioco che possono essere collegati) i giochi del Play Store, da quelli più semplici e casual nell’animo a creature ben più complesse, laddove mostra i muscoli e fa vedere la sua natura. A livello tecnico, infatti, siamo di fronte a un dispositivo alimentato dal Tegra X1 con 3 GB di RAM dedicata e da una GPU Maxwell con 256 Core CUDA, il tutto con 16 GB di storage integrato; come connessioni troviamo USB, HDMI 2, bluetooth, Wi-Fi ed Ethernet cablato. Chi volesse salire ulteriormente col livello di gioco potrebbe provare GeForce Now, la piattaforma di gaming in streaming che permette di giocare - connessione permettendo (la presentazione andava su fibra da 50 Mbps effettivi) - fino a 1080/60p anche in multiplayer. E i primi 3 mesi sono gratis per testare il servizio e, soprattutto, per valutare le prestazioni possibili con la propria rete di casa. TV E VIDEO Loewe lancia i TV della linea One con schermo da 40” (899 €) e 55” (1599 €). Presentato anche il subwoofer 300 (799 €) Loewe per i suoi nuovi TV scommette forte sull’audio I TV sono dotati di un potente sistema audio da 2x20 Watt e sono compatibili con il servizio di streaming offerto da Tidal I di GAETANO mero l produttore tedesco Loewe ha da poco presentato due nuovi TV da 40 e 55 pollici che andranno a rinnovare la linea Loewe One, dedicata alla fascia intermedia del mercato. Gli schermi presentano un design ricercato, con cornici quasi del tutto assenti, e condividono lo stesso sistema audio integrato, punto di forza dei due prodotti, il quale offre una potenza dichiarata dalla società di 2x20 Watt. Il modello da 40’’ è un Full HD con risoluzione di 1920 x 1080 pixel, dispone di tre ingressi HDMI e due porte USB di cui una 3.0. Il più grande della serie è invece un 55’’ Ultra HD con 4 porte HDMI, 2 ingressi CI e 3 porte USB di cui una 3.0. In più possiede il doppio decoder per poter guardare una trasmissione e contemporaneamente registrarne un’altra su hard disk esterno tramite USB. Per entrambi Loewe offre un’ampia varietà di soluzioni torna al sommario di installazione: a parete, da tavolo oppure da pavimento a seconda delle esigenze e dell’ambiente in cui si intende collocare il TV. Dal punto di vista dell’intrattenimento i modelli della linea Loewe offrono la compatibilità con alcune delle piattaforme più diffuse fra cui il servizio di streaming musicale Tidal. Con la semplice pressione di un tasto sul telecomando sarà possibile anche spegnere lo schermo di Loewe One e trasformare il TV in un diffusore audio. Loewe ha appena presentato anche il Subwoofer 300, un dispositivo audio dalle dimensioni compatte che propone come ideale compagno dei TV della linea One. L’apparecchio ha una forma cubica, è rivestito da materiale composito spesso 18 mm, che preserva la qualità audio, mentre la parte superiore è costituita da una lastra di alluminio di 6 mm alloggiata senza fissaggi o viti a vista. Come si può intendere dal nome, il subwoofer di Loewe riesce a restituire fino a 300 Watt di potenza; le connessioni sono tutte collocate sul lato posteriore del dispositivo, inoltre il Subwoofer 300 può essere disposto in qualsiasi posizione: al centro di una stanza, vicino ad una parete o ad angolo, grazie ai tre diversi set-up a disposizione dell’uten- te. Per migliorare l’esperienza sonora, è possibile affiancare due ulteriori altoparlanti per creare un sistema audio 3.1. I due TV sono disponibili da subito ad un prezzo di 899 € per il modello da 40” e 1.599 € per quello da 55’’. Il Subwoofer 300 sarà invece immesso sul mercato entro giugno ad un prezzo di 799 euro. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Il sistema operativo dei Mac Apple non si chiamerà più OS X ma macOS e la versione presentata, Sierra, è ricca di novità Apple lancia macOS Sierra, il successore di OS X Diverse sono le novità introdotte come, ad esempio, lo sblocco con Apple Watch e una gestione più completa del cloud di Roberto PEZZALI rmai lo avevano capito tutti, e anche Apple se lo era lasciato scappare in un paio di occasioni: OS X non esiste più, la prossima versione si chiamerà macOS per uniformare il roaming al resto della famiglia. L’erede di El Capitan si chiamerà Sierra, sarà disponibile da luglio in beta pubblica per tutti gli utenti e disponibili come sempre sotto forma di update gratuito quest’autunno. Diverse le novità del nuovo sistema operativo, anche se questa volta Apple ha lavorato più in superficie senza andare a toccare, come ha fatto in altre occasioni, il cuore del sistema: gli interventi più grossi riguardano Continuity, lo sfruttamento del cloud e Siri, ma c’è spazio anche per qualche feature utile come la possibilità di sblocco automatico senza password se si ha al polso un Apple Watch. Continuity, ovvero la piena convergenza tra smartphone e desktop, guadagna il copia incolla universale e la condivisione completa dei documenti del desktop, che saranno disponibili sia su dispositivi mobile sia sugli altri Mac dotati dello stesso account automaticamente, grazie alla sincronizzazione con iCloud. “Gli utenti lasciano spesso i documenti e le cose sul desktop”, ha rammentato nel corso della conferenza Craig Federighi, vice presidente senior del reparto software di Apple, e questa potrebbe essere una buona soluzione per avere sempre sotto mano quello che serve. Il copia incolla universale è invece più semplice da spiegare: copiare un testo su un iPhone automaticamente rende lo snippet disponibile anche per gli altri dispositivi connessi. Altra importante novità, tutta da valutare però nel funzionamento, è la gestione automatica dello spazio del disco con archiviazione sul cloud dei O vecchi file: i file meno utilizzati finiscono sui server Apple, quelli inutili vengono cancellati automaticamente. Sbarca su macOS anche Siri, con un’icona dedicata; Siri può cercare file e interagire con le app, anche se ad oggi le sue funzionalità sono limitate alle app Apple: chi si trova bene con l’assistenza vocale saprà comunque sfruttare al meglio la cosa, anche perché per dettare messaggi o fare ricerche può davvero rendere la fruizione del computer più semplice (e chi usa Cortana su Windows 10 lo ha già capito). Si chiude con il Picture in Picture, funzione ereditata da iOS, e con Apple Pay for Web, ovvero la possibilità di pagare tramite Apple Pay online usando Safari fornendo il TouchID come garanzia di sicurezza. L’assenza di Apple Pay in Italia rende comunque secondaria questa funzionalità. Nessuna feature alla quale si può rinunciare, ma tante piccole migliorie: la novità più grande del sistema operativo Sierra in ogni caso sembra essere il nuovo nome, macOS. Craig Federighi, vice presidente senior del reparto software di Apple, durante la conferenza ha illustrato le migliorie introdotte nel sistema operativo macOS Sierra. In particolare, la condivisione dei documenti del desktop, che saranno disponibili sia su dispositivi mobile sia sui Mac dotati dello stesso account. torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Al Computex, Microsoft ha dimostrato una funzionalità dell’aggiornamento di Windows 10 Carta e penna in pensione con Windows Ink La nuova funzione riguarda l’uso del pennino sui tablet e portatili provvisti di touchscreen di Franco AQUINI icrosoft ha mostrato al Computex, durante un live show, alcune funzionalità della release estiva di Windows 10. Tra queste c’è Windows Ink, una nuova implementazione nell’uso della penna all’interno del sistema operativo. La dimostrazione viene fatta con una delle penne abilitate all’uso di Windows Ink, che avranno un tasto specifico per accedere al Windows Ink Workspace, la barra di applicazioni studiate appositamente per l’uso con la penna. Ci vengono mostrate le applicazioni disponibili sul Windows Store, ma alcune di queste sono incluse nel prossimo aggiornamento di Windows 10 e sono molto interessanti. La prima riguarda i post-it. Quante applicazioni di questo genere si sono già viste in passato? Ebbene, questa nuova gestione di postit è integrata con Cortana, ed è capace di rilevare qualsiasi riferimento a evento o azione, decifrandole e proponendo azioni di conseguenza. Nello show la relatrice scrive “chiamare mamma domani” e la parola domani viene subito evidenziata, tra l’altro con una reattività notevole. Cliccandoci, appare un menù contestuale che propone la creazione di un evento sul calendario. Ancora meglio quando scrive il numero del volo per tornare a Seattle. Pur scrivendo con una calligrafia non proprio corretta, il sistema la riconosce perfettamente e apre un menù contestuale con le informazioni sul volo in oggetto. La seconda funzionalità che ci viene mostrata riguarda Office. In Word, barrando le parole che vogliamo cancellare, vengono automaticamente cancellate, mentre sottolineandole, vengono evidenziate come se usassimo un evidenziatore. In PowerPoint la questione si fa ancora più interessante: oltre a poter disegnare liberamente e posizionare oggetti sulla diapositiva, si può posizionare sul desktop un righello virtuale e tracciare linee rette proprio come faremmo con un righello fisico su un foglio di carta. La terza applicazione riguarda le mappe. Tracciando una riga tra un punto A è un punto B della mappa, Windows traccia diversi percorsi alternativi a seconda che si voglia andare a piedi o con l’auto. Queste tre applicazioni, prese singolarmente, non mostrano nulla di rivoluzionario, ma la semplicità e la naturalezza M torna al sommario con cui viene usata la penna fa pensare di essere di fronte all’implementazione definitiva della penna digitale. Che sia arrivato il momento di dire addio a carta e penna? Certe abitudini sono dure a morire, ma fino a pochi anni fa c’era chi sosteneva l’assoluta immortalità della tastiera qwerty fisica sugli smartphone e abbiamo visto tutti com’è andata a finire. Windows Ink sembra un’ottima funzionalità che darà a Windows 10 ancora più appeal. PC Un SSD per PC e notebook ultra sottili di prossima generazione Samsung annuncia l’SSD da 512 GB È quasi grande come un francobollo S di Gaetano MERO amsung ha annunciato di aver avviato la produzione di massa del più piccolo SSD mai progettato finora. Si tratta di un dispositivo, il cui nome in codice è PM971-NVMe, che misura 20 x 16 x 1,5 millimetri e che pesa soltanto un grammo pur garantendo le più elevate prestazioni del settore. La società coreana afferma di essere riuscita a raggiungere una capacità di storage di 512 GB grazie alla combinazione di 16 chip V-Nand Flash da 256 Gigabit, a 48 strati, l’unità include anche un chip da 4 GB DRAM LPDDR4 e un controller Samsung ad elevate performance. Grazie alle sue piccole dimensioni, un quinto rispetto agli attuali SSD, il PM971-NVMe è ideale per l’utilizzo nei PC e nei notebook ultra sottili di prossima generazione. Il dispositivo garantisce una velocità di lettura pari a 1.500 Megabyte al secondo e in scrittura di 900 Megabyte al secondo grazie alla tecnologia TurboWrite (che utilizza temporaneamente alcune parti dell’SSD come buffer di scrittura), riuscendo quindi a trasferire un filmato in Full HD da 5 GB in soli tre secondi. Ottime anche le prestazioni di lettura/scrittura random IOPS (Input Output Operations Per Second) in cui raggiunge rispettivamente la velocità di 190K e 150K, che lo rendono di fatto 1.500 volte più veloce di un HDD classico. La distribuzione in tre tagli, da 128, 256 e 512 GB, avverrà già a partire da giugno a livello mondiale. In arrivo entro l’anno le nuove CPU Intel Core di settima generazione Dopo la presentazione della nuove serie di CPU ad alte prestazioni Extreme Edition, al Computex 2016 Intel ha annunciato anche l’arrivo, entro la fine dell’anno, dei nuovi chip Core di settima generazione di Giulio MINOTTI Dal Computex di Taipei sono arrivate interessanti novità dal mondo dei processori. Dopo la presentazione della nuova serie di CPU Intel per PC desktop di fascia alta, arriva sempre dall’azienda americana, l’annuncio del debutto entro l’anno dei nuovi processori Core di settima generazione, nome in codice Kaby Lake. Prodotti sempre a 14 nanometri offriranno il supporto a Thunderbolt 3 e a webcam in grado di utilizzare avanzate tecnologie per il riconoscimento facciale, come Windows Hello. Navin Shenoy, general manager Intel Client Computing Group, ha dichiarato che la produzione delle nuove CPU avrà inizio entro la fine di giugno, insieme ai nuovi processori Apollo Lake, una versione più economica della sesta generazione della famiglia Skylake. Si tratta di soluzioni ideate soprattutto per tablet e PC 2 in 1 a basso costo, che includeranno il supporto a USB-C e alla riproduzione di video in 4K. I nuovi Intel Core di settima generazione e le CPU Apollo Lake verranno lanciati sul mercato entro la fine di quest’anno. Disegnata per ascoltare I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli, grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers & Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia tweeter-on-top non crederete quanto bene la musica può suonare. www.audiogamma.it n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Primo giro di boa dopo il rilascio di Windows 10 per tablet e PC lo scorso luglio, è tempo di bilanci e... di previsioni Windows 10 compie un anno, dove sta andando? Tutti i progetti presenti e futuri in casa Microsoft Che cosa succederà a Windows 10 nei prossimi mesi? Abbiamo fatto il punto su Store, Xbox One, HoloLens e Mobile di Mirko SPASIANO W indows 10, in un certo senso, è stata l’ennesima ripartenza in casa Microsoft, dato che, ad ogni major update, oltre a un diverso design language (più che legittimo), è stata introdotta una nuova piattaforma di sviluppo. Pur supportando le API delle vecchie app Runtime e Silverlight, scritte per Windows (Phone) 8-8.1, l’ecosistema Windows 10 si fonda sulla Universal App Platform (UAP). Le applicazioni universali, scritte nativamente per Windows 10, sono flessibili e reattive, si adattano allo spazio a disposizione e, potenzialmente, possono girare su una famiglia di dispositivi che va dagli smartphone ai PC, passando per i tablet, l’Xbox One, HoloLens e perfino l’Internet of Things (IoT). Il progetto dell’ecosistema Windows 10 è davvero ambizioso, ma, ad oggi, non ha ancora espresso tutto il suo potenziale. I motivi sono riconducibili essenzialmente a tre fattori. • In primo luogo, Xbox One non è ancora entrata ufficialmente a far parte dell’ecosistema. Sebbene con la New Xbox One Experience, Windows 10 sia sbarcato anche su console, lo Store che troviamo su Xbox One non è ancora quello universale: le applicazioni ivi scaricabili sono versioni specifiche per console. • Poi, c’è la controversa situazione legata all’accoppiata Windows Phone 8.1-Windows 10 Mobile. Il problema principale è legato alle scarsissime quote di mercato impegnate dal sistema operativo, o meglio, dai sistemi operativi mobile di casa Microsoft. Quella che una volta sembrava una peculiarità non tanto gradita di Android, è arrivata anche su Windows Phone/Mobile, ossia la frammentazione. Alle quote di mercato, ormai quasi irrisorie, che competono al sistema operativo mobile del colosso americano bisogna aggiungere il fatto che, secondo AdDuplex, Windows 10 Mobile ha raggiunto soltanto il 10,4% degli smartphone Windows (dato che risale al 18 maggio). • Infine, oggi HoloLens è poco più che un concept per i consumatori. Il visore per la realtà aumentata torna al sommario del colosso di Redmond non diventerà un prodotto commerciale prima di un anno (o forse due). Soltanto gli sviluppatori possono richiedere la Development Edition, a loro dedicata, alla “modica” cifra di 3000 dollari. Insomma, la chiusura del cerchio appare ancora lontana. Tuttavia ci sono dei segnali incoraggianti. Innanzitutto, questa estate arriverà l’Anniversary Update, il prossimo corposo aggiornamento che investirà tutta la famiglia di prodotti Windows: PC, tablet, smartphone e anche Xbox One. Tra le principali novità che questo porterà, si annovera lo Store universale sulla console di casa Microsoft. Dunque, se il primo punto che abbiamo sollevato è un falso problema, o quantomeno prossimo alla risoluzione, gli altri due sono questioni decisamente più serie. A fronte del calo vertiginoso delle quote di mercato di Windows nel mobile (parzialmente autoindotte), Microsoft ha risposto con un cambio di strategia. La compagnia americana ha cambiato il target per il suo sistema operativo mobile, rivolgendosi principalmente all’utenza business, che è probabilmente ciò che le riesce meglio. Come avremo modo di vedere, questa “identità” si adatta senz’altro meglio a Windows 10 Mobile e, se opportunamente coltivata, può portare ad un discreto prodotto di nicchia nel prossimo futuro. HoloLens, invece, sta vivendo una fase di gestazione che si protrarrà fino al lancio al pubblico. Probabilmente scottata dall’esperienza avuta con Windows Phone 7, questa volta Microsoft ha adottato un approccio fortemente cautelativo. Il visore per la realtà aumentata del colosso americano non diverrà un prodotto consumer (con hardware rinnovato e prezzo inferiore) fin quando non verranno soddisfatti due requisiti fondamentali. In primis, l’ecosistema Windows 10 deve raggiungere un certo grado di maturazione e, in secondo luogo, deve esserci un numero sufficiente di applicazioni Made for HoloLens che ne giustifichino una commercializzazione su larga scala. Windows Store sta migliorando Ma il gap si sente eccome Dopo tutte queste “chiacchiere” su questo fantomatico ecosistema, entriamo nel merito: oggi, com’è la situazione dell’app-gap e, soprattutto, come sono le app per Windows 10? Dare una risposta secca è complicato, soprattutto se si considerano le molteplici esigenze di ognuno. Quel che è certo è che dal punto di vista dei numeri, Windows Store è ancora ben lontano da iOS e Android. Gli ultimi dati, non ufficiali, sembrano indicare che, a fronte di circa 1,5 milioni di applicazioni negli store di segue a pagina 22 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Windows 10: dove sta andando? segue Da pagina 21 iOS e Android, il Windows Store ne offra più o meno un terzo, ovvero intorno alle 500 mila app. Soffermandosi esclusivamente sui numeri, è lampante che il confronto sia impietoso. Senza focalizzarsi su una piattaforma piuttosto che un’altra, da intendere come mobile o desktop, mancano all’appello applicazioni importanti del calibro di Snapchat, Periscope, la suite di Google o i giochi sviluppati da Supercell (la serie Clash of Clans, per intenderci). È evidente, però, che la mancanza di applicazioni si fa sentire principalmente su mobile, piuttosto che su PC, ove l’espressione “mobile” è da intendere in senso ampio, coinvolgendo anche i tablet e, perché no, i 2-in-1. Ciò deriva dal fatto che, laddove vi fosse una specifica carenza, su PC si può sempre rimediare agevolmente tramite browser o con programmi “completi” con architettura Win32, ottimizzati per l’uso con mouse e tastiera. Pertanto, la conclusione a cui giungono spesso i più “tradizionalisti del PC” è che la UAP, la piattaforma delle app universali, sia completamente inutile al di fuori del mobile. Talvolta, questo genere di riflessione si basa anche sul concetto che la UAP sia sinonimo di castrazione di potenzialità e funzionalità. Seppure, in un certo senso, alcuni paragoni tra Universal App e controparte Win32 siano improponibili, è pur vero che esistono delle eccezioni, delle piccole perle che mostrano il potenziale dell’UAP. Ad esempio, confrontando Adobe Photoshop Express, presente sul Windows Store, con Photoshop Elements (programma classico Win32) non c’è assolutamente storia. Si deve tener conto, però, che il primo è gratuito con acquisti in-app e il secondo costa circa 71 euro. Se, però, si cerca meglio nello Store, si può scovare un gioiellino come Polarr Photo Editor Pro, che supporta perfino le immagini RAW. Un discorso analogo può farsi per Adobe Reader Touch e Acrobat Reader DC, ma guardando un po’ più in là, si trova Drawboard PDF. Un altro piccolo capolavoro è StaffPad, che Microsoft ha utilizzato spesso anche per pubblicizzare il Surface Pro 3, la quale riconosce automaticamente le note musicali disegnate col pennino su di un pentagramma. O, ancora, NewsFlow, WiFi Commander, SofaScore, AccuWeather, Tubecast e tante altre. In sostanza, anche senza scomodare le app proprietarie di Microsoft, come Traduttore o Office Lens, si riescono a trovare diverse ottime applicazioni. torna al sommario Per non parlare poi del gaming. Sullo Store di Windows 10 stanno cominciando a fare la propria comparsa diversi titoli da tripla A rilasciati anche su Xbox One, come Forza Motorsport 6, Rise of the Tomb Raider, Gears of War e Quantum Break, ma anche chicche indie, quali Ori and the Blind Forest, The Escapist: The Walking Dead, Shadow Complex Remastered e Fire: Ungh’s Quest. Questi sono solo alcuni esempi, che vanno a sommarsi a quei giochi più famosi e propriamente “mobile”, come i vari titoli di King (quelli della serie Candy Crush, per intenderci), Gameloft e Disney. Certo, però, è chiaro che la scelta non è neanche lontanamente ampia come su iOS e Android. Aldilà delle singole app che abbiamo citato, ciò che spicca è la differenza abissale con le applicazioni scritte specificamente per Windows 8.1 e Windows Phone 8.1. Per citare la dicitura presente sullo Store, le app “progettate per Windows 10” offrono prestazioni significativamente migliori, soprattutto su mobile, e, nella maggior parte dei casi, un design più moderno e gradevole. Senza contare, poi, che numerose app che su Windows 8.1 e Windows Phone 8.1 versavano in uno stato pietoso sono state aggiornate. Tra gli esempi più clamorosi figurano proprio le app social: Facebook, Instagram e Twitter erano un disastro, ma ora sono alla pari con le piattaforme concorrenti (Facebook per mobile un po’ meno). La differenza più netta con il passato si può apprezzare quotidianamente, perché dopo la pubblicazione di una nuova app, questa non viene abbandonata a se stessa, ma viene aggiornata abbastanza frequentemente. Dove, invece, si avverte la maggiore carenza, è nell’ambito del supporto di hardware di terze parti, in particolar modo degli smartwatch. Se per i wearables si può dire che ci sia una discreta scelta, con Fitbit e Garmin che la fanno da padroni, manca completamente il supporto ad Android Wear, Apple Watch e persino Pebble. Ma un discorso analogo può farsi anche per svariati prodotti per la smarthome e il multimedia, il che può condizionare fortemente la scelta degli accessori in sede d’acquisto. In conclusione, tornando alla domanda d’apertura, per riassumere potremmo dire che l’app-gap è ancora una problematica molto attuale. Tuttavia, per fortuna, si avverte di meno rispetto al passato: non solo in termini di numero di applicazioni, ma soprattutto in termini di qualità e funzionalità. Se, poi, si fa un uso “business” del proprio dispositivo, è facile sentirsene ancora meno affetti (approfondiremo nel dettaglio questo aspetto con riferimento particolare a Windows 10 Mobile). Xbox One: rivoluzione con la Anniversary Update In apertura abbiamo accennato al fatto che già oggi Xbox One gira grazie ad una particolare versione di Windows 10. Ciò nonostante, soltanto questa estate lo Store universale farà il proprio debutto su console, unitamente a Cortana, con l’Anniversary Update. Ma perché questo passaggio è così importante? Innanzitutto, lo sbarco dello Store universale su console è la prossima pietra miliare per completare l’ecosistema Windows 10. Sebbene Microsoft conteggiasse già le sue console di ultima generazione nell’annunciare il numero di dispositivi che montano Windows 10, di fatto, uno sviluppatore che dovesse approcciarsi alla UAP, ad oggi non può rilasciare la propria app universale su Xbox One. Se, come pare, Microsoft dovesse consentire il download di tutte le app presenti sullo Store anche su console, a seguito dell’Anniversary Update ci sarà un incremento consistente del bacino d’utenza a cui si può rivolgere uno sviluppatore. Certo, non ci si può aspettare che l’apertura dello Store universale alla console convinca Evan Spiegel, CEO di Snapchat Inc., a rilasciare la propria app per Windows 10 Mobile. Tuttavia, è ragionevole pensare a un maggiore interesse da parte degli sviluppatori di giochi e app per il multimedia nei confronti dell’intera piattaforma Windows 10. Tra l’altro Microsoft sta valutando la possibilità di porsegue a pagina 23 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Windows 10: dove sta andando? segue Da pagina 22 tare la variante di Windows 10 che gira sulla sua console sui PC di terze parti. Qualora queste voci dovessero rivelarsi accurate, è probabile che assisteremo alla nascita di computer prettamente votati al gaming ed al consumo di contenuti multimediali, che beneficerebbero non solo dei giochi per Xbox One, ma anche dell’intero parco applicazioni dello Store. Se era abbastanza chiaro sin dal principio come l’ecosistema Windows 10 avrebbe giovato dal battesimo anche su console, l’inverso, invece, è leggermente più oscuro; però, possiamo affermare con cognizione di causa che il mondo Xbox ne beneficerà altrettanto. In primo luogo, bisogna considerare il contesto in cui si andranno ad inserire Cortana e lo Store universale, da intendere sia come posizione in casa sia come “momento storico” dal punto di vista tecnologico. Sebbene vi sia chi utilizza la console squisitamente per il gaming, la Xbox One ha anche una componente multimediale (si pensi alle varie applicazioni che per il consumo di contenuti in streaming oppure on-demand): per questa ragione, fondamentalmente, il regno della console è il salotto. Negli ultimi anni, la lotta per il “predominio tecnologico” in questo ambiente si è fatta davvero serrata. Basti pensare alla grande varietà di prodotti che lo affollano aldilà delle console “tradizionali”: Apple TV, Ouya, Chromecast, Amazon Echo, prossimamente Google Home e tanti altri. Ciascuno di questi ha il suo punto forte (in ordine sparso): casual gaming, consumo di contenuti multimediali e, soprattutto, quella che è l’ultima frontiera nell’ambito della tecnologia, ossia assistenza virtuale e smarthome. Ecco, in un solo colpo, con l’Anniversary Update Xbox One potrebbe diventare un prodotto profondamente versatile. Oltre a soddisfare le esigenze degli hardcore gamer, l’aggiornamento di questa estate potrebbe portare nuova vita al casual gaming ed all’entertainment con le app dello Store universale e, per quelli che hanno Kinect (necessario per il microfono), un portale d’accesso al controllo automatizzato della smarthome grazie a Cortana. Se a questo si sommano le voci che vorrebbero l’arrivo sul mercato di una Xbox Mini, che eseguirebbe esclusivamente le app del Windows Store, e di un competitor per la Chromecast, ecco che i contorni del quadro assumono linee sempre più marcate. torna al sommario HoloLens: uscirà quando ci saranno le app La storia di HoloLens è piuttosto curiosa e, per certi versi, strettamente collegata alla precedente. Sì, perché il visore per la realtà aumentata progettato a Redmond nasce per il gaming. Pare, infatti, che nelle intenzioni iniziali del colosso americano, HoloLens sarebbe dovuto essere una semplice periferica per Xbox One, che avrebbe dovuto scontrarsi con Project Morpheus di Sony, ovvero quella che oggi è conosciuta come PlayStation VR. Tuttavia, dopo aver mostrato il visore a diversi partner, che si sarebbero mostrati fortemente interessati soprattutto in ambito business, Microsoft è tornata sui propri passi, rendendo il gaming soltanto una delle possibili sfumature. Oggi, al quartier generale di Redmond, vedono HoloLens come un prodotto a tutto tondo, con possibili applicazioni in molteplici campi. È chiaro, però, che non è pronto a fare il proprio debutto ufficiale nella grande distribuzione. Microsoft non può permettersi di bruciare quello che probabilmente è stato il prodotto più innovativo che abbia concepito negli ultimi anni. Lanciare sul mercato un prodotto così diverso, seppur basato su Windows 10, che avesse mostrato problemi hardware-software e che non fosse accompagnato da un robusto parco di applicazioni specifiche, sarebbe stato sicuramente un errore, oltre che un danno per l’intero ecosistema di Microsoft. È per questo che, al momento, è in vendita esclusivamente una Development Edition, al prezzo di 3.000 dollari. Si tratta di un bundle chiaramente indirizzato agli sviluppatori, i quali, oltre ad essere più tolleranti nei confronti dei bug e “consapevoli nell’acquisto” rispetto al consumatore, vi nutrono anche un interesse personale. Ma, fondamentalmente, a cosa serve? Intanto, è opportuno fare una premessa: rispetto ad altre soluzioni come l’Oculus Rift o l’HTC Vive, HoloLens è un visore per la realtà aumentata, e non per la realtà virtuale. Sostanzialmente, ciò comporta che con il visore di Microsoft non si viene completamente proiettati in un mondo virtuale, ma si ha la perfetta percezione di ciò che ci sta intorno. Il nome stesso del prodotto suggerisce che, ciò che ci viene presentato indossando il visore, sono degli ologrammi. Se, magari, questo può essere limitante in ambito videoludico, in campo business, dell’intrattenimento e dell’istruzione offre delle potenzialità enormi. Sì, perché ologramma è da intendere in senso molto ampio: un layer dati aggiornato in tempo reale in un laboratorio, per un evento sportivo o perfino in un campo di battaglia, negli studi di ingegneria e di architettura per mostrare i progetti in 3D, istruzioni d’uso o corsi formativi interattivi e così via. Non c’è davvero limite alla fantasia. Tutto ciò sarebbe poi coadiuvato dalla UAP e, quindi, dalle medesime applicazioni universali che girano su smartphone, tablet e PC, ma con un’interfaccia ottimizzata. Non è difficile immaginare una finestra con una videochiamata di Skype, un film in streaming su Netflix o, magari, le ultime news ed il meteo. Alex Kipman, inventore di HoloLens, in occasione della sua presentazione al pubblico, poco più di anno fa, ha dichiarato: Fino ad ora, ci siamo immersi nel mondo della tecnologia. […] E se potessimo prendere ls tecnologia e portarla nel nostro mondo? Gli ologrammi possono diventare parte della nostra vita di tutti i giorni. Sebbene teoricamente possibile, poiché HoloLens non necessita di essere collegato ad un PC, non ci si deve immaginare di incontrare persone che camminino per strada con un visore tutto il giorno (anche se, un giorno, con la miniaturizzazione dell’hardware ed il costante miglioramento delle prestazioni di CPU e GPU, non è escluso che accada qualcosa di analogo). Nel prossimo futuro, HoloLens è da immaginare “circoscritto” a particolari ambienti: studi professionali, università, laboratori, ospedali e così via. Ma, per citare Kipman, prima che gli ologrammi diventino parte della vita di tutti noi, entrando nelle case dei consumatori, HoloLens subirà sicuramente una revisione hardware e, con essa, potrebbe arrivare un cospicuo taglio di prezzo. Al momento HoloLens ha un’autonomia di circa un paio d’ore o poco più, ma, prima ancora che si possa scaricare del tutto, chi l’ha provato assicura che dopo una mezz’oretta si comincia ad avvertire un po’ di fatica. Per quanto risulti abbastanza comodo nel momensegue a pagina 24 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Windows 10: dove sta andando? segue Da pagina 23 to in cui lo si indossa, dopo diversi minuti di utilizzo si comincia ad avvertirne il peso sulla testa. C’è, poi, da considerare l’altro aspetto più discusso del visore di casa Microsoft, ossia il campo visivo: come potete vedere dalla foto di fianco, gli ologrammi non sono completamente immersi nello spazio circostante, ma sono confinati all’interno di una “finestra”. Tutto ciò, fondamentalmente, non fa che confermare quanto abbiamo detto in precedenza: il debutto in ambito aziendale precederà abbondantemente quello in campo consumer. Volendosi sbilanciare, si potrebbe prefigurare il primo anche nel giro di un anno, soprattutto se si immagina un utilizzo caratterizzato da una certa soluzione di continuità. Prima di ritrovarci la casa immersa da ologrammi, però, potrebbe volerci molto di più. Windows 10 Mobile ll futuro è nel business Veniamo ora a quella che è probabilmente la questione più spinosa ed il punto più critico dell’intero ecosistema Windows 10: il mobile. È degli ultimi giorni la notizia che il colosso americano taglierà altri 1.850 posti di lavoro dalla divisione mobile. Microsoft, in un certo senso, sta smantellando ciò che resta di Nokia, soprattutto se si considera che 1350 dei lavoratori affetti dai tagli sono localizzati in Finlandia. Già lo scorso anno, in occasione dell’annuncio della prima tranche di licenziamenti, ben più consistente (7.800 posti di lavoro), Satya Nadella aveva illustrato quella che sarebbe stata la strada che Microsoft avrebbe seguito nel futuro immediato: Nel breve periodo, la nostra proposta sarà più efficace […]. Daremo agli utenti aziendali l’esperienza di cui hanno bi- torna al sommario sogno, in termini di sicurezza, produttività e facilità di gestione. Daremo, a coloro che sono soliti acquistare telefoni economici, i servizi di comunicazione di cui hanno bisogno. Daremo ai fan di Windows i flagship che amano. Se già con queste parole era già chiaro il ritiro dallo spazio consumer, le dichiarazioni ben più recenti di qualche giorno fa non hanno fatto altro che confermarlo: Concentreremo i nostri sforzi lì dove abbiamo caratteristiche distintive - sul mondo enterprise, che ha a cuore la sicurezza, la facilità di gestione e Continuum e sui consumatori che apprezzano le stesse caratteristiche. Continueremo ad innovare i nostri servizi cloud e indipendentemente dai dispositivi, su tutte le piattaforme mobile. Per quanto queste parole siano inequivocabili e lascino intendere una certa consapevolezza nel non poter competere con iOS e Android in ambito consumer, ciò non vuol dire che Microsoft abbandonerà il settore mobile. Lo sviluppo di Windows 10 Mobile continuerà perché, ormai, il primo non è altro che una declinazione di Windows 10. Chi segue con attenzione l’evoluzione delle build indirizzate agli Insider del nuovo ramo di sviluppo Redstone (quello che sfocerà nell’Anniversary Update di questa estate), avrà senz’altro notato che i changelog della versione desktop e quella mobile spesso si sovrappongono per una buona parte. Vale a dire che le modifiche apportate al sistema operativo per tablet e PC si ripercuotono spesso, magari a distanza di qualche giorno o settimana, anche su smartphone. Potenzialmente, Microsoft potrebbe continuare lo sviluppo di Windows 10 Mobile, impegnando meno risorse, finché esisterà Windows 10. Microsoft ha chiaramente fatto, non uno, ma tre o quattro passi indietro sulle proprie ambizioni di diventare una compagnia produttrice di smartphone. Citando ancora le parole di Nadella dello scorso luglio: Da un piano che prevedeva di creare un business stand-alone nel campo degli smartphone [dominare il mercato degli smartphone Windows, ndr], ci stiamo spostando verso una strategia che preveda un ecosistema florido che includa i nostri dispositivi. In sostanza, Nadella si aspetta che siano i produttori terzi ad assumersi il rischio di produrre smartphone, mentre Microsoft può concentrarsi a sviluppare il software e dei prodotti di riferimento, come sono i Surface nell’ambito 2-in-1, che non mirano direttamente alla grande distribuzione. Ma cosa resta quando si abbandona lo spazio consumer? Quello che Microsoft sa fare meglio, ovvero soddisfare l’utenza aziendale. Non è un caso, perciò che, tra i principali attori sulla scena, finora soltanto i produttori di PC hanno avanzato la propria proposta di smartphone Windows 10: Acer, VAIO ed HP. È inutile specificare che tutte e tre le proposte supportano Continuum. Ecco, Continuum. Questo è il cardine della proposta business di Microsoft. Grazie ad applicazioni come Desktop Remoto o TeamViewer, si può accedere alle risorse aziendali o controllare computer Windows, Mac e Linux tutto da remoto. Ma la soluzione più interessante è sicuramente il cloud-computing, la prima espressione del quale verrà presentata da HP in occasione del rilascio del suo Elite x3 e prende il nome di HP Workspace. Nonostante l’architettura ARM del processore, grazie al cloud-computing, si potranno utilizzare le classiche app x86 anche su smartphone in modalità Continuum. Con l’Anniversary Update, poi, Continuum non sarà limitato soltanto ai monitor o ai televisori. Infatti, con il prossimo major update per mobile, uno smartphone Windows 10 Mobile potrà essere collegato ad un vero e proprio PC desktop o portatile che monti Windows 10, sfruttandone tastiera, touchpad e magari touchscreen. Qual è l’utilità? Che magari quel portatile è di un amico o di un collega e, dovendo maneggiare dati sensibili, non si vuole lasciare alcuna traccia. Insegue a pagina 25 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC Windows 10: dove sta andando? segue Da pagina 24 somma, finché ci sarà un PC Windows 10 nei paraggi, anche non nostro, potenzialmente, è come avere un computer sempre in tasca. Ad ogni modo, l’obiezione più comune che viene mossa a questo genere di ipotesi è che, anche quando si utilizzi una delle soluzioni precedenti per “arrangiarsi” con uno smartphone come PC, un telefono Windows 10 Mobile resta comunque una soluzione non ottimale dal punto di vista dell’uso come smartphone. In altri termini, aldilà dei servizi di messaggistica e delle applicazioni più diffuse, si avvertirebbe comunque la mancanza delle app di qualche compagnia aerea, dei servizi ferroviari o, magari, di car sharing. Tuttavia, se avrete la pazienza di seguirci nell’ultima tappa di questo percorso, cercheremo di chiudere il cerchio. Bot e intelligenza artificiale: L’app-gap non è un’eterna condanna La conclusione di questo “viaggio” non poteva che essere sull’aspetto più futuristico di tutti, ovvero i bot e l’intelligenza artificiale. Tutti i principali attori del mondo della tecnologia si stanno muovendo in questa direzione: chi con assistenti virtuali, chi con ricerche e suggerimenti proattivi e chi con dei “portali” al mondo dei bot. Non c’è dubbio che la next big thing torna al sommario sia proprio qui. A guidare la rivoluzione nel mondo dei telefoni cellulari, che successivamente hanno acquisito la denominazione di smartphone è stata Apple con l’iPhone. Sebbene il melafonino abbia portato con sé una grande novità come un pannello multitouch capacitivo, la sua caratteristica principe, che ne ha decretato il successo, è stata l’App Store. Sono le applicazioni che hanno reso smart i telefoni cellulari, trasformandoli sempre più in dispositivi versatili e tuttofare. Ciò che descrive meglio questa particolare caratteristica degli smartphone è lo slogan coniato da Steve Jobs “there’s an app for that”. Oggi, con la pubblicazione di centinaia di app al giorno, il mercato delle applicazioni, così come quello degli smartphone, in un certo senso sta giungendo a saturazione. Sono sempre più le applicazioni che hanno le medesime funzioni, differenziandosi davvero poco l’una dall’altra. Parallelamente, in un mercato sempre più competitivo, per gli sviluppatori diventa sempre più difficile emergere. Basti pensare che, a meno del gioco del momento o dell’app di accompagnamento di qualche recente acquisto tecnologico, la maggior parte di noi utilizza sempre il medesimo set di applicazioni per lunghissimo tempo, senza scaricare nuove app per intere settimane. Analizziamo qualche risultato evidenziato dalla ricerca US Mobile App Report del 2015. Secondo questa ricerca, i possessori di smartphone e tablet trascorrono rispettivamente il 50 ed il 59% del tempo su una singola applicazione, che, nella maggior parte dei casi è a tema social. Sarà un caso che Telegram, Messenger, Skype, Kik e Allo integrano qualche forma di intelligenza artificiale o, almeno, il supporto ai bot? Probabilmente no. Il trend recente nell’ambito dello sviluppo è che le applicazioni stanno diventando sempre meno “specializzate” in un compito ben definito e sempre più “generaliste”. Si pensi anche all’evoluzione di Facebook: da semplice social network con condivisione di stati, foto e messaggi è diventato un gigante dei video, lanciando successivamente anche la possibilità di trasmettere in diretta. Ora, però, come si lega tutto questo al mondo Windows? Al //build/ dello scorso aprile, conferenza annuale di Microsoft dedicata agli sviluppatori, la compagnia americana ha svelato i suoi piani sull’integrazione di bot e intelligenza artificiale in Skype. La dimostrazione che si è tenuta sul palco è stata davvero esaustiva ed a tratti sorprendente sotto questo profilo. Tenendo traccia delle conversazioni avute in passato su Skype e delle informazioni dell’utente, come luogo di residenza e impegni sul calendario, Cortana (che verrà integrata in Skype) sarà in grado di suggerire in maniera proattiva di interfacciarsi con i bot più disparati per prenotare volo/treno/taxi, tavolo al ristorante e, magari, camera da letto. Non mancherà neanche l’integrazione con alcuni servizi come TripAdvisor o Yelp, che ci aiuterà a prendere una decisione in fase di prenotazione. Ma, allora, se per portare a termine queste operazioni non saranno più necessarie le app delle compagnie aeree, degli alberghi, dei ristoranti, o, magari del fioraio piuttosto che del supermercato, la conclusione più logica è che l’app-gap, in buona parte, non sarà un problema per sempre. Certo, l’intelligenza artificiale ed i bot non potranno mai sostituire le “applicazioni di accompagnamento” di smartwatch, i wearables e gli accessori per la smarthome, ma la sensazione è che lentamente qualcosa nello Store di Windows 10 si stia muovendo, anche grazie all’aggiunta di preziose API che mancavano. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE PC L’idea del colosso americano è piuttosto chiara: abbattere i costi legati alle esperienze VR Le nuove GPU AMD con tecnologia Polaris La AMD Radeon RX 480 verrà lanciata sul mercato il prossimo 29 giugno a soli 199 dollari N di Francesco FIORILLO el corso di una conferenza stampa organizzata in occasione dell’edizione 2016 di Computex, AMD ha presentato la Radeon RX 480, una scheda che verrà lanciata sul mercato il 29 giugno al prezzo di 199 dollari. Inizialmente saranno due le configurazioni disponibili, caratterizzate rispettivamente da una memoria RAM da 4 e 8 GB, ma entrambe potranno contare sulla nuova architettura Polaris. Il colosso statunitense risponde così alle ultime soluzioni di Nvidia e, nel farlo, propone una scheda grafica pensata per sfruttare i dispositivi VR, dotata di una potenza di calcolo superiore a 5 TFLOPs e di un bandwidth pari a 256 GB/s. Stando alle parole di AMD, due RX 480 sarebbero in grado di offrire prestazioni maggiori di una GTX 1080, mentre l’implementazione dell’oramai immancabile tecnologia AMD FreeSync garantirà esperienze videoludiche fluide. “Le nuove schede grafiche Radeon RX Series basate su architettura Polaris sono pensate per il gaming del futuro e per offrire grandi esperienze di Virtual Reality”, ha dichiarato Raja Koduri, senior vice president and chief archi- tect, Radeon Technologies Group, AMD. “Uno dei limiti alla diffusione delle esperienze VR è spesso il loro costo, che le rende appetibili per un pubblico ristretto. Con le Radeon RX Series offriamo una tecnologia innovativa a un prezzo in grado di trasformare la VR in un fenomeno rilevante per tutti i consumatori”. PC I videogiocatori più esigenti sono accontentati. L’unica nota dolente del GT51CA è il prezzo Gaming estremo con il nuovo PC Asus della serie ROG È dotato di un Intel Core i7 6700K, 2 schede Nvidia GeForce GTX 980 in SLI e di una RAM DDR4 L di Francesco FIORILLO a nota compagnia taiwanese ha annunciato il lancio di un nuovo PC desktop della linea Republic of Gamers. Il ROG GT51CA, questo il nome scelto per l’ultima macchina Asus, sarà disponibile nel mese di giugno e, nonostante un prezzo tutt’altro che abbordabile, farà di certo la felicità di molti videogiocatori. In vendita a poco meno di 3.600 euro, l’ultimo nato in casa ROG può vantare un processore Intel Core i7 6700K di sesta generazione, overcloccabile fino a 4,6 GHz senza necessità di riavviare il sistema. Due schede video NVIDIA GeForce 980 GTX collegate in SLI offriranno prestazioni perfette in ambito gaming, mentre la possibilità di installare fino a due unità SSD NVMe PCIe da 512 GB configurati in RAID 0, garantirà una velocità di accesso ai dati di 3,2 Gbps. Il sistema, ha specificato Asus, adotta una soluzione termica multi-zona per una gestione efficiente del raffreddamento, capace di ridurre la temperatura interna del 31% anche durante le torna al sommario lunghe maratone di gioco con carichi elevati. Oltre al sistema a liquido Hydro Overclocking, il GT51CA prevede anche flussi d’aria dedicati per smaltire il calore prodotto dalle schede video e dall’alimentatore, posizionato nell’angolo inferiore dello chassis. Ovviamente le linee estetiche del case mantengono lo stile classico della serie ROG, proponendo una forma aggressiva caratterizzata dal solito binomio cromatico grigio-rosso. Synology DS416play è il NAS a 4 dischi per la casa Synology annuncia un nuovo NAS a quattro dischi per l’utente evoluto o il professionista DS416play è in grado di fare da server DLNA, supportare flussi video fino a 4K e realizzare una transcodifica intelligente di Franco AQUINI Synology ha annunciato il nuovo DS416play, un NAS che porta a livello domestico caratteristiche tecniche finora priorità di dispositivi di fascia superiore, a partire dalla presenza di quattro dischi, per finire con la capacità di fare da server DLNA con funzionalità di streaming video. Difficilmente prima d’ora si erano visti NAS a quattro dischi per l’uso domestico, ma l’esigenza sempre maggiore di spazio di archiviazione ha spinto Synology a sposare una soluzione normalmente utilizzata in ambito lavorativo. I quattro dischi possono essere usati in RAID 5 e sfruttare quindi la maggiore velocità data dall’accoppiamento di più canali di lettura e scrittura. Il DS416play ha però funzionalità che ne sottolineano la vocazione espressamente multimediale, è capace infatti di fornire contenuti a tutti i dispositivi compatibili con lo standard DLNA, come TV o diffusori audio. Supporta, inoltre, un flusso video con risoluzione 4K oppure tre flussi contemporanei in Full HD, con la capacità di adattare la risoluzione del video in funzione del dispositivo su cui lo si guarda. Tutte funzionalità che godono del processore dual-core da 1,6 GHz e delle prestazioni superiori in lettura/scrittura garantite dalla configurazione RAID. Il Synology DS416play è disponibile già da ora in tutto il mondo. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE GAMING La nuova console esiste ma non verrà mostrata nel corso dell’E3 a Los Angeles Sony conferma PS4 Neo, 4K e grafica al top PS4 Neo costerà di più e i giochi, anche quelli già pubblicati, avranno una grafica migliore D di Francesco FIORILLO opo una serie infinita di rumor e voci di corridoio più o meno attendibili, Sony ha finalmente confermato l’esistenza di PS4 Neo. La console viene definita dalla stessa società come una PS4 “High-End”, una macchina in grado di supportare la risoluzione in 4K e una grafica migliorata in quasi tutti i giochi. Andrew House, presidente di Sony Interactive Entertainment, ha poi specificato che PS4 Neo sarà più costosa dell’attuale modello in commercio a 350 dollari e che si rivolgerà prevalentemente agli hardcore gamer, oltre agli utenti dotati di televisioni 4K e in cerca di contenuti caratterizzati da risoluzioni più alte. “Questo modello affiancherà e completerà l’attuale versione di PS4” sono state le parole di House. “Entrambi i modelli saranno in vendita per tutto il ciclo vitale della console”. Le notizie su PS4 Neo non si fermano però qui. La nuova e chiacchieratissima console non sarà infatti presentata all’E3, mentre tutti i giochi PlayStation 4 saranno compatibili con la nuova versione. Sony ha fatto sapere infine che “tutti o la grande maggioranza di titoli già editati” saranno ottimizzati per sfruttare il maggior calcolo computazionale di PS4 Neo. “Vogliamo assicurarci di avere un’ampia gamma di esperienze possibili per sfruttare il nuovo sistema, in modo da poterlo presentare nella sua interezza”, ha spiegato House a tal riguardo. “La presenza di un nuovo hardware non causerà problemi con quello vecchio. Tutti i giochi supporteranno infatti lo standard PlayStation 4 e una gran parte di questi trarranno beneficio anche dalle nuove specifiche di PlayStation 4 high-end”. Fallout 4 GAMING Xbox One S, più piccola del 40% e con un HDD da 2TB in realtà virtuale Xbox One S di Microsoft è ufficiale Durante la conferenza E3 2016 di Bethesda, il publisher ha annunciato l’intenzione di voler supportare la tecnologia di realtà virtuale con le sue produzioni. Una speciale versione di Fallout 4 è in lavorazione presso gli studi interni all’etichetta e dovrebbe essere pubblicata nei prossimi 12 mesi. Più che a un semplice adattamento di interfaccia e visualizzazione, Bethesda sta procedendo con una rielaborazione del gioco in modo da adattarlo al meglio ai visori di realtà virtuale. “Da quando abbiamo mostrato per la prima volta la moderna VR con DOOM 3 BFG all’E3 2012, abbiamo sempre avuto una forte dedizione verso questa tecnologia, spingendoci sempre più in là”, ha dichiarato Hines, il vicepresidente del marketing e PR di Bethesda. “Al BE3 Plus, i partecipanti hanno avuto un assaggio di ciò che li attende, esplorando il mondo di Fallout 4, interagendo con il Pip-Boy del gioco e con Dogmeat, tutto in completa realtà virtuale. Se pensavate che la modalità Sopravvivenza fosse un’esperienza intensa... non avete visto niente”, ha concluso Hines. torna al sommario Arriva in estate a partire da 299 € di Francesco FIORILLO M icrosoft ha presentato ufficialmente anche la nuova Xbox One S. I rumor hanno trovato conferma, ma il colosso di Redmond ha divulgato qualche dettaglio in più. La console, che potrà contare su dimensioni ridotte del 40% rispetto a quelle della sorella “maggiore”, disporrà di un alimentatore interno, di un HDD da 2TB e sarà in grado di riprodurre video in 4K, compresi i nuovi Blu-ray Ultra HD. Il controller wireless potrà contare su un campo di azione più ampio e su di una migliore ergonomia. Xbox One S, la versione slim della console di casa Microsoft è attesa per il 31 agosto in tre diversi tagli di memoria anche in Italia. Le versioni disponibili: • Xbox One S (500 GB Bundle) - 299 euro • Xbox One S (1 TB Bundle) - 349 euro • Xbox One S (2 TB Bundle) 399 euro (solo in alcuni mercati) Project Scorpio è realtà La nuova console Microsoft sarà un mostro di potenza La nuova console arriverà a Natale 2017 Garantirà giochi in risoluzione 4K, il supporto completo ai visori VR e, grazie a una notevole potenza, offrirà un’esperienza “senza compromessi” di Francesco FIORILLO I rumor presenti già da diverso tempo hanno trovato una gradita conferma. Sul palco dell’E3 2016 Phil Spencer ha, infatti, concluso la conferenza Microsoft annunciando proprio la nuova generazione di Xbox One, nota con il nome in codice di Project Scorpio. Stando a quanto riferito dallo stesso Corporate Vice President e capo di Microsoft Game Studios, la nuova Xbox è pensata per superare sia i normali limiti generazionali, sia la solita concezione associata alle console. La GPU incastonata all’interno di Project Scorpio sarà talmente performante da garantire 6 teraflop di potenza computazionale, mentre la CPU sarà composta da 8 core. Confermata anche la possibilità di riprodurre giochi con una risoluzione 4K e la totale compatibilità con i visori Oculus Rift e HTC Vive. Project Scorpio sarà, inoltre, compatibile con tutti gli accessori e i giochi di Xbox One e Xbox One S e uscirà a ridosso delle festività natalizie del 2017. Durante il video di annuncio (clicca qui per vederlo), volti noti come Todd Howard di Bethesda hanno speso parole entusiaste per il progetto del colosso di Redmond, che riuscirà, ad esempio, nell’intento di far girare Fallout 4 in VR su una console da salotto. “Project Scorpio sarà la console più potente mai creata”, sono state le parole conclusive del boss della divisione Xbox. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE SOCIAL MEDIA La GIF mania che ha già invaso i social network sta per approdare su Whatsapp Arrivano le GIF animate su WhatsApp (forse) Pare che le immagini animate siano pronte a invadere anche le conversazioni di WhatsApp Secondo WABetaInfo tutto ciò sarà possibile con la prossima versione per dispositivi iOS L di Gaetano MERO e GIF, le immagini animate che impazzavano sui siti web negli anni ‘90, stanno conoscendo una seconda giovinezza grazie ai social network e ai servizi di messaggistica. Twitter, Facebook, Snapchat e molti altri ultimamente hanno aperto la strada a un nuovo modo di comunicare divertente dando la possibilità agli utenti di unire al testo ogni tipo di GIF animata. Una delle poche applicazioni rimaste finora fuori dalla “GIF mania” è stata Whatsapp, il servizio di messaggistica più utilizzato al mondo che può contare su oltre 1 miliardo di utenti. Tuttavia la situazione potrebbe cambiare molto presto. L’utente @WABetaInfo ha affermato sul proprio profilo Twitter che la prossima versione dell’applicazione per iOS permetterà di visualizzare di- Violati diversi account social di Zuckerberg È il creatore del più grande social network mondiale, uno dei principali artefici del web 2.0. Eppure, malgrado la sua genialità e la tecnologia di cui dispone, nemmeno Mark Zuckerberg sembrerebbe al riparo dalla minaccia hacker. La nota “ciurma” di pirati informatici che si fa chiamare OurMine (e vanta oltre 40.000 follower su Twitter), ha violato almeno 4 account del fondatore di Facebook: Instagram, Twitter, LinkedIn e Pinterest. Secondo le ultime indiscrezioni, la chiave d’accesso usata sarebbe stata “dadada”, impiegata da Zuckerberg come password unica per molti suoi profili social. Secondo il portale Engadget, che è riuscito a salvare qualche screenshot prima che i responsabili dei rispettivi social si precipitassero a rimuovere tutto, OurMine ha postato sul profilo Twitter del buon Mark “Hey @finkd, eri nel database di LinkedIn con la password ‘dadada’”; mentre su Pinterest è stato cambiato il suo nickname in ‘Hacked By OurMine Team’. In attesa delle dovute indagini, l’account Twitter di OurMine è stato prontamente sospeso. torna al sommario MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari Maria Chiara Candiago Alessandra Lojacono Simona Zucca rettamente le GIF animate all’interno delle conversazioni, così da non dover più ricorrere a un programma esterno per aprire l’immagine ricevuta. Nell’ultima versione beta per dispositivi iOS, la 2.16.7.1, sarebbe già possibile per alcuni utenti sperimentare la funzione inse- rendo semplicemente nel messaggio il link all’immagine in movimento. Whatsapp sarà in grado, inoltre, sempre secondo WABetaInfo, di salvare le GIF direttamente nella galleria del telefono. Al momento la società non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito. Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] SOCIAL MEDIA Uno storico traguardo per la piattaforma social Snapchat che ha superato Twitter Su Snapchat 150 milioni di utenti attivi ogni giorno Il successo è dovuto alle divertenti animazioni con cui modificare il proprio volto nei video di Gaetano MERO C on 150 milioni di utenti attivi ogni giorno Snapchat si rivela una delle piattaforme social più amate segnando uno storico sorpasso su Twitter. Bloomberg ha rivelato l’importante dato dopo aver ascoltato fonti interne alla società che in soli cinque anni è riuscita a guadagnarsi un posto in prima fila tra i sistemi più utilizzati per comunicare, soprattutto tra i giovanissimi. Già a novembre Snapchat poteva contare su 6 miliardi di visualizzazioni di clip ogni giorno, avvicinandosi alle visualizzazioni di un colosso come Facebook. Il successo di Snapchat è dovuto principalmente al modo divertente in cui si possono condividere con i propri amici o follower foto e video grazie a filtri ed effetti grafici o vere e proprie animazioni - funzionalità chiamata “Lenti” - che trasformano il volto in quello di un cane, coniglio, clown o qualsiasi altra cosa, in base alla fantasia degli sviluppatori, con risultati a dir poco esilaranti. Il servizio rende frui- bili i contenuti per 24 ore ed è anche questo uno dei motivi dell’imponente attività giornaliera dei suoi utilizzatori, dispone inoltre di una chat privata diventata famosa per la possibilità di inviare messaggi, immagini o clip che si autoeliminano dopo la visualizzazione. Twitter, che ha il doppio degli anni, ha dichiarato di avere attivi 310 milioni di utenti al mese, di cui però solo il 44% risulterebbe attivo giornalmente, poco più di 136 milioni nettamente inferiori agli utilizzatori di Snapchat. Nell’ultimo periodo Snapchat ha ricevuto le attenzioni da parte dello showbiz che inizialmente non aveva creduto molto nel fenomeno; sono dunque sbarcati sulla piattaforma numerosi profili ufficiali di gente famosa, di emittenti tv e testate provenienti da ogni ramo dell’editoria che continuano ad alimentare il successo del servizio attirando migliaia di nuovi fan ogni giorno. Clicca qui per vedere il video. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE HI-FI E HOME CINEMA Da Project Audio arriva una grande infornata di nuovi giradischi Giradischi Project Audio The Classic Aspetto tradizionale, tutto nuovo dentro The Classic sfoggia un look molto elegante ma in realtà è un progetto del tutto nuovo S di Roberto FAGGIANO empre più di moda il giradischi e il marchio austriaco Project Audio ne approfitta per lanciare addirittura una decina di nuovi modelli, alcuni solo aggiornamenti di modelli già esistenti, altri completamente nuovi. Tra questi ultimi spicca il The Classic (da 950 euro), davvero classico nell’aspetto perchè praticamente identico al Linn Sondek LP 12, ma completamente nuovo nel telaio e nel braccio. Il telaio prevede un sottotelaio sospeso ma non su molle come di consueto bensì su sei elementi in elastometro che isolano completamente piatto e braccio dalle vibrazioni del rumore. Il piatto è in alluminio pressofuso per migliorare la fluidità della rotazione, massima precisione anche per il perno centrale.Il braccio è tutto nuovo: la canna è realizzata con un materiale composto da strati di alluminio e carbonio; il cuscinetto del perno è a cardano, rea- lizzato in zircone appositamente in Giappone. Perfino il contrappeso è stato realizzato nello stesso elastometro della sospensione del controtelaio per minimizzare la massa. Per la testina Project offre l’opzione della fornitura di una Ortofon 2M Silver con un supplemento di soli 49 euro, si tratta di un modello realizzato in esclusiva per Project con avvolgimenti in argento. La finitura è disponibile in tre diverse essenze di legno: noce, palissandro e eucalipto. Il The Classic sarà disponibile dal mese di luglio. Tra gli altri giradischi annunciati da Project troviamo le versioni definitive del curioso modello Vertical (da 299 euro) che prevede appunto la collocazione in verticale del giradischi, ora disponibile anche nella versione per mancini e con trasmissione Bluetooth. Molto interessante il rinnovato Juke-Box E (399 euro) che è in pratica un sistema audio completo dato che sotto al giradischi si nasconde un amplificatore integrato da 2 x 25 watt, dotato di tre ingressi di linea per altre sorgenti e della connessione Bluetooth per riprodurre musica da smartphone e tablet. In pratica basta collegare dei diffusori e l’impianto stereo è pronto. Infine buona parte dei giradischi Project è ora disponibile con nuovo braccio a S e porta testina SME, questi modelli saranno disponibili più avanti con prezzi da definire. Per Teac il giradischi con il marmo suona meglio Una massa elevata riesce a smorzare meglio le vibrazioni dannose per la riproduzione M olti anni fa il dibattito su come realizzare un giradischi era molto acceso: da un lato chi puntava alla massima leggerezza e controtelai sospesi, dall’altro chi preferiva piatti e basi pesanti per togliere vibrazioni e favorire una velocità costante. Teac ha scelto quest’ultima soluzione per il suo TN 570 (1199 euro) che ha una base in pesante marmo e un piatto in acrilico trasparente. Questa speciale versione sfrutta la trazione a cinghia con circuito di controllo esclusivo PR S3, motore servo controllato ed è anche dotata di torna al sommario pre phono in modo da poter essere collegato direttamente a un amplificatore non predisposto con un ingresso per giradischi. Inoltre c’è anche uno stadio di conversione analogico/digitale per chi volesse riversare i propri vinili sul pc con qualità fino a 48kHz/16 bit, oppure l’uscita digitale ottica fino a 192 kHz/24bit per l’uso con convertitori esterni o amplificatori predisposti. La testina in dotazione e già montata sul braccio è una AudioTechnica AT100, un modello a magnete mobile che da solo vale circa 100 euro e richiede una pressione di lettura di 1,4 grammi, nelle foto ufficiali Teac è però raffigurata Due nuovi arrivi nella gamma Bose con cancellazione del rumore, una cuffia e un auricolare Bluetooth con NFC di Roberto FAGGIANO HI-FI E HOME CINEMA Il nuovo top di gamma tra i giradischi Teac ha il piano in marmo di Franco AQUINI Bose: la lotta al rumore diventa wireless una AT95E. Per chi volesse risparmiare qualcosa Teac propone il modello TN 550 (899 euro) con le stesse caratteristiche tecniche del modello superiore, ma senza lo stadio pre phono e il convertitore A/D. Bose ha presentato una cuffia e un auricolare Bluetooth con NFC. La cuffia Quiet Comfort 35 (380 euro) ha padiglioni avvolgenti, al loro interno si nascondono importanti progressi nel circuito di riduzione del rumore: ogni padiglione è dotato di due microfoni, uno interno e uno esterno. Il circuito è sdoppiato per i due padiglioni per migliorare le prestazioni. Sul padiglione destro ci sono tutti i controlli per gestire la musica e le telefonate oltre al controllo della connessione Bluetooth con NFC. Per la batteria viene adotata una unità ricaricabile che garantisce autonomia per circa 20 ore. La finitura è disponibile in colore nero oppure silver. L’auricolare Quiet Control 30 (300 euro) integra il circuito di riduzione del rumore nell’archetto da collo e per il circuito NC impiega sei microfoni miniaturizzati inseriti negli auricolari. L’intervento del circuito NC è regolabile tramite l’app Bose Connect, mentre un circuito di equalizzazione permette di regolare la resa della musica. L’autonomia della batteria è di circa 10 ore. Entrambi i modelli sono compatibili con i più diffusi assistenti vocali, come Siri. H75M7900 The technological choice of UEFA EURO 2016TM n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST Anno dopo anno Panasonic continua nella sua ricerca della qualità, realizzando TV dalle prestazioni sempre più elevate Panasonic DX900, un riferimento per le immagini IL DX900 offre un’immagine il più fedele possibile a quella pensata da regista. È il nuovo TV LCD da battere (anche nel prezzo) P di Roberto PEZZALI anasonic è da anni la scelta preferita degli appassionati che esigono non solo la più elevata qualità video ma anche la massima attenzione: il marchio giapponese, tradizionalista come sempre, si dimostra ancora una volta capace di ascoltare le richieste di quella nicchia di appassionati orfani del plasma che le altre aziende, più orientate alla massa, spesso trascurano. Il DX900 che abbiamo provato in queste settimane è la dimostrazione, difficile da digerire per molti, che purtroppo non è possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca: Panasonic ha realizzato un TV LCD spremendo la tecnologia ai massimi livelli, forse all’eccesso, ma tutta la cura maniacale nel trattare ogni singolo aspetto si riflette su un prezzo di listino che oggi è tra quelli più elevati che si possano registrare sul mercato, 3.999 euro la versione da 58” e 4.999 euro quella da 65”. L’obiettivo, dichiarato ormai da un paio d’anni, è riuscire a fare con l’LCD quello che un tempo Panasonic ha costruito con il plasma, un TV capace di un immagine dotata di un contrasto super e di colori fedeli, il tutto condito da un pannello 4K HDR per stare al passo con i tempi. Non mancano ovviamente tutte le regolazioni video per poter sfruttare al massimo ogni più piccolo aspetto del TV, anche se come già visto in altri casi c’è davvero da perdere le testa nei lunghissimi e dettagliatissimi menù che gli ingegneri giapponesi hanno lasciato disponibili per gli utenti. Perché scegliere il DX900 rispetto ad uno dei tanti TV 4K presenti sul mercato con funzione HDR? Panasonic ad oggi è l’unica che realizza un LCD da 58” con un pannello da 10 bit Full LED Local Dimming a 512 zone, i principali competitor restano sulla tecnologia Edge LED, meno indicata per l’HDR. Trascurando l’OLED, l’unico TV che potrebbe davvero giocarsi il trono di TV LCD dell’anno è il top di gamma Samsung K9500, disponibile tuttavia solo nella versione da 65” in Italia. Meno apparenza e più sostanza Chi vuole un TV di design deve guardare altrove: il DX900 non è sicuramente il più bel TV fatto da Panasonic, ma l’azienda giapponese ci ha spesso abituato a una linea molto sobria ed essenziale senza troppi fronzoli e inutili orpelli. Parte della grossa base ad arco viene nascosta interamente dietro la mole del TV, che sembra così appoggiato su due piccoli piedini torna al sommario video lab Panasonic TX-58DX900E 58” 3.999,00 € LA QUALITÀ È DAVVERO ECCELSA, MA HA UN PREZZO Con il DX900 Panasonic dimostra che non è solo la tecnologia a fare la differenza: che sia un plasma, un OLED o un LCD come in questo caso l’azienda di Osaka riesce sempre a tirar fuori la miglior immagine possibile. Il DX900 non è un TV per tutti, e non solo per il costo comunque elevato: è un TV completo e complesso, dedicato ad un utente appassionato con la cultura della qualità che tra OLED e LCD ha scelto LCD. La retroilluminazione Full LED Local Dimming inoltre sembra essere ad oggi l’unico modo per poter godere della miglior resa HDR su un TV LCD, e in qualche frangente sembra che persino le 512 zone del DX900, un record, non siano sufficienti a gestire le scene più impegnative senza mostrare un po’ di blooming. In ogni caso ci troviamo davanti ad un TV capace di offrire una qualità di visione davvero eccelsa, e la cosa che più stupisce è il fatto che, nonostante le complesse e numerose possibilità di impostazione offerte dai menu, basta selezionare la modalità THX per essere completamente appagati dall’immagine offerta. 8.7 Qualità 10 Longevità 9 Design Qualità eccezionale con 4K e HDR COSA CI PIACE Calibrazioni di fabbrica tra le migliori Completezza dei menu disposti ai fianchi: il pannello non ha segni particolari, anzi, visto dal fianco è sicuramente più spesso della maggior parte dei TV in commercio e Panasonic sembra non essersi interessata particolarmente al lato B lasciando un design “industriale”. Nella parte alta trovano spazio una serie di ventole, ben sei, destinate al raffreddamento dei LED che in modalità HDR spingono parecchio scaldando non poco. Nessun problema comunque per le ventole: si sentono solo da vicino e entrano in funzione solo quando la temperatura passa un certo limite. 7 Semplicità 8 D-Factor 9 Prezzo 7 Effetto blooming in alcune situazioni COSA NON CI PIACE Upscaling dell’SD non impeccabile Prezzo elevato per un LCD Le connessioni sul retro sono nascoste sotto un pannello in plastica è come da abitudine ci troviamo davanti ad un set completo e funzionale. Ci sono ben quattro porte HDMI dotate di HDCP 2.2, capaci di gestire senza problemi segnali 4K a 60Hz, c’è un assortimento di USB e c’è pure lo slot per la doppia CAM, utilissimo per poter tenere contemporaneamente il modulo di Mediaset Premium e il modulo di Tivù Sat. In dotazione con il televisore vengono forniti due telecosegue a pagina 32 n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST Panasonic TX-58DX900E mandi, uno classico e uno con touchpad. Quest’ultimo è pensato per gestire al meglio l’interfaccia smart basata su Firefox OS, funziona tramite Bluetooth quindi non deve essere puntato al televisore e include anche il microfono per i comandi vocali, ma senza dubbio tra i due è quello tradizionale il più comodo. Siamo davanti ad una versione “deluxe” del telecomando che Panasonic da anni utilizza per i TV, retroilluminato e con finitura metallica. Al centro campeggia il tasto per richiamare direttamente Netflix, che su questo TV funziona in modalità 4K e HDR. Disponibile anche un’app per immettere testi e per gestire il TV da smartphone o tablet. ha un buon trattamento antiriflesso anche se come la maggior parte dei filtri frontali usati per aumentare il contrasto l’angolo di visione non è impeccabile: oltre i 25/30° dall’asse perfetto di visione non solo la resa cromatica cambia leggermente ma aumenta la luminosità e il blooming emerge anche in scene non particolarmente difficili. Panasonic dichiara per il pannello una copertura quasi totale dello spazio colore DCI-P3 e una luminosità di 1000 nits, ma la luminosità di picco che abbiamo misurato è leggermente più elevata, 1153 nits. Ogni pannello viene precalibrato di fabbrica, anche se continua la pessima abitudine di impostare il TV in una modalità “standard” totalmente sballata. Per fortuna nel menù è possibile scegliere tra diverse regolazioni, e chi non ha la possibilità di effettuare una calibrazione professionale può tranquillamente prendere come riferimento THX Cinema per la visione in un ambiente totalmente oscurato e THX Bright Room in condizioni standard. Queste due modalità sono davvero accurate, ma intervenendo sui controlli della modalità professionale si può ottenere ancora di più. Chi spende tanto per un TV di questo tipo a nostro avviso dovrebbe investire su un sistema di calibrazione di un certo livello: Calman 5, che abbiamo utilizzato per le misure del TV, è in grado di controllare nella sua ultima build la serie DX di Panasonic effettuando una calibrazione automatica che porta il TV ad un livello di assoluto riferimento. Qui sotto è possibile vedere il risultato finale. Il pannello 4K HDR dei miracoli Mille regolazioni servono davvero? Il Panasonic DX900 è stato il primo TV a ricevere la certificazione Ultra HD Premium della Ultra HD Alliance e il primo mattone è il pannello a 10 bit da 58” VA prodotto da Chimey Innolux, scelta questa necessaria per partire già con un ottimo contrasto nativo. Dietro il pannello la retroilluminazione è gestita con un array di LED davanti ai quali viene posto un particolare filtro a nido d’ape che dovrebbe ridurre il blooming, ovvero la percezione a schermo delle singole zone. Siamo riusciti in occasione di un evento a fare uno scatto di questo filtro composto da due elementi, una base alveolare dove i LED sono racchiusi in piccole cellette e una griglia frontale con una foratura studiata per ottimizzare la distribuzione del flusso luminoso rendendolo uniforme. Panasonic ha curato in modo particolare la retroilluminazione gestendo 512 differenti zone che in realtà corrispondono ai 512 LED utilizzati in una griglia di 32 x 16 LED: se un tempo i TV local dimming utilizzavano migliaia di LED gestiti in gruppi, Panasonic riesce a usare meno LED più luminosi e grazie alla griglia riesce a evitare una visione a macchie. Il pannello Fino a quanto è giusto spingersi per raggiungere la migliore qualità possibile? E’ evidente che per un appassionato le regolazioni video sono sempre apprezzate, ma sul DX900 Panasonic ha inserito una quantità tale di opzioni controllabili da far girare la testa. La presenza dell’HDR, ad esempio, ha portato alla comparsa di una serie di opzioni legate alle porte HDMI come la possibilità di impostare manualmente lo spazio colore e di attivare la ricezione dei metadati HDR. Quest’ultima possibilità l’abbiamo trovata abbastanza fastidiosa a dire il vero: il TV non riconosce automaticamente un segnale HDR da un Blu-ray Ultra HD collegato e bisogna selezionare la porta specifica attivando la modalità segue Da pagina 31 HDR. Fatto questo è anche necessario intervenire sul altre impostazioni per eliminare problemi di posterizzazione dell’immagine e di trasmissione audio e video. Passi il fatto che HDR e Blu-ray Ultra HD sono novità, ma ci piacerebbe che tutto venisse fatto in modo automatico. Navigando tra i ramificati menu l’utente si troverà davanti ad un elevato numero di opzioni spesso incomprensibili per chi non è esperto, ma fortunatamente le cose su cui serve davvero intervenire non sono moltissime. Firefox OS semplice da usare e piacevole Riuscirà a progredire? Il DX900 Panasonic utilizza, almeno per la parte smart TV, il sistema operativo Firefox TV insieme allo stesso processore quadcore già usato lo scorso anno per spingere l’interfaccia creata da Mozilla. Firefox è piacevole e anche abbastanza veloce, con una navigazione intuitiva basata fondamentalmente su tre grosse azioni (TV, Apps e Dispositivi) che possono essere arricchiti dall’utente con altre app da “attaccare” alla home. Abbiamo scritto “almeno per la parte smart” perché di fatto Firefox OS è una sorta di layer che viene avviato su quello che è il classico sistema operativo delle TV Panasonic da alcuni anni a questa parte, come testimoniano la grafica dei menu e la stessa interfaccia della parte TV. Una grafica che è stata leggermente svecchiata, ma che in certi ambiti mostra comunque tutti i suoi anni. La scelta di Firefox probabilmente non è stata una scelta vincente: Panasonic è l’unica a sostenere questo formato e le poche app disponibili lo dimostrano, anche se alla fine si è visto che in molti casi una chiavetta come Chromecast basta e avanza. Il TV non integra la funzione Google Cast, ma una versione preliminare di piattaforma Google che permette di inviare sullo schermo per esempio un video di Youtube lanciando l’app corrispondente: poca cosa se si considera quello che offrono oggi altre piattaforma, ma come abbiamo già detto Chromecast costa poco. L’unica cosa utile oltre a Infinity è Netflix, e per fortuna l’app è stata aggiornata per gestire 4K e HDR: altro, onestamente, non serve. Il TV dispone anche di un buon player per file video che riproduce praticamente ogni formato, HEVC incluso. segue a pagina 33 torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Il marchio di Taiwan punta molto sul mercato dei proiettori con un nuovo prodotto dalle specifiche high-end Acer pensa anche all’home cinema: ecco il proiettore 4K Tra i punti di forza del nuovo videoproiettore Acer V9800 ci sono la riproduzione in 4K e una resa molto fedele dei colori S di Dario RONZONI i chiama V9800 il nuovo proiettore per Home Cinema che Acer ha presentato in anteprima nel corso del Computex Taipei 2016, peraltro senza mostrarlo direttamente al pubblico in quanto ancora sotto forma di prototipo. Acer, terzo produttore mondiale di proiettori, con il V9800 intende posizionarsi con ancor più forza nel segmento, e i dettagli illustrati alla stampa rendono evidente il desiderio di spingere il più possibile il nuovo prodotto. Dotato di un processore TI 4K DMD, il V9800 visualizza oltre 8 milioni di pixel, ben quattro volte quelli dei proiettori con definizione Full HD. Oltre alla riproduzione in 4K, il device promette anche un buon upscaling di contenuti a risoluzione inferiore, grazie al motore grafico integrato. Il V9800 supporta lo spazio colore Rec 709 ed è dotato di tecnologia Acer ColorPurity che, tramite l’utilizzo combinato di una particolare ruota colore e di un controllo esclusivo della lampada, riduce l’effetto rainbow e consente - secondo le indicazioni dell’azienda - la riproduzione di colori più vividi e brillanti. TEST Panasonic TX-58DX900E segue Da pagina 32 HDR fantastico, resta un po’ di blooming Bastano pochi minuti con un normale blu-ray e il TV impostato su THX Cinema per rendersi conto che siamo davanti ad un nuovo riferimento nel campo degli LCD. Il contrasto nativo del pannello è già ottimo per chi si siede in posizione frontale e il contributo dato dalla retroilluminazione dinamica aiuta e non poco. Come sempre prima di passare a sorgenti esterne spendiamo un po’ di tempo sui canali televisivi classici, accolti da una interfaccia Panasonic che rispetto agli scorsi anni non ha subito rivoluzioni. Il DX900 non fa sconti qui, restituendo pari pari a chi sta guardando il TV la pessima qualità che caratterizza la maggior parte delle trasmissioni TV italiane: il TV non ha uno scaler eccezionale, e nonostante le molteplici possibilità di intervento a livello di riduzione rumore e artefatti l’immagine, comunque pessima, non sembra goderne. Qui si poteva lavorare meglio, dato che siamo di fronte comunque ad un TV, ma ovviamente non si possono fare miracoli nel portare un segnale SD in 4K. Migliore la situazione se la base di partenza è già buona: un segnale blu-ray, quindi 1080p con spazio colore torna al sommario Completa il tutto un livello di rumore estremamente ridotto, nell’ordine dei 20 dBA. Non ci sono ancora indicazioni sul prezzo REC.709 e in SDR, mette in mostra tutta la bontà del pannello che grazie al tipo di retroilluminazione è non solo uniforme ma del tutto privo di spurie o coni di luce agli angoli. Come abbiamo scritto la calibrazione del pannello scegliendo il profilo corretto è più che eccellente: ottimo controllo sia delle alte sia delle basse luci, banding praticamente assente (lo abbiamo notato solo in alcune clip in 4K di partite di calcio) e un’ottima risoluzione delle immagini in movimento. Qui Panasonic ha percorso la stessa strada di Samsung e LG, permettendo finalmente un controllo più granulare dell’Intelligent Frame Creation: si può controllare in modo preciso il moto e la generazione dei fotogrammi intermedi senza il rischio di trovarsi di fronte ad un fastidioso effetto telenovela. Se con l’HD si inizia a intravedere l’incredibile lavoro fatto da Panasonic insieme a THX e all’Hollywood Quality Labs, è solo con il 4K che il nuovo processore Studio Master HCX+ riesce a dare il suo meglio: abbiamo utilizzato come sorgente il blu-ray Ultra HD Panasonic e Netflix e in entrambi i casi il TV centra l’obiettivo che Panasonic si era prefissata, ovvero quello di creare un monitor di riferimento che potesse visualizzare in modo fedele e preciso quello che è stato inciso su disco. L’immagine è una, inutile girarci attorno, ed è quella che il regista e il direttore della fotografia hanno pensato: questo TV con il profilo THX Cinema riesce ad avvicinarsi molto all’immagine master, e bastano davvero pochi ritocchi per centrare il bersaglio. Ecco perché ci siamo chiesti se valeva davvero la pena offrire tutte quelle regolazioni agli utenti: Panasonic avrebbe potuto benissimo eliminare il 99% delle impostazioni video lanciando un messaggio chiaro: “Questo TV è stato calibrato di fabbrica per offrire la miglior qualità video possibile e restituire un’immagine il più fedele possibile all’originale. Non devi toccare di vendita del prodotto e sulla data di release, dettagli che non sono stati forniti in fiera ma verranno rivelati più avanti. nulla, solo sederti sul divano e goderti lo spettacolo”. L’unico aspetto criticabile è il famigerato effetto “blooming” che la tecnologia local dimming si porta dietro da tempo: Panasonic ha provato a ridurlo, ma non è sparito del tutto ed emerge soprattutto su titoli di testa o di coda, in scene molto buie se si usano i sottotitoli, se si guarda il TV da un angolo superiore ai 20° e se si attiva l’HDR. Questa ultima è una situazione molto particolare: il TV spinge la luminosità al massimo e questo rende l’effetto più visibile in determinate scene, situazioni dove anche i bravissimi ingegneri giapponesi sono costretti ad alzare bandiera bianca. Ci riferiamo ad esempio ad alcune scene finali di The Martian e ad alcuni spezzoni di Mad Max, brevi sequenze che solo un OLED probabilmente riesce a riprodurre senza problemi senza però brillare per luminosità di picco. The Martian è forse il disco migliore per poter godere al meglio di fronte a questo TV: si può apprezzare a pieno la ricchezza cromatica dell’immagine, con rossi più accesi e vividi, e lo spunto di luminosità offerto dal DX900 in alcune circostanze, dai riflessi di luce sui pannelli solari al bagliore generato dall’accensione dei motori del MAV usato per lasciare il pianeta rosso. Ottima anche la resa con Mad Max, complice anche una fotografia molto particolare. Una nota infine su tre aspetti che non devono passare assolutamente in secondo piano: il cabinet più largo permette a Panasonic di inserire nel TV un sistema audio leggermente più dimensionato di quello usato in altri TV Edge LED, e la differenza di sente tutta. Buona la pressione sonora, con un discreto lavoro anche sulle basse frequenze grazie ad un radiatore passivo. Il modello da 58” provato stupisce anche nei consumi: Panasonic dichiara un valore ben più alto di quello che effettivamente il TV consuma in modalità THX Cinema, circa 110 watt di media nella versione da 58”. Il consumo ovviamente sale in modalità HDR, e qui si toccano anche i 400 watt di picco. Buono anche l’input lag, attorno ai 40 millisecondi: stranamente la modalità game non impatta sulla latenza di ingresso, mentre inserendo l’Intelligent Frame Interpolation si toccano i 60 ms. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST La versione “Plus” costa solo 299 euro ed è “solida” in ogni comparto; ma il design potrebbe non piacere a tutti Moto G4 Plus, Android “puro” al giusto prezzo Lenovo non ha stravolto la filosofia della serie G di Motorola, il nuovo G4 Plus è un ottimo dispositivo di fascia media Q di Vittorio Romano BARASSI uando arrivò il primo Moto G, a fine 2013, Motorola - allora ancora “pezzo pregiato” del portfolio Google - seppe conquistare il mercato dei dispositivi Android di fascia media puntando tutto su un dispositivo capace di prestazioni di tutto rispetto e basato su Android in versione quasi-stock. Il giusto mix tra performance generali, componentistica di buon livello e, soprattutto, prezzo decisamente allettante ha fatto sì che Moto G si imponesse come uno dei principali punti di riferimento del settore e le due generazioni successive, seppur con meno “impatto”, hanno seguito le orme del capostipite. Dopo due anni e mezzo è giunto il momento della quarta generazione e anche per questo 2016 gli ingredienti sono gli stessi: design sobrio, hardware competitivo e prezzo aggressivo. La novità dell’anno, semmai, è lo “sdoppiamento” di personalità che Lenovo ha voluto donare alla gamma sulla scia di quanto stanno già da tempo facendo i concorrenti: ecco dunque una versione normale e una plus, con quest’ultima, probabilmente la più interessante, oggetto della recensione. Il design non dà nell’occhio Sobrio, fin troppo Estratto lo smartphone dalla scatola si capisce immediatamente di che pasta è fatto il Moto G4 plus: la sensazione di solidità è chiara ma la percezione di qualità non convince appieno. Non che lo smartphone sia fatto male, ma esteticamente il frame metallico e la back cover in plastica non sembrano sposarsi alla perfezione e funzionalmente non ci siamo ancora spiegati il perché di una copertura posteriore rimovibile a fronte di una batteria non sostituibile. Gli agganci sono comunque molto solidi e non vi sono scricchiolii fastidiosi; nascosti dalla back cover vi sono lo slot micro SD per l’espansione della memoria e due alloggiamenti micro SIM nei quali sono inseriti (dalla fabbrica) altrettanti adattatori per schede nano SIM. Tasto di sblocco e bilanciere del volume sono sul lato destro del dispositivo, con il primo zigrinato e quindi facilmente raggiungibile, una comodità non da poco soprattutto per chi è abituato a un layout dei pulsanti invertito. La porzione inferiore è contraddistinta dall’ingresso micro USB e da una piccola feritoia dalla quale partire per rimuovere la cover posteriore; in alto c’è il jack da 3.5’’ per le cuffie mentre video lab Lenovo Moto G4 Plus 299,00 € COMPLETO, POTENTE E AFFIDABILE MOTO G4 PLUS È ESATTAMENTE COME DEVE ESSERE Non sarà lo smartphone più bello al mondo, ma Moto G4 Plus è proprio lo smartphone che ci aspettavamo. Lenovo ha saputo progettare e mettere a disposizione dei consumatori un prodotto “a tutto tondo”, con molte frecce al proprio arco e pochissimi punti deboli. Prestazioni, autonomia e UI “stock” sapranno conquistare i puristi Android, mentre la fotocamera tutt’altro che convincente terrà lontano gli amanti delle buone fotografie. Il prezzo è allineato alle specifiche, al segmento e a quanto effettivamente offre il dispositivo; 299 euro di listino sono un ottimo punto di partenza per un dispositivo che, inevitabilmente, “perderà” qualche euro sul mercato e diverrà ancor più appetibile. In pochi mesi diventerà uno dei dispositivi Android più venduti. 8.1 Qualità 8 Longevità 8 Potente e affidabile COSA CI PIACE Ottima autonomia Rapporto qualità-prezzo Design 7 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE il lato sinistro è sgombro. Posteriormente, sopra il logo Motorola, c’è spazio per la fotocamera principale, circondata dal flash dual-tone e dal sensore IR per la messa a fuoco. Lo smartphone ha dimensioni nella media della categoria (153 x 76.6 millimetri) con uno spessore non proprio contenuto (9.8 mm) e un peso di 155 grammi, che però sembrano anche di più a causa di un non proprio perfetto bilanciamento delle masse. Volendo tirare le somme sul design di Moto G4 Plus, potremmo dire che questo non è uno smartphone di cui ci si può innamorare al primo incontro; per qualcuno magari ci sarà un colpo di fulmine, ma siamo certi che chi sce- D-Factor 8 Prezzo 9 Design fin troppo anonimo Fotocamera non esaltante NFC mancante glierà questo device lo farà soprattutto per quello che è in grado di offrire in tutti gli altri comparti. Schermo equilibrato Sensore di impronte fenomenale Come ormai ogni medio-gamma che si rispetti, anche Moto G4 Plus è equipaggiato con un buon display Full HD (1920x1080 pixel) da 5,5’’. Il pannello è molto ben bilanciato ed offre colori realistici, buona luminosità massima (neri così così) e, grazie all’IPS, angoli di visione più che soddisfacenti con i colori - forse leggermente caldi - che tendono a schiarirsi ad angoli di visione abbastanza “spinti”. Sicuramente non è il miglior display che abbiamo potuto apprezzare tra gli smartphone, ma su un dispositivo da 300 euro sarebbe davvero pretenzioso desiderare qualcosa di meglio. Potrà semmai piacere meno il fatto di avere tasti a schermo - fattore che alla fine “restringe” lo spazio a disposizione - ma Lenovo, con questo LCD (oltretutto “tarabile” su due diverse modalità di colore, Normale e Vivace), ci ha preso in pieno. Precisissimo il sensore di luminosità ambientale. Dinanzi al buon display c’è spazio per un vetro Gorilla Glass 3 di Corning, il quale si perde nei bordi della scocca segue a pagina 35 torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST Lenovo Moto G4 Plus segue Da pagina 34 metallica senza particolari raffinatezze; niente trattamento “2.5D” dunque, ma semplicemente il più classico “bordo tagliente” con un leggero gap tra vetro e bordi. In alto c’è spazio per la cassa auricolare che fa pure da altoparlante principale, con a fianco la fotocamera secondaria da 5 megapixel; ci pare giusto fare un appunto sullo speaker: è in grado di produrre un suono dalla buona potenza, ma abbiamo potuto riscontrare anche qualche micro distorsione in alcune situazioni. Nessun problema invece con le cuffie. Impossibile, invece, trovare difetti al nuovo sensore di impronte digitali che Lenovo ha scelto di installare sui nuovi Moto G; il sistema di riconoscimento biometrico è precisissimo e veloce, probabilmente il più rapido che ci sia mai capitato di testare. Il sensore è posto sotto lo schermo, in rilievo; non funge da tasto fisico e questo a volte disorienta un po’ perché la tendenza è sempre quella di ricercare con il pollice il tasto home, che però è a schermo. Otto core con Android 6.0.1 “stock” a dirigere l’orchestra Sono lontanissimi i tempi in cui Android andava “a scatti” anche su qualche top di gamma: oggi pure con un hardware di medio livello il sistema operativo mobile di Google si muove alla grande e non c’è da stupirsi se con otto core a disposizione le prestazioni sono di assoluto livello. Lo Snapdragon 617 di Qualcomm sembra cucito alla perfezione per questo dispositivo e i 2 GB di RAM non paiono quasi mai rappresentare un limite con Android Marshmallow; forse un giga in più di memoria avrebbe aiutato nelle situazioni più complesse e in prospettiva futura, ma torniamo sempre allo stesso punto: Moto G4 Plus non vuole essere un top di gamma, e quindi va più che bene così. Lenovo non ha voluto stravolgere l’esperienza d’uso che da sempre contraddistingue i dispositivi Moto G: siamo dinanzi ad un device con Android 6.0.1 praticamente “stock”, dunque l’utente si ritroverà tra le mani uno smartphone con l’anima dei migliori Nexus in circolazione. Mai un rallentamento, navigazione web sempre veloce, apertura della app e multitasking di livello e una sensazione di ottimizzazione generale che fa davvero piacere. Qualche “critica” però possiamo farla: manca un LED di notifica e non c’è la possibilità di sbloccare il display con un doppio tap (sul Plus non è una grande mancanza per via del sensore biometrico, ma sulla versione “base” è una pecca); ci sono invece Moto Display e Moto Ac- tions: la prima funzionalità attiva il display al movimento mentre la seconda permette di effettuare gesture per attivare la torcia (scuotendo lo smartphone), accendere la fotocamera (ruotandolo più volte), impostare la modalità “non disturbare” (mettendolo “pancia sotto”) oppure silenziarlo quando si sta ricevendo una chiamata (sollevandolo). Sono cose utili di sicuro, ma probabilmente avremmo preferito fossero affiancate dalle “mancanze” segnalate in precedenza. La versione da noi testata era provvista di uno spazio di storage fisico di soli 16 GB, con circa 5,18 di essi occupati dalla piattaforma Android. In passato probabilmente sarebbe stato un problema convivere con così poco spazio ma oggi, grazie a Marshmellow e allo slot micro-SD a disposizione non è più così: inserendo una qualsiasi memoria esterna si può tranquillamente espandere lo spazio per file multimediali e soprattutto app, poiché l’ultima versione di Android permette di “assimilare” lo spazio esterno al fine di renderlo un’unica cosa con quello interno. Insomma, basta una scheda microSD veloce per non accorgersi di nulla. Per quanto concerne la multimedialità, Moto G4 Plus conferma le impressioni di assoluta solidità palesate in tutti gli altri frangenti; grazie alla GPU Adreno 405 si può tranquillamente giocare ad ogni gioco presente sullo store al massimo dettaglio e a framerate più che soddisfacenti. Nella riproduzione video non siamo riusciti a vedere filmati in 4K ma lo smartphone permette di riprodurre clip 1080/60p senza alcun problema. In ogni caso meglio procurarsi un lettore video di terze parti e, nel caso non amiate Google Foto, anche un’app che funga da “Galleria”. La fotocamera si difende bene Ma non è il pezzo forte Per Lenovo la fotocamera da 16 megapixel di Moto G4 Plus è uno dei punti di forza del dispositivo ma, secondo la nostra opinione, il modulo principale installato a bordo di questo smartphone tende ad essere più il tallone d’Achille del prodotto. Attenzione, Moto G4 Plus non fa brutte foto, ma la sensazione è che la fotocamera faccia fatica a mettersi a livello di tutto il resto del “pacchetto”. In condizioni ottimali le fotografie risultano ben dettagliate, con colori fedeli alla realtà e con una messa a fuoco laser precisa e veloce. Appena si prova a mettere in difficoltà il sensore, però, emergono tutti i limiti di una fotocamera di livello medio: con poca luce irrompe il rumore (e il flash non è molto potente) e anche il comparto ottico sembra non essere fenomenale, con un certo grado di flare che quasi sempre va a condizionare scatti che all’apparenza (sul display del telefono) possono sembrare perfetti. Ci saremmo aspettati I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento torna al sommario di più, ma non ci sentiamo di condannare Lenovo per questo: il modulo è più che sufficiente ed è adeguato al posizionamento di mercato dello smartphone. Se le foto non ci hanno convinto appieno, non possiamo che dire lo stesso dei video: Moto G4 Plus registra clip a 1080/30p assolutamente nella media. Stando bene attenti a tenere fermo il dispositivo ci si potrebbe anche togliere qualche soddisfazione, ma chi cerca un camera phone capace di catturare buoni video deve necessariamente guardare altrove (e spendere di più). Tutt’altro che memorabile, infine, il modulo frontale da 5 megapixel con lenti f/2.2; per i selfie da pubblicare su Facebook o Instagram, comunque, basta e avanza. Il software della fotocamera è molto semplice e permette ben poche impostazioni e personalizzazioni; non che se ne senta il bisogno, ma qualche opzione in più probabilmente avrebbe fatto comodo. Ottima batteria e ottimo dual SIM Manca il chip NFC 3000mAh bastano ed avanzano a Moto G4 Plus per portare l’utente a fine giornata…e anche oltre. Complice lo schermo non assetato, l’ottimizzazione di Android 6.0.1 e componenti hardware tutt’altro che avide di energia, lo smartphone è capace di stupire sul fronte dell’autonomia. In giornate con un utilizzo “d’ufficio” (insomma, senza giochi) siamo arrivati spesso con quasi il 50% di carica a sera; ovviamente spremendo la GPU il consumo sale notevolmente ma mai in maniera preoccupante e il retro del dispositivo non scalda mai eccessivamente. Come abbiamo scritto in precedenza, risulta inspiegabile la scelta di proporre una cover posteriore rimovibile e una batteria integrata non sostituibile; ma così è. Per ricaricare il dispositivo si può fare affidamento su un caricatore rapido Quick Charge 3.0 capace di donare sei ore di autonomia (a occhio e croce, il 25% di batteria) con soli 15 minuti di ricarica. Dopo i primi cicli di carica, per arrivare al 100% di batteria partendo da un buon 10-15% di autonomia residua, ci si impiega circa un’ora e mezza. Moto G4 Plus è uno smartphone provvisto di un’ottima porzione telefonica; la ricezione è ai massimi livelli e il telefono “prende” bene anche dove altri non ricevono alcun segnale. Eccellente è la gestione delle due possibili SIM, entrambe con possibilità di agganciare bande 4G/LTE; l’audio prodotto in cuffia auricolare è di buona qualità, il vivavoce è potente (ma, come anticipato, a noi “gracchiava” un po’) così come la vibrazione associata alla suoneria. Non mancano Wi-Fi “n” e Bluetooth 4.1 LE, mentre purtroppo è assente un chip NFC. Presenti GPS, GLONASS e pure la radio FM. n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST Abbiamo provato la rivoluzionaria realtà virtuale interpretata da HTC e Valve per poterne capire a fondo pregi e difetti HTC Vive, la magia di sognare a occhi aperti La realtà virtuale è qui e niente sarà più come prima, nel gaming, nell’entertainment ma anche in molti altri settori di Paolo CENTOFANTI a realtà virtuale è finalmente qui e, per molti versi sorprendentemente, è HTC a portarla per la prima volta nelle nostre case, in modo così vicino alla visione originale di quando per la prima volta si cominciò a parlarne sul finire dell’onda Cyperpunk negli anni ’90. A differenza dell’altrettanto chiacchierato Oculus Rift, HTC Vive nasce fin dall’inizio con la missione non solo di permetterci di immergerci in un mondo virtuale, ma anche di spostarci liberamente (o quasi) in esso, seguendo i movimenti del nostro corpo nel mondo reale. Per far questo HTC e Valve, partner fondamentale del produttore taiwanese nello sviluppo del Vive, hanno realizzato una soluzione che è leggermente più complessa di quella di Oculus, ma che promette anche molto di più. HTC Vive è composto non solo da un visore per la realtà virtuale e da due sofisticati controller, ma anche da un sistema di due telecamere laser (base station o fari, come li definisce HTC) che hanno il compito di tracciare il movimento del giocatore all’interno della stanza. HTC Vive supporta un’area che può avere una dimensione massima di 5 metri di diagonale, pari alla massima distanza consigliata per le due base station, sufficiente per coprire interamente una stanza di circa 12 metri quadri, e darci così l’impressione di poterci muovere liberamente nel mondo virtuale. L Un primo ostacolo: i requisiti hardware Prima di procedere oltre è bene tenere in mente una cosa: la realtà virtuale richiede una grande potenza di calcolo; non è una mera questione di qualità grafica delle immagini che verranno visualizzate sul visore, ma soprattutto di latenza. Affinché l’illusione di immersione funzioni, è fondamentale che il ritardo tra i nostri movimenti (della testa, delle mani che stringono i controller, gli spostamenti nella stanza) e le immagini renderizzate sullo schermo del visore sia ridottissimo. Se il ritardo venisse percepito anche solo a livello subliminale dal nostro cervello, insorgerebbe la nausea e un malessere del tutto simile al mal di mare. Pertanto non ci sono scorciatoie. Per apprezzare la realtà virtuale occorre un PC con almeno le seguenti caratteristiche tecniche: • GPU: NVIDIA GeForce GTX 970 o AMD Radeon R9 290 equivalente o migliore • CPU: Intel Core i5-4590 o AMD FX 8350 o migliore; • RAM: 4GB o superiore • Uscita video: HDMI 1.4 o DisplayPort 1.2 o superiore • USB: 1x USB 2.0 o superiore • Sistema operativo: Windows 7 SP1 o superiore Questi sono i requisiti minimi, ma per la maggior parte dei giochi già presenti su Steam vi occorreranno almeno 16 GB di RAM e una scheda grafica GTX980, mentre un Core i7 e 32 GB sono altamente consigliati. Una porta USB 3.0 è consigliata per utilizzare la videocamera integrata nel Vive. Un notebook di pari caratte- video ristiche ma con scheda video “mobile” non è in grado di supportare l’HTC Vive (né l’Oculus Rift) e se proprio un PC portatile è una scelta obbligata, allora l’unica soluzione è costituita dai, per ora pochi (e costosissimi), notebook per il gaming dotati di scheda video NVIDIA GTX980 desktop (non la GTX980m quindi). Per la nostra prova abbiamo utilizzato proprio uno di questi, l’impressionante MSI GT72, con 32 GB di RAM, Core i7 e appunto scheda NVIDIA GTX980. Nella scatola: molto di più di un visore All’interno della confezione troviamo come prima cosa un bel foglio con la guida rapida all’installazione e tutti i componenti del sistema che tra cavi, dispositivi, alimentatori e adattatori, non sono pochi. Se fino ad oggi qualcuno si è chiesto perché occorra un PC così potente per l’HTC Vive (o l’Oculus Rift), uno sguardo dentro la confezione del visore di HTC dà un’idea del fatto che ci troviamo di fronte a qualcosa di più complesso. Si comincia con le due base station, che sono corredate di apposite staffe, per le quali sono forniti in dotazione viti e tasselli per fissarle alle pareti. Ognuna ha il suo alimentatore e in dotazione troviamo anche un lungo cavo che opzionalmente può essere utilizzato per collegare tra loro le due base station (torneremo su questo nella fase di installazione). Troviamo quindi i due controller wireless (le nostre mani virtuali), con altrettanti cavetti micro USB/USB e alimentatori. Il visore vero e proprio ha un lungo “serpente” di cavi HDMI e USB che esce dalla parte superiore e andrà collegato al PC tramite un piccolo box che a sua volta è fornito di alimentatore. Per il collegamento di quest’ultimo pezzo del puzzle al PC sono forniti in dotazione mini cavetti HDMI e USB. Chiude la lunga panoramica di quello che troviamo nella confezione una serie di gommini accessori per adattare il visore al proprio viso, oltre a un paio di auricolari in-ear da collegare direttamente al visore. L’installazione è tutt’altro che banale Il preambolo su tutto quello che troviamo nella confezione è per far capire che l’installazione dell’HTC Vive è decisamente macchinosa e richiede tra tutto un’oret- lab ta di tempo prima di potersi immergere nei mondi virtuali. Prima di procedere con l’installazione fisica di tutto quanto è bene preparare il PC, scaricando l’apposito programma di setup dal sito di HTC Vive, che prevederà a installare, se già non l’abbiamo fatto, anche Steam e SteamVR, i due componenti necessari per far funzionare il tutto. Mentre lanciamo l’installazione (la parte corposa del download avviene dopo aver lanciato il setup), possiamo cominciare a preparare anche la stanza che ospiterà il nostro sistema. Le base station vanno montate per risultati ottimali a un’altezza di almeno due metri, ai vertici opposti di un “virtuale” rettangolo e a una distanza massima di 5 metri. Affinché il sistema funzioni senza altri cavi oltre quelli di alimentazione, è necessario che le due base station siano in linea di visibilità ottica e devono essere orientate 30°/45° verso il basso e verso il centro dell’area di gioco. Per poter sfruttare la mappatura della stanza, l’area libera designata in cui andremo a muoverci deve avere almeno una dimensione di 1,5x2 metri ma è consigliabile avere ancora più spazio per una migliore esperienza d’uso. L’intera area non deve essere necessariamente rettangolare - durante la configurazione potremo mappare con cura tutta l’area libera utilizzando i controller - ma deve contenere almeno un rettangolo di 1,5x2 metri. segue a pagina 37 torna al sommario n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST HTC Vive segue Da pagina 36 Una volta fissate le due base station occorre alimentarle e verificare che su ciascuna si illumini un LED verde fisso. Altrimenti vuol dire che le due videocamere sono troppo lontane o che non riescono a comunicare tra loro otticamente. In alternativa è possibile utilizzare il lungo cavo di sincronizzazione fornito in dotazione. Chiaramente avere un altro cavo che passa nell’area di gioco non è l’ideale, ma il cavo è sufficientemente lungo da permettere di girarci intorno. Una volta installato il software a questo punto possiamo collegare il box con i cavi forniti in dotazione al PC e quindi il visore al box. I controller si collegano invece automaticamente senza fili al visore e quindi al PC, così come le base station. Da questo punto di vista l’esperienza è abbastanza plug and play. Il software lancia automaticamente SteamVR che la prima volta farà partire la procedura di mappatura della stanza. Qui ci siamo scontrati con il primo intoppo, visto che nonostante i due fari fossero in visibilità e con i LED verdi fissi - segno di comunicazione stabilita - si rifiutavano ostinatamente di rilevare i controller o il visore. Dopo diversi tentativi infruttuosi, abbiamo fatto una prova con il cavo di sincronizzazione e per magia tutti i dispositivi sono stati riconosciuti e SteamVR ci ha comunicato di essere pronto a iniziare la configurazione. Un faretto vicino alla posizione di una delle base station è l’unico sospettato per il mancato funzionamento della sincronizzazione ottica tra le due “videocamere” per cui l’unico consiglio che possiamo Come funziona HTC Vive dare è di tenere a mente di posizionare le base station lontane da fonti di luce. Una volta che i componenti del sistema sono pronti, la procedura ci invita prima a calibrare l’altezza del pavimento, disponendo visore e controller a terra, e quindi a tracciare la copertura dell’area di gioco prendendo in mano i controller e spostandoci sul perimetro tenendo premuto il grilletto. Sullo schermo del PC vedremo il controller, perfettamente tracciato nello spazio, disegnare l’area di gioco, fino a quando non chiuderemo la linea del perimetro rilasciando il grilletto. Se l’area è troppo piccola, SteamVR ci inviterà a rifare la procedura dopo aver liberato più spazio nella stanza. Se non si ha abbastanza spazio per una configurazione a “stanza intera”, è possibile effettuare un setup del sistema per l’utilizzo dell’HTC Vive da seduto o in piedi in una posizione quasi fissa. In questo caso, anche se non specificato dalle istruzioni, può essere utilizzata una sola base station anche se chiaramente non sarà in grado di tracciare i nostri movimenti a 360° (non potremo guardare alle nostre spalle, ad esempio). Una volta completata la procedura, SteamVR ci invita a indossare il visore e la magia ha inizio. torna al sommario Basta il tutorial a conquistare Indossando il visore e le cuffie ci troviamo catapultati in uno spazio grigio chiaro simile alla famosa sequenza di Matrix in cui Morpheus rivela a uno spaesato Neo di trovarsi in una realtà simulata. Non serve qualcuno che ci passi i controller dopo che abbiamo indossato il visore: i controller sono, infatti, tracciati in ogni momento dai due fari e indossando il visore li vediamo (o meglio la loro replica virtuale) sospesi là dove li abbiamo lasciati appoggiati (per terra, su una scrivania). È incredibile come è naturale, pur non vedendo le proprie mani, agguantarli nell’ambiente virtuale. Da qui in poi, quello che segue è magia vera, un sogno a occhi aperti. Nel tutorial, un simpatico robot che sembra uscito da Portal, ci guida nelle meccaniche di base della realtà virtuale di HTC, insegnandoci a familiarizzare con i controller e il sistema “chaperone” che serve ad avvisarci quando ci spostiamo ai limiti dell’area di gioco visualizzando una sorta di griglia semi-trasparente davanti a noi. Premendo il tasto home su uno dei controller si richiama la schermata principale di SteamVR (praticamente la modalità Big Picture di Steam sospesa nel vuoto davanti a noi) dalla quale possiamo lanciare le applicazioni installate, visualizzare il desktop del nostro PC davanti a noi nello spazio tridimensionale, oppure aprire Vive Home, una sorta di lounge che offre anche un metodo alternativo per lanciare le applicazioni installate. Il metodo di controllo è semplice e intuitivo, con i controller che funzionano come dei puntatori LASER per indicare ciò che si vuole selezionare sul nostro schermo virtuale. Nelle impostazioni (accessibili anche dall’interno della realtà virtuale), è possibile abilitare la videocamera frontale del Vive e integrarla nel sistema “chaperone”: come avevamo già visto nella prova del Vive Pre, ciò permette di avere uno sguardo sulla realtà fisica quando ci avviciniamo ai confini dell’area di gioco, in modo da aiutarci a non andare a sbattere contro qualcosa di reale e, in futuro, probabilmente permetterà di creare delle esperienze di interazione mista. Tramite l’app per iOS e Android è anche possibile abbinare il proprio smartphone in modo da poter essere avvisati nel caso di chiamate in arrivo quando siamo immersi nella realtà virtuale. Tracciamento perfetto Ma il visore è ancora migliorabile La cosa più straordinaria di HTC Vive è il sistema di tracciamento nello spazio sia dei controller che del visore, che rendono la nostra immersione nell’ambiente virtuale estremamente credibile, nonostante gli attuali limiti del visore. Quest’ultimo ha praticamente le stesse caratteristiche tecniche di Oculus Rift: due display OLED da 1080x1200 pixel per una risoluzione complessiva di 2160 x 1200 pixel con una frequenza di refresh di 90 Hz. L’effetto screen door c’è (la griglia dei Pixel è cioè facilmente visibile, specie alla periferia del campo visivo), ma dopo due minuti ce se ne dimentica. È invece la particolare superficie a cerchi delle lenti che tende a non offrire una messa a fuoco perfetta su tutto il campo visivo e, soprattutto in presenza di elementi molto luminosi, produce degli aloni e dei fasci di luce che possono distrarre un po’ durante l’uso. Trovare la La particolare struttura delle lenti, con una superficie a centri concentrici, crea qualche riflesso quando ci sono elementi molto luminosi sullo schermo “giusta” posizione del visore sul nostro viso è fondamentale per ridurre al minimo questo effetto e una visione più pulita. Come scrivevamo poco sopra, ciò che impressiona è il tracciamento dei nostri movimenti che rendono la simulazione perfetta a prescindere dal realismo grafico di quello che vediamo con i nostri occhi. Sia che stiamo creando sculture di luce con Tilt Brush, o cacciando degli zombie armati di torcia e pistola, tutto appare magicamente vero e intorno a noi, creando un livello di coinvolgimento senza precedenti. È la corrispondenza tra i nostri movimenti fisici e il nostro avatar virtuale a creare questa magia e fa passare tutti gli altri difetti in secondo piano, un aspetto che diventa ben chiaro con gli altri due titoli inclusi nel bundle disponibile per i primi acquirenti dell’HTC Vive: Fantastic Contraption e Job Simulator; entrambi i giochi presentano una grafica praticamente elementare per gli standard odierni del gaming su PC, eppure la meccanica “a stanza intera” rende l’esperienza virtuale quasi magica. Tra i difetti più grandi di questa prima iterazione di HTC Vive occorre citare sicuramente la pesantezza del visore e soprattutto la scomodità di avere un serpente di cavi che parte dalla testa e corre lungo la nostra schiena, accompagnandoci in ogni nostro movimento e che dopo diversi minuti di immersione comincia a far sentire la sua ingombrante presenza. Se il sistema di tracciamento funziona poi senza tentennamenti, la piattaforma in generale ancora non è il massimo della stabilità. Durante la nostra prova SteamVR si è spesso bloccato uscendo da un’applicazione, richiedendo di essere riavviato per lanciare un altro gioco, o di forzare la chiusura del gioco precedente per poter continuare, operazioni che richiedono di togliersi il visore e mettere fisicamente mano al PC, cosa, vi assicuriamo, davvero poco pratica, dovendo destreggiarci tra cavi, cuffie e quant’altro. Il potenziale dell’HTC Vive è comunque fin da subito inequivocabilmente enorme: ora tocca agli sviluppatori rendere appetibile un device che ha ancora un costo non indifferente e che richiede un investimento anche in termini di voglia di mettere le mani su una tecnologia comunque ancora macchinosa e “invadente”. D’altra parte ricordiamoci che, in tempi comunque recenti, è bastato l’obbligo di indossare un paio di occhiali di plastica a far naufragare il 3D. Dammi il cinque! MODELLO 730-1 redditi 2007 ALLEGATO B Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF Da consegnare unitamente alla dichiarazione Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando l’apposita busta chiusa contrassegnata sui lembi di chiusura. genzia ntrate CONTRIBUENTE CODICE FISCALE (obbligatorio) COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile) DATI ANAGRAFICI DATA DI NASCITA GIORNO MESE ANNO NOME SESSO (M o F) COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA PROVINCIA (sigla) LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) Il tuo 5 per mille può cambiare la vita di molti bambini prematuri. E non ti costa nulla. Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee bambini di Dio in Italiaprematuri, di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr. Stato Chiesa cattolica Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi Chiesa Evangelica Luterana in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Questi bambini hanno bisogno di Unione Comunità Ebraiche Italiane e assistenza per molti anni. cure, controlli genitori hanno bisogno del tuo aiuto. AISTMAR Onlus interamente impiegate per: E anche i loro In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, si precisa che Le contenuta donazioninel ad paragrafo 3 delle istruzioni, vengono i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta. AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, il - l’assistenza delle gravidanze a rischio o patologiche contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Lacura scelta deve esserealfatta esclusivamente per una delle la e il supporto neonato prematuro istituzioni beneficiarie. e alla famiglia nel percorso di sviluppo crescita La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non sua espressa da parte del contribuente. In talecaso, la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale. Oppure puoi sostenere AISTMAR Onlus con versamenti su: • C/C Postale: SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso29328200 di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) • C/C BancoPosta: IBAN: IT 05 Z 07601 01600 000029328200 presso Posta di via Sambuco, 15agli- Milano Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, Finanziamento enti delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute della ricerca scientifica e della università che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a), • C/C Bancario: IBAN: IT 30 R 05216 01619 000 000 003641 del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale presso Credito Valtellinese, Agenzia n°14 - Milano FIRMA FIRMA SOSTIENI AISTMAR Onlus con il tuo 5 per mille Sui moduli CUD, 730 o Unico scrivi Mario Rossi ........................................................................ Codice fiscale del beneficiario (eventuale) 9 7 0 2 8 2 1 0 1 5 7 ........................................................................ Tutto il personale di AISTMAR Onlus è volontario. L’intero ricavato delle donazioni viene Codice fiscale del impiegato cure e assistenza ai neonati prematuri e patologici e alle loro famiglie. beneficiario in (eventuale) Finanziamento agli enti della ricerca sanitaria AISTMAR Onlus - via della Commenda, 12 - 20122 Milano - www.aistmar.it FIRMA ........................................................................ Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge FIRMA AISTMAR Onlus ........................................................................ FONDAZIONE IRCCS CA’ GRANDA - OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO Codice fiscale del Codice fiscale del beneficiario (eventuale) beneficiario (eventuale) Associazione Italiana per lo Studio e la Tutela della Maternità ad alto Rischio Dipartimento per la Salute delle Donna, del Bambino e del Neonato U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale In aggiunta a quanto indicato nell’informativa trattamento via Francesco Sforza, 28sul - 20122 Milano dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa che i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta. AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscale n.135 / 16 14 GIUGNO 2016 MAGAZINE TEST È un diffusore Bluetooth o una soundbar? Questo l’interrogativo che sorge di fronte al nuovo arrivato di casa JBL JBL Boost TV, la soundbar che si crede un diffusore Compatto ma dotato di un buon suono se la cava bene con la musica e la TV. Molto interessante il prezzo, 199 euro di Roberto FAGGIANO hi cerca una soundbar per il TV e non vuole spendere molto può scegliere tra tanti modelli in commercio. Ma se si desidera un diffusore che abbia buone prestazioni anche con la musica la cerchia si restringe di molto. Ben venga quindi questo JBL Boost TV (199 euro), presentato alla scorsa IFA di Berlino e che ci aveva già ben impressionato dopo un primo breve ascolto. Interessante soprattutto il concetto da cui nasce il Boost TV, ciò il desiderio di fornire un diffusore che desse un “aiutino” all’audio del televisore ma anche capace di fornire buone prestazioni musicali come si conviene a qualsiasi oggetto con il marchio JBL. C Bruttino ma compatto Ed eccoci di fronte al nuovo diffusore, disponibile nella doppia versione nero – arancio dell’esemplare protagonista del test oppure in una più elegante veste grigio chiaro. Il Boost TV è molto più compatto delle solite soundbar, infatti è largo meno di 40 cm con uno spessore di soli 84 mm, quindi adatto anche a TV di piccolo formato e ideale nella camera dei ragazzi. Le connessioni disponibili sono tre: senza fili tramite Bluetooth, con un cavetto digitale ottico e con un minijack analogico; entrambi i cavi sono opportunamente forniti in dotazione. I comandi sono del tipo a sfioramento direttamente sul diffusore oppure tramite un comodo telecomando formato carta di credito, volendo si può impostare il diffusore per imparare i comandi del volume dal telecomando del televisore. Oltre al volume e alla selezione della sorgente è possibile attivare un effetto DSP Surround per ascoltare meglio le colonne sonore dei film. Poi ci sono le funzioni JBL Connect per collegare direttamente altri diffusori JBL e il Soundshift che dà automaticamente la priorità all’ingresso Bluetooth non appena si vuole collegare senza fili un dispositivo mobile, anche se si è selezionato l’ingresso TV. Dal punto di vista tecnico il Boost TV impiega due altoparlanti da 5 cm con accordi reflex laterali, quindi in fase di collocamento sarà bene evitare l’installazione in mobili chiusi con pareti laterali molto vicine. La potenza è di 30 watt complessivi mentre la massima pressione sonora dichiarata è di 92 dB. torna al sommario Il meglio al momento dell’ascolto La fase di installazione è molto semplice data la compattezza del diffusore, basta inserire l’alimentazione e collegare il TV con il cavo digitale ottico, non serve altro. L’ascolto quindi inizia subito e il “nostro” quasi scompare al cospetto di un grande TV Sony usato per l’occasione. Il Boost TV comunque inizia a dare buona prova di sé perché sembra subito di ascoltare un diffusore molto più grande di quanto sia in effetti. Alzando il volume fa pure un gran baccano, in senso buono però: riesce a dare una bella spinta alle scene più concitate di un film; certo si sente la mancanza di un subwoofer esterno e quindi non è lecito aspettarsi colpi allo stomaco e cose del genere, però il coinvolgimento c’è e inserendo il DSP – denominato Harman Display Surround – la scena si allarga ulteriormente e si approfondisce per dare una migliore sensazione di realismo. Effetti surround veri di circondamento però non ce ne sono e forse non si può nemmeno pretenderli da un diffusore così piccolo. Molto buone le prestazioni anche con i semplici programmi TV, dove non ci sono enfasi sulle voci ma si può comunque contare sull’intervento base del Dolby Digital, ormai quasi sempre presente sui canali in HD. L’esame da soundbar è stato superato senza sforzi, la scuola JBL si sente e questo piccolo diffusore può farsi valere contro soundbar di prezzo equivalente ma molto più ingombranti. Ora veniamo all’esame musica, colleghiamo lo smartphone e accendiamo Spotify. Temendo il peggio teniamo il volume su valori rassicuranti ma anche qui c’è una bella sorpresa perché il Boost TV non se la cava affatto male. Gamma bassa subito in primo piano ma senza esagerare, voci ben centrate sul diffusore e sempre la sensazione di avere di fronte un diffusore molto più grande del reale. Con la musica non ci sono effetti DSP dedicati e nemmeno un equalizzatore ma c’è lo stesso una buona sensazione di profondità e anche un buon adattamento a diversi generi musicali. Rispetto alla visione di film si sente meno l’esigenza di alzare il volume ma volendo si può andare oltre il lecito senza subire danni alle orecchie. La sensazione generale è sempre quella di un ascolto piacevole, magari non trascinante ma comunque in linea con quello di diffusori Bluetooth esclusivamente dedicati alla musica. Quasi un miracolo Dopo aver provato questo Boost TV non si può gridare al miracolo, però si può affermare che JBL è riuscita a realizzare una soundbar dal prezzo accessibile che fa la sua figura anche con la musica, permettendo di svolgere due ruoli con un solo diffusore e con un minimo ingombro. Se poi aggiungiamo l’ottimo rapporto qualità/prezzo non possiamo che consigliare agli interessati questo Boost TV, specie nella più elegante finitura chiara.