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31/01/2015
08:32
IlFarmacistaOnline.it
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Analizzato il funzionamento di un tipo particolare di recettori, l'NMDA. Fondamentali per molte attività del
cervello legate all'apprendimento e alla memoria. E possono essere ispiratori di nuove terapie farmacologiche
per contrastare la schizofrenia, il disturbo bipolare o il dolore neuropatico. Lo studio su Pnas
31 GEN - I recettori NMDA (glutamate-gated N-methyl-D-aspartate) giocano un ruolo cruciale nella plasticità
strutturale e funzionale delle sinapsi (i punti di contatto tra una cellula nervosa e l'altra che permettono la
comunicazione tra cellule), nel corso dello sviluppo del cervello, dopo la nascita e in età adulta. Per questo
sono assolutamente fondamentali per il corretto funzionamento di molte attività cognitive, quali
l'apprendimento e la memoria. E a riprova di questo, anomalie del loro funzionamento sono state associate
ad un ampio spettro di disturbi psichiatrici e neurologici. Questi recettori sono strutturalmente degli
eterotetrameri, nella cui composizione rientrano tipicamente le subunità GluN1 e GluN2; ed è la
composizione precisa della subunità, a determinare le proprietà funzionali di questi recettori. I recettori NMDA
sono unici tra tutti i recettori per i neurotrasmettitori poiché per essere attivati è necessario che vi si leghino
contemporaneamente sia il glutammato, che un coagonista, che può essere la glicina o la D-serina. Ancora
oggi non è noto se esista un legame preferenziale per un coagonista o per l'altro, a livello di sinapsi
specifiche; insomma non è ancora noto il 'dove, come, quando' dei singoli coagonisti a livello delle sinapsi
delle varie aree del cervello. La ricerca pubblicata su PNAS (Proceedings of the National Academy of
Sciences USA) ha cercato dunque di determinare la 'predilezione' delle sinapsi dell'ippocampo per l'uno o
l'altro coagonista e anche la finestra temporale nell'ambito della quale glicina e D-serina entrano in ballo, per
controllare l'attività dei recettori NMDA a livello delle sinapsi eccitatorie dell'ippocampo, nel cervello maturo e
in quello in via di sviluppo. Gli autori di questo studio hanno dimostrato che ogni sinapsi ha il suo coagonista
'preferito' nel legame al recettore NMDA e che la 'scelta' è stabilita nel corso dello sviluppo. Questi risultati
sottolineano inoltre l'importanza delle differenze spaziali e temporali nel tipo di coagonista che entra in gioco,
per definire eventuali interventi terapeutici, mirati al trattamento di deficit nell'attività dei recettori NMDA.
"Questo studio - spiega il professor Loredano Pollegioni, dell'Università degli studi dell'Insubria, direttore del
centro di ricerca interuniversitario "The Protein Factory" e coautore della ricerca - ha permesso di concludere
che il tipo del coagonista (D-serina rispetto a glicina), che regola l'attività di questa importante classe di
recettori, dipende dal tipo di sinapsi ed è regolato durante lo sviluppo. Tale cambiamento coincide con la
composizione in subunità dei recettori NMDA a livello post-sinaptico e con la maturazione della sinapsi
stessa. Definire i meccanismi che concorrono alla regolazione dell'attività di questi recettori è fondamentale
per comprendere il funzionamento del cervello e per studiare malattie neurologiche e psichiatriche. Chiarire il
ruolo dei neuromodulatori, ossia le molecole-segnale che agiscono su diverse regioni del cervello - prosegue
Pollegioni - ci aiuterà a chiarire i complessi meccanismi che ne controllano il funzionamento e a trovare nuove
terapie per pazienti affetti da importanti patologie come la schizofrenia, il disturbo bipolare o il dolore
neuropatico". Il lavoro pubblicato su PNAS evidenzia il grado di eccellenza della ricerca nel settore delle
biotecnologie applicate alle neuroscienze raggiunta dai ricercatori del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze
della Vita dell'Università dell'Insubria. Per la sua realizzazione, Silvia Sacchie Loredano Pollegioni hanno
sviluppato, mediante tecniche di ingegneria proteica, enzimi in grado di riconoscere in modo efficiente e
selettivo i diversi neuromodulatori e hanno messo a punto delle sofisticate tecniche analitiche. Maria Rita
Montebelli
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 02/02/2015
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Malattie neurologiche e psichiatriche. Nuove possibilità di cura dalle
"molecole segnale" del cervello
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Corriere della Sera
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
Approvate le delibere. È coltivata a Firenze. Negli Usa il mercato è in ascesa Contro il dolore L'obiettivo è
produrla tutta in regione per non doverla acquistare a caro prezzo dall'estero
Margherita De Bac
ROMA Sarà la Toscana a tagliare per prima il traguardo nella corsa alla cannabis terapeutica, il medicinale
per il trattamento di vari tipi di dolore difficili da domare. La legge che introduce la rimborsabilità del più antico
degli stupefacenti è di oltre due anni fa. Solo a settembre però sono state approvate le delibere attuative che
ampliano la rosa delle patologie e semplificano le procedure.
In questi giorni, ultimo atto prima del passaggio alla pratica, verranno approvate dalla commissione Sanità
piccole modifiche tecniche. La cannabis sarà prescritta anche dai medici di famiglia in presenza di un piano
terapeutico degli specialisti e distribuita da tutte le farmacie, comprese le pubbliche. Il passo successivo sarà
poter utilizzare l'erba coltivata e incapsulata a livello nazionale negli stabilimenti dell'Istituto chimico militare di
Firenze. Cannabis terapeutica di Stato, secondo l'accordo firmato a settembre dalle ministre Lorenzin (Salute)
e Difesa (Pinotti). Le serre sono già pronte, il tavolo tecnico previsto dal decreto ha cominciato a lavorare. Il
via alla messa a dimora delle piantine entro l'anno, all'inizio in via sperimentale.
Ora i barattolini di infiorescenze (il Bediol) vengono importati dall'Olanda a caro prezzo. L'acquisto da parte
delle Asl è complicato oltre che oneroso. E proprio ieri l'Associazione Luca Coscioni ha denunciato la
sospensione delle importazioni: «C'è il concreto rischio che i pazienti debbano rinunciare all'unico
cannabinoide prescrivibile per alcune patologie anche pediatriche». È partita un'interrogazione parlamentare
alla Lorenzin.
Negli Stati Uniti c'è preoccupazione per il boom della marijuana medica, ammessa da 18 Stati e prossima a
fare ingresso in almeno altri dieci. Secondo il Marijuana business daily, principale fonte di informazione per il
mercato americano della cannabis non «ricreativa», il commercio autorizzato frutterà miliardi di dollari. A Wall
Street vengono viste con molto interesse le aziende che producono sistemi per la crescita accelerata delle
piantine. Secondo Coldiretti, associazione che rappresenta gli agricoltori «l'Italia non deve sottovalutare il
fenomeno. La coltivazione permetterebbe di uscire dalla dipendenza dall'estero e avviare un progetto di filiera
nazionale con potenzialità enormi sul piano occupazionale oltre che per il vantaggio dei malati». Al momento
di lanciare l'accordo con il ministero della Difesa per l'autorizzazione ai campi dei militari, per stoppare ogni
speculazione, la Lorenzin chiarì subito: «L'Italia sarà autosufficiente, noi ragioniamo in termini sanitari».
Almeno sette Regioni hanno dato una svolta al progetto di rendere realmente gratuiti i farmaci a base di
cannabinoidi. Annunci con scarso seguito che hanno cambiato poco la vita dei cittadini.
In Toscana si è molto dato da fare Paolo Pini, responsabile del servizio di terapia del dolore all'ospedale di
Pisa, 500 pazienti in trattamento, la maggiore casistica in Italia: «È un grande risultato. Servono da 30 a 120
euro al mese per il farmaco necessario in tante situazioni, ad esempio più efficace l'azione di altri antidolorifici
e diminuire gli effetti collaterali». Ma il vero giro di boa sarà l'avvio della coltivazione fiorentina. «Oggi appena
un decimo delle persone che ne avrebbero bisogno prendono le preparazioni a base di erba olandese»,
calcola Francesco Crestani, presidente dell'Associazione cannabis terapeutica.
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La sostanza Secondo alcuni studi i cannabinoidi possono inibire il dolore fisico e la sua percezione a livello
mentale Fonte: ministero della Salute Corriere della Sera Terapia del dolore Antinausea nei pazienti
oncologici sottoposti a chemioterapia Stimolazione dell'appetito nei malati di Aids Cura del glaucoma Traumi
cerebrali/ ictus USO TERAPEUTICO DEL PRINCIPIO ATTIVO DELLA CANNABIS Infiammazioni il THC
Controllo del dolore cronico neuropatico associato a sclerosi multipla Controllo di alcune spasticità croniche
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Cannabis dai medici di famiglia In Toscana via alle terapie gratuite
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Il Centro
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(diffusione:24265, tiratura:30718)
Cannabis terapeutica «Presto le linee guida»
Cannabis terapeutica
«Presto le linee guida»
La Regione Toscana fa da battistrada e dà il via alle terapie gratuite
L'Abruzzo ha già una propria legge ma non è mai stata attuata
di Antonio De Frenza wPESCARA Presto anche in Abruzzo sarà possibile prescrivere attraverso il sistema
sanitario regionale la Cannabis per uso terapeutico. È di questi giorni la notizia che la Regione Toscana ha
fatto da apripista rispetto alle nove regioni (tra cui l'Abruzzo) che hanno approvato una legge sull'utilizzo di
queste sostanze. I cannabinoidi possono essere utilizzati per il trattamento del dolore nella sclerosi multipla,
del dolore neuropatico centrale e di tutte le sindromi dolorose croniche in cui l'uso di altri farmaci e modalità
terapeutiche non ha avuto risultati apprezzabili. Spiega l'assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci: «La
Toscana è capofila del tavolo interregionale che sta studiando la questione e sarà lei a dare le linee guida,
che nel nostro caso dovranno integrarsi con la legge regionale». La legge abruzzese firmata da Maurizio
Acerbo e Riccardo Chiavaroli è del 4 gennaio 2014, ma dal momento della sua approvazione non sono stato
varati gli atti necessari per disciplinare l'acquisto, la distribuzione e la prescrizione. Ora la pratica sarà ripresa,
assicura Paolucci. Ma da dove arriverà la Cannabis? Probabilmente dalla stessa Toscana. Infatti al fine di
garantire ai pazienti a cui vengono prescritte preparazioni a base di cannabis l'accesso alle cure a costi
adeguati su tutto il territorio nazionale ed evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali, il
ministro della Salute e il ministro della Difesa, hanno avviato un progetto pilota per la produzione nazionale di
sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis nello Stabilimento chimico farmaceutico
militare di Firenze. Le serre sarebbero già pronte. Lo scopo è di rendere meno onerosa l'erogazione a carico
del Servizio sanitario nazionale, ma è anche quello di soddisfare l'intero fabbisogno nazionale. Oggi in
Abruzzo il medico può comunque prescrivere preparati galenici a base di cannabis (si tratta di preparati
importati prevalentemente dall'Olanda), ma possono essere acquistati solo a pagamento nelle farmacie e
senza possibilità di rimborso. La legge della Regione Abruzzo prevede che i medicinali cannabinoidi possono
essere prescritti a spese del sistema sanitario regionale da medici specialisti e da medici di medicina
generale , sulla base di un piano terapeutico redatto da un medico specialista autorizzato alla prescrizione di
questi medicinali da un provvedimento della giunta regionale. L'avvio del trattamento può avvenire sia in
ambito ospedaliero o in altre strutture assimilabili o in ambito domiciliare. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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gratuite L'Abruzzo ha già una propria legge ma non è mai stata attuata
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Le Scienze - Ed. n.558 - febbraio 2015
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(diffusione:64640, tiratura:100005)
IL DOLORE CHE NON PASSA
Nuove conoscenze sulle cause che scatenano il dolore cronico producono idee originali per contrastarlo
Stephani Sutherland
Mi raccomando, fermati dal fruttivendolo, non al fastfood». Così ' raccomandava Jama Bond al marito
chiamandolo dal cellulare, mentre l'uomo cercava di recuperare un po' di ghiaccio, una seradei 2012. «I loro
cubetti si sciolgono troppo in fretta». Bond, che all'epoca aveva 38 anni ed era quasi al nono mese di
gravidanza, aveva bisogno di sacchetti di ghiaccio per mantenere fredda l'acqua della bacinella per i piedi,
che erano rossi, gonfi e doloranti. Aveva imparato che, per evitare danni alla pelle, doveva avvolgere i piedi
con borse di nylon, prima di immergerli nell'acqua ghiacciata. Alcuni mesi prima Bond era una giovane donna,
sana, con un impiego amministrativo in un'azienda che installa pannelli fotovoltaici e con una vita più o meno
normale. Ora a mala pena lasciava il conforto del pediluvio, tranne per la doccia, «che era una tortura».
Bond, che vive a Santa Rosa, in California, soffriva di una malattia chiamata eritromelalgia (EM) - dal greco «
dolore agli arti arrossati» - in cui mani o piedi sviluppavano bruciore insopportabile, diventando
particolarmente sensibili addirittura a temperature tiepide o a una pressione leggera. Per la maggior parte dei
pazienti, come Bond, questa condizione non ha spiegazioni (non ha alcuno collegamento conosciuto con la
gravidanza). Più in generale, il dolore cronico nella miriade di forme che può assumere è sorprendentemente
comune e spesso ha origini ingannevoli. Si stima che negli Stati Uniti 100 milioni di persone soffrano di dolore
cronico, più spesso sotto forma di mal di schiena, differenti tipi di mal di testa o artrite. Il dolore cronico
colpisce più statunitensi di quanto facciano diabete, cancro e malattie cardiache insieme, e costa anche di
più: 635 miliardi di dollari all'anno in cure mediche e giornate di lavoro perse, secondo un'analisi del 2012. Il
prezzo da pagare in termini di sofferenza è impossibile da calcolare. Le persone colpite da dolore cronico
hanno un maggior rischio di infermità, depressione, disturbi dell'umore e del sonno, dipendenza da droghe e
alcool e suicidio. Linda Porter, consulente sulle politiche sanitarie per il dolore presso il National Institute of
Neurological Disorders and Stroke e direttore del Pain Policy Office dei National Institutes of Health di
Bethesda, definisce il dolore cronico «un enorme problema di salute pubblica che non è adeguatamente
riconosciuto né affrontato». Il dolore esiste per una ragione: è un allarme interno contro i danni all'organismo,
che ci costringe a ritirare subito una mano dal forno caldo prima che si ustioni o a smettere di camminare su
una gamba rotta. A volte, però, 0 dolore dura molto a lungo dopo che la minaccia se n'è andata. Sebbene il
dolore cronico possa emergere inspiegabilmente, in generale può essere diviso in due categorie:
infiammatorio, come quello causato per esempio dall'osteoartrite, e neuropatico, che di solito emerge da un
danno nervoso causato da lesione, malattia o da un altro genere di trauma. Il dolore cronico è difficile da
curare e quello neuropatico rappresenta una sfida impegnativa, anche perché farmaci antinfiammatori comuni
come ibuprofene e naprossene a mala pena lo scalfiscono. Nel caso di dolore acuto di breve durata, morfina
e oppioidi rappresentano lo standard di riferimento, ma hanno effetti collaterali che vanno da una banale
costipazione e sonnolenza a una più grave, e potenzialmente mortale, inibizione della respirazione. Le
persone che ne fanno uso per periodi prolungati sviluppano tolleranza verso i principi attivi e necessitano di
dosi sempre più grandi, aumentando i rischi. Anche dipendenza e abuso sono problemi seri con gli oppioidi:
negli Stati Uniti muoiono più persone per overdose da questi analgesici rispetto a quelle che muoiono per
overdose da cocaina ed eroina. Altri farmaci usati attualmente per curare il dolore cronico ne includono alcuni
prescritti originariamente per curare crisi epilettiche e depressione, e anche questi hanno limiti. Nonostante i
possibili rischi per il bambino che aveva in grembo, Bond riceveva un cocktail di oppioidi, anticonvulsivi e
antidepressivi che la aiutassero a dormire, riducendo così il suo livello di stress pericolosamente alto.
Neppure gli sforzi più imponenti hanno ottenuto farmaci più sicuri ed efficaci, ma qualcosa inizia a cambiare.
Recenti scoperte hanno aperto la strada a nuove promettenti possibilità per lo sviluppo di farmaci. «Oggi i
ricercatori fanno molti progressi, concentrandosi sulle vie di segnalazione molecolare del dolore. Siamo
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MEDICINA
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ottimisti», dice Porter. Una corsa a staffetta Per capire questi nuovi sforzi mirati a controllare il dolore cronico,
è utile sapere come emerge questa sensazione di sofferenza. Il dolore inizia sotto forma di stimolo rilevato da
cellule nervose specializzate chiamate nocicettori, i cui prolungamenti si estendono sull'intera superficie del
corpo, dentro e fuori. Stimoli che potrebbero danneggiare il corpo - temperature troppo elevate o troppo
basse, forze meccaniche o un'intera gamma di sostanze attivano queste terminazioni nervose. A quel punto
le terminazioni inviano segnali che si propagano verso i corpi cellulari dei nocicettori, che si trovano in
strutture chiamate gangli delle radici dorsali, subito all'esterno del midollo spinale. Da qui, i nocicettori
ritrasmettono l'informazione relativa alla minaccia ai neuroni nel midollo spinale. Questi, a loro volta,
innescano l'attività dell'estesa rete cerebrale del dolore, che include aree coinvolte nel pensiero e nelle
emozioni (elemento che spiega perché placebo e distrazioni possono a volte alleviare il dolore). Come tutti i
segnali nervosi, i messaggi del dolore viaggiano veloci da un'estremità di un neurone a un altro, tramite un
evento di natura elettrica chiamato potenziale d'azione, generato dal flusso di ioni - atomi di sodio e potassio
dotati di carica elettrica - che attraversano la membrana di una cellula. Questi ioni attraversano minuscoli pori
nella membrana chiamati canali ionici, che sono formati da proteine che cambiano forma in una
configurazione chiusa o in una configurazione aperta. In corrispondenza delle terminazioni dei nocicettori,
canali ionici specializzati rilevano possibili minacce, come calore o molecole liberate da cellule vicine
danneggiate. Quando questi canali si aprono, un flusso di ioni positivi entra nella cellula, cambiando
leggermente il potenziale di equilibrio attraverso la membrana. Questo flusso, a sua volta, stimola altri canali
ionici sensibili a specifici voltaggi. Quando un numero sufficiente di questi canali ionici sensibili al voltaggio si
apre, il flusso ionico risultante innesca un potenziale d'azione che percorre tutta la lunghezza del neurone, in
modo simile al pubblico di uno stadio che fa la oh. D potenziale d'azione culmina nel rilascio di un
neurotrasmettitore nel midollo spinale: un messaggio chimico che trasmette informazioni ai neuroni vicini.
Buona parte di quello che abbiamo imparato sul dolore negli ultimi vent'anni è centrato sui canali ionici: come
rilevano segnali quali calore o danni a tessuti, quali sono necessari per la segnalazione del dolore, invece di
giocare un ruolo di sostegno; e, forse, la questione più impellente: a quali canali mirare per silenziare in modo
sicuro segnali di dolore indesiderati. Ricercatori e case farmaceutiche hanno capito da molto tempo che il
blocco dei canali del sodio a livello delle terminazioni nervose allevia il dolore: gli anestetici locali lidocaina e
novocaina, per esempio, intasano i canali del sodio, la cui azione è di breve durata, provocando insensibilità
non solo al dolore ma anche a tutte le sensazioni, nelle zone in cui sono applicati. Nell'essere umano e in altri
mammiferi sono stati trovati nove canali del sodiosensibili al voltaggio, ciascuno dei quali si apre in risposta a
un voltaggio leggermente diverso. Se bloccassimo tutti questi canali, otterremmo effetti devastanti, perché i
canali del sodio si trovano in tutte le cellule nervose dell'organismo e in altri tessuti, compresi cervello e
cuore. Un blocco indiscriminato potrebbe interferire con i segnali che generano battito cardiaco, respiro e
movimento. Per anni, dunque, gli scienziati hanno cercato un Santo Graal: canali del sodio la cui attività si
limiti alle cellule che percepiscono il dolore. Alla fine degli anni novanta i ricercatori si sono avvicinati a questo
bersaglio con la scoperta di tre canali del sodio sensibili al voltaggio presenti solo nella rete nervosa periferica
(contrariamente a quello che si osserva nel midollo spinale e nel cervello), dove in genere iniziano i segnali
del dolore. Chiamati Na v 1.7, 1.9, questi tre canali sono relegati soprattutto nei nocicettori e in neuroni
coinvolti nelle sensazioni («Na» sta per sodio, e «V» sta per voltaggio, il numero indica la loro posizione nella
famiglia dei nove canali conosciuti). Dopo aver identificato i geni che codificano per questi canali, i ricercatori
ne hanno manipolato l'attività in modelli animali. Nei dieci anni seguenti, test di laboratorio hanno confermato
che almeno nel topo il silenziamento del canale sensoriale Na re neuropatico. Verso il 2000, i canali Na v s
può alleviare il dolov erano considerati un bersaglio promettente per lo sviluppo di farmaci, anche se le
aziende farmaceutiche avevano bisogno di prove che andassero oltre gli studi sugli animali per giustificare un
investimento così importante. Questi dati sono stati poi pubblicati in quattro articoli chiave, nei quali il canale
Na v 1.7 è stato collegato al dolore negli esseri umani. Nel 2004 un gruppo di ricercatori di Pechino ha
scoperto mutazioni nel gene che codifica per il canale Na v 1.7 in due famiglie cinesi con eritromelalgia
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ereditaria, la malattia sviluppata spontaneamente da Bond in gravidanza. Nel 2005 Stephen Waxman e
Sulayman Dib-Hajj, entrambi alla Yale School of Medicine e al Veterans Affairs Connecticut Health Care
System, hanno confermato che queste mutazioni portano a iperattività del canale Na 1.7 che può causare
dolore. Subito dopo, John Wood, dello University College di Londra, e colleghi hanno affermato che anche
un'altra condizione - la sindrome da dolore parossistico estremo che causa dolore a retto, occhi e mandibola emerge da un canale Na v 1.7 iperattivo mutante. Nel 2006 Geoff Woods e James Cox, all'epoca
all'Università di Cambridge, hanno dimostrato che le mutazioni nel canale Na v 1.7 che ne eliminano la
funzione eliminavano anche qualunque sensazione dolorosa, determinando una condizione rara e pericolosa
che spesso a porta alla morte, a causa di ferite non sentite. Insieme queste scoperte in condizioni genetiche
insolite hanno confermato l'importanza di Na v 1.7 nella sensazione umana di dolore. Waxman studia malattie
genetiche rare perché, spiega, possono essere utili come «indicatori per vie patologiche che potrebbero
essere più comuni». Nel 2012, insieme ad alcuni collaboratori olandesi, Waxman ha cambiato obiettivo,
dedicandosi a una malattia più comune. Il termine polineuropatia delle piccole fibre è una definizione piuttosto
ampia che descrive un danno a nervi periferici, spesso a livello di mani o di piedi, che percepiscono il dolore.
Metà dei pazienti con diagnosi per questa malattia ha una causa identificabile di danno nervoso, come il
diabete; nell'altra metà però le cause del dolore rimangono un mistero. Waxman e i suoi colleghi olandesi
hanno esaminato il DNA di pazienti i cui casi non avevano spiegazione e hanno scoperto mutazioni nei geni
che codificano per Na mutazioni in Na v v 1.8 nel 9 per cento e mutazioni in Na v 1.7 quasi nel 30 per cento
dei soggetti, 1.9 in un altro 3 per cento. Il gruppo di Waxman ha anche scoperto che le persone con dolore
cronico causato da una lesione nervosa hanno molti più canali Na v 1.7 nei nervi danneggiati. Queste
scoperte hanno spinto le aziende farmaceutiche a studiare i canali del sodio sensoriali-specifici. Da anni
Pfizer sviluppa farmaci il cui bersaglio sono i canali Na v 1.7 e Na v 1.8, e sebbene sia presto per affermare
quando potrebbe essere disponibile un nuovo antidolorifico, molte nuove sostanze sono in fase di
sperimentazione sui pazienti, come riferisce Neil Castle di Neusentis, l'unità di ricerca di Pfizer su dolore e
disturbi sensoriali con sede a Durham, in North Carolina. A differenza di farmaci datati come la lidocaina,
queste nuove molecole non mirano al poro principale del canale del sodio, una struttura che è quasi identica
fra i diversi sottotipi di canale. Agiscono invece su una regione del canale sensibile al voltaggio e diversa da
un canale all'altro, dando a queste molecole maggiore specificità, e presumibilmente, rendendole più sicure.
Nel 2013 il gruppo di Castle ha annunciato la scoperta di una sostanza che colpisce selettivamente al canale
sensibile al voltaggio Na v 1.7. Queste molecole, dice Castle, «mostrano un'elevata selettività e quindi non
interferiscono con la funzione cardiaca o muscolare», o almeno questo non avvenuto nei primi test. Nel
frattempo anche un gruppo di ricerca alla Duke University punta al canale Na v 1.7 sensibile al voltaggio, ma
lo fa servendosi di un anticorpo, una molecola che deriva dal sistema immunitario. Secondo uno studio
pubblicato nel giugno scorso, in topi di laboratorio l'anticorpo allevia il dolore infiammatorio e quello
neuropatico; inoltre allevia il prurito, triplicando il valore di questo approccio sul fronte del sollievo al dolore.
Anche altri ricercatori che studiano la capacità di certi veleni di agire sul canale del sodio Na boxap. 70). v 1.7
hanno ottenuto un certo successo (si veda il
Aumentare la temperatura I canali del sodio non sono l'unico bersaglio finito nel mirino dei ricercatori. Un
altro canale ionico chiamato TRPV1 (da transient receptor potential channel VI) è noto per essere attivato da
temperature elevate e dalla capsaicina - la molecola che da il sapore piccante ai peperoncini - e si trova
principalmente nelle cellule sensibili al dolore. Da quando David Julius e colleghi dell'Università della
California a San Francisco hanno scoperto il gene che codifica per TRPV1, era il 1997, gli scienziati hanno
cercato molecole che potrebbero silenziare segnali dolorosi, grazie alla chiusura di questo canale. «Il TRPV1
è stato un bersaglio assai promettente ma anche assai sfuggente per lungo tempo», afferma Porter dei
National Institutes of Health. I primi bloccanti che ne hanno impedito l'attività sono stati accompagnati da
effetti collaterali ingestibili, come per esempio eccessivo aumento della temperatura corporea e insensibilità
al calore, un effetto che poteva causare ustioni. Più di recente è emerso che il canale, sensibile anche ad
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acido, tossine di ragno e sostanze che promuovono l'infiammazione, è un complesso integratore di segnali
sensoriali. «Il farmaco migliore non turberebbe la sensibilità al calore caratteristica di questo canale», spiega
Julius. Si limiterebbe a placare un canale iperattivo. Nel dicembre 2013 il gruppo di ricercatori guidato da
Julius ha fatto un passo avanti quando ha pubblicato la prima immagine ad alta risoluzione della struttura del
TRPV1 in diversi stati. Questa informazione dovrebbe aiutare i ricercatori a trovare un modo per bloccare il
canale solo quando assume una forma che causa dolore.
Dolore frainteso La maggior parte delle persone che soffre di dolore neuropatico sperimenta tre delle sue
caratteristiche distintive: ipersensibilità a stimoli dolorosi; dolore spontaneo che colpisce spuntando dal nulla;
e allodinia, una condizione che rende doloroso un tocco innocuo (proprio a causa deU'allodinia Bell viveva
come una tortura una semplice doccia). Se da un lato le ricerche sui canali ionici hanno aiutato a spiegare
l'ipersensibilità, un altro filone di studi ha chiarito come emerge l'allodinia. Di norma i segnali dolorosi e i
segnali che derivano da una sensazione tattile non dolorosa viaggiano lungo vie separate, dai nervi presenti
nella pelle fino al midollo spinale, e poi su fino al cervello. Nel caso deU'allodinia, però, i segnali si incrociano
nel midollo spinale: i neuroni sensibili al tatto attivano la via del dolore. I motivi per cui le cose vanno nel
modo sbagliato sono stati scoperti principalmente da ricercatori in Giappone e da due gruppi in Canada, il
primo guidato da Yves De Koninck, del Quebec Mental Health University Institute, e l'altro guidato Michael
Salter, dell'Hospital for Sick Children di Toronto. Con una serie di studi effettuati sugli animali, i ricercatori
hanno scoperto che, in risposta a una lesione nervosa, la microglia - l'insieme di cellule immunitarie
caratteristiche del sistema nervoso simili a PacMan libera un segnale che induce i neuroni del midollo spinale
a ridurre la propria componente di una molecola chiamata KCC2 che trasporta ioni («KC» sta per cloruro di
potassio). Questa molecola con il ruolo di trasportatore mantiene il delicato equilibrio di ioni cloruro all'interno
e all'esterno delle cellule. In condizioni normali, piccole cellule nervose nel midollo spinale chiamate
interneuroni regolano la comunicazione tra le vie che veicolano sensazioni dolorose e quelle che si occupano
delle sensazioni non dolorose. Queste piccole cellule nervose fanno in modo che un tocco ordinario non
causi dolore. Tuttavia, quando i neuroni del midollo spinale perdono KCC2, questa comunicazione procede
nel modo sbagliato, e anche un tocco leggero può scatenare dolore. I ricercatori hanno ipotizzato che se
potessero ripristinare i livelli di KCC2 questo tipo di segnalazione impropria si bloccherebbe. Nel novembre
2013 De Koninck e colleghi hanno annunciato la scoperta di un composto in grado di incrementare il
trasporto del cloruro attraverso KCC2. Il composto ristabiliva l'equilibrio degli ioni cloruro e la funzione
elettrica nei neuroni del midollo spinale, inoltre alleviava i segnali di dolore neuropatico in ratti di laboratorio.
Questa sostanza stimolante per KCC2 si è dimostrata sicura e priva di effetti collaterali negli animali,
addirittura a dosi elevate. Sebbene fino a oggi le ricerche siano state effettuate esclusivamente su modelli
animali, alcuni aspetti di KCC2 ne fanno un bersaglio terapeutico assai promettente. A differenza di farmaci
che inibiscono i canali ionici nel loro insieme, il composto che incrementa il trasporto di cloruro agirebbe, per
esempio, solo su cellule difettose, spiega De Koninck. Cellule con KCC2 funzionante continuerebbero a
lavorare come al solito, e il composto non stimolerebbe in maniera eccessiva la loro attività. Alcuni
esperimenti indicano che, invece di agire cambiando il modo in cui KCC2 si comporta, il composto
indirizzerebbe una quantità maggiore di questo trasportatore verso la superficie cellulare. Una migliore
comprensione dei meccanismi di controllo del traffico sarebbe essenziale per mettere a punto farmaci
antidolorifici sicuri ed efficaci.
Cure personalizzate La maggior parte dei ricercatori ritiene che la medicina del futuro sarà una medicina
personalizzata. Ciò significa che i geni di un individuo e specifiche sensibilità a farmaci determineranno
l'approccio terapeutico migliore e il modo più sicuro grazie a cui prevenire una malattia. Nel campo della
gestione del dolore cronico, questo futuro ha iniziato a materializzarsi solo di recente. «Ci piacerebbe molto
riuscire a dire che cosa, nel caso specifico, è andato storto per ciascun paziente. A quel punto potremmo dire
"Bene, allora lei prenda questo farmaco, mentre lei, invece, prenda quell'altro"», spiega David Bennett,
neurologo all'Università di Oxford. Tuttavia, addirittura nei centri migliori nei quali il dolore è gestito in maniera
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Le Scienze - Ed. n.558 - febbraio 2015
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completa, l'approccio terapeutico si basa in gran parte su procedure di tipo «prova ed errore». Oggi però
pazienti con mutazioni genetiche rare che colpiscono i canali del sodio indicano la via per arrivare a una
terapia personalizzata contro il dolore. Per esempio, la maggior parte delle persone che soffre di dolore
bruciante agli arti tipico dell'eritromelalgia a causa di una mutazione ereditaria nel gene che codifica per Na v
1.7 non trae alcun beneficio dalla carbamazepina, un farmaco anticonvulsivante che in alcuni casi viene
impiegato per trattare il dolore. Tuttavia in una famiglia con questo tipo di situazione è stata scoperta una
particolare mutazione (ce ne sono di molti tipi) che determina una buona risposta a questo farmaco.
Studiando la struttura molecolare e la funzione dei canali mutati di questa famiglia, Waxman e Dib-Hajj hanno
osservato il modo in cui la carbamazepina riduceva l'iperattività del canale e sono stati anche in grado di
prevedere con grande precisione che il farmaco sarebbe risultato efficace con una mutazione abbastanza
diversa. «Queste scoperte sono stimolanti», dice Waxman, perché suggeriscono che basare la terapia sul
corredo genetico di una persona «non è affatto irrealistico» per pazienti affetti da eritromelalgia ereditaria, e
per coloro che soffrono di condizioni più comuni collegate al dolore. Quanto a Jama Bond, i sintomi della
donna si sono interrotti di punto in bianco proprio prima del parto di un bel bimbo sano. In modo del tutto
inaspettato, una serie di iniezioni di farmaci steroidei che avrebbero dovuto aiutare i polmoni del bimbo a
maturare sono state portentose anche per la madre. «Mi sono svegliata nel cuore della notte - ricorda la
donna - e non avevo più dolore ai piedi, un sollievo che non avevo più sperimentato negli oltre sei mesi
precedenti». Nessuno è riuscito a spiegare questo fenomeno. I sintomi sono poi ricomparsi, ma mai con la
stessa intensità che la donna aveva dovuto patire durante la gravidanza. «Se sto in piedi per molto tempo, il
risultato sarà che proverò dolore», confessa Bond. «Ma sto gestendo questa situazione e non prendo più
farmaci. È sorprendente! Mi piacerebbe molto essere curata». Anche ai ricercatori che studiano il dolore
piacerebbe molto portare sollievo a Bond e ai tanti milioni di persone che come lei soffrono per il dolore. •
GERARD SLOTA,EMILY COOPER
Nei soli Stati Uniti il dolore cronico riguarda un Oppioidi e altri farmàéi sono poco efficaci nel nuovi bersagli
per lo sviluppo di farmaci. nuiiero dì persone più glande di quello di chi dare sollievo a gran parte dalle
condizioni di dolo- Fra gli antidolorifici di nuova generazione in fasoffre di cancro, malattie cardiache e diabete
in- re cronico e sono fonte di seri rischi. La scoperta se di sperimentazione ci sono anche sostanze sieiie, e
ha anche un costo più elevato. di vie molecolari specifiche del dolore ha portato che si trovano in veleni
animali.
Stephani Sutherland è una neuroscienzìata e scrive di scienza.
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE
Indizi per smorzare il dolore I segnali di dolore generati dal cuore o da altri stimoli viaggiano ^ dalle
terminazioni nervose della pelle 3 di altre parti del corpo fino ^W a strutture chiamate gangli della radice
dorsale, vicino al midollo ^k spinale, e poi fino al midollo spinale e al cervello. Tuttavia, mutazio\ ni genetiche
o un danno ai nervi possono alterare il comportamen\ to di molecole fondamentali lungo il percorso, fra cui i
canali io\ nici, in modi che rendono cronico I dolore. Nella speranza di \ alleviare la sofferenza, i ricercatori ora
puntano a queste moleB \ cole chiave usando approcci diversi.
Canali iperattivi Nelle membrane delle terminazioni nervose che rilevano stimoli dolorosi ci sono molecole
cniamate canali ionici, che aprono e chiudono un poro centrale in risposta a stimoli. Un canale chiamato
TRPV1, per esempio, rileva il calore. Quando si apre, ioni carichi positivamente (principalmente ioni sodio)
entrano rapidamente aumentando il voltaggio della membrana. Come risposta, canali del sodio sensibili al
voltaggio (Na,s) si aprono e innescano un segnale di dolore che viaggia verso il midollo spinale. Anomalie ne
Ma^oinTRPVI possono provocare un flusso eccessivo di segnali. Alcune sostanze attualmente in fase di
studio potrebbero diminuire l'attività del canale, e dunque bloccare l'eccesso di segnali.
Cortocircuiti Alcuni nervi che rilevano segrali sersoriali si specializzano nella trasmissione del dolore, altri
trasmettono sensazioni tattili. Il dialogo incrociato fra queste due vie è regolato da cellule nel midollo spinale
cliamate interneuroni (in bili). Questa regolazione è spesso stravolta in persone che soffrono di dolore
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cronico, che quindi provano allodinia, colore h seguito uno stimolo innocuo come un tocco. Le ricexhe
mostrano che questo disturbo può emergere dopo le. esiore di un nervo, quando cellule del sistema
ìmmunitario conosciute come microglia liberano segnali chimici che nei neuroni del midollo spinate provocano
la perdita di una molecola essenziale per una normale segnalazione. I ricercatori stanno lavorando alla
riparazione dì questo circuito.
SCOPERTE Perché io? Una grande varietà di fattori spiega perché alcune persone sono più vulnerabili di
altre nei confronti del dolore cronico. Prendete dieci persone che soffrono dello stesso dolore alla schiena
causato da un incidente automobilistico. Tre di queste avranno la sfortuna di sviluppare un dolore cronico
come risultato dell'incidente. Oppure prendete dieci persone con diabete: circa la metà svilupperà un danno
nervoso, o neuropatia, ma la lesione provocherà un dolore costante solo in tre di esse. Quali sono i fattori
rendono alcune persone vulnerabili e altre resilienti? Questa domanda non ha ancora trovato una risposta
completa, tuttavia i ricercatori puntano a tre elementi principali che sembrano agire in concerto. Cablaggio I
geni aiutano a determinare sensibilità e tolleranza di un individuo nei confronti del dolore, e alcuni aumentano
le probabilità che vi sia un'insolita suscettibilità dei confronti del dolore cronico. Uno dei principali fattori
genetici è il genere: le donne hanno una probabilità molto più elevata rispetto agli uomini di sviluppare dolore
cronico nel corso della vita. Esperienze Stress, traumi e abusi - sia fisici sia emotivi - possono aumentare il
rischio. Alcuni studi suggeriscono che queste esperienze possano causare cambiamenti di lungo periodo
nell'attività genica, accendendo e spegnendo geni in modi che influiscono sui circuiti del dolore. Inoltre, il
rischio di sviluppare dolore cronico aumenta con l'età, non solo a causa del logoramento dell'organismo ma
probabilmente anche perché la capacità del corpo di riparare i danni - inclusi i danni nervosi - diminuisce via
via che invecchiamo. Personalità Alcuni tratti della personalità incrementano il rischio. Le persone pessimiste,
quelle apprensive e quelle catastrofiste hanno maggiori probabilità di soffrire di dolore. I circuiti del cervello
coinvolti nella motivazione e nella gratificazione sembrano influire anche sulla vulnerabilità al dolore.
La maggior parte dei ricercatori ritiene che la medicina del futuro sarà personalizzata, cioè l'approccio
terapeutico sarà a misura di paziente. Nel campo del dolore cronico, questo scenario è appena agli inizi
PER APPROFONDIRE | Black MambaVenom Peptides Target Acid-Sensing lon Channelsto Abolisti Pain.
Diochot S., Lingueglia E. e altri, in «Nature», Voi. 490, pp. 552-555,25 ottobre 2012. Discovery of a Selective
NaV1.7 Inhibitor from Centipede Venom with Analgesie Efficacy Exceeding Morphine in Rodent Pain Models.
Yang S., in «Proceedings of thè National Academy of Sciences», Voi. 110, n. 43, pp. 1753417539, 22 ottobre
2013. Pain Vulnerability: A Neurobiological Perspective. Denk R, McMahon S. B. e Tracey I., in «Nature
Neuroscience», Voi. 17, pp. 192-200, febbraio 2014. Regulating Excitability of Peripheral Afferents: Emerging
lon Channel Targets. Waxman S. G. e Zamponi G. W., in «Nature Neuroscience», Voi. 17, pp. 153-163,
febbraio 2014. Controllare il dolore. Basbaum A. I. e Julius D., in «Le Scienze», n. 456, agosto 2006.
Foto: Per anni gli scienziati hanno cercato senza successo la soluzione definitiva al dolore lavorando su
canali cellulari del sodio, oggi fanno progressi concentrandosi sulle vie di segnalazione del dolore
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Dello stesso avviso il CDC americano che segnala troppe prescrizioni inapporiate di antidolorifici oppiacei in
gravidanza. Aifa ricorda che in gravidanza l'antidolorifico di prima scelta è il paracetamolo. In caso di
resistenza, si può ricorrere all'acido acetilsalicilico, all'ibuprofene e all'indometacina per brevi periodi, al
dosaggio minimo efficace e non oltre il secondo trimestre.
02 FEB - I dati più recenti sull'uso dei farmaci in Italia (Rapporto OsMed gennaio-settembre 2014)
confermano l'incremento nell'uso dei farmaci per il dolore, in particolare, tra gli antidolorifici ad azione
centrale, si registrano rilevanti aumenti del consumo degli alcaloidi naturali dell'oppio (morfina, idromorfone,
oxicodone e codeina in associazione) e degli altri oppiacei (tramadolo e tapentadolo). Il tapentadolo è il terzo
principio attivo a maggior variazione di spesa convenzionata rispetto al 2013 con un incremento del +38,5%.
Osservando il trend degli ultimi anni, il consumo di farmaci per il dolore è passato da 2,1 dosi giornaliere per
mille abitanti (DDD/1000 ab die) nel 2005 a 7,3 DDD/1000 nel 2013 e all'interno della categoria il consumo di
oppiodi (maggiori, minori e in associazione) è passato da 1,1 DDD/1000 (2005) a 5,2 DDD/1000 (2013). Se
l'incremento nella prescrizione di farmaci per la terapia del dolore rientra nell'ambito del percorso intrapreso
dall'Italia a tutela del diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore con la legge
38/2010 ("Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore") e le norme per
agevolare l'impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore (allegato III bis del Testo Unico
sugli Stupefacenti), si registra anche un ricorso non sempre appropriato a questa tipologia di medicinali per il
trattamento di forme non severe di dolore. Un invito alla prescrizione e all'uso responsabile di antidolorifici
oppiacei, specie per le donne in età fertile, giunge in questi giorni dai Center for Disease Control and
Prevention degli Stati Uniti. In un rapporto (Morbidity and Mortality Weekly Report, MMWR) del Centro
Nazionale CDC sui difetti alla nascita e sulle disabilità dello sviluppo è emerso che più di 1/3 delle donne in
età riproduttiva seguite dalla sanità pubblica e più di 1/4 di quelle con assicurazione privata hanno ricevuto
prescrizioni di un antidolorifico a base di oppio almeno una volta all'anno nel periodo compreso tra il 2008 ed
il 2012. Gli oppioidi sono normalmente prescritti per contrastare il dolore medio o forte e sono presenti anche
in alcuni farmaci per lenire la tosse: i più comuni sono l'idrocodone, la codeina e l'ossicodone. I CDC hanno
analizzato i dati 2008-2012 di due ampi database di assicurazioni sanitarie: uno riguardava le donne di età
compresa tra 15-44 anni con assicurazione privata; l'altro, donne della stessa fascia d'età iscritte a Medicaid.
I dati hanno evidenziato che, in media, il 39% delle donne iscritte a Medicaid ha ricevuto una prescrizione di
oppioidi da una farmacia ambulatoriale ogni anno rispetto al 28% delle donne con assicurazione sanitaria
privata. Lo studio è stato il primo condotto dai CDC per esaminare specificamente il consumo degli oppiacei
da parte delle donne in età riproduttiva. "Molte donne in età riproduttiva stanno prendendo questi farmaci e
magari non sanno ancora di essere in gravidanza e possono inconsapevolmente esporre i loro bambini a
grossi rischi" segnala il direttore dei CDC, Tom Frieden. Alcuni studi sul consumo di oppiacei in gravidanza affermano i CDC USA - suggeriscono infatti che questi farmaci potrebbero aumentare il rischio di difetti del
tubo neurale (difetti maggiori del cervello e della colonna vertebrale), di difetti cardiaci congeniti e gastroschisi
(un difetto della parete addominale del bambino) e di sindrome da astinenza neonatale (NAS). Coleen Boyle,
Ph.D., MS.Hyg., Direttore del Centro, sottolinea che "le donne incinte o che stanno pianificando una
gravidanza, dovrebbero discutere con il proprio medico curante del profilo rischio/beneficio di tutti i farmaci
che stanno assumendo e prendere in considerazione i possibili rischi di difetti di alla nascita e di sviluppo di
disabilità. Ed è proprio sulla prescrizione responsabile da parte del medico curante e sulla necessita di
assicurare corrette e dedicate informazioni per le mamme sui farmaci da prendere durante la gravidanza che
sono incentrati i principali messaggi della campagna di comunicazione AIFA "Farmaci e Gravidanza".
Durante la gravidanza la mamma e il bambino rappresentano infatti un'unità inseparabile e lo stato di salute
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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Antidolorifici in gravidanza. Aifa: "Serve cautela, soprattutto con gli
oppioidi "
02/02/2015
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della madre costituisce un requisito indispensabile per un regolare sviluppo del feto. Da ciò la necessità di
informare i cittadini e gli stessi operatori sanitari sull'importanza di assumere i farmaci in gravidanza con
responsabilità, quando ritenuto necessario per la salute di mamma e bambino. Sul sito AIFA dedicato ai
farmaci in gravidanza (www.farmaciegravidanza.gov.it) è possibile trovare informazioni importanti circa l'uso
di analgesici. L'analgesico comunemente impiegato in gravidanza è il paracetamolo, che non va
somministrato in associazione con pseudoefedrina, aspirina o altri FANS. Acido acetilsalicilico, Ibuprofene e
Indometacina (FANS) sono farmaci di seconda scelta da utilizzare, per brevi periodi e al dosaggio minimo
efficace, in caso di resistenza alla terapia con paracetamolo; da evitare nel terzo trimestre di gravidanza per
gli effetti sulla circolazione fetale. Fonte: Aifa
02/02/2015
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Considerato il padre delle cure contro il dolore in Italia proprio per il suo essenziale contributo alla stesura
della Legge 38/2010,assume ora pro bono l'incarico di indirizzare le attività di Fondazione Ant nel campo
dell'assistenza domiciliare ai malati di tumore e di prevenzione oncologica.
02 FEB - È il professor Guido Fanelli il nuovo direttore scientifico di Fondazione ANT - la più ampia realtà non
profit per l'assistenza specialistica domiciliare ai malati oncologici e la prevenzione - presentato oggi nella
sede nazionale di via Jacopo di Paolo a Bologna. Direttore della struttura complessa Anestesia,
Rianimazione e Terapia Antalgica dell'Azienda Ospedaliero universitaria di Parma, il professor Fanelli è
anche Presidente della Commissione Nazionale per l'attuazione Legge 38/2010 presso il Ministero della
Salute. Professore ordinario di Anestesiologia e rianimazione della facoltà di Medicina e chirurgia
dell'Università di Parma e direttore della scuola di specializzazione in Anestesia e rianimazione, dal 2008 è
relatore del Piano oncologico nazionale; esperto del Consiglio superiore della sanità per la terapia del dolore
e delle cure palliative; componente della commissione Programmazione e presidente della commissione
Terapia del dolore e cure palliative del Ministero della Salute; direttore scientifico del progetto Medicina
perioperatoria dell'assessorato alla Sanità della Regione Emilia-Romagna. Dal 2010 coordina la commissione
per l'attuazione della legge 38 per la relazione al Parlamento e la conferenza Stato-Regioni. Considerato il
padre delle cure contro il dolore in Italia proprio per il suo essenziale contributo alla stesura della Legge
38/2010, il professore assume ora - pro bono - l'incarico di indirizzare le attività di Fondazione ANT nel campo
dell'assistenza domiciliare ai malati di tumore e di prevenzione oncologica. "Sono molto onorato di accettare
l'incarico di direttore scientifico di Fondazione ANT, finalizzato a istituire un metodo rigoroso per la ricerca
nell'ambito dell'assistenza domiciliare oncologica - ha dichiarato il professor Guido Fanelli - perché da una
ricerca metodologicamente corretta scaturiscono migliore formazione degli operatori e miglior qualità
dell'assistenza. L'obiettivo è anche quello di lanciare a livello internazionale e sulle migliori riviste di settore la
ricerca sviluppata da Fondazione ANT". In occasione della presentazione ufficiale della nuova carica, Fanelli
ha anche illustrato l'impegno dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma proprio nell'ottica di adempiere
a quanto stabilito dalla normativa. "La nostra struttura - ricorda Fanelli, Direttore dell'Unità Operativa di
Anestesia e Rianimazione dell'AOU parmense - da poco riconosciuta come unico centro HUB per il nord
dell'Emilia Romagna, con delibera regionale dello scorso 29 dicembre, è stata la prima in Italia ad aver
istituito, già 3 anni fa, i Master di Terapia del Dolore e Cure Palliative. Proprio nell'ambito delle Cure Palliative
, nelle ultime settimane, abbiamo 'masterizzato' i primi 21 medici italiani, che hanno da poco terminato il loro
iter di specializzazione biennale". "L'HUB di Parma - prosegue - ha al proprio attivo numeri che testimoniano
la grande mole di lavoro svolta quotidianamente da una realtà d'eccellenza. Più di 18.000 le prestazioni di
terapia del dolore erogate ogni anno, 5 gli ambulatori quotidiani attivi dal lunedì al venerdì, 2 le sale
operatorie e 6 i letti di degenza dedicati. A ciò si aggiunge una feconda attività di ricerca, il cui valore è stato
recentemente attestato dall'assegnazione di fondi speciali stanziati dalla Commissione Europea nell'ambito
del Seven Fraimwork Program for Research (FP7). Il finanziamento, del valore di 6 milioni di euro, riguarda
nello specifico un innovativo progetto di ricerca farmaco-genomica condotto sul low back pain". Tornando
all'investitura, l'intero staff medico-scientifico della Fondazione e una rappresentanza dei 1800 volontari che
la sostengono con l'instancabile attività di raccolta fondi hanno dato il benvenuto al professor Fanelli
presentando i 20 Ospedali Domiciliari Oncologici, le 120 delegazioni diffuse sul territorio e i diversi
dipartimenti in cui si articola il lavoro di ANT. "L'immediata sintonia che si è creata tra il professor Fanelli e
ANT nasce dal comune impegno verso la dignità dell'uomo - dichiara il presidente ANTRaffaella Pannuti - La
lotta alla sofferenza, sociale e morale e la lotta al dolore sono un impegno prioritario. In una società in cui il
valore della vita è messo seriamente in discussione, noi vogliamo mantenere la barra a dritta sull'Eubiosia. In
concreto, vogliamo rivedere anche i criteri di accesso dei medici alla disciplina delle cure palliative. Vorremmo
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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Fondazione Ant. Guido Fanelli nominato nuovo direttore scientifico
02/02/2015
08:07
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che venissero considerati curriculari anche i master e la frequentazione triennale in strutture accreditate".
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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02/02/2015
Il Gazzettino - Ed. padova
Pag. 2
(diffusione:86966, tiratura:114104)
«Io, nella Casa che regala voglia di vivere ai bimbi»
LA TESTIMONIANZA Valentina De Tommasi, psicologa e psicoterapeuta tra i malati non guaribili
L'ESPERIENZA «Tutti pensano che ci sia solo dolore : ma qui si gioca, si studia e si fa anche sport»
GRATITUDINE «I genitori ritrovano il calore della famiglia»
Federica Cappellato «Non è semplice descrivere ciò che vuol dire lavorare in un reparto come il mio. Le
persone che sentono le parole "cure palliative" e "Hospice pediatrico" hanno un brivido, una reazione
associata alla paura e alla tristezza, probabilmente perché il pensiero corre subito verso quelle terapie di fine
vita che vengono prestate solitamente agli adulti in fase terminale. Ma, ve lo assicuro, si può e si deve curare,
anche se non si può guarire». Valentina De Tommasi, psicologa e psicoterapeuta padovana, dal 2010 presta
servizio al Centro regionale Terapia antalgica e Cure palliative pediatriche - Casa del bambino, aperto otto
anni fa in seno al Dipartimento per la Salute della donna e del bambino dell'Azienda ospedaliera universitaria,
diretto dal professor Giorgio Perilongo. «In genere si pensa a un luogo in cui la sofferenza si interfaccia e si
intreccia alla morte. Ebbene - testimonia De Tommasi - sono certa che il luogo dove mi reco ogni giorno a
lavorare è un mondo di sfumature colorate, non grigio e non triste. Il reparto è un insieme di persone che con
diverse professionalità accolgono e curano tutti quei bambini che sono affetti da patologie inguaribili: l'idea
che la mia responsabile Franca Benini ha voluto creare con passione e tenacia è quella di una presa in carico
globale del minore e della sua patologia, nella prospettiva che in primo piano non ci sia la malattia ma la
qualità di vita dell'intera famiglia». Solo dopo esserci stati almeno una volta all'Hospice pediatrico, è convinta
Valentina, «si può capire che è un luogo di vita. Si incontrano bambini con occhi grandi e luminosi che
comunicano ognuno a proprio modo, e ciò che dicono vale più di mille lezioni. Quei bambini non chiedono
altro che vivere la loro storia in modo dignitoso, senza dolore e trovando più soluzioni possibili per poter fare
semplicemente quello che tutti i bambini fanno: giocare, andare a scuola, mangiare, praticare uno sport,
impastare un dolce, conoscere la propria storia, stare nella propria casa, essere figlio, fratello o sorella». Qui
si incontrano genitori che il più delle volte non sanno come affrontare la sofferenza per una malattia
inguaribile, se ne sentono sopraffatti e son convinti di non poter più tornare a vivere. «Quei genitori non
chiedono altro che ristabilire il loro ruolo di mamma e papà, potendosi affidare alle cure di un'équipe che
possa accompagnarli in questo cammino non sempre facile. Un papà mi ha detto: "la caduta è una caduta da
un palazzo alto... senza questo reparto sarebbe una caduta dall'ultimo piano, sotto ora vediamo che c'è un
materasso". La malattia - conclude la psicologa De Tommasi rende fragili nel corpo e nell'anima: noi vogliamo
portare accoglienza, rispetto, dignità, comprensione e cura sia per il dolore che per l'angoscia. L'équipe che
lavora in reparto con me è composta da persone molto diverse sia per professionalità che per carattere. Ciò
che ci accomuna però è lenire la sofferenza e rendere il più semplice possibile il quotidiano di queste
famiglie, migliorando la loro qualità di vita».
Foto: ATTENZIONI I pazienti, tutti giovanissimi, sono il fulcro delle attenzioni della Casa del bambino, una
eccellenza a livello nazionale
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ECCELLENZE sanitarie
03/02/2015
Avvenire
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
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La cannabis? Dal medico
Strappo toscano: i dottori di famiglia potranno prescriverla
FRANCESCA LOZITO
Inizierà ad aprile la prescrizione della cannabis ad uso terapeutico da parte dei medici di famiglia in Toscana.
L'annuncio lo ha dato ieri dal suo profilo Facebook il governatore della Toscana Enrico Rossi. Nello stesso
post ha precisato che entro l'anno inizierà anche la coltivazione di cannabis ad uso terapeutico allo
stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Un passaggio previsto nell'accordo tra i ministeri della
Sanità e della Difesa sottoscritto a settembre 2014. Questo istituto, infatti, oltre a produrre farmaci per le forze
armate è impegnato nella produzione di farmaci orfani o difficilmente reperibili sul mercato. I medicinali
derivati dalla cannabis, come il Bedrocan, oggi vengono importati dall'estero, soprattutto dall'Olanda, con
costi molto alti per quelle aziende sanitarie (come succede ad esempio in alcune realtà della Puglia) che
danno l'ok al ritiro. Pochi grammi, infatti, possono arrivare a costare ance 1.000 euro. La Toscana è stata la
prima regione a dotarsi di una legislazione ad hoc nel 2012. In questa era già distinto l'aspetto di prescrizione
ospedaliera da quello della medicina di base. Nel primo caso si presupponeva la necessità di seguire il
paziente nella somministrazione del farmaco. Nel secondo le Unità sanitarie locali supportano i malati
nell'ottenimento del medicinale. Ma al di là dell'annuncio che cosa effettivamente si sa sull'uso e l'efficacia dei
derivati da cannabis? Riduzione degli effetti di nausea e vomito nel corso di terapie, controllo della spasticità,
diminuzione del dolore. La letteratura scientifica negli ultimi anni è cresciuta in modo significativo, ma non ha
prodotto ancora evidenze definitve. Prendiamo uno studio pubblicato su Jama a ottobre 2014: si tratta di una
cosiddetta revisione (quegli studi che vanno a riprendere dati già pubblicati in diversi momenti su un unico
tema e li riaggiornano) che riguarda quegli Stati americiani in cui esiste una legislazione sull'utilizzo della
cannabis medica. In questi emerge un calo della mortalità da uso di oppioidi analgesici. Ma la conclusione
degli esperti è che ci vogliono analisi più dettagliate per capire se effettivamente si tratta di una correlazione o
è semplice coincidenza. «Ci sono infatti delle aree della medicina in cui la cannabis è stata studiata ammette Adriana Turriziani, professore all'Università Cattolica del Sacro cuore e responsabile dell'Hospice
Villa Speranza del Policlinico Gemelli di Roma -. I risultati più significativi riguardano i malati di Sla». Ma a
garanzia dei pazienti la scienziata chiede «maggiori evidenze scientifiche» soprattutto nel «dolore cronico
refrattario alle terapie convenzionali». Perché «potendo disporre di una molecola tradizionale testata secondo
la regolamentazione farmaceutica, che ne ha provato efficacia e sicurezza, ed un medicinale su cui ancora
dobbiamo sapere molto, io scelgo la prima».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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03/02/2015
Il Trentino
Pag. 33
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Convegno sulle cure palliative pediatriche Venerdì in Comunità di valle: ospiti la pediatra Franca Benini e
l'assessora Donata Borgonovo Re
Convegno sulle cure palliative pediatriche
Convegno sulle cure palliative pediatriche
Venerdì in Comunità di valle: ospiti la pediatra Franca Benini e l'assessora Donata Borgonovo Re
RIVA L'Italia è stato il primo Paese in Europa a sancire per legge la specificità pediatrica nell'ambito delle
cure palliative e della terapia del dolore. I bambini inguaribili hanno bisogni assistenziali completamente
diversi da quelli degli adulti: devono infatti essere trattati con modalità specifiche e da personale preparato e
dedicato. In Italia sono più di 35 mila i bambini (pari a 30 su 10.000 minori) con malattia inguaribile eleggibili
alle cure palliative pediatriche (di cui meno del 20% con patologia oncologica; il restante 80% è costituito da
varie patologie - prevalentemente malattie neurodegenerative, neuromuscolari, metaboliche e genetiche). In
questi ultimi anni, la numerosità di questi bambini inguaribili sta aumentando velocemente. In Trentino, dove
questo bisogno assistenziale si sta manifestando, da qualche tempo e su vari fronti si sta ragionando su
come ipotizzare un modello di rete che permetta di curarli bene, possibilmente a casa loro. Attivare un primo
confronto su come costruirla, con le risorse che ci sono e nel migliore dei modi possibili è lo scopo
dell'appuntamento che viene proposto nella sala della Comunità di valle a Riva, venerdì 6 febbraio alle ore
20.30. Parteciperanno, oltre all'assessora provinciale alla salute, Donata Borgonovo Re, Eugenio Gabardi,
direttore sanitario dell'Azienda sanitari, la dottoressa Franca Benini, trentina di nascita (è di Tenno)
responsabile del Centro regione Veneto terapia del dolore e cure palliative pediatriche, il dottor Ermanno
Baldo, dirigente del reparto di pediatria dell'ospedale Rovereto, il dottor Gino Gobber, dirigente dell'unità cure
palliative dell'Azienda sanitaria, il dottor Giampaolo Albertini, di "No pain for children", ed Erika Pederzolli,
mamma di Maria. Moderatrice dell'incontro è la giornalista Rai Cinzia Toller. Fino a poco tempo fa questi
bambini morivano precocemente, ora vivono e vivono anche per molto tempo con necessità di risposte a
bisogni complessi, ma anche con possibilità di una buona qualità della vita, soprattutto con la necessità di
continuare a crescere ed a confrontarsi con le diverse fasi di sviluppo: psicologico, relazionale, emozionale e
sociale che l'età pediatrica ed adolescenziale comporta. La mortalità annuale per malattie inguaribili in ambito
pediatrico in Italia è stimata in 1.100-1.200 minori/anno, pari a 1 bambino su 10 mila. Attualmente solo il 5 %
dei bambini eleggibili alle cure palliative pediatrche, possono accedere a servizi, in Italia esistono solo 5 posti
letto, in hospice pediatrico . Oggi una parte importante di questi bambini è costretta a trascorrere gran parte
del tempo in ospedale, talvolta anche in ambito critico, mentre con un'adeguata assistenza, potrebbe vivere
con una buona qualità di vita, prevalentemente a casa. Spesso, una situazione come questa, se la famiglia si
trova a dovere gestire integralmente questa situazione, il prezzo da pagare è enorme: si va dalla separazione
della coppia alla necessità-costrizione di cambiare lavoro sino all'isolamento. Tuttavia chi paga il conto
maggiore è il bambino: è infatti oramai certo che anche in età molto precoce percepisca tutte le ansie, i
disagi, le paure e l'invasività, che la malattia inguaribile determina. Ed il bambino può e deve essere aiutato in
maniera adeguata e competente.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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03/02/2015
Il Roma
Pag. 14
(diffusione:27500, tiratura:125000)
Terapia del dolore , il sollievo dei malati grazie alla cannabis
NAPOLI. Due giorni di incontri, dibattiti e formazione professionale per contribuire a diffondere le buone
pratiche clinico-terapeutiche per i pazienti terminali e per quanti sono affetti dal dolore cronico, riaffermando
la centralità dell'uomo e la dignità del paziente. Giovedì e venerdì nella sede di Palazzo Serra di Cassano il
mondo scientifico si confronterà sul tema della «Cultura del sollievo e lotta al dolore». Una due-giorni di
formazione giunta alla sua terza edizione e organizzata dal Rotary club Napoli Ovest e dall'Associazione
"Insieme per vincere il dolore" con il patrocinio - tra gli altri - di Federdolore, Siaarti, Sicp e Asl Napoli 2 Nord.
Il coordinamento scientifico è affidato a Paolo Cesaro, presidente dell' "Associazione Insieme per vincere il
dolore". «È un diritto di tutti ricevere le terapie che ci rendono liberi dal dolore fisico - dice Paolo Cesaro,
presidente dell' Associazione Insieme per vincere il dolore - Sofferenza e sollievo sono due dimensioni di una
stessa realtà; prendersi cura del sollievo è il completamento del processo di cura, nello spirito della legge
38/10 e delle attività che trovano le loro radici nell'affermazione della centralità e della dignità dell'Uomo». I
lavori saranno aperti giovedì alle 9.00 con la sessione di Neuromodulazione e con la sessione dedicata alle
Tecniche chirurgiche mini-invasive. Alle 16, poi, il dottor Paolo Cesaro e Corrado Moschitti apriranno i lavori
della Tavola Rotonda "L'impegno delle Istituzioni e le istanze della società civile" alla quale prenderanno
parte Guido Fanelli, Angelo Montemarano (Direttore Generale Arsan), Ferdinando Romano, Marco
Spizzichino, Pierangelo Lora Aprile, Roberto Messina (Pres. Nazionale FederAnziani), mentre porteranno il
loro saluto Antonio Gargano e Michele Schiano di Visconti.Alla Tavola Rotonda interverranno anche Antonio
Corcione, Agnese Iovino, Luigi Leopaldi e Rosalba Tufano e Fabio Cafiero. Il convegno ospiterà, inoltre, la
parte teorica di due importanti eventi formativi: Master Class in Medicina del dolore e Master Class in Cure
palliative.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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_ IL FORUM DELL'ASL
03/02/2015
Il Sole 24 Ore SanitÃ
Pag. 5
(tiratura:40000)
Pillole più care per i cittadini
Lazio e Campania maglia nera - Oncologici al sorpasso, boom antidepressivi
La spesa farmaceutica complessiva è stabile a quota 20 miliardi (il 75,6% rimborsato dal Ssn), per circa 23
confezioni di medicinali a testa. Ma il livello di compartecipazione del cittadino continua a crescere e rispetto
al 2013 è salito del 4,4% - tra ticket regionali e differenza tra il prezzo del farmaco acquistato dal cittadino e il
prezzo di riferimento dei farmaci a brevetto scaduto - con un esborso pari a 1,12 miliardi. La spesa privata
totale a carico del cittadino è però scesa lievemente (-0,1%) soprattutto per la riduzione degli acquisti di
farmaci di fascia C con ricetta medica (-1,8%) e dei farmaci di automedicazione (-0,5%). Sono alcuni dei dati
sui consumi farmaceutici contenuti nel Rapporto nazionale gennaio-settembre 2014 dell'Osservatorio
nazionale sull'impiego dei medicinali dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Permangono forti differenze
regionali. E nella disomogeneità spiccano Campania e Lazio. La prima, con 1.268,2 euro pro capite, ha fatto
registrare la spesa convenzionata più elevata, seguita a distanza da Puglia (163,1 euro) e Calabria (160,2
euro). Nel Lazio si rilevano invece i consumi medi giornalieri di farmaci più elevati (anche in questo caso
seguono Calabria e Puglia). «I dati della Campania e del Lazio - commenta la ministra della Salute, Beatrice
Lorenzin - ci continuano a dire che esiste un gap fortissimo rispetto alle altre Regioni che deriva
dall'appropriatezza della prescrizione e dei controlli che non è solo un problema economico ma di salute dei
cittadini. Nelle altre Regioni è stato avviato un percorso di appropriatezza che ha dato frutti e va esteso a tutte
le Regioni d'Italia. La frammentazione non ci aiuta, ci rende meno efficienti e non garantisce la tenuta del
sistema». Il fragile equilibrio della spesa. La spesa farmaceutica nazionale totale nei primi nove mesi del
2014 è stata pari a 19,9 miliardi di euro. Se da un lato si riducono (-1,7%) la spesa territoriale (che
comprende i farmaci distribuiti attraverso le farmacie e la distribuzione diretta e per conto) a carico del Ssn
(risultata pari a 8.769 milioni di euro) e il capitolo della spesa convenzionata in farmacia (-2,2%), continua
dall'altro la crescita della spesa per medicinali acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche: +5,6% rispetto al
2013 pari a 108,8 euro pro capite. La spesa in ambito ospedaliero è stata pari a 2 miliardi di euro: tra le
Regioni che hanno speso di più la Lombardia, la Toscana e il Veneto. Ma si tratta di una voce praticamente
fuori controllo in ogni Regione, rispetto ai limiti previsti dalla spending review, che supera di oltre un punto
percentuale il tetto del 3,5% del Fondo sanitario nazionale e che a fine anno sforerà prevedibilmente di un
miliardo di euro. Basti pensare infatti che il «rosso» rilevato a ottobre (si tratta di una stima ancora non
ufficiale e data in anteprima) ammonta già a 975 milioni. Una cifra destinata a salire, come solitamente
accade, per gli acquisti che le Regioni fanno nell'ultima fase dell'anno. Farmaci innovativi per l'Epatite C:
Sofosbuvir al ralenti nelle Regioni. La sfida fondamentale per la sostenibilità del Ssn è quella dei costosi
farmaci innovativi. In attesa di trovare una soluzione con i partner Ue per aumentare il potere contrattuale
degli Stati acquirenti (joint procurement) l'Italia ha istituito con la legge di Stabilità 2015 un fondo sperimentale
di 1 miliardo. Tuttavia, a oggi, il nuovo farmaco Sofosbuvir per l'eradicazione dell'epatite C, denuncia Pani, è
stato erogato «solo a 30 pazienti, e solo in 5-6 Regioni. È scandaloso». Le categorie di farmaci più prescritte.
Per la prima volta dal '98, ma anche di più, la spesa per i farmaci antineoplastici e immunomodulatori (3 mld)
ha superato quelli per il sistema cardiovascolare (2,7 mld), che restano al primo posto per consumo. Al
secondo posto tra i più prescritti e al terzo per spesa pubblica restano saldi i farmaci dell'apparato
gastrointestinale (1,9 mld, ad alto tasso di inappropriatezza, gli inibitori di pompa acida che generano
«sprechi» intorno ai 300 milioni di euro). Seguono i medicinali per sangue e organi emopoietici (al terzo posto
per consumi e al quinto per spesa con 1,4 mld) e quelli per il sistema nervoso centrale (quarto posto per
prescrizione e sesto per spesa con 1,4 mld), con in testa gli antidepressivi, che hanno evidenziato «ampi
spazi di miglioramento dell'appropriatezza d'uso». Un nodo fondamentale, quello del trattamento della
depressione, che inciderà anche sulla sostenibilità del sistema. E sul quale pesa, fa notare il direttore
generale dell'Aifa, Luca Pani «una carenza dei servizi nazionali di assistenza psichiatrica sul territorio, anche
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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AIFA/ Nei primi nove mesi del 2014 spesa stabile a 20 mld, il copayment sale del 4,4%
03/02/2015
Il Sole 24 Ore SanitÃ
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 03/02/2015
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riguardo alla presa in carico precoce del disagio in età pediatrica e adolescenziale». «Alcuni recenti studi
internazionali - continua Pani - indicano che nel 2030 la depressione, dopo le malattie cardiovascolari, sarà la
patologia responsabile della perdita del più elevato numero di anni di vita attiva e in buona salute. E
inevitabilmente gli antidepressivi rappresentano a oggi una delle principali componenti della spesa
farmaceutica pubblica. Nell'ultimo decennio il consumo è cresciuto in maniera drammatica: da una parte, per
l'aumentata prevalenza di depressione e altri disturbi psichiatrici, quali ansia e attacchi di panico; dall'altra,
per la maggiore maneggevolezza di altri antidepressivi di recente commercializzazione e degli inibitori
selettivi della ricaptazione della serotonina». Antidolorifici: volano gli oppioidi. Spie accese anche
sull'inappropriatezza degli analgesici. Il tapentadolo (un oppiaceo) si colloca al terzo posto tra i primi trenta
princìpi attivi a maggior variazione di spesa convenzionata con un incremento del 38,5%. «Anche in Italia spiega Pani - si è abbassata la soglia del dolore e l'uso di antidolorifici è in aumento. Con un Paese diviso in
due: al Nord soprattutto oppiodi, al Sud soprattutto antinfiammatori, con il conseguente incremento dell'uso di
gastroprotettori. Si è notato soprattutto un impiego inappropriato di oppioidi negli anziani, con il rischio di
abusi e dipendenze». Fenomeno, sottolinea Aifa, che non ha nulla a che fare con una corretta terapia del
dolore e con l'erogazione delle cure palliative per i malati terminali. pagine a cura di Rosanna Magnano ©
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03/02/2015
10:00
Lettera43
Sito Web
Firenze produce marijuana di Stato per uso terapeutico
(© Getty Images) A Firenze via alla produzione di cannabis a uso terapeutico. Delle 11 Regioni che hanno già
approvato leggi che garantiscono la gratuità dei farmaci a base di cannabis, la Toscana rappresenta
un'avanguardia. Avamposto che potrebbe diventare il laboratorio permanente per l'uso terapeutico della
marijuana. È là, nello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, che entro la fine del 2015 è pronta
a iniziare la produzione della cannabis di Stato a uso terapeutico, dopo il via libera dei ministeri della Difesa e
della Salute. Ed è sempre là che la legge regionale n. 18, approvata nel 2012, sta giungendo alla pratica
applicazione proprio in questi giorni, con le ultime disposizioni operative della Commissione sanità. OK ALLA
PRESCRIZIONE. Ora i medici di famiglia toscani, se previsto dal piano terapeutico dello specialista, potranno
prescrivere la somministrazione di marijuana da ritirare nelle farmacie (pubbliche e private), o da ricevere
direttamente a casa, nel caso di pazienti inabilitati. «CROLLA UN VECCHIO TABÙ». «È un grande traguardo
innanzitutto sul piano sociale», racconta Paolo Poli, primario dell'unità operativa di terapia del dolore
dell'Ospedale di Pisa, «perché con la gratuità del farmaco tutti i pazienti potranno continuare la terapia, ma
anche perché crolla un vecchio tabù». Le resistenze di medici e farmacie sono ancora molte (© Getty
Images) In Italia l'uso di farmaci cannabinoidi è permesso solo per i malati di sclerosi multipla. Nonostante
l'uso medico dei cannabinoidi sia legale dal 2006 in seguito a un'ordinanza dell'ex ministro della Salute Livia
Turco, in Italia le resistenze sono ancora molte: si va dal rifiuto di alcuni medici a prescriverli e di molte
farmacie a venderli, fino alle macchinose procedure per richiederli. Per non parlare dei costi, visto che tutta la
marijuana è importata dall'Olanda. «CANNABIS NECESSARIA». Tuttavia Poli e i suoi collaboratori si dicono
ottimisti, se non altro perché la loro esperienza con le migliaia di pazienti incontrati negli anni dice, dati alla
mano, che la marijuana è un farmaco necessario. «Abbiamo visto grandi miglioramenti nella terapia del
dolore in varie patologie come la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la fibromialgia, o nelle malattie
reumatiche. Anche la tensione muscolare migliora con la cannabis, e l'uso terapeutico ha dato risultati
sorprendenti anche con disturbi comuni e meno gravi come l'emicrania». BENEFICI SU SONNO E FAME.
L'Unità di terapia del dolore dell'ospedale di Pisa ha fatto una ricerca su 500 pazienti trattati con la cannabis:
il 59% di loro ha riportato evidenti benefici sulla qualità e la durata del sonno, in molti casi sospendendo l'uso
di benzodiazepine, che come è noto inducono una forte assuefazione. Nei pazienti oncologici sottoposti a
chemioterapia, o nei malati di Aids, la cannabis ha favorito l'appetito, riuscendo dove altri farmaci avevano
fallito, e ha confermato il noto effetto di antiemetico, riducendo nausea e vomito. Con la produzione abbattuti i
costi di cura (© Getty Images) I medici di famiglia toscani potranno prescrivere la somministrazione di
marijuana. Con il prossimo passo - la produzione in Italia di marijuana per uso terapeutico - si potranno
abbattere i costi di cura: oggi infatti il ministero della Salute la acquista dall'azienda olandese Bedrocan, che
la produce in vari formati per il ministero della Salute, del Welfare e dello Sport. Fino a quando
l'autoproduzione sarà realtà, le Asl della Toscana distribuiranno le infiorescenze in filtri simili a quelli del tè,
già pronti per l'infusione (altri usi sono l'ingestione in capsule e la vaporizzazione). PRIMA: 90 EURO AL
MESE. E i pazienti potranno averla gratuitamente, cancellando quel costo che, per i più in difficoltà, prima era
impossibile da sostenere: 90 euro al mese, secondo i calcoli fatti dell'equipe di Poli a Pisa, considerando un
dosaggio base di 30 milligrammi assunto due volte al giorno. E la marijuana made in Italy sarà anche di
qualità migliore, rispetto a quella importata dai Paesi Bassi: ne è convinto Gianpaolo Grassi, che da 20 anni
studia la cannabis al Cra-Cin (Consiglio per la ricerca in agricoltura) di Rovigo, dove però tutta la marijuana
prodotta viene distrutta dopo la maturazione, come prescritto dalla legge 309/1990 sugli stupefacenti.
RACCOLTO ENTRO IL 2015. E proprio il Cra-Cin di Rovigo sarà chiamato a collaborare con lo stabilimento
chimico farmaceutico militare di Firenze, ora che iniziano le operazioni per la produzione delle prime piante a
uso terapeutico, il cui primo raccolto è atteso entro la fine del 2015. Il programma operativo per la produzione
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 04/02/2015
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Ultime Notizie Lettera43
03/02/2015
10:00
Lettera43
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 04/02/2015
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dovrà scaturire da un accordo tra diversi attori: da un lato il ministero della Salute, quello della Difesa, quello
delle Politiche agricole e forestali e il laboratorio farmaceutico militare di Firenze, dall'altra le Regioni, l'Aifa
(Agenzia italiana del farmaco), l'Istituto superiore di sanità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
04/02/2015
14:51
AGI
Sito Web
Tumori: cure palliative in hospice migliorano qualita' vita
(AGI) - Roma, 4 feb. - Il trattamento del dolore e le cure palliative non rappresentano soltanto una soluzione
"finale" nella vita di un malato di cancro, ma possono rappresentare un'importantissima e aggiuntiva
possibilita' di cura e sopravvivenza. Questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato da Girolamo Del Monte,
responsabile dell'Hospice del San Raffaele Cassino, sull'importanza degli hospice e delle cure palliative, in
occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro. "Le cure palliative - ha sottolineato Del Monte - hanno
come obiettivo il miglioramento della qualita' di vita del paziente, controllando non solo i sintomi della malattia
di base, quali il dolore, ma fornendo anche supporto socio-psicologico e spirituale, sia al malato che alla sua
famiglia". L'oncologo fa riferimento a un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine che
"ha dimostrato come l'aggiunta di cure palliative al trattamento chemioterapico - ha detto - migliora, non solo
la qualita' di vita, ma soprattutto la sopravvivenza in pazienti affetti da tumore del polmone. I risultati di questo
lavoro hanno portato la Societa' Americana di Oncologia Medica (ASCO) ad indicare che in tutti i pazienti con
malattia metastatica o con un elevato carico tumorale dovrebbe essere considerata l'integrazione con le cure
palliative". Questa importante evidenza, secondo Del Monte, contrasta con lo stato attuale delle strutture
italiane nonche' con le modalita' e le tempistiche di accesso alle suddette cure. Attualmente sono 2.524 i posti
letto complessivi, dislocati in 230 strutture in tutta Italia: la distribuzione sul territorio nazionale e' pero' ancora
molto disomogenea, risultando squilibrata tra regione con regione
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 05/02/2015
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Salute
04/02/2015
Giornale dell'Umbria
Pag. 11
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Umbertide, l'opposizione chiede il potenziamento dei servizi di cure
palliative per i malati di tumore
UMBERTIDE - Il gruppo consiliare" Umberti de cambia" ha sollecitato nei giorni scorsi, attraverso un ordine
del giorno, una riflessione in merito al sistema di cure palliative attualmente in essere per i malati di cancro,
ritenendo necessario sia un potenziamento delle cure residenziali sia la previsione di una adeguata modalità
residenziale. «La (non) risposta data - afferma il gruppo consiliare di "Umbertide cambia" - che ha prodotto la
bocciatura dell'ordine del giorno a causa del voto contrario del Pd, non ci ha per nulla convinto. Intendiamo
pertanto tornare sul tema, che riteniamo della massima importanza e purtroppo di quotidiano interesse, con
una interrogazione, chiedendo all'amministrazione comunale innanzitutto di spiegare con chiarezza come è
stato utilizzato il finanziamento a suo tempo ottenuto e destinato alla realizzazione di uno spazio "ho spice",
quindi di assumere un impegno formale nel sollecitare la Asl competente a potenziare il sistema delle cure
palliative domiciliari in termini di risorse e personale e prevedere presso la struttura ospedaliera di Umbertide
(e possibilmente in altre strutture del territorio) posti letto specificamente destinati alle cure palliative.
Riteniamo a tal proposito fondamentale il ruolo delle associazioni di volontariato, che debbono essere
ulteriormente supportate nel loro impegno ed in particolare nell'investimento su personale giovane e motivato.
Ciò al fine di creare una efficace rete al servizio dei malati ed a sostegno delle famiglie in difficoltà,
sviluppando al tempo stesso una collaborazione con la struttura ospedaliera. Chiediamo inoltre - proseguono
da "Umbertide cambia" che il tema sia oggetto di convocazione della specifica commissione consiliare,
prevedendo la partecipazione del personale Asl competente. L'occasione sarà propizia anche per capire
come dovrebbe funzionare il servizio in Residenza sanitaria assistita (Rsa) che si prevede di prossima
istituzione. Servizio che comunque non riteniamo possa essere posto sullo stesso piano di un "hospice", se
non altro per il fatto che le due strutture richiedono personale infermieristico diverso in quanto a preparazione
professionale e per il fatto che mentre in Rsa vengono ricoverati pazienti sotto la responsabilità e gestione dei
medici di base i pazienti in hospice sono invece affidati al personale medico interno all'ospedale: medicina
generale, anestesista ,oncologo».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 04/02/2015
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05/02/2015
QN - La Nazione - Ed. pistoia montecatini
Pag. 3
(diffusione:136993, tiratura:176177)
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LA NOVITA'
Cannabis terapeutica Nel territorio in cinque la usano
SI RIUNIRANNO il prossimo 19 febbraio e all'ordine del giorno, tra i vari temi, ci sarà il recente
provvedimento regionale che da aprile intende estenderee la possibilità di prescrivere cannabinoidi ad uso
terapeutico anche ai medici di famiglia. La vice presidente della Fimmg ( medici di medicina generale) Paola
David spiega che si tratta di una novità che va approfondita. «Naturalmente, come è possibile immaginare, i
medici non possono essere preparati su queste prescrizioni - spiega David -Serviranno informazioni ma
soprattutto corsi di aggiornamento che consentano di capire in quali direzioni ci si può muovere. L'ordine
naturalmente è a disposizione». NEL territorio, attualmente, sono cinque i pazienti che seguono un terapia
con il farmaco registrato ossia una sostanza che deriva dalla cannabis. Si tratta di una terapia del dolore che
solitamente viente indicata per pazienti oncologici ma anche per coloro che sono affetti da sclerosi multipla. Il
prodotto che invece si andrà a produrre direttamente in Toscana, così come è stato annunciato direttamente
dal presidente della Regione Enrico Rossi, sarà diverso. Si tratta di un vero e proprio farmaco galenico ossia
ottenuto direttamente dalla lavorazione della sostanza. Al momento, comunque, nel territorio provinciale,
almeno dai dati in possesso dell'azienda sanitaria locale, non ci sono molte richieste per questo tipo di
terapia. M.M.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 05/02/2015
7
06/02/2015
Unione Sarda
Pag. 37
(diffusione:68332, tiratura:81580)
La guerra al dolore si combatte con una maratona
Corriamo insieme... liberi dal dolore. Anche una corsa all'aria aperta può contribuire a diffondere la cultura
contro il dolore. È l'obiettivo che si pone la onlus "Insieme contro il dolore", associazione organizzatrice di
Karalis 30, manifestazione sportiva che si terrà domenica 15 a Cagliari. Chi se la sente, potrà correre la
mezza maratona di 30 km, la staffetta di 10 km o la "non competitiva" di 5 a passo libero. Per informazioni e
iscrizioni www.karalis30.it. Partecipare significa dare un proprio contributo di testimonianza alla "guerra"
contro la sofferenza che fa capo al Centro per la terapia del dolore dell'ospedale oncologico Businco, di
Cagliari, diretto da Sergio Mameli. ( l. s. ) RIPRODUZIONE RISERVATA
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 06/02/2015
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