INTRODUZIONE Il principio di responsabilità e le ricadute legali nell

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INTRODUZIONE Il principio di responsabilità e le ricadute legali nell
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INTRODUZIONE
Il principio di responsabilità
e le ricadute legali nell’ambito
dell’esercizio della professione
di Farmacista
In seguito alla riforma sanitaria del 1978 (Legge 23 dicembre 1978, n. 833), il settore
farmaceutico e la figura professionale del Farmacista hanno assunto rilievo quali elementi di un sistema pubblico il cui fine è garantire alla collettività il diritto all’assistenza
sanitaria.
La legge n. 833/1978 annovera, infatti, l’assistenza farmaceutica, al pari dell’assistenza
medico-generica, specialistica, infermieristica ed ospedaliera, tra le prestazioni a carico
del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); inoltre, affida alle Farmacie di cui sono titolari
enti pubblici ed alle Farmacie di cui sono titolari i privati, in regime di convenzione, il
compito di erogare l’assistenza in nome e per conto delle Aziende Sanitarie Locali (ASL).
Gli assistiti possono ottenere dalle Farmacie, su presentazione di ricetta compilata dal
Medico curante, la fornitura di specialità medicinali comprese nel prontuario terapeutico del SSN (art. 28).
Con l’emanazione della legge 23 dicembre 1978, n. 833 è stato soppresso il precedente
sistema mutualistico ed istituito il “Servizio Sanitario Nazionale”, attraverso cui si è data
piena attuazione all’art. 32 della Costituzione italiana, in base al quale “la Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Dunque, il Servizio Sanitario Nazionale, inteso come il complesso delle funzioni, delle
attività e dei servizi assistenziali gestiti ed erogati dallo Stato italiano, si pone come
un sistema pubblico di carattere “universalistico”, finanziato dallo Stato stesso, teso al
superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-economiche del Paese in
modo da garantire l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Il Farmacista concorre alla tutela del diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, attraverso la corretta erogazione dell’assistenza farmaceutica, tramite
l’informazione, la sensibilizzazione sull’uso appropriato dei farmaci e la dispensazione
dei mezzi utilizzati per correggere, ripristinare e per conservare la condizione di benessere ottimale di ciascun individuo. La sua attività non costituisce solo l’esercizio di una
professione o di un’impresa, ma deve essere qualificata come vero e proprio servizio
pubblico (cfr. Tar, Lombardia, Milano, sez. III, 18 marzo 2008, n. 576).
La prestazione del Farmacista non è di tipo meramente esecutivo, in quanto egli è responsabile dell’approvvigionamento dei farmaci, della loro conservazione, del controllo
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ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
della corretta compilazione delle ricette e dell’osservanza delle norme che regolano la
dispensazione. In particolare, nell’attività di erogazione dei prodotti medicinali, il Farmacista ha l’obbligo di porre in essere tutta una serie di adempimenti, di cui si riporta
un elenco nella Tabella 1. Inoltre, nello svolgimento della sua attività professionale,
il Farmacista si inserisce attivamente in un sistema di solidarietà sociale e di supporto
terapeutico con il paziente e sta acquisendo un ruolo sempre più significativo nella gestione sanitaria della popolazione.
TABELLA 1. Adempimenti che il Farmacista ha l’obbligo di porre in essere.
• Controllare le ricette presentate dagli assistiti
• Verificare la validità della ricetta rispetto alla data di emissione (Convenzione Nazionale art. 5)
• Controllare se il farmaco prescritto è compreso nel prontuario terapeutico nazionale
(Convenzione Nazionale, art. 3)
• Accertare se sono soddisfatte le condizioni di legge per la concedibilità di taluni farmaci
• Verificare se il numero di farmaci per ciascuna ricetta è contenuto nel limite di legge
• Adempiere agli obblighi ex art. 45, d.P.R. n. 309/90, ai fini della dispensazione di stupefacenti e sostanze
psicotrope
• Provvedere alla c.d. “tariffazione” della ricetta
• Decretare l’esenzione totale o parziale del “ticket” per patologia o per reddito
• Presentare mensilmente la distinta contabile
In particolare, l’introduzione in Italia del modello della “Farmacia dei servizi”, in seguito
al decreto legislativo 153/2009 ed ai successivi decreti applicativi, ha rappresentato un
importante traguardo nel processo di evoluzione del ruolo professionale svolto dal Farmacista di comunità; essa, infatti, ha segnato il passaggio dalla centralità della dispensazione del farmaco ad uno schema in cui alla consegna del medicinale deve necessariamente affiancarsi una serie di servizi di educazione ed informazione sanitaria da offrire
ai pazienti. Questo nuovo modello individua nel Farmacista una figura professionale che
può efficacemente integrarsi con altri professionisti sanitari, ciascuno nell’ambito delle
rispettive competenze, allo scopo di migliorare ulteriormente la capacità di risposta alle
richieste dei pazienti, sempre più desiderosi di essere informati e di condividere natura
e significato delle cure che ricevono. Pertanto, la “Farmacia dei servizi” si pone come un
importante punto di riferimento e terminale di una informazione sanitaria competente
e qualificata.
Peraltro, in quanto professionista sanitario più vicino al cittadino, data la notevole capillarità delle farmacie di comunità sul territorio, il Farmacista ha responsabilità sia
giuridico-professionali, sia etico-professionali. La prestazione del Farmacista rientra in
quella dell’opera intellettuale, avendo egli “discrezionalità” sulla esecuzione della prestazione; indipendentemente dal fatto che operi nei presidi ospedalieri o sul territorio,
il Farmacista presta un servizio pubblico a tutela del bene salute e per tale motivo è
assoggettato a numerosi obblighi, da cui possono discendere responsabilità di natura
amministrativa, disciplinare, civile e penale.
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Colpa professionale:
definizione, tipologia, nesso
causale, conseguenze legali
Un principio giuridico generale stabilisce l’obbligo di rispondere, in sede penale e/o
civile, dei danni cagionati a terzi; naturalmente, anche coloro che svolgono una professione sanitaria devono sottostare a tale norma in relazione al loro comportamento
nell’esercizio dell’arte, e la responsabilità professionale rappresenta un caso particolare
del principio generale inizialmente enunciato.
Colpa professionale è un’espressione con cui si identifica la colpa propria di chi esercita
una determinata professione. La colpa (contro intenzione) si ha quando l’evento, anche
se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza,
o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43
c.p.). Pertanto, il concetto di colpa penale implica che, sebbene l’agente non abbia voluto l’evento, egli ha voluto il fatto illecito che ha causato l’evento medesimo, il che basta
a dichiarare la sua responsabilità. Per quanto riguarda la responsabilità civile: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che
ha commesso il fatto a risarcire il danno” (art. 2043 c.c.). La colpa può essere specifica
o generica. La colpa specifica si verifica in caso di trasgressione di norme giuridiche,
dettate da leggi o da regolamenti che disciplinano determinati ambiti professionali. La
colpa generica esiste in tutti i casi in cui la condotta sia stata viziata da un comportamento negligente, imprudente o imperito (Tabella 2). Più precisamente, si definisce
negligenza la trascuratezza, la disattenzione, la mancanza di sollecitudine ovvero un
comportamento passivo che si traduce nella mancanza di determinate precauzioni. Si
tratta del comportamento colposo meno scusabile, caratterizzato da svogliatezza, superficialità, leggerezza, mancato rispetto delle norme di comune diligenza nell’esercizio
della professione. Per quanto riguarda l’attività professionale svolta dal Farmacista, rientra in tale fattispecie (negligenza):
◆◆ la consegna di un medicinale diverso da quello indicato nella prescrizione o con un
dosaggio diverso rispetto al prescritto;
◆◆ la fornitura di medicinali scaduti, o in cattivo stato di conservazione (ad esempio,
non tenuti in frigorifero, ove espressamente prescritto, oppure con confezione aperta o alterata).
Per imprudenza si intende un’insufficiente ponderazione di ciò che l’individuo è in grado
di fare, il che lo porta ad agire senza le comuni cautele, di fretta o eccedendo le proprie
competenze. L’accertata imprudenza, intesa quale avventatezza, eccessiva precipitazione, che si traduce nella mancata adozione delle cautele imposte dalla comune prudenza,
includendo anche il comportamento temerario, costituisce fonte di responsabilità del
Farmacista. Ad esempio, può essere imprudente il consiglio di un rimedio terapeutico,
anche d’urgenza, senza prima avere accertato la possibilità, ove conosciuta, di possibili
reazioni allergiche.
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ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
L’imperizia consiste nell’inadeguata capacità a svolgere un’attività che richiede conoscenze specifiche di regole dettate dalla scienza e dall’esperienza e, pertanto può essere
identificata con un’insufficiente abilità tecnica o preparazione incompatibile con il livello professionale. Oltre alla negligenza ed all’imprudenza, anche l’accertata imperizia rappresenta fonte di responsabilità per il Farmacista, ad esempio in caso di errore
nell'allestimento della preparazione galenica.
TABELLA 2. Tipi di colpa e relative cause.
COLPA GENERICA dovuta a:
• Negligenza (omesso compimento di un’azione doverosa)
• Imprudenza (inosservanza di un divieto assoluto di agire o di un divieto di agire secondo determinate
modalità)
• Imperizia (inadeguata capacità a svolgere attività che richiedono particolari abilità o cognizioni)
COLPA SPECIFICA per inosservanza di:
• Leggi (atti del potere legislativo)
• Regolamenti (atti del potere esecutivo)
• Ordini (atti di altre pubbliche autorità) o
• Discipline (atti emanati da privati che esercitano attività rischiose)
Si definisce nesso di causalità la relazione che lega in senso naturalistico un atto (o
un fatto) e l’evento da esso derivante. Nella dinamica descritta si rilevano da un lato la
prospettiva di chi agisce e, dall’altro, quella dell’osservatore che riceve il risultato dell’azione. La sintesi delle due prospettive è detta nesso (da nectere, legare) e rappresenta la
forza naturalistica che causa l’evento. Il nesso di causalità costituisce il rapporto tra le
due prospettive, studiato al fine di ricavare la riconducibilità di un determinato evento
all’atto o al fatto presupposto. Pertanto, ciò che presuppone l’evento è un atto oppure un fatto. Se si tratta di un atto, questo può assumere le forme di una determinata
condotta umana ed il prodotto di tale condotta viene giuridicamente individuato come
evento. Qualora, invece, si tratti di un fatto, questo viene considerato irrilevante per il
diritto penale. Per il diritto, lo studio della causalità della condotta non scaturisce dalla
necessità di determinare categorie astratte di cause e conseguenze. La questione nasce
per stabilire cosa sia la causa giuridica di un evento ben determinato e le soluzioni che
vengono offerte sono studiate in modo da evitare i risultati negativi cui si può giungere.
In altri termini, lo studio della causalità ha come obiettivo l’individuazione dei correttivi
che evitino la responsabilità per fatti che non cadono sotto il dominio dell’uomo, il quale controlla solo alcune delle condizioni che sono in grado di causare l’evento.
In base alla norma di riferimento: “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla
comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella
determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di
cui al primo periodo” (articolo 3 della legge 8 novembre 2012, n. 189).
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Tipi di responsabilità
professionale del Farmacista:
disciplinare, amministrativa,
civile e penale
Il tema della responsabilità professionale del Farmacista merita particolare attenzione
in quanto nello svolgimento della sua attività, sia nella Farmacia aperta al pubblico che
in ambito ospedaliero, egli può essere soggetto a contestazioni di natura disciplinare,
amministrativa, civile e penale.
Il Farmacista, prestatore d’opera intellettuale in ragione della discrezionalità che caratterizza l’esecuzione della prestazione, se è titolare di Farmacia assume anche la qualità di
imprenditore commerciale, in quanto esercita la professione nell’ambito di un’attività organizzata in forma d’impresa. In tal caso, alla prestazione d’opera intellettuale si affianca
una rilevante attività di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori
produttivi. Il rapporto con il pubblico determina il più delle volte un contratto di vendita,
da cui discende responsabilità civile contrattuale, per evitare la quale il Farmacista deve
provare che la causa di inadempimento non era a lui imputabile (ex art. 1218 c.c.).
Il Farmacista ospedaliero, le cui funzioni non hanno un obiettivo commerciale, non è un
imprenditore, ma viene definito come un operatore sanitario che promuove un impiego
efficace, sicuro ed economico dei medicinali nell’ambito di un’organizzazione ospedaliera, con ciò ottemperando al dovere di controllo. Tra le diverse funzioni che il Farmacista
ospedaliero è chiamato a svolgere, rientrano le seguenti:
◆◆ verifica della correttezza e dell’appropriatezza della prescrizione;
◆◆ approvvigionamento, conservazione, detenzione, distribuzione dei farmaci ai pa-
zienti ricoverati o dimessi (ex Legge 405/2001) o esterni con piano terapeutico;
◆◆ razionalizzazione della spesa farmaceutica;
◆◆ conoscenza di tutti i farmaci di cui è necessaria la disponibilità in Farmacia;
◆◆ comunicazione di disservizi e predisposizione interventi correttivi per garantire la
sicurezza della terapia.
Lo svolgimento delle complesse funzioni che gli competono espone il Farmacista ospedaliero ad importanti forme di responsabilità di natura non soltanto disciplinare, civile
e penale, ma anche di natura contabile-amministrativa in quanto dipendente di una
Pubblica Amministrazione.
RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Il Farmacista è tenuto al rispetto delle disposizioni normative e dei principi stabiliti dal
proprio Ordine Professionale a tutela dell’etica, della dignità e del decoro della profes11
ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
sione, attenendosi in primo luogo a quanto sancito dal Codice deontologico, approvato
dalla Federazione Ordini Farmacisti Italiani (F.O.F.I.).
La responsabilità disciplinare si ha quando vengono violati alcuni principi di correttezza
professionale, indipendentemente da eventuali conseguenze penali o civili.
Le funzioni disciplinari sono esercitate dal Consiglio dell’Ordine, secondo quattro diversi
gradi:
◆◆ 1. Avvertimento (il colpevole è diffidato dal ricadere nella mancanza compiuta)
◆◆ 2. Censura (dichiarazione di biasimo per la mancanza compiuta)
◆◆ 3. Sospensione per un certo tempo (da uno a sei mesi)
◆◆ 4. Radiazione dall’Albo
La sospensione può essere pronunciata di diritto nei seguenti casi:
◆◆ emissione di un mandato o di un ordine di arresto
◆◆ interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni
◆◆ applicazione di una delle misure di sicurezza, detentive e non, previste dall’articolo
125 del codice di procedura penale.
La radiazione dall’Albo, invece, viene pronunciata di diritto nei seguenti casi:
◆◆ commercio fraudolento di sostanze stupefacenti;
◆◆ istigazione all’aborto;
◆◆ interdizione dai pubblici uffici per una durata superiore ai tre anni
◆◆ applicazione di misure di sicurezza preventiva (ex articolo 125 Codice di procedura
penale).
RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA
L’illecito amministrativo deriva dalla violazione di un obbligo nei confronti della Pubblica Amministrazione, indipendentemente dalla volontarietà e dalla previsione dell’evento. La responsabilità amministrativa caratteristica del Farmacista è conseguente all’inosservanza dei suoi doveri derivanti dal servizio di pubblico interesse svolto nel contesto
di una concessione amministrativa.
Gli illeciti amministrativi che possono essere commessi nell’ambito dell’attività delle Farmacie e dei Farmacisti riguardano principalmente la dispensazione dei medicinali soggetti
a prescrizione medica, con particolare riferimento alle irregolarità inerenti sia alla vendita
di medicinali senza la presentazione della relativa ricetta, sia alla erogazione del medicinale dietro presentazione di prescrizione medica non corretta in quanto non rispondente
ai relativi formalismi richiesti quali, ad esempio, l’apposizione del timbro o della firma del
Medico prescrittore.
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3. Tipi di responsabilità professionale del Farmacista:
disciplinare, amministrativa, civile e penale
La sanzione consiste nel pagamento di una somma di denaro ed in provvedimenti limitativi di facoltà che al Farmacista derivano dall’autorizzazione all’esercizio della Farmacia.
Secondo l’ordinamento giuridico italiano viene detto danno erariale il danno sofferto dallo Stato, o da un altro ente pubblico a causa dell’azione o dell’omissione di un
soggetto che agisce per conto della Pubblica Amministrazione in quanto funzionario,
dipendente o, comunque, inserito in un suo apparato organizzativo.
Perché sia ravvisabile la responsabilità occorre:
◆◆ il danno lamentato dallo Stato, da un Ente territoriale minore o da un ente pubblico
non economico;
◆◆ la colpa grave del soggetto legato all’ente da un rapporto di impiego o di servizio
(limite introdotto dalla Legge 639/1996).
Il concetto di danno, che compare nella definizione, deve essere inteso in senso civilistico e può quindi consistere in:
◆◆ un danno emergente, ossia una perdita per una cosa distrutta o perduta, una spesa
sostenuta o un’entrata non acquisita;
◆◆ un lucro cessante, ossia un mancato guadagno (che nell’ambito della Farmacia ospedaliera presenta evidenti limiti di applicazione).
Inoltre, il danno erariale si distingue in diretto, se è causato direttamente dal soggetto
responsabile all’amministrazione pubblica ed indiretto se, invece, è cagionato ad un
terzo che l’amministrazione pubblica ha dovuto risarcire.
Il danno erariale, uno dei presupposti per la sussistenza della responsabilità amministrativa-contabile, deve essere certo, attuale (sussistente nel momento della domanda di
risarcimento e in quello della sentenza di condanna), concreto (non ipotetico) e di entità
determinata o determinabile.
RESPONSABILITÀ CIVILE
Rientra nella categoria più ampia delle responsabilità giuridiche e può avere natura
contrattuale o extracontrattuale.
La responsabilità contrattuale consiste nel rispondere dei danni conseguenti all’inadempimento di un’obbligazione derivante da un contratto (in campo sanitario, contratto d’opera intellettuale) e quindi presuppone un preesistente rapporto tra i soggetti
(art.1218 c.c.).
La responsabilità extracontrattuale si ha quando si verifica un danno ingiusto direttamente riconducibile ad un fatto colposo o doloso che lo determina ed è proprio con
l’illecito che si instaura un rapporto tra le parti (art. 2043 c.c.).
Sotto il profilo civilistico, alla luce della Legge 8 novembre 2012 n. 189, per un esercente
la professione sanitaria la responsabilità professionale viene ascritta a responsabilità extracontrattuale. Nel caso del Farmacista, come accennato in precedenza, se egli è titolare di Farmacia assume anche la qualità di imprenditore commerciale, il che nel rapporto
con il pubblico determina il più delle volte un contratto di vendita, da cui discende la
responsabilità civile contrattuale.
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ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
Un problema direttamente riconducibile all’attività del Farmacista può ravvisarsi nella
vendita di un prodotto che potrebbe dimostrarsi difettoso, disciplinata dal decreto legislativo 206/2005 (cd. Codice del Consumo).
Un ulteriore illecito di natura civilistica, direttamente imputabile al Farmacista, può
rinvenirsi nell’articolo 2598 c.c., che prevede i casi in cui vengono posti in essere atti
di concorrenza sleale, quali ad esempio la diffusione di notizie su attività di terzi che
possano determinare discredito professionale.
Esiste un’altra forma di responsabilità che viene fatta rientrare nella responsabilità contrattuale detta da “contatto sociale”, inteso come quel rapporto sociale idoneo a generare obbligazioni/doveri di collaborazione e protezione per la salvaguardia di determinati beni giuridici protetti (Cass. 6386/2001).
Gli elementi fondamentali della responsabilità extracontrattuale sono:
◆◆ il fatto illecito (condotta lesiva);
◆◆ il danno ingiusto;
◆◆ il nesso di causalità giuridica e materiale tra il fatto illecito ed il danno ingiusto;
◆◆ la colpevolezza dell’agente (dolo o colpa).
“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagioni ad altrui un danno ingiusto, obbliga
colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” (art. 2043 Codice Civile).
RESPONSABILITÀ PENALE
Per potersi configurare una responsabilità penale, è necessario che il fatto (condotta),
posto in essere dal soggetto responsabile, sia ritenuto reato dalla legge (art. 40 c.p.).
Il reato si caratterizza oltre che per la sanzione (cioè, la pena), sia per gli elementi oggettivi (quali, la condotta, il danno, il nesso causale), sia per gli elementi soggettivi (la
colpevolezza).
La condotta è qualsiasi comportamento che può assumere due forme, una positiva
(l’azione) ed una negativa (l’omissione, ossia il mancato compimento di un’azione che
l’ordinamento richiede ad un soggetto), mentre l’evento è il risultato della condotta
medesima.
Il dolo è la volontà, l’intenzione di chi agisce di porre in essere una condotta antigiuridica per conseguire il fatto vietato, mentre la colpa (come riportato in precedenza) si ha
quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente.
Il delitto è preterintenzionale (oltre intenzione) quando dall’azione od omissione deriva
un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente.
La Legge 8 novembre 2012 n. 189 che converte il decreto legge 13 settembre 2012 n.
158, ha depenalizzato la responsabilità dell’esercente l’attività sanitaria in caso di colpa
lieve, qualora egli si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
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3. Tipi di responsabilità professionale del Farmacista:
disciplinare, amministrativa, civile e penale
Nei confronti di questa disposizione il Tribunale di Milano ha sollevato una questione di
legittimità costituzionale per il motivo, espresso sinteticamente, che essa introdurrebbe
una norma ad professionem, creando un’area di non punibilità riservata esclusivamente
agli operatori sanitari che commettono un reato lievemente colposo nel rispetto delle
linee guida e delle buone pratiche ed anche per la mancata esatta definizione dei concetti di linee guida e buone pratiche. La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 295 del
2 dicembre 2013, si è espressa sui rilievi di incostituzionalità promossi con ordinanza
del 21 marzo 2013, numero 124, dal Tribunale di Milano, dichiarando manifestamente
inammissibile il ricorso per un vizio formale, non entrando pertanto nel merito della
vicenda.
LE FATTISPECIE DI REATI
“Commercio o somministrazione di medicinali guasti” (art. 443 c.p.); reato punito con
la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.
“Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica” (art. 445
c.p.); reato punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 103
a euro 1.032.
“Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione” (art. 328 c.p.); reato punito con la reclusione da sei
mesi a due anni.
“Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità” (art. 331c.p.); reato punito
con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a euro 516.
“Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”
(art. 340 c.p.); reato punito con la reclusione fino a un anno.
“Abusivo esercizio di una professione” (art. 348 c.p.); reato punito con la reclusione fino
a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.
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Problematiche della sostituzione
“brand-generico”: intolleranza agli
eccipienti, “biocreep”, “zapping”
farmaceutico e farmaci LASA
La scadenza dei brevetti che coprono i farmaci di “marca” (brand) ha fornito alle industrie farmaceutiche l’opportunità di sviluppare e produrre “copie” che vengono immesse sul mercato a prezzi più contenuti (almeno il 20% in meno) rispetto agli originali.
Pertanto, sotto la spinta del contenimento dei costi del Sistema Sanitario Nazionale sta
aumentando progressivamente l’impiego dei farmaci generici (o bioequivalenti) e, al
momento dell’acquisto del medicinale in Farmacia, i pazienti sono sempre più spesso
soggetti alla sostituzione del farmaco brand (“originator ”) con il farmaco “generico”,
fermo restando qualità e quantità del principio attivo.
In base alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i farmaci generici hanno una biodisponibilità simile a quella della specialità di riferimento, vale a dire
che sono caratterizzati da velocità e percentuale di assorbimento analoghe, per cui sono
considerati farmaci “bioequivalenti”.
L’immissione in commercio di questi medicinali a livello europeo è regolamentata
dall’EMA (European Medicines Agency) attraverso una normativa che richiede alle
aziende produttrici di documentare, secondo criteri standardizzati, l’equivalenza del
farmaco generico rispetto a quello di “marca”. Dal momento che il principio attivo è lo
stesso del prodotto registrato, non è necessario produrre nel dossier di registrazione del
generico documenti che certifichino l’efficacia clinica, già presentati per la registrazione
della specialità medicinale, ma è sufficiente inoltrare la documentazione che certifica la
“bioequivalenza” del generico al farmaco originale.
In pratica, secondo la normativa europea, è bioequivalente “Un medicinale che ha la
stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma
farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento, dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità” (art. 10, comma
5 D.Lgs n. 219/06; art. 10, comma 2 Direttiva europea 2001/83/CE e successive modificazioni). Quindi, per la caratterizzazione di un farmaco generico sono fondamentali gli
studi di bioequivalenza, che si verifica quando due forme farmaceutiche, somministrate
alla stessa dose molare e in condizioni sperimentali simili, non presentano differenze
significative in termini di velocità e grado di assorbimento (biodisponibilità).
Gli studi di bioequivalenza non utilizzano parametri clinici di efficacia, ma si limitano ad
effettuare un confronto statistico tra i parametri farmacocinetici che caratterizzano la
biodisponibilità dei due prodotti; in genere a tale scopo si utilizzano l’area sotto la curva
concentrazione plasmatica in rapporto al tempo (AUC), la concentrazione massima del
farmaco nel plasma (Cmax) ed il tempo in cui viene raggiunta tale concentrazione (tmax).
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4. Problematiche della sostituzione “brand-generico”: intolleranza
agli eccipienti, “biocreep”, “zapping” farmaceutico e farmaci LASA
In sostanza, gli studi di bioequivalenza sono condotti con l’obiettivo di dimostrare che
le inevitabili differenze di biodisponibilità tra due prodotti essenzialmente simili non
superino un certo intervallo di variazione predefinito come “intervallo accettabile” di
bioequivalenza, ritenuto compatibile con l’equivalenza terapeutica.
Il prodotto generico (testato) e quello originale (standard) sono definiti bioequivalenti se la differenza tra le loro biodisponibilità non è superiore al limite convenzionale
prefissato con accordo internazionale nel range compreso tra –20% e +20% quando si considerano i parametri farmacocinetici (AUC, Cmax, tmax) delle due formulazioni
(Figura 1). Più precisamente, in termini statistici, un farmaco è considerato bioequivalente al suo “originator” se l’intervallo di confidenza al 90% della sua biodisponibilità
rientra nell’80%-125% del farmaco di riferimento su scala logaritmica.
Prodotto in studio
Prodotto di riferimento
Una differenza >20% della
Cmax o dell’AUC rappresenta
una significativa differenza
tra prodotto in studio e
prodotto di riferimento
Concentrazione
Cmax
AUC
tmax
tmax
Tempo
FIGURA 1. Parametri farmacocinetici chiave valutati negli studi di bioequivalenza.
Il valore ± 20% è stato scelto perché i fenomeni biologici sono variabili, infatti due
unità posologiche dello stesso farmaco, somministrate a due diversi soggetti o in diversi
momenti, danno origine a curve di biodisponibilità differenti entro un range compreso tra –20% e +20%. Ancorché la procedura di determinazione della bioequivalenza
sia molto rigorosa, un intervallo così ampio, non differenziato per ambito terapeutico
e classe di farmaco, tende a trascurare altre variabili cliniche e farmacologiche che
possono influire in misura significativa sull’equivalenza terapeutica di due prodotti; in
pratica per alcuni farmaci l’intervallo potrebbe essere troppo ampio, mentre per altri
può risultare eccessivamente stretto. Inoltre, così come attualmente effettuati i test di
bioequivalenza permettono di stimare una “bioequivalenza media di popolazione”, non
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ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
una “bioequivalenza individuale”. Due formulazioni possono essere considerate “bioequivalenti per una popolazione” se, oltre al valore medio dei parametri di biodisponibilità, anche le loro distribuzioni attorno alle medie sono sufficientemente simili. Per il
Medico la dimostrazione della bioequivalenza di popolazione assume una significativa
importanza, in quanto è sulla base di questa che può attendersi un risultato terapeutico
mediamente equivalente nei suoi pazienti quando prescrive un trattamento farmacologico effettuando la sostituzione “brand – generico”.
La normativa europea precedentemente richiamata stabilisce che i medicinali generici
debbano avere “la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa
forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche”, tuttavia riporta che:
◆◆ I vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una so-
stanza attiva sono considerati pari alla sostanza attiva primaria se non presentano
differenze significative in termini di sicurezza e/o efficacia.
◆◆ Le varie forme farmaceutiche orali a rilascio immediato sono considerate una stessa
forma farmaceutica.
◆◆ Gli eccipienti possono essere differenti.
Tali differenze del farmaco generico rispetto al prodotto originale possono comportare
possibili problemi di ordine clinico e terapeutico. Infatti, è certamente possibile che
due farmaci, pur essendo tra loro bioequivalenti dal punto di vista del principio attivo,
possano presentare, invece, differenze notevoli in termini di composizione dei loro eccipienti.
Ciò potrebbe avere qualche rilevanza, soprattutto per quanto riguarda forme farmaceutiche quali i granulati, le soluzioni orali, le compresse, le capsule e le preparazioni
dermatologiche non soltanto in relazione al rilascio del principio attivo, ma anche in
rapporto a problemi di allergia o di generica intolleranza ai diversi tipi di sostanza.
L’aumentata diffusione di patologie che impongono restrizioni alimentari o di evitare
l’assunzione di determinate sostanze richiede una particolare attenzione nei confronti
del problema degli eccipienti. Ad esempio, i pazienti affetti da morbo celiaco devono
evitare l’amido di grano, che è spesso utilizzato come eccipiente di compresse e capsule;
inoltre, i dolcificanti presentano controindicazioni per alcune categorie di pazienti o nel
corso di determinati trattamenti farmacologici: è noto, a tale riguardo, che l’aspartame
è controindicato nei pazienti affetti da fenilchetonuria e che la saccarina può indurre
allergia crociata con i sulfamidici.
Ulteriori problematiche connesse alla sostituzione “brand – generico” sono rappresentate dal fenomeno “biocreep” e dallo “zapping” farmaceutico.
Quanto al primo, esso riguarda la sostituibilità tra due diversi farmaci bioequivalenti
dello stesso “originator”. Più in dettaglio, il fenomeno “bio-creep” origina dal fatto che
negli studi di bioequivalenza si effettua il confronto tra un singolo prodotto generico e
il suo corrispondente prodotto originale, ma non tra diversi generici.
Di conseguenza, in assenza di un confronto diretto, non è esatto ritenere che due prodotti, ciascuno bioequivalente rispetto allo stesso standard di riferimento (brand), siano
necessariamente bioequivalenti tra di loro; ad esempio, se un generico ha una biodispo18
4. Problematiche della sostituzione “brand-generico”: intolleranza
agli eccipienti, “biocreep”, “zapping” farmaceutico e farmaci LASA
nibilità (AUC) +15% ed un altro generico una biodisponibilità –15%, entrambi risultano
bioequivalenti al prodotto originale di riferimento, ma non lo sono tra loro. Ciò implica
che la sostituzione potrebbe avvenire tra brand e generico, ma non tra un generico e
l’altro (Figura 2). Purtroppo, il confronto diretto tra medicinali equivalenti generici non
è possibile in quanto essi sono raffrontati unicamente con il farmaco originale, per cui
l’interscambiabilità tra generici è solo presunta.
Non esiste, quindi, certezza scientifica sul fatto che una volta comprovata la bioequivalenza di due o più generici rispetto allo stesso “brand” ne consegua che siano tra
loro bioequivalenti e paragonabili in termini di tollerabilità ed efficacia. Pertanto, la
sostituzione di un generico con un altro andrebbe evitata, in quanto può comportare
un notevole rischio di insuccesso terapeutico o maggiore incidenza di eventi indesiderati. Assolutamente da evitare è poi il cosiddetto “zapping” farmaceutico, rappresentato
dal continuo passaggio da brand a generico e da generico ad altro generico, in modo
particolare nei paziente anziani. Tale pratica, infatti, può esporre a rischi da sovra- o
sottodosaggio del farmaco e ridurre l’aderenza terapeutica.
Bioequivalenza relativa
150
%
100
50
0
Generico 1
Intercambiabile
Originale
Generico 2
Non Intercambiabile
FIGURA 2. Fenomeno del “biocreep”: i due medicinali generici sono intercambiabili con il farmaco
originale, ma non sono intercambiabili tra di loro.
In relazione a quest’ultimo aspetto, un problema strettamente correlato a quello dell’aderenza terapeutica è rappresentato dai farmaci LASA, acronimo dell’espressione in lingua inglese “Look-Alike/Sound-Alike”, utilizzata per indicare medicinali che possono
essere scambiati per altri a causa della somiglianza grafica della confezione (Look Alike
-LA) e/o fonetica (Sound Alike-SA) del nome (in genere con riferimento a quello commerciale), con conseguenti errori terapeutici. Questo aspetto è particolarmente rile19
ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
vante nei pazienti anziani in politerapia, molti dei quali distinguono ed identificano i
farmaci da assumere facendo riferimento al colore o alla grafica della confezione; se a
ciò si aggiunge che non di rado questi pazienti presentano deficit visivi, è comprensibile perché gli errori terapeutici (segnalazioni di scambio di un prodotto con un altro
o dell’assunzione di doppie dosi) non siano infrequenti con i medicinali LASA. Ne consegue che, quando si sostituisce un farmaco “brand” con un generico, va debitamente
considerata anche la problematica dei farmaci LASA; infatti, sostituire prodotti “brand”,
che al paziente risultano “familiari”, con generici che abbiano confezioni molto simili
tra loro, può determinare facilmente errori di assunzione e, spesso, ridurre l’aderenza
terapeutica.
In definitiva, l’impiego dei medicinali generici (o bioequivalenti) rappresenta indubbiamente una valida opzione in termini di contenimento della spesa sanitaria se tali
farmaci sono caratterizzati da efficacia e tollerabilità paragonabili a quelle dei prodotti originali (“brand”) il cui brevetto è scaduto. Tuttavia, gli studi previsti in base alle
normative per l’approvazione e introduzione in commercio dei farmaci generici, come
precedentemente riportato, non permettono di stabilire con certezza scientifica che la
bioequivalenza tra medicinale brand e medicinale generico si traduca in una loro equivalenza terapeutica. Inoltre, è stato anche sottolineato che la dimostrata bioequivalenza
di due o più generici rispetto allo stesso “brand” non comporta automaticamente il fatto
che essi siano tra loro bioequivalenti e paragonabili in termini di sicurezza terapeutica
ed efficacia clinica.
Dunque, la sostituibilità tra generici deve essere attentamente valutata dal Medico, il
quale è giuridicamente responsabile della prescrizione anche se il Farmacista opera una
sostituzione (il che gli è consentito dalla legge). Quando il Medico ritiene, per varie
ragioni, che la sostituzione del farmaco prescritto possa risultare dannosa al paziente,
dovrebbe apporre sulla ricetta la dicitura “NON SOSTITUIBILE”, sia che prescriva un medicinale brand a brevetto scaduto, sia che prescriva un generico.
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5
Aspetti legali coinvolgenti
per il Farmacista nella
dispensazione “brand-generici”
Fino all’emanazione del Decreto Legge n. 87 del 2005, al Farmacista non era consentita la sostituzione del farmaco prescritto dal Medico, se non nei precisi casi stabiliti
nell’ambito del SSN per il sistema del rimborso del prezzo di riferimento o in particolari
casi di urgenza assoluta.
Più precisamente, la sostituzione è possibile (DPR 371/98, art.6), qualora il medicinale
prescritto sia irreperibile nel normale ciclo distributivo o la Farmacia ne risulti sprovvista; in questi casi, il Farmacista consegna altro medicinale di uguale composizione e
di pari indicazione terapeutica, senza vincoli riguardo al prezzo (art. 6, comma 3 della
Convenzione).
All’utente, informato dal Farmacista della indisponibilità del medicinale prescritto e
della possibilità di ottenerne un altro corrispondente in sostituzione, è affidata la scelta
di rifiutare o accettare l’offerta del Farmacista. In tal caso, il Farmacista deve apporre sul
retro della ricetta, nell’apposito spazio a lui dedicato, idonea annotazione giustificativa
dell’avvenuta sostituzione.
La ricetta medica costituisce l’autorizzazione all’uso del medicinale e comporta la responsabilità professionale del Medico relativamente al farmaco prescritto. La responsabilità del Farmacista, invece, riguarda quella di garantire la perfetta corrispondenza del
medicinale dispensato con quello prescritto dal Medico.
Il codice civile prevede espressamente la corrispondenza tra quanto prescritto dal Medico e quanto dispensato dal Farmacista, mentre la responsabilità civile del Farmacista
non coinvolge, qualora la dispensazione sia stata corretta, le responsabilità sugli effetti
del medicinale che in questo ultimo caso ricadono sul Medico. Il Farmacista, effettuando la sostituzione, potrebbe spostare su di sé responsabilità che non gli competono e
che non è in grado di assumersi.
PRESCRIZIONI MEDICHE E MEDICINALI EQUIVALENTI
La legge n. 149/2005 di conversione del Decreto Legge n. 87/2005 (art. 1) stabilisce che
“Il farmacista al quale venga presentata una ricetta medica che contenga la prescrizione di un farmaco appartenente alla classe di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dalla legge 30 dicembre
2004, n. 311, è obbligato sulla base della sua specifica competenza professionale ad
informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale
composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione,
modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali.
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ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL FARMACISTA E RESPONSABILITÀ LEGALE
NELLA DISPENSAZIONE DEI MEDICINALI E DELLE PRESTAZIONI EROGABILI
Qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, il farmacista, su richiesta del cliente, è tenuto a fornire
un medicinale avente prezzo più basso di quello del medicinale prescritto. Ai fini del
confronto il prezzo è calcolato per unità posologica o quantità unitaria di principio
attivo. Il decreto liberalizzazione prevede che: “il medico aggiunge ad ogni prescrizione
di farmaco le seguenti parole: “sostituibile con equivalente generico ovvero non sostituibile nei casi in cui sussistano specifiche motivazioni cliniche contrarie”.
Il dovere del Farmacista di fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso qualora sulla ricetta non risulti apposta dal Medico l’indicazione della
non sostituibilità, salvo diversa richiesta del cliente, è precisato anche dal suo codice
deontologico che all’art. 12 afferma: l’informazione fornita deve essere chiara, corretta
e completa in riferimento ai medicinali. Pertanto, al fine di una corretta acquisizione
del consenso informato alla sostituzione del farmaco originale col farmaco equivalente
(o generico), il Farmacista può dire all’assistito che il farmaco equivalente è simile, non
che è uguale all’originale.
Infatti dichiarare che il medicinale generico sia uguale al farmaco brand, orienta in
modo non corretto la scelta autonoma dell’assistito, in quanto tale affermazione non
corrisponde al vero e, quindi, potrebbe apparire come una pubblicità ingannevole, vietata anche dalla legge n.49/2005 sulla pubblicità ingannevole e dal D.Lgs. 216/2006 sulla
pubblicità ai farmaci. Il Farmacista, non essendo abilitato alla prescrizione di farmaci
(attività che spetta esclusivamente al Medico), non è autorizzato a sindacare sulle scelte
terapeutiche e farmacologiche effettuate dal Medico tramite apposita ricetta e deve
al contrario attenersi alle prescrizioni di quest’ultimo (sentenza n. 8073 del 28.03.2008
della Cassazione sezione Civile III).
L’obbligo di attenersi a quanto prescritto dal Medico, secondo la Corte, trova legittimo
ostacolo nella sola ipotesi in cui il Farmacista individui nella ricetta la prescrizione di
sostanze velenose a dosi non medicamentose o pericolose, dovendo in tal caso esigere
che il Medico dichiari per iscritto che la somministrazione avviene sotto la sua esclusiva
responsabilità (Sic volo) così come sancito dall’art. 40 del regolamento per il servizio
farmaceutico emanato nel 1938.
Ne deriva, quindi, che il Farmacista a cui sia stata presentata una precisa ricetta medica non è tenuto ad accertare se il farmaco e la posologia del farmaco prescritto siano
corrispondenti alle effettive esigenze terapeutiche del paziente, ma deve limitarsi a
dispensare il farmaco prescritto dal Medico. Se quest’ultimo omette l’annotazione “non
sostituibile” sulla prescrizione di un farmaco originale a brevetto scaduto, il Farmacista
può dispensare un farmaco generico equivalente dopo aver acquisito il consenso informato dell’assistito.
Al Medico, inoltre, è consentito di apporre la nota “non sostituibile” anche sulla prescrizione di un medicinale equivalente di un produttore che ritiene più affidabile; in
tale circostanza, il Farmacista, a parità di costo, è tenuto a dispensare esattamente il
farmaco prescritto. In caso di prescrizione dubbia il Farmacista è tenuto a prendere
contatto con il Medico prescrittore per il necessario chiarimento, poiché la spedizione
della ricetta medica presuppone certezza nel Farmacista e sicurezza per il paziente (art.
26 del codice deontologico).
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