Oggetti narranti in opere di scrittrici postcoloniali italiane
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Oggetti narranti in opere di scrittrici postcoloniali italiane
1. Percorsi di lettura Il lettore sta varcando la soglia principale di un testo che al suo interno presenta diversi spazi con accessi indipendenti: unico vincolo, affinché egli non perda il senso dell’esposizione dei risultati dell’indagine, è il passaggio attraverso il vestibolo della premessa metodologica nel quale potrà indugiare con pause di maggiore o minore riflessione prima di accedere alle stanze dedicate alle singole opere. I due testi di introduzione a ciò che in prima approssimazione potrebbe esser definito come l’immaginario collettivo di alcuni aspetti culturali e storici dell’Albania e del Corno d’Africa, due zone colonizzate in tempi e forme diverse dalla monarchia italiana, dovrebbero fornire le coordinate nelle quali si possono collocare le opere da noi analizzate: le notizie di queste sezioni sono state selezionate sulla base, da un lato, della significanza che è stata loro riconosciuta dalla storiografia e, dall’altro, della loro occorrenza nelle opere analizzate, ma non sono strettamente necessarie per la comprensione del percorso argomentativo ed espositivo dei capitoli dedicati ai romanzi delle scrittrici. Si tratta di pagine introduttive la cui dimensione è giustificata dalla novità della tematica per quanto riguarda l’ambito albanese e l’inconsueto approccio metodologico per entrambi. Forniscono lo sfondo sul quale si possono convenientemente stagliare cose, situazioni e azioni messe in scena dalle narrazioni che leggeremo: sarebbe stato possibile mettere in nota o inserire ad hoc attraverso digressioni le notizie irrinunciabili per la contestualizzazione dei testi, ma ciò avrebbe interrotto il flusso espositivo. Adottando la soluzione di un testo autonomo per ciascuna area, abbiamo voluto non solo alleggerire le presentazioni dedicate alle singole opere, ma anche offrire l’humus dal quale traggono materia le autrici e i loro prodotti culturali da noi analizzati, invitando a una lettura che segua il farsi delle opere dal terreno di coltura dal quale, secondo la nostra sensibilità e secondo il nostro approccio, provengono o col quale possono esser messe in relazione. Chi vorrà leggere le due introduzioni potrà farsi un’idea del potenziale immaginario col quale, secondo le nostre conoscenze, le scrittrici da noi scelte forse hanno dialogato.1 1 I rimandi a testi avvengono per citazione del nome dell’autore seguito dal titolo o dalle parti del titolo sufficienti a identificare il testo in bibliografia: in questa, in ordine alfabetico di autore e di titolo, si trova l’indicazione completa. Il corsivo è riservato al titolo cui si rimanda, mentre le virgolette sono riservate al testo in cui lo stesso eventualmente dovesse esser contenuto, volume o rivista che sia. Le opere delle autrici analizzate vengono indicate con sigle che verranno chiarite in luogo opportuno, seguite dal numero di pagina. Nelle citazioni si conserveranno corsivi e punteggiatura nei limiti della loro importanza per il contenuto. Le citazioni sono lasciate in corpo di testo a prescindere dalla loro lunghezza: solo quando costituiscono una catena di prelievi analizzati in modo dettagliato in una serie di citazioni si adotta l’isolamento dal testo tramite spaziatura e rientro. Le traduzioni da lingue straniere, se non diversamente indicato, sono di chi scrive. Le immagini tratte da opere di 11 Prima di avviare il confronto col nostro tema, vogliamo ringraziare Birgit Wagner per aver letto e commentato passo passo la prima versione del testo nel suo farsi e Martha Kleinhans per aver letto quella versione finale e averne espresso un giudizio globale. A Rossi Tiziana, Quain Laura, e Cornelia Posch dobbiamo una lettura del testo in una fase provvisoria secondo diverse prospettive. Ringraziamo inoltre Maria Teresa Martinez Blanco, Zohra Bouchentouf-Siagh e Tatiana Silla per aver discusso singoli aspetti dei temi trattati. Il testo qui stampato, nato da persistenti esperienze concrete e letterarie dal forte impatto personale, sviluppatosi nella condivisione di conoscenze e metodi all’interno di una ristretta cerchia di persone, si è affinato nel ripiegamento riflessivo finale, con le idiosincrasie e le ossessioni che ciò comporta: confidiamo nella benevolenza del lettore e nella sua disponibilità al dialogo. Ornela Vorpsi sono riproduzioni di dettagli ingranditi o ridotti secondo le esigenze di spazio. 12 2. Opzioni metodologiche Al creato sempre rivolti, vediamo in essi soltanto il riflesso del Libero da noi oscurato. Oppure che una bestia, una bestia muta, alzi lo sguardo tranquilla attraverso di noi. Questo significa Destino: essere di rimpetto e null’altro che questo e sempre di rimpetto. E noi: spettatori, sempre, ovunque sempre rivolti al tutto e mai all’aperto! Ci riempie. Lo ordiniamo. Esso frana. Lo ordiniamo di nuovo e franiamo anche noi. Rainer Maria Rilke, Achte Elegie, in “Duiniser Elegien” Il rosso specchio occidentale nel quale arde un’illusoria aurora. Quante cose, lime, soglie, atlanti, calici, chiodi, ci servono come taciti schiavi ciecamente e stranamente segrete! Dureranno più in là del nostro oblio; non sapranno mai che ce ne siamo andati. Jorge Luis Borges, Las cosas, in “Elogio de la sombra”2 Entità migranti, oggetti narranti in autrici con un passato migratorio e postcoloniale. Tre sono le questioni di metodo da affrontare prima di avviare l’analisi dei testi: anzitutto i criteri di scelta delle autrici da leggere; in secondo luogo i criteri di selezione degli oggetti che vogliamo prendere in considerazione tra quelli presenti in opere letterarie di scrittrici che abbiano un passato di migrazione da ex-colonie italiane, oggetti che esploreremo in tutto il potenziale portato socio-culturale che vedremo implicato nel testo letterario; infine, la definizione delle vie di accesso agli stessi oggetti. Presentiamo anzitutto le autrici e il percorso che ci ha portato alla cernita delle opere da passare al vaglio della nostra lettura; se avviamo la definizione del campo d’indagine dai soggetti che hanno creato le opere d’invenzione, notiamo tuttavia che nella ricerca, in prima battuta, abbiamo lasciato sullo sfondo gli attori presenti nelle opere letterarie: ciò che ha avuto priorità è stato il tentativo 2Id., Obra poetica, 1923-1977, Alianza-Emecé, Buenos Aires, 1981, p. 335, citato in Orlando, Gli oggetti, p. 25. 13 di ribaltare le consuetudini narratologiche che solitamente privilegiano gli agenti, mentre considerano gli oggetti o come apparati di scena o come coadiutori3. La scelta di un saggio su opere di migranti, oltre che per oggettivo interesse della materia, è avvenuta per la densità di oggetti strani e stranianti che spesso si presentano in esse, in forma più o meno motivata rispetto al tessuto narrativo. La restrizione ad autrici che abbiano un passato coloniale italiano complica ulteriormente il panorama in quanto le vicende delle autrici e le storie da esse narrate sono caratterizzate da frattura nella continuità: questa è costituita da una storia condivisa con la ex-potenza colonizzatrice, mentre la rottura interviene sia per l’interruzione della vicenda storica che precede la colonizzazione e segue la decolonizzazione, sia per la volontà da parte delle autrici di narrare una contro-storia che le colloca chiaramente nell’area del writing back tipico di tanta letteratura postcoloniale di lingua inglese e francese. 3 Uno degli autori di riferimento della moderna narratologia può esser considerato Vladimir Propp: nella sua Morfologia della fiaba l’antropologo e linguista russo, secondo un approccio funzionalista, sviluppa un modello per dar conto di ciò che egli giudica essere il sostrato comune dei racconti popolari rubricabili sotto la categoria della fiaba; nella sua tipologia di costituenti della fiaba menziona solo una categoria di oggetti, vale a dire gli oggetti magici. Teoria della prosa di Šklovskij, di qualche anno precedente rispetto al saggio di Propp, con la teoria dello straniamento avrebbe offerto uno strumento più efficace per analizzare qualsiasi entità che compaia in opere letterarie, ma la narratologia seguente non presterà sufficiente attenzione alla proposta dello studioso russo e dedicherà scarso peso all’analisi degli oggetti e della loro funzione nel testo narrativo. Una brillante eccezione è costituita dal lavoro di Lacoste-Dujardin, Le conte kabyle, della fine degli anni Settanta, che non a caso porta il sottotitolo étude ethnologique: dopo una dettagliata presentazione metodologica e dopo un’accurata sintesi del contenuto del gruppo di racconti esaminati, l’autrice apre il suo lavoro con l’espace e prosegue non tanto con actants o figure equivalenti, ma con le monde masculin e le monde féminin all’interno dei quali trovano posto numerosi oggetti che vengono raccolti in categorie attraverso un serrato dialogo coi testi e senza la pretesa di aderenza forzata a modelli teorici. Nelle note seguenti si darà ragione delle recenti riflessioni provenienti da diversi settori delle scienze umane che hanno dedicato attenzione al mondo degli oggetti: si segnala fin d’ora Die Wiederkehr der Dinge a cura di Balke et alii, oltre ai numerosi lavori di Kimmich menzionati in bibliografia. Gli oggetti spesso sono stati considerati come correlati dei soggetti nella produzione lirica, soprattutto in quella moderna, e quindi hanno ottenuto più attenzione nelle analisi di testi poetici: per una dettagliata ricostruzione della profonda frattura tra analisi del testo poetico e analisi del testo narrativo in prosa e costruttive proposte di correzione si veda de Rooy, Il narrativo nella poesia moderna, pp. 13-117. Nel nostro percorso non faremo massiccio ricorso a tutto lo strumentario della narratologia strutturalista: senza voler abbracciare partiti precostituiti, ci sentiamo vicini al modo in cui Susan Lanser ha qualificato la critica femminista: tanto impressionistica, valutativa e politica quanto refrattaria nei confronti di opposizioni binarie. Cercheremo di far buon uso dello strumentario elaborato dalla critica letteraria senza per questo abusarne per spirito di sistema. Cfr. Lanser, Toward, rispettivamente pp. 674 e 676-677. 14 Il mondo degli oggetti evocati nelle opere letterarie esaminate e lo scenario in cui essi trovano posto forse hanno conosciuto un passato di inclusione nell’immaginario collettivo della nazione italiana in epoca coloniale con diversi gradi di profondità e articolazione; le autrici scelte spesso mettono sulla pagina frammenti di storie che intendono recuperare quei mondi e quelle latitudini, collocandoli sotto una luce diversa rispetto a quella imperante secondo discorsi correnti in diverse aree della pubblicistica italiana storica e di finzione. Nelle nostre letture sottoporremo le opere delle autrici che selezioneremo ad un esperimento analitico: immagineremo di voler prender le mosse dagli oggetti disseminati nei testi che leggeremo e verificheremo quali mondi e quali narrazioni risulteranno attraverso il nostro filtro analitico. 2.1. Dalla parte del soggetto: la selezione dei testi “Apro le casse della mia biblioteca. Ecco. La mia biblioteca non si trova ancora sugli scaffali, la leggera noia dell’ordine non la circonda ancora. Nemmeno posso camminare lungo le file dei libri per passarli in rivista in compagnia di cortesi ascoltatori. Questo Loro non devono temerlo. Devo chieder Loro di trasferire con me il disordine di casse ancor chiuse nell’aria riempita di polvere di legno, sul pavimento coperto di fogli di carta strappati sotto le pile di libri appena portati alla luce dopo due anni di buio per condividere almeno un po’ l’atmosfera per nulla elegiaca piuttosto tesa che essi risvegliano in un vero collezionista.” Walter Benjamin, Ich packe meine Bibliothek aus, p. 388 La letteratura di autori e autrici migranti con esperienza postcoloniale ha ormai una lunga storia dietro di sé: lunghissima e con tratti diversi secondo gli intrecci tra colonizzazione, decolonizzazione, riflessione coloniale e critica postcoloniale, per quanto riguarda le letterature di lingua spagnola, portoghese, inglese e francese, molto più recente quella italiana4. Nel corso degli ultimi trent’anni il numero 4 Che la situazione postcoloniale possa esser convenientemente avvicinata solo attraverso l’uso di approcci e categorie ibride e fluide è fatto noto. Dall’introduzione al testo collettaneo La situation postcoloniale curato da Smouts, ricaviamo come l’intreccio di strati, tempi e concetti nelle questioni coloniali e postcoloniali sia esemplificato non solo da termini assurti divenuti strumenti indispensabili per lo studioso di fenomeni legati alla situazione postcoloniale come tiers-espace, créolisation, hybridisation, ma anche da traslati come mécanisme d’imbrication (p. 29), situation d’enchevêtrement des temps et territoires (p. 32), chevauchement des 15