L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVII n. 46 (47.480) Città del Vaticano sabato 25 febbraio 2017 . Chiesti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite La svolta annunciata in un’intervista Aiuti per il Sud Sudan Trump minaccia di riprendere la corsa al nucleare NEW YORK, 24. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri per analizzare la situazione in Sud Sudan alla luce della recrudescenza degli scontri, dell’aggravarsi della situazione umanitaria e della carestia denunciata ieri dal segretario generale, António Guterres, che ha chiesto nuovi fondi ai paesi donatori. I Quindici hanno espresso allarme per la situazione umanitaria causata anche dal protrarsi delle violenze sul terreno, che hanno fermamente condannato. Hanno invitato quindi le parti all’attuazione degli accordi di pace e il governo a consentire il dispiegamento della forza di protezione regionale autorizzata dal Consiglio di sicurezza. Numerosi esponenti diplomatici hanno espresso la necessità che il Consiglio assuma misure concrete per rafforzare urgentemente il cammino politico verso la pace, in stretta connessione con le organizzazioni regionali. In relazione all’appello del segretario generale per far fronte alla fame nel paese che colpisce oltre cinque milioni di sud sudanesi, le agenzie delle Nazioni Unite stanno elaborando una strategia comune. Il presidente sudsudanese Salva Kiir ha assicurato il 21 febbraio in un discorso al parlamento che «tutte le organizzazioni umanitarie o di sviluppo avranno libero accesso alle popolazioni colpite». La crisi sudsudanese è il risultato di più fattori: una grave siccità, una guerra civile che infuria da metà dicembre del 2013 e il collasso dell’economia nazionale (il tasso d’inflazione ha superato l’800 per cento). Il conflitto, che al momento sembra insuperabile, tra gli uo- mini fedeli al presidente Kiir (di etnia dinka) e quelli dell’ex vicepresidente Riek Machar (di etnia nuer), ha già causato decine di migliaia di morti e spinto milioni di persone ad abbandonare le loro case. Le altre etnie e tribù si sono alleate a uno dei due contendenti, nella speranza di ottenere vantaggi nei loro conflitti locali, sovente a carattere fondiario. Solo nell’ultimo mese di gennaio 52.000 sudsudanesi sono scappati a sud, verso l’Uganda. La guerra civile ha danneggiato anche l’agricoltura, che in molte parti del paese è l’occupazione principale, indebolendo l’economia e lasciando i cittadini del paese senza cibo. «Le nostre peggiori paure si sono concretizzate. Molte famiglie hanno esaurito qualsiasi mezzo per sopravvivere» ha detto Serge Tissot, rappresentante della Fao, in un recente intervento. «Se verranno forniti aiuti in modo duraturo e adeguato con urgenza, nei prossimi mesi la situazione potrà migliorare e potranno essere alleviate ulteriori sofferenze» hanno scritto in un rapporto le agenzie delle Nazioni Unite. Nel dicembre scorso L’Onu ha autorizzato il dispiegamento di un contingente di 4000 caschi blu che si unirà ai 13000 già in loco. WASHINGTON, 24. Aumentare l’arsenale nucleare degli Stati Uniti per rilanciare il ruolo del paese sul piano internazionale. Questo il punto nodale sottolineato ieri, in un’intervista alla Reuters, dal presidente statunitense, Donald Trump. Tornando su uno dei temi centrali della campagna elettorale, Trump ha insistito sulla corsa al riarmo nucleare, sostenendo che gli Stati Uniti sono adesso «indietro rispetto alle proprie capacità» e attaccando la Russia per il missile cruise recentemente dispiegato dal Cremlino in violazione del trattato sul controllo delle armi. «Ne parlerò con Putin al primo incontro» ha detto l’inquilino della Casa Bianca. «Gli Stati Uniti non vogliono cedere a nessuno la loro supremazia sul nucleare». Era dagli anni ottanta che un presidente statunitense non si esprimeva con questi toni sul tema del nucleare. «Io sono il primo a cui piacerebbe che nessuno abbia armi nucleari — ha detto Trump — ma non possiamo stare dietro ad altri, anche se si tratta di paesi amici». Resta ora da vedere se il presidente passerà dalle parole ai fatti e quindi se intende mettere mano all’accordo New Start, quello del 2010 secondo cui entro il febbraio 2018 Stati Uniti y(7HA3J1*QSSKKM( +_!z!$!$!,! New Start, definendolo «un altro cattivo accordo da sostituire con un’intesa più favorevole». Quello del disarmo nucleare è un tema fondamentale a livello geopolitico. La vera svolta, in passato, è sta- Tra opposizione e governo riuniti a Ginevra Scarsi risultati dai colloqui sulla Siria Un altro copto ucciso dai jihadisti nel Sinai IL CAIRO, 24. Cristiani ancora bersaglio della ferocia jihadista. Un cittadino egiziano copto è stato ucciso oggi ad al Arish nel nord del Sinai da un gruppo di miliziani del cosiddetto stato islamico (Is). Lo riferisce il quotidiano «Shorouk», secondo il quale si è trattatodi un’operazione dello stato del Sinai, gruppo affiliato all’Is. Gli aggressori hanno fatto irruzione nella casa della vittima, Kamel Abu Romani, proprietario di un negozio di articoli sanitari ad al Arish, e lo hanno ucciso a colpi di arma da fuoco per poi incendiare l’abitazione. L'uccisione di Abu Romani, la sesta di un egiziano copto in un mese, arriva a pochi giorni di distanza da un altro episodio ha coinvolto, un padre e suo figlio. Medhat Hana, 45 anni, è stato bruciato vivo mentre suo padre, Saad, 65 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco dagli uomini di Al Baghdadi. I corpi, afferma l’Associated Press, sono stati ritrovati pochi giorni fa dietro una scuola nel centro di Al Arish. A causa di queste violenze circa duecento famiglie di cristiani copti hanno lasciato Al Arish nelle ultime due settimane. Quella copta è la più grande comunità cristiana del Medio oriente e rappresenta circa il dieci per cento della popolazione egiziana. Nel dicembre scorso, in un attentato contro una chiesa al Cairo, erano stati uccisi 27 fedeli copti. Pochi giorni fa in un video postato su internet l’Is ha annunciato una nuova ondata di violenza contro i cristiani. A confermare l’autenticità del video è stato il Site, organismo statunitense che monitora il terrorismo in rete. Trump nello studio ovale alla Casa Bianca (Reuters) e Russia devono limitare del trenta per cento i rispettivi arsenali nucleari. L’attuazione dell’accordo vorrebbe dire non avere più di 800 missili balistici intercontinentali sul campo. Trump ha già criticato in passato il L’inviato speciale dell’Onu in Siria Staffan de Mistura (Ansa) GINEVRA, 24. Nessun risultato concreto. Questo il bilancio della giornata di negoziati svoltasi ieri a Ginevra tra le delegazioni del governo siriano e dell’opposizione. Quest’ultima ha minacciato di abbandonare le trattative se non ci saranno colloqui diretti. La seduta inaugurale del quarto round di colloqui ginevrini si è aperta nel pomeriggio, con tre ore di ritardo rispetto al programma annunciato, a causa soprattutto di discussioni procedurali. L’inviato dell’Onu, Staffan de Mistura, ha esortato «tutte le parti a rafforzare il cessate il fuoco» in vigore formalmente dal 30 dicembre scorso e che non coinvolge l’ala siriana di Al Per il Pentagono i terroristi sfruttano bambini e disabili come attentatori suicidi Is in ritirata a Mosul BAGHDAD, 24. Le forze irachene avanzano a Mosul ovest. Nelle ultime ore ampie aree sono state sottratte al controllo dei miliziani del cosiddetto stato islamico (Is). È stata conquistata anche la base militare di Ghazlan, snodo strategico essenziale per il controllo di tutta Mosul. Questa mattina i militari di Baghdad hanno confermato di avere il controllo totale dell’aeroporto di Mosul. Lo ha annunciato il brigadiere generale Abbas Al Juburi. «Posso confermare che l’aeroporto è stato completamente liberato» dall’Is, ha comunicato l’ufficiale. Un altro comandante, il generale Sami Al Aridhi, ha sottolineato inoltre che per la prima volta in quattro mesi le unità di élite sono entrate in un quartiere occidentale della città e hanno riconquistato una base militare. Intanto, dal Pentagono arriva la denuncia secondo la quale i jihadisti dell’Is stanno usando anche bambini e disabili per fermare l’avanzata delle forze di Baghdad. I miliziani — dicono le fonti statunitensi — li costringono a immo- larsi come attentatori suicidi in camion imbottiti di esplosivi contro le forze di sicurezza. Il generale di brigata dell’aeronautica statunitense, Matt Isler, ha parlato esplicitamente di «una nuova tecnica distruttiva impiegata dall’Is per la mancanza di volontari». Abbiamo visto — ha spiegato il generale Isler — «persone incatenate a veicoli esplosivi». Abbiamo visto «bambini e persone che non erano in grado di camminare legati a questi veicoli e impiegati come autisti», ha poi denunciato il generale. Qaeda né il cosiddetto stato islamico (Is). «Il popolo siriano vuole una via d’uscita da questo incubo che è la guerra» ha detto de Mistura. Per questo è necessario che «regime e opposizione si assumano una responsabilità storica». De Mistura ha incontrato anche un gruppo di donne giunte a Ginevra per discutere delle persone detenute e rapite in Siria. Insieme hanno osservato un minuto di silenzio. «Ci sono migliaia e migliaia di madri, mogli, figlie che stanno sperando che i negoziati possano favorire almeno questo aspetto» ha detto ai giornalisti l’inviato speciale delle Nazioni Unite. Nel corso dei colloqui sono state sollevate polemiche soprattutto da parte della Russia che ha definito «assurda» la richiesta dell’opposizione di escludere il presidente siriano Al Assad dal futuro politico del paese. «La delegazione del governo siriano è arrivata a Ginevra con istruzioni costruttive per ottenere progressi» ha detto il rappresentante permanente della Russia presso l’Onu a Ginevra, Alexey Borodavkin. Intanto, sul terreno le violenze non conoscono tregua. È di 45 uccisi e oltre 70 feriti il bilancio provvisorio di un attentato avvenuto stamani a est di Aleppo, nel nord della Siria, in un’area sottratta all’Is dalle forze locali filo-turche. Lo riferisce la tv panaraba Al Jazeera che cita fonti sul terreno. Il bilancio, affermano le fonti, è destinato a salire a causa della gravità delle condizioni di alcuni feriti. Ieri sono state poi scoperte due fosse comuni nella provincia di Idlib, nel nord-ovest del paese, con 131 cadaveri decapitati. Si tratta di ribelli. Gli esecutori sarebbero i jihadisti della formazione Jund Al Aqsa, considerati ora vicini all’Is. La macabra scoperta è avvenuta nella città di Khan Sheikun. Il successo di un metodo Cercare lavoro in Giappone Sfollata irachena insieme al suo bambino in un campo nei pressi di Mosul (Reuters) CRISTIAN MARTINI GRIMALDI A PAGINA 5 ta segnata dal presidente statunitense Ronald Reagan e dal segretario generale del partito comunista sovietivo Michail Gorbačëv con la firma nel 1987 del trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) che allora pose fine alla crisi degli euromissili. Il trattato segnò un punto di svolta nel processo negoziale sul controllo degli armamenti tra Stati Uniti e Unione Sovietica: per la prima volta, infatti, i sistemi d’arma oggetto del negoziato non venivano ridotti o ritirati, ma effettivamente eliminati. La firma aprì la strada che portò successivamente, negli anni novanta, ai trattati Start I-II, al Sort nel 2002 e al New Start. Nell’intervista alla Reuters, Trump si è detto «molto arrabbiato» per i recenti test missilistici della Corea del Nord e ha sottolineato come una delle diverse opzioni disponibili per fronteggiare la minaccia di Pyongyang sia quella di accelerare la realizzazione di un sistema di difesa missilistico per gli alleati degli Stati Uniti nella regione: Giappone e Corea del Sud. Il presidente si è quindi rivolto alla Cina spiegando che «se volesse» potrebbe risolvere le sfide sul fronte della sicurezza poste dalla Corea del Nord «molto facilmente», ossia alzando il livello di pressione sul regime di Pyongyang, suo storico alleato. Della Cina Trump ha parlato anche a livello commerciale ed economico. In un passaggio dell’intervista Trump ha definito il governo di Pechino un «grande campione nella manipolazione della valuta» e si è detto pronto ad approvare una “border tax”, la tassa doganale che «incoraggerà le aziende americane a tornare negli Stati Uniti e a costruire fabbriche qui». Un’altra misura già annunciata nella campagna elettorale, quando Trump aveva messo in rilievo la sua volontà di proteggere i lavoratori statunitensi. L’intervista alla Reuters arriva in un momento particolare per i repubblicani che ieri hanno aperto a Washington la Conservative Political Action Conference (Pcac) in una atmosfera assai diversa da quella di un anno fa, quando — in piena campagna elettorale — si ragionava ancora su quale candidato puntare per conquistare la Casa Bianca e Trump era guardato con un certo sospetto da parte della leadership. Ieri uno degli interventi più attesi è stato quello di Steve Bannon, uno dei più fidati consiglieri di Trump. Bannon ha rivendicato con orgoglio la vittoria elettorale e ha assicurato che le promesse verranno mantenute. «Il presidente è concentrato in modo maniacale sull’agenda» ha spiegato. Il vicepresidente, Mike Pence, ha detto nel suo intervento che il paese ha «l’occasione della vita per adottare soluzioni conservatrici ai suoi problemi». Pence è poi tornato a parlare anche della riforma sanitaria di Obama. «La nuova amministrazione la revocherà e sostituirà. Un incubo che sta per finire», ha detto esortando i conservatori a mobilitarsi per respingere i democratici. Oggi alla conferenza è atteso l’intervento di Trump. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: Sua Eccellenza Monsignor Domenico Sorrentino, ArcivescovoVescovo di Assisi - Nocera Umbria - Gualdo Tadino (Italia); l’Eminentissimo Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze (Italia). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 sabato 25 febbraio 2017 Dopo le nuove misure decise dall’amministrazione Trump sull’immigrazione Messico pronto a rispondere CITTÀ DEL MESSICO, 24. Il governo messicano è pronto a rispondere «colpo su colpo» a ogni misura che Washington adotterà unilateralmente. «C’è preoccupazione, c’è irritazione da parte dei messicani per quelle che vengono percepite come politiche dannose per il Messico e per l’industria messicana» ha detto il ministro degli esteri messicano Luis Con l’ultima marcia delle Farc la Colombia volta pagina BO GOTÁ, 24. La grande marcia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) si è conclusa. Dopo l’accordo con il governo, quasi settemila ex combattenti del più longevo gruppo della guerriglia sudamericana hanno compiuto a ritroso il cammino che 52 anni fa li aveva spinti verso la giungla colombiana per avviare la lotta armata contro il potere centrale di Bogotá. Gli ultimi gruppi hanno raggiunto ieri i punti di raccolta per consegnare le armi. La smobilitazione è infatti uno dei punti centrali dell’intesa, raggiunta il 13 novembre scorso dopo la bocciatura del referendum, la revisione dei capitoli più contestati e l’approvazione definitiva da parte del parlamento. Come sottolineano in molti, è la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova epoca per la Colombia e i colombiani. Si concludono così decenni di scontri. La smobilitazione è uno dei 26 punti transitori stabiliti dall’accordo dell’Avana tra Farc e governo colombiano dove i guerriglieri sosteranno e inizieranno l’attività di reinserimento nella vita civile. Entro il 30 giugno del 2017 tutte le armi, leggere e pesanti del gruppo, saranno consegnate ai delegati delle Nazioni Unite che si faranno garanti della piena attuazione dell'intesa. Tuttavia, questo primo passo si scontra già con alcune difficoltà. Le zone di accoglienza non sono attrezzate e le migliaia di guerriglieri non sanno dove e come alloggiare, organizzare la loro nuova vita, lavarsi, mangiare, studiare, discutere, incontrare la popolazione del posto, stabilire quei normali rapporti di convivenza che potranno durare anche anni. In una lettera inviata a Jean Arnault, alto rappresentante dell’Onu per l’attuazione dell’accordo colombiano, la segreteria delle Farc ha denunciato il fatto che «tutti i guerriglieri stanno pernottando in tendoni improvvisati» e che «l’ottanta per cento delle aree comuni non sono state attrezzate come sostiene l’ufficio dell’alto commissario per la pace». Ricordando che «la cosiddetta terza fase, che consiste nella costruzione da parte delle Farc dei diversi alloggi, è una responsabilità del governo», il gruppo dirigente della guerriglia ha assicurato di voler «fornire tutta la cooperazione possibile per realizzare degli alloggi dignitosi». Le Farc chiedono al governo di fare la sua parte e di garantire «la sicurezza giuridica per i guerriglieri», proprio per evitare che «il processo di reintegrazione non si trasformi in una nuova trattativa» riportando tutto in alto mare. «I compromessi devono esserci da entrambe le parti». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Videgaray Caso, facendo riferimento alle decisioni dell’amministrazione Trump per la costruzione del muro al confine e l’irrigidimento dei controlli. I rappresentanti statunitensi hanno cercato di abbassare il tono delle polemiche. «Non ci sarà alcuna deportazione di massa, non useremo l’esercito contro gli immigrati clandestini» ha detto il segretario alla sicurezza nazionale, John Kelly. Il segretario di stato Tillerson ha detto che i due governi sono concordi «nell’impegno comune al mantenimento di legge e ordine lungo il confine condiviso». I nostri paesi — ha aggiunto dopo una serie di incontri con esponenti del governo messicano — «vogliono smantellare le reti criminali transnazionali che portano droga e persone negli Stati Uniti». Nel complesso, ha detto Tillerson, è stata «una conversazione molto ampia» nella quale si è espressa la volontà di «lavorare mano nella mano con i nostri fratelli messicani». Già ieri Videgaray aveva spiegato che «il governo messicano e il popolo messicano non sono tenuti ad accettare misure imposte unilateralmente da un altro governo». Il governo messicano è pronto a intervenire «con tutti i mezzi giuridici disponibili» e non esclude, ha aggiunto Videgaray, di appellarsi «agli organismi multilaterali, in primo luogo le Nazioni Unite, per difendere a livello internazionale i diritti umani e la libertà». Anche noi abbiamo il controllo delle nostre frontiere «e lo eserciteremo in pieno», ha rimarcato ancora Videgaray. Intanto, il presidente della Camera dei rappresentanti Paul Ryan è stato in visita ieri a McAllen, in Texas, alla frontiera con il Messico, per valutare sul posto la costruzione del muro. L’amministrazione ha fatto sapere di voler iniziare ad alzare il muro nei luoghi di frontiera di El Paso in Texas, Tucson in Arizona e El Centro in California, pagandolo con fondi approvati dal Congresso. Trump ha più volte promesso che i costi saranno coperti dal Messico, che ha però sempre rifiutato fermamente, in uno scontro che ha aperto una crisi diplomatica. Il presidente ha allora corretto il tiro, annunciando che a pagare saranno gli Stati Uniti, ma che ci sarà anche un rimborso dal paese vicino. Secondo le ultime stime, il costo del muro si aggira attorno ai 21,6 miliardi di dollari, ben di più degli 8 miliardi calcolati inizialmente da Trump. Pochi giorni fa il dipartimento per la sicurezza interna ha emanato una serie di provvedimenti tesi all’irrigidimento dei controlli sugli immigrati clandestini. In sostanza, saranno assunte nuove guardie di frontiera e saranno soggetti all’espulsione tutti i migranti clandestini colpevoli di reati in generale. Prima, durante l’amministrazione Obama, erano soggetti all’espulsione soltanto i migranti clandestini accusati di reati gravi. Numerose manifestazioni in diverse città statunitensi sono state organizzate per criticare le misure decise dalla nuova amministrazione. Tillerson e il ministro degli esteri messicano Videgaray (Ap) Sgomberati in North Dakota per fare posto a un oleodotto Evocato dal primo ministro di Dublino Enda Kenny La resa dei sioux Referendum per unificare l’Irlanda WASHINGTON, 24. Gli indiani sioux della riserva Standing Rock, nel North Dakota, hanno perso la loro battaglia. È infatti iniziato lo sgombero del campo dove i discendenti della tribù si oppongono alla costruzione dell’oleodotto Dakota Access sul territorio della riserva. A fine 2016, il presidente statunitense, Barack Obama, aveva deciso di non concedere all’azienda costruttrice il permesso di realizzare l’opera, per la quale era stato studiato un percorso alternativo. Ma già allora Donald Trump aveva avvertito: «Deciderò io». E così ha fatto. Lo scorso 7 febbraio, il nuo- vo presidente ha consentito la costruzione dell’oleodotto attraverso il fiume Missouri e il lago Oahe. L’impianto, di 2000 chilometri, attraverserà quattro stati per portare il greggio alle raffinerie dell’Illinois. Indiani e attivisti contestano da mesi il progetto, spiegando che la parte sottomarina del tracciato mette a rischio il bacino idrico delle comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri dei sioux. Nonostante le proteste, la tribù nulla ha potuto contro la decisione dell’amministrazione Trump, ed è stata costretta ad abbandonare la propria terra. BRUXELLES, 24. Il primo ministro irlandese, Enda Kenny, ha evocato ieri da Bruxelles un possibile referendum per l’unificazione dell’Irlanda e per l’adesione alla Repubblica di Dublino dell’Irlanda del Nord, ora sotto sovranità britannica. Kenny, che ha citato l’esempio del muro di Berlino, ha ricordato come l’accordo di pace del venerdì santo (firmato a Belfast il 10 aprile del 1998 dai governi britannico e irlandese e approvato dalla maggior parte dei partiti politici nordirlandesi) «garantisca questa opportunità» a patto che la maggioranza della popolazione dell’Ulster lo chieda e che l’accordo resti valido — per l’Unione europea e per il mondo — anche dopo la Brexit. Nel caso di «una situazione come quella emersa quando il muro di Berlino fu buttato giù e la Germania dell’est fu in grado di unirsi alla Germania dell’ovest», l’epilogo potrebbe essere «senza distinzioni anche in Irlanda», ha insistito il primo ministro Kenny, parlando al fianco del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, dopo un faccia a faccia, e dicendosi convinto che «l’accordo del venerdì santo debba essere incorporato in un futuro accordo sulla Brexit» fra Bruxelles e Londra, a titolo di garanzia. Il governo di Dublino, rammenta da Londra l’agenzia di stampa Pa, ha più volte sottolineato in questi mesi come la maggioranza della popolazione nordirlandese abbia votato contro il divorzio dall’Unione europea al referendum britannico del 23 giugno dello scorso anno, a dispetto della campagna a favore della Brexit condotta dal maggior partito unionista, il Dup, che esprime il premier nel governo locale di Belfast. Una scelta, quest’ultima, che a detta degli analisti ha provocato dopo il voto tensioni nella coalizione di unità nazionale con i partner repubblicani e del Sinn Féin. Strage di agenti sventata in Germania BERLINO, 24. Un tedesco di 26 anni, legato agli ambienti salafiti, è stato arrestato ieri dalla polizia in Bassa Sassonia, nel nord della Germania. È accusato di avere programmato una strage di poliziotti o soldati. Lo hanno reso noto la procura generale di Celle e la polizia di Göttingen attraverso un comunicato congiunto, precisando che il giovane voleva trascinare le vittime designate in una trappola, e poi far esplodere la bomba che stava costruendo in casa. Ed è proprio nella sua abitazione, che si trova nel centro della cittadina di Northeim, sopra un piccolo centro commerciale, che è stato arrestato. Elezioni suppletive britanniche Fiamme nel campo sioux all’interno della riserva di Standing Rock (Ansa) GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va LONDRA, 24. I cittadini di Copeland e Stoke-on-Trent, due circoscrizioni nel nord dell’Inghilterra, un tempo roccaforte della sinistra britannica, hanno votato ieri per eleggere due nuovi deputati, dopo che i laburisti in carica hanno rassegnato le dimissioni. Nelle suppletive, il candidato laburista Gareth Snell si è aggiudicato il seggio di Stoke-on-Trent (conosciuta come la «capitale della Brexit») alla camera dei comuni, resistendo con un vantaggio di 2500 voti all’assalto del leader euroscetti- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale co dell’Ukip, Paul Nuttal. A Copeland, area rurale sulla costa e “feudo” del Labour, invece, il partito di opposizione ha perso il seggio, battuto dalla candidata filoBrexit del partito conservatore, Trudy Harrison, che si è imposta con poco più di 2000 voti di scarto sul rivale, Gill Troughton. Quasi il 70 per cento degli abitanti di Stoke-on-Trent ha votato al referendum in favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, un vero record tra le trenta maggiori città del paese. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Nell’appartamento, le forze di sicurezza tedesche hanno rinvenuto i materiali necessari per la realizzazione della bomba, tra cui sostanze chimiche altamente esplosive. Tutto pronto all’uso, detonatore compreso. Secondo i media, il nome dell’arrestato è Manfred L. Sarebbe — indica la procura — un «tedesco senza radici straniere, originario del quartiere multiculturale Neukölln di Berlino, disoccupato e percettore di sussidio», e riconducibile agli ambienti dell’estremismo salafita. «Abbiamo a che fare con sviluppi estremamente dinamici nell’ambito del terrorismo di stampo islamico», ha dichiarato il ministro degli interni della Bassa Sassonia, Boris Pistorius. Attualmente il ventiseienne si trova nel carcere di Rosdorf, a Göttingen. Due settimane fa, altri due uomini legati ad ambienti dell’estremismo salafita sono stati arrestati nella stessa zona del Land nordoccidentale, con tanto di ritrovamento di armi da fuoco, munizioni, vessilli del cosiddetto stato islamico (Is) e persino un machete. Anche loro, secondo gli inquirenti, stavano preparando un attentato, ma certamente non a uno stadio avanzato come nel caso del giovane di Northeim. Tuttavia, al momento, non sarebbero emersi collegamenti tra i due casi. «Combattere tutte le manifestazioni relative all’islamismo e terrorismo è la nostra priorità assoluta», ha dichiarato il capo della polizia di Göttingen, Uwe Luhrig. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO sabato 25 febbraio 2017 pagina 3 Yemenita ispeziona il luogo di un’esplosione a Sana’a (Ansa) L’aviazione dello stato ebraico intercetta un drone di Hamas Tensione al confine tra Israele e la striscia di Gaza GERUSALEMME, 24. Tensione al confine tra Israele e la striscia di Gaza. L’aviazione israeliana ha abbattuto ieri un drone di Hamas, il movimento islamico che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2006. «Israele non consentirà nessuna vio- Futuro incerto nei rapporti tra Pechino e Pyongyang PECHINO, 24. La Corea del Nord ha criticato, sia pure indirettamente, la Cina per la decisione di sospendere le importazioni di carbone in linea con le sanzioni fissate dalle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il messaggio è stato veicolato dall’agenzia ufficiale Kcna, secondo cui un «paese che si dice un vicino amico ha preso dei passi per tagliare del tutto l’interscambio bilaterale» dopo la risoluzione delle Nazioni Unite approvata a fine novembre. Lo stesso paese ha rimarcato che «non ci saranno effetti sulla vita delle persone», malgrado abbia preso misure simili a quelle dei nemici della Corea del Nord. In ogni caso, «è puerile pensare» che con il taglio dei flussi finanziari sia possibile costringere Pyongyang a rinunciare alla produzione di armi nucleari e missili intercontinentali. Le autorità cinesi hanno annunciato lo stop per tutto il 2017 dell’import di carbone che equivale a circa la metà dei flussi con Pyongyang. La mossa, se effettivamente attuata, è destinata a incidere in profondità sulle fonti di valuta estera del regime comunista nordcoreano che già si trova ad affrontare una difficile e complicata situazione economica. E, intanto, la Cina adotterà tutte le «misure necessarie» a tutela della sicurezza nazionale anche in caso di crollo del regime nordcoreano: il portavoce del ministero della difesa, Ren Guoqiang, ha risposto così alla domanda sull’esistenza di un piano contro un ipotetico collasso del paese alleato. Pechino, ha detto Ren oggi in conferenza stampa, ha mantenuto la sua politica ferma nel tempo verso Pyongyang esortando tutti i «soggetti rilevanti ad astenersi da azioni che possano aumentare le tensioni». Ren ha inoltre affermato che la Cina è «risoluta nella salvaguardia della pace e della sicurezza della penisola coreana, impegnata nella denuclearizzazione e nella risoluzione delle controversie col dialogo e la consultazione». lazione del suo spazio aereo e continuerà a rispondere con fermezza a qualsiasi iniziativa contraria» ha detto un portavoce militare di Gerusalemme. Nel dicembre scorso Hamas aveva accusato Israele di essere dietro l’uccisione in Tunisia dell’ingegnere aeronautico, Mohamed Zaouri, considerato lo specialista in droni della formazione palestinese. Sempre ieri, è scattato l’allarme in diverse località israeliane nei pressi della striscia a causa di scambi di arma da fuoco tra israeliani e palestinesi. Si tratta di una nuova fiammata di violenze tra i due territori. Lo scorso 9 febbraio due palestinesi erano stati uccisi e altri cinque feriti in alcuni raid aerei condotti dall’esercito israeliano a sud della striscia. I bombardamenti erano stati una risposta al lancio di razzi dalla vicina penisola del Sinai. Gli ordigni hanno colpito la città di Eilat. Gli scambi di fuoco al confine rischiano ora di far salire ulteriormente la tensione in un momento delicatissimo. Pochi giorni fa Hamas ha annunciato reazioni nel caso in cui Contro una base militare nel sud Attentato nello Yemen SANA’A, 24. La violenza non abbandona lo Yemen. Un attentatore suicida si è fatto esplodere questa mattina all’entrata di una base militare nel sud del paese. Il bilancio è di cinque morti e tre feriti. Secondo quanto riferiscono le forze di sicurezza locali, l’attentato è avvenuto nella base di Najda, a Zinjibar, capoluogo della provincia di Abyane. C’è stato anche uno scontro a fuoco tra un gruppo di ribelli e i militari all’entrata della base: i primi volevano infatti aprirsi un varco tramite l’autobomba per penetrare nella base. L’attentato, al momento, non è stato ancora rivendicato. Tuttavia, secondo diverse fonti, dietro ci sarebbe la mano di Al Qaeda, che già in passato più volte ha fatto ricorso a questo metodo per attaccare obiettivi militari. Al Qaeda e il cosiddetto stato islamico (Is) hanno esteso la loro influenza nel paese dopo l’esplosione del conflitto che vede contrapposti i ribelli huthi e le forze che sostengono il presidente eletto Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale. Delegazione di talebani in Arabia Saudita Dialogo sul processo di pace afghano KABUL, 24. Un gruppo di personalità talebane afghane con passate responsabilità governative hanno visitato nei giorni scorsi l’Arabia Saudita in un viaggio non ufficiale, realizzato su invito del re saudita Salman, in cui è stato esaminato il processo di pace in Afghanistan. Lo ha riferito ieri l’agenzia di stampa Pajhwok. La delegazione, si è appreso, era for- mata fra gli altri dall’ex viceministro degli esteri del governo talebano (1996-2001), Abdul Rahman Zahid, dal viceministro per l’informazione degli affari culturali, Abdul Rahman Hotak, da Sheikh Ahmad Rabbani, fratello del vicecapo dei talebani, mullah Rabbani, dal Maulvi Muslim Haqqani, dal mullah Nasrullah Sheikh Mahmood e da Sheikh Abdul Rashid. Le fonti consultate dall’agenzia hanno confermato che durante la permanenza a Riad sono stati esaminati i problemi che comporta il processo di pace afghano. E, intanto, il generale Salvatore Farina, comandante del Nato Joint Force Command (Jfc) di Brunssum (Paesi Bassi), si è recato in visita in Afghanistan, alla missione Resolute Miliziani talebani in Afghanistan Violenti scontri nelle strade di Tripoli TRIPOLI, 24. È di almeno otto morti il bilancio dei violenti scontri scoppiati ieri sera ad Abu Salim, a Tripoli, tra la milizia guidata da Abdul Ghani Al Kikli (noto anche con il nome di Ghneiwa), fedele al consiglio presidenziale — sostenuto dall’Onu e guidato dal premier designato Fayez Al Sarraj — e gli uomini di Salah Al Burki, ritenuti vicini all’ex premier islamista Khalifa Ghwell. Lo ha riferito il sito di »Libya Herald», citando testimoni che raccontano di carri armati nelle strade e dell’utilizzo di armi pesanti. Alcuni residenti hanno postato immagini che mostrano del fumo salire in cielo mentre carri e uomini armati uscivano in strada. Non è chiaro il motivo dello scontro tra le due milizie, che si erano fronteggiate nello stesso quartiere anche un paio di settima- l’amministrazione Trump dovesse decidere di spostare la sede dell’ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. C’è poi la questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania: il governo del premier, Benjamin Netanyahu, ha annunciato nuove costruzioni nonché la regolarizzazione di almeno 4000 case in diversi insediamenti. E sempre ieri le autorità israeliane hanno ordinato la chiusura di una scuola a Gerusalemme est sostenendo che era «diretta da Hamas». La decisione è giunta alla fine di una lunga inchiesta condotta dal ministero dell’istruzione, dallo Shin Bet (servizio di sicurezza interno) e dalla polizia della città. Secondo il ministero — citato dai media — la scuola elementare Al Nukhaba, nel sobborgo palestinese di Sur Baher, era stata creata da Hamas con l’intento di «insegnare contenuti che minano la sovranità di Israele; ci occuperemo di tutti i casi di istigazione» ha detto il ministro dell’istruzione Nagtali Bennett, leader di Focolare ebraico. ne fa. Secondo il sito, tuttavia, sembra che le forze fedeli ad Al Burki stiano tentando di cacciare dalla zona gli uomini di Ghneiwa. Altre fonti sostengono invece che alla base ci sia uno scambio di ostaggi non andato a buon fine. «Le esplosioni sono molto forti. Sono con mia moglie e i miei figli in una stanza relativamente sicura della nostra casa», ha raccontato al quotidiano «Libya Herald» Kamal, un abitante di Abu Salim. Alcuni abitanti del quartiere hanno tentato di lasciare la zona. La Mezzaluna Rossa libica giudica però pericolosi gli spostamenti in questa fase e ha invitato i residenti a rimanere nelle proprie abitazioni. Nel frattempo, sembra che alcuni anziani di Tarhouna, città 65 chilometri a sud-est di Tripoli, stiano portando avanti un tentativo di mediazione tra le due fazioni. Uccisi quindici soldati nigerini NIAMEY, 24. Almeno quindici soldati nigerini sono stati uccisi — e altri diciannove feriti — in un attacco terroristico perpetrato ieri nel Niger occidentale contro una pattuglia dell’esercito a nord della città di Tilwa, nella regione occidentale di Ouallam. Lo hanno reso noto alla radio statale fonti del ministero della difesa di Niamey. Nel confermare la notizia, il colonnello Seydou Touré Albdoula Aziz, portavoce dell’esercito governativo, ha detto che il bilancio dell’attentato potrebbe essere più grave, dato che alcuni dei soldati feriti sono ric0verati in ospedale in gravi condizioni. L’attacco, che non è stato rivendicato, è avvenuto vicino al confine con il Mali. Support, che è sotto il comando e controllo proprio del Jfc. Durante la visita, rientrante tra gli impegni periodici del comandante del Jfc, riferisce una nota, il generale Farina ha incontrato il comandante della missione, generale Nicholson, il presidente afghano, Ashraf Ghani, il Chief Executive Officer Abdullah Abdullah, alcuni rappresentanti della comunità diplomatica e, infine, ha visitato il contingente militare italiano che opera a Herat. Il generale Farina e il comandante Nicholson hanno fatto il punto sull’andamento della missione negli ultimi sei mesi. Hanno analizzato, in particolare, sia i progressi compiuti dall’esercito, dalle forze speciali e dall’aeronautica afghana, benché non abbiano ancora raggiunto un pieno livello di autosufficienza, sia la fragilità della situazione di alcune aree rurali, nelle quali l’insorgenza talebana e i gruppi affiliati al cosiddetto stato islamico (Is) sono ancora in grado di svolgere attività a carattere offensivo. Per evitare che il paese diventi nuovamente un porto sicuro per il terrorismo internazionale e al fine di rendere pienamente operative le forze di sicurezza locali, il governo di Kabul, ricorda la nota, ha pianificato una Road Map pluriennale fino al 2020, a supporto della quale si sviluppa la missione alleata di «formazione, consulenza e assistenza». Conferenza dei donatori in difesa del lago Ciad OSLO, 24. L’esaurimento della grande risorsa di acqua dolce del lago Ciad mette a rischio la vita di decine di milioni di persone che vivono nell’area africana del Sahel, la cui sopravvivenza è strettamente legata alla vita del lago. Se non contrastato rapidamente in modo efficace, l’inaridimento del lago aggraverà il già fragile equilibrio geopolitico della regione, mettendo a rischio la pace e la sicurezza dell’intera area. Sono questi i temi che verranno discussi oggi a Oslo, capitale della Norvegia, in occasione della conferenza dei donatori. Fondamentale per la sopravvivenza di oltre 30 milioni di persone, molte delle quali sono potenziali migranti forzati, il lago Ciad — il quarto per grandezza in Africa tra le frontiere di Camerun, Nigeria, Niger e Ciad — è sul punto di scomparire per cause ambientali e cattiva gestione dell’uomo. L’inaridimento — in circa cinquant’anni si è ridotto a meno di un decimo dell’estensione che aveva negli anni sessanta — rischia di provocare una crisi ambientale, ecologica e umana di enormi dimensioni, con conseguenze anche sulle ondate migratorie già in atto, dirette verso l’Europa. Il bacino idrico africano è infatti il perno intorno al quale ruota un delicato equilibrio economico e geopolitico di una vasta area che si affaccia sulle sue rive e beneficia delle sue risorse. La progressiva desertificazione, la perdita costante e progressiva di acqua e cibo rendono inospitale l’intera area, favorendo il radicalizzarsi dei conflitti e dei fondamentalismi, concause delle attuali grandi ondate migratorie spiegano gli esperti. Senatrice filippina dell’opposizione arrestata per corruzione MANILA, 24. La senatrice filippina Leila de Lima, tra i principali oppositori del presidente Rodrigo Duterte, si è costituita dopo un ordine d’arresto emesso da un tribunale che la accusa di aver ricevuto denaro da narcotrafficanti già detenuti. De Lima, che era già stata rimossa qualche mese fa dalla commissione parlamentare che indagava sugli abusi della campagna del presidente contro il narcotraffico, si era rifugiata in senato dopo essere sfuggita alla polizia che aveva cercato di arrestarla nella sua abitazione. La senatrice si è consegnata alle autorità, accompagnata dai suoi avvocati e da un gruppo di politici a lei vicini. E De Lima, ministro della giustizia tra il 2010 e il 2015 (periodo a cui risalgono gli eventi di cui è accusata), si è difesa davanti alle telecamere. «È un onore essere imprigionata per la causa che difendo», ha detto definendosi una «prigioniera politica» e assicurando che «la verità verrà alla luce al momento opportuno». Pesantissime le accuse a suo carico, tra cui violazione della legge anticorruzione, violazione dell’articolo relativo alla «vendita, commercio, amministrazione, consegna, distribuzione e trasporto» di sostanze stupefacenti. Nuovo premier somalo MO GADISCIO, 24. Il nuovo presidente della Somalia, l’ex premier Abdullahi Mohamed, ha scelto un esordiente in politica come primo ministro, ed è poi partito per l’Arabia Saudita nel suo primo viaggio all’estero da quando è stato nominato capo dello stato. Il nuovo premier è un cittadino norvegese nato in Somalia, Hassan Ali Khaire, ex direttore per l’Africa dell’azienda di ricerche petrolifere britannica Soma Oil. Mohamed, rilevano gli analisti, ha a sua volta un passaporto straniero (statunitense), ed è stato eletto all’inizio di febbraio, in un significativo passo in avanti verso la creazione del primo governo pienamente operativo in Somalia da un quarto di secolo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 sabato 25 febbraio 2017 Ripubblicato in Italia il primo libro di Chinua Achebe Denuncia del colonialismo di CLAUDIO TOSCANI i si è chiesti spesso come definire le letterature africane. Recentemente, ancora, a quasi tre anni dalla morte di uno dei massimi autori nigeriani, Chinua Achebe (etnia ibo, sud-est del paese), in concomitanza con il riapparire del suo primo libro Le cose crollano (Milano, La Nave di Teseo, 2016, pagine 202, euro 18). Nel 1986, al conferimento del Nobel a Wole Soyinka, altro nigeriano (etnia yoruba, Nigeria occidentale), premio al quale anche Achebe era stato candidato, esprimendosi entrambi in lingua inglese, il quesito si era imposto nel dubbio che il codice di “occupazione” potesse o meno usarsi creativamente dai nativi di colore. Al che Achebe aveva precisato il suo “sì”, ma in piena comunione con gli idiomi ancestrali. Il cosiddetto terzo mondo che opta per l’inglese gode di molti vantaggi, nonostante incontri non poche difficoltà, come un vocabolario base per ricreare una cultura; il passaggio da lo- C Chinua Achebe cuzioni autoctone a voci internazionali; la mancata equivalenza tra parole e immagini e l’impossibilità di mantenere strutture linguistiche ataviche — come i proverbi, ad esempio — in versioni moderne molto meno, o diversamente, immaginifiche. «In compagnia dei libri di Achebe — ebbe a ricordare il sudafricano Nelson Mandela, premio Nobel per la pace del 1983 — crollavano le mura della prigione». E fu grazie ad Achebe che mutò la concezione dell’Africa secondo il motto «anche il leone deve avere chi racconta la sua storia, non solo il cacciatore». Romanziere, narratore, saggista e poeta, di famiglia molto istruita, convertita al cristianesimo, dopo studi di storia, di teologia e di inglese, Achebe si riservò la parte scomoda della riflessione politica sul portato coloniale e sulle sue conseguenze, mai ben disposto nei confronti di un Occidente reo di violenze reali e psicologiche, nonché latore di bandiere consumistiche. D all’antica organizzazione tribale al presente dell’altrui dominio politicosociale e dell’omologazione, ad Achebe non sono serviti molti libri per affrescare il secolo e mezzo che separa la sua gente e il suo paese dai primi approcci col mondo globale e l’inizio della disgregazione locale al contatto delle istituzioni europee. Un’Africa più che povera, impoverita; una patria di popoli diseredati e derisi, vittima oltre che di un peso storico indebitamente scaricato sui sottomessi, del divieto assoluto di partecipare al respiro dell’umanità progressista. Fatto suo il precetto di una difesa franca, aperta, diretta ma non rabbiosa, ironicamente amara semmai, di una moderna, popolare consapevolezza dei propri diritti umani, Achebe sintetizzò il suo impegno come quello di «trasferire i tatuaggi dalla pelle del suo popolo alla coscienza degli oppressori». Non aveva l’Africa la sua dignitosa vita morale, una società regolata da norme sociali e da comportamenti umani e religiosi, sia pure tra tribù, clan, riti di spiriti tra funesti e fastosi, maschere, santoni e stregoni e lavori della terra sotto il cielo di un qualche fantastico dio, tra benevolo e ostile, ma sempre invocato sul duro realismo dei giorni, dei bandi, dei tabù e delle usanze? L’Africa non era un mondo barbarico, senz’anima, sostiene Achebe: aveva una sua filosofia, aveva valori e bellezze, poesia e dignità, tra memorie pagane e imminente cristianesimo. Infatti, ecco Il crollo — titolo del suo esordio nel 1958, oggi ristampato con un titolo più propriamente tradotto da Things Fall Apart — libro di portata epica ed epocale, racconto della resa totale all’intromissione europea, datata inizio Novecento, all’arrivo di norme estranee, di caos, confusione e sfruttamento, esiti devastanti del dominio bianco cui poco o nulla riparò l’indipendenza politica elargita nel 1960, ben presto compromessa dagli antagonismi etnici sfociati nello scontro civile noto come guerra del Biafra (tra 1967 e 1970). Come punto di non ritorno del destino della regione, due anni dopo Achebe scrive Ormai a disagio, storia di tre generazioni vista dalla parte dei nigeriani di fronte all’impossibilità di resistere all’avanzata dei nuovi costumi: i bianchi non sono venuti per capire e non c’è speranza di poter convivere con loro, anzi, il pericolo è quello di acquisire via via i lati peggiori del loro mondo. È poi la volta di La freccia di Dio (1964), rapporto tra uomo e divinità che, riverberandosi dal profondo degli anni nell’esistenza pratica, determina il momento in cui, nel disastro intimo e spirituale di un popolo, si contemplano le responsabilità degli intellettuali scrittori verso la società in cui vivono. Torna esplicito e imponente il problema della lingua, il nigeriano sperimentale che Achebe stesso aveva adottato, prima, con intento umoristico, poi, come filone linguistico sfruttato come vantaggio comunicativo, infine, come stabile e rassegnata espressione scritta. Perché scrivere è prima di tutto sentimento di dignità e di orgoglio, di energia creativa e prospera concorrenza con l’universale mondo del dire, al cospetto delle tradizioni, dei padri immortali e dei loro capolavori. Se c’è stato uno scrittore della rinascenza africana che, sanzionando la propria identità locale, se non addirittura tribale, usò la lingua dei conquistatori per togliere la sua gente e la sua terra dalla rovina culturale maturata tra colonialismo, proselitismo religioso non illuminato e corruzione degli organi istituzionali, di certo questo è stato Chinua Achebe. Protagonista dei cosiddetti testi di rifrazione (o di Nella rinascenza africana lo scrittore nigeriano usò la lingua dei conquistatori per togliere la sua gente e la sua terra dalla rovina culturale ibridazione) capaci di parlare dell’Africa parlando all’Africa, li risolse nell’ambito di una dialettica di incontro-scontro, composta poi in tessuto connettivo, tra specificità locali e canone d’acquisto. Al punto da reinterpretare l’ideologia coloniale degli intellettuali inglesi, dal Conrad di Cuore di tenebra, visto come latente razzista, alla personalità di Albert Schweitzer, sul cui operato nutrì qualche perplessità. Eccessi, certo, comprensibili però se rapportati alla coscienza di Achebe di essere il teacher ossia la guida del suo popolo, non tanto o non solo letteraria, ma politica, cioè anti-inglese, anti-egemonica, anti-europea. Il gesuita Fan Shouyi Un cinese a Roma Anticipiamo stralci di un articolo dalla «Civiltà cattolica». di THIERRY MEYNARD olti hanno familiarità con la storia di missionari come Matteo Ricci (15521610), che servirono da ponte culturale tra la Cina e l’O ccidente. Non soltanto, infatti, essi fecero conoscere la cultura occidentale e il cristianesimo in Cina, traducendo, in collaborazione con letterati cinesi, importanti opere di filosofia, teologia e scienza, ma fecero conoscere anche la Cina all’Occidente, attraverso lettere, notizie, libri, e in particolare con la traduzione latina dei libri confuciani nel Confucius Sinarum Philosophus (1687). Negli ultimi trent’anni però gli studiosi hanno cominciato a sottolineare il ruolo di alcune persone e di alcune comunità locali cinesi in questo processo di trasmissione culturale. E vorremmo in particolare sottolineare la vita e il ruolo di Fan Shouyi (1682-1753), cinese cristiano che è vissuto e ha studiato in Europa per dieci anni (170818), dove è anche diventato sacerdote, e che è stato il primo cinese a scrivere le proprie impressioni sull’Europa e sulle Americhe. Nella sua duplice veste di suddito cinese dell’imperatore Kangxi e di sacerdote gesuita, Fan Shouyi s’impegnò a fare il proprio dovere di religioso e di politico nei tempi difficili della Controversia dei riti cinesi. A causa della mancanza di informazioni sull’ambiente familiare di Fan e sulla prima parte della sua vita, si è spesso pensato che si fosse convertito al cristianesimo grazie al gesuita piemontese Antonio Provana (1672-1720). Tuttavia, un rapporto occidentale della missione cinese, trovato recentemente negli Archivi della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Archivio storico «De Propaganda Fide», Apf), a Roma, ci offre preziose informazioni sull’ambiente cristiano della sua famiglia e sulla prima parte della sua vita. Il padre di Fan non era battezzato, ma la madre apparteneva a un’antica famiglia cristiana di Jiangzhou, e così Fan Shouyi fu battezzato poco dopo la sua nascita. La famiglia fu colpita di nuovo da una disgrazia, perché pochi anni dopo morì anche la madre di Fan. Così, all’età di dieci anni, egli rimase orfano di entrambi i genitori e venne affidato alla cura degli zii materni, che amministravano anche i beni del padre morto. Gli zii erano con ogni probabilità cristiani, e così Fan Shouyi, contemporaneamente alla sua istruzione ufficiale, deve aver ricevuto anche un’educazione cristiana. Secondo il documento dell’Apf, i due zii chiesero al sacerdote pie- M montese Filippo-Felice Carrocci (1646-95) di accogliere Fan Shouyi nella sua comunità e di prendersi cura di lui. Il documento non spiega la motivazione degli zii: essi possono aver scoperto nel ragazzo particolari attitudini allo studio e aver deciso di affidarlo a un sacerdote gesuita. Questo potrebbe essere accaduto attorno all’anno 1694, quando Carrocci giunse a Jiangzhou. Nel 1695 Carrocci, non ancora cinquantenne, morì. Così l’anno seguente giunse a Jiangzhou padre Provana, nativo di Nizza (a quel tempo appartenente al regno del Piemonte), per ricoprire la carica rimasta vacante. Provana incontrò così, nella chiesa di Jiangzhou, Fan Shouyi, che aveva allora quattordici anni. Come vedremo, essi divennero collaboratori e amici nei 25 anni che seguirono, fino alla morte di Provana, avvenuta nel 1720. Il documento Apf menziona i compiti svolti da Fan Shouyi come traduttore, catechista e compagno di Provana nelle sue missioni, che abbracciavano una vasta area, specialmente da quando, negli anni 1699-1701, gli vennero affidate le tre province di Shanxi, Shaanxi e Henan. Fan Shouyi aveva acquistato una conoscenza profonda dei classici, poiché poté spiegare a Provana i riferimenti che i letterati cinesi facevano spesso ad essi. In alcune città Provana costruì chiese, mentre a Taiyuan restaurò la chiesa che era stata costruita dal gesuita fiammingo Michel Trigault (160277). Fan Shouyi avrebbe aiutato Provana ad ottenere dalle autorità cinesi i permessi necessari, sviluppando così il suo talento per le mediazioni, che sarebbe stato molto utile poi nel trattare con le corti della Cina e dell’Europa. Nel febbraio 1709 giunsero a Roma, dove furono ricevuti da papa Clemente XI (1649-1721). Qui Fan sentì la vocazione a farsi gesuita. Aveva 27 anni e aveva vissuto già quindici anni con i gesuiti. Come possiamo leggere dal suo rapporto di viaggio, il Shenjianlu (rapporto su ciò che io ho visto personalmente, 1721), fu profondamente colpito dalla civiltà occidentale e dalle istituzioni culturali e sociali del cristianesimo, in particolare dal sistema educativo, dalle biblioteche e dalle università. Il 15 dicembre 1709 Fan Shouyi entrò nel noviziato dei gesuiti a Roma. I due anni di noviziato avrebbero comportato una sua separazione da Provana. Dal 1712 al 1714 egli studiò latino e filosofia a Milano, e dal 1715 al 1717 teologia a Torino. Con questi sei anni di formazione accademica, egli si aprì alla ricchezza del sapere filosofico e teologico e procurò una profonda base intellettuale alla sua fede cristiana. Mentre Fan Shouyi studiava a Milano e a Torino, Provana viveva in queste città, anche se non nella stessa casa, e così poté aiutare il suo allievo, e garantire che il giovane fosse preparato per l’ordinazione sacerdotale, che ebbe luogo nel 1717. Dopo il fallimento della delegazione di Mezzabarba, Fan Shouyi continuò il suo servizio come sacerdote nel nord della Cina. Morì all’inizio del 1753 e fu sepolto nel cimitero cattolico di Nella sua duplice veste di suddito dell’imperatore Kangxi e di sacerdote gesuita s’impegnò a fare il proprio dovere di religioso e di politico nei tempi difficili della Controversia dei riti cinesi Zhalan, vicino alle tombe di Matteo Ricci e di altri gesuiti. L’iscrizione sulla sua lapide menziona i suoi 33 anni di servizio alla missione e i 44 anni nella Compagnia di Gesù. Il disegno della lapide riflette la sua doppia identità: da una parte, il dragone, che simboleggia la lealtà al suo Paese; dall’altra, la croce, che simboleggia la sua fede cristiana. Dall’Iraq per rispondere all’Is terracotta, strumenti musicali, statuette di divinità e animali. La mostra nel padiglione dell’Iraq, come afferma la curatrice, Tamara Chalabi, citata dal «Guardian», intende essere una risposta al genocidio culturale voluto dall’Is. È molto importante che le persone fuori dall’Iraq vedano questi oggetti e ne comprendano il significato culturale, nel momento in cui essi vengono distrutti a Palmyra, a Nimrud, a Mosul. Tutti questi artefatti — evidenzia la curatrice — rivestono un valore universale perché trasmettono il messaggio che l’Iraq in passato è stato una culla per l’arte e che vorrebbe, nonostante le violenze, continuare a esserlo. Il museo nazionale di Artefatto di argilla risalente al 3000 prima dell’era cristiana Baghdad, chiuso nel 2003 per i continui saccheggi, ha riaperto le porte ai (chiamato «Arcaico») della visitatori dopo dodici anni, nel cinquantasettesima Biennale di 2015. All’epoca quasi quindicimila Venezia, che si apre il 13 maggio: è reperti furono danneggiati o la prima volta che preziosi reperti trafugati: gli esperti sono poi escono, legalmente, dal paese. Tra riusciti a recuperarne più di gli oggetti esposti figurano vasi di quattromila. (gabriele nicolò) Quaranta antichi artefatti, che attraversano sei millenni, dal neolitico al periodo neobabilonese, provenienti dal museo nazionale di Baghdad saranno in mostra nel padiglione iracheno sabato 25 febbraio 2017 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 5 Neolaureati giapponesi in cerca di lavoro Il successo di un metodo Cercare lavoro in Giappone da Tokyo CRISTIAN MARTINI GRIMALDI gni giorno decine di migliaia di giovani ragazzi italiani si svegliano e cominciano la loro quotidiana ricerca di un impiego. Soprattutto in Italia trovare lavoro è diventato sempre più complesso: occorre passare interi pomeriggi su internet a inviare curriculum, a scorrere siti con centinaia di annunci, a telefonare, cercando di non cadere nella trappola degli stage non retribuiti. Se si chiede a un esperto, vi dirà che il primo posto da visitare sono i siti delle agenzie per il lavoro, in seconda battuta ci sono i social network: Linkedin domina, ma anche Facebook comincia a essere un luogo di ricerca, anche perché, si sa, in Italia le “connection” contano moltissimo. Ma se c’è un luogo al mondo che pare aver ideato un sistema apparentemente infallibile per la ricerca di lavoro, questo è il Giappone. Infallibile perché nonostante un’economia che non cresce da anni, la percentuale di disoccupazione è ferma al di sotto del 5 per cento. Spesso è infatti proprio la mancanza di un sistema organizzato a determinare una clamorosa perdita di tempo per chi, invece, avrebbe veramente bisogno di un reddito per entrare così finalmente a far parte di quel club ambitissimo, e ormai sempre più ristretto, di coloro che possono dirsi indipendenti. I turisti stranieri per le strade di Tokyo si domandano che cosa fanno quei giovani uomini e donne che vedono indossare uniformi nere, ma che non sembrano avere la cronica stanchezza dei salaryman (i classici impiegati) e non sono evidentemente uomini d’affari. La risposta: si tratta di studenti universitari giapponesi O pagati meno di dieci euro l’ora, perA quel punto il candidato potrà ché in Giappone si è sempre sotto verificare online se ha passato questa pressione, a prescindere da quanto è seconda fase, e dunque se potrà accospicuo il conto in banca di mam- cedere alla prima vera selezione che, ma e papà: «la vita non è una pas- in modo particolare per le grandi seggiata» è il principio che anche i aziende, si svolge come un vero e più fortunati devono capire fin da proprio esame di scuola: ci sono dosubito. mande di cultura generale, matemaQuesta fase è detta anche “Pre-en- tica, scienza, biologia, che fanno try”, da non confondere con la pre- parte — o dovrebbero far parte — del sentazione del proprio curriculum. bagaglio culturale di qualunque lauSolo dopo questa fase infatti si può reando. Infatti sono domande che accedere alla fase “Entry”, ovvero equivalgono all’esame di quinta elel’invio del proprio CV. mentare. E se la cosa può far sorriIn poche parole, solo dopo aver dere pensando che tutti saprebbero verificato che esiste un reale interesse da parte del laureando di lavorare per quell’azienda, Nonostante un’economia il datore di lavoro che vanno a caccia di posti di tali, dove solitamente si spediscono che non cresce da anni concederà la possibililavoro. quanti più curriculum possibili spetà di presentare il prola percentuale di disoccupazione Ed è a marzo che solitamente mi- rando che qualcuno risponda positiprio CV, che in realtà è lioni di giovani giapponesi — dai 19 vamente o che almeno qualcuno nel paese asiatico qualcosa di ben diverai 22 anni di età — si ritrovano a semplicemente risponda, visto che è ferma al di sotto del cinque per cento so da come lo immapassare dai banchi dell’università di- non c’è peggior frustrazione per un giniamo noi. rettamente a quelli dei colloqui di disoccupato di veder ignorati tutti i Per cominciare, se lavoro. Le aziende, per non ostacola- propri sforzi. si intende lavorare per re gli studi, spostano le attività di Lo shūkatsu non è altro che un una grande compagnia, occorre scri- rispondere automaticamente a doreclutamento a marzo, quando l’an- reclutamento simultaneo di laureanvere una lettera rigorosamente su mande pensate per ragazzi di dodici no universitario termina per poi ri- di (dunque studenti a tutti gli efcarta, dunque scritta a mano! (sì, an- anni di età, chiedetevi quanti venprendere a inizio aprile. fetti). La maggior parte degli stucora nel 2017 i giapponesi, ovvero gli tenni italiani saprebbero rispondere Lo «shūkatsu» — l’abbreviazione denti infatti passano direttamente inventori dei videogame portatili, alla seguente domanda: «Quali sono di «shūshoku katsudō» (attività di dall’Università al lavoro vero e prodella Play station e dei robot di i sinonimi e i contrari della parola ricerca di lavoro) — indica un deter- prio, ovvero passano dall’essere daicompagnia scrivono i propri curricu- “potenziale”?». Oppure, qual è il siminato periodo di tempo dedicato gaksei (studenti) a shakaijin, letteralla a mano e su carta), dove il candi- gnificato della parola “deflazione”. alla ricerca di lavoro o le attività ad mente «persone che sono dentro la Sono domande fatte per fissare un dato racconterà del proprio operato esso collegate (ci sono decine di ma- società», a ribadire il fondamentale limite minimo di nozioni di cultura durante gli anni universitari, rivelerà generale, che qualunque ragazzo doteriali di studio su come meglio po- concetto che solo il lavoro può coni propri punti di forza e di debolez- vrebbe possedere a prescindere dal ter prepararsi a questo periodo di in- ferire un ruolo all’interno della soza, così come una varietà di altri lavoro che andrà a svolgere, se intensi colloqui) con modalità molto cietà, e dunque contribuire a formadiverse da quelle dei Paesi occiden- re un’identità, in ultimo a dare un dettagli personali. tende inserirsi nella società cosiddetta adulta, ma soprattutto a stabilire se tanti anni di studio sono effettivamente serviti a qualcosa. Ci sono poi gli esami di lingua giapponese, e la verifica delle capacità di esprimersi formalmente, ovveRaccolti in tre volumi scritti e articoli di Giuliana Cavallini su Caterina da Siena ro di saper usare quel linguaggio che non fa parte dell’abituale texting da smartphone e twitting da social network. E qui viene in mente il recente appello di seicento docenti italiani, tra cui linguisti, storici, filosofi, matematici, che hanno scritto al presi(inglese e francese, oltre all’italiano) e luogo forse per eccellenza, della comu- mentato questa felicità quando ha trodente della Repubblica denunciando di SILVIA GUIDI l’inesausto stupore per il paradosso di nicazione. Lì si comunica con gli altri. vato qualcuno aperto a entrare in sinche in Italia gli studenti non sanno a mia natura è il Caterina, la illetterata figlia di un tin- Ma che cosa? Qualche cosa di nostro, tonia con il suo insegnamento. l’italiano («bisogna ripartire dai fonfuoco» è il titolo tore senese che ha trovato un posto altrimenti perché la gioia? Qualcosa «Ma sembra che questo non gli sia damentali, grammatica ortografia, di un celebre ro- eminente tra gli scrittori del Trecento, che cominciammo ad acquisire sui bastato perché ha fatto ancora di più, comprensione del testo» si legge manzo di Louis de epoca che vanta i più luminosi astri di banchi di scuola tanti anni fa, ma che chiamandoci ad essere suoi colleghi nell’appello). Wohl ispirato alla tutta la letteratura italiana. A tanti se- poi è divenuto nostro; è divenuto, qua- (...) ci ha fatti partecipi del suo stesso Forse se anche in Italia, prima di vita di Caterina da Siena. Piene di coli di distanza il nome della giovane si, noi stessi, nel ripensamento, nel sentire, beati e dolorosi come lui. Cosa accedere a qualunque tipo di profesfuoco — non solo in senso mistico, an- terziaria di Fontebranda è accostato a confronto con la vita, nello studio di poteva darci di più bello e di più sione, fosse obbligatorio un esame di che nel senso più feriale e quotidiano quello di grandi pensatori cristiani renderlo accessibile a nostra volta». grande? Non so proprio immaginarlo» questo tipo, magari gli studenti si del termine perché calde, luminose e come Agostino, Giovanni Crisostomo Matematica, letteratura, biologia o chi- continua Giuliana nel suo atipico disentirebbero più motivati nel far uso piene di vita — sono anche le parole di e Bernardo; e a quello dei confratelli mica, storia, filosofia «o semplice scorso di congedo, contagiata dall’endel congiuntivo piuttosto che di una Tommaso d’Aquino e Alberto di Co- grammatichetta — continua Cavallini — tusiasmo della santa che ha tanto stucorretta punteggiatura. lonia, figli come lei del patriarca Do- non importa: è sempre qualche cosa di diato e amato. «La letizia di questo Dopo questa prova scritta ci samenico. ranno i colloqui, il tutto può durare vero che ormai possediamo, che è par- dono vorrei gridarla ai quattro venti, A tanti secoli di distanza Il rigore scientifico e l’accuratezza te integrante del nostro modo di esse- vorrei gridarla soprattutto ai giovani. dai 30 giorni fino ai sei mesi a sedelle argomentazioni non riescono a re. È questa la gioia, comunicare la ve- Perché se è naturale che gli anziani a conda delle aziende. Si tratta di una il nome della santa soffocare, nei suoi testi, l’abituale tono rità, comunicare con amore ciò che si un certo momento smettano di parlare vera e propria sfida tra migliaia di viene accostato a quello di pensatori cristiani allegro, confidenziale, pieno di gratitu- ama, dal momento che non si può bisogna pure che vi sia chi continua il “concorrenti”, che richiede molti sadine per i tanti doni ricevuti e per il possedere la verità senza amarla». Ge- discorso. Una cattedra muta è una cocrifici e rinunce, ma se si hanno le come Agostino e Bernardo dono più grande di tutti, quello della sù stesso, chiosa Giuliana, ha speri- sa triste». carte in regola si viene quasi sempre condivisione del sapere. Basta leggere premiati, anche perché questo tipo il brano che introduce il libro, tratto di sistema, rigidamente strutturato, Giuliana Cavallini, che alla santa sene- da un testo scritto alla fine degli anni con regole fisse a determinare il mise ha dedicato una quantità innumere- Ottanta per la rivista «L’arbore della gliore candidato possibile per l’asvole di lezioni, articoli e saggi. Oltre carità», per rendersene conto. L’autrisunzione, riduce di molto la possibicento titoli, tratti dagli scritti minori, ce, che per trent’anni ha insegnato alla lità che si infiltrino i soliti raccomansono stati raccolti in tre volumi (Giu- Lumsa, sta parlando di vecchiaia e dati. liana Cavallini, Profilo cateriniano. Dal pensionamento imminente, ma la maMa gli occidentali hanno sempre fondamento all’azione, Roma, Campisa- linconia che fatalmente accompagna guardato con un certo sussiego il no Editore, 2016, pagine 474 + 366 + ogni bilancio, anche il più positivo, modello giapponese, criticato per es365) nella collana Quaderni del Centro viene ben presto ribaltata nel suo consere troppo rigido e incapace di far internazionale di studi cateriniani. trario. emergere i talenti, un sistema che riGiuliana era nata a Roma nel 1908 ed «Va bene: quest’anno non avrò insedurrebbe sì l’incompetenza, ma solo è morta nella stessa città all’età di 96 gnamento. C’è troppa distanza a quana costo di un generale appiattimento anni; la sua produzione, nota la cura- to pare — scrive Giuliana — tra il milleverso il basso, o come diceva più trice, Diega Giunta, inizia e si conclu- simo della mia nascita e quello in cui “umilmente” il generale MacArthur, de con due articoli pubblicati dal no- siamo, e il peso degli anni intermedi il vero restauratore del Giappone stro giornale (nel giugno 1949 e nel rende eccessivo lo sforzo di salire il post-bellico, «i giapponesi somigliamaggio 2004, uscito postumo). Scor- gradino della cattedra. È questa la reno a dei ragazzini di dodici anni». rendo i tre volumi salta agli occhi la gola del gioco e non si può non accetEppure qui i ragazzini di dodici varietà dei temi affrontati — la Chiesa tarla allegramente, con senso sportivo. anni sanno già esprimersi con un mater et magistra, ovviamente, ma an- Va bene. Ma questa mattina vado anlinguaggio formale, keigo, quello utiche la natura e l’uomo, e la poesia del- cora a scuola per un esame, e mentre lizzato nei rapporti di lavoro tra le cose, fino ad arrivare a una sorta di cammino sui soliti lastroni evitando le adulti per intenderci, quando i noecologia ante litteram — la profondità solite buche, provo un senso di gioia. stri neolaureati, a detta dei loro stesdella riflessione, la naturalezza con cui Perché vado a scuola? Può darsi: la si docenti, nelle tesi di laurea comFrancesco Messina, «Monumento dedicato a santa Caterina da Siena» (1961) mettono errori da terza elementare. scriveva e pensava in tre lingue diverse scuola è il luogo della gioia perché è il senso alla propria esistenza, perché senza quello non siamo nessuno. Se vi sembra un pensiero estremo, allora consiglio di rileggere l’ormai tristemente famosa lettera del trentenne friulano suicida perché stanco di una vita da precario. Vi sono vari siti web di supporto allo shūkatsu, che consentono la ricerca di varie aziende in maniera efficiente e razionale. Ma dopo questa prima fase online si passa immediatamente alla fase face-to-face. Esistono infatti dei veri e proprio meeting dove vengono invitate migliaia di aziende, ed è qui che gli studenti possono verificare di persona quelle che rispondono ai propri interessi. Una sorta di Salone del Libro dove al posto dei gazebo dei vari editori ci sono migliaia di società, rappresentate da due o più persone, e divise per sezioni: marketing, finanza, ingegneria, ecc. Ma un laureando cosa deve fare per arrivare a ottenere l’agognato posto di lavoro? Per cominciare, dopo aver valutato le aziende di suo interesse, deve riempire un modulo online dove scrivere le proprie informazioni personali, i corsi di studio scelti durante il periodo universitario, elencare le attività di volontariato svolte, ed eventualmente attività di impresa create, quelle per intenderci che ora va di moda chiamare start up. Poi i vari lavori part-time svolti e che in Giappone tutti fanno: anche i figli di miliardari alla fine dei loro studi avranno sperimentato quei lavoretti di dodici o sedici ore a settimana, Pagine piene di fuoco «L L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 sabato 25 febbraio 2017 Antico affresco raffigurante sant’Andrea di Creta Concluso ad Al-Azhar l’incontro interreligioso tra cattolici e musulmani Valori comuni ISTANBUL, 24. «Come cristiani ortodossi siamo chiamati a vivere il periodo della santa e grande quaresima come un tempo di sobrietà coscienziosa e di ravvedimento, come un momento di eternità della nostra identità ortodossa. Siamo chiamati cioè a vivere e a convivere con Cristo, a vivere ecclesiologicamente e spiritualmente, poiché solo nella vita in Cristo esiste la possibilità di ravvedere la nostra coscienza e di elevarci nel luogo della libertà reale e degli infallibili giudizi per il nostro riposo e la nostra redenzione». Il messaggio che il patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ha scritto quest’anno per l’inizio della quaresima è una vera e propria omelia catechetica nella quale invita gli ortodossi, «attraverso la grazia e la filantropia di Dio», a vivere con criterio «il momento più adatto per volgere l’anima umana, la nostra propria anima, verso il Signore». Si tratta infatti di «un raccoglimento continuo davanti al mistero di Dio che si sviluppa ogni giorno, il mistero della salvezza dell’uomo». L’occasione offerta dai sacri digiuni — spiega il patriarca ecumenico — ha una particolare caratteristica, ovvero «il ravvedimento e la sobrietà dell’anima, che è chiamata, particolarmente durante questo periodo pieno di divini propositi e santità, a rendersi conto delle cose passeggere e visibili e a passare gradualmente verso le cose più importanti, superiori, verso le cose invisibili». Bartolomeo cita il Grande canone di Andrea di Creta, nel quale il vescovo bizantino parla a sé e a ogni anima afflitta e affaticata dalle tentazioni e dalle preoccupazioni della vita presente: «Il santo, cosciente del peso dell’anima umana, ferita dal peccato, nell’agonia grida: I vescovi sulla lotta agli abusi in Australia CAMBERRA, 24. «Come presidente della Conferenza episcopale australiana mi rivolgo ai sopravvissuti degli abusi sessuali su minori, ai cattolici e a tutta la comunità e prendo questo impegno: farò tutto quanto in mio potere per garantire che l’abuso del passato non accada mai più e che le riforme che i miei compagni vescovi e i leader religiosi hanno approvato negli ultimi anni, siano attuate. Ribadisco che la Chiesa cattolica in Australia continuerà a sostenere i superstiti di abusi sessuali su minori». Si conclude con questo solenne impegno il comunicato dell’arcivescovo Denis Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana, diffuso al termine delle audizioni che la Royal Commision, istituita per fare luce sui casi di pedofilia e abuso sui minori nelle istituzioni, ha dedicato alla Chiesa cattolica. Nel suo comunicato, il presidente dei vescovi australiani esprime gratitudine alle vittime degli abusi per “il coraggio” che hanno dimostrato parlando di quanto hanno subito. «Quello che abbiamo imparato — scrive il presule — dal nostro coinvolgimento nei casi di studio della commissione reale e dal lavoro condotto per capire meglio quali dinamiche hanno contribuito a diffondere l’abuso sessuale su minori nella Chiesa, deve ora essere implementato nelle nostre politiche e pratiche future». A questo proposito, il presidente dei vescovi esprime «gratitudine» per il lavoro «senza alcun dubbio faticoso e impegnativo» che hanno svolto in questi anni sia la commissione reale sia l’ente formato dalla Chiesa cattolica per coordinare la risposta della Chiesa, «il Consiglio per la verità, la giustizia e la guarigione». I vescovi attendono ora il rapporto finale e le raccomandazioni al governo che verranno presentate da Peter McClellan, presidente della commissione reale. Respingere ogni forma di fanatismo, estremismo e violenza in nome della religione; promuovere la conoscenza reciproca, i valori comuni e la tolleranza. È quanto auspicano il Centro per il dialogo di Al-Azhar e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso nel comunicato congiunto rilasciato al termine del simposio svoltosi al Cairo dal 22 al 23 febbraio. Un incontro «andato molto bene» e che ha «soddisfatto» il cardinale presidente del dicastero Jean-Louis Tauran, a capo della delegazione cattolica. I lavori sono stati inaugurati dagli interventi dello stesso porporato, del vice del Grande imam di Al-Azhar, lo sceicco Abbas Shouman, e del direttore del Centro per il dialogo dell’istituzione accademica sunnita, Mahmoud Hamdi Zakzouk. Nel corso della due giorni i partecipanti hanno presentato sei ricerche, in arabo e in inglese, sulle cause del fanatismo, dell’estremismo e della violenza religiosi, e sulle modalità di contrasto di questi fenomeni, di cui lo stesso Egitto è vittima in queste ore. Al termine hanno rilasciato una dichiarazione congiunta contenente una dozzina di raccomandazioni. La prima sottolinea l’importanza del dialogo tra la massima autorità di Al-Azhar, lo sceicco Ahmad Muhammad al-Tayyib, e il Pontificio consiglio; la seconda ribadisce la necessità del rispetto della diversità religiosa. Messaggio di Bartolomeo per l’inizio della quaresima Lotta dell’anima “Anima mia, anima mia, sorgi, perché dormi?”. Questo grido conduce alla presa di coscienza della vanità e al timore indicibile della fine della vita terrena: “La fine si avvicina e sarai (anima mia) nel turbamento”. Davanti alla fine inaspettata della vita che viene “come un ladro nella notte”, il luminare di Creta chiama se stesso e ogni anima ferita e pervasa dal timore dell’insicurezza: “Ritorna dunque in te, perché ti risparmi Cristo Dio, che è presente ovunque e che tutto ricolma”». L’insegnamento e la voce patristica ortodossa esortano, dunque, durante il periodo quaresimale, a «essere coscienti ciascuno di “chi siamo, dove ci troviamo e dove andiamo”, cioè dove ci dirigiamo», a «percepire la vanità della vita effimera e a convertirci per quanto “in conoscenza e ignoranza, in parole e opere, in attività e in tutti i nostri sensi” abbiamo operato fino a oggi non secondo il Vangelo e la legge della grazia di Cristo, e a ravvederci». Solo allora — sottolinea l’arcivescovo di Costantinopoli — «troveremo misericordia e grazia e ci risparmierà colui che esamina i cuori e le intimità e tutti i segreti degli uomini e i pensieri che il Signore conosce, e non ci imputerà i vani pensieri che conducono alle opere inutili». Davanti all’uomo si configura una lotta che «si computa nella nostra sobrietà e nel nostro ravvedimento, nella metanoia. Attraverso la metanoia, cioè la consapevolezza del nostro stato, e attraverso la confessione, la nostra vita si adorna con “la remissione dei peccati, la comunione dello Spirito santo, la pienezza del regno dei cieli”. Il ravvedimento si identifica con la coscienza dell’uomo che si converte (cfr. 2 Corinzi, 1, 12 e Romani, 2, 15). La coscienza è dono di Dio». Il primate conclude il suo messaggio quaresimale con un’invocazione al Signore affinché renda degni «tutti i fedeli ortodossi, in pace e in contrizione di cuore, di attraversare il sacro periodo e lo stadio che si apre di grazia e forza, affinché dopo aver compiuto la corsa valorosamente giungiamo tutti al giorno sovrano della tua risurrezione e con gioia incessantemente ti lodiamo con il capo incoronato» (cfr. Poema di Teodoro, Triodion). no fare insieme per promuovere le relazioni tra i popoli, gli individui, le civiltà e le religioni, al fine di garantire la pace, la sicurezza e la stabilità. Nella consapevolezza che incontri come terroristiche, per esempio prosciugandone le risorse e fermando chi le rifornisce di denaro e di armi, in modo da proteggere i giovani dalle loro devastanti ideologie. Perché l’Iraq ritrovi la pace BAGHDAD, 24. «Alla luce dell’anno dedicato alla pace, vorrei invitare tutti, figlie e figli della Chiesa caldea, a dedicare le preghiere per la quaresima all’Iraq e agli iracheni affinché possano vivere in una pace giusta e duratura»: inizia con queste parole il messaggio che il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako ha diffuso in vista del tradizionale tempo di penitenza e conversione in preparazione della Pasqua. Un documento, non lungo, Occasione da non perdere paese. «Dati attendibili e una corretta classificazione delle religioni hanno un’importanza fondamentale per lo status dei non musulmani pakistani», ha dichiarato Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della commissione nazionale della giustizia e della pace della Conferenza episcopale pakistana. In vista di questo appuntamento, riferisce l’agenzia Fides, nei giorni scorsi la Chiesa cattolica ha riunito i suoi operatori pastorali insieme a quelli della comunità anglicana del Pakistan, guidata a Karachi dal vescovo Sadiq Daniel. Tutti hanno concordato sul fatto che «il censi- quello svoltosi nella capitale egiziana possono servire anche a chiarire qualsiasi convinzione errata e a confermare il valore della tolleranza tra i seguaci delle religioni, i partecipanti hanno infine esortato tutti i governi, le organizzazioni e le autorità internazionali a cooperare tra loro per porre un freno ai gruppi estremisti e violenti. E in proposito le ultime raccomandazioni riguardano azioni concrete per contrastare in modo realistico le organizzazioni Invito del patriarca Sako alla preghiera I cristiani e il censimento in Pakistan KARACHI, 24. «È necessario fare un passo in avanti per unire tutta la popolazione dei battezzati, senza alcuna distinzione di confessione, coinvolgendo ogni singolo operatore pastorale, a partire dai vescovi, fino ai parroci e ai catechisti, per ottenere i numeri corretti sulle nostre comunità cristiane». È quanto afferma l’arcivescovo di Karachi, Joseph Coutts, sottolineando come gli operatori pastorali delle diverse comunità cristiane saranno cruciali per promuovere la consapevolezza dell’importanza del censimento che si terrà in Pakistan nel prossimo marzo. Nel dicembre scorso, infatti, la corte suprema ha ordinato al governo del Pakistan di tenere il sesto censimento nel paese. L’operazione si svolgerà in due fasi: la prima dal 15 marzo al 14 aprile, la seconda dal 25 aprile fino al 24 maggio. Da tempo i vescovi cattolici avevano chiesto al governo che il censimento venisse indetto al più presto. L’ultimo conteggio ufficiale — che dovrebbe svolgersi ogni 10 anni — risale al 1998, e dai risultati la popolazione ammontava a 132 milioni. Oggi si presume che sia arrivata alla soglia dei 200 milioni, cosa che renderebbe il Pakistan il sesto paese più popoloso del mondo. Soprattutto, il censimento si prefigura come un’importante opportunità per le minoranze religiose, per tutelare gli interessi di queste comunità spesso discriminate e sotto-rappresentate nel Inoltre si individuano tra le cause del fanatismo e dell’estremismo la povertà, l’ignoranza, l’abuso politico della religione e l’errata interpretazione dei testi sacri. In proposito si suggerisce di prestare particolare attenzione ai giovani, aprendo canali di dialogo, formandoli ed educandoli in modo corretto ai “valori comuni” condivisi, come la misericordia, l’amore e il rispetto. Il secondo blocco di raccomandazioni riguarda ciò che le due istituzioni interessate posso- mento 2017 è molto importante per la comunità cristiana, non solo per il nostro sviluppo, ma anche per i nostri diritti». Entrambe le comunità ecclesiali hanno deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione che partirà dalle celebrazioni liturgiche domenicali e si estenderà a tutti gli incontri. In quest’ottica, il cattolico Anthony Naveed, assistente speciale per l’armonia interreligiosa del primo ministro della provincia del Sindh, si è reso disponibile a condurre seminari specifici per informare e istruire tutti gli operatori pastorali sulle procedure per partecipare attivamente al censimento del 2017. Naveed ha iniziato a spiegare ai partecipanti alcune procedure chiedendo alle famiglie cristiane di preparare i documenti necessari per rispondere al censimento. «Sarà un momento importante per noi cristiani: potremo essere riconosciuti per i nostri numeri reali. Questo censimento potrà determinare il nostro futuro», ha detto. Alcuni hanno infatti ricordato l’importanza della questione della rappresentanza politica delle minoranze. Zahid Farooq, un assistente sociale cristiano, ha detto: «Nella prima assemblea nazionale, al tempo della fondazione del Pakistan, c’erano 145 seggi tra i quali 10 riservati alle minoranze; ora i seggi sono 342, ma i seggi per le minoranze non sono variati e restano 10». in cui si batte il tasto sulla necessità che il paese, dopo tante traversie, ritrovi finalmente uno spirito di concordia e di civile convivenza. In questa prospettiva, si ricorderà, nell’ottobre scorso, in occasione di una preghiera ecumenica svoltasi in un sobborgo di Erbil, il patriarca caldeo aveva lanciato la proposta di indire il 2017 come Anno della pace, celebrato insieme dalle Chiese e dalle comunità cristiane presenti in Iraq per favorire la riconciliazione nazionale. Nel messaggio di quaresima, il patriarca di Babilonia dei Caldei torna sulla questione e invita vescovi e sacerdoti a coordinare le iniziative. In particolare, suggerisce loro di «celebrare preghiere comuni, organizzare una speciale via crucis», nonché di organizzare dibattiti, convegni e altre attività correlate, «al fine di promuovere una cultura della pace e di portare i valori di convivenza, in primo luogo nei nostri cuori, di modo che noi possiamo condividerli con gli altri». Inoltre, Sako ha ricordato che «poiché tutte le nazioni anelano alla pace, è compito di tutti, in particolare del clero, dare priorità alla pace nella propria missione. La pace — ha scritto nel messaggio — deve essere realizzata anche da noi, non solo dai politici, con iniziative coraggiose e prendendo decisioni responsabili». In questa prospettiva è stata anche annunciata per la domenica delle palme una marcia della pace aperta anche ai musulmani, che par- tirà da Erbil e si concluderà ad Alqosh, nella piana di Ninive, a piedi e in un solo giorno, per chiedere la fine delle violenze in Iraq e in tutto il Medio oriente. «Io sarò alla guida della marcia — ha dichiarato il patriarca caldeo all’agenzia AsiaNews — e sarà una occasione forte di unità». Sempre nel tempo di quaresima, ha aggiunto Sako, «vogliamo anche raccogliere aiuti e fondi per i profughi musulmani, chiedendo alla nostra gente di aiutare le persone nel bisogno senza fare distinzioni in base alla fede, o all’etnia». Nelle prossime settimane Sako ha in programma una visita in un campo profughi musulmano nel quale sono ospitati quanti hanno abbandonato Mosul per sfuggire al cosiddetto Stato islamico, portando loro «la solidarietà cristiana». Nel messaggio per la quaresima il patriarca ha fatto poi esplicito riferimento «al difficile momento dei cristiani» in Iraq. In questo senso, «dobbiamo impegnarci a lavorare insieme e a pregare senza stancarci», affinché «gli sfollati ritornino sani e salvi nelle loro case e nelle loro proprietà, dopo aver vissuto un’esperienza amara nei campi di accoglienza per profughi». L’OSSERVATORE ROMANO sabato 25 febbraio 2017 pagina 7 Messa a Santa Marta «Signore, che io sia giusto, ma giusto con misericordia»: è la preghiera suggerita da Papa Francesco per non cadere nell’«inganno ipocrita» della «casistica», nella «logica del “si può” e “non si può”». Consapevoli che «in Dio giustizia è misericordia e misericordia è giustizia». Sono queste le linee essenziali della riflessione proposta Giustizia con misericordia dal Pontefice nella messa celebrata venerdì mattina, 24 febbraio, a Santa Marta. «C’erano tre gruppi di persone che seguivano Gesù» ha fatto subito notare Francesco, riferen- Macha Chmakoff, «La samaritana» dosi al passo evangelico di Marco (10, 1-12) proposto dalla liturgia. E così, anzitutto, «la folla lo seguiva per imparare, perché lui parlava con autorità». Certo, ha aggiunto, lo seguiva «anche, per farsi guarire». Il secondo gruppo è composto da «dottori della legge» che, invece, «lo seguivano per metterlo alla prova: si avvicinavano e per metterlo alla prova domandavano cose». Ci sono poi «i discepoli, il terzo gruppo: lo seguivano perché erano attaccati a lui, Gesù stesso li aveva chiamati per essere vicini». E così «questi tre gruppi seguivano sempre Gesù». Marco racconta che al Signore «si avvicinano questi dottori della legge: è chiaro, lo dice il Vangelo, per metterlo alla prova domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie». Ma «Gesù — ha spiegato il Papa — non risponde se sia lecito o non sia lecito; non entra nella loro logica casistica, perché loro pensavano soltanto alla fede in termini di “si può” o “non si può”, fino a dove “si può”, fino a dove “non si può”». Però in «quella logica della casistica Gesù non ci entra». Anzi, a loro «rivolge una domanda: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”». In pratica chiede «che cosa c’è nella vostra legge?”». Nel rispondere a questa domanda di Gesù, ha fatto presente Francesco, i dottori della legge «spiegano il permesso che ha dato Mosè per ripudiare la moglie, e sono proprio loro a cadere nel tranello, perché Gesù li qualifica “duri di cuore”». E si rivolge loro così: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma». E così Gesù «dice la verità, senza casistica, senza permessi, la verità: “D all’inizio della creazione, Dio li fece maschio e femmina”». E continua: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre» e «si mette in cammino», e «si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Perciò «non sono più due, ma una sola carne». E questa, ha affermato il Papa, «non è né casistica, né permesso: è la verità; Gesù dice sempre la verità». Marco, poi, racconta nel suo Vangelo anche la reazione del «terzo gruppo, i discepoli, a casa: lo interrogarono di nuovo su questo argomento per capire meglio, perché loro conoscevano questo permesso di Mosè, questa legge di Mosè». E «Gesù è ancora molto chiaro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Dunque Gesù dice «la verità», ha affermato il Pontefice. Egli «esce dalla logica casistica e spiega le cose come sono state create, spiega la verità». Ma «sicuramente, qualcuno può pensare: “Sì, la verità è questa, ma tu, Gesù, tu sei andato lì a parlare con un’adultera!”». E anche «tante volte adultera: cinque, credo». Perciò, così facendo, «sei diventato impuro. E sei diventato impuro anche perché quella era pagana, era una samaritana. E parlare con uno che non era ebreo ti faceva impuro e sei diventato impuro, anche perché hai bevuto dal bicchiere di lei, che non era stato purificato». Al- lora, «come mai tu dici che questo è adulterio, che questo è grave, e poi parli con quella, le spieghi il catechismo e bevi anche quello che lei ti dà?». E ancora: «Un’altra volta ti hanno portato un’adultera — chiaro a tutti: l’hanno presa in adulterio — e tu, alla fine, cosa hai detto? “Io non ti condanno, non peccare più”. Ma come si spiega questo?» si potrebbe, dunque, obiettare. «È il cammino cristiano» è stata la risposta del Pontefice. Si tratta del «cammino di Gesù, perché anche lui — pensiamo a Matteo, a Zaccheo, ai banchetti che fa con tutti i peccatori — andava da loro, a mangiare». E «il cammino di Gesù, si vede chiaro, è il cammino dalla casistica alla verità e alla misericordia: Gesù lascia fuori la casistica». E «a quelli che volevano metterlo alla prova, a quelli che pensavano con questa logica del “si può”, li qualifica — non qui, ma in altro passo del Vangelo — ipocriti». E questo vale anche «con il quarto comandamento: questi negavano di assistere i genitori con la scusa che avevano dato una bella offerta alla Chiesa, ipocriti!». Perché, ha insistito Francesco, «la casistica è ipocrita, è un pensiero ipocrita: “si può, non si può”». Un pensiero «che poi diventa più sottile, più diabolico: “Ma fino a chi posso? Ma di qui a qui, non posso”». È «l’inganno della casistica». Invece «no: dalla casistica alla verità ma la verità è questa». E «Gesù non negozia la verità, mai: la dice tale e quale è». Ma non c’è «solo la verità», ha spiegato il Papa. C’è «anche la misericordia, perché lui è l’incarnazione della misericordia del Padre e non può negare se stesso». E «non può negare se stesso perché è la verità del Padre, e non può negare se stesso perché è la misericordia del Padre». E «questa — ha proseguito — è la strada che Gesù ci insegna a percorrere: non è facile, nella vita, quando vengono le tentazioni: pensiamo alle tentazioni di affari». In quel caso «gli affaristi» dicono: «Io posso fare fino a qui, licenzio questi dipendenti e guadagno più di qua». È «la casistica», appunto. «Quando la tentazione ti tocca il cuore — ha affermato il Papa — questo cammino di uscire dalla casistica alla verità e alla misericordia non è facile: ci vuole la grazia di Dio perché ci aiuti ad andare così avanti. E dobbiamo chiederla sempre». «Signore, che io sia giusto, ma giusto con misericordia» è la preghiera suggerita da Francesco. Ma «non giusto, coperto dalla casistica». Invece la preghiera da fare al Signore è per essere «giusto nella misericordia, come sei tu, giusto nella misericordia». E «poi uno di mentalità casistica può domandare: che cosa è più importante in Dio, giustizia o misericordia?». Ma questo «è un pensiero malato, che cerca di uscire: cosa è più importante?». In realtà «non sono due: è uno solo, una sola cosa. In Dio, giustizia è misericordia e misericordia è giustizia». E «il Signore — ha concluso il Papa — ci aiuti a capire questa strada, che non è facile, ma ci farà felici, a noi, e farà felice tanta gente». Il cappellano della chiesa anglicana di All Saints parla della visita del Papa Meta da raggiungere di NICOLA GORI Qual è il modo migliore per superare gli ostacoli? Che rapporti ha la parrocchia con il Centro anglicano di Roma? Una parrocchia composta da fedeli di oltre venti nazionalità, che celebra duecento anni di vita con un ospite d’eccezione: Papa Francesco. È la comunità anglicana della chiesa di All Saints in Roma, dove il Pontefice si recherà nel pomeriggio di domenica 26 febbraio. Del significato della visita parla, in questa intervista all’O sservatore Romano, il cappellano, Jonathan Boardman. È quello di essere chiari e ascoltare le posizioni dell’altro, avendo sempre davanti a noi la meta da raggiungere: l’unità e la volontà di Cristo. La parrocchia di All Saints appartiene alla nostra diocesi di Gibilterra in Europa, che rappresenta la Chiesa d’Inghilterra sul continente. Il Centro invece costituisce una presenza della Comunione anglicana nel suo insieme ed è guidato dal rappresentante personale dell’arcivescovo di Canterbury. La nostra parrocchia ha contatti con il vicariato di Roma e con la Conferenza episcopale italiana, mentre il Centro si occupa dei rapporti con la Santa Sede. Cosa rappresenta la presenza di Papa Francesco tra voi? È un segno di gioia e di solidarietà tra cristiani. Siamo contenti di celebrare il duecentesimo anniversario della presenza degli anglicani nella città insieme con il vescovo di Roma e anche con i fratelli delle altre confessioni cristiane. Qual è la realtà della vostra comunità? È frequentata da circa cinquecento fedeli appartenenti a più di venti nazionalità. Abbiamo poi fratelli della nostra comunità sparsi anche in altre città italiane, come a Città della Pieve, in Umbria, e a Macerata e Pesaro, nelle Marche. Io sono il cappellano della chiesa dal novembre 1999. A colloquio con il segretario del dicastero per l’unità dei cristiani Per conoscersi meglio Sono stati fatti passi in avanti in ambito ecumenico? Negli ultimi anni i rapporti sono stati approfonditi con amicizia reciproca. Ci siamo confrontati anche con le difficoltà, e gli sviluppi hanno creato nuove domande nel percorso del pellegrinaggio comune. Tra queste, c’è per esempio la questione dell’ordinazione delle donne; ma a fronte di ciò, siamo comunque desiderosi di camminare insieme verso l’unità. C’è un terreno comune su cui lavorare? Una risposta eloquente è il gemellaggio tra noi e la parrocchia cattolica di Ognissanti, nel settore est di Roma. Abbiamo già lavorato insieme, ma questo scambio mette un sigillo sulla nostra collaborazione. Per rendere concreto il gemellaggio ci impegniamo al massimo per l’unità, in particolare, focalizzando gli sforzi su tre ambiti: approfondire la reciproca conoscenza e l’amicizia, partecipare agli incontri a livello ufficiale per conoscersi meglio e compiere un servizio ai poveri e ai bisognosi della nostra città. Un gemellaggio per conoscersi, condividere progetti e compiere opere di carità e di solidarietà insieme. È quello tra la parrocchia anglicana All Saints e la parrocchia cattolica di Ognissanti, che verrà ufficializzato durante la visita del Papa alla comunità anglicana di via del Babuino a Roma. Lo spiega in questa intervista al nostro giornale, il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Che significato ha la visita di Papa Francesco alla chiesa anglicana di All Saints? Papa Francesco è molto cosciente di essere il vescovo di Roma. In questa era ecumenica, un vescovo deve avere attenzione verso tutti i cristiani che sono nel suo territorio. Sappiamo che ha un’apertura cordiale nei confronti di tutti i fratelli delle altre Chiese e comunità. Credo che questa visita si possa leggere nella stessa linea dei precedenti incontri con i valdesi, i pentecostali e i luterani. A cinquanta anni dallo storico incontro tra Paolo VI e il primate Michael Ramsey, come giudica lo stato delle relazioni tra cattolici e anglicani? Tutti sappiamo che cinquant’anni fa non c’era un vero e proprio dialogo tra cattolici e anglicani. Adesso, al contrario, ci sentiamo veramente uniti nella fede, nel battesimo comune e nella missione di portare il Vangelo alla società di oggi. Tante barriere sono state abbattute, tante opinioni false degli uni sugli altri sono state superate. La questione al momento è di incontrarci e conoscerci sempre più profondamente in spirito di fede e di missionarietà per collaborare meglio alla diffusione del Vangelo. In cinquanta anni siamo riusciti anche a livello teologico a superare certe difficoltà. Abbiamo ancora molti passi da fare, soprattutto perché tra noi ci sono difficoltà importanti sul concetto stesso di Chiesa, in particolare sulla sacramentalità, sul ministero e su come la Chiesa deve compiere la missione di santificare. In questo senso abbiamo ancora molto da studiare nei dialoghi teologici, ma a livello di fratellanza, di solidarietà, di cooperazione abbiamo fatto grandi progressi. Cosa possono fare insieme cattolici e anglicani per annunciare Cristo agli uomini del nostro tempo? Con la visita del Papa si inaugura un gemellaggio tra la parrocchia anglicana di All Saints e la parrocchia cattolica Ognissanti di Roma. È un esempio concreto di come due parrocchie possono conoscersi e insieme lavorare, pregare, leggere la Bibbia, compiere opere di solidarietà e di carità verso i bisognosi. Questo è crescere: è come quando si dice che l’ecumenismo si fa camminando. È la prima volta che ciò avviene a Roma. Ci dà la conferma di una collaborazione non solo a parole, ma effettiva, concreta. I fedeli delle due parrocchie si conosceranno, capiranno meglio tutto quanto abbiamo in comune e anche le differenze. Si incontreranno come veri fratelli in Cristo e coopereranno sulla strada della ricerca dell’unità. Si può parlare di relazioni più strette e profonde tra anglicani e cattolici? In un certo senso sì. Anche il concilio Vaticano II, nel decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, ha fatto riferimento a un rapporto «speciale» con gli anglicani, per il fatto che essi hanno preservato la forma storica dell’episcopato. Naturalmente il problema è vedere fino a che punto questo episcopato rimane nella successione apostolica come noi la concepiamo. Però la struttura gerarchica e la forma di governo della Chiesa è molto più simile a noi che non a quella della Chiesa evangelica luterana o riformata. Pertanto, abbiamo con gli anglicani questo punto di contatto che non abbiamo con gli altri. A che punto è il lavoro delle coppie di vescovi — un cattolico e un anglicano — che hanno ricevuto il mandato missionario da Papa Francesco e dal primate Welby lo scorso 5 ottobre a San Gregorio al Celio? Da quanto ci risulta, questi vescovi sono tornati con grande entusiasmo dalle loro esperienze e si stanno organizzando per coinvolgere altri pastori delle due Chiese. Le notizie fino a ora giunte sembrano molto positive. Si tratta di una collaborazione che va stimolata e organizzata localmente. (nicola gori)