I SACRI DIALOGHI DEL SILENZIO.doc
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I SACRI DIALOGHI DEL SILENZIO. LE SCULTURE DI ROSANNA LODOLO GASPARINI Alessandro Giovanardi Se esiste uno specifico modo della mente e della mano femminile di avvicinarsi all’arte (cosa di cui non dubit , ma sulla quale si dicono e stampano troppe banalità, la storia di questa peculiare sensibilità nel dar vita alle figure della pittura e della scultura deve essere ancora scritta . Tuttavia non è inopportuno mettere in luce una particolare tensione religiosa che si manifesta nell’attività di molte donne artiste; tensione che mette a nudo molte potenzialità della nostra tradizione culturale mediterranea e d europea . Per questo è bello sottolineare qui alcuni aspetti fondamentali della sacralità femminile che emergono in modo esplicito e vitale nell’opera scultorea di Rosanna Lodolo Gasparini . La brava Autrice non teme di riproporre in modo personale quei temi fondamentali del nostro essere e pensare più profondi che fin da tempi assai remoti si radicano nella tradizione letteraria e mitologica greco-romana e nella Rivelazione giudaico-cristiana. In questi tratti archetipici si scorgono , infatti , le essenze più arcaiche della nostra attività intellettuale e della nostra fantasia creatrice, rivissute e rilette con intelligenza attenta e colta di una donna che si ricollega, in qualche modo, al “primitivismo” del Novecento . Questo richiamo, tuttavia, non è dato nella Lodolo Gasparini come una ricerca ingenua e superficiale di una supposta “ infanzia ” degli antichi, ma come elegantissima stilizzazione ed essenzializzazione di un sentire estetico alto, per certi versi classico capace di misurarsi con i motivi eterni della religione e della filosofia . Solo per fare un esempio, le convincenti forme in terracotta della Dormiente e dell’Orante e quelle patinate della Maternità, contengono una sorgiva reminescenza delle Veneri primitive e della loro femminile , straripante ritualità; eppure questo pellegrinaggio alle sorgenti è mediato da un gusto non solo fortemente moderno, ma anche educatissimo, selezionato, sensibile all’armonia degli aspetti visibili e senza concessioni al facile spontaneismo. Al contrario, nelle sue sculture tutto è trattenuto, meditato, covato a lungo. L’espressionismo e il non naturalismo dall’Autrice sono setacciati, quasi disciplinati, attraverso un’accurata e severa scelta di gesti e volti appena accennati . Tutto avviene in silenzio. Il linguaggio che dà anima ai suoi personaggi è quello delle cose suggerite o sussurrate, di realtà profonde accarezzate . La Fuga in Egitto non ha quasi volti, se non gli ovali, non possiede sguardi visibili né bocche parlanti , eppure il dialogo è percepito come vivo , intenso e solenne. Davvero ci si avvicina a quel senso del mistero che le Sacre Scritture attribuiscono alla Madre di Dio, la quale, tramanda San Luca, “custodiva tutte le parole nel suo cuore” (Lc 2,51). Proprio nella custodia di parole, pensieri, forme, ispirazioni, nella maturazione lenta di cose rare e vere è la matrice dell’arte della Nostra scultrice. Si seguano con gli occhi le linee circolari e morbide di una coinvolgente Annunciazione in cui anche l’Arcangelo appare materno, commosso, partecipe, capace di proferire il messaggio fatale con accorata sobrietà. I modi riservati di questa scultura risultano paradossalmente quanto mai espressivi ed eloquenti tanto che alla loro vista ci sovvengono le parole di Rainer Maria Rilke (1875-1926) pone sulle labbra all’Arcangelo: “io sono la rugiada , il giorno / ma tu sei la pianta”. Concetti che emergono con freschezza di simboli anche in Apollo e Dafne (quasi un passo di danza), nella Nascita di Eva e nel volto di frutto della stessa Eva. “Pagana”o cristiana la sacralità femminile è spesso legata all’iniziazione come Rinascita, ossia come recupero miracoloso dell’integrità originaria smarrita dall’uomo nell’allontanarsi dal Divino, via spirituale che nel Cattolicesimo si fonde con lo scenario tragico della Morte e Resurrezione di Cristo, a cui l’Autrice rende omaggio con le meste e posate formelle della Via Crucis (Il Cireneo e la Veronica). Così, tornando alla Maternità e confrontandola con il gruppo Primi passi che in qualche maniera la continua e la compie, il ricordo va ad un’opera del 1945, la Maternità lignea di Alfredo Chighine (1914 – 1974), o alla raffinata scultura in pietra che Vittorio Tavernari (1919 – 1987) dedica alla Carità nel 1953: segni di una religiosità espressionista e quasi romantica, dovuta al magistero cristiano di Giacomo Manzù (1908-1991) in un mondo culturale dominato dalle correnti neorealiste. Tuttavia se qui l’antica sacralità cattolica, pregna, fra l’altro, di elementi precristiani si disponeva a divenire emblema sociale e politico e a volte ideologico, nella Lodolo Gasparini i gesti della quotidianità intendono, invece, recuperare la frattura col sacro e investire sul valore della bellezza, come destino rituale e teologico delle arti. Si può palare di sacralità dell’intimo, non di intimismo, né di minimalismo. In questo senso, un ultimo sguardo alla Fuga in Egitto e all’Annunciazione, ci conduce ad un’implicita meditazione sul dialogo, oggetti riflessione molto antico (Platone, Giustino, Abelardo, Lullo, Petrarca, Tasso) ma che torna oggi a fecondare il pensiero e le arti. I due significativi cavalli di Intesa, espressionisti, vitali, primitivi, simbolici, indicano la verità dell’arte della Lodolo Gasparini che si dà nella scintilla fra identità che s’incontrano, si guardano, si porgono parole e pensieri, dando luogo all’illuminazione estetica e spirituale. Ma ciò che qui è un richiamo aperto e gioioso per lo più resta un eloquente bisbiglio che pone in relazione solitudini profonde e ricchissime . Allo stesso modo in cui l’Arcangelo di Rilke si rivolge alla Madre di Dio: “non fosti mai tanto sola / vedi : appena mi senti; / nel bosco io sono un mite vento, / ma tu, tu sei la pianta”.-