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ASSOCIAZIONE ITALIANA DI VALUTAZIONE settembre-ottobre 2015, n.14 !! SOMMARIO Mita Marra: “La Rifoma Madia e le novità sul fronte della valutazione delle performance” Vincenzo Lorenzini: “Mentre in Italia si riorganizza l’amministrazione pubblica, come cambia la valutazione della performance?” Erica Melloni: “Cosa manca tra trasparenza e performance?” Lucio Pier Paolo Verre: “La stratificazione della cultura valutativa nella PA italiana dal dopoguerra ad oggi” La Riforma Madia e le novità sul fronte della valutazione delle performance Mita Marra - Presidente dell’Associazione Italiana di Valutazione Dopo più di un anno di interregno, lo schema di decreto seguito alla legge Madia (L. 124/2015), varata lo scorso agosto, assegna ufficialmente al Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) il compito di promuovere e coordinare le attività di valutazione e misurazione delle performance amministrative. Da quando il coordinamento di tali funzioni era stato dal presidente Cantone deliberatamente “rimosso” dalla missione dell’Autorità nazionale per l’anticorruzione (ANAC), gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV) attivi in Italia si erano trovati a operare nella più totale anarchia in seguito al soft power esercitato attraverso le linee guida CiVIT sulla formulazione dei piani e dei sistemi di misurazione della performance. Il ruolo ora codificato del DFP ruota in particolare intorno a tre funzioni chiave per il futuro della valutazione nella PA e per la nostra associazione, vale a dire: 1 1) L’integrazione del ciclo della performance con la programmazione economicofinanziaria e con tutti i controlli interni, adottando sistematici indicatori di rendimento e consolidando le attività di valutazione per settore e/o per dimensione, anche su un arco temporale pluriennale, con maggiore indipendenza. 2) La costituzione di un elenco di valutatori OIV - o aspiranti tali che abbiano i requisiti di competenza, esperienza e integrità da definirsi con un ulteriore decreto del Ministro Madia. 3) La promozione delle attività di valutazione attraverso la diffusione di “linee guida” e buone pratiche, incoraggiando il confronto con le esperienze nazionali e internazionali anche attraverso la costituzione di una rete degli OIV. Rispetto al primo punto, come già sostenuto nell’articolo in corso di pubblicazione sulla rivista Risorse Umane con cui l’AIV ha avviato una collaborazione proprio sul tema valutazione nella PA*, non si può non condividere che il processo di misurazione dei rendimenti organizzativi si debba integrare con l’esame della programmazione economica e con la revisione degli aggregati finanziari come peraltro già gli stessi decreti legislativi 118 del 2011 e 126 del 2014 richiedono ai fini dell’armonizzazione dei sistemi contabili. Diventa, allora, imprescindibile individuare e sfruttare le complementarietà esistenti tra tutti i controlli interni, i sistemi della qualità nonché le valutazioni delle politiche pubbliche, sulla qualità percepita dei servizi pubblici e non ultime forme sperimentali di revisione intelligente della spesa**. In altri termini, occorre integrare strumenti analitico-valutativi differenti ancorché finalizzati allo stesso obiettivo di razionalizzazione della spesa e miglioramento della produttività. A tal fine, risulta del tutto evidente che parcellizzare le attività valutative genera il rischio che queste siano strumentalizzate a fini particolaristici e balcanizzate all’interno di processi amministrativi politicizzati e autoreferenziali. Concretamente, integrare mandati valutativi differenti significa avviare una capillare ricognizione dei conti pubblici e far funzionare il SIOPE, vale a dire il sistema di rilevazione settembre-ottobre 2015, n.14 2 telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di comuni, ASL, enti parco, e Camere di Commercio. La “smart spending”, ad esempio, propone di utilizzare i dati disaggregati sulla spesa locale per operare tagli selettivi e investimenti mirati, potenzialmente più redditivi. Le migliori esperienze di spending review realizzate nel mondo sono, infatti, valutazioni che si basano su dati disaggregati, condotte tempestivamente su scala micro, in singole organizzazioni o sistemi di organizzazioni complesse per rimodulare la programmazione delle politiche pubbliche. Uno sforzo di integrazione è anche richiesto per rendere complementari i sistemi di controllo di gestione e i sistemi di accreditamento e certificazione della qualità. Tali sistemi e strumenti analitici generano informazioni utili alla gestione se disegnati per venire incontro alle esigenze conoscitive del management. Non si può gestire il servizio di trasporto pubblico di un comune di medie dimensioni, ad esempio, se non si conosce quanti utenti sono serviti, così come non si riesce a programmare e a valutare i risultati di un’agenzia di protezione ambientale regionale se non si ottiene il dato accurato sui controlli effettuati sulle imprese rispetto alle procedure accreditate come qualitativamente adeguate in ciascun settore di intervento. In tal senso, occorre sistematicamente interrogarsi sull’utilità dei sistemi di valutazione e misurazione della performance per verificarne la congruità e l’adattabilità rispetto alle mutevoli esigenze dei contesti organizzativi e socioeconomici in continua evoluzione. In circostanze di elevata incertezza politica e economica, e in presenza di una elevata complessità degli interventi da realizzare e dei problemi sociali da risolvere, bisogna essere sempre all'erta per cogliere l’ ‘emergere’ del cambiamento e dotarsi di strumenti flessibili per intercettare gli effetti attesi e inattesi dei programmi e apprendere dall’esperienza. Ma ancora più radicale è lo sforzo di integrare saperi e competenze che sottendono le diverse forme analitico-valutative e i diversi approcci metodologici che vengono ricondotti sotto l’onnicomprensiva formula di “valutazione”. Nell’articolo di Risorse Umane appena menzionato mi soffermo a lungo sull’esigenza di superare artificiali steccati disciplinari e professionali che finiscono per avallare pratiche inefficienti e clientelari ancora troppo diffuse nella PA italiana, nonostante l’imperativo alla trasparenza contro qualsiasi corruttela (v. Melloni in questo numero). Il tema dell’integrazione dei diversi saperi valutativi si collega al secondo punto sopra evidenziato, quello cioè legato alla costituzione di un elenco nazionale di valutatori “accreditati”. Mettere assieme diversi saperi valutativi, infatti, chiama in causa le competenze e le conoscenze dei valutatori, rispetto a cui il coordinamento interno dei soci professionisti di AIV, noto con l’acronimo CESP, si è a lungo impegnato a elaborare criteri e standard. Sulla professionalizzazione della valutazione, il CESP e tutta l’associazione sono tuttora impegnati ad approfondire il dibattito sia sulle dimensioni cognitive sia sugli aspetti esperienziali della professione. Mi preme qui solo puntualizzare che la componente “reputazionale” legata alla professione del valutatore impone di evitare di creare elenchi al solo fine di assegnare un bollino blu. Il banco di prova del valutatore è evidentemente l’esperienza che sovente sfugge a qualsiasi etichetta. Di qui nasce l’esigenza della formazione continua — universitaria e professionale —rispetto a cui AIV ha dato prova di essere, finora in Italia, l’organizzazione non governativa culturalmente più qualificata, senza alcuno scopo di facile e opportunistico guadagno. In ultimo, per ritornare al tema accennato in apertura, vale a dire il coordinamento del DFP per la promozione della valutazione, mi preme qui ribadire l’esigenza di evitare centralistici interventi di omologazione delle attività valutative. Generiche linee guida settembre-ottobre 2015, n.14 deresponsabilizzano i valutatori locali e finiscono per uniformare sistemi e prodotti valutativi malgrado l’eterogeneità dei contesti e dei processi amministrativi. Occorrerebbe, piuttosto, assicurare forme di agile coordinamento reticolare, capaci di calarsi nelle specificità delle unità locali sostenendone l’autonomia e l’indipendenza. In questo numero 14 della Newsletter AIV (settembre-ottobre 2 0 1 5 ) Vi n c e n z o L o re n z i n i (coordinatore del gruppo tematico PA e performance) cura l’analisi puntuale della legge Madia, evidenziandone le novità in particolare in tema di valutazione delle performance. Erica Melloni (direttivo AIV e direttore dell’Area Politiche Amministrative e Istituzionali dell’Istituto di Ricerche Sociali IRS) esamina la relazione problematica tra valutazione e trasparenza in tema di anticorruzione rispetto ai nuovi obblighi che la legge Madia impone alla PA. Lucio Verre chiude questo numero con un’analisi critica dell’evoluzione della cultura valutativa nella pubblica amministrazione dal dopoguerra in poi. Il prossimo numero della newsletter raccoglierà una serie di contributi di valutatori internazionali che si confronteranno nell’ambito della conferenza annuale dell’American Evaluation Association, che si terrà dal 9 al 14 novembre prossimo a Chicago. Invitiamo i lettori ad intervenire con commenti agli articoli e a suggerire approfondimenti ai temi trattati. Per proporre contributi scrivete a: [email protected] Note 3 *Marra, M. (2015), “Più luci che ombre nella valutazione della PA: l’esigenza di integrare saperi e processi”, Risorse Umane, n. 4/5: 37-52. **Allegro, I. e Formato, R. (2014), Smart Spending: Oltre i tagli - Strumenti e metodi per migliorare la Spending Review negli enti locali (e non solo), Mondadori, Milano. Mentre in Italia si riorganizza l’amministrazione pubblica, come cambia la valutazione della performance? Vincenzo Lorenzini - GT Valutazione delle performance nelle Pubbliche Amministrazioni ([email protected]) 1 - Le novità normative in materia di OIV Alla legge delega che la ministra Madia presentò in Parlamento un anno fa come una rivoluzione, con cui si vuole mettere mano alla riorganizzazione della pubblica amministrazione, per vedere la luce c’è voluto un anno. In effetti, il primo passo il governo lo fece con l’emanazione del decreto legge n°90 dell’agosto 2014; esso fu convertito in legge con significative modifiche in materia di valutazione della performance. A tal proposito si ricorderà l’art.19 in cui, al comma 9, le competenze in precedenza attribuite all’ANAC furono trasferite al Dipartimento della funzione Pubblica; al comma 10, invece, il governo s'impegnò ad emanare entro 6 mesi un Regolamento (DPR) con le seguenti norme generali regolatrici della materia: a) semplificazione degli adempimenti a carico delle amministrazioni pubbliche; b) progressiva integrazione del ciclo della performance con la programmazione finanziaria; c) raccordo con il sistema dei controlli interni; d) validazione esterna dei sistemi e risultati; e) conseguente revisione della d i s c i p l i n a d e g l i o rg a n i s m i indipendenti di valutazione. A settembre inoltrato, finalmente, quel Regolamento è stato approvato dal Consiglio dei Ministri ed inviato alle Camere per il prescritto parere; un parere non vincolante per cui il testo presumibilmente non cambierà: per avere effetti dovrà soltanto essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Grazie a questa decisione, il Dipartimento della Funzione pubblica assume il potere di definire un percorso ed un’organizzazione che, in base a criteri validi a livello di tutta la PA, dovrebbe superare lo stallo in materia di nomina degli OIV in cui ci troviamo dopo la chiusura della Commissione CiVIT e la sua trasformazione in Autorità anticorruzione. Non ci sarà più l’obbligo da parte degli enti pubblici centrali di richiedere il parere in vista della nomina, ma si fa la scelta di creare un Elenco nazionale composto da esperti aventi i titoli di professionalità, esperienza ed autorevolezza per svolgere questa delicatissima funzione con la necessaria indipendenza rispetto all’Ente sul quale l’OIV è chiamato a svolgere un pannello di funzioni che spaziano dalla validazione del sistema di misura fino al monitoraggio sulla corretta attuazione della premialità ed alla proposta di valutazione della performance conseguita dall’ente nel suo complesso, dalle strutture organizzative e la valorizzazione dell’apporto dei singoli alla produttività dell’equipe di lavoro i n c u i s o n o e ff e t t i v a m e n t e collocati. Rispetto al passato vengono modificate alcune competenze: le più rilevanti derivano dall’abrogazione di alcune parti del D.lgs 150/09 che riguardano il Sistema di misura, la performance organizzativa ed individuale, l’obbligo di trasmissione dei documenti, il passaggio delle competenze di cui all’ex art.13 (CiVIT/ANAC) al Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (DFP). Oltre le modalità di nomina, per gli OIV sono variate le funzioni relative alla realizzazione delle indagini volte a rilevare il clima organizzativo settembre-ottobre 2015, n.14 4 del personale dipendente. Il cantiere resta aperto perché siamo in attesa delle eventuali modifiche ed integrazioni sul tema previste nell’art.17 della L. 124/2015 (Riforma Madia). Ad oggi, il Dipartimento della FP accentra su di sé un grande potere di gestione del Sistema Nazionale di Valutazione; esso è solo parzialmente mitigato dalla previsione che – a cura della FP stessa – sia possibile autorizzare la strutturazione di alcuni comitati di coordinamento (Settori) che dovrebbero restare sotto la supervisione del livello ministeriale: un approccio, al momento, fortemente “centralizzante”. Da una prima lettura dello schema di DPR, volendone schematizzare i contenuti, si può prefigurare il seguente scenario: 1 - Il Dipartimento promuove e coordina le attività di valutazione e misurazione della performance delle Amministrazioni pubbliche. 2 - Le funzioni attribuite al DFP sono molteplici, e prendono in considerazione una miriade di aspetti operativi che riguardano: a) la tenuta e l’aggiornamento di un Elenco nazionale dei componenti degli OIV; b) la verifica del loro operato e la razionalizzazione del numero, con possibili integrazioni tra amministrazioni contigue e la previsione di gestioni associate delle attività valutative indipendenti (OIV multi amministrazione); c) la definizione degli importi massimi dei compensi, modulati in base alla complessità organizzativa, tenendo conto delle somme complessivamente utilizzate per tali organismi (nell’ordine di oltre 20.000 unità); d) la promozione ed il supporto alla collaborazione tra più OIV appartenenti a Settori omogenei della PA, anche tenendo conto dei “Ruoli unici” di cui alla riforma Madia stessa; e) l’aggiornamento e la formazione dei componenti degli OIV, con l’intervento della Scuola nazionale di amministrazione (SNA), secondo programmi coordinati in base ai Settori omogenei delineati dal Dipartimento; 3 - Sotto l’egida del DFP, inoltre, si fa intendere la possibilità che siano individuati alcuni Settori/ comparti di Enti pubblici omogenei per funzioni e dimensioni (Agenzie Nazionali tipo ANVUR, eventuali aggregati di Piccoli o Grandi Comuni, di Città metropolitane, di Aree vaste, di Enti Regionali, di Aziende Sanitarie, di Aziende Ospedaliere, etc.) nei quali potranno essere creati dei Comitati di coordinamento fra gli stessi OIV, ove fossero istituiti secondo le nuove indicazioni del Dipartimento stesso. 4 - Vi e n e c o s t i t u i t a u n a Commissione Tecnica per la performance, con funzioni consultive per la gestione delle attività amministrative e direttive che faranno capo al Dipartimento. Essa sarà costituita da 5 membri individuati dal Ministro con proprio decreto per 2 anni, prorogabili per altri 2; ad essi non sarà attribuito alcun compenso, ma verrà riconosciuto solo il rimborso spese di viaggio e soggiorno. La Commissione Tecnica di cui sopra terrà i rapporti con le varie amministrazioni articolate nei Settori decentrati, nella logica di impiantare un Sistema Nazionale per la valutazione della pubblica amministrazione. 5 - A Roma, presso il DFP, viene costituita una “Struttura operativa” di supporto alla Commissione tecnica con 25 addetti; questi ultimi sono figure di dipendenti dei ministeri o degli Enti periferici, opportunamente comandati presso il dipartimento FP (5 dirigenti e 20 funzionari) i quali, oltre allo stesso stipendio in essere, avranno diritto ad un salario accessorio parificato a quello dei dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri: è garantito un finanziamento dedicato di 750.000 € per l’anno 2015 e del doppio per il 2016. 6 - Sempre al DFP spetta la promozione delle “Rete Nazionale per la Valutazione delle pubbliche settembre-ottobre 2015, n.14 amministrazioni”, una prospettiva interessante rispetto al Sistema Nazionale della performance evocato nella legge delega, che si presume verrà definita coi i decreti delegati previsti dall’art.17 della “Riforma”. In conclusione, visto che ci troviamo a metà del guado, come Associazione e come GT Valutazione di AIV dobbiamo essere vigili, trovando le strade giuste per incidere sensibilmente sulle scelte del Governo e mettendo a frutto il lavoro preparatorio di questi ultimi anni. Al contempo, dobbiamo aprire la strada alle legittime prospettive d’impiego dei nostri iscritti sia negli OIV che nel Sistema nazionale di misura e valutazione; non solo, dobbiamo essere pronti a dare il nostro contributo d’idee e di competenze pratiche, sia sulla formazione di figure esperte e professionalizzate, titolate ad essere inquadrate nel prossimo Elenco nazionale, sia attraverso l’inserimento di alcuni nostri colleghi “esperti” presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. 2 - I punti più rilevanti della Legge delega n°124/2004 (Riforma Madia) 5 Negli ambienti ministeriali si è sentito dire: non è più necessario far riferimento al Regolamento ex DL 90/2014 in quanto la scelta di creare un Sistema nazionale di valutazione particolarmente strutturato verrà ripresa con forza dalla Riforma Madia, in quanto alcune innovazioni sulla dirigenza pubblica e sul personale dipendente non potranno funzionare senza intervenire ancora su aspetti davvero delicati che riguardano il “ruolo” degli OIV, dato che le loro valutazioni sono strettamente connessi al funzionamento ed alla gestione pratica dei tre ruoli unici. Si tratta di gestire coordinatamente sia la dirigenza statale, che quella regionale che degli enti locali (art. 11) ed ancor più, in ottica di semplificazione, si avrà la possibilità di scrivere alcuni testi unici relativi ad una nuova disciplina del lavoro che riguarderà oltre tre milioni di dipendenti pubblici (art. 17). Procedendo con ordine all’esame della legge delega – la n°124 del 7 Agosto 2015 – la prima considerazione riguarda il numero degli articoli (dove si prescrivono decreti delegati che il Governo è tenuto ad emanare nei prossimi mesi). Si tratta di 23 articoli, ma alcuni di questi hanno valenza molto generale, tanto che alcune norme sono già entrate in vigore; altri articoli - davvero pochi hanno tempi di attuazione entro 90 giorni; alcuni decreti dovranno uscire entro 6 mesi, ma la maggior parte hanno tempo fino a 12 mesi per vedere la luce. Il decreto legislativo che richiede una più lunga gestazione, a quanto risulta, è quello di cui all’art. 11, che interviene sulla nuova regolazione della dirigenza pubblica, sì che alcuni aspetti avranno 18 mesi per essere definitivamente normati. Ad un’attenta analisi del testo, il fulcro innovatore della “Riforma Madia” lo troviamo in 3 articoli: il n° 8 di riorganizzazione dell’amministrazione dello stato; il n° 11 relativo alla dirigenza; il n °17 (riordino della disciplina del lavoro dipendente). Qui si trovano le nicchie legislative più delicate riguardanti la valutazione delle performance. Altri richiami si trovano in articoli che trattano materie apparentemente lontane dal tema della valutazione, ma sono rari e poco significativi. Nel primo articolo, per esempio, si evoca la necessità di prevedere la digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance per permettere un coordinamento a livello nazionale. PUBBLICA AMMINISTRATO A proposito di semplificazione dei procedimenti amministrativi, nell’art. 5 si concedono sei mesi per l’uscita di un apposito regolamento - entro il 28 Febbraio 2016 con un DPR - tramite il quale si taglieranno del 50% i tempi della burocrazia per intervenire in caso di rilevanti insediamenti produttivi, opere pubbliche e attività imprenditoriali. Con tale strumento, con il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, si individuano i procedimenti amministrativi che sono da semplificare e accelerare, al fine di sostenere la crescita economica riducendo i tempi degli stessi procedimenti. All’art. 7, preso atto che viviamo in un sistema imbrigliato in mille rivoli burocratici, si insiste sulla necessità d’investire sulla trasparenza, attraverso la quale si abbassano i costi, si migliora la qualità dei servizi pubblici, si svolge un giusto controllo sociale che agisce da deterrente per combattere i numerosi fenomeni corruttivi che affliggono il nostro Paese. Sono quindi previste delle correzioni al decreto n. 33 del 2013, con una definizione più aggiornata degli obblighi in materia di trasparenza delle amministrazioni pubbliche e l’inserimento nei siti Internet delle informazioni sugli appalti pubblici, sui tempi medi di attesa, sulla tempestività dei pagamenti nei confronti delle imprese creditrici e sui risultati della valutazione. Si chiede di pubblicare i contenuti dettagliati del Piano nazionale anticorruzione e dei piani per la prevenzione della corruzione adottati da ciascun ente; è previsto l’utilizzo delle banche dati per rendere trasparente l’azione delle pubbliche amministrazioni, dando la possibilità ai cittadini di accedere liberamente ai dati e alle informazioni degli enti pubblici e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela della privacy; sono previste sanzioni per le amministrazioni che non consentono un pieno accesso alle informazioni e l’istituzione di una white list, ovvero di elenchi di imprese non a rischio mafia per la partecipazione agli appalti pubblici. Diverse lettere di questo settimo articolo richiamano la questione della trasparenza che, come sappiamo, resta di competenza dell’ANAC, ma è strettamente correlata e coordinata con il tema settembre-ottobre 2015, n.14 6 della misurazione e valutazione della performance e con le funzioni da assumere dagli O rg a n i s m i i n d i p e n d e n t i d i valutazione (OIV); si prevede di rendere pubbliche le determinazioni di tale organismo di cui si evoca l’attribuzione di una precipua funzione nell’ambito di una rete sistemica articolata in appositi settori omogenei della PA; si individueranno pure i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza. A tal proposito molti esperti presenti negli OIV, almeno quelli più impegnati, hanno manifestato l’esigenza di acquisire dei poteri sanzionatori, da usare con parsimonia, ma considerati utili per riuscire ad affermare una loro autorevolezza istituzionale. Con l’art. 8 si introduce una funzione innovativa: l’analisi, definizione e valutazione delle politiche pubbliche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In aggiunta, con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi, sono da definire i criteri per la ricognizione dettagliata ed esaustiva di tutte le funzioni e competenze attribuite alle amministrazioni pubbliche, statali e locali. Con l’art. 11 che tratta della Dirigenza pubblica, invece, si punta a creare un mercato del lavoro della dirigenza di ruolo, valorizzando un sistema di rilevazione e valutazione delle loro competenze e capacità. Si assegneranno gli incarichi sulla base di interpelli che tengano conto del tipo di ente in cui essere nominati, anche sulla base delle valutazioni ottenute dai dirigenti negli incarichi precedenti. Istituiti i tre ruoli unici coordinati per i dirigenti dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, si unificano tutti gli aspetti di gestione di queste figure di dirigenti/manager; si interviene sulla periodicità dei concorsi e, in casi specifici, di corsi-concorso per il reclutamento dei dirigenti; a tal fine si ridefinisce il ruolo della Scuola Nazionale dell’Amministrazione fortemente potenziata con l’apporto di istituzioni prestigiose nazionali ed internazionali. La novità essenziale riguarda la durata limitata degli incarichi e la mobilità tra i ruoli: il dirigente assume la funzione per quattro anni, rinnovabili per altri due anni senza procedura selettiva per una sola volta, purché il dirigente abbia ottenuto una valutazione positiva; si aggiunge una prospettiva decisamente innovativa, ovvero la decadenza dal ruolo unico del dirigente che abbia ottenuto una valutazione negativa; a ciò si aggiunge la possibilità, in caso di perdita d’incarico, di collocarlo in qualità di funzionario fino ad un’eventuale nuovo superamento di un concorso pubblico. Si parla chiaramente di una sistematica valorizzazione dei risultati ai fini della carriera; gli incarichi della dirigenza sanitaria vedranno applicata una nuova disciplina per il conferimento a tempo, fondato sulla trasparenza delle procedure e la valutazione dei profili da impiegare nell’ente stesso. Come si vede, questo è un articolo base, che va ad impattare incisivamente sull’attuale stato giuridico del personale dirigente e, di conseguenza, produrrà effetti di stimolo sulla produttività e sulla qualità del lavoro di tutto il personale dipendente pubblico; anche qui si richiamano i concetti della necessità di attivare un idoneo sistema di misurazione e valutazione della performance. Ancora una volta, attraverso il successivo articolo 16, si prevede una sistematica rivisitazione delle procedure e dei criteri comuni per l’esercizio di deleghe legislative di semplificazione da recepire in testi unici organici di facile applicazione con cui si mira a migliorare e semplificare la qualità della legislazione sul lavoro pubblico, anche per quanto attiene le società partecipate dalle PA ed i servizi pubblici locali. Nell’art. 17, quello con cui si provvede al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, sono previsti 18 mesi di tempo per l’emanazione di un settembre-ottobre 2015, n.14 7 apposito decreto – atteso perciò entro il 28 febbraio 2017 – che introduce le innovazioni necessarie per rendere più efficiente l’organizzazione del lavoro pubblico e per valorizzare chi fa bene. Questo è l’articolo col quale si stabilisce il riordino del Sistema nazionale di valutazione (modifiche al 150/09 del ministro Brunetta) con rafforzamento del principio di separazione tra l’amministrazione cui compete l’indirizzo politico e l’autonomia dei dirigenti nell’attività gestionale. Qui merita una segnalazione il testo in cui si evoca l’introduzione di un sistema informativo nazionale, finalizzato alla formulazione di indirizzi generali e parametri di riferimento in grado di orientare la programmazione delle assunzioni anche in relazione agli interventi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, con il rafforzamento della funzione di coordinamento e di controllo da parte del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in relazione alle assunzioni del personale appartenente alle categorie protette. In questo stesso articolo si modificano le attribuzioni dell'ARAN; si deve notare che stanno per essere attribuite a questa istituzione - da sempre competente sulla contrattazione dei comparti pubblici - importanti nuove funzioni di supporto tecnico allo sviluppo di questa riforma epocale, tra le quali spicca l'attuazione del sistema informativo nazionale, e la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici, compreso il controllo sull'utilizzo delle prerogative sindacali. Un passo da chiarire a fondo riguarda la possibile attribuzione all’ARAN di funzioni di supporto tecnico alle amministrazioni rappresentate nello svolgimento delle funzioni di misurazione e valutazione della performance e nelle materie inerenti alla gestione del personale. In un passaggio del testo di questo articolo, infine, si evoca la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo loro, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione, la possibilità di conservare il valore della pensione, ed al contempo favorire l'assunzione anticipata di nuovo personale. Si potrebbe perviene, così, al progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni; in sostanza gli enti sono vincolati esclusivamente ai limiti spesa già fissati e finanziati, anche al fine di facilitare i processi di mobilità tra gli enti. In questo articolo si ribadisce l’esigenza della semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici già trattata nel D.L. 90, all’art.19 comma 9 e 10, per quanto riguarda il riconoscimento del merito e della premialità. Infatti si formulano indirizzi per la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore valutazione delle politiche. Si chiarisce l’indicazione agli Enti pubblici di sviluppare sistemi distinti per la misurazione dei risultati raggiunti dall'organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti. In tal modo si prevede il potenziamento dei processi di valutazione indipendente del livello di efficienza e qualità dei servizi e delle attività delle amministrazioni pubbliche e degli impatti da queste prodotti, anche mediante il ricorso a standard di riferimento e confronto. Si fa riferimento, infatti, alla riduzione degli adempimenti in materia di programmazione anche attraverso una maggiore integrazione con il ciclo di bilancio; si ritorna a trattare del coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni; si prevedono forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione. Qui viene ribadito quanto era contenuto nel comma 10 dell’art.19 del D.L. 90/14, ma qui si prevede uno strumento giuridicamente ben più potente: un decreto legislativo, non un regolamento recepito con un semplice DPR. Val la pena effettuare una precisazione rilevante: le deleghe di cui alla dirigenza pubblica possono essere esercitate congiuntamente mediante l'adozione di uno o più decreti legislativi. Per ultimo, si fa un richiamo fondamentale che riguarda il ricorso alle prestazioni del personale già in quiescenza: gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui alla riforma sono consentiti a titolo gratuito se riferiti ad incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità e la durata che non può essere superiore a un anno, non prorogabile; si precisa che il divieto riguarda le amministrazioni comunque inserite nel conto economico consolidato della PA individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché le autorità indipendenti, inclusa la Consob. La fattispecie riguarda solo l’incompatibilità degli incarichi di studio e di consulenza attribuiti a soggetti collocati in quiescenza, già appartenenti ai ruoli delle stesse amministrazioni, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza che s’intende attribuire. Gli ultimi articoli della riforma, dal n°18 al n°23, non prendono più in esame il tema della valutazione della performance; trattano argomenti di rilievo generale ed uno dei più importanti - l’art. 18 - riguarda il riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni finalizzato alla drastica riduzione del loro numero ed ancora una volta alla semplificazione settembre-ottobre 2015, n.14 8 normativa. Si prevede la distinzione tra i diversi tipi di società pubbliche in relazione alla loro attività e agli interessi che perseguono; si impone della razionalizzazione e riduzione del sistema delle partecipate con limiti alla loro costituzione e precisi criteri per il loro mantenimento e funzionamento (economicità, efficienza); si prevedono sanzioni per la mancata attuazione della razionalizzazione e la più precisa definizione del regime di responsabilità degli amministratori, con il rafforzamento dei criteri pubblicistici nella gestione delle società (tetto alle retribuzioni, trasparenza); si prevede inoltre la definizione dei compensi degli amministratori legati ai risultati di gestione, compresi dei piani di rientro e l’eventuale commissariamento per le società in perdita. All’art. 19 i servizi pubblici locali d’interesse economico generale vengono diversamente disciplinati per dare un impulso riformatore in un settore che in precedenza aveva mostrato larghi segni di inadeguatezza; al successivo articolo si rivede il tipo di responsabilità e le procedure processuali con cui si imputano da parte della Corte dei Conti precise responsabilità al decisore politico ed anche ai dirigenti. Con l’art. 21 si modificano ed abrogano le disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi per conseguire una netta semplificazione legislativa delle norme entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011 e fino alla riforma Madia: la proposta di abrogazione o modifica di disposizioni sarà adottata a cura del Presidente del Consiglio dei ministri, con il concerto del Ministro delegato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con uno o più decreti legislativi. All’art. 22 è inserita la clausola di salvaguardia con cui si precisa come verranno applicate le norme della riorganizzazione prevista dalla legge, facendo salva l’autonomia delle Regioni e Province autonome, mentre all’art. 23 si ribadisce l’assoluta indifferenza finanziaria a crescere, mentre resta libero l’effetto della “spending review” insita in larghe parti della presente riforma. 3 La posizione dell’Associazione e del GT Valutazione Nel nostro consesso associativo sono numerosi i soci che verranno toccati direttamente o indirettamente dalla “riforma Madia”; tutti coloro che a vario titolo si occupano di valutazione della performance nella PA, sono interessati alle innovazioni annunciate, sia che operino in veste di dipendenti pubblici, oppure come consulenti o docenti presso le amministrazioni. Un discreto numero, come noto, sono impegnati all’interno degli OIV, gli organismi indipendenti istituiti in base all’art. 14 del D.lgs 150/09 (Riforma Brunetta). Ci piace ricordare che negli ultimi due Congressi AIV, tenutisi a Napoli e Genova, si sono svolte apposite sessioni di studio in cui sono stati trattati vari aspetti della “Riforma Madia” ed abbiamo discusso approfonditamente sia dello stato dell’arte che delle tecniche di misura e valutazione della performance; ne abbiamo parlato sia nel Convegno Nazionale organizzato a Pescara il 7/8 novembre 2014, che nel Convegno romano organizzato nella sala concessa dal Senato per discutere del ruolo della “valutazione delle politiche pubbliche” inserito come innovazione nell’ambito della riforma costituzionale. Il tema della Valutazione della performance è stato affrontato a fondo nei Corsi residenziali organizzati dal GT valutazione, due a Montevarchi ed uno a Genova. Nella giornata conclusiva del Congresso di Genova ne abbiamo discusso direttamente con alcuni esponenti politici impegnati sulla “riforma”, insieme a direttori della macchina parlamentare impegnati nell’approvazione sia della legge delega sulla riorganizzazione della PA , c h e d e l l a r i f o r m a costituzionale del Senato. settembre-ottobre 2015, n.14 Ora si apre un periodo decisivo, durante il quale gli “esperti” del governo redigeranno i testi di circa 15 decreti delegati previsti nella Legge n°124/2015; sarà un nostro preciso impegno, operando come GT Valutazione nella PA, di tenerci reciprocamente aggiornati sui vari passaggi istituzionali, formulando ipotesi o avanzando proposte nell’intento di farsi ascoltare dai tecnici del Ministero della FP, al fine di consentire al nostro Paese di spingere sul massimo sviluppo della cultura valutativa e sull’ascolto delle nostre posizioni. Se ci saranno spazi, potremo impegnarci ad esporre le metodologie applicate dai nostri soci e, quindi, a farle conoscere come possibili buone pratiche da applicare nei diversi settori in cui si andrà ad articolare la pubblica amministrazione. Cosa manca tra trasparenza e performance? Erica Melloni - IRS ([email protected]) 9 Il decreto legislativo 150/2009, meglio noto come “Riforma Brunetta”, è stato a lungo discusso per il messaggio fortemente sanzionatorio assegnato alla valutazione del personale delle pubbliche amministrazioni (i ben noti fannulloni). Se questo tema si è rapidamente annacquato fino praticamente a uscire dal dibattito, altri due assi portanti della riforma sono stati più duraturi: il primo è il richiamo al ciclo della performance, con l’introduzione dei piani e delle relazioni di performance annuali “a scorrimento triennale”. Il secondo è l’introduzione di obblighi specifici in tema di trasparenza, che ogni amministrazione deve richiamare nel Piano triennale della trasparenza e dell’integrità e tramite la pubblicazione di tutta una serie di informazioni nella p a g i n a d e l l a “ Tr a s p a r e n z a , valutazione e merito”, quest’ultima obbligatoriamente presente nei siti web di tutti gli enti pubblici e organizzata seguendo una determinata struttura. In attuazione del decreto 150, sono tornati sulla materia, con specificazioni ed ulteriori obblighi, le delibere CiVIT 105/2010 “Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”; 2/2012 “Linee guida per il miglioramento della predisposizione e dell’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”; 50/2013 “Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016”; quindi, il decreto legislativo 33/2014 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”; infine, la delibera ANAC n. 144/2014: “Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”. E’ stato poi attivato da ANAC in collaborazione con il CNR il P o r t a l e d e l l a Tr a s p a r e n z a , destinato a contenere le principali informazioni sulla performance e sulle attività in materia di trasparenza e anticorruzione delle singole amministrazioni. Se da una parte queste disposizioni hanno tracciato la strada per una maggiore e più sistematica politica della trasparenza delle amministrazioni pubbliche italiane, va anche rilevato che questi obblighi, non sempre coerenti e con diversi problemi di duplicazione, producono anche significativi oneri aggiuntivi per la PA, e in diversi casi si traducono in applicazioni meramente adempimentali, con siti web formalmente corretti ma insignificanti dal punto di vista dei contenuti; inoltre, un rapido sguardo al Portale della Tr a s p a r e n z a ( c h e i n c l u d e Ministeri, Enti pubblici, Università) mostra un deciso sbilanciamento dei dati pubblicati sul fronte della pianificazione piuttosto che sui risultati delle attività, e comunque una netta preferenza per documenti e relazioni, piuttosto che per tabelle e numeri. A ciò si aggiunga che molte delle relazioni sono ancora nei vecchi formati pdf non navigabili. Insomma, la strada per la trasparenza come strumento per rendere più comprensibile cosa fa la pubblica amministrazione e quali risultati produce, è iniziata ma è ancora lunga da percorrere*. Proprio il tema della trasparenza è stato nuovamente toccato dalla riforma della PA approvata ad agosto scorso (Legge 124 del 7 agosto 2015). La legge 124, all’art. 7, segnala l’esigenza di apportare alcuni correttivi al decreto 33/2013. La legge richiama inoltre l’importanza degli open data e della trasparenza della PA come migliore politica contro la corruzione, e delega il governo ad adottare uno o più decreti legislativi per razionalizzare, semplificare ed integrare gli obblighi in materia di anticorruzione e trasparenza. La legge 124/2015 dispone inoltre l’obbligo per la PA di pubblicare alcuni indicatori di particolare rilievo, e cioè: • le fasi dei procedimenti di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici; • il tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale; • il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici, aggiornati periodicamente; • le determinazioni dell'organismo di valutazione. Per quanto preliminari e tutte ancora da sviluppare, sembrano corrette le indicazioni della nuova riforma che prefigurano da una parte la semplificazione della molteplicità di obblighi di pubblicazione introdotti negli ultimi anni, e dall’altra la previsione di alcuni indicatorichiave da pubblicare obbligatoriamente (anche se la settembre-ottobre 2015, n.14 10 (anche se la lista sembra francamente un po’ troppo stringata rispetto alle esigenze). Ma perché tanta attenzione al tema della trasparenza, e cosa lega questo tema a quello più generale del miglioramento della performance della pubblica amministrazione? Innanzitutto va ricordato questo tema è ampiamente presente nell’attuale dibattito internazionale sull’open government. Vari sono gli esiti attesi dall’apertura di dati pubblici (Ubaldi 2013), tra cui promuovere l’accountability delle amministrazioni, sostenere il maggior coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e nelle modalità di erogazione dei servizi, promuovere l’innovazione, favorire la crescita economica (ad esempio, tramite la commercializzazione di prodotti basati sull’elaborazione di dati pubblici; una survey condotta dalla Commissione Europea nel 2006 stimava tra i 10 e i 48 miliardi di euro il valore complessivo del mercato collegato all’informazione del settore pubblico). Facendo un confronto con il dibattito e le esperienze internazionali, è possibile notare che in Italia è stato promosso un particolare tipo di trasparenza incentrato sul fronte del dirittodovere all’informazione, ma soprattutto sull’obiettivo di incrementare il controllo diffuso sulla pubblica amministrazione. Questo tema è stato chiaramente esposto dal decreto legislativo 150/2009, che all’art. 11 comma 1 dichiarava che: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale (…) allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità”. Secondo uno dei maggiori ispiratori della riforma del 2009, Pietro Ichino, di fronte ad una PA autoreferenziale era necessario “ re n d e re i m m e d i a t a m e n t e accessibili in rete tutti i dati inerenti al funzionamento delle amministrazioni e agli obiettivi assegnati a ciascun dirigente; far sentire il più possibile ai politici e ai dirigenti delle strutture pubbliche il fiato dell’opinione pubblica sul collo e vigilare contro l’ingerenza indebita dei politici nella gestione, offrendo una sponda solida ai dirigenti più corretti e professionalmente dotati che vi si oppongono”**. Questa impostazione è stata ancora ripresa dalla nuova riforma del 2015, che sottolinea esplicitamente il rapporto tra open government e lotta alla corruzione. Insomma, trasparenza come controllo diffuso contro l’illegalità, prima di tutto, e poi come stimolo a migliorare i risultati dell’azione pubblica. L’ipotesi causa-effetto richiama il meccanismo di “naming and shaming” identificato da Pawson e Tilley (1997): secondo questo schema di azione, si cerca di trasformare un comportamento deviante o caratterizzato da bassa performance tramite un percorso che prima identifica il soggetto deviante, poi rende pubblico il suo operato, quindi lo sanziona (ad esempio tramite critiche, censure, reprimende…), in attesa della risposta che dovrebbe prevedere il tentativo del soggetto deviante di rientrare nei ranghi. E’ venuto il momento di discutere in che misura queste ipotesi hanno retto alla prova dei fatti e se sono possibili e praticabili nuovi percorsi di trasparenza più chiaramente incentrati sul miglioramento della performance. In che misura le PA sono state oggetto di attenzione per la mancata pubblicazione di dati e quante di esse si sono attrezzate per agire meglio? In quali termini la trasparenza si è tradotta nel miglioramento dei dati di performance degli Enti? E cosa si può fare per il miglioramento della policy, in termini sia di efficacia, sia di efficienza? In attesa che si proceda ad una seria valutazione di questa policy (magari per meglio definire i contenuti dei decreti legislativi previsti dalla nuova riforma), vale la pena sollecitare alcuni elementi per la discussione. In primo luogo, e come considerazione generale, non si può non osservare come la politica nazionale per la trasparenza ponga l’attenzione esattamente sul polo opposto rispetto a quanto avviene a livello internazionale. In questo dibattito, il meccanismo che settembre-ottobre 2015, n.14 11 giustifica l’investimento per la trasparenza della PA si basa sull’assunto che essere trasparenti significhi essere più credibili; in altre parole, la trasparenza è una ‘proprietà’ della reputazione degli enti pubblici (e per la verità anche di quelli privati, con particolare riguardo ai “donors”) e quindi un elemento su cui le amministrazioni sono chiamate ad entrare in competizione virtuosa. Se intendiamo costruire una nuova pubblica amministrazione capace di innovarsi ed avere un migliore dialogo con i cittadini, probabilmente dovremo concentrarci più sulle eccellenze che sui ritardatari, più sulla costruzione di credibilità e su sistemi di trasparenza efficaci, che sul controllo di potenziali (e certo esistenti) devianze attraverso la produzione di documenti e attestazioni. In secondo luogo, l’incentivo della trasparenza non può vivere e prolificare se si basa solo su aspetti formali (ad esempio su Piani e Relazioni di performance, che interessano pochi addetti ai lavori e comunque riguardano aspetti di processo più che di risultato), ma bisogna spostare l’attenzione su aspetti sostanziali dell’azione pubblica. Uno dei più potenti meccanismi di competizione fra enti è quello del benchmarking, che può favorire valutazioni e scelte autonome da parte di cittadini ed utenti. Quando sono resi disponibili informazioni coerenti e comparabili tra le performance di enti omogenei (ad esempio, gli ospedali, le università, ecc), i cittadini possono compiere scelte informate, ed in genere lo fanno; i ricercatori ed i valutatori possono elaborare analisi e comparazioni; ecc.. Promuovere la raccolta e pubblicazione di alcuni, pochi dati di performance comparabili per le varie categorie di enti, magari cominciando da alcuni settori strategici, dovrebbe essere un punto nell’agenda della PA dei prossimi anni (si veda a questo proposito il progetto Hospital Compare*** americano, dove i cittadini possono comparare la performance di tutti gli ospedali sulla base di una serie di indicatori chiave, incluse le valutazioni di qualità fornite dai cittadini stessi). In terzo luogo, come ha sottolineato Ubaldi (2013), trasparenza e open government aprono nuove prospettive nel modo di lavorare della PA con gli utenti, e richiedono anche una nuova generazione di funzionari, capaci di interagire diversamente con le tecnologie, saper trattare e presentare i dati, interagire con i cittadini, ad esempio con le diverse forme di feedback che da questi arriveranno sempre più in futuro alla PA tramite i social network (a scapito dei vecchi questionari di valutazione, ad esempio). Si tratta di competenze nuove che richiedono quadri logici, tecniche e formazione specifica, indispensabili a creare la pubblica amministrazione del futuro. Riferimenti bibliografici Pawson, R. e Tilley, N. (1997), Realistic Evaluation, Sage, London. Ubaldi B. (2013), “Open Government Data: Towards Empirical Analysis of Open Government Data Initiatives”, OECD Working Papers on Public Governance, no. 22, OECD Publishing. Note *http:// consultazionebanchedati.portaletra sparenza.it/ **http://www.pietroichino.it/? p=27191 ***https://www.medicare.gov/ hospitalcompare/search.html La stratificazione della cultura valutativa nella PA italiana dal dopoguerra ad oggi Lucio Pier Paolo Verre - Comune di Tempio Pausania ([email protected]) Oggi la valutazione in Italia sta assumendo una importanza crescente nel settore pubblico. La scuola, l’università, i ministeri, gli enti locali, i finanziamenti europei, le politiche sono soggetti/oggetti di valutazione. Nonostante la relativa diffusione di norme e direttive al riguardo, non sono in molti a capire veramente di cosa si stia parlando. Quale la ragione? Perché non esiste una cultura valutativa, nel senso attuale del termine, diffusa e condivisa? Ritengo che una risposta possa essere proposta basandosi sull’evoluzione della cultura burocratica italiana. Infatti una valutazione delle organizzazioni pubbliche e delle persone che ci lavorano è sempre stata fatta, ma su presupposti diversi da quelli odierni. Il funzionamento della pubblica amministrazione italiana è stato interpretato attraverso l’utilizzo di un modello ottocentesco che si rifaceva alla cultura positivista. L’organizzazione complessa era vista come un insieme di componenti semplici che svolgono azioni elementari definibili con regole determinate in ogni dettaglio. Se ogni “rotellina” del meccanismo svolge la propria funzione correttamente, tutta la macchina è efficiente e svolge il compito per il quale è stata creata. Chi ha saputo governare meglio il modello organicista ottocentesco è stata la cultura burocraticogiuridica che ha interpretato la pubblica amministrazione come un insieme di “organi” che svolgono specifiche “funzioni”. Gli organi e le funzioni sono governati da regole precise e ben definite, le leggi, che permettono di attuare i due principi cardine del funzionamento democratico della PA previsti dalla Costituzione italiana*: l’imparzialità e il buon andamento (efficienza e efficacia) della pubblica amministrazione. Quindi la valutazione sul corretto f u n z i o n a m e n t o d e l l a PA è consistita, per anni, essenzialmente sul controllare che ogni organo svolgesse le funzioni assegnate secondo quanto previsto dalle norme. In definitiva era un controllo sugli atti adottati dalla pubblica amministrazione in settembre-ottobre 2015, n.14 12 quanto essa agiva solo per provvedimenti pubblici. Ogni azione della PA era scomposta, e lo è tuttora, in azioni facenti parte di un procedimento amministrativo predefinito dalla legge e la cui conclusione consiste nell’adozione di un provvedimento. La modalità di funzionamento della PA sancisce il principio che la forma è la sostanza dell’agire amministrativo. Sono gli anni della proliferazione dei controlli preventivi sugli atti da parte di svariati organismi pubblici istituiti tramite norme (Co.Re.Co., Corte d e i C o n t i , TA R , e c c . ) . L a valutazione positiva sulla i m p a r z i a l i t à , e ff i c i e n z a e d efficacia della pubblica amministrazione consisteva esclusivamente sulla regolarità degli atti adottati poiché, da tale regolarità, non poteva che discendere il buon andamento dell’azione pubblica. In tale contesto la cultura giuridica si afferma sempre più come la cultura necessaria e sufficiente al corretto funzionamento della PA. La cultura giuridica, e gli uomini che ne detengono i saperi, è la cultura dominante nella gestione del potere pubblico in Italia. Ma mentre tale potere afferma il suo dominio, la società italiana attraversa un forte cambiamento tecnologico e sociale derivato dalla diffusione dell’informatica, della telematica e delle nuove tecnologie. Le comunicazioni e le azioni sociali avvengono in tempi sempre più rapidi e necessitano di risposte pubbliche altrettanto sollecite. Il legislatore si rende conto, sotto la pressione sociale, che la PA è intrinsecamente insufficiente a dare risposte adeguate, perché l’adeguamento ai bisogni sociali necessità di continui adattamenti che si possono attuare solo con modifiche normative; la lentezza a fornire le risposte alle necessità operative diventa il principale elemento del distacco tra la pubblica amministrazione e i cittadini e le imprese. Intorno ai primi anni ’90 una nuova cultura, di matrice economicista e efficientista, si affaccia alla gestione del potere amministrativo. Viene introdotto il controllo di gestione nelle pubbliche amministrazione come sistema di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione**. Si introduce la misurazione di variabili come indicatori di efficienza e efficacia e il controllo economico, e non più solo finanziario, sul funzionamento delle organizzazioni pubbliche. I modelli di riferimento si basano sulla “scelta razionale” come principio guida dell’azione. Nonostante tale sviluppo culturale e operativo, la cultura di tipo economico stenta a raggiungere il potere detenuto da quella giuridica. In alcuni casi diverge e si scontra con i tecnicismi giuridici, ma rimane subalterna alla formulazione e approvazione delle norme regolatrici. Così si assiste ad un atteggiamento “bipolare”, nel senso psicologico del termine, e in alcuni casi schizofrenico del sistema giuridico italiano. Da una parte si vogliono premiare i comportamenti efficienti dei funzionari e dei dirigenti e dall’altra si puniscono severamente le difformità in base ai controlli formali sugli atti e sui procedimenti. I cittadini e le imprese, in questa situazione, sono ormai totalmente insofferenti verso una pubblica amministrazione diventata autoreferenziale e tanto inefficiente da mettere a rischio il funzionamento del tessuto economico e sociale del paese. Da questo fallimento riformista, alla fine degli anni 2000, compare la terza cultura: quella di matrice sociologica e psico-sociale che prevede l’adozione di modelli partecipativi nella governace dei territori e di trasparenza nei comportamenti delle PA***. Nasce il D. Lgs. 150/2009 che prevede la valutazione delle performance complessive delle amministrazioni pubbliche e individuali delle persone che vi lavorano. La confusione che l’introduzione di un ulteriore modello culturale e comportamentale ha generato, è stata enorme perché tale modello non è stato preceduto da un adeguato piano nazionale di formazione e riconversione del personale esistente o dalla acquisizione di personale già formato. Altrettanto forte è l’incompatibilità generata da modelli organizzativi non adeguatamente integrati nelle regole applicative. Non è pensabile che un dipendente pubblico mantenga contemporaneamente una adesione procedurale alle direttive, una assunzione di responsabilità per scegliere i comportamenti più efficienti e una discrezionalità per il raggiungimenti dell’efficacia voluta da cittadini e imprese in un sistema punitivo di norme che indicano il contemporaneo perseguimento di strade differenti e contrapposte. Nel tentativo di dare finalmente un impulso riformatore definitivo, vengono emanate altre norme, ancora in corso di definizione perché rinviano a decreti governativi, non ancora emanati. La complessità operativa, tra la redazione del Documento unico di Programmazione (DUP), dove la definizione strategica diviene vincolante per l’attuazione delle politiche nell’arco del mandato elettorale, e la redazione del bilancio di previsione e approvazione (attribuzione gestionale delle risorse e degli obiettivi e loro valutazione nei risultati raggiunti) del Piano esecutivo di gestione (PEG) e del Piano delle performance, sta diventando veramente onerosa in termini di efficienza della PA. Se a questi adempimenti si aggiungono quelli relativi alla trasparenza, all’anticorruzione e alla alimentazione dei dati sulle piattaforme nazionali, il rischio è quello di fermare il sistema. Per armonizzare i tre pilastri culturali presenti, a mio parere tutti estremamente utili al corretto funzionamento delle PA, sarebbe necessario un approccio pedagogico che potrei riassumere in una metafora: se vogliamo che i settembre-ottobre 2015, n.14 13 nostri figli crescano autonomi, indipendenti e in grado di agire nel rispetto dei valori di onestà, libertà, rispetto degli altri, indispensabili al vivere civile, non possiamo pretendere di imporgli comportamenti corretti solo con la forza di regole che puntualizzano ogni dettaglio dell’agire corretto o con la chimera di vantaggi individuali su base competitiva, ma piuttosto con la responsabilizzazione e la costruzione del senso del dovere e della collaborazione in vista del raggiungimento di fini comuni. Questo risultato è raggiungibile, a mio parere, solo con il buon esempio e la libertà di scelta in un contesto di regole generali chiare e non derogabili. Forse è necessario recuperare il valore della discrezionalità non come esercizio di arbitrio, ma come espressione di saggezza di cui la valutazione è la componente tecnica. In ultimo i sistemi di controllo dovrebbero concentrarsi sulla valutazione dei risultati e non dei processi. I presupposti sono che tale valutazione sia veramente indipendente dall’ente sulla quale si effettua (l’indipendenza deve essere necessariamente sia economica che di pensiero) e venga svolta da persone che siano specificatamente formate in valutazione. Le norme sulla valutazione, affinché siano efficaci nell’applicazione, dovrebbero essere “sostenibili”, cioè non dovrebbero prevedere solo quale modello utilizzare (il sistema), ma dovrebbero considerare il contesto nel quale sono calate; nel caso specifico dovrebbero contemplare anche la previsione del sistema di formazione e certificazione dei valutatori. Note *Cfr. Legge costituzionale; Legge 10 febbraio 1953, n. 62 (c.d. Legge Scelba) **Cfr. Legge 8 giugno 1990, n. 142; Legge 15 maggio 1997, n. 127; D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ***Cfr. D. Lgs 27 ottobre 2009, n. 150; D. Lgs 23 giugno 2011, n. 118; D. Lgs 10 agosto 2014, n. 126; Legge 7 agosto 2015, n. 124 Per associarsi ad AIV, le quote d’iscrizione sono: -100,00 euro, soci ordinari -50,00 euro, soci giovani, a norma di Statuto e Regolamento sotto i 30 anni di età e i dottorandi (senza limiti di età), iscritti ai Master patrocinati AIV. -150,00 euro, soci amici dell’AIV Effettuare il pagamento della quota associativa tramite bonifico bancario versando la quota associativa sul c/c di Banca Prossima IBAN IT 41 L033 5901 6001 0000 0062 397 Importante!!! Nella causale del bonifico specificare il proprio nome e cognome 14 www.valutazioneitaliana.it