Prime pagine - Codice Edizioni

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Prime pagine - Codice Edizioni
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Gregory Clark
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Breve storia economica del mondo
Traduzione di Luisa Carpinelli e Matteo Migheli
EDIZIONI
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Gregory Clark
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Breve storia economica del mondo
Progetto grafico: studiofluo srl
Impaginazione: Maria Beatrice Zampieri
Redazione: Stefano Milano
Coordinamento produttivo: Enrico Casadei
Gregory Clark
A Farewell to Alms
A Brief Economic History of the World
Copyright © 2007 by Princeton University Press
All rights reserved. No part of this book may be
reproduced or transmitted in any form or by any means,
electronic or mechanical, including photocopying,
recording, or by any information storage
and retrieval system, without permission
in writing from the Publisher.
© 2009 Codice edizioni,Torino
Tutti i diritti sono riservati
ISBN 978-88-7578-128-6
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Indice
IX
Prefazione
Capitolo 1
3
21
Introduzione: la storia economica del mondo in 18 pagine
Parte I. La trappola maltusiana:
vita economica fino al 1800
Capitolo 2
23
La logica dell’economia maltusiana
Capitolo 3
45
Tenori di vita
Capitolo 4
77
Fertilità
Capitolo 5
97
Aspettative di vita
Capitolo 6
119
Malthus e Darwin: la sopravvivenza dei più ricchi
Capitolo 7
141
Progresso tecnologico
Capitolo 8
153
Istituzioni e crescita
Capitolo 9
173
La nascita dell’uomo moderno
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Parte II. La Rivoluzione industriale
Capitolo 10
199
La crescita moderna: la ricchezza delle nazioni
Capitolo 11
215
Il rompicapo della Rivoluzione industriale
Capitolo 12
237
La Rivoluzione industriale in Inghilterra
Capitolo 13
265
Perché l’Inghilterra? Perché non la Cina, l’India
o il Giappone?
Capitolo 14
277
Conseguenze sociali
307
Parte III. La grande divergenza
Capitolo 15
309
La crescita mondiale dal 1800 in poi
Capitolo 16
333
Le cause immediate della divergenza
Capitolo 17
357
Perché non si è sviluppato il mondo intero?
Capitolo 18
377
Conclusione: uno strano mondo nuovo
385
391
393
413
431
Appendice tecnica
Ringraziamenti
Note
Bibliografia
Indice analitico
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Prefazione
Questo libro presenta un approccio alla storia molto audace. Individua, all’interno di una massa di dati empirici, spesso sommari e talvolta contraddittori, semplici strutture che descrivono la lunga storia
dell’umanità – che possono contenere in modo coerente fatti sorprendenti sulla storia umana e il mondo di oggi descritti in queste
pagine. È uno sfacciato tentativo di dedicarsi alla grande storia, nella
tradizione de La ricchezza delle nazioni, Il Capitale, L’evoluzione economica del mondo occidentale e più recentemente di Armi, acciaio e malattie1.Tutti questi libri, come il mio, si chiedono: come siamo arrivati
qui? Perché ci è voluto così tanto tempo? E perché ci sono dei ricchi
e dei poveri? Dove siamo diretti?
La curiosità intellettuale da sola basta a rendere pressanti queste
domande. Ma, mentre il libro si concentra sulla storia, si rivolge anche alla moderna politica economica. Questo perché il testo descrive
in dettaglio come gli economisti e le istituzioni che popolano, come
la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, hanno adottato un’interpretazione sbagliata della società preindustriale e delle
successive determinanti della crescita moderna. Questi stravaganti
concetti sono alla base delle attuali politiche intraprese per curare i
mali dei paesi poveri del mondo, come quelle rappresentate dal Washington consensus2.
Nonostante il libro tratti di economia, vedremo che nel lungo
periodo le istituzioni economiche, la psicologia, la cultura, la politica
e la sociologia sono profondamente intrecciate. La nostra vera natura
– i nostri desideri, le nostre aspirazioni, le nostre interazioni – sono
stati modellati da istituzioni economiche del passato, e adesso a loro
volta condizionano i sistemi economici moderni. Questo libro pertanto ha molto da offrire a lettori interessati all’antropologia e alla
storia della politica, della società e anche della cultura.
Fortunatamente per il lettore, un semplice bagaglio di idee può
condurci molto lontano nello spiegare l’evoluzione dell’economia
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mondiale nel corso di millenni. Non è necessaria una preparazione
formale in economia per capire niente di quanto segue. Quindi,
nonostante le tematiche con cui siamo alle prese in queste pagine
siano quelle che rimangono negli ordini del giorno degli economisti
più orientati alle tecniche, sono questioni che lettori digiuni di strumentazione teoretica elaborata possono interamente comprendere.
Senza dubbio alcuni degli argomenti sviluppati qui si riveleranno
semplicistici o falsi tout court. Sono senz’altro controversi, anche tra i
miei colleghi storici dell’economia. Ma molto meglio commettere
tali errori piuttosto dei soliti tediosi peccati accademici, che adesso
sembrano riempire d’intenzionale mistificazione e di vacuità condita
da linguaggio specialistico una così grande quantità di scritti delle
dottrine umanistiche. Come Darwin stesso sottolineava: «I punti di
vista fallaci, se supportati da un po’ di evidenza, non fanno del male,
in quanto ognuno di noi trae un piacere salutare nel mostrare la loro
falsità: e quando questo viene fatto, una strada verso l’errore viene
evitata e allo stesso tempo la strada verso la verità viene aperta»3. Pertanto la mia speranza è che, anche se il libro dovesse sbagliare in alcune sue parti, sarà errato in modo chiaro e produttivo, conducendoci verso la luce.
Alla base del libro vi è una grande ricchezza di dati, da me raccolti, relativi alla storia dell’economia inglese tra il 1200 e il 1870. Per
rendere il libro di più facile lettura, le figure e le tavole che si basano
su questi dati non recano la fonte individuale. Quando questa non
viene indicata per una figura o una tavola, o per una loro frazione, i
dati su cui si basano e le loro fonti sono da cercare in Clark, 2007b.
Questo libro è il prodotto di 20 anni di lavoro in un angolo particolarmente oscuro dei vigneti dell’economia: la storia economica
quantitativa. Sono fortunato per il fatto che le professioni di economista e di storico considerano con tale leggerezza queste vigne al
punto che un solo studioso può reclamare interi secoli come il suo
personale giardino, e occuparsene compiutamente e tranquillamente. Ma spero che il libro interessi anche gli economisti e gli storici, e
ricordi loro che un costante consumo di vino scadente può rendere
il palato insensibile.
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Capitolo 1
Introduzione: la storia economica del mondo
in 18 pagine
E può dunque essere annoverato tra i benefattori dell’umanità colui che riassume le grandi regole della vita in brevi massime, che possono facilmente essere impresse nella memoria e che, venendo ricordate con frequenza, vengono alla
mente con regolarità. Samuel Johnson, Rambler No. 175 (19 novembre 1751)
Lo schema essenziale della storia economica del mondo è sorprendentemente semplice: può essere infatti rappresentata da un semplice
diagramma, come quello della Figura 1.1. Prima del 1800 le risorse
disponibili pro capite – per l’alimentazione, il vestiario, il riscaldamento, la luce e la casa – variavano a seconda della società e delle
epoche. Ma non mostravano un trend in ascesa. Un meccanismo
semplice, eppure molto potente, adottato in questo libro, la trappola
maltusiana, faceva sì che i vantaggi in termini di reddito ottenuti mediante i progressi tecnologici fossero inevitabilmente dispersi attraverso la crescita della popolazione.
Così l’individuo medio nel mondo del 1800 non viveva in condizioni migliori di quello del 100 000 a.C. Anzi, nel 1800 la maggior
parte della popolazione mondiale era più povera dei suoi antenati
più remoti. I fortunati abitanti di società benestanti come l’Inghilterra o i Paesi Bassi del XVIII secolo raggiungevano un tenore di vita
materiale pari a quello dell’Età della pietra.Tuttavia, tutta quell’ampia
fascia di umanità che risiedeva nell’Asia orientale e meridionale, in
particolare in Cina e Giappone, sopravviveva in condizioni che con
molta probabilità erano significativamente inferiori a quelle degli
uomini delle caverne.
La qualità del tenore di vita non riusciva a crescere sotto nessun’altra dimensione osservabile. Nel 1800 l’aspettativa di vita non era
più elevata rispetto ai cacciatori-raccoglitori: andava dai 30 ai 35
anni. L’altezza, una misura sia della qualità dell’alimentazione che
dell’esposizione alle malattie di quando si è bambini, era più elevata
nell’Età della pietra anziché nel 1800. E mentre i forager1 riuscivano a
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Reddito pro capite (1800=1)
10
Grande divergenza
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6
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2
Rivoluzione industriale
Trappola maltusiana
0
d.C. 1000
-500
0
500
1000
1500
2000 a.C.
Figura 1.1 La storia economica del mondo in un’immagine. I redditi aumentarono marcatamente dopo il 1800 in molti paesi, mentre si ridussero in altri.
soddisfare i loro bisogni materiali con ridotti sforzi in termini di lavoro, le modeste comodità di un inglese dell’Ottocento venivano
conquistate soltanto attraverso una vita di incessanti lavori pesanti e
ingrati. Né tantomeno la varietà dei consumi materiali aumentava. Il
forager medio aveva un’alimentazione e attività lavorative molto più
varie di quelle del tipico lavoratore inglese del 1800, nonostante la
dieta inglese a quel punto comprendesse anche cibi esotici quali tè,
pepe e zucchero.
Le società di cacciatori-raccoglitori erano ugualitarie. I consumi
materiali variavano di poco tra i loro membri. Al contrario, la disuguaglianza era assai diffusa nelle economie agrarie che dominavano
il mondo nel 1800. Le ricchezze di pochi superavano di gran lunga i
risicati averi delle masse. Jane Austen poteva anche scrivere di conversazioni raffinate scambiate all’ora del tè servito in porcellane cinesi.Tuttavia, per la maggioranza degli inglesi non più tardi del 1813
le condizioni di vita non erano migliori di quelle di cui avevano goduto i loro antenati nella savana africana. I “Mr. Darcy”2 erano pochissimi, i poveri abbondavano.
Dunque, anche sulla base delle misure più ampie possibili del tenore di vita materiale, il benessere medio si era invece ridotto dal Medioevo al 1800. I poveri dell’Ottocento, quelli che vivevano soltanto
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grazie al loro lavoro non qualificato, avrebbero goduto di migliori
condizioni di vita se trasferiti in una società di cacciatori-raccoglitori.
La Rivoluzione industriale, soltanto 200 anni fa, cambiò per sempre le possibilità di consumo materiale. I redditi pro capite cominciarono a sperimentare una crescita sostenuta in un selezionato gruppo di paesi. Le più ricche economie moderne sono dalle 10 alle 20
volte più ricche rispetto alla media dell’Ottocento. Inoltre, a beneficiare maggiormente della Rivoluzione industriale sono stati i lavoratori non qualificati. Ci sono stati ovviamente benefici in abbondanza
per i proprietari di terra e capitale, tipicamente benestanti, e per gli
istruiti. Tuttavia le economie industriali hanno riservato i vantaggi
più significativi per i più poveri.
La prosperità, ciononostante, non si è diffusa in tutte le società. I
consumi materiali in alcuni paesi, principalmente nell’Africa subsahariana, sono adesso ben al di sotto delle cifre preindustriali. Paesi
come il Malawi o la Tanzania oggi sarebbero in migliori condizioni
economiche se non fossero venuti a contatto con il mondo industrializzato e se, piuttosto, fossero rimasti al loro stadio preindustriale.
La medicina moderna, gli aeroplani, il petrolio, i computer – insomma, tutta la ricchezza tecnologica degli ultimi 200 anni – in tali regioni sono riusciti a produrre standard di vita materiali tra i più bassi mai registrati. Queste società africane sono rimaste intrappolate
nell’età maltusiana, dove i progressi tecnologici concorrono soltanto
ad aumentare la numerosità della popolazione e a ridurre gli standard
di vita fino alla sussistenza. Allo stesso tempo però la medicina moderna ha fatto sì che le condizioni materiali minime che garantiscono la sussistenza fossero sensibilmente inferiori a quelle del Medioevo. Esattamente come la Rivoluzione industriale ha ridotto le disuguaglianze all’interno delle società, le ha accresciute tra una società e
un’altra, in un processo recentemente definito come “grande divergenza”3. La differenza nei redditi tra paesi è nell’ordine di 50 a uno.
Oggi convivono su questa terra sia le persone più ricche che quelle
più povere che siano mai esistite.
Pertanto la storia economica del mondo pone tre problemi tra
loro collegati: perché la trappola maltusiana si è protratta così a lungo? Inoltre, perché a sfuggire tale trappola con la Rivoluzione industriale è stata soltanto una minuscola isola come l’Inghilterra, nell’Ottocento? E perché conseguentemente si è verificata la grande divergenza? Questo volume propone risposte a tutti e tre questi
interrogativi – risposte che mettono in luce i collegamenti tra loro.
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La spiegazione sia per il timing e che per la natura della Rivoluzione
industriale e, almeno in parte, per la grande divergenza, consiste in
processi che cominciarono migliaia di anni fa, in epoca maltusiana. Il
passato esercita ancora un potente controllo sulle economie odierne.
Il focus di questa trattazione sulle condizioni materiali sarà ritenuto da qualcuno come troppo limitato, troppo accessorio rispetto
agli ampi cambiamenti sociali verificatesi nei millenni. Siamo così sicuri che le ricchezze materiali riflettano soltanto una ridotta frazione
di ciò che rende moderne le società industrializzate?
Al contrario, c’è ampia evidenza che la ricchezza – e la ricchezza
sola – è la determinante cruciale degli stili di vita, sia all’interno di una
singola società che nel confronto tra diverse di esse. La crescita del
reddito influenza il consumo e gli stili di vita con modalità molto prevedibili. La recente scomparsa dell’agricoltore americano, prima, e
dell’operaio manifatturiero, successivamente, erano già scontate quando i redditi cominciarono la loro marcia in salita durante la Rivoluzione industriale. Se fossimo stati più lungimiranti, avremmo potuto
prevedere nel 1800 il nostro mondo di cabine armadio, di toilette separate per lui e lei, di caffè macchiati al caramello, di aceto balsamico,
enoteche, università d’élite4 e piatti da 50 dollari al ristorante.
Ci sono sicuramente molte sorprese che attendono il genere
umano nei prossimi secoli, ma in gran parte il futuro economico non
è una terra aliena o esotica. Già sappiano come vivono i ricchi, e il
loro stile di vita consente di prevedere con elevata precisione come
tutti prima o poi vivremo, se la crescita economica persiste5. Chiunque abbia visitato il British Museum o la Cappella Sistina, ad esempio, ha già avuto un’anticipazione dell’incessante flusso di turisti
pronti a liberarsi sulle varie destinazioni mondiali nel giro di qualche
altro decennio di crescita economica sostenuta6. Anche la domanda
di servizi unici e personalizzati nel turismo e nella ristorazione ormai è soddisfatta su scala industriale.
Così come prevediamo il futuro attraverso le vite dei più ricchi,
allo stesso modo l’élite benestante del mondo preindustriale conduceva vite che anticipavano le nostre. Nel piacere che prova l’americano dei quartieri residenziali (i cosiddetti suburbs) per la prima volta
alla guida del suo SUV riecheggia esattamente quello provato da Samuel Pepys, un ricco funzionario pubblico londinese, al momento
dell’acquisto della sua prima carrozza nel 16687. Una passeggiata attraverso le ricostruzioni delle ville di Pompei ed Ercolano, bloccate
nel tempo al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 a.C., mostra
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delle case nelle quali gli abitanti dei quartieri residenziali americani si
trasferirebbero volentieri:“Prestigiosa abitazione, soffitti elevati, cortile centrale, ampi spazi, finemente decorata da mosaici e giardini
d’acqua. Scenografica vista sul Vesuvio”.
Per questo motivo mi pare assolutamente legittimo concentrarsi
sui redditi. Nel lungo periodo il reddito è uno strumento assai più
potente di ogni ideologia e di ogni religione nell’influenzare l’esistenza degli individui. Nessun Dio ha imposto ai suoi fedeli obblighi
di devozione con più veemenza di quanto abbia mai fatto il reddito,
in quanto quest’ultimo tiene i fili delle nostre vite.
La trappola maltusiana: la vita economica fino al 1800
Il primo terzo del libro si occupa di un semplice modello relativo al
meccanismo economico di tutte le società antecedenti al 1800, e
mostra come questa logica sia coerente con l’evidenza storica. Questo modello richiede soltanto tre ipotesi elementari, può essere illustrato graficamente, e spiega come mai i progressi tecnologici hanno
migliorato le condizioni materiali di vita soltanto dopo l’inizio del
Novecento.
Il fattore cruciale era il tasso di progresso tecnologico. Fintantoché la tecnologia avanzava lentamente, le condizioni materiali non
potevano migliorare permanentemente, anche laddove si verificasse
un vantaggio cumulativamente significativo nella tecnologia. Il tasso
di progresso tecnologico nelle economie maltusiane può essere ottenuto sulla base della crescita della popolazione.Tipicamente, questo
tasso prima del 1800 era ben al di sotto dello 0,5% annuo, circa 1/30
di quello moderno.
In questo modello, l’economia umana negli anni prima del 1800
risulta essere esattamente quella naturale di tutte le specie animali, con
gli stessi tipi di fattori a determinare le condizioni di vita di umani e
animali.Tale modello è chiamato “trappola maltusiana” poiché l’intuizione sui cui si fonda fu formulata dal reverendo Thomas Robert
Malthus, che nel 1798, in Saggio sul principio di popolazione, effettuò i
primi passi per comprendere della logica di questa economia.
Prima del 1800, nell’economia maltusiana, la guida era capovolta: i
vizi erano virtù e viceversa. I flagelli che si accompagnano ai fallimenti degli stati moderni – guerra, violenza, disordini, insufficienza dei raccolti, infrastrutture pubbliche al collasso, cattive condizioni igieniche –
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prima del 1800 erano amiche dell’umanità. Hanno ridotto le pressioni
demografiche e migliorato gli standard di vita materiali. Al contrario,
gli obiettivi di politica economica oggi cari alla Banca mondiale e alle
Nazioni unite – pace, stabilità, ordine, sanità pubblica, trasferimenti agli
indigenti – erano i nemici della prosperità. Generavano la crescita della popolazione, che a sua volta impoveriva le società.
A prima vista, sostenere che prima del 1800 non ci sia stato avanzamento materiale sembra un’affermazione assurda. La Figura 1.2 mostra i cacciatori-raccoglitori Nukak, della foresta pluviale amazzonica,
nudi, con tutto ciò che possiedono. La Figura 1.3, per contrasto, mostra
una famiglia di ceto elevato (i Braddyll), ritratta in tutta la sua eleganza
da Sir Joshua Reynolds nel 1789. Com’è possibile affermare che le
condizioni di vita materiali in media erano le stesse tra le varie società?
La logica del modello maltusiano ricalca tuttavia l’evidenza empirica relativa al mondo preindustriale. Mentre, anche molto prima
della Rivoluzione industriale, le élite conducevano uno stile di vita
opulento, l’individuo medio nel 1800 non viveva in condizioni migliori dei suoi antenati del Paleolitico o del Neolitico.
Il meccanismo maltusiano sviluppato in questo libro rivela anche l’importanza cruciale del controllo delle nascite dettato dalle
Figura 1.2 I Nunak, una società di cacciatori-raccoglitori contemporanea, nella foresta
pluviale colombiana (per gentile concessione di Gustavo Politis).
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Figura 1.3 La famiglia
Braddyll. Sir Joshua
Reynolds, 1789.Wilson
Gale-Braddyll era membro
del parlamento e assistente
particolare (Groom to the
Bedchamber) del Principe di
Galles (per gentile
concessione del Fitzwilliam
Museum, Cambridge,
Inghilterra).
condizioni materiali verificatosi prima del 1800. Tutte le società
preindustriali per le quali si ha documentazione sufficiente da rivelare i livelli di fertilità, mostrano alcuni vincoli alla procreazione,
sebbene i meccanismi varino. Di conseguenza, la maggior parte delle società prima del 1800 viveva ben al di sopra del mero livello di
sussistenza. Per questo c’è stato ampio margine perché gli standard
di vita dell’Africa retrocedessero negli anni successivi alla Rivoluzione industriale.
Anche le condizioni di mortalità contavano, e sotto questo profilo gli europei avevano la fortuna di essere una popolazione sporca
che era ben felice di vivere in condizioni precarie un piano sopra i
propri escrementi, contenuti dai pozzi neri nei seminterrati in città
come Londra. La scarsa igiene, associata a elevati tassi di urbanizzazione e ai correlati problemi sanitari, implicavano che i redditi dovevano essere alti per mantenere costante la popolazione nell’Inghilterra e nei Paesi Bassi del XVIII secolo. I giapponesi, caratterizzati da
un’igiene più sviluppata, potevano mantenere la popolazione costante anche a livelli di comfort materiali ancora più bassi, e conseguen-
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temente erano condannati alla sussistenza in corrispondenza di un
reddito molto più modesto.
Poiché le leggi economiche che governavano le società umane
erano quelle che regolavano tutte le società animali, l’umanità nel
corso dell’età maltusiana era soggetta alla selezione naturale, anche
dopo l’avvento delle società agricole stanziali verificatosi con la “rivoluzione neolitica” dell’8000 a.C., che trasformò i cacciatori in
agricoltori stanziali. La lotta darwiniana che ha dato forma alla natura umana non si è conclusa con la rivoluzione neolitica, ma è proseguita fino quella industriale.
Per l’Inghilterra osserveremo delle prove convincenti circa la diversa sopravvivenza per categorie di individui negli anni 1250-1880.
In particolare, il successo economico si è tradotto con forza in successo riproduttivo. Gli uomini più ricchi, al momento della loro
morte, lasciavano un numero di figli in vita doppio rispetto ai più
poveri. Gli individui più poveri nell’Inghilterra maltusiana avevano
così pochi figli che sopravvivevano, al punto che le loro famiglie si
stavano estinguendo. L’Inghilterra preindustriale era dunque un
mondo di mobilità sociale in discesa. Data la natura statica dell’economia maltusiana, i numerosi figli dei ricchi in media dovevano spostarsi più in giù nella scala sociale per poter lavorare. I figli degli artigiani spesso diventavano operai, i figli dei mercanti piccoli commercianti, i figli dei latifondisti piccoli proprietari terrieri. Gli attributi
che in seguito avrebbero garantito dinamismo economico – pazienza, lavoro duro, ingegnosità, innovazione, istruzione – erano dunque
diffusi biologicamente all’interno della popolazione.
Esattamente come gli individui davano forma all’economia, l’economia del periodo preindustriale formava le persone, di certo culturalmente e forse anche geneticamente8. La rivoluzione neolitica creava società agrarie che erano intensive nell’uso di capitale non meno
di quelle moderne. Per lo meno in Inghilterra, l’emergere di un sistema economico capital intensive così stabile dal punto di vista istituzionale, creò una società che premiava i valori della classe media con il
successo riproduttivo, generazione dopo generazione. Questo processo di selezione era accompagnato da cambiamenti nelle caratteristiche dell’economia preindustriale, dovute largamente all’adozione da
parte della popolazione di preferenze da classe media. I tassi d’interesse scesero, gli omicidi si ridussero, le ore lavorate aumentarono, le tendenze violente si mitigarono e l’alfabetizzazione, sia linguistica che
matematica, si diffuse anche nelle fasce più basse della società.