Valle del Velino - Santuario di Greccio

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Valle del Velino - Santuario di Greccio
Il Cammino di Francesco e la valle del Velino
5° Pacchetto turistico
Rieti – Valle del Velino - Santuario di Greccio
Indirizzo: Santuario di Greccio - Via del Santuario
02045 Greccio (RI)
Telefono 0746.750.127
Fax 0746.751.776
Orari d’apertura al pubblico: 9.00 - 18.00
(19.00 Orario Legale)
http://www.provincia.rieti.it/
http://www.camminodifrancesco.it/
Greccio
1° GIORNO
Visita al Centro Storico di Rieti: la Cattedrale e il Vescovado, il Teatro Flavio Vespasiano, la
cinta muraria romana e medievale, Rieti sotterranea, il Ponte Romano
Città principale della Sabina e capoluogo di provincia è situata a circa 400 m. s. m. Il nucleo
primitivo della città si sviluppò su un'altura calcarea che ne rappresenta attualmente la parte
più elevata e centrale (intorno alla Piazza Vittorio Emanuele e al Teatro Comunale); questo
nucleo originario si è andatovia via ampliando per poi estendersi in varie direzioni. L'antica
Reate fu una delle più antiche e principali città dei Sabini. Non abbiamo notizie storiche della
città prima della conquista romana; nel 211 a. C. Annibale passò sotto le sue mura sulla via di
Roma; nel 205 Reate assieme con gli altri Sabini contribuì volontariamente ai rifornimenti di
Scipione. Certamente fu mantenuta al grado di prefettura fino al tempo augusteo; in tempi
imperiali fu elevata tuttavia a municipio, e sotto Vespasiano accolse un gran numero di
veterani, senza avere però il titolo di colonia. Di Reate furono originarî l'erudito Varrone e
l'imperatore Vespasiano. Il fertilissimo territorio reatino, bagnato dalle acque del Velino e dei
suoi affluenti Turano e Salto, soggetto a lavori idraulici per la regolazione dei corsi dei fiumi
sino dalla conquista della Sabina da parte di M. Curio Dentato, fu causa di gravi e secolari
dispute fra la città e la vicina Interamna (Terni), dispute per le quali una volta fu chiamato a
patrono di Reate Cicerone, che difese la sua causa davanti agli arbitri nominati dal Senato.
Durante la dominazione dei Goti fu retta da un priore; dipese poi dal ducato di Spoleto e fu
sede di un importante gastaldato. Nel sec. IX la devastarono i Saraceni.
In quel secolo e fino alla prima metà del XII, Rieti è retta da un conte. Nel 1149 la città patisce
assedio e distruzione ad opera di Ruggero di Sicilia; in quel periodo si colloca l'origine del
comune (1171, prima menzione dei consoli). Nel 1198 Rieti fa atto di omaggio ad Innocenzo III
(creazione del podestà) e da allora in poi resta sempre fedele alla Chiesa, e più volte sede e
rifugio del papa. Durante il periodo avignonese subì in modo particolare le ingerenze dei
sovrani angioini, data la sua vicinanza al regno di Napoli, e fu travagliata dalle lotte di parte.
Non ebbe difficoltà a riaccostarsi alla Chiesa nel 1354, assoggettandosi al cardinale Alborno. Al
tempo della guerra degli Otto Santi, pur non abbandonando le parti del papa, si diede in
signoria temporanea a Cecco Alfani, la cui famiglia ebbe poi per vari decennî il predominio in
Rieti. Rinaldo Alfani è nominato da Martino V vicario, ma nel 1425 la potente famiglia è
bandita. La storia di Rieti non registra, da allora in poi, fatti di molto rilievo; la città appare
spesso in contesa con le vicine città abruzzesi per ragioni di confine, e con Terni a causa della
Cascata delle Marmore. Nel 1798-99 Rieti fa parte del dipartimento del Clitunno; nel 1809-1814
di quello del Tronto ed è sottoprefettura. Nel 1816 Pio VII la erige a capoluogo di delegazione.
Da ricordare, nel 1821 la battaglia avvenuta al Colle di Lesta fra il Pepe ed il Frimont; nel 1831
il vano assalto del Sercognani; nel 1860 (23 settembre) l'ingresso delle truppe italiane. Rieti
viene allora assegnata alla provincia di Perugia (fino al 1923), poi a quella di Roma, e nel 1927
diviene capoluogo di provincia.
Della Rieti romana rimangono pochi elementi . Sono avanzi di mura in via Pescheria, in via
Roma, in via Pellicceria e altrove, da cui si può ricostruire il tracciato della cinta romana. Altri
avanzi cospicui di mura perimetrali di una vasta costruzione furono trovati, recentemente, a
circa quattro metri di profondità, nei lavori di sbancamento compiuti sulla piazza Vittorio
Emanuele e sono ancora visibili. Una costruzione romana d'importanza notevole è il ponte sul
Velino, che costituiva la parte terminale di un viadotto ad archi rampanti che si svolgeva quasi
in direzione dell'attuale via Roma terminando all'antica porta romana. Alcune parti di questo
viadotto si possono osservare in sotterranei di abitazioni lungo la via Roma.
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Tra le costruzioni medievali reatine, quella che domina il centro della vecchia Rieti, è tutto
l'insieme pittoresco, che va dalla torre campanaria del 1252, dalla cattedrale, dal palazzo
papale, fino all'arco di Bonifacio VIII. Del palazzo papale oggi sono restituiti alla luce i
grandiosi portici a crociera del 1283.
La cattedrale fu iniziata nel 1109; nel 1157 fu consacrata la cripta che ancora si conserva
integra, mentre la chiesa superiore, terminata nel 1225, fu internamente modificata nel 1639
quando già, in varî periodi precedenti, erano state aggiunte cappelle praticando aperture nelle
due navate laterali. Nella cappella di Santa Barbara, protettrice di Rieti (il cui corpo è
venerato, in una bellissima urna marmorea, nell'altare maggiore della cattedrale), la statua in
marmo è su disegno del Bernini.
Una caratteristica notevole della città di Rieti è quella di avere ancora, quasi completa, la cinta
delle mura medievali, sia pure in varie parti restaurate più volte.
L'arte della rinascenza e l'arte barocca sono testimoniate nell'architettura di alcune chiese e in
diversi palazzi del centro storico. Palazzi degni di essere segnalati sono quello Vecchiarelli in
Via Roma, di Carlo Maderno, quello Vincentini (oggi palazzo del governo) con la pittoresca
loggia del VIgnola (sec. XVI), il palazzo Sanizi (oggi sede dei Tribunali), l'ex palazzo del
Podestà (sec. XIV), ampliato e modificato nel sec. XVII per la costruzione del primo seminario
istituito nel mondo dopo il Concilio di Trento, il palazzo comunale con la facciata principale del
Brioni (sec. XVIII) con il fianco sulla Via della Pescheria che rimonta al sec. XIII con aggiunte
del sec. XVI. Non vanno poi dimenticate per il particolare interesse alcune costruzioni
medievali in Via S. Rufo, in via S. Carlo, in via Pellicceria.
2° GIORNO
La Salaria e la Valle del Velino
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La Salaria è considerata in Italia la via consolare più antica in assoluto. La via attraversa la
Valle del Velino e racconta la storia di un territorio ricco di testimonianze, tradizioni popolari e
itinerari archeologici di grande valore. In origine con il nome "Salaria" si indicava solo il tratto
che unisce la città di Roma a Rieti ma in seguito l’Imperatore Augusto estese il nome all'intero
percorso Roma - Rieti - Antrodoco - Porto D'Ascoli (Castrum Truentinum).
L'attuale via Salaria segue il tracciato della Salaria Nova, costruita ai tempi dell'imperatore
Nerva (96-99 d.C.).
Da molto tempo prima la via Salaria, nel suo percorso originario lungo la Valle del Velino,
svolgeva già una funzione importantissima, essendo da sempre legata alle attività di trasporto
e commercio del sale da cui trae il nome di Via Salaria. La sua importanza risale ai tempi dei
Sabini, antichi abitanti del territorio, già dal II millennio a.C. quando era molto frequentata
per il trasporto del sale dal Tirreno all'Adriatico.
Il fondo stradale era largo circa 4 metri ed era costituito da ghiaia e piccoli ciottoli legati
insieme con argilla e sabbia per uno spessore di 50 cm. In alcuni tratti del territorio di Posta
(RI) sono visibili le tracce del percorso antico sopravvissute all’interramento causato da eventi
naturali o per motivi legati all’intervento umano. Le testimonianze più significative sono
emerse presso il comune di Antrodoco in uno dei tratti più angusti della valle del Velino dove la
strada sorge incassata in grandi tagli nelle pareti rocciose a strapiombo sul fiume. Nella parte
alta della Valle del Velino in prossimità del confine con le Marche, è stato rinvenuto il LXIX
migliario della Salaria, risalente al IX secolo a.C. in epoca augustea.
Sebbene i lavori di risistemazione abbiano adattato negli anni la strada alle nuove esigenze di
scorrimento, la Salaria (SS4) non è cambiata sostanzialmente dall'epoca del suo primo
tracciato ufficiale (IV secolo a.C.) e caratteristici rimangono i suoi monumenti e i suoi tratti
antichi.
Questa importante via di comunicazione fu uno dei principali assi lungo il quale si propagò il
Cristianesimo a partire da Roma. Nei secoli VI e VII furono edificate lungo la Salaria una gran
quantità di chiese ed abbazie, segno della presenza della chiesa in zone montane molto lontane
da Roma.
In seguito, a partire dal secolo VIII, si affermarono una serie di chiese e monasteri fondati dai
monaci benedettini e dai longobardi convertiti.
Nel secolo XIII, fuori dall'attuale centro abitato di Borgovelino, venne costruito il convento di
San Francesco fondato secondo la tradizione dallo stesso San Francesco.
Da allora, come ai tempi della dominazione romana, la Salaria tornò a ricoprire nuovamente
un ruolo fondamentale come via di comunicazione dell'Italia centrale appenninica.
Lungo l'antichissimo percorso della via del sale sono stati edificati gli antichi centri di Castel S.
Angelo, Antrodoco, Posta, Accumoli, e poi oltre fino al Tirreno. In questa valle densa di boschi e
banchi di roccia a picco sul percorso del Velino emerge agli occhi degli osservatori una tecnica
costruttiva molto suggestiva. Laddove infatti si sporgeva un blocco roccioso naturale la
carreggiata era ed è ancor oggi tagliata nella roccia, con effetti di grande impatto a livello
scenografico e monumentale.
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3° GIORNO
Greccio (RI)
Il medievale paese di Greccio è sede dell’antico Santuario, uno dei quattro più importanti
santuari eretti da San Francesco nella Valle reatina, insieme al Santuario di Fonte Colombo, al
Santuario della Foresta, e il convento di Poggio Bustone. E’ ubicato a circa 15 km dalla città di
Rieti, ed è arroccato su un costone di roccia a circa 2 km dal borgo medievale di Greccio.
La Valle Santa fu, insieme ad Assisi e a La Verna una delle mete più importanti nella vita di
San Francesco. In questa terra oltre al Cantico delle Creature scrisse la Regola Francescana e a
Greccio nel 1223 fece rivivere i primo presepe cristiano. La collocazione del Santuario tra i
boschi di leccio della media collina suscita un’aspirazione alla solitudine ed a una rigorosa
regola religiosa e di vita, le stesse che hanno guidato Francesco a spogliarsi dei beni terreni per
abbracciare i valori della Natura e del Creato. Monaco errante e caritativo, il Santo si ritirava
a pregare e dormire su un giaciglio di roccia viva e trascorreva la sua vita nel romitorio
roccioso in povertà e solitudine. Il suo esempio di comunicazione semplice lo portò ad allestire a
Greccio nel 1223 la prima rappresentazione scenica vivente della nascita di Cristo nella notte di
Natale. La leggenda sull’accaduto, reale o scaturita da un racconto, narra che il bambinello,
unico personaggio non vivente della rievocazione, prese vita per tornare, poi, inanimato. In
questo si cela il significato più elevato della cultura francescana che instaura un rapporto
diretto con il mondo e con Dio, ‘Colui che è’, creatura reale, compagno di avventura del vivere
umano, colui cui Francesco chiede consiglio e aiuto nelle sue decisioni sulla Regola.
Le ipotesi su come San Francesco abbia scelto questo luogo erto sulla valle si confondono e tra
queste la più suggestiva è sicuramente quella del bambino a cui il poverello di Assisi fece
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lanciare un tizzone che lanciato come una saetta terminò il suo volo sulla parete rocciosa di un
monticello di proprietà del Velita, un noto feudatario del paese di Greccio. Sembra fu lo stesso
Velita nel 1223 che spinse San Francesco a dare vita alla rievocazione della natività così come è
stata tramandata fino a noi. Da quel momento Greccio ed il suo Santuario sono noti come
luogo del primo presepe nel mondo.
Nella grotta che accolse l’evento della natività, cui si giunge dopo aver percorso una lunga
scalinata tagliata sulla pietra, fu costruita una cappellina e sul masso roccioso che servì da
mangiatoia un piccolo altare. Sul fondo della cappella, al di sopra dell’altare c’è uno splendido
affresco del 1400 di scuola Giottesca attribuita al Maestro di Narni, che rappresenta la
Natività di Betlemme su un lato e il Presepe di Greccio sull’altro.
Attraverso uno stretto corridoio si arriva all’interno del romitorio originariamente abitato dal
Santo e dai primi frati suoi seguaci. Si entra nel Refettorio nel quale è posto un piccolo lavatoio,
un tratto di pavimento originale e un caminetto restaurato. Accanto all’ingresso che conduce al
primitivo dormitorio si osservano due affreschi del sec. XVI. Percorrendo il lungo corridoio sul
quale si affacciano le stanzette dove dormivano i frati si arriva in quella dove Francesco
dormiva sulla viva roccia. Il silenzio e la semplicità degli ambienti dà ancor oggi la dimensione
e il valore di una vita condotta secondo la regola dell’ordine. Segue lungo il percorso un piccolo
Coro ligneo del XVII secolo, un leggio, due aste di legno girevoli per sostenere il libro e la
lanterna e un crocifisso ligneo del XVIII secolo; sulle pareti un’immagine della Madonna
addolorata della Scuola del Sassoferrato (XVII sec.).
L’immagine-simbolo del Santo sofferente che si asciuga gli occhi, il cui originale è andato
perduto (la copia attuale risale al XIV secolo), evoca la grave infezione alla vista che lo
affliggeva e che ha determinato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute negli ultimi anni di
vita.
Nel piazzale esterno si trova la chiesa moderna adagiata con un fianco sulla roccia, eretta negli
anni sessanta e dedicata a Francesco ed alla Vergine Immacolata. All’interno due presepi di cui
uno ligneo ed uno in terracotta. Sul ballatoio sopraelevato e lungo il percorso di ingresso
laterale una mostra permanente di presepi realizzati manualmente e provenienti da tutto il
mondo. Ovunque ricorrono le parole di un antico biografo: "Si onora ivi la semplicità, si esalta
la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma in una nuova Betlemme".
LA STORIA DEL CAMMINO
La Valle Santa fu, insieme ad Assisi e a La Verna una delle mete più importanti nella vita di
San Francesco. In questa terra oltre al Cantico delle Creature scrisse la Regola Francescana e a
Greccio nel 1223 fece rivivere i primo presepe cristiano. Il Santuario di Greccio è uno dei
quattro santuari eretti da San Francesco nella Valle reatina, insieme al Santuario di Fonte
Colombo, al Santuario della Foresta, e il convento di Poggio Bustone. E’ ubicato a circa 15 km
dalla città di Rieti, ed è arroccato su un costone di roccia a circa 2 km dal borgo medievale di
Greccio.
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La collocazione del Santuario tra i boschi di leccio della media collina suscita un’aspirazione
alla solitudine ed a una rigorosa regola religiosa e di vita, le stesse che hanno guidato
Francesco a spogliarsi dei beni terreni per abbracciare i valori della Natura e del Creato.
Monaco errante e caritativo, il Santo si ritirava a pregare e dormire su un giaciglio di roccia
viva e trascorreva la sua vita nel romitorio roccioso in povertà e solitudine. Il suo esempio di
comunicazione semplice lo portò ad allestire a Greccio nel 1223 la prima rappresentazione
scenica vivente della nascita di Cristo nella notte di Natale. La leggenda sull’accaduto, reale o
scaturita da un racconto, narra che il bambinello, unico personaggio non vivente della
rievocazione, prese vita per tornare, poi, inanimato. In questo si cela il significato più elevato
della cultura francescana che instaura un rapporto diretto con il mondo e con Dio, ‘Colui che è’,
creatura reale, compagno di avventura del vivere umano, colui cui Francesco chiede consiglio e
aiuto nelle sue decisioni sulla Regola.
Le ipotesi su come San Francesco abbia scelto questo luogo erto sulla valle si confondono e tra
queste la più suggestiva è sicuramente quella del bambino a cui il poverello di Assisi fece
lanciare un tizzone che lanciato come una saetta terminò il suo volo sulla parete rocciosa di un
monticello di proprietà del Velita, un noto feudatario del paese di Greccio. Sembra fu lo stesso
Velita nel 1223 che spinse San Francesco a dare vita alla rievocazione della natività così come è
stata tramandata fino a noi. Da quel momento Greccio ed il suo Santuario sono noti come
luogo del primo presepe nel mondo.
Nella grotta che accolse l’evento della natività, cui si giunge dopo aver percorso una lunga
scalinata tagliata sulla pietra, fu costruita una cappellina e sul masso roccioso che servì da
mangiatoia un piccolo altare. Sul fondo della cappella, al di sopra dell’altare c’è uno splendido
affresco del 1400 di scuola Giottesca attribuita al Maestro di Narni, che rappresenta la
Natività di Betlemme su un lato e il Presepe di Greccio sull’altro.
Attraverso uno stretto corridoio si arriva all’interno del romitorio originariamente abitato dal
Santo e dai primi frati suoi seguaci. Si entra nel Refettorio nel quale è posto un piccolo lavatoio,
un tratto di pavimento originale e un caminetto restaurato. Accanto all’ingresso che conduce al
primitivo dormitorio si osservano due affreschi del sec. XVI. Percorrendo il lungo corridoio sul
quale si affacciano le stanzette dove dormivano i frati si arriva in quella dove Francesco
dormiva sulla viva roccia. Il silenzio e la semplicità degli ambienti dà ancor oggi la dimensione
e il valore di una vita condotta secondo la regola dell’ordine. Segue lungo il percorso un piccolo
Coro ligneo del XVII secolo, un leggio, due aste di legno girevoli per sostenere il libro e la
lanterna e un crocifisso ligneo del XVIII secolo; sulle pareti un’immagine della Madonna
addolorata della Scuola del Sassoferrato (XVII sec.).
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L’immagine-simbolo del Santo sofferente che si asciuga gli occhi, il cui originale è andato
perduto (la copia attuale risale al XIV secolo), evoca la grave infezione alla vista che lo
affliggeva e che ha determinato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute negli ultimi anni di
vita.
Nel piazzale esterno si trova la chiesa moderna adagiata con un fianco sulla roccia, eretta negli
anni sessanta e dedicata a Francesco ed alla Vergine Immacolata. All’interno due presepi di cui
uno ligneo ed uno in terracotta. Sul ballatoio sopraelevato e lungo il percorso di ingresso
laterale una mostra permanente di presepi realizzati manualmente e provenienti da tutto il
mondo. Ovunque ricorrono le parole di un antico biografo: "Si onora ivi la semplicità, si esalta
la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma in una nuova Betlemme".
Nel contesto paesaggistico del presepe di Greccio si colloca la Riserva Naturale dei Laghi
Lungo e Ripasottile, una riserva naturale regionale ricadente in un’area alluvionale di oltre
3.000 ettari compresa tra i monti reatini (massiccio del Terminillo) e i monti sabini (catena che
delimita il confine tra la sabina interna e la sabina romana). Sul lato nord est si apre il teatro
naturale delle Sorgenti di Santa Susanna, la cui portata di 5.000 litri al secondo ne fa una delle
più grandi d’Europa. In era quaternaria la piana era costituita da un solo grande lago – il
Lacus Velinus – alimentato dall’omonimo fiume, dal quale emergevano piccoli isole, in un
paesaggio caratterizzato da una folta vegetazione ripariale di alberi ed arbusti di grande
importanza naturalistica. Le acque del fiume contribuivano, con la loro azione di deposito
calcareo, ad alzare un argine di contenimento in prossimità della zona denominata, non a
caso, ‘Marmore’, molto simile ad una diga naturale che lasciava defluire discontinuamente le
acque nella confinante valle del Nera determinando l’emersione parziale di lembi marginali di
terra umidi e paludosi con tracce di insediamenti riconducibili alla fine dell’età del Bronzo ed
alla prima età del Ferro.
Nella contigua valle umbra il fiume Nera aveva determinato una costante attività erosiva
causando una notevole differenza di livello tra le due valli (quella a monte del Velino e quella
sottostante del Nera) proprio in prossimità delle Marmore, argine naturale dell’antico lago sul
versante nord della piana.
Fino al III sec. a.Cr. il lago Velino non subì variazioni, fin quando il console Manio Curio
Dentato fece aprire un varco di defluizione nell’argine di travertino in prossimità delle
Marmore per alleggerire il livello del bacino. Alla parziale riduzione delle superfici lacustri
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corrispose un notevole impulso delle attività umane e rurali. Si affaccia sull’area della piana
reatina l’antica residenza di Quinto Assio menzionata da Marco Terenzio Varrone in un
dialogo con Appio Claudio nel corso del quale vengono poste a confronto le ville reatine di
Assio e quella romana di Appio Claudio. Altre notizie sulla villa che il senatore Quinto Assio
possedeva a nord-ovest della piana reatina giungono da Marco Tullio Cicerone frequentatore
d’eccezione che nel 54 a.C. venne chiamato a difesa dei reatini in una delle innumerevoli cause
loro intentate dai cittadini di Interamna (oggi Terni) a proposito della diatriba per
la “questione delle Marmore”.
La situazione relativa al regime delle acque non rimase costante nei secoli determinando
nuovi impaludamenti intorno al X e XIV secolo e modifiche all’assetto ambientale e
insediativo del territorio sul quale si registra la presenza dei Monaci Cistercensi di San
Pastore nel XII secolo dediti alle coltivazioni e alla bonifica dei terreni sottratti alle acque.
Occorre giungere alla metà del XIII secolo perché si riaffermi la necessità di bonificare
nuovamente il comprensorio ancora soggetto a variazioni di livello del bacino. Le fonti
riferiscono che i collegamenti tra le località che affacciavano sul lago avvenivano spesso in
barca, come riferisce il biografo Tommaso da Celano sui trasferimenti che San Francesco
effettuava per portarsi da un santuario all’altro.
La situazione relativa al livello delle acque sostanzialmente perdurò fino al XV secolo quando
fu scavato un canale sotto la signoria di Braccio Fortebracclo, capitano di ventura e signore
dei territori di Rieti e Terni assoggettati alla Chiesa. Un nuovo canale denominato ‘Cava
paolina’ fu commissionato da Papa Paolo III, nel 1545, su opera di Antonio da Sangallo il
Giovane. Su progetto di Giovanni Fontana nel XVI secolo fu ampliata la cava curiana e
costruito un ponte regolatore che come una valvola avrebbe permesso di regolare il deflusso
delle acque.
La defluizione delle acque nella piana sottostante ostacolava il corretto deflusso del Nera che
spesso tracimava inondando il territorio circostante. Ciò determinò un contenzioso tra le due
popolazioni limitrofe che si videro costrette ad adire alle vie legali con l’intervento di Cicerone,
noto avvocato del foro di Roma a difesa dei reatini rei di aver determinato danni ingenti ai
confinanti con l’opera di svuotamento del lago. Per ordine di Papa Pio VI, nel 1787, l'architetto
Andrea Vici operò direttamente sui balzi della cascata, dandole l'aspetto attuale con un salto
di 165 metri che fanno di Marmore la cascata più alta d’Europa, risolvendo finalmente la
maggior parte dei problemi.
Nel XIX secolo le acque della cascata cominciarono a essere utilizzate per la loro forza
motrice. ln tempi recenti è stata regolata definitivamente la portata del fiume Velino
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immagazzinando le acque dei suoi principali affluenti Salto e Turano in serbatoi artificiali
montani, formati con la costruzione di due dighe. Le migliorate condizioni di salubrità hanno
portato, sin dalla fine del '700, ad un notevole impulso dell'antropizzazione del territorio, che
oggi, con l'istituzione della Riserva dei laghi, trova la possibilità di essere salvaguardato da
future manomissioni a danno di un ambiente umido ed integro salvaguardato da una
convenzione internazionale. Si può avere l’idea della reale estensione del lago in epoca
olocenica osservando la piana dal Terminillo quando la nebbia ricolma l’intera zona allo
stesso modo dell’antico Lacus Velinus dal quale spuntavano, come isole, i rilievi di Montisola,
colle San Balduino e San Pastore.
Oggi il paesaggio vegetale presenta rigogliose comunità di piante lacustri di salice bianco e
nero, di pioppi bianchi ed ontani, di canna palustre e ninfee. Le visite guidate prenotabili
presso il Centro Visite di Ripasottile conducono al birdwatching lungo i sentieri attrezzati
dell’omonimo lago e consentono di osservare da vicino molte specie stanziali o di passo che vi
hanno trovato rifugio: folaghe, gallinelle d’acqua, svassi, garzette, aironi cenerini e anatidi
come l’alzavola, il germano reale, la moretta e la marzaiola. Tra le presenze più discrete ed
eccezionali il fenicottero. Usignoli di fiume, pendolini e cannaioli sono tessitori di artistici nidi
tra i rami dei salici. Presenza ormai costante quella dei cormorani appollaiati ad asciugarsi
sui rami degli alberi. Padroni di casa il falco di palude e il nibbio. Molti anche gli sport
praticati all’aria aperta: dalla canoa lungo il corso del Santa Susanna al volo a vela e
parapendio sul campo di atterraggio ad est della riserva. Tanti buoni motivi per visitare un
luogo denso di storia, ricco di natura e santità.
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PIATTI TIPICI
FARRO AL TARTUFO DI LEONESSA
Ingredienti: 200 gr. di farro leonessano, 2 pomodori rossi, 1 cipolla, 1 patata, 3 etti di
salsiccia, sedano, carota, sale. Soffriggere in poco olio di oliva la salsiccia tritata, la
cipolla, il sedano e la carota. Aggiungere i pomodori e il sale facendo cuocere a fuoco
moderato. In due litri d'acqua bollente versare il farro e il condimento soffritto
girando frequentemente con un cucchiaio di legno per circa 40 minuti. A cottura
ultimata cospargere il piatto di tartufo a volontà.
"STRENGOZZI" ALLA REATINA
Pasta di farina, acqua e sale tirata al mattarello a sfoglia spessa e tagliata a strisce. Il
sugo è preparato con grasso di prosciutto, 2 cucchiai d'olio di oliva, peperoncino
rosso forte. Far soffriggere e, non appena rosolato, aggiungere dadini di prosciutto
fresco (grasso e magro) e infine il pomodoro. Salare. Durante la cottura aggiungere
piselli freschi.
SPAGHETTI ALLA AMATRICIANA
Ingredienti: guanciale, sale, pepe o peperoncino, pecorino. Si fa soffriggere il
guanciale fino a renderlo molto rosolato, si aggiunge il pomodoro e si fa cuocere per
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circa 10 minuti aggiungendo pepe o peperoncino. Si cuociono gli spaghetti al dente e
si condiscono con la salsa e con pecorino.
FREGNACCE "ALLA SABINESE"
Pasta fatta in casa, tagliata a rombi e condita con spezie, olive nere, funghi,
carciofini, aglio e pomodoro.
STRACCI DI ANTRODOCO
Sottili frittatine a base di farina, acqua e uova, farcite con ripieno di carne, verdura
tritata e formaggio grattugiato, quindi arrotolate, sovrapposte in più strati, cosparse
di altro sugo di carne e formaggio e cotte in forno.
"FREGNACCE" ALLA CASTELNOVESE"
Pasta di farina fatta con metà acqua e metà uova, (senza sale), tirata al mattarello a
sfoglia spessa e tagliata a strisce larghe. Il sugo è preparato con un pesto di
maggiorana, aglio e peperoncino rosso, il tutto soffritto in olio d'oliva di frantoio.
PORCHETTA DI POGGIO BUSTONE
Maialino privato delle interiora e delle ossa, farcito con finocchi selvatici, aglio, lardo,
fegato e cuore soffritti, tritati ed insaporiti con rosmarino, pepe, sale ed
abbondante vino cotto, rosolato a fuoco, infilzato su uno spiedone o al forno, dentro
una conca di quercia.
MINESTRONE DI FARRO
Tagliare a striscioline 80 gr. di lardo e porre in una pentola di coccio con trito di
salvia e rosmarino, 1 cipolla, 1 una carota, 1 zucchina, 1 patata, 1 gambo di sedano e 2
porri. Coprire con 2 litri d'acqua e aggiungere 2 dadi per brodo e 1 cucchiaino di
concentrato di pomodoro. Portare ad ebollizione e versare 200 gr. di farro; cuocere a
fiamma moderata. A cottura ultimata servire con pepe, grana grattugiato e crostini
strofinati d'aglio.
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PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CULTURALI E TURISTICHE
GRECCIO - NATALE
GRECCIO – MESE LUGLIO
GRECCIO NATALE
GRECCIO – MESE GENNAIO
RIETI – MESE DICEMBRE
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RIETI – MESE AGOSTO
RIETI – MESE AGOSTO
RIETI GIUGNO ANTONIANO
RIETI – APRILE - MAGGIO
RIETI STAGIONE DI PROSA INVERNALE
Sono state richieste informazioni a: Confcommercio Rieti, Comune Rieti – Proloco Rieti – Proloco Terminillo,
Associazione Anima e Acqua, Comune Contigliano – Proloco Contigliano, Comune Greccio – Proloco Greccio,
Comune Labro – Proloco Labro, Comune Rivodutri – Proloco Rivodutri, Comune Poggio Bustone – Proloco Poggio
Bustone, Comune Cantalice – Proloco Cantalice.
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