L`OSSERVATORE ROMANO

Transcript

L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 46 (47.480)
Città del Vaticano
sabato 25 febbraio 2017
.
Chiesti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
La svolta annunciata in un’intervista
Aiuti
per il Sud Sudan
Trump minaccia di riprendere
la corsa al nucleare
NEW YORK, 24. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è
riunito ieri per analizzare la situazione in Sud Sudan alla luce della
recrudescenza degli scontri, dell’aggravarsi della situazione umanitaria
e della carestia denunciata ieri dal
segretario generale, António Guterres, che ha chiesto nuovi fondi ai
paesi donatori.
I Quindici hanno espresso allarme per la situazione umanitaria
causata anche dal protrarsi delle
violenze sul terreno, che hanno fermamente condannato. Hanno invitato quindi le parti all’attuazione
degli accordi di pace e il governo a
consentire il dispiegamento della
forza di protezione regionale autorizzata dal Consiglio di sicurezza.
Numerosi esponenti diplomatici
hanno espresso la necessità che il
Consiglio assuma misure concrete
per rafforzare urgentemente il cammino politico verso la pace, in
stretta connessione con le organizzazioni regionali. In relazione
all’appello del segretario generale
per far fronte alla fame nel paese
che colpisce oltre cinque milioni di
sud sudanesi, le agenzie delle Nazioni Unite stanno elaborando una
strategia comune. Il presidente
sudsudanese Salva Kiir ha assicurato il 21 febbraio in un discorso al
parlamento che «tutte le organizzazioni umanitarie o di sviluppo
avranno libero accesso alle popolazioni colpite».
La crisi sudsudanese è il risultato
di più fattori: una grave siccità,
una guerra civile che infuria da
metà dicembre del 2013 e il collasso
dell’economia nazionale (il tasso
d’inflazione ha superato l’800 per
cento). Il conflitto, che al momento sembra insuperabile, tra gli uo-
mini fedeli al presidente Kiir (di
etnia dinka) e quelli dell’ex vicepresidente Riek Machar (di etnia
nuer), ha già causato decine di migliaia di morti e spinto milioni di
persone ad abbandonare le loro case. Le altre etnie e tribù si sono alleate a uno dei due contendenti,
nella speranza di ottenere vantaggi
nei loro conflitti locali, sovente a
carattere fondiario. Solo nell’ultimo
mese di gennaio 52.000 sudsudanesi sono scappati a sud, verso
l’Uganda.
La guerra civile ha danneggiato
anche l’agricoltura, che in molte
parti del paese è l’occupazione
principale, indebolendo l’economia
e lasciando i cittadini del paese
senza cibo. «Le nostre peggiori
paure si sono concretizzate. Molte
famiglie hanno esaurito qualsiasi
mezzo per sopravvivere» ha detto
Serge Tissot, rappresentante della
Fao, in un recente intervento. «Se
verranno forniti aiuti in modo duraturo e adeguato con urgenza, nei
prossimi mesi la situazione potrà
migliorare e potranno essere alleviate ulteriori sofferenze» hanno
scritto in un rapporto le agenzie
delle Nazioni Unite. Nel dicembre
scorso L’Onu ha autorizzato il dispiegamento di un contingente di
4000 caschi blu che si unirà ai
13000 già in loco.
WASHINGTON, 24. Aumentare l’arsenale nucleare degli Stati Uniti per
rilanciare il ruolo del paese sul piano
internazionale. Questo il punto nodale sottolineato ieri, in un’intervista
alla Reuters, dal presidente statunitense, Donald Trump. Tornando su
uno dei temi centrali della campagna elettorale, Trump ha insistito
sulla corsa al riarmo nucleare, sostenendo che gli Stati Uniti sono adesso «indietro rispetto alle proprie capacità» e attaccando la Russia per il
missile cruise recentemente dispiegato dal Cremlino in violazione del
trattato sul controllo delle armi. «Ne
parlerò con Putin al primo incontro» ha detto l’inquilino della Casa
Bianca.
«Gli Stati Uniti non vogliono cedere a nessuno la loro supremazia
sul nucleare». Era dagli anni ottanta
che un presidente statunitense non si
esprimeva con questi toni sul tema
del nucleare. «Io sono il primo a cui
piacerebbe che nessuno abbia armi
nucleari — ha detto Trump — ma
non possiamo stare dietro ad altri,
anche se si tratta di paesi amici».
Resta ora da vedere se il presidente
passerà dalle parole ai fatti e quindi
se intende mettere mano all’accordo
New Start, quello del 2010 secondo
cui entro il febbraio 2018 Stati Uniti
y(7HA3J1*QSSKKM( +_!z!$!$!,!
New Start, definendolo «un altro
cattivo accordo da sostituire con
un’intesa più favorevole».
Quello del disarmo nucleare è un
tema fondamentale a livello geopolitico. La vera svolta, in passato, è sta-
Tra opposizione e governo riuniti a Ginevra
Scarsi risultati dai colloqui sulla Siria
Un altro copto
ucciso
dai jihadisti
nel Sinai
IL CAIRO, 24. Cristiani ancora bersaglio della ferocia jihadista. Un
cittadino egiziano copto è stato ucciso oggi ad al Arish nel nord del
Sinai da un gruppo di miliziani del
cosiddetto stato islamico (Is). Lo
riferisce il quotidiano «Shorouk»,
secondo il quale si è trattatodi
un’operazione dello stato del Sinai,
gruppo affiliato all’Is.
Gli aggressori hanno fatto irruzione nella casa della vittima, Kamel Abu Romani, proprietario di
un negozio di articoli sanitari ad al
Arish, e lo hanno ucciso a colpi di
arma da fuoco per poi incendiare
l’abitazione.
L'uccisione di Abu Romani, la
sesta di un egiziano copto in un
mese, arriva a pochi giorni di distanza da un altro episodio ha
coinvolto, un padre e suo figlio.
Medhat Hana, 45 anni, è stato bruciato vivo mentre suo padre, Saad,
65 anni, è stato ucciso a colpi di
arma da fuoco dagli uomini di Al
Baghdadi. I corpi, afferma l’Associated Press, sono stati ritrovati pochi giorni fa dietro una scuola nel
centro di Al Arish.
A causa di queste violenze circa
duecento famiglie di cristiani copti
hanno lasciato Al Arish nelle ultime due settimane. Quella copta è
la più grande comunità cristiana
del Medio oriente e rappresenta
circa il dieci per cento della popolazione egiziana. Nel dicembre
scorso, in un attentato contro una
chiesa al Cairo, erano stati uccisi 27
fedeli copti.
Pochi giorni fa in un video postato su internet l’Is ha annunciato
una nuova ondata di violenza contro i cristiani. A confermare l’autenticità del video è stato il Site,
organismo statunitense che monitora il terrorismo in rete.
Trump nello studio ovale alla Casa Bianca (Reuters)
e Russia devono limitare del trenta
per cento i rispettivi arsenali nucleari. L’attuazione dell’accordo vorrebbe dire non avere più di 800 missili
balistici intercontinentali sul campo.
Trump ha già criticato in passato il
L’inviato speciale dell’Onu in Siria Staffan de Mistura (Ansa)
GINEVRA, 24. Nessun risultato concreto. Questo il bilancio della giornata di negoziati svoltasi ieri a Ginevra tra le delegazioni del governo
siriano e dell’opposizione. Quest’ultima ha minacciato di abbandonare
le trattative se non ci saranno colloqui diretti.
La seduta inaugurale del quarto
round di colloqui ginevrini si è
aperta nel pomeriggio, con tre ore
di ritardo rispetto al programma annunciato, a causa soprattutto di discussioni
procedurali.
L’inviato
dell’Onu, Staffan de Mistura, ha
esortato «tutte le parti a rafforzare il
cessate il fuoco» in vigore formalmente dal 30 dicembre scorso e che
non coinvolge l’ala siriana di Al
Per il Pentagono i terroristi sfruttano bambini e disabili come attentatori suicidi
Is in ritirata a Mosul
BAGHDAD, 24. Le forze irachene
avanzano a Mosul ovest. Nelle ultime ore ampie aree sono state sottratte al controllo dei miliziani del
cosiddetto stato islamico (Is). È
stata conquistata anche la base militare di Ghazlan, snodo strategico
essenziale per il controllo di tutta
Mosul.
Questa mattina i militari di Baghdad hanno confermato di avere
il controllo totale dell’aeroporto di
Mosul. Lo ha annunciato il brigadiere generale Abbas Al Juburi.
«Posso confermare che l’aeroporto
è stato completamente liberato»
dall’Is, ha comunicato l’ufficiale.
Un altro comandante, il generale
Sami Al Aridhi, ha sottolineato
inoltre che per la prima volta in
quattro mesi le unità di élite sono
entrate in un quartiere occidentale
della città e hanno riconquistato
una base militare.
Intanto, dal Pentagono arriva la
denuncia secondo la quale i
jihadisti dell’Is stanno usando
anche bambini e disabili per fermare l’avanzata delle forze di Baghdad.
I miliziani — dicono le fonti statunitensi — li costringono a immo-
larsi come attentatori suicidi in camion imbottiti di esplosivi contro
le forze di sicurezza. Il generale di
brigata dell’aeronautica statunitense, Matt Isler, ha parlato esplicitamente di «una nuova tecnica distruttiva impiegata dall’Is per la
mancanza di volontari». Abbiamo
visto — ha spiegato il generale
Isler — «persone incatenate a veicoli esplosivi». Abbiamo visto
«bambini e persone che non erano
in grado di camminare legati a
questi veicoli e impiegati come
autisti», ha poi denunciato il generale.
Qaeda né il cosiddetto stato islamico (Is). «Il popolo siriano vuole
una via d’uscita da questo incubo
che è la guerra» ha detto de Mistura. Per questo è necessario che «regime e opposizione si assumano una
responsabilità storica».
De Mistura ha incontrato anche
un gruppo di donne giunte a Ginevra per discutere delle persone detenute e rapite in Siria. Insieme hanno osservato un minuto di silenzio.
«Ci sono migliaia e migliaia di madri, mogli, figlie che stanno sperando che i negoziati possano favorire
almeno questo aspetto» ha detto ai
giornalisti l’inviato speciale delle
Nazioni Unite.
Nel corso dei colloqui sono state
sollevate polemiche soprattutto da
parte della Russia che ha definito
«assurda» la richiesta dell’opposizione di escludere il presidente
siriano Al Assad dal futuro politico
del paese. «La delegazione del governo siriano è arrivata a Ginevra
con istruzioni costruttive per ottenere progressi» ha detto il rappresentante permanente della Russia presso l’Onu a Ginevra, Alexey Borodavkin.
Intanto, sul terreno le violenze
non conoscono tregua. È di 45 uccisi e oltre 70 feriti il bilancio provvisorio di un attentato avvenuto stamani a est di Aleppo, nel nord della
Siria, in un’area sottratta all’Is dalle
forze locali filo-turche. Lo riferisce
la tv panaraba Al Jazeera che cita
fonti sul terreno. Il bilancio, affermano le fonti, è destinato a salire a
causa della gravità delle condizioni
di alcuni feriti.
Ieri sono state poi scoperte due
fosse comuni nella provincia di
Idlib, nel nord-ovest del paese, con
131 cadaveri decapitati. Si tratta di
ribelli. Gli esecutori sarebbero i
jihadisti della formazione Jund Al
Aqsa, considerati ora vicini all’Is. La
macabra scoperta è avvenuta nella
città di Khan Sheikun.
Il successo di un metodo
Cercare lavoro
in Giappone
Sfollata irachena insieme al suo bambino in un campo nei pressi di Mosul (Reuters)
CRISTIAN MARTINI GRIMALDI
A PAGINA
5
ta segnata dal presidente statunitense Ronald Reagan e dal segretario
generale del partito comunista sovietivo Michail Gorbačëv con la firma
nel 1987 del trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) che
allora pose fine alla crisi degli euromissili. Il trattato segnò un punto di
svolta nel processo negoziale sul
controllo degli armamenti tra Stati
Uniti e Unione Sovietica: per la prima volta, infatti, i sistemi d’arma oggetto del negoziato non venivano ridotti o ritirati, ma effettivamente eliminati. La firma aprì la strada che
portò successivamente, negli anni
novanta, ai trattati Start I-II, al Sort
nel 2002 e al New Start.
Nell’intervista alla Reuters, Trump
si è detto «molto arrabbiato» per i
recenti test missilistici della Corea
del Nord e ha sottolineato come una
delle diverse opzioni disponibili per
fronteggiare la minaccia di Pyongyang sia quella di accelerare la realizzazione di un sistema di difesa
missilistico per gli alleati degli Stati
Uniti nella regione: Giappone e Corea del Sud. Il presidente si è quindi
rivolto alla Cina spiegando che «se
volesse» potrebbe risolvere le sfide
sul fronte della sicurezza poste dalla
Corea del Nord «molto facilmente»,
ossia alzando il livello di pressione
sul regime di Pyongyang, suo storico
alleato.
Della Cina Trump ha parlato anche a livello commerciale ed economico. In un passaggio dell’intervista
Trump ha definito il governo di Pechino un «grande campione nella
manipolazione della valuta» e si è
detto pronto ad approvare una “border tax”, la tassa doganale che «incoraggerà le aziende americane a
tornare negli Stati Uniti e a costruire
fabbriche qui». Un’altra misura già
annunciata nella campagna elettorale, quando Trump aveva messo in rilievo la sua volontà di proteggere i
lavoratori statunitensi.
L’intervista alla Reuters arriva in
un momento particolare per i repubblicani che ieri hanno aperto a Washington la Conservative Political
Action Conference (Pcac) in una
atmosfera assai diversa da quella di
un anno fa, quando — in piena campagna elettorale — si ragionava ancora su quale candidato puntare per
conquistare la Casa Bianca e Trump
era guardato con un certo sospetto
da parte della leadership. Ieri uno
degli interventi più attesi è stato
quello di Steve Bannon, uno dei più
fidati consiglieri di Trump. Bannon
ha rivendicato con orgoglio la vittoria elettorale e ha assicurato che le
promesse verranno mantenute. «Il
presidente è concentrato in modo
maniacale sull’agenda» ha spiegato.
Il vicepresidente, Mike Pence, ha
detto nel suo intervento che il paese
ha «l’occasione della vita per adottare soluzioni conservatrici ai suoi problemi». Pence è poi tornato a parlare anche della riforma sanitaria di
Obama. «La nuova amministrazione
la revocherà e sostituirà. Un incubo
che sta per finire», ha detto esortando i conservatori a mobilitarsi per
respingere i democratici. Oggi alla
conferenza è atteso l’intervento di
Trump.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza:
Sua Eccellenza Monsignor Domenico Sorrentino, ArcivescovoVescovo di Assisi - Nocera Umbria - Gualdo Tadino (Italia);
l’Eminentissimo
Cardinale
Giuseppe Betori, Arcivescovo di
Firenze (Italia).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
sabato 25 febbraio 2017
Dopo le nuove misure decise dall’amministrazione Trump sull’immigrazione
Messico pronto a rispondere
CITTÀ DEL MESSICO, 24. Il governo
messicano è pronto a rispondere
«colpo su colpo» a ogni misura che
Washington adotterà unilateralmente. «C’è preoccupazione, c’è irritazione da parte dei messicani per
quelle che vengono percepite come
politiche dannose per il Messico e
per l’industria messicana» ha detto il
ministro degli esteri messicano Luis
Con l’ultima marcia
delle Farc
la Colombia
volta pagina
BO GOTÁ, 24. La grande marcia
delle Forze armate rivoluzionarie
della Colombia (Farc) si è conclusa. Dopo l’accordo con il governo, quasi settemila ex combattenti
del più longevo gruppo della
guerriglia sudamericana hanno
compiuto a ritroso il cammino
che 52 anni fa li aveva spinti verso la giungla colombiana per avviare la lotta armata contro il potere centrale di Bogotá. Gli ultimi
gruppi hanno raggiunto ieri i
punti di raccolta per consegnare
le armi. La smobilitazione è infatti uno dei punti centrali dell’intesa, raggiunta il 13 novembre scorso dopo la bocciatura del referendum, la revisione dei capitoli più
contestati e l’approvazione definitiva da parte del parlamento.
Come sottolineano in molti, è
la fine di un ciclo e l’inizio di una
nuova epoca per la Colombia e i
colombiani. Si concludono così
decenni di scontri.
La smobilitazione è uno dei 26
punti transitori stabiliti dall’accordo dell’Avana tra Farc e governo
colombiano dove i guerriglieri sosteranno e inizieranno l’attività di
reinserimento nella vita civile. Entro il 30 giugno del 2017 tutte le
armi, leggere e pesanti del gruppo, saranno consegnate ai delegati delle Nazioni Unite che si faranno garanti della piena attuazione dell'intesa.
Tuttavia, questo primo passo si
scontra già con alcune difficoltà.
Le zone di accoglienza non sono
attrezzate e le migliaia di guerriglieri non sanno dove e come alloggiare, organizzare la loro nuova vita, lavarsi, mangiare, studiare, discutere, incontrare la popolazione del posto, stabilire quei
normali rapporti di convivenza
che potranno durare anche anni.
In una lettera inviata a Jean
Arnault,
alto
rappresentante
dell’Onu per l’attuazione dell’accordo colombiano, la segreteria
delle Farc ha denunciato il fatto
che «tutti i guerriglieri stanno
pernottando in tendoni improvvisati» e che «l’ottanta per cento
delle aree comuni non sono state
attrezzate come sostiene l’ufficio
dell’alto commissario per la pace». Ricordando che «la cosiddetta terza fase, che consiste nella
costruzione da parte delle Farc
dei diversi alloggi, è una responsabilità del governo», il gruppo
dirigente della guerriglia ha assicurato di voler «fornire tutta la
cooperazione possibile per realizzare degli alloggi dignitosi».
Le Farc chiedono al governo di
fare la sua parte e di garantire «la
sicurezza giuridica per i guerriglieri», proprio per evitare che «il
processo di reintegrazione non si
trasformi in una nuova trattativa»
riportando tutto in alto mare. «I
compromessi devono esserci da
entrambe le parti».
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
[email protected]
www.osservatoreromano.va
Videgaray Caso, facendo riferimento
alle decisioni dell’amministrazione
Trump per la costruzione del muro
al confine e l’irrigidimento dei controlli.
I rappresentanti statunitensi hanno cercato di abbassare il tono delle
polemiche. «Non ci sarà alcuna deportazione di massa, non useremo
l’esercito contro gli immigrati clandestini» ha detto il segretario alla sicurezza nazionale, John Kelly. Il segretario di stato Tillerson ha detto
che i due governi sono concordi
«nell’impegno comune al mantenimento di legge e ordine lungo il
confine condiviso». I nostri paesi —
ha aggiunto dopo una serie di incontri con esponenti del governo
messicano — «vogliono smantellare
le reti criminali transnazionali che
portano droga e persone negli Stati
Uniti». Nel complesso, ha detto Tillerson, è stata «una conversazione
molto ampia» nella quale si è
espressa la volontà di «lavorare mano nella mano con i nostri fratelli
messicani».
Già ieri Videgaray aveva spiegato
che «il governo messicano e il popolo messicano non sono tenuti ad accettare misure imposte unilateralmente da un altro governo». Il governo messicano è pronto a intervenire «con tutti i mezzi giuridici disponibili» e non esclude, ha aggiunto Videgaray, di appellarsi «agli organismi multilaterali, in primo luogo
le Nazioni Unite, per difendere a livello internazionale i diritti umani e
la libertà». Anche noi abbiamo il
controllo delle nostre frontiere «e lo
eserciteremo in pieno», ha rimarcato
ancora Videgaray.
Intanto, il presidente della Camera dei rappresentanti Paul Ryan è
stato in visita ieri a McAllen, in Texas, alla frontiera con il Messico, per
valutare sul posto la costruzione del
muro. L’amministrazione ha fatto sapere di voler iniziare ad alzare il
muro nei luoghi di frontiera di El
Paso in Texas, Tucson in Arizona e
El Centro in California, pagandolo
con fondi approvati dal Congresso.
Trump ha più volte promesso che i
costi saranno coperti dal Messico,
che ha però sempre rifiutato fermamente, in uno scontro che ha aperto
una crisi diplomatica. Il presidente
ha allora corretto il tiro, annunciando che a pagare saranno gli Stati
Uniti, ma che ci sarà anche un rimborso dal paese vicino. Secondo le
ultime stime, il costo del muro si aggira attorno ai 21,6 miliardi di dollari, ben di più degli 8 miliardi calcolati inizialmente da Trump.
Pochi giorni fa il dipartimento per
la sicurezza interna ha emanato una
serie di provvedimenti tesi all’irrigidimento dei controlli sugli immigrati
clandestini. In sostanza, saranno assunte nuove guardie di frontiera e
saranno soggetti all’espulsione tutti i
migranti clandestini colpevoli di reati in generale.
Prima, durante l’amministrazione
Obama, erano soggetti all’espulsione
soltanto i migranti clandestini accusati di reati gravi. Numerose manifestazioni in diverse città statunitensi
sono state organizzate per criticare
le misure decise dalla nuova amministrazione.
Tillerson e il ministro degli esteri messicano Videgaray (Ap)
Sgomberati in North Dakota per fare posto a un oleodotto
Evocato dal primo ministro di Dublino Enda Kenny
La resa
dei sioux
Referendum
per unificare l’Irlanda
WASHINGTON, 24. Gli indiani
sioux della riserva Standing Rock,
nel North Dakota, hanno perso la
loro battaglia. È infatti iniziato lo
sgombero del campo dove i discendenti della tribù si oppongono alla
costruzione dell’oleodotto Dakota
Access sul territorio della riserva.
A fine 2016, il presidente statunitense, Barack Obama, aveva deciso
di non concedere all’azienda costruttrice il permesso di realizzare
l’opera, per la quale era stato studiato un percorso alternativo. Ma
già allora Donald Trump aveva avvertito: «Deciderò io». E così ha
fatto. Lo scorso 7 febbraio, il nuo-
vo presidente ha consentito la costruzione dell’oleodotto attraverso
il fiume Missouri e il lago Oahe.
L’impianto, di 2000 chilometri, attraverserà quattro stati per portare
il greggio alle raffinerie dell’Illinois. Indiani e attivisti contestano
da mesi il progetto, spiegando che
la parte sottomarina del tracciato
mette a rischio il bacino idrico
delle comunità, senza contare la
violazione di terreni e luoghi sacri
dei sioux. Nonostante le proteste,
la tribù nulla ha potuto contro la
decisione
dell’amministrazione
Trump, ed è stata costretta ad abbandonare la propria terra.
BRUXELLES, 24. Il primo ministro irlandese, Enda Kenny, ha evocato ieri
da Bruxelles un possibile referendum per l’unificazione dell’Irlanda e
per l’adesione alla Repubblica di
Dublino dell’Irlanda del Nord, ora
sotto sovranità britannica.
Kenny, che ha citato l’esempio del
muro di Berlino, ha ricordato come
l’accordo di pace del venerdì santo
(firmato a Belfast il 10 aprile del
1998 dai governi britannico e irlandese e approvato dalla maggior parte dei partiti politici nordirlandesi)
«garantisca questa opportunità» a
patto che la maggioranza della popolazione dell’Ulster lo chieda e che
l’accordo resti valido — per l’Unione
europea e per il mondo — anche dopo la Brexit.
Nel caso di «una situazione come
quella emersa quando il muro di
Berlino fu buttato giù e la Germania
dell’est fu in grado di unirsi alla
Germania dell’ovest», l’epilogo potrebbe essere «senza distinzioni anche in Irlanda», ha insistito il primo
ministro Kenny, parlando al fianco
del presidente della Commissione
europea, Jean-Claude Juncker, dopo
un faccia a faccia, e dicendosi convinto che «l’accordo del venerdì santo debba essere incorporato in un
futuro accordo sulla Brexit» fra Bruxelles e Londra, a titolo di garanzia.
Il governo di Dublino, rammenta
da Londra l’agenzia di stampa Pa,
ha più volte sottolineato in questi
mesi come la maggioranza della
popolazione nordirlandese abbia votato contro il divorzio dall’Unione
europea al referendum britannico
del 23 giugno dello scorso anno, a
dispetto della campagna a favore
della Brexit condotta dal maggior
partito unionista, il Dup, che esprime il premier nel governo locale di
Belfast.
Una scelta, quest’ultima, che a
detta degli analisti ha provocato
dopo il voto tensioni nella coalizione di unità nazionale con i partner repubblicani e del Sinn Féin.
Strage di agenti
sventata in Germania
BERLINO, 24. Un tedesco di 26 anni, legato agli ambienti salafiti, è
stato arrestato ieri dalla polizia in
Bassa Sassonia, nel nord della Germania. È accusato di avere programmato una strage di poliziotti o
soldati. Lo hanno reso noto la procura generale di Celle e la polizia
di Göttingen attraverso un comunicato congiunto, precisando che il
giovane voleva trascinare le vittime
designate in una trappola, e poi far
esplodere la bomba che stava costruendo in casa. Ed è proprio nella sua abitazione, che si trova nel
centro della cittadina di Northeim,
sopra un piccolo centro commerciale, che è stato arrestato.
Elezioni suppletive
britanniche
Fiamme nel campo sioux all’interno della riserva di Standing Rock (Ansa)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
LONDRA,
24.
I
cittadini
di
Copeland e Stoke-on-Trent, due circoscrizioni nel nord dell’Inghilterra,
un tempo roccaforte della sinistra
britannica, hanno votato ieri per
eleggere due nuovi deputati, dopo
che i laburisti in carica hanno rassegnato le dimissioni.
Nelle suppletive, il candidato laburista Gareth Snell si è aggiudicato il seggio di Stoke-on-Trent (conosciuta come la «capitale della
Brexit») alla camera dei comuni, resistendo con un vantaggio di 2500
voti all’assalto del leader euroscetti-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
co dell’Ukip, Paul Nuttal. A
Copeland, area rurale sulla costa e
“feudo” del Labour, invece, il partito di opposizione ha perso il seggio, battuto dalla candidata filoBrexit del partito conservatore,
Trudy Harrison, che si è imposta
con poco più di 2000 voti di scarto
sul rivale, Gill Troughton.
Quasi il 70 per cento degli abitanti di Stoke-on-Trent ha votato al
referendum in favore dell’uscita del
Regno Unito dall’Unione europea,
un vero record tra le trenta maggiori città del paese.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Nell’appartamento, le forze di sicurezza tedesche hanno rinvenuto i
materiali necessari per la realizzazione della bomba, tra cui sostanze
chimiche altamente esplosive. Tutto
pronto all’uso, detonatore compreso. Secondo i media, il nome
dell’arrestato è Manfred L. Sarebbe
— indica la procura — un «tedesco
senza radici straniere, originario del
quartiere multiculturale Neukölln
di Berlino, disoccupato e percettore di sussidio», e riconducibile agli
ambienti dell’estremismo salafita.
«Abbiamo a che fare con sviluppi estremamente dinamici nell’ambito del terrorismo di stampo islamico», ha dichiarato il ministro degli interni della Bassa Sassonia,
Boris Pistorius. Attualmente il ventiseienne si trova nel carcere di
Rosdorf, a Göttingen.
Due settimane fa, altri due uomini legati ad ambienti dell’estremismo salafita sono stati arrestati
nella stessa zona del Land nordoccidentale, con tanto di ritrovamento di armi da fuoco, munizioni, vessilli del cosiddetto stato islamico (Is) e persino un machete.
Anche loro, secondo gli inquirenti,
stavano preparando un attentato,
ma certamente non a uno stadio
avanzato come nel caso del giovane di Northeim. Tuttavia, al momento, non sarebbero emersi collegamenti tra i due casi. «Combattere tutte le manifestazioni relative
all’islamismo e terrorismo è la nostra priorità assoluta», ha dichiarato il capo della polizia di
Göttingen, Uwe Luhrig.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 25 febbraio 2017
pagina 3
Yemenita ispeziona il luogo
di un’esplosione a Sana’a (Ansa)
L’aviazione dello stato ebraico intercetta un drone di Hamas
Tensione al confine tra Israele
e la striscia di Gaza
GERUSALEMME, 24. Tensione al confine tra Israele e la striscia di Gaza.
L’aviazione israeliana ha abbattuto
ieri un drone di Hamas, il movimento islamico che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2006.
«Israele non consentirà nessuna vio-
Futuro incerto
nei rapporti
tra Pechino
e Pyongyang
PECHINO, 24. La Corea del Nord
ha criticato, sia pure indirettamente, la Cina per la decisione
di sospendere le importazioni di
carbone in linea con le sanzioni
fissate dalle risoluzioni adottate
dal
Consiglio
di
sicurezza
dell’Onu. Il messaggio è stato
veicolato dall’agenzia ufficiale
Kcna, secondo cui un «paese che
si dice un vicino amico ha preso
dei passi per tagliare del tutto
l’interscambio bilaterale» dopo la
risoluzione delle Nazioni Unite
approvata a fine novembre.
Lo stesso paese ha rimarcato
che «non ci saranno effetti sulla
vita delle persone», malgrado abbia preso misure simili a quelle
dei nemici della Corea del Nord.
In ogni caso, «è puerile pensare»
che con il taglio dei flussi finanziari sia possibile costringere
Pyongyang a rinunciare alla produzione di armi nucleari e missili
intercontinentali.
Le autorità cinesi hanno annunciato lo stop per tutto il 2017
dell’import di carbone che equivale a circa la metà dei flussi con
Pyongyang. La mossa, se effettivamente attuata, è destinata a incidere in profondità sulle fonti di
valuta estera del regime comunista nordcoreano che già si trova
ad affrontare una difficile e complicata situazione economica.
E, intanto, la Cina adotterà
tutte le «misure necessarie» a tutela della sicurezza nazionale anche in caso di crollo del regime
nordcoreano: il portavoce del ministero della difesa, Ren Guoqiang, ha risposto così alla domanda sull’esistenza di un piano
contro un ipotetico collasso del
paese alleato. Pechino, ha detto
Ren oggi in conferenza stampa,
ha mantenuto la sua politica ferma nel tempo verso Pyongyang
esortando tutti i «soggetti rilevanti ad astenersi da azioni che
possano aumentare le tensioni».
Ren ha inoltre affermato che la
Cina è «risoluta nella salvaguardia della pace e della sicurezza
della penisola coreana, impegnata nella denuclearizzazione e nella risoluzione delle controversie
col dialogo e la consultazione».
lazione del suo spazio aereo e continuerà a rispondere con fermezza a
qualsiasi iniziativa contraria» ha
detto un portavoce militare di Gerusalemme. Nel dicembre scorso Hamas aveva accusato Israele di essere
dietro l’uccisione in Tunisia dell’ingegnere aeronautico, Mohamed Zaouri, considerato lo specialista in
droni della formazione palestinese.
Sempre ieri, è scattato l’allarme in
diverse località israeliane nei pressi
della striscia a causa di scambi di
arma da fuoco tra israeliani e palestinesi. Si tratta di una nuova fiammata di violenze tra i due territori.
Lo scorso 9 febbraio due palestinesi
erano stati uccisi e altri cinque feriti
in alcuni raid aerei condotti
dall’esercito israeliano a sud della
striscia. I bombardamenti erano stati una risposta al lancio di razzi dalla vicina penisola del Sinai. Gli ordigni hanno colpito la città di Eilat.
Gli scambi di fuoco al confine rischiano ora di far salire ulteriormente la tensione in un momento delicatissimo. Pochi giorni fa Hamas ha
annunciato reazioni nel caso in cui
Contro una base militare nel sud
Attentato nello Yemen
SANA’A, 24. La violenza non abbandona lo Yemen. Un
attentatore suicida si è fatto esplodere questa mattina
all’entrata di una base militare nel sud del paese. Il bilancio è di cinque morti e tre feriti.
Secondo quanto riferiscono le forze di sicurezza locali, l’attentato è avvenuto nella base di Najda, a Zinjibar,
capoluogo della provincia di Abyane. C’è stato anche
uno scontro a fuoco tra un gruppo di ribelli e i militari
all’entrata della base: i primi volevano infatti aprirsi un
varco tramite l’autobomba per penetrare nella base.
L’attentato, al momento, non è stato ancora rivendicato. Tuttavia, secondo diverse fonti, dietro ci sarebbe
la mano di Al Qaeda, che già in passato più volte ha
fatto ricorso a questo metodo per attaccare obiettivi
militari.
Al Qaeda e il cosiddetto stato islamico (Is) hanno
esteso la loro influenza nel paese dopo l’esplosione del
conflitto che vede contrapposti i ribelli huthi e le forze
che sostengono il presidente eletto Hadi, riconosciuto
dalla comunità internazionale.
Delegazione di talebani in Arabia Saudita
Dialogo sul processo di pace afghano
KABUL, 24. Un gruppo di personalità talebane afghane con passate responsabilità governative hanno visitato nei giorni scorsi l’Arabia Saudita in un viaggio non ufficiale, realizzato su invito del re saudita Salman,
in cui è stato esaminato il processo
di pace in Afghanistan. Lo ha riferito ieri l’agenzia di stampa Pajhwok.
La delegazione, si è appreso, era for-
mata fra gli altri dall’ex viceministro
degli esteri del governo talebano
(1996-2001), Abdul Rahman Zahid,
dal viceministro per l’informazione
degli affari culturali, Abdul Rahman
Hotak, da Sheikh Ahmad Rabbani,
fratello del vicecapo dei talebani,
mullah Rabbani, dal Maulvi Muslim
Haqqani, dal mullah Nasrullah Sheikh Mahmood e da Sheikh Abdul
Rashid.
Le
fonti
consultate
dall’agenzia hanno confermato che
durante la permanenza a Riad sono
stati esaminati i problemi che comporta il processo di pace afghano.
E, intanto, il generale Salvatore
Farina, comandante del Nato Joint
Force Command (Jfc) di Brunssum
(Paesi Bassi), si è recato in visita in
Afghanistan, alla missione Resolute
Miliziani talebani in Afghanistan
Violenti scontri
nelle strade di Tripoli
TRIPOLI, 24. È di almeno otto morti il bilancio dei violenti scontri
scoppiati ieri sera ad Abu Salim, a
Tripoli, tra la milizia guidata da
Abdul Ghani Al Kikli (noto anche
con il nome di Ghneiwa), fedele al
consiglio presidenziale — sostenuto
dall’Onu e guidato dal premier designato Fayez Al Sarraj — e gli uomini di Salah Al Burki, ritenuti vicini all’ex premier islamista Khalifa
Ghwell.
Lo ha riferito il sito di »Libya
Herald», citando testimoni che raccontano di carri armati nelle strade
e dell’utilizzo di armi pesanti. Alcuni residenti hanno postato immagini che mostrano del fumo salire in
cielo mentre carri e uomini armati
uscivano in strada.
Non è chiaro il motivo dello
scontro tra le due milizie, che si
erano fronteggiate nello stesso
quartiere anche un paio di settima-
l’amministrazione Trump dovesse
decidere di spostare la sede dell’ambasciata statunitense in Israele da
Tel Aviv a Gerusalemme. C’è poi la
questione degli insediamenti ebraici
in Cisgiordania: il governo del premier, Benjamin Netanyahu, ha annunciato nuove costruzioni nonché
la regolarizzazione di almeno 4000
case in diversi insediamenti.
E sempre ieri le autorità israeliane
hanno ordinato la chiusura di una
scuola a Gerusalemme est sostenendo che era «diretta da Hamas». La
decisione è giunta alla fine di una
lunga inchiesta condotta dal ministero dell’istruzione, dallo Shin Bet
(servizio di sicurezza interno) e dalla polizia della città. Secondo il ministero — citato dai media — la scuola elementare Al Nukhaba, nel sobborgo palestinese di Sur Baher, era
stata creata da Hamas con l’intento
di «insegnare contenuti che minano
la sovranità di Israele; ci occuperemo di tutti i casi di istigazione» ha
detto il ministro dell’istruzione Nagtali Bennett, leader di Focolare
ebraico.
ne fa. Secondo il sito, tuttavia, sembra che le forze fedeli ad Al Burki
stiano tentando di cacciare dalla zona gli uomini di Ghneiwa. Altre
fonti sostengono invece che alla base ci sia uno scambio di ostaggi
non andato a buon fine.
«Le esplosioni sono molto forti.
Sono con mia moglie e i miei figli
in una stanza relativamente sicura
della nostra casa», ha raccontato al
quotidiano «Libya Herald» Kamal,
un abitante di Abu Salim. Alcuni
abitanti del quartiere hanno tentato
di lasciare la zona. La Mezzaluna
Rossa libica giudica però pericolosi
gli spostamenti in questa fase e ha
invitato i residenti a rimanere nelle
proprie abitazioni.
Nel frattempo, sembra che alcuni
anziani di Tarhouna, città 65 chilometri a sud-est di Tripoli, stiano
portando avanti un tentativo di mediazione tra le due fazioni.
Uccisi
quindici soldati
nigerini
NIAMEY, 24. Almeno quindici soldati nigerini sono stati uccisi — e
altri diciannove feriti — in un attacco terroristico perpetrato ieri
nel Niger occidentale contro una
pattuglia dell’esercito a nord della
città di Tilwa, nella regione occidentale di Ouallam.
Lo hanno reso noto alla radio
statale fonti del ministero della
difesa di Niamey. Nel confermare
la notizia, il colonnello Seydou
Touré Albdoula Aziz, portavoce
dell’esercito governativo, ha detto
che il bilancio dell’attentato
potrebbe essere più grave, dato
che alcuni dei soldati feriti sono
ric0verati in ospedale in gravi
condizioni.
L’attacco, che non è stato rivendicato, è avvenuto vicino al confine con il Mali.
Support, che è sotto il comando e
controllo proprio del Jfc. Durante la
visita, rientrante tra gli impegni periodici del comandante del Jfc, riferisce una nota, il generale Farina ha
incontrato il comandante della missione, generale Nicholson, il presidente afghano, Ashraf Ghani, il
Chief Executive Officer Abdullah
Abdullah, alcuni rappresentanti della comunità diplomatica e, infine, ha
visitato il contingente militare italiano che opera a Herat.
Il generale Farina e il comandante
Nicholson hanno fatto il punto
sull’andamento della missione negli
ultimi sei mesi. Hanno analizzato, in
particolare, sia i progressi compiuti
dall’esercito, dalle forze speciali e
dall’aeronautica afghana, benché
non abbiano ancora raggiunto un
pieno livello di autosufficienza, sia
la fragilità della situazione di alcune
aree rurali, nelle quali l’insorgenza
talebana e i gruppi affiliati al cosiddetto stato islamico (Is) sono ancora
in grado di svolgere attività a carattere offensivo.
Per evitare che il paese diventi
nuovamente un porto sicuro per il
terrorismo internazionale e al fine di
rendere pienamente operative le forze di sicurezza locali, il governo di
Kabul, ricorda la nota, ha pianificato una Road Map pluriennale fino
al 2020, a supporto della quale si
sviluppa la missione alleata di «formazione, consulenza e assistenza».
Conferenza dei donatori
in difesa del lago Ciad
OSLO, 24. L’esaurimento della
grande risorsa di acqua dolce del
lago Ciad mette a rischio la vita di
decine di milioni di persone che vivono nell’area africana del Sahel, la
cui sopravvivenza è strettamente legata alla vita del lago. Se non contrastato rapidamente in modo efficace, l’inaridimento del lago aggraverà il già fragile equilibrio geopolitico della regione, mettendo a rischio la pace e la sicurezza dell’intera area.
Sono questi i temi che verranno
discussi oggi a Oslo, capitale della
Norvegia, in occasione della conferenza dei donatori.
Fondamentale per la sopravvivenza di oltre 30 milioni di persone, molte delle quali sono potenziali migranti forzati, il lago Ciad — il
quarto per grandezza in Africa tra
le frontiere di Camerun, Nigeria,
Niger e Ciad — è sul punto di
scomparire per cause ambientali e
cattiva gestione dell’uomo.
L’inaridimento — in circa cinquant’anni si è ridotto a meno di
un decimo dell’estensione che aveva
negli anni sessanta — rischia di provocare una crisi ambientale, ecologica e umana di enormi dimensioni,
con conseguenze anche sulle ondate
migratorie già in atto, dirette verso
l’Europa.
Il bacino idrico africano è infatti
il perno intorno al quale ruota un
delicato equilibrio economico e
geopolitico di una vasta area che si
affaccia sulle sue rive e beneficia
delle sue risorse. La progressiva desertificazione, la perdita costante e
progressiva di acqua e cibo rendono
inospitale l’intera area, favorendo il
radicalizzarsi dei conflitti e dei fondamentalismi, concause delle attuali
grandi ondate migratorie spiegano
gli esperti.
Senatrice filippina
dell’opposizione
arrestata
per corruzione
MANILA, 24. La senatrice filippina
Leila de Lima, tra i principali oppositori del presidente Rodrigo
Duterte, si è costituita dopo un
ordine d’arresto emesso da un tribunale che la accusa di aver ricevuto denaro da narcotrafficanti già
detenuti. De Lima, che era già
stata rimossa qualche mese fa dalla commissione parlamentare che
indagava sugli abusi della campagna del presidente contro il narcotraffico, si era rifugiata in senato
dopo essere sfuggita alla polizia
che aveva cercato di arrestarla nella sua abitazione.
La senatrice si è consegnata alle
autorità, accompagnata dai suoi
avvocati e da un gruppo di politici a lei vicini. E De Lima, ministro della giustizia tra il 2010 e il
2015 (periodo a cui risalgono gli
eventi di cui è accusata), si è difesa davanti alle telecamere. «È un
onore essere imprigionata per la
causa che difendo», ha detto definendosi una «prigioniera politica»
e assicurando che «la verità verrà
alla luce al momento opportuno».
Pesantissime le accuse a suo carico, tra cui violazione della legge
anticorruzione, violazione dell’articolo relativo alla «vendita, commercio, amministrazione, consegna, distribuzione e trasporto» di
sostanze stupefacenti.
Nuovo
premier
somalo
MO GADISCIO, 24. Il nuovo presidente della Somalia, l’ex premier
Abdullahi Mohamed, ha scelto un
esordiente in politica come primo
ministro, ed è poi partito per
l’Arabia Saudita nel suo primo
viaggio all’estero da quando è stato nominato capo dello stato. Il
nuovo premier è un cittadino norvegese nato in Somalia, Hassan
Ali Khaire, ex direttore per l’Africa dell’azienda di ricerche petrolifere britannica Soma Oil.
Mohamed, rilevano gli analisti,
ha a sua volta un passaporto straniero (statunitense), ed è stato
eletto all’inizio di febbraio, in un
significativo passo in avanti verso
la creazione del primo governo
pienamente operativo in Somalia
da un quarto di secolo.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
sabato 25 febbraio 2017
Ripubblicato in Italia il primo libro di Chinua Achebe
Denuncia
del colonialismo
di CLAUDIO TOSCANI
i si è chiesti spesso come
definire le letterature africane. Recentemente, ancora, a quasi tre anni dalla
morte di uno dei massimi
autori nigeriani, Chinua Achebe (etnia
ibo, sud-est del paese), in concomitanza con il riapparire del suo primo libro
Le cose crollano (Milano, La Nave di
Teseo, 2016, pagine 202, euro 18).
Nel 1986, al conferimento del Nobel
a Wole Soyinka, altro nigeriano (etnia
yoruba, Nigeria occidentale), premio al
quale anche Achebe era stato candidato, esprimendosi entrambi in lingua inglese, il quesito si era imposto nel
dubbio che il codice di “occupazione”
potesse o meno usarsi creativamente
dai nativi di colore. Al che Achebe
aveva precisato il suo “sì”, ma in piena
comunione con gli idiomi ancestrali.
Il cosiddetto terzo mondo che opta
per l’inglese gode di molti vantaggi,
nonostante incontri non poche difficoltà, come un vocabolario base per ricreare una cultura; il passaggio da lo-
C
Chinua Achebe
cuzioni autoctone a voci internazionali; la mancata equivalenza tra parole e
immagini e l’impossibilità di mantenere strutture linguistiche ataviche — come i proverbi, ad esempio — in versioni moderne molto meno, o diversamente, immaginifiche.
«In compagnia dei libri di Achebe
— ebbe a ricordare il sudafricano Nelson Mandela, premio Nobel per la pace del 1983 — crollavano le mura della
prigione». E fu grazie ad Achebe che
mutò la concezione dell’Africa secondo
il motto «anche il leone deve avere chi
racconta la sua storia, non solo il cacciatore».
Romanziere, narratore, saggista e
poeta, di famiglia molto istruita, convertita al cristianesimo, dopo studi di
storia, di teologia e di inglese, Achebe
si riservò la parte scomoda della riflessione politica sul portato coloniale e
sulle sue conseguenze, mai ben disposto nei confronti di un Occidente reo
di violenze reali e psicologiche, nonché
latore di bandiere consumistiche.
D all’antica organizzazione tribale al
presente dell’altrui dominio politicosociale e dell’omologazione, ad Achebe non sono serviti molti libri per affrescare il secolo e mezzo che separa la
sua gente e il suo paese dai primi approcci col mondo globale e l’inizio
della disgregazione locale al contatto
delle istituzioni europee.
Un’Africa più che povera, impoverita; una patria di popoli diseredati e
derisi, vittima oltre che di un peso storico indebitamente scaricato sui sottomessi, del divieto assoluto di partecipare al respiro dell’umanità progressista. Fatto suo il precetto di una difesa
franca, aperta, diretta ma non rabbiosa, ironicamente amara semmai, di una
moderna, popolare consapevolezza dei
propri diritti umani, Achebe sintetizzò
il suo impegno come quello di «trasferire i tatuaggi dalla pelle del suo popolo alla coscienza degli oppressori».
Non aveva l’Africa la sua dignitosa
vita morale, una società regolata da
norme sociali e da comportamenti
umani e religiosi, sia pure tra tribù,
clan, riti di spiriti tra funesti e fastosi,
maschere, santoni e stregoni e lavori
della terra sotto il cielo di un qualche
fantastico dio, tra benevolo e ostile,
ma sempre invocato sul duro realismo
dei giorni, dei bandi, dei tabù e delle
usanze? L’Africa non era un mondo
barbarico, senz’anima, sostiene Achebe: aveva una sua filosofia, aveva
valori e bellezze, poesia e dignità, tra
memorie pagane e imminente cristianesimo.
Infatti, ecco Il crollo — titolo del suo
esordio nel 1958, oggi ristampato con
un titolo più propriamente tradotto da
Things Fall Apart — libro di portata
epica ed epocale, racconto della resa
totale all’intromissione europea, datata
inizio Novecento, all’arrivo di norme
estranee, di caos, confusione e sfruttamento, esiti devastanti del dominio
bianco cui poco o nulla riparò l’indipendenza politica elargita nel 1960,
ben presto compromessa dagli antagonismi etnici sfociati nello scontro civile
noto come guerra del Biafra (tra 1967 e
1970).
Come punto di non ritorno del destino della regione, due anni dopo
Achebe scrive Ormai a disagio, storia
di tre generazioni vista dalla parte dei
nigeriani di fronte all’impossibilità di
resistere all’avanzata dei nuovi costumi: i bianchi non sono venuti per capire e non c’è speranza di poter convivere con loro, anzi, il pericolo è quello
di acquisire via via i lati peggiori del
loro mondo.
È poi la volta di La freccia di
Dio (1964), rapporto tra uomo e divinità che, riverberandosi
dal
profondo
degli
anni
nell’esistenza
pratica, determina il momento in cui, nel disastro intimo
e spirituale di un popolo, si
contemplano le responsabilità degli intellettuali scrittori verso la società in cui
vivono.
Torna esplicito e imponente il problema della lingua, il nigeriano sperimentale che Achebe stesso aveva
adottato, prima, con intento
umoristico, poi, come filone
linguistico sfruttato come
vantaggio comunicativo, infine, come stabile e rassegnata espressione scritta.
Perché scrivere è prima di tutto sentimento di dignità e di orgoglio, di
energia creativa e prospera concorrenza con l’universale mondo del dire, al
cospetto delle tradizioni, dei padri immortali e dei loro capolavori.
Se c’è stato uno scrittore della rinascenza africana che, sanzionando la
propria identità locale, se non addirittura tribale, usò la lingua dei conquistatori per togliere la sua gente e la
sua terra dalla rovina culturale maturata tra colonialismo, proselitismo religioso non illuminato e corruzione degli organi istituzionali, di certo questo
è stato Chinua Achebe. Protagonista
dei cosiddetti testi di rifrazione (o di
Nella rinascenza africana
lo scrittore nigeriano
usò la lingua dei conquistatori
per togliere la sua gente e la sua terra
dalla rovina culturale
ibridazione) capaci di parlare dell’Africa parlando all’Africa, li risolse
nell’ambito di una dialettica di incontro-scontro, composta poi in tessuto
connettivo, tra specificità locali e canone d’acquisto.
Al punto da reinterpretare l’ideologia coloniale degli intellettuali inglesi,
dal Conrad di Cuore di tenebra, visto
come latente razzista, alla personalità
di Albert Schweitzer, sul cui operato
nutrì qualche perplessità. Eccessi,
certo, comprensibili però se rapportati
alla coscienza di Achebe di essere il
teacher ossia la guida del suo popolo,
non tanto o non solo letteraria, ma politica, cioè anti-inglese, anti-egemonica,
anti-europea.
Il gesuita Fan Shouyi
Un cinese
a Roma
Anticipiamo stralci di un articolo dalla
«Civiltà cattolica».
di THIERRY MEYNARD
olti hanno familiarità con la storia di
missionari
come
Matteo Ricci (15521610), che servirono
da ponte culturale tra la Cina e l’O ccidente. Non soltanto, infatti, essi fecero conoscere la cultura occidentale
e il cristianesimo in Cina, traducendo, in collaborazione con letterati cinesi, importanti opere di filosofia,
teologia e scienza, ma fecero conoscere anche la Cina all’Occidente, attraverso lettere, notizie, libri, e in
particolare con la traduzione latina
dei libri confuciani nel Confucius Sinarum Philosophus (1687). Negli ultimi trent’anni però gli studiosi hanno
cominciato a sottolineare il ruolo di
alcune persone e di alcune comunità
locali cinesi in questo processo di
trasmissione culturale. E vorremmo
in particolare sottolineare la vita e il
ruolo di Fan Shouyi (1682-1753), cinese cristiano che è vissuto e ha studiato in Europa per dieci anni (170818), dove è anche diventato sacerdote, e che è stato il primo cinese a
scrivere le proprie impressioni
sull’Europa e sulle Americhe. Nella
sua duplice veste di suddito cinese
dell’imperatore Kangxi e di sacerdote gesuita, Fan Shouyi s’impegnò a
fare il proprio dovere di religioso e
di politico nei tempi difficili della
Controversia dei riti cinesi.
A causa della mancanza di informazioni sull’ambiente familiare di
Fan e sulla prima parte della sua vita, si è spesso pensato che si fosse
convertito al cristianesimo grazie al
gesuita piemontese Antonio Provana
(1672-1720). Tuttavia, un rapporto
occidentale della missione cinese,
trovato recentemente negli Archivi
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Archivio storico «De Propaganda Fide», Apf), a
Roma, ci offre preziose informazioni
sull’ambiente cristiano della sua famiglia e sulla prima parte della sua
vita. Il padre di Fan non era battezzato, ma la madre apparteneva a
un’antica famiglia cristiana di Jiangzhou, e così Fan Shouyi fu battezzato poco dopo la sua nascita. La
famiglia fu colpita di nuovo da una
disgrazia, perché pochi anni dopo
morì anche la madre di Fan. Così,
all’età di dieci anni, egli rimase orfano di entrambi i genitori e venne affidato alla cura degli zii materni,
che amministravano anche i beni
del padre morto. Gli zii erano con
ogni probabilità cristiani, e così Fan
Shouyi, contemporaneamente alla
sua istruzione ufficiale, deve aver ricevuto anche un’educazione cristiana. Secondo il documento dell’Apf,
i due zii chiesero al sacerdote pie-
M
montese Filippo-Felice Carrocci
(1646-95) di accogliere Fan Shouyi
nella sua comunità e di prendersi
cura di lui. Il documento non spiega la motivazione degli zii: essi possono aver scoperto nel ragazzo particolari attitudini allo studio e aver
deciso di affidarlo a un sacerdote
gesuita. Questo potrebbe essere accaduto attorno all’anno 1694, quando Carrocci giunse a Jiangzhou.
Nel 1695 Carrocci, non ancora cinquantenne, morì. Così l’anno seguente giunse a Jiangzhou padre
Provana, nativo di Nizza (a quel
tempo appartenente al regno del
Piemonte), per ricoprire la carica rimasta vacante. Provana incontrò così, nella chiesa di Jiangzhou, Fan
Shouyi, che aveva allora quattordici
anni. Come vedremo, essi divennero
collaboratori e amici nei 25 anni che
seguirono, fino alla morte di Provana, avvenuta nel 1720. Il documento
Apf menziona i compiti svolti da
Fan Shouyi come traduttore, catechista e compagno di Provana nelle
sue missioni, che abbracciavano una
vasta area, specialmente da quando,
negli anni 1699-1701, gli vennero affidate le tre province di Shanxi,
Shaanxi e Henan. Fan Shouyi aveva
acquistato una conoscenza profonda
dei classici, poiché poté spiegare a
Provana i riferimenti che i letterati
cinesi facevano spesso ad essi. In alcune città Provana costruì chiese,
mentre a Taiyuan restaurò la chiesa
che era stata costruita dal gesuita
fiammingo Michel Trigault (160277). Fan Shouyi avrebbe aiutato
Provana ad ottenere dalle autorità
cinesi i permessi necessari, sviluppando così il suo talento per le mediazioni, che sarebbe stato molto
utile poi nel trattare con le corti
della Cina e dell’Europa.
Nel febbraio 1709 giunsero a Roma, dove furono ricevuti da papa
Clemente XI (1649-1721). Qui Fan
sentì la vocazione a farsi gesuita.
Aveva 27 anni e aveva vissuto già
quindici anni con i gesuiti. Come
possiamo leggere dal suo rapporto di
viaggio, il Shenjianlu (rapporto su
ciò che io ho visto personalmente,
1721), fu profondamente colpito dalla
civiltà occidentale e dalle istituzioni
culturali e sociali del cristianesimo,
in particolare dal sistema educativo,
dalle biblioteche e dalle università.
Il 15 dicembre 1709 Fan Shouyi
entrò nel noviziato dei gesuiti a Roma. I due anni di noviziato avrebbero comportato una sua separazione da Provana. Dal 1712 al 1714 egli
studiò latino e filosofia a Milano, e
dal 1715 al 1717 teologia a Torino.
Con questi sei anni di formazione
accademica, egli si aprì alla ricchezza del sapere filosofico e teologico e
procurò una profonda base intellettuale alla sua fede cristiana. Mentre
Fan Shouyi studiava a Milano e a
Torino, Provana viveva in queste città, anche se non nella stessa casa, e
così poté aiutare il suo allievo, e garantire che il giovane fosse preparato per l’ordinazione sacerdotale, che
ebbe luogo nel 1717. Dopo il fallimento della delegazione di Mezzabarba, Fan Shouyi continuò il suo
servizio come sacerdote nel nord
della Cina. Morì all’inizio del 1753 e
fu sepolto nel cimitero cattolico di
Nella sua duplice veste di suddito
dell’imperatore Kangxi
e di sacerdote gesuita s’impegnò
a fare il proprio dovere di religioso
e di politico nei tempi difficili
della Controversia dei riti cinesi
Zhalan, vicino alle tombe di Matteo Ricci e di altri gesuiti. L’iscrizione sulla sua lapide menziona i
suoi 33 anni di servizio alla missione e i 44 anni nella Compagnia
di Gesù. Il disegno della lapide riflette la sua doppia identità: da
una parte, il dragone, che simboleggia la lealtà al suo Paese;
dall’altra, la croce, che simboleggia la sua fede cristiana.
Dall’Iraq per rispondere all’Is
terracotta, strumenti musicali,
statuette di divinità e animali. La
mostra nel padiglione dell’Iraq,
come afferma la curatrice, Tamara
Chalabi, citata dal «Guardian»,
intende essere una risposta al
genocidio culturale
voluto dall’Is. È molto
importante che le persone
fuori dall’Iraq vedano
questi oggetti e ne
comprendano il
significato culturale, nel
momento in cui essi
vengono distrutti a
Palmyra, a Nimrud, a
Mosul. Tutti questi
artefatti — evidenzia la
curatrice — rivestono un
valore universale perché
trasmettono il messaggio
che l’Iraq in passato è
stato una culla per l’arte
e che vorrebbe,
nonostante le violenze,
continuare a esserlo. Il
museo nazionale di
Artefatto di argilla risalente al 3000 prima dell’era cristiana
Baghdad, chiuso nel 2003
per i continui saccheggi,
ha riaperto le porte ai
(chiamato «Arcaico») della
visitatori dopo dodici anni, nel
cinquantasettesima Biennale di
2015. All’epoca quasi quindicimila
Venezia, che si apre il 13 maggio: è reperti furono danneggiati o
la prima volta che preziosi reperti
trafugati: gli esperti sono poi
escono, legalmente, dal paese. Tra
riusciti a recuperarne più di
gli oggetti esposti figurano vasi di
quattromila. (gabriele nicolò)
Quaranta antichi artefatti, che
attraversano sei millenni, dal
neolitico al periodo neobabilonese, provenienti dal museo
nazionale di Baghdad saranno in
mostra nel padiglione iracheno
sabato 25 febbraio 2017
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 5
Neolaureati giapponesi
in cerca di lavoro
Il successo di un metodo
Cercare lavoro
in Giappone
da Tokyo
CRISTIAN MARTINI GRIMALDI
gni giorno decine di
migliaia di giovani ragazzi italiani si svegliano e cominciano la loro quotidiana ricerca
di un impiego. Soprattutto in Italia
trovare lavoro è diventato sempre
più complesso: occorre passare interi
pomeriggi su internet a inviare curriculum, a scorrere siti con centinaia
di annunci, a telefonare, cercando di
non cadere nella trappola degli stage
non retribuiti.
Se si chiede a un esperto, vi dirà
che il primo posto da visitare sono i
siti delle agenzie per il lavoro, in seconda battuta ci sono i social network: Linkedin domina, ma anche
Facebook comincia a essere un luogo di ricerca, anche perché, si sa, in
Italia le “connection” contano moltissimo.
Ma se c’è un luogo al mondo che
pare aver ideato un sistema apparentemente infallibile per la ricerca di
lavoro, questo è il Giappone. Infallibile perché nonostante un’economia
che non cresce da anni, la percentuale di disoccupazione è ferma al di
sotto del 5 per cento.
Spesso è infatti proprio la mancanza di un sistema organizzato a
determinare una clamorosa perdita
di tempo per chi, invece, avrebbe
veramente bisogno di un reddito per
entrare così finalmente a far parte di
quel club ambitissimo, e ormai sempre più ristretto, di coloro che possono dirsi indipendenti.
I turisti stranieri per le strade di
Tokyo si domandano che cosa fanno
quei giovani uomini e donne che
vedono indossare uniformi nere, ma
che non sembrano avere la cronica
stanchezza dei salaryman (i classici
impiegati) e non sono evidentemente
uomini d’affari. La risposta: si tratta
di studenti universitari giapponesi
O
pagati meno di dieci euro l’ora, perA quel punto il candidato potrà
ché in Giappone si è sempre sotto verificare online se ha passato questa
pressione, a prescindere da quanto è seconda fase, e dunque se potrà accospicuo il conto in banca di mam- cedere alla prima vera selezione che,
ma e papà: «la vita non è una pas- in modo particolare per le grandi
seggiata» è il principio che anche i aziende, si svolge come un vero e
più fortunati devono capire fin da proprio esame di scuola: ci sono dosubito.
mande di cultura generale, matemaQuesta fase è detta anche “Pre-en- tica, scienza, biologia, che fanno
try”, da non confondere con la pre- parte — o dovrebbero far parte — del
sentazione del proprio curriculum. bagaglio culturale di qualunque lauSolo dopo questa fase infatti si può reando. Infatti sono domande che
accedere alla fase “Entry”, ovvero equivalgono all’esame di quinta elel’invio del proprio CV.
mentare. E se la cosa può far sorriIn poche parole, solo dopo aver dere pensando che tutti saprebbero
verificato che esiste un
reale interesse da parte
del laureando di lavorare per quell’azienda,
Nonostante un’economia
il datore di lavoro
che vanno a caccia di posti di tali, dove solitamente si spediscono
che non cresce da anni
concederà la possibililavoro.
quanti più curriculum possibili spetà
di
presentare
il
prola percentuale di disoccupazione
Ed è a marzo che solitamente mi- rando che qualcuno risponda positiprio CV, che in realtà è
lioni di giovani giapponesi — dai 19 vamente o che almeno qualcuno
nel paese asiatico
qualcosa di ben diverai 22 anni di età — si ritrovano a semplicemente risponda, visto che
è ferma al di sotto del cinque per cento
so da come lo immapassare dai banchi dell’università di- non c’è peggior frustrazione per un
giniamo noi.
rettamente a quelli dei colloqui di disoccupato di veder ignorati tutti i
Per cominciare, se
lavoro. Le aziende, per non ostacola- propri sforzi.
si intende lavorare per
re gli studi, spostano le attività di
Lo shūkatsu non è altro che un
una grande compagnia, occorre scri- rispondere automaticamente a doreclutamento a marzo, quando l’an- reclutamento simultaneo di laureanvere una lettera rigorosamente su mande pensate per ragazzi di dodici
no universitario termina per poi ri- di (dunque studenti a tutti gli efcarta, dunque scritta a mano! (sì, an- anni di età, chiedetevi quanti venprendere a inizio aprile.
fetti). La maggior parte degli stucora nel 2017 i giapponesi, ovvero gli tenni italiani saprebbero rispondere
Lo «shūkatsu» — l’abbreviazione denti infatti passano direttamente
inventori dei videogame portatili, alla seguente domanda: «Quali sono
di «shūshoku katsudō» (attività di dall’Università al lavoro vero e prodella Play station e dei robot di i sinonimi e i contrari della parola
ricerca di lavoro) — indica un deter- prio, ovvero passano dall’essere daicompagnia scrivono i propri curricu- “potenziale”?». Oppure, qual è il siminato periodo di tempo dedicato gaksei (studenti) a shakaijin, letteralla a mano e su carta), dove il candi- gnificato della parola “deflazione”.
alla ricerca di lavoro o le attività ad mente «persone che sono dentro la
Sono domande fatte per fissare un
dato racconterà del proprio operato
esso collegate (ci sono decine di ma- società», a ribadire il fondamentale
limite minimo di nozioni di cultura
durante gli anni universitari, rivelerà generale, che qualunque ragazzo doteriali di studio su come meglio po- concetto che solo il lavoro può coni propri punti di forza e di debolez- vrebbe possedere a prescindere dal
ter prepararsi a questo periodo di in- ferire un ruolo all’interno della soza, così come una varietà di altri lavoro che andrà a svolgere, se intensi colloqui) con modalità molto cietà, e dunque contribuire a formadiverse da quelle dei Paesi occiden- re un’identità, in ultimo a dare un
dettagli personali.
tende inserirsi nella società cosiddetta adulta, ma soprattutto a stabilire
se tanti anni di studio sono effettivamente serviti a qualcosa.
Ci sono poi gli esami di lingua
giapponese, e la verifica delle capacità
di esprimersi formalmente, ovveRaccolti in tre volumi scritti e articoli di Giuliana Cavallini su Caterina da Siena
ro di saper usare quel linguaggio che
non fa parte dell’abituale texting da
smartphone e twitting da social network. E qui viene in mente il recente
appello di seicento docenti italiani,
tra cui linguisti, storici, filosofi, matematici, che hanno scritto al presi(inglese e francese, oltre all’italiano) e luogo forse per eccellenza, della comu- mentato questa felicità quando ha trodente della Repubblica denunciando
di SILVIA GUIDI
l’inesausto stupore per il paradosso di nicazione. Lì si comunica con gli altri. vato qualcuno aperto a entrare in sinche in Italia gli studenti non sanno
a mia natura è il Caterina, la illetterata figlia di un tin- Ma che cosa? Qualche cosa di nostro, tonia con il suo insegnamento.
l’italiano («bisogna ripartire dai fonfuoco» è il titolo tore senese che ha trovato un posto altrimenti perché la gioia? Qualcosa
«Ma sembra che questo non gli sia
damentali, grammatica ortografia,
di un celebre ro- eminente tra gli scrittori del Trecento, che cominciammo ad acquisire sui bastato perché ha fatto ancora di più,
comprensione del testo» si legge
manzo di Louis de epoca che vanta i più luminosi astri di banchi di scuola tanti anni fa, ma che chiamandoci ad essere suoi colleghi
nell’appello).
Wohl ispirato alla tutta la letteratura italiana. A tanti se- poi è divenuto nostro; è divenuto, qua- (...) ci ha fatti partecipi del suo stesso
Forse se anche in Italia, prima di
vita di Caterina da Siena. Piene di coli di distanza il nome della giovane si, noi stessi, nel ripensamento, nel sentire, beati e dolorosi come lui. Cosa
accedere a qualunque tipo di profesfuoco — non solo in senso mistico, an- terziaria di Fontebranda è accostato a confronto con la vita, nello studio di poteva darci di più bello e di più
sione, fosse obbligatorio un esame di
che nel senso più feriale e quotidiano quello di grandi pensatori cristiani renderlo accessibile a nostra volta». grande? Non so proprio immaginarlo»
questo tipo, magari gli studenti si
del termine perché calde, luminose e come Agostino, Giovanni Crisostomo Matematica, letteratura, biologia o chi- continua Giuliana nel suo atipico disentirebbero più motivati nel far uso
piene di vita — sono anche le parole di e Bernardo; e a quello dei confratelli mica, storia, filosofia «o semplice scorso di congedo, contagiata dall’endel congiuntivo piuttosto che di una
Tommaso d’Aquino e Alberto di Co- grammatichetta — continua Cavallini — tusiasmo della santa che ha tanto stucorretta punteggiatura.
lonia, figli come lei del patriarca Do- non importa: è sempre qualche cosa di diato e amato. «La letizia di questo
Dopo questa prova scritta ci samenico.
ranno i colloqui, il tutto può durare
vero che ormai possediamo, che è par- dono vorrei gridarla ai quattro venti,
A tanti secoli di distanza
Il rigore scientifico e l’accuratezza te integrante del nostro modo di esse- vorrei gridarla soprattutto ai giovani.
dai 30 giorni fino ai sei mesi a sedelle argomentazioni non riescono a re. È questa la gioia, comunicare la ve- Perché se è naturale che gli anziani a
conda delle aziende. Si tratta di una
il nome della santa
soffocare, nei suoi testi, l’abituale tono rità, comunicare con amore ciò che si un certo momento smettano di parlare
vera e propria sfida tra migliaia di
viene accostato a quello di pensatori cristiani
allegro, confidenziale, pieno di gratitu- ama, dal momento che non si può bisogna pure che vi sia chi continua il
“concorrenti”, che richiede molti sadine per i tanti doni ricevuti e per il possedere la verità senza amarla». Ge- discorso. Una cattedra muta è una cocrifici e rinunce, ma se si hanno le
come Agostino e Bernardo
dono più grande di tutti, quello della sù stesso, chiosa Giuliana, ha speri- sa triste».
carte in regola si viene quasi sempre
condivisione del sapere. Basta leggere
premiati, anche perché questo tipo
il brano che introduce il libro, tratto
di sistema, rigidamente strutturato,
Giuliana Cavallini, che alla santa sene- da un testo scritto alla fine degli anni
con regole fisse a determinare il mise ha dedicato una quantità innumere- Ottanta per la rivista «L’arbore della
gliore candidato possibile per l’asvole di lezioni, articoli e saggi. Oltre carità», per rendersene conto. L’autrisunzione, riduce di molto la possibicento titoli, tratti dagli scritti minori, ce, che per trent’anni ha insegnato alla
lità che si infiltrino i soliti raccomansono stati raccolti in tre volumi (Giu- Lumsa, sta parlando di vecchiaia e
dati.
liana Cavallini, Profilo cateriniano. Dal pensionamento imminente, ma la maMa gli occidentali hanno sempre
fondamento all’azione, Roma, Campisa- linconia che fatalmente accompagna
guardato con un certo sussiego il
no Editore, 2016, pagine 474 + 366 + ogni bilancio, anche il più positivo,
modello giapponese, criticato per es365) nella collana Quaderni del Centro viene ben presto ribaltata nel suo consere troppo rigido e incapace di far
internazionale di studi cateriniani. trario.
emergere i talenti, un sistema che riGiuliana era nata a Roma nel 1908 ed
«Va bene: quest’anno non avrò insedurrebbe sì l’incompetenza, ma solo
è morta nella stessa città all’età di 96 gnamento. C’è troppa distanza a quana costo di un generale appiattimento
anni; la sua produzione, nota la cura- to pare — scrive Giuliana — tra il milleverso il basso, o come diceva più
trice, Diega Giunta, inizia e si conclu- simo della mia nascita e quello in cui
“umilmente” il generale MacArthur,
de con due articoli pubblicati dal no- siamo, e il peso degli anni intermedi
il vero restauratore del Giappone
stro giornale (nel giugno 1949 e nel rende eccessivo lo sforzo di salire il
post-bellico, «i giapponesi somigliamaggio 2004, uscito postumo). Scor- gradino della cattedra. È questa la reno a dei ragazzini di dodici anni».
rendo i tre volumi salta agli occhi la gola del gioco e non si può non accetEppure qui i ragazzini di dodici
varietà dei temi affrontati — la Chiesa tarla allegramente, con senso sportivo.
anni sanno già esprimersi con un
mater et magistra, ovviamente, ma an- Va bene. Ma questa mattina vado anlinguaggio formale, keigo, quello utiche la natura e l’uomo, e la poesia del- cora a scuola per un esame, e mentre
lizzato nei rapporti di lavoro tra
le cose, fino ad arrivare a una sorta di cammino sui soliti lastroni evitando le
adulti per intenderci, quando i noecologia ante litteram — la profondità solite buche, provo un senso di gioia.
stri neolaureati, a detta dei loro stesdella riflessione, la naturalezza con cui Perché vado a scuola? Può darsi: la
si docenti, nelle tesi di laurea comFrancesco
Messina,
«Monumento
dedicato
a
santa
Caterina
da
Siena»
(1961)
mettono errori da terza elementare.
scriveva e pensava in tre lingue diverse scuola è il luogo della gioia perché è il
senso alla propria esistenza, perché
senza quello non siamo nessuno. Se
vi sembra un pensiero estremo, allora consiglio di rileggere l’ormai tristemente famosa lettera del trentenne friulano suicida perché stanco di
una vita da precario.
Vi sono vari siti web di supporto
allo shūkatsu, che consentono la ricerca di varie aziende in maniera efficiente e razionale. Ma dopo questa
prima fase online si passa immediatamente alla fase face-to-face.
Esistono infatti dei veri e proprio
meeting dove vengono invitate migliaia di aziende, ed è qui che gli
studenti possono verificare di persona quelle che rispondono ai propri
interessi. Una sorta di Salone del Libro dove al posto dei gazebo dei vari editori ci sono migliaia di società,
rappresentate da due o più persone,
e divise per sezioni: marketing, finanza, ingegneria, ecc.
Ma un laureando cosa deve fare
per arrivare a ottenere l’agognato
posto di lavoro?
Per cominciare, dopo aver valutato le aziende di suo interesse, deve
riempire un modulo online dove
scrivere le proprie informazioni personali, i corsi di studio scelti durante
il periodo universitario, elencare le
attività di volontariato svolte, ed
eventualmente attività di impresa
create, quelle per intenderci che ora
va di moda chiamare start up. Poi i
vari lavori part-time svolti e che in
Giappone tutti fanno: anche i figli
di miliardari alla fine dei loro studi
avranno sperimentato quei lavoretti
di dodici o sedici ore a settimana,
Pagine piene di fuoco
«L
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
sabato 25 febbraio 2017
Antico affresco raffigurante
sant’Andrea di Creta
Concluso ad Al-Azhar l’incontro interreligioso tra cattolici e musulmani
Valori comuni
ISTANBUL, 24. «Come cristiani ortodossi siamo chiamati a vivere il periodo della santa e grande quaresima come un tempo di sobrietà coscienziosa e di ravvedimento, come
un momento di eternità della nostra
identità ortodossa. Siamo chiamati
cioè a vivere e a convivere con Cristo, a vivere ecclesiologicamente e
spiritualmente, poiché solo nella vita in Cristo esiste la possibilità di
ravvedere la nostra coscienza e di
elevarci nel luogo della libertà reale
e degli infallibili giudizi per il nostro riposo e la nostra redenzione».
Il messaggio che il patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ha scritto quest’anno
per l’inizio della quaresima è una
vera e propria omelia catechetica
nella quale invita gli ortodossi, «attraverso la grazia e la filantropia di
Dio», a vivere con criterio «il momento più adatto per volgere l’anima umana, la nostra propria anima,
verso il Signore». Si tratta infatti di
«un raccoglimento continuo davanti
al mistero di Dio che si sviluppa
ogni giorno, il mistero della salvezza dell’uomo».
L’occasione offerta dai sacri digiuni — spiega il patriarca ecumenico — ha una particolare caratteristica, ovvero «il ravvedimento e la sobrietà dell’anima, che è chiamata,
particolarmente durante questo periodo pieno di divini propositi e
santità, a rendersi conto delle cose
passeggere e visibili e a passare gradualmente verso le cose più importanti, superiori, verso le cose invisibili». Bartolomeo cita il Grande canone di Andrea di Creta, nel quale il
vescovo bizantino parla a sé e a
ogni anima afflitta e affaticata dalle
tentazioni e dalle preoccupazioni
della vita presente: «Il santo, cosciente del peso dell’anima umana,
ferita dal peccato, nell’agonia grida:
I vescovi
sulla lotta
agli abusi
in Australia
CAMBERRA, 24. «Come presidente della Conferenza episcopale
australiana mi rivolgo ai sopravvissuti degli abusi sessuali su minori, ai cattolici e a tutta la comunità e prendo questo impegno: farò tutto quanto in mio
potere per garantire che l’abuso
del passato non accada mai più e
che le riforme che i miei compagni vescovi e i leader religiosi
hanno approvato negli ultimi anni, siano attuate. Ribadisco che
la Chiesa cattolica in Australia
continuerà a sostenere i superstiti
di abusi sessuali su minori». Si
conclude con questo solenne impegno il comunicato dell’arcivescovo Denis Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana, diffuso al termine delle audizioni che la Royal Commision,
istituita per fare luce sui casi di
pedofilia e abuso sui minori nelle
istituzioni, ha dedicato alla Chiesa cattolica. Nel suo comunicato,
il presidente dei vescovi australiani esprime gratitudine alle vittime degli abusi per “il coraggio”
che hanno dimostrato parlando
di quanto hanno subito. «Quello
che abbiamo imparato — scrive il
presule — dal nostro coinvolgimento nei casi di studio della
commissione reale e dal lavoro
condotto per capire meglio quali
dinamiche hanno contribuito a
diffondere l’abuso sessuale su minori nella Chiesa, deve ora essere
implementato nelle nostre politiche e pratiche future». A questo
proposito, il presidente dei vescovi esprime «gratitudine» per il
lavoro «senza alcun dubbio faticoso e impegnativo» che hanno
svolto in questi anni sia la commissione reale sia l’ente formato
dalla Chiesa cattolica per coordinare la risposta della Chiesa, «il
Consiglio per la verità, la giustizia e la guarigione». I vescovi attendono ora il rapporto finale e
le raccomandazioni al governo
che verranno presentate da Peter
McClellan, presidente della commissione reale.
Respingere ogni forma di fanatismo, estremismo e violenza in
nome della religione; promuovere la conoscenza reciproca, i valori comuni e la tolleranza. È
quanto auspicano il Centro per
il dialogo di Al-Azhar e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso nel comunicato congiunto rilasciato al termine del
simposio svoltosi al Cairo dal 22
al 23 febbraio.
Un incontro «andato molto
bene» e che ha «soddisfatto» il
cardinale presidente del dicastero Jean-Louis Tauran, a capo
della delegazione cattolica. I lavori sono stati inaugurati dagli
interventi dello stesso porporato, del vice del Grande imam di
Al-Azhar, lo sceicco Abbas
Shouman, e del direttore del
Centro per il dialogo dell’istituzione
accademica
sunnita,
Mahmoud Hamdi Zakzouk. Nel
corso della due giorni i partecipanti hanno presentato sei ricerche, in arabo e in inglese, sulle
cause del fanatismo, dell’estremismo e della violenza religiosi,
e sulle modalità di contrasto di
questi fenomeni, di cui lo stesso
Egitto è vittima in queste ore.
Al termine hanno rilasciato una
dichiarazione congiunta contenente una dozzina di raccomandazioni.
La prima sottolinea l’importanza del dialogo tra la massima
autorità di Al-Azhar, lo sceicco
Ahmad Muhammad al-Tayyib, e
il Pontificio consiglio; la seconda ribadisce la necessità del rispetto della diversità religiosa.
Messaggio di Bartolomeo per l’inizio della quaresima
Lotta
dell’anima
“Anima mia, anima mia, sorgi, perché dormi?”. Questo grido conduce
alla presa di coscienza della vanità e
al timore indicibile della fine della
vita terrena: “La fine si avvicina e
sarai (anima mia) nel turbamento”.
Davanti alla fine inaspettata della
vita che viene “come un ladro nella
notte”, il luminare di Creta chiama
se stesso e ogni anima ferita e pervasa dal timore dell’insicurezza: “Ritorna dunque in te, perché ti risparmi Cristo Dio, che è presente ovunque e che tutto ricolma”».
L’insegnamento e la voce patristica ortodossa esortano, dunque, durante il periodo quaresimale, a «essere coscienti ciascuno di “chi siamo, dove ci troviamo e dove andiamo”, cioè dove ci dirigiamo», a
«percepire la vanità della vita effimera e a convertirci per quanto “in
conoscenza e ignoranza, in parole e
opere, in attività e in tutti i nostri
sensi” abbiamo operato fino a oggi
non secondo il Vangelo e la legge
della grazia di Cristo, e a ravvederci». Solo allora — sottolinea l’arcivescovo di Costantinopoli — «troveremo misericordia e grazia e ci risparmierà colui che esamina i cuori e le
intimità e tutti i segreti degli uomini
e i pensieri che il Signore conosce, e
non ci imputerà i vani pensieri che
conducono alle opere inutili».
Davanti all’uomo si configura una
lotta che «si computa nella nostra
sobrietà e nel nostro ravvedimento,
nella metanoia. Attraverso la metanoia, cioè la consapevolezza del nostro stato, e attraverso la confessione, la nostra vita si adorna con “la
remissione dei peccati, la comunione dello Spirito santo, la pienezza
del regno dei cieli”. Il ravvedimento
si identifica con la coscienza
dell’uomo che si converte (cfr. 2 Corinzi, 1, 12 e Romani, 2, 15). La coscienza è dono di Dio».
Il primate conclude il suo messaggio quaresimale con un’invocazione al Signore affinché renda degni «tutti i fedeli ortodossi, in pace
e in contrizione di cuore, di attraversare il sacro periodo e lo stadio
che si apre di grazia e forza, affinché dopo aver compiuto la corsa valorosamente giungiamo tutti al giorno sovrano della tua risurrezione e
con gioia incessantemente ti lodiamo con il capo incoronato» (cfr.
Poema di Teodoro, Triodion).
no fare insieme per promuovere
le relazioni tra i popoli, gli individui, le civiltà e le religioni, al
fine di garantire la pace, la sicurezza e la stabilità. Nella consapevolezza che incontri come
terroristiche, per esempio prosciugandone le risorse e fermando chi le rifornisce di denaro e
di armi, in modo da proteggere
i giovani dalle loro devastanti
ideologie.
Perché l’Iraq ritrovi la pace
BAGHDAD, 24. «Alla luce dell’anno
dedicato alla pace, vorrei invitare
tutti, figlie e figli della Chiesa caldea, a dedicare le preghiere per la
quaresima all’Iraq e agli iracheni affinché possano vivere in una pace
giusta e duratura»: inizia con queste
parole il messaggio che il patriarca
di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako ha diffuso in vista del
tradizionale tempo di penitenza e
conversione in preparazione della
Pasqua. Un documento, non lungo,
Occasione da non perdere
paese. «Dati attendibili e una corretta classificazione delle religioni
hanno un’importanza fondamentale
per lo status dei non musulmani pakistani», ha dichiarato Cecil Shane
Chaudhry, direttore esecutivo della
commissione nazionale della giustizia e della pace della Conferenza
episcopale pakistana.
In vista di questo appuntamento,
riferisce l’agenzia Fides, nei giorni
scorsi la Chiesa cattolica ha riunito i
suoi operatori pastorali insieme a
quelli della comunità anglicana del
Pakistan, guidata a Karachi dal vescovo Sadiq Daniel. Tutti hanno
concordato sul fatto che «il censi-
quello svoltosi nella capitale egiziana possono servire anche a
chiarire qualsiasi convinzione errata e a confermare il valore della tolleranza tra i seguaci delle
religioni, i partecipanti hanno
infine esortato tutti i governi, le
organizzazioni e le autorità internazionali a cooperare tra loro
per porre un freno ai gruppi
estremisti e violenti.
E in proposito le ultime raccomandazioni riguardano azioni
concrete per contrastare in modo realistico le organizzazioni
Invito del patriarca Sako alla preghiera
I cristiani e il censimento in Pakistan
KARACHI, 24. «È necessario fare un
passo in avanti per unire tutta la
popolazione dei battezzati, senza alcuna distinzione di confessione,
coinvolgendo ogni singolo operatore pastorale, a partire dai vescovi, fino ai parroci e ai catechisti, per ottenere i numeri corretti sulle nostre
comunità cristiane». È quanto afferma l’arcivescovo di Karachi, Joseph
Coutts, sottolineando come gli operatori pastorali delle diverse comunità cristiane saranno cruciali per
promuovere
la
consapevolezza
dell’importanza del censimento che
si terrà in Pakistan nel prossimo
marzo.
Nel dicembre scorso, infatti, la
corte suprema ha ordinato al governo del Pakistan di tenere il sesto
censimento nel paese. L’operazione
si svolgerà in due fasi: la prima dal
15 marzo al 14 aprile, la seconda dal
25 aprile fino al 24 maggio. Da tempo i vescovi cattolici avevano chiesto al governo che il censimento venisse indetto al più presto. L’ultimo
conteggio ufficiale — che dovrebbe
svolgersi ogni 10 anni — risale al
1998, e dai risultati la popolazione
ammontava a 132 milioni. Oggi si
presume che sia arrivata alla soglia
dei 200 milioni, cosa che renderebbe il Pakistan il sesto paese più popoloso del mondo. Soprattutto, il
censimento si prefigura come un’importante opportunità per le minoranze religiose, per tutelare gli interessi di queste comunità spesso discriminate e sotto-rappresentate nel
Inoltre si individuano tra le cause del fanatismo e dell’estremismo la povertà, l’ignoranza,
l’abuso politico della religione e
l’errata interpretazione dei testi
sacri. In proposito si suggerisce
di prestare particolare attenzione
ai giovani, aprendo canali di
dialogo, formandoli ed educandoli in modo corretto ai “valori
comuni” condivisi, come la misericordia, l’amore e il rispetto.
Il secondo blocco di raccomandazioni riguarda ciò che le
due istituzioni interessate posso-
mento 2017 è molto importante per
la comunità cristiana, non solo per
il nostro sviluppo, ma anche per i
nostri diritti». Entrambe le comunità ecclesiali hanno deciso di lanciare
una campagna di sensibilizzazione
che partirà dalle celebrazioni liturgiche domenicali e si estenderà a tutti
gli incontri.
In quest’ottica, il cattolico Anthony Naveed, assistente speciale
per l’armonia interreligiosa del primo ministro della provincia del Sindh, si è reso disponibile a condurre
seminari specifici per informare e
istruire tutti gli operatori pastorali
sulle procedure per partecipare attivamente al censimento del 2017.
Naveed ha iniziato a spiegare ai
partecipanti alcune procedure chiedendo alle famiglie cristiane di preparare i documenti necessari per rispondere al censimento. «Sarà un
momento importante per noi cristiani: potremo essere riconosciuti
per i nostri numeri reali. Questo
censimento potrà determinare il nostro futuro», ha detto. Alcuni hanno infatti ricordato l’importanza
della questione della rappresentanza
politica delle minoranze. Zahid Farooq, un assistente sociale cristiano,
ha detto: «Nella prima assemblea
nazionale, al tempo della fondazione del Pakistan, c’erano 145 seggi
tra i quali 10 riservati alle minoranze; ora i seggi sono 342, ma i seggi
per le minoranze non sono variati e
restano 10».
in cui si batte il tasto sulla necessità
che il paese, dopo tante traversie, ritrovi finalmente uno spirito di concordia e di civile convivenza. In
questa prospettiva, si ricorderà,
nell’ottobre scorso, in occasione di
una preghiera ecumenica svoltasi in
un sobborgo di Erbil, il patriarca
caldeo aveva lanciato la proposta di
indire il 2017 come Anno della pace,
celebrato insieme dalle Chiese e dalle comunità cristiane presenti in
Iraq per favorire la riconciliazione
nazionale.
Nel messaggio di quaresima, il
patriarca di Babilonia dei Caldei
torna sulla questione e invita vescovi e sacerdoti a coordinare le iniziative. In particolare, suggerisce loro
di «celebrare preghiere comuni, organizzare una speciale via crucis»,
nonché di organizzare dibattiti, convegni e altre attività correlate, «al fine di promuovere una cultura della
pace e di portare i valori di convivenza, in primo luogo nei nostri
cuori, di modo che noi possiamo
condividerli con gli altri». Inoltre,
Sako ha ricordato che «poiché tutte
le nazioni anelano alla pace, è compito di tutti, in particolare del clero,
dare priorità alla pace nella propria
missione. La pace — ha scritto nel
messaggio — deve essere realizzata
anche da noi, non solo dai politici,
con iniziative coraggiose e prendendo decisioni responsabili».
In questa prospettiva è stata anche annunciata per la domenica delle palme una marcia della pace
aperta anche ai musulmani, che par-
tirà da Erbil e si concluderà ad Alqosh, nella piana di Ninive, a piedi
e in un solo giorno, per chiedere la
fine delle violenze in Iraq e in tutto
il Medio oriente. «Io sarò alla guida
della marcia — ha dichiarato il patriarca caldeo all’agenzia AsiaNews
— e sarà una occasione forte di unità». Sempre nel tempo di quaresima, ha aggiunto Sako, «vogliamo
anche raccogliere aiuti e fondi per i
profughi musulmani, chiedendo alla
nostra gente di aiutare le persone
nel bisogno senza fare distinzioni in
base alla fede, o all’etnia». Nelle
prossime settimane Sako ha in programma una visita in un campo
profughi musulmano nel quale sono
ospitati quanti hanno abbandonato
Mosul per sfuggire al cosiddetto
Stato islamico, portando loro «la
solidarietà cristiana».
Nel messaggio per la quaresima il
patriarca ha fatto poi esplicito riferimento «al difficile momento dei cristiani» in Iraq. In questo senso,
«dobbiamo impegnarci a lavorare
insieme e a pregare senza stancarci», affinché «gli sfollati ritornino
sani e salvi nelle loro case e nelle loro proprietà, dopo aver vissuto
un’esperienza amara nei campi di
accoglienza per profughi».
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 25 febbraio 2017
pagina 7
Messa a Santa Marta
«Signore, che io sia giusto, ma
giusto con misericordia»: è la
preghiera suggerita da Papa
Francesco per non cadere nell’«inganno ipocrita» della «casistica», nella «logica del “si può”
e “non si può”». Consapevoli
che «in Dio giustizia è misericordia e misericordia è giustizia». Sono queste le linee essenziali della riflessione proposta
Giustizia con misericordia
dal Pontefice nella messa celebrata venerdì mattina, 24 febbraio, a Santa Marta.
«C’erano tre gruppi di persone che seguivano Gesù» ha fatto
subito notare Francesco, riferen-
Macha Chmakoff, «La samaritana»
dosi al passo evangelico di Marco (10, 1-12) proposto dalla liturgia. E così, anzitutto, «la folla lo
seguiva per imparare, perché lui
parlava con autorità». Certo, ha
aggiunto, lo seguiva «anche, per
farsi guarire». Il secondo gruppo
è composto da «dottori della
legge» che, invece, «lo seguivano per metterlo alla prova: si avvicinavano e per metterlo alla
prova domandavano cose». Ci
sono poi «i discepoli, il terzo
gruppo: lo seguivano perché erano attaccati a lui, Gesù stesso li
aveva chiamati per essere vicini».
E così «questi tre gruppi seguivano sempre Gesù».
Marco racconta che al Signore
«si avvicinano questi dottori della legge: è chiaro, lo dice il Vangelo, per metterlo alla prova domandavano a Gesù se è lecito a
un marito ripudiare la propria
moglie». Ma «Gesù — ha spiegato il Papa — non risponde se sia
lecito o non sia lecito; non entra
nella loro logica casistica, perché
loro pensavano soltanto alla fede
in termini di “si può” o “non si
può”, fino a dove “si può”, fino
a dove “non si può”». Però in
«quella logica della casistica Gesù non ci entra». Anzi, a loro
«rivolge una domanda: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”». In
pratica chiede «che cosa c’è nella
vostra legge?”».
Nel rispondere a questa domanda di Gesù, ha fatto presente Francesco, i dottori della legge «spiegano il permesso che ha
dato Mosè per ripudiare la moglie, e sono proprio loro a cadere
nel tranello, perché Gesù li qualifica “duri di cuore”». E si rivolge loro così: «Per la durezza del
vostro cuore egli scrisse per voi
questa norma». E così Gesù «dice la verità, senza casistica, senza
permessi, la verità: “D all’inizio
della creazione, Dio li fece maschio e femmina”». E continua:
«Per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre» e «si mette
in cammino», e «si unirà a sua
moglie e i due diventeranno una
carne sola». Perciò «non sono
più due, ma una sola carne». E
questa, ha affermato il Papa,
«non è né casistica, né permesso:
è la verità; Gesù dice sempre la
verità».
Marco, poi, racconta nel suo
Vangelo anche la reazione del
«terzo gruppo, i discepoli, a casa: lo interrogarono di nuovo su
questo argomento per capire meglio, perché loro conoscevano
questo permesso di Mosè, questa
legge di Mosè». E «Gesù è ancora molto chiaro: “Chi ripudia
la propria moglie e ne sposa
un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette
adulterio».
Dunque Gesù dice «la verità»,
ha affermato il Pontefice. Egli
«esce dalla logica casistica e
spiega le cose come sono state
create, spiega la verità». Ma «sicuramente, qualcuno può pensare: “Sì, la verità è questa, ma tu,
Gesù, tu sei andato lì a parlare
con un’adultera!”». E anche
«tante volte adultera: cinque,
credo». Perciò, così facendo, «sei
diventato impuro. E sei diventato impuro anche perché quella
era pagana, era una samaritana.
E parlare con uno che non era
ebreo ti faceva impuro e sei diventato impuro, anche perché
hai bevuto dal bicchiere di lei,
che non era stato purificato». Al-
lora, «come mai tu dici che questo è adulterio, che questo è grave, e poi parli con quella, le
spieghi il catechismo e bevi anche quello che lei ti dà?». E ancora: «Un’altra volta ti hanno
portato un’adultera — chiaro a
tutti: l’hanno presa in adulterio
— e tu, alla fine, cosa hai detto?
“Io non ti condanno, non peccare più”. Ma come si spiega questo?» si potrebbe, dunque, obiettare.
«È il cammino cristiano» è
stata la risposta del Pontefice. Si
tratta del «cammino di Gesù,
perché anche lui — pensiamo a
Matteo, a Zaccheo, ai banchetti
che fa con tutti i peccatori — andava da loro, a mangiare». E «il
cammino di Gesù, si vede chiaro, è il cammino dalla casistica
alla verità e alla misericordia:
Gesù lascia fuori la casistica». E
«a quelli che volevano metterlo
alla prova, a quelli che pensavano con questa logica del “si
può”, li qualifica — non qui, ma
in altro passo del Vangelo — ipocriti». E questo vale anche «con
il quarto comandamento: questi
negavano di assistere i genitori
con la scusa che avevano dato
una bella offerta alla Chiesa,
ipocriti!». Perché, ha insistito
Francesco, «la casistica è ipocrita, è un pensiero ipocrita: “si
può, non si può”». Un pensiero
«che poi diventa più sottile, più
diabolico: “Ma fino a chi posso?
Ma di qui a qui, non posso”». È
«l’inganno della casistica». Invece «no: dalla casistica alla verità
ma la verità è questa». E «Gesù
non negozia la verità, mai: la dice tale e quale è».
Ma non c’è «solo la verità»,
ha spiegato il Papa. C’è «anche
la misericordia, perché lui è l’incarnazione della misericordia del
Padre e non può negare se stesso». E «non può negare se stesso perché è la verità del Padre, e
non può negare se stesso perché
è la misericordia del Padre». E
«questa — ha proseguito — è la
strada che Gesù ci insegna a percorrere: non è facile, nella vita,
quando vengono le tentazioni:
pensiamo alle tentazioni di affari». In quel caso «gli affaristi»
dicono: «Io posso fare fino a
qui, licenzio questi dipendenti e
guadagno più di qua». È «la casistica», appunto. «Quando la
tentazione ti tocca il cuore — ha
affermato il Papa — questo cammino di uscire dalla casistica alla
verità e alla misericordia non è
facile: ci vuole la grazia di Dio
perché ci aiuti ad andare così
avanti. E dobbiamo chiederla
sempre».
«Signore, che io sia giusto, ma
giusto con misericordia» è la
preghiera suggerita da Francesco. Ma «non giusto, coperto
dalla casistica». Invece la preghiera da fare al Signore è per
essere «giusto nella misericordia,
come sei tu, giusto nella misericordia». E «poi uno di mentalità
casistica può domandare: che cosa è più importante in Dio, giustizia o misericordia?». Ma questo «è un pensiero malato, che
cerca di uscire: cosa è più importante?». In realtà «non sono
due: è uno solo, una sola cosa.
In Dio, giustizia è misericordia e
misericordia è giustizia». E «il
Signore — ha concluso il Papa —
ci aiuti a capire questa strada,
che non è facile, ma ci farà felici,
a noi, e farà felice tanta gente».
Il cappellano della chiesa anglicana di All Saints parla della visita del Papa
Meta
da raggiungere
di NICOLA GORI
Qual è il modo migliore per superare gli
ostacoli?
Che rapporti ha la parrocchia con il
Centro anglicano di Roma?
Una parrocchia composta da fedeli di
oltre venti nazionalità, che celebra
duecento anni di vita con un ospite
d’eccezione: Papa Francesco. È la comunità anglicana della chiesa di All
Saints in Roma, dove il Pontefice si
recherà nel pomeriggio di domenica
26 febbraio. Del significato della visita parla, in questa intervista all’O sservatore Romano, il cappellano, Jonathan Boardman.
È quello di essere chiari e ascoltare
le posizioni dell’altro, avendo sempre
davanti a noi la meta da raggiungere:
l’unità e la volontà di Cristo.
La parrocchia di All Saints appartiene alla nostra diocesi di Gibilterra
in Europa, che rappresenta la Chiesa
d’Inghilterra sul continente. Il Centro
invece costituisce una presenza della
Comunione anglicana nel suo insieme
ed è guidato dal rappresentante personale dell’arcivescovo di Canterbury.
La nostra parrocchia ha contatti con
il vicariato di Roma e con la Conferenza episcopale italiana, mentre il
Centro si occupa dei rapporti con la
Santa Sede.
Cosa rappresenta la presenza di Papa
Francesco tra voi?
È un segno di gioia e di solidarietà
tra cristiani. Siamo contenti di celebrare il duecentesimo anniversario
della presenza degli anglicani nella
città insieme con il vescovo di Roma
e anche con i fratelli delle altre confessioni cristiane.
Qual è la realtà della vostra comunità?
È frequentata da circa cinquecento
fedeli appartenenti a più di venti nazionalità. Abbiamo poi fratelli della
nostra comunità sparsi anche in altre
città italiane, come a Città della Pieve, in Umbria, e a Macerata e Pesaro,
nelle Marche. Io sono il cappellano
della chiesa dal novembre 1999.
A colloquio con il segretario del dicastero per l’unità dei cristiani
Per conoscersi meglio
Sono stati fatti passi in avanti in ambito ecumenico?
Negli ultimi anni i rapporti sono
stati approfonditi con amicizia reciproca. Ci siamo confrontati anche
con le difficoltà, e gli sviluppi hanno
creato nuove domande nel percorso
del pellegrinaggio comune. Tra queste, c’è per esempio la questione
dell’ordinazione delle donne; ma a
fronte di ciò, siamo comunque desiderosi di camminare insieme verso
l’unità.
C’è un terreno comune su cui lavorare?
Una risposta eloquente è il gemellaggio tra noi e la parrocchia cattolica
di Ognissanti, nel settore est di Roma. Abbiamo già lavorato insieme,
ma questo scambio mette un sigillo
sulla nostra collaborazione. Per rendere concreto il gemellaggio ci impegniamo al massimo per l’unità, in
particolare, focalizzando gli sforzi su
tre ambiti: approfondire la reciproca
conoscenza e l’amicizia, partecipare
agli incontri a livello ufficiale per conoscersi meglio e compiere un servizio ai poveri e ai bisognosi della nostra città.
Un gemellaggio per conoscersi, condividere progetti e compiere opere di carità e di
solidarietà insieme. È quello tra la parrocchia anglicana All Saints e la parrocchia
cattolica di Ognissanti, che verrà ufficializzato durante la visita del Papa alla comunità anglicana di via del Babuino a Roma.
Lo spiega in questa intervista al nostro
giornale, il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Che significato ha la visita di Papa Francesco
alla chiesa anglicana di All Saints?
Papa Francesco è molto cosciente di essere il vescovo di Roma. In questa era ecumenica, un vescovo deve avere attenzione
verso tutti i cristiani che sono nel suo territorio. Sappiamo che ha un’apertura cordiale nei confronti di tutti i fratelli delle altre
Chiese e comunità. Credo che questa visita
si possa leggere nella stessa linea dei precedenti incontri con i valdesi, i pentecostali e i luterani.
A cinquanta anni dallo storico incontro tra
Paolo VI e il primate Michael Ramsey, come
giudica lo stato delle relazioni tra cattolici e
anglicani?
Tutti sappiamo che cinquant’anni fa non
c’era un vero e proprio dialogo tra cattolici
e anglicani. Adesso, al contrario, ci sentiamo veramente uniti nella fede, nel battesimo comune e nella missione di portare il
Vangelo alla società di oggi. Tante barriere
sono state abbattute, tante opinioni false
degli uni sugli altri sono state superate. La
questione al momento è di incontrarci e
conoscerci sempre più profondamente in
spirito di fede e di missionarietà per collaborare meglio alla diffusione del Vangelo.
In cinquanta anni siamo riusciti anche a livello teologico a superare certe difficoltà.
Abbiamo ancora molti passi da fare, soprattutto perché tra noi ci sono difficoltà
importanti sul concetto stesso di Chiesa, in
particolare sulla sacramentalità, sul ministero e su come la Chiesa deve compiere la
missione di santificare. In questo senso abbiamo ancora molto da studiare nei dialoghi teologici, ma a livello di fratellanza, di
solidarietà, di cooperazione abbiamo fatto
grandi progressi.
Cosa possono fare insieme cattolici e anglicani
per annunciare Cristo agli uomini del nostro
tempo?
Con la visita del Papa si inaugura un
gemellaggio tra la parrocchia anglicana di
All Saints e la parrocchia cattolica Ognissanti di Roma. È un esempio concreto di
come due parrocchie possono conoscersi e
insieme lavorare, pregare, leggere la Bibbia, compiere opere di solidarietà e di carità verso i bisognosi. Questo è crescere: è
come quando si dice che l’ecumenismo si
fa camminando. È la prima volta che ciò
avviene a Roma. Ci dà la conferma di una
collaborazione non solo a parole, ma effettiva, concreta. I fedeli delle due parrocchie
si conosceranno, capiranno meglio tutto
quanto abbiamo in comune e anche le differenze. Si incontreranno come veri fratelli
in Cristo e coopereranno sulla strada della
ricerca dell’unità.
Si può parlare di relazioni più strette e profonde tra anglicani e cattolici?
In un certo senso sì. Anche il concilio
Vaticano II, nel decreto sull’ecumenismo
Unitatis redintegratio, ha fatto riferimento a
un rapporto «speciale» con gli anglicani,
per il fatto che essi hanno preservato la
forma storica dell’episcopato. Naturalmente il problema è vedere fino a che punto
questo episcopato rimane nella successione
apostolica come noi la concepiamo. Però
la struttura gerarchica e la forma di governo della Chiesa è molto più simile a noi
che non a quella della Chiesa evangelica
luterana o riformata. Pertanto, abbiamo
con gli anglicani questo punto di contatto
che non abbiamo con gli altri.
A che punto è il lavoro delle coppie di vescovi
— un cattolico e un anglicano — che hanno
ricevuto il mandato missionario da Papa
Francesco e dal primate Welby lo scorso 5 ottobre a San Gregorio al Celio?
Da quanto ci risulta, questi vescovi sono
tornati con grande entusiasmo dalle loro
esperienze e si stanno organizzando per
coinvolgere altri pastori delle due Chiese.
Le notizie fino a ora giunte sembrano molto positive. Si tratta di una collaborazione
che va stimolata e organizzata localmente.
(nicola gori)